Polo Tecnico “Franchetti-Salviani” Città di Castello ... · C’è chi dice che i giovani la...

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Un’indagine ampia, lucida, corag- giosa sul mondo giovanile: è que- sto il biglietto da visita di “Phoe- nix”. C’è chi dice che i giovani la pensano in un modo, o in un altro, o in un altro ancora. “Phoenix” - da giornale vero - non si limita a dare opinioni: al contrario lancia un sondaggio che investe l’intera popolazione giovanile del Polo Tecnico e offre quindi dei dati inoppugnabili. Infatti gli 810 stu- denti dell’istituto che hanno com- pilato il questionario (557 maschi e 253 femmine) rappresentano uno spaccato importantissimo, per qualità e quantità, della gio- ventù della nostra valle. Gli affetti Innanzitutto cerchiamo di capire come si trovano i giovani nella società nella quale sono immersi. Emerge un quadro di luci e om- bre. Fortunatamente “tengono” i rapporti affettivi fondamentali. Quasi il 93% si dichiara molto o abbastanza soddisfatto della famiglia alla quale appartiene; percentuale che scende di poco (89%) tra le ragazze. Quasi sullo stesso livello la soddisfazione per i rapporti di amicizia instaurati (92,3%). Ma già su questo tema si nota una marcata differenza tra i sessi, con oltre il 96% dei maschi molto o abbastanza soddisfatti ri- spetto all’82% delle femmine.Un po’ più complessi, ma pur sempre su livelli di soddisfazione, appa- iono i rapporti sentimentali: ne danno un giudizio sostanzialmen- te positivo il 74,5% dei ragazzi e il 66,5% delle ragazze. Con- siderate tutte le problematiche dell’età adolescenziale, non sono percentuali da buttar via. Istituzioni in crisi Se invece si prendono in consi- derazione le varie istituzioni che sorreggono la nostra società e in- fluenzano direttamente la nostra vita quotidiana, la situazione si fa seria. Partiamo dalla scuola, che per un giovane è un’esperienza centrale. Affermano di nutrire molta o abbastanza fiducia nella scuola italiana solo il 31,3% degli studenti dell’istituto; il 46% ne hanno poca, quasi uno su quattro nessuna. Una sfiducia che con- tagia soprattutto i maschi: infatti giudicano positivamente la scuola solo il 25,7%, rispetto al 42,8% delle femmine. Quanto alla magistratura italiana, e quindi all’amministrazione del- la giustizia, il livello di soddisfa- zione scende al 23,5%. Un dato su cui riflettere... Prevalgono gli scettici o i critici anche riguardo all’operato delle forze dell’ordi- ne: sono infatti poco o per nien- te soddisfatti di esso il 56,3% dei nostri studenti. Soprattutto maschi, però; le femmine infatti Un nome senza tempo, che si perde nella notte dei secoli. Una stella senza età, come un mito che non vuole spegnersi. Un simbolo che sa tanto di verità, questa è la Fenice, l'uccello sacro dell' antico Egitto, somigliante ad un’ aquila con piumaggio vivamente colorato. La Fenice nutrendosi di perle d'incenso viveva per 500 anni, per poi ardere sul rogo e quindi rinascere dalle sue stesse ceneri più pura e più bella. Cosa rara e quasi impossibile a trovarsi, la Fenice divenne per gli scrittori cri- stiani il simbolo della resurrezione, così come nel linguaggio popolare un qual- cosa di tanto straordinario da sembrare inverosimile, una specie di portafortu- na per le persone buone, un qualcosa di magico, senza età e senza tempo. Da qui l’originale nome del neonato ”Phoenix”, a voler ricordare che “L’Arvul- tico” e “Fuoriclasse” non sono morti nella mente di chi li ha letti e rimangono nella memoria di chi per anni ha lavorato alla loro riuscita. Quindi dalle loro ceneri è sorto il giornale dell’IIS “Franchetti-Salviani”, che rinasce ancor più accattivante, frutto della creatività di ragazzi che amano scrivere e liberare la loro voce. si dicono in maggioranza soddi- sfatte di come agiscono le forze dell’ordine. Poveri partiti... Agli occhi dei giovani, peggio di tutti stanno i partiti politici, que- gli organismi che in una democra- zia hanno il ruolo fondamentale di fare le leggi, di rappresentarci nel parlamento e nelle assemblee elettive regionali e comunali, e di esprimere chi ci governa, da Roma fino al piccolo della no- stra città. Le risposte al nostro sondaggio sono inequivocabili e impressionanti: solo il 14,5% dei giovani (con percentuale identica tra maschi e femmine) mantiene una qualche fiducia nei partiti. Si riconoscono nei loro ideali appe- na il 9% delle ragazze e il 18% dei ragazzi. Quanto al partecipa- re all’attività di qualche partito o associazione politica, dicono di farlo molto o abbastanza uno striminzito 2,6% degli allievi del nostro istituto, di partecipare ap- pena un po’ un 5,3% di essi. Al 92% dei giovani, quindi, nemme- no sta passando per l’anticamera del cervello di fare politica. E la colpa non è la loro perché, come vedremo, in grande maggioranza considerano importante impe- gnarsi politicamente nella società e nelle istituzioni. Evidentemente, sono i partiti politici italiani a non saper attrarre la gioventù... Un futuro preoccupante In questo contesto sociale, ag- gravato da una crisi economica e finanziaria di vaste proporzio- ni che attanaglia gran parte del mondo occidentale, è inevitabile che si guardi al futuro con pre- occupazione. Il 58% dei giova- ni affermano di sentirsi molto o abbastanza pessimisti sul futuro I giovani in una società in crisi Polo Tecnico “Franchetti-Salviani” Città di Castello Maggio 2012 n. 1 Il perché di un titolo L’ inchiesta

Transcript of Polo Tecnico “Franchetti-Salviani” Città di Castello ... · C’è chi dice che i giovani la...

Un’indagine ampia, lucida, corag-giosa sul mondo giovanile: è que-sto il biglietto da visita di “Phoe-nix”. C’è chi dice che i giovani la pensano in un modo, o in un altro, o in un altro ancora. “Phoenix” - da giornale vero - non si limita a dare opinioni: al contrario lancia un sondaggio che investe l’intera popolazione giovanile del Polo Tecnico e offre quindi dei dati inoppugnabili. Infatti gli 810 stu-denti dell’istituto che hanno com-pilato il questionario (557 maschi e 253 femmine) rappresentano uno spaccato importantissimo, per qualità e quantità, della gio-ventù della nostra valle.

Gli affetti

Innanzitutto cerchiamo di capire come si trovano i giovani nella società nella quale sono immersi. Emerge un quadro di luci e om-bre. Fortunatamente “tengono” i rapporti affettivi fondamentali. Quasi il 93% si dichiara molto o abbastanza soddisfatto della famiglia alla quale appartiene; percentuale che scende di poco (89%) tra le ragazze. Quasi sullo stesso livello la soddisfazione per i rapporti di amicizia instaurati (92,3%). Ma già su questo tema si nota una marcata differenza tra i sessi, con oltre il 96% dei maschi molto o abbastanza soddisfatti ri-spetto all’82% delle femmine.Un po’ più complessi, ma pur sempre su livelli di soddisfazione, appa-iono i rapporti sentimentali: ne danno un giudizio sostanzialmen-te positivo il 74,5% dei ragazzi e il 66,5% delle ragazze. Con-siderate tutte le problematiche dell’età adolescenziale, non sono percentuali da buttar via.

Istituzioni in crisi

Se invece si prendono in consi-derazione le varie istituzioni che

sorreggono la nostra società e in-fluenzano direttamente la nostra vita quotidiana, la situazione si fa seria. Partiamo dalla scuola, che per un giovane è un’esperienza centrale. Affermano di nutrire

molta o abbastanza fiducia nella scuola italiana solo il 31,3% degli studenti dell’istituto; il 46% ne hanno poca, quasi uno su quattro nessuna. Una sfiducia che con-tagia soprattutto i maschi: infatti giudicano positivamente la scuola

solo il 25,7%, rispetto al 42,8% delle femmine.Quanto alla magistratura italiana, e quindi all’amministrazione del-la giustizia, il livello di soddisfa-zione scende al 23,5%. Un dato

su cui riflettere... Prevalgono gli scettici o i critici anche riguardo all’operato delle forze dell’ordi-ne: sono infatti poco o per nien-te soddisfatti di esso il 56,3% dei nostri studenti. Soprattutto maschi, però; le femmine infatti

Un nome senza tempo, che si perde nella notte dei secoli. Una stella senza età, come un mito che non vuole spegnersi. Un simbolo che sa tanto di verità, questa è la Fenice, l'uccello sacro dell' antico Egitto, somigliante ad un’ aquila con piumaggio vivamente colorato. La Fenice nutrendosi di perle d'incenso viveva per 500 anni, per poi ardere sul rogo e quindi rinascere dalle sue stesse ceneri più pura e più bella. Cosa rara e quasi impossibile a trovarsi, la Fenice divenne per gli scrittori cri-stiani il simbolo della resurrezione, così come nel linguaggio popolare un qual-cosa di tanto straordinario da sembrare inverosimile, una specie di portafortu-na per le persone buone, un qualcosa di magico, senza età e senza tempo. Da qui l’originale nome del neonato ”Phoenix”, a voler ricordare che “L’Arvul-tico” e “Fuoriclasse” non sono morti nella mente di chi li ha letti e rimangono nella memoria di chi per anni ha lavorato alla loro riuscita. Quindi dalle loro ceneri è sorto il giornale dell’IIS “Franchetti-Salviani”, che rinasce ancor più accattivante, frutto della creatività di ragazzi che amano scrivere e liberare la loro voce.

si dicono in maggioranza soddi-sfatte di come agiscono le forze dell’ordine.

Poveri partiti...

Agli occhi dei giovani, peggio di tutti stanno i partiti politici, que-gli organismi che in una democra-zia hanno il ruolo fondamentale di fare le leggi, di rappresentarci nel parlamento e nelle assemblee elettive regionali e comunali, e di esprimere chi ci governa, da Roma fino al piccolo della no-stra città. Le risposte al nostro sondaggio sono inequivocabili e impressionanti: solo il 14,5% dei giovani (con percentuale identica tra maschi e femmine) mantiene una qualche fiducia nei partiti. Si riconoscono nei loro ideali appe-na il 9% delle ragazze e il 18% dei ragazzi. Quanto al partecipa-re all’attività di qualche partito o associazione politica, dicono di farlo molto o abbastanza uno striminzito 2,6% degli allievi del nostro istituto, di partecipare ap-pena un po’ un 5,3% di essi. Al 92% dei giovani, quindi, nemme-no sta passando per l’anticamera del cervello di fare politica. E la colpa non è la loro perché, come vedremo, in grande maggioranza considerano importante impe-gnarsi politicamente nella società e nelle istituzioni. Evidentemente, sono i partiti politici italiani a non saper attrarre la gioventù...

Un futuro preoccupante

In questo contesto sociale, ag-gravato da una crisi economica e finanziaria di vaste proporzio-ni che attanaglia gran parte del mondo occidentale, è inevitabile che si guardi al futuro con pre-occupazione. Il 58% dei giova-ni affermano di sentirsi molto o abbastanza pessimisti sul futuro

I giovani in una società in crisiPolo Tecnico “Franchetti-Salviani” Città di Castello Maggio 2012 n. 1

Il perché di un titolo

L’ inchiesta

di essere italiano o, se straniero, della sua nazionalità. Ma quando si è chiesto se si sarebbe pronti a rischiare la vita per la Patria, solo il 13,3% ha risposto risolutamen-te con un “si” e un 25,8% con un “forse si”.

Fede e religione

Un’indagine sui valori non può prescindere dal cogliere gli orien-tamenti spirituali e religiosi. Cre-dere o no in una vita oltre quella terrena? Esiste una divinità? Che livello di fiducia trasmettono le istituzioni religiose che afferma-no di parlare in nome di Dio?

Questioni importanti sulle quali “Phoenix” è in grado di dare ri-sposte esaurienti.Si dicono molto o abbastanza con-vinti dell’esistenza di un Dio circa il 70% delle ragazze e il 64% dei ragazzi. Quelli che non ci credono proprio per niente sono il 12,8%.In una società ormai multi-etni-ca e multi-razziale e sempre più globalizzata emerge un crescente pluralismo religioso. Si defini-scono appartenenti alla Chiesa

41,5044,00

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dell’Italia (un po’ più le ragazze rispetto ai ragazzi); mostrano un qualche grado di ottimismo appe-na il 23%. Uno su cinque non sa proprio cosa attendersi dal futuro del nostro Paese. Un pessimismo che riguarda, sebbene con percen-tuali minori, anche il futuro della Terra: una sensazione negativa condivisa dal 45% degli studen-ti dell’istituto, rispetto a un 37% che vede più o meno roseo il futu-ro del pianeta in cui viviamo.A turbare è soprattutto una pre-occupazione: il lavoro. Quasi il 78% dei giovani ritiene che, dopo la scuola, sarà molto o abbastan-za difficile trovarlo: è lo spettro di una disoccupazione che lascia quindi quasi tutti inquieti, ma più le ragazze (84,5%) dei ragazzi (74,3%). Si sa che le difficoltà occupazionali rendono arduo mettere su una fami-glia autonoma. Infatti ,al momento attuale, assommano a circa il 79% i giovani che ritengono molto o ab-

bastanza difficile, per la crisi eco-nomica, sposarsi e fare figli.

Non manca la fiducia

Un futuro dalle fosche tinte, quin-di, per la società italiana. Ma c’è un dato che consola: i giovani, pur rendendosi conto che le cose vanno male in Italia, non perdo-no la fiducia in se stessi. Infatti

competizioni agonistiche, al 36% di cultura, musica e arte, al 30,5% di solidarietà e volontariato. Se accorpiamo le risposte di “molto importante” e “abbastanza impor-tante”, abbiamo una graduatoria più indicativa. I valori sono stati votati con le seguenti percentuali dal complesso della popolazione studentesca dell’istituto:1) amicizia: 96,7%2) famiglia e amore coniugale: 94,4%3) pace, libertà e giustizia: 93,8%4) lavoro: 93,4%5) cura del corpo, sport e compe-tizioni agonistiche: 87,6% 6) solidarietà e volontariato: 83,6% 7) cultura, musica e arte: 81,9%8) successo e benessere materiale: 75,2%9) impegno politico nella società e nelle istituzioni: 69,3% 10) spiritualità: 60,5%

Attenzione però: la dif-ferenza tra i due sessi talvolta è molto signifi-cativa. Infatti le femmi-ne attribuiscono molta più importanza dei ma-schi a cultura, musica e arte (92% rispetto a 77%), alla solidarietà e al volontariato (88% le une e 81% gli altri), alla spiritualità (74% contro 59%); e assai meno al successo e al benessere materiale (66,6% ri-spetto a 78%). Inoltre le ragazze hanno scelto con maggiore con-vinzione in confronto ai ragazzi valori come pace, libertà e giusti-zia, famiglia e amore coniugale e impegno politico.Quanto al patriottismo, è legitti-mo sospettare che tra i giovani ci sia un certo opportunismo. Qua-si l’82% ha dichiarato di sentirsi molto o abbastanza orgoglioso

Quanta fiducia hai nei partitipolitici italiani?

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Abb

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Poca

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e

alla domanda “cosa ne pensi del tuo personale futuro”, il 20% si dicono molto ottimisti, il 50% abbastanza ottimisti; solo il 17% delle ragazze e l’11,2% dei ragaz-zi manifestano un grado elevato o modesto di pessimismo.

Ciò significa che i giovani hanno fiducia in sé, sanno di poter offri-re un contributo importante alla nostra società, non sono affatto prostrati e avviliti.

I valori

Andiamoli dunque a vedere i valori sui quali la gioventù alto-tiberina vorrebbe fondare la pro-pria esistenza. Quasi l’83% degli

studenti dell’isti-tuto considerano “molto importan-te” l’amicizia; il 67,6% la pace, la libertà e la giu-stizia; il 66,2% la famiglia e l’amore coniugale; il 62% il lavoro. Quin-di le percentuali scendono, fino al 44,4% di cura del corpo, sport e 0

5101520253035404550

5,1%

Quanta fiducia hai nella scuola italiana?

26,2 %22,8 %

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35

Che ne pensi del futuro dell’Italia?

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L’ inchiesta

cattolica romana il 57,2% de-gli allievi del Polo Tecnico: una grande maggioranza, certo, ma in flessione rispetto a qualche anno fa, quando la quasi totalità dei credenti si sarebbe definita tale. Ora si dicono cristiani, ma non cattolici il 12,6% dei giovani: una percentuale che include seguaci di chiese protestanti o cristiani in-dipendenti. Poi c’è un altro 12,4%

21,20%

3,8

56,5%

18,5%21,2%

Ritieni che per te,dopo la scuola,

trovare lavoro sarà...

21,2% Molto difficile56,5% Abbastanza difficile18,5% Poco difficile 3,8% Per nulla difficile

Siamo nel 2012, l’era in cui la tecnologia va avanti sempre più in fretta, dove ogni cosa viene subi-to sorpassata da quella più nuova, l’era del consumismo sfrenato, nonostante la crisi che incombe e ci spaventa.Il nostro unico obiettivo ormai è essere al passo con i tempi, pos-

sedere il modello di cellulare più nuovo, quello con più funzioni, che alla fine non usiamo nemme-no tutte o addirittura non ne sia-mo capaci.Compriamo l’“i-phone” perché ci conferisce prestigio agli oc-chi degli amici o dei colleghi, ci vestiamo nello stesso modo che vediamo nei giornali e alla TV, seguiamo la moda come la nostra

Riscoprire i veri valori: essere se stessiBibbia e compriamo un sacco di abiti firmati soltanto per farci ap-prezzare…Ma è veramente questo ciò che desideriamo? È questo che ci ap-paga e ci rende felici? Bisognerebbe porsi questa doman-da, così da arrivare a rispondere di no, non è questo ciò che conta, non

è un telefono, andare tutte le settimane dal parrucchiere o vestirsi firmati dalla testa ai piedi che ci rende persone migliori…La verità è che oggi vivia-mo in un mondo dove i veri valori sono andati persi, sostituiti dal superficiale e dall’eccesso.Siamo diventati deboli, senza più una nostra perso-nalità, senza la capacità di

decidere se davvero una cosa ci piace o se invece ce la facciamo piacere perché piace alla maggior parte degli altri.Siamo circondati da comodità, come case con tutti i comfort possibili, e se possiamo corriamo all’acquisto di auto di lusso, sia-mo diventati vittime del confor-mismo.Abbiamo timore di farci sentire,

di esprimere le nostre idee per paura di essere presi in giro o ve-nire emarginati; di conseguenza ci conformiamo alla massa, rite-nendo questa la via più semplice.Modifichiamo le nostre foto, tan-to da non riconoscerci più, per coprire i nostri difetti, per poi ca-ricarle su “Facebook”, il sito del momento, dove tutti cer-cano di apparire al meglio scrivendo frasi, pubbli-cando foto e condividendo video e link tutto a scopo di attirare l’attenzione.Ma questi siamo davvero noi?Che ci copriamo con ma-schere di falsa gentilezza solo per farci amico qual-cuno che ci potrebbe far comodo. Noi che ci ver-gogniamo della nostra famiglia e facciamo vergognare i nostri genitori perché magari non hanno la possibilità di comprarci tutto quello che ci piacerebbe avere.Ma dov’è finita l’umiltà? I veri sentimenti? Il voler bene ad una persona per quella che è e non per quello che ha? Dove siamo fini-ti noi? Che non usiamo la nostra testa, che ci facciamo influenzare

su tutto, che non abbiamo un idea-le nostro da seguire ma ci servia-mo di quello di altri? Non era meglio giocare fuori a nascondino, correre dietro un pallone con gli amici, sudare, ba-gnarsi sotto la pioggia e sporcarsi di fango, che stare tutto il giorno davanti ad una televisione giocan-

do alla “Playstation“ ? Non era meglio ritrovarsi tutti in-sieme, con i vicini, con gli amici, come una grande famiglia che si aiutava nel momento del bisogno, piuttosto che pensare costante-mente ai soldi e a come spender-li? Si, tutto questo era meglio, e spero che un giorno tornerà quel mondo…

Roberta Bondi

lontariato e il 27% a quelle delle parroc-chie o di altri gruppi reli-giosi. Mag-giore parteci-pazione la si ha nelle asso-ciazioni cul-turali (46,2%) e soprattut-to sportive (56%). Segno evidente che ad attrarre i giovani non sono tanto le attività mirate a trasformare la società o a ricerca-re benessere spirituale, quanto in-vece quelle legate al tempo libero, all’esercizio fisico e all’espressio-ne artistica.I giovani non possono scaricare le loro insoddisfazioni solo sugli adulti e sulla loro società “baca-ta”. Devono anche avere il corag-gio di guardarsi dentro per capire le proprie contraddizioni e trova-re la forza di essere propositivi e coraggiosi. Infatti la critica severa - e giusta - alla società non deve diventare un alibi per crogiolarsi nella pigrizia e in un senso di im-potenza che non aiuta certo a co-struire un mondo migliore.

12,8%

57,2%12,4%

12,6%

5%

57,2% sono cristiano e appartengo alla chiesa cattolica12,6% sono cristiano ma non appartengo alla chiesa cattolica12,4% credo in Dio ma non appartengo ad alcuna chiesa 5% appartengo a una religione diversa da quella cristiana12,8% non credo in Dio

Come ti definirestida un punto di vista religioso?

che affermano di credere in Dio, ma di non riconoscersi nelle reli-gioni espresse dalle chiese. Infine un 5% di appartenenti a religioni diverse da quella cristiana, so-prattutto musulmani. Del 12,8% di atei si è detto: sono più maschi (13,8%) che femmine (9,5%).La Chiesa cattolica è una istitu-zione importante in Italia. Ma an-che tra chi crede in Dio serpeggia una certa sfiducia nella Chiesa. Dicono di nutrirne molta o abba-stanza il 50,3% dei giovani, con una netta differenza fra l’atteggia-mento più fiducioso delle femmi-ne (56,6%) e quello più scettico dei maschi (47,8%).

Poca partecipazione

Nel complesso, comunque, non è un quadro sconfortante, conside-rati i tempi che corriamo. I gio-vani mostrano di credere in valori importanti. Però si mostrano pure scettici rispetto alle proposte che giungono dalla società degli adul-ti. Del quasi totale distacco dai partiti e dalle associazioni politi-che si è detto. Si consideri inoltre che appena il 12% affermano di partecipare - molto o abbastanza - ad attività di associazioni di vo-

L’ inchiesta

Si discute sempre su unioni di fatto, Pacs, Dico… Il concetto di famiglia è molto ampio e può essere visto sotto diversi punti di vista. Ovviamente la famiglia di oggi è molto diversa da quella di un tempo, ha subito tanti cambia-menti, si è evoluta non solo sotto aspetti positivi ma anche negativi. Secondo me la famiglia è fonda-mento della società, un pilastro alquanto importante sotto ogni aspetto. Famiglia: parola grossa… Cos’è la famiglia? A mio modo di vede-re e pensare, famiglia è un insie-me di persone che si amano. In-vece, esistono famiglie “allarga-te” che si giurano amore eterno,

fanno figli, ma l’amore non c’è più, divorziano, incontrano altre persone e magari fanno altri figli, questo tipo di unione può essere definita “comunità”. Se non ricor-do male il consiglio dei ministri, nel febbraio scorso, ha detto “si” alle unioni che non si chiameran-no più Pacs, ma Dico (qualcosa che ha a che fare con i diritti e i doveri delle persone conviventi). Con il termine “famiglie di fatto” si intendono persone che vanno a convivere insieme, fanno dei figli ma non si sposano perché magari non ne sentono il bisogno. Oggi poi, sono molto evolute le unioni di fatto; queste preve-dono l’unione di due persone senza vincolo matrimoniale, in contrasto invece con l’articolo

29 della Costituzione Italiana il quale afferma che la famiglia legittima è quella fonda-ta sul matrimonio, che può essere civile o re-ligioso.

Lo coppie di fatto non sono alla pari delle famiglie anche se godo-no di alcuni diritti, ad esempio i figli che ne derivano sono equipa-rati a quelli delle famiglie legitti-me. Oggi poi sono più diffuse le unioni tra gli omosessuali, che un tempo erano maggiormente emar-ginati dalla società. Le unioni di fatto sono affermate in molti paesi di Europa ad esem-pio Francia e Spagna; in Italia sono state adottate delle misure di legge relative non ai Pacs ma ai Dico, unioni di fatto, ovvero la possibilità di scegliere la convi-venza priva dell’impegnativa del matrimonio. In Italia non sono possibili i matrimoni tra omoses-suali, altra problematica potreb-be essere l’adozione di bambini che neanche viene minimamente trattata. Non tutti sono favorevoli a queste unioni e quindi sorgono gravi divergenze di natura politi-ca, religiosa e sociale. Non sono d’accordo nemmeno io con le unioni omosessuali e con le ado-zioni di figli da parte di “questi”, però ovviamente, essendoci la li-bertà di pensiero ognuno è libero di fare quello che è più giusto per se stessi e quindi tutti dobbiamo rispettare l’opinione altrui. Inoltre credo al fatto della famiglia come fondamento della società soprat-tutto come simbolo di unione e progetto di vita.Sicuramente il valore della comu-nità familiare dell’antichità fon-data sulla fiducia dei componenti riguardo al capofamiglia ovvero la persona più anziana della fa-miglia e sull’aiuto reciproco di ognuno era molto più importante, rispetto a quella di adesso, non avendo più morale e rispetto reci-proco, cosa fondamentale per una famiglia che si può definire tale. A parer mio, sono d’accordo sul fat-to che una coppia di omosessuali non può adottare un figlio, perché un bambino deve crescere in una famiglia in cui sia presente una

figura materna e una paterna

e non in una dove ci sono due per-

sone dello stesso sesso

perché potreb-bero in qualche modo influenza- re la crescita sociale del proprio figlio.

Si discute su unioni di fatto, Pacs, Dico…

Ho solo sedici anni e con tutta sin-cerità, penso a tante cose ma for-mare una famiglia e quindi spo-sarmi è un evento ancora distante nei miei pensieri. Per cui il giudi-zio che ho, è quello di un ragaz-zo che ha vissuto l’esperienza di famiglia separata per cinque anni. I miei genitori hanno attraversato un periodo di forte crisi matrimo-niale quando ero molto piccolo e sono stati distanti per cinque anni. Oggi per fortuna, vivo all’interno della stessa famiglia, ma unita e sotto molti aspetti rafforzata, per-ché tale esperienza nel nostro caso ci ha fatto diventare più forti e più uniti. Purtroppo però, le separa-zioni oggi, continuano ad essere sempre più frequenti, nonostante non sia più una scelta obbligata dalle convenienze sociali. Convivere è sicuramente un eser-cizio difficile e di continua co-struzione, ma non dimentichiamo che è l’amore tra due persone che si dichiarano reciproco affetto e rispetto. Forse credo che sia pro-prio questo il punto, la parola ri-spetto, che oggi non esiste quasi più tra due coniugi. Dopo qualche anno di matrimonio, tutto diventa scontato, non esiste più un gesto carino, un complimento, un’at-tenzione verso il/la proprio/a part-ner e tutto cade nella monotonia. Ecco perché molti non si sposano più giovani, vogliono divertirsi il più possibile pensando che poi tutto finisca. Oltre a questo, oggi, l’innalza-mento dell’età matrimoniale è dovuto anche al fatto che tutti vogliono prima affermarsi profes-sionalmente e poi formare una fa-miglia. La famiglia, sta attraver-sando una situazione di crisi, sia per la perdita di valori morali, sia per la sete di successo nel lavo-ro. La coppia non vive più la quotidianità normale, non si pranza più in-sieme, non

si esce con i figli, non ci si diver-te tutti insieme. Di conseguenza i rapporti si spezzano e si formano nuovi tipi di famiglia. Rapporti liberi, famiglie allargate e unioni tra persone dello stesso sesso. Personalmente non discrimino nessuna unione, l’importante è che alla base di tutto ci sia l’amo-re. Molto spesso non è così, ci sono casi in cui il matrimonio avviene solo per convenienza economica. La cosa più importante da non sottovalutare sono i valori mora-li, perché la famiglia è come una piccola società che aiuta nella crescita individuale e collettiva. Il progresso e lo sviluppo economi-co hanno portato l’uomo a pensa-re sempre più al successo profes-sionale, ma è im-portante ricordare che fare i genitori è uno dei lavori più difficili ed im-pegnativi. La trasformazio-ne familiare che c’è stata in questi anni per certi aspetti è positiva, se pensiamo alla libertà di scelta del-la donna; per altri invece la vec-chia famiglia patriarcale dava più senso di unione quando la sera si ritrovavano tutti attorno al foco-lare. Il matrimonio, deve e dovrà sempre essere solo un’unione ba-sata sulle relazioni interpersonali che si instaurano fra due persone di sesso, razza, ideologie, stato so-ciale, uguali o diversi, ma unite da un grande sentimento: l’amore.

Per ora non pensoalla famiglia…

Parliamo di famiglia

Il costante regredire delle menti inconcepibilmente mutate dagli eventi strumentalizzati, e lo scor-rere incessante del tumultuoso fiume del tempo, stanno trascinan-do la nostra società nell’ocea-no dell’oblio, in cui saremo senza esa-gerare, nient’altro che marionette su un palcoscenico di oscurità.L’essere, un tempo era cosciente e geloso dei propri diritti e della propria dignità, pronto ad indi-gnarsi e a combattere qualora se ne fosse presentata la necessità; …noi inetti del III millennio, do-vremmo rispolverare, riscoprire e possibilmente riadattare lo stile di vita usato dalle nostre nobili e venerabili origini.Gli antichi valori, prodotto di sani principi, nati col tempo, col sangue e col sudore, sono oggi inspiegabilmente rinnegati come se fossero oscure ispirazioni di

L’essere o apparire è un vero di-lemma delle nuove generazioni, nella nostra società domina l’ap-parire e spesso le persone che ci circondano propongono un’im-magine ben studiata di sé, che domina e maschera ciò che sono veramente. L’apparire ha una ri-

levanza importante in questa so-cietà, poiché è l’emblema di uno status e di un’appartenenza. In fin dei conti il vero motivo per cui si accetta di nascondersi dietro una maschera è perché l’essere umano tendenzialmente ha paura di essere abbandonato, e di non avere nessun appoggio. Quindi, se facessimo trasparire troppo la nostra personalità, ciò potrebbe infastidire gli altri portandoci alla

Crisi economica, crisi dei valori…Che crisi!!!

demoni del passato… quando in realtà i veri demoni sono oggi in mezzo a noi. Ridono e si nutro-no delle nostre paure annebbiate, sconvolgendo le nostre vite senza che ricevano una manifestazione di dissenso.La fine del mondo sembra essere alle porte, o meglio: il treno dove alloggiano i ricordi è giunto quasi al capolinea lottando invano con-tro l’infausto destino che cerca di sottrarre la Speranza tramite dia-bolici artifizi.Ed allora ecco che riemergono dai recessi ultraterreni della na-tura umana i tre termini: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.Tre semplici e naturali reagenti che se combinati, concepiscono una formula ottima per tutti che non privilegia nessuno.

Thomas Chiasserini

solitudine. Apparendo come o meglio di altri, ci si sente appunto meno soli, e credendosi migliori, ci si illude di esserlo veramente. Gli altri ci giudicano senza andare oltre l’ apparenza, già dal primo momento in cui posano gli occhi

sulla tua figura riescono a squa-drarti e rare volte lo fanno con dei “bei pensieri per la testa”. Tu sei quel che appari: come ti ve-sti, come parli, come ti atteggi.Quanto mi blocca nel mio agire la preoccupazione dell’immagine che do di me stesso? Sarebbe facile e poco veritiero dire che sono sempre me stessa che non tengo all’appari-re ma sarebbe anche profondamente falso. “Io sono e non sono…”.

Essere o apparire?

Diciamo che nel modo di vestire sono me stessa… Ma anche truc-carsi è un modo per nasconder-si… Nel parlare con le persone ci si trattiene per paura di quello che potrebbe dire la gente di te, della serie “tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale”. Insomma, nella realtà dei fatti dovremmo cercare una via di mezzo tra l’essere e l’ap-parire, perché nella società non si può sempre essere se stessi. In teoria, sarebbe più facile essere se stessi che apparire; costruirsi un personaggio per poter recitare una parte e tenere nascosto quello che siamo veramente è dura. Però spesso è più facile piegarsi a quel-lo che gli altri pensano di noi; è più facile negare un proprio modo di essere o fare, che temere che non sia accettato. Naturalmente poi dipende dalla situazione pre-cisa di riferimento. Ci sono casi in cui mi è molto più facile far finta che vada tutto bene (quindi apparire allegra e spensierata) che non essere me stessa (triste e de-pressa come mi sento realmente), semplicemente perché è più faci-le fingere, che non stare a sentire gli altri che ti chiedono cosa ti è successo, oppure sentirsi dire “ma quanto sei depresso?”Ci sono invece momenti in cui preferisco essere me stessa e met-termi a saltare come una “creti-na” o cantare ad alta voce per la strada e dire: “chi se ne frega di cosa pensa la gente?” piuttosto che trattenere in me una gioia che voglio dimostrare a tutti i costi. Il problema vero per me nasce quan-do l’apparire supera l’essere, tanto da non essere più se stessi, da non riconoscersi più. Ciò vuole anche dire che se uno per forza desidera apparire fino ad annullare il suo essere è una persona profonda-mente infelice. Infatti è la stessa dinamica che si instaura nella ma-

lattia mentale: spesso le persone malate di mente pensano di esse-re qualcun altro per evadere dalla loro triste realtà. Inoltre penso che le relazioni che uno costruisce fin-gendosi un altro, possono essere più facili all’inizio, poi, siccome sono basate su una finzione, sono difficili da mantenere: uno non può recitare sempre. Nella nostra epoca spesso l’unico modo di essere se stessi per tanti ragazzi è tramite i profili mediali (facebook); lì sei libero di essere ciò che vuoi senza costrizioni, puoi esprimere liberamente ciò che sei anche con persone che non conosci. Tra la moltitudine di pseudo-amici, uno che la pensi come te sicuramente lo trovi. Nel mondo virtuale puoi trovare qual-cuno che condivida quello che sei senza preoccuparsi del tuo aspetto fisico, del trucco, degli atteggia-menti, di quanto tu sia maldestro nella vita reale. Lì puoi toglierti la maschera e finalmente “essere”. Ma può succedere anche l’oppo-sto, ossia che anche nel mondo virtuale tu voglia apparire ciò che non sei. Questo diventa vera-mente triste perché vuol dire che ormai la tua maschera non riesci più a toglierla, forse perché pen-si che c’è poco di interessante da scoprire in te e che non vali mol-to senza finzioni, che nessuno si interesserebbe a te se ti mostrassi veramente come sei. Molti miei amici cercano di tro-vare un’identità in quello che in-dossano, nel modo in cui portano i capelli, nei capi firmati, perché comportandosi così vengono ac-cettati dal gruppo. Se tu chiedi loro: “chi sei?” Magari ti rispon-dono: “Sono truzzo, emo etc…” come se l’ appartenere a una cate-goria definita ad un gruppo serva ad esistere come persona.

Angelica Dacia Bartolo

Crisi di valori

Negli ultimi anni i giovani sono rimasti sempre più distaccati dal mondo della politica; è difficile parlare con loro di questo argo-mento, perché cercano di igno-rare i problemi della società, non si preoccupano di seguire propri ideali e contribuire alla costruzio-ne di un popolo unito.I giovani tendono sempre di più dare sfiducia alle istituzioni. Con-siderano la politica come una as-sociazione a delinquere a danno dei cittadini. La vedono come un gruppo di persone che non lotta per il bene del paese, ma guada-gna soldi per il benessere perso-nale e non pensa affatto a quello del popolo.I giovani non credono più alla politica perché da essa hanno ri-cevuto solo incertezze. La politi-ca non li fa più credere nelle loro aspettative, nei loro sogni, ha fatto perdere loro la fiducia in se stessi, perché chi si aspetta di studiare, andare all’Università, laurearsi e trovare lavoro, viene scoraggiato e demotivato da notizie di prote-ste da parte dei lavoratori, gente che con uno stipendio minimo ri-esce solo a pagare bollette, gente che dopo anni di fatica viene li-

cenziata perché l’azienda entra in crisi.I politici continuano a fare pro-messe, anche se sanno già che non riusciranno a mantenerle.

Continuano a creare scandali; è anche per questo motivo che le nuove generazioni non si schiera-no più per un partito o per l’altro, ma preferiscono ignorare tutto e lasciare che siano i “grandi” a scegliere il loro futuro.

Giovani e politicaI giovani che hanno ideali politici sono davvero pochi e di certo gli altri non vengono incoraggiati a farlo.La politica li ignora e la distanza

tra mondo politico e mondo gio-vanile è sempre più grande.Ormai il nostro governo è formato solo da chi se lo può permettere, sia economicamente sia in fatto di tempo; per esempio sono gli im-prenditori e i liberi professionisti

che si dedicano alla politica, un operaio lavorando otto ore al gior-no, non avrebbe tempo per farlo.Non sono solo i giovani a respin-gere la politica, ma è un allonta-namento reciproco.La politica sta coinvolgendo sempre meno le nuove genera-zioni: non ci sono politici sotto i trent’anni, perché i giovani se-condo le convinzioni che circo-lano negli ambienti della politi-ca, ignorano e continueranno ad ignorare tutti i problemi politici.A mio parere è anche per questo che i giovani, indifferenti alla politica, preferiscono rimanere in disparte a crearsi un proprio mondo, distaccandosi così dai veri problemi che hanno portato tanti paesi ad una crisi sempre più grave dove si prospetta molto dif-ficile una possibile ripresa.È dunque molto importante che le generazioni moderne cerchino di introdursi nel mondo politico perché, prima o poi, saranno loro a dover mandare avanti la società e dovranno imparare a non rifare gli stessi errori che sta già facen-do la classe politica.

Letizia Melelli

Disinformati, distaccati e lontani. Questo è il profilo che caratterizza

il rapporto tra il mondo giovanile e la politica. Un rapporto fatto di sofferenza. Oggi addirittura è diventato dif-ficile parlare di politica con i ra-gazzi. Negli ultimi anni cresce sempre più un senso di sfiducia nei confronti di quest’importante attività. Capita spesso ascoltare giovani adolescenti dire: “I poli-tici sono tutti ladri”, oppure “la politica è una cosa sporca”. Vedono tutto nero e senza spe-

ranza. A causa di questa sfiducia nell’ultimo decennio abbiamo as-

sistito ad una progressiva crisi di partecipazione alle strutture po-litiche tradizionali. Rispetto alla generazione del ‘68, carat-terizzata da impegno civile e contestazione, attualmente sembra prevalere tra i ragaz-zi un certo disinteresse. I giovani sono forse fra le categorie più deluse dalla politica. Una politica che promette di volerli coinvol-gere e poi disattende quelle

Politica: un miraggio per il mondo giovanile!promesse perché preferisce pen-sare a come costruire partiti e leg-gi elettorali. Il senso di frustrazione e di im-potenza di chi come i ragazzi vorrebbero una politica attenta ai propri bisogni è facile da spiega-re. Tuttavia nessun partito o mo-vimento ha avuto il coraggio di ammettere questo stato di cose pubblicamente. La politica deve pensare di inter-venire sui temi che interessano i giovani e li toccano da vicino: università, lavoro dipendente e autonomo, scuola, stato sociale, trasporti pubblici, telecomunica-zioni, risorse, ambiente, giustizia, rapporti civili ed etici e tanti altri ancora. Sono questi i temi su cui è giusto che la politica si confronti con i giovani.

Il politicoRagionare di politica è un eser-cizio quotidiano per gli italiani; rappresenta per loro l’argomen-to più amato eppure più odiato, spesso appesantito da luoghi comuni e da sfumature demago-giche. Machiavelli, l’ispiratore del realismo politico, e Tomma-so Moro, l’autore dell’Utopia, indicano due direzioni di pen-siero per rispondere alle tante domande: la politica ha una sua legge oppure risponde a criteri morali? Chi è il buon politico? Colui che persegue l’utile della comunità a qualunque prezzo oppure conta anche il “come” realizza quell’utile? E, per pa-radosso, la politica esiste per la felicità degli uomini o per la fe-licità del politico? Sicuramente in una società ideale, la politica non può essere separata dalla morale, e chi la esercita deve ri-spettare, come tutti gli uomini, i suoi principi. Il politico che non è affidabile nella vita privata non lo sarà neanche in quella pubblica. Ogni attività è regola-ta da criteri morali e l’individuo conta più dello Stato.

La politica

La fede è un rapporto che ogni persona crea con qualcuno di cui può fidarsi. È quello che accade con Dio, non può esistere reli-gione e neanche una semplice amicizia, se non c’è fiducia; una persona diventa credente di una religione quando si confida con Dio, parla delle sue emozioni e pensa che Dio è quel padre che ci può sempre perdo-nare anche quando sbagliamo. Crede-re in Dio significa amare e rispettare qualcuno che è su-periore rispetto a noi. Molto spesso sentiamo che i ra-gazzi non profes-sano nessuna fede, perché ritengono che la religione venga imposta. In realtà si sbaglia-no, perché ognuno difende le proprie idee. A questo punto dobbiamo fare una riflessione, la reli-gione nasce da un rapporto di fiducia

“L’uomo perde la capacità di comprendere Dio poiché è un argomento privo di interesse im-mediato”. Del resto, la persona schiava dell’orgoglio e dell’egoi-smo non sa chi è veramente, da dove arriva e dove va, nemmeno conosce da dove provengono le energie per affrontare la vita. I giovani d’oggi sono la prima ge-nerazione incredula. Questo acca-de dopo anni di catechismo par-rocchiale e di insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Come può essere successo? È cambiato l’orizzonte culturale dell’Occidente, dove sono venute a mancare non solo le tradiziona-li parole e immagini religiose, ma sono andati perduti i fondamenti della speranza della vita, del fu-turo e della ricerca della felicità. La scienza e la tecnica sembrano aver occupato lo spazio totale della vita. Le statistiche eviden-ziano che molti dei figli di cre-denti vanno in chiesa solo fino a quando i genitori riescono ad ob-bligarli, scappano appena posso-no e non fanno mistero di questo loro desiderio di fuga.La domanda è sempre la stessa:

che sentiamo dentro di noi. Molto frequentemente i ragazzi cadono in un circolo vizioso che li porta alla “distruzione”. Non può esi-stere la religione senza un rappor-to di fede, sarebbe come cercare di scrivere senza penna.

Francesca Pazzagli

La fede nei giovani di oggi

La fede nei giovani d’oggi“cosa fare per arginare questa fuga?”Tuttavia bisognerebbe riflettere su altre domande: “Perché lo si vuole fare? Perché i ragazzi scap-pano?”

Questa generazione, in generale, non rifiuta il cristianesimo ma guardando le generazioni prece-denti, dice “sarà anche tutto vero, ma certamente non funziona”.Cosa c’è di così poco attraente

nel messaggio di amore, speranza e salvezza eterna che in 2000 anni ha trasformato milioni di vite? Si potrebbe dare la colpa al fatto che questa generazione cerca solo di-vertimento, non vuole pensare e

rifiuta le regole. I ragazzi hanno voglia di fuggire da una vita che già a quattordici o quindici anni comincia a rivelarsi per quella che è: “senza senso”.Crolla la famiglia, crollano tutti i

valori in cui si poteva credere e a questi ragazzi non rimane nessun punto di riferimento in un’età de-cisamente difficile e in un mondo molto complicato, dove non c’è speranza per il futuro e niente è più vero. Forse non è il messaggio di Cristo che non attrae più, forse ciò che fa scappare i ragazzi è il modo in cui viene presentato. Troppo spesso la fede viene usata come un comodo metodo per im-porre modi di comportamento ed evitarne altri. Il credente non va in discoteca (una volta non guar-dava la TV, né andava al cinema), non si veste in un certo modo, va a tutte le riunioni, frequenta il meno possibile i non credenti. Il credente non deve fare certe cose e deve farne altre e se si sbaglia arrivano giudizi e sensi di colpa (quanti sono i sensi di colpa negli adolescenti!). Gli adulti devono investire il tempo, le forze e le energie nei giovani, non per trasformarli in bravi ragazzi ma per far sì che conoscano e abbraccino l’amore di Dio e vivano per amare Lui e gli altri.

“Niente mi dà la fede, sono com-pletamente atea, credo solo nella morale. Non riesco a credere in qualcosa di astratto, che non mi

dia basi solide su cui appoggiar-mi. Non voglio e non riesco a far-mi false illusioni.Eppure credo proprio che si pos-sa ancora avere fede... Perché? Perché si ha bisogno di sperare in qualcosa di meglio, si vuole essere ottimisti. La fede serve per vivere meglio, per sperare in un

Cielo in cui non ci sia tutto questo male e, sopratutto, per dare una risposta alle domande più grandi: ‘cosa c’è dopo la morte’, ‘da dove veniamo’, ‘la nostra vita è davve-ro inutile’?

ragazza di 17 anni

Forse sì, è l’amore che mi dà fede, nella forma di amicizia, nell’amo-re che lega me e i miei genitori e i miei parenti e poi l’amore per un’altra persona...A mio avviso proprio oggi c’è un ritorno alla fede e alla spiritualità. Si sono perse un sacco di certez-ze, il futuro fa paura, quindi la gente cerca rifugio nella fede per cercare risposte, che spesso non si trovano nella realtà.

ragazza di 20 anni

Che cosa mi dà la fede nella vita?La speranza che il domani sia sempre meglio dell’oggi; alcune persone che mi circondano e che mi fanno capire che il bene c’è, è presente tra noi; l’affacciarmi alla finestra e vedere ciò che ho intorno. La fede è qualcosa che ho dentro. Credo in Dio, in Gesù e nei suoi insegnamenti, ma non credo nella chiesa.

La fede: opinioni

La fede

I giovani italiani non credono più nella formazione e nell’istruzio-ne superiore per il loro futuro. È chiaro che i giovani sono l’epi-centro della crisi. L’ingresso nel mercato del lavoro è sempre più difficile e i giovani hanno sempre più difficoltà a trovare un’occu-pazione stabile proprio negli anni più importanti per lo sviluppo del capitale umano. Se poi il laureato accetta un posto da diplomato, ma non ha la possibilità di valorizza-re e accrescere le sue conoscenze.Quel capitale umano che è costato soldi alla società e alle famiglie, si perde definitivamente con un danno anche per il paese. Quindi,

se la formazione non dà accesso a percorsi professionali soddisfa-centi, è normale che il giovane si interroghi “sull’utilità dei suoi studi”. Insomma, l’Italia è un pa-ese dove i giovani sono sfiduciati e privi di prospettive è un paese che rinuncia al futuro. Allora cosa vediamo in classe?I ragazzi e le ragazze hanno gli occhi cerchiati e tristi, le spal-

Oggi si sente spesso parlare del-la scuola in crisi, da rifare e cose simili. Come sappiamo, la scuola prima di dare l’istruzione dovreb-be educare la persona ed inse-gnarle ad interagire con il mondo circostante. Perché oggi come oggi ciò nelle scuole non avviene quasi più? Questo è il mio parere: attualmente la maggior parte dei mestieri, anche quelli più umili, richiedono un titolo di studio. È anche vero però che a molti gio-vani oggi non va di studiare, e se fosse per loro si fermerebbero tranquillamente alla terza media e inizierebbero a lavorare. Ma visto che dall’altra parte c’è una socie-tà che ti chiede il diploma anche per fare lo spazzino, una persona,

le curve, le braccia penzolanti, lo sguardo perduto nel nulla, la bocca semiaperta, i capelli stan-chi. Sembrano posseduti dalla noia. Parecchi detestano leggere o scrivere o ascoltare le lezioni. Qualche volta, basta ascoltarli per cinque minuti: Il lessico umano è immenso, ma i ragazzi ne cono-scono pochissime parole: usano termini impropri, pasticciano, confondono ortografia e punteg-giatura. Non sanno pensare. Non riescono a distribuire le idee e le sensazioni secondo un’ architettu-ra. Elaborare i concetti e disporli nel tempo sembra, a ciascuno di loro un’impresa disperatissima. Discorrono in modo vuoto e spen-to, con parole senza vita, senza agilità e movimento. Ragazzi pe-rennemente annoiati. Nel mondo e nei libri non esiste quasi nulla di noioso: tutto è mi-sterioso, concentrato, enigmatico, affascinante, basta saper capire e interpretare. Chi ritiene che i giovani non spe-rano più nel futuro o non credo-no più nelle ideologie, chi parla di “assenza di valori”, dovrebbe

domandarsi cosa vuol dire ave-re oggi venti e/o trenta anni e sentirsi circondati, a volte schiacciati, da automatismi all’interno dei quali poco spa-zio viene riservato alle idee, alle passioni, agli entusia-smi, in cui a volte non sem-bra possibile poter decidere autonomamente del proprio futuro, soprattutto quando in tanti dicono che il futuro è già tutto scritto, perché la socie-tà non cambierà mai, perché gli uomini non cambieranno mai. Eppure sappiamo che non è da “giovani” accettare un ragionamento del genere, abbassare la testa rassegnati. La mancanza di fiducia e la

nonostante non abbia voglia di studiare, è costretta a frequen-tare le superiori per ottenere il pezzo di carta. A fronte di ciò, alcune scuole, per adeguarsi alle esigenze della società, consegna-no facilmente il titolo di studio ai giovani in modo da toglierseli di mezzo. Ed ecco allora che ar-riviamo al punto in cui la scuola non è più un mezzo per crescere interiormente e culturalmente, ma solo un luogo dove bisogna obbli-gatoriamente andare per un “tot” di anni per prendere il pezzo di carta e lavorare! Insomma, secondo me questa è una delle cause principali che hanno provocato la decadenza della scuola italiana.

negazione del futuro attraverso l’omologazione è ciò che dovreb-be far ribellare i ragazzi, proprio come è accaduto alla generazione del ’68, perché non si è giovani se non si parla di futuro migliore, di ideali. Forse è questo ciò che di utile può far oggi per i giovani chi in quegli anni si è impegna-to: spiegare che è il turno delle nuove generazioni, ricordare che i giovani sono fatti anche per pro-testare, ricordare che la contesta-zione è quasi sempre una tappa dell’emancipazione.

Scuola in crisi

I ragazzi sognano professori in stile Robin Williams nel film ‘L’attimo fuggente’, diverso dagli altri per il suo approccio moder-no, confidenziale e rassicurante. E al posto di muri segnati dal tem-po, in un contesto spesso fatiscen-te, vorrebbero murales colorati e la possibilità di personalizzare lo spazio dove apprende-re le basi del loro futuro. Non capiscono perché devono essere costretti a studiare il pensiero di uno che è morto 500 anni fa o delle formule matema-tiche incomprensibili e che non servono a nulla, o a utilizzare programmi che sono rimasti ugua-li a quelli di 50 anni fa. La vera rivoluzione, se-condo i giovani, dovrebbe riguardare Internet, che potrebbe cambiare radi-calmente gli strumenti e dunque i metodi di ap-prendimento. Le proposte sono tante: dai murales fatti per colorare le pareti e professori più giovani, a

SCUOLA: rimandata a settembre…

quella più esplosiva di utilizzare Smartphone, iPad e videogiochi in classe. Se le materie devono rimanere uguali per forza, almeno studiarle con i new media le ren-derebbe “digeribili” oltre a mi-gliorare il rapporto tra compagni di classe e con l’insegnante.

La scuola

Uno dei fenomeni che caratte-rizza maggiormente la nostra so-cietà attuale è il continuo “bom-bardamento” di informazioni a cui siamo sottoposti quotidiana-mente da parte dei mass-media. Per questi ultimi intendiamo i mezzi di comunicazione di mas-sa, tra cui giornali, trasmissioni radiofoniche, televisioni e il po-tente internet, che raggiun-gono ogni giorno milioni di persone, riuscendo ad influenzare comportamenti e abitudini.I mass media hanno il com-pito di diffondere le infor-mazioni utili e le notizie in tutto il mondo, eliminando le distanze e ponendo la cultura a disposizione di chiunque. I mezzi di comu-nicazione di massa costituiscono ormai una grande rete globale che agisce tra noi e la realtà; le per-sone sono sempre più condizio-nate dai messaggi che ricevono, tanto da crearsi persino un siste-ma di valori attraverso il piccolo schermo. In ogni casa ci sono al-meno due o tre televisori e sicu-ramente non mancano le radio e l’usatissimo internet: sono questi

mezzi che, secondo me, influen-zano maggiormente il pensiero e i comportamenti della gente. I messaggi che ci invia continua-mente la pubblicità condizionano fortemente il nostro stile di vita, il nostro modo di vestire, di man-

giare e addirittura di pensare, al punto che non siamo più in gra-do di scegliere una cosa perché ci piace, ma scegliamo a seconda di ciò che consideriamo alla moda. Secondo me è la pubblicità il vero strumento di condizionamento so-ciale che entra nella nostra mente, cambiando il modo di pensare e le scelte non solo economiche de-gli spettatori. Sempre più spesso le persone acquistano cose inutili o scadenti solo perché le hanno viste continuamente nel piccolo schermo, o imitano atteggiamenti e frasi di personaggi televisivi. A volte è successo che durante gli spot pubblicitari vengono aggiun-ti alcuni messaggi subliminali, cioè vengono proiettate immagini di prodotti che durano pochi mil-lesimi di secondo e che non sono percepite dall’occhio, ma solo dal cervello. In questo modo si riesce

Mass-media e condizionamento

Al giorno d’oggi, la televisione è un mezzo del quale nessuno potrebbe fare a meno, in partico-lar modo gli adolescenti che, in seguito ad uno smisurato uso di quest’ultima, sono affetti da gra-vi dipendenze che vengono tutte accomunate dal nome “teledipen-denza”.Si tratta di una forma di dipen-denza psicologica in cui si rileva una compulsione del soggetto nel guardare la televisione. La com-pulsione può essere estremamen-te difficile da controllare e può sfociare in situazioni di disordine psicosomatico, con sintomi sia di tipo psico - cognitivo, che fisio-logico e comportamentale. C’è chi sostiene che la teledipenden-za riduce la capacità intuitiva del cervello, azzerandone le cono-scenze; altri invece sostengono che essa non esista. A favore della prima teoria, cioè l’esistenza di una pseudo-malattia al cervello, sono medici e scienziati, che han-no ipotizzato alcuni sintomi della cosiddetta malattia. Principali se-

L’Italia è il paese con il maggior numero di telefonini. I ragazzi di oggi sono tutti, ormai, abituati ad utilizzare il cellulare fin da piccoli e, questo modifica il loro linguag-gio nel parlare ma soprattutto nella scrittura. Saluti, battute, ap-puntamenti, dichiarazione d’amo-re, discussioni, perfino poesie. Questi ragazzi li osservi nei lo-cali e ti accorgi che siedono allo stesso tavolo, ma ogni cinque minuti uno o l’altro armeggia col suo telefonino, mentre scam-biano poche parole col vicino. Gli sms sono sicuramente un modo veloce ed economico per comunicare. Questo linguaggio

La teledipendenza

Il linguaggio dei messaggi ha distorto la lingua italiana?

a far invogliare le persone che percepiscono i messaggi, a com-prare certi prodotti.Qui ci sarebbe molto da dire! Mi limito a sottolineare che tra tutti i mezzi di comunicazione, la tv e quella che raccoglie più criti-

che, perché trasmette messaggi non sempre giusti, valori spesso ingannevoli, modelli culturali e comportamenti uguali per tutti creando così individui specializ-zati, appiattiti e conformisti. Le persone che guardano la televisio-ne diventano passive e spengono piano piano la loro immaginazio-ne e la loro fantasia. La tv non è uno strumento pericoloso in sé, occorre semplicemente gestir-la in modo attento e usarla solo come mezzo di informazione o di svago.

Un altro strumento di informazio-ne di massa è oggi internet, che rappresenta il simbolo della tec-nologica società attuale. Il com-puter è presente costantemente nella nostra vita; è uno strumen-to di divertimento e di lavoro, di studio e di gioco. Ma il suo fun-zionamento schematico ha finito per influenzare il nostro modo di

ragionare e di pensare. Secondo me, l’uso di in-ternet è molto positivo per quanto riguardo le ricerche, la conoscenza di cose nuove e i contatti con le persone; nello stesso tempo diventa molto pericoloso se usato in modo non appropriato. Spesso i bambini vengo-no lasciati soli di fronte al computer, assimilando im-

magini piene di violenza o mes-saggi non adatti alla loro età. Arrivando ad una conclusione fi-nale posso dire che i mass media alternano aspetti positivi e nega-tivi: positivi, quando soddisfano la nostra sete di conoscenza, le nostre curiosità o riempiono il no-stro tempo libero; negativi, quan-do condizionano troppo la nostra mente e i nostri comportamenti facendoci perdere la lucidità nelle scelte e il gusto personale.

Caterina BarzottiLeonardo Perugini

è soprattutto utilizzato dai gio-vani, ma andando avanti con il tempo si è diffuso in quasi tutta la comunità senza differenze di età. È un linguaggio senza rego-le grammaticali. Nei messaggi comuni si trovano abbreviazioni di parole, acronimi, omissioni di parti del discorso e l’unico tempo possibile è il presente. I profes-sori spesso si lamentano del fatto che gli alunni scrivano nei temi abbreviato come nei messaggi. Potremo affermare di vivere in una società progredita solo quan-do avremo abbattuto definitiva-mente le frontiere dell’incomuni-cabilità.

gnali della teledipendenza:1. L’uso (abuso) esclusivo (senza nel frattempo svolgere altre fun-zioni) della TV per più di 3 ore al giorno;2. Diminuzione o assenza di atti-vità di svago alternative alla TV;3. Diminuzione dei rapporti so-ciali, con apatia di fronte ad inviti allettanti ma non percepiti come tali dal soggetto teledipendente, e sostituzione della comunicazione famigliare con la visione dei pro-grammi TV, durante la quale non si tollera l’interferenza e il com-mento;4. Nessuna capacità critica e pas-sività mentale di fronte ai conte-nuti diffusi dal mezzo TV;5. Confusione tra realtà e descri-zione della realtà da parte della televisione, con accettazione di quanto detto dalla TV come real-tà assoluta e superiore; (ricorrenti affermazioni di certezze, durante le conversazioni, testimoniate da frasi come “l’hanno detto alla TV!”)6. Eccessiva euforia o esaltazione

Mass-media

Nonostante il progresso del mon-do contemporaneo, la violenza sembra essere ancora un com-portamento diffuso. La cronaca

che ogni giorno i media propon-gono ci parla di aggressioni, di omicidi, di vio-lenze, spesso at-tribuibili a moti-vi futili.A fare le spese del clima brutale in cui viviamo sono quasi sem-pre i più deboli: i bambini, i vec-chi, gli stranieri,

le donne, i poveri.Siamo spinti a pensare che la vio-lenza diffusa dipenda in parte dai modelli che gli stessi media e la pubblicità ci trasmettono: il ma-schio vincente, la donna aggressi-va e “performante”, “l’uomo che non deve chiedere mai”.Oggi, tutti desideriamo stare sotto i riflettori, essere famosi, essere qualcuno, con qualsiasi mezzo, vincendo il premio Nobel, esiben-doci al Grande Fratello, o metten-do a ferro e fuoco uno stadio. E per raggiungere il nostro obietti-vo siamo disposti a sgomitare, ad aguzzare i denti, a calpestare il corpo e l’anima di chiunque.La buona educazione, da sempre, impone di rinunciare al proprio

comodo per tener conto anche delle esigenze degli altri. Oggi non è più così e per rendersene conto basta affrontare il traffico quotidiano: veicoli che passano col rosso, bici che circolano sui marciapiedi, auto che non rispet-tano elementari regole di sosta, limiti di velocità, precedenze e distanze di sicurezza, conducenti che si mandano a quel paese.L’arroganza, la prepotenza, sem-brano oggi diventate delle virtù da ammirare e da coltivare. Pre-vale l’orgoglio, chi non ce la fa è in difficoltà, perde e merita sol-tanto il nostro disprezzo o la no-stra indifferenza. Tutti oggigiorno abbiamo co-scienza soltanto dei nostri dirit-ti, mentre riteniamo di non aver nessun obbligo morale, nessun dovere. La violenza è diffusa nel mondo ovunque, ma in Italia viviamo una condizione particolare. La nostra nazione è unita da solo 150 anni e da noi la famiglia va al di sopra e al di là di qualsiasi regola. Fa-miglia e violenza sono collegate forse di più di quanto non si possa pensare. Per migliorare la situazione oc-correrebbe ripristinare il rispetto delle regole e del bene comune, cominciando dalle piccole cose, dagli aspetti più minuti della vita quotidiana; quelle regole sane della vecchia famiglia italiana!

Secondo una ricerca Istat del 2007 sono quasi tre milioni (il 14% del totale) le donne che in Italia han-no subito violenza fisica o sessua-le. Si tratta di percosse, maltratta-menti, ingiurie, stupri, induzione alla prostituzione, violenze psico-logiche. Raramente le donne de-nunciano gli abusi subiti. Eppure spesso si tratta di violenze gravi che provocano lesioni fisiche e psicologiche. Le donne aggredite provano paura, rabbia, insicurez-za, perdita di autostima e di fidu-cia negli altri. Chi usa violenza alle donne è nella maggioranza dei casi il marito, il fidanzato, il convivente, l’ex partner. Il teatro dei soprusi sono di solito le mura domestiche.Recentemente le ricerche psi-cologiche hanno dato rilievo ad una forma di violenza contro le donne molto diffusa, il cosiddetto stalking, cioè il comportamento, prevalentemente maschile, carat-terizzato da persecuzione, mo-lestie asfissianti, appostamenti, intromissione nella vita privata verso una persona generalmente di sesso opposto. L’Occidente ha conosciuto, negli ultimi decenni, un cambiamento repentino e radi-cale di ruoli e costumi. È possibi-le che il maschio occidentale viva un momento di disorientamento, di crisi di identità, in cui sente il proprio secolare potere vacillare al cospetto di donne sempre più autonome, emancipate e talvolta spregiudicate.

La frustrazione, allora genera aggressività ed è possibile che la condizione di crescente insicurez-za, anche sul piano economico, in cui vive l’uomo contemporaneo, contribuisca ad accrescerne la di-struttività.Non è solo l’Occidente partico-larmente violento verso le donne perché ciò accade in altri conte-sti geografici e culturali. Pensia-mo alle donne africane mutilate ai genitali, alle vedove arse vive in India, alle donne lapidate e a quelle cui viene violentemente negato l’accesso all’istruzione in parte del mondo islamico. Il pri-mo passo da compiere, quindi, sa-rebbe quello di cercare di modifi-care le culture dove il maschio ha ancora una posizione dominante e troppi privilegi da difendere. Nelle società aperte e democrati-che, qualcosa si può fare, sensibi-lizzando, in particolare le nuove generazioni, al problema ed edu-cando fin da bambini al rispetto della donna. Grande vigilanza deve poi essere prestata nelle scuole al fenomeno del bullismo, perché c’è una correlazione posi-tiva tra bullismo in età precoce e sviluppo di comportamenti vio-lenti in età adulta.“Le vittime di violenza vanno ascoltate, consigliate, vanno loro offerti consulenza giuridica e un alloggio qualora ne abbiano biso-gno, vanno incoraggiate all’auto-nomia e a inserirsi nel mondo del lavoro”.

Un mondo di violenza quotidiana

La violenza sulle donne

durante lo svolgimento dei pro-grammi televisivi preferiti;7. Crisi di astinenza compulsiva, irritabilità e agitazione ansiosa, nel momento in cui viene a man-care la disponibilità della TV o si tenta di resistere all’impulso di accenderla;8. Desiderio di acquistare i pro-dotti pubbliciz-zati attraverso il mezzo televisivo;9. Preoccupazio-ne abnorme e ri-corrente associata a notizie apprese in televisione.Le ricerche di-mostrano che un ragazzo che trascorre troppo tempo a guarda-re la televisione corre un rischio più alto di sviluppare obesità e altri problemi di salute, incluso

l’abuso precoce di droghe, com-portamenti violenti, tendenze an-tisociali e promiscuità sessuale. In una società dove la prevalenza dei media è un modo accettato di vita, uno dei possibili rimedi di-venta quello di trovare il modo per ridurre la dipendenza, come

ad esempio: sport, attività fisica di qualunque tipo e maggiori re-lazioni sociali…

Abbiamo sempre e solo sentito parlare di sfruttamento dei bam-bini nel lavoro, soprattutto in pae-si poveri, ma non facciamo caso a ciò che ci passa ogni giorno sotto gli occhi davanti alla TV, guardan-do canali sportivi ma anche alcuni musicali, in cui vengono presenta-ti bambini prodigio, molto spesso asiatici, che riescono ad ottenere prestazioni così perfette e di una difficoltà così grande, da essere in qualche modo inconcepibili per la nostra mentalità. Ovviamente dietro la facciata di “grandi pic-coli geni” ci sono infanzie rubate, sfruttamento e maltrattamenti.Molti volti conosciuti sono stati vit-time di questi abusi. Prendiamo per esempio Nadia Comaneci, la cam-pionessa che ha ricevuto il 10 per-fetto alle olimpiadi di Montreal.La “perfect ten” ha cominciato a

praticare questo sport all’età di 3 anni e già a 6 era stata notata da un talent scout, alunna della fa-mosa palestra d’elite “the flame”, ha avuto come allenatori Duncan e Monteanu, ma non si è mai par-lato del perché del successo della Romania e della Cina nelle atti-vità fisiche e quindi della sovra-stante superiorità di questi paesi in molte discipline. Dietro questo ci sono dure sessioni di allena-mento, molte volte sfiancanti e traumatiche secondo gli standard che un bambino in età infantile può sopportare senza essere fisi-camente e moralmente plagiato. Inoltre in età adulta potrebbe su-bire problemi alla schiena, ernie, posture scorrette e addirittura un calo della crescita fisica.

Angelica Di Bartolo

Sfruttamento minorile

La violenza

Il problema della sicurezza stra-dale è uno tra i più gravi che as-sillano il nostro paese, perché è la maggior causa di morte. Ogni giorno si sente parlare di inciden-ti automobilistici dalle cause più svariate, come ad esempio l’al-cool, la velocità, l’incoscienza, l’ignoranza e il non rispetto delle norme stradali. È da molto tempo che si discute di questo grave pro-blema e una delle soluzione più interessanti è quella di introdurre, nelle scuole, delle vere e proprie ore di lezione dedicate alle norme stradali così che fin da piccoli i giovani imparino ad applicarle. Sono molte le persone a favore di questa soluzione perché sosten-gono che così in futuro saranno adulti più responsabili. Il governo si sta già muovendo in questa direzione. Infatti, sta pro-ponendo dei corsi per i possessori di motocicli per cui viene poi rila-sciato un patentino che certifica la frequenza a questi corsi. Attraver-so l’educazione stradale potreb-bero essere risolti altri problemi,

come le grandi spese dovute ai tanti incidenti, e la morte di molte persone.Ovviamente c’è anche chi sostie-ne la tesi contraria, cioè non ritie-ne opportuno insegnare le norme stradali nelle scuole. Anche qui vi sono dei validi motivi, forse primo fra tutti è quello economi-co, per cui lo Stato dovrebbe so-stenere una spesa troppo alta per l’attuazione di questa proposta, una spesa che forse viene ritenuta inutile visto che un altro motivo è la sfiducia nelle capacità di com-prendere e applicare le norme da parte dei bambini. Forse è il caso di esaminare bene questa proposta, tenendo conto dei lati negativi, ma, soprattutto tenendo conto dei tanti aspetti positivi! Facendo anche riferi-mento alle molteplici cause degli incidenti e all’aumento della mor-talità, sarà possibile arrivare alla diminuzione di questi problemi?

Chiara Bassini Antonio Catapano

Alla guida non giocare...se perdi non puoi ricominciare!

Nel mese di febbraio a scuola c’è stato un incontro con il capo dei carabinieri dell’Alta Valle del Tevere. L’argomento di questo in-contro è stata la legalità, anche se inizialmente si è parlato dell’uso dell’alcool. Una volta i ragazzi uscivano per divertirsi e fare nuo-ve amicizie e magari si bevevano un bicchiere di birra, mentre al giorno d’oggi i ragazzi escono con il preciso scopo di ubriacar-si. Quando si è ubriachi, non si ha i riflessi pronti e la testa gira molto; perciò quando i giovani si mettono al volante dopo essersi ubriacati, mettono a repentaglio sia la propria vita sia quella di chi si trova in macchina con loro. Oltre che dell’alcool, si è trattato anche della droga. Chi comincia a drogarsi da giovane, difficilmente riesce a smettere e i danni che le droghe causano sono enormi, pure le droghe più leggere hanno effetti disastrosi.Di solito ci si comincia a droga-re perché pure un amico lo fa e quest’amico ha a sua volta come amico uno spacciatore. Gli spac-ciatori all’inizio si comportano come se fossero amici, ma in real-

tà, se non hai i soldi per pagare e sei in debito con loro, ti picchiano oppure ti chiedono ti tenergli la droga per un po’ di tempo. La droga causa danni irreparabili al cervello, per questo vengono costruiti dei centri che aiutano a smettere di usare sostanze stupe-facenti. Un altro tipo di droga è la “pasticca”. Le pasticche posso-no avere effetti diversi: alcune ti fanno dimenticare cosa ti è acca-duto la sera prima, mentre altre ti fanno credere che puoi fare “certe cose”; il capo dei carabinieri ci ha detto che ha avuto un caso in cui un giovane è morto perché crede-va di saper volare e si è buttato da un balcone. Il consiglio che ci ha dato è quello di non drogarci, perché è possibi-le che se ti droghi anche solo per una volta, gli effetti potrebbero influenzare il resto della tua vita.Ultimo tema dell’incontro è stata la figura del poliziotto. Egli ci ha spiegato che noi ragazzi vediamo il poliziotto come una persona che sta lì a romperci le scatole, invece è una persona che ci può aiutare se abbiamo problemi.

Leonardo Veschi

La legalità a scuola

Ciò a cui più spesso si ispira la poesia sono le sensazioni forti, quali la rabbia, l'odio ed infine l'emozione che più ci accomuna: l'amore.Frequentemente però non riuscia-mo a riconoscere il vero senti-mento dalla semplice attrazione fisica."L'amore è cieco" ha scritto una volta un poeta, ma con i tempi che cambiano, la frase ha perduto di significato.Siamo cresciuti nell'epoca delle apparenze, in cui lo specchio detta legge: "Non sia mai che ti innamo-ri dello scarto della società! immagina cosa potrebbe pen-sare la gente di te, o peggio, potresti abbassarti al suo livello!".La società è ma-ligna e pettegola, cerca difetti negli altri per nascon-dere i propri, e or-mai ha fatto morire l'aspettativa del "per sempre felici e contenti".Aumenta la percen-tuale dei divorziati e dei single over 40, varie le cause che comportano questa situazione, come meno tempo per se stessi, la paura di impegnarsi e la noia coniugale.Sfortunatamente le ultime gene-razioni hanno perso ogni speran-za di una vita migliore, e se una volta la "ragazza adolescente me-dia" sognava il principe azzurro, ora non fa più progetti per il fu-turo e si rassegna al disegno del destino.Le superiori sono gli scenari delle prime storie serie, anche solo gi-rando per i corridoi trovi dozzine

di coppie impegnate in effusioni (qualche volta persino davanti ai docenti). Prima tutto era portato avanti di nascosto, le coppie si davano appuntamento alla mac-chinetta; ora nessuno ha più paura di niente. Pudore? Se ne può fare tranquillamente a meno!Aumenta la differenza d'età all'in-terno delle coppie: le ragazze preferiscono i ragazzi più grandi e maturi; può capitare che una ragazzina del 1° si fidanzi con un ragazzo del 5° e così via.Le persone però continuano a parlare e rimangono le maldicen-

ze, non ci si può mai fidare total-mente delle persone con cui ci si confida.I genitori ormai non si interessano più della vita sentimentale dei fi-gli, semplicemente li fanno vivere come meglio li aggrada.Le prime storie si sviluppano fin da giovanissimi e non oso imma-ginare dove andremo a finire fra qualche generazione, o peggio fra qualche anno.

Angelica Dacia Di Bartolo

L’amore non ha età

Legalità e amore

La donna per l’uomo è uno scopo, l’uomo per la donna è un mezzo.

Alphonse Karr

Bellezza: il potere per mezzo del quale una donna affascina un amante e terrorizza un marito.

Ambrose Bierce

Quando la mano di un uomo toc-ca la mano di una donna, entrambi toccano il cuore dell’eternità.

Kahlil Gibran

Uno dei primi effetti della bel-lezza femminile su di un uomo è quello di levargli l’avarizia.

Italo Svevo

L’uomo è il capo della fami-glia, ma la donna è il collo e muove il capo dove vuole.

Proverbio Cinese

Le donne, come i sogni, non sono mai come tu le vorresti.

Luigi Pirandello

È bella e quindi può esser cor-teggiata; è donna e quindi può essere conquistata.

William Shakespeare

Aforismi sulla donnaLe donne si lasciano convincere da colui che ragiona, non dai suoi ragionamenti.

Alphonse Karr

Gli incompresi si dividono in due categorie: le donne e gli scrittori.

Honorè de Balzac

Per pescare pesci usi un’esca, per vedere Città di Castello vai alla Montesca, per vedere tutto quanto il panorama, in passa-to, avresti visto un cavaliere o una dama, i Santi Patroni sono San Florido e Amanzio su una delle nostre chiese trovi un quadro di Raffaello San-zio, in questa città conosci ogni viso il kebab più buono è quello del Paradiso.

Bryan Soto

Città di Castello

Dal pianto di un bambino, alla risata di un anziano,per sentir non bisogna star con l’orecchio vicino,ma basta allungar la mano.Per toccar un prato fiorito,dove i pensieri vengon semprema solo dall’alto guardando la città tifernate riesco ad espan-der la mia mente.Vagando nell’infinito delle strade bianche dove la città non è ancora nata,

Dal Cuore Alla Città

Fuori da quella città è diverso, un creato estraneo,freddo e gelido,buio e scuro, che ti comunicaquel che di solitario ed egoistac’è nel mondo.

Dentro è caldo e affollato, pieno di gente, gente scono-sciuta,ma amica da sempre.E tutte quelle persone hanno origine dalla stessa città.Quella che ti ha dato il respiro.

Gabriela Dimitrova

L’anima della cittàUna spia cerca di capire la regola che associa parola e controparola d’ordine per l’ingresso in un centro segreto. Si nasconde dietro a un ce-spuglio ed osserva. Arriva un soldato, bussa al portone e da dentro una voce dice “12”, il soldato risponde “6” e gli viene aperto. Poco dopo arriva un altro soldato, bussa e gli viene detto “8”, lui risponde “4” ed entra. Un terzo soldato entra, dopo avere risposto “5” alla parola “10”. A questo punto, la spia crede di aver capito tutto: si avvicina, bussa, le dicono “4”, lui risponde “2” e gli sparano. Come mai? (Ovviamente esistono infinite risposte possibili: a noi interessa quella che si esprime con meno parole).

Il barbone Un barbone raccoglie mozziconi di sigaretta e mettendone assieme 4 si costruisce una sigaretta (quasi) nuova. Se riesce a fumare 7 sigarette (quasi) nuove, qual è il numero minimo di mozziconi che deve aver trovato e quanti gliene rimangono alla fine?

Spionaggio

1. Non si muove... eppure arriva ovunque. Cos’è?2. Se le unisci, dividono...3. Tre mamme hanno ognuna 2 figlie. Devono andare al cinema e nella sala sono rimasti solo 7 posti. Eppure riescono a sedersi tutte quante, perfettamente. Come è possibile?4. E’ tuo ma lo usano quasi sempre gli altri… Che cos’è?5. Ha i denti, eppure è sempre a digiuno. Di cosa parliamo?

Soluzioni: 1) La risposta tipica è “sette”, perchè la parola “quattro” ha sette lettere. Infatti in tutti i casi la controparola era il numero di lettere che componevano la parola d’ordine. Come già scritto, le risposte possibili sono infinite... 2) Il barbone aveva raccolto 22 mozziconi con i quali ha confezionato 5 sigarette con l’avanzo di due mozziconi. Coi 7 mozziconi rimasti dopo aver fumato le prime 5, ha fabbricato un’altra sigaretta con l’avanzo di 3 mozziconi. Dopo averla fumata rimane con 4 mozziconi coi quali costruisce la settima sigaretta. Alla fine quindi gli rimane 1 mozzicone.

Rispondi a questi quiz ma.. attento al trucco!

Soluzioni: 1) la strada 2) le forbici 3) una delle mamme è nonna, ossia mamma di (alme-no) una delle altre mamme 4) il nome 5) il pettine

e al posto di case ci sono piante. La città che vorrei è fatta di natura, non di asfalto e mat-toni, ma di alberi che di me si pren-don cura...

Gregorio Andrei

Pagina in libertà

“It”, sì, il suo nome è quello. È il nome di quel pagliaccio assassino che ogni trent’anni viene da noi in terra per uccidere bambini in-difesi. Ed è proprio lui che trent’ anni fa ha tormentato la mia vita e quella dei miei amici. Ebbene sì, io ho visto Pennywise, o me-glio chiamato “It” e mi ricordo tutto, anche se sono passati trenta lunghi anni; le giornate a scuola con il terrore di vederlo, le infi-nite volte a guardare sotto al letto prima di dormire e la paura che ci sbucasse davanti ogni volta che eravamo fuori in giro.La prima volta che l’ho visto ero nel campino del mio paese a giocare a calcio e il pallone era andato fuori dalla zona dove gio-cavamo; era andato anche oltre la siepe e quella volta, dopo aver fatto la conta, ci sono andato io per mia sfortuna. Superai la siepe fino ad arrivare nel cantiere dove prima c’era l’industria meccani-ca, e dove ora nessuno ci mette più piede a causa delle condizioni dello stabile. Prima di entrarci, guardai fuori, sperando che il pal-lone non fosse entrato. Dopo aver visto che, purtroppo, il pallone non era fuori, entrai in quell’edi-ficio abbandonato, pieno di spor-cizia e di siringhe usate per cose che non voglio neanche pensare. Ero circondato da colori cupi, con la paura che era arrivata a livelli altissimi. Dopo aver controllato all’inizio della fabbrica, vidi il colore giallo e viola del nostro pallone, era finito in uno dei due spigoli che si trovavano in fondo all’edificio.Non sapevo come fare! Cammi-navo piano, piano, come cam-minano i ladri quando vogliono rubare qualcosa. I miei passi era-no l’unico rumore che sentivo e assomigliavano al ticchettio delle gocce che cadono dopo una piog-gia burrascosa.Ero quasi arrivato in fondo, quan-do un rumore che si sovrappone-va a quello dei miei passi mi fece sobbalzare il cuore. Mi girai per vedere se era uno dei miei amici che mi faceva uno scherzo, ma ne dubitavo, visto che loro, come

L’incubo che ritorname, avevano paura di quella dan-nata industria abbandonata. Co-munque mi girai e vidi dei colori luminescenti nella zona in cui ero in quel momento. La luce aveva la forma di una persona e a guar-darla bene, vidi benissimo che era vestito da clown. Quel clown mi fissava da lontano e non sembra-va per niente un clown del circo! Aveva uno sguardo assassino che avevo visto solo nei film horror! Io ero lì fermo vicino al mio pal-lone e lui mi guardava dall’altro

lato dello stabile.Dopo l’ennesimo sguardo incro-ciato, lui ha aperto bocca:“Ciao Gregory!”Come faceva a sapere il mio nome? Ero sempre più terrorizza-to! Continuò il discorso facendo apparire un palloncino colorato dal nulla:“Lo vuoi un palloncino? Galleg-giano, galleggiano tutti e anche tu galleggerai se verrai con me!”Io in quel momento ero immobile come un sasso, spaventato dalle sue parole ma soprattutto dalla sua risata da assassino che face-va venire la pelle d’oca. Da quel momento non ho pensato più a niente, né agli amici né al pallo-ne, ma solo a fuggire dalla porta sul retro. Ho corso a più non posso fino a riuscire ad arrivare a casa mia

prendendo stra-dine varie che riportavano al paese. Dopo quel giorno, chiesi a mio padre di dar-mi tutti i giorna-li del paese che uscivano quoti-dianamente e vidi che ogni giorno avveniva la morte

di un bambino o adolescente sem-pre senza movente, senza tracce di nessun genere e senza che nes-suno avesse visto nulla. Un gior-no che io e i miei amici eravamo nei pressi del laghetto artificiale vicino la scuola, iniziammo a par-lare del più e del meno finché non mi feci forza e gli dissi cosa mi era accaduto, e stranamente due miei amici, persero il colore rosa del viso fino a diventare bianchi come morti. A quel punto anche loro raccontarono del loro incon-

tro con It. Da quel giorno It venne nella nostra scuola, però soltan-to quando andavamo al bagno o quando non c’era nessuno con noi e quando urlavamo dal terro-re i prof ci prendevano per pazzi perché It può essere visto solo dai bambini che credono nella paura. Questo tormento andò avanti tut-to l’anno scolastico e tutta l’esta-te. Finito quell’ anno, It non si è visto più, però io pensavo a lui ogni momento, a quel clown con la camicia gialla, i calzoni rossi e le scarpe lunghe quasi tre quarti di metro, gli occhi simili a quelli di un serpente, il naso ricoperto da una pallina rossa rotonda ed il trucco bianco, i capelli ricci mol-to folti e arancioni, i denti aguzzi come uno squalo che rabbrividi-vano solo a vederli da lontano. Dopo che sono passati trent’anni, io sono l’uni-co che ancora vive nel paese dove It mieteva le sue vittime, mi ero scordato ma tutto affiorò alla mente. Ero nel mio ufficio di mattina pre-sto, lavoravo davanti al com-

puter, mi sono fatto portare dalla mia segretaria un caffè e il gior-nale del giorno stesso, sfoglian-do pagina su pagina, ho trovato un articolo sull’uccisione di una bambina sul marciapiede della via dove abitava, non c’erano tracce di nessun genere, c’era solo una foto vicino al cadavere della bam-bina, quella di Jimmy, un mio compagno ucciso trent’anni fa senza nessuna traccia e senza che nessuno avesse visto nulla. A quel punto ricordai tutto, It, la tipolo-gia di omicidi e Jimmy! Ero lì, nel mio ufficio solo con il mio caffè ormai freddo, con un tremore che assaliva tutto il mio corpo, e in un momento sentii una voce, mi sembrava familiare, mi chiama-va dall’interno dell’armadio, lo aprì e mi saltò addosso un clown inquietante che mi stava faccia a faccia e che mi diceva: “Grego-ry, quanto tempo!” Sono tornato, sì! E questa volta mi puoi vedere anche se non sei più un bambino! “Ah, lo vuoi un palloncino?” L’ho tenuto per te e per i tuoi amici, e ancora galleggiano, galleggiano tutti! E anche tu galleggerai se verrai con me! Da quel preciso momento sparì nel nulla, però sentivo la sua risa-ta come un’eco dentro la mia testa che mi ha accompagnato per altri venti minuti. Oggi, 2 gennaio, è domenica mattina, e sono nella mia stanza che sto scrivendo que-sto messaggio con la speranza che qualcuno possa leggere, “tenete i vostri figli in casa non li fate usci-re!” Io sono da solo dopo il di-vorzio con mia moglie e vi giuro che ho paura, ho paura che quel dannato pagliaccio si presenti per uccidermi da un momento all’al-tro, perché ora sono solo senza mia moglie e i miei amici, e sono convinto di non riuscire a tenere testa a quell’essere spregevole, queste con molta certezza sono le ultime parole scritte da Gregory Foreman, e penso che saranno le ultime ore che passerò.Un saluto ai miei cari. Gregory Foreman.

Jacopo Bianchini

Un racconto

13 marzo: una giornata calda alla ricerca di chiarimenti su un fe-nomeno che tocca le tasche degli italiani e, ovviamente, in maniera diretta, anche le famiglie di noi tutti studenti. Don Achille Rossi, un esperto dello sviluppo, accet-ta di incontrare noi ragazzi per rispondere ai quesiti che sorgono spontanei durante un periodo di crisi.Dopo la proiezione di un filma-to, “L’economia della felicità”, di Helena Norberg Hodge, Pre-mio Nobel, don Achille illustra il problema secondo il suo punto di vista: la globalizzazione distrugge lentamente gli Stati, corrodendoli dall’interno sino alla loro distru-zione, o meglio, per restare in campo economico, “retrocessio-ne”. Poi si è parlato del problema dell’“import-export”, della crisi generale che coinvolge molti Sta-ti, tra cui grandi potenze come l’America stessa.Si torna poi alla contemporaneità italiana, ai nostri fatti di cronaca. “Come mi devo comportare, allo-ra, per salvare il nostro Stato?”. Il filmato spiegava bene che, nono-stante ci si sforzi di intervenire, occorre curare il problema alle sue radici. Gli stessi stipendi, sta-

tali, sembrano essere affidati alla cura di aziende “più o meno mul-tinazionali”. Spiega Don Achille: “Per globalizzazione si intende erroneamente la vicinanza istan-tanea di più popoli, l’esportazione e le importazioni di beni dall’altra parte del mondo in poco tempo, la telematica. Ma in realtà la globa-lizzazione è un danno allo stato. Non esiste più politica d’industria e le piccole imprese soccombono, ingoiate dal baratro delle multi-nazionali o dalle grandi aziende, che procurano gli stessi prodot-ti a prezzi nettamente inferiori. Con questa politica difficilmente avremo un miglioramento sostan-ziale”.

Il vortice della globalizzazioneUna economia mondiale in crisi

Nel corso del trimestre scola-stico, con il corso degli studi di matematica seguito del prof. Ros-si Giuseppe, abbiamo appreso come calcolare l’area compresa nell’incrocio tra una retta ed una parabola nel piano cartesiano. Il professore ha spiegato come risolvere il quesito attraverso l’utilizzo del teorema di Archi-mede, che richiede numerosi e complessi calcoli. Prima delle va-canze natalizie è stato assegnato alla classe il compito di fare una ricerca sulle proprietà ottiche del-le parabola, lo studente Poliziani Cristian, ha voluto approfondire il teorema citato in precedenza, svolgendo il problema su Micro-soft Excel. Il primo foglio di la-voro non ha avuto molto successo perché erano numerosi fattori da seguire e la confusione ha preso il sopravvento. Cristian ha quin-di provato a dividere il percorso in tappe, raggruppando i calcoli in sei formule lunghe ma dirette.

Il progetto ha avuto successo: è quindi possibile, con l’utilizzo di questo programma, cambiare i dati e trovare immediatamente la soluzione. Lo studente però non si è accontentato e ha voluto mettere insieme tutte le formule trovate ad ogni passaggio, trovan-do così un’ unica formula efficace ma troppo lunga. Dopo tre inter-minabili giorni di vacanze natali-zie di duro lavoro, è riuscito man mano a semplificare la formula, eliminando le parti superflue e giungendo alla vera formula del teorema di Archimede, più corta di quella già sviluppata da famosi studiosi matematici. Il professore ha ritenuto valida questa formula per essere pubblicata in un libro di Matematica. Lo studente ed il professore hanno preparato un articolo di circa quindici pagine che invieranno al quadrimestrale “Progetto Alice” e ad altre riviste con la speranza che vengano pub-blicate.

Il teorema Poliziani

Dall’inizio dell’anno scolastico in corso la classe V grafici del nostro istituto ha partecipato ad un progetto chiamato “Think safe”, che vuol dire “pensa sicu-ro”.Esso parla dei ri-schi che si possono correre attraverso il rapporto sessua-le, dalla gravidan-za, ritenuta rischio perché può essere indesiderata a que-sta età, alle ma-lattie anche molto gravi che si posso-no contrarre.Dopo l’introduzio-ne da parte della prof.ssa Raffaella Camicia, abbiamo avuto il coinvolgi-mento della prof.ssa Liliana Ma-scolo per quanto riguarda il suppor-to scientifico, con la visione di un cd che elencava e descriveva tutte le malattie sessualmente trasmissi-bili, persino quelle genetiche, ed evidenziava i rischi che possiamo correre in rapporti non protetti.L’intera iniziativa è stata svolta a scuola grazie ad un concorso grafico da parte della ditta “Du-rex”, famosa azienda promotrice del sesso sicuro, appunto.In seguito, grazie al supporto tecnico-grafico della prof.ssa Silvana Feleppa, abbiamo rea-lizzato i nostri lavori, che sono

immagini relative alla campagna appunto del “Think safe”, lavo-rando a coppie o singolarmente. Infine abbiamo partecipato ad un incontro con gli esperti socio-

sanitari del nostro territorio: la ginecologa dott.ssa Ranieri e lo psicologo dott. Saulo Scopa.Il 17 gennaio presso l’aula ma-gna dell’Istituto abbiamo visio-nato alla lavagna multimediale i lavori prodotti per “leggerne” il loro messaggio pubblicitario e approfondirne i significati o le problematiche che emergevano di disegno in disegno.Alla fine dell’incontro, gli esperti sono rimasti piacevolmente col-

piti dai lavori prepara-ti, tanto che ci è stato richiesto di assemblarli in un cartellone che gli stessi appenderanno in ambulatorio. Chissà, potremmo diventare utili ad altri!!!Possiamo affermare che la nostra cono-scenza su come gesti-re i rapporti sessuali in genere è migliorata molto. Abbiamo si-curamente capito che avere un rapporto è importante, ma è più importante “pensare sicuro” per salvare la propria vita!!!Grazie… messaggio ri-cevuto da tutti noi!!!

L’amore è bello se sicuroSesso senza sorprese

Esperienze a scuola

Il giorno 16 febbraio 2012 il nostro Istituto ha avuto l’ono-re di assistere a un incontro con il colonnello dell’Aereonautica Militare Italiana Roberto Vittori, presso l’Auditorium Sant’Anto-nio di Città di Castello.Roberto Vittori, nato a Viterbo nel 1964, è stato il primo cosmonauta italiano ad aver volato sulla navi-cella russa Soyuz, all’interno del-la quale ha volato per due volte (nel 2002 e nel 2005) ed ha inol-tre preso parte all’ultimo volo in programma per la navetta Endea-vour e penultimo in assoluto della flotta Shuttle (nel mese di Maggio dello scorso anno).Lo scopo dell’ultimo volo effet-tuato dal colonnello è stato quello di allestire, nella Stazione Spa-ziale Internazionale, il rivelatore AMS–02. La sigla è l’acronimo inglese di Alpha Magnetic Spec-trometer ed indica un particolare rivelatore, parte del quale è stato costruito in Italia, realizzato per agire come modulo esterno alla Stazione Internazionale. Installa-to per studiare la radiazione co-smica, alla ricerca della materia oscura e dell’antimateria, potrà sfruttare le caratteristiche pecu-liari dello spazio, esterno all’at-mosfera terrestre che, assorbendo parte dei raggi cosmici, ci difende dagli stessi, ma, al tempo stesso, impedisce studi completi sulla composizione sul flusso dei raggi cosmici.

nati dall’idea di poter conoscere Roberto Vittori, in quanto, come astronauta, incarna, in qualche modo, il mito di Ulisse, dell’uo-

mo che si spin-ge fino al limite delle proprie co-noscenze e cerca di oltrepassarle; in questo Vittori rappresenta più l’eroe omerico, legato al proprio territorio ed alla propria famiglia, dell’eroe dan-tesco, che trova conforto unica-mente nella sua sete di conoscen-za tanto da rinun-ciare alla fami-glia per seguire i

propri ideali. Eravamo certamente anche cu-riosi di fare la conoscenza di un uomo che poteva raccontarci un’esperienza assolutamente uni-ca, avendo potuto osservare la

Grande successo per questa II edi-zione: quasi 9.000 studenti, sud-divisi in squadre, hanno affronta-to con i loro docenti la prima fase eliminatoria del “Torneo del pae-saggio” organizzato dal FAI, dalla IULM e dall’UNESCO.I migliori, circa 700 ragazzi, il 29 febbraio hanno sostenuto, grazie al prezioso aiuto delle Delega-zioni FAI, la prova della seconda fase regionale. Del nostro Istitu-to, hanno partecipato alla fase regionale, tenutasi a Perugia, tre squadre composte dagli alunni: Federico Smacchia, Ilaria Prospe-

Nel corso dell’incontro, gli stu-denti hanno avuto la possibilità di ascoltare le esperienze vissute in prima persona dal colonnello e di poter soddisfare le proprie cu-riosità.Vittori ha illu-strato le varie fasi del volo, soffermandosi in particolar modo sulla partenza, ed ha mostrato le riprese fatte all’interno dello Shuttle e della Stazione Spazia-le Internazionale durante la sua ultima missione.Pieni di curio-sità e divertiti dalle immagini quasi inverosimili apparse nel vi-deo, quali acqua che sgorga dai rubinetti sotto forma di bolle e persone che volteggiano in aria vicino ad oggetti all’interno del-la navicella, gli studenti hanno ascoltato attentamente le parole del Colonnello, il cui racconto è andato ancora più indietro nel tempo, quando ha ricordato le fasi del suo addestramento e le sue esperienze e sensazioni.Noi studenti eravamo affasci-

A colloquio con l’astronauta Terra da un punto di vista insoli-to, almeno per noi che rimaniamo saldamente ancorati a terra, come lo è la Stazione Spaziale Interna-zionale (situata a 24.000 km dalla Terra (tanto per fare un confronto il raggio della Terra è pari a circa 6.300 km) e di vivere l’emozio-nante sensazione dell’assenza di peso (dovuta al bilanciamento tra la forza di gravità e la forza cen-trifuga).Si sentiva la voglia di poter an-dar oltre, superare i propri limiti e mettersi costantemente in gioco. Il Colonnello è stato la prova che con l’impegno e la forza si posso-no raggiungere i propri obiettivi.Si è rivelato un incontro interes-sante e divertente dominato dal-la curiosità dei presenti e dalla personalità del Colonnello, che molto difficilmente verrà dimen-ticato.Alzi la mano chi, tra i presenti, non ha provato, almeno per un at-timo, il desiderio di poter vivere, un giorno, anche solo una delle emozioni di cui ci ha parlato il Colonnello Roberto Vittori!

Elisa Fiorucci

ri e Giulia Zazzi (3B geometri); Lorenzo Gennaioli, Francesco Mariotti e Lorenzo Morini (3B geometri); Maicon Buglione, Alessio De Colle e Lucia Perugini (4B geometri). Si è classificata al primo posto la squadra di Buglione, De Colle e Perugini, al secondo posto quella di Smacchia, Prosperi e Zazzi.Complimenti a tutti i ragazzi per gli ottimi piazzamenti consegui-ti, e in bocca al lupo alla squadra prima classificata, che nel mese di maggio rappresenterà l’Umbria nella fase nazionale a Roma.

Torneo del paesaggioGara di cultura e ricerca sul paesaggio italiano

Giovedì 8 marzo nella nostra scuola è avvenuto un delitto.Sono le otto e trenta ed una classe delle scuole medie è riunita in aula magna quando: “bang! bang!”, si sentono degli spari.Qualcuno ha sparato lasciando sangue, polvere da sparo, impron-te digitali ed acqua contaminata per far venire a tutti il mal di pancia!I professori sono subito corsi a chiamare noi ragazzi della se-conda A dell’indirizzo Chimico-Biotecnologico per analizzare le prove, indagare ed arrestare il colpevole.Ognuno di noi aveva la sua squa-dra di due o tre ragazzi della scuola media: il colpevole anda-va fermato e così ci siamo mes-si subito al lavoro, dividendoci i compiti. Una squadra analizzava l’acqua contaminata, un’altra fa-ceva il test cromatico per ricono-scere la presenza di sangue su di

Delitto perfettouno straccio trovato nel luogo del delitto, mentre le altre analizzava-no la polvere da sparo cercando la presenza di nitrati e indagavano per l’Istituto chiedendo le im-pronte digitali a tutti.Alla fine il quadro cominciava a prendere forma ed eravamo sem-pre più vicini al colpevole, aveva i minuti contati.Improvvisamente notiamo che un’impronta era di gran lunga somigliante a quella trovata sul luogo del delitto e, dopo esserce-ne accertati, tutti abbiamo tirato le conclusioni: il colpevole era il prof. Livi!Che ridere vedere la preside che lo ammanettava!Ogni ragazzo della nostra squadra ha ricevuto un attestato di perfetto detective e a noi è bastato il piace-re di questa giornata indimentica-bile. Che divertimento!

Sabrina Giulietti

Esperienze a scuola

Il progetto “switch off” è stata un’operazione organizzata dalla regione Umbria, che ha visto pro-tagonista anche la nostra scuola. Esso è stato creato in occasione del passaggio dalla TV analogica a quella digitale. Infatti allora si è creata molta confusione nelle

case, soprattutto in quelle abitate da persone anziane.“Switch off” è stato attivato in col-laborazione con il comune di Città di Castello e la Pubblica Assisten-za Tifernate “Croce Bianca”, per ridurre il disagio in occasione di questa innovazione tecnologica.Infatti, anche a causa di una in-

Lunedì 23 gennaio 2012 ha avu-to luogo, presso il nostro istituto, uno degli incontri con una volon-taria dell’organizzazione Emer-gency di Perugia. Emergency è una ONG italiana, fondata nel 1994 a Milano da Gino Strada e dalla moglie Teresa Sarti, insieme a Carlo Garbagnati.L’attuale presidente di questa as-sociazione è Cecilia Strada, figlia del fondatore, che prosegue l’at-tività svolta in precedenza dalla madre defunta. Questa associa-zione è nata con l’intento di aiu-tare le popolazioni colpite dalla guerra. La sua opera consiste nel costruire ospedali destinati ai fe-riti e alle esigenze chirurgiche, centri per la riabilitazione fisica e sociale delle vittime delle mine

“Progetto switch off”

sufficiente informazione, questo cambiamento ha creato non poche difficoltà e confusione soprattutto tra le persone poco esperte nel set-tore.I ragazzi dell’istituto si sono di-visi in gruppi, che hanno lavorato a giorni alterni nelle case da cui

arrivavano le richieste di soccorso nelle ore pomeri-diane.Sono arrivate moltissime telefonate; questo ha di-mostrato che il progetto ha avuto molto successo ed ha aiutato veramente molti.Ogni gruppo è stato accom-pagnato nelle varie abita-zioni da un operatore della “Croce Bianca”. L’aiuto fornito dagli studenti, pre-

parati per l’occasione dai docen-ti e da esperti nel campo, è stato completamente gratuito e offerto dalla scuola.I ragazzi che hanno dato una mano con il loro supporto saranno grati-ficati con crediti formativi.

Giovanni Vinagli, Lorenzo Fabbri

Cos’è Emergency

taglia, ma anche donne e bambini innocenti colpiti da mine (circa il 93% delle vittime sono civili), soccorsi da questi volontari che con interventi chirurgici, ampu-tavano o cercavano di riallacciare braccia o gambe mutilate a causa di queste esplosioni. Commentan-do queste immagini, i volontari ci hanno spiegato la differenza fra i diversi tipi di mine, affermando che queste, spesso, vengono pro-dotte non per uccidere ma proprio per mutilare e sfregiare le vittime. Emergency nel 1994 ha partecipa-to alla campagna per il bando del-le mine antiuomo promosso dal trattato di Ottawa.Tra i tanti centri di soccorso co-struiti dai volontari di questa orga-nizzazione, molto importante è il centro cardio-chirurgico di Khar-toum, inaugurato nell’aprile del 2007 dove sono presenti tre sale operatorie sterilizzate e circa 30 posti letto per la terapia intensiva. A tal proposito nel film abbiamo visto in azione i medici di questo ospedale in un intervento al cuore.I volontari hanno sottolineato che questa organizzazione riceve do-nazioni economiche e materiali da parte di altre associazioni per la ri-

“Rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi al mon-do è solo; non è solo perché siamo in più, perché siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo…”Pietro Calamandrei, in uno dei suoi celebri discorsi, espose così nel 1955 a degli studenti di Mi-lano, il sacrosanto ed imprescin-dibile valore di partecipazione ed appartenenza ad un qualcosa di più grande, ad un qualcosa per il quale grandi uomini hanno com-battuto e che piccoli uomini non possono offendere e violare: li-bertà, repubblica, costituzione.Siamo cittadini, non sudditi; cit-tadini di un’Italia unica ed indi-

Etica e federalismo

visibile, e in quanto tali abbiamo diritti e doveri che ci appartengo-no. Sono nostri come singoli, ma anche come membri di una co-munità.Coscienza civica, questa manca a noi italiani. Siamo uniti in tutto, la nave che conduciamo ci affaccia ad un medesimo orizzonte. Non è nostra la nave, ma ne siamo parte integrante e comunque ci siamo a bordo più che mai e la burrasca distrugge la nave quanto distrugge noi stessi.Ogni atto civicamente scorretto crea una catena di pesanti riper-cussioni negative che si concre-tizzano in gravi sperequazioni sociali a livello nazionale, tra le quali la più evidente e difficile da

antiuomo e di altri posti di primo soccorso per il trattamento imme-diato dei feriti, centri sanitari per l’assistenza medica di base, cen-tri pediatrici, centri di eccellenza per traumi di guerra. Non meno importante è la sua funzione di formare il personale locale nelle attività necessarie alla cura dei pazienti e allo sviluppo delle atti-vità stesse. I paesi dove intervie-ne sono: Afghanistan, Cambogia, Iraq, Repubblica Centroafricana, Sierra Leone, Sudan. I volontari presenti all’incontro ci hanno illustrato la loro attività tra-mite un film ambientato in alcuni dei centri da loro creati in Sudan, Ruanda e Afghanistan. Le imma-gini, forti e toccanti, non mostra-vano soltanto soldati feriti in bat-

cerca e lo sviluppo dei vari centri dislocati in varie parti del mondo.Una di queste è Smemoranda (la famosa produttrice di agende), la quale ha donato 2 ambulatori mobili per il primo soccorso. Pa-rallelamente agli interventi uma-nitari, l’attività di Emergency è finalizzata alla creazione e alla diffusione di una cultura di pace,

solidarietà e diritti umani, forse la miglior cura per risolvere a monte tutti questi problemi. Per conclu-dere, ci piace ricordare che dal 1994 al 30 settembre 2010 Emer-gency ha assistito più di 4.543.582 persone.

Andrea Agri

Dal 1994 a oggi, Emergency è intervenuta in molti paesi dove è in atto una guerra, costruendo ospedali, centri chirurgici, pediatrici e di primo soccorso. Nel 1994 ha intrapreso la campagna che ha por-tato l’Italia a mettere al bando le mine antiuomo. Per sostenere gli obiettivi di Emergency su scala internazionale, nel 2005 negli Stati Uniti sono stati creati alcuni gruppi di volontari che nel 2008 si sono costituiti in associazione riconosciuta (Emergency USA). Nel 2007 si è costituita Emergency UK. Tra la fine del 2010 e i primi mesi del 2011 sono nate pure Emergency Japan e Emergency Svizzera.

Esperienze a scuola

risolvere è l’evasione fiscale.Oggetto di mille attenzioni, rima-ne ancora una questione irrisolta.Molti i metodi ipotizzati e perse-guiti per tentare di combatterla, ma spesso eccessivamente di-spendiosi e comunque poco effi-caci e concreti.A seguito di numerosi e ripetu-ti dibattiti, una delle soluzioni maggiormente accreditate sem-brerebbe, anche in Italia, quella di intraprendere una progressiva in-troduzione, nel nostro ordinamen-to, della politica del federalismo fiscale. La tematica del federali-smo fiscale è stata oggetto di po-lemiche e di diverse interpretazio-ni sul come ed entro quali limiti possa essere vantaggiosa e giusta la sua concreta applicazione.Indubbiamente, in base alla nostra modesta opinione, il federalismo fiscale permette l’attuazione di controlli più pragmatici ed effica-ci, in quanto più strettamente le-gati alle singole dinamiche locali, e comunque aventi come oggetto un territorio più circoscritto.Di conseguenza, controlli più mi-rati e organizzati potrebbero per-mettere la realizzazione di pro-grammi più efficienti per la lotta contro una pericolosa, talvolta spropositata, evasione fiscale.A questo punto, è necessario sof-fermarci sull’Italia.La devoluzione, intesa come as-

segnazione di competenze dal vertice agli enti locali, in Italia, a nostro parere, non è attuabile, non è vantaggiosa, non è etica, né ci-vicamente corretta e, in ogni caso, la sua reale applicazione pecche-rebbe, come da tempo accade, di disonestà, incompetenza, man-canza di professionalità: rischie-rebbe di incrementare gli egoismi locali, di danneggiare le regio-ni più povere, costringendole a provvedere a se stesse attraverso la gestione di risorse esigue ed insufficienti e potrebbe giungere, nella più drammatica delle ipote-si, a minare la stessa solidarietà e coesione nazionale.Una spietata analisi la nostra, una profonda critica intesa come fondamento di consapevolezza, presa di coscienza e presupposto di propulsione verso l’immediata ricerca di soluzioni sensate.Ripristino dei valori costituziona-li, rivoluzione culturale, onestà, professionalità e meritocrazia…queste le soluzioni, tanto ovvie sembrerebbero, eppure così rare.Federalismo fiscale costituziona-lizzato e smistamento territoriale per evitare la corruzione: questo proponiamo per il nostro Paese, noi umili voci recenti.

Alessia Gragnoli, Silvia Granci, Martina Grilli, Sofia Valentini

Il giorno 11 novembre 2011 a Cit-tà di Castello si è tenuta la corsa podistica non agonistica detta “Strasanflorido”. Tutte le scuole della zona hanno partecipato a questo evento.La mini-maratona nel centro sto-rico tifernate era ben organizzata.Sia i maschi che le femmine era-no divisi nella categoria allievi e juniores.Il percorso non era molto lungo. Per allieve e juniores femminile il percorso era rispettivamente di 2 e di 2,5 km, quello maschile 2,5 e 3 km. I primi a partire sono stati gli allievi, poi gli juniores.Chi scrive faceva parte della ju-niores femminile. Sono arrivata prima e mi sono divertita perché amo questo sport. Ormai sono due anni che pratico podismo insieme al Marathon di Città di Castello. Ciò mi ha aiutato a crescere sia dal punto di vista fisico che men-tale. Quando si corre, pensieri o problemi se ne vanno e si rimane soli con se stessi, senti solo il ru-more delle scarpe sulla strada, il

vento sul viso e le risate dei com-pagni.Come dice sempre l’Enri-ca, che corre sempre con me, io sono come una “piantina” della squadra, perché tutti mi aiutano a crescere migliorando negli alle-namenti.La corsa mi piace da morire, ma è ovvio che non è una “passeg-giata” fare dieci o dodici km al giorno. Spesso ci si lamenta per la fatica, ma la felicità di correre è appagante, perché a fine gara si constata che quella fatica è servita a qualcosa.Ritornando alla “Strasanflorido”, la maratona era strutturata vera-mente bene. Il tempo è stato fa-vorevole e alla fine hanno distri-buito dei cornetti. Correvano pure i ragazzi diversamente abili, che sono stati premiati insieme a noi.Questa è la quattordicesima edi-zione di una gara che aiuta a ri-cordare a tutti che donare il san-gue è importante per salvare la vita a qualcun altro.

Giulia Morbidelli

A “spasso” per le vie di Castello

“Toccante...interessantissimo...commovente...bellissimo...”: così si è espressa la giuria del concor-so indetto dall'Istituto di storia politica e sociale Venanzio Gabri-otti riguardo ai lavori presentati dalla classe IV del corso Ragio-nieri Igea.L'argomento proposto quest'anno, l'emigrazione dall'Alta Valle del Tevere nel Novecento, era in ef-fetti stimolante, e i ragazzi non se lo sono fatto scappare, presentan-do tre diversi elaborati. Il “grup-po di Apecchio” ( Giada Barzot-ti, Veronica Fusciani, Loredana Pantaza e Julia Petrova) ha svolto una interessante, molto docu-mentata ricerca sulla emigrazione dalla cittadina marchigiana verso la Svizzera; Samantha Mandrelli ha scritto un toccante racconto, rielaborando in forma di diario la testimonianza di una signora di Città di Castello che ha cercato fortuna a Nizza.Il terzo lavoro, realizzato da Za-kia Badi, Saadia Ghizlane, Mar-tina Melelli, Elisa Sabbioni, Sofia Torrioli con il supporto di Simone Allegria, Luca Bastianoni, Lo-renzo Carmeti, Roberto Mariotti,

Pierre Moretti, Marianna Panzo-lini e Emanuele Pareggiani, ha affrontato il tema dell'emigrazio-ne italiana all'estero confrontan-dolo con il fenomeno più recente dell'immigrazione, e lo ha fatto in modo toccante, mettendo in pa-rallelo le vite di due persone care

: una signora italiana emigrata in Svizzera negli anni Sessanta, un giovane marocchino venuto in Italia negli anni Ottanta.Per la giuria la scelta non deve essere stata facile, così i tre la-vori hanno ricevuto in ex aequo il primo premio del concorso, che è stato consegnato dal Sin-daco di Città di Castello Luciano Bacchetta e da Placido Rizzoto, nipote omonimo del sindacalista ucciso dalla mafia nel 1948.

La IV “Geometri”conquista il “Gabriotti”

Esperienze a scuola

Raccontare l’esito di due uscite didattiche, dopo il disastro che ha colpito il Belgio, non è facile per un’insegnante. Rivivi con la men-te i chilometri macinati con il pul-lman, il volo, anzi i voli con l’ae-

reo, gli spostamenti con la metro e pensi…sono stata fortunata. Li ho riportati tutti sani e salvi. Al-lora il pensiero va a quel pullman impazzito e una morsa ti stringe lo stomaco! Per noi insegnanti la “gita” annuale può diventare un incubo e allo stesso tempo è una fatica enorme, ma“chi te lo fa fare?” dicono alcuni colleghi. Me lo fa fare il ricordo di quando ero studentessa e capitava di rima-nere a casa, perché non c’erano docenti ad accompagnarci: che delusione!. E allora la vecchia studentessa esce fuori, prepara la valigia e si va, si parte. Fortunata-mente dopo la “gita” guardandoti indietro ricordi solo le cose belle che sono successe, dimentichi le arrabbiature, la fatica, il mal di piedi e il sonno perso! Allora pas-siamo alla cronaca.Londra 26 febbraio - 3 marzo: stage linguistico. Esperienza vera-mente bella e da ripetere, i ragaz-zi sistemati nelle famiglie hanno la possibilità di incontrare realtà nuove, estremamente diverse dal-la nostra. Allora raccontano della

famiglia vegana che non mangia né carne né latte né uova; quella indiana che cucina con il curry; quell’ebrea che usa carne “con un metodo strano” (kosher). Tutti concordano nel dire che la fami-

glia inglese non vive come noi, non mangiano mai insieme, chi viene e chi va, si incontrano po-chissimo. Anche le prof hanno vissuto l’esperienza familiare ed è veramente positiva. La nostra famiglia è di origine indiana, pre-cisamente dello Sri Lanka e si prodiga per farci sentire a casa, così apprendiamo velocemen-te la loro abitudine di togliere le scarpe prima di entrare in casa e camminiamo rigorosamente in ciabatte o con le calze. Londra è per i ragazzi un enorme luna park, un paese dei balocchi e loro si immergono subito nell’atmosfe-ra con shopping sfrenato, soste al Mc Donald’s o Starbucks, dosi di cultura al British e visita alla cit-tà. La sera per rientrare nelle case alla periferia di Londra si prende la metro e li è il delirio: treni stra-colmi di gente che non parla mai con nessuno, tutti con la testa im-mersa nel giornale, nel libro o per i più tecnologici nell’ipad. Si sen-tono solo le voci dei nostri ragaz-zi, che parlano fra loro e urlano da un lato all’altro del vagone. Nella

ressa riusciamo a perdere di vista una ragazza che si ritrova sola in un vagone della metro, ma noi ci accorgiamo solo a destinazione… e allora è il panico. Veronica però ci stupisce e da sola riesce a rien-trare alla stazione d’arrivo, anche se dopo quattro convogli che per noi sono altrettante coltellate! Un’eroina da Apecchio, dove al più passa “il postale” a Londra, dove la metro sembra un girone infernale. Le fatiche sono però ripagate dalle bellezze della città, tante città in una e da un tempo mite, addirittura con il sole che ci accompagna per due giorni. Serata conclusiva al Planet Hol-lywood, con cheeseburger per tutti, anche per le prof, che “non vedevano l’ora” e auguri sul maxi schermo per Giulia e Martina che diventano maggiorenni a Londra (non è da tutti). Le prof si sono comunque preparate alla grande serata finale concedendosi una pausa a metà pomeriggio e addol-cendosi la bocca con un english cream tea!! (vedere la foto per credere).

Madrid: viaggio di istruzione del-le classi quinte, 5 - 9 marzo.Sono rientrata il 3 sera tardi e ap-profitto del bel tempo della dome-nica per lavare, stendere, stirare e preparare di nuovo la valigia. Si parte per Madrid. Altro giro, altra corsa! Vai di nuovo in pullman a Roma-Fiumicino e riprendi l’ae-reo. Questa volta lo prendiamo veramente al volo, perché arrivia-mo in ritardo al check in, causa incidente in autostrada e devia-zione in campagna per salire un prof troppo comodo (ahi, ahi!). Per fortuna saliamo tutti e si va!Arrivo a destinazione regolare e primo tour in pullman della città, che ci accoglie con un sole spa-gnolo fantastico e ci dà il benve-

Supergite di fine corso a Londra e Madridnuto. Sarà che ho un debole per la Spagna, ma l’atmosfera di Ma-drid è sempre calda e accoglien-te. L’ hotel assegnato al gruppo è un quattro stelle veramente bello, con camere ampie, ben arredate e una posizione comoda per rag-giungere il centro in metro. Unico inconveniente l’ascensore un po’ piccolo: “mi raccomando non sa-lite in più di tre per volta con le valigie”, ricorda la receptionist e i ragazzi eseguono, almeno fino all’ultimo giorno, quando ben otto di loro riescono ad infilar-si nell’ascensore e ci rimangono bloccati per 40 minuti. Portata 4 persone per 300 kg; salite 8 per-sone per 530 kg.Siamo di diritto nel Guinness dei primati! I ragaz-zi però sono stati veramente bra-vi. Visite guidate, musei e in più ingresso e tour del Palazzo Reale e dello stadio Bernabeu. Avranno di che ricordare e si sono meritati la discoteca l’ultima sera; 7 pia-ni di discoteca per non annoiarsi e rientro obbligatorio alle 3.30. Storcono la bocca, brontolano, contrattano, ma poi rispettano

l’orario e tornano puntuali. È fat-ta! Ultimo giorno. Pranzo libero e poi si parte. Ci raccomandiamo ancora una volta di non mangiare solo le “schifezze” del Mc Do-nald o del Burger’s King, ma di assaggiare anche i piatti tipici e molti di loro si buttano sulla pa-ella: hanno apprezzato un nuovo piatto. Le prof si accontentano di un “bocadillo al jamon”, che vuoi, un panino con il prosciutto è leg-gero e buono e poi lo mangiamo a metà… e qui scatta il contrap-passo dantesco; le prof Boldrini e Castellenti saranno le uniche del gruppo a non aver mai orgoglio-samente mangiato in un fast food, a tornare intossicate da un panino. “Maldito jamon”

Gite

Passo Tonale, 14-18 gennaio. Dopo alcuni anni di stop, l’IIS Franchetti-Salviani di Città di Ca-stello riprende sci e racchette per affrontare i campionati studente-schi di sci. Quest’anno si è scelto il Passo del Tonale per vivere al-cuni giorni all’insegna dello sport e dello spirito di gruppo. Le due classi quarta del Corso A e B Ge-ometri, accompagnate dai docenti Boldrini, Castellenti e Frondini, insieme con gli studenti dell’Isti-tuto Cavallotti-Baldelli-Patrizi e i loro insegnanti, hanno affrontato le piste del comprensorio Tonale-Ponte di Legno con impegno, par-tecipazione e un po’ di incoscienza per chi era alla prima esperienza

sugli sci. Tre giorni pieni e intensi di sciate, corso regolare con i ma-estri della scuola SkiRama e gara finale per decretare il campione del Distretto Scolastico n. 1.I risultati migliori nella gara sono stati quelli di Tommaso Palazzini della 4 BG, primo con un tem-po di 25, 86 e Gloria Coltellini, sempre della 4 BG seconda con 27,14. Ottimi comunque i risul-tati per tutta la classe 4 BG che ha piazzato al terzo posto Valerio Grassini con 27,97, al quarto po-sto Lorenzo Bettoni con 28,13, al nono Giovanni Bussotti con 29.81

e al decimo Matteo Mazzoni con 30,29. Sette atleti nei primi dieci posti! Davvero non male!Altri quattro atleti della 4 AG si sono piazzati dal 12° al 16° posto: Andrea Bistarelli su snowboard al 12° con 32,14, Christian Casta-gnoli al 13° con 32,31, Michael Simoncini al 14° con 33,33, Lo-renzo Agostini al 16° con 33,69.Un bravo a Michael Ferrieri al 18° posto con 34,14, poco esperto con gli sci, perché alle prime armi, ma senza paura.Una nota a parte per i docenti accompagnatori. Impeccabile lo stile della prof. Castellenti, ele-gante e fashion anche con la tuta anni ’80. Spericolata e pericolosa

la prof. Boldrini, che cadendo ha falciato e trascinato sulla neve l’incolpevole Lorenzo Agostini, ammaccandolo un poco. La Pal-ma d’oro della caduta va però al prof. Frondini, che nonostante lo stile e la prudenza ha rischiato di ammazzarsi e tornare in albergo in toboga. Un’esperienza veramente diver-tente e da ripetere per non inter-rompere la tradizione sciistica della scuola. L’appuntamento adesso è alla fase regionale dei campionati studenteschi a Forca Canapine.

Il corso geometri “a valanga” sul Tonale

Provate a pensare al contrasto del bianco col nero, mettete insieme la luce con le tenebre, tutto quel-lo che di più opposto c’è al mon-do, e quello che ne uscirà fuori, la loro fusione, è l’amore: “Odio e amo”. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tortura.”Esattamente come la passione amorosa che descrive Catullo, ma la verità è che per quanto si possano amalgamare avranno comunque, obbligatoriamente, un effetto opposto…così i senti-menti dell’amore.I grandi classici del passato condannavano ripetutamente il “furor” come un qualcosa che “ottenebra la lucidità”: un’estre-ma passione distruttiva che con-duce al delirio ed infuria l’ani-mo; una degradazione fisica e

La dimensione allucinatoria dell’amorementale che può essere placata solo continuando a sprofondare nella sofferenza. Quello ancora più sorprendente è che questo sentimento smisurato stravolge la gerarchia dei valori in cui hai sempre creduto, come se ti tro-vassi in una dimensione paralle-la, quasi allucinatoria, dove tutto si annulla. E tutto questo ti porta allo sbando, non esiste più un filo logico che lega te e le tue azioni, una follia continua che annulla il principio di realtà, di orgoglio, su quello del piacere. Contem-poraneamente però, i dolori che causa sono estremamente dolci e leggeri; i tormenti ed i lamenti come una melodia consolatrice.Il furor è come un veleno, ed il suo antidoto, il tormento.

Letizia Acquisti

Quando abbiamo scoperto di aspettare un bimbo, eravamo tutti e due spaventati, perché non sa-pevamo cosa fare e come dirlo ai nostri. Dopo aver passato il primo periodo tra ansia e angoscia, ci siamo tranquillizzati e lo abbiamo detto ai nostri genitori. Inizial-

mente non l’hanno presa bene, ma poi, con il passare dei giorni, anche loro hanno iniziato a cal-marsi e a fare progetti insieme a noi. Questi nove mesi sono passati molto velocemente. Guardava-mo stupiti il mio cambia-mento fisico e ci imma-ginavamo come poteva cambiare la nostra vita dopo, non più in due ma in tre. Eravamo in ten-sione aspettando le eco-grafie, perché ogni vol-ta non sapevamo come procedeva la gravidanza. Però, quando il dottore ci diceva che andava tutto

Un’ avventura meravigliosa

bene, tiravamo un sospiro di sol-lievo.È stato bellissimo quando abbia-mo scoperto che era un maschio. Non vedevamo l’ora di vederlo. Anche lui, come noi, non vedeva l’ora di uscire, perciò ci ha fatto la sorpresa di nascere tre settimane

prima. È stata un’esperienza stupen-da ed indescrivibile. Soprat-tutto il parto, che è stato mol-to doloroso, ma con Daniele vicino che mi dava forza e coraggio, i dolori sono stati sopportabili.Quando abbiamo visto, per la prima volta, il nostro Angelo, così lo abbiamo chiamato, ci siamo messi a piangere e ci siamo abbracciati fortissimo.

Ora speriamo di essere dei buoni genitori per il nostro piccolo e di continuare ad amarci così tanto.

Veronica Massetti e Daniele Zamponi

Gite e amore

Oggi giorno la maggior parte dei ragazzi non vive senza musica. Ci chiediamo: perché è così im-portante per loro? Cos’è che li at-tira nell’ascoltarla per quasi tutto l’arco della giornata? Io che sono uno studente adolescente posso ri-spondere in prima persona: la mu-sica è qualcosa che ti cambia una giornata di pioggia e temporali in una bellissima giornata d’estate! La musica è un ingrediente essen-ziale per farti nuove amicizie! La musica è un importante mezzo per sfogarsi, per rilassarsi e, soprattut-to per gli adolescenti, una ragio-ne di conforto, discussione ed un modo per conoscersi e divertirsi.Nel mondo di oggi troviamo sva-riatissimi generi musicali i qua-li vengono ascoltati in base alle preferenze dei teenager: andiamo dalla musica moderna (meglio conosciuta con il nome di musi-ca commerciale) la quale viene ascoltata dalla maggior parte degli adolescenti, fino ad arrivare alla musica anni 70/80 o anche più vecchia. A volte un genere musi-cale può piacere così tanto che si può arrivare a vestirsi e compor-tarsi seguendo le regole di quel genere. Ad esempio: chi ascolta musica afro/reggae, tende a por-tare berrettini e indumenti molto larghi e stravaganti; spesso e vo-lentieri i colori prevalenti sono il verde il rosso e il giallo, come la bandiera jamaicana portata in alto dal simbolo, nonché primo artista di questa corrente musicale, Bob Marley; per non parlare dei loro capelli che spesso e volentieri sono tenuti “a spaghetto” (rasta). Chi invece ascolta musica com-merciale, house tecno ecc.. 1) sente il bisogno di recarsi in discoteca ogni sabato sera per in-contrarsi e chiacchierare con quel-li della sua specie...2) si veste con un look sempre alla moda, con vestiti colorati e vistosi e capelli sparati al vento. I tipi di questo genere sono stati ribattezzati dagli altri con il nome di “truzzi”, ovvero amanti della musica house & Co.Troviamo poi i rapper e artisti di strada che seguendo i loro idoli (Eminem, 50cent…), imitano il loro modo di vestirsi (felpe mol-to lunghe e larghe, calzoni con il cavallo bassissimo…), e il loro modo di comportarsi…Arriviamo poi ai metallari/rocket-tari, specie primitiva e “aggressi-va”, amante della buona e vecchia

Si dice che la musica si identifichi col suo autore; tutta la combina-zione dei suoni e delle emozioni, secondo regole e generi diver-si, varia a seconda dell’animo dell’autore. È incredibile quanto il senso letterale e figurato di que-sta parola si avvicinino tra loro, di quanto uno spartito musicale asso-migli alla nostra vita: un cantante o un musicista, canta o suona un brano musicale seguendo lo spar-tito con l’indicazione delle note e della modalità di esecuzione; e così sono la vita, le note, ogni punto di stazione del nostro per-corso, ogni passo, e la modalità di esecuzione sostituisce l’insieme dei valori con cui la affrontiamo.Il suono sconvolge l’ordine con cui la musica è scritta, così im-mobile e silenziosa, ma allo stes-so tempo un paio d’ali per un fan-tasioso pensiero, il trampolino di lancio per l’immaginazione, rie-sce a dare un fascino alla tristezza ed un impulso all’allegria.La musica è un piacere che ognuno si può concedere, ma oggi, purtroppo, più che un’arte, è un’industria. Sanremo, il più grande Festival della musica ita-liana, propone ogni anno nuovi artisti, nuove scenografie, nuovi ospiti, che nascondono dietro a quel sorriso fiero e soddisfatto

Lo slancio dell’immaginazionecumuli e cumuli di soldi solo per aver camminato su quel palco.Ma la minaccia più pericolosa per la musica a livello mondiale è la pirateria, un fenomeno all’ordine del giorno da anni. La musica di-gitale che viaggia lungo le arterie del Web compressa sul formato Mp3. Programmi come Napster hanno scatenato una battaglia di proporzioni catastrofiche, con un ricavo che fa tuttora arricciare il naso alla Riia, l’associazione delle case discografiche, che ha appun-to proposto un filtro elettronico per la protezione del copyright.In Italia questo “fenomeno” pare limitatamente sviluppato: a detta di alcuni, infatti, può avere impul-si positivi, in quanto “se il brano che ascolto via Napster mi piace, vado a comprare l’intero disco”. Ma su scala globale la pirateria costituisce la morte della disco-grafia. Per i pochi, veri ascoltatori ri-masti, la musica rimane sempre l’insostituibile fonte di salvezza, perché essa ci offre sempre e co-munque la facoltà della mente di creare ogni cosa buona, giusta e bella; è una sorta di legge morale, che dà un’anima all’universo, di cui essa è la forma invisibile.

Letizia Acquisti

musica creata da veri e propri strumenti musicali (tra questi ci sono anch’io). Caratteristiche fondamentali di questa figura sono: capelli lunghi, jeans attillati e accessori borchiati. Di questo genere possiamo parlare per ore ed ore, perché è una corren-te musicale che ha accompagnato anche i nostri genitori e che con-tinuerà anche con noi. Per questo ci limiteremo a dire che dagli anni di Jimi Hendrix, i Rolling Stones e i Beatles (blues/rock n’ roll) si sono evoluti con generi sempre più accattivanti e crudi, andando dal metal, hard rock, heavy metal (gruppi protagonisti sono i Black Sabbath, gli Iron Maiden, gli AC/DC ecc...).Quando una persona, oltre ad ascoltare musica, la suona anche con uno strumento, la cosa è ben diversa. Questo perché l’emozio-ne che provi quando riproduci la tua canzone del cuore con le tue mani ti manda al settimo cielo!Io per esempio, che suono ormai da 10 anni la chitarra, ho sempre realizzato il desiderio di poter ri-produrre le canzoni fatte con le mie stesse mani e provo ogni volta un’emozione grandissima!Da quasi due anni faccio parte di una rock band con altri quattro ragazzi e insieme ci divertiamo a fare solo ed esclusivamente brani del nostro gruppo preferito, ovve-ro gli AC/DC. Insieme siamo una chitarra solista, una chitarra d’ac-compagnamento, una voce, una batteria e un basso.Molti dicono che sia semplice, ma mantenere costantemente allenato un gruppo musicale, per evitare brutte figure dal vivo, è impegna-tivo: noi proviamo almeno una volta a settimana, e quando siamo in prossimità di un concerto (fino-ra ne abbiamo fatti 25), arriviamo anche a 3 prove la settimana. Tut-to questo potrebbe essere un gros-so sacrificio per voi che ora starete leggendo, ma per noi è un diverti-mento, e più c’è da suonare, e più suoniamo, finché non ci cadono le braccia a terra.Ogni volta che salgo sul palco è come se fosse sempre la prima volta, il che mi dà la carica per fare bene la mia serata. Quando sono lì, il mondo si restringe e ri-mango io solo con la mia chitarra a cercare di fare il nostro sporco dovere. Tutto il resto è niente!

Giovanni Spapperi

Io, noi e la musica

Musica

La musica, in tutti i suoi generi, con il passare degli anni è diventa-ta un mezzo per varie finalità: per divertirsi, sfogarsi, incoraggiarsi, rilassarsi, pensare, confrontarsi, sognare. Ormai la maggior parte dei ragazzi non può fare a meno di ascoltarla. I giovani d’oggi, in particolare, vanno molto per la musica commerciale (house, rap), iniziano ad interessarsi verso i 13-14 anni, quando iniziano le supe-riori e vanno per le prime volte in discoteca per non essere diversi dagli altri.Esistono anche generi meno se-guiti, tipo musica rock o classi-ca. Quindi chi li segue tende ad escludersi dal gruppo di coetanei e ad essere trattato diversamente. Questo fa delle musica un ele-mento decisivo per un rapporto di amicizia. Per questo ai ragazzi che amano generi particolari pia-ce riunirsi in gruppi tra loro.Molti adolescenti amano ascol-tare la musica durante le attività sportive, come mezzo di inco-raggiamento: difatti recenti studi hanno dimostrato che può essere considerata doping, in quanto au-menta le prestazioni.Ma la caratteristica più speciale, è che durante una giornata lunga e

La musica per i giovaniimpegnativa oppure la sera prima di addormentarsi, ascoltare alcu-ne canzoni del nostro genere pre-ferito è motivo di prendersi una pausa e riflettere, fermarsi un atti-

mo a pensare ai momenti positivi trascorsi nella giornata ma anche quelli negativi, chiedersi perché certe cose sono andate nello stes-so modo, e come sarebbero anda-te in altri frangenti, immaginarsi un futuro tutto nostro dove maga-ri saremo presidente della repub-blica o un attore famoso, avremo tanti soldi da spendere qua e là, sposeremo una bellissima donna, avremo tanti figli e chi più ne ha più ne metta!

Cristian Poliziani

La musica, è una forma di co-municazione, dei propri pensieri, sentimenti, che trasmette emozio-ni, capace di tornare indietro nel passato di una persona, in un pre-ciso avvenimento della propria vita, solo tramite il suo ascolto.Inoltre essa è, forse insieme ad in-ternet, una delle poche cose che riescono a mettere in contatto più persone, abitanti magari in parti opposte del globo, creando inte-ressi comuni tra individui diffe-renti e scambi di opinioni su un determinato genere di musica, su un artista più o meno popolare.Esistono molte piattaforme in rete che svolgono queste funzioni: la più conosciuta è youtube, in cui ogni giorno vengono caricati da utenti provenienti da ovunque,

video di tutti i generi: musicali, d’intrattenimento, di programmi televisivi, di sport ecc... Ognuno può creare un account, commen-tare in positivo o negativo una canzone che ha sentito alla radio qualche ora prima e comunicare con gli utenti che la pensano in modo contrario, creando spesso veri e propri forum.La musica ha subito cambiamenti continui negli anni. Partendo dal-le tribù indigene che battevano le mani su tamburi artigianali, ar-rivando ai moderni Disc Jockey, più comunemente DJ che tramite strumenti e/o altre tecnologie cre-ano musica, insieme di suoni im-possibili da ricreare con strumenti musicali normali, spesso criticata, perché priva di parole. Al giorno d’oggi i ragazzi amano in genere andare in discoteca, non solo per fare nuove conoscenze, ben-sì per passare una serata alternativa. Dietro questa dimensione, la musica crea un’attività commerciale, una circolazione di denaro in alcuni casi con guadagni

più alti di quelli del mondo cal-cistico. Basti dire che per venire a suonare una serata un noto DJ, Tiesto, il ferragosto di quest’anno ha fatto guadagnare ad uno dei lo-cali più conosciuto in Italia ed in Europa, il Cocoricò di Riccione, la bellezza di 2.800.000 di euro di sola entrata. Questo sulla base di un calcolo, visto che il costo del biglietto era di 40 euro e le per-sone erano circa 7.000, con più di un’ora di fila per entrare all’in-terno. Questo fa intendere quanto sia alto il guadagno di certi locali, che hanno ottenuto talmente tanta fama musicale, ospitando e poi pagando i migliori DJ della clas-sifica mondiale profumatamente (Tiesto al momento è terzo in tut-to il pianeta). Per la serata descrit-ta in precedenza il DJ ha ottenuto circa 80.000 euro per sole due ore e mezza scarse. Il divertimento e la bellezza del locale, oltre natu-ralmente la musica, fanno passare in secondo piano il costo di tutto ciò.Il caso della musica digitale che viaggia lungo le arterie del web compressa col formato MP3, ha scatenato una battaglia legale di proporzioni enormi. La sentenza finale dei giudici, introdurre un filtro elettronico per la protezione dei copyright, ha fatto arricciare il naso alla RIIA, l’associazione del-le case discografiche. Gli artisti si lamentano dei pochi dischi ven-duti, lo fanno, perché navigando sui motori di ricerca in rete puoi trovare programmi che in pochi minuti ti permettono di scaricare sul computer le canzoni desidera-te. È semplicissimo e gratuito, ba-sta copiare il link della canzone in questione da Youtube e trasferirlo su un convertitore MP3. In questo modo una persona può crearsi una compilation personale con tutti i brani desiderati, invece di spen-dere 15 o 20 euro per un CD.

Musica: nuove frontiere

Due anni fa, in un numero di “L’Arvultico”, era stato steso un articolo che riguardava la morte di Ronnie James Dio (16 maggio 2010), secondo cantante dei Black Sabbath (rinominati con lui Hea-ven and Hell), famoso per la sua voce potente e dalle intonazioni epiche, considerata la più impor-tante nello scenario Heavy Metal del secolo scorso. Ora invece, si può dedicare un po’ di spazio alla reunion di questa band che ha fat-to storia. Il 7 novembre 2011, nei blog che parlano di musica, c’era questa affermazione di Tony Iommi: ”Ci siamo ritrovati tutti a casa di Ozzy”. L’11 novembre, 4 giorni dopo, la notizia bomba: “I Black Sabbath si sono riuniti con la for-mazione originale che prevede: Ozzy Osbourne alla voce, Tony Iommi alla chiatarra, Geezer But-ler al basso e Bill Ward alla bat-teria”.L’annuncio ufficiale della reunion è giunto dalla conferenza stampa tenutasi presso il Whisky A Go Go, storico locale di Hollywood,

Reunion Black Sabbathdove la band debuttò esattamente 41 anni prima di spalla ad Alice Cooper.Tanto fu lo stupore dei fans dopo la notizia, immenso fu quando

decisero di indire un tour europeo per l’anno 2012 (maggio, giugno). Purtroppo la data in Italia, che li vedeva il 24 giugno occupare la posizione di headliner al Gods of Metal, è stata annullata in quanto a Tony Iommi è stato riscontrato un linfoma nei primi stadi e non è quindi in grado di sopportare un tour.Nel frattempo la band sta comun-que andando avanti con le regi-strazioni del nuovo album.

Thomas Chiasserini

Musica

Cosa succede dietro le quinte? È molto più umano di ciò che si pensi. Di eccezionale potrei illu-strare soltanto le grandi potenze utilizzate (come i 4.000 watt di lampada o i 2.400 di superbas-si…). In realtà, possiamo dire che esistono 3 tipologie, in maniera generica, di proiezione, le quali interessano la proiezione tradizio-nale in 35 mm, la proiezione digi-tale e la proiezione stereoscopica digitale, ovvero il cinema 3D.Va bene. A noi interessa in parti-colar maniera quest’ultima…Esistono anche qui, diverse ti-pologie, di sistemi ed impianti stereoscopici. Per introdurre un discorso generico, dobbiamo in-nanzitutto ricordarci che la ste-reoscopia, la percezione della tri-dimensionalità, anche nei giorni comuni e fuori dal cinema è data dalla sovrapposizione di due im-magini diverse: una dell’occhio destro, e l’altra ovviamente del sinistro: alla stessa maniera fun-ziona il cinema 3D.Sfruttando la tecnologia, della proiezione digitale, che gli confe-risce una potenza e versatilità su-periore, riesce a “sdoppiare” l’im-magine e proiettare fisicamente due fotogrammi diversi nello stesso schermo. Con lenti, filtri, otturatori… il tutto cambia in base al sistema 3D installato in sala. Se chiudo un occhio non vedo bi-dimensionale…Vero! Questo perché il nostro cervello è abituato a percepire la profondità. A lungo andare, per-dere l’uso di un occhio compor-ta seri problemi, anche in questo ambito. La stessa cosa accade se lo facciamo in sala durante una proiezione 3D.Quindi servono più proiettori si-multaneamente?Beh… la teoria dice di sì, e con due proiettori differenti la ste-reoscopia avviene in maniera sicuramente migliore, ma qui si rientra nel campo del Imax3D, un sistema costosissimo, che sfrutta per l’appunto due proiet-tori in simultanea. Ma non rien-tra nel caso dei cinema generici. … la teoria? Cinema generici?Sì. Investire in un impianto tutto nuovo non è cosa assai economi-ca. Il cinema è famoso per esse-re precursore di tecnologie che prefigurano il futuro, per essere immediatamente allargate sul-lo stesso pubblico, ma tutto ciò ovviamente ha il suo prezzo… Pressappoco?Beh, parlando di proiettori usati di qualche anno, si potrebbe ac-quistare allo stesso prezzo una co-

Il proiezionista Curiosità sul mondo del cinema

moda station wagon tedesca. Per il nuovo, almeno il doppio, ma si raggiunge anche il triplo se si sceglie componenti di alto livel-lo. E parliamo solo del proiettore: impianto 3D, installazione, oc-chiali, convertitori e varie esclusi. Tornando al discorso di questo “IMAX”, se generalmente i ci-nema possiedono un solo proiettore, come ne escono due immagini distinte?Può sembrare stra-no, ma la soluzio-ne definitiva alla produzione su larga scala di questi nuo-vi proiettori digitali la diede una squa-dra di ingegneri meccanici. Il prin-cipale problema del progetto, che se non sbaglio fu sviluppa-to dalla “Barco” (azienda belga leader del settore, assieme ad altri marchi come Christie o la Cine-meccanica di Milano) assieme al colosso dell’elettronica “Texas Istrument”, non riguardava la cre-azione di due immagini distinte, ma bensì delle dimensioni e dalla manutenzione del proiettore in sé. I primi schermetti DMD dedicati all’ambito cinematografico erano mastodontici. È grazie all’uso di schermi diversi che si formano diverse immagini. Questa squadra in definitiva, trovò il compromes-so di materiale e dimensioni per facilitarne la vendita e limitarne la manutenzione (più piccoli sono gli oggetti in esercizio e meno tendono ad usurarsi!).Qual è il cammino che consente ad una immagine di diventare...3D?Si parte dall’invio dei dati da par-te del server dedicato al canale attivo del proiettore, che forme-rà l’immagine monocromatica (e non in scala di grigi, ma soltanto in “bianco e nero”) indirizzando corrente ai due schermi DMD utili per il 3D, a sua volta divisi in… “quadratini”, che possiamo considerare come dei pixel (an-

che se non è proprio così). Avre-mo la nostra immagine grezza. Quindi la lampada illumina gli schermi (che io sappia si parla di 6 milioni di specchi, dentro questi DMD) i quali tramite un sistema di riflessione vengono mandati al primo filtro, “the rainbow weel” un filtro colore studiato soltanto

per questi proiet-tori, ben diverso da quelli usati ne-gli apparecchi più piccoli. Qui l’im-magine diviene colorata. Infine, in base al sistema in uso, potremo tro-vare direttamente un ulteriore filtro polarizzatore, o l’otturatore, quindi serranda, masche-rino e obiettivo. In altri sistemi il filtro

polarizzatore si trova dopo l’obiet-tivo, in altri troverete uno scher-mo “argentato”, il Silver Screen (per sistemi ad occhiali monouso tipo Reald o Masterimage). Ah, il tutto rigorosamente a luce fredda! Luce fredda?Sì, immagino che i 4.000 watt, per i 140 A, con un totale di 18.000 - 20.000 lumen di erogazione scaldi-no un tantino. Un’esigenza dovu-ta, specialmente per non rischiare di rovinare le lenti dell’obiettivo. Quindi, come fa una persona a percepire una sola immagine tri-dimensionale?Il tutto è affidato, certo, all’im-piantistica. Lo stadio finale di tutto il processo sono sicuramente gli occhiali che vengono indossa-ti. Ne esistono di categorie diver-se, e quelli forniti nelle multisala sono spesso quelli peggiori. Gli occhiali, o lo schermo, in base all’impianto, sono “polarizzati”, e cioè si comportano in una data maniera in base a quanta luce il proiettore direziona in un certo fotogramma. Questo consente la polarizzazione positiva o negati-va dell’occhiale o addirittura nei sistemi più avanzati l’apertura o

la chiusura di uno o più otturatori installati negli occhiali stessi. Il tutto, facendo passare più o meno luce, e quindi le immagini, con-fondono letteralmente il nostro cervello, facendo un effetto otti-co dentro un altro effetto ottico. Allora, come fa il proiezionista a ottenere questi effetti, e soprattut-to quali sono le sue mansioni?Un buon proiezionista formato sa che ogni film, in teoria, necessita di un controllo rapido delle pre-stazioni del proiettore e del pro-prio server digitale. Ogni film ha la propria luminosità (misurata in Fl footlambe) e va settata per garantire una visione efficace del film. Da non trascurare il livel-lo d’intensità dei colori di base RGB e i margini del mascherino (Cinemascope 16:9 o Flat 4:3), da controllare prima dell’inizio di ogni spettacolo i livelli del fa-der, o l’equalizzazione o il com-portamento dei diffusori, come la corretta ripartizione audio per ogni canale. In generale il proie-zionista è un tecnico che cura tutti gli aspetti di manutenzione e di proiezione, cercando di garantire sempre il massimo dall’impianto che ha a disposizione. Tutto ciò è nulla a confronto con i vecchi proiettori, specialmente i manua-li. Ho visto far cinema utilizzando filo di ferro per sorreggere l’attac-catura danneggiata della lampada pur di sbarcare il lunario in attesa dei tecnici. Come in tutti i me-stieri, ci sono quelle malizie che si conoscono soltanto con l’espe-rienza e con l’aiuto dei grandi del settore. La coscienza e la pron-tezza e la conoscenza non devo-no mancare mai. Si ha a che fare con grandezze piuttosto rilevanti, e la bravura del proiezionista è di cercare di garantire comunque lo spettacolo, anche di fronte a guasti, più o meno comuni. “The show must go on”.Hai da raccontare un fatto stra-no, che ti è successo o che hai sentito dire?Posso semplicemente dire che è un’ attività piuttosto particolare, perlomeno lo è stata fin quando essa comprendeva le proiezioni tradizionali in 35mm. Le corse per montare correttamente i film, chilometri di cellulosa girata a velocità pazzesche, la pesantezza stessa (un film medio può pesare anche 50 kg), ricordo i 120 kg di “Pirati dei Caraibi” diviso in due colli da 60 kg, a sua volta diviso in 9 “pizze” o rulli. Portarli su per quattro piani di scale è un’ ottima palestra…

Marco Mercati

Un’immersione dentro il mondo del cinema, o meglio, nel retro del cinema, dove le emozioni del grande schermo prendono vita. Il me-stiere che consente ed ha consentito alle grandi masse di apprezzare molti capolavori di svariati registi. Il nostro redattore Marco Mer-cati, è un esperto di proiezioni, in particolare per quanto riguar-da i nuovi standard di proiezione digitale, e digitale 3D. L’abbia-mo intervistato, cercando di comprendere meglio i cambiamenti che il cinema ha affrontato, con l’avvento delle nuove tecnologie.

Cinema

Era l’8 ottobre 2011, quando all’età di 80 anni se n’è andato un veterano del doppiaggio italiano: Gianni Musy.La sua ultima interpretazione è stata quella del Grande Puffo nel film campione d’incassi: I Puffi.Ha prestato la sua voce a molti attori del grande cinema, fra i qua-li: Marlon Bran-do, Sean Connery, Richard Harris (Albus Silente in Harry Potter I - II) e Ian McKellen (Gandalf ne “Il Signore degli Anelli”).Nato a Milano, figlio di atto-ri, Gianni ha lavorato con Carlo Verdone e interpretato nel 1993 il pentito Tommaso Buscetta nel film “Giovanni Falcone”.In un’intervista ha affermato:

Omaggio a Gianni Musy: il “Gandalf” Italiano“Gandalf mi sta simpatico, ma a me Tolkien non piace in quanto, la sua è una favola forzata che mescola un po’ di Bibbia con la cultura celtica; mentre Silente… sornione, ha una sua calma, una sua filosofia malinconica… an-che quel mondo, gotico, misterio-

so, inglese, cupo, fatto di magie... Cioè io sono troppo mediter-raneo per sposare queste cose qui!”L’ironia di sicu-ro non gli man-cava e neppure

una bella voce; ascoltarlo era un piacere e vederlo urlare il fatidi-co “Tu, non puoi... passare!”, ad un comizio (sentieri Tolkieniani) dopo aver riso e scherzato con i ragazzi presenti. È semplicemen-te una sensazione da pelle d’oca.

l’11 novembre 2011, sarà un gior-no che gli appassionati di fantasy scorderanno difficilmente.L’uscita del 5° capitolo dell’or-mai quasi ventennale saga di The Elder Scrolls, ha segnato un punto cardine degli RPG; ciò si deduce dal fatto che altri studi di produ-zione hanno affermato che ripren-deranno lo stile di Skyrim per i loro futuri progetti, fra i quali per esempio Dragon Age 3.Solo nel primo mese di pubblica-zione, Bethesda, tramite comuni-cato ufficiale, ha annunciato che il suo prodotto ha venduto 10 mi-lioni di copie con un ricavo pari a 650 milioni di dollari ottenendo così ben 24 meritati riconosci-menti come Game of the Year.Un mondo vasto, reso all’appa-renza quasi infinito dall’assenza di portali, la quasi maniacale mi-nuziosità dei dettagli e la costante presenza di ambienti suggestivi e paesaggi mozzafiato fanno di Skyrim un gioco di ruolo in cui la parola d’ordine è libertà, essendo pilotato dalle af-fascinanti ed in-triganti missioni principali con in-finite possibilità di movimento.Vecchie fortezze abitate da stregoni, soldati di ventura,

Videoludicamente parlando… A tutto Skyrim!

banditi , non-morti, troll &Co. sono tutti ostacoli e ne-mici creati ad arte per contrastare l’eroico cammino del protagoni-sta costellato da antiche profezie, roccaforti abbandonate, misteri e saggi eremiti.L’ambiente con caratteri più me-dievali che fantasy salta subito all’occhio e perché no, magari ogni tanto si può anche riporre la spada e passare del tempo in una taverna… con qualche avventore non proprio più tanto sobrio a par-lare delle leggende che aleggiano in quel luogo o di qualche società segreta atta alla criminalità o de-tentrice di antichi manufatti.Con la comparsa del drago Al-duin, sono sorti tempi oscuri per Tamriel; e solo un guerriero può capovolgere la situazione, un guerriero chiamato Dovahkiin… l’ultimo Sangue di Drago.

Halo 3, grande capolavoro della Bungie Studios, terzo capitolo della serie Halo, distribuito da Microsoft Games, uscì l’ormai lontano 26 settembre 2007 e tutti, produttori compresi, pensavano che la saga terminasse quel gior-no, con il completamento della trilogia.In realtà all’ultimo E3 (Electro-nic Entertainment Expo), tenutosi come tradizione annuale dal 1995 a Los Angeles, la 343 Industries ha inaspettatamente presentato il nuovo capitolo, o meglio, il pri-mo capitolo di una nuova trilogia, provocando un grande boato di approvazione dalla folla presente alla manifestazione.A detta degli sviluppatori, la tra-ma riprenderebbe la conclusione di Halo 3 e che vedrebbe quindi finalmente il ritorno di Master Chief come protagonista assoluto

Aspettando Halo 4dopo Halo:Reach e ODST; il gio-co sarà più concentrato sulla tra-ma e sull’esplorazione che sulla componente da sparatutto in sog-gettiva, dove avrà grande spes-sore la presenza della tecnologia appartenuta ai Precursori.Abbiamo già visto la 343 Industri-es all’opera sul remake di Halo: Combat Evolved del 2001 ovve-ro: Halo: Combat Evolved - Anni-versary -, prodotto di successo ma di sicuro non esente da difetti.Il grande interrogativo per cui è: Sarà 343 Industries all’altezza di un compito così elevato, ovvero quello di prendere in mano le redi-ni della saga lasciate gloriosamente da Bungie Studios? Sarà in grado di farci provare le stesse intense emozioni che ci suscitava già il pri-mo capitolo di Halo del 2001?Beh.. che dire…staremo a vedere … Master Chief is coming again!

Movie making...The avengers

Uscito in Italia il 25 aprile ha re-

gistrato immedia-tamente incassi

r e c o r d , e, oltretutto, per come si presenta dal cast, sembra una produzione piena-mente degna di portare il marchio Marvel.Una cocktail di supe-reroi creati dalla sopra-citata casa di fumetti, alleati insieme per con-trastare una minaccia che si concretizza in Loki, il fratellastro di Thor.L’“accozzaglia”di su-pereroi è capitanata da Nick Fury, interpretato da Samuel. L. Jackson.Nel cast sono presen-ti: Robert Downey Jr (Tony Stark/Iron Man), Chris Evans (Captain America), Chris Hem-sworth (Thor), Mark Ruffalo (Hulk), Scarlet Johansson (Black Wid-ow) e Jeremy Renner (HawkEye).Questo, è un film di risposta da parte della Marvel Studios alla produzione della DC Comix, “Justice League of America”, che vede protagonisti fra gli al-tri: Superman, Lanterna Verde e Batman.

Il regista Joss Whedon ha avuto a disposizione un arsenale, cine-matograficamente parlando, ma lo avrà usato al massimo delle potenzialità? Il suo compito prin-cipale è stato quello di far risal-

tare questa produzione in mezzo alla valanga di uscite cinema-tografiche previste per il 2012, utilizzando personaggi già molto noti al pubblico il quale avrebbe potuto risentire della mancanza di novità.

Cinema e musica

AIUTO-AMACA-ANITA-ANSEL-ARPIA-ATEI-BROZZI-BONELLI-BOLDRINI-BOLLA-BORGHI-CANGI-CALCOLATRICE-CALVINO-CARLO-CASTELLANI-CAVI-CEMEN-TO-CESSA-CIBO-CINQUE-COMPITI-CONTA-CONTI-COSTRUZIONE-CREDI-DADO-ECDL-ELETTRONICA-GARDI-GEOMETRA-GESSO-GRAFICI-GRASSELLI-GRILLI –IGEA-IRPEF-LISTA-LIRA-MECCANICA-MONROE-NERD-ORFANO-PASQUI-POLO-PRESI-DE-PROF-QWERTY-RAPPORTO-ROCCO-ROSSI-SALVIANI-SETTE-SISTEMI-SORTI-STER-NO-STORIA-TECNICA-TELA-TOSTI-TENTARE-TORO-VITA-ZITTE

C’è barca e barca!!

La m

anta

di L

ady

Cha

tterle

y

(chiave : 4-7) (SOLUZIONE: POLO TECNICO)

Arrivederci all’anno prossimo

RedazioneCoordinatrice del progetto: prof.ssa Rita Cuccarini Insegnanti referenti: prof.sse Raffaella Camicia, Anna Maria Boldrini Responsabile della realizzazione tecnica: prof.ssa Assuntina BattistoniAllievi Angelica Di Bartolo, Dino Junior Anderini, Francesco Marino, Francesco Lepri, Rachele Simonucci, Giovan-ni Vinagli, Luca Mancinelli, Andrea Mercati, Marco Mercati, Marco Marini, Thomas Chiasserini, Martina Cinque, Agnese Gragnoli, Pesci (impaginatori) Gabriele Metucci, Dante Baracchini, Elena Armati

Consulente esterno: prof. Alvaro TacchiniFotografie di Michele Garzi, Alvaro Tacchini, Matteo Alunno Selleri