Porcu

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  • SAGGISTICA

    Una tragedia negata 3

  • Giancarlo Porcu

    Rgula castiglianaPoesia sarda e metrica spagnola

    dal 500 al 700

    Grafica e impaginazioneNino MeleImago Multimedia

    2008, Edizioni Il Maestrale

    Redazione: via Monsignor Melas 15 - 08100 NuoroTelefono e Fax 0784.31830E-mail: [email protected]: www.edizionimaestrale.com

    ISBN 978-88-89801-52-9

    Una tragedia negata 5Una tragedia negata4

    Il Maestrale

  • INDICE

    9 Introduzione

    24 Principali convenzioni per la descrizione metrica

    25 Guida alla lettura dei repertori

    PARTE PRIMAForme fisse dhispanidad

    31 I. La sesta torrada31 1. Cantone torrada35 2. Cantone torrada e forme fisse36 3. Sesta torrada, gosos, villancico59 3.1. Presunta italianit delle cantones torradas62 3.2. Gosos, goccius, goigs77 3.3. Gosos e sestas profane. Canonizzazioni, innovazioni

    89 II. Lottava torrada

    97 III. La battorina (una mini cantone torrada)

    105 IV. La cantada

    113 V. La glosa

    113 1. Statuto formale della glosa sarda118 2. La glosa come traduzione amplificatoria122 3. Storia, forme e funzioni della glosa lirica sarda140 4. Sopravvivenza ottocentesca della glosa

    PARTE SECONDAForme libere

    145 VI. Eredit incerte, false, certe

    Una tragedia negata6

  • Introduzione

    1. Nellambito della metrica queste pagine prescelgono il settoredella strofica, nonostante la generale indicazione disciplinare espo-sta in frontespizio, pi immediata ed elegante. Definendo ulterior-mente, si potrebbe parlare di strofica comparata, poich lo studiodelle strofe qui condotto in relazione a pi tradizioni poetiche: sar-da, spagnola, italiana, catalana.

    Esiste una metrica comparata disciplina infatti non pi giovane la quale ha per avuto come oggetto principale il verso e ha quindirivolto lanalisi soprattutto agli aspetti ritmici e prosodici. Oltre adessere il frutto di fatiche personali, la Storia del verso europeo di Mi-chail Gasparov [1989] il lavoro di sintesi pi completo in materia eredita una scienza del verso russa (stichovedenie), poi passata alvaglio del pensiero formalista. La comparazione su base prosodicapu infatti vantare, fra altri, i contributi fonologici di Jakobson,Trubeckoj, Zirmunskij, a loro volta eredi della linguistica compara-ta ottocentesca che dietro allusta dellindoeuropeo fu comprensi-bilmente tentata di dare la caccia anche allUr-verso indoeuropeo,cosa che fece con il Meillet de Les origines indo-europennes des m-tres grecs (del 1923).

    Forse meno seducente, certo portatrice di pi deboli implicazio-ni fonologiche, una strofica comparata non poggia su tradizioni cossistematiche e sedimentate, sebbene si possa osservare, parafrasan-do Gianfranco Contini [1967, p. 135], che come Monsieur Jourdaincomponeva prosa senza saperlo, e come i linguisti buoni hannosempre fatto linguistica strutturale senza saperlo, cos i metricologihanno sempre fatto strofica comparata senza saperlo. Vi per chepensare unoperazione analoga a quella di Gasparov da condurre inambito strofico non risulterebbe agevole e i (pochi) paragrafi che laStoria del verso europeo spende in tal senso per larea romanza

    153 VII. Altre eredit spagnole153 1. Le strofe di cinque versi (chintillia e chimbina)153 1.1. Quintillas araolliane: presenza di assenze156 1.2. Drammi resistenziali167 2. La chimbina: lira garcilasiana in Sardegna172 3. La sesta e altre forme aliradas

    179 VIII. Fra hispanidad e italianit179 1. Le strofe di quattro versi180 1.1. La quartetta184 1.2. La quartetta caudata191 1.3. Quartetta caudata e pie quebrado195 1.4. Un genere italiano

    209 Bibliografia

    235 Indice dei termini metrici

    239 Indice dei nomi e dei luoghi

  • va luso pure comune (di contro a quelli francese e catalano) di mi-surare il verso comprendendo nel computo la sillaba successiva al-lultima accentata2. Rispetto alla prospettiva indicata, per possi-bile impegnarsi nella verifica delle modalit per le quali linterventodi patrimoni metrico-strofici di culture poetiche colonizzatrici ve-de nella cultura poetica colonizzata il manifestarsi di annessioni in-condizionate, adattamenti, timide adesioni e rifiuti. A ci si presta latradizione poetica in sardo osservabile dal Cinquecento al Settecen-to, un periodo che vede lazione delle tradizioni spagnola e, in misu-ra minore, italiana. Pacifico infatti che non si dia reciprocit nelrapporto fra cultura sarda e culture altre (egemoniche), in ragionedella indubitabile posizione subalterna occupata dalla prima rispet-to alle seconde, ragion per cui la direzione dinfluenza non pu cheessere cultura spagnola>cultura sarda o cultura italiana>cultura sar-da. La questione non si esaurisce in bilanci quantitativi e nella meraregistrazione di merci in entrata, mentre lesame delle formule rimi-che e sillabiche delle strofe sarde in grado di restituire interessantitracciati delle dinamiche estetico-culturali che hanno agito nel rap-porto con quelle culture nazionali.

    3. Dire dal 500, come precisa il sottotitolo del presente volume, come dire a un dipresso dalle origini della versificazione in linguasarda. Le testimonianze poetiche isolane, anche quelle prodotte inlingue allogene, non risalgono oltre la seconda met del Cinquecen-to, fatta eccezione per il poemetto agiografico attribuito allarcive-scovo sassarese Antonio Cano (1476/1478): Sa Vitta et sa Morte, etPassione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu3. Riguardo alla metri-

    3 Introduzione 11

    [GASPAROV 1989, pp. 183-195] per dire di quella che pi ci riguardama losservazione vale anche rispetto ad altre tradizioni non posso-no andare oltre un primo compendio destrazione manualistica, dicontro a raffinate auscultazioni prosodiche. Lo studio comparatodella strofa non conosce lavori complessivi e metodologici, conosceescursioni sopra la poesia romanza delle origini (come le ricche pagi-ne di LE GENTIL 1952) e poche esplorazioni monografiche su singoleforme, con il fortunato sonetto, favorito dallessere a sua volta prota-gonista di una fortuna mondiale senza confronti. Parrebbe insommagiustificato il lamento di Maria Luisa Meneghetti [1993, p. 135] per laperdita, in ambito romanistico, di buone occasioni per affrontareglobalmente problemi che invitavano per loro stessa natura ad unapproccio di tipo comparatistico, come il complesso degli schemimetrici refrain nella lirica romanza medievale di cui si occupa la stu-diosa nel contributo che ospita questo suo monito. Con tutto che,spinta dallideale delle origini e adusa allabito genetista, la romani-stica si comunque data da fare in questa direzione, come dimostra,ad esempio, lampio dibattito spagnolo sullorigine degli schemi convuelta, diviso fra fautori della tesi arabica e fautori di quella romani-co-liturgica (una recente sintesi della questione in BELTRN PEPI1984). Ma per periodi successivi non si cos fortunati.

    2. Fra le varie declinazioni di metrica comparata discusse in undenso articolo di Rowena Fowler, Comparative Metrics And Compa-rative Literature1, si mostra interessante quella che considera il con-tatto di una cultura poetica indigena con una cultura colonizzatrice[FOWLER 1977, p. 294]. Le analisi pi complesse su questo frontehanno riguardato ladattamento di sistemi metrici esogeni nei siste-mi linguistico-prosodici colonizzati.

    questa una prospettiva che non ci riguarda nello specifico. Sidiceva che lambito strofico mostra pi deboli implicazioni lingui-stiche e occorre aggiungere che quella sarda ha incontrato, nel pe-riodo qui preso in esame, lingue prosodicamente affini, litaliana e laspagnola. Basti pensare alla comune parossitonia, da cui infatti deri-

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    1 Per unaltra aggiornata rassegna sulla disciplina segnalo DOMNGUEZ CAPARRS2001.

    2 Lottonario italiano al pari delloctoslabo spagnolo un verso il cui ultimo accentosi colloca sulla settima sillaba, sia essa seguita da una, da due sillabe oppure occupi laposizione finale assoluta. La metricologia sarda popolare si esprime in numerali puri:lendecasillabo, ad esempio, detto ndichi, contrazione della dizione versu de ndichi,verso di undici (sillabe). Isolatamente, Giovanni Spano [1840, II, p. 6] riferisce di unmodo sardo di misurare i versi a pees (per piedi; unit metriche di due sillabe).

    3 Il testo ci noto attraverso lesemplare unico stampato nel 1557, privo di ulterio-ri note tipografiche: lattribuzione ad Antonio Cano aggiunta a penna sul frontespi-zio [CANO 1557; 2002]. In PORCU 2005 ho offerto la ricostruzione dellordine nei primi300 versi su ipotesi codicologica, tale ordine risulta alterato dalla princeps e nelle ripro-duzioni moderne. Un tentativo di studio sulla metrica del poemetto SOLE 2005.

  • vatore Vidal nella prefazione al suo poema in sardo-logudoreseUrania Sulcitana (1638) [BULLEGAS 2004, p. 112], dove menziona elcantar de los Sardos, que llaman Tasi, rifacendosi ad una fonte nonpi identificabile (unos fragmentos de Marangone en un Archiviode Pisa). Paulis, postulando che tasi e tasa siano la stessa parola, fariferimento alluso bizantino di accompagnare col canto lUfficiodivino, ripartito in ore. Tale prassi dei monaci bizantini veniva per-tanto indicata con la locuzione cantare le ore: psllein ts hras;ma anche attestata la locuzione psllein tksin, che per lo studiosocostituirebbe la base del sardo tasi/tasa. Eppure, anche in questocontesto, non al momento possibile andare oltre suggestive analo-gie lessicali e tantomeno avanzare questioni morfologiche.

    4. Dalla fine del XVI secolo fino al XVIII (lestremo alto dellanostra indagine), la tradizione poetica in sardo, finalmente attivasebbene non in maniera doviziosa, mostra di essere in buona parteuna provincia soggetta a giurisdizione metrica spagnola. Daltrocanto, si scorgono, soprattutto allinizio e al termine di questo lungoperiodo, interferenze con la tradizione italiana. Allinizio, in virtdella fase italianizzante che la lirica europea, e segnatamente quellaspagnola, conobbe in pieno Cinquecento. Al termine, per il lento efaticoso ingresso della Sardegna nellorbita politica piemontese epoi italiana, in un clima culturale che per seguit ad essere contras-segnato da hispanidad almeno fino alla fine del Settecento.

    Le parole che Pietro Delitala premette alle Rime diverse rendo-no un quadro verosimile dellattrezzatura linguistica allora disponi-bile per chi in Sardegna intendesse scalare lElicona: pi obligatoera scrivere in lingua Sarda come materna, o Spagnola come piusata, e ricevuta in questa nostra Isola, che in Toscana, lengua vera-mente molto aliena da noi [DELITALA 1596, p. 5]. Le Rime diversecostituiscono infatti un unicum in quanto opera sarda integralmen-te versata nel toscano. Nella prassi poetica isolana cinquecentescala confidenza con litaliano si restringe al solo Delitala e alla porzio-ne toscana nel trilinguismo sardo-italiano-spagnolo offerto da Ge-rolamo Araolla nelle Rimas diversas spirituales (1597).

    Pur tuttavia, interessa osservare come lintera opera di Araolla siconsumi metricamente nellesperienza italiana, fra ottava, sonetto e

    4 Introduzione 13

    ca, questopera in logudorese meriterebbe unattenzione a parte,per i suoi distici a rima baciata oscillanti fra le nove e le quindici sil-labe, con tendenza prevalente al doppio senario ma anche ricorsi diveri e propri endecasillabi (dove forse non saranno da escludere re-lazioni col verso spagnolo darte mayor). Per il resto, in quanto amonumenti poetici, il vuoto, a dispetto di unimportante produ-zione strumentale in volgare sardo che data dallXI secolo con i con-daghes (atti di donazione e lascito a favore di chiese o monasteri) etrova espressione compiuta nel codice legislativo della Carta de Lo-gu (XIV-XV secc.).

    Anche un discorso che affronti le forme metriche sarde in rela-zione a tradizioni poetiche altre venute in contatto con la culturaisolana in fasi pre-cinquecentesche, deve muoversi in terreni mala-gevoli; oppure lanalisi morfologica smentisce rapporti che in quel-la direzione si davano per acquisiti. Nel corso del primo capitolo( 14-15) vedremo, ad esempio, quanto una stretta parentela fra loschema rimico dei gosos e quello dei goigs catalani sia insostenibile.Vaghe risultano le relazioni strutturali osservabili fra la viadera cata-lana di Cerver de Girona (produttivo fra il 1259 e il 1285) e il mutusardo [MANINCHEDDA 1996]4: una questione che non pu rientrarenelle intenzioni del presente discorso, per la vastit delle forme edei problemi che pone da solo il genere popolare dei mutos e deimutettus5. A ritroso si nota come pure il periodo pisano-genovese(XIII sec.) non offra zone di raccordo. Ancora indietro, appare sug-gestiva lipotesi formulata da Giulio Paulis [1983, pp. 171-176], se-condo il quale i termini taya, tazha, tasa e tasgia nenia, lamentofunebre, ma anche denominazione del canto a quattro voci dellaregione gallurese e, ancora, sinonimo di strofa, senza per potersiidentificare con un preciso tipo metrico [CIRESE 1960; 1988, pp.365-368] deriverebbero dal bizantino taksin. Lattestazione piantica del termine sardo potrebbe infatti essere il tasi citato da Sal-

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    4 Infatti Maninchedda [1996, p. 226] precisa che nel suo lavoro non si intende mi-nimamente affermare che il modello dei mutos la viadeyra. Per uno studio comples-sivo sulla viadera catalana rinvio a ROMEU I FIGUERAS 1950.

    5 Rimando al fondamentale CIRESE 1964 (poi confluito con aggiornamenti e aggiun-te in CIRESE 1988, pp. 185-349), dove non mancano indicazioni comparative con compo-nimenti ispanici [pp. 292-294].

  • Il Seicento poetico in Sardegna pu considerarsi essenzialmentespagnolo e sar spesso protagonista di queste pagine9. Questepoca, vero, produce lesperienza di Carlo Buragna (1632-1679), ma si fafatica a concepire come un Seicento sardo quello del letterato di na-tali isolani, dalla giovinezza fino alla morte vissuto fra Catanzaro,Cosenza, Lecce e soprattutto Napoli, dove pot dedicarsi alla poesia[BURAGNA 1683] sotto la protezione dei Carafa. Sinterpreterebberoquali tracce sarde duna secentesca partita doppia italo-spagnola,quelle provenienti da settori letterariamente meno vigilati come lefeste religiose di pieno barocco narrate da Serafino Esquirro (pu-sierse muchos emblemas, hieroglificos, sonetos, y otros versos lati-nos, y vulgares, en lengua Castellana, y Italiana [ESQUIRRO 1624, p.583]; si riferisce alla traslazione dei corpi santi nella cattedrale di Ca-gliari nel novembre 1618), se non si osservasse che da una simile pra-tica plurilinguistica non andarono esenti le stesse justas poticas(certami poetici) che in quel torno di tempo si svolgevano nella pe-nisola iberica. Un altro caso di partita doppia, pi consistente, ri-guarda lo scolopio cagliaritano Fra Sebastiano di San Giuseppe, alsecolo Sebastian Suer o Sebastiano Sugner (1643-1675?), di cui siconserva un manoscritto datato 1662 (Miscellanea variarum Rerum,Biblioteca Comunale di Sassari)10. Lo zibaldone, con sermoni delSuer e opere poetiche di altri autori (fra i quali Lope de Vega), rac-coglie versi in latino, spagnolo e italiano. In merito a questi ultimi vanotata la confezione di madrigali di tipo cinquecentesco, una praticaalquanto rara nei poeti sardi11 e forse contingente nel giovane auto-

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    terza rima e comunque sempre nellendecasillabo, con una sola, velo-ce discesa nellarte menor6 castigliana ( 36). Le sue due fatiche, ilpoema sui martiri Gavino, Proto e Gianuario [ARAOLLA 1582] e leRimas diversas spirituales [ARAOLLA 1597] dicono di altrettante dire-zioni intraprese. Il poemetto martirologico tenta lepos cristiano ditema sardo, sulla scia del gi citato Antonio Cano (XV sec.), superan-do per mezzo dellottava rima i distici irregolari del predecessore. LeRimas rappresentano un cimento inscrivibile nel petrarchismo cin-quecentesco e duna particolare specie di petrarchismo, cosiddettospirituale, cui la raccolta si accorda fin dal titolo7. Entrambe le dire-zioni seguite da Araolla, quella epica e quella lirica, hanno evidente-mente lo sguardo rivolto alla scuola italiana ma senza sensi di colpanei confronti di quella spagnola, ch la colta poesia castigliana gi datempo andava allevando un orientamento esplicitamente italianeg-giante, a danno della tradizionale poesia cancioneril (approfondi-menti al 36). un processo evidente nei fatti metrici e che si fa uffi-cialmente datare (ma non mancano eloquenti esperienze precedenti,e su tutte quella dei 42 sonetos fechos a lo itlico modo di igo Lpezde Mendoza, marchese di Santillana) dalla lettera indirizzata a Bea-triz de Figueroa che Juan Boscn Almogver (1487/92-1542) premet-teva al secondo libro delledizione (postuma, 1543) delle sue poesiepubblicate insieme alle opere di Garcilaso de la Vega (1503-1536)8:

    Este segundo libro tern otras cosas hechas al modo italiano, las cuales se-rn sonetos y canciones, que las trobas desta arte as llamadas siempre. Lamanera dstas es ms grave y de ms artificio y (si yo no me engao) muchomejor que la de otras. Mas todava, non embragante esto, cuando quiseprovar a hazellas ni dex de entender que tuviera en esto reprehensores.Porque la cosa era nueva en nuestra Espaa.

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    6 Con arte menor sintendono nella cultura metrica spagnola le misure brevi e inmodo speciale lottonario.

    7 Questo filone trova gi compiutezza nelle Rime spirituali di Vittoria Colonna(1546), ancora nelle Rime spirituali di Gabriel Fiamma (1570), con un incunabolo ne IlPetrarca spirituale di Girolamo Malipiero (1536). Sul petrarchismo spirituale si vedaora unefficace sintesi in Lirici europei Cinquecento [2004, pp. 609-643], con parte criti-ca e antologica curata da Franco Tomasi in collaborazione con Paolo Zaja.

    8 Si cita da Volti del petrarchismo spagnolo di Andrea Zinato [Lirici europei Cinque-cento 2004, p. 1017].

    9 Per una sintesi della produzione letteraria in Sardegna nel XVII secolo rimando aPIRODDA 1993. Informazioni dettagliate in ARCE 1960 (ediz. italiana 1982: Un capitolosconosciuto della letteratura ispanica in Sardegna, pp. 165-231). Diamo qui un puro elen-co dei principali autori sardi di questo periodo che poetarono in spagnolo: Antioco delArca (ca. 1595-1632); Jos Delitala y Castelv (1627-1689); Jacinto Arnal de Bolea (metXVII sec.); Jos Zatrilla y Vico (1648-1720); Vicente Bacallar (1669-1726). A questi se nepossono aggiungere altri, minori (come Antonio Sortes) o la cui opera si conserva anco-ra manoscritta (come Juan Francisco Carmona).

    10 La letteratura su Sebastian Suer ferma a TOLA 1837-38 (ad vocem Sugner, Seba-stiano). Ci anche dovuto alla irreperibilit del suo manoscritto durante il Novecento;ma nel 1996 Tonina Paba ne ha segnalato la presenza nella Comunale di Sassari [CAN-ZIS, pp. 15-16], dove lo abbiamo consultato.

    11 In precedenza, troviamo madrigali in italiano nel solo Delitala [1595]: Diedi il mio

  • de, anche il gesuita Antonio Purqueddu (1743-1810), versato nelcomporre in italiano e in sardo, lo si sorprende a prodursi in una d-cima di circostanza in castigliano13.

    Mi piace segnalare, non solo per curiosit, il brano di una satiracomposta per i festeggiamenti natalizi del 1840 da Ciriaco AntonioTola (1785-1868) in cui sinscena la supplica, parzialmente en ca-stellan idioma, di alcuni Monaquillos al notaio Gavino Cao diAlghero perch si torni agli usi di mescita spagnoli, lamentando ladecadenza della regula castigliana [TOLA 1913, p. 293].

    De Madrid con el diplomanos otros le saludamosdespues le preguntamosen castellan idioma:como vamos de redomaen esta noche fria?

    Nois chin sinc eru coroadoremus su Messia.

    Malapat dItalianumalapat chie ndischit soluah! torrret sispagnoluo santigu catalanue vost chest anzianusos usos dIspagna ischiat.

    Nois chin sinceru coroadoremus su Messia

    Fit regula castiglianachi sende in unu cumbidusi su conzu fit budusubitu lu pienanama sa moda italianaest moda deconomia.

    Nois chin sinceru coroadoremus su Messia.

    4 Introduzione 17

    re, acquisita durante il periodo romano (ca. 1660-1670), in coinci-denza alla temporanea subordinazione delle Scuole Pie (ridimen-sionate dalle autorit ecclesiastiche) alla Congregazione dellOrato-rio di San Filippo Neri, e quindi in un ambiente alquanto propizioper la poesia musicale e segnatamente per il madrigale.

    Andando al limite cronologico alto indicato nel sottotitolo diquesto libro, si dir che gli annali registrano la immissione dellIso-la nellorbita italiana con il passaggio ai Savoia nel 1720, ma ingres-so ovviamente lento e nei fatti timido, quando non avversato. Inuna lettera del ministro Bogino al Vicer Costa della Trinit, del 12febbraio 1766, si legge:

    Il partito dei gesuiti ozieresi [di Ozieri], che sono i pi peripatetici, oggi-d dominante nella provincia. Il padre Piras, coi padri Santos e Cano, letto-ri di Teologia, non cessano di tenere i giovani in conferenze e processi con-tro le maniere e gli usi italiani [] Sua Maest scandalizzata; vuole la in-troduzione della lingua italiana. [in COSTA 1909-37, p. 217]

    Nel 1760 Scolopi e Gesuiti continuavano a trasfondere i loro bi-liosi contrasti in rime castigliane. Un manoscritto della Comunaledi Alghero citato da Toda y Gell [1890, p. 239], contiene un Dialo-go familiar entre un Religioso poeta de los pobres de la Madre de Diosde la Escuela Pia, y el Barbero cubicular del Convento, con ocasion deunos Versos satiricos que los RR. PP. de San Joseph echaron contra losde Santa Cruz en el Agosto deste ao 1760; dialogo in redondillas im-prontato a vigore verbale (Yo para m ya os dexo estar, | Gente devil condicion, | Porque se pierde el xabon | Xabonando un mula-dar). Pi in l nel tempo, spigolando dagli opuscoli di Applausipoetici in onore della nomina in Sardegna di arcivescovi provenien-ti dalla penisola italiana, si pu incontrare il contributo di IgnazioSatta (di Mamoiada ma ignoriamo data di nascita e di morte) auto-re, nel 1784, di sonetti e di una sesta lira tutti in spagnolo12. Daltron-

    Rgula castigliana 416

    vago Aprile a fier tiranno (XXXIII); Apollo - o Euterpe, o Talia (XXXIX; segnato da pe-sante imperizia prosodica). In spagnolo segnaliamo i tre madrigali di Jos Delitala y Ca-stelv [1672; ora 1997]: Jilguerillo si dejas (pp. 137-138); Lisida tus ojuelos (p. 138); Dicesque amor es nio, y yo lo creo (pp. 138-139).

    12 Perdido ja el pastor | anda la triste obeja descarriada, | y del lobo al furor | est

    expuesta la pobre desdichada: | mas lograda su guia | ver el temor trocado en alegria.(Allillustrissimo 1784, n. XV; consta di sette strofe; i sonetti stanno ai nn. XXXVI, Lalarga expera de un bien deseado, e XXXVII, Partanse de Arborea los dolores).

    13 Allillustrissimo 1778, p. 31 (Viendo Oristan, que vezino); lopuscolo riporta la di-citura Decima espaola; trascrivo il testo al 34.

  • Altrimenti, solo sporadicamente sincontrano martelliani16 in logu-dorese, nella sacra rappresentazione Sa Passione di RaimondoCongiu (1762-1813) [CONGIU 1994], o altri isolati esempi di canzo-netta: un pezzo in quartine savioliane di Antonio Purqueddu e iquinari di una anacreontica spirituale di Efisio Pintor Sirigu [PI-SCHEDDA 1854, p. 244], ambedue in campidanese. Si veda il testodi questultimo, O Deus amabili (per quello di Purqueddu rinvia-mo al 46).

    O Deus amabili,comenti mai,comenti shomininon that ad amai?...

    Si tui ses sunicusu solu oggettudignu, dignissimude totu affectu?...

    [O Dio amabile, | come mai, | com che luomo | non ti amer?... || Se tu sei luni-co | il solo oggetto | degno, degnissimo | di totale affetto?...]

    Di un solo altro interessante caso italiano avremo modo di oc-cuparci diffusamente: quello della quartetta caudata incatenata(a7b7b7c5:c7d7d7e7:e7f7f7g5:), popolare nel canto devozionale sar-do, e anche in propaggini profane, per il quale si pu risalire allaprima fase piemontese, con riferimento alla lauda spirituale in for-ma di zingaresca ( 49). Lapplicazione pi nota nellAve Mariacantata, che citiamo dalla prima attestazione scritta nel RosariumBeatae Mariae Virginis, manoscritto del 1731 [BULLEGAS 1996, p.266]:

    4 Introduzione 19

    [(traduciamo il sardo) Maledetto litaliano | maledetto chi ne ha solo nozione |ah! tornasse lo spagnolo | o lantico catalano | e Lei che anziano | gli usi spagnoliha pur conosciuto. | Noi con cuore sincero | adoriamo il Messia. || Era regola ca-stigliana | che, nel corso di una bevuta, | se il bicchiere si vuotava, | subito te loriempivano | ma la moda italiana | moda deconomia. | Noi con]

    Prendendo in prestito la locuzione contenuta in questa satira ispi-rata a reali frange filoispaniche del clero si pu dire che a una r-gula castigliana sinforma la poesia sarda ben oltre la fase estremadella dominazione spagnola. E si potr notare come il DNA dellastrofica sarda del Settecento sia in buona parte spagnolo, esprimen-do per tutto il secolo forme torradas (debitrici del villancico; 10),aliradas ( 40-44) e una notevole produzione di glosas ( 25), per ci-tare solo i casi pi evidenti.

    Questo repertorio affiancato dalla continuazione del sonetto(limitatamente alla versificazione colta) ma soprattutto dellottava,strutture doriginaria fattura italiana ma anticamente e largamenteadottate dagli autori spagnoli e ormai costitutive del loro patrimo-nio strofico, come di quello dei sardi (si veda per lottava il 32). Dicontro, lapporto sincronico dellarcadica italiana sulla poesia inlingua sarda metricamente avaro. Lunico segno duna certa evi-denza ladozione dellode-canzonetta di schema a8a4b8c8c4b8 inGian Pietro Cubeddu (1749-1829)14, diffuso nella tradizione melicadel Settecento italiano, gi introdotto da Chiabrera che a sua voltalo mutuava da Ronsard15.

    Custu fiore delicadumi lhat dadu

    sa matessi Citerea;lhat regoltu a su manzanu

    dae sa manupro lu dare a sa mia dea.

    [Questo fiore delicato | me lha dato | la stessa Citerea; | lha raccolto al mattino |con le sue mani | per darlo alla mia dea.]

    Rgula castigliana 418

    14 Il metro ricorre nei componimenti: Custu fiore, Clori bella (la pi celebre), Unubentu infuriadu, gi presenti nelle sillogi ottocentesche confezionate dallo Spano, oraleggibili in CUBEDDU 1995, pp. 86-87, 93-96 e 124-127.

    15 A titolo di curiosit segnalo un riferimento sardo ad un altro poeta francese della

    Pliade, Clment Marot. Negli Autografi Spano (Biblioteca Universitaria di Cagliari;Pacco n. 48/3288) conservato un testo logudorese in dodecasillabi in stile marotico,definizione di cui d conto una nota: Questo il metodo, e stile, e modo di rimare usa-to dal celebre poeta Francese Clemente Marot nella Corte di Anna Regina della GranBretagna, maxime quando cantava in bernesco; constano i versi di dodici sillabe, cantopoco usato dai sardi poeti.

    16 Il verso martelliano un doppio settenario, imitazione dellalessandrino franceseattuata in Italia da Pier Iacopo Martello (1665-1727) per le sue tragedie.

  • to, gravitante intorno a settori mediani di produzione, canterini edrammatici.

    I risultati pi importanti si leggeranno quindi in verticale, entroun regime di diglossia che, come avremo modo di vedere, risultamarcato anche metricamente, con pertinenza di forme al livello al-to in lingue egemoniche o al livello basso in sardo. I fenomeni diacculturazione metrica andranno compresi in un sistema tuttaltroche binario, per la presenza, da una parte, in seno alle culture ege-moniche, del diasistema colto/popolare e, dallaltra, riguardo allacultura letteraria sarda, di almeno tre livelli di produzione e diespressione: A) livello ispano-sardo e italo-sardo; B) livello dellaproduzione in lingua sarda; C) livello della poesia popolare (ovvia-mente in lingua sarda).

    Incrociando questi livelli in una serie di rapporti basati sui ri-spettivi corredi strofici la Sardegna pu offrire interessanti dia-grammi di poetica storica. Si pu osservare il diasistema che, fraXVI e XVII secolo, vede sulla fascia alta la produzione di Araollae Delitala interamente votata allendecasillabo, al sonetto, allotta-va, alla terza rima ma elusiva dellarte menor in ottonari e dellesue diverse applicazioni strofiche, la quale va invece al contempoinsediandosi a livello della media produzione isolana, testimoniatadai gosos, discendenti metrici della poesia cancioneril, e prodottasinel vasto campo delle cantones torradas (canzoni con ritornello).Fra le forme risalenti alla tradizione cancioneril, la cancin medie-val parrebbe per sostare solo a livello ispano-sardo ( 15), la-sciando agli schemi di villancico il compito di informare le struttu-re della canzone insulare. I ritornelli di questultima, usati inautonomia, potrebbero poi aver generato il canto monostroficodella battorina ( 21) duso popolare, fornendo un esempio di di-scesa dal livello B al livello C.

    Alla poesia popolare e a quella estemporanea della Sardegna ignoto il genere della seguidilla, modalit compositiva invece co-munissima nella poesia popolare spagnola, fin dal XVI secolo, eduso comune nella produzione repentista [CAMPO TEJEDOR 2004,pp. 149-150]. Questo in accordo e ne costituisce una conferma con il tenore dei rapporti fra la cultura isolana e cultura nazio-nale (egemonica) quale stato delineato da Alberto Mario Cirese

    5 Introduzione 21

    Deus ti salvet MariaQui ses de gracias pienaDe gracias es sa vena

    Et sa currente.

    Su Deus omnipotenteCun tegus est istadu,Pro qui ti at preservadu

    Immaculada.

    Benedita, & laudadaSubra totus gloriosa,Mama, Figia, & Isposa

    De su Seore.

    [Dio ti salvi Maria | che sei di grazia piena | di grazia sei la fonte | e la sorgente. || IlDio Onnipotente | con te stato, | perch tha preservata | immacolata. || Benedet-ta e lodata | sopra tutti gloriosa | madre, figlia e sposa | del Signore.]

    In questo senso, anche il Settecento sardo ospita piccole ma signifi-cative tensioni fra hispanidad e italianit.

    5. evidente, per quanto detto finora, che alla presente inda-gine interessa soprattutto il corredo metrico servito agli usi poeticidella lingua sarda. La qualifica sarda che nel sottotitolo del presentevolume si attribuisce a poesia va appunto intesa nel senso di in lin-gua sarda, anche se meglio si direbbe in lingue sarde, poich il cor-pus corre dal logudorese (prevalente in virt della sua pi florida re-alt testimoniale) al campidanese con puntate nel sassarese e nel gal-lurese.

    Interessa meno, qui, la poesia italo-sarda, dove il discorso metri-co-strofico non andrebbe, per le origini, oltre laccertamento di unaesilissima appendice isolana del petrarchismo europeo e, per il Set-tecento, dovrebbe limitarsi al catalogo di occasionali esercitazioniaccademiche. Nemmeno la produzione ispano-sarda17, sebbene piabbondante e attraente, sar oggetto di indagine sistematica, men-tre servir a valutare scarti e connessioni rispetto al corpus esamina-

    Rgula castigliana 520

    17 Con italo-sarda e ispano-sarda intendiamo rispettivamente la poesia in italiano e incastigliano operata da autori sardi.

  • lelusione pi o meno intenzionale della componente spagnolanella storia della cultura poetica sarda18.

    Parte di questo lavoro deriva dalla mia tesi di dottorato in Letterature Comparatediscussa nel febbraio 2007 presso il Dipartimento di Filologie e Letterature Mo-derne della Facolt di Lettere e Filosofia di Cagliari: Forme strofiche sarde fra hi-spanidad e italianit (dal XVI al XVIII secolo); relatori: Giovanni Pirodda e Mauri-zio Virdis.

    G. P.

    5 Introduzione 23

    [1959-60, p. 8], osservando come la stessa relazione dei contadinie dei pastori sardi con le classi popolari non isolane sembra essere,per vari rispetti, meno diretta e intensa che non il loro rapportocon le lites locali. In virt di questo carattere vediamo la poesiapopolare e semicolta sarda assumere generi della poesia colta spa-gnola in modo indiretto, per un moto verticale che viene dalla me-diazione di autori o, pi semplicemente, di operatori culturali confrequentazioni alte (quali possono essere gli uomini del clero seco-lare e regolare).

    Accanto a questo tipo di assenze dovute alla diversa intensitdei rapporti fra i livelli della cultura isolana e i livelli delle cultureegemoniche, vi sono per anche assenze strutturali. Nonostante lavasta popolarit acquisita in Spagna dal romance tipo nazionalesi direbbe consistente in estese serie ottonarie con numero varia-bile di versi e assonanza fissa nei versi pari, il genere non pare averlasciato traccia nella poesia in sardo. E qui si toccherebbero que-stioni pi squisitamente comparativistiche, poich la ragione di ta-le elusione potrebbe essere di sistema, individuabile nella totalededizione del poeta sardo alla rima, senza concessioni (se non perlassismo) allassonanza. E tuttavia non mancano romances nel set-tore ispano-sardo.

    Questi ed altri esempi incroceremo nelle pagine che seguono,con la convinzione che il patrimonio formale di una tradizionepoetica offra segni culturali specializzati: oggetti culturali propria-mente mensurabili.

    Confesso il piacere ludico che per molti tratti ha affiancato eprodotto la lettura delle testure strofiche, un piacere talvolta coro-nato dalla agnizione interculturale delle stesse. Tali soddisfazioniartigianali hanno costituito uno stimolo ad attraversare una pro-duzione altrimenti letteratamente dimessa, per generosa dal pun-to di vista culturologico.

    La convinzione di fondo che la strofica possa costituire unavia positiva allacclaramento dello statuto estetico di una piccola eappartata tradizione poetica non inscrivibile in uno schema storio-grafico solo italiano.

    Delle degenerazioni prodotte da tale schema va citata proprio

    Rgula castigliana 522

    18 Per altre culture regionali italiane si legga la denuncia di Remo Ceserani: men-tre Croce fu conoscitore attentissimo della cultura spagnola e cronista della sua pre-senza nella tradizione italiana, linsieme della cultura italiana ha continuato ad avere,nei riguardi della cultura spagnola, un atteggiamento misto di nazionalismo, provincia-lismo e snobismo: [] nessuna seria conoscenza di quanto sia rilevante, nel bene co-me nel male, la componente spagnola nella nostra lingua e cultura e in particolare inmolte nostre culture regionali (quella napoletana, quella milanese, quella siciliana,ecc.), a seguito di secolari intensissimi rapporti [CESERANI 1990, p. 313]. Per la Sarde-gna, non a caso si citano contributi di personalit iberiche: ARCE 1960, pur viziato dal-lesaltazione dei tratti ispanici della cultura isolana; ELAS DE TEJADA 1960, che allesal-tazione aggiunge enfasi nazionalista, un tratto gi visibile in TODA Y GELL 1890; tuttiatteggiamenti in parte giustificabili di fronte alla tendenza anti-spagnola della passatastoriografia letteraria italo-sarda.

  • Guida alla lettura dei repertori

    7. Piuttosto che fornire un repertorio generale delle forme esaminate,si preferito di volta in volta confezionare tavole relative a corpora circo-scritti (singole raccolte o singole trafile manoscritte). Ogni repertorio ri-porta gli schemi del corpus esaminato in ordine crescente in quanto al nu-mero di versi che compongono le strofe. Un altro criterio di ordinamentoprogressivo riguarda la successione alfabetica interna agli schemi rimici, ades. la formula aba sar seguita dalla formula abb ma preceduta da aab. Ilmodello strofico, sotto il quale possono andare pi componimenti, se-gnato dal numero in grassetto posto allestrema sinistra del repertorio, so-pra lo schema rimico espresso alfabeticamente. Si consideri il seguenteesempio:

    1a b a b b x x y y1 x1

    8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 1 Palma in Cades fioridaBull. 27210; t.

    La prima riga, nella prima colonna, sotto lindicazione del numerocontrassegnante il modello [1], riporta la formula rimica delle strofe(ababbx).

    La prima riga, nella seconda colonna, riporta la formula rimica dellastrofa introduttiva (pesada: xyy1x1), ovviamente per quei componimentiche ne siano provvisti.

    La seconda riga, nella prima e nella seconda colonna, indica la misuradei versi (8 = ottonario). I casi di anisosillabismo si segnalano con barraobliqua che separa i due estremi delloscillazione sillabica: 8/9 indicaunoscillazione fra ottonario e novenario (se loscillazione non compresafra due soli valori, si segnala nella prima e seconda colonna il fenomenopi frequente e nella quarta colonna si d conto di altri valori).

    La seconda riga, nella terza colonna, attribuisce un numero ad ognicomponimento che ne individua la posizione entro il tipo cui appartiene.Segue nella quarta colonna lincipit del componimento.

    La terza riga, sotto lincipit, segnala la fonte o le fonti da cui tratto il

    Principali convenzioni per la descrizione metrica

    6. Per la descrizione degli schemi metrici si adottano le convenzioniin uso nella metricologia italiana, con aggiustamenti personali necessari al-la descrizione di alcune forme sarde. Negli schemi, ad ogni lettera corri-sponde un verso e lettere identiche significano identit di rima; ad esem-pio: lo schema abba indica una strofa di quattro versi con identit di rimaal primo e quarto verso e al secondo e terzo verso. Con lettere minuscole siindicano versi di misura inferiore al decasillabo, con le maiuscole versi dimisura superiore al novenario: la misura dei versi sempre chiarita conte-stualmente. Laddove non vi siano indicazioni contestuali, la misura deiversi corti chiarita a contesto solo quella dei versi lunghi indicata conun numero al pedice: a7Ba7B (i due versi in rima a sono settenari); que-stuso ricorre anche per quei metri che associano diverse misure corte:sindica contestualmente la pi lunga delle misure e si segnala al pedice lamisura dei versi corti; ad es. lo schema abbc5 rappresenta una strofa diquattro versi composta da tre settenari (misura indicata contestualmente)pi un quinario. Solo di rado si avr la necessit di segnalare versi sdruc-cioli, nel qual caso si ricorrer a una s posta al pedice: asbcsb indica unaquartina (di settenari, indicati a contesto) con i versi dispari sdruccioli nonrimanti e i versi pari piani fra loro rimanti.

    Riguardo alle canzoni torradas (con ritornello), con strofa introduttiva,detta pesada (al modo dellestribillo spagnolo e della ripresa italiana), ripe-tuta interamente o parzialmente al termine di ogni strofa in cui si articola ilcomponimento (tale ripetizione si nomina con torrada), si usano le ultimelettere dellalfabeto: x y w z (una comoda convenzione nata in seno allametricologia italiana e che non trova applicazione in quella spagnola).Lidentit di verso, oltre che di rima, viene segnalata con un numero in api-ce: x1, y1. Ad es. lo schema: xyy1x1:abbaay:y1x1 si riferisce a un testo con unapesada di quattro versi a rima incrociata (xyy1x1) i cui ultimi due versi sonoripetuti al termine delle strofe; schema della pesada, della strofa e della tor-rada sono separati dai due punti [:]. La ripresa di parole-rima viene inveceindicata con un numero in apice preceduto da segno meno: x-1.

  • * - - - - - y - - x1y1 3 En el cielo coronadaBull. 2706; t. xyx1y1 [sp]

    - - - - - - - - - - 4 Noli plusquam lacrymareBull. 2828; abbaay (I) [lat+sd]

    Il componimento n. 3 del tipo 1 riprende la rima y della pesada, a differen-za del n. 1 che riprende la rima x. Varia anche lo schema della pesada chedalle rime incrociate passa a quelle alternate. Sintende che lidentit co-lonnare tiene conto di tali variazioni per i componimenti succesivi al n. 3, iln. 4 pertanto di schema identico a questultimo.

    Altri segni particolari usati nei repertori: indica la presenza di lacune (una crux corrisponde a un verso) o las-

    senza di elementi solitamente presenti nella struttura descritta. indica un verso irrelato.

    7 Guida alla lettura dei repertori 27

    testo (nellesempio con labbreviazione delledizione moderna [Bull.] esplicitata in testa al repertorio seguita dal numero di pagina che riportail componimento).

    La quarta riga dellultima colonna fornisce il numero delle strofe [11],escludendo dal computo la pesada descritta nella seconda colonna.

    La quarta colonna riporta: labbreviazione [t. = torrada] che indica, dasola, leventuale ripetizione dellintera pesada a fine componimento, men-tre seguita dallo schema in caso di ripetizione parziale; altre indicazionisupplementari e, in particolare, la segnalazione di eventuali divergenzee/o irregolarit rispetto allo schema principale esposto sulla prima colon-na, individuando con cifre romane la strofa contenente lanomalia (vedilesempio prodotto sotto).

    Lidentit di schema in differenti componimenti entro il medesimo tipo siindica con trattini. Es:

    1a b a b b x x y y1 x1

    8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 1 Palma in Cades fioridaBull. 27210; t.

    - - - - - - - - - - 2 Platanu virde holorosu Bull. 2859; t.; abbaaxax1 (IX)

    Lo schema del testo n. 2 del tipo 1 (che presenta anomalia alla strofa IX) identico a quello del testo n. 1. Quando i testi mostrano differenze che nonalterano la struttura del modello principale, si preferisce, conservando itrattini, segnalare solo le varianti, marcando a sinistra con asterisco il com-ponimento che le contiene. Es:

    1a b a b b x x y y1 x1

    8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 1 Palma in Cades fioridaBull. 27210; t.

    - - - - - - - - - - 2 Platanu virde holorosu Bull. 2859; t.; abbaaxax1 (IX)

    Rgula castigliana 726

  • PARTE PRIMA

    Forme fisse dhispanidad

  • Capitolo primo

    La sesta torrada

    1. Cantone torrada

    8. Con il termine torrada (ritornello) si identificano nella tra-dizione sardo-logudorese le cantones (canzoni) che, come dice ilnome stesso, presentano un ritornello al termine di ogni strofa. Tresono gli elementi essenziali che le contrassegnano strutturalmente:

    a) la strofa introduttiva, breve e pi spesso tetrastica, chiama-ta pesada (o istrrida/istrria, oppure tema);

    b) lo sviluppo in strofe di varia misura e varia combinazione rimica, nelle quali lultimo verso (camba torrada, verso di ritorno) riprende una rima della pesada;

    c) la torrada, a seguire la camba torrada, cio la ripresa della pe-sada o di uno o pi versi di questa.

    I vari tipi di cantone torrada prendono il nome dal numero diversi che, escludendo dal computo la pesada e la torrada, compon-gono le strofe in cui si articola il componimento (dette anche mutosma che non chiameremo in tal modo per non ingenerare confusionecon lomonima forma popolare rispondente a strutture proprie).Principalmente si hanno sestas (di sei versi) e ottavas (di otto versi),ma non mancano esempi di noinas o novenas o nonas (di nove versi,in uso soprattutto nella poesia gallurese con qualche ricorso inquella logudorese) e di deghinas torradas (di dieci versi, genere tar-do-settecentesco poco attestato). La misura prevalente lottona-rio, seguita in ordine di frequenza dallendecasillabo (nella sola noi-na ricorre in prevalenza luso del settenario). Vediamo subito unesempio di sesta torrada [MADAU 1997 (1787), p. 202], nel tipo mag-gioritario con pesada e prima parte delle strofe a rima incrociata ab-baay; rappresentiamo la struttura per la pesada e la prima strofa(per le abbreviazioni si consideri: ps. = pesada; str. = strofa; c.tr. =camba torrada; tr. = torrada).

  • e cun pugnale su coro:anda, e chircati unu Morochi appat de jogare umore.

    Non bi jogo pius, amore, ca mi das colpos de cegu.

    VI Picinnu amore inchietu,non ti chirco, vae, e jogacun chie cheres, e isfogacantu ideas in secretu,lassami stare chietu,faghemi custu favore.

    Non bi jogo pius, amore,ca mi das colpos de cegu.

    [Lasciami stare, amore, tranquillo, | ch sei bambino traditore: | non voglio pigiocare, amore, | ch mi di colpi alla cieca. || Son proprio belle le tue astuzie! | Timostri con viso grazioso, | e mi trafiggi subito | il cuore, e poi ti nascondi: | lhai fat-to una volta, e una seconda; | ben conosco questa sventura. || Non voglio pi gio-care || Prima avevo piacere | dubbidire al tuo cenno, | credendo che fossi un ra-gazzino | innocente e amorevole, | ma vedo che malizioso | mhai trattato con seve-rit. | Non voglio pi giocare || Se vuoi che io creda | che tu hai piet di me, |getta a terra arco e frecce | e levati quella benda, | ma se il gioco combattere, | hopaura di giocare. | Non voglio pi giocare || Credevo lamore un gioco, | e vedoche un gioco serio, | che eserciti un tale dominio | da passare tutto a ferro e fuoco,| questo lo chiami svago? | Cosa sar il furore! | Non voglio pi giocare || Bello lidolo che adoro, | amore, quando mi fai felice, | ti mostri sorridente | e col pu-gnale mi trapassi il cuore, | va e cercati un Moro | che sia disposto a giocare. | Nonvoglio pi giocare || Amore bambino inquieto, | non ti cerco, vai, e gioca | conchi vuoi, e sfoga | quanto ordisci in segreto, | lasciami stare in pace, | fammi questofavore. | Non voglio pi giocare]

    Laltro tipo di sesta torrada, pi raro e forma pi antica, quellocon pesada e prima parte della strofa a rima alterna (la matura can-tone torrada persegue infatti un principio simmetrico fra lo schemadella pesada e quello dei primi quattro versi delle strofe, anche seavremo modo di notare casi asimmetrici). Si veda il seguente esem-pio anonimo di cui si riportano pesada e prima strofa [SPANO1863a, p. 223]:

    ps. Passadas sas dies mias xde mi poder allegrare, ybazi in bonora allegrias, x1

    gustos lassademi istare. y1

    8 1. La sesta torrada 33

    ps. Lassami, amore, in sussegu, xchi ses picinnu traitore: ynon bi jogo pius, amore, y1

    ca mi das colpos de cegu. x1

    str. I 1. Sun bellas sas artes tuas! a2. Faghes de su bellu in cara, b3. e mi trapassas insara b4. su coro, e pusti ti cuas: a5. mi lhas factu una olta, e duas; a

    c.tr. 6. bene cognosco serrore. ytr. Non bi jogo pius, amore, y1

    ca mi das colpos de cegu. x1

    II Innantis fia gustosu de tobbidire a su cinnu,pensende chi fis picinnu innocente amorosu,ma ido chi maliziosumas trattadu cun rigore.

    Non bi jogo pius, amore,ca mi das colpos de cegu.

    III Si cheres chi eo ti creachi tenzas de me ferizza; jetta a terra sarcu, e frizzae cussa benda ti lea;ma si su jogu est peleatenzo de jogare orrore.

    Non bi jogo pius, amore,ca mi das colpos de cegu.

    IV Creia samare jogu,e vido chest jogu seriuchesercitas tale imperiuchi passas totu a arma, e fogu,custu si narat disaogu?Ite at a esser su furore!

    Non bi jogo pius, amore, ca mi das colpos de cegu.

    V Bellu est sidolu chi adoro,amore, cando mispassas,cun risu in cara mi passas

    Rgula castigliana 832

  • ma con questi; ma inoltre perciocch il senso del dettultimo verso dognistrofa dee accomodarsi al senso di quei del capo, i quali, se fossero molti, edi numero sproporzionato, nel ripetersi tante volte in una canzona, reche-rebbero noia in vece di diletto. [ID., pp. 59-60]

    Questi caratteri trovano riscontro nella grande fortuna dei metritorrados entro la tradizione poetica sarda, in seno alla quale si svi-luppata una sensibilit particolare per la circumlatio e per le figuredi ritorno che ha rispondenza nelladagio Dogni cantone bona, tor-rat a sa pesada (Ogni buona canzone ritorna alla pesada) [FERRARO1891, p. 344] e nella variante che estende il principio alla generalitdel fare poesia: ogni bonu poete torrat a sa pesada [MULAS 1902, p.101]; la bont del poeta si misura sulla capacit di torrare alla pesa-da. Leggere: il valore del poeta si misura sul saper comporre in me-tri torrados.

    2. Cantone torrada e forme fisse

    9. La parentela della cantone torrada con la grande famiglia deicomponimenti a ripresa o refrain (con ritornello), affermatisi nellaseconda met del XIII secolo in tutta larea romanza, evidente.Siamo in un territorio che si estende dallo zadjal arabo-andaluso (inspagnolo zjel) alla dansa provenzale e al virelai francese, dalla bal-lata italiana fino alla Spagna della cancin medieval (cantiga) e delpi tardo villancico.

    Qui non si potr dare conto della intricata questione sopra lori-gine di queste antiche forme che si comprendono convenzional-mente nella definizione di forme fisse (basti ricordare che la tradi-zione critica si divide fra tesi arabica e tesi romanica, la primamuovendo dallo zadjal e la seconda dalle sequenze liturgiche). Ncrediamo se ne debba nel nostro caso dar conto: i dati metrici cheavremo modo di esaminare nel presente capitolo depongono a fa-vore di tempi e modi a noi pi vicini, dove si potr ragionare di rap-porti con alcune delle forme fisse sopra indicate piuttosto che di re-lazioni sincroniche fra queste e le cantones torradas.

    9 1. La sesta torrada 35

    str. I 1. Gustos, bazi e divertide a2. sos chistiman sos cuntentos, b3. cantest de me ja idides a4. chi mi nutrin sos turmentos, b5. chircade divertimentos b

    c.tr. 6. a chie bos poden gosare. ytr. Bazi in bonora allegrias, x1

    gustos lassademi istare. y1

    [Finiti i miei giorni | in cui allegro vivevo, | andate in pace allegrezze, | piaceri la-sciatemi stare. || Piaceri, andate a sollazzare | coloro che amano le gioie, | cosa ne di me lo vedete, | mi nutrono i tormenti, | chiedete divertimenti | a chi vi pu gode-re. || Andate in pace]

    Il termine pesada, al pari di molti altri termini metricologici sardi, sitrova attestato per la prima volta nellOrtographia sarda di GiovanniSpano [1840], laddove discorre della struttura della canzone isola-na, la quale consta di tre parti. PESADA ossia tema o esordio; MESUossia narrazione, e FINIS ossia recapitolazione che mettesi nellultimastanza del componimento [SPANO 1840, II, p. 19]. Nel precedentetrattato di Madau [1787] la pesada sempre definita perifrastica-mente la strofa che fa da capo (al componimento). Il gesuita ozie-rese esprime una predilezione particolare per le canzoni torradas,portandole come esempio dellarmonia strutturale perseguita nelcomporre dei sardi, dove la pesada lelemento centripeto dello svi-luppo strofico:

    nelle Sarde poesie i primi versi fanno sempre da capo, perciocch conten-gono il tema, e largomento di tutto il poetico componimento, e gli altri,che seguono, uniti in distinte, e proporzionate strofe, sono come le mem-bra, da esso capo dipendenti, e con esso si collegano con discorde accor-do, or nella rima delle voci, ed ora nel senso delle parole, perciocch sonola chiosa del medesimo [MADAU 1997 (1787), p. 59]

    Il rapporto non solo armonico ma anche proporzionato e misu-rato:

    Ora i versi, che nelle Sarde poesie fanno da capo [la pesada] soglion esserepochi di numero, ondessi hanno una piccola stanza; epper lusanza deSardi nel cantarle richiede, che i detti versi capitali sul fine di ciascuna del-le stanze si ripiglino, non gi solamente perch lultimo verso di quelle ri-

    Rgula castigliana 834

  • coro A su Re Celestiale ases tantu caru e amadu bca pro te hamus logradu bsu remediu ad ogni male ae ti veneran pro tale aNarbon, insigne Milanu. x

    popolo Sias nostrintercessore y1

    martyre Sebastianu. x1

    [Valoroso Capitano | difensore della fede, | che tu sia nostro intercessore | marti-re Sebastiano. || Al Re Celestiale | sei tanto caro e amato | perch grazie a te abbia-mo ottenuto | il rimedio ad ogni male | e cos ti venerano | Narbona e linsigne Mi-lano. || Che tu sia]

    Risale al 1606 la pi antica notizia sullesecuzione di canti deno-minati gosos/gozos, nellambiente dei minori conventuali di Orista-no con riferimento ai goos de la Conceptin [MELE 1989, p. 26].Ai primi del Seicento databile anche la parte del cosiddetto Codicedi Nuoro, manoscritto in uso presso la locale confraternita di SantaRughe (Santa Croce; regola principiata nel 1579), che contiene il te-sto intitolato Gosos qui si naran in su officiu dessos mortos (Go-sos da dirsi nellufficio dei defunti). Tale confraternita, detta anchede sos Battudos, si deve considerare appendice isolana, sebbene nonin linea diretta [VIRDIS 1986, p. 45], dei Battuti italiani (Disciplinatibianchi), con una prima sede forse gi quattrocentesca a Sassari (ilcodice pi vetusto recante la regola dei Battudos, in italiano, quellodi Borutta databile al 1592, si dichiara copia di un perduto codicesassarese).

    Del testo nuorese trascriviamo la pesada, la prima strofa e la tor-rada finale che riprende per intero la quartina desordio (le strofesono in tutto 14; integriamo la torrada che doveva eseguirsi al termi-ne di ogni sesta, consistente dei vv. 3-4 della pesada, non trascrittadal manoscritto nuorese2):

    10 1. La sesta torrada 37

    3. Sesta torrada, gosos e villancico

    10. Si detto che la forma pi diffusa di cantone torrada la se-sta nei due tipi esemplificati allinizio del capitolo. Si adopera, scri-ve Giovanni Spano, anche negli argomenti sacri che in sardo chia-mano gosos (lodi), i quali sono il panigirico di un Santo o della No-stra Donna, esponendo in rima la vita ed i miracoli [SPANO 1840, II,p. 24]. La maggior parte dei gosos conservatici sono infatti compo-sti in sesta torrada, e rappresentano le pi antiche testimonianze delmetro, lorigine del quale ci pare dunque connessa alluso di talicanti.

    I gosos sono canti religiosi composti prevalentemente in lode del-la Vergine, di Cristo (ciclo di Natale, Passione e Resurrezione), deiSanti, e pertinenti anche ad altri motivi devozionali. Gosos deno-minazione vigente nella Sardegna centro-settentrionale, figlia delcastigliano gozos. Nel meridione dellIsola vige il termine goccius,che rimonta al catalano goigs1 e, pi precisamente, prossimo allevarianti di alcune parlate, come quelle di Valls e Igualada o il minor-chino (ALCOVER-MOLL 2006, alla voce Goig). Pi raramente e in al-cuni centri della Sardegna centrale, questi canti ricevono il nome dicrobbes o grobbes, probabili forme metatetiche e rotacizzate del ca-talano cobles, plurale di cobla, strofa.

    Per comodit faremo riferimento a questo genere di composizio-ni usando il solo gosos; riduzione nientaffatto problematica, giac-ch formalmente non sussistono differenze fra gosos e goccius (men-tre crobbes/grobbes usato anche per altri generi metrici). Lesecu-zione classica dei gosos prevedeva lalternanza di cantori (organizza-ti a due, tre o quattro voci) e del popolo dei fedeli, secondo la moda-lit seguente [SPANO 1840, II, p. 24]:

    coro Valorosu Capitanu xde sa fide defensore, y

    popolo sias nostrintercessore y1

    martyre Sebastianu. x1

    Rgula castigliana 1036

    1 Sul significato originario dei termini goigs/gozos torneremo nel paragrafo 3.2 diquesto capitolo.

    2 Seguiamo per il testo TURTAS-ZICHI 2001, pp. 224-225; edizione diplomatica inVIRDIS 1986, pp. 250-253. Il Codice di Nuoro conservato nella biblioteca di RaimondoTurtas, esperto in storia della Chiesa sarda. un manoscritto miscellaneo con particinquecentesche e secentesche (descrizione in VIRDIS 1986, pp. 80-82). I Gosos qui sinaran in su officiu dessos mortos occupano le cc. 63v-65v.

  • rispettosi delle strofe riportate dal Codice di Nuoro (messe in con-to varianti ed omissioni dovute alla trasmissione orale-cantata, lequali peraltro costituiscono di per se stesse attestati di fortuna po-polare). Quella delle cofrarias fu operosit non solo capillare maanche coinvolgente a livello popolare, stando a quanto gi il vesco-vo Ludovico Cottes relazionava nel 1547 al Consiglio dellInquisi-zione spagnola:

    Nella maggior parte dei paesi [sardi] c una confraternita intitolata allaCroce e che qui chiamano dei Battuti [] Ogni domenica nelle loro chie-se particolari recitano gli uffici e tutta la gente dei villaggi va ad ascoltarli,non frequentando cos la messa principale delle chiese (parrocchiali) [inLOI 1998, p. 73]

    Secondo la ricostruzione di Antonio Virdis [1986, pp. 49-51] la rego-la o officium dei Battuti sardi, traslata in logudorese e riportata indiversi codici, si sarebbe dapprima imposta nel nord dellIsola, co-stituendo una tradizione sassarese-bisarcese (dal nome delle dioce-si), diffondendosi poi a meridione con la formazione di una tradi-zione algherese-bisarcese-ottanese. Il repertorio gosistico, di cui pro-gressivamente and dotandosi la trafila manoscritta contenente iltesto della regola, avrebbe quindi costituito un corpus poetico basi-lare nellacculturazione poetica in Sardegna, processo allargato invirt della natura laicale delle associazioni. Intorno alla met delCinquecento e poi in periodo controriformistico, lattivit delleconfraternite sarde, trov ampio sostegno nei gesuiti giunti dallaSpagna. I missionari della Compagnia erano infatti soliti non la-sciare i villaggi dove avevano svolto la predicazione senza averviprima fondato almeno una confraternita o, quantomeno, di averdato nuovo vigore a quelle gi esistenti [TURTAS 2001, p. 18]. Il sor-gere, nel 1579, della confraternita nuorese di Santa Croce si deve in-fatti al gesuita sassarese Giovanni Vargiu (ca. 1546-1605). Si tratta diun ampio fenomeno, legato alle direttive del Concilio di Trento,ben noto agli studiosi di storia culturale spagnola: Si por un lado elConcilio encarga a los prrocos que se ocupen de la catequesis de

    10 1. La sesta torrada 39

    ps. Trista die qui ispetamus x1

    sos qui in su mundu vivimus, y1

    cada die nos morimus y2

    et niente bi pensamus! x2

    str. I Considera christianu, acustu mundu falu e leve bchi si passat tantu yn breve bpius chi non su sonnu ynvanu achi beninde assu mangianu asu ventu nos agatamus. x

    tr. [cada die nos morimus y2

    et niente bi pensamus!] x2

    tr. finale Trista die qui ispetamus x1

    sos qui in su mundu vivimus, y1

    cada die nos morimus y2

    et niente bi pensamus! x2

    [Triste giorno che attendiamo | noi che nel mondo viviamo; | ogni giorno noi mo-riamo | e per nulla ci pensiamo! || Tieni a mente, cristiano, | questo mondo falso elieve | che svanisce in tempo breve | non del sonno meno invano, | che svegliando-ci al mattino | ci troviamo in mezzo al vento. || Ogni giorno]

    Il testo espone limpidamente la struttura della sesta torrada, conpesada a rima incrociata (abba = xyyx), uno sviluppo in strofe dischema abbaax, cio formate da una prima quartina a rima incro-ciata (abba, in simmetria con lo schema della pesada), un verso dichiave con rima a (abba-a) seguito da un verso con rima x (fissa intutte le strofe) prelevata dalla quartina introduttiva (abba-a-x) cheintroduce la ripetizione della torrada, i versi terzo e quarto dellapesada (abba-a-x-y1x1).

    Le confraternite, diffuse in tutto il territorio isolano, in partico-lare quelle dedite al culto della Santa Croce (Sardegna centro-set-tentrionale) e quelle del Rosario (Sardegna meridionale) [TURTAS2001, p. 19], furono un importante veicolo della tradizione gosisti-ca. Il segno profondo lasciato dalla loro attivit pu gi essere mi-surato sulla recente sopravvivenza, in gran parte dellIsola e incontesti extra-confraternali, dei Gosos de sa morte3, testualmente

    Rgula castigliana 1038

    3 Si segnala la versione registrata ad Orgosolo nei primi anni Settanta del secolo

    scorso, riprodotta in: Coro del Supramonte di Orgosolo [Giuliano Corrias, GiovanniLovicu, Pasquale Marotto, Giuseppe Munari, Nazario Patteri], Pascoli serrati da muri,a c. di Dario Toccaceli, Fonit/Cetra, LPP 244, 1974.

  • ancora una sesta torrada in ottonari, che presenta la variante conpesada a rime alterne (xyx1y1), uno sviluppo in strofe di schemaabbaay, chiuse dalla torrada (x1y1). Il testo sattaglia perfettamentea quanto Francisco Antonio (portoghese) racconta della comunitgesuita di Sassari nel 1560:

    si incominci a insegnare ai fanciulli la dottrina cristiana in castiglianodopo averli chiamati lungo le strade della citt con un campanello []facendo loro la solita esortazione sulla dottrina cristiana, secondo il co-stume della Compagnia; allo stesso tempo, il p. Spiga [cagliaritano] inse-gnava la stessa dottrina in lingua sarda agli adulti, uomini e donne insie-me in una parrocchia vicina. [TURTAS 2001, p. 13; fonte MONUMENTAHISTORICA SOCIETATE IESU, Lainii monumenta, I-VIII, Madrid 1912-1917, IV, pp. 105-110]

    Intorno a questo modo di procedere abbondano le testimonianzecoeve relative alla Spagna. A Segovia, nel 1559, i gesuiti:

    Cada fiesta van dos o tres de casa por las calles juntando con una campa-nilla los nios, y cantndoles pblicamente la doctrina cristiana. Y porser en este pueblo cosa tan inusitada, o por mejor decir nuna vista, quepersonas religiosas se abajen a esto, edficase mucho la gente y consulaseparndose a las ventanas, y dando gracias al Seor por lo que ven.6

    Tutto il Cinquecento spagnolo vede una vasta attivit di cate-chesi popolare affidarsi allo strumento di canti in cui si enuncianobasilari contenuti di dottrina cristiana. del 1546 la Suma de todala doctrina cristiana en coplas di Andrs Flrez, con canti provvistidi notazione musicale che si rivelano contrafacta di melodie preesi-stenti, una delle quali servita al villancico (devozionale) No la debe-mos dormir del Cancionero de Uppsala [VICENTE 2007, p. 6]. AllaSuma, espressamente composta porque con suavidad y sabor losnios canten esto: y olviden muchos malos cantares, come si leg-ge nel frontespizio, fece seguito la Doctrina que se canta di SanJuan De vila (1554): texto popularsimo en su poca [ID., p. 9].

    10 1. La sesta torrada 41

    sus feligreses, por otro se van a regular las cofradas, con el fomentode las devocionales frente a las meramente gremiales [VICENTE2007, p. 21].

    Nelle missioni popolari della Compagnia i gosos costituironouno dei principali strumenti di catechesi. Una limpida traccia cheribadisce la relazione fra luso delle cantones torradas e la diffusionedi contenuti dottrinari da parte dei gesuiti rappresentata da un te-sto conservato nel Canzoniere ispano-sardo (Canzis) della Braidense(1683; il ms. denuncia legami saldi con lambiente della Compagniae consonanze con lopera coeva di Jos Delitala y Castelv4), di cuitrascriviamo la pesada e la prima strofa5:

    ps. Cristos est lughe divina xcaminu de veridade, yaccudide a sa dottrina x1

    mannos minores de edade. y1

    str. I Iscamos sos cristianos, ade chi semus obligados ba sos precettos sagrados, bobbedire meda ufanos aimparende a sos paganos a

    c.tr. e gentiles cristianidade. ytr. Accudide [a sa dottrina x1

    mannos minores de edade] y1

    [Cristo luce divina, | cammino di verit, | accorrete alla dottrina | grandi epiccoli det. || Che si sappia noi cristiani | dacch siamo obbligati | ai sacriprecetti | obbedire molto lieti | insegnando a pagani | e gentili lesser cristiani.|| Accorrete]

    Rgula castigliana 1040

    4 Jos Delitala y Castelv (Cagliari 1627-1689) autore della raccolta poetica Cima delMonte Parnaso Espaol (1672), sedicente continuazione dellopera quevediana; oraDELITALA Y CASTELV 1997 (riproduce i testi poetici con immotivata esclusione di tut-to il peritesto delledizione originale). Per i raffronti fra la Cima e il Canzis il rimandova a ACUTIS-BERTINI 1970, p. 372 e, con particolare riguardo, alle pagine di Tonina Pa-ba in CANZIS 1996, pp. 16-26.

    5 CANZIS 1996, pp. 321-322; confrontiamo sul ms. e ammoderniamo graficamente.Il testo preceduto dalla dicitura COPLAS SARDAS, consta di 14 strofe (integriamo latorrada su indicazione del ms. attraverso il solo Accudide &c.).

    6 Riportato in VICENTE 2007, p. 18 (che rinvia a ASTRIN 1905, p. 523); contributoche raduna altri riferimenti consimili dambito iberico, relativi alla fine del Cinquecen-to e ai primi anni del Seicento.

  • Este es el camino divino,camino de la salvacion.

    En las cumbres de Sinai,que en medio de Arabia son,venido de las alturas,ha sonado un gran pregon.

    Este es el camino divino,camino de la salvacion.

    Pregnase desde el airecon voces de admiracion;al tenor de lo que dicepido tengais atencion.

    Este es el camino divino,camino de la salvacion

    Yo soy Dios, que te ha sacadodel poder de Faraon:a dioses, fuera de m,no hars adoracion.

    Este es el camino divino,camino de la salvacion.

    Honrars mi nombre santocon grande veneracion.Santificars las fiestasCon el cuerpo i corazon.

    Este es el camino divino,camino de la salvacion.

    I riferimenti testuali e storico-culturali fin qui forniti possonogi essere ritenuti importanti nello spiegare le ragioni che avrebbe-ro portato alla fortuna isolana del genere gosistico e alla, riteniamo,conseguente popolarit delle forme torradas nella prassi poeticasarda. Risulta dai gosos una religiosit tipica di quella situazioneche viene chiamata stato di cristianit [RUZZU 1977, p. 95; rifa-cendosi a Laloux, Introduzione alla sociologia religiosa, 1969] situa-zione in cui il cristianesimo diventa coestensivo alla societ occi-dentale e la pratica religiosa diventa quasi unanime ed essendola massa dei cristiani incolta e vivente in condizioni misere, il cleroadatta la presentazione delle credenze e la disposizione delle prati-che religiose ad un livello popolare [ID., p. 96]. La Sardegna post-tridentina contempla benissimo una siffatta dinamica, dove la per-vasivit della Chiesa fra iniziative gesuitiche di matrice castigliana

    10 1. La sesta torrada 43

    Da qui alle azioni dambito gesuita che abbiamo visto per la Sar-degna il passo breve. Gesuiti furono, ad esempio, due allievi del-lvila, Diego de Guzmn e Gaspar Loarte, che si distinsero inunopera di catechesi popolare basata sullapprendimento di co-plitas devotas da cantarsi por las calles. E si conosce una stam-pa valenzana (1574) della Doctrina christiana que se canta Oydnosvos por amor de Dios. Aadida agora de nuevo, y mejorada de unvillancico espiritual que es prcticamente idntica a la cartilla devila [ID.: p. 15].

    Il Canzoniere ispano-sardo conserva un altro pezzo di caratteree contenuto dottrinari, Custu est su caminu divinu [CANZIS 1996,pp. 325-327], identico nello schema al gi citato Cristos est lughedivina (ne riportiamo la pesada e la prima delle otto strofe in cui sisvolge)7:

    ps. Custu est su caminu divinu x1

    caminu de salvacione. y1

    str. I O mortales inganados, aistadenos como atentos: bsos gustos, sos vanos ventos bsos tesoros sun sumados ao gosos imaginados a

    c.tr. pienos de tribulacione. ytr. Custu [est su caminu divinu x1

    caminu de salvacione] y1

    Ebbene, va segnalato che la sua pesada distica traduzione letterale(e a ci si deve linedita misura novenaria) dellestribillo intercalatoa un romance rimato8 che si legge in Romancero y cancionero sagra-dos 1855, p. 250. Riportiamo per completezza dinformazione i pri-mi tre mandamientos del testo in castigliano (vv. 1-2 e 15-26)9:

    Rgula castigliana 1042

    7 Per il trattamento testuale si veda la precedente nota 5.8 Si tratta di una modalit diffusasi nella poesia spagnola a partire dal Cinquecento

    [NAVARRO TOMS 1956, p. 239].9 Non ci riuscito di rintracciare la fonte primaria citata dal curatore della raccol-

    ta del 1855 (Devocionario espiritual de Ambres, sin portada, en 8.).

  • Notata lidentit di schema, non sorprende che in Sardegna, in rela-zione alla cantone torrada, e in particolare alla sesta, non sia statousato il termine villancico. Questultimo ha infatti un ampio raggiodazione e, senza contare le applicazioni dambito musicale, spesso riferito al solo estribillo delle canzoni (la pesada sarda)10. Difatti, lin-tenzione originaria, quattrocentesca, del villancico di ambienti col-ti, prendendo spunto autori letterati da brevi strofe popolari (origi-ne cui si deve il termine stesso) il pi delle volte di tre o quattro ot-tonari, con strutture: abb, abba, abab e sviluppandone lassunto incomposizioni di varie forme, fra le quali si annovera il tipo corri-spondente alla sarda sesta torrada (abbaax/y). Il termine non haquindi, storicamente, univoca valenza tecnico-formale. Ne Los diezLibros de Fortuna dAmor di Lo Frasso [1573], coeva alla probabilefortuna nellIsola dello schema del villancico, il termine compare ap-pena quattro volte11 a designare una struttura ripetutamente usatanel romanzo ma altrimenti nominata redondilla e pi frequente-mente cancion, secondo un uso spagnolo comune e dal momentoche si tratta sempre di poesia per il canto, com per le forme sarde(difatti: cantones). Nellesempio poetico sopra prodotto, evidenteche il termine villancico sia servito, in opposizione a cancin e redon-dilla, a qualificare la (palese) fattura popolare del tetrastico iniziale,riusato come cabeza del componimento. Nel contemporaneo (1583)manoscritto madrileno Cancionero de Poesas varias canzoni distruttura xyy1x1:abbaay:y1x1 ricevono il nome di letra (altro sinoni-mo per cabeza) oppure vanno semplicemente sotto la denominazio-ne di coplas12. Pertanto, ritengo necessario avvertire che qui con vil-lancico intendo listituto formale gi illustrato articolato in cabeza,estrofa e represa cos come occorre nella pi accreditata metricolo-gia spagnola [NAVARRO TOMS 1956; BAEHR 1962; QUILIS 1968; DO-MNGUEZ CAPARRS 1999 e 2000]

    10 1. La sesta torrada 45

    e appendici confraternali avrebbe consentito anche il diffondersidi modelli poetico-espressivi a livello popolare.

    Non si spiegherebbe, se non con uneffettiva assenza di canti ri-conducibili, da un udito iberico, a modelli noti se non altro strut-turalmente losservazione che il gi citato Francisco Antonio affi-dava alla sua relazione dal Collegio di Sassari (1563):

    in questisola molto usato un certo tipo di canzone rozza, grossolana esenza senso (cancin rstica y grosera y de ningn sentido), ma ora, sia digiorno che di notte, per le strade non si sente altro se non la dottrina cri-stiana e alcune strofe (coplas) [in TURTAS 2001, p. 13; fonte primaria: AR-CHIVIUM ROMANUM SOCIETATIS IESU, Sardinia, 13, 229r]

    Fatti pure i conti con la propensione nel gesuita a mettere in risalto irisultati positivi della propria missione, simpone comunque in tuttala sua evidenza un dato morfologico che depone a favore di una in-filtrazione cinquecentesca delle strutture torradas attraverso com-posizioni castigliane: la sovrapponibilit dei gosos, quindi della sestatorrada, alle forme del villancico spagnolo. Il repertorio allestito daAna Maria Gmez Bravo [1998] (Repertorio mtrico de la poesa can-cioneril del siglo XV), che purtroppo non ha emuli e precedenti inrelazione a periodi successivi al XV secolo, per noi pi interessanti,conta gi 497 esempi di strofa in ottonari abbaax:x1 (n. 718).

    Si veda un villancico di Antonio de Lo Frasso [1573, p. 256],che nella struttura rivela subito, a colpo docchio, perfetta identitcon la sesta torrada a schema incrociato:

    cabeza Tanto te miran mis ojos xAmor, que quando me miras, yen tal fuego me retiras y1

    que muero en dosmil enojos. x1

    estrofa Muero quando yo te veo aQue no hay pensar en mi bPor questoy tanto en ti bQue me consume el desseo, ay pues por ti lo posseo ano me des tantos abrojos x

    represa en tal fuego me retiras y1

    que muero en dosmil enojos. x1

    Rgula castigliana 1044

    10 Questuso vivo anche nella letteratura scientifica sullargomento: la monogra-fia sul villancico SNCHEZ ROMERALO 1969 riguarda lesame del solo estribillo.

    11 Componimenti: Di Bras que te tiene muerto, pp. 242v-243r; Tanto te miran mis ojos,p. 256; Ojuelos graciosos, p. 315r; Soys tan cruel omicida, p. 339.

    12 Cancionero varias (ediz. 1986), nn. 42/43 (ledizione attribuisce un numero allacabeza e un numero allo sviluppo in strofe); 29/30; 135/136.

  • REP. A LAUDE ITALIANE - SANTA RUGHEBN: cod. di Bonnanaro (1619)BR: cod. di Borutta (1592)NL: cod. di Nule (1616)TR: cod. di Torralba (1763)Virdis: VIRDIS 1986

    1A A A X X X 11 11 11 11 11 11 O vera croce nostro Salvatore

    BR; BN; TR (Virdis 159)10; AABX (I; II; V; VII; X)

    2a b b y x x y x

    7/8 8 8 8 8 8 8 8 Laudatto cristo sia IIINL (Virdis 191)9; aaay (III); abcy (IV-V)

    3a b b y x y z w

    8/9 9 9 9 9 9 9 9 Noi ti preghiamo Jesu Christo IINL (Virdis 201)8; abab (I-III; V); abbb (II);abaa (VII); abcy (VIII)

    4a b a b a b b y x y z y

    7/8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Laudatto Christo sia IBR; BN (Virdis 170)5; abacaccy (II); abababbc (III)

    5a b c b b d d y x y x y

    8/9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 Noi ti pregamo Jesu Christo IBR; BN (Virdis 172)6; ababbccy (V-VI);8/9 valori pi frequenti, ma da 7 (con sospettisenari) fino a 11

    11 1. La sesta torrada 47

    Di argomento soprattutto amoroso e di fattura inizialmente po-polareggiante, non popolare, il villancico serv gi in madrepatrianel trattamento di argomenti sacri, convertendosi a lo divino (vil-lancicos litrgicos: BAEHR 1962, pp. 321 e 325), e sotto questa for-ma sopravvisse al generale decadimento del villancico profano, rifu-giandosi in espressioni devozionali paraliturgiche chiamate gozos13.Sotto questa denominazione furono appunto acquisiti in Sardegna icanti religiosi formati in sesta torrada.

    Per questa via, listituzionalizzarsi del metro nella poesia sardafra i secoli XVII e XIX, unitamente al suo affrancarsi da usi e con-testi paraliturgici con riappropriazione daltre tematiche, specieamorose, inquadrano la tradizione sarda nella fase ulteriore di unaplurisecolare circolazione fra popolare e colto nonch fra sacro eprofano. Da moduli dapprima decaduti nella produzione coltaispanica nella penisola iberica sopravvissuti in settori mediani ediscesi a livello folklorico la poesia sarda avvia unelaborazioneformale propria, destinata ad arrestarsi solo sulla crisi novecente-sca della versificazione rimata.

    11. Si detto che lorigine delle confraternite sarde dedite alculto de sa Santa Rughe (della Santa Croce) sindividua sul fronteitaliano, sebbene non si possa risalire alle prime fasi del movimentodei Battuti. Alcuni libri contenenti la regola dei Battudos sardi tra-mandano anche un gruppo di laude in italiano. Il codice di Nule(NL, 1616) ne riporta 7, testimoniate solo in questo libro. Ma gi ilcodice di Borutta (BR, 1592) reca 3 testi in italiano di tipo laudisti-co, poi ripresi in altri libri confraternali14. Ne forniamo appresso ilrepertorio (per i testi seguiamo ledizione diplomatica VIRDIS 1986).

    Rgula castigliana 1146

    13 Los villancicos religiosos, especialmente los de Navidad favorecidos por la m-sica, quedaron en uso hasta entrado el siglo XVIII [BAEHR 1962, p. 325]. Ma per lapoesia popolare moderna NAVARRO TOMS [1956, p. 540]: Alguna vez el villancico secanta en su plena forma antigua, con estribillo, mudanzas, enlace y vuelta, abba : cddc: ca [tradotto con il nostro sistema simbolico: xyyx:abbaax; la sesta torrada] como se veen Milagros de San Antonio, entre las canciones castellanas colleccionadas por Shin-dler, Folk music, pg. 95 (purtroppo non si potuta consultare la fonte).

    14 O vera croce nostro Salvatore contenuto anche nei codici di Bonnanaro (BN,1619) e di Torralba (TR, 1763); Noi ti pregamo Jesu Christo I (contrassegnata con nume-ro romano per distinguerla dalla composizione con medesimo incipit presente in NL,

    lo stesso si dica per la seguente) sta anche in BN; Laudatto Christo sia I sta anche in BN;stesso incipit, ma strutture diverse, hanno due testi di NL (contrassegnati con II e III).

  • tipo strofico fino alla codificazione guittoniana-iacoponica che da-r alla lauda le forme della ballata [BELTRAMI 1991, pp. 86-87]. I te-sti si rifanno a schemi sempre differenti, laddove si avverta che gi un azzardo discorrere di schemi. Emerge piuttosto un amorfi-smo strutturale che ha determinato laffollarsi di eccezioni nellul-tima colonna a destra del repertorio. E anche parlare di eccezioninon del tutto appropriato, quando tali possono definirsi solo ri-spetto a soluzioni strofiche lievemente maggioritarie nel componi-mento (indicate nella prima colonna) e quandanche non si dnnoin vari casi nemmeno schemi maggioritari allinterno del singolo te-sto ma si dovuta operare una scelta in base allo schema che ri-spetto a quello di altre strofe mostrava un maggior grado di model-lizzazione. Ne risulta, insomma, un corpus segnato morfologica-mente da grave imperizia.

    Per met delle sue dieci strofe, esclusa la ripresa XX, il testo Overa croce nostro Salvatore (Rep. A: 1) testimonia sicuramente il ti-po zagialesco (AAAX), smentito per dallaltra met delle strofe(AABX), come si pu gi vedere nelle prime quattro15:

    ripresa O vera Croce nostro Salvatore Xper voi si salva dogni pecatore X

    str. I Voi che portasti li grandi presenti AChristo signor dio omnipotenti Astesi li brazi tuti insanguinati BSustene morte per li pecatori X

    II Honorata croce de lo bello colore Ade lo precioso sangue de nostro Senore Agrande dolore nabi la sua matre Bhella avocata de li pecatore X

    III Ave Maria virgine pura Agrande dolore sentisti in qella ora AQuando vidisti quella lanza iscura ADentro de lo latto di nostro Seore X

    11 1. La sesta torrada 49

    6a1 b b y c y z1 y1 x y x y

    7/8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Dio ti salue sancta croeNL (Virdis 193)13; a1bby1+z1y1 (I); a1bcy+z1y1 (II);a1ybycydy+z1y1 (IV);a1bby+z1y1 (V-VI);a1bbcydy+z1y1 (VII); a1bbycycy+z1y1 (VIII);a1bbccy+z1y1 (XIII)

    7a b b c b b b y x y x y8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Venitte tuti a la croce

    NL (Virdis 196)3; xabcdccy (I); abcdefgy (II)

    8a b a b b c c y x1 y x y8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Quando te vidi ferire

    NL (Virdis 197)6; x1axbacdy (I); ababbcdd (II);abcbbccy (IV); ababcddy (V); ababbcx1y (VI)

    9a b b y c y x y z y8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 A qui demo laudare

    NL (Virdis 199)12; abcbdy (I-II); abby (III);abcbby (IV); abbcde (V);abbybc (VII); abbbbyby (X);abby (XI); abbccy (XII)

    10a b b c c x x1 x2 y x y y x

    7/8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 Laudatto christo sia IINL (Virdis 188)11; x1x2wxwxx (I);abcbdx (II); xyxyyx (III);abbcccx1 (V); abbxbx1 (VI);abbccx1 (V-VIII); abbxc (IX)

    Lesame del corpus pare rispecchiare la variet metrica propria del-la produzione laudistica delle origini: non riferibile ad un preciso

    Rgula castigliana 1148

    15 Seguiamo il pi antico BR (1592), ricostruito attraverso le varianti riportate inVIRDIS 1986, p. 161.

  • Sempre sia laudatto Semper siat laudaduJesu Xto Salvatore Gesu Cristu Redentorelo qual fu crucifissato qui fuit crucificaduper salvare li pecatori pro salvare su peccadore;Dassemo ogni pecato lassemus dogni peccaduper lo suo dolce amore servamus a su Signore[E siamo suoi servitori cum bona contrizionelaudandolo tutta via] laudemus in dogni dia.

    O sempre sia laudataLa madre vergine mariachi ha nra Advocatadavanti di dio padreogni pecatore ayuta[che a se si vuole tornare]hor que li piaza pregareper questa compagnia

    Laudemo li santi Angeli Laudemus sos santos anghelosqui servano lo senore qui servint a su Signoree li benedeti Arcangeli Serafinos et Arcangelos,Gli yspiriti pien damore Spiritos pienos de amorechi cantano li dolci canti qui laudant su creadorelaudando lo creatore cun dulques et soaves cantosor li piacia di pregare sempre nande: santos, santos,per tutti li pecatori versos dignos dallegria.

    Laudemo humilmente Laudemus umilmenteLi patriarqui gloriosi soso padres santos dottores:che a dio fiorno hobediente de Deus onnipotentecon gran fede e piatosi no alcanzene favores;or pregate per noi devotamente martires et cunfessoresli padri virtuosi profetas et patriarcas,che li cori siano disposti devotos santos e santasa seguire la dritta via soade nos amparu e ghia.

    Laudemo con riverentia Laudemus cun riverentiaLi proffeti dal cielo mandati a sos santos cun amorechi havevano gra sapientia qui istant in sa presentiadalisiritu santo illuminati de su supremi Signore:da quella forte sententia alcanzade nos favoresper lor siamo scampati de cussa lughente sortee in cielo siamo accompagnati et in sora de sa mortein la loro conpagnia. nos fetades cumpagnia.

    11 1. La sesta torrada 51

    IV Nulla persona lu porria contare Ali miey dolori e li miei grande male AQuando lo vidi nudo et rispolliare APieno de piague e de grande dolore X

    Riguardo agli altri componimenti si osserva una condizione mag-matica, uno scarso livello di formalizzazione che non pu non tro-vare spiegazione nella poca familiarit che i confratelli dovetteroavere con questa qualit di testi, lontani residuati delle origini italia-ne della congregazione se non, nel caso della tarda e isolata attesta-zione del codice di Nule, tentativi seriori di riconnettersi alla lineaitaliana attraverso le associazioni romane del Gonfalone.

    Lassenza di una tradizione formale che rimonti a questi model-li daltronde prontamente verificabile, dal momento che non sirintracciano, fra quelli repertoriati, schemi che abbiano influitonella prassi poetica isolana, sacra come profana. La distanza deglischemi italiani dal sistema dei gosos e quindi della sesta torrada notevole. Un solo testo (il tipo 4 nel Rep. A) manifesta un pi altogrado di omogeneit nello schema strofico, e infatti se ne ha unaversione sarda in un canto confraternale di San Vero Milis [CARIA1981, pp. 159-160] (la fonte non precisa di quale confraternita),con pesada xyyx e quattro strofe (il testo sardo ignora la strofa IIdi quello italiano), per la struttura, tentando lo schema del mo-dello italiano nella strofa I, subito sacconcia nelle altre strofe alloschema dellottava torrada (ababbccx), il quale dovrebbe rinviare,come per la sesta torrada, a modelli castigliani ( 19)16.

    BORUTTA SAN VERO MILIS

    Laudatto sia christo O devota cunfrariaEla virgine maria nara cun coro umiliadue tuti li soi santi Cristus siat laudaducon la dolce conpagnia e sa Virgine Maria.

    Rgula castigliana 1150

    16 Il testo segue il libro della confraternita di Santa Croce di Borutta (BR 1592), la-cunoso e qui integrato, fra parentesi quadre, con la versione del libro di Bonnanaro(BN 1619), copia di quello di Ossi (OS) non conservato.

  • * - - - - - - x1 y1 y2 x2 6 Trista die qui ispetamusNR (Virdis 250)14; t. x1y1y2x2

    * - - - - - y - - y1 x1 7 Altissimu RedentoreBT (Virdis 232)11

    - - - - - - - - - - 8 Beniu dulque SeoreBT (Virdis 235)6

    - - - - - - - - - - 9 Fonte de immensa piedadeBT (Virdis 237)10

    - - - - - - - - - - 10 O sole qui das alberguNL (Virdis 185)9; abbbx (III)

    - - - - - - - - - - 11 O tormentu insuportaduNL (Virdis 213)7

    * 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 12 Et prite inclavaduBT (Virdis 240)20; axaxxy (I); xyxyyy1x1 (II); ababy (V)

    2a b a b b x b x x y y x8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 1 Lignu santu veneradu I

    BR (Virdis 166)12; ababbxcx (III); ababbxax (IV); ababaccx (V-VI); abcxxddx (VII); abcbbddx (VIII-IX); abcbbccx (X); abcbbxbx (XI); abbaaccx (XII)

    * - - - - - - - - x1 - - - 2 O suave sacramentuNL (Virdis 203)9

    12 1. La sesta torrada 53

    12. Contrariamente a quanto dato osservare circa la formadelle laude italiane contenute nei codici delle confraternite di SantaCroce, questa stessa tradizione manoscritta rivela una sicurezzapressoch assoluta nel maneggiare la struttura del villancico (sestatorrada) nei testi redatti in sardo. Tale dato appariva gi evidentenei nuoresi Gosos qui si naran in su officiu dessos mortos di cui soprasi dato un esempio ( 10), ma osservabile nel complesso dellaproduzione gosistica dei Battudos, come si pu subito notare nelseguente REP. B.

    REP. B GOSOS SARDI - SANTA RUGHEBN: cod. di Bonnanaro (1619)BR: cod. di Borutta (1592)BT: cod. di Bottida (1714)NL: cod. di Nule (1616)TR: cod. di Torralba (1763)Virdis: VIRDIS 1986

    1a b a b b x x y y x 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 1 Cun tristura, et agonia

    TR (Virdis 162) 11; aa1a1bbx (II)

    * - - - - - - x1 y1 - - 2 Contempla coro induraduNL (Virdis 223)20

    - - - - - - 3 Cun dolore e linba cantaNL (Virdis 208)[8]; ms. lacunoso, testo dalla str. V

    - - - - - - 4 [Destruide dogni guerra]NL (Virdis 214)[8]; abbby (I); acefalo, nel ms. di se-guito a O tormentu insuportadu

    * - - - - - - - - y1 x1 5 Apartadi de peccareBT (Virdis 229)10; abbaax (I, IV); abbbbccx1 (VII: v. 5 anticipato al v. 3); ababbxbx1 (VIII)

    Rgula castigliana 1252

  • e unadesione nettamente maggioritaria alluso dello schema in se-sta torrada, con rime alterne nelle strofe e incrociate nella pesada:che da considerarsi il tipo pi arcaico. Un caso dindecisione, la-sciata la malconcia e vetusta Lignu santu veneradu del codice di Bo-rutta (BR; 2:1), si ha nelle Cobles sardas de Sancta Rughe di NL(Lignu Sanctu Veneradu, 3:1), riconducibili al tipo 2 (vedi appres-so) ma con ricorsi di quella che poi sar lottava torrada (str. II:ababbccx; str. V: abbaaccx; cfr. 19), secondo un polimorfismo vi-sibile anche in Narade prite seore (2:3). Lo stesso codice di Nule(NL), recante le sette sconquassate laude italiane, si mostra fra i piattenti e competenti nel maneggiare lo schema del villancico, unavariante del quale testimoniata nei componimenti di tipo 2 (cui siriconducono quelli di tipo 3) con strofe ababbxax, secondo unaforma, poi decaduta, che vede la ripetizione dello schema dei dueversi che chiudono la sesta, ottenendo una strofa di otto versi. Unbellesempio di questa struttura si trova nel Canzoniere ispano-sardo(1683), il quale mostra molto bene la confidenza fra i tipi 1 e 2, ini-ziando col primo (strofa I) e scolorando nel secondo (strr. II-VI)[CANZIS 1996, pp. 328-329]:

    O superbu inpertinente xqui sensa isquire te rues, yregorda qui ses de piuer y1

    et quisina de niente. x1

    str. I Regordadi qui istetisti ade limu et terra formadu bet sos donos qui recisti ade cuddu qui tat criadu, blassa lassa su pecadu bet su biver malamente x

    et pensa qui se piuer y1

    et quisina de niente. x1

    str. II Lassa sa pompa mundana cet cuddos torpes regalos dpro qui a sanima si dana cmilli dispiagheres malos dcomo qui has tempus reparalos din bivir honestamente, x

    12 1. La sesta torrada 55

    * - - - - - - - x1 - - - x1 3 Narade prite seoreNL (Virdis 220)10; abbaaccx (I; III); ababbxax (VII)

    - - - - - - - - - - - - 4 O anima dolorosaBR (Virdis 178)[8]; ms. lacunoso dopo la str. IV;ababxbx1 (II); aba (IV); xbx1 ([V])

    - - - - - - - - - - - - 5 Quale pius mama penosaNL (Virdis 210)10; ababbxx1 (II); abbxbyx1 (V); ababbxbx (X)

    - - - - - - - - - - - - 6 Quanta afflitta & congogosaNL (Virdis 217)10

    3a b b a a x a x x y y x8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 1 Cale es su coro induradu

    BT (Virdis 245) 15

    x a a x x b b x1 x y y x1

    8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 2 Virgine santa obumbradaBN (Virdis 175)8; xaaxxaax1 (I); xaaxxyyx (III-IV)

    4a b a b a x b x x y y x8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 1 Lignu Sanctu Veneradu II

    NL (Virdis 206)5; ababbccx (II); ababbxbx (III);ababaxax (IV); abbaaccx (V)

    Il corpus dei 21 gosos sardi di Santa Rughe una tradizione che oc-cupa pi di un secolo e mezzo presenta un elevato rigore strofico17

    Rgula castigliana 1254

    17 Non ci si deve curare di guasti materiali (1:3,4 [manca la pesada]; 2:4) e ovviamen-te delle (poche) mende per omeoteleuto che variano erroneamente la struttura (1:5).

  • segis Redentore. ySo [cruificadu y1

    pro te peccadore] x1

    str. XIV Postu insa Coluna a (x)se migia et ses quentas bsensa culpa alguna a (x)cun falsos intentos bpro esseren contentos bazotas mi han dadu. x

    Pro te [peccadore x1

    So cruificadu] y1

    [(Popolo) E perch inchiodato | vhanno Redentore. | (Cristo) Per te peccatore |sono sulla Croce. || (Popolo) E perch sulla Croce | vhanno inchiodato | mentresvanisce la luce | e la testa reclinate | perch insanguinato | siete Redentore. | (Cri-sto) Sono sulla Croce | per te peccatore. || (Cristo) Messo alla colonna | seimilasei-cento, | senza alcuna colpa | con falsi giudizi | perch fossero soddisfatti, | frustatemhan dato. | Per te peccatore | sono sulla Croce.]

    Il senario una misura rara nella poesia despressione sarda (lacui presenza pu considerarsi aumentata solo dalla frequenza deldoppio senario nella poesia in campidanese), che compare in com-ponimenti di tema religioso. Questa presenza si deve infatti allaltrapossibilit mensurale, accanto allottonario, di formare il villancicospagnolo [BAEHR 1962, p. 322] e in particolare quello devoto legatoai cicli della Nativit e della Passione. Non si finirebbe di riportareesempi castigliani di villancicos in senari, ma ci piace fornirne unoraffinato di Santa Teresa de Jess (1515-1582) [riportato in BALBN1962, p. 317]:

    Vante mis ojos,dulce Jess bueno,vante mis ojos,murame yo luego.

    Vea quien quisiererosas y jazmines,que si yo te vierever mil jardines;flor de serafines,

    12 1. La sesta torrada 57

    sos peccados cunfessalos dcontritu et humilemente. x

    Regorda qui ses de piuer y1

    et quisina de niente. x1

    [Oh superbo impertinente | che incosciente cadi nel peccato | ricorda che sei dipolvere | e di inutile cenere. || Ricordati che fosti | formato da terrra e fango | e chei doni ricevesti | da colui che tha creato, | abbandona il peccato | e il viver malamen-te | e pensa che sei || Abbandona la vanit mondana | e quei turpi regali | per iquali allanima si danno | mille cattivi dispiaceri | finch sei in tempo risarciscili |col vivere onestamente, | confessa i peccati | contrito e umilmente. || Ricorda]

    I testi di Santa Rughe offrono poi unulter