Portogallo
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PORTOGALLO – Il Tribunale costituzionale annulla l’espulsione comminata dal Partito Socialista nei confronti di una propria iscritta
di Francesco Campodonico
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 103-C, c. 8, e 103-D della Lei
Orgânica n. 28/1982 (legge organica sull’organizzazione, funzionamento e processo
del Tribunale costituzionale) è prevista la possibilità, per un qualunque appartenente
ad un partito politico, di impugnare davanti al Tribunale costituzionale (TC) i
provvedimenti sanzionatori emessi dagli organi competenti secondo lo statuto dei
vari partiti. I presupposti giuridici per promuovere l’impugnativa davanti al TC sono
oggettivi, in quanto deve essere dedotta l’illegittimità o la violazione delle regole
statutarie, e soggettivi, in quanto il provvedimento disciplinare deve ledere
direttamente e personalmente i diritti di partecipazione del militante all’attività del
partito.
Con l’Acordão n. 684/2014, il TC si è pronunciato sul ricorso proposto da una
militante del Partito Socialista contro la decisione di espulsione presa, nei suoi
confronti, l’11 luglio 2014 dal Conselho Nacional de Justiça (CNJ), l’organo interno
competente ad irrogare le sanzioni disciplinari. La militante, nel suo ricorso,
lamentava che l’organo avesse preso la sua decisione in assenza delle garanzie poste
dall’art. 22, c. 2, della legge organica sui partiti politici (Lei Orgânica n. 2/2008). Tale
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comma prevede, infatti, che ad ogni membro di un partito sottoposto ad un
procedimento disciplinare debbano essere assicurati i diritti di difesa e di ascolto nel
processo nonché il diritto ad un ricorso effettivo. Peraltro, la ricorrente denunciava
il fatto che l’istruttoria del processo disciplinare fosse stata compiuta da un organo
interno non legittimato a farlo, ovvero la Commisão Federativa de Jurisdição (CFJ).
Il Partito Socialista, costituitosi in giudizio, ribatteva, da un lato, che il CNJ è
l’organo di ultima istanza e che solo nei casi di “revisione”, espressamente previsti
dallo Statuto del partito, può ammettersi un riesame della decisione presa e,
dall’altro, che l’istruttoria del processo disciplinare avviene in modo sommario per
cui il militante può avere conoscenza dell’accusa solo quando questa viene formulata
(ovvero al termine dell’istruttoria).
Il Tribunale, definitivamente pronunciandosi sul ricorso, ha ritenuto che la
decisione assunta dall’organo del partito fosse «invalida per violazione del principio
di certezza del diritto», in quanto il processo è stato istruito da un organo non
competente (il CFJ appunto), e che, dunque, fossero state violate le garanzie
procedurali previste tanto dall’art. 22, c. 2 della legge organica sui partiti politici,
come denunciato dalla ricorrente, quanto dalla Costituzione, il cui art. 32, c. 10,
prevede che in qualsiasi processo sanzionatorio debbano essere assicurati i diritti di
ascolto e difesa.