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INTERVISTA A MARIA GABRIELLA DE TOGNI IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO DELL’INFERMIERE numero 4 dicembre 2016 - gennaio 2017 Infermieri Professionali · Assistenti Sanitari · Vigiliatrici d’Infanzia PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE

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INTERVISTA A MARIA GABRIELLA DE TOGNI

IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO DELL’INFERMIERE

numero 4dicembre 2016 - gennaio 2017

Infermieri Professionali · Assistenti Sanitari · Vigiliatrici d’Infanzia

PROSPETTIVEINFERMIERISTICHE

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SOMMARIO

EDITORIALE 1

RASSEGNA STAMPAOspedale da preservare? «Non con le mozioni» 2Pazienti urgenti: ora è possibile inviarli all’ospedale di Rovereto 3Ulss unica: la «grande occasione» di Zevio 4Riforma sanitaria. I sindaci chiedono servizi e cantieri 5«Slitta l’attivazione delle quattro strutture di Verona e provincia» 6Le tre Ulss insieme incassano 23 milioni in meno del 2016 6

ESPERIENZE DAL TERRITORIOInfermieri e Fast Track in pronto soccorso, conoscenze e praticabilità 8Ospedale per intensità di cure, è possibile? Studio preliminare su alcunireparti di area medica dell’ospedale di Latina 12

ISTITUZIONI E TERRITORIOIl nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere 20

NOI E GLI ALTRICaposala-Coordinatore, a che punto siamo 24

RECENSIONILe scelte di fine vita, una questione difficile 28Il film - Un’incerta grazia 28

LETTERE AL DIRETTORE 29

Pubblicazione trimestrale. Questo numero è stato chiuso il 16 febbraio 2017.

Direttore Responsabile: Marina VanzettaComitato di redazione: Vallicella Franco, Dal Corso Dario, Tabarini Gabriella, Pasquetto Francesca, Vanzetta Marina, Bernardelli Stefano, Cengia Maria Grazia, Molinari Luca, Zanolli Barbara, Ballarin Silvana, Corso Maurizio, Ortolani Riccardo, Verzé Alessia, Riolfi Rita.Redazione: Vanzetta Marina, Cengia Maria Grazia, Bernardelli Stefano, Zanolli Barbara, Molinari Luca, Marcotto Enrico.Editore: Collegio IPASVI di Verona, via Cà di Cozzi 14/a, 37124 VeronaNote editoriali: Gli articoli inviati dovranno essere corredati dal titolo, dalle note bibliografiche, cognome e nome dell’autore e qualifica professionale, ente o istituto di appartenenza, recapito postale e telefonico. Dovranno essere inviati alla sede del Collegio IPASVI di Verona, via Cà di Cozzi 14/a, 37124 Verona - E-maili [email protected] al Direttore di Prospettive Infermieristiche. Si autorizza, nel rispetto delle comuni regole di salvaguardia delle pubblicazioni scientifiche e dei diritti d’autore, la riproduzione a scopo didattico e informativo degli articoli di Prospettive Infermieristiche purchè con citazione esplicita dell’autore e della rivista.I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli autori e non rispettano necessariamente quelli dell’Editore. Manoscritti e fotografie anche se non pubblicati non saranno restituiti. L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari dei diritti sulle immagini riprodotte, nel caso non si fosse riusciti a reperirli per chiedere debita autorizzazione.

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PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE 1

EDITORIALE

di FRANCO VALLICELLA

Presidente Collegio IPASVIdi VeronaIl Comitato Centrale della Federazione Nazionale Collegi IPASVI ha

recentemente presentato ai Presidenti IPASVI d’Italia la bozza del nuovo codice deontologico della professione dell’infermiere.È una bozza che richiede un approfondimento con un’attenta lettura

da parte di tutti gli infermieri italiani.Il Codice in vigore è stato approvato nel 2009 ed aveva la necessità di essere aggiornato. Infatti questo strumento, che guida gli infermieri italiani, non può essere decontestualizzato dall’ambito sociale in cui si trova ad essere applicato. Dal 2009 ad oggi molte cose sono cambiate che riguardano il mondo dell’assistenza, più in generale della sanità, ma anche la cultura e la società stessa.

Ecco allora che si è pensato di mettere mano a questo riferimento fonda-mentale ed insostituibile, per renderlo più attuale, e quindi di miglior uso per gli infermieri e di maggior comprensione per tutti i cittadini.GREENWOOD, importante studioso dei fenomeni sociali, aveva defini-to che tra i criteri per l’attribuzione dello status di “professione”, ci fosse la disponibilità di un corpus di regole autodeterminate dalla professione stessa. Ciò a tutela dei rapporti tra professionisti con l’utenza ed a rico-noscimento della società, e queste non possono essere definitive, ma debbono mutare al cambiare dei presupposti che hanno reso necessario lo strumento in parola.

Affinché il codice possa svolgere in pieno la sua funzione ed essere usa-to dagli infermieri come valido riferimento, deve essere però fatto pro-prio da chi lo deve usare. Per questo deve essere compreso e condiviso. Quindi abbiamo ritenuto importante fare una prima presentazione della bozza del Codice Deontologico, in occasione dell’assemblea ordinaria annuale che si è svolta l’8 febbraio 2017.In quella sede abbiamo illustrato come tutti gli infermieri possano pro-porre modifiche o integrazioni alla bozza, collegandosi al sito IPASVI della Federazione e seguendo le istruzioni.

Riteniamo però che sia nostro dovere creare le condizioni per un appro-fondimento collettivo, tra colleghi, nelle differenti sedi di lavoro, dove il codice dovrebbe essere usato, da parte dei Colleghi. Per questo orga-nizzeremo, con l’aiuto delle Aziende sanitarie e delle strutture sanitarie, degli incontri di approfondimento e discussione. Vi invitiamo fin d’ora a cogliere questa opportunità ( che pubblicizzeremo sul nostro sito) che riteniamo possa essere considerata un’ investimento sul futuro.

Buona lettura.

La bozza del nuovoCodice Deontologicodegli Infermieri italiani

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a cura della REDAZIONEIl Consiglio comunale ha discusso una mozione «Sulla sanità nell’isolano e nel Villafranchese per la salvaguar-dia del diritto alla salute», approva-ta dall’opposizione e respinta dalla maggioranza. Presentata da Luciano Mirandola, Opificio isolano, invitava l’amministrazione a impegnarsi perché non ci siano ulteriori dismissioni nella struttura sanitaria locale fino a quando quella di Villafranca non sarà in gra-do di riassorbirle; perché siano evitati disservizi ai cittadini; perché l’ospedale di Villafranca, unico presidio dell’area meridionale dell’ Ulss 22, sia comple-tato con celerità; perché sia promosso con i sindaci del territorio un tavolo di confronto con la Regione per rendere omogenee sul territorio provinciale as-sistenza e cure. I gruppi di opposizione hanno espresso voto favorevole dopo aver sottolineato la necessità di salvaguardare quello che rimane dell’ospedale locale, in una battaglia che dovrebbe riguardare tutte le forze politiche e che dovrebbe pro-durre una mozione condivisa; Isola no-stra proponeva con un emendamento alla mozione che al tavolo Regione-Co-muni partecipasse anche il Comitato per l’ospedale.

La maggioranza ha respinto sia l’e-mendamento che la mozione, dopo un lungo intervento del sindaco Stefano Canazza. «Cominciamo a discutere queste tematiche fuori dal Consiglio per arrivare a mozioni condivise», ha esor-dito, e ha poi continuato dicendo che nei prossimi 120 giorni dovranno es-sere definiti i reparti del Magalini, che dovrebbe essere il punto di riferimento per Isola come ospedale per acuti. Ha aggiunto che esistono le schede regio-nali che precisano anche i servizi desti-nati a Isola, «dove c’è una struttura che necessita di interventi per l’antisismica che comportano investimenti conside-

revoli». «Riteniamo», ha continuato, «non siano da farsi azioni che vadano a compromettere un lavoro che delinea il prossimo futuro. Potremmo fare azioni forti che consentano alternative o pro-poste aggiuntive rispetto a quanto già previsto dalle schede. Ma tutte le azio-ni profilate nella mozione sono contem-plate negli atti della Conferenza dei sindaci alla quale ho partecipato fin dal primo giorno di amministrazione», ha affermato. «Se vogliamo fare un percorso condiviso dobbiamo fare un lavoro diverso, è una battaglia sbaglia-ta quella di proferire parole quando si sa perfettamente le dinamiche dove ci condurranno».

«Isola della Scala», ha detto ancora il sindaco, «ha nelle schede anche un’in-dicazione per l’ospedale di comunità, ma nel corso dell’amministrazione pre-cedente Bovolone ha anticipato Isola e si è ‘aggiudicato’ una parte di posti letto di ospedale di comunità. La mo-zione è respinta per il metodo, siamo qui da cinque mesi, abbiamo già rispo-sto ad un’interpellanza, se si voleva un percorso condiviso non si presentava la mozione, si chiamava il sindaco e lo si proponeva. Io sono disponibile». Le op-posizioni, dichiarando di condividere il discorso di Canazza «quasi fino alla fine», hanno difeso la mozione. «È sta-ta proposta in una sede istituzionale», ha detto Alessandro Meneghelli, Isola nostra. «La sede in cui si forma la vo-lontà del Consiglio è il Consiglio», ha aggiunto Roberto Venturi, Centro destra per Isola. «È stata presentata due mesi fa, la proposta di condividere i percor-si potrebbe arrivare anche da voi», ha concluso Roberto Grassi, del Movimen-to 5 Stelle.

Mariella Falduto

L’ARENA -16 dicembre 2016 - Isola della Scala

Ospedale da preservare?«Non con le mozioni»

RASSEGNASTAMPA

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RASSEGNA STAMPA

L’ARENA - 28 dicembre 2016 - Malcesine

Pazienti urgenti: ora è possibile inviarliall’ospedale di Rovereto

Patto tra l’Ulss 22 e Trento sul trasferi-mento dei pazienti cardiologici da Mal-cesine in Trentino.L’azienda sanitaria scaligera ha stipu-lato una convenzione con l’azienda provinciale servizi sanitari di Trento per regolamentare i trattamenti e i ricoveri in urgenza ed emergenza in ambito cardiologico.L’intesa tra le due unità socio-sanitarie, sulla quale è stata emessa una delibera del commissario dell’Ulss 22 Pietro Gi-rardi, consentirà di trasferire i malati di cuore dal punto di primo intervento di Val di Sogno all’Uoc, Unità operativa complessa di Cardiologia dell’ospeda-le Santa Maria del Carmine di Rovere-to, in provincia di Trento.

D’ora in poi il medico incaricato dell’Ulss 22 a Malcesine in caso di pazienti con attacchi di cuore, scom-pensi cardiaci e altre sindromi, potrà decidere di consentire il trasferimento dei pazienti al nosocomio di Rovereto, distante una trentina di chilometri dalla struttura ospedaliera di Val di Sogno. L’accordo è stato stretto per accorciare

notevolmente i tempi di trasporto dei malati, che finora venivano dirottati su Bussolengo e Peschiera, entrambi i paesi ad una cinquantina di chilometri di distanza da Malcesine e raggiungi-bili solo attraverso la trafficata (special-mente d’estate) strada Gardesana. Un taglio di tempistiche e chilometri fonda-mentali per la cura di casi gravi in cui il fattore tempo diventa essenziale.Dal punto di vista operativo il cardiolo-go, quando presente, o il medico del punto di primo intervento contatterà il collega in servizio a Rovereto per con-cordare l’immediato invio del paziente nel reparto di Cardiologia dell’ospeda-le trentino, che si impegna a garantire una reperibilità telefonica 24 ore su 24 per i casi di trasferimento di ricoverati al nosocomio malcesinese. Il trasporto dei pazienti da Malcesine a Rovereto è a carico dell’Ulss 22. L’accordo tra l’Unità locale sanitaria e il Trentino sarà valido per tre anni.

La convenzione era attesa da tempo sul territorio dell’alto Garda, a partire dal sindaco di Malcesine Nicola Marchesi-

ni, che esulta.«È stato inserito un altro mattoncino nel progetto di rilancio dell’ospedale, dove nell’ultimo periodo è tornato il primaria-to con l’assegnazione di apicalità, gli ambulatori ortopedici ed è in procinto di pubblicazione il bando per le sanita-rie interne al nosocomio», sottolinea il primo cittadino malcesinese.«Ora speriamo che il servizio di tra-sporto dei pazienti in Trentino sia esteso anche a persone con altre patologie», aggiunge Marchesini, il quale ha an-nunciato tra l’altro che sul tema «sani-tà» domani si incontrerà con il direttore dell’Ulss 20 e commissario della 22 Pie-tro Girardi assieme all’assessore comu-nale al Sociale Morena Strappazzon. «I progetti promessi stanno ripartendo, lavori di riqualificazione della struttura compresi», precisa Marchesini. «L’Ulss è stata di parola». Per quanto riguarda gli interventi al nosocomio di Val di Sogno, infine, pro-prio in questi giorni si sta eseguendo una serie di lavori di ristrutturazione, come previsto da programma.In particolare al secondo piano del pa-diglione A nei giorni scorsi sono stati dimessi gli ultimi pazienti ricoverati per la riabilitazione della poliomielite per consentire l’adeguamento degli impian-ti elettrici, dell’aria condizionata e di altre servizi.

L’attività verrà riaperta il 9 gennaio al primo piano del padiglione A.Dopo aver completato la sistemazione dei tetti dei padiglioni, i lavori prosegui-ranno nelle prossime settimane anche negli altri ambienti dell’ospedale che necessitano di intervento, comprese le palestre.

Emanuele Zanini

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RASSEGNA STAMPA

Zevio guarda con soddisfazione ai cambiamenti in Sanità che si profilano con l’avvento dell’Ulss unica provincia-le. Dal primo gennaio, quando le tre Unità sociosanitarie veronesi conver-geranno ufficialmente nella Scaligera - comprendente la 20 di Verona, la 21 di Legnago e la 22 di Bussolengo - in caso di ricovero ospedaliero urgente con ambulanza, per gli zeviani non sarà più obbligatorio andare al Mater Salutis di Legnago.

E per esami e prestazioni specialistiche richieste fuori dagli attuali confini della 21, non passeranno in coda rispetto ai residenti effettivi, ma saranno conside-rati esclusivamente sulla base dell’ordi-ne di presentazione delle impegnative.Sin dall’inizio gli zeviani hanno sentito stretto il legame con Legnago, ospeda-le ritenuto troppo distante e poco servi-to da collegamenti pubblici rispetto al Policlinico di Borgo Roma, raggiungibi-le in 15 minuti, o all’ospedale di Borgo Trento. Non hanno mai compreso per-ché non siano valse anche per Zevio le ragioni che, negli anni scorsi, portaro-no al passaggio con l’Ulss di Verona del confinante San Giovanni Lupatoto, cui comunque gli utenti zeviani hanno

sempre fatto riferimento. Infine, il paese che da solo rappresenta circa il dieci per cento della popolazio-ne della 21, formata da 25 Comuni, avverte come «patrigna» l’Ulss di Le-gnago, ritenuta più attenta ai servizi sociosanitari della Bassa. Ma dal 1° gennaio si volta pagina.

Il sindaco Diego Ruzza definisce la nuova organizzazione sociosanitaria come una «grandissima opportunità» per Zevio. Interpretando il pensiero dei suoi amministrati, il sindaco aggiunge: «Gli zeviani non saranno più vincola-ti a Legnago. Ospedale di riferimento diventerà San Bonifacio. Geografica-mente parlando, il nostro Comune si troverà al centro di un’Unità sociosani-taria con quasi un milione di abitanti e i servizi saranno più vicini, anche se va rilevato che attualmente la fuga fuori Ulss si concentra su Negrar e il Peder-zoli di Peschiera».

Secondo Ruzza la centralità di Zevio potrebbe promuovere il dismesso Chia-renzi a struttura di secondo livello con un bacino d’utenza simile a quello che l’ex nosocomio aveva ai tempi d’oro. E spiega: «È chiaro che gli ospedali per

acuti rimarranno Legnago, San Bonifa-cio e Borgo Trento, più i due della zona Lago, riservati a malati gravi, pazienti in pericolo di vita, ricoverati in codice rosso. Però nel 2017 la Regione do-vrebbe dare il via a strutture di secondo livello. E qui Zevio potrebbe giocare un ruolo importante».

Il Pdl di Samuele Campedelli, che un paio d’anni fa raccolse oltre 2mila firme per passare sotto l’Ulss di Ve-rona, plaude alla Scaligera. E dice: «Nell’Ulss 21, Zevio è sempre stato considerato Comune periferico. Meglio quindi essere al centro di una grande Unità sociosanitaria che di una piccola come quella di Legnago. Il Chiarenzi è stato oggetto di tante promesse, ma di fatto i servizi si sono progressivamente assottigliati. Se ora necessitano tre esa-mi c’è da ricorrere ad altrettanti punti diversamente collocati sul territorio, con grande dispendio di tempo. Il nostro ospedale è stato inesorabilmente svuo-tato», s’indigna Campedelli, «lascito Coghi compreso. Prevedeva la realiz-zazione di una biblioteca scientifica, ridotta poi a sala convegni, alla quale hanno portato via pure le sedie».

«Anche San Bonifacio non è ben colle-gato da mezzi pubblici», rileva infine il capogruppo consiliare, «ma almeno è più vicino rispetto a Legnago». «La sanità di casa nostra», aggiunge Antonio Composta (Zevio bene comu-ne), «ha pagato la scelta regionale di ridurre drasticamente i posti letto di ria-bilitazione senza che, finora, siano stati istituiti i previsti posti letto in ospedali di comunità e unità riabilitative. Risultato, sono aumentati i tempi di degenza e i costi sostenuti da Ulss, pa-zienti e famiglie».

Piero Taddei

L’ARENA - 31 dicembre 2016 - Provincia

Ulss unica: la «grande occasione» di Zevio

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RASSEGNA STAMPA

L’ARENA - 04 gennaio 2017 - Legnago

Riforma sanitaria.I sindaci chiedono servizi e cantieri

Mantenimento dei posti letto per pa-zienti acuti al «Mater salutis» di Legna-go, potenziamento del Punto di primo intervento del «San Biagio» di Bovolo-ne ed avvio degli ospedali di comunità nel centro polifunzionale «Stellini» di Nogara e all’ex «Chiarenzi» di Zevio. Il decollo della nuova Ulss 9 Scaligera, che dal primo gennaio ha incorporato l’Ulss 21, ha spinto i 25 sindaci dei Comuni della Bassa, serviti dall’ormai ex Azienda sanitaria di via Gianella, a scrivere al governatore del Veneto Luca Zaia ed all’assessore regionale alla Sa-nità Luca Coletto. Tutto ciò, per chiedere «interventi non più rinviabili se si vuole mantenere la qualità, la professionalità e l’efficienza che hanno contraddistinto in tutti questi anni l’ospedale di Legna-go e le altre strutture della pianura».

La missiva, approvata all’unanimità du-rante l’ultima sessione della Conferen-za dei sindaci, ripropone i temi della battaglia sostenuta in questi mesi dal primo cittadino legnaghese Clara Sca-pin, alla guida dell’esecutivo ristretto dei municipi del territorio. «Come ultimo atto prima dello sciogli-mento della nostra Ulss», evidenzia Paolo Marconcini, sindaco di Cerea e presidente della Conferenza dei sin-daci della Bassa, «abbiamo elencato quali interventi, molti dei quali già pro-grammati, sono necessari ed indifferibi-li se si vogliono mantenere gli standard

di qualità dei servizi offerti». «Per l’ospedale di Legnago», sottolinea Marconcini, «occorre mantenere i posti per acuti, oltre a garantire le direzioni previste, in particolare per Neurologia, Radioterapia, Oncologia con attività di Breast Unit e funzioni di coordinamento provinciale». Sempre restando al «Ma-ter salutis», i sindaci auspicano «che continuino ad operare a pieno regime l’Unità di terapia intensiva cardiologica (Utic), il centro Hub con emodinamica interventistica attiva 24 ore su 24, il reparto di Malattie infettive, l’attività di Anatomia patologica, compresa la Biologia molecolare e l’Odontostoma-tologia. La Regione deve autorizzare la sostituzione immediata dei primari che cesseranno l’incarico nei prossi-mi mesi, a cominciare da quello di Radioterapia». Per il «San Biagio» di Bovolone, classificato come ospedale «nodo di rete monospecialistico riabili-tativo», Marconcini rimarca: «Occorre preservare il Punto di primo intervento, trasformandolo in un presidio di tipo avanzato, con attività di accoglimento, diagnosi e trattamento delle patologie che non richiedono il trasporto al Pron-to soccorso».

L’ospedale bovolonese, secondo il por-tavoce dei sindaci, «dovrà mantenere ed eventualmente aumentare i letti di Lungodegenza e Riabilitazione. Occor-re pure migliorare la diagnostica, con

adeguamento della strumentazione. Per l’ospedale di comunità, oltre all’u-tilizzo immediato dei cinque posti letto sperimentali, devono essere attivati an-che gli altri 15 già programmati».Anche per i centri di Nogara e Zevio la Conferenza ha chiesto «la realiz-zazione degli ospedali di comunità». Marconcini prosegue: «È necessario che il nostro territorio abbia a disposi-zione il team di esperti in abusi su mi-nori che avrà sede a Verona. Quindi va perseguito il potenziamento di strutture intermedie, come case di riposo, ag-gregazioni di medici e distretti sanitari, offrendo uno sgravio reale all’ospedale di Legnago».

I 25 sindaci sollecitano, inoltre, l’apertu-ra di nuovi cantieri. «Al Mater salutis», osserva Marconcini, «occorrono vari interventi strutturali, oltre all’adegua-mento antisismico del blocco sud. Sono indispensabili anche l’ampliamento dei locali delle celle mortuarie, la ristruttu-razione di cucine e spazi per la scuola infermieri ed il completamento del Cen-tro educativo occupazionale diurno Ca’ Verde». «Sul versante sanitario», conclude il presidente, «non vogliamo essere considerati ora un territorio di serie B».

Fabio Tomelleri

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RASSEGNA STAMPA

L’ARENA - 15 gennaio 2017 - Provincia

Le tre Ulss insieme incassano23 milioni in meno del 2016

I territori uniti di Ulss 20, Ulss 21 e Ulss 22, che dal primo gennaio fanno capo all’Ulss 9 Scaligera, avranno a dispo-sizione un budget di poco più di un miliardo e 370 milioni di euro per la salute dei propri 922.383 cittadini.In tutto, l’area veronese perde rispetto a quando le Ulss erano tre la bellezza di 23 milioni e 500 mila euro.È vero che, come si è affrettata a spie-gare con una nota ufficiale la Regione, si tratta di un riparto (questo il termine

tecnico) «provvisorio e prudenziale», tuttavia è altrettanto vero che è stato calcolato per il veronese riducendo la quota destinata a ciascun cittadino da 1.511 euro del 2016 a 1.486 per l’an-no appena iniziato.

A questo dato ne va aggiunto un altro: Venezia ha deciso di spendere per la salute di ogni singolo veronese una del-le cifre più basse del Veneto, superiore solo ai 1.405 euro dell’Ulss 4 Veneto

Orientale, la più piccola tra le nuove nate. Mentre Verona è seconda solo alla padovana «Euganea», che con 1.506 euro incassa un miliardo e 406 mila milioni, perdendo comunque a sua volta 24 milioni sul 2016.

L’assessore regionale alla Sanità, il veronese Luca Coletto, ha sottolineato come a tutti sia stato tagliato l’1,7 per cento di quello che veniva distribuito come quota capitaria l’anno scorso.

C’è poi anche il problema degli ospe-dali di comunità e dei servizi sociosa-nitari. Sempre secondo il Pd, «con una delibera del 23 dicembre, messa sotto gli alberi di Natale dei cittadini del Ve-neto, la Regione ritratta quanto aveva deciso con il collegato alla finanziaria e blocca di nuovo l’avvio all’esercizio degli ospedali di comunità», sottolinea la consigliera regionale del Pd Oriet-ta Salemi. «La decisione della Giunta Zaia va contro ben tre leggi vigenti e di fatto blocca tutta l’attività di autorizza-zione delle strutture sanitarie, sociosa-nitarie, e di tutte le prestazioni a favore delle disabilità, alzheimer, minori, salu-te mentale fino ai trasporti con ambu-lanza, al 31.12.2017». «Ci chiediamo se la giunta abbia una minima consi-derazione di quanto discusso e votato in Consiglio». La battaglia sull’avvio degli ospedali di comunità - due in città dell’Istituto assistenza anziani e delle Betulle, uno a Tregnago e uno della Pia Opera Ciccarelli a San Giovanni Lupa-toto - va avanti ormai da diversi mesi

coinvolgendo varie forze politiche. Secondo Salemi, l’ultimo cambiamen-to «smaschera il bluff e fa riapparire il vero intento di Zaia: fermare l’avvio all’esercizio e quindi l’attivazione degli ospedali di comunità.

Per Verona, è bene ricordarlo, significa 4 strutture già accreditate ma ferme, 97 posti sospesi e la rinuncia a un rispar-mio di soldi pubblici di circa un milione al mese». «Chi ne fa ancora una volta le spese è quel sistema di garanzia del-le cure post acuzie che doveva costitui-re il caposaldo della risposta territoriale alla diminuzione dei posti letto negli ospedali e alla soluzione delle degen-ze, ormai ridotte a pochi giorni, dopo gli interventi chirurgici. Chiediamo una commissione sanità e sociale perché sia fatta chiarezza: diversamente dob-biamo pensare che, in barba alle nor-me vigenti e votate in consiglio, si stia smantellando la rete dei servizi sanitari e sociosanitari».

L’ARENA - 15 gennaio 2017 - Provincia

«Slitta l’attivazione delle quattro strutturedi Verona e provincia»

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RASSEGNA STAMPA

Mentre la nota ufficiale di Palazzo Balbi (sede della giunta) ricorda che le risorse verranno ritoccate una volta ripensati i criteri di finanziamento delle aziende del servizio sanitario alla luce dell’introduzione dell’Azienda Zero e quando sarà chiaro quanti finan-ziamenti arriveranno dallo Stato per coprire i Lea (cioè i livelli essenziali di assistenza), in corso di modificazione.

Queste assicurazioni però non sono ba-state agli esponenti del Pd che lavorano in V commissione Sanità. «Oltre al dan-no di essere una delle nuove Ulss con il maggior numero di abitanti, arriva anche la beffa del riparto del fondo sa-nitario regionale. Rispetto al 2016, di fatto, i cittadini dell’area veronese, con la nuova Ulss Scaligera, perdono 24 milioni di euro. Una penalizzazione di cui chiediamo subito conto al presiden-te Zaia e all’assessore Coletto», attacca Orietta Salemi, veronese, componente

della V commissione. E riferendosi ai ri-tocchi degli ultimi giorni, prosegue: «La marcia indietro della Regione che de-finisce il riparto prudenziale non cam-bia la sostanza: le Ulss sono tutte pe-nalizzate, con una riduzione dell’1,7 per cento, uno di quei tagli orizzontali contro cui sempre il presidente Zaia si scaglia. E non ci si può nemmeno na-scondere dicendo che sono stati seguiti i criteri approvati in Commissione visto che si parlava del 2016».

A nome del Pd, Salemi aggiunge: «Prendiamo atto che la Giunta rettifica se stessa e conferma la riduzione di 132 milioni di euro per le Ulss e la pe-nalizzazione per l’Ulss Scaligera. E non consola sapere che tutte le Ulss stanno peggio dello scorso anno. Meno fondi significa meno servizi e qualità».Il quadro esce dal confronto tra la quo-ta capitaria prevista per quest’anno e la media di quelle definite nel 2016

per le singole Ulss poi aggregate.Quella Scaligera, con una differenza di 24 milioni, è una di quelle che per-de di più. «Sono numeri impietosi che non trovano giustificazioni», aggiunge Salemi, «purtroppo hanno conseguen-ze dirette sulla qualità dell’offerta sa-nitaria. Le scelte della giunta Zaia e la mancata volontà di adottare criteri omogenei nella definizione delle nuove Ulss rischiano di ripercuotersi in manie-ra devastante su tanti territori, in parti-colare quelli veronesi».

E conclude: «Vorremmo avere la cer-tezza che per il definitivo non succeda come nel 2016, cioè un’approvazione a fine anno, quando le Ulss avranno già speso in base a quanto assegnato oggi»

FR.MAZ.

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BIBLIOGRAFIA

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di Francesca Celenza1, Antonio Capodilupo2

1Dottore magistrale in ScienzeInfermieristiche e Ostetriche

2Docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, Facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, Corso di LM Scienze Infermieristiche e Ostetriche - di Latina

Corrispondenza: [email protected]

ESPERIENZEDAL

TERRITORIO

ACCESSI IN PRONTO SOCCORSO, QUALE URGENZAÈ ubiquitaria la tendenza ad affollare i pronto soccorso per interventi su di-sturbi medico-chirurgici minori, con conseguenze indesiderabili rispetto all’assistenza erogata: prolungamento delle attese, situazioni di disagio e di dolore, insoddisfazione degli utenti e degli operatori, scadimento della quali-tà delle prestazioni, aumento degli epi-sodi di violenza e di riflessi medico-le-gali (Trzeciak e Rivers, 2003; Schull et al., 2003; Richardson, 2006; Carret et al., 2007; Bernstein, 2009).

Esemplificativamente, gli accessi effet-tuati nel DEA “F. Spaziani” di Frosino-ne in esame, nell’anno 2015, sono stati 47.932, di cui registrati per il 4,89% in codice rosso, per il 37,93% in codice giallo, per il 52,49% in codice verde e per il 2.02% in codice bianco, con rispettivi tempi di attesa medi pari a mi-nuti 8 per il codice rosso, 78 per il gial-lo, 69 per il verde e 156 per il bianco.

Le cause sono molteplici, non dipen-denti solamente da quanto avviene all’interno della struttura, bensì spec-chio di problematiche insite nel sistema sanitario, fra le quali la discontinuità, la frammentazione e la mancanza di standard di cura condivisi e comuni (Re-ason, 1990; Derlet e Richards, 2000; Mengoni e Rappini, 2007; Rust et al., 2008; Di Tommaso et al. 2008).

Si desume la necessità di conciliare i criteri di efficacia – efficienza, pur in carenza di risorse, senza penalizzare la qualità dell’assistenza (Drummond, 2010). A tal fine, è possibile prevedere per i pazienti, che accedono al pronto

soccorso con problemi di salute minori, percorsi di cura opportuni e adeguati, gestiti da infermieri formati all’uso di protocolli clinico – assistenziali definiti.

PRONTO SOCCORSO, MODELLI DI TRIAGEIl triage definito dall’American College of Surgeon quale “attribuzione dell’ordi-ne di trattamento dei pazienti sulla base delle loro necessità di cura e delle risor-se disponibili” (AHRQ, 2005) è univer-salmente praticato nella gestione delle urgenze / emergenze ospedaliere.Il modello di triage, che ha ispirato la pratica per molte altre nazioni, è quello statunitense, applicato, in gran parte degli ospedali, con l’obiettivo di ridurre i tempi di attesa dei pazienti, aumenta-re l’accuratezza della classificazione, implementare i sistemi di rivalutazione dei pazienti in attesa, stabilire un mo-dello comune e generale da poter ap-plicare in tutti i dipartimenti. Esso è pra-ticato prevalentemente da un infermiere (Wuerz et al., 2000).

Nel Regno Unito, un gruppo di infer-mieri e medici specializzati in emergen-za, svilupparono un modello, chiamato MTS - Manchester Triage System, che fu pubblicato nel 1997 e presto adottato come sistema di Triage universale ingle-se (Azeredo et al., 2015). In Canada, dal 1995, viene utilizzata la scala di priorità CTAS - Canadian Triage Acuity Scale, a 5 livelli (rianima-zione, emergenza, urgenza, urgenza minore, non urgenza), attraverso i quali l’infermiere, ad una prima e veloce va-lutazione, assegna un tempo limite en-tro il quale il paziente deve ricevere le cure necessarie (Bullard et al., 2014).Anche l’ATS - Australian Triage Scale,

Infermieri e Fast Trackin pronto soccorso,conoscenze e praticabilità

La tendenza ad affollare i pronto soccorso per interventi su disturbi medico-chirurgici minori è un dato di fatto, così come le conse-guenze indesiderabili rispetto all’assistenza erogata.

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ESPERIENZE DAL TERRITORIO

approvata nel 1995, è caratterizzata dalla stima dell’urgenza clinica e preve-de un sistema di codici su cinque livelli, con l’indicazione dei tempi massimi di attesa per la visita del paziente. percor-si di cura. Nei paesi di lingua tedesca (Germania, Austria, Svizzera), invece, il triage infermieristico in PS è quasi ine-sistente, poiché il sovraffollamento è di scarso rilievo, dato che i medici mutua-listici coprono una ampia fascia di pre-stazioni a livello ambulatoriale, lavoran-do con orari lunghi ed in studi associati.

Esiste una vasta rete di specialisti sul territorio i quali inviano i pazienti con richiesta di ricovero in ospedale solo quando ne valutano la necessità, e il servizio di guardia medica è ben fun-zionante (cfr. Min. Salute, 2007).In Italia, è in uso la codifica a quattro livelli, disciplinata con DM 15 mag-gio 1992 a quella attualmente in uso a quattro livelli (codici rosso, giallo, verde e bianco), cui si si associano i codici per specifiche situazioni (codice rosa per le donne vittime di violenza, arancione per il paziente contaminato NBCR, nero per il paziente deceduto).

Nell’insieme, si rilevano diverse artico-lazioni organizzative del Triage: • Triage non infermieristico o direttore del traffico, basato sulla valutazione del dolore;• Triage di centrale operativa 118 in-formatizzato o a dispatch, basato sulla rilevazione, mediante intervista telefoni-ca, dei più frequenti segni e sintomi o fattori di rischio ad essi correlati;• Triage di bancone, come postazio-ne di testa del PS, nella quale l’infer-miere addestrato attribuisce i codici per colore;

• Triage clinico o globale, adottato negli ospedali di maggiori dimensioni e/o più avanzati, comprendente, oltre alle procedure di base del precedente, una più ampia valutazione clinica del paziente, sempre ad opera dell’infer-miere;• Triage a doppio step, realizzato in strutture ad elevato numero di presta-zioni, dove un primo infermiere “esa-minatore”, accoglie tutti i pazienti entro 2 - 3 minuti dal loro arrivo, valutandone i parametri ABCD (Airway, Breathing, Circulation, Disability) e decidendo chi può attendere e chi ha bisogno imme-diato del trattamento, mentre un secon-do infermiere “valutatore” gestisce i pazienti giudicati non - urgenti;• Spot check triage o triage a control-lo casuale: è un sistema a “rapida oc-chiata”, nel quale un infermiere ottiene informazioni sui pazienti rispetto alla intensità del dolore e a pochi altri dati soggettivi e oggettivi relativi al proble-ma principale;• Triage out, con il quale l’utente, giudicato non affetto da patologie con carattere di effettiva urgenza, viene escluso dall’accesso al P.S. e indirizza-to verso altre forme di assistenza.

PERCORSI VELOCI PER ACCESSI NON URGENTI, IL FAST TRACKIl Fast Track (FT) è un metodo/modello di gestione degli accessi non urgenti, più spesso descritto e applicato negli ultimi 30 anni (Hoskins, 2011), con cui sono attivati “percorsi veloci”. Grazie a questi percorsi per mezzo dei quali i pazienti vengono inviati dal pronto soccorso alle unità operative specialistiche, riducendo la lista d’at-tesa e offrendo un miglioramento della qualità dei servizi erogati, anche con

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ESPERIENZE DAL TERRITORIO

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maggiore soddisfazione dell’utenza (Sanchez et al. 2006; Combs et al., 2007; Quattrini and Swan, 2012).Dalla letteratura si rileva che, per ero-gare un’assistenza efficace agli utenti dei dipartimenti di emergenza, è ne-cessario introdurre figure professionali con competenze avanzate, in campo diagnostico e di trattamento, prima fra tutte quella dell’Emergency Nurse Practitioner (Carter et al., 2007).

Anche per il Fast Track sono state spe-rimentate diverse modalità organizzati-ve. In Italia, si è optato per lo snellimen-to delle procedure di intervento. Una volta individuata un’evidente com-petenza specialistica attraverso la pri-ma valutazione nel triage, si procede alla richiesta immediata di consulenza

in reparto, rendendo possibile all’uten-te di accedere direttamente alla pre-stazione necessaria ed eliminando la prima visita nell’ambulatorio di pronto soccorso, frequentemente ritardata e non risolutiva (Figura 1).L’infermiere è, se non proprio regista, quantomeno tra gli attori principali nel-la gestione del sovraffollamento. Tra le prime realtà a adottarlo, è stata la Regione Emilia Romagna, con Delibe-ra Regionale del 26 luglio 2010, n. 1184. Le discipline specialistiche più comuni alle quali è possibile attivare percorsi Fast Track sono oculistica, oto-rinolaringoiatria, ortopedia, ostetricia – ginecologia, pediatria, dermatologia, per ciascuna delle quali sono indicati i criteri di inclusione / esclusione.

Percorso fast track?

NO

Arrivo delpaziente

Valutazione oggettiva

e soggettiva

Attribuzione codice colore

bianco o verde

Sala attesa per visita medica in PS

Invio del paziente agliambulatori specialistici

Figura 1- FAST TRACK, DIAGRAMMA DI FLUSSO

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PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE 11

ESPERIENZE DAL TERRITORIO

FAST TRACK, CONOSCENZEE FATTIBILITÀ: L’INDAGINEL’indagine sulle conoscenze e sulla fat-tibilità del Fast Track, da parte di infer-mieri è stata effettuata presso il D.E.A. di I° livello dell’Ospedale di Frosinone.

Il campione e lo strumentoIl campione di convenienza è compo-sto da 28 infermieri, in età dai 31 ai 60 anni, per il 79% di genere femmi-nile e 21% di genere maschile, con livello di formazione base per il 60% con diploma universitario o laurea di 1° livello e 40% con titolo regionale, e con anzianità di servizio prevalente superiore a 10 anni (43%) seguita da quanti hanno tra 5 – 10 anni (29%) e 2 – 5 anni (21%).

Ad essi, nel mese di giugno 2016, è stato consegnato un questionario, per auto-somministrazione, disponibi-le all’indirizzo:https://docs.google.com/forms/d/1QTVwO7g8AVlkSdTnwP1E-66VnfKGodziWGYkBOaxFycQ/viewform?formkey=dE5jcFNTSDBibU-c5RlAzLVJuQkljOEE6MQ.

Lo strumento si compone di 14 items a risposta chiusa, di cui 2 sulle critici-tà dell’operatore di Triage e sovraffol-lamento del pronto soccorso, 8 sulla conoscenza e utilità e validità del mo-dello organizzativo Fast Track, 1 sulla eventuale criticità nell’utilizzo del meto-do del Fast Track, 3 sul possesso delle conoscenze/competenze necessarie ad attuare il modello organizzativo del Fast Track.

I risultatiI risultati indicano che il 28% degli in-tervistati conosce il Fast Track, il 26% lo ignora, il 46% ne ha sentito parlare ma non ne conosce specificamente le caratteristiche.

L’82% lo ritiene sicuramente utile per la gestione dei codici minori in PS, mentre il 18% preferirebbe valutarlo dopo un periodo di sperimentazione.

Il Fast Track è ritenuto senz’altro valido come modello operativo (84%), utile per migliorare la qualità dell’assistenza erogata (76%), più efficace per la pre-sa in carico del paziente in PS (68%).Le attese riferite attengono alla riduzio-ne dello stress per l’operatore di triage (38%), alla maggiore soddisfazione dell’utente (29%), alla riduzione dei tempi d’attesa (22%) e alla redistribu-zione delle risorse umane tra i codici più gravi e impegnativi (11%). Ma sono confessati anche i rischi temu-ti: il sovraccarico di responsabilità per l’operatore di triage (42%), la difficoltà

di dover interagire con figure esterne al PS (16%), la resistenza a dover appli-care un nuovo modulo di lavoro (13%), l’insieme di tutti questi fattori (29%).

PER CONCLUDEREQUALCHE CONSIDERAZIONEIn conclusione, si apprezza l’interes-se per il nuovo metodo/modello, ma si rileva la necessità sia della sua più approfondita conoscenza tecnica sia del superamento del preconcetto che un’esperienza innovativa si sommi con un ulteriore carico di lavoro, mentre dovrebbe far parte della formazione continua e del bagaglio professionale al passo.

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ESPERIENZE DAL TERRITORIO

UNA PREMESSA PER ENTRARENEL MERITOBaragatti et al. (2009) auspicano che l’ospedale si caratterizzi sempre più come struttura per acuti e, quindi, che siano ben distinte due aree assistenzia-li, caratterizzate da differente proget-tualità:1 aree orientate ad interventi rapidi e di grande complessità e speciali- tà, riservate a pazienti con forme acute, caratterizzate da un numero di letti e da tempi di degenza sem- pre più contenuti. Il dimensionamen- to di queste aree dovrà essere orien- tato al bacino di riferimento e, in esse, saranno allocate funzioni spe- cialistiche e tecnologiche in rappor- to alle esigenze assistenziali, tali da assicurare adeguati elementi di frui- bilità e di qualità;2 aree destinate all’assistenza in fase di post-acuzie e per riabilitazione, per affrontare la cronicizzazione delle forme neoplastiche ed in gene- rale di tutte le forme cronico-dege- nerative.Le seconde, impegnate anche in alcu-ne patologie di tipo più marcatamente sociale, dovranno confluire nella rete assistenziale dei servizi sociosanitari territoriali, diminuendo in modo signifi-cativo il carico improprio sull’ospedale, oppure essere assicurate direttamente a domicilio, supportate da innovative piattaforme di telemedicina.Baragatti stesso illustra le scelte, conse-guenti e operative, che sono state adot-tate nella USL 7 della Toscana, dove è stato assunto, come principio generale, di mantenere distinte area medica e

area chirurgica e di ipotizzare i diversi livelli di intensità:• Livello 1 - Alta intensità: terapia intensiva e sub intensiva, in cui trovano collo- cazione: - pazienti con patologie acute carat- terizzate da compromissione delle funzioni vitali che richiedono un supporto artificiale o farmacologico delle stesse ed un monitoraggio in- vasivo; - pazienti, sia chirurgici che medici, in condizioni di instabilità delle fun- zioni vitali o che dopo una fase criti- ca non hanno ancora riacquisito la stabilità (es. pazienti svezzati, post operatorio) e che non hanno più necessità di supporto strumentale alle funzioni vitali.Sul piano organizzativo si realizza un’unità funzionale a gestione multidi-sciplinare che ospita nell’area intensiva i pazienti con insufficienza acuta di organo, ed in quella subintensiva i pa-zienti acuti clinicamente instabili e pa-zienti nell’immediato post-operatorio.• Livello 2 - Media intensità: in cui trovano collocazione pazienti in fase acuta non in pericolo di vita, pazienti an- cora instabili, ma non ad alto ri- schio di decesso e pazienti in ele- zione: - area medica: pazienti con patolo- gie acute internistiche e cardiolo- giche che possono essere trattate in regime ordinario, non necessitando di monitoraggio o trattamento inten- sivo; - area chirurgica: pazienti con pa- tologie chirurgiche (chirurgia gene- rale, ortopedia, ginecologia); al suo

Dall’organizzazione per unità operative, classificate per discipline mediche, all’organizzazione care centered: è questa la direzione da seguire nel prossimo futuro. I bisogni del paziente e la comples-sità delle cure da erogare sono gli assi del criterio di aggregazione che deve essere considerato.

Ospedale per intensità di cure,è possibile? Studio preliminaresu alcuni reparti di area medicadell’ospedale di Latina

di Antonio Capodilupo1, Stefano Zanuto2

1Docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, Facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, Corso di LM Scienze Infermieristiche e Ostetriche - di Latina

2Dottore magistrale in ScienzeInfermieristiche e Ostetriche

Corrispondenza: [email protected]

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PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE 13

ESPERIENZE DAL TERRITORIO

Cambio turno

Infermieri turno notte

Cambio turno

Cambio turno

Assistenza per compiti

Assistenza per compiti

Consegne infermieri

Caposala gestisce le informazioni

Caposala gestisce le informazioni

Medico riceve le informazioni di caposala

Visita

Azioni che devono essere fatte in presenza

del paziente

Azioni che non riguardano il paziente

Azioni che riguardano il paziente ma che non ne richiedono la presenzaPrescrizioni

Consegne infermieri

Consegne infermieri

interno, è possibile un’ulteriore sud- divisione, in base alla durata della degenza, in due sottoaree così di- stinte: · degenza breve: ricoveri program- mati, dimissibili entro cinque giorni, one-day surgery; · degenza ciclo continuo: ricoveri programmati la cui durata di de- genza supera i 5 gg, ricoveri ur- genti, pazienti trasferiti dalla degen- za breve.• Livello 3 - Attività a ciclo diurno: in cui tro- vano collocazione i ricoveri a regi- me diurno, sia medici che chirurgi- ci, le attività di tipo ambulatoria- le, le attività di preospedalizzazio- ne, eventuali attività di day service per la gestione di percorsi diagno- stici-terapeutici con effettuazione di prestazioni multiple integrate e/o complesse (es. follow up paziente diabetico).

OSPEDALE PER INTENSITÀ DI CURE, COSA CAMBIACon la riorganizzazione dei luoghi di cura delineata in premessa, nel servizio ospedaliero si determinano cambia-menti significativi:• viene superato il frazionamento per attività specialistiche e si introduce un modello gestionale, di tipo fun- zionale e multiprofessionale;• il paziente non si muove all’interno della struttura, ma sono gli specia- listi a ruotare intorno al letto del paziente, che è ricoverato in base alle necessità assistenziali di cura e di degenza del momento;• viene valorizzata la centralità dell’utente.Graficamente, le differenze di funzio-namento prima/dopo possono essere rappresentate come segue (Figura 1, Figura 2 a pag.14).

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ESPERIENZE DAL TERRITORIO

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DUE I MODELLI DI RIORGANIZZAZIONELa riorganizzazione in ospedale per intensità di cure è concepita secondo due modelli:1 quello prevalente, articolato in aree, chiamate “piattaforme logisti- che di ricovero”, che aggregano i pazienti in base alla maggiore o minore gravità del caso e al con- seguente minore o maggiore livello di complessità assistenziale. Ne è esempio l’Ospedale di Sas- suolo, in Emilia Romagna, dove sono state previste sette aree di rico- vero, distinguibili anche per colore: - area rossa ad alta intensità di cura per la degenza di persone con problemi di salute di natura car- diologica, pneumologica, di medi- cina d’urgenza e post intervento chi- rurgico; - area verde a media intensità di cura, per la degenza di persone con problemi di salute di natura me- dico internistica o di medicina d’ur- genza; - area blu a media intensità di cura, per la degenza di persone con pro- blemi di salute di natura medico internistica cardiologica e pneumo- logica; - area rosa, per la degenza di oste- tricia e pediatria; - area lilla a media intensità di cura, per la degenza di persone con pro- blemi di salute di natura chirurgica ed urologica;

- area arancione a media intensità di cura, per la degenza di persone con problemi di salute di natura or- topedica e di chirurgia plastica; - area gialla a media intensità di cura, per la degenza di persone con problemi di salute di natura ginecologica, proctologica, otorino- laringoiatrica e degenze brevi di ogni specialità chirurgica.2 quello integrato Hub & Spoke, il cui esempio è realizzato nell’azien- da USL Arezzo, dove si prevede la concentrazione dell’assistenza di maggiore complessità in “centri di riferimento/eccellenza” (Hub) e l’in- vio dei pazienti a questi, da parte dei centri periferici, quando le condizioni patologiche superano una soglia di complessità non gesti- bile nei centri minori (Spoke). Si ottiene così una razionalizzazio- ne del sistema produttivo (concen- trazione di attività complesse in centri di riferimento), puntando alla copertura h 24 delle attrezzature a elevata complessità tecnologica. Per ognuno dei centri di riferimen- to/eccellenza è necessario identifi- care i bacini di popolazione di riferimento, i processi e percorsi as- sistenziali, le caratteristiche funzio- nali, strutturali ed organizzative dei nodi della rete, i criteri di collega- mento tra i servizi e i criteri soglia di invio e rinvio al e dal centro di ec- cellenza.

Figura 2 - FUNZIONAMENTO DEL REPARTO “MODERNO”

Briefing infermieri turno di notte con turno di mattina

Briefing con medico di notte (quando previsto) con medico

di disciplina

Briefing del team medicodi disciplina

Briefing del medico conl’infermiere di riferimento

Il medico di disciplina esami-na la documentazione sanita-

ria dei pazienti ricoverati

Il medico della disciplina e l’infermiere di riferimento eseguono le prestazioni

da effettuare congiuntamente

Il medico della disciplina visita i pazienti per i quali è

necessario

Clinical pathway

P.V.; drenaggi; prelievi; terapia; colazione;

igiene; preparazione per sala

Piano assistenziale

Cartella clinica

Piano assistenziale

std

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PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE 15

ESPERIENZE DAL TERRITORIO

In modo analogo, la regione Lazio, con Decreto del Commissario ad Acta 5 luglio 2013, n. U00314, “Adozio-ne della Proposta di Programmi Ope-rativi 2013- 2015”, nel Programma 13 – Reti assistenziali per intensità di cure, si pone l’obiettivo di individuare dei presidi secondo il modello Hub & Spoke, in base alla logica dell’intensità delle cure (es. rete trauma, oncologia, ictus, trapianti).

INTENSITÀ DI CURE, GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONEL’attuazione del nuovo modello richiede l’adozione di strumenti di valutazione della complessità assistenziale e dell’in-tensità di cure, la cui somministrazione richiede l’impegno peculiare delle pro-fessionalità infermieristiche (Pettinà et al., 2005; Pagiusco e Falloppi, 2006; Guerriero et al.,2009; Polverini et al., 2009; Silvestro et al., 2009; Pignatto et al., 2010).

Giovannetti (1979) definisce la classifi-cazione dei pazienti come una catego-rizzazione basata su una stima dei loro bisogni di assistenza durante uno spe-cifico periodo di tempo. Lo scopo prin-cipale è di prevedere il livello di risorse umane, sulla base delle variazioni dei bisogni di assistenza, di confrontare la quantità di assistenza offerta tra reparti simili e di definire la quantità di risorse da negoziare (Allegrini, 2006).

Nella letteratura del Nursing, soprattut-to negli USA, in Inghilterra e nei paesi nordici, a partire dagli anni ’50, si rin-

vengono circa 50 strumenti di classifi-cazione per la misurazione della com-plessità assistenziale, riconducibili a 5 macro-filoni:1 strumenti basati sulla dipendenza delle persone;2 strumenti basati sulle attività infer- mieristiche;3 strumenti basati sui piani di assisten- za;4 strumenti sulla complessità assisten- ziale;5 strumenti che integrano più score.

Negli ultimi studi condotti in Italia, per intercettare il livello di intensità clinica dei pazienti all’ammissione e monito-rarne l’andamento durante il ricovero, sono stati usati più frequentemente:• MEWS (Modified Early Warning Score), UK 1999 – 2000;• VìEWS e NEWS (Vital-PAC Early Warning Score e National Early Warning Score), UK 2007;• CIRS (Cumulative Illness Rating Sca- le), USA - fine anni ’70;• KPS (Karnofsky Performance Scale), USA - primi anni ’80.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA,L’INDAGINEIl campioneIl campione è costituito da 110 pa-zienti, reclutati in modo casuale nell’O-spedale civile “S. Maria Goretti” di Latina, dal 1 giungo 2014 al 31 ago-sto 2014, presso le unità operative di Medicina (80), Neurologia (15) e Ma-lattie infettive (15). Il 47,3% è costituito da femmine ed il 52,7% da maschi.

Le pazienti sono risultate più anziane (età media 76,4; mediana 77; moda 80 anni) rispetto agli uomini (età media 69,4 anni; moda e mediana 73).

Per ogni paziente, attraverso la cartella clinica, sono stati rilevati i 5 parametri fisiologici (pressione arteriosa sistolica, frequenza cardiaca, frequenza respira-toria, temperatura corporea e stato di vigilanza) per l’indice MEWS, mentre i parametri assistenziali dell’indice IDA sono stati rilevati visitando il paziente, intervistando i familiari ed il personale di reparto.

Lo strumento utilizzatoNell’indagine effettuata è stato impie-gato il Tri-Co - Triage di Corridoio, pensato per identificare precocemente il livello di intensità di cura richiesto dal paziente (Bartolomei e Cei, 2007; Bol-lini et al, 2011).

Il Tri-Co si compone di due score:• il MEWS, che esplora la severità/ instabilità clinica, considerando 5 dimensioni (Figura 3). I punteggi di ciascuna dimensione, tranne la temperatura corporea, va- riano tra 0 e 3; sommandoli si ot- tiene il MEWS totale, che varia da 0 a 14. Il cut-off adottato negli studi di riferimento prevede che il paziente sia considerato critico se il punteggio MEWS ≥5;• l’IDA, che indaga la complessità assistenziale valutando il livello di dipendenza dall’assistenza infer- mieristica (Cantarelli e Pontello,

Figura 3 - LO SCORE MEWS

Categoria 3 2 1 0 1 2 3 Score

PA max ≤70 71-80 81-100 100-199 ≥200

Fc, bm ≤40 41-50 51-100 101-110 111-129 ≥130

Fr, apm ≤9 9-14 15-20 21-29 ≥30

TC, °C ≤35 35-38,4 ≥38,5

Coscienza Sveglio VigileReagisce

al dolore

Non

reagisce agli

stimoli

Totale

LIVELLO DI INSTABILITÀ / SEVERITÀ CLINICA

MEWS

Punteggio da 0 a 2: Paziente Stabile (0)

Punteggio da 3 a 4: Paziente Instabile (1)

Punteggio > 5: Paziente Critico (2)

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ESPERIENZE DAL TERRITORIO

Figura 4 - LO SCORE IDA

Figura 5 - L’INDICE DI INTENSITÀ DI CURA

ALIMETANZIONE - IDRATAZIONE

ELIMINAZIONE (ALVO E URINE) IGIENE E COMFORT MOBILIZZAZIONE

1 NPT o Net 1Incontinenza

urinaria e dell’alvo permanente

1Intera igene corpo-rea a letto senza

l’aiuto del paziente1 Allettato

2 Deve essereimboccato 2

Incontinenza uri-naria e/o dell’alvo

occasionale2

Intera igene cor-porea a letto con

l’aiuto del paziente2 Mobilizzazione su

poltrona

3 Necessita di aiuto per alimentarsi 3 Catetere vescicale

a permanenza 3Igene intima a

letto, indipendente nell’uso dei servizi

3Cammina con

l’aiuto di una o più persone

4 Autonomo 4 Autonomo 4 Autosufficiente 4 Autonomo

PROCEDURE DIAGNOSTICHE PROCEDURE TERAPEUTICHE

PERCEZIONE SENSORIALE

1 Monitoraggio dei parametri vitali continuo 1

Catetere venoso centrale per

infusione continua nelle 24h

1 Stato soporoso / coma

2 Monitoraggio dei parametri vitali ripetuto per periodi inferiori a 1h 2

CVC o periferico per infusione non

continua 2

Disorientamento temporo spaziale continuo, uso di sedativi giorno e

notte

3 Monitoraggio dei parametri vitali ripetuto per periodi superiori a 1h 3

Terapia per os., i.m., e.v. (comprese

le fleboclisi)3

Disorientamento temporo spaziale

occasionale, dorme di notte con o senza

sedativi

4 Esami diagnostici di routineed altri accertamenti 4 Terapia solo per os.

o nessuna terapia 4

Paziente vigile e orientato, non

necessità di alcun sedativo la notte

LIVELLO DI COMPLESSITÀASSISTENZIALE

IDA

Punteggio da 7 a 11: alta dipendenza

assistenziale (2)

Punteggio da 12 a 19: media dipendenza

assistenziale (1)

Punteggio da 20 a 28: bassa dipendenza

assistenziale (0)

MEWS

MEWS 0-20

MEWS 3-41

MEWS >52

IDA

IDA 20-280 BASSA MEDIA ALTA

IDA 12-191 MEDIA MEDIA ALTA

IDA 7-112 ALTA ALTA ALTA

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PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE 17

ESPERIENZE DAL TERRITORIO

1993). È composto da 7 aree – bi- sogni assistenziali e proceduredia- gnostico/terapeutiche – (Figura 4).

Ogni area è declinata in 4 livelli di di-pendenza con punteggio variabile da 1 (maggiore dipendenza) a 4 (minore dipendenza). Ad ogni paziente è attribuito uno score compreso tra 7 e 28, con le seguenti fasce:• punteggio da 7 a 11 > alta dipen- denza assistenziale;• punteggio da 12 a 19 > media di- pendenza assistenziale;• punteggio da 20 a 28 > bassa di- pendenza assistenziale.

L’integrazione dei due score che com-pongono il Tri-Co prevede i seguenti range (Figura 5):1 Bassa intensità di cure: MEWS da 0 a 2 + IDA da 20 a 28 = indice di intensità di cure 0-0;2 Media intensità di cure: MEWS da 0 a 2 + IDA da 12 a 9 = indice di intensità di cure 0-1; MEWS da 3 a 4 + IDA da 20 a 28 = indice di intensità di cure 1-0; MEWS da 3 a 4 + IDA da 12 a 9 = indice di intensità di cure 1-1;3 Alta intensità di cure: MEWS da 0 a 2 + IDA da 7 a 11 = indice di intensità di cure 0-2; MEWS > 5 + IDA da 20 a 28 = indice di intensità di cure 2-0; MEWS > 5 + IDA da 12 a 9 = indice di intensità di cure 2-1; MEWS > 5 + IDA da 7 a 11 = indice di intensità di cure 2-2.

DAI RISULTATI ALCUNECONSIDERAZIONII punteggi MEWS aggregano i pazien-ti secondo il livello di instabilità clinica come segue (Figura 6). L’80,9% dei ricoveri ha punteggio com-preso tra 0 e 2, considerato stabile,

l’età media è di 77 anni, la durata me-dia del ricovero è di 10,2 giorni.L’84,3% di questi è dimesso a domici-lio mentre il 15,7% è trasferito presso altra struttura; il 17,3% dei ricoveri ha punteggio compreso tra 3 e 4, conside-rato instabile, l’età media è di 80 anni, la durata media del ricovero è di 11,1 giorni. Il 47,63% di questi è dimesso a domicilio, il 36,7% è trasferito presso altra struttura, mentre il restante 15,7% è deceduto. L’1,8% dei ricoveri ha pun-teggio 6 e 10, considerato critico, l’età media è di 82 anni, la durata media del ricovero è di 5,5 giorni. Il 50% di questi è dimesso a domicilio, l’altro 50% è deceduto.

I punteggi IDA raggruppano i pazienti secondo il livello di dipendenza assi-stenziale come segue (Figura 7). Il 54,6% dei ricoveri ha punteggio compreso tra 12 e 19, considerato di media dipendenza, l’età media è di 77 anni, la durata media del ricovero è di 9,9 giorni. Il 68,3% di questi è dimesso a domicilio, il 23,3% è trasferito presso altra struttura e l’8,4% è deceduto.Il 39,1% dei ricoveri ha punteggio com-preso tra 20 e 28, considerato di bassa dipendenza, l’età media è di 69 anni, la durata media del ricovero è di 8,3 giorni. Il 91,2% di questi è dimesso a domicilio mentre il restante 8,8% è tra-sferito presso altra struttura. Il 6,3% dei ricoveri ha punteggio 7 e 11, conside-rato di alta intensità assistenziale, l’età media è di 77 anni, la durata media del ricovero è di 11,5 giorni. Il 71,4% di questi è dimesso a domicilio, mentre il restante 28,6% è trasferito presso al-tra struttura.

Incrociando i valori IDA e MEWS (Figu-ra 8 pag 18), risulta che la gran parte dei casi (40,9%) si colloca in una delle aree gialle, con situazione clinica sta-bile e con indice medio di intensità di

Indice di instabilità Clinica MEWS

Paziente stabilePaziente instabilePaziente critico

0%10%

40%

70%

20%

50%

80%

30% 80,9%

17,3%1,8%

60%

90%

100%

Figura 6 - L’AGGREGAZIONE DEIPAZIENTI SECONDO

L’INSTABILITÀ CLINICA

Figura 7 - L’AGGREGAZIONE DEIPAZIENTI SECONDO IL LIVELLO

DI COMPLESSITÀ

0%

Indice dipendenza assistenziale IDA

10%

40%

70%

20%

50%

80%

30% 54,6%

39,1%

6,3%

60%

90%100%

BassoMedioAlto

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ESPERIENZE DAL TERRITORIO

cure, seguita dall’area verde (37,3%), con situazione clinica stabile e con indi-ce basso di intensità di cure.

Una prima considerazione attiene all’elevata proporzione di casi a bassa complessità. Poiché le unità operative indagate sono di area medica, ma non è riportata le diagnosi, verosimilmente potrebbe trattarsi di patologie che pos-sono essere seguite nelle sedi distrettua-li, in particolare nelle recenti Case delle Salute, ove siano attivati PDTA – Percor-si Diagnostico-Terapeutici Assistenziali per le patologie croniche.

Questo a beneficio dell’appropriatez-za organizzativa, se si considera che l’assorbimento di risorse è pressoché uniforme per le varie tipologie assisten-ziali, dato che l’area verde impegna una degenza media di 8,7 giorni, l’a-rea rossa di 9,6 giorni e l’area gialla di 10,1 giorni, superiore dunque a quella rossa. Per contro, occorrerebbe rimodulare la capacità assistenziale dei

reparti esaminati, dal momento che, salendo dal livello di intensità di cure, basso - medio - alto, cresce il numero dei trasferiti in altra struttura, rispettiva-mente dal 9,2% al 19,0% fino al 25%, e aumenta il numero dei decessi in ospedale, rispettivamente dallo 0% al 7,9% fino al 20%.

Nel confronto tra le tre divisioni, medi-cina riproduce i valori medi complessi-vi, mentre malattie Infettive ha un picco dell’86,7% nell’area verde e neurolo-gia dell’80% nell’area gialla MEWS 0 –IDA 1: il terzo valore può compren-dersi, mentre appare poco giustificato il secondo. L’ulteriore analisi dei dati ha indicato che l’IDA all’ammissione corre-la con la durata della degenza e che l’I-DA stesso è più sensibile nell’identifica-re i pazienti che rimarranno più a lungo in ospedale. Ove l’osservazione emer-sa sia confermata da una casistica più ampia, depone per un diffuso impiego

dell’IDA. L’indagine ha evidenziato an-che che il MEWS ≥ 5 è associato all’im-minente instabilità clinica ed al 50% di decessi, che il punteggio MEWS = 4 fa scendere i decessi al 15,7%, sino ad arrivare allo 0% per punteggio MEWS = 2. La scarsa correlazione tra MEWS e IDA suggerisce che i due punteg-gi siano solo in parte sovrapponibili, piuttosto complementari, e che quindi in futuro si possa prevedere di identi-ficare uno score composito, medico e infermieristico, che riduca al minimo l’imprecisione insita in ciascuno dei due approcci al paziente.

PER CONCLUDEREIl sovraffollamento degli ospedali (over-crowding), che in questi anni si è ve-nuto a determinare in moltissime realtà ospedaliere italiane, per via di molte-plici cause, ha prodotto serie difficoltà operative, spesso fonte di disservizi e diseconomie, e di rischi oggettivi per il

Figura 8 - LA CLASSIFICAZIONE DEI PAZIENTI

MEWS

0PZ STABILE

1PZ INSTABILE

2CRITICO

IDA

0BASSO

37,3%66 anni8,7gg

0,9%73 anni

9gg

0,9%83 anni

4gg

1MEDIO

40,9%76 anni9,6gg

12,7%79 anni11,6gg

0,9%80 anni

7gg

2ALTO

1,8%92 anni16gg

0,9%74 anni11gg

3,6%71 anni10gg

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ESPERIENZE DAL TERRITORIO

malato acuto che accede ai dipartimen-ti di emergenza con necessità di ricove-ro urgente. Ricoverare i pazienti medici in corsie indifferenziate, senza una pre-liminare stratificazione del rischio, può comportare un trattamento subottimale e un aumento di mortalità.

Uno dei problemi più rilevanti, in termi-ni di potenziale induzione di outcome sfavorevoli, è quello di trovarsi costretti, per mancanza di posti letto disponibili, ad allocare malati acuti instabili in strut-ture di ricovero, che non presentano le caratteristiche indispensabili, in termini di personale e di risorse tecnologiche, tali da offrire un setting assistenziale adeguato ai problemi clinici presentati.

Quando il grado di instabilità clini-ca del malato risulta elevato, occorre prevedere, fin dalla sua ammissione in ospedale, la sistemazione in una unità operativa, che realmente offra un percorso diagnostico-terapeutico e assistenziale adeguato al tipo di gra-

vità riscontrata, coordinato e integrato nei vari momenti in cui esso si articola, secondo logica di presa in carico e di continuità. Per un utilizzo più appro-priato dei posti letto in aree ad altissimo tasso di occupazione, e quindi dotate di ridotta flessibilità, ma anche per un corretto uso delle risorse disponibili in realtà meno affollate e con dotazioni organiche meno contratte, può essere utile prevedere l’attivazione di un siste-ma di triage interno all’ospedale, fina-lizzato a stratificare, in maniera sempli-ce e rapida, il livello di gravità clinica del paziente acuto, per assisterlo nel setting più adeguato.

I nuovi modelli di assistenza per inten-sità di cure vogliono evitare di prestare ai pazienti, indistintamente, un livello di cure “medio”, abbassando il livello assistenziale dei pazienti più gravi ed elevando inutilmente quello dei pazien-ti più stabili (i cosiddetti “effetto tetto” ed “effetto pavimento”).

Per tale motivo, è desiderabile adottare una metodologia di lavoro che collochi i pazienti in aree ad assistenza appro-priata; in tal modo, riducendo la neces-sità di spostare più volte i pazienti, che sempre trascina un dispendio di ener-gie e di risorse economiche.

Il Tri-Co, utilizzato come strumento di triage all’ammissione, è non solo effica-ce ma anche semplice e riproducibile in un’ampia gamma di strutture ospe-daliere, con differenti potenzialità di cura e con casistiche non omogenee per complessità. Il Tri-Co, inoltre, può essere ripetuto in occasione di suben-trante instabilità del quadro clinico, al fine di ricollocare il paziente in altra area assistenziale. Esso, pertanto, può trovare impiego per allocare i pazienti secondo la logica della medicina per intensità di cure.

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ISTITUZIONIE TERRITORIO

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IL NUOVO CODICEDEONTOLOGICO, ALCUNE NOVITÀSono 40 gli articoli che compongono il nuovo testo: il bene e il rispetto della persona assistita, della sua volontà, dei suoi diritti e della sua famiglia, il filo rosso che li unisce. Molte le novità introdotte, tra queste, quelle sul nuovo ruolo professionale, sia a livello di management che clinico, degli infermieri nelle strutture sanitarie, nella libera professione e sul territorio.Esplicito nel capitolo Relazione e co-municazione, il riferimento alla comu-nicazione anche informatica che deve essere connotata da correttezza, tra-sparenza, veridicità, rispetto.Importante anche il capitolo del fine vita in cui viene ribadito l’obbligo de-ontologico di assistere la persona fino al termine della vita, tutelandone la vo-lontà di porre dei limiti agli interventi

che ritiene non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione di qualità della vita.

L’APPROVAZIONE DEL NUOVOCODICE DEONTOLOGICODopo la prima lettura da parte dei pre-sidenti dei Collegi, riferimento territoria-le della professione, una consultazione pubblica con i 440mila iscritti nei primi mesi del 2017, secondo le regole (linee guida) e le raccomandazioni dettate dalla Funzione pubblica. Saranno consultate anche le associa-zioni infermieristiche e i cittadini. I Col-legi provinciali trasmetteranno poi alla Federazione la rielaborazione del ma-teriale e dei suggerimenti pervenuti, per giungere all’approvazione definitiva e all’entrata in vigore delle nuove regole di riferimento per la professione infer-mieristica.

Aggiornate le regole della nostra professione: la prima stesura del nuovo Codice deontologico che ci farà da guida nei prossimi anni è stata presentata a Roma il 26 novembre scorso ai presidenti dei 103 Collegi provinciali.

a cura della REDAZIONE

Il nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere

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ISTITUZIONI E TERRITORIO

IL TESTO DEL NUOVOCODICE DEONTOLOGICOCapo I - I principi e i valori 01 L’infermiere è il professionista sa- nitario che nasce, si sviluppa ed è sostenuto da una rete di valori e saperi scientifici. Persegue l’idea- le di servizio. È integrato nel suo tempo e si pone come agente atti- vo nella società a cui appartiene e in cui esercita. 02 L’infermiere persegue l’ideale di servizio orientando il suo agire al bene della persona, della fa- miglia e della collettività. Le sue azioni si realizzano e si sviluppa- no nell’ ambito dell’assistenza, dell’organizzazione, dell’educa- zione e della ricerca.

03 L’infermiere cura e si pren- de cura, nel rispetto della digni- tà, della libertà, dell’uguaglianza della persona assistita, delle sue scelte di vita e della sua concezio- ne di salute e di benessere.04 L’infermiere nell’agire professiona- le utilizza l’ascolto e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbando- no.05 L’infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici. Promuove il ri- corso alla consulenza anche al fine di contribuire all’approfondi- mento e alla riflessione etica.06 L’infermiere si impegna a sostene- re la relazione assistenziale anche qualora la persona manifesti con-

cezioni etiche diverse dalle pro- prie. Laddove la persona assistita esprimesse e persistesse in una ri- chiesta di attività in contrasto con i principi e i valori dell’infermiere e/o con le norme deontologiche della professione, si avvale della clausola di coscienza rendendosi garante della continuità assisten- ziale.

Capo II - La funzione assistenziale 07 L’infermiere tutela l’ambiente e pro- muove stili di vita sani anche pro- gettando, specifici interventi edu- cativi e informativi a singoli, grup- pi e collettività, organizzandoli e partecipando ad essi. 08 L’infermiere dà valore alla ricerca

Ogni iscritto al Collegio Provinciale attraverso il link “Consultazione nuovo codice deontologico” presente all’interno della Intranet dell’Albo Unico Nazionale, potrà collegarsi all’applicazione per la consultazione del nuovo Codice deontologico e inserire un commento per ogni Capo e articolo, oltre ad un commento generale.

Il link all’area riservata dell’Albo Unico Nazionale, dove sarà presente l’applicazione per la consultazio-ne del nuovo Codice deontologico, è raggiungibile dal portale istituzionale della Federazione Naziona-le (www.ipasvi.it) nella specifica sezione “Comunica online con il tuo Collegio”. Il link diretto per la registrazione/accesso è il seguente: http://albo.ipasvi.it/intranetLa registrazione alla intranet, qualora non si sia già registrati, è obbligatoria.

Tutti i commenti una volta inseriti e confermati non saranno più modificabili ma solo consultabilidall’iscritto stesso.

La consultazione avrà la durata di tre mesi e si chiuderà il 30 aprile 2017.

Per esprimersi sul nuovo testo

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ISTITUZIONI E TERRITORIO

e alla sperimentazione. Progetta, svolge e partecipa a percorsi di ricerca in ambito clinico, assisten- ziale e organizzativo di cui cura e diffonde i risultati.09 L’infermiere fonda il proprio opera- to su conoscenze validate e ag- giorna saperi e competenze attra- verso il pensiero critico, l’educa- zione continua, l’esperienza, lo studio e la ricerca. Progetta, svol- ge e partecipa ad attività di forma- zione.10 L’infermiere adotta comportamenti leali e collaborativi con i colleghi e gli altri operatori. Riconosce e valorizza il loro specifico apporto nel processo di assistenza. Si for- ma e/o chiede supervisione per attività nuove o sulle quali ha limi- tata casistica.11 L’infermiere agisce sulla base del proprio livello di competenza e ri- corre, se necessario, all’intervento e/o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti.12 L’infermiere presta consulenza po- nendo le sue conoscenze e abilità a disposizione della propria, delle altre comunità professionali e delle istituzioni.13 L’infermiere riconosce che l’inte- razione e l’integrazione intra e in- ter professionale sono fondamen- tali per rispondere alle richieste della persona.

Capo III - La relazione e la comunicazione 14 L’infermiere ascolta la persona as- sistita, la informa e dialoga con

essa per valutare, definire, quali- ficare e attuare la risposta curativo assistenziale e facilitarla nell’espri- mere le proprie scelte.15 L’infermiere rileva e facilita l’e- spressione del dolore della perso- na assistita durante l’intero proces- so di cura. Si adopera affinché la persona assistita sia libera dal do- lore.16 L’infermiere favorisce i rapporti della persona assistita con chi le è di riferimento e con la sua comu- nità, tenendo conto della dimen- sione interculturale.17 L’infermiere conosce il progetto diagnostico e terapeutico. Dà valore all’informazione inte- grata multi professionale di cui cura la relativa documentazione. Si adopera affinché la persona assistita disponga delle informa- zioni necessarie ai suoi bisogni di vita.18 L’infermiere nell’esercizio profes- sionale assicura e tutela la riserva- tezza della persona assistita e dei dati ad essa relativi durante l’inte- ro processo di cura. Nel trattare i dati si limita a ciò che è attinente all’assistenza.19 L’infermiere rispetta la esplicita volontà della persona assistita di non essere informata sul proprio stato di salute, purché tale manca- ta informazione non sia di perico- lo per la persona stessa o per gli altri.20 L’infermiere sostiene la relazione con la persona assistita che si

trova in condizioni che ne limitano l’espressione o la definizione e lo sviluppo del suo progetto di vita.21 L’infermiere che rileva privazioni o maltrattamenti sulla persona assi- stita, segnala le circostanze all’au- torità competente e si attiva perché vi sia un rapido intervento.22 L’infermiere si adopera affinché sia presa in considerazione l’opi- nione del minore rispetto alle scel- te curative, assistenziali e speri- mentali, tenuto conto della sua età e del suo grado di maturità.23 L’infermiere, quando la persona assistita non è in grado di mani- festare la propria volontà, tiene conto di quanto da lei documenta- to o chiaramente espresso in pre- cedenza.24 L’infermiere rispetta il segreto pro- fessionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima convin- zione e come espressione concre- ta del rapporto di fiducia con la persona assistita.25 L’infermiere nella comunicazione, anche attraverso mezzi informati- ci, si comporta con correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità.

Capo IV - Il fine vita 26 L’infermiere presta assistenza fino al termine della vita della persona assistita. Riconosce l’importanza del gesto assistenziale, della pal- liazione, del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale.27 L’infermiere tutela la volontà della persona assistita di porre dei limiti agli interventi che ritiene non sia- no proporzionati alla sua condi- zione clinica o coerenti con la con- cezione di qualità della vita espres- sa dalla persona stessa.28 L’infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento della perso-

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PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE 23

ISTITUZIONI E TERRITORIO

na assistita, nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazio- ne del lutto.

Capo V - L’organizzazione e la funzione assistenziale 29 L’infermiere ai diversi livelli di re- sponsabilità assistenziale, gestio- nale e formativa, partecipa e contribuisce alle scelte dell’orga- nizzazione, alla definizione dei modelli assistenziali, formativi ed organizzativi, all’equa allocazio- ne delle risorse e alla valorizzazio- ne della funzione infermieristica e del ruolo professionale.30 L’infermiere concorre alla valuta- zione del contesto organizzativo, gestionale e logistico in cui si trova la persona assistita e formalizza e comunica il risultato delle sue valu- tazioni.31 L’infermiere, dipendente o libero professionista, partecipa al go- verno clinico, promuove le migliori condizioni di sicurezza della per- sona assistita, fa propri i percorsi di prevenzione e gestione del ri- schio e aderisce fattivamente alle procedure operative, alle metodo- logie di analisi degli eventi acca- duti e alle modalità di informazio- ne alle persone coinvolte.32 L’infermiere pone in essere quanto necessario per proteggere la per- sona assistita da eventi accidentali e/o dannosi, mantenendo inalte- rata la di lei libertà e dignità.33 L’infermiere, qualora l’organizza- zione chiedesse o pianificasse atti- vità assistenziali, gestionali o for- mative in contrasto con i propri principi e valori e/o con le norme della professione, si attiva per pro- porre soluzioni alternative e se necessario si avvale della clausola di coscienza.

Capo VI - L’infermiere e il Collegio professionale 34 L’infermiere e il Collegio professio- nale si impegnano affinché l’agire del professionista sia libero da condizionamenti, interessi, pres- sioni di assistiti, familiari, altri ope- ratori, imprese, associazioni, or- ganismi.35 L’infermiere e il Collegio profes- sionale si adoperano per sostene- re la qualità e l’appropriatezza dell’esercizio professionale infer- mieristico.36 L’infermiere e il Collegio professio- nale segnalano le attività di cura e assistenza prive di basi e riscontri scientifici e/o di risultati validati.37 L’infermiere e il Collegio profes- sionale denunciano l’esercizio abusivo della professione infermie- ristica.38 L’infermiere e il Collegio professio- nale promuovono il valore e so- stengono il prestigio della profes- sione e della collettività infermieri- stica.

39 L’infermiere tutela il proprio nome e il decoro personale. Osserva le indicazioni del Collegio professio- nale nella informazione e comuni- cazione pubblicitaria.40 L’infermiere esercita la funzione di rappresentanza professionale con dignità, correttezza e trasparen- za. Utilizza espressioni e adotta comportamenti che sostengono e promuovono il decoro e l’imma- gine della comunità professionale e dei suoi attori istituzionali.

DISPOSIZIONI FINALI Le norme deontologiche contenute nel presente Codice sono vincolanti; la loro inosservanza è sanzionata dal Colle-gio professionale. I Collegi professio-nali sono garanti della qualificazione dei professionisti e delle competenze da loro acquisite e sviluppate. I Collegi professionali, recepiscono e attuano le indicazioni legislative, regolamentari e giuridiche, inerenti il loro essere enti au-siliari dello Stato.

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Da sempre impegnata nello sviluppo del ruolo del caposala/coordinatore e di un esercizio dello stesso sostenibile e consa-pevole. Ha lavorato come caposala, prima presso la Neurochirurgia di Parma e succes-sivamente presso il Policlinico di Verona e poi ha diretto la Scuola per Infermieri Profes-sionali della ULSS 33 del Veneto, somman-do 40 anni di attività lavorativa.

Dal 1985 è presidente nazionale del Coor-dinamento Nazionale Caposala (dal 2010 denominato Coordinamento Nazionale Ca-posala – Coordinatori).Dal 2003 al 2005 è stata membro del Con-siglio superiore di Sanità e ha partecipato a vari Comitati e Gruppi di lavoro istituiti

presso il Ministero della Sanità/Salute.L’abbiamo incontrata poco dopo la chiusura del XXII Congresso Nazionale dei Caposa-la-Coordinatori dell’ottobre per fare il punto sul ruolo del caposala-coordinatore.

Intervista

Da sempre alla guida del Coordinamento Nazionale Caposala Coordinatori, da dove siamo partiti e dove siamo arrivati oggi?La storia del Coordinamento Nazionale Caposala-Coordinatori ha superato il trentunesimo anno di vita per cui risulta quasi impossibile descriverla in poche parole: diremo in grande sintesi che gli obiettivi di partenza come il miglioramento continuo dell’assistenza ai cittadini e il perseguimento della valorizzazione del ruolo del coordinatore sono validi tuttora, ovvia-mente nelle diverse declinazioni fatte in base alle evoluzioni intervenute nel mondo sociale, sanitario e professionale. La tensione verso questi obiettivi e le vivissime aspettative collegate ci hanno da sempre caratterizzato. Molti i risultati raggiunti con la soluzione di innumerevoli problemi vissuti in prima persona dai coordinatori, molti ancora insoluti e altri nuovi che costantemente si inseriscono. Tutto questo discorso per dire che le motivazioni per cui l’Associazione è sorta e gli obiettivi che si è posta sono ancora attuali e che risulta, pertanto, ancora indispensabile la sua azione. Pensiamo non sia azzardato dire che se non ci fosse stata la nostra Associa-zione forse i coordinatori sarebbero scomparsi, viste le normative ed i contratti di lavoro che nel tempo li hanno duramente penalizzati e per l’azione di alcune aziende che interpretano e applicano arbitrariamente le normative.Comunque l’ideale, rappresentato dall’essere insieme nel farsi carico delle numerose pro-blematiche che affliggono la sanità e la nostra professione e in particolare quelle dei coor-dinatori, accomuna la speranza e la fiducia e induce la forza per continuare il cammino e ricercare le cause delle problematiche e le eventuali strategie di soluzione.

Intervista a Maria Gabriella De Togni,Presidente Coordinamento Nazionale Caposala-Coordinatori

NOI EGLI ALTRI

a cura della REDAZIONE

Caposala-Coordinatore, a che punto siamo

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PROSPETTIVE INFERMIERISTICHE 25

NOI E GLI ALTRI

Dai valori la forza della professione, coordinare in un contesto di cambiamento, questo il titolo del XII Congresso lo scorso ottobre, quali valori in particolare in un contesto “liquido” e in continuo cambiamento?Pensiamo che questo sia uno di quei momenti in cui è molto sentito il bisogno di ricorrere a quei valori a cui ci riferiamo come cittadini e come professionisti accostandoli ai nostri principi etici e deontologici. Considerando la complessità dell’argomento abbiamo affidato il compito di identificare non tanto i valori ma le strategie per mantenerli costantemente pre-senti nella vita professionale, e a cui riferirsi nei momenti più critici della attività lavorativa, agli illustri relatori del congresso.Ci siamo rivolti ai saperi di personalità appartenenti al mondo della cultura, della sanità, delle professioni e della politica affinché con la loro competenza e sensibilità stimolassero la consapevolezza e l’interesse ai valori, nel caso si fosse affievolita nel tempo, e indicassero nuovi percorsi di riappropriazione.

Una intera sessione di lavoro dedicata al senso dei valori perché?Abbiamo ritenuto fondamentale approfondire il senso dei valori per le tensioni che, ancora oggi, coinvolgono i coordinatori: la propensione al continuo miglioramento dell’assistenza e la preoccupazione che questa possa scadere di livello.Troppi sono i distrattori in questi tempi: la criticità della situazione socio-economica che con i tagli ripetuti alla sanità ha causato la ormai cronica carenza del personale sanitario e la riduzione delle risorse materiali e ha reso difficoltosa la gestione del servizio e l’allontana-mento della qualità prefissata sui risultati.Altra motivazione, il timore che la nostra cultura professionale rischi di assuefarsi al bom-bardamento della razionalizzazione delle risorse, spesso razionamento, con il rischio di trasformare una situazione critica, e auspicabilmente transitoria, in una situazione definitiva accettata e standardizzata.Peraltro non solo una sessione ha trattato i valori ma anche tutte le altre che, anche se in forma diversa, hanno voluto rappresentare i valori che non solo sono il senso di una profes-sione ma rappresentano, per ogni persona, il senso della vita stessa.Infatti il percorso dei lavori congressuali, partendo da una iniziale dissertazione teorica sui valori, è proseguito attraverso riflessioni sulla realtà quotidiana del coordinatore per capire dove siamo e se “siamo ancora noi?”: i titoli stessi delle relazioni, in logica sequenza, costi-tuivano di per se stessi un discorso compiuto “Per un esercizio consapevole e sostenibile del ruolo” e “L’utilizzo etico del risorse”.Ci siamo poi interrogati su cosa può allontanare dai propri obiettivi iniziali e dai risultati che ci si propone come professionisti e su come mantenere la tensione verso l’esercizio di una “leadership responsabile e possibile”.

Cosa caratterizza e cosa manca a un esercizio consapevole e sostenibile del ruolo di coordinatore?Domanda di non facile risposta. Preoccupa, in questo momento molto critico, il bisogno di ridurre l’inquietudine causata dalla carenza delle risorse ma anche dalle conflittualità sul lavoro, che può condurre a ricercare obiettivi più facilmente raggiungibili come la sola efficienza o la prestazione, anche corretta, ma fine a sé stessa. Questo però non è sufficiente ai Coordinatori che avvertono il disagio di non poter mira-re l’attenzione alla centralità della persona, alla relazione tra infermieri, con i pazienti, i parenti e le altre professionalità, e il bisogno di trovare soluzioni innovative per rinvigorire

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NOI E GLI ALTRI

e consolidare l’organizzazione del lavoro e delle cure infermieristiche che le Aziende sanitarie e i cittadini si aspettano.Diventa pertanto indispensabile il riferimen-to costante ai valori che rappresentano il faro da cui prendono lumi le nostre azio-ni e che, nei momenti critici sia della vita personale che professionale, possono soste-nerci e produrre quella forza necessaria a mantenere la coerenza tra la nostra identità professionale e l’agire quotidiano.Sicuramente è fondamentale una forma-zione robusta sia di base che per il coor-dinamento. Per robusta intendiamo una formazione teorico/pratica residenziale, completa nei contenuti e nei tempi con l’ap-porto di docenti molto motivati e competenti nelle varie discipline. Poi a livello operativo

risulta fondamentale il coinvolgimento da parte dell’Azienda negli obiettivi e nelle scelte che riguardano l’ambito di coordinamento, se si vuole che i coordinatori traducano gli obiettivi strategici in obiettivi operativi per i loro collaboratori e siano motivati a investire in compe-tenza specifica per migliorare nel tempo la propria professionalità. Da parte dell’Azienda è importante anche una attenzione per evitare ai coordinatori mansioni improprie tali da di-strarre tempo prezioso all’organizzazione dell’assistenza. Fondamentale poi, come per tutti i professionisti, la valorizzazione del loro lavoro: oggi tutto ciò risulta essere troppo carente.

I talenti come risorse, tema della III sessione del Congresso, come riconoscerli, sostenerli e valorizzarli?Tutta una sessione del congresso è stata dedicata all’argomento. Proporrei la lettura degli Atti, che insieme al nostro Foglio Notizie, riporta alcune relazioni non presenti sugli Atti tra le quali quella che costituisce concettualmente il perno di questa sessione “Il talento come ri-sorsa”. Consapevoli dell’importanza della identificazione e attivazione dei talenti personali e dei propri collaboratori abbiamo presentato le esperienze di alcuni coordinatori mirate a confermare questa tesi: - e cioè come riconoscere e far emergere i talenti delle persone per raggiungere e ottimizzare i risultati prefissati. Questo processo rappresenta già un primo grande motivo di valorizzazione dei professionisti ed inoltre un determinante strumento di miglioramento delle cure infermieristiche.

Core competence del Coordinatore dove eravamo, dove siamo, dove dobbiamo arrivare?Con il presupposto dei valori, dei principi etici e della deontologia professionale e in sinto-nia con l’attenzione alla evoluzione e ai cambiamenti del contesto descriviamo la traccia del percorso che abbiamo cercato di seguire. Più volte abbiamo sostenuto, come Associazione, che è naturale e logico che i coordinatori con i loro infermieri evolvano nelle loro competenze con l’evolvere dei tempi. Questo perché i coordinatori e gli infermieri sono in prima linea, sul campo ogni giorno a rispondere alle persone e ai loro bisogni e di conseguenza costantemente chiamati ad adat-tare le cure e proporre nuove modalità di erogarle e non sarebbe possibile diversamente.Ci preoccupa, ed è per questo che la nostra attenzione è vigile sulla evoluzione e i cam-biamenti, il rischio che prendano il sopravvento mansioni non di competenza e offuschino

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NOI E GLI ALTRI

l’interesse o distraggano il tempo a disposizione per l’organizzazione del lavoro, per la gestione delle persone e delle cose, per la relazione e le risposte che i pazienti si aspettano.Crediamo come Associazione che sia necessario presidiare costantemente il vissuto profes-sionale affinché si mantenga in quel solco di valori a cui ci si è riferiti quando si è assunto il ruolo di infermiere prima e di coordinatore poi.

Quali ancora le sfide da affrontare e con quali priorità per vedere riconosciuto appieno il ruolo del coordinatore?La valorizzazione dei coordinatori, come per tutti i professionisti, è indispensabile per la mo-tivazione e lo star bene sul lavoro quali condizioni fondamentali atte a tenere vivi i principi professionali ed i valori a cui si ispirano.Indubbiamente, come anzidetto, sul piano operativo ci si aspetta il rispetto delle funzioni del ruolo, e poi il riconoscimento e la valorizzazione della professionalità anche con il coinvolgimento nelle decisioni e negli obiettivi aziendali che riguardano il proprio ambito operativo. Necessaria, particolarmente, una collocazione adeguata dal punto di vista giuri-dico ed economico. Sono ormai trascorsi sedici anni da quel contratto che ha penalizzato i coordinatori ai quali molto si chiede, da parte delle aziende che peraltro considerano indi-spensabile il loro operato, mentre giuridicamente ed economicamente la considerazione è bassissima. Si auspica che il prossimo Contratto di lavoro perequi la situazione come hanno promesso a gran voce i dirigenti aziendali, professionali e sindacali, relatori alla tavola rotonda del congresso, concordando sulle criticità che i coordinatori hanno evidenziato a quel tavolo, rispetto alla loro situazione lavorativa, giuridica ed economica.

E in Veneto?La Regione Veneto ha tentato la valorizzazione del coordinatore con una delibera per la loro collocazione nella categoria che definisce le reali funzioni esercitate, delibera che però non ha ricevuto la debita attenzione delle Aziende sanitarie deputate alla sua attivazione. La Regione Veneto ha inoltre deliberato il profilo di competenza del coordinatore che ne riconosce e valorizza le funzioni sottolineando e ampliandone le responsabilità: ci si aspetta che questo sia tenuto in considerazione nella stesura e approvazione del prossimo contratto di lavoro. Dalla Regione ci si aspetta che, nelle sue disposizioni normative sia di regola-mentazione ospedaliera e particolarmente di quella territoriale, tenga presente l’importanza della specifica competenza dei coordinato-ri per il coordinamento e l’organizzazione dell’assistenza sia dei servizi già attivi che di quelli in via di attuazione come per esem-pio l’assistenza territoriale e particolarmen-te la continuità assistenziale.Ci si aspetta, per il raggiungimento di que-sti obiettivi, anche la solidarietà e l’impegno da parte dei Collegi IPASVI: rappresente-rebbe una ulteriore forma di motivazione e gratificazione, per i professionisti, sapere che il loro Collegio si fa carico delle loro legittime aspirazioni.

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Il nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere ha dedicato al tema del fine vita il capo IV: tre articoli, di poche righe ciascuno. In ciascun articolo però ogni parola è pesata e pensata per dare evidenza all’importanza e all’attenzione della comu-nità professionale alle questioni che accompagnano e connotano questo momento dell’esistenza di ciascuno.

Articolo 26: L’infermiere presta assistenza fino al termine della vita della persona assistita. Rico-nosce l’importanza del gesto assistenziale, della palliazione, del conforto ambien-tale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale.

Articolo 27: L’infermiere tutela la volontà della persona assistita di porre dei limiti agli interventi che ritiene non siano proporzionati alla sua condizione clinica o coerenti con la concezione di qualità della vita espressa dalla persona stessa.

Articolo 28: L’infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento della persona assistita, nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazione del lutto.

É un film-documenta-rio italiano che ac-cende i riflettori sulla cultura del fine vita nel nostro Paese e affronta il tema delle cure palliative.Firenze e la bellezza del suo patrimonio artistico hanno fatto da sfondo al pal-coscenico su cui si è dipanato un “racconto” finalizzato a favorire la consapevolezza dell’im-portanza delle cure di fine vita e degli elementi spesso critici che lo delineano:

invecchiamento, ma-lattia, morte.Nel film-documenta-rio la telecamera è puntata in partico-lare sulla relazione tra l’equipe di cura, la persona assistita e i suoi familiari, una triade tanto inevita-bile quanto impor-tante e necessaria

per accompagnare “l’attraversamento” dei momenti più difficili della vita.

Le scelte di fine vita,una questione difficile

RECENSIONI

a cura della REDAZIONE

INFORMAZIONI

TITOLO:Un’incerta grazia

REGIA:Claudio Camarca - regista, saggista, scrittore impegnato prevalentemente nel sociale

ANNO: 2016DURATA: 73 min Il film - Un’incerta grazia

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Pronto soccorso,troppo pocoil personale sanitario

LETTERE ALDIRETTORE

di MARINA VANZETTA

Gentile Monica,

Quella che la Direzione ha deciso di applicare è Innanzitutto grazie mille per il pensiero nei confronti dei nostri professioni-sti che ogni giorno lavorano in questi certo non facili contesti di assistenza.La sua domanda trova una risposta ben chiara nella delibera 128/CR del 30 dicembre 2016 “Definizione dei valori minimi di riferimento per il personale dirigente medico – documento metodologico generale e defini-zione dei Valori minimi di riferimento per il personale dei Pronto Soccor-so.” Che è tutt’ora in sede di audizione presso la V commissione regionale competente in materia. Come collegio, siamo molto attenti e attivi a presidiare l’evoluzione del documento e a intervenire per sostenere la necessità di un giusto numero di professionisti sanitari indispensabili a garantire risposte mirate, efficaci, tempestive e personalizzate alle sempre più numerose persone che acce-dono al pronto soccorso.

Stefano BernardelliConsigliere

Sono una cittadina che recentemente ha dovuto ricorrere alle cure dei sanitari di un pronto soccorso della provincia di Verona per problemi di tipo respiratorio. Desidero esprimere il mio profondo ringraziamen-to al personale sanitario che vi lavora perché con spirito di abnegazio-ne e dedizione totale, poiché nonostante la struttura fosse stata satura di altri pazienti, sono stati in grado di far fronte, a mio modesto parere, in maniera eccellente e puntuale.Volevo perciò chiederle, visto la situazione ormai cronica dei massicci afflussi presso le strutture di pronto soccorso se e come vengono definiti gli organici dei sanitari, perché secondo me sono ben sottodimensiona-ti rispetto alle richieste quotidiane.

Monica

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Segreteria OrganizzativaCollegio Provinciale IPASVI

Via Ca’ di Cozzi, 14/A - 37124 VERONATelefono: 045.913938 - Fax: 045.914671E-mail: [email protected]

www.ipasviverona.com