IL LICEO GINNASIO STATALE “RAIMONDO FRANCHETTI” … · IL LICEO GINNASIO STATALE “RAIMONDO...

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IL LICEO GINNASIO STATALE “RAIMONDO FRANCHETTI” PRESENTA: Mac Luhan più di quaranta anni fa ci ha insegnato che «il medium è il messaggio». In questo numero ci occupiamo principalmente del no- stro medium quotidiano, la televisio- ne: divenuta essa stessa status symbol (basta andare in un qualsiasi nego- zio di elettrodomestici e osservare il settore riservato alla vendita dei televisori per rendersi conto dello spazio - anche fisico, date le dimen- sioni di alcuni apparecchi!- che essa ormai occupa nella nostra vita), la televisione condiziona, volenti o nolenti, il nostro mondo. Tanto più ciò accade nel nostro Paese, dove ormai da tempo il mezzo tele- visivo, oltre ad esserne il principale strumento di diffusione, è al centro del dibattito, o forse dovremmo dire scontro, politico, per motivi diversi. Per questo abbiamo scelto di parlare della televisione: dei mes- saggi che trasmette e di come ce li trasmette, della credibilità dell’informazione che passa attra- verso le reti televisive, pubbliche e private, di come influenzi gli stili di vita attraverso la pubblicità e, non ultimo, di quanto abbia contribui- to a creare il mito del corpo da esi- bire. Tuttavia è inutile demonizzare il mezzo: «Se lo conosci, lo eviti», ver- rebbe da dire, ma non crediamo sia questa la soluzione. Quello che in- vece dobbiamo fare è usarlo in mo- do critico e consapevole. Così co- me criticamente dovremmo saper usare di tutto ciò che è ―mondo virtuale‖, dai videogiochi, a internet, ai social network. Tuttavia forse, a volte, sarebbe me- glio spegnere tutto (tv, computer, play station, cellulare) e riscoprire un modo più semplice di vivere nel mondo reale, quello dove le piante continuano ad esistere, i fiori pro- fumano, la pioggia cade, gli amici si incontrano, parlano, scherzano … Lo spunto di riflessione in vista del prossimo numero è dedicato ad una data importante, il 17 marzo: strano Paese il nostro, in cui da du- e anni è stata istituita una commis- sione per la celebrazione di una fe- sta che, a quanto pare, ben pochi sono veramente interessati a cele- brare! ANNO IX N°2 Febbraio 2011 In redazione: Anna Baldo (V D), Virginia Barelli (IV D), Giada Bozzelli (IV D), Tommaso Bortolato (V D), Laura Carraro (V C), Edoardo Cecchinato (I C), Pietro Della Sala (III C), Anna Fortunato (II C), Eleonora Marangon (V C), Lucia Nicoletti (IV D), Elena Pantaleoni (IV B), Ginevra Rocchesso (II C), Tommaso Sorgon (IV C), Elena Viggiani (V C), Serena Voltan (V C), Irene Zuin (V C). Impaginazione: Francesca Trevisan (IV B), Lorenzo Manzoni (IV C). In questo numero: Il neo- Fascismo mediatico La pubblicità I Videogiochi Il ritorno di Cetto La qualunque

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IL LICEO GINNASIO STATALE “RAIMONDO FRANCHETTI” PRESENTA:

Mac Luhan più di quaranta anni fa ci ha insegnato che «il medium è il messaggio». In questo numero ci occupiamo principalmente del no-stro medium quotidiano, la televisio-ne: divenuta essa stessa status symbol (basta andare in un qualsiasi nego-zio di elettrodomestici e osservare il settore riservato alla vendita dei televisori per rendersi conto dello spazio - anche fisico, date le dimen-sioni di alcuni apparecchi!- che essa ormai occupa nella nostra vita), la televisione condiziona, volenti o nolenti, il nostro mondo. Tanto più ciò accade nel nostro Paese, dove ormai da tempo il mezzo tele-visivo, oltre ad esserne il principale strumento di diffusione, è al centro del dibattito, o forse dovremmo dire scontro, politico, per motivi diversi. Per questo abbiamo scelto di parlare della televisione: dei mes-saggi che trasmette e di come ce li trasmette, del la credibi l ità dell’informazione che passa attra-verso le reti televisive, pubbliche e private, di come influenzi gli stili di vita attraverso la pubblicità e, non ultimo, di quanto abbia contribui-

to a creare il mito del corpo da esi-bire. Tuttavia è inutile demonizzare il mezzo: «Se lo conosci, lo eviti», ver-rebbe da dire, ma non crediamo sia questa la soluzione. Quello che in-vece dobbiamo fare è usarlo in mo-do critico e consapevole. Così co-me criticamente dovremmo saper usare di tutto ciò che è ―mondo virtuale‖, dai videogiochi, a internet, ai social network. Tuttavia forse, a volte, sarebbe me-glio spegnere tutto (tv, computer, play station, cellulare) e riscoprire un modo più semplice di vivere nel mondo reale, quello dove le piante continuano ad esistere, i fiori pro-fumano, la pioggia cade, gli amici si incontrano, parlano, scherzano … Lo spunto di riflessione in vista del prossimo numero è dedicato ad una data importante, il 17 marzo: strano Paese il nostro, in cui da du-e anni è stata istituita una commis-sione per la celebrazione di una fe-sta che, a quanto pare, ben pochi sono veramente interessati a cele-brare!

ANNO IX N°2 Febbraio 2011

In redazione: Anna Baldo (V D), Virginia Barelli (IV D), Giada Bozzelli (IV D),

Tommaso Bortolato (V D), Laura Carraro (V C), Edoardo Cecchinato (I C), Pietro Della

Sala (III C), Anna Fortunato (II C), Eleonora Marangon (V C), Lucia Nicoletti (IV D),

Elena Pantaleoni (IV B), Ginevra Rocchesso (II C), Tommaso Sorgon (IV C), Elena

Viggiani (V C), Serena Voltan (V C), Irene Zuin (V C).

Impaginazione: Francesca Trevisan (IV B), Lorenzo Manzoni (IV C).

In questo numero:

Il neo- Fascismo mediatico

La pubblicità

I Videogiochi

Il ritorno di Cetto La qualunque

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La televisione

Spesso si può rimanere stupiti da come la società occidentale di oggi stia diventando un gregge tenuto a bada da cani feroci con volti dolci. Tante pecorelle smarrite guidate da un nuovo vangelo, non più cartaceo ma intermittente: si vedono nella realtà televisiva ideali da seguire e praticare, senza domandarsi perché. Tante bestiole mansuete e passive che s’ingrassano conformandosi al modello proposto. La scatola magica ci bom-barda con migliaia di persone che seguono la stessa corrente di pensiero: il consumismo proclamato dalle pubblicità e la felice ignoranza esaltata dagli show d’intrattenimento. Migliaia e migliaia di esseri umani pa-gati per sponsorizzare una nuova forma di morale in un quadrato luminoso. Per istinto di sopravvivenza l’uomo tende a seguire il branco e questo branco lo vede lì, in TV. Gli ideali trasmessi sono accettabili: non implicano la fatica del pensare. Proviamo a dimostrarlo: vivendo in una società frenetica, in perenne movi-mento, la stanchezza s’accumula; pertanto il telespettatore medio non è soggetto interessato a una particolare divulgazione culturale o a informazioni di chissà quale precisione. Così nel suo momento di relax l’uomo stanco si sorbisce, passivamente felice, TG dalle informazioni sempre più generali e inutili, reality e show da tematiche assurde, film di basso livello e molta altra TV spazzatura. TV spazzatura che diventa argomento di discussione a lavoro, nelle pause….. insomma teledipendenza. Ma cosa si può veramente fare? Si può dare la colpa a chi trasmette porcherie, d’accordo, ma il telespettatore ha un ruolo centrale nel sistema. La scelta o meno della messa in onda di un programma può dipendere in-fatti da due fattori. In primis l’audience: una trasmissione con bassi ascolti diminuisce le rendite pubblicitarie, pilastro dell’economia televisiva; è ovvio che nessun marchio desideri spendere migliaia di euro per sponsorizzare il proprio prodotto negli intervalli di programmi non seguiti. Dubito, però, che per risolvere il problema della TV spazzatura molti siano favorevoli a boicottarla, tantomeno se è fonte di relax. In secundis però c’è anche una, non direi colpa, direi responsabilità degli emittenti. Dal mio pun-to di vista etico, chi porta in uno strumento di divulgazione di massa ignoranza, materialismo, consumismo, amore scambista, violenza gratuita è un pervertito; ma può essere giusta la mia morale? Per moltissime persone io ho torto, per moltissi-me il capitalismo estremo attuale che vado conte-stando è una quarta entità nella Santissima Trini-tà. Ecco il problema più grave, il contrasto tra due etiche diverse: la macromoralità capitalista e quel-la micro anticapitalista. La prima promulgata da quasi tutti i mezzi d’informazione, dai paesi forti, dai potenti e da quelli a loro soggetti. La seconda da una piccola schiera di mezzi liberi e di uomini informati. Molti tra i primi filosofi greci, persone di spicco quindi, considererebbero questa situa-zione catastrofica: quella che loro chiamavano δόξα ossia l’opinione dell’ιδιότης, l’uomo comune, era vista come falsa, come ignoranza, via della notte. Pro-prio perché promulgata da tutti era malvista, insomma c’era una certa diffidenza verso l’opinione di massa. Questo parallelismo storico non serve a fare dell’elitarismo ma a portare tutti a rendersi conto di un’importante quanto difficile realtà. Questi primi filosofi erano aristocratici e spesso facevan parte della classe dirigente della loro πόλισ, loro avevano l’informazione corretta, il popolo no…. e quindi veniva spesso denigrato come ignorante, lo stesso popolo che permetteva loro di comandare. Oggi è lo stesso: la maggior parte di noi ha l’informazione sbagliata o imprecisa, il potente con l’informazione giusta non schernisce co-

Il neofascismo mediatico

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La televisione

me un tempo, semplicemente è indifferente. Trasmissioni idiote portano capitale con le pubblicità. Chi ri-nuncerebbe a milioni di euro per educare, e con difficoltà, 60 milioni di persone? La denigrazione arriva pe-rò all’informato nella popolazione. E arriva più dal popolo che dall’emittente. Quest’ultimo fa una piccola battuta contro l’informato e subito diventa motto del telespettatore. Moltiplica una frase per milioni di boc-che. Basti ricordare: ―I comunisti mangiano i bambini!‖. Ora tutti i comunisti sono cannibali, tenuti a di-stanza dai fanciulli e rimossi dalla storia d’Italia con una damnatio memoriae destrorsa…. Ma questa emargina-zione ideologica è propria ahimè di tutte le epoche: gli eretici per esempio: Galileo fu costretto ad abiu-

rare le sue tesi per non essere ucciso. E chi le professava? Lui, Copernico prima e pochi altri. Magari tra qualche secolo la futura società, studiando questo XXI secolo, dirà:‖ Po-veri quei bidoni umani della televisione spazzatura!‖ E si ricorderanno con stima tanti nomi che a molti suonano antagonisti... Luttazzi per esempio, potrà essere il nuovo Galileo: quando intervistò Travaglio avrebbe diffamato, raccontando fatti reali e documentati —Berlusconi, Mediaset, Fininvest e Forza Italia– e avrebbe dovuto pagare 41 miliardi di lire di risarcimento. Ha vinto il processo. Ora dai suoi contemporanei è quasi dimenticato, ma in futuro? Torniamo al cittadino ben informato: viene denigrato dalla maggior parte dei suoi connazionali come oppositore, come trasgressore dell’ordine stabilito, come soggetto pericoloso da tenere a distanza, da deridere o isolare. La televisione è la nuova bocca della verità, perché ciò che dice è pensiero comune. ―Neofascismo mediatico‖: ho scelto questo titolo per il complesso sistema ve-nutosi a creare in questa Italia del terzo millennio, simile a quello del Venten-nio: un’unica corrente ideologica e pragmatica: il materialismo, condiviso da tutti perché trasmesso nella scatola magica. Ma non ci s’accorge….. la vita nel-la bambagia, i programmi decerebranti che danno spensieratezza, il dio onni-potente capitale, volti allegri che dicono: ‖Va tutto bene‖, tette e culi che

invertono la sede della ragione maschile dal cervello all’uccello, un’esistenza fatta di soldi, sesso scambista, denigrazione della cultura, soddisfazione immediata di ogni sciocco bisogno… Tut-

to questo porcile viene accettato perché mostrato come verità: nel Medioevo il prete ordinava il da farsi inter-pretando le sacre scritture, oggi, non più la chiesa ma un gran set di Media, ci mostra il da farsi con un van-gelo parlante... la TV. Così se non si ha l’ultimo cellulare, la casa in ogni dove, la macchina sportiva e il SUV vale la pena di sperperarsi i soldi o aprire un mutuo, e così si raggiunge quella felicità occidentale, di una società coi paraocchi, pronta ad indebitarsi per essere come un prossimo ipotetico, denigratrice delle idee altrui, amante del possedere per dimostrare di possedere, consumista, schiava di ogni pubblicità, dei reality, delle fiction, schiava di una realtà distorta e ingannatrice, più drogata di Maradona ai tempi d’oro, semplice-mente teledipendente. Teledipendente? Ma come siamo severi, definire 3\4 degli Italiani schiavi di un oggetto e del suo padrone è un po’ assurdo! ―…..Questa è tutta una montatura dei Comunisti …‖ Sì, compagni lettori? Questa è tutta una montatura? Siamo così abituati a questa realtà distorta e senza problemi che la realtà vera diventa falsa…. Oh addio crisi! Me lo dice Tremonti per TV e gli credo… Mandiamo a casa l’immigrato! Me lo dice Borghezio e gli credo... I nostri militari portano la pace! Me lo dice La Russa e Credo, credo, credo, credo in una sola TV, Dea madre onnipotente, creatrice del benessere e della prosperità, di tutte le notizie visibili e invisibili. Credo in una sola signora l’Ignoranza, unigenita figlia della TV privata, basta! Questo sistema è un narcoti-co. Questa TV privata, direbbe il buon vecchio Marx, è l’oppio dei popoli. Meglio dire degli Italiani….. È possibile che tutte le TV mondiali ci prendano in giro? Basta vedere su Youtube alcuni video, anche spot uffi-ciali, che mostrano continui attacchi alla privatizzazione italiana del mezzo d’informazione. E noi non ce ne accorgiamo. Noi, noi Italiani, noi figli della Lupa, fedeli votiamo, fedeli acclamiamo, fedeli ammiriamo, o mio dux, dux mea lux, ti difenderò strenuamente nella Tv e nel Giornale Libero, darò notizie false per te….. tangenti e amor scambista svendono fedeltà nel baratro istituzionale raffigurandolo come un dolce pendi-o…… questo sistema è il Dorian Grey di Wilde: marcio dentro e bello fuori… - Ah! Io vil balilla figlio di lupa minore che dico!?- tanto vale che anche questo giornale s’adatti alla stampa di questo regime ideologico.

Edoardo Cecchinato

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La televisione

Mi ero interessato alla vicenda dei minatori cile-ni imprigionati a settecento metri di profondità per due mesi in un riparo d'emergenza e ormai felicemente tratti in salvo. Stavo girando tran-quillamente per diversi siti, cercando quello più dettagliato, quando il mio browser mi ha suggerito un video del TG5. Clicco il link, ed ecco che appare un'ammiccante presentatri-ce che annuncia il prossi-mo servizio, ad opera di un certo Alan Patarga, in cui paragonano l'uscita dei "los 33" ad un evento molto meno drammatico. Incurio-sito, continuo a guardare: la voce del giornalista scorre con le immagini della liberazione del primo uomo: "Capita di assistere a un evento toccante e inedito come la liberazione dei minatori cileni e avere la strana sensazione di averlo già visto...". Proseguendo nel servizio compare un non meglio noto se non addirittura famigerato Mauro Marin che esce dalla casa, pardon, La Casa, del Grande Fratello, circondato da una folla festante che lo abbraccia, lo trattiene e lo spintona mentre con-temporaneamente il presidente cileno abbraccia Mario Sepulveda, secondo a uscire dalla capsu-la. Il paragone è scioccante. Il buon Patarga (scavando nella rete nel frattempo scopro che è un giornalista del "Foglio") abbandona "casualmente" il tema dei minatori tranne per uno sporadico accenno nel finale e traccia la storia del GF, pubblicizzando palesemente l'edi-zione in corso che all'epoca del servizio doveva ancora iniziare, con qualche buona frase, con-frontando il sorriso da trota di Marin con la gioia dei minatori, definendolo come "l'urlo dell'uomo che si riappropria della vita, gustan-dola come mai prima". Personalmente ritengo che "l'isolamento forza-to" del GF sia veramente una boiata rispetto a quello che hanno patito "los 33". Pensate, i no-stri amabili ragazzi si rompono tutto quanto il

giorno foraggiati più che a sufficienza e chiusi in una villa con piscina, plasmi a 42 pollici se non di più, famigerati confessionali, telecamere dap-pertutto, recitando un copione visto e rivisto, con lacrime finte e litigi organizzati precedente-

mente. I minatori hanno fatto due mesi chiusi in una caverna senza luce, con un cucchiaio di tonno al giorno, bevendo l'acqua infetta dei macchinari ma avrebbero sofferto meno di qualche dozzina di patetici buffoni a cui osanna mezza Italia. Ormai Mediaset per i suoi loschi interessi è giunta per-

fino a banalizzare le emozio-ni di trentatré uomini a mio parere eroici per ridurle a un reality(?)-show. Lo sdegno della rete è una-nime, sia su Youtube che su Facebook. La "scatola magica" è diventato ormai non più un mezzo per conoscere il mondo, ma solo un sistema dei ricco-ni che l'hanno in mano di far perdere il senso dell'opportunità di certi accostamenti e la capacità di discernimento dei telespettatori per fini propri. Tocca a noi ragazzi invertire questa spregevole tendenza, imparando ad avere l'intel-ligenza di passare al setaccio ciò che la televisio-ne ci dice, e magari sviluppare un po'di senso critico. Se volete vedere anche voi il video, questo è il link: http://www.youtube.com/watch?v=cecdSkML-xQ&feature=player_embedded

Lorenzo Manzoni

Televisione da prendere a picconate

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La televisione

Un comunicato ufficiale del giorno 21 ottobre 2010 dice che ―La Commissione Servizi e Prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (meglio nota come A-GCOM) ha esaminato i dati relativi al monitoraggio per il periodo luglio-agosto-settembre registrando un forte squilibrio nel tempo dedicato da alcuni telegiornali (TG1, TG4, Studio Aperto) a favore della maggioranza e del Governo. La Commissione ha pertanto deliberato di impartire una diffida al TG1 e un richiamo al TG4 e a Studio Aperto‖. Vengo a conoscenza di questa notizia dalle parole di En-rico Mentana nel suo TGLa7. Ne sono subito incuriosita e ritengo opportuno fare un approfondimento sulla que-stione: so che Studio Aperto ed ancor più palesemente il TG4 hanno sempre avuto un orientamento di centrode-stra quindi non mi sorprende che siano stati richiamati all’ordine. Così, senza soffermarmi su quello, rileggo il comunicato stampa e i miei occhi cadono su tre lettere in particolare: TG1. Il TG1 della Rai, a cui diamo ogni anno il nostro contri-buto per avere un’informazione affidabile, è condotto da Augusto Minzolini, ex giornalista di Panorama e della Stampa, dal 20 Maggio 2009, data in cui ha affermato che il suo telegiornale ―si occuperà della vita reale della gente‖. Grazie a queste parole sincere e confortanti (e anche alla rivalità del temibile Mentana), il TG1 ha perso nel giro di meno di un anno un milione di telespettatori. Ma ora vediamo i titoli del TG1 di quel 21 ottobre, dopo una piccola premessa: Minzolini, dopo l’avvento del gior-nalista di La7, ha anticipato sempre di più l’apertura del Tg delle 20, arrivando ad iniziare fino a cinque minuti prima del notiziario rivale. Dunque, guardando i titoli delle 20 (scusate, 19.55…) noto che vengono messe in evidenza queste notizie: il primo servizio è sul problema dei rifiuti a Terzigno, argo-mento attuale. Poi la giornalista introduce un filmato che mostra la cugina della povera Sarah Scazzi, parlando delle indagini in corso. Poi ecco il lodo Alfano e la riforma della giustizia, fatta su misura per le famiglie (parole te-stuali del Presidente del Consiglio); si sente la necessità di precisare che l’opposizione è contraria. Parlano degli scioperi in Francia e poi cominciano a dare le notizie veramente interessanti: maternità anche ai papà (al via la norma che permette anche a loro di stare due settimane a casa con il figlioletto, a stipendio pieno) e i ―sistemi della fortuna‖ (lo straordinario jackpot del superenalot-to). Ma come? Neanche una parola sulla diffida? Certo, sarebbe stato divertente sentire la signora Laura Chimen-ti, incaricata di portare avanti quell’onerosa edizione delle 19.55, fare le sue pubbliche scuse per aver condotto un Tg di parte e sentire un discorso di Minzolini, che dice di occuparsi della vita reale della gente. Forse alla gente non interessa sapere come stanno le cose, ma prefe-

risce sentire affascinanti servizi sui sindacati in azione in Gran Bretagna contro i tacchi a spillo in ufficio, oppure che si può dimagrire mangiando pane e cioccolata. Con-trollo nelle edizioni delle 8.00, delle 13.30 e delle 17.00. Niente, a parte un servizio sui profumi più esclusivi del mondo mentre si sta discutendo il lodo Alfano. Infine, nel sito del TG1 vedo una cosa interessante: gli editoriali del direttore. Vuoi vedere che, magari, un discorsetto Minzolini l’ha fatto? Macché. L’ultimo risale al 7 settem-bre 2010, quando il presidente della Rai Paolo Garimber-ti scrisse una lettera al direttore generale Mauro Masi chiedendo di prendere provvedimenti riguardo allo squi-librio del telegiornale. Dopo questa panoramica sui titoli del TG1, sentiamo cosa annuncia Mentana quello stesso giorno: ecco, ora mi torna in mente cosa è successo! Berlusconi ha citato Milena Gabanelli in tribunale per la puntata di Report sulle ville ad Antigua. Ma no, il TG1 non ha detto nien-te. Non è vero. La cosa importante è che si accenni ai fatti politici rilevanti e che si conduca un telegiornale dove si annuncia che Michel Schumacher confessa di tingersi i capelli e che esistono corsi di sostegno psicologi-co per cani con padroni separati. Ovviamente nel TgLa7, come pure nel TG3 o nel TG2, viene citata la diffida e in seguito l’argomento viene approfondito. La causa della diffida è stata proprio la faccenda di Antigua: il TG1 non ne ha parlato, e la AGCOM ha reagito di conseguenza. Per un telespettatore come me a questo punto è lecito chiedersi: chi devo ascoltare? Ha ragione la AGCOM? Ha ragione lo stuolo di giornalisti che si impegna per darci ogni giorno notizie che rispecchiano i fatti realmente accaduti o dobbiamo ascoltare passivamente quello che ci viene detto, prendendo tutto per vero? Forse può far pensare il fatto che il TG1 abbia provocato il licenzia-mento di una giornalista colpevole di strane espressioni facciali mentre annunciava le notizie. Quella giornalista è Maria Luisa Busi, che è finita a condurre su Rai3 un pro-gramma sui diritti dei cittadini, mandato in onda il ve-nerdì sera assieme ad uno show televisivo con uno share altissimo, e chiuso dopo due puntate. Ritengo che un giornalista debba poter esprimere le pro-prie opinioni, ma sempre basandosi sui fatti di cronaca veri, accaduti realmente, e saper selezionare quali sono le notizie importanti per avere un’informazione corretta e non palesemente di parte. Concludo riportando un neologismo coniato negli anni ’90, lasciando a voi i commenti. Minzolinismo: «forma di giornalismo che si basa sulla rac-colta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte».

Elena Pantaleoni

L’informazione è imparziale?

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CI RIGUARDA DA VICIMO

La televisione è il mondo:

Usala responsabilmente

Fino ad una cinquantina di anni fa nessuno si sarebbe mai posto questo problema, semplice-mente perché non ce n’era alcuna traccia, non esisteva ancora quel fantastico cubo in plastica e silicio chiamato televisione. Per nostra fortuna, negli anni ’60 la TV si diffuse anche in Italia, sconvol-gendo vita e abitudini degli italiani. Nei primi anni, la tele-visione ebbe soprattut-to uno ―scopo scolasti-co‖; difatti, veniva tra-smesso un programma mirato ad alfabetizzare le masse, chiamato ―Non è mai troppo tar-di‖. Da lì in poi raggiunse v a r i c a m p i , dall’intrattenimento, al varietà, all’informazione, fino al reality show, lato oscuro di questa meravi-glia. La TV, a parer mio, è il miglior mezzo di comuni-cazione mai esistito, sicuramente dopo Internet, in quanto riesce ad unire i continenti, trasmetten-do una notizia da un capo all’altro della Terra. La televisione ha inoltre uno scopo educativo, poiché trasmette documentari, telegiornali e quiz, che aiutano a formare la nostra cultura di ragazzi e di futuri cittadini. Purtroppo, però, esiste l’altro lato della medaglia, di minor bellezza e maggior superficialità: il rea-lity show. Reality show significa letteralmente ―spettacolo della realtà‖, e dovrebbe mostrare come si com-porta l’uomo messo a confronto con varie situa-zioni. Il problema è che trasmette modelli negativi, co-me la violenza, il razzismo e le donne-oggetto, soli-tamente vallette o ballerine che vengono utilizzate per gli scopi meno nobili di questo pianeta, mo-

strando che la donna può essere solo bella, avere un bell’aspetto fisico, ma non può essere intelli-gente e sveglia. L’esempio peggiore ci viene dato dalla trasmissio-ne ―La pupa e il secchione‖, dove l’uomo viene presentato come un genio, mentre la donna come

una ―sciacquetta‖ tut-to seno e trucco senza cervello. Non sono questi i modelli che deve far passare la televisione, nel rispetto della don-na e di una società sempre più basata sul-le apparenze. Altro lato oscuro è la dipendenza che provo-ca la televisione. Sempre più bambini,

infatti, stanno giorni interi ―incollati‖ a quella scatola a ―trastullarsi‖, senza lasciare però spazio ad attività più salutari, come uscire con gli amici o fare uno sport. Questo provoca disturbi alimentari come l’obesità e l’insonnia, o la più ovvia diminuzione della vi-sta. Senza contare che i ragazzi nella maggior parte dei casi, non guardano documentari, bensì i deleteri reality show, dispenser di modelli negativi, posizionando al primo posto dei danni il problema so-ciale. Considerati i modelli di buona televisione e quelli negativi, con-cludo dicendo: ―La televisione è il mondo: usala responsabil-mente‖.

Francesca Trevisan

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CI RIGUARDA DA VICIMO

IL MIO LAVA Più BIANCO!

Pubblicità: “promozione di un prodotto o di un’idea esercitando sul target un'influenza o un'azione psicologica mirante a creare in esso dei bisogni, dei desideri reali o fittizi”.

La pubblicità non è sempre ―cattiva a prescin-dere‖; chi vende qualcosa non si preoccupa che il suo prodotto sia buono o meno, l’importante è trarne il maggior profitto possi-bile. Certamente è più facile vendere qualcosa di realmente utile, efficace ed efficiente. Ma non è questo l’importante: il pubblicitario de-ve rendere un prodotto, un’idea o una situa-zione desiderabile, indipendentemente dalla sua reale utilità. In pratica una buona reclame può far vendere gelati al Polo, far desiderare un paio di panta-loni stretti o fare eleggere un politico bugiar-do. La pubblicità non va sempre a braccetto con la tecnica ed il progresso, poiché è attenta soprat-tutto a strizzare l’occhio alla finanza perse-guendo unicamente l’utile economico: i soldi muovono il mondo; decidono guerre o la for-ma dei tacchi che si userà l’anno prossimo. Le campagne pubblicitarie hanno come scopo quello di spingere il consumatore all’acquisto. Altri modelli di comunicazione assimilabili sono quelli politici e religiosi. La pubblicità rappresenta la maggior risorsa economica per i mezzi di comunicazione. Que-sta situazione sottomette i media agli inserzio-nisti, affrancandoli dalla critica: "non si morde la mano che offre il cibo". Da cinquant’anni il legame tra pubblicità e programmi televisivi è stretto. Le ―soap opera‖ per esempio si chiamano così perché durante l’intervallo si vendeva sapone. La comunicazione pubblicitaria si basa su un rapporto impari tra venditore e consumatore. Per mezzo di sondaggi e studi di mercato, il venditore ottiene una radiografia del compor-tamento del consumatore, dei suoi desideri e criteri di scelta per confezionare al meglio la

sua pubblicità. Il consumatore invece subirà passivamente l’informazione pubblicitaria che non rappre-senta i suoi reali interessi o necessità. Potrà così accadere che per fare qualche sem-plice telefonata si acquisti un complicato tele-fono con inutili e complesse funzioni che ne renderanno incerto l’utilizzo. Chiaro esempio è costituito dalla creazione di status symbol: Louis Vuitton, e se non me la posso permettere ...un tarocco, ma ben fatto! Auspicabile è la crescita di una pubblicità eti-ca, che pur perseguendo l’utile, tenga presente anche il bene della popolazione fornendo in-formazioni chiare e veritiere. Ma questa si può chiamare pubblicità o infor-mazione? La critica a questo sistema coincide spesso con una difesa del valore dell'essere umano nella società dei consumi. L'opposizione più frequente alla pubblicità consiste in una critica morale, per le sue con-seguenze sull'educazione dei bambini e degli adolescenti, per la manipolazione delle co-scienze, o per la promozione di comportamen-ti sbagliati. Non apporta un'informazione og-gettiva, tendendo a diffondere degli stereotipi, generalmente discriminatori (sessismo, razzi-smo, eccetera) e contribuendo a rendere uni-forme il modo di pensare. La pubblicità invade la vita di tutti i giorni (televisione, radio, posta cartacea, telefoni, giornali, cinema, Internet, cartelloni pubblici-tari) spesso con tecniche nocive ed aggressive come il martellamento o la manipolazione.

...PER NIENTE IO VESTO GRIFFATO.

Virginia Barelli

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La vetrinizzazione sociale ha avuto inizio nel Sette-cento con la comparsa della vetrina, che metteva in mostra e valorizzava oggetti in precedenza inerti e passivi, spostando la posizione dell’acquirente dall’interno del negozio all’esterno, mettendolo da solo davanti alle merci e creando una scenografia dei prodotti. Per poi finire in vetrina noi stessi, tra-sformandoci in oggetti da esibire. Oggi la ―vetrinizzazione‖ influisce sul gusto e sui meccanismi di diffusione dei consumi, ma soprat-tutto sulla vita privata delle persone in veste di con-sumatori. Uno dei risvolti di tale processo, nota giustamente l’autore, è la confusione tra pubblico e

privato, la rinuncia alla privacy e la sensazione di essere più esposti e dunque anche più indifesi. Una delle conseguenze di tale processo è la tenden-za estetica verso la giovinezza, la ―strategia esibitiva del corpo‖, presa in considerazione soprattutto dai ―morti di fama‖, che comprende atteggiamenti co-

me il piercing e il tatuaggio o la modificazione del corpo con interventi chirurgici. A questa tendenza si affiancano l’aspetto del corpo nello sport e i disor-dini alimentari, quali anoressia e bulimia, da cui viene colpito in Italia il 10% degli adolescenti. Altra dimostrazione di come la nostra vita si stia ―vetrinizzando‖ si nota anche nel campo dell’amore,

ove la ricerca del partner si svolge tramite il dating per mezzo del web.

Un aspetto particolare del fenomeno studiato da Co-deluppi è la confusione tra mondo reale e virtuale.

Viene citato inoltre il reality show, modello che ―funziona perché la vita rappresentata appare più convincente della vita vera. È pensata a tavolino e sceneggiata in maniera dettagliata, per evitare ogni possibile inconveniente. Cerca cioè di mettere ordine

nel caos della vita quotidiana". Pertanto, "il reality è più vero del vero e la televisione diventa una delle principali fonti di modelli interpretativi, valori e temi attraverso i quali l’individuo può costruire la propria identità e dare un senso alla propria vita‖. L’autore denuncia inoltre la crisi della società odierna, in cui domina ―il mito del successo facile‖: non sono infatti

più richieste particolari competenze, bensì performan-

ce. Si arriva infine, nell'ultimo capitolo, all’estremo del-la spettacolarizzazione della morte, come in Olanda, dove hanno installato una telecamera all’interno di una bara per trasmettere in diretta la decomposizione di un cadavere. Questo libro di Codeluppi è agile, chiaro e punta su uno dei fenomeni nell’universo sociale in mutazione dei nostri giorni. Il libro, infatti, ha il merito di se-gnalare l’impatto sui consumi e sugli stili di vita indi-

viduali e collettivi prodotto dai media e dalle nuove tecnologie applicate al mondo della comunicazione.

Irene Zuin

LA VETRINIZZAZIONE SOCIALE

Titolo: La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società

Autore: VANNI CODELUPPI

Prezzo: 11 €

Editore: Bollati Boringhieri

Collana: Temi

Anno di Pubblicazione: 2007

Qualche idea in più...

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CI RIGUARDA DA VICIMO

I nostri amati videogiochi

I genitori di oggi presi dalla routine della vita, dalla frenesia del lavoro, per mancanza di tempo, e in alcuni casi dalla poca voglia di assistere i pro-pri figli, si affidano consapevoli o inconsapevoli ai videogiochi come vere e proprie baby-sitter d'avanguardia. Addirittura i genitori stessi possono diventare dipendenti da questi, come la coppia sudcoreana che hanno lasciato morire la figlia, di tre mesi, di fame perché ossessionati a far crescere una figlia virtuale su internet. Che squallore! Solo da questo orrore si può intuire come il mon-do virtuale può influenza-re in modo negativo quel-lo reale. Se questo può succedere ad una persona matura, figuriamoci a un bambi-no inconsapevole del be-ne o del male. Chissà quanti, o meglio, i pochi ragazzi che prima di comprare un videogioco, magari quello che aspettavano con tanta ansia ne abbiano letto l'o-puscolo delle avvertenze... Pochi, anzi pochissimi, i genitori e i ragazzi che conoscono nello specifico i disturbi che questi apparecchi sofisticati possono provocare. Certo sono consapevoli che invece di stare da-vanti ad uno schermo luminoso sarebbe più salu-tare andare al parco magari con gli amici ma ov-viamente è più semplice rifugiarsi in un mondo virtuale dove sei tu che gestisci il tutto, mentre nella vita reale sei costantemente messo in gioco. Rifugiati nel mondo virtuale saranno capaci di affrontare la vita quando la console si spegnerà e il ―proprio mondo‖ svanirà nel nulla?! Non ci sarà più il tasto RESET per cancellare ogni sbaglio, ma saranno loro che dovranno af-frontare e saper rimediare ai loro errori affidan-dosi solo a se stessi. Sarebbe meglio che prima di usare un videogioco ci si soffermasse alle avvertenze, nel manuale d' uso che non sono messe lì per caso. Quindi prendiamo in esame un manuale d'istru-

zione per la PSP, sotto la voce AVVERTENZE si notano ben sei punti da non sottovalutare: —Il prodotto è adatto ai bambini dai sei anni in su; —Per evitare l'affaticamento degli occhi,fare una pausa di 15 minuti ogni ora di gioco; —Se si dovesse riscontrare uno dei seguenti pro-blemi di salute smettere di usare il gioco: capogi-ri, nausea, stanchezza, sintomi simili al mar di male, malessere e dolori agli occhi, alle mani, alle orecchie o alle braccia;

—Sarebbe sconsigliato a chi soffre di epilessia; —Può provocare stordi-mento, disturbo alla vi-sta, contrazioni muscola-ri, perdita di coscienza, disorientamento e con-vulsioni; —Chi usa un pacemaker o altro dispositivo medi-co può avere problemi di funzionamento o possibi-

li lesioni. Inoltre molti studi confermano che l' abuso di videogiochi provoca disturbi alimentari come obesità, anoressia, bulimia e cambiamenti com-portamentali quali aggressività e apatia. Avete letto che orrore?! Solo giocando qualche ora a un videogioco o al computer rischiamo di mettere in gioco la nostra salute. Ovviamente i videogiochi non sono solo delle macchine strizzacervelli che ti portano alla pazzia e all'irrazionalità; esiste anche l'altro lato della medaglia, ovvero che i videogiochi non usati in modo improprio sono delle vere e proprie fonti di intrattenimento: si possono usare con gli ami-ci passando un pomeriggio tra mille risate, posso-no aiutarti a mantenerti in forma, ti possono aiutare a tenere allenato il tuo cervello, possono essere usati con funzione educativa. Voglio dire che i videogiochi vanno usati con intelligenza, purché ognuno di noi sappia i pro-pri limiti.

Giada Bozzelli

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Qualche idea in più...

Mi ritrovo spesso ad ascoltare affascinata le avventure di mia nonna; lei ed i suoi amici, alla mia età, correvano per i campi, giocava-no a mosca cieca, a rincorrersi... provavano puro divertimento facendo queste cose, stando all’aria aperta e, tra risate e chiac-chiere, ascoltando il suono della natura: l’oscillare delle foglie e dell’erba, il canto degli uccelli... Adesso invece dov’è finita quella gioia? Si è vaporizzata. Generazioni di ragazzi che preferiscono la televisione, il computer, i videogiochi!! Mi va certamente bene il computer per andare su Marte o per far viaggiare la metropolitana senza guidato-ri in assoluta sicurezza ma è per esempio sui social network che ho delle obiezioni, o sull’eccessivo utilizzo dei cellulari e della televisione. Ammetto che anch’io mi ritro-vo ogni tanto a guardare qualche film, anch’io utilizzo il computer se strettamente necessario e anch’io, ahimè, una volta ho provato un videogioco. Ma proprio perché conosco questi mondi affermo con certezza che non li approvo. Parliamo per esempio di Facebook: un tempo ero registrata, eppu-re ogni giorno diventava sempre più noioso osservare foto altrui o link condivisi da miei conoscenti, con i quali si potevano capire molte cose su una persona: se soffriva per amore, se era innamorata, se qualcuno l’aveva delusa, se era felice o stanca, se era piena di odio, se voleva vendicarsi eccetera eccetera... ma dov’è la bellezza in tutto ciò? Sperperare i propri sentimenti permettendo anche ad un perfetto estraneo di venirne a conoscenza, è terribile! Per non parlare dei pettegolezzi, dei litigi e delle gelosie che na-scevano dopo aver letto qualcosa in Facebo-ok. Il computer sta assumendo sempre più valore ormai, alimentato da siti come quello

di cui ho appena parlato, utilizzati da molti club, scuole e società per farsi conoscere. Non mi piace l’utilizzo di tanta tecnologia. Sono strana? Sono all’antica? Può essere! Infatti preferisco ricevere una lettera più che un messaggio chilometrico sul cellulare, mi piace scrivere sulla carta, non su una ta-stiera, esco e vado a comprare i biglietti, non li prenoto online… Sono tante piccole cose grazie alle quali cerco di allontanarmi da computer o telefoni. Io non riuscirò mai a capire una quantità immensa di persone, ci ho provato, ma non sono in grado di comprendere cosa ci sia di tanto speciale in questi piccoli o grandi schermi ai quali stan-no incollati molto tempo. Infatti la bellezza di stare in mezzo alla natura con gli amici è insostituibile, a parer mio! Ma a quanto pa-re mi sbaglio, sta cambiando tutto e proba-bilmente non si tornerà più indietro… che squallore, che amarezza! Vorrei uscire e gri-dare a tutti di svegliarsi! Perché stanno but-tando via gli anni migliori rimanendo chiu-si in casa davanti ad uno schermo che impe-disce loro di scoprire una felicità maggiore di quella che conoscono e oltretutto li rovi-na anche fisicamente. Fate una passeggiata in montagna in compagnia di qualcuno, divertitevi, giocate e correte… correte più veloci che potete, poiché nulla sostituisce le sensazioni che dà una corsa… è una gara contro il vento, è provare un senso di liber-tà, è la vera gioia di vivere.

Elena Viggiani

Aria aperta

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QUALUNQUEMENTE

Volete sapere, seppure in chiave tragicomica, come funziona la politica? Bene, è il momento di vedere ―Qualunquemente‖, il nuovo film di Antonio Albanese che vede come protagonista il celeberrimo Cetto La Qualunque, l’ormai noto personaggio comico esempio del politico italiano medio, il quale torna in Italia dopo una latitanza di quattro anni con una nuova moglie e una figlia tanto cari da non ricordar-ne i nomi. Assillato da un’inarrestabile ondata di legalità che ha sconvolto i solidi e antichi costumi del-

la Calabria, si vede costretto a candidar-si come sindaco di Marina Di Sopra (la sua cittadina) per p o r r e f i n e all’anarchia creatasi durante la sua as-senza. Con la vec-c h i a f a m i g l i a sull’orlo dello sface-lo e le proprietà mi-nacciate dalla legge, Cetto deve a tutti i costi vincere le ele-zioni: ingaggia un misterioso consu-

lente elettorale per trionfare sull’avversario De Santis e poter risolvere i problemi che lo assil-lano. Il consulente, un barese che si finge di Milano, trasforma l’imprenditore Cetto in uno slogan pubblicitario ambulante, lo convince che ele-zioni significa guerra, organizza comizi zeppi di ragazze danzanti in bikini, corrompe giornali-sti e conduttori di talk-show, dando pian pia-no forma alla bestia che risponde al nome di Cetto, da dare in pasto quanto prima agli elet-tori di Marina di Sopra. E alla fine, dopo un lungo excursus di contraddizioni, incongruen-ze, ipocrisie, corruzioni, porcate elettorali, spe-

culazioni edilizie, Cetto riesce a vincere quella che ormai si è trasformata in una battaglia personale per la sopravvivenza, diventando il nuovo Sindaco di Marina di Sopra. In quel momento i suoi problemi personali si ri-solvono: misteriosamente le sue proprietà non sono più attaccate dalla legge e la sua famiglia ori-ginaria, dopo il rimpatrio della seconda moglie clandestina, si ricompatta. Il figlio, appena uscito dalla prigione in cui era finito grazie a suo padre, si presenta come il classico fighetto del ventunesi-mo secolo, trasformato dalla vita in carcere, sem-pre più simile al padre e all’italiano medio (l’aveva detto, Cetto, che era una scuola di vita!). Il film ci mostra dove siamo andati a finire, dove ci hanno portato anni di leggi ad personam, di cari-che pubbliche utili solo per benefici privati, di una politica sempre più becera e populista, un’idea di meritocrazia che interessa sempre me-no il cervello e sempre più altre parti del corpo (“Signora, sa che lei ha proprio un perfetto fisico da assessore?‖). La domanda finale, doverosa per far pensare gli spettatori del film e i lettori di questo articolo, è: ci siamo forse assuefatti a questo sistema, se c’è bisogno che persino gli attori comici facciano film al fine di denunciare tutto ciò?

Tommaso Bortolato

Titolo: “Qualunquemente”

Regia: Giulio Manfredonia

Durata: 96 minuti

Cast: Antonio Albanese, Sergio Rubini

Paese, anno: Italia, 2011

12 NEL PROSSIMO NUMERO:

Auguri!

―Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approva-to; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II

assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservar-la e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861". Il 21 Aprile 1861 la legge n. 4671 del Regno di Sardegna viene approvata e diventa la legge n. 1 del Regno d’Italia: nasce lo Stato Italiano, i cui confini negli anni seguenti continueranno a cambiare, ma soprattutto nasce una Nazione, in cui, superate due guerre mondiali, il fascismo, crisi economiche, politiche e sociali di ogni genere, nell’anno 2011, 150 anni dopo la sua creazione, ancora noi tutti ci riconosciamo. Vi è però una nota stonata nel Buon Compleanno che cantiamo alla nostra amata Italia, lo chiamia-mo federalismo. ―Ma è un bene per noi, regioni del nord‖ – diranno alcuni di voi. Allora io vi consi-glio di ascoltare una strofa del nostro inno, il più bello del mondo dicono, che cantiamo troppo po-co spesso:

Noi fummo da secoli calpesti, derisi,

perché non siam popolo, perché siam divisi.

Raccolgaci un'unica bandiera, una speme: di fonderci insieme

già l'ora suonò. E vi chiedo di provare a tornare a pensare all’Italia come Nazione, e non come uno Stato, perchè è quello che per 150 anni gli Italiani hanno fatto. Ricordiamo:

Stringiamoci a coorte Siam pronti alla morte,

l'Italia chiamò! E sono certa che almeno una volta nella vostra vita avete cantato queste parole, tenendo la mano sul cuore.

Eleonora Marangon

Periodico del Liceo Ginnasio Statale «Raimondo Franchetti» Docente responsabile: Maria Angela Gatti

Corso del Popolo, 82 - 30172 Mestre (VE) tel.: 041/5315531 www.liceofranchetti.it/index.php?pagina=camaleonte