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Preistoria

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Preistoria

Il Paleolitico e ilMesolitico(120.000-8.000 anni fa)

Le prime tracce dellapresenza dell'uomonell'AcqueseMarica Venturino Gambari

Le più antiche testimonianze della frequenta-zione dell'Acquese durante la preistoria risalgo-no al Paleolitico medio (120.000-35.000 annifa), un lungo arco di tempo corrispondente alle prime due fasi della gla-ciazione würmiana che vede la diffusione in Europa dei primi ominidimoderni (Homo sapiens neandertalensis).

Schegge e strumenti in selce, rinvenuti in passato a Toleto di Ponzone ead Acqui Terme, sembrano confermare una pur limitata frequentazionedell'Appennino ligure-piemontese da parte di gruppi di cacciatori noma-di. Si tratta di piccole comunità caratterizzate da un'economia di tipopredatorio, a cui si devono forme temporanee di insediamento in grottae le prime pratiche funerarie, che si spostavano stagionalmente su ampiterritori, seguendo branchi di selvaggina (cavallo, alce e bisonte) e vi-vendo di caccia e della raccolta di prodotti vegetali spontanei.

Analoghe modalità di sfruttamento del territorio durante la secondaparte della glaciazione di Würm da parte di gruppi di Homo sapiens sa-

piens sembrano suggerire ancora sporadici rinvenimenti di strumenti inselce, databili genericamente nell'ambito del Paleolitico superiore(35.000-10.000 anni fa), come il grattatoio rinvenuto nel territorio diAcqui.

A spostamenti stagionali di piccoli gruppinell'ambito del primo Olocene (Mesoliti-co: 10.000-6.000 anni a.C.), in un am-biente dove il ritiro dei ghiacciai ed unclima più caldo avevano favorito il pro-gressivo ampliamento dei boschi e delleforeste a latifoglie, sono invece da ricon-durre diversi elementi di industria liticain selce di probabile reperimento locale(nucleo discoide, nucleo a lamelle, mi-crobulino e numerose schegge di lavora-zione) rinvenuti a Ponzone nel corso di ri-cognizioni di superficie. Questi dati inte-grano le ancora scarse informazioni sulMesolitico del Piemonte meridionale,dove nell' Astigiano sono stati recuperati strumenti databili ad un com-plesso culturale (Castelnoviano) già contemporaneo allo stanziamentosulla costa ligure dei primi agricoltori, mentre nell'Albese resti schele-

�Figura di alce dalle incisionirupestri della Valcamonica(Luine)(Mesolitico,10.000-6.000 anni a.C.).

�Principali risorse economi-che sfruttate dai cacciato-ri-raccoglitori mesolitici (daA. Guerreschi).

trici riferibili a sepolture ad inumazione si datano tra la fine del IX e lafine del VII millennio a.C.

È questo il periodo in cui in tutta l'Italia settentrionale i gruppi riduconola loro mobilità in ambiti geografici più circoscritti e sono più attenti adogni possibile fonte di sostentamento (piccola caccia, uccellagione, pe-sca, raccolta di molluschi e di vegetali commestibili); gli spostamentisono prevalentemente a carattere stagionale, da insediamenti in pianu-ra durante l'inverno a bivacchi in quota in estate, in relazione alle ne-cessità della caccia, ora effettuata soprattutto con l'arco e prevalente-mente orientata verso animali di piccola taglia, come cinghiali, cervi ostambecchi, e dell'approvvigionamento della selce e del quarzo neces-sari alla realizzazione di strumenti di dimensioni sempre più ridotte.

In tal modo essi acquisiscono progressivamente una migliore conoscenzadelle caratteristiche e delle potenzialità del territorio, verosimilmentepraticando già le prime rudimentali forme di scambio; infatti solo ipo-tizzando un tale scenario si può spiegare perché solo alcuni secoli piùtardi, intorno al 5.000 a.C., le prime comunità stanziali neolitiche, evo-lutesi dai locali gruppi mesolitici a seguito di contatti con i primi agri-coltori, manifestino una già acquisita conoscenza delle aree di approv-vigionamento e delle caratteristiche tecnologiche della pietra verde,anche e soprattutto in Piemonte, dove si localizzano i principali affiora-menti primari.

�Principali strumentidell'industria litica mesoliti-ca su quarzo dal sito 1 diAlpe Veglia (Parco NaturaleVeglia-Devero, val d'Ossola)(da A. Guerreschi).

Il Neolitico(5.750-3.500 a.C.)

Dalla caccia all'allevamento,dalla raccolta dei prodottivegetali spontaneiall'agricolturaMarica Venturino Gambari

Più consitente è la documentazione riferibile al Neolitico, un lungo arcodi tempo nel quale l'uomo dà avvio e porta a compimento un radicalecambiamento delle basi economiche della propria sopravvivenza, con ilpassaggio da forme di sussistenza basate sulla caccia e sulla raccolta adun'economia di tipo produttivo incentrata sulla coltivazione di cereali eleguminose e sull'allevamento del bestiame.

Questo passaggio è accompagnato dall'introduzione di una serie di inno-vazioni tecnologiche che favoriscono una rapida crescita demograficadelle comunità, ormai stanziali ed organizzate in villaggi sempre piùstrutturati, quali la manifattura della ceramica, la tessitura e la filatu-ra, la levigatura della pietra, l'utilizzo di lame di falcetto in selce per lamietitura, l'mpiego di macine e di macinelli per lo sfarinamento dellegranaglie.

Una particolare importanza rivestono le asce, con tagliente trasversaleall'immanicatura, e le accette, immanicate con il tagliente parallelo almanico in legno, in pietra verde levigata; esse erano utilizzate per ab-battere gli alberi al fine di creare spazi aperti per le coltivazioni e perl'allevamento, oltre che per tutti quei lavori di carpenteria del legno ne-cessari alle quotidiane esigenze di sopravvivenza.

La consistente presenza di semilavorati (abbozzi e scarti di lavorazionecon sommaria levigatura del tagliente) e di percussori, ciottoli di di-

�Ipotesi ricostruttiva delleattività che venivano svolteall'interno di un villaggioneolitico (dis. L. TogliattoAmateis).

mensioni e pesi differenti utilizzati per lascheggiatura e la martellinatura dei supporti,suggerisce l'esistenza nell'Appennino ligure-pie-montese, ed in particolare nella conca del Sas-sello, di zone di approvvigionamento e di primalavorazione della materia prima, prevalente-mente onfacitite e eclogite. In quest'area pie-tre verdi con caratteristiche idonee alla fabbri-cazione di manufatti levigati sono presenti sot-to forma di ciottoli all'interno di conglomeratioligocenici; negli affioramenti primari e, forsecon maggiore facilità, nell'alveo dei fiumi e deitorrenti che erodono tali formazioni (Bormida esoprattutto Erro) era infatti agevole per l'uomoneolitico, che aveva da tempo acquisito unasomma di saperi empirici che lo guidavano nellascelta dei supporti, reperire ciottoli già selezio-nati per caratteristiche litologiche (compattez-za, durezza e tenacità) e per dimensioni.

Se quest'area doveva costituire allora una sortadi cava a cielo aperto, frequentata da comunitàneolitiche liguri e piemontesi per l' approvvigio-namento di pietra verde da utilizzare sia per lequotidiane necessità di sopravvivenza sia perimmetterla in un più ampio circuito di scambi,era verosimilmente nell'ambito dei villaggi cheveniva completata la catena operativa, attra-verso la martellinatura della superficie e la le-vigatura del tagliente.

Tracce di insediamenti neolitici sono segnalateanche nella conca di Acqui Terme, dove, lungo ibassi terrazzi della Bormida lavori di cava perl'estrazione di argilla dagli inizi del XX secolo

avevano eviden-ziato la presenzadi stratigrafie ar-cheologiche conresti di strutture,focolari e forse se-polture.

Anche nel territo-rio di Ponzone laricchezza e le ca-ratteristiche deireperti rinvenuti a partire dalla metà delXIX secolo consentono di ipotizzare già dalNeolitico antico la presenza di insedia-menti stabili, in una posizione strategicaper i collegamenti tra la costa ligure e lapianura, facilmente raggiungibile sia attra-verso percorsi di crinale che lungo la valledell'Erro, ed in prossimità delle aree di ap-provvigionamento della materia prima.

�Ricostruzione graficadell'immanicatura di lamein pietra verde ad accetta,con tagliente parallelo almanico, e ad ascia, con ta-gliente trasversale al mani-co; la prima era utilizzataprevalentemente perl'abbattimento degli alberi,la seconda era impiegatanei lavori di carpenteria dellegno (dis. M. Giaretti).

�Scena di aratura dalle inci-sioni rupestri della Valca-monica (Nadro, Dos Cuì).

Dal ciottoloall'ascia

La lavorazione dellapietra verde perla produzionedi manufatti levigatiMarica Venturino Gambari

In Italia nord-occidentale sonoubicati i principali affioramenti dirocce di tipo metamorfico (eclogi-ti, onfacititi, giadeititi) che hannocostituito tra il VI ed il II millennio

a.C. il supporto preferito dall'uomo preistorico per la realizza-zione di utensili, armi ed orna-menti in pietra levigata.

Il reperimento della materia pri-ma avveniva di rado nelle zone de-gli affioramenti primari (Monviso,

Massiccio di Voltri), più frequente-mente nei depositi alluvionali deifiumi e dei torrenti che da quellearee si originano; la scelta di que-sti particolari litotipi, all'interno

di un'ampia gamma di rocce pre-senti, può essere stata determina-ta sia dalle caratteristiche petro-grafiche (grana fine, tessituracompatta, durezza), sia dagli

aspetti più direttamente connessialla lavorazione (facilità di riaffi-latura del tagliente, possibilità direcuperi funzionali di strumentirotti). L'omogeneità delle materie

prime utilizzate potrebbe forse anche spiegarsi con la presenzaall'interno delle comunità preistoriche di specialisti che si dedicavano inmodo particolare alla prospezione ed alla raccolta dei supporti, in modoanalogo a quanto supposto per la diffusione dello strumentario liticoscheggiato, ipotizzando l'esistenza di figure itineranti che si spostavano

da un villaggio ad un altro con nuclei preformati per soddisfare specifi-che richieste e fabbisogni locali.

In Piemonte, nel cui territorio sono localizzate le principali aree di repe-rimento primario di materiale allo stato grezzo, la raccolta di pietra

a

b

�Dopo essere stato scheggia-to con un percussore pesan-te per predeterminare laforma della lama, le super-fici del ciottolo vengono re-golarizzate attraverso lamartellinatura, effettuatacon un percussore di più ri-dotte dimensioni (a); la le-vigatura della parte piùprossima al tagliente, alfine di renderlo affilato, etalvolta dell'intero manu-fatto viene effettuata sumole dormienti, solitamen-te in arenaria, conl'aggiunta di acqua (b) (fotoCentro di Archeologia Speri-mentale, Torino).

verde e la produzione di manufatti levigatisono documentati a partire già dal Neoliticoantico (5.000-4.750 a.C.).

Particolarmente interessante il rinvenimen-to di semilavorati che documentano le di-verse fasi della catena operativa, dalla sele-zione del ciottolo, opportunamente sceltoin base alla forma, alla scheggiatura per re-golarizzarne i margini e predeterminarneforma e spessore, alla martellinatura, ne-cessaria come finitura della superficie e peragevolare la presa dell'immanicatura, edalla levigatura finale; l'esame degli scarti,che corrispondono per lo più ad imprevisti dilavorazione, documenta come lo stadio più

difficoltoso fosse costituito dalla martelli-natura della superficie, durante la quale siverificava sovente che l'abbozzo si fratturas-se; in tale circostanza esso veniva in molti

casi riutilizzato come percussore.

Il rinvenimento di asce in diverse località dell'Appennino ligure-piemon-tese, in direzione della costa ligure e della valle del Tanaro, dove inse-diamenti del Neolitico sono attestati a partire dagli inizi del V millennioa.C., suggeriscono un precoce utilizzo come via di transito della valledella Bormida in un periodo in cui, in assenza della trazione animale edin un paesaggio ancora naturale di fitte foreste di caducifoglie, le valli

fluviali rivestono un ruolo di particolare im-portanza nella veicolazione di materie pri-me, di beni materiali e di innovazioni tecno-logiche, rendendo possibili contatti e scambitra le comunità.

Proprio in questo contesto va segnalata lapresenza a Ponzone di reperti privi di unachiara valenza funzionale, come la grande

ascia in onfacitite, la cui inusuale lunghezzarende poco plausibile un'immanicatura per iltradizionale utilizzo nell'attività di disbosca-mento; a questo tipo di reperti, talvolta ca-ratterizzati, oltre che da una lunghezza su-periore ai 20 cm, dalla scelta di litotipi conparticolari qualità estetiche e dalla levigatu-ra totale della lama, viene in genere attribui-to un significato simbolico, a rimarcare lacondizione di prestigio e di distinzione socia-le di alcuni individui all'interno di comunità

neolitiche solitamente non particolarmentegerarchizzate.

�Ripostiglio di manufatti le-vigati da S. Damiano d'Asti(Neolitico medio, intorno al4.500 a.C.). La presenza dilame di ascia interamentelevigate, realizzate su un li-totipo di particolare pregio(giadeitite) e talvolta digrandi dimensioni, escludeuna valenza funzionale deireperti e ne evidenzia il ca-rattere simbolico di accu-mulo di ricchezza e di benidi prestiglio (foto G. Galla-rate).

�Asce lunghe, simbolo di ric-chezza e di prestigio socia-le, dal territoriopiemontese (Neolitico-etàdel Rame) (foto G. Gallara-te).

L'età del Ramee l'antica etàdel Bronzo(3.500-1.650 a.C.)

Rame e bronzo: i primimetalli.Transumanza epascoli in quotaMarica Venturino Gambari

A partire dal 3.650 a.C. nell 'entroter-ra di Sestri Levante (Monte Loreto,Libiola) sono attestate le più anti-che attività estrattive di minerali dirame dell'Italia nordoccidentale. Inun momento precedente la probabi-le attività di prospettori di me-talli, provenienti dal Mediterra-neo orientale, dalle Eolie e dal-la Sardegna, che frequentanogià verso la fine del V millennioa.C. le rotte dell'Alto Tirreno,diffonde la conoscenza del me-tallo anche in Liguria e nel Pie-monte meridionale. I più antichimanufatti, come una sottile le-sina rinvenuta ad Alba e databi-le intorno al 4200 a.C., mostra-no un quadro in cui il rame è ancoramolto prezioso e non è indurito dallacombinazione in leghe, mentre le princi-pali armi e gli utensili continuano ad es-sere realizzati in pietra scheggiata e levi-gata.

L'allevamento di bovini e ovicaprini e latransumanza stagionale si diffondono inquesto periodo in tutta l'area appenninicacome un sistema economico complesso,che produce notevoli eccedenze alimentari favorendo contemporanea-mente la crescita demografica ed uno sviluppo delle strutture sociali.Contemporaneamente i boschi in quota vengono progressivamente dira-dati attraverso l'uso del fuoco al fine di creare nuovi spazi da destinareal pascolo, innescando i primi fenomeni di erosione dei suoli di cui anco-ra oggi si possono constatare le conseguenze.

Intorno al 3.500 a.C. incominciano a manifestarsi influenze esterne chesi collegano a grandi movimenti a scala continentale, in cui sono proba-bilmente da comprendere i primi flussi che diffondono dall'Europaorientale popolazioni parlanti lingue della famiglia indoeuropea. Diver-

�Ricostruzionedell'abbigliamento edell'armamento dell'uomodel Similaun (Alto-Adige)(età del Rame, intorno al3.200 a.C) (da Atelier Day-nes, Paris).

se facies ceramiche si incrociano così inPiemonte insieme ad usi funerari, comela tomba collettiva monumentale diAlba, che evidenziano la formazione diélite dominanti; queste progressivamen-te assumono come elemento di distinzio-ne la ricchezza degli elementi di orna-mento personale ed un armamento com-plesso e specializzato dapprima in pietra(asce da battaglia, pugnali in selce origi-naria della Cisalpina orientale) e poi,sempre di più, in metallo (pugnali, ascepiatte ed alabarde di rame). Nel corsodel III millennio anche in Piemonte re-perti e aspetti monumentali, come lestatue-stele, evidenziano l'avvenuta for-mazione di un ceto dominante di guerrie-ri, che inseriscono nel cerimoniale fune-rario l'enfasi della glorificazione dell' an-tenato-eroe defunto in funzione dinasti-ca.

Armi di questo tipo, provenienti probabilmente da tombe sconvolte,sono state rinvenute a Villa del Foro e a Frassineto (pugnali in selce deimonti Lessini) come a Carentino (ascia da battaglia in metagabbro),mentre una fase avanzata di questo periodo (intorno al 2.600 a.C.) ap-pare documentata da strutture di insediamento a Frascaro.

Variazioni climatiche favorevoli ad unamaggiore stabilizzazione del quadro delpopolamento insieme ad una più diffusaorganizzazione della rete degli scambicontinentali a lunga distanza, che con-sente allo stagno della Cornovaglia e del-la Boemia di raggiungere le nostre zone,determinano intorno alla fine del III mil-lennio a.C. il passaggio all'età del Bronzo,con la progressiva formazione di unitàculturali su grandi estensioni, che giàsembrano prefigurare caratterizzazionietniche. In valle Bormida questo periododell'antica età del Bronzo è mal conosciu-to anche se alcuni indizi sembrano indi-care influenze della Padania orientale,attraverso le vie di collegamento fluvia-le, come per il frammento di un grandevaso biconico contenitore, tipico dellepalafitte dell'anfiteatro morenico delLago di Garda, rinvenuto nella cava distrada Savona ad Acqui Terme.

�Lesina in rame a sezionequadrangolare rinvenuta adAlba, corso Europa (Neoliti-co medio, 4.250-4.000 a.C.)

�Lame di pugnale (Frassinetoe S. Agata Fossili) e puntadi freccia (Moncucco Tori-nese) in selce (età delRame, 2.900-2.400 a.C.);ascia-martello forata inmetagabbro da Carentino(Neolitico finale,4.000-3.500 a.C.) (foto G.Gallarate).

L'età del Bronzomedio-tarda(1.700-1.200 a.C.)

L'organizzazione delterritorio e delle viefluviali, la definizioneareale dei gruppietnici piemontesiMarica Venturino Gambari

A partire dalla media età del Bronzo(1.700-1.350 a.C.) e fino all'età del Bronzorecente (1.350-1.200 a.C.) gli insediamentidi Acqui Terme-loc. Marchiolli, Castelceriolo e Castellazzo Bormidascandiscono i momenti di una progressiva occupazione dei bassi terrazzifluviali della Bormida da parte di gruppi umani via via sempre più nume-rosi, in un clima più freddo di quello attuale, caratterizzato da forti va-riazioni pluviometriche stagionali. Si tratta di un popolamento a carat-tere sparso, basato su forme economiche semplici, con coltivazioni dicereali e leguminose e allevamento di bovini, suini e caprovini; questaorganizzazione socio-economica non è ancora in grado di supportareconcentrazioni demografiche paragonabili a quelle dell'area centropa-dana (dove fioriscono i garandi villaggi su palafitta e le terramare), masono già evidenti l'organizzazione ed il controllo del territorio attraver-so la gestione delle principali vie di comunicazione fluviale, che da que-sto momento in poi condizioneranno in modo determinante la geografiadel popolamento preromano in Piemonte fino alla romanizzazione.

È questo il periodo in cui si attua il graduale passaggio dal rito funerariodell'inumazione a quello della cremazione, con la deposizione dei restidapprima all'interno di fosse scavate nel terreno e forse ricoperte da unbasso tumulo, poi in un'urna fittile, insieme agli oggetti abbigliamento edi corredo passati sul rogo funebre.

Se i reperti recuperati in loc. Marchiolli di Acqui Terme si limitano ad at-testare la presenza di un abitato sulla sponda destra della Bormida,

�Tomba a cremazione daAlessandria, loc. CascinaChiappona (media età delBronzo, 1.450-1.350 a.C.);all'interno dell'urna eranoconservati i resti cremati egli elementi del corredometallico (pugnale, spilloneed elemento di copricavi-glia in bronzo) (foto G. Gal-larate).

�Corredo della tomba adinumazione di Alba-Mokafè;lo spillone in bronzo chiu-deva il mantello sulla spallasinistra, mentre la ciotola,contenente probabilmentecibo o bevande, era statacollocata ai piedi del de-funto (media età del Bron-zo, 1.500-1.350 a.C.)

l'indagine archeologica condotta a Castellazzo Bormida, seppure limita-ta, ha consentito, attraverso l'analisi di macroresti vegetali carbonizza-ti, di precisare alcuni aspetti delle coltivazioni agricole (frumento, orzoe miglio) e della fisionomia del paesaggio agrario circostantel'insediamento.

Già a partire dalla fase finale della media età del Bronzo (intorno al1.450 a.C.) appare ormai definito in tutta l'area nordoccidentale unaspetto culturale unitario, documentato da insediamenti e da numerosenecropoli. La metallurgia attesta la circolazione di tipologie a carattereregionale, mentre la ceramica è rappresentata da piccole ciotole care-nate, vasi biconico-schiacciati, vasi troncoconici e di forma biconica,questi ultimi decorati da fasci di solcature o da denti di lupo alternatiche definiscono motivi a risparmio.

Con la piena età del Bronzo recente (1.275-1.200 a.C.) l'ubicazione deisiti, le caratteristiche delle necropoli, le tipologie delle ceramiche diuso domestico e funerario consentono di documentare l'ormai avvenutadefinizione di due differenti aspetti, all'interno di un ambito culturaleomogeneo, ampiamente confermato in tutta l'Italia nordoccidentaledall'uniformità delle tipologie metalliche dell'ornamento e dell' arma-mento in bronzo. Nel Piemonte settentrionale, a nord del Po, la culturadi Canegrate appare bene inserita all'interno di un territorio orientatosui commerci fluviali con le aree transalpine lungo la via del Ticino edell'Agogna, mentre a sud del Po, la facies Alba-Solero attesta una parti-colare concentrazione dei siti lungo le valli del Tanaro e dei sui principa-li affluenti di destra, con significativi confronti del repertorio delle ce-ramiche con siti della Liguria e dell'Emilia occidentale.

Questa particolare geografia del popolamento sembrerebbe indiziareche il processo di definizione areale dei gruppi etnici piemontesidell'età del Ferro, come verranno in seguito riconosciuti dalle fonti sto-riche, nei territori a nord (Golasecchiani/Insubri) e a sud (Liguri) del Poabbia incominciato a delinearsi ben prima dell'età del Bronzo finale, giàa partire dalla seconda metà del XIV secolo a.C.

�Principali forme in cerami-ca di impasto della faciesAlba-Solero (età del Bronzorecente, 1.275-1.200 a.C.)dall'insediamento di Solero,loc. Cascina Urbana (fotoG. Gallarate).

L'età del Bronzo finale(1.200-900 a.C.)

L'importanza dell'area del Sassello:miniere, reperti metallici isolati eripostigliMarica Venturino Gambari

Particolarmente significativa è la documentazione archeologica riferibi-le all'età del Bronzo finale, che con l'insediamento di Montechiarod'Acqui e i ripostigli di reperti metallici di Sassello, la cui deposizione sidata intorno al 1.200 a.C., e di Cairo Montenotte (fine XI-X secolo a.C.)indica con chiarezza la natura e la direzione degli interessi economi-co-commerciali dei gruppi acquesi alle soglie dell'età del Ferro.

Appare infatti significativo rilevare come un rinnovato interesse perl'area del Sassello, dopo quanto verificatosi già nel Neolitico in relazio-ne allo sfruttamento della pietra verde, possa trovare una motivazionein nuove modalità di prospezione e di sfruttamento del territorio nelcorso del II millennio a.C., legate alle necessità di approvvigionamentodel rame necessario alla metallurgia del bronzo. La densità di rinveni-menti di ripostigli e di reperti metallici isolati è infatti in genere in rela-zione a zone minerarie che, se anche non destano interesse per le mo-derne tecniche di coltivazione, possono essere state una preziosa fontedi approvvigionamento per l'attività metallurgica dell'età del Bronzo.

Il rinvenimento di asce dell'antica e media età del Bronzo nel territoriodi Giusvalla e Sassello, in un'area dove è segnalata la presenza di minie-re di rame coltivate ancora fino a tempi recenti, appare in questa pro-spettiva complementare a quello dei ripostiglio del Sassello, formato daoggetti finiti (punte di lancia, rasoio, lingotto) e da rottami (frammentidi spade e di una punta di lancia) destinati alla rifusione, e di Cairo Mon-tenotte, di cui l'unica armilla conservata faceva parte, insieme ad altriesemplari simili, di un ripostiglio di circa 40 kg di reperti di bronzo.

�Armilla in bronzo, unicaconservatasi dal ripostigliodi Cairo Montenotte (etàdel Bronzo finale, fine XI-Xsecolo a.C.); la forma e ladecorazione dell'armillanon hanno confronti in Ita-lia, mentre sono tipichedella cultura dei Campid'Urne dell'areale elveti-co-renano (dis. M. Giachi-no).

La presenza dei ripostigli, a partire dalla fase avanzata dell'antica l'etàdel Bronzo, è solitamente considerata un indizio dell'attività di artigianimetallurghi ambulanti lungo le principali vie di traffici, vista anche la ri-petitiva associazione al loro interno di oggetti finiti, di rottami fram-mentati, di lingotti e talvolta di forme di fusione in pietra e argilla, an-che se non è possibile escludere a priori forme di tesaurizzazione daparte delle comunità locali. Il collegamento di questi individui, solita-

mente non perfettamente in-tegrati all' interno delle co-munità, con le cerchie metal-lurgiche transalpine, in parti-colare dell' area franco-elve-tica, soprattutto a partiredalla media età del Bronzo, sicoglie nella tipologia dei di-versi reperti (asce, spade,pugnali, spilloni e armille),che trovano in genere pun-tuali riscontri e confronti nel-le valli dell'alto Rodano e delReno.

antica età del Bronzo

media età del Bronzo

età del Bronzo recente

età del Bronzo finale

�Localizzazione dei principa-li ripostigli di reperti metal-lici in territorio piemontesetra l'antica età del Bronzo el'età del Bronzo finale(2.200-900 a.C.)

�Forma di fusione bivalveper spade a lingua di presain tre differenti misure, conreplica sperimentale deipositivi in bronzo, da Pive-rone (età del Bronzo finale,1.100-1.000 a.C.)

Gli Etruschilungo i fiumi

La prima età del Ferro(900-400 a.C.) nellaLiguria interna enell'AcqueseFilippo M. Gambari

Nella prima età del Ferro,

tra il IX ed il V secolo a. C., ilcommercio etrusco favori-sce la crescita socioecono-mica e culturale delle popo-lazioni liguri dell'entroterra,

fino al crollo del sistema

commerciale e territorialeformato dalle città dell'Etru-ria Padana (Bologna/Felsi-

na, Modena, Mantova, Ba-gnolo S. Vito, Spina, Adria) e

dai centri protourbani della

cultura di Golasecca (Milano,Como, Bergamo, Brescia, Lodi,

Vercelli) a seguito delle invasioni galliche con gli inizi del IV se-colo a.C.

Già nel corso almeno dell'VIII secolo a.C. la valle del Tanaro, navigabilea valle di Cherasco, sembra diventare un asse privilegiato dei collega-menti est-ovest verso le risorse metallurgiche delle Alpi Cozie, linea di

raccordo del commercio etrusco originato dal grande polo di Bologna

ma anche confluenza (nel prolungamento diretto del corso lombar-do-emiliano del Po) delle vie appenniniche che portano dalla costa ligu-re orientale, dall'Entella al Magra, i commerci dei grandi centri maritti-mi dell'Etruria meridionale. Lo conferma l'arrivo ad Asti agli inizi dell'VIII

secolo a.C. di un elmo crestato di probabile produzione tarquiniese, of-ferto come dono votivo con un seppellimento nel letto del fiume in una

zona di guado.

Il popolamento dell'entroterra ligure nella prima età del Ferro si artico-la tra insediamenti allo sbocco delle valli, siti a carattere stagionale ed

emporiale lungo l'asse fluviale del Tanaro ed un sistema di centri

d'altura o di versante a controllo delle principali vie transappenniniche.

Il punto d'arrivo di questa evoluzione è il quadro osservabile nel VI-V se-colo a.C., con ricchi empori stagionali come Villa del Foro, in cui compa-iono le tracce scritte di personaggi etruschi o etruschizzati evidente-mente impegnati lungo la via commerciale, insediamenti stabili allo

�Elmo crestato villanovianoin lamina di bronzo di pro-babile produzione tarqui-niese, dal letto del Tanaropresso Asti (prima età delFerro, VIII secolo a.C.) (fotoG. Gallarate).

sbocco delle valli, come Tortona o Fra-scaro, e centri di altura come il Guarda-monte di Gremiasco.

A differenza della cultura di Golasecca,

però, il mondo ligure non è capace di

produrre processi autonomi di formazio-ne di centri urbani, probabilmente per-

ché il principale ruolo è svolto dalle fon-dazioni coloniali etrusche sulla costa, a

partire da Genova e Savona. Si assiste

così ad una assimilazione al mondo etru-sco di singoli personaggi di origine ligure

e ad una diffusione di iscrizioni in etru-

sco in ambito locale, ma non alla cresci-ta autonoma di una aristocrazia locale o

alla elaborazione di un sistema scrittorio proprio.

Un emporio come quello di Villa del Foro, punto di arrivo di pregiati ma-

nufatti di produzione etrusca, doveva anche raccogliere dall'entroterramerce di scambio: una produzione laniera ed una favorevole situazione

ambientale per la raccolta di erbe tintorie di qualità (robbia, guado)

giustificherebbero un commercio basato sulla contropartita di filati di

pregio. D'altra parte il ritrovamento ad Acqui di un frammento di fibula

con terminazione "a vaso", secondo modelli ben presenti a Villa del Foroe nell'areale golasecchiano, sembra attestare fin dal VI secolo a.C. la

presenza di tombe protostoriche, probabilmente violate o sconvolte in

età romana.

�Frammento di bicchiere ca-renato in bucchero padanocon iscrizione in caratterietruschi it[an ---] ("questo[è offerta] di .....") da Villadel Foro (Alessandria) (me-dia età del Ferro, intorno al550 a.C.) (foto G. Lovera).

�Localizzazione dei principa-li insediamenti del VI-V se-colo a.C. nella Liguriainterna.

Pastorie mercenari

Gli Statielli nella seconda età delFerro (400-173 a.C.)Filippo M. Gambari

Nella seconda età del Ferro, dalla fine del V secolo alla conquista roma-na, l'arroccamento delle popolazioni nelle vallate appenniniche e laprevalenza di un'economia povera basata sul binomio pastorizia-merce-nariato determinano in effetti l'immagine stereotipata nelle fonti latinedell'impoverimento dell'entroterra ligure. In realtà ininterrotti rapporticommerciali e una riorganizzazione socioeconomica delle comunitàcontribuiscono alla concreta formazione delle etnie principali, come gliStatielli e i Bagienni, attraverso rapporti differenziati con le città dellacosta e lo stato romano, che ha comunque un ruolo devastante non soloe non tanto per l'azione bellica ma soprattutto per l'ininterrotta politicadi divisione e sradicamento delle popolazioni appenniniche e di distru-zione dei supporti economici del popolamento. Il risultato storico diquesto sarà, in modo analogo con le aree appenniniche della penisola,l'ampia diffusione del latifondo in età romana.

I gruppi etnici che distinguono i principali ceppi liguri dell'Alessandrinoe del Cuneese appaiono nella seconda età del Ferro in contrasto tra diloro ed in un quadro di alleanze con gruppi minori. È solo dal IV secoloa.C. che appare corretto il riconoscimento dell'ethnos degli Statielli, lacui denominazione è interpretabile sulla base della radice indoeuropeaper "stare", e significa dunque "gli indigeni, quelli che occupano un ter-ritorio", in contrasto evidentemente con altri cui viene attribuito unmovimento, recente o antico.

�Ricostruzione dell'abitatosu altura della seconda etàdel Ferro di Montaldo diMondovì (Cuneo), esempiodi centro ligure appennini-co del IV-III secolo a.C.(dis. F. Corni).

Il precoce interrompersi con il primoquarto del V secolo del commercionell'emporio di Villa del Foro appare co-incidente con i primi arrivi di piccoligruppi celtici transalpini dediti al sac-

cheggio. Già prima di questa data però la fondazione sulla costa dellacolonia di Genova nel VI secolo e, probabilmente in un momento coevo odi poco posteriore, di Savona aveva creato dei poli di attrazione delcommercio indigeno che a partire dal V secolo diventeranno di certoprevalenti. L'evidente "arroccamento" nelle vallate appenniniche con ilV secolo può dunque essere un risultato delle prime scorrerie di gruppiceltici ma anche il logico riferimento ai centri costieri, i veri "empori deiliguri" conosciuti dalle fonti romane, nel venire a mancare del sistemacommerciale lungo la via fluviale. Si fissa così il ruolo di Genova e Savo-na come centri di raccolta dei prodotti dell'entroterra ed anche dellepianure della Liguria interna (pellame e prodotti agricoli ma ancheequini da soma e schiavi), oltre che piazze di arruolamento dei merce-nari liguri, presenti su molti campi di battaglia non solo dell'Italia cen-

tro-meridionale. L'insediamento diPonzone, pur scavato solo parzial-mente, databile sulla base della ce-ramica al IV-III secolo a.C., sembraconfermare bene il quadro propo-sto: gli Statielli, dominanti su unesteso territorio, occupavano l'areacompresa tra il Tanaro a nord, lospartiacque Bormida-Belbo adovest, il crinale appenninico a sud,lo spartiacque Scrivia-Orba a est,con occasionali inclusioni in rappor-ti di alleanza o dipendenza delle po-polazioni minori confinanti.

Statielli

Bagienni

Bagienni Montani

�Particolare della Tabula Pe-demontii antiqui, et mediiaevii, incisione di P. Amatie P. Tela da un disegno diLirelli (fine XVIII sec.) conindividuazione degli arealidelle principali popolazionidella Liguria interna pie-montese.

�Scena di pastorizia nell'arealigure appenninica su unastele romana del I secolod.C. (Torino, Museo di Anti-chità).

L'eredità di Annibale

Gli Statielli nella seconda guerrapunica e la conquista romana(222-109 a.C.)Filippo M. Gambari

La precoce rivalità tra Genova e Savona si riflette sulle popolazionidell'interno, condizionandone i rapporti reciproci e, soprattutto, a par-tire dalla fine del III secolo, le relazioni con la sempre più presente po-tenza romana. Nella II guerra punica, la prima è fedele alleata dei Ro-mani (e distrutta da Magone e dai Savonesi nel 205 a.C.), la secondabase delle azioni navali cartaginesi nel 205 e centro di reclutamento dimercenari liguri e galli. I Bagienni del Cuneese, estesi probabilmentefino alla valle Belbo e chemostrano nel materiale ar-cheologico coevo uno scar-so rapporto commercialecon Savona, figurano se-condo le fonti romane alle-ati dei Romani findall'epoca della battaglia diCanne (216 a.C.) e subisco-no una romanizzazione delterritorio meno traumaticadei vicini Statielli o dei

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1 Caraglio, torrente Grana2 Borgo San Dalmazzo3 Alba4 Acqui Terme, piazza della Bollente

�Carta di distribuzione dimonete greche e puniche,genericamente collegabilial compenso di attivitàmercenarie nel periodo del-le guerre puniche.

�Bronzo di Gerone II di Sira-cusa, probabilmente similea quello rinvenuto ad Acquinel 1903, non più reperibile(scala 2:1).

Ripostiglio

Rinvenimento isolato

Montani del Monregalese. Gli Statielli,legati a Savona ed ostili a Genova, di cuiminacciavano la via verso l'entroterra at-traverso la valle Scrivia, non figuranonell'elenco degli alleati dei Romani a Can-ne e partecipano probabilmente alle levedi Liguri e Galli operate da Magone nel205. Poco dopo, verosimilmente già nel197, subiranno l'aggressione romana, checulminerà nelle sleali vessazioni di Popi-lio Lenate del 173 e nella distruzione diCarystum.

La provenienza dalla collina del Castellodi Acqui di pregiata ceramica a vernicenera della fine del III/ prima metà del IIsec. a C. ed il ritrovamento nel 1903 di al-meno una moneta di Gerone II (re dei Si-racusani dal 265 al 215 a.C.) in scavi pro-fondi nella piazza della Bollente fornisco-no indizi per la localizzazione del capolu-ogo degli Statielli: la moneta in particola-re può essere un compenso di attivitàmercenaria ed appare comunque singola-re la coincidenza del possibile occasiona-le rapporto con una potenza notoriamen-te alleata dei Cartaginesi nella prima enella seconda guerra punica. Non è dun-que improbabile che il sito della preroma-na Carystum fosse adiacente a quello del-la successiva città romana di Aquae: si ri-proporrebbe così un modello già verifica-to in valle Scrivia per il centro preromanoe romano di Libarna. È al contrario possi-bile identificare nella bassa vercellese lazona di ricollocazione degli Statielli libe-

rati e collocati secondo le fonti in un territorio "al di là del Po", con unalogica solo parzialmente risarcitoria e comunque certamente pruden-ziale da parte dei Romani, che hanno in più occasioni utilizzato lo stru-mento della deportazione per spegnere ogni focolaio di resistenza daparte delle popolazioni liguri ritenute ostili.

Contemporaneo a questi avvenimenti è l'insediamento di Cassine, cheabbina ad un quadro economico evidentemente povero l'attestazione dinumerose forme di derivazione dalle produzioni della vernice neradell'Etruria settentrionale, ben presenti a Savona. Una maggiore ric-chezza ed abbondanza di ceramica di importazione anche dall'area ibe-rica denunciano invece le tombe di Casal Cermelli del II secolo a.C.,probabilmente posteriori ai fatti del 173 e riferibili ad una comunità in-digena ormai ben inserita nel processo di romanizzazione. I pochi corre-di tombali acquesi coevi testimoniano la permanenza di nuclei di indige-ni all'interno della comunità locale: il corredo incompleto da tomba acremazione da loc. Cascinotto di Morsasco, databile a cavallo della finedel II secolo a.C., mostra negli elementi metallici l'abbinamento del co-stume tradizionale locale ad un porta-strigili pregiato in bronzo, di pro-duzione centroitalica ma diffuso in contesti di tombe galliche coeve del-la Cisalpina e dell'area alpina.

�Asce da getto in ferro ditipo ligure dalle incisionirupestri della valle di Susa:con simili armi, lanciate dapiccoli gruppi di incursoriper recidere le gambe deifanti di prima linea mentregli scudi erano alzati perproteggersi dai giavellotti edai proiettili di frombola, imercenari liguri a Canneprovocarono gravi perditenell'esercito dei Romani edegli alleati.