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1. Il nostro territorio2. Le specie autoctone

3. Tetti verdi, orto in città, riciclo4. Tecniche selvicolturali

5. Piantumazione di plantule•Masseria Redenta- Sentire sostenibile

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La murgia è un’area della provincia nord di Bari, vasta circa 100.000 ha, si estende tra fossa Bradanica e le depressioni vallive che si adagiano verso la costa adriatica

Dal punto di vista geologico, la Murgia è prevalentemente formata da calcari compatti delle unità litologiche di Bari e di Altamura, formazioni del Cretaceo, il cui spessore può raggiungere fino i 3000m

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L’interazione tra uomo pietra e acqua è una chiave di lettura del territorio murgiano.

Un ambiente arido, nel quale le scarse acque piovane penetrano in profondità senza formare né fiumi né laghi, eppure tali acque scolpiscono le pietre in superficie e nel sottosuolo.

È il fenomeno del carsismo senza il quale questo territorio non apparirebbe così.

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Campi carregiati composti da gruppi di pietre affioranti, grandi cavità scavate in profondità e che comunicano con la superficie attraverso le aperture degli inghiottitoi. Tali cavità hanno stimolato nei secoli la fantasia dell’uomo, il quale spesso ha immaginato che in esso ci fossero presenze diaboliche e maligne. Da qui l’origine di molti toponimi, spesso legati a miti e leggende:

Contrada diavoloContrada taglia linguaContrada malacarne

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In tempi lontani la Puglia era densa di boschi e di vegetazione spontanea, ma l’azione modificatrice dell’uomo contribuì e non poco alla graduale scomparsa degli uni e dell’altra. Attualmente la Regione è povera di vegetazione spontanea me nei punti residui nei quali essa è sopravvissuta contribuisce in maniera determinante al fascino della regione. Nelle fasce costiere si presenta sotto forma di macchia mediterranea composta da cespugli ed arbusti sempreverdi dalle foglie coriacee e spinose, tipiche delle zone calde e secche.Procedendo verso l’interno, la macchia cede gradatamente il posto alla foresta di latifoglie della zona temperata calda.Le specie più tipiche dei boschi pugliesi sono rappresentate da lentischi, ginepri, querce, pini, aceri, castagni, tigli, cerri, faggi.Tra i fiori all’occhiello della Puglia spiccano la Foresta Umbra nel Gargano e la foresta di conifere di Mercadante

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Specie arbustive tipiche:

• Lentisco Pistacia lentiscus• Cisto Cistus salviifolius• Mirto Myrtus communis• Rosmarino Rosmarinus

officinalis• Cappero Capparis spinosa• Ginepro rosso Juniperus

oxicedrus• Ginepro licio Juniperus

phoenicea• Orniello Fraxinus ornus• Olivastro (oleastro, olivo

selvatico) Olea europea var. sylvestris

• Ilatro Phillyrea latifolia• Ginestra dei Carbonai Cytitus

scoparius• Caprifoglio mediterraneo

Lonicera implexa• Oleandro Nerum oleander

Specie arboree tipiche:

• Leccio Quercus ilex• Quercia da sughero Quercus

suber• Carrubo Ceratonia siliqua• Acacia Robinia pseudoacacia• Corbezzolo Arbutus unedo• Alloro Laurus nobilis• Cerro Quercus cerris• Roverella Quercus pubescens• Rovere Quercus petraea• Farnia Quercus robur• Acero campestre Acer campestre• Carpino nero Ostrya carpinifolia

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Prati di varie tipologie sino a giardini veri e propri completi di alberi si possono oggi realizzare in tutta sicurezza anche sulle sommità degli edifici, soprattutto in ambito urbano.Infatti per i tetti, i cortili e le pareti di palazzi privati, garages, parcheggi, hotels, aziende e officine, capannoni, centri fieristici, cliniche, impianti sportivi il cosiddetto verde pensile non ha solo un ruolo estetico e di miglioramento dell’inserimento paesaggistico dell’edificio ma può svolgere importanti funzioni di utilità diretta, con ricadute economiche quantificabili. Il verde pensile si distingue in due principali tipologie di inverdimento: quello estensivo e quello intensivo, che si distinguono per costi di costruzione, oneri di manutenzione e prestazioni globali.

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Miglioramento del microclima.

Influsso positivo sul clima degli ambienti interni.

Nuovi spazi fruibili per gli uomini e nuovi habitat per piante ed animali.

Ritenzione idrica (anche del 70-90%) e conseguente alleggerimento del carico sulla rete di canalizzazione dell'acque bianche. Possibile recupero dell’acqua piovana per usi irrigui.

Protezione dal rumore attraverso minore riflessione ed in sonorizzazione delle superfici sommitali.

Filtraggio delle polveri (10-20% in meno) e fissaggio di sostanze nutritive dall'aria e dalle piogge.

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Una attività scelta da molti come misura antistress, per passione, per gratificazione personale, per garantirsi o la sicurezza del cibo che si porta in tavola o anche solo per risparmiare. Il risultato è che si assiste in molti Paesi al moltiplicazione degli orti fatti da te nelle case private o nei terreni pubblici.

Negli Stati Uniti il terrace garden sta appassionando molti con insalate e pomodori che crescono anche sui tetti di grattacieli e case di New York, San Francisco, Boston, tanto che nel 2008 la 'Burpee Seeds', la più grande azienda americana di sementi, ha venduto il doppio rispetto all'anno precedente.

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Anche in Italia sono sempre più numerosi i comuni che mettono a disposizione piccoli appezzamenti da assegnare in concessione ad associazioni di anziani che in cambio si dedicano alla cura e alla semina di ortaggi, erbe aromatiche e fiori. Questa prima forma di orto urbano ha avuto grande successo e si è sviluppata molto in Emilia-Romagna (a Bologna al momento ci sono più di 3000 appezzamenti divisi in otto quartieri) per poi diffondersi anche in altre regioni.

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Nascono così gli orti urbani: spazi verdi, personali o condivisi, dove coltivare i propri ortaggi socializzando con gli altri agricoltori metropolitani. I nuovi orti non offrono solo prodotti da mangiare, ma anche svago, nuova socialità e risposte ambientali. Per questo il movimento spontaneo nato sulla base di questa nuova ecologia privata è

stato definito "agricivismo".Come afferma Bibì Bellini in un interessante

articolo sull'argomento: "Al di là dell’effetto ecologico, realizzare e prendersi cura di un orto significa anche far crescere alcune virtù indispensabili per il cittadino di domani: il senso dell’attesa, la pazienza, la precisione, l’attenzione ai fenomeni climatici, la coscienza del limite. Tutti valori fondanti dell’inevitabile transizione degli stili di vita che ci attende".

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In un mondo che produce sempre più rifiuti, non sappiamo più come fare a sbarazzarcene: eppure la Terra ha provveduto, per miliardi di anni, a smaltire "da sola" i rifiuti prodotti, senza arrecare alcun danno all'ambiente.

In Natura il concetto di rifiuto non esiste: tutto ciò che viene scartato, se ha caratteristiche naturali, viene assorbito dall'ambiente e rimesso in circolo; questa è la lezione che dobbiamo imparare dalla natura: produrre oggetti e beni che possano essere assorbiti dall'ambiente una volta terminato il loro utilizzo.

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Il termine di selvicoltura, inteso nel suo significato più ampio, indica l’insieme delle discipline riguardanti il bosco che studiano e determinano le modalità per assicurare agli individui e alla collettività tutti i vantaggi di cui esso è capace.

Oltre alla selvicoltura in senso stretto, che ha come compito la razionale gestione della foresta e del suo impianto, il termine comprende infatti: l’economia forestale, che definisce i vantaggi d’interesse particolare o generale offerti dal bosco e ne stabilisce, per mezzo dell’assestamento, la maniera di realizzarli nei modi più convenienti e duraturi; e la tecnologia che si occupa dell’utilizzazione e della trasformazione dei prodotti forestali, costituiti principalmente dal legno.

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la funzione produttiva (legname da opera, da industria, legna da ardere e da carbone; resine; frutti; funghi, foglie, ecc.);

la funzione protettiva : tutela del suolo e delle installazioni o più generalmente degli interessi creati dall’uomo, attraverso l’azione di regimazione delle acque, la difesa dall’erosione, dalle frane, dalle valanghe, dal vento ecc.;

la funzione turistico-ricreativa e di salvaguardia dell’ambiente naturale, esplicata dal bosco in forme e con gradi diversi di intensità secondo i suoi caratteri, la sua estensione e distribuzione.

È compito proprio della selvicoltura di trarre dal bosco, nella massima misura possibile, tutti questi servigi di diversa natura, il cui rendimento è sempre e comunque legato al grado di efficienza del popolamento. Condizione imprescindibile al successo di questa attività è perciò la conservazione dell’equilibrio tra il bosco e l’ambiente ecologico che lo ospita.

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Ecosistema bosco = “pozzo di carbonio”. (protocollo di Kyoto)

Ecosistemi come ad esempio boschi, prati e campi, laghi o mari possono assorbire CO2 dall'atmosfera e fissare il carbonio ivi contenuto nella biomassa,  nel suolo o nell'acqua. Il periodo di immagazzinamento del carbonio nel bosco varia a seconda del luogo in cui avviene: nelle foglie e negli aghi: da qualche ora a qualche anno, nei rami: da qualche anno a qualche decennio, nel tronco: da qualche decennio a qualche secolo, nel suolo: da qualche secolo a qualche millennio.

Il più importante pozzo di carbonio nei boschi è il suolo. L'humus assorbe infatti dalle 110 alle 150 tonnellate di carbonio per ettaro. La crescita della biomassa e l'aumento dell'humus nel suolo incrementano l'assorbimento del carbonio. Viene quindi assorbito CO2 dall'atmosfera e si creano i pozzi di carbonio. Ecosistemi come il bosco non possono tuttavia immagazzinare carbonio a tempo indeterminato. Prima o poi, ogni bosco smette di crescere. L'incenerimento o la marcescenza successivi alla morte o all'utilizzazione di un albero liberano, completamente o in parte, il carbonio, che si mescola con l'ossigeno e forma l'anidride carbonica.Il bosco diventa così una fonte di CO2. I processi di assorbimento e di rilascio di CO2, nonché di formazione dei pozzi o delle fonti costituiscono il cliclo naturale del CO2.

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1°La scelta del terreno

(lo studio delle sue caratteristiche)

1°La scelta del terreno

(lo studio delle sue caratteristiche)

2°Le condizioni

del clima(individuazione della fascia fitoclimatica)

2°Le condizioni

del clima(individuazione della fascia fitoclimatica)

3°La provvista delle

Piante(scelta del numero di

piante e specie)

3°La provvista delle

Piante(scelta del numero di

piante e specie)

4°La preparazione

del terreno(sesto d’impianto,scavo delle buche)

4°La preparazione

del terreno(sesto d’impianto,scavo delle buche)

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1°La scelta del terreno

(lo studio delle sue

caratteristiche)

1°La scelta del terreno

(lo studio delle sue

caratteristiche)

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Il territorio italiano lo individuiamo in sei fasce climatiche di rilevanza botanica (zone fitoclimatiche). In queste zone è possibile osservare una vegetazione-tipo, cioè, un'associazione di specie vegetali spontanee che ricorrono con costanza su quella specifica area. Il nome stesso delle zone si richiama più o meno vagamente alla specie di riferimento:

1.Lauretum caldo2.Lauretum freddo (murgia)3.Castanetum4.Fagetum5.Picetum 6.Alpinetum

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Lauretum caldo - Costituisce la fascia dal livello del mare fino a circa 300 metri di altitudine, sostanzialmente lungo le coste delle regioni meridionali (fino al basso Lazio sul versante tirrenico e fino al Gargano su quello adriatico), incluse Sicilia e Sardegna. Questa zona è botanicamente caratterizzata dalla cosiddetta macchia mediterranea, ed è un habitat del tutto favorevole alla coltivazione degli agrumi;

Lauretum freddo - Si tratta di una fascia intermedia, tra il Lauretum caldo e le zone montuose appenniniche più interne, nelle regioni meridionali già citate; ma questa fascia si spinge anche più a nord lungo le coste della penisola (abbracciando l'intero Tirreno e il mar Ligure a occidente e spingendosi fino alle Marche sull'Adriatico) interessando il territorio dal livello del mare fino ai 700-800 metri di altitudine sull'Appennino; inoltre si riferisce ad alcune ridotte aree influenzate dal clima dei grandi bacini lacustri prealpini (soprattutto il lago di Garda). Dal punto di vista botanico questa zona è fortemente caratterizzata dalla coltivazione dell'olivo ed è l'habitat tipico del leccio;

Castanetum - Riguarda sostanzialmente l'intera pianura Padana incluse le fasce prealpine e si spinge a sud lungo l'Appennino, restringendosi sempre più verso le estreme regioni meridionali; a parte la superficie planiziale che si spinge fino al livello del mare lungo la costa dell'alto Adriatico (dalla Romagna all'Istria), questa fascia è generalmente compresa tra le altitudini di 300-400 metri e 900 metri nell'Italia settentrionale (ché la quota aumenta progressivamente verso sud col diminuire della latitudine). Questa zona dal punto di vista botanico è compresa tra le aree adatte alla coltivazione della vite (Vitis vinifera) e quelle adatte al castagno; è l'habitat ottimale delle latifoglie decidue, in particolare delle querce;

Fagetum - Si tratta di una fascia che interessa sostanzialmente il territorio montuoso compreso fra le Prealpi e le Alpi lungo tutto il perimetro della pianura Padana e si spinge a sud lungo gli Appennini restringendosi sempre più al diminuire della latitudine, fino a interessare solo le cime (monti della Sila, Pollino) nell'estremo lembo meridionale; questa fascia va generalmente dalle altitudini di 800-900 metri fino ai 1500 metri nell'Italia settentrionale, mentre nelle regioni meridionali arriva fino al limite della vegetazione arborea. Botanicamente questa zona è caratterizzata dai boschi di faggi e carpini, spesso misti agli abeti;

Picetum - E' la fascia montana, quasi esclusivamente alpina, che si estende tra i 1400-1500 metri e i 2000 metri di altitudine. Dal punto di vista botanico questa zona è caratterizzata dai boschi di conifere, non solo abeti, ma anche larici e pini

Alpinetum - Rappresenta la fascia alpina estrema, compresa tra i 1700 metri e il limite della vegetazione arborea (che varia dai 1800 metri ai 2200 metri). Si tratta di una zona comunque caratterizzata da una vegetazione arborea piuttosto rada, costituita perlopiù da larici e da alcuni tipi di pino, che verso l'alto assumono portamento essenzialmente prostrato (Pinus mugo).

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“Sesto d'impianto” o densità di distribuzione delle piante. Ovvero lo schema geometrico della distribuzione delle piante in campo.

Tipi di sesto: Quadrato, rettangolare

Quinconce= le piante si trovano ai vertici di un triangolo isoscele

Settonce= le piante si trovano ai vertici di un triangolo equilatero

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Utilizzeremo come unità di misura l’ ettaro = ha Un compromesso di esigenze forestali stima 2500 piante per

ha. Se abbiamo terreni poveri si pianta più fitto 3000/3500 ad ha. Fissato il n° di piante e il sesto si stabilisce la distanza tra le

piante per ottenere i m2 disponibili per la pianta.

10.000/2500=4m2

Nel sesto quadrato la distanza fra piante corrisponde alla √4=2

Nel sesto a quinconce la distanza si ottiene moltiplicando 1,155 X la distanza che occorrerebbe tenere con il sesto quadrato

Ex: 2X1,155=2,31

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Per piantare adeguatamente una pianta dovremo predisporre una buca di circa 50-60 cm di profondità e di 40-50 cm di diametro. Sul fondo della buca metteremo del letame ben maturo che ricopriremo con uno strato di terra di 10 cm circa in modo che le radici non entrino in contatto con lo stesso; la pianta dovrà essere posizionata al centro della buca. La buca dovrà essere ricoperta con un terriccio composto da tre parti di terra, una parte di torba e una parte di humus di lombrico.

Si consiglia di non potare le piante durante i mesi più freddi, al fine di evitare che le gelate rovinino i rami. E' inoltre importante spargere del letame maturo intorno alle piante già a dimora, senza toccare il tronco, e vangare la terra circostante.

Da effettuare è anche un trattamento con fungicidi su tutti gli alberi.

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Un primo piccolo ma significativo passo può essere quello di imparare a conoscere degli alberi ciò che generalmente non "appare": infatti sappiamo cos'è una foglia, un fiore o un frutto, ma non sempre è noto cosa c'è dentro un albero e come "funziona". 

In genere una pianta  cresce formando un fusto principale, che rimane ben distinguibile come prolungamento del tronco per molti anni. Tutte le ramificazioni partono da questo fusto e con esso sono collegate tramite un insieme di numerosi "tubi", all'interno dei quali scorre la linfa che porta alle foglie una grande quantità di acqua ed elementi assorbiti attraverso le radici dal terreno. 

Un'altra circolazione distribuisce la linfa elaborata dalle foglie, con la fotosintesi, a tutte le parti della pianta allo scopo di "nutrirle". La prima circolazione va quindi verso l'alto e scorre nella parte interna della pianta (Legno o Xilema), la seconda, meno abbondante perché in gran parte l'acqua è evaporata dalle foglie, discende lungo un sottile strato (Cambio o Floema) di tubi nella parte esterna della pianta, subito dopo la corteccia. Fra i due sistemi di condotta esiste un invisibile strato di cellule che ha una grande importanza, perché produce ogni anno un cerchio di legno all'interno (sono i famosi anelli annuali del tronco) e il floema all'esterno: così l'albero cresce. Da queste semplici conoscenze possono derivare molte indicazioni pratiche, per esempio quando si incide la corteccia o si stringe fortemente un legaccio nel tronco o in un ramo si danneggiano quegli importanti tessuti (Floema o Cambio) che si trovano immediatamente sotto la corteccia, arrecando un grave danno alla pianta.

Nell'innesto invece (attraverso le incisioni), tutte le tecniche tendono a favorire  al massimo gli scambi tra il cambio/legno dell'ospite (detto franco) ed il cambio/legno del donatore. Tenendo presente questa nozione (insieme alle varianti stagionali) potrete con successo cimentarvi nell' arte dell'innesto difficile e delicata, ma che proprio per questo non sarà avara per voi di orgoglio e soddisfazioni.

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Figura - Le frecce indicano il verso dei flussi linfatici. Si possono distinguere i seguenti strati partendo dall'esterno: Corteccia, Floema - Cambio (invisibile perché composto di poche cellule) e Legno o xilema con i suoi strati annuali.

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Innesto a spaccoCon un oggetto tagliente fare uno spacco

profondo circa 8/10 cm e quindi tagliare la marza a cuneo, facendo in modo che l'inizio del taglio abbia le stesse dimensioni dello spacco del portainnesto.

Inserire la marza nello spacco avendo particolare cura di fare combaciare perfettamente le zone del cambio esterno del gentile con quello del portainnesto.

Legare ben stretto in modo che la marza non si muova dalla sua sede, coprire con mastice il tutto avendo cura di riempire lo spacco.

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