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Premessa Gli undici testi celaniani, dei quali si propone qui una traduzione italiana, vennero composti nella prima metà degli anni Quaranta, come dimostrano le fonti documentarie 1 , e, in un secondo momento, furono ripresi e datati dall’autore, con l’intento di difendere la propria poesia dalle accuse di plagio, a lungo protrattesi nella polemica del Goll-Affäre. Essi si collocano quindi in un punto fondamentale della biografia e poesia celaniane, ossia a cavallo tra il periodo trascorso nel lager di Tabăreşti e il ritorno a Czernowitz, al principio di quel difficile percorso di difesa e ricostruzione di una realtà andata distrutta, secondo la scelta, ormai consolidata, di dedicare la propria vita alla scrittura poetica. Pubblicati nella prima raccolta celaniana (Der Sand aus den Urnen, 1948), nel lavoro di composizione e rielaborazione testuale che condusse alla seconda raccolta poetica (Mohn und Gedächtnis, 1952), vennero però definitivamente espunti. Al pari dei testi maturi, e perfino della produzione ultima, questi testi appaiono di difficile comprensione. La loro complessità si deve a una scrittura in parte ancora epigonale, piena di riferimenti alla cultura ebraica, ma anche alla tradizione classica e romanza (cfr. soprattutto La freccia di Artemide; Corona di settembre; Frullo d’ali). A ciò si unisce la presenza di componenti – lessicali, sintattiche e tematiche – che saranno costitutive anche del successivo poetare celaniano (solo pochi esempi: la selezione di alcuni termini del lessico comune come vere e proprie parole- valori della poesia; la declinazione a fini poetici della tradizionale sintassi tedesca, in particolare delle strutture con il verbo al termine dalla frase; le rispondenze strutturali tra le varie strofe; l’importanza della nomenclatura vegetale per la significazione delle immagini). Proprio per tali ragioni, unite al fatto che i componimenti rappresentarono oggetto di rilettura e di distanziamento da parte di un Celan più maturo, uno studio approfondito di queste poesie potrebbe offrire degli elementi di riflessione sul metodo di lavoro celaniano, sulle sue strategie di composizione non solo dei singoli testi, ma di un’intera raccolta, portando alla luce dei percorsi che il poeta stesso traccia all’interno della propria produzione. E proprio la traduzione e il confronto intratestuale, che di necessità soggiacciono a una ricerca di questo tipo, possono costituire la premessa di un’analisi più esaustiva. Il lavoro interpretativo viene dunque, almeno in questa sede, inglobato all’interno delle traduzioni. Si è intenzionalmente scelto di non trasporre il testo tedesco nelle forme della metrica italiana, per evitare qualunque implicazione retorica o forzatura terminologica; si è comunque tentato di tradurre il livello ritmico dell’originale, le sue consonanze e assonanze. Le scelte traduttive sono corredate di alcune note, le quali vorrebbero dare ragione della pregnanza indelimitabile del lessico celaniano. L’intento è quello di provare a portare alla luce, almeno in parte, i processi di scelta, specificazione e sovrapposizione semantica attraverso cui il poeta costruisce, in seno alla lingua comune, il proprio linguaggio 2 . 1 Cfr. Paul Celan, Die Gedichte, hrsg. und kommentiert v. Barbara Wiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005, pp. 581-8. 2 Alcuni tra questi componimenti sono da tempo tradotti in Italia per opera di Dario Borso (Paul Celan, Poesie sparse pubblicate in vita, a cura di Dario Borso, Nottetempo, Roma 2011), il quale, più recentemente, ha pubblicato la traduzione dell’intera raccolta Der Sand aus den Urnen (Paul Celan, Der Sand aus den Urnen, a cura di Dario Borso, Einaudi, Torino 2016); della sua traduzione e riflessione sulla poesia celaniana si tiene il debito conto in questo lavoro. I testi qui presentati sono tratti dall’edizione a cura di Barbara Wiedemann (Paul Celan, Die Gedichte, hrsg. und kommentiert v. Barbara Wiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005), mentre per le notazioni linguistiche si è fatto riferimento al Duden Online-Wörterbuch (Bibliographisches Institut GmbH - Duden Verlag, http://www.duden.de/woerterbuch) e al Deutsches Wörterbuch von Jacob und Wilhelm Grimm, (hrsg. v. Deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlin in Zusammenarbeit mit der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen, Leipzig, Hirzel, 1854-1971, http://woerterbuchnetz.de/DWB/).

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Premessa Gli undici testi celaniani, dei quali si propone qui una traduzione italiana, vennero composti nella prima metà degli anni Quaranta, come dimostrano le fonti documentarie1, e, in un secondo momento, furono ripresi e datati dall’autore, con l’intento di difendere la propria poesia dalle accuse di plagio, a lungo protrattesi nella polemica del Goll-Affäre. Essi si collocano quindi in un punto fondamentale della biografia e poesia celaniane, ossia a cavallo tra il periodo trascorso nel lager di Tabăreşti e il ritorno a Czernowitz, al principio di quel difficile percorso di difesa e ricostruzione di una realtà andata distrutta, secondo la scelta, ormai consolidata, di dedicare la propria vita alla scrittura poetica. Pubblicati nella prima raccolta celaniana (Der Sand aus den Urnen, 1948), nel lavoro di composizione e rielaborazione testuale che condusse alla seconda raccolta poetica (Mohn und Gedächtnis, 1952), vennero però definitivamente espunti. Al pari dei testi maturi, e perfino della produzione ultima, questi testi appaiono di difficile comprensione. La loro complessità si deve a una scrittura in parte ancora epigonale, piena di riferimenti alla cultura ebraica, ma anche alla tradizione classica e romanza (cfr. soprattutto La freccia di Artemide; Corona di settembre; Frullo d’ali). A ciò si unisce la presenza di componenti – lessicali, sintattiche e tematiche – che saranno costitutive anche del successivo poetare celaniano (solo pochi esempi: la selezione di alcuni termini del lessico comune come vere e proprie parole-valori della poesia; la declinazione a fini poetici della tradizionale sintassi tedesca, in particolare delle strutture con il verbo al termine dalla frase; le rispondenze strutturali tra le varie strofe; l’importanza della nomenclatura vegetale per la significazione delle immagini). Proprio per tali ragioni, unite al fatto che i componimenti rappresentarono oggetto di rilettura e di distanziamento da parte di un Celan più maturo, uno studio approfondito di queste poesie potrebbe offrire degli elementi di riflessione sul metodo di lavoro celaniano, sulle sue strategie di composizione non solo dei singoli testi, ma di un’intera raccolta, portando alla luce dei percorsi che il poeta stesso traccia all’interno della propria produzione. E proprio la traduzione e il confronto intratestuale, che di necessità soggiacciono a una ricerca di questo tipo, possono costituire la premessa di un’analisi più esaustiva. Il lavoro interpretativo viene dunque, almeno in questa sede, inglobato all’interno delle traduzioni. Si è intenzionalmente scelto di non trasporre il testo tedesco nelle forme della metrica italiana, per evitare qualunque implicazione retorica o forzatura terminologica; si è comunque tentato di tradurre il livello ritmico dell’originale, le sue consonanze e assonanze. Le scelte traduttive sono corredate di alcune note, le quali vorrebbero dare ragione della pregnanza indelimitabile del lessico celaniano. L’intento è quello di provare a portare alla luce, almeno in parte, i processi di scelta, specificazione e sovrapposizione semantica attraverso cui il poeta costruisce, in seno alla lingua comune, il proprio linguaggio2.

                                                                                                               1 Cfr. Paul Celan, Die Gedichte, hrsg. und kommentiert v. Barbara Wiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005, pp. 581-8. 2 Alcuni tra questi componimenti sono da tempo tradotti in Italia per opera di Dario Borso (Paul Celan, Poesie sparse pubblicate in vita, a cura di Dario Borso, Nottetempo, Roma 2011), il quale, più recentemente, ha pubblicato la traduzione dell’intera raccolta Der Sand aus den Urnen (Paul Celan, Der Sand aus den Urnen, a cura di Dario Borso, Einaudi, Torino 2016); della sua traduzione e riflessione sulla poesia celaniana si tiene il debito conto in questo lavoro. I testi qui presentati sono tratti dall’edizione a cura di Barbara Wiedemann (Paul Celan, Die Gedichte, hrsg. und kommentiert v. Barbara Wiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 2005), mentre per le notazioni linguistiche si è fatto riferimento al Duden Online-Wörterbuch (Bibliographisches Institut GmbH - Duden Verlag, http://www.duden.de/woerterbuch) e al Deutsches Wörterbuch von Jacob und Wilhelm Grimm, (hrsg. v. Deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlin in Zusammenarbeit mit der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen, Leipzig, Hirzel, 1854-1971, http://woerterbuchnetz.de/DWB/).

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SCHLAFLIED Über die Ferne der finsteren Fluren hebt mich mein Stern in dein schwärmendes Blut. Nicht mehr am Weh, das wir beide erfuhren, rätselt, der leicht in der Dämmerung ruht. Wie soll er, Süße, dich betten und wiegen, daß seine Seele das Schlummerlied krönt? Nirgends, wo Traum ist und Liebende liegen, hat je ein Schweigen so seltsam getönt. Nun, wenn nur Wimpern die Stunden begrenzen, tut sich das Leben der Dunkelheit kund. Schließe, Geliebte, die Augen, die glänzen. Nichts mehr sei Welt als dein schimmernder Mund. NINNANANNA Oltre la lontananza dei campi oscuri, mi alza la mia stella nel tuo sangue fremente3. Non più in dolore4, che noi due provammo, s’interroga5, colui che leggero riposa nel crepuscolo. Come dovrebbe adagiarti e cullarti, tesoro, perché l’anima sua coroni il canto? In nessun luogo, in cui è sogno e giacciono amanti, risuonò mai un silenzio così strano6. Così, quando solo ciglia delimitano le ore, si manifesta la vita all’oscurità. Chiudi, amore, gli occhi, che brillano. Nient’altro sia mondo che la bocca tua7 fulgente.

                                                                                                               3 Il verbo schwärmen possiede il doppio significato di “sciamare” (ma, a quest’altezza cronologica, il linguaggio celaniano non adopera ancora i termini in senso così marcatamente “scientifico”) e “essere infatuato”, “essere entusiasta”, quest’ultimo da preferirsi anche considerate le implicazioni erotiche del componimento. 4 Nell’espressione Nicht mehr am Weh c’è forse un rovesciamento della formula Nicht mehr am Leben (sein), con un processo di scarto e rovesciamento delle attese tipico del discorso celaniano. 5 Il Rätseln significa la dimensione dell’enigma, il tentativo incessante di interrogarvisi, e in quanto tale rappresenta uno dei termini-chiave della poesia di Celan, che sceglie consapevolmente di porsi come tale nei confronti del lettore. Si tratta dunque di un termine investito di grande valenza poetologica. 6 Il termine seltsam è uno degli aggettivi più cari alla poesia celaniana e difficile è renderne la complessità semantica: esso indica al contempo l’insolito, inteso soprattutto come non comune e inquietante, ma anche come preziosa rarità. Esso indica dunque la stranezza in ogni sua sfumatura e in tal senso può assumere anche la valenza di “straniero” o “sconosciuto”. 7 Il legame, di ascendenza surrealista, sotteso tra la sfera del sogno, gli amanti e la bocca che diviene quasi organo autonomo è ricorrente in questa fase dell’immaginario celaniano (cfr. ad esempio Möhn und Gedächtnis (= MG), Corona, vv. 5-6 ).

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*** AM BRUNNEN Wie heb ich, sag, auf brüchigen Gelenken den Krug voll Nacht und Übermaß? Versonnen ist dein Aug von Angedenken; von meinem Schritt versengt das hohe Gras. Wie dir das Blut, wenn Sterne es befielen, ward mir die Schulter einsam, weil sie trug. Blühst du der Art von wechselnden Gespielen, lebt sie der Stille aus dem großen Krug. Wenn sich die Wasser dir und mir verfinstern, sehn wir uns an – doch was verwandeln sie? Dein Herz besinnt sich seltsam vor den Ginstern. Der Schierling streift mir träumerisch die Knie. ALLA FONTANA Come sollevo, dì, su giunture fesse la brocca piena di notte ed eccesso? Trasognato è il tuo occhio al ricordo; al mio passo strina l’erba alta. Come a te il sangue, quando le stelle lo infestarono, divenne sola a me la spalla, poiché sostenne. Fiorisci tu al modo di alterni compagni di giochi8, vive lei del silenzio della grande brocca. Quando le acque, per te e per me, si oscurano, noi ci guardiamo9 – ma cos’è che esse trasformano? Il tuo cuore rinviene10 strano di fronte alle ginestre. La cicuta11 mi sfiora sognante le ginocchia. ***

                                                                                                               8 Der Gespiele è termine antico che indica un compagno di giochi d’infanzia, ma anche l’amato/a: nell’uso celaniano di questo termine sono dunque compresenti un riferimento all’intimità amicale e l’accezione erotica. 9 Cfr. MG, Corona, v. 8. 10 Sich besinnen ha il significato di “pensare”, “ricordarsi” e “riaversi”, “tornare in sé”. Fatto salvo che nella tradizione ebraica il cuore rappresenta per eccellenza l’organo del pensiero (cfr. Jewish Encyclopedia, http://www.jewishencyclopedia.com/articles/7436-heart [ultima consultazione: settembre 2016]), qui si è scelto di tradurre il verbo con la terza accezione. Esso costituisce, infatti, una risposta simmetrica, anche a livello di struttura strofica, del Versonnen al v. 2. e contrappone l’Herz all’Aug: non al tradizionale organo della vista, bensì a quello del pensiero-sentimento è affidata la percezione e la custodia del reale. 11 Certamente presente, anche se forse non primario, il riferimento al veleno che causò la morte di Socrate.

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REGENFLIEDER

Es regnet, Schwester: die Erinnerungen des Himmels läutern ihre Bitterkeit. Der Flieder, einsam vor dem Duft der Zeit, sucht triefend nach den beiden, die umschlungen vom offnen Fenster in den Garten sahn. Nun facht mein Ruf die Regenlichter an. Mein Schatten wuchert höher als das Gitter und meine Seele ist der Wasserstrahl. Gereut es dich, du Dunkle, im Gewitter, daß ich dir einst den fremden Flieder stahl? LILLÀ DELLA PIOGGIA Piove, sorella:

ricordi cielo del

filtra

amarezza loro la no12

Il lillà, solo di fronte al profumo del tempo, cerca grondante i due, che abbracciati guardarono in giardino dalla finestra aperta. Ora il mio grido attizza le luci della pioggia. La mia ombra prolifera più alta della grata e la mia anima è il getto d’acqua. Ti spiace, tu oscura, nel temporale, che un tempo io ti abbia rubato l’altrui lillà? *** EIN KRIEGER Hörst du: ich rede zu dir, wenn schwül sie das Sterben vermehren. Schweigsam entwerf ich mir Tod, leise begegn ich den Speeren. Wahr ist der endlose Ritt. Gerecht ist der Huf. Fühlst du, daß nichts sich begibt als ein Wehn in den Rauten? Blutend gehör ich getreu der Fremden und rätselhaft Trauten. Ich steh. Ich bekenne. Ich ruf. UN GUERRIERO Tu ascolti: io ti parlo, quando soffocante loro incrementano il morire. Silenzioso mi progetto13 morte, leggero incontro la lancia.                                                                                                                12 Il verbo läutern è un termine tecnico usato per indicare la distillazione dei liquidi, l’affinamento di metalli e minerali, ma, in senso figurato, individua anche una purificazione di tipo morale.  

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È vera la cavalcata senza fine. È giusto lo zoccolo. Senti che non accade nulla se non un soffio nelle losanghe? Sanguinando resto fedele alla straniera e intima enigmaticamente. Io sto14. Io riconosco. Io chiamo. *** MOHN Die Nacht mit fremden Feuern zu versehen, die unterwerfen, was in Sternen schlug, darf meine Sehnsucht als ein Brand bestehen, der neunmal weht aus deinem runden Krug. Du mußt der Pracht des heißen Mohns vertrauen, der stolz verschwendet, was der Sommer bot, und lebt, daß er am Bogen deiner Brauen errät, ob deine Seele träumt im Rot. Er fürchtet nur, wenn seine Flammen fallen, weil ihn der Hauch der Gärten seltsam schreckt, daß er dem Aug der süßesten von allen sein Herz, das schwarz von Schwermut ist, entdeckt. PAPAVERO Dotare la notte di fuochi stranieri, che sottomettono ciò che batte nelle stelle, il mio anelito può sussistere come un incendio, che nove volte soffia dalla tua brocca tonda. Devi fidarti dello splendore dell’ardente papavero, che spande fiero ciò che offrì l’estate e vive, cosicché all’arco delle tue sopracciglia indovina se la tua anima sogna in rosso. Esso teme soltanto, quando le sue fiamme cadono, poiché l’alito del giardino lo spaventa singolarmente, di svelare all’occhio, il più dolce di tutti, il suo cuore, che è nero di malinconia. ***

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               13 Nel celaniano “progettarsi silenzioso” può forse vedersi un riferimento al concetto heideggeriano del Ruf des Gewissens, attestato anche dalla chiusa del componimento (Ich ruf). Il tutto declinato attraverso un lessico che fa riferimento alla tradizione cavalleresca medievale. 14 Già a quest’altezza cronologica lo stehen rappresenta un verbo fondamentale, che sempre indicherà la risolutezza e la resistenza del soggetto lirico di fronte ai negativi avvenimenti biografici, politici, storici che lo circondano.

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BERGFRÜHLING In den Körben blau den Rauch der Fernen, Gold der Tiefen unterm Tuch, dem härnen, kommst du wieder mit gelösten Haaren von den Bergen, wo wir Feinde waren. Deinen Brauen, deinen heißen Wangen, deinen Schultern mit Gewölk behangen, bieten meine herbstlichen Gemächer große Spiegel und verschwiegne Fächer. Aber oben bei den Wasserschnellen, über Primeln, du, und Soldanellen, ist wie hier dein Kleid mit goldnen Schnallen weiß ein Schnee, ein schmerzlicher, gefallen. PRIMAVERA MONTANA Nei cesti blu il fumo delle lontananze, oro delle profondità sotto il panno di capelli15, ritorni con le chiome sciolte dai monti, dove eravamo nemici. Alle tue sopracciglia, alle tue guance bollenti alle tue spalle cariche di nubi, le mie dimore d’autunno16 offrono grandi specchi e ventagli taciuti. Ma su, alle cascate, sopra primule, te, e soldanelle, è caduta bianca, come qui la tua veste con fibbie dorate, una neve, una neve più dolorosa. *** DER ÖLBAUM Die Hörner der Hölle, im Ölbaum verklungen: stießen sie Luft durch sein Herz, daß es leer ward und schrie? Schlief er nicht süß über uns und wir waren umschlungen? Segnest du ihn und verlöschen wir sie? Einst, als wir Finsternis festlich begingen, kam er zu uns in den Abgrund und sang.                                                                                                                15 Härnen è antico aggettivo per indicare una stoffa fatta di peli animali intrecciati, come il cilicio. Qui tuttavia si è voluto vedere nel termine un parallelo oppositivo, evidenziato anche dalla rima, con i capelli sciolti (mit gelösten Haaren) del verso successivo: così, a un’immagine di annichilimento (capelli ridotti a oggetto) si opporrebbe quella vitale del ritorno del du con le chiome sciolte. 16 Das Gemach è termine di un lessico sostenuto, a indicare alloggi principeschi.

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Nun, da ihn frierende Hörner umfingen, ließ er uns schlummern und zittert am Hang. Dürfen wir, licht, wenn die Brände beginnen, wandernder Ölbaum, hinauf zu dir gehn? Daß deine Zweige, süß und von Sinnen, mit uns im Feuer, im riesigen, stehn? L’ULIVO I corni17 dell’inferno, smorzati nell’ulivo: conficcarono dell’aria nel suo cuore, cosicché esso divenne vuoto e urlò? Non dormiva dolcemente su di noi quando eravamo abbracciati? Tu lo benedici e noi li estinguiamo? Un tempo, quando celebrammo festosamente la tenebra18, egli ci raggiunse nell’abisso e cantò. Ora, da quando lo avvolsero corni raggelanti, ci lasciò nel sopore e trema sul pendio. Possiamo, luminosi, quando gli incendi hanno inizio, ulivo vagante, salire su di te? Cosicché i tuoi rami, dolcemente e in delirio, stiano con noi nel fuoco, gigantesco? *** NÄHE DER GRÄBER Kennt noch das Wasser des südlichen Bug, Mutter, die Welle, die Wunden dir schlug? Weiß noch das Feld mit den Mühlen inmitten, wie leise dein Herz deine Engel gelitten? Kann keine der Espen mehr, keine der Weiden, den Kummer dir nehmen, den Trost dir bereiten? Und steigt nicht der Gott mit dem knospenden Stab den Hügel hinan und den Hügel hinab? Und duldest du, Mutter, wie einst, ach, daheim, den leisen, den deutschen, den schmerzlichen Reim?

                                                                                                               17 Il termine tedesco, come quello italiano, indica sia il corno animale, sia lo strumento musicale, ambivalenza su cui Celan gioca all’interno del componimento.  18 In questa festa della tenebra è forse da leggere un rovesciamento ironico del riferimento alla tradizione (si ricordi che Finsternis, è un termine dalla forte valenza religiosa, in cui è racchiusa anche allusione alla morte del Cristo).

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VICINANZA

TOMBE DELLE

Conosce ancora l’acqua del Bug del sud, madre, l’onda, che ti inflisse ferite19? Sa ancora il campo con i mulini nel mezzo, quanto flebile il tuo cuore ha sofferto i tuoi angeli20? Nessuno dei pioppi tremuli, nessuno dei salici, può prenderti l’affanno, prepararti la consolazione? E il dio, col bastone che germoglia non va su e giù per la collina? E tu ammetti, madre, come un tempo, ah, in casa, la flebile, la tedesca, la dolorosa rima21? *** DER PFEIL DER ARTEMIS Für Alfred Margul-Sperber Die Zeit tritt ehern in ihr letztes Alter. Nur du allein bist silbern hier. Und klagst im Abend um den Purpurfalter. Und haderst um die Wolke mit dem Tier. Nicht, daß dein Herz nie Untergang erfuhr und Finsternis nie deinem Aug befahl . . . Doch trägt vom Mond noch deine Hand die Spur. Und in den Wassern sträubt sich noch ein Strahl. Wie soll, der über himmelblauen sich mit den Nymphen drehte, leicht, nicht denken, daß ein Pfeil der Artemis im Wald noch irrt und ihn zuletzt erreicht? LA FRECCIA DI ARTEMIDE Per Alfred Margul-Sperber22 Il tempo entra ferreo23 nella sua ultima epoca.

                                                                                                               19 L’uso celaniano del verbo schlagen riunisce al contempo l’espressione idiomatica eine Wunde schlagen, infliggere una ferita, ma anche l’immagine delle onde che si infrangono sulla battigia. 20 Verso particolarmente difficile da decifrare, nel quale la prossimità di Herz e Engel istituisce, almeno a livello fonico, un gioco di parole con il termine Erzengel, l’arcangelo. Il legame Herz - Engel ricorre, all’interno del medesimo ciclo poetico, anche in Traumbesitz, v. 7. 21 Da notare che il termine tedesco Reim indica non solo la rima, il ritmo, ma più in generale la stessa poesia. 22 Alfred Margul Sperber, mentore del giovane Celan a Czernowitz, aveva composto un ciclo di poesie mitologiche, al quale Celan qui si riferisce, a metà strada “tra emulazione e critica” (Paul Celan, La sabbia delle urne, cit., p. 156).  23 Allusione al mito delle età mitiche, che per la prima volta si rintraccia ne Le opere e i giorni di Esiodo. Mentre il ferro è l’età della miseria umana, quella che prelude alla fine dell’uomo, l’epoca argentea rappresenta ancora un periodo

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Solamente tu, sola, sei argentea qui. E piangi nella sera la farfalla purpurea. E disputi per la nuvola con l’animale. Non che il tuo cuore non provò mai declino e tenebra non comandò mai al tuo occhio... Eppure dalla luna ancora la tua mano porta la traccia. E nelle acque si rizza ancora un raggio. Come potrebbe, colui che sopra la ghiaia azzurro-cielo gira con le Ninfe, leggero, non pensare che una freccia di Artemide24 erri ancora per la foresta ed infine lo raggiunga? *** SEPTEMBERKRONE Es trommelt der Specht an den Ast die barmherzige Zeit: so gieß ich das Öl über Esche und Buche und Linde. Und winke der Wolke. Und schmücke mein lumpiges Kleid. Und schwinge die silberne Axt vor dem Sternlein im Winde. Beschwert sind die östlichen Himmel mit Seidengewebe: dein lieblicher Name, des Herbstes Runengespinst. A ch, band ich mit irdischem Bast mein Herz an die himmlische Rebe und wein, wenn der Wind sich nun hebt, daß du klaglos zu singen beginnst? Herunter zu mir kommt der sonnige Kürbis gerollt: erschallt ist die heilende Zeit auf den holprigen Wegen. So ist auch das letzte nicht mein, doch ein freundliches Gold. So lüftet sich dir noch wie mir jener Schleier aus Regen. CORONA DI SETTEMBRE Il picchio tambureggia contro il ramo il tempo misericordioso: così io verso l’olio sopra frassino, faggio e tiglio25. E faccio segno alla nuvola. E addobbo il mio vestito cencioso. E brandisco l’ascia d’argento davanti alla stellina nel vento. Gravati sono i cieli orientali con stoffa di seta: il tuo caro nome, tessuto di rune autunnale. Ah, legai con della rafia terrena il mio cuore al viticcio celeste e piango, quando il vento ora si alza, perché tu inizi a cantare senza lamento?

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               prossimo all’originario stato di beatitudine. Gli uomini dell’età argentea venivano considerati i beati degli inferi e venerati come tali. 24 Si noti che, secondo la mitologia tradizionale, le frecce di Artemide erano fatte d’argento. 25 il primo gesto del lungo rituale che il poeta svolge nel corso del componimento. In esso c’è forse da leggere un riferimento alla cultura greca e alla prassi di offrire libagioni sulle tombe dei defunti. A riguardo cfr. anche la raccolta Eingedunkelt, Weihgüsse, vv. 1-3.

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Rotolata giù verso di me viene la zucca assolata: risuonato è il tempo guaritore sulle strade accidentate. Così anche l’ultimo oro, pure non mio, è benevolo. Si leva così per te ancora come per me quella cortina di pioggia. *** FLÜGELRAUSCHEN Die Taube aber säumt in Avalun. So muß ein Vogel über deine Hüften finstern, der halb ein Herz und halb ein Harnisch ist. Ihm ist es um dein nasses Auge nicht zu tun. Zwar kennt er Schmerz und holt ihn bei den Ginstern, doch seine Schwinge ist nicht hier und unsichtbar gehißt. Die Taube aber säumt in Avalun. Der Ölzweig ward geraubt von Adlerschnäbeln und wo dein Lager blaut im schwarzen Zelt zerpflückt. Rings aber bot ich auf ein Heer auf Sammetschuhn und laß es schweigsam um den Kranz des Himmels säbeln. Bis du dich schlummernd nach der Lache Bluts gebückt. Das ist: ich hob, als sie gewaltig fochten, den Scherben über sie, ließ alle Rosen fallen und rief, als mancher sie ins Haar geflochten, den Vogel an, ein Werk des Trosts zu tun. Er malt dir in das Aug die Schattenkrallen. Ich aber seh die Taube kommen, weiß, aus Avalun. FRULLO D’ALI Ma la colomba indugia ad Avalon. Così deve tenebrare sui tuoi fianchi un uccello, che per metà è un cuore e per metà una corazza. Non gli importa dei tuoi occhi bagnati. Certo egli conosce il dolore e lo coglie dalle ginestre, eppure la sua ala non è qui ed invisibile è issata. Ma la colomba indugia ad Avalon. Il ramoscello d’olivo fu rubato dai becchi d’aquile e sfrondato a pezzi26 nella tenda nera, dove il tuo giaciglio diviene blu, Ma intorno io radunai un esercito calzato di velluto e lo feci sciabolare in silenzio per la corona del cielo.

                                                                                                               26 Il verbo zerpflücken indica letteramente lo “sfogliare” i fiori, il privarli dei petali e il verbo si accorda con l’elemento del ramoscello d’olivo, simbolo biblico della speranza, nonché con l’immagine dei becchi d’aquile. Considerato però il significato di distruzione insito nel prefisso zer- e soprattutto la probabile allusione alle devastazioni naziste, figurate dalle aquile, è parso più opportuno tradurre con un’immagine che portasse alla luce la violenza implicita dell’originale.

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Finché tu sonnolente ti sarai chinata sulla pozza di sangue. È così: io sollevai, mentre combattevano violentemente, il vaso di terracotta27 su di loro, lasciai cadere tutte le rose, e, come se alcuni le avessero intrecciate nei capelli, chiamai l’uccello, per assolvere al compito della consolazione. Egli ti dipinge nell’occhio gli artigli di ombre. Ma io vedo venire la colomba, bianca, da Avalon.  

                                                                                                               27 Il sostantivo der Scherben indica nel süddeutsch un vaso di terracotta, ma è anche sinonimo di die Scherbe, che ha il significato di “coccio”, “frammento”. Da notare che nella tradizione ebraica il recipiente di terracotta e la sua rottura rappresentano un momento fondamentale del rito di purificazione (cfr. Levitico, 6, 21).