Povertà e consumi delle famiglie - Rapporto Caritas 2013

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Povertà, consumi e statistiche * Non esiste una definizione chiara e univoca del concetto di povertà, ma con questo termine si indica un’ampia serie di situazioni anche molto diverse tra loro. “Povero è infatti il senza dimora, colui che, privo di mezzi di sostentamento, si affida alla carità del prossimo per sopravvivere; povero è chi con una pensione minima non riesce a soddisfare i propri pur limitati bisogni. Povero è anche colui che non riesce ad acquisire i beni e servizi normalmente disponibili per gli individui appartenenti al suo contesto di riferimento. Povero, infine, è colui che non riesce a soddisfare specifici bisogni legati, ad esempio, alla condizione di disabilità. In altre parole, a seconda dei bisogni di volta in volta considerati essenziali, il confine che circoscrive l’universo dei poveri si sposta, individuando forme di povertà via via meno estreme, ma non meno degne di attenzione” [Istat]. Partendo dalla definizione di povertà è possibile quantificare i poveri. L’Istat distingue tra povertà assoluta, legata al livello di vita minimo accettabile, indipendente dalle condizioni di vita prevalenti nel resto della comunità, e povertà relativa che si basa, invece, sull’assunzione che la condizione di un individuo non può essere definita se non a partire dall’ambiente nel quale vive, per cui “persone, famiglie, gruppi di popolazione possono essere considerati poveri quando mancano di risorse per raggiungere quei tipi di alimentazione, partecipare a quelle attività ed avere quelle condizioni di vita e comodità che sono abituali o almeno largamente incoraggiati ed approvati nelle società alle quali appartengono”. Secondo quest’ultima definizione in Sardegna ci sono 147 mila famiglie povere, il 20,7% del totale delle famiglie residenti nell’Isola (dato al 2012, ultimo disponibile), che si traduce in più di 400 mila sardi poveri. Questa percentuale, che misura però solo la diffusione del fenomeno ma non dice nulla su “quanto” siano povere le famiglie, è cresciuta rispetto al passato ed è ormai molto più alta rispetto alla media nazionale ferma all’12,7%. Nel 2003 (primo anno della serie Istat) infatti la percentuale di famiglie sarde povere era simile a quella nazionale: rispettivamente 13,3% in Sardegna e 10,8% la media nazionale, oggi c’è invece un divario evidente: 10 punti percentuali. Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Le fonti ufficiali riferiscono però di un miglioramento, nel periodo in esame, della situazione economica della Sardegna, in alcuni casi anche superiore al resto del Paese. Citiamo come esempio il reddito a disposizione dei sardi: nel 2003 era di 1.080 euro al mese ed è aumentato del 15% arrivando nel 2011 a * A cura di Lucia Schirru, Vispo Srl. 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Indice di povertà regionale (famiglie) Popolazione che vive in famiglie al di sotto della soglia di povertà (percentuale) Sardegna Italia Mezzogiorno Nord

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Partendo dalla definizione di povertà è possibile quantificare i poveri. In Sardegna ci sono 147 mila famiglie povere (2012). In conclusione la crescita dell’incidenza della povertà relativa nell’Isola si può legare all’incremento della soglia di povertà definita a livello nazionale, il contemporaneo ridursi del valore del reddito medio regionale rispetto a quello nazionale e la bassa concentrazione dei redditi e dei consumi.

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Povertà, consumi e statistiche*

Non esiste una definizione chiara e univoca del concetto di povertà, ma con questo termine si indica un’ampia serie di situazioni anche molto diverse tra loro. “Povero è infatti il senza dimora, colui che, privo di mezzi di sostentamento, si affida alla carità del prossimo per sopravvivere; povero è chi con una pensione minima non riesce a soddisfare i propri pur limitati bisogni. Povero è anche colui che non riesce ad acquisire i beni e servizi normalmente disponibili per gli individui appartenenti al suo contesto di riferimento. Povero, infine, è colui che non riesce a soddisfare specifici bisogni legati, ad esempio, alla condizione di disabilità. In altre parole, a seconda dei bisogni di volta in volta considerati essenziali, il confine che circoscrive l’universo dei poveri si sposta, individuando forme di povertà via via meno estreme, ma non meno degne di attenzione” [Istat].

Partendo dalla definizione di povertà è possibile quantificare i poveri. L’Istat distingue tra povertà assoluta, legata al livello di vita minimo accettabile, indipendente dalle condizioni di vita prevalenti nel resto della comunità, e povertà relativa che si basa, invece, sull’assunzione che la condizione di un individuo non può essere definita se non a partire dall’ambiente nel quale vive, per cui “persone, famiglie, gruppi di popolazione possono essere considerati poveri quando mancano di risorse per raggiungere quei tipi di alimentazione, partecipare a quelle attività ed avere quelle condizioni di vita e comodità che sono abituali o almeno largamente incoraggiati ed approvati nelle società alle quali appartengono”.

Secondo quest’ultima definizione in Sardegna ci sono 147 mila famiglie povere, il 20,7% del totale delle famiglie residenti nell’Isola (dato al 2012, ultimo disponibile), che si traduce in più di 400 mila sardi poveri. Questa percentuale, che misura però solo la diffusione del fenomeno ma non dice nulla su “quanto” siano povere le famiglie, è cresciuta rispetto al passato ed è ormai molto più alta rispetto alla media nazionale ferma all’12,7%. Nel 2003 (primo anno della serie Istat) infatti la percentuale di famiglie sarde povere era simile a quella nazionale: rispettivamente 13,3% in Sardegna e 10,8% la media nazionale, oggi c’è invece un divario evidente: 10 punti percentuali.

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

Le fonti ufficiali riferiscono però di un miglioramento, nel periodo in esame, della situazione economica della Sardegna, in alcuni casi anche superiore al resto del Paese. Citiamo come esempio il reddito a disposizione dei sardi: nel 2003 era di 1.080 euro al mese ed è aumentato del 15% arrivando nel 2011 a

                                                                                                                         *  A  cura  di  Lucia  Schirru,  Vispo  Srl.  

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2003

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2005

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Indice di povertà regionale (famiglie)Popolazione che vive in famiglie al di sotto della soglia di povertà (percentuale)

Sardegna Italia Mezzogiorno Nord

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1.245 euro al mese, mentre nel resto del Paese si partiva da 1.352 euro e grazie all’incremento dell’11% si è giunti a 1.498 euro. Quindi, nonostante il cospicuo incremento, non siamo ancora arrivati al livello medio nazionale.

Anche l’occupazione in regione è aumentata in termini relativi più che nel resto d’Italia. Questo dato non si riflette però nella capacità di spesa perché i molti cassaintegrati sardi risultano di fatto ancora occupati ed è quindi plausibile che anche se il numero dei lavoratori, quindi dei percettori di reddito, sia aumentato, l’importo percepito in media si sia abbondantemente ridotto.

Non c’è stato invece nessun miglioramento nella capacità di spesa dei percettori di reddito da pensione sardi, considerato che ogni pensionato percepiva (nel 2003) e continua a percepire (nel 2011) il 93% di quanto riceve mediamente un pensionato italiano. Se si considerano i redditi dei contribuenti Irpef (dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche) si nota, nel periodo 2005-2011, una iniziale riduzione della distanza tra i redditi degli italiani e quelli dei sardi e poi un nuovo incremento. I redditi medi in regione sono nel 2011 il 90% di quelli medi nazionali.

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Dipartimento delle Finanze

Questi dati non sono però sufficienti a giustificare l’incremento della povertà che si è avuto solo nell’Isola e non nel resto dell’Italia considerata nel complesso. La vera risposta si trova analizzando i consumi delle famiglie, unica variabile che l’Istat utilizza per il “calcolo dei poveri”.

Tra il 2003 e il 2012 la soglia di povertà relativa, che viene definita solo a livello nazionale per la famiglia “tipo” è aumentata del 13% (da 875 a 991 per due componenti) e sono aumentati anche i consumi familiari, però solo a livello nazionale (+7,8%) registrando invece nell’Isola un calo del 14% - passando quindi da 2.189 euro del 2003 a 1.879 nel 2012. I consumi dei sardi si sono contratti in tutte le voci “non indispensabili”, ma anche, seppure in misura minore nei consumi alimentari. Sono invece aumentate le spese per l’abitazione, compreso combustibili ed energia. La riduzione di tutte le spese superflue, sintomo di “sofferenza economica” ha fatto si che la distanza tra la spesa media familiare dei sardi e la soglia di povertà si sia ridotta a tal punto che molte delle famiglie sarde vi ricadono al di sotto, diventando ufficialmente famiglie povere.

20.249

20.979

22.704 22.77122.891

23.24123.482

17.532

18.155

20.285 20.355

20.63820.915

21.107

86,6% 86,5%

89,3% 89,4%

90,2%90,0% 89,9%

85,0%

86,0%

87,0%

88,0%

89,0%

90,0%

91,0%

92,0%

17.000

18.000

19.000

20.000

21.000

22.000

23.000

24.000

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Reddito medio

Italia Sardegna Percentuale su Italia (asse di destra)

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Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

875

920937

970986 1000

983 9921011

991

800

850

900

950

1000

1050

1100

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Soglia di povertà relativa per due componenti

465 449 453 457434

480

426 420

477

440

449 453 456 467 466 475461 467 477 468

0

100

200

300

400

500

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

Spese alimentari e bevande

Sardegna Italia

1.724 1.725 1.696 1.7281.593 1.600

1.452 1.450 1.444 1.439

1.8581.928 1.941 1.994 2.014 2.009 1.981 1.987 2.011 1.951

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

Spese non alimentari

Sardegna Italia

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Spesa per consumi delle famiglie (importi medi mensili) e variazione tra il 2003 e il 2012

Gruppo di spesa 2003 2012 Variazione totale 2188,97 1878,78 -14% alimentari e bevande 465,27 440,18 -5% pane e cereali 79,45 79,36 0% carne 100,64 92,56 -8% pesce 43,33 43,96 1% latte, formaggi e uova 57,83 54,5 -6% oli e grassi 19,46 15,01 -23% patate, frutta e ortaggi 85,78 80,45 -6% zucchero, caffè e drogheria 33,89 32,39 -4% bevande 44,89 41,95 -7% non alimentari 1723,7 1438,59 -17% tabacchi 20,25 12,89 -36% abbigliamento e calzature 166,56 114,38 -31% abitazione (principale e secondaria) 484,55 594,56 23% combustibili ed energia 107,35 121,69 13% mobili, elettrod. e servizi per la casa 172,26 81,49 -53% sanità 65,92 65,07 -1% trasporti 330,26 250,54 -24% comunicazioni 49,3 40,67 -18% istruzione 29,86 13,61 -54% tempo libero, cultura e giochi 107,03 51,58 -52% altri beni e servizi 190,35 92,12 -52% Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

Queste evidenze ci portano a pensare che la struttura dei redditi in Sardegna sia fondamentalmente diversa da quella media italiana, nel senso che il reddito medio è più basso ma soprattutto vi è meno concentrazione del reddito, vi sono cioè meno persone molto ricche, quelle che alzano la media italiana e rendono mediamente l’italiano meno povero. Il livello dei consumi medi delle famiglie sarde è di conseguenza costantemente più basso rispetto alla media nazionale e, come si vede nella figura che segue, la concentrazione1 dei consumi si è molto ridotta rispetto al 2007. In tale anno infatti la concentrazione dei consumi era maggiore che in Italia e il livello dell’indice di povertà delle famiglie era più elevato.

In conclusione la crescita dell’incidenza della povertà relativa nell’Isola si può legare all’incremento della soglia di povertà definita a livello nazionale, il contemporaneo ridursi del valore del reddito medio regionale rispetto a quello nazionale e la bassa concentrazione dei redditi e dei consumi.

                                                                                                                         

1 L’indice di Gini (o rapporto di concentrazione di Gini) è la misura sintetica della disuguaglianza più popolare tra gli studiosi di economia. Può variare tra 0 e 1: se il reddito è distribuito in modo perfettamente eguale l’indice assume valore 0 (reddito equidistribuito). se, al contrario, tutto il reddito è posseduto da una sola famiglia l’indice assume valore 1 (massima concentrazione).

 

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Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

0,3240,328 0,325

0,321

0,3250,323

0,3270,324

0,320

0,3310,338

0,3180,313

0,2910,283 0,288

0,250

0,270

0,290

0,310

0,330

0,350

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Indicatori sulla distribuzione dei consumiOmogeneità nella distribuzione dei consumi - indice di Gini

Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud Sicilia Sardegna