Portico d’Ottavia,13 …I nostri approfondimenti… · 2018. 12. 27. · dobbiamo ricordare è...

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Portico d’Ottavia,13 …I nostri approfondimenti… Istituto Comprensivo Giuseppe Garibaldi Fondi classe 3 N … E‟ bello immaginare che inciampando tra le pietre dei ricordi possiamo rivivere la storia feroce delle vittime del genocidio. La mia mente non dimenticherà mai gli occhi della signora Rosina e la sua pelle rugosa, testimonianze di una vita che abbiamo il doveredi ricordare. I suoi occhi hanno visto cose che noi solo immaginiamo, occhi che hanno visto il dolore, ma il suo sorriso è il sorriso di chi le ha passate tutte… Grazie Anna Foa!!!

Transcript of Portico d’Ottavia,13 …I nostri approfondimenti… · 2018. 12. 27. · dobbiamo ricordare è...

  • Portico d’Ottavia,13

    …I nostri approfondimenti…

    Istituto Comprensivo Giuseppe Garibaldi Fondi classe 3 N

    … E‟ bello immaginare che inciampando tra le pietre dei ricordi possiamo rivivere

    la storia feroce delle vittime del genocidio. La mia mente non dimenticherà mai gli

    occhi della signora Rosina e la sua pelle rugosa, testimonianze di una vita che

    abbiamo il doveredi ricordare. I suoi occhi hanno visto cose che noi solo

    immaginiamo, occhi che hanno visto il dolore, ma il suo sorriso è il sorriso di chi le

    ha passate tutte…

    Grazie Anna Foa!!!

  • Indice

    _Modalità di rastrellamento:Cecilia Veglia

    _ Modalità di rastrellamento e testimonianze storico,artistico e letterarie: Francesca,

    Paola di Fazio

    _ Fosse Ardeatine:Raffaele Zolofra

    _ 16 Ottobre: Riccardo Biasillo, Giulia Riccardi, Lorenzo Recchia, Sara De Filippis,

    Giuseppe Parisella, Consuelo Perricone, Maria Tobei BaluGiuseppe De Bonis, Alessandro

    Puglianiello,

    _ Recensione: Pier Paolo Di Manno

    La Relazione

    Titolo e Argomento: Roma, 16 Ottobre

    Scaletta:

    -Introduzione: Premessa sulla situazione politica Italiana e il Nazismo

    -Corpo centrale:

    _La razzia del 16 Ottobre in Via Portico d‟Ottavia 13

  • _ Modalità di rastrellamento (Zoom spie sorelle Di Porto, sorelle Spizzichino

    eBanda Cialli Mezza Roma)

    _ Zoom Famiglia Di Veroli (Testimonianza Rosa Di Veroli)

    _ Fosse Ardeatine

    _ Pietre d‟inciampo (Costanza Sonnino)

    -Conclusione: Perché abbiamo studiato e approfondito quest‟argomento? Per non

    rifare gli stessi errori

    Relazione: Portico d‟Ottavia 13, la strage del 16 Ottobre

    “Al numero 13 di Via Portico d‟Ottavia, nel tratto

    fra vicolo di Sant‟Ambrogio e il passaggio che

    conduce a via di Sant‟Angelo in Pescheria, a fianco

    dei ruderi romani del Portico, c‟è un vecchio portone

    di legno che si apre inaspettatamente su un vasto

    cortile circondato da logge rette da colonne antiche,

    simile più ad un chiostro che ad un‟abitazione. In

    questa casa ho abitato per dodici anni”.

  • Così dice l‟autrice nella premessa del suo libro, descrivendo una casa

    apparentemente normale, ma che cela dentro di se una delle parentesi più tragiche

    della nostra storia, la razzia del 16 Ottobre degli ebrei di Roma nel ghetto di Via

    Portico d‟Ottavia 13. Ma tanti sono stati gli avvenimenti storico-sociali prima di

    arrivare a questo, alla così detta “soluzione finale”.

    Tutto è cominciato quando nel 1923, in

    Germania, vediamo nascere una nuova figura di

    estrema destra, Adolf Hitler, che fonda il

    Partito Nazionalsocialista o meglio conosciuto

    come Partito Nazista. Gli ideali del nazismo

    erano chiari: un esasperato nazionalismo,

    avversione radicale verso ogni tipo di pensiero

    democratico o socialista e, il punto cardine, il

    razzismo verso tutti coloro che non venivano

    considerati Ariani, omosessuali, zingari,

    portatori di handicap, malati mentali ed in

    particolare gli ebrei. Il culmine avvenne nel

    Marzo 1933, quando Hitler assume il potere

    assoluto a tutti gli effetti. Anni dopo, nel 1935,

    dopo aver sterminato tutti gli avversari interni

    del partito, la propaganda antiebraica diventò persecuzione, con le così dette

    Leggi di Norimberga. Ciò comportò l‟esclusione degli ebrei dal diritto di voto,

    dall‟esercizio di molte professioni, dal commercio, dalle banche, dall‟editoria e

    furono vietati i matrimoni fra Ebrei ed Ariani. Un evento che in particolare

    dobbiamo ricordare è “La notte dei Cristalli”, tra il 9 e il 10 novembre del ‟38,

    quando in Germana si scatenò una vera e propria” caccia all‟ebreo”, molti furono

    gli ebrei assassinati, migliaia i feriti, decine e decine di negozi dati alle fiamme e le

    vetrine frantumate, che caratterizzarono quella tragica notte.

    Gli stretti rapporti con la Germania nazista portarono l‟Italia mussoliniana, a

    dover abbracciare questi ideali, facendo entrare in vigore Le leggi Razziali e

    inculcando idee antisemite nella popolazione stessa.

    Ed è ora che comincia il vero e proprio sterminio per

    un totale di oltre 6 000 000 di persone.

    Adesso ritorniamo a quel drammatico 16 Ottobre. La

    razzia cominciò poco prima delle cinque e trenta, e

    scrupolosamente, gradino dopo gradino, i nazisti

    salirono le larghe scale di marmo della casa

    fermandosi ad ogni porta senza tralasciarne nessuna.

  • Gli ebrei furono presi in strada, nella piazza, nei bar e fatti salire nei camion diretti

    chissà dove. Furono arrestati soprattutto dalle SS Tedesche e dai Fascisti, ma

    anche dalle così dette” bande indipendenti” come quella di Cialli Mezza Roma, di

    Remo Galeriani, delle sorelle di Porto, Irene e Celeste, o delle sorelle Spizzichino,

    Letizia ed Elvira, anch‟esse ebree che segnalavano i fuggitivi o le persone nascoste

    in abitazioni ariane ai Nazisti per salvaguardarsi in prima persona. Vi è inoltre

    una digressione sul personaggio di Remo Valeriani, il quale, si dice, era solito

    minacciare gli Ebrei, che venivano condotti in Questura, con una rivoltella che

    teneva nascosta.

    Una testimonianza dei fatti accaduti in quel giorno e nei giorni a seguire ci viene

    fornita da Rosa Di Veroli, la quale narra degli avvenimenti accaduti alla sua

    famiglia. I Di Veroli riuscirono a sfuggire alla deportazione nazista poiché si

    rifugiarono, le donne presso le Madri Pie Filippine, gli uomini nel convento di San

    Benedetto. Tuttavia, Rosa, testimonia come, successivamente, suo padre e suo

    fratello vennero comunque individuati dai nazisti poiché si erano dovuti trasferire

    in una fabbrica di camice, a seguito dei bombardamenti che avevano distrutto il

    convento. Essi morirono poi fucilati dai Tedeschi in quanto facevano parte dei 335

    italiani uccisi a seguito della morte di 14 SS.

    Un ulteriore documento ci è dato dalla pietra

    di inciampo recante il nome di Costanza

    Sonnino, presente tutt‟ora in Via Portico

    d‟Ottavia 13. Le pietre d‟inciampo sono di

    fatto testimonianze molto importanti poiché

    ricordano vittime ebree dell‟Olocausto o

    persone ritenute “scomode” al regime

    nazista come rom, omosessuali, testimoni di

    Geova, oppositori politici, portatori di

    handicap, zingari, malati di mente ecc. Esse

    vengono depositate di fronte le abitazioni dei

    deportati come se fossero dei sampietrini

    permettendo di dare una nuova identità a

    coloro che erano stati ridotti solo ad un numero.

  • Tutti questi racconti, insieme ai molteplici

    documenti storici, ci fanno capire quanto

    la sete di potere umana e il delirio

    d‟onnipotenza dell‟uomo possa produrre

    effetti devastanti. Quando, infatti, un

    uomo cerca di prevaricare l‟altro riduce la

    propria esistenza simile a quella di un lupo

    che lotta con altri lupi per il posto migliore

    nel branco. L‟umanità durante il nazismo

    si è spogliata dei suoi valori ed ha lasciato

    che l‟odio, il disprezzo, la rabbia, annientassero ogni forma di amore e rispetto

    producendo un orrore incommensurabile e che fa rabbrividire al solo pensiero.

    Le testimonianze, la storia, i documenti, diventano perciò doppiamente essenziali

    perché, da un lato ridanno dignità alle vittime di questo orrore, in quanto solo

    conoscendo, studiando e avendo davanti agli occhi i resti di ciò che è stato

    possiamo capire che la grandezza di un popolo non può basarsi su genocidi, odi,

    razzismi, ma sulla profonda condivisone, tolleranza e rispetto dell‟altro, nella sua

    diversità etica, morale e culturale.

    Cecilia Veglia

  • Relazione: Modalità di rastrellamento e testimonianze

    del 16 Ottobre del „43

    La Germania, dopo il crollo della borsa di

    Wall Street (24 Ottobre 1929 - il

    cosiddetto “Giovedì nero”) , assieme agli

    Stati Uniti e al resto dell‟ Europa, cadde in

    una profondissima crisi.

    Approfittando di questo calo, proprio

    come aveva fatto Benito Mussolini in

    Italia, l‟estrema destra di Adolf Hitler o

    anche FUHRER,come cominciò a farsi

    chiamare; e il suo partito

    nazionalsocialista presero il potere.

    Questo nuovo regime politico, che non

    impiegò molto tempo per rivelarsi

    totalitario, si basava su tre punti

    fondamentali :

    - Un nazionalismo esasperato; in quanto la Germania doveva riacquistare un ruolo

    di grande potenza;

    - L‟ avversione alla democrazia e al socialismo; e

    - Il razzismo; che era basato soprattutto sull‟odio degli ebrei. Quest‟odio

    particolare però, era anche rivolto agli omosessuali, agli zingari, ai portatori di

    handicap, ai testimoni di Geova, ai dissidenti politici, ai sinti e a tutti coloro che

    non erano parte, secondo i nazisti, della RAZZA ARIANA, quella perfetta, dove

    tutti gli uomini erano biondi, alti e con gli occhi azzurri; proprio come il monaco

    svizzero Ario, da cui il nome della razza, che abitò l‟antica Germania secondo

    un‟antica leggenda popolare.

    Il nazismo di Hitler è famoso

    per le sue torture e per le

    persecuzioni contro persone del

    tutto innocenti, tant‟è vero che

    gli ebrei, ad esempio, partendo

    dalla messa in pratica dei

    nazisti, che ebbe inizio durante

  • la così detta “Notte dei Cristalli”; vennero rinchiusi nei “ghetti” , obbligati a

    vivere secondo delle leggi, che passarono alla storia come leggi di Norimberga, dal

    nome della città tedesca da cui vennero emanate nel 1935 .

    I ghetti erano soltanto delle soluzioni

    temporanee per mantenere a bada gli

    ebrei fino alle deportazioni nei campi di

    lavoro e di sterminio. Tali deportazioni,

    avvennero attraverso i rastrellamenti e i

    pogrom, che furono istituiti in Polonia

    nel 1941. Cominciò così la vera e propria

    “SOLUZIONE FINALE”, attuata dai

    tedeschi stanchi di anteporre le teorie alla

    pratica!

    Il nazismo di Hitler arrivò anche in Italia, a causa del nostro totalitarismo fascista

    e dell‟alleanza fra Italia e Germania, “L‟asse Roma - Berlino”. Di conseguenza

    anche le leggi razziali, come anche i rastrellamenti e i progrom. Tra i

    rastrellamenti in Italia, quello più famoso, poiché infinitamente tragico, risale al

    16 Ottobre 1943.

    All‟inizio poteva apparire un sabato mattina come tanti altri. Qualcuno, con la

    consapevolezza del giorno di festa, decise di prendersi qualche oretta di riposo in

    più; altri erano andati a lavorare ignorando le solite abitudini; altri ancora, invece,

    si erano recati alle porte del ghetto per la consegna mensile di sigarette.

    Ben presto però, questa “tranquillità”, venne a mancare.

  • Si sentirono in lontananza degli spari da parte delle SS tedesche e poi, verso le

    cinque e trenta, la razzia cominciò.

    I tedeschi bussavano alla porte come a tirarle giù, incutendo immenso terrore tra

    la gente. Coloro che non avrebbero potuto resistere né al

    viaggio né all‟ interno del campo, vennero sparati al momento. Altri cercarono di

    scappare dalle finestre, attraverso i giardini o i balconi aiutandosi con i loro vicini.

    A causa della fretta era normalissimo scivolare sui gradini delle abitazioni, i quali,

    se ora potessero parlare, racconterebbero la storia di tutte quelle grida e di quei

    pianti; proprio come farebbero i muri, che furono testimoni di numerosi via vai di

    tedeschi e di ebrei.

    Di questo caos e di tutte quelle vittime furono la causa anche i delatori e le

    delatrici, tra cui ricordiamo le tre sorelle spizzichino,Elvira, Letizia e Graziella;

    Cialli Mezzaroma e un'altra coppia di sorelle, Irene e Celeste Di Porto.

    Per quanto furono odiate le sorelle

    Spizzichino, le loro pietre d‟ inciampo ( una

    memoria dei cittadini deportati nei campi

    di sterminionazisti, presenti davanti alle

    abitazioni che sono state teatro di

    deportazioni. ) in via Santa Maria in

    Monticelli; furono estratte dal selciato delle

    strade e mal conciate; in quanto tutti

    erano convinti del fatto che nessuna delle

    tre meritasse un ricordo, figuriamo un San

    Pietrino!

    Celeste Di Porto, invece, aveva istituito un odio

    particolare per gli ebrei in quanto erano tutti

    contrari al suo matrimonio con un ricco tedesco

    di cui lei era follemente innamorata.

    Per riparare ai danni che commise sua figlia, il

    papà di Celeste, dopo aver pagato enorme

    somme di denaro agli ebrei, si consegnò

    spontaneamente alle SS.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Memoria_collettivahttp://it.wikipedia.org/wiki/Deportazionehttp://it.wikipedia.org/wiki/Campi_di_sterminiohttp://it.wikipedia.org/wiki/Campi_di_sterminiohttp://it.wikipedia.org/wiki/Nazismo

  • Il 16 Ottobre viene anche descritto da un famoso poeta fondato, Libero de Libero,

    il quale vivendo a Roma, nel suo diario intitolato “Borrador”, descrive il momento

    del rastrellamento: “I

    tedeschi seguitano a minare la terra sotto i loro stessi piedi. Oggi hanno iniziato la

    razzia delle famiglie ebree: mogli e mariti e figli,giovani vecchi fanciulli presi e portati

    via su mostruosi camion coperti. Chissà dove,chissà dove. Penso ad essi, vittime

    disperate, che a quest’ora (piove a dirotto,fa freddo, si sente l’inverno) giacciono

    ammucchiati in chissà quale luogo.”

    Proprio con queste parole de Libero inizia a descrivere quel pomeriggio freddo

    d‟Ottobre; il quale si prospetta pieno di pensieri per il poeta, che, mentre si rifugia

    tra i contadini della campagna romana, non fa altro che pensare a tutte quelle

    persone innocenti che, nonostante il freddo, il gelo e la pioggia siano state portate

    chissà dove.

    Attualmente possediamo molte testimonianze dirette di ebrei che proprio quel 16

    Ottobre del 1943 si trovano nel ghetto e vissero quel momento. Una di queste è

    quella di Rosa o Rosina Di Veroli. Questa donna, un tempo ragazzina di circa 14 o

    15 anni, è figlia di Letizia di Trivoli e Donato di Veroli e costituisce una delle più

    lucide testimonianze ebraiche. Rosa abitava in via Portico d‟Ottavia numero 13

    assieme ai suoi 8 fratelli e sorelle e ai suoi genitori. Quella mattina la mamma di

    Rosa aveva lasciato il tavolo da pranzo ancora apparecchiato, per via di una

    credenza religiosa ebraica, quando sentirono la gran confusione che vi era fuori.

    La ragazza e la sua famiglia fecero in tempo a sfuggire ai tedeschi e a rifugiarsi in

    un convento nei pressi del Gazometro. Questo convento era diviso in due parti: da

    una parte vi erano i monaci, i quali ospitarono gli uomini della famiglia di Veroli;

    l‟altra parte invece era abitata da alcune monache “Madre Pie Filippine”, che

    accolsero le donne della famiglia, tra cui Rosa. In questo luogo Rosa, per non

    sentirsi inutile e di intralcio decise di fare dei lavoretti per impiegare il suo tempo

    libero; infatti aiutò molto spesso nel fare le pulizie dell‟edificio e cercò di dare una

    mano anche con i bambini dell‟oratorio, dato che a lei sarebbe piaciuto diventare

    una maestra. Quando non lavorava in convento, impiegava il suo tempo per

    comprare qualcosa da mangiare per lei e la sua famiglia; come il formaggio, di cui

    era golosa. Una mattina, il 23 Marzo 1944, mentre andava a comprare il

    formaggio, non solo si trovò a Via Rasella durante la rivolta dei partigiani contro i

    tedeschi, ma al suo ritorno trovò il convento in fiamme.

    Vedendo ciò lei e la sua famiglia cominciarono disperatamente a cercare un altro

    rifugio, infatti, ben presto, trovarono un riparo temporaneo in una fabbrica di

  • camicie, di cui la proprietaria era una signora simpatica e tanto gentile, la quale

    però poté dare riparo alla famiglia solo durante la notte. Il giorno successivo, la

    famiglia, decise di nascondersi nel teatro Marcello. Qui però furono visti da un

    amico del padre di Rosa, il quale, forse un delatore, riferì il nascondiglio della

    famiglia alle SS, che decisero di mettere il padre di Rosa, in quanto capofamiglia,

    in carcere. Il fratello quattordicenne di Rosa, pur di non lasciare suo padre da solo

    in quella brutta situazione, decise di consegnarsi volontariamente ai tedeschi.

    Entrambi, poi, vennero imprigionati nel terzo braccio di Regina Coeli, da dove

    vennero presi per essere fucilati nelle Fosse Ardeatine con altri 333 uomini, tratti

    per la maggioranza dalla strada e per la restante parte dal carcere di Via Tasso.

    Se parliamo dell‟eccidio delle Fosse Ardeatine, avvenuto il 24 Marzo ‟44, è

    d‟obbligo citare ancora una volta il nostro caro de Libero in quanto scrisse un

    importantissima poesia per tutte le vittime; dimostrandosi ancora una volta in

    grado di immedesimarsi nei panni di tutti coloro martiri di questa brutta pagina

    della storia dell‟umanità:

    ” Erano creature erano pensieri

    Ora eterni nomi e un onda di pece

    Le pianure hanno sommerso di tanti occhi,

    e il grano è sempre nuovo.

    Ritorni a tessere radici l‟alba

    Di quel marzo con l‟urlo che la schianta,

    il sole abbandoni il suo teschio nero

    alla fame di belve condottiera.”

    Altre testimonianze di poeti che fanno riferimento alla

    situazione dei bombardamenti o degli eccidi tedeschi

    sono: PRIMO LEVI, SALVATORE QUASIMODO,

    UMBERTO SABA, LORENZA MAZZETTI E ANNA

    FRANK.

    Primo Levi inizialmente, per quanto riguarda la Shoah,

    ci parla della sua cattura con il suo racconto intitolato

    ”L‟inizio del viaggio”, tratto dal libro “Se questo è un

    uomo” . In questo racconto esprime tutte le sue angosce

    e preoccupazioni relative a quello che gli stava per

    succedere. Con la poesia “La Bambina di Pompei”

    invece vuole darci l‟immagine di una bambina morta

    http://www.google.it/url?url=http://blog.quotidiano.net/marchi/2013/07/31/compleanno-primo-levi-torino-31-luglio-1919-la-bambina-di-pompei/&rct=j&frm=1&q=&esrc=s&sa=U&ei=UkURVfjlKcz5UtOJhMgN&ved=0CB4Q9QEwBA&usg=AFQjCNGVH0vEI5346ObNh2Qx9o1UYeSnXg

  • ,duemila anni fa,durante l‟eruzione del Vesuvio; che pian piano, ci aprirà uno

    scenario sulla distruzione totale creata dall‟uomo; dalla persecuzione degli ebrei,

    facendo riferimenti ad Anna Frank; fino all‟esplosione di una bomba atomica.

    Anna rappresenta non solo una semplice “Fanciulla d‟ Olanda murata fra quattro

    mura che pure scrisse la sua giovinezza senza domani”; ma è considerata anche il

    simbolo di tutte le vittime tedesche; che siano bambini,neonati,adolescenti,adulti

    o anziani. Si ha questa considerazione di Anna Frank per il suo diario scritto nel

    periodo in cui lei e la sua famiglia si nascondevano dai nazisti e per la sua tragica

    morte nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.

    Anche Lorenza Mazzetti,nipote di Albert Einstein, come

    Anna Frank e Primo Levi, costituisce una prova sicura

    degli eccidi tedeschi. Anche lei, come le altre

    testimonianze precedentemente elencate, ha messo, nel

    2011, la sua storia su carta. Nel suo libro “Il Cielo Cade”

    infatti, descrive la sua storia assieme a quella della

    sorella, per mezzo delle due protagoniste del libro Penny

    e Baby, le quali, dopo aver affrontato la morte dei

    genitori sono costrette anche a subire la morte della zie e

    delle due cuginette, a causa dei tedeschi; e il suicidio dello

    zio, che malgrado avesse le sue due nipotine su cui

    contare; non resiste alla morte di sua moglie e delle sue

    duefiglie.

    Inoltre come testimonianze possediamo elencare quelle proposte da Salvatore

    Quasimodo in “Milano, Agosto 1943” dove afferma che “I MORTI NON

    HANNO PIU’ SETE” e da Umberto Saba con la poesia “ La Capra”.

    Invano cerchi tra la polvere,

    povera mano, la città è morta.

    È morta: s'è udito l'ultimo rombo

    sul cuore del Naviglio: E l'usignolo

    è caduto dall'antenna, alta sul

    convento,

    dove cantava prima del tramonto.

    Non scavate pozzi nei cortili:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Diario_(Anna_Frank)http://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Bergen-Belsen

  • i vivi non hanno più sete.

    Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:

    lasciateli nella terra delle loro case:

    la città è morta, è morta.

    Quasimodo in questa poesia si arrende al destino dell‟intera popolazione di Milano,

    in quanto crede che non ci sia più nulla da fare. La mano dei sopravvissuti infatti

    “cerca invano tra la polvere ” e l‟usignolo, che prima canticchiava sul tetto del

    convento; ora è caduto anche lui.

    “Ho parlato a una capra.

    Era sola sul prato, era legata.

    Sazia d’erba, bagnata

    dalla pioggia, belava.

    Quell’uguale belato era fraterno

    al mio dolore. Ed io risposi, prima

    per celia, poi perché il dolore è eterno,

    ha una voce e non varia.

    Questa voce sentiva

    gemere in una capra solitaria.

    In una capra dal viso semita

    sentiva querelarsi ogni altro male,

    ogni altra vita”

    Saba, invece, con la poesia “La capra”, vuole paragonare un capra incatenata agli

    ebrei dipendenti dalle leggi razziali.

    Altra testimonianza molto toccante che mi piacerebbe ricordare è quella di

    Costanza Sonnino, alla quale possiamo far riferimento non solo grazie al libro della

    storica Anna Foa, ma anche grazie alla sua pietra d‟inciampo messa di fronte al

    portone di casa sua. Anche lei era ebrea ma nata a Roma il 4 Luglio del 1909, figlia

    di Mosè Sonnino e Sara Moscati. Costanza, assieme alla sua famiglia e i suoi

    genitori, decise di giocare d‟anticipo, infatti, già prima del 16 Ottobre si era

    trasferita e nascosta a Capratica. A Roma abitava in via portico D‟Ottavia 13 e vi

    era ritornata per partorire, in quanto già al nono mese di gravidanza. Invece di

    fermarsi a dormire a casa della suocera però, ritornò nella casa del ghetto,

    approfittando del fatto che dovette fare anche compagnia a sua sorella e ai suoi

    due bambini Giuditta di 14 anni e Leone di 12. Malgrado le sue condizioni fu

    arrestata ed deportata, come tutti, ad Auschwitz; in Polonia. Insieme a lei, anche

    a sua sorella Speranza e ai suoi due figlioli non venne risparmiato nulla.

    http://1.bp.blogspot.com/-b614MfpgqwM/T-gnRzgBTHI/AAAAAAAAAJ0/7db2LO5AFJ0/s1600/capra-saba.jpg

  • Una delle pagine più brutte della nostra storia …

    Francesca, Paola di Fazio

    RELAZIONE SUL LIBRO Di ANNA FOA

    “Portico d‟‟Ottavia” - Fosse Ardeatine

    In questo libro, “Portico D‟Ottavia 13” di Anna Foa, si parla del periodo storico

    1943\45 e degli eventi accaduti in questi tragici anni. Un episodio che mi ha

    colpito molto è stato quando il 23 marzo 1944, i partigiani si ribellarono contro

    l‟11 Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment Bozen tedesco in via

    Rasella perché volevano cacciare i tedeschi da Roma. Ma l‟attentato non andò

    benissimo perché l‟esplosione non uccise tutto il battaglione tedesco. Quando la

    notizia arrivò al comandante della piazza di Roma Kurt Malzer, lui diede il

  • permesso di procedere alla vendetta per ì poveri kameraden e poco dopo arrivò

    Kappler,colonnello tedesco alla caserma insieme al consigliere d‟ambasciata

    Mollhausen a calmare la rabbia di Malzer. Questa notizia arrivò fino in Germania

    ad Adolf Hitler che saputa la notizia disse arrabbiato, che per ogni tedesco morto

    sarebbero dovuti morire tra i 30 a i 50 italiani. Il generale Von Mockensen e il

    colonello Kappler ritennero opportuno che per ogni tedesco morto venissero uccisi

    10 italiani. Per tutta la notte il colonnello Kappler cercò i 320 italiani da uccidere

    ma era difficilissimo trovare così tante persone in una notte e lui quindi, chiese a

    tutti i generali tedeschi una lista di 50 prigionieri. Prese la maggior parte dei

    prigionieri nel terzo braccio di Regina Coeli e nella prigione di via Tasso. Nelle

    notte viene comunicato a Kappler che era morto un altro tedesco quindi la lista si

    aggirava su 330 italiani ma lui portò anche 5 in più così andarono a morire 335

    italiani. La mattina seguente verso mezzogiorno il colonnello Kappler si diresse

    verso la caserma del comandante Malzer per dargli la lista degli uomini che

    sarebbero morti.

    Il pomeriggio seguente tanti camion tedeschi si diressero alle Fosse Ardeatine, o

    cava di Pozzolana o cave di tufo, lì i tedeschi fecero il genocidio di 335 italiani.

    Essi uccisero gli uomini portandoli dentro le cave sparandogli alla nuca e quando

    vennero uccisi tutti, fecero esplode le cave. Nelle dopoguerra, Herbert Kappler

    venne processato e condannato all‟ergastolo da un tribunale italiano e rinchiuso in

    carcere. Colpito da un tumore inguaribile, con l‟aiuto della moglie riuscì ad

    evadere dall‟ ospedale militare del Celio, il 15 agosto 1977, e a rifugiarsi in

    Germania, ove morì pochi mesi dopo, il 9 febbraio 1978.

    I principali collaboratori di Kappler, l‟ex-capitano delle SS Erich Priebke, dopo

    una lunga latitanza in Argentina, nel 1995 venne arrestato in Italia, ove,

    processato, venne condannato all‟ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine.

    Morirà a Roma l‟11 ottobre 2013.

    Anche Albert Kesselring, catturato a fine guerra, processato e condannato a morte

    il 6 maggio 1947 da un tribunale militare britannico per crimini di guerra e per

    l‟eccidio delle Fosse Ardeatine, ma la sentenza fu poi commutata nel carcere a

    vita. Nel 1952 fu scarcerato per motivi di salute e fece ritorno in Germania, dove si

    unì ai circoli neonazisti bavaresi.

    Morì nel 1960 per un attacco cardiaco. Da quello che ho capito e studiato è che la

    storia ci serva da lezione perché se si dovesse presentare un pazzo, come Hitler o

    simili, bisogna fermarlo subito.

  • RAFFAELE ZOLOFRA

    Il 16 Ottobre 1943

    Il 16 ottobre 1943 sicuramente è una data da non dimenticare, un periodo della

    storia che ci fa riflettere sulla guerra, sulla natura dell‟uomo e sulla tragicità della

    vita umana. Testimonianza di quanto è successo sono le pietre d‟ inciampo. Le

    pietre d‟ inciampo sono un‟iniziativa del tedesco Gunter Demning per collocare nel

    tessuto urbanistico e sociale delle città europee una memoria diffusa dei cittadini

    deportati nei campi di sterminio nazisti. L‟ iniziativa consiste nell‟ incorporare nel

    selciato delle città davanti alle abitazioni che sono state teatro di deportazione, dei

    blocchi in pietra muniti di una piastra d‟ ottone. L‟ iniziativa è partita a Colonia

    nel 1995 e ha portato nel 2015 all‟ installazione di 50.000 pietre in vari paesi

    europei: Germania, Austria, Polonia, Italia ecc…E‟ da sottolineare che la maggior

    parte delle pietre d‟ inciampo, ricordiamo vittime ebree dell‟olocausto, alcune sono

    in memoria di persone, gruppi etnici e religiosi ritenuti indesiderabili dalla

    dottrina nazista e fascista: omosessuali, oppositori politici, rom, zingari ecc… Ciò

  • ci porta a pensare come è perversa la mente umana. Io ho rivissuto quei momenti

    della nostra storia attraverso la lettura di un libro di Anna Foa “Portico d‟

    Ottavia 13”. Questo libro mette in luce ciò che è accade in, un‟antica casa

    medievale, ormai semi-distrutta… E‟ proprio in questa abitazione che il 16

    ottobre 1943 i nazisti arrestarono più di trenta ebrei, un terzo dei suoi abitanti, tra

    i più poveri della comunità. Sono per lo più donne, vecchi e bambini catturati e

    trattati come oggetti, senza pensieri, senza un‟anima e senza nemmeno un nome

    considerando che, al posto dei loro nomi c‟ erano dei numeri. Una cosa vergognosa,

    profondamente vergognosa! Grande studiosa e ricercatrice di quest‟ anni

    indimenticabili è Anna Foa che grazie a delle testimonianze ci riporta indietro nel

    tempo, ed eccoci in quella casa in quel lontano ma pur sempre vicino al 1943.

    Ricordiamo con grande affetto le storie di alcune delle tante famiglie che fecero

    questa negativa esperienza di vita. Vediamo come la scrittrice attraverso un

    linguaggio semplice e profondo descrive in modo accurato la personalità di Rosina

    che è un membro della famiglia di Attilio di Veroli e fu una testimone di quanto

    accade in quel periodo. Era la seconda figlia di Veroli e fu intervistata sulla

    situazione di quegli anni. Fu l‟unica intervistata rilasciata sulla Shoah Foundation

    cioè colei che è sopravvissuto in quei tragici giorni. Rosina ricorda con lucidità ciò

    che è successo alla sua famiglia. La madre in quel indimenticabile giorno, era in

    preda all‟ ansia e si affacciava sempre alla finestra perché aveva paura di essere

    scoperti. Una donna chiamata la cornacchia, incitava gli altri a lasciare le

    abitazioni. I Di Veroli, vestiti come potevano riuscirono a fuggire dal retro della

    casa. Arrivarono verso le undici e trenta nella parrocchia di San Benedetto e

    bussarono alla porta e Rosina ricorda come il parroco gli fece entrare volentieri.

    Però ben presto suo padre e suoi fratelli vennero arrestati perché un loro

    conoscente aveva fatto l spia. Rosina nel frattempo aveva cambiato identità per

    non farsi riconoscere. La figura di Rosina si può affiancare alla vicenda di altri

    situazioni simili come quella della famiglia di Marco di Veroli. Nella deviazione

    che si apre al pian terreno sulla sinistra, in cima ad una scaletta di pietra, abitava

    una famiglia che fu completamente distrutta dalla razzia del dodici ottobre, quella

    di Marco di Veroli, la sua era una famiglia numerosa con ben nove bambini, fra i

    nove e i diciassette anni. Tutti furono arrestati, tutti perirono ad Auschwitz. Il

    padre aveva quarant‟ anni e faceva il facchino, la madre Fortunata di Porto ne

    aveva quarantatre e faceva la cucitrice. Insieme a loro abitavano anche il fratello

    di Marco, Leonardo che faceva il commerciante con sua moglie Ester Calò, in tutto

    erano tredici persone. Leonardo ed Ester non avevano figli e nessuno dei due fu

    arrestato. Forse tra il 1938 e 1943 avevano cambiato casa o si erano nascosti. Della

  • famiglia di Marco, Fortunata fu uccisa insieme ai sette figli fra i tredici i due anni,

    già all‟ arrivo ad Auschwitz senza essere immatricolata. Marco divenne la

    matricola numero 158545 e morì in un luogo ignoto dopo il 1945, durante la

    marcia della morte. Anche delle due figlie più grandi, Enrica e Pina non sappiamo

    nulla, se non il nome e in quale appartamento abitavano. Queste come ho detto

    prima, sono solo alcune delle tante storie degli abitanti della casa e dei nove mesi

    segnati per gli ebrei romani da oltre duemila deportazioni. Sono stati presi

    ovunque: per strada, nel quartiere del vecchio ghetto, nelle stesse case, nei negozi,

    dappertutto insomma... Li arrestano soprattutto i fascisti, le bande di Kappler

    mosse per denaro o semplicemente per il gusto di fare del male. Tutto può accadere

    ed è la crudeltà la protagonista, o meglio ancora la “caccia spietata all‟ uomo”. Si

    manda a morte anche solo per un capriccio. Gli occhi non vedono che orrore,

    bombardamenti, fame, rastrellamenti e morte. I nazisti come dei cacciatori vanno

    in cerca delle loro prede e sanno dove trovarle.

    Riccardo Biasillo

    16 Ottobre 1943

    Il 16 ottobre 1943 è una triste data per la comunità ebraica di Roma e per tutta la

    città, infatti in quel giorno vennero catturati 1024 ebrei per essere inviati nei

    campi di sterminio. Fu scelta questa data poiché essendo il sabato festivo per gli

    ebrei, Kappler pensava in questo modo di sorprenderli e catturarne di più.

  • In effetti gli ebrei romani, nonostante le leggi razziali del 1938, non si aspettavano

    di essere deportati, sia perché pensavano che i tedeschi non avrebbero usato la

    violenza nella città del papa, sia perché avevano pagato a Kappler un riscatto di

    50 kg di oro, faticosamente raccolti nella loro comunità e con piccole donazioni di

    gente comune in segno di solidarietà agli ebrei.

    La razzia iniziò poco dopo le 5:00 del mattino, quando le SS invasero le strade del

    ghetto di Roma, portando con loro gli elenchi con i nomi e gli indirizzi delle

    famiglie ebree. Avevano l‟ordine di rastrellare tutti: uomini, donne, bambini,

    anziani malati e perfino neonati. Molte famiglie vennero sorprese nel sonno.

    Circa 30 degli ebrei rastrellati, vennero presi dalla casa medievale che si trovava al

    numero 13 di via Portico d‟Ottavia. Questo indirizzo dà il titolo ad un libro scritto

    da Anna Foa, che racconta le storie degli abitanti della casa durante i nove mesi

    nei quali il quartiere ebraico diventa la sede di una spietata caccia all‟uomo.

    Questa caccia venne portata avanti non solo dalle SS, ma soprattutto dai fascisti

    che venivano informati da spie e delatori attratti dalla ricompensa. Una banda

    che si distinse per la sua ferocia fu quella Cialli Mezzaroma che si avvaleva della

    collaborazione di Celeste Di Porto, un‟ebrea che fu una delatrice molto attiva,

    soprattutto successivamente all‟attentato di via Rasella, ad opera dei partigiani,

    nel quale morirono 33 soldati tedeschi. Infatti la Di porto segnalò i nascondigli di

    26 ebrei che furono catturati e uccisi alle Fosse Ardeatine, la rappresaglia dei

    tedeschi in risposta all‟attentato.

    In tutto alle Fosse Ardeatine furono uccise 335 persone. La vittima più giovane fu

    Michele Di Veroli che aveva solo 14 anni e che era detenuto insieme al padre

    Attilio nel terzo braccio di Regina Coeli. Il resto della famiglia, come raccontato

    nel libro di Anna Foa, riuscì a sfuggire al rastrellamento rifugiandosi in un

    convento di suore e preti.

    Il 18 ottobre, 18 vagoni piombati partirono dalla stazione Tiburtina di Roma,

    diretti al campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, dove arrivarono 6

    giorni dopo. All‟arrivo, vennero divisi in due gruppi: da una parte, uomini e donne

    fisicamente sani e dall‟altra, quelli inabili al lavoro, che furono immediatamente

    portati nelle camere a gas e uccisi.

    Di tutti gli ebrei inviati ad Auschwitz dopo il rastrellamento del 16 ottobre,

    sopravvissero solo 15 uomini ed una donna. Nessuno degli oltre duecento bambini

    fece mai ritorno a casa. L‟unica donna sopravvissuta fu Settimia Spizzichino, la

  • quale è stata negli anni successivi, fino alla sua morte, avvenuta nel 2000,

    un‟importante memoria storica dell‟olocausto, pubblicando le sue memorie nel

    libro “Gli anni rubati”. A Roma le sono stati dedicati: un viale nel Parco della

    pace, una scuola media, un cavalcaferrovia tra via Ostiense e circonvallazione

    ostiense.

    Giulia Riccardi

    Portico d‟Ottavia,13

    Portico d‟Ottavia 13 è un palazzo in stile medievale con un giardino

    rinascimentale, ma è anche un libro scritto dall‟ autrice ANNA FOA che spiega

    meglio il rastrellamento e il significato della SHOAH. È un sabato ma non uno

    qualunque è sabato del 16 ottobre 1943 e, nel Portico entrano i tedeschi che

    catturano ebrei a caso, sono più di 30, tra cui donne, anziani e bambini colpevoli di

  • niente e vittime sacrificali di un disegno spietato fatto da una mente contorta e

    criminale. La scena provoca i brividi anche a chi legge, alcuni cercano di scappare

    dalle finestre, altri si arrampicano sulle scale che portano sul tetto, tra pianti e

    urla strazianti, così ci racconta Rosina di Veroli capì subito che doveva scappare e

    andò a rifugiarsi in un monastero vicino al Gazometro, la torre Eifelle italiana, e lì

    stette per 7 mesi. Una mattina Rosina andò a comprare il formaggio perché ne era

    golosa, e al suo ritorno trovò il monastero in fiamme. Rosina durante la sua

    testimonianza alla fondazione SHOAH FONDATION, parla dell‟uccisione di 335

    italiani a causa dell‟attentato fatto dai partigiani in Via Rasella a Roma. Dopo

    questo attentato vennero prese persone dal terzo braccio di REGINA CELI e

    vennero portati alle Fosse Ardeatine che in quel tempo venivano usate per

    prendere tufo e marmo. Vennero accese tutte le camionette per coprire il rumore il

    rumore degli spari, venivano presi a caso in gruppi da 5, portati nella cava, fatti

    sedere in ginocchio e piegare il collo e poi soldati o generali tedeschi li sparavano.

    Dopo 4 mesi, il dottore Attilio Ascarelli iniziò l‟identificazione dei corpi e si scopri

    il padre e il fratello della povera Rosina, addirittura si seppe che il fratello fu il più

    piccolo a essere ucciso dai tedeschi, l‟unico 14enne. La loro fine non fu diversa da

    quelli degli altri, vennero portati nelle cave e strappate alla loro vita. Ho

    analizzato altre microstorie di altre persone, di altre vittime, una di quella che mi

    è rimasta nel cuore, è stata la storia di Costanza Sonnino. Era incinta al nono mese

    e appena arrivò nei campi subì un operazione per asportarle il bambino dal

    grembo, purtroppo morì subito. Senza mai avere tra le braccia il suo piccolo e

    godere della gioia della maternità. Grazie al libro ho scoperto l‟esistenza e il

    significato delle “PIETRE D‟ INCIAMPO” che sono state ideate dal tedesco

    GUNTER DEMNIG. Esse sono dei veri e propri SAN PIETRINI che vengono

    collocati nelle vie di varie città europee per ricordare le vittime del genocidio di

    HITLER. Due pietre d‟ inciampo vennero rubate e poi rimesse perché ricordavano

    le sorelle SPIZZICHINO, che furono delle DELATRICI,cioè delle spie che

    riferivano alle SS la posizione, la casa,gli appartamenti degli ebrei in cambio di

    ricchezza e salvezza dai campi di sterminio. È bello immaginare che si inciampa

    tra le pietre dei ricordi per entrare nella vita e rivivere la morte feroce delle vittime

    del genocidio. La mia mente non dimenticherà mai gli occhi della signora Rosina,

    la sua pelle rugosa è testimonianza di una storia che abbiamo il diritto di

    ricordare, i suoi occhi hanno visto cose che noi solo immaginiamo, occhi che hanno

    visto tanto ma il suo sorriso è il sorriso di chi l‟ha passate tutte. Grazie Anna

    Foa!!!!Recchia Lorenzo

  • Il 16 Ottobre 1943

    Il 16 Ottobre 1943 i nazisti fecero irruzione nella zona del ghetto di Roma,

    “Portico d‟Ottavia” dove vivevano numerose famiglie. Alcune di queste furono

    deportate ad Auschwitz e interamente sterminate, in altre invece si salvò solo

    qualche componente. I nazisti all‟interno della Casa salivano velocemente i gradini

    e giunti davanti all‟abitazione, bussavano brutalmente con il calcio del fucile sulle

    spoglie porte di legno, che talvolta buttavano a terra. Girovagavano per l‟intero

    condominio con dei fogli in mano, liste sulle quali c‟era scritto il nome di ogni

    ebreo da catturare. Spesso incontravano gli abitanti del palazzo mentre

    scendevano le scale e pronti a catturarli gli chiedevano l‟identità e qualcuno più

    fortunato che conosceva la lingua tedesca, molte volte riusciva a scampare

    l‟arresto, come nel caso del carabiniere Terracina. Altre famiglie più premonite, si

    rifugiarono prima della razzia fuori Roma, in paesetti come Velletri, Capranica e

    Norcia. Molti ebrei venivano aiutati dal portiere della Casa che li avvisava e poi li

    faceva nascondere presso persone di fiducia, altri portinai invece erano usati dal

    regime da informatori e minacciavano di denunciare chi si nascondeva nelle case di

    non ebrei. Inoltre una buona parte di quelli che quel giorno si salvarono, ci

    riuscirono perché essendo il sabato giorno di festa, non lavoravano e

    approfittavano per fare spese e compere necessarie per tutta la settimana, tra cui

    l‟acquisto delle sigarette nei pressi dell‟isola Tiberina. Infatti molti uomini,

    proprio dopo aver svolto queste faccende, al loro ritorno non trovavano il resto

    della famiglia che era stato già catturato. Una famiglia che ebbe particolarmente

    fortuna fu quella del signor Fatucci. All‟alba, Rosa, la moglie dell‟uomo si era già

    svegliata e sentendo dei rumori si affacciò alla finestra. Dopo aver visto che alcuni

    dei suoi coinquilini sedevano accalcati nei camion in moto, fece subito scappare i

    suoi quattro figli maschi dal balcone e, attraverso un appartamento vuoto a

    fianco, riuscirono a fuggire senza essere visti. Rosa e suo marito, al contrario,

    approfittarono della confusione per andare via tra la gente e, dopo aver

    peregrinato per una notte intera, la mattina del giorno seguente si rifugiarono in

    un convento. Famiglie più sfortunate invece furono quella dei Vivanti dove ci

    furono circa 10 vittime tra donne e bambini, e quella dei Di Veroli. Di questa

    famiglia, abbiamo avuto occasione a scuola di sentire l‟intera storia raccontata

    direttamente dall‟unica sopravvissuta, Rosina Di Veroli. Nell‟ intervista infatti,

    ha parlato della sua vita e di come, insieme ai suoi cari, erano riusciti a sfuggire

    all‟arresto in quella terribile mattina del 16 Ottobre. Lei e la sua famiglia appena

    videro i nazisti riuscirono a scappare e trovarono rifugio presso il convento di S.

  • Benedetto al gazometro. Questo convento era diviso in due sezioni: quella

    maschile gestita dai frati, e quella femminile dalle suore. Lei per rendersi utile

    aiutava la suore a svolgere le attività quotidiane e in più insegnava ai bambini

    dell‟oratorio. Alcuni mesi dopo, precisamente il 23 Marzo, dopo che furono

    costretti a cambiare rifugio poiché il convento era stato bombardato, ci fu

    l‟attentato in via Rasella, nel quale persero la vita 33 soldati tedeschi. La notte tra

    il 23 e il 24 marzo, suo padre e suo fratello che erano rinchiusi nel terzo braccio del

    carcere di Regina Coeli, insieme ad altri 333 uomini, furono condotti alle Fosse

    Ardeatine, per essere giustiziati, affinchè riscattassero la morte dei 33 tedeschi

    avvenuta durante l‟attentato. Questa forse è una delle più tristi storie tra tutte

    quelle degli ebrei assassinati in quegli anni. Un‟ altra che però non è passata

    inosservata è quella della povera Costanza Sonnino. Costanza nacque a Roma il 4

    Luglio 1909. Era figlia di Mosè Sonnino e Sara Moscati. Da ragazza visse con la

    sua famiglia al portico in un appartamento centrale. Sposata con Vittorio Moscati

    si nascose a Capranica prima del 16 Ottobre, ma proprio in quei giorni, poiché era

    al nono mese di gravidanza, era tornata a Roma per partorire, lasciando nella casa

    fuori città, con il resto della famiglia, il marito e il figlioletto Giovanni. Era

    ritornata insieme a sua sorella Speranza e ai due figli di quest‟ultima, ma all‟alba

    dell‟indescrivibile giorno di metà ottobre, furono prese entrambe con i due

    bambini e all‟arrivo ad Auschwitz tutti furono subito inviati nelle camere a gas.

    Tutte queste microstorie compongono la storia dell‟inverno 1943/1944 che per

    tutti sembrava interminabile. Io non so quante persone da quell‟inverno ad oggi

    sono ancora vive, ma anche se ce ne fosse uno soltanto andrebbe pluripremiato,

    dal momento che non tutti riuscirebbero ad accantonare un passato così duro e

    colmo di sofferenza per andare avanti.

    Sara De Filippis

  • RELAZIONE LIBRO “PORTICO D‟OTTAVIA”

    Questo libro, scritto da Anna Foa, ha come tema centrale la razzia del ghetto di

    Roma del 16 Ottobre 1943, quando le SS naziste entrarono bussando a tutte le

    porte.

    Di Questo rastrellamento non abbiamo foto, filmati ma testimonianze scritte che

    servono a ricostruire quel terribile giorno. Questo libro, non ci fa ricordare soltanto

    il periodo storico, ovvero quando i nazisti avevano il controllo su tutto e

    obbligavano gli ebrei a rispettare le loro leggi raziali, ma soprattutto le persone

    che furono prese dal ghetto e mandate alle Fosse Ardeatine e nei campi di

    concentramento.

    L‟elemento protagonista di questo libro è la casa del Portico D‟Ottavia 13 nel

    ghetto,dove appunto avvenne la razzia. Questa casa, è molto grande, ha colonne,

    tanti piani ed è come un labirinto, inoltre ha anche un giardino interno.

    Il libro, ci parla del lungo inverno del ‟43, dove succedettero molte cose, fra

    deportazioni, omicidi e bombardamenti; in alcuni casi, la gente, per sfuggire ai

    tedeschi, aveva avuto il coraggio di buttarsi dalla finestra.

  • Alcune persone, furono capaci di tradire la propria famiglia, come Celeste di Porto

    che arrabbiata per questioni familiari rivelò ai tedeschi il nascondiglio degli ebrei.

    Inoltre c‟era anche il pericolo del coprifuoco, che ti obbligava a rientrare in casa

    dopo una certa ora. Noi in classe, abbiamo approfondito la microstoria di una delle

    sopravvissute, Rosa Di Veroli la quale, si è rifugiata con la propria famiglia in un

    convento per sfuggire ai tedeschi. Se si era fortunati, si trovava un convento dove

    le persone erano gentili e ospitali.

    Qui Rosa aveva trovato un passatempo da maestra, perché all‟intero c‟era una

    piccola scuola.

    Una mattina, mentre era uscita a fare compere, cadde una bomba proprio nel

    negozio dove lei aveva comprato del formaggio. Così, insieme alla sua famiglia fu

    costretta ad andare via dal convento perché i bombardamenti arrivarono anche lì.

    Il libro, riporta anche le microstorie di molte altre persone che vissero nella zona

    del ghetto, come Settimio Calò che come tanti altri uomini, aveva un deposito di

    merci nella casa di fronte al Portico d‟Ottavia.

    Un giorno, andato sull‟isola Tiberina a fare rifornimento di sigarette, al ritorno

    non ha trovato più sua moglie.

    Ovviamente tutta la merce che aveva un valore altissimo veniva sequestrata dai

    nazisti.

    Il 23 Marzo del ‟44 ci fu l‟attentato a via Rasella, dove i partigiani fecero esplodere

    una bomba, uccidendo 33 tedeschi.

    Per ogni tedesco morto vennero presi 10 italiani e mandati direttamente alle Fosse

    Ardeatine.

    Vennero prese anche altre persone dal terzo braccio di Regina Coeli, tra cui anche

    il papà e il fratello di Rosa Di Veroli.

    Il comandante Kappler poi fu processato, ma non per i 330 italiani, ma bensì per i

    cinque presi in più.

    Una volta uccisi con un colpo di pistola alla testa i tedeschi facevano esplodere le

    cave per occultare completamente i cadaveri.

    Il fatto venne a conoscenza solo dopo 2 mesi e tutti i familiari, con l‟aiuto di un

    medico riuscirono a riconoscere tutti i loro parenti.

  • L‟autrice ci trasmette degli stati d‟animo molto intensi, anche nel ricordare la

    storia di ogni singola persona.

    A volte, può sembrare difficile seguire la trama vista la grande quantità di

    informazioni presenti e le storie di tutte le famiglie, però Anna Foa riesce lo stesso

    a farci capire molto bene gli avvenimenti.

    Giuseppe Parisella

    Portico d‟Ottavia, 13

    Io e la mia classe abbiamo letto il libro “Portico d‟Ottavia, 13” e nei primi

    capitoli si parla del rastrellamento. L‟argomento che vorrei approfondire è il

    16 Ottobre 1943. Abbiamo due testimonianze: il libro e quella di Rosina di

    Veroli. Nel libro arriva il 16 Ottobre 1943 e i tedeschi iniziano a portare via

    gli ebrei dalle loro case, alcuni cercarono di scappare anche senza

    riuscirci,alcune donne pensando che prendessero solo gli uomini rimasero

    nelle loro case ma sbagliando perché furono prese anch‟esse. Furono portati

    fuori e messi in riga ad aspettare i camion che li avrebbero portati nei campi

    di concentramento. Rosina di Veroli racconta che la sera prima, il venerdì,

    lei e la sua famiglia avevano lasciato la tavola apparecchiata perché secondo

    la loro credenza gli angeli sarebbero andati nelle case. La mattina seguente

  • mentre la madre sparecchiava sentì dire a Elena “la Matta” che i nazisti

    stavano arrivando e quindi bisognava scappare. Alle 11:30 Rosina e i suoi

    familiari erano scappati e si fermarono nel convento di S. Benedetto dove

    per occupare le loro giornate aiutavano a pulire, facevano la spesa e Rosina

    insegnava ai più piccoli. Dopo il bombardamento dovettero scappare ma,

    purtroppo avevano rifugio solo di notte in una fabbrica di camicie e il giorno

    dovevano girovagare. Il 23 Marzo del 1944, a via Rasella ci fu un attentato

    da parte dei partigiani che uccise trentatre tedeschi e così fu appeso un

    manifesto in cui si diceva che per ogni tedesco ucciso sarebbero morti dieci

    italiani. Per questo attento furono presi anche il padre e il fratello di Rosina

    e portai nel terzo braccio di Regina Coeli. Furono portati

    trecentotrentacinque deportati, cinque uomini in più per sicurezza, alle

    Fosse Ardeatine e a gruppi di cinque furono uccisi con un colpo alla testa.

    Una volta uccisi tutti, le entrate furono chiuse per evitare che i corpi

    venissero trovati. Dopo sette mesi, però furono trovati e l‟umidità causata

    dal tufo delle Fosse Ardeatine fece in modo che i corpi rimasero intatti. Il

    dottore Attilio Ascarelli, prendendo ciocche di capelli e oggetti personali

    fece in modo che i parenti riconoscessero le vittime. L‟uccisione alle Fosse

    Ardeatine fu commessa dal generale Kappler che verrà poi processato nel

    1947 e incarcerato a Gaeta da dove riuscirà a scappare, anche se poi venne

    catturato di nuovo. Per ricordare questi morti furono costruite le pietre

    d‟inciampo, pietre di ottone con su scritto il nome, la data di nascita, luogo

    e data di morte (se conosciuta), da Gunter Demnig, hanno la misura di un

    sampietrino (10cmX10cm) e vengono messe davanti la casa delle persone

    morte, con il consenso dei condomini che abitavano i palazzi. Adesso sono

    cinquantamila e la cinquantamillesima è stata sistemata a Torino.

    Consuelo Perricone

    Portico d‟Ottavia

    Il libro Portico d Ottavia 13 parla del razzismo in Italia e degli ebrei che sono stati

    deportati da questo ghetto in via Portico d Ottavia 13.

    Le persecuzioni in Italia sono iniziate a causa delle leggi razziali messe da Hitler in

    Germania nel 1935 e da Mussolini in Italia nel 1938.

    Questo è un libro storico, formato da tante microstorie.

  • Il 16 ottobre 1943 a Roma i Tedeschi sono entrati nelle case degli ebrei e le hanno

    deportate nei campi di concentramento, delle persone sono anche riuscite a

    scappare come Rosina Di Veroli, altre invece no per esempio Costanza Sonnino.

    Tutto cominciò all‟alba e mentre la gente dormiva, i Tedeschi entravano nelle loro

    case e li prendevano e li portavano ad Auschwitz nei campi di concentramento e li

    facevano lavorare duramente.

    Questa storia andò avanti per molto tempo, ma il 23 Marzo del 1944 a via Rasella

    i Partigiani per vendicarsi dei Tedeschi fecero scoppiare una bomba. Morirono 35

    Tedeschi, e Kappler oridinò di uccidere 10 italiani per un Tedesco ucciso.

    Furono portati alle Fosse Ardeatine che sono delle cave di tufo, alcuni dei

    prigionieri del carcere di via Tasso e del carcere del 3 Braccio: in tutto 330

    prigionieri, ma poi ne aggiunsero 5 perché nella notte tra il 23 e 24 Marzo mori un

    altro Tedesco. Furono portati alle Fosse e vennero uccisi tutti, e dopo misero una

    bomba alle Fosse per cancellare le tracce del massacro.

    Il dottor Attilio Ascarelli analizzò tutti i corpi che c‟erano nelle Fosse Ardeatine e

    restituì alle famiglie delle persone morte le cose dei familiari che avevano trovato.

    Il 4 Luglio gli Americani liberarono Roma.

    Tra tutte le microstorie che ci sono nel libro, la più importante è quella di

    Costanza Sonnino, che viene ricordata grazie ad una Pietra D‟Inciampo a suo

    nome davanti al Portico D‟Ottavia.

    Le Pietre D‟Inciampo le inventò l‟artista tedesco Gunter Demnig, e le ha collocate

    in tutti i paesi dove è avvenuta la Deportazione.

    Le Pietre D‟Inciampo sono dei blocchi in pietra muniti di una piastra in ottone;

    fra le Pietre D‟Inciampo, ricordiamo quelle delle sorelle Spizzichino, che sono delle

    sorelle ebree delatrici.

    Qualcuno ha levato le loro Pietre D‟Inciampo, perché sostenevano che loro non

    meritavano di essere ricordate.

    Grazie alle Pietre D‟Inciampo e alle Testimonianze delle persone sopravvissute,

    noi possiamo ricostruire e ricordare le storie di persone che hanno visto scene

    orribili; hanno visto uccidere molte persone innocenti.

    Maria Tobei Balu

  • Relazione

    Nel libro “Il portico di Ottavia 13” di Anna Foa si parla della razzia del 16 ottobre

    1943. La razzia iniziò verso le 5:00 in cui i tedeschi delle SS entrarono nella “casa”

    per prendere gli ebrei. Ne presero 35 perché molti si salvarono scappando dalle

    finestre oppure come altri che si erano salvati perché erano usciti al mattino per

    prendere le sigarette. Anche Rosina Di Veroli riuscì a sfuggire ai nazisti grazie al

    vescovo del convento che venne a chiamare il padre di Rosina così loro si

    andarono a rifugiare nel convento. Ogni giorno Rosina andava a prendere il pane

    ed il formaggio al solito negozio ma un giorno lo trovò bombardato e così capì che

    dovevano abbandonare il convento. Poi un giorno il padre ed il fratello di Rosina

    vennero presi dai nazisti e poiché il figlio non voleva abbandonare il padre venne

    preso anche lui. Nel 23 marzo del 1944 i partigiani fecero esplodere una bomba a

    via Rasella e per questo morirono 32 tedeschi. Il generale Kappler dopo questo

    attentato decise di uccidere 10 italiani per ogni tedesco ucciso. Kappler portò tutti

    gli italiani presi dal carcere di via Tasso e quelli del terzo braccio di regina Coeli

    alle fosse ardeatine dove morirono 335 italiani tra cui il padre ed il fratello di

  • Rosina Di Veroli. I tedeschi, dopo aver ucciso gli italiani,fecero crollare la cava di

    tufo. Le pietre d‟ inciampo sono dei sanpietrini d‟ ottone posti davanti alle

    abitazioni delle vittime con su scritto il loro nome. Per la prima volta questa

    “tradizione” venne ideata in Germania precisamente a Colonia.

    Puglianiello Alessandro

    Recensione Finale

    Il libro Portico d‟Ottavia è stato scritto da

    Anna Foa una studiosa dell‟età moderna.

    Prendendo in esame la persecuzione subita dagli ebrei romani durante

    l‟occupazione tedesca della città tra il Settembre del 1943 e il Giugno 1944. La

    particolarità del libro è data dalla scelta di concentrare l‟attenzione su un singolo

    edificio: un antico fabbricato di una casa in via Portico D‟Ottavia 13, luogo che

    era stato il ghetto di Roma. In questo libro viene rappresentato l‟edificio che nel

    1943 era abitato interamente da ebrei. Luogo affascinante e misterioso con logge

    ed un cortile. In molte pagine traspare l‟aspetto autobiografico che sta alla radice

    del libro. L‟autrice infatti ha abitato in questo edificio per dodici anni. Il libro è

    diviso in nove capitoli ma la parte più interessante per me, riguarda il punto che

    approfondisce la deportazione di questi ebrei presso i campi di sterminio nazisti.

    Qui emerge la paura di queste persone costrette a fuggire dalla finestra e dai tetti.

    Commovente è l‟episodio in cui viene descritto la cattura di una donna incinta che,

    pur essendo sfollata in provincia, in quei giorni era tornata a Roma per partorire;

    stessa sorte toccata ad un‟altra donna che insieme ai figli si era fermata a dormire

  • dai parenti. Molto interessante risulta la costruzione della casa e dei suoi abitanti

    dopo il 16 Ottobre (cap. 3).Qui traspare la forte volontà di coloro che erano

    scampati al rastrellamento di tornare nelle proprie abitazioni, anche solo per

    qualche giorno, nonostante il rischio di essere individuati, emerge il loro legame

    con la casa e con la famiglia ;la relazione tra ebrei e non all‟ interno del quartiere

    che grazie alla conoscenza reciproca potevano attivare forme di protezione e

    soccorso, ma anche rendere più facile la cattura. Presente l‟aspetto antisemita di

    fascisti che arrestavano tutti gli ebrei che individuavano senza differenza di donne

    e bambini. Il libro è stato molto interessante, in quanto riproduce

    dettagliatamente storie individuali e famigliari avvenute nella seconda guerra

    mondiale. Leggendo il libro mi sembra ritornare a quel periodo in cui la vita delle

    persone veniva spezzata via dagli orrori della guerra.

    Pier Paolo Di Manno