Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli€¦ · Costanzo Preve: Controstoria critica del...

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ITALICUM gennaio febbraio 2016 Maggio - Giugno 2017 Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM Anno XXXII Editoriali Luigi Tedeschi: L'Europa oligarchica salva le banche a discapito dei popoli 2 Carlo Bertani: Due conti della serva 5 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli Eduardo Zarelli: Implosione della globalizzazione e fenomenologia del populismo 7 Paolo Borgognone: Dialogo sul sovranismo 10 Costanzo Preve: Controstoria critica del liberalismo e della democrazia, da "Elogio del Comunitarismo" Controcorrente 2006 12 F F o o c c u u s s Eugenio Orso: Lo strano populismo del XXI° secolo 17 Esteri Intervista a Giacomo Gabellini, autore del libro "Israele, una piccola grande potenza", Arianna Editrice 2017 19 Sandro Buganini: Ingannevole schizofrenia del capitale 22 Attualità "Sistema elettorale e rappresentatività popolare" Intervista di Luigi Tedeschi a Giancarlo Paciello Parte seconda 23 Cultura Adriano Segatori: Integrazione mistificata e contro cittadinanza30 Luca L. Rimbotti: Richard Strauss: la grande arte europea 32 Alberto Figliuzzi: Informazione e storia 34 Il Poliscriba: Origini del politicamente corretto... 35 Stefano De Rosa: Salviamo Cassandra 38 Giovanni Di Martino: Lo chiamavano Santità 41 Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

Transcript of Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli€¦ · Costanzo Preve: Controstoria critica del...

  • 1ITALICUM gennaio febbraio 2016

    Maggio - Giugno 2017

    Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM

    Anno XXXII

    EEddiittoorriiaalliiLLuuiiggii TTeeddeesscchhii:: L'Europa oligarchicasalva le banche a discapito deipopoli 2CCaarrlloo BBeerrttaannii: Due conti dellaserva 5

    FFooccuuss:: PPooppuulliissmmoo ssoovvrraanniissmmoo eessoopprraavvvviivveennzzaa ddeeii ppooppoolliiEEdduuaarrddoo ZZaarreellllii:: Implosione dellaglobalizzazione e fenomenologiadel populismo 7PPaaoolloo BBoorrggooggnnoonnee: Dialogo sulsovranismo 10CCoossttaannzzoo PPrreevvee:: Controstoria criticadel liberalismo e della democrazia,da "Elogio del Comunitarismo"Controcorrente 2006 12

    FFooccuuss

    EEuuggeenniioo OOrrssoo: Lo strano populismo del XXI°secolo17

    EEsstteerriiIntervista a GGiiaaccoommoo GGaabbeelllliinnii,, autore del libro"Israele, una piccola grande potenza", AriannaEditrice 2017 19SSaannddrroo BBuuggaanniinnii:: Ingannevole schizofrenia delcapitale 22

    AAttttuuaalliittàà"Sistema elettorale e rappresentatività popolare"

    Intervista di LLuuiiggii TTeeddeesscchhii a GGiiaannccaarrlloo PPaacciieelllloo Parte seconda 23

    CCuullttuurraaAAddrriiaannoo SSeeggaattoorrii: Integrazione mistificata e contro cittadinanza30LLuuccaa LL.. RRiimmbboottttii: Richard Strauss: la grande arteeuropea 32AAllbbeerrttoo FFiigglliiuuzzzzii:: Informazione e storia 34IIll PPoolliissccrriibbaa:: Origini del politicamente corretto... 35SStteeffaannoo DDee RRoossaa:: Salviamo Cassandra 38GGiioovvaannnnii DDii MMaarrttiinnoo:: Lo chiamavano Santità 41

    Populismo sovranismoe sopravvivenza dei popoli

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    I leaders artificiali dell'Europaoligarchica

    L'Europa attuale è simile ad unafortezza. Data la sempre piùevidente conflittualità tra gli stati, laBrexit, le crescenti diseguaglianze,lo sfaldamento progressivo degliequilibri sociali, i l poteretecnocratico – finanziario europeoha eretto a sua difesa una fortezzaistituzionale in cui l'oligarchia possaesercitare il proprio potere assoluto,che è tale, in quanto indipendentedalla volontà degli stati e dei popoli.Ed è in questa logica di poterefinanziario incontrastato, checostituisce il fondamento del governo

    oligarchico europeo, che va interpretatal'irresistibile ascesa di Macron, unfenomeno virtuale – mediaticoperfettamente compatibile con i governidi unità nazionale della Germania e dialtri paesi UE. Infatti in Francia è statocreato dal nulla un partito artificiale conun leader non politico, ma notoesponente del mondo finanziario, cheha ottenuto una maggioranzaparlamentare bulgara. Macron non hafondato una nuova forza politicaalternativa agli schieramenti tradizionalidi destra e sinistra, ma ha soloassorbito i consensi dai vecchi partitiormai screditati e privi degli originaricontenuti identitari. Macron è il leaderdi una Francia in cui dominal'astensione, che rappresenta, con lapercentuale del 57%, la maggioranzaassoluta del corpo elettorale. Inconclusione la travolgente vittoria diMacron si traduce in una percentualerappresentativa degli elettori francesipoco al di sopra del 21%.

    L'astensione, sempre più diffusa anchein Italia, esprime certo il distacco el'avversione dei popoli nei confronti diun sistema politico da cui non sisentono rappresentati, ma in talefenomeno, si manifesta anchel'assenza di forme di opposizione ingrado di interpretare le idee e le istanzepolitiche delle masse economicamentee politicamente condannate allaemarginazione sociale. In realtà conl'avvento della UE e la devoluzione adessa di larga parte della sovranità degli

    stati, si è instaurato quel sistemaoligarchico delle élites finanziarie privodi legittimazione democratica cheesercita una materiale sovranità suipopoli. La sovranità europea prescindedal consenso popolare e dagliorientamenti degli stessi governinazionali: la politica fa parte di unretaggio ideologico novecentesco,ormai soppiantato dal governoglobalista europeo.Partiti artificiali, fondati sulpersonalismo mediatico di leadersvirtuali, governi di unità nazionalesempre più diffusi, sono chiaremanifestazioni del tramonto di unadialettica democratica basata sulconfronto – scontro tra proposte

    politiche ed ideologiche contrapposte.Questo processo di omologazione dellapolitica al governo finanziario –oligarchico dell'Europa, va di pari passocon le riforme strutturali cheprogressivamente, emarginando il ruolodello stato, impongono, in manierasempre più accentuata, la societàdell'individualismo assoluto, conrelative liberalizzazioni e privatizzazioninell'economia, nei servizi sociali, nellagiustizia, nella cultura, nei costumi. Etale processo avanza quasiincontrastato, nonostante le diffusecritiche all'Europa germanocentrica,circa l'assenza di solidarietà europea,le prevaricazioni continue degli statidominanti, la disgregazione socialedevastante in tutta l'Europa.

    Il governo occulto (ma non troppo) dellaTroika in Italia

    Identici fenomeni si registrano nellapolitica italiana. Si pensi alla leggeelettorale: è bastato il niet delpresidente – ombra Napolitano (che giàimpose il governo Monti in Italia supressioni della Troika), su di unariforma elettorale ispirata al modellotedesco, che godeva in sedeparlamentare di un consenso ultra –maggioritario. Tale legge, a causa di unridicolo emendamento sul voto nel SudTirol è naufragata in un giorno! E' certoche si sarebbe votato in autunno, ma inottobre deve essere varata una legge distabilità “lacrime e sangue” impostadalla UE e l'esito delle eventuali

    elezioni si presentava incerto. Quindi ilpanorama politico italiano non offrivagaranzie sufficienti per l'oligarchia dellaUE, che invece richiede governisubalterni alla eurocrazia e quindisottratti al consenso del popolo, la cuivolontà è verosimilmente difformerispetto alle manovre finanziarieliberiste, corredate immancabilmente dimacelleria sociale.L'urgenza di una legge di stabilità“lacrime e sangue”, viene millantatapaventando mali peggiori, qualil'applicazione delle clausole disalvaguardia (aumenti dell'IVA ecc...),atte a riportare il deficit ed il debitoentro i parametri europei. Viene inoltreevocato lo spettro dell'avvento della

    Troika, che prefigura un futuro destinoitaliano simile alla Grecia. In politica sipaventano sempre mali futuri ondeoccultare quelli presenti. Infatti laTroika, sotto le mentite spoglie deigoverni italiani non eletti degli ultimisette anni, è già attiva ed operante,visto il susseguirsi di manovre deflattiveantisociali e l'accrescersi costante dellapressione fiscale. Il risultatodell'austerity imposta all'Italia èevidente: aumento del debito,disoccupazione, impoverimentogenerale del paese. Possono cambiarei leaders, ma il governo della Troikarimane immutato. In Italia il governoMonti non è mai stato nei fattidimissionato.Si continueranno quindi ad elaborareartificiosi progetti legislativi circa unapossibile legge elettorale chegarantisca maggioranze compatibili coni poteri forti della UE, con la Merkel eMacron. Verranno varate ulteriori leggiimpopolari in attuazione del processoriformatore imposto dall'Europa.Riforme dissolutorie dello stato incambio di qualche elemosina di puntodi flessibilità nei conti pubblici: questa èla filosofia dominante dei governisuccedutisi in Italia da oltre 20 anni.

    Con la crisi migratoria in atto, e conuna Italia rimasta isolata ecostantemente umiliata in Europa, ilgoverno vuole imporre la legge dellojus soli, millantata come una norma diciviltà. Tale riforma comporterebbel'acquisizione della cittadinanza italiana

    L'Europa oligarchicasalva le banche a discapito dei popoli

    LLuu iigg ii TTeeddeesscchh ii

    Editoriali

  • 3ITALICUM maggio giugno 2017 Editorialida parte di 800/900.000 immigratiextracomunitari, che con ogniprobabilità (dato che gli immigrati nonvoterebbero certo per Salvini),costituirebbero un bacino elettoralegarantito per un PD in crisi di consensi.Quanto più aumenta il disagio socialedegli italiani dinanzi ai flussi migratori,tanto più il governo, i media, la Chiesa,la cultura ufficiale, proclama lanecessità votale dell'immigrazione perl'Italia, data la natalità in declino e lamancata copertura delle pensioni per igiovani. L'immigrazione incontrollata èun fenomeno derivante dallaglobalizzazione, quale conseguenzadella libera circolazione degli individui edei capitali. Essa costituisce per ilcapitalismo una inesauribile fonte dimanodopera a basso costo e priva diprotezione sociale e hafavorito la mafia degliscafisti. Poiché imigranti difficilmentesvolgono la loro interavita lavorativastabilmente in unostesso stato, larga partedi essi non riuscirebberoa maturare il diritto allapensione. Pertantol'INPS (così comeaccade da decenni inGermania), avrebbe lapossibilità di risanare ipropri bilanci,incassando per decennienormi flussi contributi previdenziali,senza poi erogare le relativeprestazioni pensionistiche.La presenza dei migranti vieneconsiderata indispensabile perl'economia italiana, ma non siconsiderano le ingenti risorse umaneinutilizzate del paese, dovute alladisoccupazione giovanile a livellirecord, che peraltro ha comportatonegli ultimi anni l'esodo dall'Italia dicirca 500.000 lavoratori.

    Uno stato succube del sistemabancario

    L'Europa è un sistema bancocentrico,teso alla autoreferente salvezza esopravvivenza di sé stesso. In questaluce possono essere interpretati isalvataggi bancari effettuati in Italia.Per le banche venete, dopo anniperduti in diatribe governative, chehanno avuto solo l'effetto diincrementarne il default, non è statopossibile procedere allaricapitalizzazione precauzionale comenel caso di MPS, per la mancataadesione di investitori privati. Si è dato

    luogo quindi alla liquidazione coattaamministrativa con relativo interventodello stato, onde evitarne il fallimento.Inutile soffermarsi sulla retorica diregime che ha accompagnato ilsalvataggio statale millantando nobilicause quali la salvaguardia della“stabilità finanziaria” e il pericolo di“crisi sistemiche”.Le banche venete sono state cedute adIntesa San Paolo per la cifra simbolicadi 1 euro. Intesa ne ha acquisito però lesole attività valutate per 50 miliardi, increditi (in bonis), depositi diretti edindiretti, obbligazioni ed altre attività,oltre ad un patrimonio immobiliarevalutato in bilancio (il valore di mercatoè di certo assai superiore), per 500milioni. Intesa non ha dunque acquisitoi crediti deteriorati o inesigibili, che

    ammontano a quasi 20 miliardi, i qualiverranno devoluti ad una “bad bank” acarico dello stato. Inoltre, lo stato hadovuto erogare 5,2 miliardi, di cui 3,5per cassa, per la sottoscrizione dellaquota capitale di Intesa ed 1,3 per lagestione degli esuberi. Lo stato dovràgarantire Intesa per 12 miliardi, qualorai crediti acquisiti dalle banche venete sirivelassero un domani incagliati oinesigibili. In tal caso tali creditideteriorati non verrebbero coperti dallegaranzie statali, ma ceduti alla “badbank” pubblica non per il loro valoreeffettivo (cioè ad un prezzo svalutato),ma al loro valore nominale.

    Non è un mistero che tale cessione sisia rivelata una generosa donazionepubblica a Banca Intesa, la quale a finegiugno ha visto crescere il valore delproprio titolo in borsa del 3,52%, conuna capitalizzazione di 1,5 miliardi chesi tramuteranno quindi in ulteriorirelativi dividendi per gli azionisti.L'operazione Intesa è stata compiutanel rispetto delle norme europee, mainnumerevoli sono le violazionicommesse per quanto concerne ildiritto italiano. Con il decreto

    governativo è stato ripetutamenteviolato il codice civile, la leggefallimentare, la normativa Antitrust(Intesa esercita nel Veneto unaposizione dominante), le normeenergetiche e sugli abusi edilizi. Intesaha quindi assunto una posizionedominante che di fatto ha esautorato ilParlamento. Nel contratto è previstauna clausola secondo cui, qualoranell'iter parlamentare il decreto subissemodifiche, si darebbe luogo allarisoluzione del contratto stesso. Lasubalternità dello stato al poterebancario è palese.

    Il costo sociale delle crisi bancarie

    Le banche venete verranno ristrutturatecon relativi danni per dipendenti,

    correntisti, clienti e azionisti. Idipendenti in esubero dellebanche venete assorbite daIntesa sono 3.874 e per lagestione di tali esuberi, lo statoha erogato 1,3 miliardi a fondoperduto. Intesa si è riservata lafacoltà di procedere ad ulterioritagli del personale nei prossimianni.Analoga, ma più grave, è lasituazione degli esuberievidenziata nel piano diristrutturazione di MPS. Talebanca, già oggetto disalvataggio pubblico per 20miliardi, ha programmato il taglio

    del 30% delle filiali e di 5.500dipendenti. La ristrutturazione di MPScomporterà un taglio di costi pari a 2,16miliardi ed il ritorno ad un utile valutatoper 1,2 miliardi nel 2021. Lo statofinanzia i costi dei default delle banche,perché queste ultime producano utiliper i soci. I costi sociali di tali manovre,in termini di perdita di posti di lavorosono assai gravosi per la collettività enemmeno quantificabili per il prossimofuturo.Tale operazione recherà certopregiudizio agli imprenditori in unaregione con un tessuto industriale assaiesteso. Anziché disporre di tre linee dicredito, potranno usufruire di una sola(Intesa), a condizioni non certo piùfavorevoli, date le condizioni di quasimonopolio assunte da Intesa sulterritorio.Secondo Luigi Zingales (Il Sole 24Ore– 25/06/2017), al danno deirisparmiatori truffati, farà però riscontroil profitto degli speculatori. Mentre per irisparmiatori sarà già molto severranno rimborsati dei loro titoli, glispeculatori che hanno acquistato nelcorso della crisi i titoli delle banche

  • 4ITALICUM maggio giugno 2017 Editoriali

    venete deprezzati fino al 70% del lorovalore, verranno rimborsati per l'interoimporto.

    L'Europa devolve i rischi finanziari suglistati e i cittadini

    Le crisi bancarie europee non sonocausate solo dalle cattive gestioni delmanagement (che non è stato finorachiamato a rispondere del propriooperato, tra l'altro Zonin risultanullatenente!), ma dalla normativa delbail in, che si è dimostrata devastanteper la tenuta del sistemabancario. Il bail in,normativa secondo cui incaso di default bancario sonochiamati a rispondereazionisti, obbligazionistisubordinati, altriobbligazionisti e correntistioltre i 100.000 euro, fu varataper impedire che i salvataggibancari venissero effettuati acarico dello stato e quindi deicontribuenti. Il bail in si èinvece rivelata una normativageneratrice di crisi e nocivaper la stabilità del sistemafinanziario. Ondatespeculative possono darluogo a crisi del debito,produrre panico nei mercati finanziari,determinare svalutazioni improvvise,esporre a rischi sistemici il pubblicorisparmio. Le ricorrenti crisi bancarie inEuropa ne sono la dimostrazione.E' da rilevare la sciagurata edimprovvida mancata opposizione inEuropa da parte del governo Renzi allaentrata in vigore di tale normativa dal1° gennaio 2016. Il governo eraconsapevole dello stato di crisi dialcune banche italiane, ma soprattuttoera a conoscenza del fatto che talibanche avevano venduto a piccolirisparmiatori inconsapevoli obbligazionisubordinate, titoli cioè che con l'entratain vigore del bail in diventavano titoliad alta rischiosità.

    L'Europa dunque, al di là delle suenormative, dà il proprio assenso aisalvataggi bancari statali, riversandosui contribuenti i costi delle crisibancarie. L'Europa viene meno aiprincipi ispiratori della progettataunione bancaria: è chiara la volontàdella Germania e dei paesi dominanti dinon istituire un sistema unitarioeuropeo di garanzia sui depositi,scaricando sulle economie e sullefinanze degli stati i costi e leresponsabilità delle classi dirigentinazionali ed europee. La normativa

    europea ha dunque generato latraslazione dei rischi finanziari: dalsistema finanziario alla collettività deicittadini, con la chiara volontà degli statidominanti di non essere coinvolti nellecrisi degli stati deboli.Dalla vicenda delle banche veneteemerge un ulteriore effetto perversodella globalizzazione: alladestrutturazione degli stati nazionali fariscontro l'affermazione delle "piccolepatrie", dei poteri regionali, patriefondate su interessi e privilegi locali,sorte dall'indebolimento dei potericentrali le cui leggi sono largamentedisattese. Infatti nel Veneto, tali bancheavevano erogato finanziamenti apioggia a favore delle classi politiche edimprenditoriali locali senza adeguate

    garanzie, dirottando irisparmi dei cittadiniinconsapevoli versoinvestimenti ad altorischio. Essesubordinavano laconcessione dei mutuiall'acquisto delleproprie azioni, il cuivalore risultavasopravvalutato,attraverso quotazioniartificiose effettuate neimarcati ristretti. Il tuttoavvenne peraltro con la

    complicità degli organi di vigilanza: nonè raro il caso di funzionari di Bnkitalia ostatali poi divenuti consulenti dellebanche controllate.

    I guasti prodotti dalle normativeeuropee sono evidenti e leconseguenze negative per l'economia ela società sono di pubblico dominio.L'Europa è un sistema oligarchico bancocentrico autoreferente, chiuso insé stesso, teso alla preservazione di séstesso a discapito dei popoli. Il destinodi questa Europa è quello di dibattersi

    in perenni crisiricorrenti, nellaincapacità congenita diqualunque riforma otrasformazione. La UE,non è uno stato, mauna unione risultantedalla somma di tantiegoismi eprevaricazioni delleclassi dominanti epertanto è incapace dicostituirsi comesoggetto geopoliticoautonomo, dato che sindalla sua fondazioneessa è stata concepitacome entità subalternaalla Nato e agli USA.

    L'Europa della UE, con il declino dellapotenza americana, è destinata asfaldarsi perché non è in grado disostenere il confronto con le potenzegeopolitiche emergenti in un mondomultipolare. Sapranno i popoli europeisopravvivere ad essa?Luigi Tedeschi

  • 5ITALICUM maggio giugno 2017 Editoriali

    Una sera qualunque, a casad’amici: senza saperlo, sto peraccedere ai veri conti dell’economiaspicciola, quelli che gli italiani fannotutti i giorni. In questo caso, i contidei padroni.Sono conti della serva fatti a spanne,però ci danno il “polso” di come s’ètrasformata l’economia dellaproduzione dei comuni beni diconsumo, quelli che troverete nellegrandi catene commerciali, neifranchising, negli ipermercati.Sono le 22,30: arriva, visibilmentestanco, il figlio che ha terminato il turnoin fabbrica. Si siede, assaggia unatorta, beve un bicchiere di vino. Ha gliocchi fissi su qualcosa di lontano, comequelli di una persona che non riesce astaccarsi da un sogno. O da un incubo.Domanda banale: come va il lavoro?

    Risposta scontata: bene, ho finito ilsecondo turno, quello dalle 14 alle 22,la prossima settimana farò la notte.Sgranocchia la torta, sorseggia il vino:

    non riesce a staccarsi da qualcosa chegli ronza in testa, come un’ipnosi cheancora lo pervade.Lavora in una fabbrica dove si fannooggetti abbastanza costosi, di largoconsumo: due macchine automatichele quali necessitano solo d’esserealimentate manualmente.Ossia, si prende un pezzo, lo sisistema sulla macchina, si preme unpulsante ed una resina calda scendenello stampo: 15 secondi, la resina èsolida, si stacca e si ricomincia. Ilpezzo finito esce già pronto per lavendita.

    Come avrete compreso, mi tengo sulvago per non rendere riconoscibile ilbene prodotto o la fabbrica diproduzione, ma si tratta di qualcosache milioni di persone usanoquotidianamente.Quanti pezzi riesci a produrre in unturno? 1.400 circa.Tre turni, due macchine: 8.400 pezzi ilgiorno. Ogni tanto, capita un piccolointoppo (il pezzo non si stacca subito,oppure il pezzo superiore ha un difetto,ecc): scendiamo ad 8.000 per fare cifratonda.Quanto costano questi beni?Sono di ottima qualità – racconta – e,

    alla vendita, il costo d’acquisto s’aggirasui 140 euro. Mi fa vedere unesemplare: veramente bello e robusto.I conti sono presto fatti: ipotizzando chei pezzi siano venduti al grossista (odalla grande distribuzione) alla metà delprezzo di vendita (una stimaabbastanza realistica), fanno 70 euro x8000: 560.000 euro il giorno. Sì, aveteletto bene: incassano più di mezzomilione di euro il giorno. 15 milioni dieuro il mese, perché – ovviamente – laproduzione è continua e non ci sonoDomeniche, Pasque o Natali chetengano.Approfondiamo l’analisi, tenendo contoche sono conti della serva: utili, però,per comprendere – a grandi linee –qual è la ripartizione fra capitale esalario.I pezzi che assemblate, li fate voi?

    No, li comprano in un piccolo Paesedell’estremo Oriente: li pagano pochispiccioli.Li osservo e non ho difficoltà acrederlo: ben fatti, precisi, Immagino

    mani di donne o di bambini checuciono, legano, rivettano…e poi unagrande portacontainer che giunge aPorto Vado (praticamente, Savona)dove vomita i suoi container dai qualischizzano fuori migliaia, milioni dipezzi.Cosa vuoi dire con “pochi spiccioli”?Scuote la testa: “proprio pochi,un’inezia”.Non riesco a sapere di più: pochispiccioli vorrà dire 5 o 10 euro?Mettiamo 10, tanto per strafare.E la resina?Qui, ne so più io di lui.La resina che utilizzano ècomunissima: deriva – ovviamente –dagli intermedi di reazione i quali,altrettanto chiaramente, si ricavano dalpetrolio, mediante processi di crackinge di reforming. Come giocare con ilLego: ho una molecola grande? Larompo in due, od in quattro…poi launisco ad un pezzo da sei, ci attaccoun pezzo da tre e…voilà, la resina èpronta.Si può venderla solida per comodità ditrasporto, oppure mantenuta fluidamediante autobotti riscaldate…dipendedal tipo di produzione e dal tipo diresina.

    Il 5% del petrolio che importiamo vaall’industria petrolchimica, che sidistingue per il bassissimo apporto dimanodopera rispetto al capitaleinvestito in tubi, cisterne, refrigeratori,riscaldatori…perché quel gioco del“rompi e incolla” avvienesemplicemente tramite temperature,pressioni e catalizzatori. E siproducono – veramente a fiumi – gliintermedi, che poi prenderanno la viadelle vernici, dei medicinali, dellematerie plastiche, ecc.Tanto per capirci, i medicinali dal costocontenuto – diciamo la fascia da 0 a 20euro – sono tutti prodotti da intermedidel petrolio. Idem le vernici, e tutto ilresto.Un chilogrammo di resina per pezzo èun costo che è addirittura difficilestimare: più centesimi che euro, tantoper intenderci.Quindi, per le materie prime, possiamoipotizzare 12 euro: 10 per il pezzo cheè importato, qualche centesimo diresina ed un euro per la confezione.

    Veniamo al personale

    Le macchine sono due e lavorano sutre turni: 6 persone. Ovviamente,dobbiamo calcolare anche eventualirimpiazzi. Facciamo 8? Poi, tre addettiper l’impianto delle resine (uno perturno), qualche meccanico, elettricista,magazziniere, confezionatore, e poidue impiegati, un paio didirigenti…quanto fa? 25 persone? Mafacciamo 30, dai…ad abundantiam…30 persone che non ricevono identicosalario: per gli operai stimiamo uncosto di 3.000 euro il mese ciascuno, efanno circa 70.000 euro, poi ci sono idirigenti…100.000 euro in tutto? Ma sì,dai, non lesiniamo. Sono paghemensili, non dimentichiamo.Energia: certo, di corrente elettrica,acqua, spazzatura e tutto il resto nefanno andare…stimiamo 10.000 euro ilmese? Proviamo.Infine, ci sono i costi d’ammortamentodel capitale investito, provenienti – dinorma – dalle banche.Qui le ipotesi sono più difficili: ricordoche una macchina che assemblava –da sola, bastava alimentarla con lecomponenti – le porte blindate, in annilontani, costava due miliardi di lire. Unimpianto per produrre pellet si aggira

    CCaarrlloo BBeerrttaann ii

    Due conti della serva

  • 6ITALICUM maggio giugno 2017 Editoriali

    (secondo le dimensioni) fra il milione edi 10 milioni di euro.Con due macchine per l’estrusionedella resina, più l’impianto dialimentazione della resina stessa,quadri elettrici, tubature, e poi ilmagazzino con l’immancabile furgone el’elevatore per le merci…beh…ritengoche l’investimento sia stato di 5 milionidi euro, forse meno che più.Le banche cosa chiedono?Per un investimento di5.000.000 di euro,restituibile in 5 anni, la ratamensile s’aggira intorno ai70.000 euro.Infine, c’è il socio occulto:lo Stato. Quanto sarannole tasse? Qui ci sono lemille alchimie deibilanci…proviamo con lamassima, ovvero il 43%?Possiamo, a questo punto,scrivere un contoeconomico che ci darà, agrandi linee, la “fotografia”di una piccola azienda.

    INCASSO ANNUO: 204.400.000 euroSPESE ANNUE:Materiali (pezzi, resine, energia, ecc):35.160.000Spese per il personale (13 mensilità):1.300.000 euroSpese finanziarie (banche, mutui, ecc):840.000 euroTOTALE SPESE: 37.300.000 euroAVANZO (al lordo delle tasse):167.100.000 euroTassazione (43%, massima):71.853.000 euroGUADAGNO (al netto di spese etasse): 95.247.000 euro.

    Non pretendiamo d’aver definito conprecisione la “vita” di quell’azienda, mad’aver tracciato almeno gli ordini digrandezza all’interno dei quali opera.Come noterete, non è stata consideratal’IVA, perché l’IVA è una partita di giro,ma non a risultato zero: sarebbe troppodifficile calcolare, per ogni singolopassaggio, il dare/avere dell’IVA. Cosìcome non sono state considerate letasse d’importazione ed i trasporti.Oppure le agevolazioni che l’aziendaincassa dallo Stato per l’assunzione dipersonale. Ci sono una miriade d’altrevariabili, ma sono soltanto un corollarioche non muta il quadro generale.Un dato, però, è chiaro: le retribuzioni –soprattutto quelle degli operai – sonouna frazione infinitesima del guadagnonetto: circa il 2%. In altre parole, sel’orario di lavoro fosse di 20 oresettimanali (la metà, a parità di salario)

    per l’azienda i costi per il personalesalirebbero soltanto al 4%. Un po’ lavecchia idea di “lavorare meno elavorare tutti”.Ma i costi per il personale sonocomprimibili, mentre non lo sono latassazione (che fa la parte del leone),le banche, che sono praticamente un“cartello” ed i costi di produzione,l’energia, le tasse comunali, ecc.

    Come si è arrivati a questa situazione?

    Il grande colpevole è stato il sindacato:venduto è ancora dire poco.Connivente, partecipativo con ilcapitale.Questo ha condotto alla crescitadell’indice di Gini, e dunque allasperequazione nella ripartizione dellaricchezza.Lo vediamo tutti: per un imprenditore,acquistare un’automobile da 80.000euro è come, per noi, comprare unabicicletta usata. Se non ci credete,recatevi al porto di Varazze edosservate. I cantieri navali sfornano aripetizione yacht – i cosiddetti “ferri dastiro” – di 2030 metri, con motori dimigliaia di Cv. Costo: 23 milioni dieuro.Una parte di questi mastodonti vieneusata per le tangenti: giri e rigiri didenaro per far impazzire i magistratiche indagano, quando non sonoanch’essi conniventi. Oppure sonodestinati alla vendita, ma qui avvieneun paradosso: si vende più facilmenteun colosso del genere (iscritto allaCayman, ovviamente) che una piccolabarca per uso familiare. La classemedia è sparita, fagocitata dai grandicapitalisti, mentre la classe operaia vivecondizioni al limite della schiavitù.Del resto, la classe politica – e questoè un leitmotiv che duradall’Unificazione – preferisce prenderepoco a tanti, piuttosto che tanto a

    pochi.Se osserviamo come vanno le cose inGermania, notiamo che – grazie allacogestione – il sistema, seppurparzialmente, si riequilibra, poiché 46000 euro l’anno di premio diproduzione, oltre al salario, fanno ladifferenza fra una vita di stenti ed unada cittadini.Inoltre, la facilità del “far soldi” non

    stimola a produrre beniinnovativi, non incentivala ricerca: se guadagnotanto fabbricando scarpe,pneumatici o pentole apressione, perché devoimpegnarmi a studiaresoluzioni innovative sulfronte energetico o neitrasporti?

    La nostra classe politicapotrebbe mettere inCostituzione (come fecela Germania) lapartecipazione agli utilidell’azienda, ma se neguarda bene: riceve

    troppe pressioni (leggi: soldi) perapplicarsi in questo campo e nessunone parla mai.Loro, discutono di legge elettorale,perché è il mezzo mediante il qualedefiniranno gli equilibri interni alle forzepolitiche per i prossimi decenni: chegliene frega di noi?Beh, se le cose stanno così…non vadopiù a metter crocette su delle schedeelettorali fasulle, almeno mi risparmio larottura di scatole. Almeno, all’orizzonte,ci fosse qualche prospettiva, ma cosìno, non ne vale la pena.Carlo Bertani

    Francesco Gesualdi Gianluca FerraraLa società del benessere comune

    Arianna Editrice2017, pagg. 200 euro 9,80

  • 7ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    «Esiste una borghesia di sinistra e unaborghesia di destra.Non c'è invece un popolo di sinistra eun popolo di destra, c'è un popolosolo».Georges Bernanos

    «Ogni Paese nasconde una parte disostanza primordiale, che designiamocon il nome di Patria, e mi piaceritrovare ancora questo tipo di integrità.È una cosa che può accadereovunque, anche nel deserto».Ernst Jünger

    Questo libro non necessita dialcuna prefazione. Alain deBenoist, uno dei più significativipensatori contemporanei, sipresenta da sé.Lo svolgimento del tema che si èproposto è come sempre rigoroso,sistematico e calzante, a partiredall’introduzione che ben articola i punticardinali con cui si pone la descrizionedel fenomeno populista. Sia qui solonecessario evidenziare che questaedizione italiana prende la luce a

    brevissima distanza da quella originalefrancese, ma l’attualità dell’incalzaredegli avvenimenti politici internazionalinon vale la rilevanza di questo testo,che invece si pone in una prospettiva diben più profonda analisi e diconseguente lungo periodo. In taleorizzonte, qui non solo si descrive incosa consista la distanza montante tragovernanti e governati nella strutturalecrisi di rappresentanza, inadeguatezzae corruzione delle classi dirigenti, maperché avviene nel dissolversidell’equivoco moderno del rapporto traliberalismo e democrazia. Non è certoun caso, perciò, che il sistemaegemonico dominante, sia dellapolitologia scientifica che dei mezzi dicomunicazione, in coerenza con ipeggiori dettami del “politicamentecorretto”, rifiuti l’oggettivazione delfenomeno e anzi, accodandosi allepratiche mistificatorie dellapropaganda, manipoli lo stesso termine“populismo” come sinonimo di unapatologia avversa al senso comune e aldeterminismo storico delle società

    aperte, una vera e propria ingiuriapolitica. Il “populista” è quindi naturaliterun reazionario ottuso, provinciale,xenofobo, sessuofobo e razzista, che ciporta, per l’inerzia dell’irrazionalismodelle masse, fuori dall’Europa, dalMercato, dalla Modernità. La logicaconseguenza è che il populismo si basisulla paura, quando invece è propriosulla fobia del populismo,quotidianamente inculcata tramite lapropaganda ideologica e mediatica,che si fonda l’appello all’opinionepubblica per suscitare la repulsionemorale e innalzare il cordone sanitariodelegittimante contro il demone diturno: dalla Brexit agli Stati Uniti,dall’Ungheria alla Polonia, dalla Franciaall’Italia ecc.In una recente intervista concessa al«Corriere della Sera», ben dice loscrittore francese Michel Houellebecqin merito: «Quando sento qualcunoevocare il populismo so che in fondoquella persona è contraria allademocrazia. La parola populismo èstata inventata, o meglio recuperata,perché non era più possibile accusare

    di fascismo certi partiti, sarebbe statotroppo falso. Allora è stato trovato unnuovo insulto: populista. Sì, penso diessere populista. Voglio che il popolodecida su tutti gli argomenti»1. Ladivisione dell’immaginario politicosecondo la bipartizione fascistiantifascisti, come del resto anche ladivisione tra una destra e una sinistra,è una preziosa risorsa simbolica perl’assoggettamento dell’opinionepubblica al monoteismo del mercato,invisibile al cospetto del proliferare ditali opposizioni. Ovvero, l’ideologiaprogressista liberalliberista egemone siidentifica con un’oligarchia connaturataagli automatismi irreversibili delmercato, responsabile solo davanti agliinteressi privati che la sostengono, inrotta di collisione con il senso comunee la sovranità popolare, polverizzatanella parodia consumistica comesocietà pulsionale dei diritti individuali edel materialismo pratico nei costumi, ilcui ideale è quello di «governare senzail popolo e, in definitiva, contro diesso». Una “lotta di classe”

    paradossalmente invertita di segno –cioè dell’“alto” contro il “basso” – manon meno risentita e divisiva degliinteressi generali.Il populismo quindi lo si comprende,ben oltre le sue rappresentazioni, comeun momento di transizione epocale chevede finire l’illusione dellaglobalizzazione, ma non il“globalitarismo”, cioè la volontà diimporre, tramite il cosmopolitismo deicomportamenti indotti, il primatomondialista della FormaCapitale edelle sue tecnocrazie governanti adiscapito della sovranità dei Popoli. Larappresentatività procedurale nonriesce più a nascondere il tradimentodella partecipazione popolare, ponendofine alla credibilità del discrimine delladestra e della sinistra, che in realtàsono oggi combinazioni funzionaliall’autoreferenzialità sistemica, non piùcapaci di elaborazioni ideali per modellisociali alternativi, tra di loro o magari aquello esistente in sé. Il populismo, intal senso, è uno stato d’animo diffuso, èappunto una “mentalità”, che ritroviamosia a destra che a sinistra, anzi magari

    oltre la destra e la sinistra, proprioperché l’integrità del tutto, rispetto allastrumentalità contrattualistica dellaframmentazione degli interessi di parte,inconsciamente voca al “benecomune”, nel contrasto tra coloro cheapprofittano della globalizzazione –siano essi di destra o di sinistra – ecoloro che ne sono vittime, tra culturecomunitarie e culture liberal.Che poi realmente i movimentipopulistici siano all’altezza di questofrangente critico del moderno, è unaltro conto e se ne può legittimamentedubitare; non tanto perché ilvelleitarismo alla prova del governoreale possa evidenziareun’inadeguatezza alle responsabilitàamministrative, quanto perché ladimensione del politico come decisionesi confronta con la necessità dirimettere in discussione il paradigmastesso, più che le sue sintomatichecontraddizioni. Vi è comunque dasottolineare come la tesi di unapresunta incompetenza dei cittadiniall’autogoverno sia emblematicamente

    Implosione della globalizzazionee fenomenologia del populismo

    Prefazione al libro di Alain de Benoist"Populismo La fine della destra e della sinistra", Arianna Editrice 2017

    EEdduuaarrddoo ZZaarreell ll ii

  • 8ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    antidemocratica, non a caso portatadall’autoreferenzialità tecnocraticaassunta dalle classi dirigenti,opportunisticamente insensibili al fattoche è una questione non tanto diefficacia funzionale quanto di giustizia,quindi di mobilità: uguali condizioni diaccesso e merito nei ruoli diresponsabilità sociale. Questadomanda la si esprime non solo nelladirezione della lotta contro le palesisperequazioni sociali o i privilegi di“casta” e a favore di forme eque diridistribuzione della ricchezza, maanche sul terreno del ripristino deimeccanismi della mobilità sociale. Èuna richiesta, quindi, di riattivazione diquei meccanismi che assicurino a tutti,in maniera equa, le medesimecondizioni di partenza e di accesso, permerito, sia ai servizi sociali che almercato del lavoro e delle professioni.In tal senso, la disaffezione montantenei confronti del proceduralismodemocratico riguarda primariamente ipolitici, più che la politica. I primi sonodei professionisti subalterni alla praticadel potere in luogo del dominiodell’economico, la seconda è impegnodisinteressato per la collettività. Ladifferenza sostanziale tra il Politico e lapolitica sta nel subire o meno lamodernità: il Politico decide, la politicaesegue, ossia rende esecutive ledecisioni del Politico. La democraziaprocedurale è solo politica, giacché siadatta all’inerzia degli interessieconomicofinanziari. L'argomentoweberiano della distinzione tra principiassoluti, che si assume sul pianovaloriale senza porsi il problema delleconseguenze che da essiscaturiscono, di contro alla “etica dellaresponsabilità” in cui si bada alrapporto mezzifini e alle conseguenze,è parte della razionalizzazione nichilistadel paradigma dominante. Non sembriquindi fuori cornice intendere laquestione politica nello scenario piùonnicomprensivo del mutamentoantropologico indotto dal riduzionismopragmatico.La tecnica ha varcato il mondo umano?Per la cultura dominante, l’uomocoincide con i suoi strumenti, divieneparte funzionale del meccanismo inessere, quando invece non si deverinunciare alla distinzione cruciale tratecnica e tecnologia, eall’approfondimento del senso delladicotomia che ci ha condotti in unasituazione inedita per l’umanità. Latecnica è il saper fare con scopo,mentre la tecnologia è un riduzionismofunzionale, una scienza applicata cheproduce un “impianto” – Gestell, per

    dirla con Martin Heidegger – il cui fine èquello di fornirci una funzione senzapassare attraverso il saper fare.Fingendo di liberarci, ci rendedipendenti da un dispositivo privo discopi. Paradossalmente, le culturetradizionali avevano competenzetecniche incomparabili, rispettoall’uomo contemporaneo. Carl Schmittidentificò nelle due forme secolarizzatecomplementari di un pathos – l’unotecnico, l’altro moralistico – l’elementobasilare di ogni società liberalemoderna, vista come l’epoca delle“neutralizzazioni”; epoca, nella qualetutto ciò che è politico si sfalda, difronte al prevalere di dinamiche fatte dipura concorrenza, disciplinate daautomatismi tecnicocommerciali e dameccanismi che non vedono più uominie comunità, ma un’informe moltitudinesenza volto di venditori e consumatorialienati. Questa neutralizzazione –avverte Alain de Benoist – equivale auna spoliticizzazione e, in prospettiva,alla morte del politico, ma «poiché leaspirazioni umane sono differenti epotenzialmente conflittuali, si può infattidecidere tra esse solo in nome di criterinormativi che non si riducono maiall’unità». La deliberazione politicaconsiste nel decidere tra “sceltepossibili”, nessuna delle quali si imponeuniformemente. In controtendenza, alladeriva totalitaria della riduzione al

    “medesimo”, è quindi necessario unritorno al saper fare, all’incontro con larealtà e con l’ordine naturale dellecose. Il ritorno della politica, cioè, nonpassa dai politici, ma dal senso diappartenenza comunitaria dellapopolazione alla propria necessitàsociale e al proprio destino culturale.Solo la partecipazione e la motivazionepotranno ricostituire una carica ideale,una visione del mondo che si facciaresponsabilità e spirito di servizio per lacollettività, di contro all’individualismo eil disincanto dominanti.Le oligarchie sono affette da uninteressato autismo cognitivo.Rassicurate dai meccanismi dicooptazione del consenso comeseduzione pubblicitaria nelle forme dipuro intrattenimento della società dellospettacolo, a scapito dellapartecipazione, non si rendono conto ditrovarsi sull'orlo del precipizio. È latipica sindrome da autoreferenzialitàdel Potere, che perde il contatto con la

    realtà conducendo a rotturetraumatiche dell'ordine sociale epolitico. Platone, d’altronde, già 2400anni fa, scriveva nel libro VIII de LaRepubblica: «Ecco, secondo me, comee donde nascono le tirannidi. Essehanno due madri. Una è l’oligarchiaquando, per le sue lotte interne,degenera in satrapia. L’altra è lademocrazia quando, per sete di libertàe per inettitudine dei suoi capi, precipitanella corruzione e nella paralisi. Allorala gente si separa da coloro cui dà lacolpa di averla condotta a tantodisastro e si prepara a rinnegarla primacon i sarcasmi, poi con la violenza, chedella tirannide è pronuba e levatrice».È la malattia che origina e giustifica ilsuo espandersi: il fallimento delledemocrazie liberali, la sovranitàusurpata dalle oligarchie, nel disagiosociale e civile di una modernitàoccidentale, che anche nellasoddisfazione dei bisogni non può piùgarantire i servizi sociali, nell’artificiodei consumi su cui si fonda. Negli anniOttanta, Peter Glotz parlò di unasocietà dei due terzi, per celebrare lesocialdemocrazie, in cui in realtà lamaggioranza degli abbienti, raggiunto ilbenessere, abbandonava gli altri al lorodestino “socialliberale”. La realtàdell'implosione della globalizzazione cuistiamo assistendo sta ribaltando quelleproporzioni, con diseguaglianzecrescenti, disintegrazione dei dirittisociali e il concentrarsi della ricchezzanelle mani di una quota sempre piùristretta di privilegiati (un 10% dellapopolazione, che possiede dal 50all’85% della ricchezza globale), neldeclassamento generalizzato dei cetimedi e nella pauperizzazione di quellipopolari. Il modo di produzioneindustriale non può crescere all’infinito,perché il mondo – per quantoillusoriamente lo si “delocalizzi” – è unacosa finita. All’acme della saturazione,il meccanismo si spezza ingenerandoun conflitto per l’egemonia mondialedelle risorse – in una crisi di cui tutti siattendono la fine, ma che non puòterminare perché strutturale allaFormaCapitale – che può essererisolto solo con un superamentoextraeconomico, che sia in grado dideterminare un mutamento diparadigma, e quindi di riferimenti etici,e la conseguente integrazione sociale.Il populismo crescerà fino a quandonon si trasmuterà in modopoliticamente decisivo, oltre ilmeridiano zero del nichilismo e ildisfacimento del postmoderno,dell’odio di sé, in forza della dignitàpersonale, della “vita buona”, della

    Alain de BenoistPopulismo

    La fine della destra e della sinistraArianna Editrice

    2017, pagg.356 euro 14,50

  • 9ITALICUM maggio giugno 2017

    DDOOSSSSAARRIIOO:: QQUUOO VVAADDIISS,, EEUURROOPPAA??

    Alain de Benoist, Tre tigri e un’anatra senza testaFabio Falchi, Dalle stelle alle stalleManuel Ochsenreiter, La politica antitedesca e antieuropea della CancellieraChristian Bouchet, Il declino franceseStefano Vernole, Separarsi da Londra per riunificare l’Irlanda?

    Aldo Braccio, Unione Europeaversus Turchia: un’avversioneideologicaGiuseppe Cappelluti, Tre anni diembargoUgo Gaudenzi Belgrado:crocevia geopolitico dell’EuropabalcanicaCristi Pantelimon, La Romania,l’UE, la NATOStefano Cavedagna, Le difficoltàstrutturali del sistema EuroRenato Pallavidini, Quarantatréanni fa: la Rivoluzione deiGarofani

    DDOOCCUUMMEENNTTII

    Carl Schmitt, Il mare contro laterraCarl Schmitt, Il concetto di“pirateria”Pierre Drieu La Rochelle, Nuovapatria, l'EuropaJean Thiriart, La NATO:strumento di servitùDezső Kosztolányi, Europa

    Valter GuadagnoCavalieri del Sepolcro

    Settimo Sigillo2017, pagg. 320 euro 29,50

    Diego Fusaro Andrea TagliapietraRingiovanire il mondo

    Edizioni Il Prato2015, pagg.192 euro 18,00

    Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    giustizia, della virtù «intera e perfetta»– per dirla con le parole di Aristotele –perché chi la possiede è esempioanche per gli altri, dell’appartenenzacomunitaria quindi, perché «l’uomoscopre i suoi fini più di quanto non liscelga» e la forma in cui li manifesta èindissolubile da «appartenenze evincoli con l’altro che lo costituiscono».Anche se in contrasto e opposizionedialettica, nessuno – checché nepensino i liberali – si dà fuori dallastoria e dall’identità cui appartiene. Viè, in tal senso, una citazionefondamentale di Carl Schmitt, colta da

    Alain de Benoist per fare comprenderel’architrave dell’intero suoragionamento come scarto incolmabiletra il liberalismo e la partecipazionecomunitaria: «La nozione essenzialedella democrazia è il popolo, e nonl’umanità. Se la democrazia deverestare una forma politica, ci sono solodemocrazie del popolo e non unademocrazia dell’umanità»2.La storia resta aperta; in un contestogeopolitico, in cui venga menol’unilateralismo universalistico, si aprel’opportunità di un multipolarismointernazionale. L’Europa è di fronte al

    proprio declino atlantico,nell’assecondare una subalternità aldecadente modello americano, oppurenel cercare una originale comunità didestino continentale. Il “nuovo corso”avviato da Donald Trump si caratterizzacome un’alleanza “iperoccidentale” trail suprematismo degli Stati Uniti e ilCommonwealth dell’Inghilterra scaturitadalla Brexit, rafforzando di contro lapossibilità ideale e politica di superarenazionalismi e cosmopolitismo, in unarinnovata concezione dell’Imperiumcome dominio interiore, inteso cioècome grande spazio, giacché la

    www.eurasiarivista.orgEditore: Edizioni all’insegna del Veltro, www.insegnadelveltro.itDirettore responsabile: Claudio Mutti

    Quo vadis Europa? XLVI (2-201 7) €€ 1188,,0000

  • 1 0ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    sovranità si configura in primo luogocome difesa del “bene comune”,reciprocità dei legami comunitari esussidiarietà delle sfere decisionali.L’auctoritas è il principio che consentedi distinguere tra la legittimità e la meralegalità del potere, subordinando laforza al diritto, inteso in senso non

    formale e procedurale, ma numinoso;ossia in grado di fare riverberare su disé in modo conforme la coscienzacollettiva, ponendo nella forma dellimite la potenza: la civiltà contro labarbarie.Eduardo Zarelli

    Note1. Montefiori, Stefano (a cura di),Houellebecq: «Sono populista nonvoglio rappresentanti», intervista, in «IlCorriere della Sera», 24 marzo 2017.2. Schmitt, Carl, Dottrina dellaCostituzione, Giuffré, Milano 1984.

    11)) IIll tteerrmmiinnee ssoovvrraanniissmmoo sseemmbbrraa eesssseerreeuunnaa ttaauuttoollooggiiaa pprriivvaa ddii sseennssoo ccoommppiiuuttoo..LLoo ssttaattoo iinnffaattttii ssuussssiissttee iinn qquuaannttoossoovvrraannoo,, aallttrriimmeennttii cceesssseerreebbbbee llaa ssuuaarraaggiioonn dd’’eesssseerree.. CCii ssii cchhiieeddee dduunnqquueeqquuaallee ssiiggnniiffiiccaattoo ssppeecciiffiiccoo aassssuummee ooggggiiiill tteemmiinnee ““ssoovvrraanniissmmoo”” nneell ccoonntteessttooppoolliittiiccoo aattttuuaallee..

    Il termine sovranismo in sé non èentusiasmante poiché si tratta di un

    sostanziale neologismo mutuatodirettamente dalla necessità di alcunisoggetti politici, italiani in particolarmodo, in passato abbondantementecollusi con il sistema liberalcapitalista,soprattutto sul versante berlusconiano,di riciclarsi, rifacendosi una verginitàcome si suol dire, come interlocutorielettorali credibili delle fasce socialipenalizzate dalla mondializzazione. Inrealtà i partiti che in Italia oggi sidefiniscono sovranisti sono stati, nelrecente passato, complici e subalternidelle politiche globaliste che oggi, aparole, criticano. Detto questo, esprimola mia adesione ai principi di uno Statoorganizzato secondo criteri didemocrazia sovrana in prospettiva diuna più compiuta, e fattiva, transizioneverso forme di democrazia organica.Nel contesto politico europeo attuale visono forze politiche che guardano confavore a esperimenti di democraziasovrana. Potrei citare il Front Nationalin Francia e il FIDESZ in Ungheria. IlFIDESZ è, diversamente dal FNfrancese, un partito di governo e havarato alcune, sebbene limitate, misuretese a indirizzare il Paese sulla stradadell’emancipazione nazionale. Inparticolare, il FIDESZ ha approvatoleggi tese a limitare, sul territorioungherese, l’influenza delle Ong vicineal magnate internazionale GeorgeSoros. Le iniziative approvatedall’esecutivo ungherese perridimensionare i margini di azionepotenzialmente rivoluzionariocoloratadelle Ong sorosiane con sede a

    Budapest hanno, ovviamente, mandatosu tutte le furie il circo mediaticooccidentale, liberale e atlantista, chedifende a spada tratta qualsiasiiniziativa, ente o cellula politicoassociativa in qualche modosponsorizzata dalla Fondazione Soros.In questo senso, credo che ilsovranismo sia una rispostaemergenziale, spesso incoerente,ancora in divenire ma non per questo

    da sottovalutare o da rappresentare inmaniera caricaturale, ai processi dipauperizzazione, sradicamento eframmentazione sociale attivati epromossi dalle pseudoélite delglobalismo e del transumanesimo. Iodirei che il sovranismo, con tutte lecontraddizioni, i cambi di passoideologici, anche repentini, delle sueleadership, e le lacune, a volte puremacroscopiche, dei partiti che siprefiggono di incarnare questatendenza politica, sia pur sempremeglio del ripiegamento sull’Unioneeuropea e i suoi cosiddetti valori…Certo, i partiti sovranisti, se un giornovorranno recitare un ruolo daprotagonisti nello scenario continentale,dovranno dotarsi di un profilo identitarioben definito, il che significaabbandonare ogni tentazione settaria e,soprattutto, fuoriuscire definitivamentedal campo liberale dominante in cui,segnatamente nel caso italiano, isoggetti politici oggi sedicenti sovranistisono stati inseriti, a pieno titolo, permolto tempo, per muoversi sulla via diuna Quarta Posizione (né fascista, nécomunista, né liberale) chesignificherebbe, innanzitutto, ritorno allatradizione, all’idea comunitaria dellanazione e all’ideale organico di societàe di Stato. In più, i partiti sovranistidovrebbero, se veramente voglionoessere tali, appropriarsi di unprogramma economico socialista, checomprenda forme rilevanti di interventopubblico in economia. Insomma, nelmomento in cui si è capito che

    sovranità popolare e ordine politicoeconomico liberale non possonoconvivere, occorre che i fautori degliideali di democrazia connessi alripristino del potere popolare delleclassi penalizzate dallamondializzazione, si costituiscanocome campo politico autonomo eantagonista rispetto alle coalizioniliberali (di destra come di sinistra).

    22)) IIll ddiisssseennssoo aannttiigglloobbaalliissttaa rriivveennddiiccaa llaassoovvrraanniittàà nnaazziioonnaallee iinn ccoonnttrraappppoossiizziioonneeaall nnuuoovvoo oorrddiinnee gglloobbaallee.. TTuuttttaavviiaa ssee llaagglloobbaalliizzzzaazziioonnee èè uunn ssiisstteemmaaeeccoonnoommiiccoo eessppaannssiivvoo uunniittaarriioo eemmoonnddiiaalliissttaa,, nnoonn sseemmbbrraa pprroossppeettttaabbiilleeuunn ffrroonnttee uunniittaarriioo ssoovvrraanniissttaa,, ddaattoo cchheellaa rriivveennddiiccaazziioonnee ddeellllaa ssoovvrraanniittàànnaazziioonnaallee pprreessuuppppoonnee ii vvaalloorrii ddeellllaaiiddeennttiittàà ddeeii ppooppoollii,, ddeellllaa ddiivveerrssiittààccuullttuurraallee,, ddeellllaa tteerrrriittoorriiaalliittàà..

    L’identità dei popoli, la pluralità diculture e la territorialità sono valoripositivi e vanno tutelati. Il fronte unitariosovranista non c’è e non ci sarà, inEuropa, fino a quando non emergerà,compiutamente, il carattere geopoliticodi potenza globale della Russia comeStatociviltà, come Continenteciviltà ingrado di esercitare un’influenza dimassa sulla psicologia collettiva deipopoli europei. Avremo un fronteunitario sovranista in Europa quandoRussia, Germania e Cina troveranno imodi e le forme per stabilireun’alleanza duratura. In quel momento,gli Usa verrebbero de facto estromessidal Vecchio Continente, perderebbero illoro ruolo di talassocrazia egemonicadotata del monopolio della produzioneimmateriale tesa a creare consensopubblico attorno ai piani globalisti didominio incontrastato e si troverebberonella condizione di pigiare il bottonenucleare per spezzare l’unità d’azionegeopolitica russosinotedesca. Gli StatiUniti non allenteranno mai le catene astelle e strisce che cingono l’Europa e

    Dialogo sul sovranismoPPaaoolloo BBoorrggooggnnoonnee

  • 11ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    per preservare lo status quo cooptanodirettamente un ceto politico,economico, giornalistico e accademicodi stretta osservanza liberale cuiaffidare, a seguito di elezioni ormaiintegralmente pubblicitarie,l’amministrazione dei Paesi europei. Iceti liberali europei temevano infatti, piùdi ogni altra cosa, la vittoria di DonaldTrump alle presidenziali Usa delnovembre 2016 poiché Hillary Clinton,sfidante “democratica” di Trump,rappresentava per costoro unamaggiore garanzia di continuitàrispetto alle logiche neocolonialicentrate attorno al dogma delprotettorato americano sul continenteeuropeo.

    33)) LLoo ssttaattoo nnaazziioonnaallee nneell XXXXII°° sseemmbbrraaddeessttiinnaattoo aa ssooccccoommbbeerree ddiinnaannzzii aadduunnaa eevviiddeennttee ccoonnttrraaddddiizziioonnee:: sseemmbbrraaeesssseerree uunnaa eennttiittàà ttrrooppppoo rriissttrreettttaa eeddiinnaaddeegguuaattaa ppeerr aaffffrroonnttaarree llee ssffiiddeeddeellllaa gglloobbaalliizzzzaazziioonnee eeccoonnoommiiccaanneeoolliibbeerriissttaa,, mmaa nneelllloo sstteessssoo tteemmppoo ssiirriivveellaa ttrrooppppoo vvaassttaa ppeerr ffaarr ffrroonnttee aaiipprroobblleemmii ddeeii rreeggiioonnaalliissmmii iinntteerrnnii aagglliissttaattii.. EEvviiddeenntteemmeennttee llaagglloobbaalliizzzzaazziioonnee hhaa ggeenneerraattoo eeffffeettttiiccoonnttrraappppoossttii:: hhaa ddeetteerrmmiinnaattoo llaaddeeccaaddeennzzaa ddeeggllii ssttaattii nnaazziioonnaallii ee,,ccoonntteemmppoorraanneeaammeennttee hhaa pprrooddoottttooiinnnnuummeerreevvoollii ““ppiiccccoollee ppaattrriiee”” rreeggiioonnaalliippeerr lloo ppiiùù aa bbaassee eettnniiccoorreelliiggiioossaa,, ccoonnrreellaattiivvee ppeerreennnnii ccoonnfflliittttuuaalliittàà..

    Vorrei per un attimo sollevare ildibattito da una dimensione puramenteteorica e addentrarmi nel concreto. Daun lato, le celebrities del globalismospacciano all’opinione pubblica unacatechesi liberaloide basata sulleitmotiv secondo cui i confinisarebbero il frutto dell’«immaginazioneumana» e come tale dovrebberoessere rimossi in nome della mobilitàindisturbata di merci, capitali finanziariprivati e persone, compresi esercitimercenari, spesso jihadisti, impegnati adestabilizzare la pace sociale interna aiPaesi i cui interessi geopoliticiconfiggono con quelli degli Usa e diIsraele. In realtà, i confini interessano,eccome, alle classi dominantiinternazionali. Se così non fosse, gliUsa non starebbero facendo, proprio inquesto preciso frangente storico, ildiavolo a quattro per impedire, a suondi bombardamenti illegali contro letruppe siriane, che l’esercito diDamasco riprenda il controllo dei propripresidi transfrontalieri con l’Iraq.Dunque, da un lato gli intellettualiliberali di sinistra insegnano alle nuovegenerazioni, dagli schermi televisivi,

    dalle colonne dei quotidiani aziendaliper cui scrivono e dalle cattedreuniversitarie di cui sono titolari cooptati,che le identità sarebbero «libere e perscelta» e che è comunque megliocondurre un’esistenza da accattoni,vagabondi e sottoccupati permanenti aLondra, megacity gentrificata globaleper eccellenza, piuttosto che ambire a

    un’ideale di vita più tradizionale (casa,famiglia, lavoro) e, mi si permetta, piùstabile, anche sotto il profilo psicologicodei consociati, presso i borghi, i villaggie le città periferiche di origine degliaspiranti prodotti umani, o postumani,della subcultura della delocalizzazionepermanente e, dall’altro, gli strateghidel sistema economico espansivounitario e mondialista armano esercitiislamisti per assicurare alla coalizioneislamosionista a guida Usa, il controllodei valichi di frontiera tra Siria e Iraq.Valichi di confine il cui controllo èessenziale per consolidare la presenzaamericana in Siria. Riassumendo: ilgruppo sociale degli intellettuali,dominato e cooptato dalle classiglobaliste transnazionali, forma lenuove generazioni inculcando loro,ovviamente con l’entusiastica adesionedegli inculcati poiché la prospettiva divagabondare per il mondo alla ricercapermanente di esperienze semprenuove, eccitanti e stravaganti durantel’intero arco temporale della propriaadolescenza biologica è comunquemeglio che lavorare e costruirsi una

    famiglia (il che richiederebbe,necessariamente, un atto diresponsabilità ben preciso di cui iteenager “generazione Erasmus” nonvogliono assolutamente saperne…) lasubcultura della delocalizzazioneintegrale e dell’artificiosità dei confinimentre gli eserciti dell’imperoliberaldemocratico occidentale siincamerano, a suon di bombardamenti“umanitari”, i posti di confine necessarial controllo politicomilitare di Statisovrani da destabilizzare e inglobarenel novero delle politiche neocon dicostruzione dell’ordine mondiale delcaos e dell’instabilità perpetua. I confininazionali dunque servono al fine digarantire ai poteri pubblici il controllodello Stato. La subcultura dellarimozione dei confini serve a garantirealle pseudoélite del globalismo ilcontrollo delle menti e il consenso deisoggetti della produzione immaterialedel capitalismo di libero consumo (perchi può permettersi margini elevati dicapacità di spesa) e libero desiderioindividuale (per tutti). Ovviamente, ilbelare lamentoso degli indignados chepiagnucolano contro i tagli governativial Welfare e le politiche di svalutazioneinterna ma si costituiscono, alcontempo, aedi del versante sistemicodella globalizzazione liberale, ossiaquello centrato sul mantra dellamobilità planetaria delle persone, nonva neppure preso in considerazionecome ipotesi politica di emancipazione.Si tratta dei latrati capricciosi di unpugno di viziati che vuole “il pane maanche le rose”, desidera “tutto esubito”, pretende di “godereillimitatamente” e “immediatamente” ditutto il godibile e via dicendo… I giovanicultori della mobilità planetaria sonospesse volte dei soggetti a bassacapacità di spesa ma se si ritrovassero,di colpo, nella posizione ricoperta daqualche A.D. di multinazionalisfruttatrici e hitech, sicomporterebbero alla stessa manierapoiché la forma mentis di questisoggetti, diversificati soltanto in basealla quantità di denaro e beni materialiche possiedono e di cui sonoproprietari, è la medesima ed èimprontata all’adesione, spessosubalterna, nei confronti dellostereotipo politicoculturale, ma ancheeconomico, della startup.

    44)) LLaa ccrriissii ddeell 22000088 nnoonn èè ssttaattaa aannccoorrooggggii ssuuppeerraattaa.. II ppooppoollii,, oorrmmaaiimmaarrggiinnaalliizzzzaattii eedd iimmppoovveerriittii,, iinnvvooccaannoo iillrriipprriissttiinnoo ddeellllaa ssoovvrraanniittàà ddeelllloo ssttaattoo ee iillpprriimmaattoo ddeellllaa ppoolliittiiccaa ssuullll’’eeccoonnoommiiaa..TTuuttttaavviiaa iinn EEuurrooppaa ll’’aalltteerrnnaattiivvaa

    Paolo BorgognoneDeplorevoli? L'America di Trumpe i movimenti sovranisti in Europa

    Zambon Editore2017 pagg.334 euro 18,00

  • 1 2ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    ssoovvrraanniissttaa nnoonn sseemmbbrraa pprreevvaalleerree.. QQuuaalliillee ccaauussee ddii ttaallii iinnssuucccceessssii,, ddaattaa llaapprrooggrreessssiivvaa pprroolleettaarriizzzzaazziioonnee ddeelllleemmaassssee,, ll’’eevviiddeennttee ddeeffiicciitt ddiirraapppprreesseennttaattiivviittàà ppooppoollaarree,, lleeddiisseegguuaagglliiaannzzee ssoocciiaallii aacccceennttuuaattee eessoopprraattttuuttttoo iill ccoonnccllaammaattoo ffaalllliimmeennttoo ddeellmmooddeelllloo eeccoonnoommiiccoo nneeoolliibbeerriissttaa??

    I partiti cosiddetti sovranisti perdonoperché nei Paesi occidentali ilmonopolio della produzioneimmateriale, digitale, è appannaggiodei ceti globalisti e determinati soggettipolitici sedicenti sovranisti, o populisti,sono parte dell’ordine dominantescaturito dai moduli della produzioneimmateriale di cui sopra. In altri termini,fintantoché rimarranno invischiati inuna logica improntata alpatrimonialismo, i populisti nonriusciranno a costruire un’idea disocietà alternativa allo stato di cosepresenti. I partiti populisti non riescono,per ora, a caratterizzarsi come forzepolitiche autonome e vincenti in quantotroppo legate ai meccanismi dimonetizzazione del consenso e disostanziale subalternità al pensiero

    globalista dominante. Così, mentre inItalia la Lega Nord per poter ambire algoverno è costretta a siglare accordicon Forza Italia annacquando la propriaproposta sovranista nel compromessoberlusconiano tendente ad accomodarela piattaforma del centrodestra sulleesigenze del sistema di compatibilitàneoliberali, in Francia il Front National èlacerato da una crisi interna da cui ilcarattere neosovranista del partitopotrebbe anche uscire ridimensionato.Insomma, i partiti sovranisti europeisono ancora alla ricerca di una propriaidentità specifica ma personalmentecredo che a codesti soggetti politicipossa anche importare fino a un certopunto il trovare una collocazione stabilenell’ambito del quadro partitico internoai rispettivi contesti nazionali. Questipartiti sembrano essere parteintegrante di un meccanismo diriproduzione sociale che fadell’instabilità, del caos, dellamutevolezza ideologica dei suoiconsociati, il proprio veicolo privilegiatodi dominio e di controllo. Detto questo,ribadisco come i partiti sovranisti siano,oggi, pur con tutto il loro carico di

    contraddizioni ed equivoci interni, menoinaffidabili dei propri avversari globalistie di sinistra. Certo, non sono forzepolitiche ipso facto rivoluzionarie,poiché non è rivoluzionaria, matendenzialmente incline a stare dentro imoduli di riproduzione della società dispettacolo, la propria élite dirigente néè rivoluzionario, bensì sensibile al votodi protesta e ai meccanismi dimonetizzazione del consenso, il loroelettorato. Per il momento, salvo alcunelimitate, quanto lodevoli, eccezioni, ipartiti populisti europei sono ancoradistanti da una prospettivaantiglobalista articolata attorno a unaQuarta Teoria Politica radicalmenteantagonista rispetto all’egemonia delpolitically correct e delle classimanageriali, cognitarie, del capitalismogauchiste, promotrici del trendcontingente che in qualche modopretende di dettare i toni di vita al restodell’umanità.Paolo Borgognone

    1. Un luogo comune stancamente epigramente ripetuto fa nascere la"democrazia" nell'antica Grecia e più inparticolare nell'antica Atene. Nonintendo negarlo, ma solo ricordare chela "democrazia" degli antichi, il cuicarattere comunitario e nonindividualistico non può essereseriamente negato da nessuno,

    presentava due caratteristiche storichee sociali essenziali, che devonosempre essere tenute presenti. Inprimo luogo, si trattava di unademocrazia il cui scopo essenziale(telos) era quello di scongiurare con lanegoziazione fra i cittadini (politai) ladevastante dissoluzione della comunità(koinonia) che sarebbe risultatainfallibilmente dalla lotta di classe fraricchi e poveri una volta chequest'ultima si fosse dispiegata senzalimiti e senza camere dicompensazione "politica". Le proceduremesse in atto, storicamente influenzatedalla scuola pitagorica dei numeri e dei

    rapporti armoniosi fra grandezze(grandezze armoniche portate daldisegno, dalla geometria e dalla musicaai rapporti politici), fondatesull'eguaglianza dei cittadini di frontealla legge (isonomia) e sull'accesso ditutti alla parola pubblica in assemblea(isegoria), hanno comunque semprecome telos unico la concordia fra i

    cittadini (omonoia). Vi è dunque qui unaconcezione influenzata dalla filosofiadialettica di Eraclito assai più che dalleconcezioni di Parmenide. La guerra ditutti contro tutti (polemos) non èassolutamente negata ed esorcizzata,ma è anzi apertamente riconosciutacome elemento permanente delle cose.Nello stesso tempo e nello stessomodo in cui la lotta (agòn) è regolatanelle competizioni sportive di Olimpia anche la lotta politica è regolata nelleprocedure e nelle leggi della polis laquale, come è moto, può essere intesasia come società che come comunità,pefché i due termini in greco antico

    sono sinonimi assoluti e non possonoessere artificialmente separati.L'individualismo borghesecapitalisticoera ancora di là da venire.

    In secondo luogo, si trattava di unademocrazia non tanto caratterizzata dalformalismo procedurale, che pure erapresente, ma da un fatto sostanziale e

    contenutistico, e cioè dalla prevalenzadel demos, che era certamente anche.. un corpo elettorale attivo e passivo,ma che era soprattutto l'insieme socialedei più poveri, come del resto Aristoteledice in modo chiarissimo einequivocabile. La democrazia grecaera dunque non una forma di "sanzionegiuridica" della disuguaglianza socialepiù estrema, come è oggi nella suacaricatura occidentalistica, ma era unaforma di "intervento politico correttivo"su questa disuguaglianza. Ed infatti, idemocratici antichi lo capivanobenissimo, perché la forma politicacontraria cui si opponevano era

    Controstoria critica del liberalismo e della democrazia

    Dal libro di Costanzo Preve "Elogio del Comunitarismo", Controcorrente 2006

    CCoossttaannzzoo PPrreevvee

  • 1 3ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    appunto l' oligarchia, il dominio deipochi che erano anche i più ricchi.

    Il contrario della democrazia eradunque l'oligarchia, e solo l'oligarchia.Solo dopo le guerre persiane, esoprattutto durante la preparazioneideologica dell'aggressione diAlessandro il Macedone contro l'imperopersiano, l'opposizione ideologica fusimbolicamente "spostata", e ladicotomia non fu più Democraziacontro Oligarchia, ma diventò Libertàdei Greci contro Tirannide Orientale.Tutti gli storici dell'antichità conosconoovviamente questo spostamentoideologico, ma in genere losottovalutano. E questo non è un caso,perché la recente polemica ideologicadel liberalismo moderno contro ildispotismo feudale, signorile,assolutista e religioso viene retrodatatasimbolicamente all'antichità classica. Ilnemico della democrazia non è più loscatenamento oligarchico dellaricchezza illimitata e incontrollata, la cuidinamica porta infallibilmente alladissoluzione di ogni comunità, ma è ilsovrano orientale di Persepoli.Qualcosa del genere, come si sa,accadde anche nel secolo appenatrascorso, in cui il nemico dellademocrazia era la tirannia comunista,non la concentrazione oligarchica dellericchezze finanziarie.

    Il fatto più curioso e paradossale inquesto spostamento sta in ciò, cheproprio quando il nemico dellademocrazia non era più l'oligarchia,bensì il dispotismo orientale, lademocrazia stessa era finita, e i nuovidispotismi, prima dei regni ellenistici epoi dell'impero romano, si imponevanosvuotando di ogni contenuto ladecisione politica delle comunitàdemocratiche. E come oggi ilcosiddetto "capitalismocompassionevole" si candida asostituire il welfare state, allo stessomodo allora al posto della decisionepolitica comunitaria in favore del demossi imponeva la pura beneficenzadall'alto (everghetismo).

    Ma è bene tornare ancora e meglio alprincipio democratico.

    2. Ho trattato, nel paragrafoprecedente, della democrazia degliantichi cittadini di Atene. Ma se per"democrazia" si intende invece ingenerale la presa di decisioni amaggioranza all'interno di unacomunità data, allora non furonocertamente gli antichi greci a "scoprirla"

    (e questa presunta "scoperta" è oggiuno dei tanti fattori ideologici delprimato occidentalistico sul resto delmondo), ma la democrazia è vecchiaquanto l'uomo, ed è uno dei primiprodotti del processo storico edevolutivo dell'ominazione umana. Nelleprime comunità umane impropriamentedette "primitive", infatti, le decisioniconcernenti l'intera comunità eranosempre prese collegialmente secondo il

    principio di maggioranza. Questo fatto,peraltro ovvio ed evidente, spesso nonè adeguatamente rilevato perché laprocedura della presa a maggioranzadelle decisioni viene quasi sempreoccultata da cerimonie religiose,possessioni mistiche degli sciamani edegli stregoni, interpretazioni di segnalinaturali. Si è qui di fronte a quella tipicaindistinzione fra macrocosmo emicrocosmo, o più esattamente framacrocosmo naturale e microcosmoumano, che caratterizza il cosiddetto"pensiero dei primitivi", ma che poitanto "primitivo" evidentemente non è,perché si è riprodotto fino ad oggi nellatendenza a creare un unico sistema dicategorie omogenee funzionanti sia nelmondo della natura che nel mondodella storia (positivismo ottocentesco,materialismo dialettico sovietico). Se,tuttavia, andiamo al di là dellasuperficie magicoanimistica etotemica, ci accorgiamo che sottoquesta mascheratura sacrale spuntasempre il robusto fiore della decisione amaggioranza, e quindi della decisionedemocratica, all'interno di una comunitàstoricamente costituita e stabilita.

    La "democrazia" fa dunque parte dellacosiddetta "natura umana"? Dovendorischiare una risposta,necessariamente schematica, direicoraggiosamente di sì. Con l'aggiunta,però, che si tratta sempre di unademocrazia "situata", ossia di unademocrazia all'interno di una comunitàreale. Una democrazia noncomunitaria, stabilita per viaunicamente formale e procedurale fraindividui atomizzati presupposti come"originari", e cioè di fatto comeoriginariamente sradicati, mi pare unavera e propria impossibilità logica estorica. Vediamo perché.

    3. di comunità non ha senso se primanon si concorda sulle caratteristichedifferenziali di quell'animale superiorechiamato Uomo, oppure homo sapiens.Non c'è qui ovviamente lo spazio perpresentare la discussione filosofica eantropologica su questo tema. Ai finidel nostro discorso, che ricordo essereun convinto e razionale "elogio delcomunitarismo", possiamo dire chel'elemento differenziale che caratterizzal'Uomo si compendia in tre principaliaggettivi: sociale, razionale e generico.

    L'uomo è un animale sociale (politikònzoon, secondo Aristotele). Hovolutamente ricordato il termineoriginale greco (politikòn) perché essopuò essere tradotto indifferentementecome animale politico, animale socialee animale comunitario, mentre oggiinvece questi tre termini connotanorealtà diverse. Il primo pensatorecosiddetto "moderno", l'inglese ThomasHobbes, si deve inventareartificialmente un improbabile edinesistente "uomo lupo",dimenticandosi peraltro chegeneralmente il lupo vive in branco ed iveri e propri "lupi solitari" sonol'eccezione e non la regola, per negareil carattere assolutamente autoevidentedel carattere sociale e comunitariodell'uomo. L'impostazioneantropologica di Hobbes, naturalmente,non regge a qualunque seria indaginestorica, economica, etologica ecomparatistica, ed il fatto che questaconcezione apertamente non scientificasia generalmente presentata come unprodotto della grande tradizionescientifica seicentesca ce la dice lungasulla forza dell'ideologia individualisticaed atomizzante che regge laconcezione capitalistica del mondo. Ildire che l'uomo è originariamente unasorta di "atomo di egoismo" è tantoantiscientifico quanto lo è il dire che laterra è piatta e il mondo è stato fatto da

    Costanzo PreveElogio del ComunitarismoEdizioni Controcorrente

    2006 pagg.261 euro 16,00

  • 1 4ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    Mamma Oca. Ma da più di trecentoanni questa concezione ideologica estrumentale viene presentata come unserio "progresso" rispetto ad Aristotele.Il lettore ci pensi su e quando ci avràpensato abbastanza, il comunitarismogli apparirà molto più plausibile diquanto forse avrà pensato inprecedenza.

    L'uomo è un animale razionale (zoonlogon echon, secondo Aristotele). Iltermine logon è l'accusativo di logos,termine greco che si può tradurre inmolti modi, e principalmente comeragione, linguaggio, calcolo ed infinestruttura immanente alla riproduzionedel mondo naturale e sociale. Questiquattro significati, in realtà, ne fannouno solo, perché l'uomo è un esseredotato di linguaggio, il linguaggio mettein comunicazione (dialogos),attraverso la comunicazione sicostituisce e poi si esercita la ragione,la ragione applicata alla costruzione dioggetti materiali (poiesis) devenecessariamente farsi calcoloaritmetico e geometrico, ed infinequesta stessa ragione non può fare ameno di proporre interpretazionidiverse e contrastanti sulla naturaintima della riproduzione complessivadella natura e della società.

    La ragione (logos) è dunque anchelinguaggio (logos) ed il linguaggio chepassa da un individuo all'altro è dialogo(dialogos). Ma la democrazia intesacome presa di decisioni razionali ecollettive è per sua stessa naturadialogo, ed allora chi ne sostienel'irrilevanza e la non positività dovràfinire necessariamente in contraddizioniinsanabili, perché dovrà ammettere daun lato che il dialogo fa parte dellanatura dell'uomo in comunità, e poidovrà incongruamente dire che ildialogo democratico non è buono. Eallora lasciamolo pure alle suecontraddizioni.

    L'uomo è infine un ente naturalegenerico (Gattungswesen, nellinguaggio di Marx). È generico, perchéla sua specificità è proprio quella diprodurre consapevolmente e conintenzione forme di produzione e diconvivenza comunitaria differenti. L'apeproduce spontaneamente perinformazione genetica ereditaria alvearidi un certo tipo, mentre l'architettoproduce consapevolmente e conintenzione edifici romanici, gotici,barocchi. E così come produce edificidi stili diversi, allo stesso modo l'uomoproduce società di tipo diverso

    (schiavistiche, feudali, capitalistiche,comunistiche). Chi pensa che per suanatura l'uomo non potrebbe e dovrebbeprodurre modelli sociali se noncapitalistici, e per di più capitalistici ditipo liberistico, è un idiota filosofico,perché assimila l'uomo a una formicache non può che produrre un unicomodello di formicaio.

    Un po' di antropologia filosofica servedunque a orientarsi in modo razionale.Ma, detto questo, resta il nodo delleobiezioni che si possono fare sia alprincipio del liberalismo (l'individuoisolato) che al principio della

    democrazia (la presa di decisioni amaggioranza). Anche in questo casocomincerò dalla fine, e cioè dalleobiezioni al principio democratico.

    4. Esistono molte possibili obiezioni alprincipio democratico, ma ce n'è unasola veramente solida e difficile darespingere: la verità non si può mettereai voti. Per questa ragione, undifensore contemporaneo del principiodemocratico, il giurista Hans Kelsen, hasostenuto che l'unico presuppostofilosofico della democrazia è ilrelativismo assoluto, ossia la negazionetotale dell' esistenza di qualcosachiamato "verità". Ora, si dà il caso cheio conosca bene l'ambiente deiprofessori universitari e degliintellettuali. È l'unico ambiente socialedegenerato al punto da pensare chepossa esistere una società senza valoricomunitari condivisi (la qual cosa, sinoti bene, non è affatto incompatibilecon la garanzia giuridica data ad ogniforma di dissenso e dianticonformismo). In realtà, ogni

    società si regge, per poter esistere eriprodursi, su una scala di valoricomunitari condivisi, e il risvoltofilosofico di tutto questo è appunto laconcezione veritativa dell'esistenza.Solo un circolo di discutitori filosoficiinterminabili, che si dilettano di dibattiticome altri si dilettano con lo scoponescientifico o le mangiate di pesce incompagnia, può veramente pensareche possa esistere un legame socialerelativistico.

    Trasferita sul piano praticopolitico,questa obiezione filosofica allademocrazia porta alla conclusione cheè molto meglio che una decisionegiusta e intelligente venga presa dapochi, o al limite da uno solo, piuttostoche una decisione ingiusta e stupidavenga presa da una maggioranzanumerica di cittadini votanti. Non èfacile contestare seriamente evittoriosamente una simile posizione,che è poi quella di Socrate e Platonenel loro contesto storico di polemicacontro la democrazia ateniese deltempo. Questa democrazia atenieseera certamente una forma di stato e digoverno pienamente "democratica",che prendeva però a maggioranzadecisioni come la messa in schiavitùdell'intera popolazione dell'isola di Milooppure la strage e il genocidio (poifortunatamente fermato all'ultimomomento) di tutti gli abitanti dell'isola diSamo, decisione che supera qualsiasianaloga decisione presa da Hitler. Dapiù di duemila anni non è mai statatrovata nessuna obiezione allademocrazia più radicale di quellasollevata da Socrate e da Platone. Equesto non è un caso, perché Platoneera di formazione pitagorica, e cioèaritmeticogeometrica, e come la"matematica non è un'opinione", così lafilosofia, pensata come un rigorosometodo di deduzione dialettica dellecategorie, non è neanch'essaun'opinione. Platone era inoltre statomolto colpito dal processo e dallacondanna a morte di Socrate, in cuiuna maggioranza legalmente edemocraticamente costituita avevaperò preso la decisione peggiore e piùsbagliata possibile.

    Duemila anni di discussione sullademocrazia non hanno tolto e nonhanno aggiunto nulla. È allora possibiledifendere ugualmente la democrazia?E se sì, con quali argomenti? Proviamoalmeno a toccare brevemente ilproblema.

    5. Mentre la comunità dei filosofi è

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    profondamente divisa sull'esistenza omeno di qualcosa chiamata "verità" esui suoi modi di eventualeaccertamento e comunicazione, lacomunità della gente comune, ignaradella filosofia ma non dell'esperienzaquotidiana di vita, è invece unitacoralmente dalla convinzione che inogni scelta di vita, individuale ocollettiva, esiste la "scelta giusta" e la"scelta sbagliata". Che poi la sceltagiusta venga appunto decisa da uno,da pochi o da molti èinteressante, ma noncerto importante. Suquesto punto lavisione del mondodella gente comunecoincide non con ilformalismoproceduralisticocontemporaneo, macon il contenuto dellamigliore filosofiapolitica degli antichigreci, anch'essiinteressati non tantoalla forma, quanto alcontenuto dellascelta giusta. È solocon l'avvento delcapitalismo, chedeve prima di tuttoformalizzaregiuridicamente lasicurezza e latrasmissibilità dellaproprietà privata,che un analogo processo diformalizzazione procedurale si è estesoanche al campo della filosofia politica,da Kant a Bobbio. Ma torniamo alpunto che qui ci interessa, che è ladifesa della democrazia contro leobiezioni sagge e pertinenti che le sonostate fatte.

    È stato detto, a partire dal sofistaProtagora, che non c'è bisogno di unaélite specializzata di politiciprofessionisti per governare uno stato,perché tutti dispongono di sufficienterazionalità e di buon senso per poterlofare. Un buon argomento, ma nondecisivo. È infatti vero chepotenzialmente è così, ma questo èvero appunto solo in potenza, perché"in atto", come direbbe Aristotele, sivedono solo maggioranze manipolabilie fanatizzabili senza alcuna difficoltà,dagli antichi e ancora artigianali"demagoghi" fino agli scientifici edorganizzatissimi circhi mediatici etelevisivi di oggi. Anche l'argomentostatistico, per cui è più probabile chenon ci si sbagli se si decide in mille

    piuttosto che se si decide da soli non èaffatto risolutivo. L'Italia ha fatto la"scelta sbagliata" di entrare in guerranel 1915 e nel 1940, ed è del tuttoirrilevante per i poveri morti cuinessuno chiese prima il loro parere sequesta decisione fu presa da istituzionidemocratiche e parlamentari come nel1915 oppure da un singolo dittatore nel1940. Del resto, le criminali decisioni difar partecipare l'Italia a guerre diaggressione e occupazione nel 1999

    (Jugoslavia) enel 2003 (Iraq) furono preseformalmente da governidemocraticamente eletti, non importase nel primo caso di "sinistra" e nelsecondo caso di "destra".

    La democrazia, quindi, non garantiscela decisione giusta, anzi, avallandoautorevolmente scelte criminali, è quasisempre peggiore ancora della tirannide,perché almeno la tirannide è facilmentesmascherabile come fonte costante didecisioni criminali e ingiustificate,mentre nella democrazia il modo"virtuoso" e legale di presa amaggioranza delle decisioni riesce ingenerale a nascondere dietro unacortina fumogena di formalismiistituzionalmente corretti la naturaassassina di certe scelte. Ed è infattiproprio questo lo scenario in cui cistiamo muovendo oggi, scenario chesta facendo discreditare la democrazianel mondo intero, al di fuori dei centrimetropolitani che organizzanol'oppressione, lo sfruttamento el'interventismo militare.

    Perché allora difendere egualmente lademocrazia? Per una sola ragione difondo, che però è decisiva. Secrediamo nella comunità, infatti, nonpossiamo, senza cadere incontraddizione, pensare che ciò che èappunto "comune" nella comunità (tokoinòn), e cioè le decisioni strategichesulla sua riproduzione, possa essereespropriato alla comunità stessa edavocato a un gruppo ristretto di

    "reggitori". Se infatti la comunitàè portatrice in quanto tale disocialità e razionalità, nonpossiamo, senza cadere incontraddizione, pensare che lasocialità e la razionalità stessepossano essere concentrate ingruppi ristretti chesemplicemente "prescrivono" alresto della comunità il da farsi.

    Se la politica fosse una scienzaspecialistica come la chirurgia ola farmacologia, questo sarebbepossibile. I chirurghi eseguonooperazioni chirurgiche e ifarmacologi prescrivono terapiefarmacologiche senza lanecessità di dover prima mettereai voti ciò che proviene da unaloro privilegiata conoscenzaspecialistica. Ma la politica èuna proprietà indivisa dell'interacomunità, e nello stesso tempo,trattandosi di un'offerta pubblicadi decisioni alternative, non puòessere trattata come una

    disciplina specialistica in cui lecompetenze vengono accertate daapposite commissioni di specialisti. Inquesto senso, dall'antica Atene a oggi,nulla è cambiato, se non il fantasma delformalismo e della definizionepuramente procedurale dellademocrazia, che a mio avviso è unavera e propria follia irrazionale che inostri discendenti non ci perdoneranno(o ci perdoneranno sorridendo), inquanto solo la duplicazione formalisticadel necessario formalismo giuridicodell'assicurazione della proprietàprivata può spingere alla follia dipensare che la questione principalenon sia quella di gettare o di nongettare una bomba atomica su di unacittà indifesa, ma consista nel verificarese questa scelta sia stata fatta o no inmodo "democratico", ossia amaggioranza, oppure in mododispotico, totalitario o tirannico, e cioèda autorità politiche o partiti chepreventivamente non legittimate daregolari elezioni democratiche.

    Non sono questi argomenti contro la

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  • 1 6ITALICUM maggio giugno 2017 Focus: Populismo sovranismo e sopravvivenza dei popoli

    democrazia. Al contrario, un elogio delcomunitarismo non può neppureessere pensato e scritto senza uncorrelato elogio della democrazia. Ma ilcredere di poter continuare a difenderela democrazia con argomenti di tipoformalistico e proceduralistico,mettendo fra parentesi il novantotto percento del problema, vale a dire ilcontenuto della scelta giusta, è una diquelle follie irrazionali che di tanto intanto si impongono (temporaneamente,per fortuna) all'umanità in epoche dicrollo dei valori consolidati e diegemonia di religioni ad un tempomonoteistiche e idolatriche (come sonooggi il monoteismo del mercato el'idolatria dei diritti umani).

    6. E passiamo ora al liberalismo. Laprima operazione concettualepreliminare da compiere è laseparazione di questo "ismo", che è unismo storico, politico e ideologico (esoprattutto ideologico), dal fatto dellalibertà. Si sarà notato che non hovolutamente scritto "il problema dellalibertà", come generalmente si fa, maho scritto il "fatto della libertà".

    Non voglio qui entrare nell'insieme diquestioni filosofiche concernenti levarie definizioni di libertà, dalcosiddetto "libero arbitrio" allaclassificazione delle varie forme dilibertà. Tutto questo è serio,importante, pertinente, ma sfiorasoltanto il nodo essenziale dellaquestione. La libertà è infatti prima ditutto un fatto, ed addirittura un fattoincontrovertibile da cui partire come siparte da un'evidenza immediata.

    La libertà è, a ben vedere, solo un altromodo di chiamare il processo diominazione umana, che avvienecertamente sotto il segno dei vincolidella necessità naturale, ma in cuiquesta necessità naturale checostringe a nutrirsi e a difendersi dalfreddo e dal caldo passa sempreattraverso modalità di sceltealternative. Non mi sogno neppure dinegare l'ovvia esistenza della necessitànaturale, dei condizionamenti psichici esociali ereditari e acquisiti. Eppure,tenuto conto di tutto questo, e di altroancora, la libertà umana resta un fattoe una evidenza immediata, perchél'uomo, in quanto ente naturalegenerico ed animale razionale esociale, è per sua essenza un entelibero nel quadro di vincoli che in partegli vengono dall'esterno e in partevengono liberamente fissati dall'interno.

    Per questa ragione, forme storiche econtingenti di libertà, come la libertà dipensiero e di manifestazione pubblicadi questo pensiero, pur essendoovviamente sorte all'interno diparticolari congiunture storiche che nehanno determinato e condizionato lagenesi, sono anche naturali euniversali, in quanto sonomanifestazioni della natura umanacome lo sono il nutrirsi, il riprodursi, lasessualità, la prossimità amichevole, la

    ritualità nei passaggi dalla nascita edella morte, eccetera.

    In sintesi: non ci può essere elogio delcomunitarismo senza un correlatoelogio della libertà. Quanto alliberalismo, esso richiede un esameparticolare.

    7. Il liberalismo non è affatto laderivazione politica automatica enecessaria di quello che ho chiamato ilfatto e l'evidenza logica della libertàcome caratteristica ontologica eantropologica che sorge direttamentedalla natura sociale e razionale (equindi dialogica e comunicativa)dell'uomo. Il liberalismo è unaparticolare teoria politica che haaccompagnato, seguito ed avallato ilprocesso di individualizzazione anticomunitaria che i rapporti di produzionecapitalistici dovevano necessariamentepromuovere ed estendere. Certo, lagenesi storica particolare delliberalismo non significa assolutamenteche esso debba essere buttato via unavolta tramontati questi stessi rapporti diproduzione capitalistici. Ogni teoria

    politica e filosofica lascia sempreun'eccedenza che non tramontainsieme con la congiuntura storica chel'ha fatta nascere. La critica di Platonealla democrazia ateniese è sorta in unairripetibile congiuntura storica ormai datempo tramontata, eppure ancora oggiè ricca di insegnamenti, e questo valeper altre decine e centinaia diconcezioni filosofiche e politiche. Perquanto riguarda il liberalismo, letecniche giuridiche di tutela del corpo edella libertà di espressionedell'individuo sono a mio avvisoacquisizioni permanenti da conservaree da estendere, e non certo da gettarecon l'involucro proprietario da cui sonosorte.

    Una recente, felice controstoria delliberalismo coglie a mio avviso il puntocentrale della questione. Consideratoda un punto di vista storico, eseguendo le dichiarazioni e leconcezioni dei suoi principali esponentimoderni e contemporanei, il liberalismoconcretamente esistente nei testi e neidocumenti, e non quello sacralizzato ereso metafisico dalla retorica politicaacquiescente, si è strutturato sullabase della divisione ideale dellasocietà, interna e soprattutto esterna(da occupare e colonizzare), in duespazi distinti, uno spazio sacro e unospazio profano.

    Nello spazio sacro, che si identificavadi fatto con lo spazio dei proprietari,venivano elaborate reali tecnichegiuridiche e politiche di tutela non solodel nudo fatto della "proprietà privata"(che restava comunque il fondamentodi tutto), ma anche di tutela e garanziadelle libertà di espressione e dicomunicazione. Si trattava certamentedi una "ricaduta" secondaria della tuteladella individualizzazione proprietaria edel suo diritto alla imprenditorialitàcapitalistica, ma sta di fatto che, al di làdi questa genesi particolare, venivanoraggiunte alcune conquiste universali.

    Nello spazio profano, in cui eranoinserite sia le masse interne dei poverie dei salariati da tenere sotto controllo(le famose "classi pericolose") che lemasse esterne dei popoli dacolonizzare, sfruttare ed espropriare, igrandi teorici del liberalismo classicohanno sempre volutamente praticatodue pesi e due misure. Certo, ilprogressivo doppio processo storico dieconomicizzazione del conflitto e dinazionalizzazione delle masse hadiminuito e ridotto questo spazioprofano. Ma lo ha diminuit