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INDICE SOMMARIO DI TUTTA L'OPERA.

PAG.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PREFAZIONE IX

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Principali opere citate nelle note e sigle relative xv . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei termini musicali meno comuni xv . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Tavola delle abbreviazioni usate nel testo XVI

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INTRODUZIONE. XVII

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice riassuntivo e sistematico dei testi XLIII

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice sinottico dei testi, dei codici e delle tavole XLIV

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . TESTO. Descrizione delle tavole 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Appendice I. Lettere applicate alle « Passiones D. N. I. C. 191

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . n 11. Trattati di musica 195

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INDICE DEGL' INCIPIT 225 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Appendice I. Indice dei mss. liturgici 261

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . D TI. Indice delle pvobationes pelznae 263

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INDICE MUSICALE. 278

Addenda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l* . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Corrigenda 3*

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PREFAZIONE

JEST'OPERA ha avuto origini molto modeste. Quando, nell'Aprile dei 1904, si teneva in Roma il Congresso

gregoriano, il P. Ehrle, Prefetto della Vaticana, tni pregò di dare una inaiio nel mettere in ordine una mostra di alcuni fra i principali mss. con notazione musicale di quella Biblioteca

e nel redigerne un breve Catalogo, il quale fii in seguito rive-

duto e pubblicato conie Vol. 13 degli Stzldz' e Testi. I1 tempo

utilizzabile a ci6 era troppo breve, e quindi bisognò contentarsi

di un rendiconto sommario. Questo catalogo, certo, suppli ad una

mancanza riconosciuta, ma poi venne fatto di domandarci se non

fosse stato bene pubblicarne un'edizione accresciuta e migliorata,

con riproduzioni fotografiche. In un momento di distrazione, e

senza pensare alle proporzioni che l'opera avrebbe potuto pren- dere, e al tempo che ci sarebbe voliito per compierla, io ~ii'im-

pegnai a siffatto lavoro.

Taluno forse penserà che l'opera abbia trascorso i confini

del proprio argomento, ma le proporzioni che h:i preso trovano

la loro ragione in ciò che essa vuole esaurire compiutamente il suo soggetto. Ed infatti quanto sia il materiale offerto dalla

Biblioteca Vaticana, apparisce chiaro dal numero dei paragrafi

dell'opera presente, i quali arrivano alla bella cifra di 1050. Inoltre, per quanto io sappia, é questo il primo lavoro che si propone di fare una descrizione compiuta degli antichi mss. musi-

cali di una biblioteca; anzi è qualcosa di più ancora, cioè, il

primo tentativo di trattare scientificamente la paleografia inusi-

cale dell'occidente coine strumento per iscoprire la data e la provenienza dei mss.

I1 Palestriiia stesso fin dai suoi tempi, coii~e ci fa sapere i l

suo biografo Giuseppe Baini, aveva cominciato un abbozzo (ora

ms. Casanatense, O. 11, 75) per una paleografia musicale dei inss.

di Roina, ma non lo condusse a termine; e ciò forse non fu male, dacchè la scienza paleografica necessaria a compito sif- fatto, non la possedevano nè il Palestrina nè lo stesso Baini,

9 >t-

* Memorie storico-critiche della vita e delle opere di Giovnrrni Pierluzgi da Palestrina. Roma, 1828, vol. I , pp. 32 sgg.

Arrhives des missions scientifiques. Nov., 1830, p. 636 Neumenstudieir, vol. I , p. 11.

come si vede da alcuni mss. citati da quest'ultimo, dei quali

esso d& un ragguaglio molto imperfetto e ne sbaglia grossamente

la data. Un altro tentativo fu fatto nel 1850, allorquando il Danjou

presentò il suo rapporto al Ministero francese della pubblica

istruzione sui diversi inss. delle Biblioteche di Roma utili allo

studio del canto ecclesiastico e della musica religiosa del medio- evo. Nessuno può credere ch'egli abbia tentato di raggiungere

il fine propostosi, dacchè rende conto solamente di dieci mss.

e della copertina di un libro stampato e sbaglia evidentemente

nell'assegnare la data ; per esempio i tre mss. Ottobon. (145, 154

e 576 [citato come 567) attribuiti al secolo decinio, furono tutti scritti duecento anni dopo.

Quindici anni fa Oskar Fleischer si lagnava3 che « so bleiben

Rom's grossartige Sammlungen von Neumen-Denkmalern bis

heutige Tage zum grossten Theile unberucksichtigt n. Quest'opera

cerca per l'appunto di allontanare cotesto rimprovero.

E il tempo opportuno per arrischiarsi all'impresa sembra venuto. Cinquant'anni fa la notazione neuinatica era una lingua ignota e i neumi stessi non potevano decifrarsi, eppure si tirava

a cogliere, speculando sulla loro origine e sul loro significato.

Ora, grazie ai lavori dei monaci benedettini di Solesmes, comin-

ciando dal trattato monumentale di D. Pothier uscito nel 1880, il libro suggellato è stato aperto e l'interpretazione dei neumi,

per quanto concerne la loro m e l o d i a, è stata nel fatto accolta

universalmente. L'interpretazione r i t m i C a è una questione un po' piu grave ed è, se vuolsi, ancora subjudice, ma ciò non riguarda l'opera presente, che si limita solo alla paleografia dei neumi e non ne tocca l'interpretazione musicale.

Dopo che la nostra descrizione dei mss. era giA stampata, e dopo stesa l'Introduzione, comparve la seconda edizione della

Neztmenkunde del Dr. Pietro Wagner.5 La prefazione di que-

I st'opera porta la data del Giugno 1912, ma essa fu accessibile

* Les ~Milodies grbgoriennes d'aprds la traditz'o~, Tournai, 1880. " Einfuhmny in die Gregorianischen Melodien. Zweiter Theil. Neumenkunde.

Pal~ograplzie des littcrgischetz Gesaizges. Zweite, verbesserte urzd vermehrte Auf- lage. Leipzig, 1912.

C

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solo nel Settembre successivo. La seconda edizione a confronto

della prima (1905) è cresciuta quasi del doppio. I1 cambiamento

del titolo primitivo (ora tratta della musica Li'turgica e non sol-

tanto di quella gregoyiana), le nuove teorie (segnatamente quella

sull'origine greca dei neumi, quella sulla vtrga jacens e sii1 valore ritmico de' neuini), le quali in parecchi punti son con-

trarie alla dottrina da lui messa fuori nella prima edizione:

tutto cib avrebbe recato dei cainbiarnet~ti nel testo del presente

lavoro e motivato dei ragguagli piu minuti su parte della nota-

zione. Questo non poteva oramai piu accadere; tuttavia, quando

l'ho creduto opportuno, nella Introduzione ho fatto accenno alle

nuove idee messe fuori iiltiinamente.

Inoltre l'opera presente era già scritta quando la dottrina di

Solesmes sull'identità ritmica della virga e del jwizctum era gene-

ralmente riconosciuta, ed io inclino a credere ancora che questa

tesi deve accettarsi sino a prova in contrario; nondimeno mi sono

per regola deliberatainente astenuto dal criticare, rigettare od acco-

gliere le opinioni del Dr. Wagner. Noi siaino pur sempre sul prin-

cipio della via che deve condurre a decifrare i l valore ritmico

dei neunii; e, poichè il mio studio è innanzi tutto paleografico,

confesso schiettamente che non mi sento chiamato a giudicare

sulle vessate questioni nate e nasciture intorno a tale argomento ;

nel fatto le dispute fra i vari neumisti moderni mi rendono meno

proclive che mai ad entrare in lizza. Sino dal bel principio di

quest'opera io mi determinai a scrivere senza pigliar parte nt:

per questo nè per quello su questioni disputate, tenendomi lungi

a contradictione Linguarum.

Ci fu un tempo in cui mi era proposto di pubblicare la Biblio-

grafia delle opere risguardanti la paleografia musicale ecc. con

aggiunte fino al momento presente, come suppleniento a quella

comparsa nel primo Vol. della Padéograjlzte nzusicade, p. 13, che

va dal 1829 al 1887; ma mi avvidi che una tale aggiunta era

troppo generica per lo scopo di questo volun-ie. Ciò resta non-

dimeno cosa desideratissima e forse u n giorno i monaci di Sole-

siiies troveranno .la via di supplire al bisogno. Basta che io qui

rassegni le opere principali pubblicate negli ultinii 25 anni, le

quali piu che altre, hanno recato nell'argomento molta luce e

dottrina.

Quanto alle riproduzioni in fac-simile dei mss. che sono il

vero fondaiiiento di ogni spiegazione de' neumi, il trascorrer del

tempo ha reso inutile il lodevole tentativo del P. Lambillotte, '

ovvero del ~ ~ ~ ~ s e i n a k e r , 5 1 quale riprodusse nel miglior niodo

allora possibile ventiquattro tavole disposte secondo la data; ed

ogni lode dee darsi al P. Aiiselmo Schubipr per la riprodu-

zione di mss. svizzeri. Ma 10 sviluppo dell'arte fotografica e

della fototipica di varie specie, ha rese inservibili adesso

tutte le altre ript6duzioni che non furono inai, naturalmente, una guida sicura. Noi dobbiamo ai monaci benedettini di Sole-

smel; non soltanto più di 200 fototipie illustranti, in massima

parte, il Graduale /usfits ut jndmn, ma ancora la riproduzione

intera di sette i~iss. appai-teiienti a diverse scuole di notazione.

Con lo studio di questi gli eruditi di cose gregoriane hanno il

modo di costruire le loro tavole comparative delle varie forme

iieuinatiche e di metter a confronto le varianti di una qualsiasi

melodia. La Pdainsong a n d Mediaevad Music Society inglese ha

seguito, sebbene più modestamente, l'esempio dei Benedettini,

pubblicando non solo un volume di fac-simili,5 ma anche il Gra-

duale e 1'Antifonario di Salisbury.' Finalmente in fatto di ripro-

duzioni, la Francia ci ha dato quelle di due Graduali di Rouen.

Fra i trattati sull'interpretazione dei neumi, venuti alla luce

i i i questi ultimi venticinque anni, quello del Dr. Wagner, Neu-

menkz~na'e, menzionato sopra, è il piii che si avvicina allo scopo

di questo mio volume; e insieme con l'opera del Wagner, dee

studiarsi pure l'ultima pubbli'cata dal T'. Mocquereau che è come

i l compendio dell'insegnamento Soles~~iense. Questi lavori e quelli

di Amedeo Gastouk e di Oskar Fleischer lo rappresentano gli

ultimi studi e risultati sull'interpretazione dei neumi e rendono

ormai inutili affatto le opere pubblicate nei primi tempi, come quelle di E. David e M. Lussy, " Felix CICment, j 2 Raillard l3 e

Tardif. I*

Le fotografie dell'opera presente sono tutte del formato stesso

del ins.; alcune di esse non sono certamente artistiche, ed una

o due difficilmente leggibili ; iiia tali considerazioni nulla pote-

vano valere, trattandosi di produrre il materiale necessario per

l'argomento dell'opera; e d'altra parte al fotografo non è per-

iiiesso in modo alcuno di mettere al pulito o alterare le tavole.

La questione sulla relazione tra le notazioni musicali del-

l'occidente e dell'oriente va guadagnando terreno sempre pih,

e chi la volesse studiare consulti le opere del Thibaut, ' 5 di Oskar

von Rieselllann di Ugo Riemann; l7 ma per quanto tale studio

sia interessante, dubito veramente se si sia varcata appena la soglia per entrare nel mezzo della questione.

i Antt$honaire de St Grégoire (Ms. S. Gall., 359), Paris, 1851. * Hrstoire de l'harl.morzie azc rnoyen dge, Paris, 185'2. :3 Die S&ngerschule Snir Gallens, Einsiedeln, 1838.

Paldogrnphie nttlsicnle, Solesmes, 1889. "The Musical Nolatron of the Middle uges, London, 1890. '' Graduale Snrisbrrriense, ecc., London, 1894 sq. ; Ant@honale Snrisbu-

riense, ecc., London, 1901 sg. ' Le Grntluel de I'Eglise Cathddrale de Rozrerr nu X f l l e siècle, Rouen, 1907;

Thibiiut, Monuments de In nofation ekphondtiqwe et t~e~rnzatique, ecc., Saint-Peters- boui-g, 1912.

Le rrombre musical grdgorien, Rome, Tourn~ i , 1908. Les or&ines d z ~ Chant Romain, Paris, 1907.

iVeumenstudien, Leipzig, tre voll., 1895, 1897, 1904. Histoire de b notntion musicale deprtis ses origines, Paris, 1882. Histoire de la mztsique depuis les tenzps anciens jusqrc'a nos jours, Paris, 1885. Explication des n e t ~ ~ z e s , 1859. Mdmoire sur la restauration du chant grd-

gorien, 1862. Essai sur les treztrnes, Bibl. de l'ecole des chartes, 3" Sei.. IV (1853),

pp. 264-284. i V r i g i n e byzantine de la notation neunzntique, Paris, 1907. ' V i e Notation des altrussischen Kirckengesanges, Leipzig, 1907. I7 Studien ~ n r Geschiclzte der Notenschrvt, Leipzig, 1878, 1910; Die byzan-

tinische Notenschrift im I O bis 15 Jahrhrtndert, Leipzig, 1909.

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Di un genere affatto diverso sono le opere di G. Houdard,' , si, per quanto io possa conoscere, che il libro metta in grado del P. Aug. Dechevrens ' e di E. Bernouilli; ' sono, cioè, teri- I di fare un esaiiie coinpleto di tutti i mss. ~iiusicati della Biblio-

tativi affascinanti per trovare nei neuini iina significazione nien- 1 teca Vaticana.

curale rigorosa; ma essi hanno avuto pochissimi seguaci, e per ~ Ma noi abbiamo avuto anche delle mire più larghe, cioè fortuna simili ipotesi con fuori dello scopo dell'opera mia. 1 nutr~anio fiducia che il presente lavoro possa giovare efficace-

I'er quel che rigiiarda questioni speciali ed opinioni di stu- I mente ai bibliotecari e catalogatori. Vorrelnmo far si che costoro

diosi iiioderni, c'è la Kussegna Gregoyzana di Roma e la sua 1 in avvenire, nella descrizione dei IDSS., non si contcntas+ero

alleata la Kevue g14govienne di Chartres. la Revue dz4 ckant gvégorietz di Grenoble e la Gregorz'ntziscke Rz~ntL~cknw di Gratz,

e , benchè non limitate allo studio del canto gi-egoriano, la Zeifschrfl des IrrfenrnfionnZen Mz,sikgeseZZsckaft di Lipsia, e

finalmente il KzrckenmzrsiknZ2sches Jukrbuck.

di aggiungere semplicemente due parole conle con neumi » ovvero « con musica »; vorremnlo aiutarli a specificare i neulni

e la notazione, secondo la classe e la data, ciò che serve anche 1 di aiuto materiale per determinare l'etl di iln liis. Si ricordi

infatti che la notazione miisicale di un ms. è un criterio pih

l sicuro per poterlo datare di quello che non sia la scrittura del

Mi sembra opportuno dir qui due parole di spiegazione o, / testo, daccliè gli scribi spesso riproducevano esattamente il tipo se vuolsi, di difesa quanto all'Introduzione premessa all'opera. di scrittura dell'esemplare che avevano davanti, il quale poteva Senza una Introduzione questo mio lavoro sarebbe sernplice- i ben essere più antico di due o tre secoli ; invece quando si trat-

mente un Catalogo di ins.;. vaticani; c dall'altro canto un'lntro- 1 duzione un po' lunghetta le potrebbe dare un carattere pii1 gene-

rale di quello espresso nel titolo. Eppure qualcosa ci bisognava

che desse unità alle 200 pcigine (li descrizioni neumatiche, e,

senza entrare in troppi particolari, desse un' idea giusta dello

stato attuale della scienza intorno alla notazione musicale del-

l'occidente. Non ho avuto affatto in animo di gareggiare con

la nuova edizione della Neumenkunde del Dr. Wagner, la quale

finora rappresenta l'ultima parola sulla storia e teoria de' neuini,

giacchè la mia Introduzione non vuole prendere. le proporzioni nè d'una storia nè d'un trattato.

Conviene ricliiainare spesso alla inenioria che l'oggetto di

quest'opera non è quello d'illustrare una qualche speciale teoria

sull'origine ed interpretazione dei neumi, segnatamente quanto

al ritmo e valore metrico, e molto inelio proporre un sistema

di esecuzione del canto gregoriano, ma soltanto quello di trat-

tare il soggetto dal lato puramente paleografico, mettendo in

rilievo tutti gli argomenti che i mss. Vaticani possono offrire, e

tutta la iluova 'luce che essi possono gettare sulla storia e sullo sviluppo de' netimi, sui loro graduali cangiarnenti e deteriora-

menti dalla forma di puri accenti a quella di note quadre, le

varie forme da loro assunte nei differenti paesi per ordine di

tempo. La materia d'investigazione ce l'lianno offerta, salvo rare

eccezioni, i inss. Vaticani; le poche tavole prese da altre biblio-

teche riguardano solo alcune notazioni particolari, di cui nella

Biblioteca Vaticana non si trova esempio, e delle quali non pote- "amo fare a meno di parlare. Nel fatto quest'opera riesce un

catalogo di t u t t i i codici di questa vasta collezione, i quali abbiano una qualunque notazione musicale, anche di ininiiiia

importanza. Id'inserzione di questi iiltimi non aggiunge nulla, in parecchi casi, al valore del libro, e però nella loro descrizione

abbiamo cercato di restringerci il piu possibile; ciò tuttavia fa

. ,t'

tava di copiare una melodia per l'uso attuale di un cantore o

direttore di coro, era necessario metterlo al corrente del tempo

SUO, perché i neumi si sviluppaiio e caiigiano piu prestamente

della scrittura tlel testo; inoltre alcuni sc~@toria, quelli per esempio

della notazione cosi detta K Aquitana D, Metense D e N mista D,

sono confinati entro uno spazio geografico talmente limitato, che non dev'essere difficile per iin bibliotecario, giudicando dal carat- tere de' neunli o note del codice che ha sott'occhio, dire con

certezza che esso fu scritto in questo o in quel luogo.

Potrebbe sembrare strano che in un'opera che si propone di trattare di musica, una gran parte della descrizione delle tavole

e dei manoscritti sia occupata da lunghe prove ed argomenta-

zioni sulla data ed origine dei mss. stessi. Ma a giudici com-

petenti è parso meglio che si dica troppo, ce veraniente è

troppo, piuttosto che troppo poco, iiiettendo fuori tutte le ragioni

che l'autore crede di avere per assegnare ad un codice tal data

e provenienza. Questa apparente esuberanza di testo è sembrata necessaria per giustificare il mio definitivo e ponderato giudizio,

preferendo cosi di mostrarioi cortese verso i lettori, anzichè far prevalere , com' altri hanno fatto, l' autoritii dell' « ipse

dixit ». Ma non si deve dimenticare che: ( I ) il materiale adope-

rabile consiste, in parecchi casi, in fogli di guardia che pos-

sono benissimo non aver punto relazione col corjus libri, cui

vennero aggiunti assai piu tardi da un qualche rilegatore;

(2) alcune tavole fotografate sono semplici framiiienti, una linea

o poco pih di melodia, inseriti da mano posteriore o in tempo

piu recente, e quindi non possono offrire quegl'indizi che potrebbe

dare iin ms. intiero ; (3) alcuni esempi neumatici non son altro

che $vobnfiones jennae con testo al disotto O senza, scritte dopo (chi sa quanto?) il coiiipiriiento del ms. Conviene tener conto

di queste difficoltà, una se data assegnata paresse o troppo alta,

o troppo bassa, ovvero troppo determinata.

Le rythnle du chant rlit grégovien et Za nofation netrmatique, Paris, 1898. 2 &tudes de science n~trsicale, 3 voll., Paris, 1898; V?*aies mJlodies grégorien-

nes, Paris, 1902; Conzposifion musicnZe et conzposition littdrarre h propos du chant grdgorie~z, Paris, 1910.

Die CIzoralnoterzscIzrz~t bei Hy~~znen rcnd Sequenzen, Leipzig, 1898.

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XlI PREFAZIONE - -- -

A- - .-- - -- --

-- -- - - - -

In parecchi casi, si riscontrerà ancora che le clate e descri- : Ciò che si richiede dagli studiosi di paleografia si è che

zioni dei inss. Vaticaili non coiicordaiiu con qilelle de1lvEhrens- presentiiio. dei quadri sinottici di ogni lettera dell'alfabetu, di berger o dello Steveiisoii. Ma il tempo che il primo potk con-

sacrare allo nella Biblioteca Vaticana f u troppo ristretto, perche egli potesse fare di tutto un'accurato e nrinuto esame;

e sebbene il suo catalogo dei mss. liturgici sia inestima- bile per uno studioso, 1ia bisogno tuttavia di essere sottoposto

qua e là ad una revisione. Il secondo non ci ha dato in molti

casi che una selllplice lista di codici scritta con coiicetti ben

diversi da quelli che diriggono la redazione dei

cataloghi Vaticani. Una parola ancora sullo stato attuale della scienza paleo-

grafica. Può essere vero (coine pensava il fu bibliotecario della

Bodleiana) clie un esperto paleografo, facendo del suo meglio

per datare con precisione un ms., raramente sbagli al di là di

un terzo di secolo, o tutt'al pih di niezzo secolo; tuttavia non-

ostante importantissime ricerche, nonostante le trattazioni esau-

ogni segno di contrazione e di punteggiatura coiiie li ritrovano i n mss. datati, e che li segu;ino, sempre in lnss. datati, nel loro

sviluppo dalla rimi ti va fornia onciale sino alla scrittura m0- derna. L'unico iiiezzo per far ciò con accuratezza è la fotografia ; del come fu scrifka una certa lettera, non dobbiamo giudicare,

nè dalle nostre idee, e neanche dalla copia che ne abbiam fatto, iiia da un esatto fac-simile. Nel mettere insieme le dieci tavole di neumi per qucst'oper:i io non ho osato fidarmi nè della mia

tnernoria, nè delle mie copie; bensi ho capito che bisognava

aver sottocchio il rieuma stesso C o m e s t a v a nel m S.; ~ e r c i b ho tentato un nuovo processo, rappresentando ciascuna delle

quasi dueinila fornie neumatiche, per ~nezzo di un fac-simile

fotografico del neunla preso dal ms. stesso. E questo fu un

cbmpito tutt'altro che facile; due o tre forine disgraziatamente

sono state riprodotte capovolte o in luogo non 6 il loro;

rieiiti di uomini come un Traube (la cui morte prematura è per 1 ad ogni inodo l'errore è stato corretto nel Registro dei neumi. lo scrittore di questo libro come per tutti che lo conoscevano Per quanto io so, è questa la prillia volta che s'usa siffatto

causa di profondo rammarico), nonostante le molte collezioni di metodo per riprodurre sia le lettere alfabetiche sia i segni musi- ! inateriale fototipico piibblicate in tutti i paesi, il cultore di 1 paleografia, la cui intuizione può essere perspicacissiiua, sarh

spesso impicciato nel trovar parole per rendere conto della data

da lui attribuita a questo o a quel ms. E ciò si verificherà anche

pih se si tratti di inateria liturgica come, iiella massima parte,

è quella dell'opera presente ; in tal caso, gli scribi erano usi di

copiare Zi'ttevati?tz un esemplare più antico di qualche secolo.

Considerando quanto scarso è il nuiiiero dei mss. liturgici

datati con certezza per argomenti interni, non possiamo fare a

meiio di constatare che siamo di fronte ad un difficile problema.

E non basta! Una data assegnata urla volta a un ms., vi

rimane appiccicata, quasi direi, tradizionaliiiente e vien ripetuta

da altri come certa, sicchè ci vuole un buon numero di argo-

menti per provare che è sbagliata. Quando noi preiidiatiio l'abi-

tudine di assegnare un tale scritto a un tal secolo su dati

forse irisufficienti, ne abbiaiiio per effetto che quello scritto si

trovi ora taliiicnte legato a quel secolo che riesce quasi impos-

sibile staccarnelo. Finchè la paleografia non si sia fondata su

codici dei quali si conosca esattamente la data, c'è sempre da temere di aggirarci in un circolo vizioso. Tutto questo si verifica

anche di pih nella paleografia musicale.

~ u i n d i si noti che le date qui assegnate debbono conside-

rarsi coiiie provvisorie ed approssimative; non si presentano come

assolute e definitive, nia coine queiic che piu s':ivvicinano alla ve-

rità cui l'autore s'è studiato di raggiungere, dopo maturo esame

e sull'avviso di altri. Perciò se uii ms. è detto N del secolo

undecimo », siffatta espressione, in parecchi casi, non VUOI dire altro che esso s'accorda (per quanto la scrittura di una persona

può sonligliare a quella di un'altra), con la scrittura adesso gene-

ralmente e secondo l'attuale scienza ritenuta come propria del

secolo undecimo. 1.e attribuzioni qui fatte si sottopongono alla

critica amichevole e, se occorre, alle correzioni degli eruditi che dovranno esaminare le tavole.

cali. Essendo questo il primo tentativo, non pretende di avere

raggiunto la perfezione; ad ogni modo il liegistro di queste

tavole, pp. 201-224, farà iiianifesto in quali inss. Vaticani le

fornie si riscontrano.

In alcuni casi una nielodia in neumi di una tavola vien

riprodotta sul rigo musicale, e per solito si tratta di qualche

melodia di sequenze, allo studio delle quali io ho consacrato

molto tenipo. Questo ho fatto come per dare iin saggio sul

significato dei neunli. Faccio però notare che la posizione degli

intervalli è presa sempre, quando ho potuto, dai libri di Sole-

smes, ovvero, in caso diverso, dalla mia raccolta di trascrizioni,

dell'accuratezza delle quali coiifesso di non esser sempre del

tutto sicuro.

Ed ora una parola sul liiiiite posi puem non di quest'opera,

la determinazione del qiiale dipende non tanto dà1 materiale

disponibile quanto dal tempo in cui tutte le notazioni musicali

diventarono simili dapertiitto, cioè quando le diverse scritture

nazionali s'identificarono e la notazione quadrata raggiunse il

suo pieno sviluppo. Salvo che per la Germaiiia, questo limite

pub stabilirsi, su per gih, verso il 1300. La prinia idea fu di

non occiiparsi affatto di niss. posteriori, dacchè parve lavoro

eterno ed inutile descrivere minutamente mss. sonligliantissimi

tra loro per notazione; ina poichè la PaZéogYa~~e m&sa/e un esempio di un ms. molto recente, cioè del 1632, anche noi

alla fine, abbiam creduto bilona cosa presentare pochissime

tavole di notazione quadrata posteriore al 1300, prese, per lo

piii, da mss. datati, e di restringere ad una linea o poco pih il ragguaglio di molti altri contenenti la stessa notazione. per

conseguenza non si trova qui notizia alcuna dei codici del

sec. ~ ~ 1 1 che si conservano tra i ~ ~ ~ h ~ ~ i ~ i ~ ~ i ~ i ~ i ~ ~ ~ , ~ i -

calg Ita/hnn, XII, Igo5), n& di molti mss. che erano negli

Archivii della Cappella Sistina e passarono nella ~ i b l i ~ ~ ~ ~ ~ vati- tana quando quest'opera era coiiiiiiciata. Essi ci avrebbero

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PREFAZIONE XIII

trasportato ad investigare persino la notazione entro ai secoli XVIII

e XIX! Siffatta omissione è la meno spiacevole, dacchè un Cata-

logo di quei mss. fu pubblicato, già da tempo, dal Dottor

Fr. X. Haberl. ' Fer una ragione consin~ile, nessun incunabulo o stampato forma l'oggetto di questo volume.

So benissimo che la materia del mio studio non è stata così varia ed importante come io mi ripromettevo, dacchi: la Biblioteca

Vaticana non è così ricca di mss. musicali coirie di mss. litur-

gici. Sotto questo secondo rispetto essa occupa, io penso, il piii

alto grado tra le biblioteche d'Europa; sotto il priino, sta invece

al disotto della media, ed anche in questo campo la sua ricchezza

consiste piuttosto nel numero che nel valore. Nondimeno alcuni

dei suoi mss. hanno grandissima importanza, per es., il cosi detto

Graduale pregregoriano, ms. Vaticano 53 I 9 ; il grande frammento

del Graduale misto « gregoriano » ed (( ambrosiano », ms. Vati-

cano 10673'offre dei saggi di origine non gregoriana; i molti

mss. di provenienza beneventana rappresentano uno sviluppo ed

una precisione della notazione che non si sarebbe aspettata.

Altre biblioteche possono offrire Antifonari e Graduali piii antichi

e piu perfetti, ma poche valgono a sorpassare la Vaticana nella

varietà delle scritture musicali di ogni paese.

Una parola altresì sui diversi indici dell'opera. Quello dei

codici e quello geografico non hanno bisogno di spiegazione, ma

vi sono due altri lunghi indici che ne hanno forse qualche bisogno.

L'Ilzdice dei neumi è un'aggiunta necessaria alle I O tavole

sinottiche dei neuini stessi. Senza dubbio in parecchi casi tali

forme rappresentano la scrittura particolare dell'ainanuense, e non un tipo distinto di neuina ; qualche volta essi sono anche forme

neumatiche malfatte od erronee. Ma noi abbiamo voluto, piii

completamente che fosse possibile, rappresentare tutti i neumi

che si ritrovano nei manoscritti Vaticani. La lista è necessaria-

mente incompleta, rila adatta, senza dubbio, a far conoscere

al lettore a prima vista quando e dove certe fortiiz vennero

usate, e fino a qual punto una forma è particolare ad un paese,

quando fu adoperata la prima volta e per quanto tempo con- tinub ad usarsi. Naturalmente, non essendoci due scritture che

si corrispondano in tutto, è impossibile dire che il neuma del

tal ms. è affatto simile a quello d'un altro, e perciò l'indice dee

considerarsi soltanto come approssimativo. Un neuma che nei

suoi lineamenti principali rassomiglia a quello della Tavola 6 messo sotto il numero affisso a quel neuma. Dove la somi-

glianza è piccola, il neuma porta il numero di quello che più

gli si avvicina, ma in questo caso è posto fra parentesi tonde. L'Indice degl' « Znceit » parve necessario per gli studiosi di

cose liturgiche. Un indice delle formole liturgiche è adesso una

parte sine qua non di qualsiasi riproduzione di un ms. liturgico;

senza di esso il valore del libro è quasi nullo; solo con tal mezzo,

si può seguire la traccia di un pezzo liturgico, e solamente con

la pubblicazione di siffatti indici pub formarsi e progredire la

liturgico!ogia comparativa. Qualche cosa di simile si richiede

nel cainpo della liturgia m u s i C a t a ; ed ogni anno vedon la

luce riproduzioni di mss. interi o di parti di essi, accompa-

gnate da indici di tal fatta. L'autore si dà premura di mettere

nelle mani degli studiosi la Bz'bliograja di tutti gl'lncifiit foto-

grafati nelle 'Tavole, cioè la citazione di tutte le opere moderne dove la melodia di un Zncqit può riscontrarsi, talchè sia facile

di primo acchito vedere coiii'essa, o un suo neunia qualunque,

sia rappresentato, o nei fac-simili del nis. ovvero nelle rispet-

tive riproduzioni moderne. Con convinto che le sue dimensioni

e l'accurata revisione che ne ha fatta l'amico Sig. C. H. Walker si giustifichino per sè.

Un altro indice a cui s'era pensato fu quello dei mss. litur-

gici della Biblioteca Vaticana sotto i titoli di Antifonari, Bre-

viari, ecc., citati in quest'opera; ma si riflettè che tale rassegna, per essere completa, avrebbe dovuto contenere tanto i mano-

scritti musicati, quanto quelli non musicati, e che in un tempo

avvenire potrebbe offrirsi I'opportunitA di pubblicare quel cata-

logo che ora si trova nlanoscritto fra i Cataloghi della Biblio-

teca. Per il moniento basta dare in quest'opera un'aflendfce che aiuterà i liturgicisti a conoscere se un testo liturgico si trovi

o no musicato nei cadici Vaticani. Manca l'&dice cronologico, dacchè i neumi si differenziano

talmente da un paese all'altro, che non è dato, per es. parago-

nare la notazione tedesca del sec. XII con quella italiana dello

stesso tempo; l' indice dei numeri progressivi pub benissimo

in pratica servire per quello.

Le due Appendici : I. Szllde lettere applicate alle « Passiones D. N. 1. C. » e 11. Trattati di mzcsica furono aggiunte per due

diverse ragioni.

fi chiaro infatti che la prima deve avere il suo posto in

una qualsiasi Paleografia musicale, se, com'io son certo, la mas- sima parte di siffatte lettere ebbe da ?rincipio un significato

musicale e furono realmente « litterae Romanianae D. L'afferma-

zione del Dr. Wagner che il senso di queste lettere è incerto deve probabilmente correggersi con cib che egli dice nella nota I "

a pag. 92. Spero che la mia appendice verifichi abbastanza

quella « umfassende Untersuchung » che egli desidera.

La seconda esce veramente un po' fuori dell'argomento pro-

prio di quest'opera, ma ve l'ho inserita solo come un abbozzo di catalogo de' trattati musicali in cui mi sono imbattuto e per

facilitare le ricerche ai futuri studiosi.

L'autore porge qui pubblicamente vivissime grazie a quanti

in qualunque maniera lo hanno aiutato. Tra i suoi amici inglesi,

Baustezne fur M~sz'k~geschzchte. 11. Biblz'ographischer und Thematischer Musik Katalog der papstlichew Kapellarchives in Vatican s u Rom, Leipzig, 1888.

Autori moderni non vanno d'accordo nel compilareYali registri; alcuni seguono l'ordine puramente alfabetico; altri, per es., mettono A summo prima

di C Ab occultis D. Per ragioni di convenienza, il primo metodo qui adottato,

seguendo l'esempio del KepertorzUm Hymnologicum, del Graduale Vaticanum e degli ultimi volumi della Paléographie Musicale.

Nella sua fotografia del ms. Vallicel. B. 50 (p. 921, io trovo l's lungo ed il C ,

non il t ; cf. piii sotto, p. 192.

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XIV PREFAZIONE --

egli ricorda il Rev. G. H. Palmer e C. H. Walker che si sono interessati grandemente dell'opera sua e in vari modi ne hanno

di molto facilitato l'avanzamento; inoltre il bibliotecario pre-

sente della Bodleiana, il Sig. Falconer Madan, è stato sempre pronto a rispondere intorno a questioni pale~~rafiche. Al Dottor

E. A. Loew egli è obligato per molte informazioni sulla scrit- tura beneventana; fra i dotti di canto gregoriano egli é gra- tissimo a Don Gabriella Beyssac di Solesmes, il quale senipre

con la piu squisita premura ha rinunciato a tanto tempo che gli era prezioso, per dilucidare e illustrare alcuni punti difficili,

ma, piu che a ogni altro, l'autore é riconoscente verso Don Raf-

faello Baralli di Lucca; parecchi anni or sono egli l'aveva sti- molato allo studio dei neumi, facendogliene rilevare la grande

importanza, ed il Baralli ne lo ha riconipensato non solo col

rendere quest'opera in buona lingua toscana, nia altresi col rive- dere tutte le bozze di stampa e col favorire buon numero di

suggerimenti ed emendamenti, molti dei quali si ritrovano tra le note a pie' di pagina seguiti dalle iniziali R. B.

Ma coliie ringraziare abbastanza i miei amici che lavo-

rano nella Biblioteca Vaticana? Mons. Vattasso sul principio dell'opera e il Dr. Liebaert sul finire mi hanno sempre pronta- mente aiutato con la loro scienza paleografica sulla data di questo o quel ms. e, nel loro campo speciale, Mons. Stornaiolo, il Dottor

Carusi e il Comm. Pio Franchi dei Cavalieri sono stati genti- lissimi ad ogni mia richiesta. In molti punti dove le questioni liturgiche eran connesse col mio argomento Mons. Giov. Mer-

cati è stato sempre al mio fianco e alla mia disposizione con pre-

ziosi suggerimenti ricavati dal vasto tesoro della sua scienza.

Ma il P. Fr. Ehrle ha i l merito di aver iniziata que- st'opera; non solo, ma e' l'ha sempre assistita per tutto il

lungo tempo del suo progresso coi suoi costanti, lieti e cordiali

incoraggiamenti. Tra le molte belle qualità che lo hanno reso

caro a tutti gli studiosi che frequentano la biblioteca e lo hanno

fatto il bibliotegrio-modello del tempo nostro, bisogna sempre

ricordare l'incessante premura che egli si dà dei lavori di tutti

i s u o i studiosi, la facile accessibilità, i continui incoraggiamenti.

Senza il suo aiuto quest'opera non sarebbe mai stata cominciata, senza di lui non sarebbe stata terminata giammai.

Finalmente io oso concludere con una parola di gratitudine

e di umili grazie a Sua Santità il Papa Pio X, il cui grande

zelo per la restaurazione del canto gregoriano è uguagliato sol-

tanto dalla liberalitti con cui apre senza restrizioni la sua Biblio-

teca agli studiosi di tutte le nazioni e di tutte le credenze,

e a volte permette che essi siano associati ai suoi bibliote- cari nel pubblicare i tesori della Vaticana. Se per diciotto

anni io ho goduto l'inestimabile favore di poter lavorare nella

Biblioteca Apostolica, era ben giusto che l'ultimo contraccambio

fosse d'accogliere l'invito a scrivere quest'opera mia. Un inglese il

quale deve alla missione di S. Gregorio l'evangelizzazione del suo

paese ed è profondamente persuaso dell'intrinseco pregio, dello

spirito eminentemente religioso, della potenza evangelizzatrice

della musica denominata dal grande Pontefice, dev'esser ben

grato di aver potuto prender parte ufficiale nell'ultimo cente-

nario celebrato ad onore di Lui e d'aver potuto fare del suo meglio in questo tributo alla persona e aIllopera del suo illustre

successore.

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PRINCIPALI OPERE CITATE NELLE NOTE E SIGLE RELATIVE.

Falk.

G.

Acta sanctorum quotquot toto orbe coluntur ..... collegit lohannes Bollandus etc. Antuerpiae, 1643 -.

Anakcta kymnica medàì aevi. ed. C. Blume & G. M. Dreves, Leipzig, 1886 -:

Arevalus. Faustinus, Isidoriana. Migne, P. L., LXXXI . Becker. Gustavus, Catalogi bibliothecayzlm antiqui. Bonnae, 1885. Beissel. Stephan, Vaticaniscke Miniaturen. Freiburg i m Breis-

gau, 1893. Bethmann. Ludwig Conrad, Nachrichten uber die ... Handscrzyten

Italiens. In Pertz. G. H., Arckiv der Gesellsckaft fur altere deutsche Geschicklskunde. Band XII. Hannover, 1872.

Bibliotkeca Hagiographica Latina etc. ... ediderunt socii Bollan- diani. Bruxellis, 1898-1901.

Chevalier. U., Repertorium H~~mnoZogicum. Louvain, 1892- 1912. Coussemaker. C. E. H., Scr@tores de musica medii aevi. Pa-

r i ~ , 1876. Coussemaker. C. E. H., L'histoire de l'harmonie au moyen dge.

Paris, 1852. Dudik. Beda, Iter Romanum, Wien, 1855. Ebner. Th . Adalbert, Quellen und Forschungen zur Geschichte

und Kunstgeschichte des MzSsale Romanum i m Mittelalter. Iter italicum. Freiburg i m Breisgau, 1896.

Ehrensberger. Hugo, Libri liturgici bibliothecae Apostolicae Vati- canae. Friburgi, 1897.

Falk. Franz, Geschickte des ekemaligen KZostersLorsch. Mainz, 1866. a Die ehemalige Dombz'bliothek s u Maziztz, etc. Beikefte

s u m Zentralblatt fur Bibliothekswesen, X VIII, Leipzig, 1897.

D s Beitrage zur Rekonstruktion der alten Bibliotheca fuldensis und Bibliotkeca laureshamensis. ldem. X X V I , 1902.

Federici. V., Mzscellanea dz Paleografia; i n Archzvio della R. So- cietà Romana d i Storia Patria, XXVII (1904), pp. 225-233.

Gerbert. Martinus, Scrz$tores ecclesiastici de Musica. 2 vol. St-Bla- sien, 1784.

P De Cantu et Muszca sacra. 2 vol. St-Blasien, 1774.

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Gottlieb. Theodor, Ueber mitlelalterliche Bibliotheken. Leipzig, 1890. Greith. Carl, Spicilegium Vaticanum. Frauenfeld, 1838. Antz$honale Oficii Monastici Jcrit par le B. Hartker. Codd.

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diaeval Music Society. London, 1890. (Neues) Archiv der Gesellschaft fur altere deutsche Geschichts-

kunde. Frankfurt, 1820-1824, Hannover, 1825 -. Paléographie Musicale. Les principaux mss. de chant etc. So-

lesmes, 1889 -. Poncelet. Albertus, Catalogus codicum hagiographicorum latino-

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b'Église latine, Paris, 1907. Vattasso. Marcus, Franchi dei Cavalieri. Pius. Codices Vatica J

latinz. Romae, 1902. Wagner. Peter, Neumenkunde. Ed. I ; Collectanea Frz'burgensia,

Neue Folge, Fasc. VI, Freiburg, 1905. Ed. 11; Leipzig, 1912. ' Wilmanns. A., Der Katalog der Lorscher Klosterbibliothek aus

dem zehnten Jahrhundert; in Rheinisches Museum fur Philologie, XXTII (1868), pp. 385-410.

INDICE DEI TERMINI MUSICALI MENO COMUNI.

Le cifre indicano le pagine dove si spiegano le singole voci; quelle incluse tra parentesi, la colonna della pagina.

Ancus, X X I I I (2); apostropha, X X I I (2). Cephalicus, X X I I I (2); chironomia, x x (2), X X V I I (2); climacus, X X I I (1); clinis, clivis,

X X I I (1); coagulata, xxr (1); combipunctis, X X I I , (2); cornuta, 71 (1); custos, X X V I I (2).

Dasiano, 62 (2); diastemazia, X X V I I (1); diesis, 159 (1); distropha, X X I I (2). Epiphonus, xx111 (2); episema, X X I I I (2); x x v (21.. Flexa, X X I I (1); flexa resupina, xxrr ( 1 ) ; flexus, X X I I (1); fonetico, X V I I (1); fran-

culus, X X I I I (1). Hufhageln, 28 (2). In campo aperto, x x v r ~ (1). Jubilus, XXIJI (2). . v

Liquescens, X X I I I (2). Melisma, x x v (1). Neuma, X V I I (1). Organum, 79 (2); oriscus, X X I I I (1). Pes, X X I I ( 1 ) ; pes flexus, X X I I (1); pes quassus, xx~rr (1); pes sangallese, p. 2, n. 6 ;

pes stratus, X X I I ( 1 ) ; pinnosa, X X I I I (2); podatus, X X I I (1); porrectus, X X I I (1); praebipunctis, praediatessaris, praepunctis, praevirgis, xxn ( l ) ; pressus, xxrn ( l ) ; punctum, X X I (1) .

Quilisma, X X I I I (1). Resupinus, X X I I (2); romaniano, X X I I I (2). Salicus, xxrii (1); scandicus, X X I I I ( 1 ) ; sequela, xxv ( 1 ) ; significativo, xxrv (1); sinuosus,

X X I I I (2); strophicus, 3 (2); subbipunti?, subpunctis, X X I I (2); subpositus, X X I I (1). Triangulata, X X I I I (1); trigon, X X I I I (1); tristropha, X X I I (2); torculus, xxn (1). Virga, X X I (1); virga jacens, xxr (2); virgula, X X I (1).

Per le pp. 1-200 si cita SEd. L, per le altre, l'Ed. 11.

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XVI TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI USATE NEL TESTO

TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI USATE NEL TESTO.

A. Ambros.

Anc. Ant .

Apostr. APP.

B. M. V. Brev. Ceph. Clim. Com. Conf. De f.

Distr. Diurn.

Dom. Eins.

Epiph. Epis. F1.

Fl. resup. Fr. min.

Fr. praed. Franc.

G. M. B. Geneai.

Gr . Grad.

H. H. B. S. Hart. Hist. Int. Inv. 1. C.

Antiphona. Ritus ambrosianus. Ancus. Liber Antiphonarius seu Respon-

salis. Apostropha. Apostoli. Beata Maria Virgo. Breviarium. Cephalicus. Climacus. Communio. Confessor ve1 Confessores. Defuncti. Distropha. Liber Antiphonarius pro diurnis

horis. Dies dominica. Einsiedeln. Ant. b. Hartkeri. Epiphonus. Episema. Flexa. Flexa resupina. Fratres minores. Fratres praedicatores. Franculus. Dom Gabriel Beyssac. Genealogia. Liber Gradualis. Responsorium Graduale. Hymnus. Henry Bradshaw Society. Antiphonarium b. Hartkeri. Historia. Introitus (proprius A. ad Int.). Invitatorium. locus citatus.

Lam. Laud. Lect. liq.

Man. Mar. Magd.

Mart. Matut.

mens. dec. iv

mens sept. vj

Miss. Montp. Mozar. Nativ.

(1) (2)

W (3) O. C. OR.

offic. Or.

Orat. Orat. rh.

P.1 PP. Parasc. Pasch. Pentec.

Pentec.23

Pes A. Pr .

Praepun. Proces.

Ps. Psal.

Lamentatio. Laudes. Lectio. liquescens. Manuale. S. Maria Magdalena. Martyr ve1 Martyres. Horae matutinae. Feria quarta Quattuor temporum

Adventus. Feria sexta Quattuor temporum

mense Septembri. Missale. Montpellier, ms. H 159. Ritus mozarabicus. Nativitas domini. Missa in Gallicantu.

D 2 Aurora. W W Die.

opus citatum. Offertorium. Officium. Oriscus. Oratio. Oratio rithmica. pagina, paginae. Parasceve. Pascha. Pentecosten. Dominica tigesimatertia post Pen-

tecosten. Pes flexus. Pressus. Praepunctis. Processionale. Psalmus. Psallenda (in rito Ambrosiano).

A capo della descrizione di ciascuna Tavola sono segnati: 1) il numero dei fogli, con cifre romane per i fogli di guardia, 2) la loro misura, 3) il numero delle colonne e 4) delle linee per pagina.

Segue il registro dei quaderni colle lettere A-Z, a-z, AA-ZZ, aa-zz (omet- tendo j v, W), e con lettere greche per ciò che è straordinario: nei pochi casi dove i quaderni portano segnature di mano dello scriba,originale, le segnature sono mantenute.

Le cifre in esponente mostrano il numero dei E. di ciascun quaderno; quando vi sono ff. mancanti o aggiunti, le cifre sono precedute da - o +.

Pun. R.

R. B. R. G.

Resup. r., rr.

LXX. LX. L. XL. LSX. ii.

Pentec. ii. S. G. Sal. Scan. Seq. Sil.

Ctroph. Stamp.

Subbipun. T r .

Trig. Trist. Trop.

v . V. All. Vers. Vesp. Vir.

Virg.

Punctum. Responsorium. Dom Raphael Baralli. Responsorium Graduale. Resupinus. rigo, righi. Ceptugesima, Sexagesima etc. Feria secunda post Septuagesimam,

Pentecosten etc. S. Gallo. Salicus. Scandicus. Sequentia. Sillaba. Strophicus. Stampato. Subbipunctis. Tractus. Trigon. Tristropha. Tropus. Versus (ad RR. RG. V.all. Tr. etc.). Versus Alleluiaticus. Versus seu Versiculus. Vesperale. ' Virga. Virgo ve1 Virgines.

racchiudono le parole sostituite dai- l'autore.

dopo il numero di un neuma indica che il neuma è stato riprodotto fotograficamente.

Per altre abbreviazioni, vedi le spiegazioni premesse ai vari indici.

A significa che manca un quaderno intero o più. Le sbarre sono messe quando le divisioni del codice concordano colla fine

di un quaderno; le doppie sbarre denotano la divisione tra vari mss. in un codice. Quando queste sbarre sono precedute da un numero tra parentesi tonde, questo numero è quello portato dall'ultimo foglio del quaderno.

È inteso che tutti i codici sono scritti in latino, sulla pergamena e in linee piene; in altri casi si diinno indicazioni particolari.

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INTRODUZIONE

A notazioiie musicale è l'arte d'

scrittura. Per sè stesse siffatte

si può bensi rappresentarle

esprimere le idee musicali colla idee non possono manifestarsi ;

per via di simboli o segni. I1 nome stesso di neuma, usato solo dai Latini e derivante dal greco v~uplx

(segno, cenno, ammicco), è una prova di ciò, in quanto fa allusione ad

un significato che non è dato esprimere con parole, ad una rappresentazione

simbolica della battuta o cenno di un direttore di musica, battuta o cenno

da trasferirsi sulla carta. ' Lo stesso significato si riscontra pure liella

parola piii recente < nota B . La notazione musicale è di due specie: I ) fonetica, quando lettere,

numeri, parole od altri segni stanno a indicare i gradi della scala musi-

cale, come nei sistemi musicali dell'oriente o dell'antica Grecia, ovvero

2) mmatz'ca o accentuale, allorchè si serve di accenti, o da soli o com-

binati, per mostrare con la loro forma o direzione il salire e il discendere

della voce. Questa notazione musicale primitiva e naturale fa per la melo-

dia lo stess' ufficio per l' appunto che fanno gli accenti (ad cantus) per l'arte della declamazione. Questo sistema è comune alle Chiese orientali

ed occidentali, quaiitutique la forma definitiva che esso ha preso si diversi-

fichi molto dall' una all'altra Chiesa.

In quest'opera noi tratteremo soltanto della notazione occideritale

contenuta nei niss. della Biblioteca Vaticana, lasciando ad altri scrittori di studiare con simile metodo i mss. orientali, cosa che 11011 è stata fatta

sinora. Per quanto se ne può giudicare, i mss. musicali greci della Biblio- teca son pochi di numero, e, per antichità, sono assai lontani da quelli

di notazione occideritale. Bisogna inoltre notare che noli è ancora provato

per niente che la riotazione che essi presentano sia veramente tradizionale

e primitiva.

qer quel che concerne i mss. latini s ' è domandato spesso: Quanto

indietro risalgono essi? Qual' è il ms. piu antico che offra un sistema chiaro

di riotazione neumatica? I1 problema, assai più difficile, sulla prima origine

dei neumi è una questione ben diversa e deve trattarsi dopo. Pel momento

dobbiamo limitare la nostra attenzione ai piu antichi esemplari di neumi

che ci rimangono.

Ma prima di rispondere, bisogna determinare se tra i neumi non dob-

biam comprendere vari segni che si trovano in Lezionari e altri libri litur-

gici destinati alla lettura in comune, per ricordare al lettore dove comincia

La parola neuma o piiittosto pneuma, applicata ad un lpngo vocalizzo, ad una successione di nelimi senza parole, viene da mziiya (fiato). È da làwentare che in un'opera cosi rccente com'è quella di E. W. B. Nicholson, intitolata Early Botileiaiz Music, Lon- don and New York. 1901, a neuma non si attribuisca che questa sola origine. Anche il Thibaiit, Mo~zzl~nents de la notation ekphondtique, ecc., p. 34, definisce la parola neuma come una semplice modificazione ecfonetica di avriipa.

"li accenti tonici nei ff. 21r, 29, 38v del Sacramentario di Biasca (ms. Ambros.

I

A 20 bis irLfra, del sec. rx) che fuiono scambiati per neumi, sono di mano posteriore a quella del corpus libri, come gentilmente mi fa sapere Mons. Ratti.

Cf. A. Gastoué, Catalogue des Manuscrits de Mttsique Byzantine, ecc., Paris, 1907, p. 73, Planche I.

"i queste date Mons. Vattasso ed io non siamo responsabili; lo Staerk dice nel- l'Introduzione che la nostra opinione è stata richiesta, ma non avverte dove e quando l'abbia accettata di fatto.

l'inflessione della voce o dove occorre una pausa. A tal fine gli Ebrei, i

Greci ed anche i Romaiii adopravano una specie di punteggiatura inusi-

cale, una notazione ecfonetica, cioè, una notaziotie di segni convenzionali.

L'esempio piii antico P che si conosca di tali segni si trova nel Codex

Ephrerni, ms. della Bibl. naz. di Parigi, gr. g, attribuito al IV, al v, ed

anche al VI sec., ma i segni di recitazione furono aggiunti pih tardi, pro-

babilmente da uno scriba del sec. VI o V I I ; essi non compariscono su

tutte le parole, ma solo al principio, alla metà ed anche alla fine delle

frasi e sono inseriti o sopra o sotto o dentro il testo. Lo stesso sistema

si riscontra nei Lezionari latini, più o meno, di tutte le date, sebbene quelle dei mss. citati dallo Staerk (Les manuscrz'ts latins du Veau Xlll'siè-

cles conservés à la Bibdiothèque kpériale de Sailtt-Petersbourg, I g I o) abbiano bisogno di esser corrette. ' E certo che in questi mss. latini siffatti segni

con destinati a richiamare alla memoria del cantore nella solenne recita- zioiie dei Vangeli, ecc., le formule melodiche che egli sapeva già; se ne

veggono esempi nelle pp. 85-94 della iveumenku~zde del Wagner (Ed. 2").

La questione precisa è la seguente: Questi segni sono realmente

neumi, oppure meri segni convenzionali. La teoria del Thibaut (Monuments

de la notation ekjhonétique, ecc., p. 26) è che a les signes d'interponctua-

tion constituent la base de la notation ekphonètique latine qu'une ktroite

affinité relie ali système ekphoiietique grec. Portke à son point de per- fection au début du Xe siècle, cette ecriture musicale (!) traduit dCs lors

, la modulation neumatique de 1'Eglise latine ». Per parte mia, io sottoscrivo alla critica del P. Beyssac (Revue d'kistoire ecclésiastique, XIII, 4 (Oct. 1912,

p. 703) che i segni della semeiografia greca riuniti dal Thibaut (Origim byzantine, ecc., p. I 7 ) non hanno affatto che vedere coi segni di punteg-

giatura recentemente citati dallo Staerk. Che questi abbiano cogli accenti un'origine comune, e rappresentino il primo stadio nello sviluppo degli

accenti a scopo musicale, può darsi che future indagini lo dimostrino ; nel

qual caso essi forniano un parallelo coi iieumi, ma non sono i loro ante-

nati; possono essere accenti isolati o combinati in segni convenzionali su certe parti del testo, ma è difficile poterli dire (Gastoué, Paléogra$hie

~Vusicale Byzantine, Leipzig, I 966, p. I 60) una notazione primitiva e con-

siderarli come una vera forma di notazione musicale.

Nel corso di quest'opera si troveranno richiami a segni denotanti

le cadenze, posti sopra il testo di Vangeli o Epistole od anche (cf. N0a46) sopra una regola monastica, come aiuto al lettore ; cf. N' 44, 7a, 73, 160,

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XVIII INTRODUZIONE. ANTICHITÀ DEI NEUMI

161, 168, 176, 194, 210, 216, 246, 330, 337, 341, 371, 629, 874. Questi segni prendono in molti casi la forma di un neuma ; iiiia volta, N" 874, p~ssibil-

mente delle lettere re, fa; qualche volta, Ni44, 176, essi rappresetitano la

melodia; ma negli esempi piii antichi, il segno è meraniente coiivenzioiiale;

cf. il segno simile alla cifra 3, No 330. Vi sono anche richiami all'uso di neumi come segni di prosodia ;

p. e. N' 194, 105% una $exa scritta sopra le sillabe accentuate ; N' 72, 23, una virga sopra sillabe lunghe; ma vi sono due altri mss. che meritano

ricordo speciale: nel ins. Palat. 209, oltre la vi?,. e il @n. per le sillabe

lunghe e brevi, p. e. (ff. 26', 27") a deséruit », si trova una$. per le sillabe

lunghe o accentuate, p. e. f. 26" (bis) u eadem », f. 28', occidant B , f. 56',

a pervenit » ; il ms. Rarber. 560 e pieno di tali segni; per un simil'uso

della j., cf. f. 4', C. I , 1. 2 u diebus, e 1. 2 2 u illius B ; per l'uso del pes, cf.

la prinia sillaba di u unde » 1. r 6.

Ad ogni modo, di mss. contenenti solo questi segni non era il caso

di occuparsene qui, dove si tratta soltanto di quelli che portano una

notazione nlusicale propriamente detta.

Society; gli autori dei Catalogi di Rouen e di Vienna assegnano il (iv) e il (v) zl sec. x. Quindi dei mss. citati dalla PaMogra$hze Mmicnle nessuno

appartieiie con sicurezza al Secolo 110nO.

Da questa conclusione vien fuori l'altra questione assai difficile sulla

data dei neumi aggiunti in relazione con quella del corpz~s Libri. Ma quanto

rarainente si piiòqffermare che siffatti neumi vennero inseriti di pari passo

col testo dal primo aniaiiuense! Senza dubbio in parecchi Graduali, ecc.,

dove f u lasciato lo spazio pei neumi, questi vi furono scritti nello stesso

tempo; ma nel caso dell'ExuZtet, del Canon Missae, ecc., dove solo un

piccolo numero di neumi occorrono qua e là, si può egli dire che essi

sieno contemporanei del testo? Non abbiamo che due criteri per aiutarci:

I ) il colore dell'inchiostro è identico o no? Tuttavia anche il colore può

variare secorido la quantita che resta aderente alla penna, e i neumi sottili

sovente appaiono d'inchiostro posteriore a quello pib nero deI testo;

2) i segni di punteggiatura; codesti, essendo fatti un po' alla maniera dei

neumi, sono una prova alquanto più sicura ; vale a dire, se noi riscontriamo

e nei segni di punteggiatura e nei neumi lo stesso colore d'inchiostro, lo

stesso ductus, possiamo con buona ragione inferire che i neumi sono del

Io ho paura che l'opinione corrente sull'antichità dei neumi bisogni

modificarla. Non ci deve far meraviglia che un sessant'anni fa, quando la

scienza paleografica era iiell'infanzia, il P. Lambillotte ' abbia pubblicato

un ms. di S. Gallo del sec. decinio (tutt' al piii) come copia autografa del-

IsAntifonario di S. Gregorio, niaiidata da Papa Adriano a Carlomagno sulla

fine dell'ottavo secolo, ed abbia attribuito al nono secolo un ms. di Miirbach

che non può essere più antico dell'undecimo; e neppure ci deve fare

specie se Coussemaker P accetta la stessa data tradizionale pel citato Anti-

fonario, ed ascrive al nono secolo i neumi del ms. di Parigi, B. N. lat. 2832,

certamente aggiunti da mano posteriore, e quelli del ms. I 154 della stessa

Biblioteca, posteriori di un secolo. Parimente il Fétis parla dell' esisteiiza

di mss. musicali del secolo ottavo. I grandi passi fatti dalla paleografia

musicale nell'ultimo mezzo secolo ci vietano di accogliere siffatte date.

Ma la tentazione di antidatare mss., bisogna coilvenirne, 6 molto forte

ancora ! Cosi il Fleischer ci parla di iieumi del sec. ottavo nel cod. Amia

tino di Firenze, che il Wagner ha chiaramente riconosciuti come aggiunti

verso il 1000. Cosi anclie Ia P. M. nella Tavola dei neumi, (Vol. 1, p. 12 I )

comincia con forme attribuite all'ottavo e nono secolo, e Don G. Morin,

seguendo la P . M, I, p. 106, parla delle u plus anciennes copies que nous

possedons du c h a n t de Saint Grégoire ... ces n~onuments du VIIIe et

et du IXe siècle B , ma può darsi che il richiamo sia all'Antifonario non

neumatizzato.

Le mie proprie ricerche mi portano a concludere che non si trova

piii che una dozzina di frammenti sparsi qua e là aventi notazione musi-

cale, scritti prima del secolo decinio, ma neppure un solo ms. completo.

La questione è di tale importanza che vale la pena esaminare seriamente

ciascuno dei mss. attribuiti al sec. nono.

I,a Paléograp/tze Musicale ascrive a questo secolo tre mss., cioè:

(j) S. Gall., 359 ; (ij) Vallicell., B 50 ; (iij) Rouen, 368, (A 27); e due al nono

o decimo, vale a dire : (iv) Vienna, I 609 ; (v) Tours, Bibl. de la Ville, i 84

(101 7). Ma, considerando più attentamente, risulta che tutti questi tnss.

sono posteriori alle date loro assegnate: (j) se non i: del sec. X, è certa-

mente degli ultimi anni del IX; (ij) è del sec. x, ma i neumi furono aggiunti

di seconda niano, al piU presto verso il 1000; (iij) attribuito al sec. XI

da quell'erudito che era pronto a pubblicarlo per la Henry Bradshaw

tempo dello scriba. La lista dei mss. del nono sec. data da Gastoué (Les orzgines du chant

yomnin. Paris, 1907, p. 248) è del ari soggetta a discussione. l li omette

il (iv) sopra allegato, ma, in compenso, cita due mss. della R. N. di parigi,

cioè (vi) il 909 e (vij) il 229 I ; due di Parigi, Bibliotecz di te-Geneviève,

ci06 (viij) il I I I e (ix) il I 260; uno di Parigi, Bibl. de I'Arsenal (x), I IO, e

altro (xi) di Lipsia, 109. Ma io non posso ammettere che alcuno dei fram-

menti contenuti nel n. vj sia pih antico del sec. x ; la notazione musicale

del n. vij è di inano posteriore, a mio giudizio, del sec. X ; per qlianto io

mi posso ricordare, nel n. viij non vi sono neumi; il n. x nel Catalogo ed

in A~zalecta Hymnica Medii Aevi è assegnato al sec. x ; il n. xj è del 900

circa. Mi rincresce di non aver veduto il n. ix, e quindi non posso espri-

mere la mia opinione, ma il Catalogo non dà cenno di sorta sull'esistenza I di neumi tanto in viij quanto in ix. Per conseguenza in codesta lista, non

v' è ms. certamente anteriore all' anno goo.

Si trovano tuttavia alcuni mss. con neunii che senza dubbio o con

grande probabilità, sono del sec. IX; ma quasi in ogni caso i neumi occorrono

soltanto una volta nel ms., e resta sempre il dubbio sull' intervallo di tempo

scorso fra la scrittura del corjus libri e l'inserzione di essi. Tali mss. sono:

xii) la Praefatio nel Sacramentario di Novara, una fotografia della

quale comparisce come no xiv in Molaumenta Padaeographica sacra, Torino,

1899, dove è assegnato al sec. IX circa. Nè la fotografia, nè l'originale

mostraiio differenza nel colore dell'inchiostro con cui sono scritti i neumi.

xiii) I1 canto della Getiealogia nel ms. di Parigi, Bibl. Ste-Gene-

viéve I 190, attribuito nel catalogo stampato al sec. 1x1~.

xiv) I1 ms. di Parigi, B. N., n. a. 2 1 77, nei ff. 14-16 ha un frammento

di scrittura visigotica che il Dr E. A. Loew dice del sec. IX, con neumi, a

quanto pare, di prima mano.

xv) I1 ms. di Monaco clm. I 9408, f. 2oV, del principio del nono

secolo; di cui il Traube scrive che i neuriii Sulle parole della C. 20 , 11. 2-5

p o s s o n O essere originali e il P. Blume nl'informa che s e m b r a n o

dello stesso inchiostro del corfis Ct6~i, ma può darsi tuttavia che sieilo

di mano alquanto posteriore.

xvj) Il Dr Liebaert lia richiamato la mia attenzione sopra un ms.

dell'ottavo secolo, Autun 6, porta neumi sul primo capito]o del Vari-

* Antiphonaire de Saint-mdgoire, Paris, 1831. e Histoire de i'harmonie nu moyen-@e, Paris, 1852. ? Histoire gdnt?rale de kz Musique, Paris, 1869, Vol. 1V, P. 265. 4 Neumenkunde. Ed. I, p. 66, n. 2; Ed. 11, p. 102, n. 2.

Les vd~ifables origines dzr chant grt?gorien, Rome, Tournai, 1904, p. 62.

"ella parte di questo ms. che, secondo il Prof. Rand, non è posteriore alla metà del sec. nono, i neurni si trovano almeno in quattro luoghi; in uno essi furono aggiunti certamente da mano posteriore. Io non ho indicazioni quanto agli altri, ossia, quanto ai neumi dell'ultima parte del ms. la quale è del sec. nono ex.

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CIFONARIO DI S. GREGORIO XIX

gelo di S. Giovanni. La fotografia di esso non offre motivi.per dire che

i neumi iion siano stati inseriti di prima mano.

xvij) I1 Pontificale di Poitiers, ms. Parigi, Arsen. 227, ha neumi per

1'Exultet che sono, quasi certamente, di prima mano. Ma poichè il ms. è

stato assegnato persino alla fine del sec. ottavo, sarebbe utile che i paleo-

grafi l'esaminassero piii a fondo. Per parte mia, l'avrei messo al principio

del sec. IX, ma qualcuno che l'ha studiato recentemente sostiene la data

alquanto anteriore; secondo il catalogo, è del sec. VIII/IX.

xviij) I1 nis. 101 2 7-10 144 di Bruxelles si cita da Don Peillon nella

Revue Bénédictine, xxrx, 4 (Oct. I g I 2), come frammento, probabilmente il

piii antico che esiste, di notazione musicale; ma la riproduzione fotografica

che ivi si dà, colla disposizione dell'estremita inferiori delle lettere nella

linea precedente, e con i segni di contrazione e coi neumi sulle parole

u deus meus », mostra chiaro che questa linea di neumi sassoni, ovvero

della Germania settentrionale, è posteriore al testo che é del sec. V I I I ~ I X ;

di quanto poi sia posteriore può dirlo soltanto l'esame accurato del ms.

stesso.

Dell'esisteiiza, quindi, di neumi scritti verso il 800 e fors'anche alla

fine del Sec. ottavo, non è a dubitare. Esiste però un codice con neumi

indubitatamente del sec. nono, che qui conlparisce come Tav. IO, cioè il cod.

Regin. 2 15, ff. I 3oV, I ~ I ' , scritto ne11'877 (per le ragioni di ciò, vedi p. 29);

esso contiene, per quanto io so, i soli neumi che portino la data del nono

secolo; le date dei mss. citati di sopra poggiano soltanto su ragioni paleo-

grafiche. Quanto ai dubbi intorno ai iieumi del nis. Ottobon. 313, che

sembrano del nono secolo, vedi piii sotto, No 1052. Tenendo presenti questi fatti, è naturale che si desideri e si tenti

spiegare perche mai null' altro ci resta di data piu antica. Benchè si pos-

seggano Sacrameiitari, 1,ezionarl ed anche Ai~tifonari senza note di quel

periodo, non ci rimane una sola nota neumatica lungo i due secoli che

seguirono immediatamente alla riforma tradizionale della musica liturgica

fatta da S. Gregorio. L'unica spiegazione possibile si è che le melodie

siano state traniandate dai maestri e non dai mss.

Ed ora veniamo alla seconda questione: Qual'è la testimonianza

storica pii1 antica sull'introduzione dei iieumi? Rigettando come eviden-

temente erronea l'asserzione messa fuori di recente dallo Staerk, o. c.,

I, 253, ed appoggiata sopra un ms. di Pietroburgo del sec. XII, il quale

attribuisce un Altifonario a S. Girolamo; noi dobbiamo esaminare quali

prove abbiamo reaimente per l'esistenza di una notazione nellJAntifo-

nario di S. Gregorio, posteriore a lui di tre buoni secoli. Che l'antica

notazione alfabetica greca era morta niolto tempo prima di S. Gregorio

è risaputo da tutti; se quindi il suo Antifonario ebbe una notazione,

questa non dovette essere che la neumatica. La menzione piii antica del-

1'Antifoiiario di S. Gregorio & fatta da Egberto di York (metà del sec. VITI),

il quale parla di c Antiphonaria quae cum missalibus suis conspexinius

apud apostolorum Petri et Pauli limina B. La tradizione che cantori romani

portarono in Francia, Germania ed Inghilterra copie del19Antifonario gre-

goriano deve avere qualche solido fondamento; anzi tale racconto ha in

suo favore tale autorità storica da meritare ogni fede. Ma la questione se quelle copie o il loro esemplare portavano notazione musicale, non stata

sinora, per quel ch'io penso, discussa a dovere. Io non trovo mai asserito in modo veramente assoluto che 1'Anti-

fonario di S. Gregorio avesse neumi. Don G. Morin (Les véritables ori-

gznes du Chant grégorien, Rome, Tournai, I 904, pp. 6 I , 63) scrive che

v'& o g n i r a g i o n e per credere che l' esemplare originale dell' Ant. di

S. Gregorio era notato in neumi; la P. M, I, p. 106, si $olitenta di credere

ch'esso p o t è essere neumatizzato ; un' attenta lettura dell' ultima opera

pubblicata su questo argomento, quella del GastouC, non spinge ad accet- tare in alcun modo tale opinione.

Nessuno degli Antifonarii esistenti, scritti rima del secolo decimo,

porta notazione musicale; per il ragguaglio di questi, vedi GastouC, O. c.,

pp. 247-2 50. [La menzione che egli fa, nelle pp. 247, 248, di un Antifo-

nario della Messa nella Biblioteca Vaticana deve sopprimersi; 1'Antifo- nario pubblicato da Pamelius, 11, pp. 62- I 76, che egli cita, si fonda su tre

mss. (cf. Revue Bénédictine, XXIX, 4 (Oct. 191 2), dei quali nessuno è

Vaticano; lo sbaglio è nato probabilmente dal non aver letto in modo

esatto l'ultima frase della Prefazione al 5" vol. delle opere di S. Gregorio, ed. Romae, I 5 931.

Si citano due casi in cui Antifonari con notazione sarebbero stati

spediti da Roma. I1 Dictionnaire d'Archéologie chrétienne, 111, C. 7 2 2, afferma

che Papa Paolo I (758-768) mandò da Roma due libri notati; ma le fonti

originali non parlano di notazione: a Libros, antiphonale et responso-

riale » (Jaffé, Monumentu Carolina, pp. I o I , I 39, 2 2 3). I1 Duchesne, Hist.

Franc., 11, p. 75, cita iina vita di Carlo Magno scritta da un Mmachus

Engolismensis: C At ille (Papa Adrianus) dedit ei Theodorum et Benedi-

ctum Romanae ecclesiae doctissimos cantores, qui a Sancto Gregorio (!) eruditi fuerant, tribuitqiie Antiphonarios Sancti Gregorii quos ipse notaverat

nota romana ». - Ma è ambiguo se quell'ipse si riferisca a S. Gregorio o

ad Adriano, e tutta questa narrazione, scritta quattro secoli dopo i tempi

di S. Gregorio, rappresenta soltanto la tradizione dell'undecimo secolo.

In tutti i casi i missionarii maestri di coro andarono con libri di

qualche sorta. Ma poichè allora la musica s'insegnava ad orecchio e non

I colle note, i inaestri, che pure avevano imparato le melodie dalla tradi-

zione orale, le trasnlettevano ai cantori, i quali del pari non avevano

bisogno di notazione. ' Quindi il libro poteva contenere soltanto il testo

riordinato dell'Antifonario di S. Gregorio.

Insomma io non ho potiito trovare testimonianze anteriori al secolo IX

le quali provino l' esistenza di una notazione musicale nell' Occidente.

S. Isidoro (Jy 636), opponendo la tradizione orale a quella scritta, afferma

(Elym., 111, I 5, 2) : u Nisi enim ab homine memoria teneantur soni, pereunt,

1 quia scribi iion possunt P . Sembra inipossibile che egli potesse scrivere

cosi, se allora si fosse usata o conosciuta una qualche notazione. L'espres-

sione dello pseudo-S. Prospero (sec. v) (Migne, P. L., LI, 856) : a Restat ... iesonat » citata dal Wagner, o. c., p. I 8, non si riferisce, a mio giudizio,

ad una determinata scrittura musicale.

Questa opinione è, naturalmente, una mera ipotesi, ma finchè essa

non venga confutata, si presenta come una possibile spiegazione della

difficoltà di cui abbianio parlato sopra. Siffatta opinione, s'intende, non

tocca menomamente la tradizione che fa di S. Gregorio l'ordinatore e

probabilmente il semplificatore dei canti esistenti al suo tempo e quindi

il fondatore del Cuntus Romnnus. Codesta tradizione ha prove sicure in

favor suo; la continuità e la perpetuazione di una stessa melodia in tutti

i mss. « gregoriani .p esistenti è argomento di gran forza ; solo tre mss. si

trovano estranei a questa tradizione, cioè uno nella Biblioteca Vaticana,

Vatic. 53 19 (N0 162, p. 47 di quest'opera) e due nell'Arch. Capit. di

S. Pietro. (L'opinione di Don Andoyer, che tali mss. siano un resto della liturgia ~regregoriana, si trova esposta nella Revue du Chant grégmien, XX, pp. 69-75, I 07- I I 4). Le melodie gregoriane tuttavia poterono conservarsi

non cosi bene forse, ma almeno sostanzialmente, per tradizione orale; in

altre parole, la mancanza di un Antifonario neumatizzato non toglie a

S. Gregorio il diritto di essere ritenuto il restauratore del19Antifonario,

come la mancanza di un Sacramentario gregoriano non ci vieta di ritenerlo

i La leggenda che in un'occasione i dodici cantori mandati da Roma fallirono allo damento soltanto supponendo che essi avessero portato seco dei graduali o antifonari scopo della loro missione, perche ciascuno cantava una melodia differente, pub aver fon- 1 senza note.

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DERIVATI DAGLI ACCENTI .p_-

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riformatore del Messale. Cercare poi l'esattezza di questa tradizione e fino

a qual punto venne modificata da aggiunte orientali, è una questione ben

diversa. Pel momento dobbiamo fermarci alla seguente conclusione : non si

trovano neumi prima della fine del secolo ottavo e non ci sono testimo-

nianze storiche certe che siano esistiti prima d'allora.

Quando adunque vennero essi all'esistenza e donde spuntarono?

Noi non li incontriamo in uno stato di formazione; li troviamo invece

perfettamente sbocciati e sviluppati, segno che devono aver percorso

prima una lunga via di evoluzione. Quando e dov'essi siano stati adoperati

la prima volta, è un enimma sinora inesplicato. I tre sistemi paralleli di

notazione, orientale, romano e visigotico, fanno pensare ad un comune

antenato. Che questo sia stato il sistema degli accenti è ora ammesso

universalmente. L'opinione strana del F~ t i s , ' che essi provengono dai carat-

teri a runici , anglo-sassoni derivanti dalla scrittura, demotica egiziana. e

quella di Teodoro Nisard, ' che li fa venire dalla stenografia romana, una

specie di note tironiane, oramai non le sostiene nessuno.

La teoria che ab orisne essi derivano dagli accenti della prosodia

fu messa fiiori la prima volta da E. de Coussemaker, sviluppata ampia-

mente dal P. Aiiselmo Schubiger ' e trionfalmente provata da D. Giuseppe

Pothier. ' Nell'arte retorica il ritmo del discorso. l'elevazione della voce

dell'oratore, erano indicati per mezzo di un tratto ascendente, I'abbassa-

mento per mezzo di uno discendente, e l'elevazione e l'abbassamento con

ambedue i tratti combinati insieme: codesti segni, l'accento acuto, il grave

e il circonflesso, erano, come dice la parola stessa, ac centus (ad cantus),

ed essi sono i segni primitivi e naturali della notazione musicale.

Ma la qiiestioiie si e complicata con la confiisione fatta dei neumi coi

segni di putiteggiatura dei Lezionarii, ecc., su di che v. p. xvrr. Essi però

non sono neiimi. nè rappresentano notazione miisicale di sorta; sono sol-

tanto un più antico sviluppo degli accenti a scopo ben diverso. Ma poichè

vi è una somiglianza nella forma che essi prendono nei mss. greci e latini,

alcliiii eruditi hanno cercato di vedere una egual somiglianza tra i neumi

latini e greci. Quindi l'opinione che questi non siano altro che una tra-

sformazione di quelli, serve di fondamento alle opere recenti di Fleischer,

Thibaut, Gastoue, Gaisser e Rieniann. Il Fleischer fu il primo a dimo-

strare che i neumi latini non devono studiarsi separatamente dai greci,

e a far derivare i latini dai segni di punteggiatura; i l Thibaut ' ritiene

che siano uiia semplice modificazione della notazione costantiiiopolitana;

il Gastoué fa lo stesso, e il Gaisser pure, ma in un niodo pii1 spiccato, e pih ancora il Riemanti. ' O

Non si possono leggere attentamente queste opere e continuare a credere che i neumi occidentali sono puramente romani o latini, per modo

da formare una notazione del tutto isolata. Se da una parte la scuola di

Solesmes non ha ancora, per quanto sembra, apprezzata l'importanza di

questa corrente greca, dall'altra gli scrittori sopra citati, credo, hanno dogmatizzato troppo nell'altro senso. Ulteriori ricerche potranno dimo-

strare che essi hanno ragione, ma considerata l'età relativameiite recente

della maggior parte dei iieumi orientali (il più antico documento è, per

quel che pare, del nono o del decimo secolo, non é quindi piì~ antico del

più antico documento occidentale), ignorando noi quanto indietro risalgono

le fonti di 'quei documenti e riflettendo che negli antichi trattati musicali

greci non si trova spiegazioiie di sorta dei primitivi neumi bizantini, so11

di parere che bisogna astenersi dal pronuilziare un giudizio e col Dr Wagner

(Neumenkunde, ed. 2 , p. VI), penso che la relazione tra le melodie latine

e quelle greche 6 fiir immer unseres genauen Kentniss entruckt ist P e,

p. 35, che a heuteAyon einer definitiven Entzifferung derselben noch nicht

die Kede sein kann P . Tuttavia i due sistemi possono ben avere tra loro

delle analogie ed una origine comune; la somiglianza di forma tra alcuni

iieumi è assolutamente innegabile; i nomi che parecchi di essi portano

sono presi senza dubbio dal greco e la stessa parola x. neuma P manifesta,

come ho detto, un'origiiie greca. La forma dei iieumi visigotici, che per certi lati differisce e da quella

latina e da quella greca, fa pensare ad un'origine coniune in paese diverso ;

e se l'opinione del Wagiier, p. I I 3, che tale origine si deve cercare nei

neumi siriaci e greci, non avesse bisogno che d'essere dimostrata, farebbe

il paio con quel che sappiamo- della grande influenza siriaco-greca, la quale

nei sec. v11 ed v111 caiiibiò cosi profoi~damente il carattere della liturgia

romana; e probabilmente in questo periodo di tempo i neumi entrarono

negli Antifonari di S. Gallo e di Roma. È strano che la metà del sec. v111

è proprio il periodo assegnato, per ragioni ben differenti, dal Gevaert " e

dal Thibaut alla coniparsa dei neumi. Codesta opinione, che il Wagner non avrebbe appoggiato senza gravi considerazioni, non deve scartarsi

troppo alla leggera.

I Ma nel sistema neumatico era incluso un altro scopo: quella di rappre-

I sentare, non solo gli accenti della prosodia, ma altresi la Chironomia (la

regola, direzione, v6po;, della mano, X E @ ) , il movimento cioè ascendente e

discendente, con le sue sfumature e modificazioni, della mano del maestro,

simboleggiante il movimento dei suoni. Siffatti movimenti manuali furono

rappresentati graficamente coi neumi. Se una melodia non si muove in

ampio giro, è facile assai disegnare nell'aria ciascun suono, è facile pure

disegnarlo sulla carta; p. es., tre note ascendenti un coro le intuisce

subito, se il movimento ascendente della mano del maestro, ovvero una

eguale posizione sulla carta gliele metta sott'occhio. Quest'uso fu comune

a tutti i paesi, e, finchè non si trovò uiia notazione, fu l'unico modo di

esprimere ed iiisegiiare una melodia. Nel fatto, gli accenti grammaticali

non ebbero altro scopo, e furono, perciò, copiati dalla chironomia.

Qui si domanderà tuttavia: se i iieumi rappresentano la mano del

maestro dirigente, dovevano rappresentare tutto ciò che il direttore volesse,

vale a dire, non solo l'altezza e la gravita delle note, il loro posto relativo

nella scala, la relazione con la nota precedente e seguente, ma ancora la

forza e la durata. Avevano i neumi questa significazione, di rappresentare

cioè la durata ed il tempo dei suoni? L'insegnamento di Solesmes è chiaro e netto su questo punto. - I neumi indicano solamente il numero

delle note da cantarsi su di una sillaba ed il loro legamento; non hanno,

per sè, nè tempo né forza, precisamente come gli accenti non significano

nè la lunghezza né la forza da darsi alle sillabe sii cui stanno. Altri

maestri moderni sostengono invece che appunto come la mano del direttore di musica può elevarsi o abbassarsi su gradi diversi e muoversi, ora rapi-

damente ora lentamente, cosi i neumi dovettero essere per SE o lunghi o

brevi. Qzbis ihdicabit ipsos iudices? Hnud ego.

i Histoire gdndrale de la Musique, Paris, 1869, IV, 467. Rmvzre archdologique, 1845, p. 261.

"istoire de i'harmonie au moyen-dge, Paris, 1852. ' Die Sdngerschule San Galle?zs, Einsiedeln, 1856.

Les mdlodies grdgoriennes cl'apres la twzdition, Tournai, 1880. Wskar Fleischer, Neunrenstudien, 3 vol. Leipzig, 1893, 1897; Berlin, 1904.

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io Hugo Riemann, Die by~antinische Notenschrzyt in IO bis 15 Jahrhundért, Leivzie. 1909. * -,

1;. Aug. Gevaert, La mdlopl antique dans le chant de l'&$lise latine, Gand, 1895, p. 182: a Aucun spécimen authentique, aucune mention explicite de ce genre d'écriture musicale ne se rencontre avant le milieu du IXe siècle F.

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Per ragioni di opportunitA i neumi possono dividersi in quattro classi:

I) accenti soli, 11) accenti combinati, 111) accenti significanti qualche orna-

mento aggiunto, e IV) accenti la cui forma vien modificata dall'applica-

zione a certe sillabe.

I1 loro nome e significato negli antichi trattati di musica ci è stato

trasmesso con espressioni un po' incerte e talvolta contraddittorie. Le tavole

dei a nomina notarum *, donde sori prese le denominazioni ora in uso,

sono tra le piii recenti, relativamente parlando, ma probabilmente le più

perfette e sicure. Si veggano nelle Tavv. I b, I C e la loro descrizione a

pagg. 1-4. I1 Dr Wagner (ed. 11, pp. 104, 105) ne descrive altri da Aureliano di Reoin6 (sec. IX) dal ms. F. 3. 565 (sec. XII) della Magliabec-

chiana di Firenze, e a p. 108, n. 2, cita altre fonti assai piii moderne.

A p. I O ha inoltre stampato in forma di tavola i titoli desunti da sei

mss., ma l'interpretazione che egli dà di alcuni è soggetta a controversia.

Fra gli autori moderni che hanno pubblicato liste dei neumi prin-

cipali possiamo citare per ordine di tempo:

I ) I1 P . LambiZZotte, ' che pubblicò una lista del sec. XII, importante

per. l'uso delle espressioni j'exa e j e x a resupina invece di clivis e por-

rectus, pes j exus invece di torcudus; il puidisma vi è rappresentato con

la forma aquitanica.

2) I1 Coussemaker (o. c., p. I 84) che, oltre all'aver citato i mss. riferiti

a p. I , pubblicò due tavole sinottiche di neumi ed anche la loro forma quadrata del sec. XII ; la sua opinione sui segni ornamentali : oriscus (plica

longa descendens), gnomo (pl. 1. ascendens), porrecks (pl. brevis descen-

dens), fianculus (pl. br. ascendens) se la dev'esser cavata di testa lui!

3) /. Tardzx e con alcune buone tavole a pp. 278, 279.

4) Schubiger, o. t.; Monumenttz, I, 11.

5 ) Pothier, o. G., p. 42. 6) P. M , vol. 11, pp. 29-36.

7) Waper , o. C. Ed.I ,pp. 13, 17, 20, 2 1 ; Ed.11, pp. 115, 123, 124. 8) Gastoué, o. c., pp. I 7 I , 175.

g) I1 Groves, Dictionary of Music and Musicians, London, I 907,

111, p. 394, ha una importante tavola comparativa dei neumi, redatta dal

Dr Abdy Williams, con I 3 forme per ciascuno, quali si ricavano dai mss.

piii antichi sino al Graduale di Solesmes.

IO) Mocquereau, o. G., pp. I : 7 sqq.

I I) REemann, o. G., Tafel, 111.

12) Thibaut, o. c., pp. 31, 33. In quest'ope;a, i nomi dei neumi si usano in latino perchè comuni

a tutte le nazioni; le espressioni u cline P, porrette P ecc. (cf. Antiph.

Ambros., ed. 1908) non fanno altro che generare confusione.

I. I neumi semplici sono quelli che corrispondono all'accento acuto e

grave, cioè la virga e il pmctum, rappresentati ab origine rispettivamente

da una linea ascendente da sinistra a destra in alto, e da una linea

discendente da sinistra a destra in basso. Il primo è scritto alle volte

dall'alto in basso, e il secondo andò perdendo sempre più la forma pri- mitiva d'accento grave sino a diventare una lineetta orizzontale od un

semplice punto, quadrato, romboide o rotondo; queste sono tuttavia varia-

zioni puramente grafiche, e il progresso graduale del cangiamento di forma

di esci e degli altri neumi CI riprodotto nelle nostre Tavole neumatiche, e

descritto a suo luogo. La virga (o mi-pda, dacchè io non capisco perchi: nel Thibaut, o. c.,

p. 15, m>ga e virguda formiiio due neumi distinti) rappresenta un suono

più alto e il punctum uno piii basso relativamente al precedente o seguente.

Tale è l'interpretazione data alla virga ed al punctunz da tutti gli

scrittori antichi e moderni dal secolo undecimo in qua; nondimeno il Dr Wagner nell'ultima sua opera ha messo fuori una nuova teoria, fondata

sopra due degli scrittori piii antichi, e sostenuta, secondo ch'egli crede,

dall'Anonimo Vaticaiio, il cui testo pub vedersi nella Tav. 1a dell'opera

presente. Se tale opinione viene accolta, farA si che molto di ciò che è stato sin qui scritto in proposito, compresa parte di quest'opera, debba

correggersi. Secondo la teoria del Wagner, la linea orizzontale, invece di essere una forma di fincfum, un punctum slargato, è una forma della

virga, la producta, e rappresenta una nota lunga, laddove il punctum è una nota breve. L'esistenza di questa lineetta orizzontale non è stata

mai messa in dubbio, vedi pun. A 1-9 e fors'anche D I , D 2 ; se il titolo

di punctum jdanum, attribuito da nie una o due volte a quella lineetta,

sia ben fondato o no, è questione molto secondaria; ma certo quello di

producta, se è il vero suo nome, deve riferirsi al suo significato e non

alla forma. La questione da risolversi è se codesta lineetta orizzontale

sia uno sviluppo della virga o del punctum. Etimologicamente i nomi virga

(verga, bastone) e pnctum si prestano piii facilmente alla prima tradi-

zionale interpretazione. Si concede che siffatto neuma è limitato alla nota-

zione delle scuole sangallese e metense, dove cessò di essere in uso sul

bel principio del secolo undecimo; i neumisti francesi, inglesi ed italiani

non fanno simile distinzione tra queste due cosiddette forme della vz'rga.

L'argomento piii importante per la sua teoria il Wagner lo ricava

dalla nostra Tavola ~ a . Io vorrei avere avuto piii tempo e spazio per discutere minutamente la lettura che il Wagner fa di quella pagina ; cf. le

pp. 3 5 5 -3 5 7 del Wagner con ciò che io scrivo nelle pp. 1-4. Mi fa mera-

viglia, ripeto, che, per spiegafne il significato, egli non dia il più piccolo

ragguaglio intorno ai neumi inseriti dallo scriba sulle parole del testo, e nel

margine; i l t e s t o e i n e u m i d e v o n o l e g g e r s i i n s i e m e . Ora

questi neumi non si prestano facilmente a quella nuova interpretazione; dall'altra parte, il testo non sembra disposto in ordine perfettamente

logico e lo scriba, il quale ci presenta con chiarezza le forme dei tre

modi del punctus (il brauis, il gravis e il supposz'tus) coll'inserirle nel testo

dopo quelle parole, non .ha fatto lo stesso pei tre modi della longa (cioè la producta, l'acuta e la circumyfexa), ma ha inserito nel margine una

*a con episema, una vziga ordinaria ed una j'exa, che, a mio parere,

rappresentano queste tre forme. Per conto mio il segno della p.oducta

è la uirga con episema, mentre la lineetta orizzontale seguita da una pic- cola verticale, invece di rappresentare una virga u poducta P . per 1'Anon.

si riferisce al pun. suppositum.

I1 Dr Wagner è cosi innamorato della sua nuova scoperta da lan-

guirne a morte! Egli la vede nella notazione di Metz e quindi, nella

seconda edizione, dovette alterare gran parte della sua descrizione della

fotografia del ms. Vatic. Regin. 466 ; il primo e il terzo neuma, u der leicht

hingeworfene Punkt B , è diventato ora, p. I 96, una virga a die hier ein

gewundene Form hat, aber vom Punctum sich deutlich abheft P , laddove

il secondo neuma, prima detto scandicus, è ora a buon diritto chiamato

podatus. La vede (p. 2 I 2, 11. penult. ed ult.), non solo sulla testa della

virga, ma anche aderente alla stessa virga iacens (!); la vede (p. 38) usata

nei neumi u longobardi i, come forma ordinaria di una nota all'unisono 1 della precedente, ed arriva persino ad affermare (pp. I 16, I I 7) che, ori-

ginariamente, un punctmn non sta mai solo sopra una sillaba. Quest'ultima

affermazione mi ha fatto riesaminare le Tavole degli antichi neumi tedeschi,

e trovo: che il pun. rotondo o quasi comparisce come unica .forma nelle

i Antiphonaire de St-Grdgoire, Ed. I (Paris, 1851), Appendice, p. 9; ed. I1 (Bruxelles, I1 neuma scritto, ma poi abraso, dopo la parola a producta . è appena leggibile, ma 1867), p. 223; ripubblicata dal Thibaut, o. c., p. 90. non corrisponde alla figura della virga iacens o punctum planum.

2 Essai sur les neumes, Bibl. de I'6cole de chartes, 3" Ser., IV (1853), pp. 264-284. F

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XXII INTRODUZIONE. ELEMENTI NI

Tavv. 2 b, 2 C, 3 a, 4 b, 7a ; la forma orizzontale sola si vede nelle Tavv. 3 b,

36, 4a (diagonale), 6a e I I C (dove fa parte di ogni scan. e clim.), 66, 7a,

7C, 33 ; ma l'una forma e l'altra si presentano, a quanto pare, promiscua-

mente nelle Tavv. 5 (si notino i neumi di u qui primum »), 76 e 16a.

Srendiamo uno degli esempi di virga hcens citati dal Wagner

(pp. 2 IO, 2 I I) da una sequenza con le sue melodie parallele ; ivi le diverse forme di alcuni cZimacus subpuxctis sono degne di nota. Secondo lui sono

tutte m ~ g a iacens, ma si potrebbe domandare: I ) ~ e r c h è a p. n IO, linee

marginali I I e 14, è lineetta orizzontale soltanto l'ultimo suppositum di

a te hodie », mentre nel neuma di a sanguinis » son rappresentati a quel

modo tutti e tre?; 2) perchi: mai, p. 2 1 I , 1. 2 , ~enu l t . neuma, i tre sufio-

sila di a fortissimus 8 con tutti veri pun., laddove nella 1. 5 < coaevulis >p ha

orizzontali il secondo e terzo?; e 3) lo stesso accade, mettendo a confronto t Exerclribus tantam Christe , p. 2 I I , 1. 3, con u Tu prestiticti mittens

eos » 1. 6, che devono avere la stessa melodia. E evidente che la pro-

nunzia di ciascuna sillaba ha influito sulla forma del neuma che I'accom-

pagna e che il neuma orizzontale indica un suono un po' piu lungo di

quello indicato dal neuma rotondo, ma ciò non ha portato cambiamenti

nell'ordine dei neumi e il piii basso subpositum 2: sempre piii basso del

precedente e noii può rappresentarsi con virga di nessuna specie.

Chiedo scusa di questa discussione un po' lunga; ma d'altra parte,

veduto l'uso che s'è fatto di questa nuova interpretazione della virga

iacens, credo di non avere sprecato il tempo. Sul significato piii comune-

mente accettato di essa, vedi piii oltre, dove si descrivono gli episemata

o accenti significativi aggiunti ai neumi.

11. I iieumi che offrono accenti combinati sono sei di numero : I ) due

di due note, cioè :

a) I1 pes (o podatus), cosi detto dalla somiglianza con un piede,

significante due note, di cui la seconda è pii1 alta della prima. Per le

diverse forme di questo e dei neumi che seguono, vedi piii innanzi.

6) La Pexa (detta anche cdivis, clivus o clinis; ma il nome di Jexa

si adotta come piii semplice, sd'autorità del cod. Ottoburensis); essa è la

vzrgn JEexa, ed è il rovescio del pes, dacche la sua prima nota è piU alta

della seconda; deriva naturalmente dall'accento circonflesso.

2) Quattro di tre note; cioè a dire:

E ) Pes j8exus denominazione scelta per la ragione detta sopra, e

desunta dal cod. Ottuburea.) o torcilldus (torchio); rappresenta tre note di

cui quella di mezzo è la pii1 elevata; la posizione dell'ultima nota è incerta, se è oH'unisono della seconda, il neunla si dice pes stratus.

o!) FZexa yesupina, il contrario del precedente; in essa la nota di

mezzo è piii bassa delle altre due; questa denominazione è piii vera e più

esatta di quella di porrectus, comunemente usata ; su di che, vedi Moc-

quereau, o. G., p. 134, n. I , e Wagner, o. c., p. I 19.

P ) CLi~ipa~as 7xA1p.ctE : scala), tre note discendenti, una virga e due pun.

Scandicus (da scandwe) è l'opposto, cioè tre suoni ascendenti.

Per la varietà, detta saliclcs, vedi sotto.

Questa lista potrebbe aflungarsi indefinitamente sino a comprendere

i neumi di pih che tre membri, mediante l'aggiunta degli aggettivijexus

e resufinus, o di qualche parola Indicante il numero dei puri. aggiunti

prima o dopo il iieuma, ovvero prima e dopo di esso. Cosi se al pes J.

o al cdim. si umsce una quarta nota pih elevata, al neuma si aggiunge

resujinus; se alla fE. resup. o allo scan. si annette una quarta nota piii

bassa, si aggiunge Jexus. Un Jezus poi può esser seguito da un resu-

@nus e questo da quello, ecc. Se il neunia ha davanti a sè dei pun. più o

meno numerosi, esso porta il titolo di praebtpuuctis, praetrzpunctis, proedin-

te~sarej., ecc.; se li ha dopo, ha la denominazione di subb$un., subir$un.,

subdiatessaris, ecc. ; se prima e dopo, cmbz$unttis, contripunctis, ecc. Tre

ZUMATICI COMPLEMENTARI

I

note discendenti possono essere O virga subbz9unctis ovvero j e x a s u b ~ n c t i s

come pure clim. ; e tre ascendenti, virga fraebz.n., o fes *e@%., come

anche scnn.

111. Fin qui non abbiamo incontrato difficoltà, salvo quella della virga

iace,zs o punctum planum. Ma quando prendiamo a trattare della classe

di neumi che seguk, allora le complicazioni cominciano a sorgere ; i nomi

variano nelle diverse liste; le forme differiscono a seconda della notazione

cui appartengono; nei pochi casi di riproduzioni sul rigo musicale del

basso medioevo c'è molta confusione, dipendente dall'essere i neumi allora

fuor di uso o usati raraniente, e l'esatta interpretazione di parecchi di essi, lasciata intatta da alcuni antichi autori, è tuttora soggetta a questione.

Basta leggere i ragguagli di questi neumi in Nezlmenku~de e in Le Nombre

musicad, per restar maravigliati del poco progresso fatto sinora relativa-

mente al loro significato, e per intendere quanto resta ancora da investi-

gare. I1 Wagner insiste principalmente sulla loro posteriore traduzione sul

rigo per provare che essi appartengono ad un sistema musicale che ammet-

teva i quarti di tono; il Mocquereau tratta piuttosto della loro esecuzione

che dell'origiiie. Nessuno dei due dà un ragguaglio pieno e soddisfacente,

pel quale non è ancor giunto il tempo. Fortunamente in questo nostro studio

paleografico lo scopo principale è quello di indicare le forme che i neumi

prendono; la ricerca del loro significato la lasciamo a coloro che ora e

poi ne tratteranno dal lato musicale. Se il nostro rendiconto sembrasse

un po' magro, egli è perchè, per citare la Neunzenkuade, p. 163: t Im

einzelnen ist freilich vieles unklar uber den wirklicheh Inhalt dieses und

jenes Zeichens, da die Angaben der Autoren nicht de~itlich genug sind,

um uns gegen schiefe oder falsche Auffassuiigen zu schutzen » .

Il titolo di u Hakenneunien », neumi uncinatz; tratto dalla forma di

alcuni di essi, adottato dal Wagner, non sembra molto appropriato: è meglio servirsi di un nome che riguardi il loro significato generale, anzichè

una forma accidentale assunta da alcuni di essi. Se si deve aver riguardo

alla forma dei iieumi, un titolo che significhi abbreviamento o arrotonda-

niento non dovrebb'essere egualmente buono? Si potrebbero quei neumi

dire u ornamentali », ma questa espressione non è esatta, dacchè i neumi

sono neumi senz'altro. Dopo averci pensato bene, abbiamo preferito chia-

marli <r Elementi neumatici complementari », volendo intendere che essi non

sono veri accenti, 116 sarebbero proprio necessarii per una semplice nota-

zione musicale, bensi elementi neumatici usati per ottenere effetti ritmici

speciali, e quindi appartenenti non all'esse, ma al bene esse della notazione

neumatica, ed aggiunti 'nel corso del suo sviluppo sotto l'influsso di coloro *

che piii o meno curavono l'esecuzione artistica del canto.

I principali neumi di tal sorte sono quattro: I'apostrojha, l'oris~us,

il quidisma e il trigon. I1 terzo e il quarto di essi sono affatto distinti;

ma il primo e il secondo sono da alcuni ritenuti più o meno connessi

fra loro; cosi per esempio l'autore del Nmbre musica2 parla dell'afostro#ha-

pressus e dell' apostropha-oriscus, definendo il primo (p. I 46), come a apo-

strophe apposee à une note qui se trouve ainsi doublee 3 , e il secondo

come e n'est qu'une apostrophe apposee B; e la Nezlmenkunde di tal pareii-

tela non fa motto. L'origine di alcuni di .questi neumi, salvo che noii si

vogliano far derivare dalla notazione bizantina o armena, si perde nell'ati-

tichita; il solo che, come i neumi ordinarii, derivi dagli accenti è l'apo-

strofha :

I) L'apostropha, sia per la forma u circiili pars dextera B semi-

cerchio aperto a sinistra, sia per il significato, si riconnette coll'accento

greco di tal noriie. Si trova sempre congiunto con un neuma precedente,

e se sta da sè o è duplicato (distroflha) o triplicato (tristrojha). La spiega-

zione di quest'ultima data da Aureliano ' < trinum ad instar manus verbe-

rantis facias celerem ictuni », ha fatto dire ad alcuni moderni gregorianisti

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QUESCENZA APPLICATI AI NEUMI XXIII

che coiisisteva iioii nella seniplice ripetizione della nota precedente, ma in un vibrato (N. M.), ossia iii una specie di j e x a resupiea (N. K.).

2 ) L'OY~SCZ~S (probabilmente da +o;, limite; ma vedi Neumenkunde,

p. 13% n. 1 ) ' anch'esso si trova molto di rado da sè solo; per solito è

uiiito a v i ~ . , apzlpt., o aflexa, o a lato di un neuma discendente, legato ad esso o dopo di esso. Queste posizioni si capiranno nieglio dopo la

descrizione della Tavola VI11 dei neumi.

11 pressrss raddoppia il iieuliia cui è aggiunto ed « est formé par la

reiicontre et la fiision pratique de deux groupes sur le menie degré ... poiir ne former avec elle qu'un soli allongé ». I1 pressus raddoppia la nota

con la quale si fonde, mentre l'apostropha la ripete. a Fusion dans le

premier cas, réfercussion dans le secoiid » N. M., pp. 1 5 0 , 300. E sempre

seguito da pun. e perciò, a differenza dall'apostrophn, esso non chiude mai

un gruppo; se manca i l punto si ha ilfranculus (linea spezzata). L'assenza

della 7)ir . iniziale distingue il pressus maior dal mi?zo~p; il primo rappre-

sentato colla nota cili G legato, l'altro è staccato da essa. Secondo il

Wagner, il franczdus ascende di una seconda o anche meno, e I'oi+iscz~s

ascende di una seconda minore; ma ciò riguarda piuttosto la musica

che la paleografia.

Alcuni scrittori metterebbero in questa classe di neunii anche il

salicus (da salire, saltar su), il quale, qiiatituiique sembri una forma di

scandiczrr, ha come nota di mezzo o una linea orizzontale o un semicir-

colo aperto di sotto o irn oriscz~s. Qiiesta seconda m t n o 6 all'iinisono

della prima, nel qual caso essa è acciirataniente segnata col1 l'o~iscus, ovvero

ad intervallo ascendente, conie indica il nome stesso. Quanto al significato

da attribuire ad essa, C'& questione; secondo D. Mocqiiereau, N. M , è

una nota un po' appoggiata e forte ; secondo il Wagner, è tutto l'opposto.

3) I1 guilisnza (x6htcpr: rotolamento, rullio) è formato, per solito,

con tre semicircoli dinanzi ad una vir ; il piii breve pes guassus ne ha

soltanto due; ma, come si vedrà, le forme cli'egli prende sono numerose

e indecise; esso noli è mai solo, ma sta nel niezzo di un movimento ascendente. Secondo il Dr Abdy Willianis, esso 6 , di solito, la nota piii

bassa di una terza minore ascendente. I1 N. M si occupa per lo piU del

ritardo della nota precedente, ma lo definisce come iina specie di porta-

mento ascendente, e la N. I%, appoggiandosi sulle espressioni di antichi

scrittori, u treinula adclivaque vox , , « vox gradata » , s'accorda col dargli

il valore di uno strisciamento ascendente. E ben difficile sapere quanto

il cosi detto guilisma descendens differisca dal climacus.

4) I1 trigo%, come indica il nome, è un triangolo rappresentato

da tre punti, in cui la terza nota è inferiore alla seconda; ma il posto

della prima è ancora oggetto di dubbio.

IV. L'ultima classe di neumi si compone di quelli formati per aggiunta

di iiii elemento supplementare, o per cambiamento nella fornia di un neuma,

d'ordinario, per via di raccorciamento. Siffatti iieumi s'incontrano in condi-

zioni fonetiche speciali, vale a dire, quando appartengono a sillabe dinanzi:

I ) a due consonanti, 2 ) alle sillabe gi, ge, 3) alla lettera m, 4) alla i tra

due vocali, o 5 ) sulla seconda di due vocali. Bisogna notare che queste regole ora sono osservate ed ora no, o piiittosto, dacchè le diverse nazioni

pronunziavano il latino diversamente, che una liquescente alle volte non si verifica dove si aspetterebbe e viceversa. Colla introduzione della nota-

zione quadrata codesti neumi scomparvero e quelli ordinarii vennero ado-

perati in tutte le circostanze. I,'aggillnta si fece, per solito, mediante l'i~~serziorie di un piccolo

apostrofo al lato destro della viY.,fil. resu#., pesfl. e scan.; indi la dello-

' Oviscus, per me, non C du 'Ogo; (= limite), ma da 'Oui (--= pnof~s), ii!oz:; ??lo?t t i~ul t l~, cfi. h u r r p i o ~ c ~ , i f i ~ j . ! a ~ ~ ; , ecc. La prima etimologia C troppo astratta: i nomi dei neumi di regola designano la loro configurazione; poi mai troviamo in latino horiscus, come dovrebbe scriversi, se da +C: [R. B.1.

minazione del Wagiier di s Neumi unciriati B ; ma l'aggiunta nelb notazione

beneventana è differente e piii elaborata. L'accorciamento ricorre aila fine

della fil. e del jes e nell'ultimo membro del clim.

Questi neumi sono detti lipuescenti, ma, propriamente parlando, lique-

scente o semivocale 6 piuttosto la sillaba cui sono applicati, e quindi la

denominazione piii adatta ci è sembrata quella di t< segni di liquescenza

applicati ai neumi B. In questo nostro lavoro siffatti neumi si mettono

sotto il titolo del neuma originale: vir. le., pes l+., ecc. ; ciò si è fatto per

ragioni di uniformità e simmetria ed anche perchè alcuni dei titoli dati ad

essi dagli antichi e moderni scrittori, comportano una duplice applicazione.

L Così la vir. e la p., quando sono applicate a sillabe liquescenti, si

dicolio cejhalicus (x~yr*htxO;), poichè la vir., coll'aggiunta dell'npostvophar, d i

la stessa forma dellafil. mediante l'accorciamento e la curvatura del secondo

membro. In certi casi G impossibile determinare se il cepialica~s è vir. l@. o J. liq., e allora la figura l'abbiamo registrata nella IX Tavola dei neumi

sott'ainbedue i titoli. Pariniente il p s , secondo il primo processo, diviene

pinnosn, secondo l'altro, eplphonus; ma il pesp. d i g . ha la stessa forma della

pinitosa. Senza dubbio è meglio star contenti a titoli semplici indicanti

chiaramente il significato dei neumi. Fra altri titoli dati a coksti neumi

v'& quello di ancus o sinuosus che equivale a clim. l+.

Dato che i neilmi significhino solamente la direzione dei suoni e non

la loro lunghezza, si potrebbe domandare se vi era un niezzo per iaclirare

i varii gradi di luiigliezza o durata. Si risponde che al difetto radicale

della notazione neumatica si cercò di rimediare, conie meglio si potè, per

mezzo di lettere alfabetiche e di certi segni aggiunti; ma lo scopo fu

raggiunto molto imperfettamente.

L2e lettere dell'alfabeto poste sopra, sotto o dopo un neuma sono

evidentemente destinate ad aiutare i n qualche modo il. cantore quanto

all'iiitonazione voluta, cioè alla posizione del neuma sulla scala musicale,

ovvero cliianto al ritmo, alla maniera di eseguirlo, alla lunghezza, inten-

sità, ecc. L' aggiunta d' un episema (nel largo senso di u segno aggiunto P)

a qualche parte del neuma stesso (al principio, alla fine o in qualche punto

interniedio) sembra che abbia avuto solamente uno scopo ritmico.

L' epiteto usato comunemente di u lettere ronianiane B , u segni rama-

niani » fii messo fuori la prima volta dal cronista di C. Gallo, Ekkehard IV (-1 1036), che ne attribuisce l'introduzione a un tal Romanus (t C. 790),

(I In ipso quoque [Antiphonario] primus ille [Romanus] litteras alphabeti

significativas notulis, quibus visum est, aut sursum aut iusum aut ante

aut retro assignari excogitavit P. Ma questa, come parecchie altre affer-

mazioni di storici sangallesi, la cui scienza non si estendeva molto al di

là della loro abbazia, e la cui passione predominante era quella di glori-

ficare i monaci del proprio monastero, non ha solido fondamento. Tutto il

raccoilto intorno ai cantori romani Rornanus e Petrus e alla loro relazione

con S. Gallo e Metz, e quanto al nome e a ciò che essi avrebbero fatto,

mostra chiaro che si tratta di una leggenda suggerita dalla brama di dare

al canto e alla notazione di (3. Gallo un' origine romana. Qui non si tratta

di sapere se quel canto e quella notazione abbiano avuto un'origine orien-

tale piuttosto che romana, o se « Romanus B sia o no la personificazione

dei cantori bizantini che si trovavano a S. Gallo nell'ottavo secolo, o se-

il racconto richiedesse proprio di essere appoggiato sulla reputazione di siffatto titolo. L'incontro delle cosidette lettere romaniane in mss. francesi

del sec. nono, par sufficiente per rendere molto problematica quanto ad

esse un' origine sangallese. In quest' opera l' aggettivo u romaniano B ,

Groves, Dictioaary o j Music and Musicians, alla voce Notation .. M. G. H.. Script. 11, 103. Cf. Gnstozid, o. c., p. 118, n. 2.

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XXIV INTRODUZIONE. LETTERE SIGNIFICATIVE I quando s'usa, si scrive sempre dentro a B ; e poichè l'autore non vuol

concorrere a perpetuare l'opiriione molto dubbia sull'origine di questi segni da Romanus o da Roma, preferisce adoperare in sua vece l' agget-

tivo a significativo P , nel senso di lettere e segni esprimenti un significato

che non è espresso dai neunii per se stessi.

Teoricamente parlando, codeste lettere e segni avrebbero dovuto clas-

sificarsi e descriversi nella notazione alfabetica, essendo fatti apposta per

aiutare i cantori col rendere un po' piii chiaro per essi il significato dei

semplici neumi-accenti; ma poicliè essi si trovano connessi con gli esempi

piii antichi che si conoscano di neumi-accenti e son comuni ai notatori francesi, tedeschi, inglesi ed italiani, sarebbe stato uscire fuor di strada e,

nel fatto, impossibile posporre cosi la loro trattazione.

Abbiamo due documenti che ce ne spiegano il senso: I ) la notissima

lettera di Notker Balbulus, moriaco di S. Gallo (-f- 91 2) che si trova nel

ms. di S. Gallo 38 I , f. 6 (A. C. 1000 C,) e nel ms. di Bamberga 5, f. 27" del

sec. x ; 2) ed un secondo ragguaglio piii breve e più chiaro, in un m's. di

S. Tommaso di Lipsia del sec. XIII. L'uno e l'altro sono stati pubblicati

in P. M, IV, Tavv. B, C, D e p. IO. (Si deve notare che l'epistola del ms.

di S. Gallo interpreta anche le lettere q, v , x, y, z, che, secondo il ms. di

Upsia, non hanno significato alcuno; a in significationibus non valent B).

I1 Dr Wagner (A{ I%, p. 2 35, rt . 3) pubblica un terzo documento in esa-

metri trovato dal P. Gabriele Meyer nel ms. Parigi, B. N., n. a. lat. 229

del sec. XIII.

L'estratto clie qui riportiamo sul significato delle lettere è tolto dal

Nombre Musical, pp. I 64 sgg.

A) Letbere melodiche.

1 a = altius.

l = levare. elevazione . . . .

s = sursum.

( g = gradatim.

i d = deprimatur. abbassamento. . .

i = iusum, inferius.

unisono . . . . e = equaliter.

B) Lettere ritmiche.

ritardo . . . . t = trahere, .tenere.

x = expectare.

m = mediocriter moderari.

tenete, ma ancora con a, ample, augete e la celerità non solamente con C,

celerite,*, ma altresi con n, nl, nt, nlt, ~raturalitey. Queste lettere alfabetiche s'incontrano non soltanto da sè sole, ma

anche in combinazione: p. e. llAiitifonario di Hartker ha am, Zm, Zc, ic, st, ecc.;

per un ragguaglio piii particolareggiato di queste lettere, vedi N. K., 1. c.,

e per l'uso che t e ne fece a Winchester, v. p. 7 7 di questo volume. ' Don Raralli ha pubblicato (Rass. Greg., VII, C. 323) un diagramma interes-

sante sul valore di queste lettere e da sole e accompagnate.

La tavola che segue dà tutte le lettere che abbiamo riscontrate nei

mss. Vaticani, divise secondo la specie di notazione e colla data delle fonti ;

in codesta tavola non abbiamo messo vari esempi di lettere significative

usate nelle Passiones, per le quali, vedi Appendice I, pp. 19 I - 194.

Sec. N" Tav.

I 1 x 1 ~ 8 36 e X

x ex. XI

XI/XII

XII in. XII

XII

x11/x111

x ex.

79 S

'93(6) S

r 96a a e f m t v? 2 0 2 36 t 108 I O S

1052 s 112 I I C e f s t "4(4 13 io s

( 4 1 9 (6) 1 S

218 io st 219 40 '1. s t I23 156 S

'40 s t ? t ? 242 46a 1 S t

239 io 249 d 228 43a 1 q 229 436 1 t 1 5 1 18a i io 1 s

I I X' 219 42a d e f h i i o i u 1 m s t

Ing. I : eq ius lm lt l f

celerità . . . . . C = cito, celeriter. 1 1 2 2 0 426 e i i u l m t v p =. pressionem.

intensiti . . . , f = cum fragore feriatur.

k = clange.

C) Lettere modzjcative delle precedenti.

b = bene.

v = valde.

m = mediocriter.

Un po' differente fu l'uso che si fece delle lettere alfabetiche dai

neumisti della scuola di Metz. Il primo lavoro che vi richiamò l'attenzione

fu il Nombre Musicad, pp. I 7 I - I 74 (cf. Rasseg?za Gregoriana, V., C. 2 3 I -4),

la cui esatta interpretazione è confermata da parecchi mss. Vaticani. Nei

mss. Metensi l'elevazione è indicata con s, sursum, l'abbassamento con h,

kumilz'ter, 1' unisono con eq, egualiter, il ritardo è indicato non solo con t,

B. r. xr med. I. r. XIII in.

Met.

XI

B

XI ex. x1/x11

B

XII

l Mist. XI '1%

S. Ov. Fr. XI ex.

Aq. XI in.

i I1 ms. inglese del sec. XI, Bodley 572, f. 49' presenta Im, I f , vm.

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L' USO delle lettere a, C, d, e, m, s, t, non richiede ulteriori spiega-

zioni, ma:

I ) nei mss. di Winchester, denota senza dubbio una elevazione di

voce piU del solito. È vero che spesso è un po' difficile distinguere la f

dalla s lunga che ha un significato analogo ; ma vedi p. 78, C. I ;

2) l'h sinora s'è trovata soltanto nei mss. di Metz, cf. Tavv. 55 b,

56a, 58, 626; per I'uso fattone in quelli inglesi, v. pp. 78, 79; comparisce

pure nella notazione di Chartres, ms. Chartres 47 (40) della fine del sec. x; ' 3) Una volta ho trovato iusum scritto ius invece di i, cf. p. 77, li. 3;

4) io, non la trova riferita in nessuna descrizione di neiiini, i i i ; ~

s'incontra in sei mss. Vaticani e, a quel che pare, è usata solo ( 1 , ~ riot;l-

tori francesi ed inglesi ;

5) n coniparisce in un ms. Vaticano, cf. p. (10, t l o \ c * il significato

n' è assai dubbio, ma non sembra che gli si poss,i .i(l . i ttiii-c. cliicllo dei niss.

sangallesi, nè quello di Metz. Pariiiiciite nel iii.; t l i C'1i.iiti-cbs 47, abbiaino 926;

6) q che, secondo l'interpretazione clcl tlociiiiierito di 1,ipsia u in

significationibus notarum non iiivenitur », si presenta in tre, e fors'anche

quattro, mss. Vaticani, come 1' equivalente di e[qunlifer]. Questa lettera la

si trova pure nel ms. di Chartres 47;

7) st si riscontra in due mss., ma disgraziatamente non è possibile

decidere se deve interpretarsi stnfinz ovvero strictim, stringe; 1' interpreta-

zione data a p. 74 fu troppo affrettata;

8) Non si può determinare se il v nel No 196n sia valde prefisso

a qualche altra lettera sottintesa, oppure eguale ad iz~sum; ' 9) z si trova una volta nel No 282; mal si può mettere fra i ter-

mini musicali, dacchè realmente è segno di correzione nel testo.

Le lettere &, Y, y non pare siansi trovate in nessun ' ms., e quelli

vaticani non offrono esempi delle lettere d, g, o, p. Le lettere D ovvero d e x, a quanto sembra, si rinvengono soltanto

in fine di frase nelle sequedae, cioè nei mclismnta degli Alleliiia; la prinia

nel senso di dz@lex o parola simile, denuo, dis, significa una ripetizione;

l'altra, expectn, ha un significato del tutto opposto, in quanto vi101 che

si sosti un momento e poi si proceda; vedila nelle Tav. I 66, 40 e 42n.

L'uso di lettere alfabetiche accompagnate ai neunii per aiutare a

determinare gl'iiitervalli fra le note, ovvero la loro Iiingliezza o iiiteiisità

o qualche delicata espressione, fu riconosciuto insufficiente allo scopo, e

si dovette supplire o con piccoli segni affissi ai neumi, ovvero con qualche

modificazione di essi. Con questo però non si intende dire che le lettere a

tale proposito siano state adoperate prima dei segni, giacchè non abbiamo

argo~nenti per stabilire la prioriti dell' uno o dell'altro sistema. L' uno e

l'altro vengono attribuiti allo stesso mitico Romanus.

I segni ritmici aggiunti ai neumi-accenti primitivi si chiamano u epi-

seniata » nel senso letterale di u segni aggiunti ». In quest'opera tale

espressione si applica a qualunque di quei segni, abbiano o no un sigiii-

ficato intenzionale; cosi il tratto sottile prodotto dalla penna alla fine di

un neuma, o l'effetto prodotto dall'allargamento di essa al principio di iin

tratto discendente, con segni puraniente grafici e non hanno significato

musicale, vedi p. e. p. 2, C. I i~zit. In quest'opera dunque la parola u epi- sema >P è usato in un senso pii1 largo di qiiello inteso da alcuni scrittori

moderni; ciò sul principio pub ingelierare una certa confiisione, ma ad

ogni modo I'uso della parola in questo significato generico sembra del tutto giustificato.

Al certo, D. Mocquereau e il Dr Wagner, nei mss. coi quali hanno molta famigliariti, cioè quelli di S. Gallo e di Metz, hanno buone ragioni

per distinguere il +un. rotondo dalla linea orizzontale (si chiami essa

punctum planum o v i ~ g n jacens) e il pes arrotondato da quello angoloso,

e per assegnare a ciasciino di questi neumi un valore speciale ; ma, pren-

dendo il sistema di notazione neumatica nel suo complesso, coniprese tutte

le scrittiire nazionali, e giudicando dai mss. Vaticaili, io nii convilico sempre

1)iii che i casi dove l'episemn non ha significato musicale sono inlIume- i-evoli. I segni al principio e alla fine dei neumi, che variano da uii punto

cluasi invisibile ad una linea molto spiccata, derivano dalla negligenza, dalla

fretta o dall'ignoranza del copista, ed è uno sbaglio il leggenri un signi-

ficato ritmico che essi non intesero mai di esprimere.

Nondimeno nei neiimi dei migliori codici di S. Gallo e di Metz l'epi-

semn ha senza dubbio un significato preciso. Esso consiste in una piccola

sbarra orizzontale, o verticale, ovvero in un piccolo semicerchio aperto di

sopra, ovvero in una piccola linea diagonale, descritta nei N' 14, 15. La prima può derivare dal segno con cui la prosodia indica una vocale

lunga, oppure dalla forma contratta di un t; ma il Dr Wagner coglie pih

probabilmente nel segno, quando osserva che un tratto simile era adoperato

. iiell'aiitica musica greca con sigiiificazione ritmica di lunghezza; il piccolo

semicerchio non deve confondersi con la lettera significativa C. Questo epi-

sema è aderente I ) alla testa del neuma rappresentativo dell'accento acuto,

In vii-gn, nei iieumi seguenti: vir.,$es (alla fine del secondo membro), pesj?.

(alla testa del membro medio), alla testa del primo membro della j . , scand.

e c l h . e alla fine del terzo membro della j!Z. vesuf. ; 2) alla fine del neuma

rappresentante l'accento grave, $un. del secondo membro della j . , e del-

1' ultiiiio membro del pes fl. (Bisogna notare che la j. e il fes fl possono

avere un episema in due luoghi differenti).

Esempi di siffatti episemi si veggano nelle Tav. dei neumi: vir. A, l3, C, pnssinz; pwz. 2, A 4, 61.9, C 3 ecc., F, H passim, Q. 4-9; ma non c'è bisogno

di percorrere tutti i iieiimi a questo scopo. Che I'episema si trovi o a

destra o a sinistra o da ambo le parti dell'accento acuto (cf. vir. A, B I ,

pun. b 4, 9, IO); ciò dipende dall'abitudine del]' amanuense. L' uso della

linea diagonale è ristretto alla testa del ceph., la forma a mezzaluna è, d'ordinario, ristretto alla testa del primo membro del ia j .4 e del secondo

niembro del p e s j . , "ma perche, di regola, è limitata ai mss. sangallesi, è

naturale che iion comparisca iielle Tavole dei neumi, eccetto che iiellaj.

ziq. 17. " Secondo il N. M , questo epise~na ' quasi sempre denota che il neuma,

o la parte del nelima cui è affisso, dev'essere ritardato.

Un procedimento affatto differente si adoperò nella seconda classe di segni ritmici ; invece di aggiungere ad iin neuma una linea o un segno

si carnbiò In forina stessa del neuma; p. e., la forma dei menibri compo- nenti venne allungata, un angolo retto fii arrotondato o viceversa, la linea

orizzontale fu rivolta in su, ecc. Bastino questi esempi:

n) il pmz. rotondo o solo o in composizione nello scan. e clim. è

proliingato e diveilta una linea orizzontale, pun. planum; se poi questa nota,

secondo la recentissima teoria del Dr Wagiier, sia virga jacens'o no, non

Si richiama l'attenzione sull'uso di h nel cod. Bodleiano 775 (T. 42 O) . ? Posteriori ricerchc da nle fatte su Graduali mss. inglesi mi han rnesso in condi-

zione di poter parlare con più precisione drl .I' nella Tav. 42b. Ivj il v s'iricontrn quatti-o volte: 1) il salto della prima sillaba di stola B è sempre da G a fi; 2) nei due luoghi del- i'< Alleluia . dove v comparisce, il sa to è da c ad A e da d ad A ; 3) la doppia flexa 6 sempre f c d A ; 4) il salto dall' ultima : illaba di << lapidis 2 alla prima di a positionem )> 6 da e ad A. Quindi Don Baralli potrebbe aver ragione interpretando qui v per valde (sot tinleso iusum) proprio come b = zusttm bene o szrrsum bene. Le note per la prima ~ i l l .

di . perdiderunt che porta iv sono a E (salto profondo), quindi codesto ms. pub ben esser che scriva i v nel senso di iztsum z~nlde; cf. N. M, 168.

Cf. Ni 9 (T. 3c), 22, 46 (T. 6b), 58, 74, 84 (T. 8b), 132 (T . 17b), 183a (T. 34a), 210 (T. 38 b), 478 (a).

* Ci. N' 2 (T. 1 b), 14, 15, 20, 32 (T. 5), 33, 41, 46 (T. 6b), 48, 62, 167 (T. 23a), 197. <Cf. Ni 9 (T. 34, 23 (b), :6 (T. 6b), 63, 71, 91 (a) 98, 218 (T. 396). <f. N' 1.5, 33.

Una tavola dei soliti episemata sangallesi, si trova nel P. M., IV, p. 19.

G

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XXVI INTRODUZIONE. NOTAZIONE ALFABETICA

è compito nostro decidere, tanto più che nei pochi mss. sangallesi e metensi

della collezione Vaticaiia, la distinzione tra le diie forine i: difficilmente

visibile, mentre che nei mss. italiani le varie fornie dipendoiio unicamente

da ragioni grafiche ;

b) delle quattro forme ad accento del pes., tre, (vale a dire quella il cui primo membro è i ) un accento grave, o 2) linea orizzontale o ad angolo

di oltre i 45 gradi, ovvero 3) ricurvo, cioè le forme sotto le lettere A-D nella

Tav. del pes), hanno lungo il prinio membro a confronto della quarta forma,

arrotondata, che l'ha breve. I più recenti comnientatori si accordano in

siffatta interpretazione, quantunque per ragioni diverse; ma, se i niss. Vati-

cani provano qiialcosa, la forma angolare è la forma più antica e realniente

primitiva ;

C) del pari nel pes j . , le classi A, B, C hanno la lunghezza sul primo

membro, laddove il pes stratus ha tutti i menibri lunghi ;

d) sulla differenza ritmica tra le forme angolari e rotonde della j. e della j . resup., non abbiamo ancora un'ititerpretazione concorde;

e ) il praejuiz. e il subpun. tlello scan, e del clim. è o rotondo o a losanga,

oppure, ce lungo, orizzontale; alle volte tutti sono allungati, ed un'altra

Si noti che egli lascia da parte le cosidette lettere e segni u romaniani B ;

veramente ne conosce l'esistenza, ma si mostra cosi incerto sii1 loro signi-

ficato da dubitare se l significhi levia, deniter, lascive, ovvero Zzigz~briter,

mentre spiega il C come cito, caute, cdaiwose ed s conie szi?*sum, suaviter*,

subito, sustenta, similite?-.

Il terzo metodo, qiiello delle linee, verrà esaminato più giii.

I1 primo metodo era adatto pei trattati musicali, e di fatto in questi

solamente venne adoperato; I'uso di una corda sola e di un ponticello

mobile, produceva suoni diversi secondo la porzione piii o meno lunga

della corda vibrante. Ciò poteva bastare per l'insegnamento, ma non poteva

servire come notazione. La Tav. 2 7 b dà uno degli esempi di divisione

monocordale, quale si trova nel trattato di Odorannus di sens del-

l'an. 1045. Il secondo metodo tuttavia, quello d'una notazione alfabetica, era un

ritoriio alla tradizioqe greca che rimonta ad una grande antichità. Non

fu un'invenzione nuova che dovesse prendere il posto della notazione giA

conosciuta ad accenti, ma l'antico sistema greco-romano rimesso in vita per

completar quella; quindi il Riemann procede secondo la verità storica,

qiiando tratta della notazione alfabetica prima di quella neumatica. La

notazioiie greco-romana era caduta in disuso, e quando Boezio scrisse il De

Institutione musicae, neppur lui la capiva più. Ciò sarebbe strano se quella

notazioiie allora fosse stata semplicemente alfabetica, mentre difatti consi-

steva in una serie di segni miscellanei relativi ai nomi greci delle note.

Boezio si servi di lettere romane conie puri segni di rapporto alle divi-

sioni del moiiocordo e non come segni o caratteri musicali.

In quanto restaurata, tal notazione fu puramente alfabetica e servi

di guida soltanto ai maestri e non ai cantori; non fu un sostituto, ma un

iiietodo di disporre le note sur un iiionocordo; 2 ) quello di indicare gl'iiiter-

valli per mezzo di lettere alfabetiche; e 3) I'uso di linee di due colori.

5) Di uso molto raro furono le lettere: I' a-n, e i nomi ut, re , mi ecc.

scritti diasteinaticamente; cf. N.' 182, 183, 185. I1 6 &rum e il b molle,

necessari nella scala diatoiiica, non vennero rappresentati soltanto col 6

quadrato e rotondo (N."177, 180, Tavv. 29, 30c), ma per il b molle fu

usata ancora la lettera p, che segue al p (N." 175, Tavv. I 8 6, 2 7 b), oppure

la i cariibiata nella forma di Z (N.' 176, 178; Tavv. 28, 30a) ; cf. M. N., Tavv. 2, 18.

Gli altri due tentativi di notazione niusicale, varianti dell'alfabetica,

cioè la sillabica e la dasiana, sono esposti abbastanza sufficientemente nelle

scole raddoppiate, per quelle della terza ottava.

' La pratica di unire una o più lettere alfabetiche ai neumi per indicare la loro tonalith esatta sulla scala, fu com~inissima in Inghilterra nel sec. undecimo; per l'uso di Winchester, CE. N. 181, per quello di Hereford, M. lV., Tav. 13.

? Ulteriori ragguagli sugli altri caratteri musicali usati in codesto ms., sarebbero

volta solo uno o due di essi; quindi si hanno delle fornie come scan. D I 2. I accompagnamento dei neumi-accenti; ' talvolta però i due sistemi com-

qui fuor di liiogo; cf. I'. Al.., ~011. VII, VIII; Neurnenkujzde, ed. 11, pp. 251-257. Per altri saggi di notazione alkibetica e biling-ue, vedi Zurigo, Kantoiialbibliothek, mss. Rhein.83,129; Vienna, Hofbibliotliek, ms. 1821; Roma, Vallicel., ms. B. 81.

d 7-9, 14, 15 e clim. D 6, 13, 14, E 8, G 7, 9-12 ecc.

In alcuni neumi della sciiola di Metz, p. e. nella ft., la lunghezza del

neuma si mostra dall'uso di forme provenienti da punti invece che da

accenti: come si può vedere nella Tav. della Rass. Gregor. V, col..n3o.

Richiamo l'attenzione sull'uso speciale della Tav. 36 (p. 68, N. 202),

dove l'aggiunta di un tratto rosso a destra della vir. ha per iscopo di

esprimere una certa forza su quella nota.

L'autore si compiace di non aver bisogno di prendere parte alcuna

nella disputa sul significato ritmico dei neumi considerati per sè stessi. Le

quattro o cinque teorie che vengono i n conflitto sono ancor oggi soste-

iiute vigorosamente tlai loro partigiani, e la disputa continuerà finchè nuova

luce d'argomenti non conduca a salde convinzioni. Quanto poi quest'opera

potrà concorrere a tal fine, resta ancora a vedersi.

I neumi servirono molto bene a richiamare a memoria una melodia

già imparata ; ma quando fu necessario insegnare canti nuovi, come

p. e. quando fu introdotto il sistema degli organa, era impossibile rap-

presentare accuratamente melodia e ritmo coi neumi puri, per quanto ric-

camente provvisti di lettere e segni. Doiide (per supplire al difetto) il

bisogno o d'inventare nuovi mezzi o di combinare i vecchi, in modo da

poter determinare coi] esattezza il tono delle note.

Nella prima metà del sec. undecimo Giovanni Cotton, nel secondo cap.

della sua opera sulla miisica, espone le difficoltà della notazione nelinla-

tica e riferisce i tre iiietodi allora usati per superarle; essi erano: I ) l'antico

pariscono l'un sopra l'altro in uno stesso ms. A tal proposito si adope-

rarono serie diverse di lettere :

I ) I1 sistema piii coiiiiine consistette nelle prime quindici lettere

dell'alfabeto romano: A-P, o a-p, per significare le due ottave della scala

diatonica, l'ottava al disotto della mese degli antichi (cioi? il suono m e d io

della voce), e quella al di sopra. Esempi di siffatta notazione si hanno

nei N' 174-179, 183a (Tavv. J 8 6, 276, 28, 30a, 306); il ms. più noto di

tutti clie l'adopera è il celebre ins. bilingue di Montpellier, École de Me- decine, H. I 59, riprodotto in P. M, voli. VII, VIII. La distribuzione di

queste lettere in modo diasteniatico, cioè l'una esattamente sopra l'altra,

ovvero ad un livello più alto, fu un'idea che venne dopo; vedine un esempio

nella Tav. 2 della Musical Notation.

2) I1 desiderio di rappresentare con la stessa lettera le note simili

delle due o tre ottave, condusse alla ripetizione delle prime sette lettere

del]'alfabeto romalio, capitali: A-G, miilusco~e: a-g. Esempi (li quest'alfa-

beto si trovano nei N.' 177, 180 (Tavv. 29, 30 6) e, incominciante dal r greco,

nel N" 187 (3) ) Tav. 3 1 a , 2 ,

3) La notazione di Wincliester (N." 181) adopra le stesse lettere, ma

con ordine differeilte, cioè: FGA-EFGA-E.

4) Guido d'Arezzo nella prima inetà del sec. XI, seguendo, ma con

dei miglioramenti, Oddone di Cluiiy che dicesi avere notato un Anti-

foliario intero in tal modo, fece uso di 2 1 lettere, cioè r per la hypo-

j ~ ~ o . u s ~ a m ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ n ~ ~ o nota più bassa, le capitali latine per le sette note

al di sopra di quella, A-G, miiiuscole, a-g, per le sette seguenti, e minu-

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INTRODUZIONE. DIASTEMAZIA XXVII

pp. 61-63, ma essi ebbero breve e ristretto uso, sebbene il primo offrisse

gli elementi di una notazione molto intelligibile. Si noti che nella Tav. 31 a,

f. rqV, quel che è scritto diastematicaniente sono le vocali di ogni sillaba,

mentre iiegli altri esempi sono scritte cosi le sillabe intiere ; in ciascun caso il tono è stabilito dalle lettere alfabetiche laterali. Nella Tav. 32

abbiamo un saggio della notazione dell'Enckiriades che, invece di queste

lettere, ha quelle dasiane; l'altro metodo di questo trattato consiste nel-

l'uso, a tale scopo, delle lettere t ed s (tonus, semitonium) ecc.

I mss. Vaticani, eccetto, possibiln~ente, che nelle lettere i, s, n

poste sopra alcuni neumi nel No 260 (p. go), non offrono esempi del

sistema adottato da Hermatinus Contractus, consistente nel prefiggere

ad ogni neuma una serie di lettere, e, d, b, ecc. (egualiier, diafesseron,

dinpenk) per indicare l'intervallo tra due suoni successivi; cf. NK,

Lo sviluppo graduale dei neumi-accenti nel corso dei tempi è uno

studio attraente, ma non facile. Differenti paesi, e differenti scripto~ia in

tempi diversi adottarono quelle forme grafiche che parvero le meglio atte

ad esprimere il senso voluto, ma tutti quanti prendo11 le mosse dal sistema

originale dei neuini-accenti. Alcuni furono piii conservatori di altri ; cosi

fu un perfezionamento ed un miglioramento della chironornia. S'è fatta que-

stione recentemente (Neumenkunde, ed. 11, pp. i i 2 , 262, n. I ) se la diaste-

mazia sia piii antica dei iieumi in campo aperto, ma, mettendo da parte il

fatto che i piii antichi saggi di notazione di tutti i ~ a e s i sono adiastematici,

l'ordine logico parrebbe richiedere che il sistema più elaborato dovesse

seguire e non precedere il piii semplice. I1 Wagner (o. c., pp. 258, 2 72)

mette l'introduzione della (liastemazia nel sec. decimo, o, al piii tardi, verso

il 980. Questa è la data dell'introduzione del rigo a C o r b i a ; ora i11

quel tempo i neumi inglesi diastematici erano già in pieno vigore. Io pen-

serei piuttosto ch'essa abbia incominciato proprio sul principio di quel

secolo, ma quando per l'appunto e dove non si sa. Sospetto che i neiimi

inglesi diastematici siano i piii antichi che esistano, e, se si vuol aiilmettere

la tradizione, credo che essi sono derivati dalla notazione roniana prima

che da questa derivassero, se pur ne derivarono, i neumi beneventani; del

resto il Wagner stesso fa discendere dagl'iiiglesi i neumi tedeschi. Ad

i i i i inglese, anzi ad un rnenibro dell'Università di Oxford, sarà permesso,

io spero, di menzionare con un certo orgoglio il Tropario di Winchester

nella Bodleiana, con la sua diastemazia esatta, con le sue lettere e segni

u romaniani », iioiichè lettere alfabetiche, come il piii perfetto e il piii

leggibile esempio del Graduale Gregoriaiio.

i neumi in campo apcrh (cioè senza diastemazia) furono per lunghissimo I In qiiest'opera, per esemplificare l'i~icominciamento come pure il pieno

tempo la sola notazione usata nei niss. tedeschi e svizzeri; altri paesi, p. e..

Francia ed Inghilterra, si irnpadroniroiio del concetto razionale della diaste-

mazia, che spinse a determinare il salire e il discendere dei suoni per mezzo

dell'altezza o dell'abbasca~nento dei neumi, ed a spazieggiare i gruppi

iieumatici, segnatamente col mettere il praepun. e il subjz4n. di quelli corn-

posti ad un' altezza più o meno esatta. I neumatori italiani, specie quelli

del Sud, scrissero i neunii come raggruppati attorno ad Lilla linea imma-

ginaria, che divenne visibile verso la fine del sec. decimo, e 1111 bel giorno

condusse all'iiitroduzione del rigo. Altre scuole fecero uso di un sistema

a punti, piii o meno sviluppato, adoperarido questi punti da soli o insieme

coi neumi-accenti.

Siffatti cangiamenti furono cosi naturali e spontanei come .lo sviluppo

sviluppo del sistema diastematico, se una Tavola mostra anche solo un

esempio di diasteriiazia o un avvicinamento ad essa, noi la mettiamo in

questa categoria, ancorchè sia manifesto che l'amanuense non ebbe punta

intenzione di scrivere diastematicamente; cf. Tav. 34a. Quindi parecchie

delle 'Tavv. messe sotto questo titolo, non possono appoggiare la teoria

del Wagner (o. c., p. 263) che cioè il custos, ossia la guida al termine di

una linea, accompagna s e ni p re ogni notazione diastematica. Così, per la

notazioile italiana, dove la guida fu adoperata per la prinia volta, le

Tavv. 65 6 e 6 7 a sono senza dubbio diasteniatiche, eppiir non hanno

guida, e lo stesso avviene certamente della Tav. 39 6, notazione francese,

e della Tav. 42 a , notazione inglese.

Ammesso nna volta il concetto diasternatico, questo si sviluppò grada-

contemporaneo della scrittura ordinaria, ed i. còmpito della paleografia I talliente piii presto i n un paese che in un altro; laddove il sistema originale

musicale tentare di scoprire queste varie evoluzioni, seguirle attraverso i

tempi fino a quello in cui ciascuna abbia raggiunta il colnio, e, se sia neces-

sario, mostrarne il graduale clecadiniento. Giacche quei differenti tentativi,

sebbene intrapresi con buone ragioni, alle volte fallirono allo scopo; la niol-

tiplicazione dei codici, scritti da copisti o trascurati o male istruiti, i qiiali

codici presero il luogo della pura tradizione orale, portb seco, adagio adagio,

il seme della decadenza. 1,'introduzione di una o due linee obbligò a cam-

biare la forma dei neunli ; i tratti vennero abbreviati, e venner fuori degli

ejisemi per meglio accomodare i iieumi sulle linee o iiegli spazii ; le lettere

significative indicanti il valore ritmico dei rieumi sparirono affatto e, col-

l'andar del tempo, la notazione quadrata diventò cosi universale che dal

sec. decinioquarto in poi non si ebbe altra notazione che quella corrotta

e irrazionale cui si deve il decadimento nell'esecuzione del canto gre-

goriano.

Stanclo all'ordine con cui abbiamo enumerato i vari gradi di tale

sviluppo, dobbiamo anzitutto discutere l'el<:iiiento della diasteniazia. All'op-

posto della chiroiiomia, che rappresentava solarneiite il inoviinento ascen-

dente e discendente della mano che dirigeva il canto, la diastemazia, ossia

la notazione per 8 ~ r c r ~ ~ j ~ x . c x (intervalIi) fii iiitrodotta per togliere la neczs

sità di un maestro che insegliasse gl'intervalli esatti dei neumi, e quiildi

ha durato sino al sec. XIII o anche piii tardi in Germania. La corrente

diastematica, partita forse da Roma sul principio del sec. x, si sviluppò in

Inghilterra verso la fine di quel secolo, in Francia e in Italia nell'xi, e, eccetto

che in Germania. divenne universale nel XII.

Dei caratteri distintivi delle notazioni di ogni paese, si parlerà pib

opportunamente qiiatido piii sotto si tratterh dei diversi neunii; ma, prima

di procedere, ci sembra ben fatto stabilire qui il modo migliore per classi-

ficare le diverse notazioni.

Abbiamo da scegliere tra due processi, il geografico e il cronologico;

cioè, dobbiamo mettere insienie ttitti i neumi iisati i n uti paese e poi sud-

dividerli secondo le date, ovvero si devono mettere insieme tutti i neumi

di un certo tempo e dividerli secondo gli scrz)toria?

I1 primo è il piU attraente e, a quanto pare, anche il pii1 logico, facendo

esso vedere come ciascuii paese svilrtppò la sua propria scrittura niusi-

cale, ed è quello adottato finora dagli scrittori moderni, sebbene la distri-

buzione che essi ne fanno a seconda delle regioni, diversifichi notevolmente,

pur andando tutti d'accordo nell'assegnare il primo posto alla notazione

italiana. ' Cotesto metodo, beiichè molto cominendevole storicamente, non fa

vedere chiaro lo sviluppo dai neumi-accenti nè spiega come l'elemento

i La distribuzione che dopo la not. italiaria prosegue neba P. M , ~011. 11 e 111 (ita- liana, mista, aqiiitana, tedesca, inetense, inglese, francese) sembra confusa: c~liella del Gastoué: 1) italiana, 2). francese, inglese, 3) metense e tedesca, 4) sangallece, 5) diastemn- tica (francese ed aquitnna) nota due divisioni 3) e .l), dove basterebbe i;na, c mette due specie diverse sotto 5). La c1assilic:uione del Plcischer (o. C,, 11, 63) è proprio strana:

italiana, provenzale, franca (N.-E di Francia, Germania) spagnuola, irlandese; quella del Thibant (o. e.. p. 3) e dC1 PCtis (o. c., I\', p. 191) C più strLina ancora; quest'ultimo divide In not:izione: l ) poitits siirposCes s , 2 ) 6 signes IL Ibi-inixs clCliées * ( ' snsonne B ) e 3) C signes ou formcs pliis ou tnoins inassives p (lombarde).

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XXVIII INTRODUZIONE. NEUMI-PUNTI

punckm si fe' strada in Italia molto per tempo. Inoltre questo metodo di

divisione porta seco le seguenti difficoltà:

I ) Di alcuni mss. che non contengono indicazioni locali, noti si può

con esattezza determinare la provenienza per mezzo della loro scrittura ;

p. e, anche per i mss. che non lianiio musica, i: ben piccola la differenza

tra quelli della Francia settentrionale e quelli inglesi del sec. xij, ovvero

tra quelli della Francia meridionale e quelli italiani.

2) Nei codici scritti in qualiinque paese troviamo bene spesso la

scrittura di monaci stranieri. ' 3) Siffatta divisione non rende conto alcuno del sorgere e del pro-

pagarsi largamente di principi nuovi, quale sarebbe del sistema dei puiiti;

nè, della grande rivoluzione arrecata clall'introdiizione del rigo. Tali cangia-

menti sono analoghi alla riforma caroliiigia della scrittura che si propagò

per tiitti i paesi, trasformando affatto le scritture nazionali.

Dall'altro canto il metodo cronologico non si presta ad urlo studio

dello sviluppo graduale di ciasciina scrittura nazionale, dacchè ogni paese

ha le sue proprie forme e particolarità.

Dopo aver pensato a lungo noi abbiamo qui adottato un terzo

sistema, quello, cioè, dello sviluppo storico con suddivisioni per quelle

modificazioni che si riscontrano nella notazione di paesi diversi.

Quindi le tavv. di quest'opera son distribuite come segue:

A) Neumi-accenti jzwi, suddivisi in I ) tedeschi, 2) francesi ed

inglesi, 3) italiani, 4) visigotici.

B) Vari tentativi per facilitare l'interpretazione di questi neumi-

accenti; cioè: notazione I ) alfabetica, 2) sillabica, 3) dasiana.

C) Sviluppo storico: C) diastemazia, D) neurni-punti, E) righi.

Sotto C cadono i neumi diastematici: ( I ) tedeschi, (2) francesi ed

inglesi, (3) italiani.

Sotto D, a) l'introduzioiie parziale di questo sistema, vale a dire, le

notazioni I ) di Como, 2) del N. E., 3) del N. O., 4) del S. O. di Francia;

b) neumi-punti staccati, cioè notazione aquitana ; C) neumi-punti legati :

I ) francesi. 2) del centro, 3) del mezzogiorno d'Italia.

E) I1 sistema del rigo è esposto sotto questi capi: I ) italiano,

2) francese ed inglese, 3) metense, 4) aquitano, 5) tedesco.

Posto questo criterio di divisione, ritorniamo a studiare lo sviluppo

dei neumi. I1 sistema diastematico non era perfetto, giacchè aiutava solo

in parte a decifrare i iie~imi; senza maestro non poteva mostrare con

precisione nè l'altezza, nè la gravità dei suoni e neppure determinare l'in-

tensita o la lunghezza da darsi ad ogni singola nota. Perciò venne fatto

un altro tentativo per supplire ai nelimi-accenti, introducendo il sisteina . dei neumi-punti.

Lo studio migliòre su tal sistema si ha nella P. M., I, p. I 23 . 11 SUO

elemento essenziale differisce affatto da quello degli accenti; ora non è la

f o r m a di ciasciiii segno, ciò che niostra la direzione della linea melodica,

bensi il p u il t o che fissa i! posto preciso della nota sulla scala.

La relazione tra i due sistemi è ancora oggetto di quistioiie; gli antichi

esempi che si hanno dell'utio e dell'altro ci si mostrano in uno stato di

perfetto sviluppo, quantunque quelli che di fatto sono i piU antichi appar-

tengano al sistema dei neumi-accenti. Ma, insomnia, se essi siano origina-

riamente indipendenti l'uno dall'altro, come ci porterebbe a concludere la

notazione Aquitana, ovvero se i punti derivino dagli accenti, non possiamo

dirlo con certezza, sebbene questo sembri il processo piU naturale. In

ogni modo gli accenti si trasformarono gradatamente, incorporandosi gli

del sistema a puiiti. Secondo la P. M., 111, 81 sqq., il processo segui ]'una delle due correnti, la tradizionale o la riformatrice, la quale

un bel giorno si sviluppò nella notazione dei punti-legati. Deve ammet-

tersi che abbiam dinanzi pochissimi monumenti che ci rappresentano gli stadii di tale sviluppo; ne abbiamo però di molti che ci mostrano

risultamento. Dal momento che venne l'idea di fissare l'esatta -,

posizione di un neuma, gli scribi cambiarono in diversi modi la forma dei

neumi, perchi: s'adattassero a questo sistema; cosi la virga svilupph il

suo episema, il pes abbreviò il primo membro e aggiunse un episema alla

fine del secondo; insomma, noi possiamo dire, su per giU, che un episema

s'aggiunse al principio e alla fine di tutti i neiimi, eccetto dello scan. e

del clim., dove si limitò alla sommità della vir.; codesto episema, a POCO a poco si sviluppò in iina linea orizzoiitale e pih tardi in una nota quadrata,

mentre l'accento originale divenne un semplice tratto di unione fra i punti

messi in posizione da denotare esattamente gl'intervalli. La Tav. della

P. M., I, p. 128 , fa vedere lo svilupparsi degli accenti in punti-legati.

Si può notare anche un altro processo, per cui i punti-staccati origi-

nali divengono punti-legati, in virtù dei tratti di unione tra un punto e

l'altro, prodotti dal non alzar la penna di sulla carta. L'uno e l'altro

processo arrivano allo stesso risultato, cioè al sistema dei punti-legati.

Quindi la diastemazia, piU i punti, forma il sistema piU completo di

notazione anteriore all'introduzione di una linea direttiva. Come quello dei

neumi-accenti, codesto sistema varia secondo i paesi. Se fosse certo che

la notazione a punti-sovrapposti, detta comunemente aquitana, era una

notazione a si:, indipendente dai neuiiii-accenti, noi saremmo obbligati a

trattarne prima delle varie specie di punti-legati ; ma i codd. descritti nei

N' 293-297, offrono una leggera mescolanza di accenti e punti, come è reso manifesto dall'incontrarvi le due forme della Jexa, che p u Ò rappre-

sentare le iiltime traccie del sistema originale degli accenti. Sembra perciò

I piu ragionevole trattar del sistema misto di accenti e punti, prima di quello

dei punti soli. Tal sistema abbiamo arrischiato di metterlo sotto quattro

' divisioiii, cioè : neumi adoperati

a) a Nonaritola ;

b ) nel N-E di Francia e nei dintorni di Como, detti comunemente

neumi metensi ;

C) nel N-O (li Francia e C-O d'Inghilterra, a cui, per mala sorte, è dato il titolo di a neumi-misti P, che a rigore appartieii e a qualsivoglia

classe di questi neunii;

d) nel C-O di Francia.

Considerando anzitutto la notazione a finti-legati; la sezione che

parrebbe naturalmente venir dopo quella dei neumi diastematici italiani,

si è quella della notazione di Nonantola, raro esempio di notazione limi-

tatissima geograficamente. * Delle sue particolarità s 'è detto abbastanza

a pp. 97, 98. Un grado intermedio del suo sviluppo ci si mostra nel No 268 (Tav. 54a) che, se s'accetta la provenienza ivi proposta, viene dallo

stesso paese. Nell'uiio e riell'altro caso, il carattere principale di notazione

siffatta consiste in ciò che gli accenti diastematici si levan su dalla vocale

di ogni sillaba.

Quando però si arriva alla seconda sezione, c'imbattianio in figure di

stile affatto diverso. Codesta notazione, che ordinariamente è detta di Metz,

proviene da luoghi ben distinti fra loro, cioè il lago di Conio e il N.-E.

di Francia con parte del Belgio. Sinora non s'è mai cercato di spiegare

perchè questi due luoghi abbiano avuto una stessa notazioiie musicale.

4 Così la P. M., cita nella divisione italiana due nlss. ora in biblioteche italiane, ci& Tav. 43, (ms. Roriia, Angelica D.13, scrilto in Francia per Gerusalemme) e Tav. (ms. Lucca, Capit. 611, scritto a Le hIans).

2 Un cenno sul vcilore di tal sistema si trova nella P. &L, 11, p 17. "i noti che in quest'opera l'espressione (~ diastemazia >> è ristretta ai neumi-accenti

e non si applica, come nella p. IL, 11, P. 23. ai neumi-punti o staccati O legati; questi ultimi sono un'applicazione del concetto diasteinatico.

11 trovare neuini di Nonantola in parecchi codd. del sec. xr, di scrittura veronese, ora a Verona,sembra indicare che ivi allora vi fosse uno scriba nonantolese.

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INTRODUZIONE. NOTAZIONI : METENSE, = MISTA 2 , AQUITANA. XXIX

Ciò si dee forse attribuire all'influenza di vescovi di Corno francesi, negli

anni 776-901 (o 908)~ 92 1-988, 995-1004, La notazione comasca si ravvisa dalla sua virga-punctum, il cui tratto verticale penzola dalla sinistra e non

dalla destra della sommità fatta a mezzaluna. I1 carattere piii essenziale

di questa notazione sta nella sparizione della vir., o meglio, nel fatto che

una stessa forma fa da vir. e fin. allo stato individuale. I1 Dr Wagner

ora, (ed. 11, p. I 94, n. 2), si ricusa di chiamare codesta notazione u a punti »

per la ragione che la vir. non è sempre sostituita da $un., ma questo cambia-

mento di opinione è l'effetto necessario della sua nuova teoria sulla virga

jacens; e perciò il segno di una sola nota che prima (Ed. I, p. I 26) era

detto c der leicht hingeworfene Punkt, der zuweilen einem kleinen Haken

ahnlich wird » , ora comparisce come u die Jacens » . Questo pun. varia notevolmente di forma, da una piccola mezzaluna,

E I , 2, 6, ad una linea ondulata scritta a destra di una vir., F I , 3, 4, 7,

8, lo, e al punto speciale di Como, G 1-3. La v&., usata come secondo

membro del pes e terzo dello scan., rassomiglia alquanto al pes breve

della stessa notazione metense ed ha per conseguenza occasionato molti

sbagli nella lettiira di questi neumi. Le combinazioni di queste due figure

formano tutti gli altri neumi semplici; le forme ascendenti sono scritte

in obliquo verso destra e quelle discendenti con elementi neumatici

disposti perpendicolarmente gli uni sotto gli altri. Nondimeno si trovano

per alcuni neiimi p. e. pes, p e s j . , j . , j . yesup., adoperate anche le forme

ad accenti, a quanto sembra, per note brevi. Le Tavv. dei neumi per il

pun., lo scan. e il clim., hanno numerazione separata per le fornie meteiisi ;

nelle altre si trovano sotto il titolo di accenti staccati.

La cosiddetta notazione u mista » (titolo non felice, dacchè anche la

notazione metense è iigualmente una mistura di accenti e punti) ebbe corta

vita (gli esempi che ce ne rimangono vanno clal sec. X/XI al XII in.), e fu

chiusa dentro confini geografici abbastanza ristretti. In qiiest'opera essa è

detta del a N. O. di Francia e del S. 0. d'Inghilterra ; ma iilteriori ricerche

esigono che le si assegni un piii vasto campo in Inghilterra, dappoichè il

No 291 (Tav. 62n) e il ms. Mus. Brit. Harl. I I I 7 (P. M, Tav. 8!) vennero

scritti quasi certamente a Durham nel Nord d'Inghilterra e il nis. Cam-

bridge Univ. KK. i, 24, di scrittura di Diirham, porta aggiunta siffatta nota-

zione di scriba del secolo decimo. Essa trovaci h r e nel Pontificale di

Sherborne del 992-995 (New Palaeographical Society, Plate 111). È quindi

un po' difficile dire se questa notazione sia spuntata a Sud o a Nord della

Manica.

I suoi neumi ~'allontaiiaiio molto meno di quelli di Metz dalla nota-

zione ad accenti puri, e la diastemazia 11'6, di regola, ristretta alla sovrap-

posizione di neumi nei gruppi di punti staccati. ' Essa rappresenta pro-

babilmente uno stadio molto primitivo nello sviluppo dei neumi-accenti, e

perciò fa meraviglia e dispiacere che alcuni recentissimi scrittori, che hanno

trattato di notazione musicale, non ne abbiano parlato affatto. Le sue parti-

colarità piili notevoli sono state messe abbastanza in rilievo nella descrizione

dei N' 288-292; altri esempi si trovano nella P. M., Vol. I, Tavv. XXI,

XXII e Vol. 11, Tavv. 80-82. Differisce dalla notazione di Metz in qiiesto,

che essa conserva la vir. nello stato individuale, qiiantunque spesso in una

forma un po' strana, con piccolissimo episetiia arrotondato al piede. I neumi

che soli lianno e la fornia ad accenti e quella a punti sono ilpes (cf. I, 4, P. 3),

la j. (cf. P IO) e la 3. yesup. La j. C: il neunia piii strano, dacchè il siio

primo membro è talvolta quasi una fiorettatiira (cf. g 4, h 7): nella forma a

punti risultante di due piccole linee orizzontali l'una sopra l'altra, la pii1

bassa sovente mostra una piccola verticale penzolante clal centro, ciò che

si verifica pure nel membro pii1 basso del clB?tt. Comparanrlo la inelodia

dell'Ant. (< Zacchee festinans » data dalla Ne7u Paleogra~hical Socieb, Tav. 111, W

con quelle alquanto simili dell'Antifonario di Lucca, p. 546 e di Hartker,

p. 336, si rivelano parecchie di queste particolariti; qui basterà rilevare

il neuma sulla prima sill. (liquescente) di u gaudens P, « descende » ed 4 illi » , che è o un pmz. Ziq. o pun. con o~iscus. Siffatta notazione spessissimo è riconoscibile dall'uso molto frequente delle lettere significative k e q, e dall's

(simile alquanto ad or.) che vien messa o sopra o sotto o prima o dopo

il neuma cui si riferisce.

Ma quando ci accostiamo alla notazione aquitana, allora s'incontrano

forme del tutto distinte da alcune di quelle descritte finora. I1 campo ristretto

dei suoi scriptoria (S. O. di Francia, Aqiiitania e Provenza; e, dopo il

sec. XI, Spagna) sembrerebbe confermare l'opinione che essa sia un primo

e locale sviluppamento della notazione originaria ad accenti. In essa infatti

gli accenti hanno perduto la parte media dei loro tratti, serbando soltanto

le estremità, gli episemata; nondimeno le forme liqiiescenti, ceph. ed epiph.

e quella del clim. della classe A, cioè con tutti i membri uniti, sono piU

che neumi-punti, e quasi certamente derivano dagli accenti. Ciò costituiva

un metodo più facile e piii semplice di notazione, ed i neumi vennero disposti

così bene che, quanto a comodità e leggibilità, siiperano d'assai tutti gli

altri neumi dello stesso tempo, per ciò che coticerne il valore nielodico

dei siioni. Che in origine essi non avevano nè linea ne guida, è manifesto

dalla Tav. 636. I1 Dr Wagner, ed. 11, p. 275, sembra non abbia ravvisato

questo primo stadio di tal ~iotazione. Quando sia venuta fuori la prima

volta, non è chiaro; l'esempio piili antico che si conosca, come ho altrove P

dimostrato, e il Tropario di S. Marziale, Parigi B. N. 1 240, ann. 933-936,

(P. M. 'i'av. XXVII); ma la notazione, ivi, è di carattere veramente arcaico,

se la si paragoni con gli altri mss. di S. Marziale. Essa è. detta comu-

nemente a punti-sovrapposti, ma questa denominazione non è del tutto

esatta, giacche e ilpes e ilpesfl., di tanto in tanto prendono la forma di

veri accenti; parlando in genere, essa è una successione di punti diaste-

matici di forme varie. Non v'è figura speciale per la vir., dacchè ilpzm.

ne fa le veci; nei neumi coniposti ascendenti, il pun. piìi elevato è scritto

con iin piccolo episema discendente in testa, nei discendenti tiitti i pzm. sono

messi proprio l'un sotto l'altro. I segni del quiz., C 1-6, e clell'or. G. 25,

sono speciali di qiiesta notazione, nè possono confondersi con iin qualsiasi

altro neunia della notazione stessa o di altra.

Distinta dai « punti-sovrapposti z è la notazione u a punti-legati » in

cui i tratti, le legature, sono accidentali, mentre il )un. è essenziale. L'ori-

gine ne è incerta; potrebbe ritenersi come notazione ad accenti con episemi

fortemente calcati, ma piA probabilmente si tratta di punti legati tra loro.

In mss. fraiicesi abbianio alcuni saggi daIla fine del secolo xr al XIII, dei quali

la 'l'av. 65a è un bell'eseinpio. Qui, se prescindiamo dai tratti di legamento,

ci resta una notazione di semplici punti, inquantochè i tratti non son altro

che seniplici Iinee unitive ; cosi è facile vedere quanto piccola è la differenza

che li distingue dalla notazione quadrata, come si può giudicare dallo studio

delle Tavv. XXX, XXXI della P. il.! I due neunii che ~ i i i a lungo si oppo- 1 sero a cotesto trattamento furono la j. e la j. Yesup. che serbarono la

loro vir. iniziale anche nella notazione quadrata, dove pure i tratti si ridus-

sero a semplici legature, le quali soppresse, avremmo iina notazione sola

di semplici punti diasteniatici.

In Italia trovianio iiiia notazione che somiglia alquanto a qiiesta fran-

cese, ma C: assai più sviliippata. Non sono i neumi-accenti italiani che

abbianio già iricontrato e in camnfo np~rfo e disposti diasteniaticamente;

si tratta d'un sisteiiia affatto differente, che trovaci in uso nei più antichi

niss. che ci rimaligorio, qiielli cioe della fine del decimo secolo, e in alcuni

l~ioglii (cf. il ins. proveniente da 'rodi, MLIS. Brit., add. 14793) fu usato

quasi siniultaneaiiiente colla notazione più antica. Quanto al titolo da dare

1 Quest:~ opinione lorse potr;l v:iri:ii-C: dopo Liri esame l~articolnreggiato del codice 47 di "1: i l mio :i!-ticolo 'llic (tnrliest French Sropei nnd its date Jozrv~znl of Z'heolo-

Chartres, ora in via di put)blicazionc nella l'. AI l i

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xxx INTRODUZIONE. NOTAZIONE ITP iLIANA. L'INTRODUZIONE DEL RIGO.

ad essa i pareri sono discordi. In quest'opera l'abbiamo posta sotto quello

di < punti-legati n ; dobbiamo per0 ammettere che, per q~ianto concerne la

notazione beneventana (N' 344-363), quel titolo è soggetto a critica, e con-

fessiamo altresi che la presente nostra disposizione é senza precedenti.

Dall'altro canto, è questo l'unico luogo possibile e il solo titolo conve-

niente, se la storia e lo sviluppo dei neumi deve trattarsi con uniformità;

ogni altra disposizione di neumi italiani va incoiltro ad obiezioni. Cosi nelle

Tavv. della P. M. Vol. I l , la notazione Lombarda ' e Lombardo-italiana

(Tavv. 19-39) sono poste dopo i neumi-accenti italiani, i neumi-punti di

Como e la notazione di Nonantola (Tavv, 4-18) e prima dei neumi a punti-

legati (Tavv. 40 seqq.); ma questi ultimi cominciano con un nis. del sec. XII

con righi. Nella P. M, Vol. I, la descrizione delle Tavv. XV, XXV e XXVI,

si riferiva agli elementi-punti che in essi si trovano, e gli editori della

P. M. (cf. Vol. 111, p. 8 I ) , benchè riconoscessero che siffatta notazione ita-

liana ben poco si diparte dalla tradizione, e si fossero proposti di lasciarla

nella categoria dei neumi-accenti, finalmente si son decisi di metterla in

quella dei punti-legati; le loro ragioni si trovano nel Vol. I, p. 120: u les

transformations profondes que les copistes lombards firent subir Li certaitis

groupes de notes ne permettent pas de classer entièrement leur système

graphique musicale dans la famille des accents primitifs i+.

Nel fatto, la notazione musicale dell'Italia centrale e meridionale (a parte

quella ad accenti, limitata quasi intieramente all'ltalia settentrionale e alla

Toscana) può considerarsi sotto due aspetti; se guardiamo alla Tav. 64,

si resta colpiti dalla sua somiglianza con la Tav. 52, e, a prima vista, i suoi

neumi dovrebbero dirsi accenti diastematici; ma nella Tav. 65, si vede chiaro

che predomina l'elemento punto. Egli è impossibile tirare una linea netta

che distingua i due sistemi. I,a notazione delllItalia meridionale è quella

che meno s'allontaiia dal sistema degli accenti ; quella dell'Italia centrale

ha più diritto d'essere appellata notazione a punti. Tra queste due v'&

uno stadio di transizione dove l'influsso beneveiitano comincia a mostrarsi ;

in quest'opera la presenza anche d'un sol neuma beneventano fa si che

un ms. si metta in questa categoria; cf. la descrizione della Tav. 67a.

I limiti geografici di queste divisioni possono vedersi dando uno sguardo

alla provenienza dei mss. L'opera del Dr Loew, u Scriptura Beneventana », di prossima pubblicazione, dimostrerà quali siano i limiti verso il Nord

della scrittura e notazione beneventana,; i suoi limiti estremi settentrionali

secondo i mss. musicali della Vaticana, sono Rieti (N0 340), Farfa (N0 360) ed anche Ascoli (N0 426). Essa spari gradatamente a misura che l'influsso

romano penetrò nel Sud.

Codesta riotazione italiana è molto chiara ed intelliggibile, un sistema

sviluppato e perfetto. Bisogna però convenire che, attesa la mancanza di

ogni linea che servisse da guida, gli accenti o i punti, o la mescolanza

di ambedue, richiedevano una precisione matematica nel collocarli al posto

preciso al disopra del testo ovvero al disopra o al disotto gli uni degli altri;

quindi, fatto una volta uno sbaglio anche piccolo nel copiare un dato ms.,

quello sbaglio andava soggetto a ripetersi all'infinito. E certo che in alcuni

mss. italiani dei primi del sec. xr, la diastemazia è cosi manifesta, che siam

costretti a supporre che i copisti dovettero aver dinanzi alla mente una

linea ideale che li aiutasse a spazzieggiare con tanta esattezza i loro neumi.

I1 Wagner, ed. 11, p. 273, si domanda se gli scribi beneventani non aves-

sero un qualche strumento a tal fine, Io crederei che possano essersi

serviti di uno spaghetto (una cordicella, cospersa di polvere nera facilmente

cancellabile con mollica di pane) o anche di una falsa riga rossa.

Questa ipotesi di una linea invisibile fa nascere la questione (che è una

delle pih importanti) intorno al tempo in cui per la prima volta cominciò

a scriversi una linea per indicare la posizione di una data scala O grado

di scala, donde tutti gli altri dovevano dedursi per mezzo delle relative

distanze dei loro punti. L'idea venne al certo dalla linea secca tracciata

con uiia punta attraverso la pagina che in tutti i tempi servi di guida

agli occhi dell'amanuense per iscriver diritto. Fu I'evoluzione di quest'idea

che dette origige all'uso di una linea simile a scopo musicale, dacché é indubitato che la prima linea adoperata pei neumi 6 una linea secca; il

colore e l'inchiostro vengono pih tardi e sono cose secondarie. Quando una

tal linea venne usata la prima volta?

Sino a poco tempo fa, Guido dlArezzo (970-1050 c.) ha avuto l'onore

di avere inventato il rigo musicale; ma giQ fin dal tempo del Fetis e del

Coussemaker sorsero gravi dubii su ciò, e la lambiccata difesa di Antonio

Brandi ora è accettata da pochissimi. Nel fatto, oggidi s'è d'accordo nel-

l'ammettere che Guido fu un perfezionatore e non l'inventore del rigo,

e che, insomma, egli portò a compimento un sistema già esistente da un

secolo. Che le linee o gli spazi tra esse nel secolo decimo erano già in

uso come rigo musicale, è provato dalle Cronache di Corbia scritte sotto

il governo dell'Abbate Ratbold (i 986), a Sub iisdem temporibus inceptus

est novus modus canendi in monasteri0 nostro per flexuras et notas

per regulas et spatia distinctas, meliusculum dinumerando quam antea

agebatur n P e l'inserzione delle lettere dell'alfabeto come chiavi rimonta

sino ad Hucbald. Ciò che realmente si deve a Guido, e il tempo in cui

egli introdusse i miglioramenti in parola, non risultano chiaramente dagli

scritti che gli vengono attribuiti, ma noi possiamo mettere il perfezio-

namento guidoniano nel I o3 3, quand'egli presentò il suo Antifonario a

Papa Giovanni XIX ; quell'fintifonario è sventuratamente perduto, ma da

copie di buon'ora estratte da quello, come il ms. Camaldolese della biblio-

teca di Lucca, pubblicato nella P. M., Vol. IX, si p116 arguire che esso

aveva una linea rossa per F e una gialla per L, e che F e L servivano

anche per chiavi. Una sola linea colorata in rosso può darsi che fosse

in uso prima di questo tempo, ma l'aggiunta di una seconda (gialla)

per notare gli intervalli di una quinta al di sopra di quella rossa è quasi

certamente opera di Guido. Se le due linee nere per D e a, od a a e si debbono attribuire a lui, o se siaiio state introdotte un 50 anni dopo la

sua morte, è incerto; le liegzdne de ignoto cantu non ne fanno menzione

alcuna e le Tavv. dell'opera presente offrono parecehi esenipi dove quelle

linee nere non si trovano.

Ma se a Guido oramai non possono attribuirsi i diritti d'invenzione,

tutti debbono riconoscere in lui un maestro piii perfetto e pih prattico. A lui si deve l'introduzione d'una notazione musicale da tutti leggibile senza

maestro. Fu questa una grande rivoluzione, e, in apparenza, iin perfe-

zionamento, sebbene portasse seco la perdita di molte bellezze indicate

dagl'antichi neumi-accenti. I1 rigo di Guido avrebbe portato alllabolizione

di tutto ciò che non era diatonico, ed altresi alla perdita generale di tutti

i delicati neumi complementari, p. e. or. quiz. IYQ. ecc., che non potevano

essere rappresentati su una scala. Quindi la costui opera non fu un bene-

fizio senza inconvenienti, e per un trecento d'anni si fecero dei tentativi

per conservare la piU antica e migliore maniera, ma invano!

La storia ulteriore della notazione musicale riguarda semplicemente

l'evoluzione del cosi detto rigo guidoniano; esso può distinguersi in

( I ) linee, (2) chiavi, (3) guida, (4) sbarre e (5) punti.

Mi sembra che qui non ci sia bisogno di descrivere a lungo codesti

punti, dacchè intorno alla loro storia e al loro significato rion vi sono

quistioni da fare.

i I1 titolo . Notazione beneventana D in quest'opera è riserbato di preferenza a quello di e Lombarda D perchè più preciso storicamente e geograficamente e perchè analogo a

~erbert, De Cantu, 11, 61. Questa citazione non pub riferirsi a nessuna specie di notazione Aquitana, dacchè nessun esempio di essa s'è mai scoperto in scriptoria cosi a

quello della scrittura beneventana levante come quello di Corbia.

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INTRODUZIONE. LINEE. XXXI

Come sopra si è detto, l'introdiizione di una sola linea direttiva fu

il cangiametito pii1 iiiiportante nella notazione musicale, in quanto la pre-

senza o l'assenza di siffatta liiiea produce grandi cori~egueriz~~ pratiche. Cosi,

se noi mettiamo a confronto due codici del secolo uiidecimo, l'uno scritto

nella Francia meridionale a punti aquitanici seiiza liiiea, e l'altro italiano,

scritto coi1 una sola linea secca, vediamo subito che nel primo lo sbaglio

nella posizione anche di un solo punto porterebbe a innumerevoli errori,

i quali sarebbero impossibili nel secondo.

Introdotto una volta il sistema della linea, esso era capace di per-

fezionamento indefinito: dalla notazione ad una linea sola, alla notazione

a rigo di due, tre, quattro ed anche di cinque linee. In uno stadio molto

primitivo, si capi che una linea sola iion era siifficiente, e belitosto si rico

nobbe che lo spazio o gli spazi, come appunto la linea o le linee, potevano

servire a contener delle note, fu iiecessario detcrniinare quante note, iina,

due o tre, dovevano entrare fra le linee. Iiioltre, il numero delle linee era

variabile e non v'era bisogno di fissarlo a due, tre o quattro; due bastavano

per le melodie delle letture ed orazioni aventi un ambito molto ristretto,

e quattro erano sufficienti per una scala d'ottava; e quando ce ne fu bisogno,

molto per tempo, si scrissero brevi linee addizioiiali al di sopra o al di sotto

del rigo ordinario, cf. N. 644, p. I 8 I ; nia il rigo moderno a cinque liiiee

venne fuori la prima volta, io credo, alla fine del secolo duodecimo.

Ma ciò che assai più importava si era di conoscere e far coiioscere

qual suono volevasi fosse rappresentato dalle note poste su una data linea;

se la linea era una sola, essa non- rappresentava sempre F (dacchè poteva,

occasionalmeiite, rappreséntare anche d, g, o a), qiiantunque eveiitualii-iente

la scelta cadeva su questa nota, nota media, attoriio alla quale si move-

vano le altre.

N' 386, 397, 416, 426, pp. I 34, I 36, I 39, 1 42, mostraiio come i llotatori italiani, dopo aver lasciato per la notazione tre righe delle quattro già

tirate, tracciavano sopra delle tre prime, secondo il bisogno, una linea

rossa O gialla o l'iina e l'altra, e come ii i alcuni Iiioghi la linea colorata

6 segnata solo per certe note nel rigo. Come è detto di sopra, il numero

delle linee e l'uso dei colori e delle chiavi eraiio lasciati alla scelta del notatore, 11011 essendovi regole certe e rigorose; cf. la descrizione del

No 374, p. 132 ; e qiia e ià (cf. NO 413, p. I 38), le linee colorate sono inse-

rite dopo la scrittiira delle note. I1 tracciamento di t u t t e le linee in rosso,

il che iiaturalmeiite aiinulla il sigiiificato primitivo di tal colore, fu, si

capisce, iin'idea che venne dopo (cf. No 482, p. 149 e N" 642, p. 180),

suggerita dall'osservare che le note nere su fondo rosso riuscivano assai

più spiccate. A dispetto della prevalenza generale di linee colorate nei

mss. italiani, è strano che ~ 1 1 0 Se ne trovi perfino del sec. XIII, in cui la

melodia è connessa con la linea tirata pel testo, e, per giunta, senza colori

e chiavi; cf. ms. Borglies. 49, N" 417, p. 139, Tav. 84a.

Finora non abbiamo parlato delle cliiavi, che sono il mezzo pii1 naturale

per indicare chiaramente il tono di una nota sopra una data linea. In un'età

cosi remota come quella di Hucbald (vedi Tav. 32)) a tale scopo fu prefissa

alla linea una lettera (o dasiaiia o alfabetica), talchi: le chiavi guidoniane

fiiron soltanto un perfezionamento di un uso esistente. L'uno O l'altro sistema,

quello delle linee colorate, o quello delle chiavi alfabeticlie, sarebbe bastato

allo scopo voluto, ma ambedue vennero ad essere usati sinlultaneamente; e

le linee colorate da sole, che in Italia durarono sino alla fine del sec. deci-

mosecondo (cf. N' 368, 369, pp. I 28, I 29), gradatamente cedettero il passo

al sistema piìl semplice delle chiavi iniziali. È strano trovare una linea rossa

Le prime linee venivan tracciate con tino stilo, ovvero, occasional- I per F in mss. tedeschi d'uii'età cosi recente come il sec. xvi.

mente, con piombo, e, nella notazione aquitanica questo sistema prevalse

per alcun tempo; anche nella piU antica iiotazione inglese a rigo si usa-

rono quattro di siffatte linee secche; cf. p. e. ms. Bodleian. Rawl. lit. C. 7

(prima del I r 7 I), e la Tav. 95 offre due esenipi di notazione francese

della seconda metà del sec. duodecimo. L'uso dell'inchiostro nero pel rigo

è posteriore. Per saggio d'iiso irregolare di linee senza colori, vedi No 544,

p. 163, e per la persisteiiza dell'uso d'una linea sola nella notazione aqiii-

tanica, vedi il ms. spagnuolo, Tav. 107.

La seconda innovazione importante fu l'uso d'una o piu linee colo-

rate per denotare uii suono determinato. La linea rossa per F potrebbe

assegnarsi al principio dell'iindecimo secolo, e si scelse la F probabilmente

perchè nella scala diatonica aveva sotto di sè u11 semitono e sopra iin

tono. Sapendosi che la linea rossa denotava F, il resto della melodia si

poteva con grande facilità riconoscere, e l'uso posteriore del giallo pel C

(esso pure preceduto da semitono e seguito da tono) portò la notazione

al massimo di leggibilità. L'uso del verde pel giallo 6 in generale segno

di scr@torizlm ' francese, benchè tal colore si trovi anche in mss. inglesi

e non manchi in alcuni italiani, cf. N" 387, p. I 35 dove, in due pagine,

(ff. sr, 25') pel c si ha la linea verde.

Uso comunissimo in Italia fu quello di scrivere tre o quattro liiiee

a punta secca e poi tirarvene sopra una o due a colore rosso o giallo

come era richiesto da F e C ; ma se la melodia era assai estesa, ovvero

se si voleva risparmiare spazio, si ricorreva a due altri espedienti: I ) il

colore cambiava di luogo nel corso del rigo, ascendendo o discendendo

uno o due gradi nella scala; 2) s'inserivano linee colorate pel C basso O

per l'f alto negli s p a z i propri di queste note. Per formarsi un' idea del

primitivo costume italiano, si vegga il No 364, p. I 26 ; le descrizioni dei

I1 nome di chiavi è molto appropriato: le lettere &schiudono il signi-

ficato della linea cui vanno prefisse, il quale senza di esse per noi sarebbe

chiuso e nascosto. Nello schema guidoniano la prima lettera usata fu F,

poi C e in seguito ed P e C, oppure F f C C, rimanendo seiiza chiave la

linea di mezzo; ma pii1 tardi quasi tutte le lettere da A sino a G furono

adoperate a principio delle liiiee e il 6 rotondo e quadrato dinanzi allo

spazio proprio di tal lettera. Cosi in due pagine del ms. Regin. 577 (N0 544,

p. I 63) vi si trova non meno di cinque lettere diverse con ufficio di chiave,

cioè D. E. G. b quadro e C, mentre la Tav. I I 4 C (N0 567, p. 1 88) ci mostra

l'uso sin~ultaneo di 8 lettere per quattro linee e quattro spazi.

I,n descrizione dei mss. rende coiito iii ogni caso delle diverse lettere

usate, nè v'& ragione di richiamarvi l'attenzione in questo luogo, P ma non

è seliz' interesse rilevare alcuni casi rari ed eccezionali riferiti iii questa

opera, conie: il raro iiso o della F o dell' a nella Tav. 79 (N" 378, p. I 33), il pii1 raro e nel N" 397, p. 136, l'iiso del g insieme con C nei N' 503,

521, pp. I 5 2 , I 56 e insieme coli b qunrdro nel N" 511, p. I 54. L'occorrenza

del b molle e b qg~atdro con e senza C nel No 246, p. 86, iiel No 322, p. I I 4

e nel N" 506, p. I 53 (Tav. 95) è singolare ed è ancor più siiigolare l'uso

delle stesse chiavi senza linee nel No 246, p. 86. Per l'inesplicabile vedi

N" 415, p. 139. La pratica degli scribi inglesi, qual' è esemplificata dalle

aggiunte i n notazione a rigo fatte nel sec. decimoprimo al ms. Bodleian. 775, offre delle caratteristiche strane; cosi nei 1% 131', 132' le lettere D. F. a,

e (una volta) r (gamma) sono applicate alle linee e b quadrato agli spazi;

nei ff. 137', 138', D e A alle linee e b molle e quadrato agli spazi; nei

ff. I 36', I jGV, g alla linea e d e b quadrato agli spazi; nei ff. I 42', 143',

dove la melodia va molto in su, abbiamo !e chiavi b, h (cioè b quadrato), a

d, ed a per l'a acuto.

11 rendiconto che il Wagner, ed. 11, p. 280, n. 1, dà del ms. Vat. 4756, abbisogna di una piccola correzione: non è vero che la linea C non sia colorata; il giallo che c'era

In Neumenku?*de, Ed. 11, PP. 289,290, il Dr Wagner da un buon ragguaglio delle combinazioni usuali dei colori e delle chiavi.

ùapprincipio 6 ora quasi invisibile, ma si pub tuttavia ravvisare nella Tav. 97a.

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Le varie forme prese da queste lettere sono n~olto imbarazzanti ed

è stato un po' difficile descriverle (cf. N" 638 (C), p. I 79, e p. 142,

sarebbe stata una bella cosa aver potuto dare due tavole sinotticlie delle forme che queste chiavi presero nei vari paesi. I cambiamenti di forma

della lettera F (F o f ) , son molto iiumerosi. A cominciare dalle forme

che conservano la lettera F originale, grande o piccola che sia (F o f )

(benchè alle volte riesca difficile trovarci una distinzione), dove i due tratti

orizzontali so11 diritti e paralleli, la F in quest'opera si dice maiuscola, e

dove un tratto è rotondato si dice minuscola. La F maiuscola è usata nei

N' 378 (Tav. 79), 477 (Tav. 92 n), 495 (T. 93, m'), 503 e 504 (T. 94a, 6)) 505 (T. 95a), 522 (T. ~ o o a ) , 544 (T. 106b), 552 (T. rog), 553 (T. I io),

561a, 591 (T. I 16), 641 (T. I 24) e nei N' 527 b, 655, 656, 669, 671, 672,

674,684, 729, 773, 803, 850; mentre la chiave somiglia ad una f niinuscola

nei N' 368 (T. 75 a), 386 (T. 80 a), 409,413 (T. 82 a ) 425 e 426 (T. 86 ah),

430 (T. 88), 477, 478 (T. 92 a , b), 506 (T. 95 61, 562, 563 (T. 1 12), 567 (T. 1 14 6). 571 (T. 1 I5)> 573, 575' 5879 590' 59Ii 593 (T. 1 Iga)? 594 (T. 118 b), 598, 611, 626, 631, 651, 652, 689, 781, 795 e 877.

La lettera F con piccolo episema iniziale comparisce nei N' 364 (T. 73a), 414 (T. 82 6), 541 (T. 105 a) e 550 (T. 108 b) e con tratto pen-

dente alla fine della seconda sbarra orizzontale nei N' 495 (T. 93 a) e 519 (T. 9 7 ~ ) . In due mss., N' 856 e 1011, il greco cp prende il luogo di F.

Quando i due tratti orizzontali sono staccati da quello verticale, noi

abbiamo una forma quale si trova nel No 549 (T. 108a) e la forma comu-

nissima di una virga seguita da due punctum l'uno sopra l'altro; cf. i

N' 197-199, 447 (T. 90 6), 481, 520 (T. 98), 521 (T. 99), 528 (T. 1 0 2 a), 543 (T. 106 a), 549 (T. I o8 a), 644, 657, 806, 964, 985; qua e là la virga ha

un efisema; cf. Ni.75a, 1025; l'arrotondamento del primo membro si è sviluppato nella chiave C usuale moderna che troviamo solamente nei

N' 657, 844. Gli scribi tedeschi usarono una forma di F che è piuttosto simile

a B, la cui origine probabilmente deve attribuirsi al riempimento degli

spazi vubti alla fine delle sbarre verticali; cf. N' 541, 584, 610, 620, 628,

631; quest'ultima figura più tardi si sviluppò in qualcosa di simile a Z o 3 ; cf. N' 393-5 (Tav. I I 8 a-C), 610, 725.

Le forme adoperate nella notazione quadrata sono correlative a questa

notazione; il segno piii comune per la F è una virga seguita da due

ptmctum; questi puact. sono a losanga nei N 639 (T. 1 2 2 b) , 642, 643

(T. 126a), 658, 660, 667, 676, 683, 685, 687, 702, 703, 710. 711, 713, 714, 718, 733, 749, 750, 761: 763 (T. 1 2 2 a, 123)~ 763, 765, 769, 770, 776, 777, 780, 782, 784, 786, 800, 804, 808, 825-828; i punct. sono però quadrati

nei N' 526 (T. I o I , a, h), 571 (T. I I 5), 600, 646, (T. I 2 8), 682, 685, 687,

697, 701, 706, 707, 710, 718, 750, 767, 784, 796, 800, 824, 840; la viyga iniziale comparisce come pun. nei N' 572, 659, 677, 693, 698, 700, 705,

752, 758, 780, e 818, ed è seguita da due punti quadrati (invece dei rom-

boidali) nei N' 693, 698, 700, 711, 712, 715, 752. La virga prende la forma

di vir. Zzq. ed è seguita da due punti a losanga nei N' 642 (T. I 25), 647 (T. I 29), 678, 679, 707, 748, 756, 768, 782,844, e da due punti quadri nei

N' 707, 779, 783; la prima forma è una losanga e le due seguenti con

due punti quadrati nei N' 646 (T. I 28), 672, 697, laddove nei N' 699, 706 abbiamo un punto quadrato seguito da due losanghe.

Per le variazioni sulla forma di queste virg. e fun. si veggano nelle

Tavv. I 2 I , I 2 2 a , I 2 3, I 2 5, I 26 ; i N' 675, 688, 759, 774,775 e 787 presen-

tano tre pun. in altre posizioni. La chiave F è pure rappresentata da

quattro pun., invece di tre, uniti insieme in un quadrato; cf. i N' 523 (T. IOO b), 531 (T. 1036) di mano posteriore, 636 (T. r 2o), 673, 677, 680,

691, 764. '

Ma già dai tempi di Giov. Cotton la linea di F era indicata con un

punto prefisso ad essa: u Quidam, si color desit, pro minio punctum in

principio ponunt (Gerbert, SS. 11, 260); esempi di quest'unico punto si

I trovano nei N' 555, 557, 564 (T. 1 13). 570 572, 574, 609, 617, 706, 709. 726 e 964 ; il #un. è e losanga nei N' 576 e 592 (T. I I 7) ; e due #un. ' occorrono nei Nid5~oa, 847, 1011.

Altro segno per indicare la linea F consiste in un tratto diagonale

discendente da destra a sinistra: vedi N' 387 (T. 80), 398 (T. 8 I b), 416 (T. 83), 604 e 785; codesta linea gradatamente diventò una virga con

ejisema a sinistra, cf. N' 6094 616, 627, 798, 871, oppure una virga incur-

vata (cf. v i ~ . CI^, I 5, O v i ~ . liq. A 4-7) come nei N' 589, 599, 601, 614,

615, 618,619, 626,627, 630, 631, 632, 785. Questa vir. ha forma di bivirga,

come la distr. 7, 23, nei N' 367, 420, 421, 427 (T. 87), 428, 475, 497, 498 (T. I 2 7), 807.

Le variazioni nella forma della lettera C sono in numero ristretto e

meno importanti. I1 C o C rotondo usuale si conservò per lungo tempo,

ma a poco a poco divenne pih angoloso ed eventualmente arrivò a ras-

somigliare a tre lati di un quadrato; cf. i N' 495 (T. 93) scrittura poste-

riore, 528 (T. 102), 530 (T. 103 a), 657, 658, 660, 680, 695-7, 699, 702,

704, 711, 728, 729, 749, 762, 796, 805, 806, 821, 822, 825, 831. I due tratti

orizzontali sono molto ingrossati e diventano infatti due $un. uniti da lineetta

sottile (nei mss. posteriori i due grossi punti quadrati sono obliqui in giii

verso destra invece di essere in posizione orizzontale), cf. N' 5236, 543, 544, (T. 1 o6 b), 631 (T. 1 I 9), 635, 637, 638 (T. I 2 2 a), 641 (T. 1 q ) , 644 (T. I 2 6 b), 645 (T. 1 2 7), 646 (T. 1 2 8), 647 (T. 1 2 9), 667-9,675, 712, 713, 774, 785, 794, 805, 806, 833 (T. I 3oc), 870. Quando cotesto C quadrato

ha una linea verticale pendente dall'angolo sinistro, la figura si presenta

come una F maiuscola ; in mss. come quelli descritti nei N' 472, 655, 692,

1025, dov'è usata questa forma di C, (a togliere ogni confusione) la linea

è indicata da un F preceduto da verticale. e

La forma piii moderna della chiave di do - due sbarre verticali tagliate

orizzontalmente da due parallele abbinate - proveniente dalla lettera C, non venne in uso se non al tempo della musica misurata; cf. N' 837a,

843, 848, 849, 856, 869, 1011. La chiave di sol piii moderna, G, vedasi nei

N' 853, 854. Queste chiavi con poste sempre sul principio del rigo, a meno che

o l'ambito della melodia (il che accade di rado) non richieda un cambia-

mento di chiave nel corso del rigo, ovvero non si tratti di b moZZe o

h durum (b e h) applicati a note singole nel corso del rigo stesso. L'uso

di queste due lettere varia notevolmente a seconda dei paesi: spesso il

b molle non si scrive, ma si sottintende dove il nostro orecchio parrebbe

richiederlo per evitare il trito~zus (quarta eccedente); perciò noi non pos-

siamo sempre affermare con certezza se un dato h durum debba mollifi-

carsi o no. Le sole due Tavole che in quest'opera presentano il b molle

come chiave, per denotare che dove s'incontra il B si deve cantare molle,

sono il ms. inglese Palat. 501, N" 528, p. I 59, Tav. 1 0 2 e Regin. I 7, No 556, p. 153, Tav. 956, dove sono adoperati e b e h ; il b molle fa da

chiave anche nei N' 372, 393 e 483; per il A in\ quanto applicato a sin-

gole note, vedi N' 503, 504, 636; nel N° 521 si trova bb.

Per la spiegazione del b durum, scritto press' a poco come il

diesis moderno # nella Tav. 102, vedi No 528, p. 159 ed anche No 835, p. 188.

Per diagrammi rappresentanti lo sviluppo delle diverse chiavi può

consultarsi il Riemann : Studien zur Geschickte der Notenschrift, Leipzig, I 8 78,

Tav. VI11 e Pothier, Les Mélodies grigoriennes +rès da Traditim, Tour-

nai, 1880 p. 54.

i Come curiosità indichiamo i Ni 368,374, dove la lettera stessa 6 scritta in rosso. La trascrizione (nel senso musicale della parola) di mss. inglesi che molto spesso ? Come curiosi@, vedi la forma ad oriscus del C nel No 419. / usarono p r chiave il b, cagionb la perdita di molte caratteristiche delle melodie originali.

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Una guida, custos, o segno d i r e t t i ~ ~ , spesso, e nei mss. posteriori

invariabilmente, si trova alla fine d'un rigo per indicare l'esatta posizione

del primo neuma del rigo seguente; nei mss. piii antichi dove la chiave

nel corso del rigo viene alzata, la guida si trova prima della nuova chiave.

La guida nella notazione a rigo fa l'ufficio che nella liotazioiie ad accenti

fa la lettera significativa e o p (equalis). Ho già fatto vedere a p. XXVII,

chi l'affermazione del Wagner circa la presenza di una guida come l'ac-

compagnamerito necessario di ogni notazione realmente diastematica, non

può sempre accettarsi.

Le forme che prende la guida sono molto numerose: mancando la

tavola siiiottica, ci contenteremo di descriverle qui molto sommariamente.

L'esempio piii antico che le Tavole ci offrono è quello della Tav. 46 a

(N" 242, p. 84), dove un semplice finctum fa l'ufficio di guida; i N' 347 (T. 70a) e 617 hanno parimente un )un. e i N' 597, 619 un Pu~z. prece-

duto o seguito da mezzaluna. Una linea orizzontale comparisce nel No 541 (T. I O S U ) ; una linea diagonale tiei N' 386 (T. 8oa) e 401; un accento

grave nel No 614. Un $un. dalla parte sinistra a metà di una verticale si

trova nelle Tavv. 64, 105 b, roGb, sebbene la mano posteriore in questa

ultima Tav. (cioè 1066) adoperi una figura simile alla vir. Q. I r , la quale

si riscontra pure nella Tav. i 19. La linea verticale è a sinistra del @n.

nei Ni305, 540 (T. 104) e 545; le Tav. 69, 70a ci dànno una linea dia-

gonale traversante ulì pun.; cf. ::nche N' 5236, 524.

Figure simili a vivgn. occorrono nelle Tavv. 62 6, 97 6, io1 6, 107,

i 2 7 b, e nei N' 305, 307, 523 a , 5274 545, 657-9, 667, 670. La forma

nondimeno usata pii1 spesso, specialmente dai notatori italiani, so~iiiglia ad

un pes, o in forma rotonda, cf. Tavv. 85, 95 n, 98, ovvero, segnatamente nella

notazione quadrata, i n forma angolare; gli esempi di qiiest'ultima so11 troppo

numerosi per citarli; quando la forma a pes lia un ejisema a principio,

somiglia piuttosto ad una J. reszq. (cf. j. yesfp. A I , 2) ; vedi Tavv. 53 6,

76, 84a, 6, 89 b, I 18a, 1 3 0 ~ . Forme piu curiose si p110 vederle nelle

Tavv. 31 b, 66, 926, 99, 109, I 16. Una forma ad oriscus s'iiicontra nella

Tav. 91; una figura simile a puilisma fu spesso i n uso in Inghilterra,

cf. Tavv. 102, 103a, 6 ; la Tav. 1 2 6 ~ presenta una guida la cui figura

sembra derivare dalle note della musica misurata.

si1 per giù, introdotte nella seconda del secolo XII, e se ne posson

vedere degli esempi (alcuni dei di mano di un correttore) nelle

Tavv. 93 (seconda mano), I O I a, 6, 102, I oJa, 6, I I 6, I I 9, I 20, I 2 2 e in tutte le tavv. seguenti, come anche nei N' 301, 4994 516, 532 e (in

rosso) 616.

Resta un picclolo punto su cui dobbiamo richiamare l'attenzione. Noi

abbiamo qua e lA fatto rilevare l'esistenza di un punctum, che potrebbe credersi avere avuto il significato di raddoppiamento o di ritardo. Non

sembra tuttavia che il punto delle Tavv. 29 3oa, b (vedi pp. 59, 60)

abbia senso musicale, dacchk ivi potrebb'essere stato inserito sempli-

cemente per separare lettere o sillabe. Ma per ilpun. con significazione

musicale, vedi Tavv. 27 b, 28 ; pp. 57, 58. Le note puntate vennero

in uso indubitamente nel secolo xrIi, ma si restrinsero alla musica

misurata.

Dobbiaiiio ora occuparci delle varie forme prese dai neumi stessi, e

fare un po' di commentario delle I O tavole sinottiche e del registro dei

neumi nelle pp. 2 0 1 - 2 24.

I,a cosa non è cosi facile come a prima vista potrebbe sembrare.

I1 materiale offerto dai mss. Vaticani, copioso e svariato senza dubbio,

rivela pure qua e là, come ogni materiale manoscritto, modificazioni dipen-

denti dalla scienza o dalla igiioranza degli scribi. Cosi mentre, in alcuni

casi, abbiamo esempi perfetti di calligrafia, in altri c'incontriamo in una

notazione incompiuta, trascurata ed affrettata, c'imbattiamo delle volte

in neuii-ii evidentemente scritti da gente che non ne capiva nè la natura,

n& il significato, ed in figure musicali il cui senso preciso può soltanto

congetturarsi. I,e stesse dificoltà che si presentano al paleografo, il quale

deve occiiparsi di mss. di ogni paese e di ogrii data, si presentano pure

al paleografo iiiusicale cui spesso manca ogni altro testo musicale per poter

fare la coinparazione.

Cosi nei N' 317, p. 1 14 e 332, p. 1 16 noi trovianio tali sgorbi iieu-

lilatici che non è possibile descriverli e spiegarli; nei Ni85, p. 24 e 4.13,

pag. i 38 vi sono prove di manifesta trascurataggine da parte dello

scribn ; nei N' 2, 3, p. 3, abbiamo neunii che non comportano il significato

Sbarre, o tratti, o divisioni qoalrinque diventano una necessità, qua- 1 volilto dallo scrittore del testo. In liliuni casi i neumi furono riscritti,

lora il testo e la melodia non concordano perfettamente tra loro, dove

cioè la melodia s'estende al di là dello spazio occupato dal testo sotto-

posto, o dove il coriettore ha riscontrato che le sillabe di un testo non

vengono a cadere per l'appunto sotto le note della melodia. Sirfatte liiiee

di separazione o di confine non hanno un significato musicale ; sono sem-

p. e. N' 219, p. 7 5, 244, p. 85*, 345 e 346, p. I I 9 ; una volta, No 235 p. 82, dove la coda del iieuma era troppo lunga, vi fii inserito un punto

per ridurla alla conveniente lunghezza. Questi enimmi vanno messi tra i falli dell'ariiaiiiieiise, ma i i i altri casi, è la nostra scienza che si trova in

difcit.0, e il seiiso preciso di certi neiiini non si pub tirar fuori senza

plici correzioni ortografiche. Se ne posson vedere degli esempi nelle / l'aiiito di tilteriori e pib vaste ricerche; esempi di tal genere di neumi

Tavv. 57 a, 98, 99, iooa , 104 (seconda mano), 105 a (ms. proveniente da

un moiiastero certosino che usa tali sbarre costantemente), 105 6, 106a,

1066 (seconda mano), 107, 108a, 109, I I 2 , I I 8n-C, e nei N' 322,

336, 461. L'uso di sbarre con significato musicale è una cosa ben differente,

e il Dr Wagner (N. K., Ed. 11, p. 29 I ) ha dimostrato chiaramente che la

notazione della musica gregoriaiia originariamente non ebbe segni per

indicare n& la respirazioiie nel mezzo di una melodia, nè la lunghezza di

una pausa, utile o necessaria per distinguere i diversi periodi melodici.

I cantori non ne abbisognavano dacchè essi andavano dietro alle inclica- ' zioiii del loro direttore, il quale si lasciava guidare da ragioni sintattiche.

Assai tardi, relativamente ~arlando, si cominciò a scrivere tali sbarre a i traverso tutto il rigo o parte di esso, per raggruppare certe frasi di una

melodia, ovvero per indicare il luogo dove doveasi respirare.

Allorcliè venne fuori la musica misurata a due o piii parti, le sbarre I

furono iiecessarie, e in questa musica ciascuna sbarra ebbe il suo proprio

valore temporale; ma ciò è fuori del nostro argomento. Esse vennero,

si trovano nei N' 123, p. 36, 201, p. 68, p. 79 n. 2 , N' 256, p. 90, 276,

p. 1 0 2 , 374, P. 132, 386, p. 134, 519, p. 155, 530, p. 160. LAa scienza rlell'interpretazione dei neumi ha ancora da scoprire perchè

un iieiinia assiinse forme cosi differenti in una data melodia; p. e. nel

N" 521, p. i56 si hanno quattro forme di J. resa?. e in due linee della

Tav. 65a, il pcs s'incontra cinque volte, ma in quattro forme diverse.

Nella notazione visigotica un iieiinia solo presenta persino sette od otto

forme differenti, cf. No 313, p. i 13 ; si sa che nella notazione italiana la forma dei iieiinii dipende dalla posizione del neuma precedente (cf. N' 323, p. I 15, 349, p. 123) e simili ragioni possono avere prevalso nella nota-

zione spagnuola. Con queste precauzioni, passiamo alla descrizione dei neumi stessi.

~ I. I,a virga si classifica facilmente secondo l'assenza o presenza del-

l'ejis//iscma. Essa a principio fu scritta come il suo prototipo, l'accento

I acuto, dal basso in alto da sinistra a destra, ma in parecchi casi non è facile distinguere in qual modo una data viy. sia stata scritta; certo nei

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XXXIV INTRODUZIONE. VIRGA, PUNCTUM

mss. più antichi, specialmente se tedeschi, ci troviamo conservata più

spesso che in altri la forma originale. Le forme 1-4 hanno la forma d'accento acuto ed appartengono

quasi esclusivamente a codici scritti prima del secolo duodecimo ; 5-7 sono

più verticali; lo strano ingrossamento alla metà di 6 è frequentissimo

nei mss. iiiglesi (cf. Tav. 424, ma un procedimento simile si scorge pure

in 9 (cf. Tav. I 96). La forma quasi orizzontale, I I , la virga jacens del

Wagner, è stata discussa a p. XXI ; s'incontra in quattro N': 37, 161, 193, 197, in due dei quali vien paragonata col pzcn. A 2 e C 8. ' Le forme pendenti 8, IO, 1 2 mostrano la tendenza a premer la penna sul

principio del tratto; r z è una forma comune tedesca; 13 è realmente,

come si può accertare dando uii'occhiata al ms., solo una varietà grafica

della v+. tisuale dello scriba.

Le classi A, B, C hanno un qualche episema; questa parola, giova

ripeterlo, noi la prendiamo qui nel senso generico di segno aggiunto

(cf. p. xxv) e non in quello p. e. degli ejisemata del ms. bilingue di Mont-

pellier, o in quello di aggiunte con significazione musicale precisa, come

quelle che soiio cosi frequenti nei mss. sangallesi. Iti questo largo senso

della parola, gli episemi sono spesso l'effetto involontario dell'azione della

penna nella rapidità dello scrivere, del modo di tenerla nell'incominciare

a scrivere o dell'alzarla dopo avere scritto un neuma ; cf. No 37a, p. I 3 I .

Noi non conosciamo abbastanza bene i materiali usati per la scrittura nei

secoli I I " - I ~ ~ , nè le varie specie di penne, nè la maniera di tagliarle

e temperarle. Alcuni mss. mostrano una differenza molto spiccata tra le

vir. con episenii e senza episemi, rappresentando cosi note ordinarie e

note allungate, cf. Tav. 69; questo si verifica pure nei rieunii composti dei

quali la vir. fa parte, p. e. nella vir. spezzata, che costituisce il primo

membro del clim. G 2, comparata alla vir. ordinaria. In altri mss. il segno

iniziale è puramente grafico, dipendente dal vario modo di tener la penna

e non ha senso musicale di sorta. Quando però fu introdotta la nota-

zione sul rigo, si rese necessario un episema iniziale per notare il punto

esatto sulla linea o nello spazio che la vir. doveva occupare; e quindi il

tratto verticale, l'accento reale, diventò un elemento inutile a confronto

del suo ep'scma, che ora costituisce la sola caratteristica importante e

necessaria del neuma.

Nella vi?. gli episemi stanno ora a destra, ora a sinistra, ora da ambedue le parti della testa del neuma; stranezze come quelle descritte

nei N' %+O, a46 sono semplici sbagli dello scriba frettoloso.

Gli episemi della classe A, a destra della verticale, variano da una semplice piegatura, A i -3, da un semplice punto, A 4-6, ad un tratto obliquo

spiccato, A 7-9; A 3 è limitato quasi intieramente ai manoscritti tedeschi.

La classe B presenta qualcosa di più che un episema involontario;

la linea orizzontale al sommo della verticale, è in tutti i casi un tratto

distinto e separato, prodotto, sembra, dall'alzare la penna nel passare a

scrivere la linea verticale. Salvo che lo scopo non sia stato quello di incli-

care un'accentuazioiie o forza speciale di suono, questa lineetta orizzon-

tale deve aver avuto per fine di notare diastematicamente la posizione

della vir. nella scala, cf. B I nella Tav. I I L sull'ultima sillaba di cc con-

fessor > ; B I a mostra l'ejis. dello scriba invariabile per tutti i neumi ;

l3 3, 4 dalle Tavv. 78a, 6, B 5 , 9 dalla stessa Tav. I I 8a (ma di inano dif-

ferente), e B 8 indicano chiaramente l'altezza esatta del neuma ; B 6, 7,

ambedue dalla stessa Tav. 9a, sono in sostanza identici. B I O è una

forma a spranga gotica comunissima che poi diventò universale nei mss.

e nei libri stampati tedeschi.

La classe C ha I'efis. a sinistra, derivato sia dall'aprirsi della penna

a principio di un tratto discendente, ovvero da un ingrossamento inteii-

zionale. ~ e l l é 26 forme di questa classe, I'epis. di 1-10 è un tratto dia-

gotiale sottile, quello di r I - r 3, I 6-26 è orizzontale; I 4, I 5, 2 I presen-

tano curve distinte. La finezza di I , 6 si spiega dal loro trovarsi, per lo

pih, in mss. francesi;. 6, 8, 9 sono la forma ordinaria italiana; I 8, 19 sono

limitate a mss. tedeschi; 24-26 fanno vedere quanto facilmente siffatto

e@. a sinistra si sviluppi nella classe Q della notazione quadrata. ' La classe D ha sette forme trovate solo in manoscritti con nota-

zione beneventana, ovvero con notazione di passaggio tra la beneventana

e I' italiana, cf. No 337, p. 1 1 7 ; esse con tutte varietà della forma spe-

ciale locale con sbarra in croce più o meno sviluppata.

Le difficoltà relative alle forme che sembrano comuni alla vir. e al

puw. le tratteremo a proposito del punctum.

La notazione quadrata (Q) offre undici forme che si differenziano di

poco, segnatamente nella posizione e lunghezza della coda; Q 7 e I I pre-

sentano la coda da ambe le parti della nota quadra (cf. N' 636, 637); la

Tav. 1 2 0 dimostra che queste varie forme provengono da ciò che I'anta-

nuense scrisse prima le due lineette verticali e poi riempi lo spazio

interposto; Q 3, 5 sono quasi del tutto forme inglesi; per due m>. curiose

vedi Ni878, 880.

11 pu~tctllm può facilmente dividersi secondo che pii conserva della

forma originale dell'accento grave, forme 1-3, o secondo che va dimi-

nuendo in una forma piccolissima, 4, o secondo che, finalmente, diventa

un semplice punto, 5. La classe romboide B va soggetta alla stessa dire-

zione, ma il trarre brevemente la penna in giù produsse note in forma di

losanga. Le forilie orizzontali sono classificate come A ; le verticali o dia-

gonali oblique in su da sinistra a destra sono C; D ed E somigliano ad

1111 segmento di circolo aperto o di sotto o di sopra; F fornisce com-

binazioni di D e E in varie maniere.

Bisogna però tener sempre a mente due cose:

I. La forma del jun., come quella della vi?-. e di parecchi neumi,

dipende alle volte dalla relativa posizione del neuma precedente ; ciò accade

sempre nei mss. italiani, ma si verifica anche in quelli francesi, cf. No 235, p. 82; quindi pub darsi benissimo il caso di trovare tre forme cosi diffe-

renti come 3, A 3 e C 7 in un KS. (cf. la descrizione della Tav. 47, No a45'

p. 86), o come 5, A 2 e E 6 in una linea di neurni nel No 196, p. 67, o 5 , A 3, E 3 nella Tav. 32a; tutti, come pare, con I'istessa significato.

11. In alcune iiotazioni il prn. piglia forme diverse secondo che è destinato a rappresentare un suono lungo o breve, cf. pp. xxv, x x v ~ ; cosi, stando ad alcuni autori, tutti i p=. della classe A dovrebbero dirsi

lunghi.

Questi due avvertimenti sono ripetuti qui ancora una volta, e devono,

per la giusta comprensione, esser tenuti in conto tanto nella seguente

spiegazione del pzm. come, in sostanza, di tutti i neumi. Ma poiche lo

scopo di quest'opera si è di descrivere la loro forma piuttosto che

indagarne il significato, i iteiimi si studiano sottò l'aspetto grafico anzichè

dal lato musicale, ed a questo richiamiamo l'attenzione soltanto allora quando non vi è dqbbio che una data forma denota lunghezza o forza.

Delle forme ad accento grave, I , 2 , 3 si usano spesso per signifi- care un suono notevolmente basso, cf. Tav. 396, No a18, p. 74; q e 5 deri-

vano unicamente da rapidità di scrittura, 5 è probabilmente la forma più adoperata di questa specie di neumi.

i Deve aggiungersi che anche il Riemann, Studien, ecc., pp. 115, 126, usa i'espres- sione di virga jacens.

Q nella tavola sinottica dei neumi è riservato sempre come lettera distintiva della notazione quadrata.

"a tavola delle forme del punctum neli'opera di D. Pothier non contiene forme ad accento grave.

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Le varietà di B provengono dalla differente dimensione della penna

e della scrittura e non intendiamo dire che qui si tratti di fornie real-

mente diverse; B 6 è una forma rozza tedesca posteriore, e B 9 una

forma sottile francese. L'idea che un @n. rotiiboide sia necessariamente

breve e un puri. quadrato necessariamente lungo, non si fonda su nessun

ms. antico, eccetto quelli a notazione misurata; i l iiostro catalogo pre-

senta soltanto un ms. del sec. XV, No 750, che mette tra i due pun. sif-

fatta distinzione.

A 1-3 sono lo stesso iieunia ma di varia larghezza, sebbene quello

scelto per rappresentare A 3 non sia, disgraziatamente, del tutto oriz-

zontale. A 4-9 hanno una specie di tratto alla fine; alcuni di questi indi-

cano al certo un )un. luiigo, p. e. A 4 si trova in fine di ogni frase c

claiisula nella Tav. 5 3a, No a66, p. 94, e A 6 6 il jzm. ordinario proliiii-

gato dinanzi a quil. nella Tav. 67a, No 338, p. 1 1 7 ; ii 5, 7-9 sono parti-

colarith dello scriba.

1.a classe C è ben poco numerosa e, a quel che sembra, anormale;

C 4-7 potrebbero esser presi per vi?,. e, nel fatto, alcune di queste figure,

come pure la classe A , formano la tanto discussa virgn jacens o pun-

ctum planum. Si noti che C 2-5 sono quasi intieramente limitate a mss.

italiani, e la loro forma dipende dalla posizione; C 6 è una varietà del

@n. ordinario, 5; C 9, I O soil iieuini aquitani.

D I , 2 sono variazioni grafiche della linea orizzontale e s' incontrano

principalmente in mss. italiani; la classe E è segnataniente tedesca e

metense (E 7 si poteva egualmente bene mettere nel gruppo B) e i suoi

undici neumi differiscono ben poco tra loro.

F è un gruppo bizzarro «arcuato e ondiilato, ; F 1-10 rappresen-

tano due sorte di pun. del tutto differenti: ( I) il pun. italiano allorchè

segue una nota ad un livello più basso; ciò si verifica specialmente di

F I , 3, 4, 5, cf. F I nella Tav. 656, F 3 nella Tav. 83 ; e (2) la forma

comune nietetise per un )un. liiiigo; e ciò s'avvera particolarmente per

F 2, 6, 7. 8, cf. F. 6 nella Tav. I 18a e F 7 nella Tav. 596. F I 1-13 sono

puramente beneventani.

G invece di portare il titolo di t metense » dovrebbe pih propria-

mente dirsi t comasco », giacchè le tre figiire 5ono particolari a quest;i

classe della notazione di Metz. Le forme strane sotto H devono consi-

derarsi come derivate da A 4-9 perchè presentano un't.pis. alla fine del

pzm. orizzontale; sono tutte fornie posteriori, usate quando la vi?.. e il

@n. si confondevano oramai tra loro e quando una forma sola serviva

per ambedue ; cf. 'Tavv. I 2 I , I 2 7 e No 515, p. I 55 ; (si noti come H 4 natii-

ralmente apre la via ai neumi caudati Q 4-9); quindi le forme Q 4, 5,

6 , 9 del pun. sono identiche alle vir. Q 3, 9, ;, I I .

I,e rare forme usate come paepzdn. e subpun. nei neunii composti

saranno descritte sotto cdim. scan., ecc. ; ma si deve por mente all'uso

visigotico di mettere un neunia sull'altro, cf. Tav. 25 e ad un siiiiile uso

inglese, di cui è detto a p. 77, C. 2.

Tutte le forme del f e s e dei neumi seguenti, con dapprima divise in

due classi con lettere capitali o minuscole, a seconda che esse hanno o

non hanno epis.; la scelta di lettere particolari nel pes dipende dalla forma

speciale dell'angolo tra il primo e il secondo elemento: A, a si usa quando

il primo membro piglia la direzione di iin accento grave, B, b qiiaiid'è una linea orizzontale, C, C, se esso forma col secondo un angolo niag-

giore di 45 gradi, D, d, se è ricurvo, E, e, se scritto in due tratti, F, f,

se arrotondato. Le forme speciali alla notazione italiana e visigotica sono

rispettivamente G, g ed H; quelle in cui gli accenti componenti sono stac-

cati e non legati si trovano sotto I. Le forme a ne,,umi-punti si dividono

in « staccate v , P, o t legate » , p.; la notazione quadrata è sempre Q. In questo, come in altri neumi, si resta dapprima colpiti dal niimero

delle forme prese da uno stesso neuma nello stesso ms. e sotto la penna

del medesimo scriba, p. e. nella Tav. 35a, No 200, p. 68, forme tre, cioè

A 2 , e 3, T; I 6 ; nella Tav. 654 N0 313, P. 1 I 3, dove abbiamo SOIO due

linee di neurni, il pes sPincolltra cinque volte, ma in quattro forme diverse ;

notazione visigotica non ha meno di 6 o 7 forme. Ma qui, come

nel caso degli altri neumi, non dobbiamo maravigliarci se le forme

diverse intendano rappresentare una quaIcIie differenza di significato. 11

111- Wagner, Ed. 11, pp. 40, i 18, arriva perfino ad affermare che nelle

forme arrotondate, che egli reputa le piii antiche, e nella classe I, la

pritlia nota è sempre pii1 breve della seconda, mentre in quelle angolari

ambedue i membri sono lunghi; a p. 106 egli irisiniia che la forma

angolare possa originariamente avere indicato iin intervallo di seconda e

quella rotonda un qualche intervallo piii grande. Io penso tuttavia che

sarebbe impresa disperata volere trovare in tutte le 244 forme della

Tav. I1 questi distinti significati. Potrebb'essere che col tempo si riesca

a provare che siffatte distinzioni esistessero in certe notazioni, ed allora

si potranno metter fuori tavole ben diverse da quelle di quest'opera,

tavole fondate su ragioni ritmiche ; ma pnleogrrrficamente la forma atigo-

lare precede quell'arrotoiidata e su tal fondamento soltanto le tavole pre-

senti sono state composte.

Il principio fondamentale della divisione delle classi A, B, C è, natu-

ralmente, fittizio poichè la forma dei neumi deriva dalle abitudini dei vari

amanuensi. Le forme con acccnto-grave iniziale, A, sembrano le più antiche,

dacchè gli esempi di notazione tedesca rimontano al sec. x e XI ; gli epise-

mnta della classe a sono o alla destra della sominità del secondo membro

in a 4-8 (a 4 è dovuto alla negligenza dello scriba; a 5-8 sono, in sostanza,

la stessa forma), ovvero alla sinistra; a 1-3 sono anzi più antichi di data

degli altri ; con a g comincia l'uso di un episema superiore più spiccato

per accomodare la nota sulla linea o nello spazio del rigo; a J I , I 2 appar-

tengono al sistema dei c unti legati francesi ; a I 3, I 4 sono unici ; a I 5- I 7

sono (< Hufnagelii W gotici posteriori.

Della classe B ; B g è caratteristico della notazione inglese; B IO, i 2

sono scritti con negligenza ; l'epis. di b 1-9 è a sinistra, b 2 col suo

curioso ejis. iniziale è inglese, 4-9 indicano il posto esatto della nota supe-

riore ; i n I o- I 4 l'epis. è a destra e la maggior parte degli esempi con

presi dai mss. tedeschi o iiietensi.

C 1-4 so" tutti unici; C 1-8 differiscono da b 3-9 solamente perchè

il pi-inio tnenibro 6 obbliqiio in su ; C 6-8 son varianti grafiche della forma

stessa e proveiigono dallo stesso ins. italiano.

D e d soli forme elaborate di C e C, nia con una specie di sinuo-

sitA ocl ornamento nel primo membro, cosa facile e naturale a verificarsi

nell' incominciare a scrivere. D 7 i: più strettamente francese od inglese;

1) I 4- 1 6 sono sviluppi posteriori ; cl I -1 3, 1 6 hanno lle)zS. a destra, d I 4,

1 5, I 7-28 a sinistra e si trovano quasi esclusivamet~te in mss. tedeschi

e tneteiisi. Si osservi quanto poco ci voleva perchè le forme d IO, 1 2 si

cambiassero nella notazione quadrata; i neunii molto simili d 14-18 sono

puramente inetensi e rappresentano un pes il cui primo membro è lungo

(cf. N" 27a, p. 100; Knss. G r e ~ . V. 233 ; Nombre Musical, p. 170); d 19-28

sono tedeschi o metensi, gli ultimi diie, Hufnageh.

La classe E ed e, quasi affatto ristretta a niss. tedeschi, comprende

qualunque pes il cui primo membro è scritto in due tratti, ovvero è in

qualche modo spezzato; E 2-4 sono quasi identici; E 5-7, e 2 , 3 sono il

pes volzb6ili.r cosi frequente nei niss. sangallesi ; il primo nietiibro è, come

pare, un oriscus, ovvero un pun. ed uii oriscus; in parecchi casi rappre-

senta un suono lungo. F ed f hanno il primo membro più o meno arrotolidato; secondo

certi teorici moderni è breve; ad eccezione di F 5, 7, 9, 13, i 4 questa

classe C quasi del tutto tedesra; f è tale del tutto. L'e+. in f 1-5 si trova

alla fine del secondo membro, in f 7-1 I al principio del primo; f 6 è iin

bell'esempio del come siffatti neumi furono scritti in due tratti.

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XXXVI INTRODUZIONE. PES FLEXUS, FLEXA

G e g sono affatto italiani (l'incontro di G 7 e g 16 in Inss. metensi

i: un'anomalia) ; il carattere distintivo consiste in ciò che il prinio membro

sembra avere due tratti, diie divisioni o parti, prima di raggiungere la

linea verticale ; ciò si vede benissimo in G 5, g 5, 7. I I ; g I 5 è, per inala

sorte, stampato capovolto. Le forme visigotiche di H non richiedono, qui

speciale rilievo.

In I c'imbattiamo nel pes composto di due accenti staccati, o puri.

seguito da vi?.., o due pun., o due vir. (9, I O so110 or. e vir.), in teoria una

nota breve seguita da lunga. 1-3 sono nonantolesi, 4-6 tedeschi, 7-9 gene-

ralmente italiani (per la qiiestioiie di una fornia un po' simile, vedi p. 96,

col. 2), I O e I I inglesi, 1 2 aquitano, 13-16 tedeschi o metensi. I 14

dovrebbe cancellarsi perchè in realtà si compone di due neumi separati.

Di 11, neumi-pnh'; 2, 5, 10-1 5 sono aquitani, 8 e 9 puramente

metensi. Bisogna tuttavia concedere che se la nota superiore di parecchie

di queste forme si riguarda, come a p. xxrx, quale vir., questi pes dovreb-

bero mettersi nella classe I, v&. praepun.; ma vedi la descrizione del

N0a76, p. 102. Le forme di p soli punti-legati, sebbene riesca difficile

far grande distinzione tra alcune di queste forme e alcune di quelle della

classe d ; 4, 6- I I son forme italiane, 5 è puramente metense.

Q mostra chiaro lo sviluppo graduale della notazione quadrata; I - I 5,

22, 25, 26 hanno i due membri esattamente l'uno sopra l'altro uniti da

una sottilissima lineetta; I 6-2 I , 23, 24, 27 hanno il secondo membro a

destra del primo, e la linea verticale in I 6-2 I forma una coda alla fine del

secondo. I primi derivar0110 da neiin~i che avevano epis. a sinistra, gli altri

da quelli che I'aveano a destra.

La norma di divisione del pes, necessariamente arbitraria, vale a dire

presa dalla forma del primo membro, serve benissimo per il pes f i ; le

classi A-D, G, H, P, Q essendo identiche, F ed I del pes sono E e K del p e s p ; ci voglion solo due classi nuove: ( i ) per gli esempi in cui i l secondo membro piega indietro, e ( 2 ) per la fornia orizzontale (-lell'ultin~o

membro. Per la descrizione di due forme non fotografate, vedi Ni98,106,

PP. 26, 29. Le forme del pes j. non variano come quelle del pes, sebbene

quattro forme diverse si trovino usate nella Tav. 23 a, cioh, A IO, F 5,

I 4, K 5, ma ciò può dipendere dal fatto che la classe A, a rappresenta

probabilmente tre note la prima delle quali è lunga, la clàsse F, f, dove

essa i: breve, e la classe I un p e s j . di cui la 2a e 3a nota sono all'uni-

sono ; quantunque il D' Wagner (o. c., Ed. 11, p. r r 9) creda che in I tutt'e

tre ie note siano iurighe.

Di A ; 8, 9, I I e di a ; 5 , 7-9, I o- I 2 si trovano esempi isolati in mss.

differenti; A 7, IO, I I sono del tutto italiani ed a I , 8, I 1-13 metensi o

tedeschi, gli ultimi tre sono neumi grossi posteriori; l'epis. è a pie' del

membro finale di 1-6, I I , 13, a principio del primo membro in a 7-10.

B 2, 6, b I , 5, 8 mostrano segni chiari per far ritenere che furono scritti

con due tratti di penna, uso che spicca assai meglio in B 9 ; cf. D 9 da

un ms. simile; b 3-5 son specialmente francesi e d'età alquanto più antica;

per la descrizione dello strano b 4, vedi p. 74, col. 2; b I I - I 5 sono in

sostanza punti-legati e rappresentano il periodo di transizione alle forme

della notazione quadrata.

La piccolissima incurvatura iniziale del primo membro, nei primi

numeri di D e d, differisce molt<; poco da alcune forme di B e b, ma lo

sviluppo di questa curva e l'innalzamento del punto di contatto col secondo

membro in D 8, 9, d 9, I 1-13 è uii'innovazione caratteristica della nota-

zione tedesca. t a solita finezza francese si vegga in D 6, d 3, 5, 7. Lo spazio vuoto nella Tavola tra E 9 e I O e fra e 7 ed 8 deve

richiamar l'attenzione al fatto che il secondo e terzo membro in E 1-9,

e 1-7 sono della stessa lunghezza, quantunque in E I O sgg. ed e 8 sgg.

il terzo sia o più breve o più lungo del secondo. Questa differenza di

forma nella notaz ione d i n s te m a t i c n è causata dalla relativa posizione

delle note. E I o, r I son forme antiche tedesche ; E I 2 rappresenta una

forma antica comune a tutti gli scrz$tor&. I1 sottile e+. iniziale verticale

al principio di 8 è degno di nota; l'epis. finale di e 9-13 è più che un

segno involontario, prodotto dal sollevamento della penna; in parecchi

casi esso significa5che il terzo membro è lungo; la stessa intenzione si

vede in f 12-16.

F ed f haiino il secondo membro ripiegato indietro; le forme sono

spesso simili a quelle di E, e ; ma il secondo membro invece di esser ver-

ticale volge indietro ; in alcuni casi il ripiegamento è tanto che il secondo

membro arriva a toccare il primo, cf. F 2, 7, 9, f 3-6, I I - I 3, I 8, 19 ;

F 17-19 son chiaramente scritti in due tratti.

G e 9 (con e$. finale) sono strettamente italiani e derivano da punti-

legati. H è visigotico; per schiarimenti sulla forma speciale sitnile a 8

che si trova non soltanto in mss. visigotici, ma in mss. di altri paesi, vedi

la descrizione della Tav. I 5 6, N" 123, p. 36, p. 40, col. I e la fine del

No 147. I (pes stratus, cosi detto dalla posizione dell'ultimo membro); le

14 forme son tutte leggere varianti, comuni a tutte 1e.notazioni; il punto

alla fine di I 3 non ha relazione col neuma.

K . Accenti-staccati, ovvero p. prnepun. (oppure, nel caso di 4, 5, 7, 8, I I , Fexa #?-aevirgiS); K I , 4 con visigotici, 7, 8 puramente nonanto-

lesi (vedi la descrizione della Tav. 54 b, N0a6g, p. 97) ; K 9 fu stampato

per svista ; K 10-1 3 son tedeschi.

La maniera aquitana di scrivere il pes J. apparisce in P 1-7, e la

forma a punti metense in P 8.

Le forme quadrate non richiedono speciale commento ; la linea ver-

ticale o coda è in moltissimi casi uno scivolamento della penna, cf. 7-1 I ,

ma quella di I 3 deriva da un'abitudine dello scriba, quelle in I 7 e i 8 suppongono probabilmente una qualche intenzione di allungare le note

cui sono aderenti.

Per classificare la Jexa bisogna partire da un principio differente da

quello seguito nelle due tavole precedenti. (I) Le classi A-D, a-d, pre-

sentano J. che conservano la forma originale del primo membro, la

v i ~ g a ; (11) Le classi E-H, e-h o raccorciano, o cangiano in qualche modo

la forma del primo membro ; qui evidentemente non si tratta di una vir.

verticale. Ognuna ha quattro suddivisioni (A-D, a-d), desunte dalle rela-

tive posizioni del primo e secondo membro (cioè dalla fornia dell'angolo

tra l'uno e l'altro) ; in A, a abbiamo un angolo ben determinato ; in B, b

esso è più acuminato; in C, C è arrotondato; in D, d è rettangolare, od

ha qualche forma non compresa in A, a - C, C. La classe E, e inchiude

forme come qiielle di A e B, ma che haiino il primo membro accorciato;

F, f ha forme simili arrotondate; in G, g il primo membro è ricurvo; in

H, h esso è rettangolare.

A proposito della j., non è affatto certo che la sua forma denoti

coniecchessia la lunghezza dell'uno e dell'altro membro ; cf. Neummkunde,

Ed. 11, p. 395, n. 2, sebbene la descrizione della Tav. I 14 c (p. 167 di

quest'opera, col. 2) mostri che q u a lc he v o l t a tale intenzione ci può

essere stata, e si ammetta che i notatori metensi usavano forme a punti,

contraddistinte da quelle acl accenti, quando volevano rappresentare un

suono lungo. Si deve ricordare ancora che nella notazione beneveritana la forma del primo membro dipendeva dalla posizione della nota che

lo precedeva.

L'epis. in a, b, ecc., è sempre alla fine del secondo membro, ma bene

spesso non ha significato musicale, essendo un naturale effetto dell'alzare

la penna di sulla carta. Qui non si con fatti tentativi per decidere se in

un dato neuma questi epis. ebbero lo scopo di allungare il valore del

secondo membro, come accadeva mi neumi sangallesi.

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Generalmente parlando si può dire che la fl. subisce meno influssi

locali di altri neumi; t ~ s i nessuna delle forme che compaiorlo nelle classi

B, C, D, F 6 limitata ad un ms. solo. Lo sviluppo della fl. i: molto bene

espresso dalla P. M. I, p. 131 : u La vertu significative qLli dalle le sys- tème des accents etait repalidue dans le trait tout entier, se retire peu

A peu vers les extréiiiites des lignes et se conceiltre dans les points » .

I neumi che sembrano richiedere speciali dichiarazioni sono: A, forma

origiiiale tipica d'accento acuto seguito da grave. La lunghezza del secondo

membro, p. e. di A 4, in tutte le notazioni d i a s t e m a t i C h e , indica la relativa posizione di questi due suoni della$. ; ciò non può tuttavia riscon-

trarsi in neumi come A 1-4; A 6 è una figura speciale nonantolese

(cf. 'Tav. 54 6, No 269, p. 97) e tioli potrebbe propriamente entrare nella

classe A ; e lo stesso si dica di a 5 e 6 ; ma poichè non sono fornie a

punti, esse iioii potrebbero comodamente mettersi sotto T'. Le forme

b 1-3, I 3 sono sottili francesi (b 2 , 3 sono antiche) ; b 4 Iia evidentemente

un tratto significativo alla sommità come l'ha pure d 6 ; b 7-9, hencliè

neumi-accenti piiri, mostrano la teiideiiza all'ingrossamento delle due

estremità, come pure a rappresentare la posizione, loro propria, qiialora

fossero posti sul rigo; lo stesso può vedersi in C 4, 6, 9, d I , 2 ed f 2.

Le fri. rotondate C 1-4 sono forme tipiche tedesche. La classe D e le

figure d 5-1 I con quasi del tutto tedesche. Lo slargaiiieiito orizzontale di

un neuma sembra una caratteristica della notazione tedesca in opposizioiie

alla finezza e strettezza di quella francese; uno o due neumi di questa

classe mostrano altresi I'abitiidine tedesca di scrivere un neuma in due

tratti, per es. (pigliando soltanto i casi piii chiari) D 3, 4, 7, d 5, 9, I O ;

cf. anche E 5-7 ; con D 9 si puO iiiettere a coiifroiito la 3. descritta nel

No 211, p. 7 2 ; D I I , d I I ci dàniio i tipici u Nujzage/~z » del xiv e xv sec.

I1 tratto iniziale obliquo in E I , e I -4, F 1 ~3 nell:i notazione italiana

è il risultato naturale dell'alzame~~to della penna dopo una nota pii1 bassa;

E 5-7 hanno il primo membro irregolarmente grosso; E 5, 6 ed e 5 son

proprie della cosiddetta notazione « mista ».

Quando arriviamo alla classe G, desunta da pochissiiiii mss. francesi

o inglesi, allora C' incontriamo nella forma niiova, Jexn cornuta, il cui

primo membro è piìi O nieno riciirvo o ondulato; noi iion siamo certi

se, qua e là, siffatta ondiilazioiie sia o no realmente una figura composta,

due neumi inviliippati in uno, il secondo dei quali probabilmente un ori-

scus; g 6-1 3 soiio gli esempi migliori di tali neumi. La questione è stata

trattata nella descrizione del No 208, p. 7 I e del No 431, p. I 43 e di alciini

mss. rnetensi; naturalmente quando si è visto con certezza che t r e ele-

menti entravano nella composizione della $., tali figlire I'abbianio escliise

dalla Tav.; G 5 , 8, 9 con fornie italiane che vengono dopo una nota allo stesso livello; G 4 è quasi identica ad E 5, 6 ; il resto di G tedesco.

H e h 1-6, con primo nienibro rettangolare, sono le forrile italiane

comunissime della P. quando comincia con lo stesso grado della nota pre-

cedente. [La figura h 7 avrebbe potuto mettersi nella classe g, ed li 8

per caso è entrata nella classe h, dove è stata fissata al rovescio, ma

appartiene piii propriamente alla classe h ; h 9 è parimeilte impressa a rovescio]. I Tanto g che h hanno l'epis. (intenzionale O casilale) a destra

della fine del secondo membro ; siffatte figure si trasformarono facilmente

in quelle della notazione quadrata.

Della classe de' P%nti-staccati, P 1-5 si trovano in mss. meteilsi, per$., il cui primo suono è allungato, cf. p. 100, C. I , P 6-1 4 in mss. aqllitalli ;

la notazione metense e aquitana mettevano esattamente l'un sopra l'altro

due dei loro prn. ordinarii ; notevole è il pun. superiore a rombo il1 1 1-14

I punli-legati P 15- 1 9 formano una classe piccolissima ed eccezionale ; per

una forma speciale di N n . , vedi No 602, p. I 74. ,

La posizione della coda ill Q: è prefissa al primo membro in 1-10,

1 2 , 14; i: alla fine del secondo in 16, 18; si hanno due code in 11, 13 e 15 (?) ; nessuna in I 7. diverso mostra come la v&. iniziale, con-

servata nelle classi A-D, mantiene ancora il suo posto in gran parte delle

forme quadrate, sebbene sfigurata tiella testa, mentre la sua assenza

in E-H produsse la sua scomparsa in altre forme quadrate (cf. la Tav.

in P. M., I, p. I 28) ; le forme I 6-1 8 probabilmente si riferiscono ad un

qualche valore temporale posteriormente aggiunto alle note. Si vuol notare

che in 3-6 la nota di sopra è più piccola o meno quadrata del]' infe- riore.

L'aggiunta di una resupina al termine di una$ non cambia la forma

del primo membro; quindi l a j . ~.*esup. è il neuma che ha meno' forme

degli altri, e può sempre essere ben ravvisato. La Tav. V è piccola al

paragone, sebbene contenga 60 forme o prese da un solo ms. o piuttosto

estratte da pii1 inss. percht: meritevoli d'esser fotografate.

Gli P&. di a, b ecc. sono posti sulla sommità del terzo membro e

nella maggior parte dei casi volgono in dietro a sinistra; sporgono in

fuori verso destra in a 7, b 8, C I , 7, d 3, e 2-5, in tutte le forme di f, e

in g I , 6, 8, 1 2 ; l'epis. traversa il terzo membro in a 3, 5, C 3-5 ed è messo

senza precisione in a 6, C 6.

Le forriic strane A 7, 8, R 5, C 7 appartengono alla notazione u mista » ;

:i I , 2 , 4, 5, 8, l:, 2 , 3, 7, C 5, 6 sono proprie di mss. italiani; D, d si tro-

vano principalniente in quelli tedeschi.

Alcune correzioni ed aggiunte da farsi alla Tav. V sono: la sommità

della figura a 2 è stata tagliata via; questo iieiima finisce con piccolo

epis. a sinistra; C 6 è stanipato a rovescio; le ultime due forme di d

mancano dei loro numeri, 6, 7 ; F 5 non ha ms. citato nel registro dei

rieuiili, iiia c: stato fotografato dalla Tav. 82 6, No 414 (rigo italiano del

sec. xrr, meta).

F, f coniiticia conJ. cornuta, e qui, come 1)er la fri., sorge la que-

stione sul valore del primo nienibro; vedi la spiegazione di F 3 a p. 120,

col. 2 . G ha gli stessi elementi distintivi che la classe G della$.; ma

q11i il :iòrne rettangolare B si riferisce alla figrira complessiva, nellaj.

T P S ~ ~ . invece, il titolo u orizzontale » riguarda solamente il priiiio membro.

I neunii visigotici H 1-3 non sono, come si vedrà, senza forme affini

in altri niss. ~c~iidentali, giacchE H 4 , 5 si trovano in mss. italiani di

huoii'ora, 1). e. nelie Tavv. 2 I , 23a descritte nei Ni162, p. 48, col. 2 e 167, 13. 5 1. Della classe P, I è metense, gli altri aquitanici ; si notino le forme

differenti del $un. alla sommità.

111 Q la vi?-. iniziale è conservata in 1-3, 5-7, 9, I O ; 4, H non ne

hanno alciiiia; 8 ha caudato l'ultimo membro; I 2 e 13 son forme posteriori

usate quando doniinava la musica niisiirata. Nel registro dei neumi il

Q 8 i: iiiesso in uiia liiiea troppo alta; quindi le forme inglesi sono Q 4-7.

Nello scanrdiczzls la spezzatura e la disposizioiie dei tre membri esi-

$0170 una regola ben cliffere~ite di classificazione. La forma originale del

neuina ha rutti e tre i membri uniti; iin po' più tardi il primo si staccb

e il secondo e il terzo rimasero uniti, oppure il primo e il secondo resta-

rono iiniti, e il terzo si staccò; nella forma più comune tutti e tre sono

staccati ; quiridi le classi A-D, o con epis. a-d. E-G rappresentano il sadicus

e le forme visigotiche e metensi dello scan.

Si potrebbe pensare che, per neumi come lo scan. e il clim., la nota-

zionc musicale più semplice si sarebbe potuta contentare di prendere tre

puri. e uir. e disporli nell'ordine conveniente, ma non dobbiamo dimenti-

care quante forme vi siano di vir. e pun., delle quali alcune sono

Si capirà facilmente quanto era difficile poter evitare sbagli di tal fatta, segnatamente trattandosi di neumi staccati dalle fotografie, i quali si prestavano ad esser letti in due sensi.

K

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XXXVIII INTRODUZIONE.

a p p a r e n t e me n t e brevi o lunghe, inoltre doveasi tener conto anche della

estensione del neuma; quindi la cosa non è cosi semplice come si potrebbe

immaginare. Noi troviamo, p. e. tre forme distinte di scan. a 7, C 4, d 7 in

un solo ms., Tav. 44, N" 230, p. 8 I ; cinque : A 2, B 6, D 3, IO, E I se ne

trovano nel ms. Palat. 489, Tavv. 2 6, 2 C.

Le forme italiane antiche si trovano nella classe A, a, dove tutti

e tre i membri sono uniti; questa classe non si limita tuttavia a mss.

italiani, dacchè g delle sue 30 forme le riscontrianio nella notazione d'altri

paesi, ed infatti A 2, I I , a 17 sono francesi o metensi, ed A 3, a I , 4, 5,

7, 8 francesi, ma di antichi mss. ; quindi può benissimo darsi che questa

classe sia quella primitiva. Si badi bene alle forme A I , 2. In A, a, la

forma del secondo varia secondo che si riguarda o comejun.

al disotto del supremo, o come viy. al disopra del primo; la prima considerazione trova esempi nella coniparsa di una figura simile

al pun. conie secondo membro in A 2, 3, 5, I I , a 1-5, 7, 8, la seconda nella

sua forma di viyga in A I , 4, 7-10, I 2 , a 6, 9-16; questo secondo concetto

prevale nei mss. più recenti.

La classe B, b rappresenta un pespraepunctis, ovvero nel caso di

B 1-3, b 1-5 pes praevii~is, e può essere che questo sia il vero significato di tali forme, ma in uno studio paleografico che noli ha tavola speciale

pei praquncta, abbiamo dovuto per torza metterle fra gli scan., poichè noi

cerchiamo piuttosto di rilevare il modo ond'erano scritte, piuttosto che

il loro significato melodico. La posizione del precedente pun. o vir., cambia: invece di essere più basso è sullo stesso piano del iieuma successivo in

B 3, 4, b I , 2 ; cf. il pes praeb$unctis del N o 96, p. 26.

Le figure i11 R, b - D, d deljuit. vir. epes costituenti si mutano natu-

ralmente a seconda dell'abitudine dell'amaiiuense nello scrivere siffatti

neumi e i loro episenii ; e noi dobbiamo fermar l'attenzione sullo scan.

preso nel suo complesso anzichè nelle sue parti.

B 7 è propriamente un salicus, cf. N" 167, p. 54; B 8, 9 sono inglesi o tedeschi ; b I , 2, francesi, b 4-9, italiani (cronologicamente 4 e 5 verreb-

ber0 dopo g) ; 10-1 5 son forme tedesche e metensi, e l'ultima appartiene

alla classe dei a chiodi da ferrare P.

C, C ; pes seguito da vir. ; particolarmente francesi sono C 4, C I -4, 7, I O ; specialmente italiani C 6, 8, 9, IO, 12, 1 3 ; 14 e 15 sono senza dubbio gotici (tedeschi o metensi) ; C i o potrebbe passar quasi come forma

di notazione quadrata.

La classe D, d , a membri tutti staccati, potrebbe intitolarsi vtvga

praebz$unctis; il membro piii basso in d 1 2 è una v&., ma il neuma è una specialità della notazione nonantolese; D i è stampato per errore

dacchè le prime due note formano una distyopha e non hanno relazione

colla terza. In questa classe noi dobbiamo affrontare la questione del @n. componente, del quale si hanno almeno quattro forme distinte: punto,

losanga, linea orizzontale, e ondulata; ed anche le relative posizioni del

f in. differiscono; la linea lunga precede il punto in D g, d 7, e proprio

il rovescio accade in D 1 2 , d 9, 14. Dobbiamo noi dire col Dr Wagner

che ogni linea orizzontale è una virga iacens e denota un suono lungo?

La questione è ancora sub if4dice e ve la lascio. Dico solo che non è

prudente dommatizzare da una notazione (quella di S. Gallo) ad un'altra,

e mentre io accetto ben volentieri l'insegnamento solesmense intorno al

valore relativo del pun. della scuola di S. Gallo ecc., penso che non

siamo ancora autorizzati ad estenderlo alle notazioni francese, inglese ed

italiana. Io presento semplicemente delle forme quali si trovano nei mano-

scritti Vaticani.

Forme puramente francesi sono D 5, 6, 8, 9, d 7, 8, 11, 18; tedesche

D 2, 13, d 6, 9, 14, 19-30; italiane d 13, 15-17; D 14 15 della notazione u mista B, d io, metetise, d i 2, nonantolese. Per la descrizione di d 23,

vedi No 104, p. 27. Si deve por mente che in alcune forme i #un. son posti di fronte invece che sotto la vir. e che alcune, segnatamente le

SCANDICUS, CLIMACUS

( inglesi, son più verticali di altre. L'ultimo grado di sviluppo de' neumi gotici si vede nelle ultime figure di b, C, d.

Sulla interpretazione della classe E, salicus, vedi p. XXIII, col. i . La

forma comune con oriscus per secondo membro compare in E 1-9, I I ;

e I 2 con forme singolari ; I 3-1 5 son composte con vir. ben situata; 16 e I 7 con chiamati salicus in due tavole di neumi; 18 e 19 son pura-

mente metensi. Quanto agli e@. in a-d ed in E, essi, di regola, si ripiegano a sinistra;

in a 6, 17, b 7, 11-14. (forme metensi), C 39 d 10, 11, 21, 23, 249 volgono a

destra ; in b 1, 2, C 2 , 4-9, ve l ip& due. Le forme visigotiche e meteiisi sono spiegate abbastanza nella descri-

zione delle tavole di quelle notazioni. La classe P, ad eccezione del dub-

bioso 3 inglese e dell'italiano 5, si restringe a mss. metensi ed aquitani, ed è un'estensione a tre membri della classe P delpes.

La notazione quadrata fornisce 28 figure [20 i: stampata a rovescio;

una forma inglese speciale verticale si trova descritta anche nel N" 530, p. 1601. Q 6, 7, 8, 27, 28 sono maniere individuali dello scriba; I , 2, 7, 14, 17-19, giiidicando dai tratti di uniolie, sono sviluppi della classe B, e I I - I 3, 2 I , 2 3 della classe C, il resto della classe D ; ma queste linee non variano soltanto secondo l'estensione dello scan., bensi alle volte, sono

scritte senza alcuiia ragione. La coda sta alla fine del terzo membro in

I 1-15, 2 1-24 ; è affissa al primo in 20; mancano le linee in 3-5, 8-10, 16,

I 7, 19. La Tavola dello sviluppo di questo neuma in P. M., I, p. 128

da un'idea del come le varie forme son derivate.

Il cdimacus è classificato con le stesse norme dello scan., ma di A,

B, C vi è un numero minore di esempi, e queste forme con difficoltA

si prestano agli episemi. Dove tutti i membri sono staccati abbiamo diviso

i neumi come segue: D son quelli in cui il primo elemento è una sem-

plice vir. ; E ha epis. a sinistra, G a destra ed F ne ha uno serpeggiante

a sinistra, qualcosa di affatto differente dalla linea diagonale che è comune

a D, E, G ; H comprende forme il cui primo elemento è orizzontale o

ondulato.

Teoreticamente la classe A è la più antica, ma è cosa molto sin-

golare che i suoi neiinii manchino quasi del tutto nei mss. tedeschi; il

Dr Wagner, Ed. 11, p. r 50, li chiamerebbe puilisma descendens, varietà

del clim., giust'appunto come il sal. lo C dello scan. Questa classe nondi- meno fornisce la maggior parte dei clim. dei mss. visigotici (cf. A 7, 12);

tale forma si ritrova nei pii1 antichi mss. francesi, inglesi ed italiani. Per

la descrizione delle forme speciali che si mostrano nella Tav. 46, vedi

p. I i , col. 2, sez. penult.

B somministra esempi di/. susu6pun. (6-7 son forme comuiii italiane)

e C di m+. subbipun.; le sue tre figure provengono da tre diversi mss.; per la cescriziotie di C 2, vedi No 156, p. 46.

D e le classi seguenti sollevano la questione dei vari subpcncta e

del loro significato; ma qui dobbiamo fare le stesse riserve che abbiam

fatto a proposito deipiaepun. dello scan. C'è nondimeno una forma spe-

ciale che richiede spiegazioiie; quando il secondo membro è un pun. e

l'ultimo è accento grave, questo spessissimo indica una nota molto bassa, p. e. un salto maggiore di una terza. Per gli esempi si veda D 14,

E io. Mss. italiani per questo terzo membro hanno un tratto

cfr. E 2 I , 2 2, F 6, G IO, I I , I 5-1 7, 24, H 5, 1 1, 14, 17, 2 i ; in certe acca- sioni esso piglia la forma di virgola, p. e. E 8, 1 2 , G 7, 9, I 2, 21, 25, 26,

H 4 , 5, r I , 14, 17. Non intendiamo però di sostenere che tale significato

melodico sia inchiuso in tutti questi casi, perchè può ben essere che alle volte non si tratti d'altro che di una spontanea maniera di scrivere l'ultimo punto di una serie discendente. Non v'& dubbio che nella nota-

zione di S. Gallo un subf~n. orizzontale è più lungo di uno ordiliario; gli esempi che ne d i la nostra collezione son pochi, nondimeno si vegga

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INTRODUZIONE. DISTR~

D 5, E I I , I 3, G 3, 5, 8, I 4 ; inoltre figure come E I I (da ms. francese)

fanno vedere che un'intenzione analoga era nella mente di notatori di

altre nazioni. L' uso italiano, quale si vede in E 2 I , 2 2, G I 5- I 7, 2 3-26

e in tutte le figure di H, non lascia dubbio che non ci fosse un signifi-

cato differente tra i subpun. i quali avevano la forma di punto, e quelli l

rappresentati con linea verticale, come pure differenti erano gli stessi

I ~11bpun. delle forme più rare H 7, 9 ; tali figure non possono essere state

scritte a caso.

Le figure pib antiche sono quelle pib verticali, vedi D I , F I , 6,

G I , 2 ; quindi le visigotiche A I 2, D I 5 e le inglesi G 7-9. Non è facile

dire quale particolare forma di subpun. era la preferita nei diversi paesi,

ma, investigando D, potrenio rilevare che la scrittura delle forme francesi,

D I 2-1 4, era molto piccola, che quella tedesca in 7, 8, r o, I I adopera

un pm. romboide, e 1' italiana in 4, 6, 9 una linea orizzontale. In E 7 la

posizione dei due pun. p u ò denotare che qiiello pii1 alto era all'unisono

col primo membro, cf. No 207, p. 70. La classe F, colla sua forma slan-

ciata e senz'epis., è una varietà di E. In G si possono distinguere le fine

forme francesi 4, 9, le antiche tedesche I , 2 ; le posteriori tedesche con l

vir. e pun. caratteristici, 27, 29-35; le italiane IO, I I , I 3 e le beneventane

I 5-20, 24-26.

La classe H 6 soltanto italiana: 1-9 hanno per primo membro una linea

orizzontale, in 2 0 essa è verticale, in 2 i è un semplice oriscus; in IO- I 9 l

esso è ondulato, forse derivato da oriscus (cf. la figura i i ) ; codesta linea

dal Dr Wagner, ed. 11, p. 268, è chiamata iin doppio puiz.; questa spic-

gazioiie paleografica si pub accettare senza credere che la vir. beneventana

avesse perciò un valore ritmico il doppio del pun.

Ci vorrebbe troppo spazio per render partitamente ragione di tutte

le vir. epun. messe nella classe I aquitanica, o nella classe K metense,

e per esporre le ragioni che ci hanno spinto a includere per comodità

queste forme tra i neumi-accenti piuttosto che tra i neunli-punti L e M di questa tavola. Quanto al primo capo basti accennare all'incontro del $ZJ?Z.

speciale di Como in K 3, 4, 6, al predominio del semplice pulito conie

secondo membro e alla direzione obliqua che prendono le note posteriori

di Metz, 14- 16, in opposizione a quella pii1 antica verticale. Quanto al

secondo capo osserviamo che tutte le forme e tutti gli elementi compo-

nenti di L e M sono pun.: in L, posti in direzione verticale l'un sotto

l'altro, in M, obliqui in giù verso destra. Le forme aquitane in L sono

I , 3, 4, 9 ; le a miste B 6-8.

M è una claSse generale di neumi-punti speciali, soltanto 6-8 sono

realmente legati; I mostra l'accento grave come terzo membro; 2 appar-

tiene a notazione speciale, possibilmente inglese ; 3, 4 provengono da mss.

francesi. Una forma a tre pun. in direzione orizzontale 6 rilevata nel

N" 404, P. '37. Nella classe Q [Q 1 2 è stampato al rovescio] i~icontriamo le stesse

differenze quanto alla posiziÒne della coda, come nello scan. ; esse possono

ridursi ad una delle divisioni dello scnn. senza linee ; I 4, I 5 avrebbero

potuto egualmente bene entrare nella classe E ; queste figure mostrano

la vir. originaria con e&. a destra, la quale si conservò in Q 3, 6, 8, r 6,

17, 19-24; le forme con epis. a sinistra, Q 4, 9-1 I derivano da E ; quelle

che non hanno e+. discendono da K-M. Il N" 263, p. 93, ha una fornia

speciale non fotografata in Q.

La Tav. VIII, contenendo le varie forme degli elementi neuniatici

complementari (Distropha, oriscus, quilisma e trigon) non ci sembra richie-

dere lunghe spiegazioni; noi ci siamo studiati di metterci tutte le forme

dei detti neiimi che abbiam trovato nei mss. Vaticani.

La distropha, tristropha ecc. si dividono cosi : 1-3 3 (8- I 2 so11 proprie

della notazione italiana) conservano la forma dell'apostrophn, fornia d'accento

donde derivano ; I 4-24 hanno l'appareriza di bivirga o trivirgn (la figura 22,

3PHA, QUILISMA, ORISCUS XXXIX

visigotica, il Dr Wagner, Ed. 11, p. 41, la dice J. resup.). Gli elementi

costituenti la classe A sono o vir. e H., ovvero pzm. soltanto (3-5, 8-1 I

con forme puramente italiane). La notazione beneventana è esemplificata

nella classe B ; per causa dell'incertezza di alcune di tali forme, ne abbiamo

riprodotte un buon numero, e la maggior parte di esse si trova in un

solo m . ; B g dovrebbe cancellarsi essendo una distr. liq.

La classificazione dell'oriscus è stata molto difficile; alle volte non

solo iie è incerto il significato, ma le forme stesse lasciano dei dubbii:

(I) le figure 1-8 sono esempi d'or. a sè; se l'or. non è solo ma sta unito

con qualche altro elemento, allora (11) o io segue (se il tieuma precedente

è una vir. si ha l'or. francul~s, A; se è una J. si ha la j. strophica, B), ovvero (111) lo precede, e cosi abbiamo figure come il pes E 4-7, e 2 , 3.

Per contrario l'.or. si trova non legato, ma accostato ad altri neumi, ed

allora (IV), se esso vien dopo, abbiamo la classe C, or. dopo v&. o pun.;

D, dopo fE. ecc.; E, dopo clim. ecc. ; ma (V) se 1'07.. recede, si hanno

figure come pes I, 9, I O ; sal. (scan. E) ovvero F I , 2 della Tav. che

abbiamo dinanzi; (VI) una terza posizione alternativa si ha quando l'or.

sta f r a due altri elementi, classe G, oppure nella forma oriscus-pressus,

classe H. Che l'or. in vari casi si trovi da solo sopra una sillaba del testo, è

cosa di fatto ; agli esempi citati in NeumenRunde, Ed. 11, p. I 39, n. I , se

ne possono aggiungere centinaia in Hartker; il No 237, p. 83, presenta un

or. conie primo neuma di un medisma, il No 249, p. 87, a principio di frasi ;

cf. anche No 384, p. I 34. Possiamo distinguere l'or. rectus, 1-3 e quello

iacens, 4-7 ; 8 l'abbiamo fotografato perchè la figura è detta or. nella Tav. I 6;

si mostra simile alla lettera r nel N" 196a, p. 67.

Della classe R , 2-5, 6-9 vengono da mss. nietensi, sebbene la I forma speciale di 9 sia presa da ms. inglese. Nella classe C, l'o?-. è acco- l

stato a vir. precedente in C 1-4 (una forma alquanto simile occorre nel

N" 114, 11. 33, paragr. ult.) e ad n11 pun. precedente i11 C 6-1 2 ; importa

notare in C 8, 9 l'uso, nel discnntics, fatto dell'or. al livello dei neumi che

lo prececlono. La classe D mostra l'or. accostato a j'. (C I , 5, 7, 9, IO)

O a j e s /t. (C 6 , 8) [per gli esempi delle forme Il 9, G I , 2'7 della nota-

zione nonaritolese, vedi p. 981 ; la classe E, accostato a clim., sebbene qui

l'esatta posizione dell'or. in E 1-3 sia strana.

L'or., come elemento integrale del cosiddetto pes sangallese, pes E 4,

7, e 2 , 3, e del sal., è già stato messo in rilievo nella descrizione di questi

I neumi ; F I , 2 fanno vedere l'or. p r ima , non dopo di un $un.

G dà esempi d'or. situato f r a due altri neumi, nel maggior numero

dei casi, allo scopo di ripetere la nota precedente; cf. N'45,.171, 178, 191.

Si noti che quasi tutti gli esempi di H, « pressus », sono presi da mss.

tedeschi ; H 1-4 son figure che portano il titolo di < pressus * nella Tav. I 6, / I c, ma hanno poco che fare con esso.

Le forme del puilismn, come quelle dell'or., sono state difficili a clas-

sificare; appena due ania~iuensi si trovan d'accordo nel dare al gud la stessa forma. Le classi B e C, notazione aqiiitana e metense, si distin-

guoiio facilmente; il clim. dopo il guil. in g avrebbe dovuto togliersi prima

della stampa. I1 resto io mi sono arrischiato di classificarlo, non appog-

giandomi sull'elen~ento finale, virgn, bensi sulla forma di ciò che io chiamo

dentelhtz~rn, o semicircoli iniziali. In 1-25 la dentellatura è pib o meno

orizzontale, in altre parole, obliqua verso destra; le figure della classe A sono, piii o meno verticali od oblique verso sinistra. La distinzione è, al

certo, artificiale e non è molto soddisfacente ; in pratica non era necessaria

! e può quindi trascurarsi.

i L'ordine non tien conto nè di date, n& di scriptorium; benchè A 2-7

1 siano iiitieramente tedeschi, ed A 25-35 tutt'italiani; A 25-29 formali0 figure

/ a parte ; 2 e I I presentano la forma ordinaria del pes tedesco ; 14 è

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XL ISTR~DUZIONE. VIRGA, PU

completamente descritto nel No 151, p. 43; cf. N0168, p. 50, e No 268, p. 95 ;

in A 7 , 8 i denti sono staccati l'un dall'altro; in A I O si nota una strana

escrescenza, cf. No 104, p. 27. 11 PZL~Z. precedente è o un punto (cf. 3, 14,

23, A I 5, 2 I ) O una linea orizzontale (cf. I 2 , I 3, A 6), o una verticale

(cf. 7 ) ; la linea orizzontale è a l d i s o t t o del qfbil. nel N. 52, p. I S.

Altre forme fuori della Tav., sono descritte nei Pii 55, 197, 528, 559. Per

la descrizioiie delle forme nietensi, vedi Ni 271, 272, p. 99 ecc., e delle aqui-

tane, No 293, p. I IO, No 540, p. 1 6 1. Le forme 73 e C sono ristrette alle

tiotazioiii metense ed aquitana; C 2 è stampata al rovescio.

Le forme di trig. non haiiiio sicura importanza; per altre clie non

si trovano nelle Tavv., vedi Ni 40, p. 14, 58, p. 2 0 , 77, p. 2 2 e 347, p. 1 2 2 ,

paragr. penult.

Certi catiibianienti spiccati nella fornia di un neuina fiirono necessari

per far vedere che esso cadeva sopra una sillaba liqiiescente; bastava

qualsiasi cambiamento se veniva inteso ed accettato il significato; quindi

non ci f ~ i una regola universalniente seguita per ci6 che riguarda coteste

viun- forme. Se vi fii un metodo usato a preferenza di altro, fu quello di ag,'

gere una nota uiicinata « Hakenneunieii » . Prima di accingerci a spiegare le Tavv. IX e X, è bene dare un'oc-

chiata a 4 inss. di provenienza molto diversa, e vetlere quali cambiamenti

i l o r o amanuensi faiiiio in proposito:

(I) Fraiiccse, No 503, p. 1 j 2 , Tav. 94 n ; I'ejis. filiale del neuiila ordi-

iiario 6 oniesso e si hanno cosi delle forme come /l. Lig. 7 , pcs /iy. B I ,

pes S. liq. 9.

( 1 1 ) Inglese, No 227, p. 79, Tav. 42 h ; la :&., i l pes e la P. 7*es?~f. sono

ripiegate e diveiitano zv'r. liq. 7 . pcs liq. I 2 , P. 7*e.v//. /;q. I ; la fl. e il p e s j .

sono accorciati e divengono j'. lig. A 2 , p e s j . /iq. I ; alle volte s'aggiunge

anche iiii oriscz~s; vedi sotto.

(111) Italiano, No 430, p. 143, Tav. SS, i iieiiini soiio piiittosto aiigolosi

che arrotondati; cf. j'. /iq, C 4 ; fes lig. LÌ 2 ; c/iuz. liq. I 2.

(IV) Metelise, No 553. p. I 66, Tav. I I O ; la j'. liq. D 4 P queila ordi-

dinaria ma arrotondata col secondo membro prolungato.

Per le particolarità degli scribi noiiantolesi e segnataniente per la

differenza tra ccphnl. ed cpi;nh., ~ e t l i N. 269. p. 98 ; le foriiie benevelitane

liquescenti di ciasciin neuma saranno spiegate a parte.

Esiste no~idinieno i i i i modo, comune a tuttc. le notazioni, di rappre-

sentare il segno della liquescenza, al quale siiioi-a iion si è fatta speciale

attenzione; esso consiste iiell'aggiuiigere iiria figura simile ad O ~ ~ S C ~ L S O a

virgola. Benchè per lo piii tal figura si trovi i n niss. italiani e bene-

ventani, tuttavia è certo che fu adoperata dappertutto; cf. i l nis. inglese

citato di sopra e qiiello tedesco, Tav. I I 4 C . Tal segnn o prende la

fornia dell'ov. coiiiiiiie, or. I , oppiire P seiiiplificato i11 quella dell'or. P, r , D 4 ecc. Si pub infatti congetturare che esso nieiit'altro sia che la nota

uriciiinta di ciii poco sopra abbiamo fatto parola sul principio di qiiesto

paragrafo. Noiidiiiieiio, inetteiitlo ciò fuor di qiiestioiie, non possiamo iioii

accennare alla frequente ricorrenza di tal segiio in fine [li neunii, nei

N' 476, p. I 48, 567. p. I 67, I'av. I I 4 C (cf. o i ~ . liq. no. fl. liq. I 2); alla fine

d'una $. o pesfl., cf. N' 482, 489, p. I 49. di iiiia a+. o j . ~*eszq. No 419, p. I 40. Si trova al disotto di uii $ ~ L z . , No 468. p. I 47, O dopo i111 #?ci{.,

N" 401, p. 137, per denotare i i n suono liqiiescente. Le figure singolai-i della

Tav. 69 sono descritte nel N" 346, p. I 2 0 ; per quella rara iiiglese della

Tav. 43a, vedi p. So.

Passiamo ora alle forme dei neunii stessi, raiiimentaiido però, conle

si 6 detto a p. xsrrr, che quando vi sia iiicertezza siil significato preciso

SCTUBI, FLEXA, PES LIQUESCENTI

IAe forme di vir. liq. si classificano secondo che portano efis. O cur- i vatura a destra o a sinistra, classe A. In 1-9 la curvatura 6 aperta, in

1 0 - 2 0 è chiusa, qua e la, cf. N' 47, 192, pp. 17, 65, essa volge talmente in dietro che s'incrocia colla linea verticale. Risogna osservare che 1 I , 13,

1 5 , 17, I 9 e 2 0 san figure proprie della notazione tedesca o metense.

classe B ci mette 'I dinanzi forme molto differenti, usate soltanto da

ainanuensi beneveritsni o da amatiuensi che scrivevano sotto l'influsso della l notaziolle del]' Italia meridionale ; B 1-4, che mancano del tratto verticale

della vig*., sono difficili a distinguersi da alcune forme di @n. lig., ma c'è

poco dubbio sul loro significato ; E 5- I 5 fanno vedere come il segno della

liqucscenza andò gradatameiite sviluppandosi; i l suo carattere essenziale I consiste nell'estensione verso il basso dell'epis. a sinistra della vir. e nel

ripiegarsi di esso indietro, e i n qualche caso (D 9-15) nel suo incrociarsi

colla verticale; ma il suo corso non finisce qui, dacchè in R 10-14 viene

fuori uiia terza e finale voltata in giù. La classe C ci da alcune forme

adoperate nella notazione quadrata per vir. l*.

Ilpun. liq. è quasi intieramente italiano, ma i l neuma era noto dovunque,

dacchè la fig. 2 0 è presa da un ms..francese e 27 da uno aquitanico. La

sua forma pii6 considerarsi come semplice stropha (cf. I 7-2 I ) oppure come

virgola al termine di un pzm. I1 ravvolgirnento beneventano, che s'è visto

nella vir. lig. coniparikce in 1-3, i: chiuso in 4-7, s'incrocia in 8, 9 e si

sviluppa nelle forme IO, I 3-1 5.

di un tieuma, se, cioè sia o i ~ i 7 , . liq. oppure fl. Lig. (ambedue portaiio il

nome di cejhnlir~rs), nella Tav. IX esso l'iene inserito sotto l'uno e l'altro

titolo ; cf. vir. liq. A 3, e l?. Cig. A 4.

Se la -/i?. liq. conserva la vi77. iniziale, le sue forine con messe nella

prima linea; la curvatura a sinistra (o stretta e piccola come in 1 I , o larga

come in 6, r o) non forma circolo sino a I 2 ; questa forma chiusa è fre-

qrientissimn nella notazione tedesca (12 , 14 , 16 sgg. provengono da mss.

tetlesclii) ; 4, con la virgola sotto il secondo membro. somiglia ad iin c/i77t.

/;q. ; 1'eji.r. sulla sommita di I 7 , i 8 (e fors'aiiche 20) è niolto spiccato. Nella

classe A , clie sembra comune a tutti gli scriptoria, la nota distintiva sta

in questo che i l secondo membro è piii lungo del primo, ed in A 9-13

6 cosi ripiegato indietro da toccai-e i i prinio membro che i: piu corto.

Nel gruppo beneveiitaiio B, si verifica110 le stesse particolariti; si

vegga la descrizione di qiiesto neiiiiiz nel ragguaglio sui inss. I~eneven-

taiii. e si noti altresi i l segno di liquesceiiza a piè del rettangolare B 1 2 ,

La classe C si coiiipotie di foriiie prese, quasi seiiz'eccezione, da un solo

.]ns., e' sono, per lo più, uniche e singolari; così C 6, 7, 9 sono rispetti-

vainelite proprie di niss. \.isigotici, iiieteiisi e noiiantolesi

Qiiaiito alle foriiie del jes. liq., sin qui si era soliti supporre che, per

regola geiierale, i notatori francesi proliingassero e quelli tedesclii accorcias-

s&o il secondo me~iibro (come nella classe A) per segnare la liquescenza,

iiia iiiio sguardo al Registro dei iit-iinii diinostra che tale opinione è ben

poco fondata. Nella prima linea s'incoiitrano fornie in cui i1 secoiido niembro

è pii1 Iiiiigo del prinio ; tiitte qiiaiite sono un pes arrotondato : i11 I 9 sgg.

vediaiiio l'aggiunta di i i i i ~ q7/nsi-:liign/~7 alla soni niii2 della linea verticale ;

per scliinriiiienti sii 20-24, ledi la descrizione dei loro relativi inss. Nella

classe A il secondo meinbio del fcs P accorciato deliberataiiiente; A 2 è stampato per isbnglio; le figure di B soiio angolari, quelle di C fornie

rare ; le classi D ed E coinpretidoiio foriiie beiieventaiie, cf. No 347, p. I 2 0 ;

in D abbiaiii posto qrielle fortiir clie Iianrio iin ravvolgiiilento nella linea

verticale; in I< trovatisi quelle clie portano il segno clie io iii i sorio arri-

schiato di cliia~iiare 4 cappio x be~ieve~ita~io. conie liella :h-. /iq. e /i. /iq.

e con sviluppanie~iti analoghi. Per la differenza tra il cgtiha/>rr/s e I ' ~ p i p h r n ~ ~ / ~

nella iiotazioiie nonantolese, vedi No 269, p. 98.

Il fies-fl /iq., come il per, va classificato secondo che il primo niembro

è orizzontale. o i quanto fa col secondo un angolo maggiore di

45 gradi, classe A ; i11 parecchi casi, i l terzo ~iieiiibro, qiiello clie porta il

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segno della liquesceiiza, è accorciato o arrotondato; in 6, 8, I 2 , A 7, 8, I O ,

I I , è talmente arrototidato da formare un circolo. A 9 e B 3 sono, per

disgrazia, stampati al rovescio. La maggior parte delle forme le abbiamo

gid viste ; ma conviene ricordare che alcune forme di pesJ. Ziq. nella

prima linea possono essere pes l+., perchè i due processi,pes con virgola

aggiunta, e pesJ. coll'ultimo membro accorciato e rotondo, danno per

risultato la stessa figura, detta comunemente pin~zosa.

Alla classe R , in mancanza d'altro nome unico e seinplice, abbiamo

dato il titolo di a. perpendicolare ecc. », che indica in modo generico l'ap-

parenza delle sue figure, quantiinque B I 3-1 6 formino una classe a sè.

Si noti B I 3, che è. la forma del pes j . solita dello scrittore, ma senza

l'epis. finale. La classe beneventana C non offre alcun processo di forma-

zione che sia nuovo per noi; il significato delle forme, E, della notazione

quadrata è per se stesso evidente, avendo tutte per l'ultimo membro lo

stesso segno distintivo.

Flexa resu#. l+. ; l'ultimo membro è arrotondato in I -6 ; 8, 9 con

evidentemente beneventane, e I O è forma metense.

Degli scan Zip., tutti con qualche particolarità in cima al terzo membro,

3-5 son proprii dei mss. metensi. La c.lasse A è beneventana, risultante

dall'adattamento delle forme della vir. lig. alla sua estremità superiore. Le

forme di B sono epiphonuspraepun. Zig., cioè col secolido membro accor-

ciato del pes.

Difficile si è la classificazioiie del CL&., perchè talvolta non si sa se

in alcuni neumi, conte 8 - 2 2 , il segno di liquescenza sia unito o no al

secondo membro di una jZ. hp.; per la qual cosa, dove il senso è dubbio,

la stessa figura nelle tavole, ora ed or ora, comparisce in ambedue i

luoghi ; le forme I -7 sono « ancus P, indubbiamente clzm. liq.

I neumi che rimangono, distr. Ziq. ed or. Zig. non richiedono speciale

commento ; ma vedi quanto all'or. Zig. Dom Baralli, pag. I i 7, n. I .

Ci resta soltanto da aggiungere poche parole di conc.liisione sui

caratteri distintivi delle varie scritture nazionali, in quanto sono messi in

rilievo dal materiale che abbiamo davanti; ma, proprio come nella paleo-

grafia ordinaria, nel presente stato della scienza e per causa della parziale

somiglianza di tutte le scritture di un dato tenipo, egli 6 talvolta impos-

sibile determinare dalla sua forma di scrittura la località di un ms. che non

presenti argomenti interni; cosi accade per la paleografia musicale. Sola-

mente un lungo st'udio di mss. di tutti i paesi può mettere in grado di ciò

fare; uno può essere ragionevolmente certo che una data notazione è, met-

tiamo, sangallese e non francese, e nel tempo stesso non esser capace di

provare ad altri la sicurezza del suo giudizio. Crediamo anche doversi ammet-

tere che il Registro dei neumi dato in quest'opera, quantunque senza dubbio

ne offra buon numero che son proprii di una sola famiglia di notazione,

pur tuttavia contiene altresi una gran qiiantità di nerimi usati in due o

tre nazioni, od anche universalmente. Essi fanno parte della scrittura

comune di uno stesso tempo e non possono adoperarsi senza distinzione

quando si tratta di chiarire la provenienza di un ms. Come abbiamo

detto sopra, questo studio noli ha prodotto quei definitivi risultati, che

si aspettavano.

In moltissimi paragrafi è stato descritto il carattere generale dei

neumi, ma di questo gli aggettivi usati possono darci soltanto uii'idea

a p p r O s s i m a t i v a . Ritengo impossibile tentare qui di raggrupparli,

come sarebbe inutile il ripeterli. Non bastano le parole per farci coni-

prendere come erano scritti i iieumi, l'unico iiietodo è lo studio diretto

dei codici stessi.

Si può sempre distinguere chiarameilte tra nota'@oni, come l'aquita-

nica, quella metense e la < mista » ; ed anche l'italiana è una cosa a sè

con caratteri ben definiti. Ma se vuol trovarsi una differenza tra la nota-

zione posteriore metense e tedesca, la cosa si rende alle volte difficile.

Ilifficoltà maggiore nasce dalla somiglianza fra i più antichi mss. tedeschi

e francesi ; fra i primitivi francesi e gl' italiani; i francesi e gli inglesi

dei secoli undecimo e decimosecondo.

Quella che segue è una lista di mss. vaticani musicati, della cui

nazionalità io non sono sicuro; in alcuni la quantità della notazione si

ridiice a poco, in altri è quasi illeggibile. Tedeschi o francesi : Ni120, 205.

254, 256; tedeschi o italiani: 107, 176, 256; tedeschi o inglesi: 18, 23, 24,

26, 43,44,198; francesi o inglesi; 118, 225; francesi o italiani: 212, 234, 321,

488,506 ; italiano o meteiise 258 ; italiano o « misto » 297 ; comasco o

aquitano 287. Lo scriptoi-ium di 638 è ignoto affatto. Vero è che noi non

possediamo ancora un afinratus critFcus. ricco abbastanza di mss. musicali

l o c a l i zza t i , per pronunziare in certi casi un giudizio sicuro ; ma io

spero che l'opera presente serviri almeno in parte a supplire a questo

difetto.

LO studioso deve egli raggruppare i dati del Registro dei codici

sotto i titoli : tedeschi, francesi, ecc. (solo le principali caratteristiche sono

state descritte nelle pagine precedenti); ed egli a poco a poco si troverà

in grado di arrischiare una congettura molto ragionevole sulla provenienza

del ms. che ha fra le mani. Quanto alle date, egli deve tenere a mente

che le fattezze nazionali non cambiarono coll' apparire della diastemazia,

e che l'introduzione delle linee produsse, sul principio, nelle forme neuma-

tiche ben piccole differenze ; cf. Tav. I I 4 a.

La notazione tedesca dà un bell'esempio di questa difficolth; essa

indietreggia di molto, ma si conserva altresi lungamente ; in lei v'è sempre

tale -un'aria d'antichità che anche pei mss. senza note noi non andremo

probabilmente errati attribuendo loro un 33 anni di vita di piii che non

faremmo a mss. simili d'altri paesi. Nella notazione tedesca il tipo primi-

tivo dei neumi-accenti rimase immutato fino al sec. i 2 O , quando divenne

piii grosso e piii pesante, ma, fatta quest'eccezione, in mss. del sec. 13" e 14" si trovano gli stessi neiimi, che erano in uso nel i o

0 e I I".

Chi volesse con tre parole differenziare, su per giù, la notazione

tedesca da quella francese potrebbe dire che quella è larga, gmssa, arro-

tondata, questa invece sottile, stretta, angolosa ; nella tedesca l' uso dei

tratti significativi è frequentissimo, p. e. la opposizione voluta tra una

vir. con episema (cf. C I 8, I g) ed una senza, è manifesta; si può vedere

inoltre l'iiso frequente nella classe E del pufz. e da solo e in combinazione,

p. e. scnn. d 19-2 I ; il piegare indietro del secondo membro del pes (classi

D, E, F) e d e l p e s j . (classi F, f), l'uso costante di un ceph. col secondo

membro chiuso. Col sorgere della scrittiira gotica i neumi divennero più

angolosi e piii obliqui; v'è una tendenza a dividerli nei loro elementi (cf. jes

9. K I o - I 3) ed eventualmente predominano i caratteristici c Hufnageln P.

I neumi francesi dall'altro canto sono di forma leggera, diritta O un

po' obliqua a destra, con angoli nettamente definiti, cf. pes A I , 4 ;

vi è in essi una certa acuminatezza che li rende facilmente riconosci-

bili, cf. pesfl. D 4, d 5 ; J. b 1-3. Ma ciò che pib d' ogni altra cosa fa

distinguere i iieumi francesi da quelli tedeschi è la loro relativa finezza

e leggerezza, come si può vedere paragonando la classe D. d dello scan.:

D 5 , 6 , 6 , 8 , 9 ; d 7 , 8 , 1 1 , 1 8 sono francesi,laddoveD2, 1 3 , d 6 , 9 , 1 4 ,

19-30 son tedeschi. L'iiitroduzioiie del sistema a puliti, veduto nella nota-

zione aquitaiia, ebbe maggiore efficacia sulla notazione francese che sulla

tedesca ; 1' epis. sulla cima del pes a 2 , i o ; b 3, c 5 , ecc., del pes j?. b I ,

d 2 e della jZ. C 3, 5 non potrebbe mai venire da uno scriptorium tedesco.

Fra la notazione inglese e francese del sec. I I" e I i", non si può

tirare una linea netta e spiccata, ma nella prima i neumi so11 più verti-

cali, specie nella vir. e, se vi è una curvatura, essa è molto leggera a

destra; i subpun. verticali del cZim. inglese sono molto caratteristici, e il pes,

arim mente inglese, B 9, non deve trascurarsi. Anche nella trascrizione

dei rieunii individuali il copista manifesta, per quanto è possibile, l'altezza

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XLII INTRODUZIONE. NOTAZIONI NAZIONALI ___C--

-- -. - - - - . -

relativa; sebbene in modo bizzarro, i] cui %condo deve

essere inferiore al primo, le forme inglesi in essa sono quasi sempre C 5, 6 .

È quasi impossibile trovar differenza fra i pi<i antichi mss. italiani

(O, meglio, italiani settentrionali) e quelli francesi;' un piccolo tentativo

quanto a ciò si può vedere nel N. ig pag. 48. Ci permettiamo inoltre

di richiamare in modo speciale I*attenzione su due fotografie interessanti le quali mostrano una notazione italiana caratteristica, cio.& a]]a:Tav. XIV dei Monume~tafalaeografhica sacra di Torino, rappresentante un ms. di

Novara che potrebb'essere del sec. gO, coi suoi neumi stretti, la viy. verti-

tale, l a j . con o senza e@. finale, ed alla Tav. 7 della Bibliotheca musico-

liturgica del Dr Frere, ms. di Novalesa del sec. r I" con sintomi visigotici. La notazione visigotica C una cosa a si; i suoi neumi sono stati

spiegati a Pp. 52-56, per quanto Io permette lo stato presente della

~aleografia musicale; la 2" ed. della Neumenrkunde, p. 177, parla del pes H I , come di un a ratselhafte Zeichen P e del pes H 4 come di@. resup.

Ovvero /1! liq., quantunque si trovi nel mezzo di un melisma, e cita l'auto- rità di Gastoue il quale riterrebbe il nostro p e s j . K 1 2 come forma del

fyessm- Ma questi dubbi possono essere chiariti soltanto da ulteriori investigazioni.

La notazione quadrata, divenuta universale, salvo che nella Germania,

dopo il i300. 6 fuori dello principale lavoro preselite'

già detto nella prefazione, P. xlr. e le di si ritro-

vano soltanto e~cezionalmente il1 questa Opera; ma lo note

quadre è stato molto graduale e qualche è u n po'

decidere se un dato codice. p. e. Tavv. 97*9 a-d, doveva esser Posto

nella divisione di nohzione francese o in quella quadrata. La q u i

mantenuta (cf. p. 155) 6 fondata sul fatto storico che l'liso costante e accu-

rato di forme speciali applicabili a sillabe liquescenti era cosi universal-

mente ignorato in questa notazione che la presetiza di tali forme basta

per metterli tra i francesi.

Quando arriviamo al tempo di notatori che avevano cosi perduto la memoria delle forme musicali primitive, da aggiungere a d libitum code

o prima o dopo le virga e i pu?zctum, dando a questi accenti un valore

non solo ritmico ma anche più strettamente temporale; allora è giunto

per noi i l tempo di por fine all'opera. La musica moderna ha adottato i

segni della notazione ad accenti ma sfigurandoli ; certo per la musica

misurata erano necessarie forme nuove; ma per il canto gregoriano, il

vero e unico canto ecclesiastico, bastavano e bastano le forme primitive, santificate dall'uso di più di mille anni; per gli amatori di tale musica:

a Vetus melius est P.

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I INDICE RIASSUNTIVO E SISTEMATICO DEI TESTI.

[Per i motivi della cl~issificazione qui adottata, vedi l'Introduzione, p. xxviri]

Tavole di neumi . . . . . . . I -4 1 1-3 I

Appendice I. Lettere applicate alle « Pas- / siones b. N. J. C. * .

B 11. Trattati di musica. . . l

PP. l N' Tavv.

11. Sistema puro ; punti-sovrapposti l

(Notaz. I< Aquitana B) . . . ; 1 I I - I I 3 / 298-3 1 2 63 6-64

]Le 132 Tavole dAnno 211 fotografie prese da 206 mss.]

111. Punti-legati n) Francesi . . . . . . . . 6) dell' Italia centrale . . . . . C) delllItalia (transizionale) . . . d ) Reneventani . . . . . .

E. - NOTAZIONE SU LINEA O A RIGO, per rappresentare il posto attuale di questi accenti e punti.

I. Italiana. a) Beneventana . . . . . . . 6) di transizione. . . . . . . C) del centro e del Nord, punti-legati

I1 Francese ed inglese .' . . . . 111. Inglese . . . . . . . . IV. « Aquitana » . . . . . . V. cc Metense » . . . . . . . VI. u Tedesca B. . . . . . . .

i A. - NEUMI-ACCENTI, comuni a tutto l'Occi- 1 i dente, con o senza segni o lettere 1

significative. I. Tedeschi (sino al sec. XIV). . . 11. Francesi ed inglesi (sino a sec. XII)

111. Italiani (sino al sec. XI '1,) . . .

I

l 4-29 29-47 47-5 2

IV. Visigotici (sino al sec.x1) . . . B. - Tentativi di facilitare l'interpretazione

L di questi segni mnemotecnici, spe- cialmente nei libri didattici dei se- coli XI, XII.

I. Notazione alfabetica . . . . . 11. B sillabica . . . . 111. » dasiana. . . . . . Sviluppo storico.

C. - DIASTEMAZIA , cioè rappresentazione degli intervalli ecc. dei iieumi.

I. Tedesca. . . . . . . . .

4-107

108- I 6 I I 62-1 7 I

65 a 65 6, 66

67a 67 6-72

73-79 80-87

88-93 94-10'

102,103

104-107

108-112

I I 3-1 I 8

l 2-9

Io-2o

2 1-24

119-129

I 30

52-56 1 7 2 , 1 7 3 l

57-61 I 74-1860

F . - U o p o i l 1300,NOTAZIONE Q U A D R A T A . 177-187 6 3 5 - 8 3 2 G. - NOTAZIONE MISURATA, sec. xrv sg. . . I 88, I 89 833-8 7 1

31 3-322 323-337 338-343 344-363

364-385 386-4296

430-502

503-527 6 528-532 533-546 547-5636. 564-634a

2 5 , 2 6

27-30

I I 3. I I 4 I 14-1 I 7 1 1 7 , 1 1 8

I I I 8- I 2 5

Addenda (I) . . . . . (11) . . . . .

61. 62 i 1 8 1 ~ 0 9 l

3 I 62 ,63 32

64-73 1 9 1 - 2 1 6 33-38

,

39-49 50-54n

546

55-59

60-62

63a

11. Francese ed inglese . . . . . i 73-89 2 I 7-2 55 111. Italiana . . . . . . . . . ' 89-96 2 56-268

I 26-1 34

I 34-142 143- 15 1

r 5 I - I 58

D. - NOTAZIONE A PUNTI.

I. Introduzione parziale ; punti e neumi misti.

a) Notaz. di Nonantola . . . .

190

i*, 2*

159,160 I 60-164

164-167 I 67-1 7 6

l

I 97, 98 1 269, 270

872-880

I O ~ I - 1 0 6 5

6) » del Nord-Est di Francia e 1 di Corno ( a Metense ») . 1 98-106

c) » del Nord-Ovest di Francia e Sud-Ovest di Inghil-

271-287

terra ( u Mista ,). . . 107-109 i 288-292

d) » del Sud-Ovest di Francia. / 109, I I O 293-297n