Polmonite acquisita in comunità nell’adulto immunocompetente:...

15
Polmonite acquisita in comunità nell’adulto immunocompetente: principi di terapia antimicrobica Sergio Carbonara, Francesca Stano Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi, Bari Piazza G. Cesare 11 70124 BARI Tel. 0805592477, 0805592473, 0805478228 E.mail: [email protected] Sommario La polmonite acquisita in comunità (CAP) rappresenta una delle patologie infettive di più frequente riscontro nella pratica clinica e rappresenta spesso una emergenza clinica, richiedendo pertanto un trattamento antimicrobico adeguato e precoce, scelto su base empirica. Tuttavia, questa esigenza è resa problematica dalla diversità degli agenti microbici responsabili di CAP e dalla progressiva diffusione di ceppi farmacoresistenti. Pertanto, un approccio terapeutico corretto dovrà essere non semplicemente “empirico” ma “empirico-ragionato”, basato cioè sulla conoscenza delle eziologie microbiche più frequentemente riportate dalla recente letteratura nei diversi quadri clinici di presentazione. Le linee guida di trattamento della CAP divulgate dalle istituzioni scientifiche più accreditate in questo campo o forniscono al clinico gli elementi conoscitivi ed i criteri per orientare questa delicata scelta, i principali dei quali vengono qui di seguito riportati e discussi. Delle molteplici linee guida pubblicate sull’argomento, in questa sede sono state considerate elettivamente le più recenti: quelle della Infectious Diseases Society of America (IDSA, 2003) e quelle della European Respiratory Society (ERS, 2005). Un’adeguata gestione clinica del paziente con CAP deve tener conto anche di altri aspetti, quali la scelta dell’ambiente di trattamento più appropriata (ambulatorio o ospedale), la durata della terapia, il monitoraggio della sua efficacia e dei suoi eventi avversi, le eventuali misure di supporto. Definizione di CAP La IDSA (Infectious Diseases Society of America) definisce la Polmonite Acquisita in Comunità (CAP) (1) come un’infezione acuta del parenchima polmonare associata ad alcuni sintomi (nella maggior parte degli studi presenti almeno due) di infezione acuta delle basse vie respiratorie (come febbre, tosse di nuova insorgenza, variazione nell’aspetto dell’escreato in paziente con tosse cronica, dolore toracico, dispnea) ed alla presenza di un infiltrato polmonare evidenziabile alla radiografia del torace e/o di reperti ascoltatori compatibili con una polmonite (come rumori secchi o umidi localizzati), in pazienti non ospedalizzati, nè residenti in strutture di lungo-degenza, da almeno 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi. La maggior parte dei pazienti presenta anche sintomi aspecifici come astenia, anoressia, mialgie, algie addominali e cefalea. Note epidemiologiche Le polmoniti acquisite in comunità rappresentano una comune patologia infettiva con alta percentuale di morbilità e mortalità. Per quanto non siano disponibili dati precisi a riguardo per la maggior parte degli stati europei (Italia compresa), alcuni studi condotti in Spagna, Finlandia e Inghilterra hanno mostrato che ogni anno nove soggetti su mille della popolazione adulta 1

Transcript of Polmonite acquisita in comunità nell’adulto immunocompetente:...

Polmonite acquisita in comunità nell’adulto immunocompetente: principi di terapia antimicrobica Sergio Carbonara, Francesca Stano Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi, Bari Piazza G. Cesare 11 70124 BARI Tel. 0805592477, 0805592473, 0805478228 E.mail: [email protected] Sommario La polmonite acquisita in comunità (CAP) rappresenta una delle patologie infettive di più frequente riscontro nella pratica clinica e rappresenta spesso una emergenza clinica, richiedendo pertanto un trattamento antimicrobico adeguato e precoce, scelto su base empirica. Tuttavia, questa esigenza è resa problematica dalla diversità degli agenti microbici responsabili di CAP e dalla progressiva diffusione di ceppi farmacoresistenti. Pertanto, un approccio terapeutico corretto dovrà essere non semplicemente “empirico” ma “empirico-ragionato”, basato cioè sulla conoscenza delle eziologie microbiche più frequentemente riportate dalla recente letteratura nei diversi quadri clinici di presentazione. Le linee guida di trattamento della CAP divulgate dalle istituzioni scientifiche più accreditate in questo campo o forniscono al clinico gli elementi conoscitivi ed i criteri per orientare questa delicata scelta, i principali dei quali vengono qui di seguito riportati e discussi. Delle molteplici linee guida pubblicate sull’argomento, in questa sede sono state considerate elettivamente le più recenti: quelle della Infectious Diseases Society of America (IDSA, 2003) e quelle della European Respiratory Society (ERS, 2005). Un’adeguata gestione clinica del paziente con CAP deve tener conto anche di altri aspetti, quali la scelta dell’ambiente di trattamento più appropriata (ambulatorio o ospedale), la durata della terapia, il monitoraggio della sua efficacia e dei suoi eventi avversi, le eventuali misure di supporto. Definizione di CAP La IDSA (Infectious Diseases Society of America) definisce la Polmonite Acquisita in Comunità (CAP) (1) come un’infezione acuta del parenchima polmonare associata ad alcuni sintomi (nella maggior parte degli studi presenti almeno due) di infezione acuta delle basse vie respiratorie (come febbre, tosse di nuova insorgenza, variazione nell’aspetto dell’escreato in paziente con tosse cronica, dolore toracico, dispnea) ed alla presenza di un infiltrato polmonare evidenziabile alla radiografia del torace e/o di reperti ascoltatori compatibili con una polmonite (come rumori secchi o umidi localizzati), in pazienti non ospedalizzati, nè residenti in strutture di lungo-degenza, da almeno 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi. La maggior parte dei pazienti presenta anche sintomi aspecifici come astenia, anoressia, mialgie, algie addominali e cefalea. Note epidemiologiche Le polmoniti acquisite in comunità rappresentano una comune patologia infettiva con alta percentuale di morbilità e mortalità. Per quanto non siano disponibili dati precisi a riguardo per la maggior parte degli stati europei (Italia compresa), alcuni studi condotti in Spagna, Finlandia e Inghilterra hanno mostrato che ogni anno nove soggetti su mille della popolazione adulta

1

ammalano di CAP. Di questi, una percentuale compresa tra l’ 8 e il 51% richiede l’ospedalizzazione e, mentre la mortalità tra i pazienti non ospedalizzati è molto bassa (< 1%), tra i pazienti ricoverati questa è compresa tra il 4 e il 14% (3). Eziologia Gli agenti microbici più frequentemente responsabili di polmonite comunitaria sono illustrati nella tabella 1. La loro frequenza relativa varia in rapporto alla gravità del quadro clinico e, quindi, al contesto in cui il paziente viene assistito (ambulatoriale, ospedaliero diverso da terapia intensiva, di terapia intensiva). Lo S. pneumoniae è il patogeno responsabile identificato nella maggior parte dei pazienti con CAP; tuttavia in circa il 50% dei casi l’agente eziologico rimane misconosciuto. Molto rilevante è inoltre il ruolo dei patogeni atipici, in particolare di M. pneumoniae, responsabile di polmoniti soprattutto in soggetti con età inferiore ai 50 anni. La frequenza di infezioni polmonari “miste”, causate cioè da più patogeni di cui uno rappresentato di solito da un atipico, varia dal 2% all’11%; uno studio di File e altri (4) ha messo in evidenza che in circa il 45% dei pazienti con polmonite da C. pneumoniae è stato isolato anche lo S. pneumoniae . Tab.1. Agenti eziologici più frequenti della polmonite comunitaria, nei diversi contesti di cura.

Pazienti non ricoverati Pazienti ricoverati (non in UTI) Pazienti ricoverati in UTI S. pneumoniae S. pneumoniae S. pneumoniae M. pneumonia M. pneumoniae Legionella spp H. influenzae C. pneumoniae H. influenzae C. pneumoniae H. influenzae Gram-negativi Virus respiratori* Legionella spp S. aureus UTI: unità di terapia intensiva. *Virus respiratori: Virus dell’Influenza A e B, Virus della parainfluenza, Adenovirus, Virus respiratorio-sinciziale. Tabella modificata da File TM (5)

Criteri di ospedalizzazione Un corretto approccio terapeutico al paziente con CAP comporta anzitutto la definizione della gravità del quadro di presentazione e del conseguente rischio di mortalità del paziente. Da questo, infatti, dipende la scelta sia dell’ambiente più appropriato di gestione clinica del paziente (ambulatorio, unità di degenza ospedaliera non di terapia intensiva, unità di terapia intensiva) sia del trattamento antimicrobico iniziale più razionale.

La decisione di ricoverare un paziente dipende da molti fattori, che includono l’età del paziente, la gravità del processo polmonare, le patologie coesistenti e la probabilità da parte del paziente di aderire correttamente ad una prescrizione terapeutica ambulatoriale.

Per supportare il clinico in tale definizione diagnostica, sono stati messi a punto degli indici di predittivi del rischio di mortalità, e quindi della gravità del quadro clinico complessivo, del paziente che si presenta con CAP.

2

l’IDSA e l’ATS (American Thoracic Society) raccomandano di utilizzare il Pneumonia PORT (Patient Outcomes Research Team) Severity Index (6); questo indice (Fig. 1 ) stratifica i pazienti in cinque classi di rischio in base ai seguenti parametri: età, presenza di almeno una tra cinque condizioni patologiche (specificate nella figura), alterazione dello stato mentale, alterazioni di parametri vitali e di laboratorio. I pazienti che si collocano nelle classi I-II presentano un quadro clinico di gravità lieve-moderata, un basso rischio di morte e possono pertanto essere trattati al proprio domicilio. Quelli collocabili nella classe di rischio IV-V presentano un quadro clinico di gravità medio-severa, un rischio di mortalità moderata e, rispettivamente, elevata, e dovrebbero quindi essere sempre ricoverati (quelli di rischio V in unità di terapia intensiva). I pazienti in classe di rischio III presentano un quadro di gravità intermedia e possono essere gestiti ambulatorialmente o in ospedale in base al giudizio clinico.

Le linee guida della BTS e della ERS (10, 11) raccomandano che la valutazione della gravità della malattia sia effettuata in base alla presenza di caratteristiche prognostiche sfavorevoli che includono: età >50 anni, patologie coesistenti e quattro caratteristiche addizionali quali confusione mentale, aumento dell’urea, aumento della frequenza respiratoria a >30 atti /m’, bassa pressione arteriosa (sintetizzati con l’acronimo CURB).

Per quanto sia stata dimostrata una buona attendibilità di tali indici, la necessità o meno del ricovero deve essere valutata dal giudizio del medico. La maggior parte dei pazienti con CAP può essere curata con buon grado di sicurezza al proprio domicilio (8).

3

Fig.1. Indice di gravità della polmonite (Pneumonia PORT severity index). L’indice, determinato secondo l’algoritmo qui rappresentato, è usato per determinare il rischio di morte di un paziente ed orientare così il clinico nella scelta dell’ambiente di trattamento (ambulatorio, ricovero non in terapia intensiva, ricovero in terapia intensiva).

Il paziente presenta ≥1 tra le condizioni sotto specificate? • Età > 50 anni • Una o più tra le seguenti patologie associate:

o neoplasia, malattia epatica o insufficienza cardiaca congestizia o malattia cerebrovascolare o malattia renale.

• Uno o più tra i seguenti reperti obiettivi: o alterazioni della stato mentale o frequenza respiratoria >30 atti/minuto o pressione arteriosa <90 mm Hg o temperatura <35˚C o > 40˚C o frequenza cardiaca >125 battiti/ minuto

Caratteristiche Punti Demografiche: Maschio Età (anni) Femmina Età (anni) − 10 Degente in casa di cura + 10 Comorbidità: Neoplasie + 30 Epatopatie + 20 Cardiopatie + 10 Malattie

cerebrovascolari + 10

Patologie renali + 10

Caratteristiche Esame obiettivo:Alterazioni della Frequenza respiraPressione arteriosTemperatura <35Frequenza cardia Dati di laboratorPH sangue arterioAzotemia >64 mgSodiemia <130 mGlicemia >250 mEmatocrito <30%PaO2 <60 mm HgVersamento pleur

Punteggio Totale

Classe di Rischio

Rischio

Mortalità %

Nessun fattore di rischio I Basso 0.1 ≤ 70 II Basso 0.6 71-90 III Basso 2.8 91 -130 IV Moderato 8.2 > 130 V Alto 29.2 Modificata da Fine et al. (6)

NO

stato menttoria >30 a <90 mm˚C o >40˚Cca >125 b

io e radiogso <7.35 /dL (22.8Eq/L (130g/ dL (13 o SO2 <ico

Contracco AmbAmbAmbOspeOspe

Assegnazione alla classe di rischio I

SI

Assegnazione alle classi dirischio II-V, in base alpunteggio complessivo otte-nuto sommando i puntiindicati per ciascuna delleseguenti caratteristiche.

4

Punti

ale + 20 atti/minuto + 20 Hg + 20 + 15

attiti/ minuto + 10

rafici:+ 30

5 mmol/L) + 20 mmol/L) + 20 .87 mmol/L) + 10

+ 10 90% + 10

+ 10

esto di cura mandato

ulatoriale ulatoriale ulatoriale o Ospedaliero daliero (non UTI) daliero (UTI)

Approccio terapeutico alle CAP Principi generali. Il trattamento antimicrobico delle CAP è nelle maggior parte dei casi empirico-ragionato, in ragione, come sopra menzionato, della frequente esigenza di trattamenti domiciliari e della bassa resa diagnostica delle indagini microbiologiche, come quelle su escreato (1,9). Tuttavia si ritiene che almeno nei casi osservati in ospedale e in pazienti “complessi” (polmonite recidivante o non responsiva ad un primo trattamento antibiotico empirico, quadri gravi, presenza di patologie associate, di immunodeficit accertato o sospetto, ecc.) sia comunque opportuno avviare indagini microbiologiche quali emocolture (2,10,11), la ricerca di antigene urinario di S.pneumoniae e di L.pneumophila (2,10,11) e l’esame microscopico e colturale dell’escreato (2,10,11) prima dell’inizio della terapia antibiotica empirico-ragionata. Tali indagini infatti, qualora esitino nell’identificazione di un patogeno possibilmente responsabile della malattia e del suo profilo di sensibilità in vitro agli antibatterici, rappresenteranno un prezioso ausilio per la gestione clinica del paziente in quanto potranno consentire un “aggiustamento del tiro” dell’iniziale terapia empirico-ragionata (e come tale possibilmente non o poco efficace), riducendo i rischi di mortalità, di selezione di resistenze farmacologiche e di tossicità, nonchè i tempi ed i costi di guarigione. L’utilità di tali indagini microbiologiche può essere ottimizzata seguendo alcuni principi generali, che vengono sintetizzati qui di seguito:

- l’avvio delle indagini microbiologiche non deve comunque ritardare l’inizio della terapia empirico-ragionata di una polmonite acuta (la quale rappresenta una emergenza clinica)

- la resa e l’accuratezza diagnostica dell’esame dell’escreato può essere aumentata assistendo il paziente per una corretta raccolta del campione (con riduzione del rischio di un campione salivare o delle alte vie respiratorie o di contaminazione da parte di queste): far precedere la raccolta da più colluttori del cavo orale con soluzione fisiologica, invitare il paziente a due-tre respiri profondi, l’ultimo dei quali seguito da un energico colpo di tosse, con successiva raccolta dell’escreato (2).

- l’esame microscopico diretto dell’escreato, ottenibile in poche ore, può risultare già di per se molto utile (es. in caso di un campione adeguato che presenti una popolazione batterica prevalente).

- l’isolamento, specie se unico, di un germe non necessariamente comporta un suo ruolo eziologico nel quadro clinico osservato

- il profilo di sensibilità antimicrobica in vitro va interpretato criticamente: in linea generale vanno esclusi i farmaci cui il germe risulta resistente, mentre non è indifferente la scelta tra i farmaci risultati attivi.

- in casi dubbi, la corretta interpretazione clinica dell’esito delle indagini microbiologiche suddette (esame diretto, colturale, antibiogramma), dovrebbe avvalersi, ai fini di una scelta terapeutica ottimale, di uno specialista in malattie infettive.

Le indicazioni di terapia antibiotica empirico-ragionata di primo impiego nella CAP, illustrate dalle diverse linee guida e qui di seguito discusse, sono basate, come del resto in tutti i casi di trattamento antimicrobico empirico di patologie infettive di altre sedi, sul principio della “best guess” eziologica: in rapporto alle principali caratteristiche del quadro clinico e del paziente vengono selezionate, sulla base degli studi più recenti disponibili in letteratura, le specie batteriche più probabilmente responsabili di quel quadro clinico e, di conseguenza, i trattamenti più adeguati. Le raccomandazioni in questione vanno comunque valutate dal clinico con senso critico, alla luce di diverse considerazioni tra cui:

5

• la frequenza relativa delle varie specie microbiche responsabili di CAP, e del rispettivo profilo di sensibilità agli antibatterici, può variare anche di molto da un’area geografica all’altra e, quindi, anche all’interno di una stessa “macroarea” (es. Europa, Italia). Pertanto le indicazioni generali di trattamento devono essere sempre vagliate alla luce del quadro epidemiologico locale, dove questo sia disponibile.

• nelle linee guida in questione, l’indicazione, per uno stesso quadro di presentazione, di più opzioni terapeutiche non deve comportare una scelta indifferente o casuale tra queste da parte del clinico; tale scelta, piuttosto, deve essere effettuata alla luce di vari fattori, in primis delle caratteristiche dell’ospite, quali:

- storia di intolleranza o tossicità inerente alcune molecole - età avanzata (→ maggiori rischi di eventi avversi, specie da classi quali aminoglicosidi e

fluorochinoloni) - patologie coesistenti (es. malattia epatica o renale) - coesistenti localizzazioni extrapolmonari del processo infettivo (→ preferenza di

molecole a maggior grado di diffusione nelle sedi in questione) - bassa aderenza attesa del paziente verso prescrizioni terapeutiche ambulatoriali (→

preferenza di regimi a posologia semplificata) - terapie concomitanti (→ scelta di antimicrobici con minori rischi di tossicità additiva,

interazioni farmacocinetiche e di bassa aderenza da parte del paziente. • un quadro clinico di CAP può essere causato da eziologie non “standard” che richiedono un

approccio diagnostico e terapeutico peculiare. In particolare va ricordata la malattia tubercolare, attualmente di riscontro frequente specie in categorie quali extracomunitari e immunodepressi; nei quadri clinici in cui tale ipotesi eziologica non sia remota, andrebbero avviate sempre indagini microbiologiche specifiche, specie prima della somministrazione di molecole a rilevante attività antimicobatterica (come fluorochinoloni, aminoglucosidi).

• un quadro clinico di CAP, specie se “complesso”, può celare o associarsi ad altre patologie, sia infettive (es. infezione da HIV) che non (es. neoplasie).

Regimi di prima linea di trattamento empirico-ragionato (Tabb. 1,2). Le attuali linee guida statunitensi (IDSA e ATS) (2,9) indicano l’utilizzo di un macrolide o della doxiciclina (nei casi di intolleranza al suddetto) quale regime preferenziale nelle CAP trattate ambulatorialmente (in quanto a basso rischio di mortalità), al fine garantire un’attività non solo nei confronti dello pneumococco ma anche dei patogeni “atipici”. D’altro canto, nelle linee guida europee (ERS e British Thoracic Society - BTS) (10,11), la terapia empirica in questa fascia di pazienti è incentrata prioritariamente sullo S. pneumoniae, e pertanto l’amoxicillina è raccomandata come antibiotico di prima scelta, privo tuttavia di attività sugli agenti “atipici”. Tale discordanza di indicazione è dovuta all’evidenza che in Europa i ceppi di S. pneumoniae sono frequentemente resistenti ai macrolidi attraverso il meccanismo “erm mediato” (vedi in seguito), che conferisce loro una MIC molto elevata per l’eritromicina. Inoltre, la BTS considera poco rilevante il ruolo dei patogeni atipici poiché l’infezione da M. pneumoniae, il più frequente in questo gruppo di germi, esibisce una periodicità quinquennale e colpisce soprattutto soggetti giovani; alla luce di queste considerazioni, la BTS ritiene che nella gestione ambulatoriale “di prima linea” delle CAP non sia necessario garantire un’attività verso tali agenti. Tra i macrolidi viene indicata come equivalente la scelta tra eritromicina, azitromicina e claritromicina. Tuttavia, si rammenta come le ultime due molecole presentino un profilo farmacocinetico più favorevole, consentendo la somministrazione di sole due dosi giornaliere. L’ERS indica come possibile anche l’impiego della roxitromicina mentre non contempla

6

7

raccomandazioni specifiche sul ketolide telitromicina, per l’esperienza clinica ancora limitata con tale molecola. L’IDSA e ATS (2,9) individuano, tra i pazienti a gestione ambulatoriale, un sottogruppo di pazienti che presentino patologie associate (elencate nella tab.2) o siano stati sottoposti a recente trattamento antibiotico. In questi viene raccomandato un approccio terapeutico più aggressivo del precedente, tramite l’utilizzo di un’associazione tra macrolide e β-lattamico (amoxicillina, amoxicillina-clavulanato, cefpodoxime, cefprozil, cefuroxime) o di una monoterapia con fluorochinolone “respiratorio”. Quest’ultima definizione utilizzata nelle linee guida statunitensi, sebbene non del tutto appropriata, sottolinea l’utilità elettiva di queste molecole nelle infezioni delle vie respiratorie, in ragione dell’attività verso i patogeni atipici e i gram-positivi, quest’ultima in misura maggiore rispetto alle molecole di generazione precedente della stessa classe. I fluorochinoloni respiratori sono attualmente rappresentati da levofloxacina e moxifloxacina. Quest’ultima presenta un maggiore quoziente inibitorio, e pertanto una maggiore “potenza” verso S.pneumoniae. Dati estrapolati da trials clinici comparativi evidenziano che il fluorochinolone in monoterapia è efficace quanto l’associazione di β lattamico e macrolide (7,15). Anche nei pazienti ospedalizzati (quindi con un quadro più grave dei precedenti ma non tale da comportare il ricovero in terapia intensiva) le linee guida sia statunitensi che europee consigliano l’impiego del solo fluorochinolone respiratorio o l’associazione tra macrolide e β-lattamico; per quest’ultimo, tuttavia, vengono consigliate molecole ad infusione endovenosa (IDSA/ATS: cefotaxime, ceftriaxone, ampicillina-sulbactam, ertapenem; ERS: penicillina G, amoxicillina-clavulanato, altre aminopenicilline, cefalosporine di 2^ o 3^ generazione, non specificate). Chi scrive consiglia di considerare, in questo contesto di pazienti, le cefalosporine di 3^ generazione come una seconda scelta, in quanto queste molecole presentano uno spettro di azione “sbilanciato” sui gram negativi. La penicillina G, sebbene rimanga uno degli antibiotici più potenti nei confronti dei gram positivi sensibili, trova oggi un impiego limitato per la frequenza di ceppi di S.pneumoniae resistenti, per la inattività verso gli altri patogeni comunemente causa di CAP e per la complessità posologica. Infine, si rammenta come amoxicillina-clavulanato e ampicillina-sulbactam siano da considerarsi equipollenti come spettro di azione; tuttavia, mentre le formulazioni endovena di entrambe sono impiegabili indifferentemente, la formulazione orale della prima è preferibile a quella della seconda in virtù del maggiore assorbimento intestinale. Nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, le linee guida statunitensi e dell’ERS discriminano i pazienti in base alla presenza o meno del rischio di una eziologia da P.aeruginosa. Questo va considerato nei soggetti con patologie strutturali del parenchima polmonare (come bronchiectasie) o sottoposti a recenti antibiotico-terapie o ricoveri ospedalieri, specie in unità di terapia intensiva. Nei casi esenti da tali fattori di rischio, viene raccomandata l’associazione tra β-lattamico iniettabile (vedi sopra) associato a un macrolide o ad un fluorochinolone respiratorio. Per i pazienti invece con rischio di infezione da pseudomonas, è consigliato l’utilizzo di un antibiotico ad attività anti-pseudomonas (piperacillina±tazobactam, carbapenemi, cefepime) associato ad un fluorochinolone attivo sullo pseudomonas (ciprofloxacina) ovvero ad un fluorochinolone respiratorio più un aminogicoside (sconsigliato negli anziani). Nei pazienti allergici ai β-lattamici, l’aztreonam può rappresentare un’alternativa negli schemi suddetti. Infine, l’ERS e la ATS sottolineano come in pazienti con caratteristiche peculiari, a prescindere dal contesto in cui essi vengano trattati (generalmente ospedaliero), debbano essere prese in considerazione eziologie specifiche (Tab. 4), che comportano l’impiego di molecole attive verso tali germi.

8

Tab.2 Terapia empirica per CAP negli adulti immunocompetenti – Infectious Diseases Society of America (IDSA). Caratteristiche dei pazienti Opzioni terapeutiche consigliate Pazieni ambulatoriali:

Nessuna patologia associata: Nessun trattamento antibiotico precedente - Macrolidea o doxiciclina Recente trattamento antibioticob - Fluorochinolone respiratorioc in monoterapia

- Macrolide di nuova generazioned + alte dosi amoxicillinae - Macrolide di nuova generazione + alte dosi di

amoxicillina/clavulanatof Patologie associate (BPCO, diabete, insufficienza renale, scompenso cardiaco, neoplasie):

Nessun trattamento antibiotico precedente - Macrolide di nuova generazioned - Fluorochinolone respiratorio

Recente trattamento antibiotico - Fluorochinolone respiratorioc in monoterapia - Macrolide di nuova generazione+ β-lattamico g

Sospetta infezione ab ingestis - Amoxicillina/clavulanato - Clindamicina

Influenza con superinfezione batterica - Un β-lattamicog - Fluorochinolone respiratorio

Pazienti ricoverati in unità mediche: Nessun trattamento antibiotico precedente - Fluorochinolone respiratorio in monoterapia

- Macrolide di nuova generazione + β-lattamicoh Recente trattamento antibiotico - Macrolide di nuova generazione + β-lattamico

- Fluorochinolone respiratorio in monoterapia (in base al tipo di terapia antibiotica precedentemente effettuata)

Pazienti ricoverati in UTI: Non a rischio d’infezione da Pseudomonas - β-lattamicoh + Macrolide di nuova generazione

- β-lattamico + Fluorochinolone respiratorio Non a rischio d’infezione da Pseudomonas ma con allergia alle β-lattamine

- Fluorochinolone respiratorio ± Clindamicina

A rischio d’infezione da Pseudomonasi - Antibiotico con attività su Pseudomonasj + Ciprofloxacina - Antibiotico con attività su Pseudomonas + Aminoglicosidek +

Fluorochinolone respiratorio o Macrolide A rischio d’infezione da Pseudomonas ma con allergia alle β-lattamine

- Aztreonam + Levofloxacinal - Aztreonam + Moxifloxacina/Gatifloxacina ± Aminoglicoside

Degenti in Case di Cura: Trattati presso la casa di cura - Fluorochinolone respiratorio in monoterapia

- Macrolide di nuova generazione + Amoxicillina/clavulanato Ospedalizzati - Stesso trattamento descritto per i pazienti ricoverati nelle unità

mediche e di terapia intensiva NOTE. BPCO:broncopneumopatia cronica ostruttiva; UTI: unità di terapia intensiva

a Eritromicina,claritromicina o azitromicina b Pazienti che hanno ricevuto trattamento antibiotico nei 3 mesi precedenti. Tale evenienza è considerata come fattore di rischio

per DRSP(drug-resistant S.pneumoniae)e infezioni da Gram negativi. La scelta dell’antibiotico è subordinata al precedente trattamento effettuato.

c Moxifloxacina, gatifloxacina, levofloxacina o gemifloxacina. d Azitromicina o claritromicina. e Dosaggio: 1 gr po tid f Dosaggio: 2 gr po bid g Amoxicillina ad alte dosi ,amoxicillina/clavulanato ad alte dosi, cefpodoxime, cefprozil, cefuroxime. h Cefotaxime, ceftriaxone, ampicillina/sulbactam, ertapenem; l’ertapenem è stato recentemente approvato per questo uso ma

l’esperienza clinica è limitata. i I fattori di rischio per l’infezione da Pseudomonas includono le patologie strutturali del polmone (bronchiectasie), recente

trattamento antibiotico o l’essere stato ricoverato in ospedale (soprattutto in UTI). Per i pazienti con CAP ricoverati in UTI deve essere assicurata la copertura per S. pneumoniae e Legionella spp. Piperacillina/tazobactam, imipenem, meropenem e cefepime sono eccellenti β-lattamine attive nelle infezioni da S. pneumoniae e H. influenzae.

j Piperacillina/tazobactam, piperacillina, imipenem, meropenem o cefepime. k Non consigliati nei pazienti anziani. l Dosaggio nei pazienti ospedalizzati: 750 mg qd.

Modificata da Bartlett JG e al. (2)

9

Tab.3. Terapia empirica per CAP - European Respiratory Society. Gravità Cap Trattamento Preferito Alternativoa Moderata - Penicillina G + Macrolide b

- Aminopenicillina + Macrolide b

- Amoxicillina/clav + Macrolide b - Cefalosporina II o III gen + Macrolide b

- Levofloxacina, Moxifloxacinac

Grave - Cefalosporina IIIgen + Macrolide b - Cefalosporina III gen. + Levofloxacina o Moxifloxacina

Grave con rischio per Infezione da Pseudomonas

- Cefalosporina con attività anti-Pseudomonasd + Ciprofloxacina

- Ureidopenicilline/Inibitori β-lattamasi + Ciprofloxacina

- Carbapenemi + Ciprofloxacina NOTE. a Da usare in caso di allergia o in zone in cui vi è resistenza clinicamente rilevante agli antibiotici utilizzati

preferenzialmente. b Azitromicina, eritromicina, claritromicina o roxitromicina. c Tra i fluorochinoloni, la moxifloxacina ha più alta attività sullo S. pneumoniae. d Cefepime, non consigliato l’uso di ceftazidime.

Modificata da Woodhead e al. (11) Durata del trattamento . Non ci sono trials controllati che abbiano valutato nello specifico la durata ottimale del trattamento antibiotico nelle CAP; la decisione è di solito basata sul patogeno in causa, sulla risposta al trattamento del quadro clinico, sulle patologie associate e sull’eventuale comparsa di complicanze. Con i dati disponibili è emerso che il trattamento nelle CAP causate da S. pneumoniae deve essere prolungato fino a 72 ore di apiressia (8). L’utilizzo di brevi cicli di terapia con antibiotici ad alte dosi incrementa l’efficacia i diminuisce l’insorgenza di resistenze (7). Con i nuovi fluorochinoloni e i macrolidi è stato dimostrato che la durata ottimale della terapia è di 7-10 giorni (5). Monitoraggio dell’efficacia terapeutica. L’efficacia di un trattamento antimicrobico va monitorata basandosi principalmente sui parametri clinici di presentazione (quali febbre, tosse, dispnea, alterazioni dell’escreato) e di laboratorio (quali VES, PCR, conta e formula leucociti). Infatti, in presenza di una terapia efficace, i reperti radiologici presentano comunemente tempi di miglioramento più lenti. In linea generale, una terapia antimicrobica non andrebbe giudicata inefficace prima del terzo giorno dal suo inizio. Monitoraggio degli eventi avversi al trattamento. Non va trascurato il monitoraggio della tossicità della terapia o intolleranza del paziente nei confronti della stessa, in particolare nei quadri clinici più gravi, nei pazienti anziani o con patologie associate e nelle terapie più complesse, specie se comprensive di due o più farmaci con simile profilo di tossicità. Esempi di eventi avversi peculiari dei principali antimicrobici impiegati nelle CAP sono: reazioni allergiche ai β-lattamici (per il resto generalmente ben tollerati), nefrotossicità di aminoglicosidi e carbapenemi (specie in pazienti anziani), ototossicità di aminoglicosidi, epatotossicità di macrolidi (11).

Tab.4. Eziologie principali delle CAP in pazienti con caratteristiche peculiari.

a DRSP: Pneumococco farmaco-resistente

Caratteristiche Patogeni

Alcolisti - S. pneumoniae (inclusi DRSPa) - Anaerobi - Gram negativi - M. tuberculosis

BPCOb / fumatori - S. pneumoniae - H. influenzae - M. catarrhalis - Legionella spp.

Degenti in case di cura - S. pneumoniae - Gram-negativi, - H. influenzae - S. aureus - Anaerobi - C. pneumoniae - M. tuberculosis

Polmoniti da aspirazione - Anaerobi

Malattie strutturali del polmone (bronchiectasie, fibrosi cistica etc.)

- P. aeruginosa - P. cepacia - S. aureus

Tossicodipendenti - Anaerobi - M. tuberculosis - P. jirovecii

Recente terapia antibiotica - DRSPa

Trattamento cronico con steroidi - Aspergillus spp.

b BPCO: Broncopneumopatia cronica ostruttiva Modificata da Woodhead et al. (11) e da ATS (9)

10

11

Resistenza farmacologica di S.pneumoniae La prevalenza di ceppi resistenti di S. pneumoniae verso una o più classi di antimicrobici è in continuo aumento in tutto il mondo (Tab. 5). S. pneumoniae Penicillino-resistente In due recenti studi la prevalenza mondiale di S. pneumoniae resistente alla penicillina è compresa tra 18,2 % e 22,1% (13,14). In Italia il tasso di resistenza è più basso rispetto agli USA e ad altri paesi europei (12). Qualora sia presente resistenza per la penicillina, questa è spesso associata a resistenza in vitro verso altri antibiotici quali cefalosporine, macrolidi, doxiciclina e trimetoprim/sulfametoxizolo (17). Molti studi tuttavia suggeriscono che gli attuali livelli di resistenza ai β-lattamici non comportano generalmente fallimenti terapeutici con queste molecole nei pazienti con CAP (12). Mentre gli attuali breakpoints per la sensibilità alla penicillina sono rilevanti per le meningiti (≤0.06 µg/mL = sensibile; 0.1–1.0 µg/mL = sensibilità intermedia; >2.0 µg/mL = resistente), non si può dire che lo siano allo stesso modo per le CAP. Sulla base di studi di farmocinetica e di farmacodinamica, l’utilizzo di adeguate concentrazioni sieriche e tissutali di β-lattamici somministrati per via parenterale o amoxicillina somministrata per os risultano essere efficaci nel trattamento delle polmoniti causati da ceppi di S. pneumoniae considerati resistenti alla penicillina secondo gli attuali criteri; inoltre, l’analisi di nove trials controllati di pazienti trattati con alte dosi di amoxicillina o di amoxicillina-clavulanato (5) per os hanno dimostrato nella maggior parte dei casi l’efficacia di tale farmaco nelle polmoniti causate da S. pneumoniae con MIC della penicillina superiore a 8 µg/mL. S. pneumoniae Macrolido-resistente. In Italia la resistenza di S. pneumoniae all’eritromicina è in continuo aumento (16). I meccanismi ad oggi conosciuti di tale resistenza sono due: il primo prevede una metilazione ribosomiale codificata dal gene erm, che blocca il legame non solo dei macrolidi ma anche delle lincosamidi all’unità ribosomiale; il secondo meccanismo si esplica grazie all’azione di un carrier di membrana codificato dal gene mef responsabile dell’efflusso del macrolide dalla cellula. I ceppi di S. pneumoniae” mef” (diffusi soprattutto in Nord America) hanno un livello di resistenza più basso (MIC dell’eritromicina compresa tra 1 e 16 µg/mL) rispetto ai ceppi erm (diffusi in Europa.) I ceppi mef sono di solito sensibili alla clindamicina; i ceppi erm hanno una MIC molto elevata per l’eritromicina (>64 µg/mL) e sono cross-resistenti alla clindamicina. S. pneumoniae resistente ai fluorochinoloni. Sebbene la percentuale di Pneumococchi resistenti ai più recenti fluorochinoloni è globalmente bassa (circa il 2%), in alcuni paesi è in crescente aumento. Pazienti falliti alla terapia con fluorochinoloni sono spesso soggetti già sottoposti in precedenza a trattamento antibiotico. Antibiotici efficaci su S.pneumoniae e gram positivi farmacoresistenti. Glicopeptidi. I glicopeptidi (vancomicina e teicoplanina) inibiscono la sintesi della parete batterica; il loro spettro d’azione comprende anche S. pneumoniae penicillino-resistenti ma non sono attivi verso i patogeni atipici . Ketolidi. Il capostipite di questa nuova classe di antibiotici è la telitromicina, un derivato semisintetico della eritromicina, attivo nei confronti anche dei ceppi di pneumococco resistenti ai macrolidi, di H. influenzae e M. catarrhalis, nonchè dei germi atipici. La molecola presenta anche un profilo farmacocinetico vantaggioso rispetto agli altri macrolidi, che consente un’unica somministrazione giornaliera alla dose di 800 mg.

12

Oxazolidinoni. Gli oxazolidinoni sono una recente classe di antibiotici molto attivi nei confronti dei batteri Gram positivi, ivi compresi ceppi multiresistenti, con resistenza anche a glicopeptidi. Linezolid è stato il primo oxalidinone approvato per il trattamento di infezioni causate da Gram positivi quali stafilococchi aurei meticillino resistenti e con ridotta sensibilità a vancocina, enterococchi vancomicino-resistenti e pneumococchi penicillino resistenti. Possiede un’ottima diffusibilità tissutale, è disponibile in formulazione e.v. ed orale, consentendo pertanto terapie sequenziali e domiciliari (dose 600mg/12h).

13

Tab. 5. MIC50, MIC90, range di MIC e antibiotico-resistenza di 2,279 isolati di S. pneumoniae in otto Paesi europei

MIC (µg/ml) Nazione (n° di isolati) Antibiotici

50% 90% Range % Resistenti

(I + R) Austria (n = 160) Penicillina G 0.016 0.03 0.008 – 2 4.4 Amoxicillina 0.016 0.03 0.008 – 2 0 Cefotaxime 0.03 0.03 0.03 – 1 0 Claritromicina 0.125 0.25 0.125 – >32 10.0 Levofloxacina 0.5 1 0.25 – 1 0 Belgio (n = 148) Penicillina G 0.016 0.125 0.008 – 2 11.5 Amoxicillina 0.016 0.03 0.008 – 2 0 Cefotaxime 0.03 0.06 0.03 – 2 3.4 Claritromicina 0.125 >32 0.125 – >32 23.7 Levofloxacina 0.5 1 0.125 – >32 0.7 Francia (n = 443) Penicillina G 0.06 2 0.008 – 4 47.6 Amoxicillina 0.03 2 0.008 – 8 3.6 Cefotaxime 0.06 2 0.016 – 4 11.1 Claritromicina 0.125 >32 0.125 – >32 46.1 Levofloxacina 1 1 0.25 – >32 0.9 Germania (n = 530) Penicillina G 0.016 0.03 0.008 – 2 6.0 Amoxicillina 0.016 0.03 0.008 – 4 0.2 Cefotaxime 0.03 0.03 0.016 – 2 0.6 Claritromcina 0.125 1 0.125 – >32 10.6 Levofloxacina 1 1 0.06 – >32 0.4 Italia(n = 462) Penicillina G 0.016 0.25 0.008 – 4 13.0 Amoxicillina 0.016 0.06 0.008 – 4 0.2 Cefotaxime 0.03 0.125 0.016 – 2 2.8 Claritromicina 0.125 >32 0.06 – >32 35.5 Levofloxacina 1 1 0.125 – 64 1.3 Portogallo (n = 174) Penicillina G 0.016 2 0.008 – 4 19.0 Amoxicillina 0.016 2 0.008 – 8 2.3 Cefotaxime 0.03 1 0.016 – 4 6.9 Claritromicina 0.125 1 0.125 – >32 10.3 . Levofloxacina 1 1 0.06 – >32 1.2 Spagna (n =310) Penicillina G 0.25 2 0.008 – 4 61.9 Amoxicillina 0.25 2 0.008 – 8 9.0 Cefotaxime 0.25 2 0.016 – 4 11.0 Claritromicina 0.125 >32 0.125 – >32 43.6 Levofloxacina 1 1 0.25 – >32 1 Svizzera (n = 52) Penicillina G 0.016 0.5 0.008 – 2 17.3 Amoxicillina 0.016 0.25 0.008 – 2 0 Cefotaxime 0.03 0.5 0.03 – 2 3.9 Claritromicina 0.125 0.25 0.125 – >32 17.3 Levofloxacina 1 1 0.125 – 1 0 Totale isolati (n = 2,279) Penicillina G 0.016 2 0.008 – 4 24.6 Amoxicillina 0.016 1 0.008 – 8 2.2 Cefotaxime 0.03 1 0.016 – 4 5.1 Claritromicina 0.125 >32 0.125 – >32 28.0 Levofloxacina 1 1 0.06 – >32 0.8 Modificata da Reinert e al. (18)

14

Bibliografia 1. Bartlett JG, Dowell SF ,Mandell LA et al. Infectious Diseases Society of America (IDSA)

guidelines for treatment of patients with community-acquired pneumonia. Clin Infect Dis. 2000;31:347-382.

2. Mandell LA, Bartlett JG, Dowell SF, et al. Infectious Diseases Society of America (IDSA). Update

of Practice Guidelines for the Management of Community-Acquired Pneumonia in Immunocompetent Adults . Clin Infect Dis. 2003;37:1405-1433.

3.M. Woodhead. Community-acquired pneumonia in Europe: causative pathogens and resistance

patterns. Eur Respir J 2002; 20:20S-27S. 4. File TM Jr, Plouffe JF Jr, Breiman RF, Skelton SK. Clinical characteristics of Chlamydia

pneumoniae infection as the sole cause of community-acquired pneumonia. Clin Infect Dis 1999; 29: 426–28. 5. T.M. File Jr. Community Acquired Pneumoniae. Lancet 2003;362:1991-2001. 6. Fine MJ, Auble TE, Yealy DM, et al. A prediction rule to identify low-risk patients with

community-acquired pneumonia. N Engl J Med 1997;336:243-50. 7. John Segreti , Hans R. House and Robert E. Siegel Principles of antibiotic treatment of

community-acquired pneumonia in the outpatient setting. The American Journal of Medicine.2005;118;suppl. 1;21-28

8. Bartlett JG, Dowell SF, Mandell LA et al. Guidelines from the Infectious Diseases Society of

America. Practice guidelines for the management of community-acquired pneumonia in adults. Clin Infect Dis 2000; 31: 347–82.

9. American Thoracic Society. Guidelines for the Management of Adults with Community-acquired

Pneumonia Am J Respir Crit Care Med Vol 163. pp 1730–1754, 2001. 10. British Thoracic Society (BTS) Pneumonia Guidelines Committee. BTS guidelines for the

management of community acquired pneumonia in adults - 2004 update. Published on BTS website Www.brit-thoracic.org.uk/ on 30/04/04.

11. M. Woodhead, F. Blasi, S. Ewig, et al. European Respiratory Society Task Force in

collaboration with the European Society for Clinical Microbiology and Infectious Diseases. Guidelines for the management of adult lower respiratory tract infections. Eur Respir J. 2005;26(6):1138-80.

12. T. M. File, Jr, J. Garau, F. Blasi et al. Guidelines for Empiric Antimicrobial Prescribing in

Community-Acquired Pneumonia. Chest 2004;125;1888-1901. 13. Felmingham D. Evolving Resistance Patterns in Community-acquired Respiratory Tract

Pathogens: First Results from the PROTEKT Global Surveillance Study. J Infection 2002; 44 (suppl A): 3–10.

14. Jacobs MR, Felmingham D, Appelbaum PC, Gruneberg RN and theAlexander project Group.

The Alexander Project 1998–2000:susceptibility of pathogens isolated from community-acquired lower

15

respiratory tract infection to commonly used antimicrobial agents.J Antimicrob Chemother 2003; 52: 229–46.

15. C. Fogarty, G. Siami , R. Kohler et al., Multicenter, open-label, randomized study to compare

the safety and efficacy of levofloxacin versus ceftriaxone sodium and erythromycin followed by clarithromycin and amoxicillin-clavulanate in the treatment of serious community-acquired pneumonia in adults, Clin Infect Dis 38 (2004) (suppl), pp. S16–S23.

16. A. Marchese, F. Ardito, G. Fadda, et al. The Sentinel Project: an update on the prevalence of

antimicrobial resistance in community-acquired respiratory Streptococcus pneumoniae and Haemophilus spp. in Italy. International Journal of Antimicrobial Agents Volume 26, Issue 1 , July 2005, Pages 8-12

17.K.P. Klugman,, D.E. Low, J Metlay, J.-C. Pecheree,, K. Weiss. Community-acquired pneumonia:

new management strategies for evolving pathogens and antimicrobial susceptibilities Review. International Journal of Antimicrobial Agents 24 (2004) 411–422

18. R.R.Reinert, S.Reinert, M. van der Linden et al. Susceptibility of Streptococcus pneumoniae in

Eight European Countries from 2001 to 2003. Antimicrobial Agents and Chemotherapy, July 2005, p. 2903-2913, Vol. 49, No. 7