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POLITICA E I STITUZIONI DELLE ORGANIZZAZIONI I NTERNAZIONALI Dispensa Anno Accademico 2007 / 2008 Prof. Fabio Marazzi

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POLITICA E ISTITUZIONI DELLE ORGANIZZAZIONI

INTERNAZIONALI

Dispensa

Anno Accademico 2007 / 2008

Prof. Fabio Marazzi

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INDICE Introduzione …………………………………………………………………………………………..

1. Cenni storici ………………………………………………………………………………………

2. Carattere e struttura delle organizzazioni internazionali ……………………………………

3. Disciplina e classificazione ………………………………………………………………………

4. Caratteristiche delle organizzazioni non governative internazionali (ONG) ………………

5. Ruolo, funzioni, efficacia delle organizzazioni internazionali ……………………………………

6. Multilateralismo e società internazionale …………………………………………………………

7. Organizzazioni intergovernative ………………………………………………………………….

7.1 Società Delle Nazioni ed ONU …………………………………………………………

7.2 World Trade Organization (WTO) …………………………………………………………

7.3 Unione Europea …………………………………………………………………………..

8. ONG e Globalizzazione ………………………………………………………………………

9. Prospettive ……………………………………………………………………………………………

10. Organizzazione non governative…………………………………………………………………

10.1 Croce Rossa e Mezzaluna Rossa……………………………………………………..

10.2 Greenpeace…………………………………………………………………………..

10.3 Unesco………………………………………………………………………………….

10.4 W.W.F…………………………………………………………………………………

10.5 Amnesty International………………………………………………………………

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INTRODUZIONE A partire dalla metà del XIX secolo, e ancor più dagli inizi del XX secolo, si nota a livello di rapporti

internazionali, un improvviso proliferare,perlopiù sul continente europeo, di contatti tra singoli

individui dei vari stati.

A cosa questo fenomeno fosse dovuto, non è ben chiaro; alcuni come Stosic ed ancor prima

Potter, in “An introduction to the Study of International Organizations”, sostengono che ciò avvenne

per reazione dei singoli cittadini all’isolamento degli Stati, i cui unici contatti, quando si

verificavano, erano di carattere strettamente politico (1).

Altri, tra cui risalta la figura di J.J. Lador-Lederer (2), ricollegano la nascita di questi primi

movimenti organizzativi privati, più che ad un fenomeno di reazione ad un eccessivo isolamento,

ad un sentimento di ribellione verso uno Stato, qual’era quello del XIX secolo che, proclamatosi

sovrano assoluto e svincolatosi da qualsiasi superiore autorità, non riconosceva al singolo un

diritto di azione in campo internazionale.

Probabilmente, entrambe le tesi possono essere sufficienti a spiegare, da un punto di vista

strettamente storico, la nascita, di associazioni private, ma, a mio parere, ancor prima di cercare

motivazioni di tal tipo, ritengo importante porre in risalto l’aspetto sociologico del fenomeno.

La tendenza dell’individuo ad associarsi con i suoi simili, rappresenta una costante di tutta

l’evoluzione del genere umano: inizialmente ci si associava secondo un vincolo di sangue, poi di

genti e poi di interessi.

Le associazioni private del XIX secolo, sorte nell’ambito di un sistema istituzionalizzato ed

organizzato, qual’era lo Stato democratico e “moderno”, nato dalle ceneri della Rivoluzione

Francese, sono anch’esse fondamentalmente l’espressione del bisogno di individualità, che trova

modo di palesarsi all’interno di una più grande organizzazione, lo Stato appunto, senza

necessariamente doversi porre né in antitesi né in alternativa a questo, ma costituendo piuttosto il

necessario complemento alla vita sociale del cittadino, il quale non più semplice suddito, diviene

soggetto di libertà.

Affermerei perciò, che le ONG sono l’espressione e lo strumento dell’individualità del singolo

d’ogni epoca, che nel XIX secolo, all’interno della struttura del “nuovo” Stato, manifesta

liberamente, in modo ormai organizzato, le proprie aspirazioni ed i propri ideali.

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Da qui la nascita delle Organizzazioni Non Governative come formule di concretizzazione dei diritti

individuali e come intermediarie tra le aspirazioni soprannazionali dei singoli, ostacolate dallo Stato

sovrano e gli altri soggetti internazionali.

Certo, qualunque sia la tesi che si voglia accogliere, vi è l’evidenza di un improvviso sviluppo, a

partire dal XIX secolo, di Organizzazioni Non Governative, le quali con il tempo non hanno cessato

di aumentare quantitativamente fino a diventare, oggi, uno degli elementi più importanti nelle

relazioni internazionali ed a trovare legittimazione nella Carta delle Nazioni Unite. In tal modo si

può essere d’accordo con Stosic quando afferma che “l’on peut dire que le XIXème siècle état le

siècle de l’associationisme (3)“.

Questo loro successo, dovuto principalmente ad una struttura organizzativa ed amministrativa

molto più agile e perciò facilmente adattabile di quella delle Organizzazioni Governative o di altri

organismi internazionali pubblici, il loro modo d’agire senza vincoli burocratici eccessivi ed ancor

più la piena libertà d’espressione, sono tutti fattori che concorrono a renderle strumenti più efficaci,

attraverso i quali i singoli possono esercitare pressioni, talvolta notevoli, sull’operato degli Stati,

spingendoli sia a modificare situazioni pregiudizievoli dei diritti dell’individuo, sia ad adattare o

adottare adeguati regolamenti e comportamenti, in sintonia con il rapido mutare della congiuntura

internazionale a qualunque livello politico, economico o sociale.

Qualche breve cenno ora sulla nascita dell’espressione “ONG”.

Il termine, divenuto d’uso comune dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha sostituito l’espressione

“Associazioni Internazionali Private” o in inglese, “Private International Organizations” ed ha

assunto ufficialità a seguito della inserzione nella Carta delle Nazioni Unite all’art. 71.

A tale proposito bisogna anche ricordare che a tutt’oggi esso non è universalmente accettato; ad

esempio Geroges Langord (4) ritiene incorretta questa definizione allorché si parli di associazioni a

composizione mista mezza pubblica e mezza privata.

Ma a prescindere da questioni puramente terminologiche, và ricordato che è stato proprio con l’art.

71 della Carta delle N.U. che ha ricevuto ufficialità l’abbreviazione ONG, già in precedenza

utilizzata dalla Union des Associations Internationales (UAI) ed oggi universalmente riconosciuta,

così come risulta anche dalla lettura della “European convention on the recognition of the legal

personality of international non-govermental organizations”, redatta a Strasburgo il 24 Aprile 1986.

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Note

(1) Potter, Pittman “An introduction to the study of international organization” Appleton-

Century-Crofts Inc., 5th edition New York 1948, pag. 33.

(2) Lador/Lederer “International non governmental organizations and Economic entities”

Leyden, 1963, pag. 27.

(3) Stosic “Les org non gouv. et les N.U. » Droz, Geneve, 1964, pag. 11.

(4) Langord Georges « L’evolution du role des organisations international non

gouvernamentales » in Associations internationales 1955, n. 8, pag. 508

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1. CENNI STORICI Nell’analizzare la genesi e lo sviluppo delle ONG, ciò che subito risulta evidente è che esse

appaiono sulla scena internazionale non prima del secolo scorso, che tali associazioni private

internazionali sorgono per la maggior parte in territori ove il protestantesimo ha forti radici, che

infine vi sono fattori storici quali la guerra o le esposizioni internazionali che potrebbero avere

avuto notevole influenza sulla loro improvvisa ed enorme crescita.

Qui si cercherà di fare una breve esposizione di tutti questi elementi, in modo da poter collocare un

fenomeno tanto importante, qual è quello delle ONG, in un corretto contesto storico.

Iniziamo con il cercare di cogliere le motivazioni che spinsero i singoli, in un determinato momento

del secolo scorso, a riunirsi in gruppi organizzati.

L’afflusso di nuove ricchezze, dovuto al progresso tecnico e alla scoperta di enormi e nuove

quantità di energia, nel XVIII e XIX secolo, causò un grosso sviluppo delle relazioni internazionali,

soprattutto a partire dal 1815, attraverso la forma delle associazioni private.

Si potrebbe affermare che la prima apparizione di ONG risalga ad un periodo precedente a questa

data, anche se fu proprio nel 1815 che si tenne a Ginevra il “Congresso di Scienze Fisiche e

Naturali”, primo simposio internazionale organizzato da soggetti non governativi di cui si abbiano

informazioni precise; secondo la UAI (1), ad esempio, la più antica ONG potrebbe essere stata la

“Roscrucian Order”, che ebbe origine in Egitto attorno al 1500; Stosic (2) ricorda poi le riunioni di

filosofi e saggi nel Medio Evo ed il Congresso Medico che si svolse a Roma dal 10 Marzo 1681

all’8 Giugno 1682, ma di tutti questi primi fenomeni associativi organizzati a livello internazionale,

non vi sono dati certi.

Fu nel XIX secolo invece che nacquero le prime ONG.

Infatti poiché gli Stati non riuscivano a seguire il ritmo di sviluppo che la civilizzazione industriale

stava imponendo, furono sostituiti in questo compito di adattamento ai “nuovi tempi”, dall’iniziativa

privata e dal capitalismo, sui quali quella si fondava, che esigendo forme di coordinamento agili,

veloci e non burocratizzate, favorirono la nascita delle prime associazioni internazionali.

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Esse inizialmente si moltiplicarono sul piano dell’azione economica, ciò proprio per l’esigenza di

espansione commerciale propria di quell’epoca, nella quale un gran numero di società di

commercio assunsero carattere internazionale grazie all’ampiezza dei propri traffici.

Si è parlato fin qui di questo improvviso sorgere di ONG e si è cercato di dare una ragione

ravvisandola nella nascita del capitalismo “moderno” borghese, ma allorché si esaminino i luoghi

ove tali contatti si svilupparono, si nota che essi si trovano perlopiù in paesi protestanti. Secondo

Stosic (3) questo sarebbe dovuto alla ricerca di un elemento soprannazionale comune da parte

degli Stati protestanti, i quali, assimilando i principi della Riforma si erano allontanati dall’unico

elemento che li teneva uniti: la fede in un'unica chiesa che si trasformò allora nella necessità di

instaurare comuni relazioni internazionali in settori come la scienza, la legislazione, la cultura.

Certo, sia che si condivida tale tesi, o meno, e personalmente mi sembra valida dato il facile

riscontro che può avere nei fatti,le prime ONG sorsero in paesi protestanti: ad esempio la British

and Foreign Anti-Slavery Society a Londra nel 1823 o la “World’s Evangelical Alliance” in

Inghilterra nel 1846 o il “Comitè International de la Croix Rouge” fondato a Ginevra nel 1863.

Altro fattore la cui influenza è importante nello studio della genesi delle ONG, è la guerra.

In coincidenza di ogni conflitto, a partire dal 1870, si nota come l’attività delle ONG si riduca

notevolmente e come talvolta sia proprio durante questi momenti di crisi che alcune ONG

scompaiono, ma ancor più come, proprio per reazione alle atrocità dei conflitti, siano sorte le più

importanti associazioni private: all’indomani della guerra del 1870-71 sorge L’Institut del Droit

International, in Belgio e contemporaneamente nasce a Londra l’International Law Association,

anche se l’esempio più significativo a favore di questo rapporto causa-effetto tra genesi delle ONG

ed eventi bellici, è dato dalla fondazione nel 1863 del Comitato Internazionale della Croce Rossa

per iniziativa di Henry Dunant, dopo che costui era rimasto profondamente colpito dalle atroci

sofferenze dei soldati feriti nella battaglia di Solferino.

Dunant, ottenuto l’appoggio della “Geneva Society for the protection of Public Interests”,

organismo privato, e dopo essersi presentato al “International Statistic Congress” di Berlino del

1863, riuscì a persuadere i Governi ad interessarsi ai suoi progetti ed a trasformarli in regolamenti,

a riprova anche di quanto possa essere fondamentale l’iniziativa privata.

Per venire a tempi a noi più vicini, va detto che il momento più difficile per la vita e la

sopravvivenza della ONG fu durante la Seconda Guerra Mondiale; infatti, se negli anni

immediatamente precedenti allo scoppio del conflitto si può notare come nei paesi dominati

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dall’ideologia fascista, dove si trovavano molte delle maggiori ONG, queste venissero lasciate

libere di svolgere i propri compiti solo se in linea con l’ideologia del regime, in particolar modo in

Germania, con il deflagrare del conflitto, si rileva una quasi completa inattività ufficiale di esse,

sebbene la lotta anti-fascista clandestina abbia trovato aiuti proprio in alcune ONG.

L’ultimo fattore storico che resta da esaminare è stato rilevato ed analizzato da Stosic (4) nel suo

lavoro sulle ONG; la coincidenza tra le grandi esposizioni internazionali e la nascita delle ONG.

Se tale fenomeno sia una coincidenza o meno è difficile dire. E’ vero che, ad esempio, l’istituto

internazionale delle Casse di Risparmio, nacque in seguito a determinate esigenze manifestate dai

conferenzieri durante il primo Congresso Mondiale del Risparmio, tenuto a Milano nel 1924, ma è

altresì vero che affermare categoricamente, così come fa lo Stosic, che vi è un evidente ed

inscindibile rapporto causa-effetto tra congressi od esposizioni e nascita di associazioni non

governative, è forse eccessivo.

Direi che le aspirazioni di cambiamento, non soddisfatte dai rispettivi governi, espresse dai privati,

che dovevano far fronte ad improvvisi e profondi mutamenti dettati dall’avvento della Rivoluzione

Industriale, da una conseguente espansione dei mercati e dalla diffusione di nuove idee, possono

essere elementi più che sufficienti a spiegare un’improvvisa proliferazione, nel secolo scorso, di

ONG in tutta Europa, senza dover giustificare il fenomeno adducendo una improbabile

concomitanza causale tra congressi e sorgere di associazioni private.

Mi sembrerebbe più corretto, da un punto di vista storico, affermare che nei congressi, non tanto

prendevano corpo all’improvviso le esigenze individuali, ma quanto sostenere che essi erano le

sedi, di maggior risonanza, nelle quali tali necessità, da tempo presenti, altro non ricevevano che il

sigillo dell’ufficialità, essendo così più una conseguenza che non la causa della nascita delle ONG.

Certo, analizzando il grafico che Stosic (5) riporta si nota che in concomitanza con la prima delle

grandi esposizioni internazionali, quella di Parigi del 1867, furono istituite quattro ONG , e, dato

ancor più significativo, si tennero tredici congressi internazionali.

Lo stesso elevato numero di congressi e di nuove ONG lo si rileva in coincidenza della

Esposizione di Filadelfia del 1876, di Parigi del 1878, 1889 e 1900 e così fino a quella di Bruxelles

del 1910, ma il dato non mi sembra vada interpretato così come fa Stosic.

Comunque a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale tale fenomeno è meno evidente,

poiché con la creazione della Società delle Nazioni e ancora delle Nazioni Unite, le relazioni

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internazionali e con esse le ONG trovarono luoghi appositamente deputati allo sviluppo dei contatti

e delle relazioni internazionali.

Anche se va detto che la carta della Società delle Nazioni non conteneva alcun riferimento

esplicito ad ONG o ad associazioni private, mentre con la nascita delle Nazioni Unite è stata

definitivamente ufficializzata l’importanza dell’operato dei privati, riconoscendo alle associazioni

attraverso le quali essi esprimono le proprie idee, lo status consultivo presso il Consiglio

Economico e Sociale.

Infatti l’art. 71 della Carta recita:

“Le Conseil économique et social peut prendre toutes dispositions utiles pour consulter les

organisations non gouvernamentales qui s’occupent de questions relevant de sa compétence. Ces

dispostions peuvent s’appliquer à des organisations internationales et, s’il y à des organisations

nationales après consultation de Membre intéressé de l’Organisation »

In forza di tale previsione esplicita le ONG hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi quaranta

anni grazie allo statuto cosnultivo loro riconosciuto anche presso organizzazioni specializzate o

presso organizzazioni intergovernative non facenti parte delle Nazioni Unite, come il Consiglio

d’Europa che nel 1986 ha redatto un apposita convenzione disciplinante lo status delle ONG (6)

A conclusione di questa breve analisi della genesi storica delle ONG, ciò che si può rilevare è

innanzitutto la crescente importanza, quantitativa e qualitativa, che esse hanno assunto con il

passare del tempo, dalla prima associazione privata del 1815 fino al riconoscimento ufficiale da

parte delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa e la notevole influenza che hanno avuto ed

hanno, sulla vita di tutta la società internazionale.

In particolar modo è evidente come la loro presenza sia divenuta sempre più necessaria dal

momento in cui è stato loro riconosciuto lo status consultivo presso vari organismi ufficiali.

Ed è qui che è maggiore il contributo che esse possono dare, in quanto non solo più vicine ed

attente ai problemi della gente e libere da vincoli burocratici, ma anche perché assemblee di

eminenti esperte spinti ad aderire ad una o all’altra associazione solo quando la propria volontà ed

i propri ideali siano coincidenti con quelli dell’organizzazione.

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Note

(1) Annuaire des Organisations internationales, UAI, Brussells 1974, pag. 585.

(2) Stosic, op. Cit., pp 9-10

(3) Stosic, op. Cit., pp 24-25

(4) Stosic, op. Cit., pag. 27

(5) Stosic, op. Cit., pp. 28-29

(6) Conv. Europea in Appendice

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2. CARATTERE E STRUTTURA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI Innanzitutto va detto cosa s’intenda per Organizzazione Internazionale Non-Governativa e a

questo proposito sembra che la definizione migliore sia quella data da Benvenuti, nell’enciclopedia

del diritto(1), allorché afferma che “con l’espressione organizzazioni internazionali non-governative

si vuole indicare quella vita associativa e di collaborazione che può sorgere tra individui o entità

che sono subordinati alla potestà di differenti Stati, vita associativa che non ha regole di

funzionamento indipendenti, ma che concretamente dovrà modellarsi secondo le forme giuridiche

previste o permesse dai diritti degli Stati nell’ambito dei quali nasce o è destinata a svolgersi.

In questa definizione è racchiuso non solo un chiaro concetto di ONG, tale da permettere

facilmente una distinzione tra queste associazioni “private” e le cosiddette Organizzazioni

Internazionali Governative (OIG), ma che da essa scaturisce anche gran parte della problematica

che le ONG pongono, allorché si inizi a studiarne il funzionamento pratico nell’ambito delle

relazioni internazionali, cioè la questione della loro personalità giuridica, dell’ordinamento dal quale

dipendono e ricevono formale riconoscimento e della scelta della struttura organizzativa che

possono darsi, la quale non è vincolante, proprio perché esse sono libere da qualsiasi regola

prestabilita di funzionamento.

Vorrei premettere che allorché si parla di ONG e se ne dà una definizione quale quella di

Benvenuti, sopra riportata, vengono alla mente organizzazioni trans-nazionali quali il Rotare o la

Massoneria o movimenti politici come l’Internazionale Socialista, l’Internazionale Democristiana o

qualsiasi altro gruppo ideologico di portata internazionale e che tenga periodiche riunioni.

Su queste organizzazioni, che secondo me rientrano nella categoria delle ONG, anche

esaminandole alla luce dei requisiti richiesti dall’UAI, dei quali poi si parlerà, non esiste

concomitanza di pareri e perciò non se ne parlerà oltre, anche se ritengo, e vorrei ribadirlo ancora

una volta, che esse siano ONG, non fosse altro che per quella caratteristica tipica e

universalmente riconosciuta, che è l’assenza di qualsiasi scopo di lucro. Mentre, e qui i pareri sono

unanimi, le multinazionali, proprio perché orientate a creare profitti, non sono ONG.

L’esame della vita delle ONG inizia dalla struttura.

Non ne esiste una uguale per tutte le organizzazioni, se non altro per i differenti fini che esse

perseguono o più ancora per l’influenza che ogni ordinamento statale interno ha su di esse,

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tuttavia nei sistemi di organizzazione delle ONG regnano certe regole d’esperienza comune ed

inoltre la loro natura associativa le porta ad essere simili nei modi di svolgere la propria attività.

Emerge in primo luogo che vi sono basilarmente tre organi deputati alla regolamentazione della

vita dell’associazione: un organo rappresentativo, con poteri più ampi, un organo rappresentativo

più ristretto con funzioni esecutive ed infine un organo burocratico, solitamente denominato

“segretariato” con compiti burocratici.

Tali organi sono generalmente: l’Assemblea Generale, il Consiglio d’Amministrazione, il Comitato

Esecutivo, il Presidente, il Segretario Generale e talora un Tesoriere.

L’Assemblea Generale è l’organo supremo della ONG, con i poteri più ampi tra cui quello di

modificare lo statuto, definire le linee di attività dell’organizzazione, statuire la composizione e la

competenza di tutti gli altri organi che ad essa renderanno conto del proprio operato e proclamare

l’estinzione dell’organizzazione.

L’Assemblea può essere composta o da tutti i membri della organizzazione o da membri scelti a

rotazione, di solito mediante elezione e si riunisce ad intervalli regolari, a meno che non vi sia

urgenza di sessioni straordinarie.

Vi è poi il Consiglio d’Amministrazione, un corpo assai vasto e rappresentativo che comprende

rappresentanti eletti dall’Assemblea tra le nazioni componenti la ONG; ad esso spettano

solitamente la nomina dei membri del Comitato Esecutivo e delle commissioni tecniche, la

fissazione delle date di riunione dell’Assemblea, l’approvazione dell’ammissione di nuovi membri e

la ratificazione del bilancio annuale.

Terzo organo è il Comitato esecutivo che nelle piccole ONG assume le veci anche del Consiglio

d’Amministrazione, pur essendo i membri del Comitato di gran lunga meno numerosi di quelli del

Consiglio.

Esso è nominato o dall’Assemblea o dal Consiglio, e nelle ONG dove il Tesoriere non costituisce

organo autonomo, esso è ricompreso nel Comitato, di cui fa parte anche il Vice-Presidente.

I poteri del Comitato sono generalmente abbastanza limitati e si esplicano nell’adottare decisioni in

materie urgenti, verificare l’esatta applicazione delle decisioni del Consiglio e nel controllare

l’attività del Segretariato.

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Il Presidente, eletto dall’Assemblea per i propri meriti e le proprie qualità, è colui che rappresenta

l’organizzazione e nel caso delle ONG “en l’air” di cui si parlerà più avanti, è attraverso la sua

persona che si determina talvolta ove si situi la sede dell’organizzazione.

Talora, come nel caso dell’Istituto Internazionale delle Casse di Risparmio (2), egli è anche

Presidente del Consiglio d’Amministrazione e del Comitato Esecutivo; ha comunque generalmente

poteri di supervisione su tutta l’attività dell’ente; la carica è predeterminata nello Statuto ed è

solitamente di durata pari all’intervallo tra due Assemblee generali ed egli può quasi sempre

essere rieletto.

Infine vi è il Segretario, la cui funzione non è meno importante di quella del Consiglio e per il quale

le qualità personali sono tanto importanti quanto per il Presidente: egli dirige l’attività quotidiana

dell’organizzazione, esegue le delibere dell’Assemblea, del Consiglio e del Comitato e prepara i

rapporti periodici o annuali.

Va detto, per dare un quadro completo della struttura tipica delle ONG, che talora vi è anche il

Bureau: organo esecutivo assai ristretto composto da un presidente, un vice-presidente ed un

segretario generale, che svolge compiti di routine quotidiana.

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3. DISCIPLINA E CLASSIFICAZIONE Caratteristica principale di qualsiasi ONG è quella di vivere ed operare, a differenza delle

Organizzazioni Internazionali Inter-Governative, sotto l’impero del diritto interno dello Stato nel

quale abbia la propria sede ed essere perciò considerata formalmente una semplice associazione

di diritto interno anche se i frequenti contatti con ordinamenti giuridici statali diversi da quello di

appartenenza, la rendono sostanzialmente un’associazione di livello internazionale.

Il fatto di essere perciò legate a quello che Benvenuti (1) definisce “il guscio della sovranità statale”

crea il problema della scelta della legge applicabile al vincolo associativo ed agli atti posti in essere

dalla ONG nell’esercizio dei propri compiti.

Per quanto riguarda la legislazione italiana, con riguardo alla regolamentazione del contenuto degli

statuti delle ONG, alla loro attività e alla responsabilità degli amministratori, bisogna far riferimento

all’art. 17 (1) disp. Prel. Ove si richiama, come legge regolatrice, quella dello Stato che ne abbia

riconosciuta la nazionalità.

Talora però può capitare che l’organizzazione sia stata riconosciuta in più Stati; dovrà allora

preferirsi lo Stato con il quale esistono i legami più forti, ad esempio ove abbia la sede principale

l’organizzazione stessa.

Può anche capitare però che nessuno Stato abbia riconosciuto la nazionalità alla ONG; in questo

caso si applicherà il criterio sussidiario dello Stato presso il quale la ONG ha la propria sede;

questo sempre per quanto riguarda il sistema di diritto internazionale privato italiano, così come

risulta dall’esame congiunto degli artt. 29 disp. Prel. (2) e 46 C.C. (3).

Vanno poi ricordate quelle che vengono definite ONG “en l’air”, cioè quelle organizzazioni che di

propria scelta rifiutano qualsiasi vincolo con ogni Stato, così da poter mantenere la propria

autonomia ed indipendenza; un esempio di tal tipo è l’Istitut de Droit International” per il quale l’art.

11 dello Statuto espressamente prevede che la sede coincida con il domicilio del segretario

generale: in via di massima esistono principalmente tre tipi di ONG “en l’air”:

a) quelle che cambiano sede con il mutare del presidente;

b) quelle che adottano un principio di rotazione periodica della sede;

c) quelle che hanno sedi disseminate in vari paesi.

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Si vede perciò che il problema della natura giuridica delle ONG è abbastanza complesso: esse

dipendono perlopiù dal paese temporaneamente o permanentemente ospitante anche nelle

modalità di regolamentazione della vita dell’organizzazione.

La maggior parte degli autori, sin dagli anni ’50, sono stati d’accordo nel prospettare

essenzialmente due tipi di soluzioni: o una modificazione delle legislazioni nazionali in tema di

regolamentazione delle associazioni, o la redazione di una convenzione internazionale che

assicuri degli standard minimi in base ai quali definire, riconoscere e regolare giuridicamente una

ONG.

Adottando la prima delle due soluzioni, l’obbiettivo dovrebbe essere quello di ottenere, da parte

degli Stati, maggiori facilità nel riconoscimento della personalità giuridica delle ONG costituite

all’estero: il problema non è certo semplice poiché vi sono ONG in ogni angolo della Terra e

soggette ad ordinamenti giuridici di diversa ispirazione.

Ma quand’anche si giungesse ad una prospettiva di accordo, rimarrebbe la questione della

delimitazione di compiti tra organizzazioni internazionali private ed organi dello Stato dove la ONG

è stata riconosciuta.

Ricomparirebbe allora la discrezionalità delle singole legislazioni che cercherebbero di non cedere

troppe delle proprie esclusive competenze ai privati.

Per il momento perciò, la scelta per una ONG è tra lo stabilire la propria sede in un determinato

Stato e da questo ottenere il riconoscimento adeguandosi alla particolare legislazione in esso

vigente, o, così come fanno le ONG “en l’air”, restare indipendenti senza alcun rischio d’essere

sottomesse ad alcun ordinamento statale.

Sembrerebbe che la situazione di queste ultime sia molto meno favorevole di quelle che potremmo

definire “permanenti” non solo per l’assenza di qualsiasi riconoscimento giuridico e per l’aspetto

patrimoniale (4), ma anche per le indubbie scomodità che comporta un continuo mutare di sede e

luoghi di riunioni.

E’ altresì vero che le ONG stabilitesi in un determinato Paese, con il fatto stesso di porsi all’interno

dell’ordinamento giuridico dello Stato ospite, perdono parte della loro autonomia e del loro

carattere internazionale.

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Il problema comunque è oggi meno drammatico di quanto possa sembrare poiché, proprio

l’accresciuta importanza delle ONG in questi ultimi quaranta anni, ha creato condizioni tali da

impedire in ogni paese, ad eccezione di quelle del blocco comunista, che esse siano soggette

esclusivamente alla volontà dello Stato ospitante.

Agli inizi del 900 parve che una soluzione potesse essere trovata mediante l’utilizzazione dello

strumento della convenzione.

In quegli anni infatti, furono elaborate varie convenzioni internazionali, ritenendo che questa fosse

la via più adatta a porre le basi di una legislazione uniforme, di cui potesse esserne garantita

l’esatta applicazione ed osservanza.

Vanno ricordati qui soprattutto i primi due congressi che si occuparono di proporre una definizione

dello status giuridico delle ONG e ancor prima di fornire criteri validi in base ai quali poter

classificare come tale una organizzazione internazionale: il congresso delle Associazioni

internazionali di Bruxelles, nel 1910 e quello di Mons del 1913, i cui risultati furono deludenti.

Ma ancor prima di decidere quale carattere giuridico dare ad un ONG, e la controversia, abbiamo

visto è ancora aperta, si pone il problema di stabilire in base a quali criteri definire e riconoscere

come ONG una qualsiasi associazione privata.

Come vedremo i criteri proposti sono molti e diversi: Alcuni, come quelli elaborati da Speeckaert e

in parte anche quelli di Stosic, sono di scarsa utilità e fanno riferimento al tipo di attività svolta

dall’organizzazione; altri, tra cui quelli proposti dall’UAI ed elaborati successivamente dal Consiglio

economico e Sociale delle Nazioni Unite, parzialmente ripresi anche dal Consiglio d’Europa, sono

abbastanza validi, pur se soggetti, come qualsiasi criterio di classificazione, a divenire con il tempo

sempre più indefiniti: utilizzabili perciò in via analogica, od obsoleti se applicati restrittivamente e

rigidamente.

Accennare brevemente, come qui sarà necessario fare, ai criteri di classificazione in varie

categorie delle ONG che operano a livello internazionale, non è affatto semplice, in primo luogo

per l’elevato numero e la diversità dei compiti di tali organismi: a riprova di ciò è sufficiente

esaminare l’annuario dell’UAI ove si possono trovare migliaia di ONG classificate sotto le più

diverse voci corrispondenti al campo di attività in cui operano (ad esempio vi sono ONG tessili,

chimiche, farmaceutiche, legislative fino a giungere perfino alla ONG internazionale dei cuochi).

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Il fatto poi, che non sia stato ancora formulato un criterio universalmente valido di classificazione in

relazione all’attività svolta, pur essendo state molte le proposte da parte dei più autorevoli studiosi,

rende ancora più arduo stabilire quale sia il metodo da usarsi e limita l’indagine ad una sommaria

esposizione delle teorie fino ad oggi avanzate.

Una delle prime è stata quella elaborata da G.P. Speeckaert (5) in “L’Avenir des Organisations

internationales non Gouvernamentales”.

L’autore, basandosi sul criterio degli “objets generaux d’activitè”, ha classificato le ONG in sei

gruppi a seconda che perseguano uno scopo:

1) ideologico

2) scientifico

3) di miglioramento sociale, economico o tecnico

4) di organizzazione

5) di interesse professionale

6) di relazioni tra i popoli.

Questo criterio, a mio avviso, sembra abbastanza generico innanzitutto perché prescinde dal

contesto legislativo particolare dello Stato nel quale ogni ONG, con sede permanente, è posta, poi

perché le sei categorie sono generiche e non idonee ad una chiara sistematica di tipo funzionale.

Per rimediare alla mancanza di metodo, Stosic (6) ha proposto di raggruppare le ONG in tre

categorie fondamentali:

1) quelle che svolgono attività ideologica o missionaria;

2) quelle che difendono interessi materiali o professionali dei differenti gruppi.

3) Quelle che hanno come scopo la promozione di attività e la cooperazione scientifica,

tecnica o professionale.

Anche questo criterio non può essere accolto acriticamente poiché, ad esempio, come ben rileva

l’autore a riprova della fallibilità della propria proposta, che pure ha una applicazione pratica meno

problematica di quella di Speeckaert, esistono ONG che esercitano tutte e tre le funzioni, come

l’Associazione Medica Mondiale.

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Lador-Lederer (7) invece, senza voler apparentemente proporre alcun criterio, ha dedicato buona

parte della sua opera principalmente a cinque categorie di ONG che esamineremo brevemente

(sembrano infatti così generiche da ricomprendere in sé ogni tipo di ING).

L’autore inizia con una analisi delle “Legislative NGO’S” e della attività che esse svolgono,

distinguendo a seconda che esercitino attività consultiva ed eventualmente siano anche attive

nelle procedure che portano alla formazione di testi normativi internazionali, o che invece non

abbiano alcuna funzione consultiva.

Con riguardo alla prima categoria va ricordata innanzitutto la Carta delle Nazioni Unite ed in

particolare l’art. 71 (8) dove si fa esplicito riferimento alle ONG con status consultivo, inoltre la

risoluzione 1296 (XLIV) del 23 maggio 1968 che regolamenta le relazioni tra ONG e Consiglio

Economico e Sociale, la quale ha suddiviso le prime in tre ordini: quelle che sono interessate alla

maggior parte delle attività svolte dal Consiglio; quelle che sono interessate solo a materie

specifiche; ed infine quelle comprese in un apposita lista (Roster) alle quali può essere

occasionalmente riconosciuto lo status consultivo da parte del Segretario Generale.

Per quanto riguarda l’importanza che determinate ONG possono avere nella promozione e

formazione di testi legislativi, tra le più attive in questo campo spicca la Croce Rossa, ispiratrice

della codificazione del diritto bellico moderno e della necessità di una considerazione umanitaria

della guerra: la IATA (International Airline Transport Association) che attraverso il Traffic

Conference Machiner, suo organo, determina le tariffe aeree, l’Interpol e l’Istituto di Diritto

Internazionale.

Lador esamina poi quelle che chiama “Scatterei Communities and State –preparing NGO’S” ossia

quelle ONG che hanno come proprio scopo la costruzione o la rifondazione di uno Stato:

situazione che si verifica in particolar modo allorché vi sia una lotta per il potere tra un regime che

tema per la propria integrità territoriale e gruppi di pressione esterni che si ritengano legittimati a

conseguire la liberazione della Nazione per stabilirvi il proprio dominio.

Terza categoria è quella delle “Ideological NGO’S”, che a differenza delle precedenti, non hanno

natura rivoluzionaria ma si propongono di raggiungere i propri obiettivi mediante una pacifica

convivenza con gli Stati in cui operano.

Esse sono associazioni di persone con un medesimo ideale e spesso nascono su base nazionale

per poi trovare consenso al di fuori dei propri confini.

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Le più vecchie ONG di questo tipo sono quelle a carattere religioso e quelle aventi finalità politiche,

come l’Internazionale Socialista, o negli anni Trenta, il movimento fascista: ONG non prese in

considerazione da Stosic.

Vi sono poi le ONG di carattere economico, sorte come conseguenza dei rapporti commerciali,

instaurati nel secolo scorso, tra le Nazioni colonialiste ed evolutesi fino a dar luogo alla nascita di

associazioni private tendenti prima a proteggere e poi a regolamentare gli scambi internazionali,

sia che si trattasse di flussi di merci o di denaro, dando vita, in questo ultimo caso, alle ONG

bancaria.

Come si è potuto dunque vedere, non vi sono criteri certi di classificazione in relazione allo scopo

dell’organizzazione e lo stesso Consiglio d’Europa, affrontando il problema della definizione di

ONG non ne ha formulati.

Probabilmente il procedimento adottato dalla UAI che si avvicina più a quello funzionale di Stosic

che ad ogni altro, sembra essere per il momento il migliore almeno fin a che un organismo come

l’Istituto di Diritto Internazionale non offrirà criteri di classificazione scientifica.

Va detto però che l’UAI, nella elaborazione dei propri criteri, non ha fatto alcun riferimento al tipo di

attività svolta dalle ONG, ma ha preso in considerazione le caratteristiche strutturali che ha ritenuto

essere proprie ed esclusive di ogni ING stessa.

I parametri, recepiti dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, che nel 1950, con la

Risoluzione 288 (X) del 27 febbraio ha formalmente stabilito la distinzione tra organizzazioni inter-

governative e ONG, sono:

(a) Scopi

Gli scopi dell’organizzazione devono presentare un carattere veramente internazionale con

l’intenzione di svolgere attività in almeno tre nazioni. Di conseguenza società come l’International

Action Committee for Safeguarding the Nubiam Monuments o la Anglo-Swedish Society sono

escluse: Ugualmente lo sono società rivolte unicamente alla commemorazione di persone

scomparse, anche se queste abbiano dato grossi contributi alla comunità internazionale.

(b) Membri

Vi deve essere partecipazione individuale o collettiva con pieno diritto di voto da parte di almeno

tre nazioni. L’organizzazione deve essere accessibile a qualsiasi individuo od entità le cui

competenze rientrino nell’area di attività di essa. Di conseguenza sono esclusi gruppi chiusi,

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sebbene la situazione possa divenire ambigua quando un solo membro per Stato sia ammesso,

poiché in tal modo si preclude l’ammissione all’organizzazione ad altri gruppi qualificati in quel

paese.

Il potere di voto deve essere tale da non permettere a nessun gruppo nazionale di controllare

l’organizzazione.

Le organizzazioni nazionali che accettino stranieri come propri membri sono escluse così come

ordini religiosi o comunità governate su base gerarchica e movimenti sociali non ufficiali.

(c) Struttura

L’atto costitutivo deve prevedere una struttura organica ufficiale che attribuisce ai propri membri il

diritto di eleggerne periodicamente l’organo di governo e i dirigenti dell’organizzazione. Vi deve

essere una sede permanente e le attività dell’organizzazione devono possedere carattere di

continuità. Di conseguenza, contrariamente ai comitati permanenti che stabiliscono un

collegamento tra più riunioni successive, i comitati ad hoc e i comitati organizzatori di riunioni

uniche non sono contemplati.

(d) Dirigenti

Il fatto che in un determinato periodo i dirigenti abbiano la medesima nazionalità non comporta

necessariamente l’esclusione della organizzazione, ma in questo caso deve esservi rotazione ad

intervalli determinati tra i diversi Stati membri, sia per quanto concerne la scelta della sede che per

l’elezione dei dirigenti.

(e) Finanze

Contributi sostanziali al bilancio devono provenire da almeno tre nazioni. Ciò comporta l’esclusione

di molte unioni e società “internazionali” che operano in Nord America su finanziamenti quasi del

tutto provenienti dagli Stati Uniti. Non vi deve essere scopo di lucro né tentativo di ottenere profitti

da distribuire ai membri. Ciò non esclude organizzazioni che esistono per aiutare i propri membri

ad ottenere più profitti o migliorare la propria situazione economica (es: trade unions o trade

associations); ma si escludono le imprese che svolgono affari internazionali, le società di

investimento o cartelli. La distinzione tra una associazione di commercio (trade association) e un

cartello è spesso non chiara, nella pratica le relazioni esterne della società sono usate come

criterio distintivo.

(f) Relazioni con altre organizzazioni

Le entità organicamente collegate con altra organizzazione non sono necessariamente escluse,

ma deve essere evidente che esse conducano vita indipendente ed eleggano i propri dirigenti. Non

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sono perciò stati considerati gli organi interni o sussidiari i cui membri siano nominati da uno degli

organi strutturali di un’organizzazione e che a questa facciano capo.

(g) Attività

Deve esservi prova evidente che l’organizzazione eserciti effettivamente un’attività. Le

organizzazioni che sembrano essere state inattive per oltre cinque anni sono catalogate come

“scomparse” o “dormant”.

(h) Altri criteri

La scelta delle organizzazioni catalogate non è stata determinata né da criteri di ampiezza né di

importanza, né si è guardato al numero dei membri, al grado di attività o alla potenza finanziaria.

Nessuna organizzazione è stata esclusa per ragioni politiche o ideologiche né sono stati

considerati i campi di interesse o di attività.

La localizzazione geografica delle sedi e la terminologia usata nella denominazione

dell’organizzazione (come “commitee”, “council”….) sono state ugualmente irrilevanti.

La definizione ed il riconoscimento affinché un’associazione possa dirsi una ONG, risulta

abbastanza agevolata utilizzando questi criteri, molti dei quali si ritrovano anche esaminando il

testo redatto a Strasburgo nel 1986, della “Convenzione Europea sulle ONG” (9), ove si

definiscono come tali (art. 1) quelle associazioni, fondazioni o istituzioni private che:

a) abbiano uno scopo non di lucro, di utilità internazionale;

b) siano state create con un atto “importante” di legge interna di una “Parte”;

c) esercitino la loro attività effettiva in almeno due Stati;

d) abbiano la loro sede statutaria nel territorio di un “Parte” e la loro sede amministrativa sul

territorio di questa “Parte” o di un’altra “Parte”.

Come si vede, l’unica e minima differenza nel dare una definizione dei caratteri essenziali di una

ONG, è riferita al numero di Stati necessari e sufficienti per aversi vera attività internazionale: per

l’UAI almeno due Stati, per la Convenzione di Strasburgo almeno tre, mentre tutti gli altri caratteri

tipici sono simili in entrambi i progetti.

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4. CARATTERISTICHE DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE INTERNAZIONALI (ONG)

Ai sensi dell’art.1 della Convenzione Europea n. 124 firmata il 24/04/1986, le condizioni affinché

“un’associazione, fondazione o altra istituzione privata” possa essere considerata

un’organizzazione non governativa sono le seguenti:

Avere scopo non lucrativo d’utilità internazionale;

Essere stata creata con un atto di diritto interno di uno Stato;

Esercitare la propria attività in almeno due Stati.

La Risoluzione 1296 del 1968 dell’ECOSOC (Economic and Social Concil dell’ONU) definisce a

sua volta l’ONG come “un’organizzazione internazionale che non è stata creata attraverso accordi

intergovernativi, compresa un’organizzazione che accetta dei membri designati dalle autorità

governative, a condizione che i membri appartenenti a questa categoria non ostacolino la libertà

d’espressione dell’organizzazione”. La successiva Risoluzione 31 del 1996 modifica leggermente

la definizione, precisando che una ONG non deve essere stata istituita da un’entità né

intergovernativa, né governativa.

Secondo il progetto di Convenzione dell’Istituto di Diritto Internazionale, presentato alla sessione di

Bath nel 1950, le organizzazioni non governative sono “gruppi di persone o di collettività,

liberamente creati dall’iniziativa privata, che esercitano, senza spirito di lucro, un’attività

internazionale di interesse generale, al di fuori di ogni preoccupazione di ordine esclusivamente

nazionale”.

Dai documenti sopra considerati si evincono alcuni elementi che accomunano e caratterizzano gli

enti che stiamo cercando di definire.

Innanzitutto si tratta di associazioni, dunque di soggetti costituiti da più persone (fisiche e/o

giuridiche), dotati di personalità giuridica e di un apparato istituzionale stabile e permanente.

Stabilità e permanenza sono elementi necessari del concetto di organizzazione, dato che, senza

tali elementi non sarebbe possibile identificare un ente a sé stante e distinto dalle persone che ne

fanno parte e che sia un centro autonomo di imputazione giuridica. Nella Risoluzione

dell’ECOSOC si richiede, oltre, appunto, alla presenza di una sede permanente e di una struttura

burocratica, anche che lo statuto sia adottato secondo criteri democratici e che la politica

dell’organizzazione sia stabilita da un organo rappresentativo nei confronti del quale è

responsabile un organo esecutivo. Nella struttura tipica delle ONG non sono, dunque, presenti

elementi gerarchici. In genere i poteri direttivi spettano all’organo plenario, il quale determina lo

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statuto e la politica dell’associazione. Ad esso si aggiunge normalmente un organo esecutivo

permanente, un organo burocratico ed eventuali organi ausiliari.

Possiamo notare dunque una somiglianza strutturale tra le ONG e le organizzazioni

intergovernative, ma bisogna precisare che la struttura complessa sopra descritta non è un

requisito necessario e di fatto molte ONG hanno un apparato burocratico molto più limitato. Del

resto la snellezza burocratica è una delle caratteristiche principali delle ONG ed una delle cause

dell’efficacia della loro azione.

Bisogna anche notare che le dimensioni delle ONG possono variare considerevolmente, in quanto

esistono ONG composte da poche persone, così come ONG con una membership estremamente

vasta, nell’ordine di migliaia di individui.

Il secondo elemento discriminante è che, a differenza delle organizzazioni intergovernative, le

ONG non sono create con trattati internazionali, dunque con atti di diritto internazionale, bensì con

atti di diritto interno.

Il loro status giuridico è determinato ai sensi del diritto dello Stato in cui sorgono. Esse non sono

quindi soggetti di diritto internazionale, ma sono solo soggetti di un particolare ordinamento

giuridico nazionale. Questo comporta che il loro status può variare fortemente da Stato a Stato, e

di fatto così avviene generalmente, rafforzando ancor più la loro varietà e contrastando a livello

logico, ma soprattutto a livello pratico, con il carattere materialmente internazionale delle attività da

esse svolte e dando frequentemente luogo a problemi di diritto internazionale privato.

Ciò peraltro corrisponde alla natura delle ONG, le quali sono espressione della capacità di

autorganizzazione della società civile, manifestazione tra le più effettive di democrazia

partecipativa. In quanto tali, queste organizzazioni si caratterizzano per il fatto di essere

indipendenti dai governi e svincolate dal controllo delle autorità pubbliche. Le ONG si distinguono,

pertanto, sia dalle organizzazioni intergovernative, i cui membri sono gli Stati, sia dalle

organizzazioni di tipo “misto”, alle quali partecipano

organismi pubblici e gruppi privati.

L’indipendenza e l’autonomia dai governi sono da più parti considerate fra le cause principali della

loro crescente importanza sulla scena internazionale e dell’efficacia delle loro iniziative. Del resto

le stesse ONG ne sono gelose custodi, ritenendole le discriminanti della loro identità e lo

strumento per raggiungere in modo più diretto ed efficace i loro obiettivi. Indipendenza e

autonomia non vogliono, però, significare totale separazione dalle istituzioni statali e dalle politiche

governative: spesso le ONG, infatti, realizzano attività congiunte con i governi e ricevono da essi

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una parte, anche importante, delle loro risorse. Tali contributi, in forma di sovvenzione o di

cofinanziamento, devono sempre essere dichiarati e soprattutto limitati, proprio a garanzia della

loro indipendenza.

D’altra parte la natura di enti di diritto privato non limita la rilevanza delle ONG all’ambito nazionale.

Bisogna, infatti, notare come spesso le ONG, a dispetto del loro carattere privatistico e nazionale,

siano nondimeno oggetto di norme internazionali, ma soprattutto come esse siano, de facto,

sempre più protagoniste della cooperazione internazionale a fianco degli Stati e delle

organizzazioni internazionali. Del resto, cooperazione non governativa, governativa ed

intergovernativa non si svolgono solo parallelamente, ma tendono sempre più ad intrecciarsi ed a

confondersi.

Il carattere internazionale è, dunque, un elemento anch’esso fondamentale nella definizione di

organizzazione non governativa. Se da un lato il carattere nazionale delle ONG è un dato formale,

valutabile sulla base del diritto nazionale, l’internazionalità delle ONG è invece un requisito

sostanziale, da valutare con riferimento alla vita effettiva ed al funzionamento di fatto

dell’organizzazione. Esso riguarda sia la struttura dell’associazione, come membership, sia,

soprattutto, il suo campo di attività ed i suoi scopi, i quali devono avere rilevanza.

Le Risoluzioni dell’ECOSOC richiedono esplicitamente che l’organizzazione sia “rappresentativa”

dei gruppi sociali che svolgono attività nel suo settore di competenza, esprimendone l’opinione a

livello internazionale. Tale rappresentatività viene specificata in base ad un criterio geografico,

come rappresentanza di un numero rilevante di paesi (per prassi almeno tre) appartenenti alle

diverse regioni del mondo. L’internazionalità della membership comporta anche l’internazionalità

del finanziamento, dato che esso di norma deriva per la maggior parte da quote associative, e

della struttura, in quanto si richiede che gli organi direttivi siano composti senza discriminazioni

geografiche o nazionali. Sulla base delle citate Risoluzioni e delle altre fonti di diritto internazionale

analoghe, la dottrina individua i quattro requisiti di internazionalità richiesti: scopo, composizione,

campo di attività, struttura. Essi devono non solo sussistere, ma anche concorrere insieme. Altra

caratteristica fondamentale è l’assenza di scopo lucrativo nelle attività svolte dalle ONG. Ciò

significa non che i loro membri debbano essere tutti volontari o che le loro attività non debbano

produrre alcun profitto, bensì che tali attività devono essere volte non a beneficio, economico o

comunque materiale, dei membri dell’associazione, bensì a vantaggio di terzi e che devono avere

carattere volontario e gratuito. Se un profitto esiste, esso non viene, quindi, ridistribuito tra i

membri, bensì viene destinato esclusivamente al perseguimento degli scopi statutari, consistenti

nell’erogazione di servizi a favore di terzi, al fine di accrescere le capacità di intervento

dell’associazione.

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Questa caratteristica fa rientrare le ONG nel più vasto insieme del cosiddetto “terzo settore”, anche

detto settore del No Profit o del Volontariato. Tale settore comprende, infatti, le organizzazioni

caratterizzate da natura giuridica privata, divieto di distribuzione degli utili ed erogazione dei servizi

a favore dell’intera collettività e non dei soli membri.

Per quanto concerne il finanziamento, le ONG possono ricorrere a varie fonti quali donazioni,

sovvenzioni, cofinanziamenti, collette, vendita di beni e di servizi. Esse sono, dunque, in parte

dipendenti dai donatori pubblici (Stati e organizzazioni internazionali) e privati, ma proprio la

diversità delle fonti di finanziamento è condizione indispensabile per preservare l’identità propria

della ONG e garantirne l’indipendenza finanziaria, presupposto per l’indipendenza effettiva. Come

già evidenziato, è importante, nonché espressamente richiesto dalle norme internazionali che le

riguardano, che le ONG ricevano solo limitati e dichiarati aiuti pubblici.

I legami tra ONG e poteri pubblici non si limitano del resto al finanziamento, bensì si estendono

all’ambito propriamente operativo. Spesso le ONG lavorano in partenariato con il governo

nazionale dello Stato in cui hanno la sede o in cui svolgono la propria attività. Tale relazione può

assumere varie forme giuridiche e può essere più o meno formale, ma è un fenomeno sempre più

diffuso. Anche fra le ONG e le organizzazioni intergovernative ci sono legami intensi. Numerose

ONG godono di status consultivo presso le organizzazioni internazionali più importanti, quali le

Nazioni Unite e le loro Agenzie specializzate, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, e

collaborano con loro per il perseguimento delle proprie finalità e per la realizzazione delle proprie

attività.

5. RUOLO, FUNZIONI, EFFICACIA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Al fine di valutare l’efficacia delle organizzazioni internazionali è indispensabile definire i caratteri

dell’ambiente in cui operano ed il ruolo delle organizzazioni internazionali nello svolgere i compiti

loro affidati.

L’ambiente di attuazione delle organizzazioni internazionali, ossia, l’ambito internazionale può

essere concepito secondo una prospettiva stato-centrica, per la quale la politica internazionale è

assimilabile ad un network e le organizzazioni internazionali sarebbero alcuni fili di questa rete,

svolgendo, pertanto, una funzione del tutto passiva, oppure, secondo un sistema di unità

interagenti che si influenzano reciprocamente e il cui funzionamento è connesso alla necessità di

trasformare le richieste dei soggetti giuridici in decisioni, e la cui efficacia è valutata in base alla

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capacità di offrire risposte adeguate e soddisfacenti a tale richieste, attribuendo in tal modo un

ruolo complesso e dinamico alle organizzazioni internazionali.

Nell’ambito della politica internazionale sono prevalsi tre modi principali di concepire il ruolo svolto

dalle organizzazioni internazionali. In primo luogo le organizzazioni internazionali possono essere

concepite come uno strumento a disposizione degli Stati. Questa prima concezione deriva dalla

prospettiva stato-centrica ed è l’interpretazione più classica e riduttiva del ruolo delle

organizzazioni internazionali che si limiterebbero ad essere un mezzo costituito per fini egoistici dei

singoli Stati godendo, pertanto, di limitata autonomia.

La seconda concezione del ruolo delle organizzazioni internazionali è quella che le vede come

“arena”, ossia un luogo ove i singoli paesi hanno modo di incontrarsi e ove l’attività diplomatica ha

modo di svolgersi in un contesto favorevole. Tale interpretazione tuttavia, ancora una volta

attribuisce un ruolo passivo alle organizzazioni internazionali che contrasta con il fatto che tali

organizzazioni agiscono sempre più come sistemi politici capaci di influenzare attraverso il loro

stesso funzionamento la condotta degli stati. Le organizzazione internazionali agiscono ed

incoraggiano la riarticolazione degli interessi da parte degli Stati membri, promovendo la

percezione della indivisibilità dei valori fondamentali (ad esempio la sicurezza collettiva).

La terza e ultima interpretazione è quella che vede le organizzazioni internazionali come veri e

propri attori nella politica internazionale. Da ciò deriva il riconoscimento di un rilevante grado di

autonomia delle organizzazioni internazionali rispetto alla volontà dei soggetti che hanno dato loro

vita, nonché la capacità di influenzare il corso delle cose andando al di là della volontà dei propri

membri: teoria non certo comune ma che sembra trovare riscontro pratico, ad esempio

relativamente alle operazioni di peace keeping, compito che i fondatori delle Nazioni Unite non

avevano esplicitamente attribuito all’organizzazione ma che si è rinforzato e assunto importanza

(basti pensare alle decine di missioni di peace keeping che hanno influenzato gli sviluppi della

politica internazionale e l’attività politica degli stati) al fine di favorire l’esercizio della diplomazia

preventiva.

Quest’ultima concezione attribuisce un ruolo attivo alle organizzazioni internazionali che incidono

sulla politica internazionale inducendo la comunità internazionale ad attivarsi per affrontare

determinati problemi ed influenzando la politica degli stati membri che vengono spinti ad affrontare

temi che, altrimenti, non verrebbero neppure presi in considerazione (ad esempio: conferenza di

Stoccolma sull’ambiente (1972) che ha portato alla nascita delle United Nations environment

program; i vincoli imposti dall’Unione Europea con i Trattati di Maastricht ed Amsterdam).

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È comunque opportuno rammentare che le organizzazioni internazionali possono essere

contestualmente concepite come strumenti, arene e attori. Questa è la teoria di Archer1, che

suggerisce che le Nazioni Unite possano essere concepite come strumento nelle mani degli USA

sino agli anni 50 per poi diventare attore della politica internazionale con il Segretario Generale

Hammarskjold (1953-1961) e poi arena negli anni 60.

Funzioni Le organizzazioni internazionali sono create allo scopo di offrire strumenti che favoriscono la

cooperazione e che oltre ad uno spazio fisico, metta a disposizione un apparato amministrativo

destinato a tradurre le decisioni in azioni e che, di conseguenza permetta la apertura di molteplici

canali di comunicazione tra i membri utili ad esplorare nuove opportunità di cooperazione ed

evitare che si creino tensioni tra di loro.

In realtà le organizzazioni internazionali agevolano la cooperazione in vari modi, poiché spesso

gestiscono semplici problemi di coordinamento ma più sovente debbono aiutare i paesi membri a

risolvere veri e propri problemi di collaborazione in funzione della produzione di beni pubblici –

ambiente, sicurezza, salute - che, lasciati alla nazionalità egoistica dei singoli attori non

raggiungerebbero il livello minimo necessario.

La cooperazione per produrre beni pubblici è piuttosto complessa, poiché non è sufficiente metterli

a disposizione di tutti, è anche necessario che qualcuno vigili sul rispetto delle norme, al fine di

garantire che i singoli stati facciano la loro parte.

È utile ricordare che le organizzazioni internazionali aiutano a ridurre i costi di transazioni

rendendo più probabile e solida la cooperazione poiché sono in grado di offrire informazioni sui

problemi esistenti, ma anche sulle possibile soluzioni e possono controllare il comportamento dei

propri membri e valutare l’applicazione di sanzioni laddove questi siano inadempimenti ai propri

obblighi.

Le organizzazioni internazionali, inoltre, svolgono funzione di garanzia del rispetto delle norme

internazionali a partire da quelle fondamentali come garantire l’integrità territoriale

l’autodeterminazione, la tutela dei diritti umani e contribuiscono all’evoluzione del tessuto

normativo favoriscono la stabilizzazione dei diritti di proprietà (ad esempio conferenza per

codificazione diritto del mare). E comunque aiutano a proteggere dalle turbolenze che attraversano

l’ambiente internazionale (ad esempio dibattito sulla sicurezza in Europa in ambito OSCE o

cooperazione per il Baltico)

1 Archer, C. 1992, International Organizations, London, Routledge.

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Le organizzazioni internazionali possono perciò costituire uno strumento attraverso il quale le

domande vengono poste, una arena nelle quali diverse domande specifiche vengono discusse, ed

attori che formulano domande proprie, assumendo un ruolo attivo e dinamico.

Le organizzazioni non governative, in particolare, non solo aggregano ed organizzano su scala

internazionale le domande che provengono dalle società nelle quali operano, ma svolgono un

ruolo attivo suscitando domande nuove e richiamando l’attenzione delle opinioni pubbliche su

questioni di rilievo

L’efficacia delle organizzazioni non governative è legata a quattro dimensioni:

1) rappresentatività;

2) autorità morale

3) competenza

4) capacità di mobilitazione

L’incisività di una organizzazione non governativa è legata al numero di individui e gruppi che

rappresentano ed a come si organizza per rappresentarli ed il relativo grado di identificazione degli

associati con i fini dell’organizzazione stessa nonché alla sua estensione geografica, alla sua

indipendenza ed imparzialità ed infine alla capacità di raccogliere e diffondere le informazioni, alla

disponibilità di risorse per sviluppare e svolgere i compiti istituzionali, all’efficacia della sua

leadership, alla sua competenza tecnica e quindi alla possibilità di accedere alla funzione

consultiva presso le organizzazioni governative di riferimento.

Il processo di conversione delle domande in scelte politiche è spesso ospitato dalle organizzazioni

internazionali ma spesso anche stimolato da queste attraverso varie modalità quali la

convocazione di grandi conferenze internazionali (ad esempio Conferenza Rio dell’ambiente

(1992) – Agenda 21)

La conversione delle domande in scelte politiche non avviene mai attraverso un procedimento

meccanico; è un processo complesso che la comunità politica svolge facendo continuo riferimento

alle norme ed ai valori che informano la società.

Le organizzazioni internazionali svolgono qui una duplice funzione: da una parte contribuiscono a

definire, affermare e veicolare la nozione ed i valori fondamentali (ad esempio definendo il

comportamento legittimo) e nuovi valori e dall’altra costituiscono un’importante fonte di

socializzazione degli attori a queste norme e valori. In certi casi, promuovono valori solo per il fatto

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di personificarli: è il caso della pace per l’ONU, dei diritti civili e politici per l’Amnesty International,

della tutela dell’ambiente per il Greenpeace

Un esempio interessante di nuovo valore è il concetto di “patrimonio comune del genere umano”

(elaborato per i giacimenti minerali in fondo al mare) il quale è noto in seno all’ONU ed è legato ad

una ben precisa interpretazione della giustizia sociale internazionale a discapito della minoranza

più ricca della comunità internazionale e tale concetto è stato poi applicato al patrimonio artistico

mondiale di eccezionale valore.

Le organizzazione internazionale svolgono anche un funzione collegata alla socializzazione degli

stati membri alle “regole del gioco”. Una volta le nuove norme sono lanciate come “messaggi” alla

comunità internazionale, è necessario che gli Stati vengano socializzati alle medesime, in modo da

farli valori e principi propri.

Le organizzazioni governative, in particolare possono svolgere la funzione di luoghi di

socializzazione del apprendimento ove gli attori politici imparano ed insegnano agli altri quali sono

le loro interpretazioni delle situazioni e le loro concezioni normative. Un esempio interessante è

l’attività svolta dalla Unesco, tra il 1955 ed il 1975, di socializzazione di molti Stati alla promozione

e coordinamento delle attività di ricerca scientifica e tecnologica arrivando a credere che gli Stati

moderni abbiano una responsabilità nella ricerca.

Nell’ambito di tale funzione “educatrice” le organizzazioni governative internazionali possono

insegnare agli Stati norme che li spingono a rielaborare la propria identità e gli interessi, ovvero a

reintegrare, con nuovi canali la stessa statualità.

6. MULTILATERALISMO E SOCIETÀ INTERNAZIONALE

Il numero delle organizzazioni internazionali, la varietà delle funzioni che svolgono l’ampiezza degli

interessi e l’intensità dell’impegno che le contraddistinguono spiegano perché sia difficile oggi

comprendere gli sviluppi della politica internazionale senza tener conto delle organizzazioni

internazionali.

E vero che mentre le organizzazioni non governative continuano a crescere (da 176 nel 1909 ad

oltre 6 mila nel 1997), le organizzazione governative classiche, dal 1983, mostrano una tendenza

inversa.

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Negli anni 80, la ragione di tale diminuzione è stata la mortalità delle organizzazione governative

africane ed arabe.

La mortalità delle organizzazioni intergovernative negli anni 80 non è l’unico elemento significativo.

Attualmente la tendenza è che la maggioranza delle organizzazioni non sia più creata dagli Stati

ma da altre organizzazioni. Soltanto la FAO ha dato vita a più di 25 organizzazioni. Inoltre si tende

ad intensificare la cooperazione su questioni più specifiche e tecniche.

Il fatto che le organizzazioni internazionali si specializzino e nascano all’interno delle

organizzazioni stesse comporta diverse conseguenze. La più rilevante è che gli Stati più potenti

sono meno in grado di influenzare la nascita ed il funzionamento di queste organizzazioni e,

pertanto, tendono a dare più voce anche alle organizzazioni non governative.

Per esaminare come le organizzazioni internazionali si muovono nel panorama politico

internazionale è necessario collegare le organizzazioni internazionali tra loro attraverso la trama

della politica internazionale e ragionare sul fenomeno delle organizzazioni internazionali. Occorre,

quindi, guardare al concetto di “ambiente istituzionale” costituito dal complesso delle relazioni delle

regole e dei sistemi di credenze che emergono nel più generale contesto sociale.

Invero, anche le organizzazioni internazionali sono annidate in un ambiente istituzionale. Ogni

organizzazione internazionale oltre altre all’ambiente generale è circondata da un ambiente più

ristretto, rappresentato dal regime cui è collegata ovvero dai principi, norme, regole e procedure

decisionali che informano ciascuna di queste più specifiche istituzione internazionali, oltre che dai

rapporti intrecciati all’interno dei rispettivi spazi politici.

La società internazionale è complessa e multilaterale. E ciò che contraddistingue il multilateralismo

è che il coordinamento delle politiche avviene sulla base di principi di condotta generali; ciascuno

Stato è tenuto a rispettare soltanto le regole che valgono per tutti, non esistono regole che si

applichino solo ad alcuni e non ad altri.

L’istituzione, in quest’ottica, ha due corollari. Da un lato si ottiene la costruzione sociale

dell’indivisibilità di problemi e soluzioni (ad esempio: la pace collettiva/ indivisibile) ed dall’altro si

favoriscono forme di “reciprocità diffusa”.

Tali principi di condotta generali implicano compensazioni dilazionate nel tempo e complessive

invece che soluzioni immediate e specifiche.

Dopo la seconda guerra mondiale la discontinuità che si realizza consiste proprio nella definitiva

legittimazione ed istituzionalizzazione del multilateralismo. Il multilateralismo del XX secolo

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influenza la forma delle organizzazioni internazionali ed il loro rendimento. Essendo basate su

principi generali, le organizzazioni internazionali che incorporano il principio del multilateralismo

sono più elastiche di quelle che rispecchiano interessi particolari ed esigenze legate a situazioni

specifiche. Ciò influisce a sua volta sulle modalità di governare del sistema internazionale.

Incorporando il principio della reciprocità diffusa, esse contribuiscono a collegare fra loro aree

tematiche diverse ed incoraggiano l’elaborazione di orizzonti temporali più ampi, mobilizzano le

aspettative degli attori circa la reciproca volontà di cooperare.

Un sistema di autogoverno della comunità internazionale fondato sul bilateralismo non avrebbe

potuto assorbire facilmente gli sviluppi dell’ottantanove.

Multilateralismo è una delle istituzioni fondamentali della società internazionale contemporanea.

La ragione per cui il multilateralismo si sia affermato nel novecento è probabilmente collegata al

fatto che solo in tale periodo i principali attori della scena internazionale hanno consapevolmente

accettato di rinunciare, almeno in parte a sfruttare le proprie rendite a disposizione (grazie a

relazioni bilaterali) allo scopo di infondere all’ordine internazionale contenuti valoriali il più possibile

prossimi a quelli che informavano i rispetti agli ordini interni. Il Multilateralismo ha anche portato

all’evoluzione della civiltà giuridica verso la codificazione di norme generali ed astratte.

Se il secolo XX è stato il secolo del multilateralismo, il secolo XXI potrebbe essere il secolo della

governance democratica.

Società delle Nazioni Uno degli esempi più significativi di esperimento del multilateralismo è la Società delle Nazioni.

Tale progetto è nato nel tentativo di superare il puro bilanciamento delle forze come unica garanzia

di sopravvivenza degli Stati, nonché di superare i limiti del metodo diplomatico classico, attraverso

l’istituzione di una vera e propria organizzazione fisicamente costituita e permanente (principio

indivisionalità della pace).

Inoltre, tale organizzazione si basava su un sistema di garanzie reciproche fra tutti i membri

(organizzazione universale e democratica), sulla pacifica soluzione delle controversie e

sull’idea/Principio che la guerra in quanto tale fosse una questione di interesse universale

indipendentemente dalla sua localizzazione ed anche un crimine contro la comunità mondiale.

Con la Società delle Nazioni nasce la concezione moderna del funzionariato internazionale che

diventerà patrimonio comune di tutte le successive organizzazioni internazionali.

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Nonostante il sistema delle Società delle Nazioni sia fallito in ragione della sua intrinseca passività

ed inerzia, il palesarsi dei suoi limiti ha coinciso con il consolidamento dell’idea che le

organizzazioni internazionali siano uno strumento indispensabile alla vita di relazione fra gli Stati,

perché le organizzazioni internazionali:

a) formulano, attraverso le proprie multiforme attività, nuove e più specifiche regole di condotta per

gli Stati;

b) coordinano la cooperazione in ambito economico e sociale (ad esempio ILO).

Questa attività indusse la Società delle Nazioni ad introdurre una rivoluzionaria novità: l’assistenza

tecnica su scala internazionale. La cooperazione funzionale doveva essere sviluppata al di la delle

opere che richiedevano un semplice coordinamento tecnico. Ed attraverso tutto ciò, per la prima

volta vengono coinvolti singoli individui ed enti privati, portando direttamente i cittadini sulla scena

internazionale.

Oggi il coinvolgimento diretto degli individui è veicolato sempre più attraverso le organizzazioni non

governative, le quali rappresentano una sfera amplissima di interessi, contribuendo al “policy-

moving” internazionale. Esiste una sostanziale differenza tra le attuali modalità transnazionali della

partecipazione ed una globale che presuppone il superamento dei vincoli di lealtà nazionale a

favore di una nuova interpretazione, cosmopolita della cittadinanza e che presuppone il radicarsi di

un senso di “comunità terrestre” (Marin??????????????) con considerevole ridimensionamento

del ruolo dello stato e delle sue prerogative

Il declino/fine dello Stato è oggetto della letteratura sulla globalizzazione. La globalizzazione è il

fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti,

in ragione del progresso tecnologico in tema di trasporti, comunicazione e informazione. La

globalizzazione implica la conversione economia mercato di nuove ………….. liberalizzazione

commercio internazionale

Tecnologie, trasporto e comunicazione

La gestione a livello globale dei problemi si scontra col principio della sovranità degli Stati e tale

circostanza è attualmente il paradosso dell’organizzazioni internazionali.

7. ORGANIZZAZIONI INTERGOVERNATIVE

7.1 Società Delle Nazioni ed ONU

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Per comprendere appieno i motivi che stanno alla base della nascita dell’ONU occorre risalire alla

nascita di un altro organismo internazionale, la Società delle Nazioni. Essa nacque ufficialmente il

28 aprile 1919 a Versailles, quasi come conseguenza del Trattato di pace successivo alla Prima

Guerra Mondiale.

Lo scopo di tale organismo, alla luce di quanto era successo durante il conflitto, era proprio quello

di creare una struttura che potesse ergersi ad organo sopranazionale e dirimere i futuri conflitti tra

le varie nazioni, contribuendo così, in maniera determinante al mantenimento della pace nel

mondo compiendo anche un controllo sugli armamenti e favorendo la loro riduzione.

Uno dei promotori principali fu il presidente americano Wilson, già professore di scienze politiche

all’Università di Princeton, il quale, ancora durante il conflitto, aveva elaborato i famosi 14 Punti

Fondamentali (tra cui il mantenimento della pace e sicurezza nel mondo e anche il principio

dell’autodeterminazione dei popoli), che avrebbero dovuto costituire la base della futura

organizzazione.

Una delle ragioni per cui si giunse alla creazione di un tale organismo, fu anche determinata dalle

dimensioni che la Prima Guerra Mondiale aveva assunto, coinvolgendo praticamente tutte le

nazioni del mondo e tutti i continenti; inoltre, per la prima volta, anche le popolazioni civili erano

state coinvolte in maniera massiccia nel conflitto, subendo privazioni e sacrifici che mai prima di

allora avevano subito.

Senza dubbio la creazione di una simile entità, rappresentava una vera e propria rivoluzione, nel

panorama politico mondiale e negli equilibri che sino ad allora avevano regolato i rapporti

diplomatici tra le varie potenze.

Alcuni dei Punti Fondamentali enunciati da Wilson inoltre, configgevano con le politiche estere

delle grandi potenze, come, ad esempio, Gran Bretagna e Francia. Infatti, a fronte del principio di

autodeterminazione dei popoli, secondo il quale ogni popolo aveva il diritto di scegliersi

liberamente il tipo di governo, vi erano gli enormi imperi coloniali dove questi paesi esercitavano

qualsiasi diritto sulle popolazioni indigene e sfruttavano le risorse del territorio senza sviluppare le

economie locali.

Non mancarono i dubbi in merito alle funzioni che la Società delle Nazioni avrebbe esercitato,

come la nascita della stessa venne accompagnata da molto scetticismo sulle sue reali funzioni. Si

ricorda a questo proposito, l’articolo apparso sul Corriere della Sera del 05.01.1918, a firma del

futuro Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, dove si parlava appunto delle funzioni che una

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tale struttura avrebbe dovuto assumere, per poter adempiere perfettamente al compito che le

veniva demandato.

La prima assemblea della Società della Nazioni si tenne a Ginevra il 15 novembre 1920,alla quale

parteciparono circa 42 nazioni, anche se fu vietata la partecipazione alle potenze sconfitte. Il primo

presidente fu Paul Hymans ed il primo segretario l’inglese Sir James Eric Drummond.

Il Documento su cui poggiava la Società delle Nazioni era composta da 22 articoli, inerenti, oltre

alle norme per il funzionamento e l’organizzazione della struttura, anche la

riduzione degli armamenti, il mantenimento della pace tra gli stati membri e la risoluzione pacifica

delle controversie; il principio dell’autodeterminazione dei popoli venne recepito ma non

ovviamente, applicato.

Sulla base di questo Documento vennero poi siglati dei trattati, quali:

- il trattato sui mandati (1922);

- il trattato contro la schiavitù (1926);

- il trattato tra Francia e Polonia (1925)

Per quanto attiene alla sua struttura, la Società delle Nazioni era composta da:

- Assemblea Generale dove sedevano tutti gli stati membri e dove ciascun stato aveva diritto

ad un voto;

- Consiglio, formato da 5 membri permanenti, le potenze vincitrici della Prima Guerra

Mondiale, ossia la Gran Bretagna, la Francia, gli USA, l’Italia ed il Giappone, dove ogni

membro aveva un voto

- Segretariato Generale

- Corte di giustizia internazionale

Vi era poi il Sistema di Amministrazione dei territori coloniali, con riferimento ai territori che erano

stati delle potenze sconfitte (ad esempio per le colonie tedesche dell’Africa), dove veniva dato un

mandato ad uno stato per l’amministrazione di tali territori, che di fatto entravano a far parte dei

possedimenti coloniali di tali stati, anche se in teoria il mandato doveva essere a tempo

determinato e per sviluppare una forma di autogoverno nel territorio stesso.

Da parte di alcuni storici si ritiene che la Società delle Nazioni sia stato un vero e proprio

fallimento, tuttavia, ad un’analisi più approfondita, probabilmente, la nascita dell’ONU è stata

determinata anche dal fatto che si era già avuta l’esperienza della Società delle Nazioni.

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Molti possono essere indicati come i motivi del fallimento di tale organismo: ad esempio il fatto che

non disponesse di proprie forze armate, la qual cosa non facilitava certo l’adozione di decisioni

vincolanti e la verifica che le stesse venissero rispettate.

Uno dei problemi principali comunque, era dato proprio dal fatto che le decisioni dovevano essere

adottate all’unanimità, il che causava un ostacolo a qualsiasi forma di provvedimento.

Inoltre, molti paesi si erano ritirati da tale organismo e non si sentivano più obbligati a seguire le

risoluzioni che venivano adottate; gli Usa ad esempio, già dal 1919 non avevano approvato

l’adesione alla Società delle Nazioni, seguendo la corrente isolazionista che già durante il primo

conflitto si era venuta a creare. Anche il Giappone scelse di uscire dalla stessa società nel 1932 a

seguito della guerra di aggressione con la Cina, ma anche la Germania uscì dalla Società delle

Nazioni nel 1933.

Sul versante della concreta attività di soluzione delle controversie, vi furono alcuni episodi positivi

come nel 1921 nel dirimere la questione tra la Finlandia e la Svezia a proposito delle isole Aland

nel Mar Baltico e nel 1925 nel risolvere pacificamente la guerra che era scoppiata tra la Grecia e la

Bulgaria.

A questi però seguirono altrettanti insuccessi che minarono la credibilità della Società delle

Nazioni; il più eclatante fu da collegarsi all’invasione dell’Etiopia da parte dell’Italia fascista, nel

1935. L’Etiopia si rivolse alla Società delle Nazioni che emanò alcune sanzioni e livello

economico; in sostanza si trattava di un vero e proprio embargo economico nei confronti dell’Italia,

quale stato aggressore, riguardo a materie prime indispensabili per poter proseguire la guerra.

Le sanzioni però produssero un effetto alquanto limitato, nonostante la propaganda fascista le

presentò all’opinione pubblica italiana come alquanto dannose per la nostra economia e come un

tentativo da parte delle nazioni più ricche, in primo luogo la Francia e la Gran Bretagna, per

impedire all’Italia di avere il proprio impero coloniale.

L’effetto fu limitato proprio per il fatto che molte nazioni, che non facevano più parte della Società

delle Nazioni, come ad esempio USA e Germania, non si sentivano vincolate a tale provvedimento

e quindi continuavano a rifornire l’Italia delle materie prime necessarie al proseguimento della

guerra.

L’Italia venne poi espulsa dalle Società delle Nazioni, quale stato aggressore che non aveva

rispettato il Patto su cui la stessa Società si fondava.

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Durante la Seconda Guerra Mondiale si iniziò a parlare nuovamente della possibile creazione di un

organismo sopranazionale capace di dirimere le controversie tra le nazioni e mantenere la pace

nel mondo.

Il 14 agosto1941 tra gli USA e la Gran Bretagna, si stilò la Carta atlantica nella quale si fissavano 8

punti tra cui anche la questione dell’autogoverno dei popoli e del mantenimento della pace nel

futuro.

Il 1 gennaio 1942, con la Dichiarazione di Washington, firmata tra 26 nazioni in guerra con i paesi

dell’Asse, si iniziò a parlare di Nazione Unite. Come simbolo si adottò la stella a 5 punte quale

figura di riconoscimento tra i paesi impegnati nel conflitto.

Il 1 maggio 1942 durante l’incontro tra Molotov e Roosvelt, anche l’Unione sovietica diede il proprio

assenso a creare tale organismo.

Il 30 ottobre 1943 si riprese tale argomento nella Dichiarazione di Mosca.

Nel maggio del 1944 venne elaborato il progetto per la creazione dei membri permanenti

Tra l’agosto e l’ottobre del 1944 si elaborò il vero progetto della Carta dell’ONU

Nel Febbraio 1945 a Yalta, durante l’incontro tra Churchill, Roosevelt e Stalin, venne riconfermata

questa intenzione.

Tra l’aprile ed il giugno del 1945 con la Conferenza di San Francisco, cui parteciparono circa 50

stati (ma non le nazioni che avevano combattuto con la Germania nazista), viene sottoscritta

ufficialmente la Carta delle Nazioni Unite che di fatto crea l’ONU.

Il 10 gennaio 1946 entra ufficialmente in vigore la Carta di San Francisco e quindi nasce l’ONU.

18 aprile 1946 viene sciolta ufficialmente la Società delle Nazioni.

La Carta di San Francisco è il documento con il quale si costituisce l’Organizzazione delle Nazioni

Unite; viene considerato sia come un trattato-istituzione, che come un trattato-costituzione. In esso

sono previste non solo le funzioni e gli scopi di tale organizzazione, ma anche le norme di

funzionamento e di organizzazione.

Detto documento viene considerato quale una lex specialis rispetto ad altre norme anche di livello

internazionale che regolano i rapporti tra due o più stati. I principi enunciati nella Carta sono di

carattere universale, cioè considerati vincolanti per tutti gli stati membri; alcuni principi però, nel

tempo hanno subito alcune critiche. Ad esempio il principio di uguaglianza è oggi visto in maniera

differente rispetto al 1946, in quanto se è senza dubbio vero che ogni stato membro ha gli stessi

diritti e gode della stessa considerazione rispetto ad un altro, si è guardato criticamente al ruolo dei

membri permanenti del Consiglio di Sicurezza od anche al fatto che oggi alcuni paesi, definiti

emergenti, come ad esempio India o Brasile, forse dovrebbero avere un peso differente rispetto a

nazioni come Tonga o la Liberia.

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Il trattato è stato sottoscritto da tutti gli stati che sono entrati a far parte dell’ONU. L’Italia è entrata

nel 1955 poiché le sue precedenti domande avevano sempre incontrato l’opposizione dell’Unione

Sovietica che agiva in tal modo per tutelare altri stati che gli altri membri del Consiglio di Sicurezza

non volevano entrassero a far parte delle Nazioni unite in quanto del blocco comunista.

La Carta dell’ONU vieta l’uso della forza e viene bandita la guerra di aggressione. A questo scopo

è utile richiamare la nostra Costituzione poiché anche in essa abbiamo il ripudio da parte dell’Italia

di utilizzare la guerra quale metodo per risolvere le dispute con altre nazioni.

La stessa Carta dell’ONU quindi, pone una limitazione alla sovranità dei paesi membri, nel senso

che devono accettare determinate decisioni dell’ONU, anche a discapito dell’esercizio totale della

propria sovranità, per il bene della collettività. Ancora una volta si deve richiamare la nostra

Costituzione, che autorizza la limitazione della sovranità nazionale, soltanto laddove ciò sia

necessario per mantenere la pace tra le nazioni.

Esiste comunque il principio del “dominio riservato”, secondo il quale l’ONU non può intromettersi

nelle questioni interne di un singolo stato membro in quanto si tratterebbe di materie in cui non è

competente; occorre però distinguere quando una questione interna sia effettivamente tale, ossia

quando uno stato, finga di risolvere una sua questione interna ed invece tenti di eliminare un

gruppo etnico presente nel suo territorio o cerchi con la forza di imporre ad una minoranza

tradizioni, lingua,costumi e religione diverse. In questo caso l’ONU dovrebbe intervenire a tutela

delle minoranze minacciate, anche se il confine per determinare quando non si sia in presenza di

una pura questione interna o invece di una questione inerente etnie diverse è molto labile.

La carta delle Nazioni Unite può venire modificata attraverso:

- Emendamento, ossia un atto complesso per il quale occorre una delibera dell’Assemblea

Generale ma è richiesta una maggioranza qualificata (2/3 dei presenti) inclusi comunque i 5

membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. In genere l’emendamento è richiesto per la

modifica di un singolo articolo o la sua integrazione;

- Revisione: consisterebbe in una rivisitazione di alcuni articoli della Carta, spesso inerenti

determinati principi che vengono rimessi in discussione; si ha attraverso una conferenza generale

che deve essere convocata dietro richiesta di almeno 2/3 dei membri dell’Assemblea ed il voto

favorevole di almeno 9 membri del Consiglio di Sicurezza, anche se non è necessario il voto

favorevole di tutti i membri permanenti. Adozione della revisione vi deve essere sempre con una

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maggioranza qualificata, ossia con la ratifica di almeno i 2/3 dei membri dell’Assemblea compresi

però i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.

Vi sono però anche state delle modifiche definite “de facto”, cioè acquisite con il tempo e la pratica

e che hanno determinato una differente modalità di procedere da parte degli organi dell’ONU in

materie anche importanti, senza che vi sia stata una modifica di alcuni articoli della Carta. Può

essere il caso delle operazioni definite di “peace keeping” o dell’utilizzo delle forze armate dei

singoli stati membri come forza armata dell’ONU (caschi blu).

Accanto agli stati originari o fondatori dell’ONU, esiste una procedura di ammissione che parte da

una richiesta dello stato interessato, dall’esame della stessa da parte del Consiglio di Sicurezza

che poi propone all’Assemblea l’ammissione dello stato richiedente. L’ammissione si avrà anche in

tal caso con una maggioranza qualificata, ossia con il voto di 2/3 dei membri presenti.

Gli stati sono rappresentati da persone fisiche sino ad un massimo di cinque per ogni singolo stato.

Coloro che devono rappresentare uno stato determinato, come nel caso degli ambasciatori,

devono presentare le credenziali che verranno vagliate dall’apposito Comitato delle credenziali.

Non ci sono dei criteri specifici a questo riguardo, ma ci potrebbe essere il rifiuto delle credenziali,

anche se questa è una sanzione indiretta per determinati comportamenti tenuti dallo stato

richiedente. Nel passato ciò è accaduto con il Sud Africa per la sua politica razzista.

Vi può essere la sospensione di un paese membro, totale, collegata al fatto che non vengono più

garantiti determinati diritti fondamentali, oppure parziale, in genere nel caso di mancato

versamento del contributo.

La perdita della qualità di membro delle Nazioni Unite vi sarà per:

- Espulsione, dovuta a determinati motivi legati alla politica sia interna che estera perseguita dallo

stato;

- Recesso, volontaria da parte dello stato membro;

- Estinzione dello Stato, anche se occorre distinguere se la stessa si è avuta per motivi pacifici

oppure a seguito di atti ostili quali un’occupazione militare, ma allora in tal caso non è detto che

l’estinzione dello stato sia stata riconosciuta dalla collettività (Es. occupazione del Kuwait da parte

dell’Iraq).

Vi sono poi alcune nazioni che hanno uno status particolare di osservatore: partecipano alle

discussioni ma non hanno diritto di voto (Svizzera e Santa Sede) o la Palestina che può votare ma

solo in questioni strettamente collegate alla sua esistenza.

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La sede dell’ONU e il suo personale godono dell’immunità diplomatica alla stessa stregua di tutte

le rappresentanze diplomatiche.

Per quanto attiene alla sua struttura, l’ONU risente di quanto era già stato concepito in seno alla

Società delle Nazioni.

L’Assemblea Generale è formata da tutti gli stati membri, ciascuno avente diritto ad un voto; le

votazioni avvengono o a maggioranza semplice o a maggioranza qualificata (in genere costituita

dai 2/3 dei presenti). Spesso però è la stessa assemblea che decide se una questione debba

essere votata con maggioranza semplice o qualificata.

Esistono delle sessioni ordinarie che si tengono una volta all’anno a partire da settembre, ma

anche delle sessioni speciali, convocate entro 15 gg dal Segretario su richiesta del Consiglio di

Sicurezza o di uno stato membro; di emergenza, convocate entro 24 ore dal Segretario su

richiesta del Consiglio di Sicurezza con il voto di almeno 9 stati membri.

Vi sono poi degli organi interni quali il Presidente dell’Assemblea, eletto per acclamazione, il quale

ha il compito di dirigere i lavori dell’Assemblea e di condurre il dibattito, coadiuvato da 21 vice-

presidenti; vi sono poi degli organi sussidiari alla stessa Assemblea quali le 6 commissioni (come

ad esempio il Comitato delle credenziali), ciascuna competente nelle materie definite.

L’Assemblea ha una funzione di studio e di informazione, di indirizzo ed operativa; dette funzioni si

esplicano attraverso degli atti particolari quali:

- Raccomandazioni: si tratta di atti dell’Assemblea definiti anche quali “deliberazioni” o

“risoluzioni”. Sono prive di forza vincolante, ossia sono delle manifestazioni di desiderio che

invitano ma non obbligano. Si parla di un dovere dei destinatari delle medesime di

conformarsi, per quanto possibile alle stesse.

- Dichiarazioni di principio: sono atti di particolare solennità, inquadrati nelle soft law; si

dicono anche de lege ferenda e riguardano spesso la modifica di diritto internazionale

consuetudinario o patrizio.

- Decisioni vincolanti: si hanno in materia di contributi

Il Consiglio di Sicurezza è composto da un totale di 15 membri di cui 5 permanenti (Francia, Gran

Bretagna, Cina, Russia e USA) e10 non permanenti, eletti dall’Assemblea con maggioranza dei

2/3, per due anni e non rieleggibili.

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I membri permanenti godono del “potere di veto”, ossia possono opporsi alla formazione di

determinati atti del Consiglio stesso e poiché per molte decisioni è prevista l’unanimità dei membri

permanenti, tale veto può bloccare l’attività del Consiglio e l’eventuale condanna o l’adozione di un

determinato provvedimento, nei confronti di quello stato determinato.

Il Consiglio ha la responsabilità per il mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo. Nel

caso delle controversie vi è l’obbligo del deferimento al Consiglio, ma non per quelle che vengono

definite situazioni particolari per le quali vi è la facoltà ma non l’obbligo.

Il Consiglio di Sicurezza gode di un ampio potere d’inchiesta allo scopo di acquisire tutti gli

elementi utili per comprendere appieno una determinata situazione; tale potere lo si esercita in

maniera differente, con l’invio di una commissione formata da rappresentanti degli stati membri o

dello stesso Segretario Generale.

Lo stesso Consiglio è competente nel qualificare una determinata situazione come minaccia alla

pace o violazione della pace o vero e proprio atto di aggressione. Nel caso della minaccia alla

pace, recentemente si è considerata anche la situazione umanitaria ed economica di uno stato.

Allo scopo di far cessare una situazione di questo tipo, il Consiglio può adottare delle misure

provvisorie, volte proprio ad impedire l’aggravarsi di una determinata situazione; la loro

caratteristica è data proprio dalla temporaneità delle stesse. Nel caso però che la situazione non

migliori, il Consiglio può adottare delle misure coercitive che possono non implicare l’uso della

forza ma sanzioni di carattere economico, collegate al settore militare. Per verificare il rispetto di

quanto disposto, il Consiglio può anche consentire l’uso della forza con contingenti militari degli

stati membri.

Il Segretariato Generale è un ufficio complesso e permanente con al vertice il Segretario generale;

questi viene nominato dall’Assemblea dietro proposta del Consiglio di Sicurezza. Per essere

proposto dal Consiglio di Sicurezza, deve avere la fiducia di tutti i membri permanenti. Non si dice

nulla in merito alle qualifiche o requisiti che la persona deve avere per ricoprire tale carica e la

durata viene in genere determinata dallo stesso Consiglio di Sicurezza, così come nulla si dice in

merito alla possibilità di essere rieletto o alla proroga. Una volta eletto, il Segretario ha l’obbligo di

imparzialità ed indipendenza rispetto agli interessi nazionali del paese di cui è cittadino.

Il Segretario Generale è il più alto funzionario amministrativo, ma ha anche un ruolo politico;

rappresenta l’ONU nei rapporti con altre organizzazioni internazionali e con gli stati e può

concludere i trattati

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La Corte internazionale di giustizia con sede all’Aja venne creata nel 1945 sull’esempio della Corte

permanente, collegata alla Società delle Nazioni. Si compone di 15 giudici che durano in carica per

9 anni e sono rieleggibili. Essi devono rappresentare i principali sistemi giuridici esistenti. La

designazione avviene ad opera dei singoli stati e votazione da parte sia del Consiglio che

dell’Assemblea.

La Corte elegge un Presidente, un Vice-presidente ed un cancelliere che durano in carica per tre

anni ma sono rieleggibili. Vi sono poi le sezioni o camere quali:

- di tre giudici per particolari controversie;

- ad hoc con un numero di giudici deciso dalla stessa corte;

- proc. Sommaria su richiesta delle parti

Solo gli Stati possono essere parti, ma non le organizzazioni internazionali.

Le sentenze possiedono i limiti della cosa giudicata e sono obbligatorie per le parti; in caso la parte

non ottemperi si può ricorrere al Consiglio di Sicurezza. La Corte può anche esprimere dei pareri

ma solo su determina

Vi sono poi degli organi collegati all’ONU con determinati compiti in materie specifiche come la

FAO, UNESCO, WTO, UNICEF ed il Consiglio Economico e Sociale.

7.2 World Trade Organization (WTO)

Il World Trade Organization (Organizzazione Mondiale del Commercio) è stato istituito con

l"Accordo di Marrakech" del 15 aprile 1994 firmato alla conclusione dell'Uruguay Round, i negoziati

che tra il 1986 e il 1994 hanno impegnato i paesi aderenti al GATT, ed ha sede a Ginevra

(Svizzera).

Sebbene il WTO sia nato di recente, ossia nel 1 gennaio 1995, tale organizzazione

intergovernativa ha, in realtà assunto il ruolo precedentemente detenuto dal GATT (General

Agreement on Tariffs and Trade - Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio)

relativamente alla regolamentazione del commercio mondiale.

È opportuno perciò fare alcuni accenni ai contenuti del suddetto accordo. Il GATT è un accordo

internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra (Svizzera) da 23 paesi, che si stabiliva le basi

per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con l’obiettivo di favorire la liberalizzazione del

commercio internazionale. Inizialmente Il GATT era stato adottato al fine di sfociare nella

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creazione dell’International Trade Organization (ITO), un’organizzazione internazionale

permanente che doveva regolare il commercio mondiale.

L’istituzione dell’ITO è stata impedita dagli Stati Uniti, probabilmente timorosi delle potenzialità

intervenzionistiche di tale organizzazione. La mancata istituzione dell'ITO, ha fatto si che il GATT,

pur privo di istituzioni permanenti, passasse ad operare anche come organizzazione. Pertanto,

GATT significa sia l’accordo firmato dai 23 stati membri nel 1947, sia la “organizzazione” (non

riconosciuta in ambito internazionale) che gestiva l’esecuzione di tale accordo.

Dal 1947 fino al 1994, tutte le decisioni e regole adottate al fine di regolare il commercio

internazionale sono state discusse nell’ambito del GATT. Il WTO ha, quindi, recepito gli accordi e

le convenzioni adottati dal GATT.

L’obiettivo principale del WTO è l'abolizione o riduzione delle barriere tariffarie al commercio

internazionale; l’ambito di competenza del WTO è più steso di quello del GATT e comprende non

solo i beni commerciali, ma anche i servizi e le proprietà intellettuali.

È opportuno sottolineare che il WTO non si occupa solo ed esclusivamente della liberalizzazione

del commercio: in certe circostanze il WTO sostiene il mantenimento delle barriere del commercio

al fine di proteggere i consumatori e altre posizioni deboli.

a) Principi

Il principio principale sul quale si basa il WTO è quello della non discriminazione tra gli stati

membri. Da tale principio ne discende la regola della "nazione più favorita" (most favourite nation),

la quale deve essere garantita ed applicata da tutti i membri del WTO verso gli altri membri

dell'organizzazione. In pratica, tale principio impone che i vantaggi, favori, privilegi o immunità,

concessi da uno stato membro ad un altro devono essere stesi a tutti gli altri stati membri.

Nell’ambito del principio del principio di non discriminazione, vige anche la regola del trattamento

indistinto tra prodotti esteri e locali, vale a dire i prodotti nazionali e quelli arrivati dall’estero dopo

entrati nel paese di destinazione commerciale, dovrebbero essere trattati allo stesso modo senza

alcuna differenziazione.

Tra i principi del WTO sono, inoltre da annoverare quello della liberalizzazione del commercio

internazionale (che in realtà è anche l’obiettivo dell’organizzazione stessa), quello della stabilità e

prevedibilità dei mercati, la promozione della concorrenza e il supporto dello sviluppo.

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b) Funzioni dell'OMC Relativamente alle funzioni del WTO l'Articolo III dell'Accordo di Marrakech stabilisce quanto

segue:

1. L'OMC favorisce l'attuazione, l'amministrazione e il funzionamento del presente accordo e

degli accordi commerciali multilaterali, ne persegue gli obiettivi e funge da quadro per

l'attuazione, l'amministrazione e il funzionamento degli accordi commerciali plurilaterali.

2. L'OMC fornisce un contesto nel cui ambito si possono svolgere negoziati tra i suoi membri

per quanto riguarda le loro relazioni commerciali multilaterali nei settori contemplati dagli

accordi riportati in allegato al presente accordo. L'OMC può inoltre fungere da ambito per

ulteriori negoziati tra i suoi membri per quanto riguarda le loro relazioni commerciali

multilaterali e da contesto per l'applicazione dei risultati di tali negoziati, secondo le

modalità eventualmente decise da una Conferenza dei ministri.

3. L'OMC amministra l'intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione

delle controversie [...]

Inoltre:

4. Al fine di rendere più coerente la determinazione delle politiche economiche a livello globale,

l'OMC coopera, se del caso, con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca mondiale e con

le agenzie ad essa affiliate.

Pertanto, le tre funzioni principali del WTO sono quelle di seguito indicate:

• è un forum negoziale per la discussione sulla normativa del commercio internazionale

(nuova ed esistente);

• è un insieme di regole e norme che disciplinano il commercio internazionale al fine di

liberalizzare gli scambi in ambito globale;

• è un organismo per la risoluzione delle dispute internazionali sul commercio.

c) Accordi sui prodotti, servizi e proprietà intellettuale I principali accordi firmati nell’ambito dell’Uruguay Round dai paesi membri del GATT, i quali sono

stati pienamente recepiti dal WTO sono i seguenti:

• GATT (General Agreement on Tariffs and Trade): Accordo generale sulle tariffe doganali

ed il commercio

• GATS (General Agreement on Trade in Service): Accordo generale sul commercio dei

servizi

• TRIPS (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights): Aspetti commerciali dei

diritti di proprietà intellettuale

I predetti accordi regolano, pertanto, lo scambio commerciale e le tariffe applicabile relativamente

a prodotti, servizi e proprietà intellettuale (brevetti, marchi, copyright ed invenzioni industriali).

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Nell’ambito dei negoziati svoltesi dai paesi contraenti del GATT sono stati, altresì ratificati altri

accordi aventi ad oggetto specifici settori. In particolare, relativamente ai prodotti sono stati adottati

diversi impegni vincolanti riguardo le tariffe doganali delle merci, e limitazione di prezzi e quote di

importazione per i prodotti agricoli, mentre relativamente ai servizi, gli obblighi assunti riguardano

soprattutto un elenco di servizi per i quali i paesi dichiarano di non applicare il principio di non

discriminazione della "nazione più favorita" (lista di eccezioni).

d) Negoziazione delle normative sul commercio internazionale Diversamente da quanto generalmente accade nelle organizzazioni internazionali (che adottano le

proprie decisioni sulla base dei voti della maggioranza) le decisioni prese in ambito WTO sono

solitamente prese secondo il meccanismo del consenso. Questo sistema non prevede l'unanimità

delle decisioni, ma prevede la possibilità per i paesi membro di obiettare l’adozione di una

decisione qualora la consideri inaccettabile può obiettarvi. Ne deriva che le votazioni sono

utilizzate esclusivamente come meccanismo sussidiario oppure nei casi specificamente indicati

dall'Accordo di Marrakesh.

Tale meccanismo comporta il vantaggio di incoraggiano gli Stati membri a proporre ed adottare

decisioni che siano le più largamente condivisibili e condivise; per contro gli svantaggi di tale

sistema sono invece l'allungamento dei tempi necessari e nel numero dei round negoziali

necessari a raggiungere il consenso per l'adozione delle decisioni nonché, talvolta, nell'utilizzo di

un linguaggio ambiguo nella stesura dei punti controversi nelle decisioni, da cui deriva una difficile

interpretazione dei testi in questione.

e) Risoluzione delle controversie internazionali Come accade ad altre organizzazioni internazionali, il WTO non possiede un effettivo e

significativo potere per imporre le proprie decisioni nelle controversie tra i paesi membri. In caso di

mancata conformità da parte di un paese membro alle decisioni del WTO, questo, può, tuttavia

autorizzare l’uso di "misure ritorsive" da parte del paese che ha “vinto” la controversia. Ciò

nonostante, manca la possibilità di adottare ulteriori azioni ritorsive; in pratica, spesso i paesi più

potenti sono meno “sensibili” a e tendono ad ignorare i reclami avanzati dai paesi economicamente

più deboli, dato che questi ultimi difficilmente saranno in grado di attuare misure effettivamente

“ritorsive” nei confronti di un paese di economia fortemente più solida.

f) Stati membri Con l’adesione del Tonga, lo scorso luglio 2007, gli Stati membri dell'organizzazione sono 151. Nel

1995 il WTO aveva 76 Stati membri, ossia tutti i paesi contraenti del GATT.

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Alcuni paesi, pur non essendo membri assumono il ruolo di osservatori. Entro 5 anni contati dal

momento in cui uno Stato diventa osservatore, devono iniziare le negoziazioni ai fini dell’adesione

di tale stato al WTO. Eccezione a tale regola e la Santa Sede.

Tali negoziazioni possono avere un iter più o meno lungo. Il negoziato di adesione più breve è

stato quello del Kirghizistan, durato due anni e dieci mesi. Il più lungo è stato invece quello della

Repubblica Popolare Cinese, durato 15 anni e 5 mesi.

g) Paesi in via di Sviluppo La complessità del diritto del WTO costituisce sovente una sfida per i paesi in via di sviluppo e, in

particolar modo, per i paesi in assoluto meno sviluppati i quali non hanno in genere le risorse per

acquisire l'expertise in materia.

Questa carenza è particolarmente sentita al momento di gestire eventuali dispute sulla corretta

applicazione degli accordi WTO. Proprio per ovviare a questo problema alcuni stati hanno creato,

nel 2001, un'organizzazione internazionale specifica, il Centro consultivo sul diritto dell'OMC.

Il Centro Consultivo sul diritto dell'Organizzazione mondiale del commercio (o ACWL, acronimo

inglese di Advisory Centre on WTO Law) è un'organizzazione internazionale creata nel 2001 per

fornire consulenza legale, ai paesi in via di sviluppo ed ai paesi detti con economia in transizione,

in materia di diritto del WTO. Di particolare rilevanza è l'assistenza data da tale organizzazione ai

paesi beneficiari in caso di dispute sollevate nell'ambito del meccanismo di risoluzione delle

controversie in seno alla OMC.

Nell’intento di favorire i paesi in via di sviluppo o sottosviluppati il WTO tende ad adottare alcune

misure di tutela che consistono:

Nella concessione di un periodo di tempo più lungo per implementare le misure necessarie

al fine di adempiere agli impegni assunti nell’ambito del WTO;

Nell’incentivare e promuovere nuove opportunità commerciali per tali paesi;

Nella richiesta, agli altri paesi membri, di adozione di misure di salvaguardia a favore dei

paesi più deboli;

In altre misure che in qualche modo possano essere utili ad incentivare lo sviluppo di

questi paesi.

h) Organizzazione del WTO La struttura organizzativa del WTO è stabilita nell’Articolo IV dell'Accordo di Marrakesh ed è

composta da:

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a) Conferenza dei Ministri (della quale ne fanno parti i rappresentanti di tutti gli stati membri del

WTO) che si riunisce almeno una volta ogni due anni e svolge le funzioni del WTO, essendo,

pertanto, autorizzata ad adottare decisioni in relazione a tutti le materie di competenza del WTO.

b) Consiglio Generale, del quale ne fanno parti rappresentanti di tutti gli stati membri, e che

esercita le funzioni della Conferenza dei Ministri negli intervalli tra le sue riunioni. Il Consiglio

Generale assume, altresì le vesti di organo di conciliazione ai fini della risoluzione delle

controversie nelle materie di competenza del WTO, nonché le vesti da organo di esame delle

politiche commerciali.

c) tre Consigli che coordinano l’applicazione e controllano il funzionamento dei tre accordi

principali e che operano sotto l'indirizzo del Consiglio Generale, ai quali possono partecipare

rappresentanti di tutti gli stati membri del WTO e che sono:

Consiglio per gli scambi di merci, relativo al GATT;

Consiglio per gli scambi di servizi, relativo al GATS; e

Consiglio per gli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, relativo al TRIPS

d) sono altresì previsti una serie di comitati specifici, che svolgono determinate funzioni attribuite

dall’Accordo di Marrakesh e da altri accordi commerciali, nonché dallo stesso Consiglio Generale.

A titolo illustrativo si possono citare il "comitato commercio e sviluppo", il "comitato restrizioni per

motivi di bilancia dei pagamenti" ed il "comitato bilancio, finanze e amministrazione"

e) Segretariato, che è l’organo tecnico esecutivo del WTO diretto dal Direttore Generale.

Il Direttore Generale del WTO Le decisioni politiche sono prese dai rappresentanti degli stati membri del WTO nell’ambito della

Conferenza ministeriale e del Consiglio Generale del WTO, mentre al Direttore Generale, invece

spetta la supervisione delle funzioni amministrative dell'organizzazione stessa.

Il Direttore Generale del WTO detiene il più importante ufficio permanente. Il ruolo svolto da tale

figura è, tuttavia, molto condizionato dal carattere del soggetto che lo svolge e, talvolta, possono

acquisire un ruolo molto proattivo nel funzionamento del WTO. In pratica, il Direttore Generale, può

adottare alcune tattiche utili ad aiutare gli stati membri ad adottare un accordo, tra questi si

possono elencare: a) la diplomazia informale; b) l'utilizzo dei media et c) la proposizione di un

progetto di accordo; d) la fissazione di termini per la conclusione di accordi.

Attualmente il Direttore Generale del WTO è il francese Pascal Lamy che ha preso il posto del

tailandese Supachai Panitchpakdi il 1 settembre 2005.

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i) Rapporto tra WTO e UE L’articolo 113 del Il trattato di Roma di Maastricht (successivamente modificato dal trattato di

Maastricht) attribuisce all'Unione Europea una competenza esclusiva in materia di politica

commerciale:

"1. La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto

concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l'uniformazione

delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale,

tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni.

[...]

3. Qualora si debbano negoziare accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali, la

Commissione presenta raccomandazioni al Consiglio, che l'autorizza ad aprire i negoziati

necessari.

Tali negoziati sono condotti dalla Commissione [...]".

Di conseguenza, l'Unione Europea ha sempre partecipato, per successione nei diritti e negli

obblighi dei propri stati membri, ai negoziati del GATT prima e del WTO poi.

7.3 Unione Europea L’UE non è ascrivibile alle categorie concettuali degli Stati e delle organizzazioni internazionali.

Essa presenta una serie di elementi(soggettività,organizzazione,formazione)che ne attestano

l’autonomia rispetto agli altri ordinamenti giuridici nazionali.

L’ Unione europea infatti non ambisce a sostituirsi ad essi, ma li assorbe.

La cittadinanza europea presuppone quella nazionale senza superarla.

L’unione non si sostituisce agli Stati se non in ambiti limitati Ordina diversamente il potere,instaura

un governo a più arene Non è l’argano parlamentare ad avere una posizione di preminenza,ma

l’insieme di quelli che governano:

il Consiglio europeo,il Consiglio dei ministri,la Commissione europea.

Le istituzioni europee hanno ottenuto risultati preclusi agli Stati,senza mutuarne i principi di

organizzazione e di azione.

Solitamente le finalità dell’integrazione sono considerate in rapporto all’economia. Ordinate

secondo una scala di intensità crescente,consistono nella previsione di clausole commerciali

preferenziali.

Solo nell’UE vi è un mercato unico ,al quale si aggiungono unione economica e monetaria, con la

conseguente rinuncia degli Stati di batter moneta e alla sovranità di bilancio.

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Nell’UE sogliono distinguersi gli organi primari,qualificati come istituzioni, da quelli secondari come

l’assemblea elettiva e la Banca centrale.

Gli ordinamenti regionali hanno un ampia estensione geografica,nascono geneticamente da un

Trattato stipulato fra Stati.

La qualità di soggetto spetta solo agli Stati hanno stipulato l’accordo istitutivo o vi hanno aderito in

seguito.

L’appartenenza all’ordinamento è frutto della volontaria adesione dei soggetti che ne fanno

parte:giuridicamente non vi è alcun vincolo di natura coercitiva imposto ai vari gruppi che decidono

di associarsi.

La cittadinanza è un requisito per l’esercizio di diritti e per l’assolvimento di doveri:va ben oltre il

riconoscimento reciproco da parte degli Stati membri .Tuttavia è uno status di secondo grado,nel

senso che l’Unione non ha la potestà di disciplinare con proprie norme acquisizione e la perdita

della cittadinanza.

La storia dell’UE non è lineare e progressiva Essa è formata da pause, parziali regressi, conflitti,

ma le caratteristiche dominanti sono :

- comuni interessi economici

- affinità di ordine storico, culturale,politico

- rispetto dei diritti fondamentali (rule of law)

- dovere di assicurarne il rispetto

- essere dotata di uffici propri,giuridicamente autonomi,raccordati con gli uffici pubblici

nazionali

- avere un organo parlamentare eletto direttamente dai cittadini,al quale si aggiunge una sorta

di collegamento ai parlamentari nazionali

Rilevante è anche la legittimazione processuale dei privati :l’idea stessa che un individuo in quanto

tale sia autorizzato ad adire un tribunale internazionale è quasi rivoluzionario.

L’ UE è dotata di giudici che hanno una giurisdizione generale ed esclusiva ,dotata di forza

esecutiva all’interno dei sistemi processuali degli Stati membri.

Per concludere L’UE incide su tutti gli aspetti della vita quotidiana,sui rapporti interprivati,oltre che

su quelli che concorrono tra i privati e i pubblici poteri.

a) Breve Cronologia Ragionata

Nel 1986 è stato approvato l’Atto Unico Europeo e creato il mercato unico.

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Gli Stati dell’Europa centro orientale iniziano a presentare le richieste di adesione fra il 1990 e il

1996, con l’apertura degli accordi di associazione e con la fissazione a Copenaghen nel giugno del

1993 dei criteri per l’adesione.

Nel 1992 il Trattato di Maastricht individua la necessità di una conferenza intergovernativa per

approfondire i temi dell’Europa allargata.

A questa conferenza faranno seguito:

-il Trattato di Amsterdam 1997

-il Trattato di Nizza 2001

Nel 1993 a seguito del Trattato di Maastricht è nata l’Unione Economica e Monetaria.

b) Criteri per l’ingresso

Il vertice di Copenaghen diede priorità a:

1) Condizioni politiche - stabilità istituzionale,garanzia di democrazia,legalità,rispetto dei diritti

umani

2) Condizioni economiche – un’ economia di mercato funzionante

3) Capacità istituzionale - avere una democrazia sostanziale e un economia funzionante

4) Contesto generale di compatibilità - l’allargamento non poteva avvenire verso realtà statuali

5) Criterio di adesione - adozione dell’Acquis Comunantaire, cioe’ l’insieme delle regole e dei fini

della Comunità/Unione Europea.

c) Il Parlamento Europeo

Eletto la prima volta a suffragio universale diretto nel 1979,il Parlamento europeo è composto da

732 deputati europei.

Con l’ingresso nel 2007 di Bulgaria e Romania, il numero è destinato ad aumentare fino a un totale

massimo di 786 deputati.

Le elezioni si tengono ogni 5 anni e si svolgono contemporaneamente in tutti gli Stati membri.

Le sedute plenarie si svolgono a Strasburgo,mentre le riunioni delle commissioni e dei gruppi

politici generalmente a Bruxelles.Nel Lussemburgo hanno sede gli uffici del Segretariato Generale.

A partire dal 1993 è stato istituito l’elettorato attivo e passivo per l’elezione

dell’Europarlamentari,che rappresenta uno dei diritti della cittadinanza europea.

d) Organizzazione

L’organizzazione e il funzionamento interno sono disciplinati in base ai Trattati istitutivi e al

regolamento interno, che viene adottato dal Parlamento stesso a maggioranza dei membri che lo

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compongono. Il regolamento determina anche le modalità con cui gli atti adottati dal Parlamento

verranno pubblicati e resi noti all’esterno.

Il Parlamento designa tra i propri membri un Presidente ed un ufficio di Presidenza.

Il Presidente viene eletto a maggioranza assoluta e rimane in carica per due anni e mezzo. Egli

dirige le attività del Parlamento e presiede le sedute plenarie. nonché le riunioni dell’ Ufficio di

Presidenza e delle Conferenza dei Presidenti.

L’Ufficio di Presidenza è composto dal Presidente,da 14 vice presidenti nonché da 5 questori

.Resta in carica due anni e mezzo.

Il Parlamento europeo si riunisce e delibera in sedute aperta al pubblico. I deputati si riuniscono

una settimana al mese in sessione plenaria a Strasburgo;in questa sede il Parlamento esamina la

legislazione proposta,vota gli emendamenti e prende decisioni sul testo complessivo.

Per le altre due settimane i deputati si riuniscono all’interno delle commissioni parlamentari, e si

occupano di preparare i lavori per la sessione plenaria. L’ultima settimana del mese è dedicata alla

riunioni dei gruppi politici.

e) I gruppi politici

I gruppi politici sono sette:

-PPE-DE Gruppo del partito popolare europeo

-PSE Gruppo socialista al Parlamento Europeo

-ALDE Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei liberali per l’Europa

-Vert/ALE Gruppo verde/Alleanza liberale europea

-GUE/NGL Gruppo confederale della sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

-IND/DEM Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN Gruppo Unione per l’Europa delle Nazioni

f) Funzioni e poteri

Il Parlamento Europeo esercita 3 poteri fondamentali:

1) il potere legislativo

Se l’iniziativa legislativa rimane una prerogativa della Commissione Europea,il Parlamento

europeo può chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte per le quali reputi

necessaria l’elaborazione di un atto di Comunità.

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Insomma il Parlamento esercita la funziona legislativa congiuntamente al Consiglio, partecipando

alle procedure di adozione degli atti comunitari

(PROCEDURA DI CODECISIONE)

2) il potere di bilancio

Al Parlamento spetta l’ultima parola sulla maggior parte delle spese,mentre il Consiglio decide in

via definitiva sulle spese agricole. Il Parlamento ha tuttavia il potere di respingere il bilancio nel suo

insieme,e in questo caso la procedura bi bilancio deve ricominciare da capo.

3) il potere di controllo democratico

Al parlamento compete infine il potere di controllo democratico sull’intero attività comunitaria.

La Commissione presenta annualmente al Parlamento una relazione generale sull’attività della

Comunità che viene discussa in seduta pubblica, e verte non solo sulle attività svolte nell’anno

procedente ma anche sulle linee progettuali per l’anno in corso.

Lo strumento di controllo più pregnante rimane quello della censura, che il Parlamento può

adottare nei confronti della Commissione relativamente all’operato di quest’ultima.

Per la censura è necessaria la maggioranza assoluta dei deputati e i 2/3 dei voti espressi :produce

come effetto immediato quello delle dimissioni in blocco della Commissione.

g) Il Consiglio dell’unione Europea

E’ noto anche come Consiglio dei ministri europei ed ha sede a Bruxelles; è composto dai ministri

degli Stati membri. Insieme al Parlamento europeo costituisce il ramo legislativo dell’Unione.

Composizione del Consiglio

La presidenza del Consiglio è assunta a rotazione da uno Stato membro ogni sei mesi, secondo

un ordine fisso. Attualmente le formazioni sono nove:

-economia e finanza

-cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni

-occupazione,politica sociale. salute e consumatori

-competitività

-trasporti,telecomunicazioni ed energia

-agricoltura e pesca

-ambiente

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-istruzione. gioventù e cultura

Funzioni

Il Consiglio dell’Unione svolge le seguenti funzioni:

1) adotta le leggi solitamente congiuntamente al Consiglio europeo

2) coordina le politiche generali congiuntamente con gli Stati membri

3) definisce la politica estera e di sicurezza comune della UE

4) conclude accordi internazionali tra la UE e uno o più Stati o organizzazioni internazionali.

Funzionamento del Consiglio

Il Consiglio “Affari generali”assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del

Consiglio:prepara infatti le riunioni e ne assicura il seguito. Un Comitato dei rappresentanti

permanenti (COREPER) dei governi degli Stati membri è responsabile della preparazione dei

lavori del Consiglio.

Gli atti del Consiglio possono assumere la forma di regolamenti,direttive e decisioni.

Attualmente le decisioni vengono adottate a maggioranza semplice,qualificata o all’unanimità,e in

caso di maggioranza mediante l’attribuzione dei voti stabiliti dal Trattato di Nizza.

h) Regolamenti

Il regolamento è un atto vincolante a portata generale. Tutti gli elementi che lo compongono sono

direttamente applicabili e devono essere rigorosamente osservati dagli Stati membri:sono

obbligatori in ogni suo elemento (obbligatorietà integrale),senza deroghe o modifiche di sorta.

Devono essere motivati ,firmati dal Presidente del Parlamento europeo e dal Presidente del

Consiglio dell’UE.

I regolamenti vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea, ed entrano in

vigore dopo un periodo di vacatio legis di venti giorni.

i) Direttive

Si rivolgono esclusivamente agli Stati membri e li vincolano al raggiungimento di uno specifico

risultato. Nella prassi comunitaria risulta sempre più frequente l’uso di direttive dettagliate,che

lasciano allo Stato membro un ben ristretto margine di discrezionalità traducendosi un forme

anomale di regolamento.

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j) Decisioni

Sono atti obbligatori a portata individuale ovvero vincolano in modo diretto i soli destinatari da esse

designati siano questi soggetti privati o Stati membri. Le decisioni emanate ai privati vengono

prese dalla Commissione in materia di concorrenza,mentre il Consiglio provvede a emanare

decisioni indirizzate esclusivamente agli Stati.

l) Commissione Europea

La Commissione Europea è il centro del processo di decisione politica dell’Unione Europea.

È formata da 27 commissari ,inoltre altre 15000 persone che lavorano per essa.

Compiti della Commissione

- Ha l’iniziativa legislativa

- Fa rispettare le direttive europee e l’integrità del mercato unico

- Sostiene ,gestisce e sviluppa le politiche dell’agricoltura e dello sviluppo regionale

- Organizza programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico

I commissari Europei Essi sono tenuti ad un assoluta indipendenza nei confronti dei governi nazionali e ad agire

esclusivamente nell’interesse dell’Unione Europea.

Il Presidente è nominato dai Capi di Stato e di Governo riuniti in sede di Consiglio europeo previa

consultazione del Parlamento europeo. Gli altri membri della Commissione sono nominati da 15

governi degli Stati membri, in consultazione con il nuovo Presidente.

I suoi lavori La Commissione si riunisce una volta alla settimana, per svolgere i suoi lavori che possono essere

l’adozione di proposte, la messa a punto di documenti politici e l’esame della situazione nei

principali settori interessati dalle politiche europee.

Responsabilità democratica

La legittimità democratica della Commissione è sempre più rafforzata dal rigoroso e crescente

controllo a cui il Presidente e i suoi colleghi sono sottoposti da parte del Parlamento.

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La Commissione prima di entrare in carica ,deve ricevere il voto di investitura del Parlamento

Europeo.I membri del Parlamento possono essere costretti alle dimissioni collettive nel caso in cui

il Parlamento approvi una mozione di censura nei confronti della Commissione.

Organizzazione

Il funzionamento di questo organo è regolato dai Trattati istitutivi,dal regolamento interno e dal

Presidente.

Al vertice della struttura organizzativa si trova dunque il Presidente coadiuvato da uno o due

vicepresidenti.

L’apparato amministrativo è suddiviso in 23 direzioni generali e in vari servizi e uffici (giuridico,

statistici, ecc)

Direzioni generali della Commissione europea:

Direzione generale Affari economici e finanziari

Direzione generale Agricoltura

Direzione generale Ambiente

Direzione generale Concorrenza

Direzione generale Energia e Trasporti

Direzione generale Fiscalità e Unione doganale

Direzione generale Giustizia e affari interni

Direzione generale Imprese

Direzione generale Istruzione e cultura

Direzione generale Mercato interno

Direzione generale Occupazione e affari sociali

Direzione generale Pesca

Direzione generale Politica regionale

Direzione generale Ricerca

Direzione generale Salute e tutela dei consumatori

Direzione generale Società dell’informazione

Centro Comune di Ricerca

Direzione generale Relazioni esterne

Direzione generale Allargamento

Direzione generale Sviluppo

ECHO-Ufficio per gli aiuti umanitari

Europe Aid-Ufficio di Cooperazione

Direzione generale Commercio

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Potere di iniziativa legislativa

La Commissione è l’organo principale a cui i Trattati hanno delegato il potere di iniziativa

legislativa. Una volta che la Commissione ha formalmente presentato una proposta al Consiglio e

al Parlamento l’iter legislativo dipende in buona misura da una cooperazione efficace tra le tre

istituzioni

Le sue principali funzioni principali

- Potere di iniziativa legislativa

- Custode dei trattati

- Gestione ed esecuzione delle politiche della Unione europea e delle relazione commerciali ed

internazionali

La Commissione non ha il diritto esclusivo di iniziativa nei due settori della cooperazione

intergovernativa contemplati con il trattato sull’ Unione europea: la politica estera e di sicurezza

comune ,e la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.

Custode dei trattati

La Commissione vigila sulla corretta applicazione della legislazione comunitaria da parte degli Stati

membri ; in caso di inadempienza degli obblighi derivanti dai trattati,viene avviata una procedura

di infrazione che può condurli a subire il giudizio della Corte di giustizia

La Commissione ha il poter di prendere provvedimenti nei confronti di individui, imprese e

organizzazioni per la violazione di norme comunitarie fermo restando il diritto di appello alla Corte

di giustiza.

Le pratiche legali di fissazione dei prezzi e gli accordi illeciti , sono stati oggetto della sua

attenzione e sanzionati con ammende molto elevate.

Essa vigila inoltre sulle sovvenzioni pubbliche alle imprese.

Amministra il bilancio annuale dell’Unione europea.

m) La Corte di Giustizia

Si compone di un giudice per ogni Stato membro dell’UE e otto avvocati generali. Sono nominati di

comune accordo dai governi degli Stati membri e restano in carica per sei anni rinnovabili.

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I giudici della Corte designano tra loro il Presidente della Corte con un mandato di tre anni. La

Corte può riunirsi in sessione plenaria ,in gran seziona(13 giudici)o in sezione composta da cinque

a tre giudici. La Corte si riunisce in sessione plenaria in casi eccezionali previsti dai Trattati .

Competenze e poteri

I suoi poteri sono applicati in diverse forme.

Ricorso per inadempimento

La Corte controlla il rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi sanciti dal diritto comunitario

.

Il ricorso alla Corte di giustizia è proceduto da un procedimento preliminare ( procedura di

infrazione ) avviato dalla Commissione ,nel corso del quale lo Stato membro ha la possibilità di

rispondere alle accuse . Se la Corte accerta l’inadempimento, lo Stato è tenuto a porvi fine

immediatamente .

Qualora lo Stato non ottemperi alla sentenza della Corte ,la Commissione può avviare una nuova

procedura di infrazione di fronte alla Corte di giustizia, che se accerta l’inadempimento condanna

lo Stato al pagamento di un ammenda .

Ricorso per annullamento

Il ricorrente chiede alla Corte l’annullamento di un atto legislativo:il ricorso può essere fatto da uno

Stato membro o da un privato se l’atto lo riguarda direttamente.

La Corte segue grosso modo le procedure dei tribunali nazionali.

8. ONG E GLOBALIZZAZIONE

Oggi il settore delle ONG rappresenta l’ottava economia a livello mondiale, con un valore di oltre 1

milione di dollari l’anno.

Dà valore a circa 19 milioni di persone, senza contare i volontari.

Le ONG spendono all’incirca 15 miliardi di dollari l’anno per lo sviluppo, quanto investe la Banca

Mondiale, ma mentre le ONG sono un fenomeno in rapida crescita dagli anni ’80 i movimenti

sindacali sono in declino.

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Il collegamento tra ONG e sindacati è molto profondo: è stato l’attivismo della società civile,

capeggiata dai sindacati che ha preparato la strada per lo sviluppo delle ONG dopo la Seconda

Guerra Mondiale; molte di queste nacquero dai sindacati. I due mondi hanno collaborato a dar vita

a potenti coalizioni (quali global call to action against povertà) ed hanno condotto campagne

insieme, contro il libero commercio e molte grandi società (es. Wol-Mart)

Può essere una combinazione vincente, come ha dimostrato la lotta contro l’apartheid dieci anni fa

o come dimostra la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua oggi.

Di fatto il termine “social movement unionism” è stato coniato al fine di riflettere questo ampio

approccio collaborativi che ha cambiato la faccia di molti paesi in via di sviluppo, più di recente in

Georgia ed Ucraina e prima in gran parte dell’America Latina.

Le ONG hanno spesso agito quali procuratrici per i sindacati, nelle nazioni ove i movimenti a difesa

dei lavoratori sono repressi. Codici di condotta e responsabilità societarie sono spesso vinti

attraverso azioni comuni di pressione e lo staff delle ONG tende ad essere membro attivo nella vita

sindacale, quanto gli appartenenti al sindacato nella vita delle ONG.

Ogni anno le ONG ed i sindacati si scambiano grosse somme di denaro a supporto dei reciproci

progetti.

Alcuni Paesi (quali Irlanda e Sud Africa) sono andati persino oltre ed hanno incluso nelle loro

politiche le ONG.

Le Nazioni Unite hanno dato alle ONG un’arena internazionale nella quale poter operare insieme

alle rappresentanze dei lavoratori.

Si tratta di un’opportunità storica per i sindacati e le ONG.

La questione è più complessa.

Il movimento delle ONG è un insieme complesso di alleanze e rivalità; carità e business,

radicalismo e conservatorismo.

I finanziamenti arrivano da più fonti e vengono distribuiti in ogni direzione concepibile.

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La definizione della banca Mondiale di ONG è sufficientemente ampia da includere Public Services

International, quale una delle più vecchie ONG così come include molte espressioni di fede.

La definizione data dalla WTO è pure ampia, così da includere gruppi di lobby industriale, quali

l’Associazione dei Banchieri Svizzeri e la Camera di Commercio Internazionale.

Più si guarda da vicino, più si è propensi a chiedersi se l’espressione “organizzazione non

governativa” abbia un qualche significato.

Il termine ONG diventa di uso corrente alla fine della Seconda Guerra Mondiale, allorché le nazioni

Unite cercarono di differenziare tra agenzie specializzate inter-governative ed organizzazioni

private, ma le origini del movimento sono più antiche.

La prima ONG internazionale è stata probabilmente la Società contro la schiavitù” costituita nel

1839; il movimento contro la schiavitù, che raggiunse il suo apice alla fine del XVIII secolo, è stato

il catalizzatore di molte organizzazioni che seguirono.

Alcune delle prime ONG nacquero dai conflitti bellici, inclusa la Croce Rossa nel 1864 dopo la

Seconda Guerra d’Indipendenza Italiana; Save the children dopo la Prima Guerra Mondiale e

Oxfam e Care dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Ad oggi la più grande ONG è la “Bill and Melinda Gates Foundation”, con un patrimonio di circa 30

miliardi di dollari.

Alcune ONG sono molto abili nel gestire il proprio profilo mediatico, altre lottano nell’anonimato.

Alcune, come Amnesty International sono basate sul presupposto dell’associazionismo, rifiutando

aiuti economici dai governi e dai partiti politici.

Altre sono organizzazioni capaci di produrre enormi profitti che esistono solo per creare azioni di

lobby a nome di interessi puramente economici e di guadagno.

Sempre più le ONG sono legate ai governi attraverso accordi di finanziamento e contratti di

servizio.

Nel 2001 Care International ha ricevuto quasi il 70% dei suoi 420 milioni di dollari di budget, da

contributi governativi. Un indagine del 1998 ha dimostrato che un quarto delle entrate di Oxfam

arrivano dal governo britannico dalla UE.

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World vision negli USA ha raccolto 55 milioni di dollari in valore di beni dal governo statunitense.

Nello stesso anno Medecin sans Frontieres ha ricevuto il 46% delle sue entrate da fondi

governativi.

Uno studio sulle entrate delle ONG dichiara che: “le entrate per servizi sono incrementate del 52%

ed i ricavi del settore pubblico del 40%”; nello stesso periodo le entrate filantropiche sono cresciute

solo del 6%.

Forse l’unica cosa che si può sostenere sulle ONG è che rappresentino l’espressione più visibile

della società civile alla globalizzazione.

Da un punto di vista storico il movimento sindacale è nato più o meno nello stesso periodo, in

risposta alla rivoluzione industriale; ma l’evoluzione dei sindacati ha avuto un percorso diverso.

Dopo 175 anni il movimento si è sviluppato nella più importante forza democratica mondiale.

Dai livelli più bassi in molti settori in più nazioni, su fino alle federazioni nazionali ed ad una serie di

federazioni regionali e globali sino alla ICFTU (International Confederation of Free Trade Unions)

cge può legittimamente vantarsi di rappresentare 155 milioni di persone.

Ci può essere una vasta area di interessi comuni tra i due movimenti, ma l’industrializzazione e la

globalizzazione sono due rivoluzioni molto differenti. Le rispettive forme nelle quali si sono evoluti

(e le differenze culturali scaturite) spesso portano a difficoltà e tensioni come ha detto

recentemente un leader sindacale: “Il movimento delle ONG può rappresentare una grande forza

di cambiamento a tratti”.

Paradossalmente, questa mancanza di una sola voce può spiegare la incredibile crescita delle

ONG a partire dagli anni’80.

Allorché la Banca Mondiale ed il FMI imposero tagli nei servizi pubblici, le ONG furono

incoraggiate a riempire questi vuoti. Furono considerate il canale privilegiato per erogare servizi

invece dello stato.

La Banca Mondiale non solo incoraggia i propri membri a lavorare con le ONG sui progetti di

sviluppo, ma investe anche direttamente in progetti delle ONG.

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E’ stato rilevato che dal 1973 al 1980, le ONG erano state coinvolte in circa 15 progetti della Banca

Mondiale all’anno. Dal 1990 questo numero è salito a 89, ossia il 40% di tutti i nuovi progetti

approvati.

Ma c’è una logica particolare dietro tutto ciò: sembra servire più uno scopo ideologico che

economico: Non c’è prova che dimostri che i servizi erogati dalle ONG siano più economici di quelli

pubblici.

Di fatto negli USA, ove le ONG hanno un ruolo particolarmente rilevante nel prestare servizi

nell’ambito di contratti governativi, sono diventate oggetto di profonde critiche proprio perché la

loro presenza aumenta i costi di erogazione dei servizi e crea problemi di burocrazia aggiuntiva.

Ciò è chiaro: non c’è una semplice formula per spiegare o sviluppare le relazioni tra sindacati e

ONG. Molti sono alleati naturali, altri lavorano in aree complementari, ma molti sono concorrenti.

C’è un certo consenso sulla circostanza che le ONG hanno rappresentato molto negli anni ’90 ma

non c’è consenso sul perché ciò sia avvenuto.

Non c’è una sola singola motivazione, ma una molteplicità di fattori tra loro interconnessi. Alcuni

ritengono che tra questi fattori vadano ricompresi la fine della guerra fredda, la riduzione dello stato

assistenziale, l’eredità del pensiero politico reganiano e thatcheriano nelle relazioni internazionali,

l’aumentato ruolo delle istituzioni internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite nell’ambito della

governance globale,le grandi idee quali quelle di Robert Putnam sul capitale sociale, che hanno

portato alla resurrezione del pensiero di Tocqueville ed al successo di movimenti sociali quali

Solidarnost .

Il risultato è stata un’incredibile crescita di risorse disponibili per le ONG.

Oltre ad essere divenute le portatrici privilegiate di aiuti, queste organizzazioni si supponeva

avrebbero promosso la democrazia (ed allo stesso tempo erano ritenute indici di salute della

democrazia), che sarebbero intervenute in situazioni di emergenza, a supporto di cambi di regime,

al fine di promuovere l’integrazione sociale di genti e comunità emarginate.

Alcuni numeri sono significativi: per es. oltre il 90% dei finanziamenti a scopo umanitario della UE

negli anni ’70 veniva canalizzato attraverso i governi e nessuno tramite le ONG.

Trenta anni dopo, i giovani contano per il 6%, mentre le ONG per il 37%.

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Secondo dati forniti dalla OECD, il 13% di tutta l’assistenza allo sviluppo che ammonta a oltre 8.3

miliardi di dollari, nel 1992, è stata canalizzata attraverso le ONG (nel 1970 era lo 0,2%)

Dopo lungo tempo, gli indicatori sembrano anche far apparire un processo di aggregazione.

Il responsabile dell’amministrazione di USAID ha sostenuto che, con riferimento a particolari

situazioni di emergenza e sostegno, 10 ONG europee e 10 USA spendano il 75% di tutti i fondi

pubblici che vanno per emergenze complesse.

Gli studenti parlano delle “big 8”, intendendo le otto più grosse ONG umanitarie che operano quasi

in oligopolio.

Con il crescere del numero delle ONG, si è assistito ad una crescita del loro potere. La loro

capacità di influenzare le relazioni internazionali è diventata presto chiara.

L’ex Segretario delle Nazioni Unite Boutros Ghali ha detto una volta che le ONG sono una

“componente indispensabile della legittimazione” delle Nazioni Unite. Kofi Annan ha definito le

ONG “la coscienza dell’umanità”.

Una serie di rivoluzioni “colorate” negli ultimi anni, nelle quali le ONG hanno svolto un ruolo

preminente nelle proteste civili di massa, ha messo in luce il lavoro democratico di queste

organizzazioni della società civile.

Molti governi hanno risposto con misure legislative restrittive con lo scopo di evitare che le ONG

potessero avere un ruolo attivo nei processi di sviluppo della democrazia.

Ma ad ogni azione corrisponde una reazione. La popolarità senza precedenti ed il fatto di

rappresentare la società civile hanno cominciato ad essere messe in discussione sul presupposto

di mancanza di legittimazione, di serietà e di trasparenza.

Per troppo a lungo sono state paragonate a realtà di affari o industrie. I Governi hanno iniziato a

dire che le ONG non hanno un mandato democratico, che non sono espressione di elezioni.

Molti critici delle organizzazioni sociali civili dicono che non devono rendere conto a nessuno se

non a chi dona loro denaro. Ad oggi le ONG sono sotto attento esame.

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Il dibattito si fa difficile ed avrà un impatto sulla loro ragione di esistere e sull’influenza che le ONG

hanno avuto sino ad ora; quanto meno ciò diminuirà i finanziamenti alle ONG.

Così come da poche, le ONG sono diventate molte e potenti, all’improvviso potrebbero non

rappresentare più un fenomeno globale.

Oggi le ONG si stanno mobilitando per difendere il loro operato ragionando su qualche forma di

auto-regolamentazione, cercando di creare degli standards di buona condotta ed essenzialmente

cercando di riformarsi.

Alcuni dei donatori stanno immaginando strade alternative chiedendosi se non sia meglio tornare a

finanziare aiuti attraverso i canali governativi o attraverso le grandi organizzazioni multilaterali.

Anche così comunque, le ONG sono tuttora ben posizionate per fare cose che nessun altro

potrebbe efficacemente fare.

Vediamo alcuni esempi.

Di recente una ONG che lotta per i diritti di persone disabili, si è impegnata in un’attività di

promozione a livello nazionale in Macedonia ed ha raccolto quasi 20.000 firme. Lo scopo è di far

approvare la Parlamento una legge che protegga i diritti dei disabili. Chi altro avrebbe potuto farlo

? Il Governo ?

In un altro esempio, sempre dalla Macedonia, un paio di anni fa alcuni gruppi ambientalisti hanno

lottato contro il Governo del Montenegro, in Tribunale, per il progetto di costruire una centrale di

energia nella valle del fiume Tara, magnifica area naturale. Ed hanno vinto.

In Albania il movimento giovanile MJAFT ha avuto un importantissimo ruolo nel combattere la

corruzione a livello governativo.

E lo stesso valga per migliaia di gruppi sconosciuti che prestano servizi tutti i giorni in comunità

povere, nei ghetti, negli slums ed altre parti ove il sistema governativo non arriva.

Fanno si che i bambini Rom vengano istruiti, combattono l’analfabetismo femminile, formano

giovani disoccupati e così via.

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Globalizzazione Oggi la globalizzazione è messa in discussione ovunque nel mondo. Vi è insoddisfazione per ciò

che rappresenta e forse giustamente.

La globalizzazione può essere una forza portatrice di buoni risultati; la globalizzazione delle idee di

democrazie e di come vada interpretata l’idea di società civile hanno cambiato il modo in cui la

gente pensa, mentre i movimenti politici globali hanno spinto i governi a ridurre i debiti dei paesi in

via di sviluppo ed a negoziare un trattato contro le mine anti-uomo.

La globalizzazione ha aiutato centinaia di milioni di persone a poter raggiungere migliori standards

di qualità di vita, al di la di quanto gli stessi popoli, o molti economisti, pensassero fosse possibile

solo poco tempo addietro.

La globalizzazione dell’economia ha beneficiato nozioni che ne hanno tratto beneficio andando alla

ricerca di nuovi mercati ove esportare i propri prodotti ed attirando investimenti esteri.

Pur così le nazioni che ne hanno beneficiato maggiormente sono quelle che hanno preso in mano

il proprio destino e riconosciuto il ruolo che il governo può avere nel processo di sviluppo più che

fare solo affidamento sulla nozione di un mercato che sia in grado di auto-regolamentarsi

risolvendo i propri problemi.

Ma per milioni di persone la globalizzazione non ha funzionato. Molti hanno visto, anzi peggiorare

la propria condizione assistendo alla distruzione dei posti di lavoro e andando incontro ad

esistenze meno sicure.

Si sono scoperti meno forti di fronte a forze al di la del loro controllo. Hanno visto le loro

democrazie minacciate, le loro culture erose.

Se la globalizzazione continua ad essere portata avanti come si è fatto nel passato, se non si

impara dai propri errori la globalizzazione non solo non riuscirà a promuovere lo sviluppo ma

continuerà a creare povertà ed instabilità. Senza una riforma, il di scontento che sta montando

contro la globalizzazione continuerà a crescere.

Se gli interessi finanziari hanno dominato il modo di pensare al FMI (Fondo Monetario

Internazionale) gli interessi commerciali hanno avuto un ruolo ugualmente dominante presso il

WTO.

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Così come il FMI da poca rilevanza alle richieste dei poveri – ci sono miliardi a disposizione per

prestiti alle banche, ma non ci sono fondi per gli aiuti alimentari per coloro che sono stati esclusi

dal mondo del lavoro, quali risultato dei programmi del FMI – il WTO mette il commercio sopra ogni

altra considerazione.

Gli ambientalisti che cercano di proibire l’importazione di beni prodotti usando tecnologie che

danneggiano l’ambiente . con la distruzione di specie in via di estinzione, o elettricità prodotta da

generatori che inquinano l’aria – si sentono dire che non possono comportarsi in questo modo, si

tratta di interferenze sul libero mercato.

Mentre le istituzioni sembrano perseguire soprattutto interessi commerciali e finanziari, non

riescono a vedere se non tutto questo e credono sinceramente che l’agenda che perseguono sia

nell’interesse generale.

A dispetto dell’evidenza del contrario, molti ministri del commercio e delle finanze, ed anche alcuni

leader politici ritengono che ognuno alla fine trarrà beneficio dalla liberalizzazione del commercio e

del mercato dei capitali.

Molti ritengono e credono in tutto ciò così fortemente che spingono le nazioni ad accettare queste

riforme con ogni mezzo, anche se si tratta di riforme impopolari.

La grande sfida non sta però solo nel cambiare il modo di pensare ed agire delle istituzioni:

preoccuparsi dell’ambiente, assicurarsi che i poveri possano esprimere la loro opinione quando si

adottano provvedimenti che li riguardano, promuovere la democrazia ed un commercio equo, sono

tutte azioni necessari se si vogliono raggiungere i potenziali benefici della globalizzazione.

Il problema è che le istituzioni devono tener conto e riflettere le aspettative di coloro verso i quali

sono responsabili.

Il tipico banchiere centrale inizia la giornata lavorativa preoccupandosi delle statistiche

sull’inflazione, non di quelle sulla povertà; il ministro del commercio si preoccupa dei numeri

dell’export, non degli indici di inquinamento.

Non possiamo tornare indietro nel percorso di globalizzazione, la questione è come possiamo

…………………………

E se deve funzionare, le istituzioni globali devono aiutare a definire nuove regole.

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Il modo di agire di coloro che operano nelle istituzioni deve cambiare e chi opera nelle istituzioni

deve rendere conto direttamente a coloro che rappresenta.

La questione dei diritti di voto e chi possa sedersi al tavolo – anche con limitazione del diritto di

voto – conta. Determina il potere definire le voci di chi sono espresse.

Il FMI non si preoccupa solo di questioni tecniche e di accordi tecnici tra banchieri, le azioni del

FMI impattano sulle vite ed i modi di vivere di miliardi di persone nel mondo in via di sviluppo; ciò

nonostante queste persone non hanno diritto di parola.

La governance a livello del WTO è più complessa. Così come il FMI è l’arena ove vengono

ascoltati i ministri delle finanze, presso il WTO, vi sono i ministri del commercio.

Nessuna sorpresa che allora si presti poca attenzione alle questioni ambientali. Mentre gli accordi

di voto fanno si che presso il FMI i paesi ricchi dominino, presso il WTO ogni paesi esprime un

singolo voto e le decisioni sono perlopiù consensuali. Ma in pratica, negli anni passati, US, Europa

e Giappone hanno dominato.

Il cambiamento più importante richiesto per far si che la globalizzazione funzioni nel modo in cui

dovrebbe, riguarda la governance.

Al di là di una modifica delle regole di governance, il modo più rilevante per assicurarsi che le

istituzioni internazionali siano più reattive alle istanze dei poveri, ai bisogni dell’ambiente, alle più

ampie preoccupazioni politiche e sociali è aumentare la trasparenza e l’apertura verso l’esterno.

Oggi diamo per scontato l’importanza del ruolo che una stampa libera ed informata ha nel

“sorvegliare” i comportamenti dei nostri governi eletti democraticamente.

La trasparenza è ancora più importante in organizzazioni quali il FMI, la Banca Mondiale e il WTO,

poiché i loro leaders non sono eletti direttamente.

Sebbene siano istituzioni pubbliche, non devono rendere conto direttamente al pubblico. E mentre

ciò dovrebbe comportare che queste istituzioni siano ancora più aperte, esse incede sono ancora

meno trasparenti.

Non è facile cambiare il modo di fare, le burocrazie, come le persone, possono assumere cattive

abitudini e cambiare può essere difficile.

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Ma le istituzioni internazionali devono fare anche cambiamenti che sembrano impossibili per

potere svolgere quel ruolo che devono anche per far si che la globalizzazione possa funzionare e

funzionare non solo per i paesi industrializzati ma anche per le nazioni povere ed in via di sviluppo.

Il mondo sviluppato ha bisogno di fare la propria parte per riformare le istituzioni internazionali che

governano la globalizzazione.

Noi abbiamo creato queste istituzioni e dobbiamo ora aggiustarle. Se saremo capaci di rispondere

alle giuste preoccupazioni di coloro che hanno espresso insoddisfazione verso la globalizzazione,

se faremo si che la globalizzazione sia vista come qualcosa di positivo per i miliardi di persone che

non la vedono così, se la globalizzazione assumerà un volto umano, allora la globalizzazione avrà

vinto.

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9. PROSPETTIVE

A conclusione di questa analisi sulla figura delle ONG, resta da esaminare quali siano le

prospettive future di sviluppo di questi soggetti che operano a livello internazionale.

Quando si è parlato dell’evoluzione storica delle ONG, si è visto che, le vere e proprie relazioni

internazionali inter-statali sono sorte più come una conseguenza (o forse anche per timore) dello

sviluppi improvviso ed imponente dei rapporti tra privati nel corso del XIX secolo.

Tutto ciò dimostra quanto l’individuo, con la propria attività, sia parte inscindibile ed attiva delle

relazioni internazionali: a testimonianza dell’importanza della sua iniziativa si sono portati alcuni

esempi il più significativo dei quali è senza dubbio dato da Henry Dunant, fondatore della Croce

Rossa.

La questione fondamentale, oggi, sta nel chiedersi se gli individui possano ancora incidere così

significativamente sulle relazioni internazionali e sulla vita degli Stati.

Certo, il successo dell’opera di Dunant è stato reso possibile grazie alla minore complessità delle

relazioni tra gli Stati del suo tempo, mentre oggi ad un singolo sarebbe più difficile influenzare la

condotta del governo ed ancora meno quello di uno Stato estero.

Tuttavia un’equivalente opera di pressione, può essere quella condotta da privati uniti tra loro;gli

esempi sono ancora una volta la Croce Rossa, in quanto ONG, Amnesty International, la “Società

Antischiavista”, l’Istituto di Diritto Internazionale e, negli anni della guerra del Vietnam, il cosiddetto

“Tribunale Russell”2, senza menzionare l’opera svolta dalle principali ONG presso il Consiglio

Economico e Sociale delle N.U.

Perciò, nonostante il crescente processo che prende avvio a partire dalla Pace di Westfalia del

1648, con la nascita del moderno Stato sovrano, di appropriazione e regolamentazione da parte

dello Stato di tutte le attività una volta esclusivamente private, l’individuo unitosi ad altri in gruppi

organizzati, può ancora svolgere all’interno del diritto internazionale, un compito attivo che diventa

fondamentale in momenti di crisi e di emergenza.

Risulta del resto quasi impossibile pensare al singolo cittadino senza un’organizzazione ove possa

manifestare e cercare di concretizzare i propri ideali, poiché il risultato sarebbe pessimo: egli

2 Il Tribunale Russell Nacque durante la guerra del Vietnam nella quale gli Stati Uniti furono impegnati dal 1964 al 1973. Quando divenne chiaro che la guerra stava assumendo aspetti contrari ai principi di umanità un gruppo di intellettuali guidati dal filosofo Russell decise di creare un “tribunale” internazionale per giudicare il comportamento degli Stati Uniti.

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dipenderebbe esclusivamente dal diritto internazionale elaborato dai Governi e non avrebbe

alcuna ragione di sperare in un futuro che desse maggior sicurezza di quella offerta dallo Stato o

dalla comunità internazionale statale.

Il problema maggiore, la cui soluzione sembra ancora abbastanza lontana, è quello della ricerca di

un equilibrio tra le attività delle ONG e gli interessi dei governi.

Si è visto quanto questi due elementi siano d’ostacolo alla predisposizione di legislazioni uniformi

che regolino lo status di residenti delle ONG, ma qui il conflitto è ancor più profondo ed è politico:

si tratterebbe di una rinuncia degli Stati a determinati compiti che essi ritengono invece di propria

esclusiva competenza. Ad esempio: in campo bancario e finanziario, gli Stati tendono a

monopolizzare il controllo e la regolamentazione dei flussi di moneta in nome di non meglio definiti

superiori interessi collettivi, mentre i privati, a loro volta, ritenendo di avere maggiore competenza,

vorrebbero assumere la gestione di tali attività.

Lador…… a conclusione del suo lavoro sulle ONG afferma che le ONG stesse sono gruppi di

pressione più che una categoria di associazioni democratiche, con caratteristiche che, se non sono

rivoluzionare, sono senza dubbio riformiste nel senso più estremo del termine, dato che

sorgerebbero e troverebbero ragione di vita nel reclamare quel tipo di società che gli Stati

sarebbero incapaci di promuovere proprio perché, per definizione, gelosi custodi dello “status quo”.

Sembra che una interpretazione che voglia far apparire le ONG come strumenti di pressione dei

singoli contro uno Stato incapace di qualsiasi cambiamento sia abbastanza eccessiva; è vero che

vi sono state e vi sono ONG che nascono ed hanno ragione di esistere nel malcontento dei singoli,

ma è necessario mettere in luce quale sia l’importanza delle ONG come strumenti di

armonizzazione e mediazione delle opinioni e delle idee.

Innanzitutto tra i singoli componenti di esse e ancor più tra queste e la comunità internazionale

statale: prerogativa che nessun Stato sarà in grado di togliere loro, proprio perché fondate

sull’adesione libera e volontaria dei singoli.

A questo proposito è sufficiente portare ad esempio l’importanza dell’opera consultiva svolta da

molte ONG presso il Consiglio Economico e Sociale delle N.U. o presso il Consiglio d’Europa,

opera che certo non ha alcun carattere rivoluzionario.

Ed è in questo campo che le ONG andranno via via assumendo sempre maggiore importanza,

forse Lador guardando gli albori della vita delle ONG ha potuto correttamente scorgere nel

malcontento dei singoli il catalizzatore del fenomeno associativo, ma col tempo questo fattore è

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andato scemando a favore dell’attività collaborativi e di consulenza con gli Stati: opera che le

ONG, proprio perché libere non solo nella struttura, ma anche nell’accettazione dei propri membri,

sanno svolgere nel migliore dei modi.

A loro favore depone inoltre anche la maggior competenza e la più approfondita conoscenza dei

problemi: da quelli inerenti ai flussi bancari a quelli di diritti umani che esse possiedono in virtù

della loro specifica ed esclusiva attività.

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10. ESEMPI DI ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE CROCE ROSSA E MEZZALUNA ROSSA

Il Movimento della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale, costituisce la più grande

organizzazione umanitaria del mondo.

Henry Dunant (Ginevra 08.05.1828 – Heiden 30.10.1910) viene considerato il fondatore della

Croce Rossa. La sua opera la si può ricondurre alla battaglia di Solferino del 24.06.1859,

durante la Seconda Guerra d’Indipendenza Italiana, che vide schierati gli esercito franco-

piemontese ed austriaco ed ebbe come risultato circa 40.000 caduti e feriti.

Egli arrivò sul campo di battaglia al termine del combattimento e si trovò di fronte al terribile

scenario di migliaia di feriti di ambo le parti abbandonati con quasi nessuna cura. Dunant iniziò

ad organizzare i primi soccorsi, anche acquistando con propri denari, i primi medicinali. Il

principio della sua azione era quello di prestare soccorso ai soldati di entrambi gli schieramenti,

senza alcuna distinzione.

Tale esperienza lo segnò profondamente e rientrato in Svizzera nel 1862, pubblicò un libro dal

titolo “Souvenir de Solferino” dove descrisse quanto era accaduto. Nello stesso anno, insieme

ad altri quattro cittadini svizzeri, Gustave Moynier, un giurista, Henry Dufour, un generale e

Louis Appia e Theodore Maunoir, due medici, creò il Comitato ginevrino di soccorso dei militari

feriti, chiamato anche “Comitato dei cinque”, antenato del Comitato Internazionale della Croce

Rossa.

Il 26 ottobre 1863 , lo stesso Dunant, organizzò a Ginevra una Conferenza internazionale con

l’adesione di 18 rappresentanti di 14 nazioni che il 29 ottobre dello stesso anno

sottoscriveranno la Prima Carta Fondamentale definendo le funzioni ed i mezzi dei Comitati di

Soccorso. Nacque così il Movimento Internazionale della Croce Rossa.

Nel 1864 scoppiò la guerra tra la Danimarca e la Prussia e questo fu il primo banco di prova

per le società nazionali di soccorso che intervennero in aiuto dei feriti.

L’8 agosto del 1864 il Governo Elvetico organizzò una conferenza diplomatica alla quale

parteciparono i rappresentanti di 12 nazioni che si concluse con la ratifica della prima

convenzione di Ginevra per il miglioramento della sorte dei feriti in campagna.

Nel 1919 un dirigente della Croce Rossa Statunitense, Henry P. Davidson, propose per la

prima volta l’impiego delle risorse e delle strutture delle varie società nazionali della Croce

Rossa anche in tempo di pace.

Il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa rappresenta oggi una

forza di circa 120 milioni di persone, dedite all’assistenza ai feriti e malati; il Movimento nacque

nel 1928 a seguito della XIII Conferenza Internazionale dell’Aja.

Questo Movimento opera sulla base di sette principi fondamentali, adottati dalla XX

Conferenza Internazionale della Croce Rossa svoltasi a Vienna nel 1965, che costituiscono lo

spirito e l’etica della stessa Croce Rossa. Essi sono:

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1) UMANITA’

“Nata dalla preoccupazione di recare soccorso senza alcuna discriminazione ai feriti nei campi

di battaglia, la Croce Rossa, sotto il suo aspetto internazionale e nazionale, si sforza di

prevenire e di alleviare in ogni circostanza la sofferenza degli uomini. Essa tende a proteggere

la vita e la salute e a far rispettare la persona umana, favorisce la comprensione reciproca,

l’amicizia ed una pace duratura fra tutti i popoli”.

Non è solo il soccorso il suo obiettivo primario, ma anche la prevenzione alla sofferenza ed è

per questo che gli operatori si preoccupano di diffondere l’educazione alla salute e la

conoscenza dei principi fondamentali del Diritto Umanitario Internazionale.

2) NEUTRALITA’

“Al fine di conservare la fiducia di tutti, si astiene dal prendere parte alle ostilità e, in ogni

tempo, alle controversie di ordine politico, razziale, religioso e filosofico”.

Essa quindi pone la propria struttura al servizio della collettività, senza appoggiare o favorire gli

interessi di una parte; ciò gli permette di ottenere la fiducia di tutti.

3) IMPARZIALITA’

“La Croce Rossa non fa alcuna distinzione di nazionalità, di razza, di religione, di condizione

sociale ed appartenenza politica. Si adopera solamente per soccorrere gli individui secondo le

loro sofferenze dando la precedenza agli interventi più urgenti”.

Si dà pari dignità ad ogni uomo

4) INDIPENDENZA

“La Croce Rossa è indipendente. Le Società nazionali, ausiliarie dei poteri pubblici nella loro

attività umanitaria e sottomesse alle leggi che reggono i loro rispettivi paesi, devono però

conservare un’autonomia che permetta di agire sempre secondo i principi della Croce Rossa”

La Croce Rossa deve mantenere la propria autonomia da ingerenze politiche, pur avendo

sovvenzioni da parte dello stato cui appartiene.

5) VOLONTARIATO

“La Croce Rossa è un’istituzione di soccorso volontaria e disinteressata”

Vi sono infatti coloro che aderiscono spontaneamente al Movimento e prestano la loro opera

gratuitamente, ma anche coloro che vengono regolarmente retribuiti e sono dei dipendenti

della Croce Rossa.

6) UNITA’

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“In uno stesso paese può esistere una ed una sola Società di Croce Rossa. Deve essere

aperta a tutti ed estendere la sua azione umanitaria a tutto il territorio”

Importante è la diffusione capillare della Croce Rossa su tutto il territorio; il principio di unità è

rivolto a tutti coloro che operano all’interno del movimento.

7) UNIVERSALITA’

“La Croce Rossa è un’istituzione universale in seno alla quale tutte le Società hanno uguali

diritti ed il dovere di aiutarsi reciprocamente”

Necessaria quindi una visione globale dei bisogni.

I Membri del Movimento sono:

A) Il Comitato Internazionale della Croce Rossa: viene finanziato dai contributi delle Società

nazionali e può lanciare particolari appelli agli stati a fronte di particolari avvenimenti. E’

depositario dei principi fondamentali del Movimento ed è delegato al riconoscimento delle

Società Nazionali nuove o al controllo delle modifiche apportate nei singoli statuti. Tra i suoi

compiti vi è quello di lavorare al perfezionamento del Diritto Internazionale Umanitario ed

alla comprensione e diffusione delle Convenzioni di Ginevra. Nei conflitti esercita una

funzione di intermediario tra le vittime dei medesimi e quindi fornisce assistenza alle vittime

e può accertare le condizioni dei prigionieri di guerra, trasmettendo notizie ai familiari ed

organizzando i soccorsi per le popolazioni civili.

B) La Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa: è

un’associazione privata internazionale non governativa. Suoi organi sono l’assemblea, il

consiglio esecutivo, il tesoriere, la Commissione permanente di ripartizione delle quote e

delle finanze. Essa agisce quale organo di coordinamento tra le società nazionali per

portare soccorso con tutti i mezzi alle vittime di catastrofi ed favorendo la creazione di

nuove società nazionali.

C) Società nazionali come ad esempio la Croce Rossa Italiana (ved. più avanti).

Gli Organi del Movimento Internazionale della Croce Rossa sono:

A) La Conferenza Internazionale: è l’organo supremo che riunisce tutte le delegazioni delle

società nazionali, del Comitato Internazionale e delle Federazione Internazionale. Si

riunisce ogni quattro anni e assicura il coordinamento e l’unità degli sforzi di tutto il

Movimento. Le sue decisioni vincolano gli organi della Croce Rossa in merito

all’interpretazione e revisione degli statuti e per le controversie che possono sorgere tra gli

stati firmatari

B) Il Consiglio dei Delegati: istituito nel 1884 durante la III Conferenza di Ginevra per

assicurare l’organizzazione delle Conferenze e regolare i problemi di procedura.

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C) Commissione Permanente: l’organo preposto alla preparazione della Conferenza

Internazionale e per assicurare il coordinamento degli sforzi del Comitato Internazionale.

L’emblema viene utilizzato per garantire neutralità e protezione al personale ed alle strutture

atte alla cura dei feriti e malati anche delle forze armate e come previsto dalla Convenzione di

Ginevra l’emblema può essere utilizzato solo per questo.

In Italia l’uso del simbolo della Croce rossa è concesso alla 6 componenti che formano la

Croce Rossa Italiana.

Il nome e l’emblema venne stabilito con la Convenzione di Ginevra del 1864 ed

indipendentemente dalla natura religiosa venne adottato in omaggio alla Svizzera, che aveva

organizzato la convenzione, invertendo i colori della bandiera nazionale elvetica.

Nel 1876, l’allora Impero Ottomano, dichiarò che tale emblema contrastava con le convinzioni

religiose delle sue truppe e quindi venne adottato come simbolo la Mezzaluna Rossa in campo

bianco. Tale emblema venne poi adottato da altri paesi musulmani.

Nel 1923 la Persia (oggi Iran), adottò l’emblema del leone e sole rosso su fondo bianco, ma

con la proclamazione della repubblica Islamica nel 1980, dopo la caduta dello Scià, venne

ripristinata la Mezzaluna Rossa, anche se l’emblema con il leone ed il sole era stato

riconosciuto.

Anche Israele avanzò la richiesta di riconoscimento della Stella di David rossa in campo

bianco, sostenendo che se erano stati riconosciuti la croce e la mezzaluna doveva esserlo

anche la stella quale simbolo della religione ebraica. Tale simbolo non è però stato

riconosciuto a livello internazionale proprio per il fatto che spesso si è ribadito che l’utilizzo

dell’emblema della croce o della mezzaluna non riguarda convinzioni religiose.

Il Movimento ha sviluppato un nuovo simbolo, il cristallo rosso in campo bianco che dovrebbe

superare le varie problematiche, poiché all’interno del cristallo si potrà collocare il simbolo del

paese; l’8 dicembre del 2005 è stato votato come il nuovo simbolo ufficiale della Croce E

Mezzaluna Rossa.

Le quattro Convenzioni di Ginevra più i due protocolli aggiuntivi forniscono la base per le leggi

fondamentali del Diritto internazionale Umanitario; in particolare riguardano:

I conv. “Per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti o malati in campagna”

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II conv. “Per il miglioramento delle condizioni dei militari feriti, malati o naufraghi in mare”

III conv. “Per il miglioramento delle condizioni dei prigionieri di guerra”

IV conv. “Per la protezione dei civili in tempo di guerra”

La Croce Rossa italiana è oggi un Ente di diritto pubblico con prerogative di carattere

internazionale, con lo scopo di assistenza sanitaria e sociale sia in tempo di guerra che in

pace. E’ posta sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica e sottoposta alla vigilanza

dello Stato e sotto il controllo del Ministero della Difesa e della Sanità.

Il primo “Comitato dell’Associazione Italiana per il Soccorso ai feriti ed ai malati in guerra”, si

costituisce a Milano ad opera del Comitato Medico Milanese, il 15 giugno del 1864, sotto la

presidenza del Dott. Cesare Castiglioni. Sempre nello stesso anno, in dicembre, si approva il

regolamento del Comitato di Milano che sarà il primo Comitato Italiano della futura Croce

Rossa Italiana.

Già nella guerra con l’Austria del 1866, vennero inviate al seguito delle truppe, le prime quattro

squadre.

Solo nel 1882 l’associazione viene inserita nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e Decreti del

Regno d’Italia; l’Associazione viene eretta in Corpo Morale; nel 1884 con il Regio Decreto n.

1243 del 7 febbraio viene riconosciuta formalmente ed assoggettata ai Ministeri della Guerra e

della Marina, distinguendola così dalle opere pie e congregazioni religiose.

Il Regio Decreto del 10.08.1928 n. 2034 provvede ad assicurarne il funzionamento;

successivamente con Regio Decreto del 21.01.1929 n. 11 e Decreto Reale del 01.04.1930

viene approvato lo Statuto, con il quale si riconosce la funzione della Croce Rossa Italiana ad

operare non solo in caso di conflitto, ma anche in tempo di pace per la prevenzione delle

malattie e il soccorso in caso di calamità naturali.

Nel 1947 con decreto legislativo vengono integrati i compiti della CRI, anche con la

preparazione del personale ausiliario.

Con la Legge del 20.03.1975 n. 70 la CRI viene classificata come Ente di assistenza generica

ed assoggettata alla disciplina degli enti parastatali. L’organizzazione della CRI subisce poi

delle modifiche con il trasferimento alle regioni delle competenze in ambito sanitario.

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Da ultimo, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 06.05.2005 n. 97 si

approva il nuovo Statuto della CRI definendola appunto quale ente di diritto pubblico dotato di

personalità giuridica. Nello stesso statuto vengono definiti i suoi compiti ed i rapporti con gli altri

organi dello Stato.

GREENPEACE Greenpeace viene definita come un’organizzazione non violenta che utilizza azioni dirette per

denunciare in maniera creativa i problemi ambientali e promuovere delle soluzioni. Può oggi

contare su circa tre milioni di sostenitori in tutto il mondo ed è indipendente da qualsiasi partito

politico.

Come data di fondazione dell’associazione, viene considerato il 15 settembre 1975, quando

Jim Bohlen, Irving Stowe e Paul Cote noleggiano un peschereggio, il “Phyllis Cormack” e

salpano verso il Pacifico Settentrionale, verso Amchitka, dove gli Stati Uniti stavano eseguendo

dei test nucleari. La Guardia Costiera sequestra l’imbarcazione ed arresta le persone a bordo,

ma la presenza della nave in quelle acque fa si che il test venga rinviato;la bomba viene fatta

esplodere il 6 novembre ma l’eco di quanto è successo si è diffuso nel mondo e da allora tale

località non verrà più utilizzata per i test nucleari.

L’anno dopo l’associazione rivolge la sua attenzione verso l’arcipelago di Muroroa, dove la

Francia sta eseguendo dei test nucleari. Con un imbarcazione partita dalla Nuova Zelanda, i

membri di Greenpeace riescono a ritardare i test, finchè una nave francese sperona

l’imbarcazione di Greenpeace che è così costretta a farsi rimorchiare proprio a Muroroa per le

riparazioni. I filmati presi fanno però il giro del mondo e la Francia nel 1974 annuncia la fine dei

test atmosferici

Nel 1975 Greenpeace lancia la sua campagna più famosa in difesa delle balene che rischiano

l’estinzione per la caccia indiscriminata. L’idea è quella di affrontare le baleniere sul posto e

tramite gommoni di porsi tra le balene e le baleniere per impedire il lancio di arpioni; le foto

degli arpioni che sfiorano i gommoni degli attivisti di Greenpeace fanno il giro del mondo e

contribuiranno a far si che si decida una moratoria nella caccia alle balene.

Greenpeace continua a crescere sempre più impegnata nelle sue campagne a difesa della

flora e della fauna; nel 1985 viene affondata una sua nave, la Raimbow Warrior mentre è in

porto in Nuova Zelanda; nell’esplosione rimane ucciso un fotografo che si trovava sulla barca.

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Dell’azione, da più parti viene data la responsabilità ai servizi segreti francesi, ma l’inchiesta

ufficiale non attribuisce responsabilità dirette al Governo di Parigi, anche se due mesi dopo il

sabotaggio si dimette il ministro della difesa francese.

Da allora l’associazione ha sempre utilizzato delle navi per le proprie attività , basando la

propria azione su delle manifestazioni dirette non violente, manifestando appunto nei luoghi

direttamente interessati da quell’evento in particolare; Greepeace si basa sempre su una

ricerca scientifica molto particolareggiata, proprio al fine di ottenere delle prove inconfutabili di

quanto sta accadendo. Per il fatto di non accettare finanziamenti da enti governativi, riesce a

mantenere una certa indipendenza ed autonomia.

Oggi esistono uffici nazionali nei singoli paesi, tra cui l’Italia e vi è poi una sede ad Amsterdam

con carattere internazionale. L’associazione italiana di Greenpeace ha un proprio statuto che

stabilisce l’organizzazione interna dell’associazione.

Molte sono state le campagne promosse dall’associazione in varie direzioni, quali:

- campagna energia e clima

- campagna mare

- campagna foreste

- campagna OGM

- campagna inquinamento.

10.3 UNESCO É un’agenzia delle Nazioni Unite fondata nel 1945. Esso è stato proposto per contribuire alla pace,alla sicurezza,attraverso la scienza,la cultura e il rispetto della giustizia,delle regole di legge,e dei diritti umani. L’Unesco è composto da 193 Stati membri, ha sede a Parigi, ed ha varie filiali nel mondo intero. I progetti sponsorizzati dall’Unesco includono: -promozione di diversità culturali -accordi internazionali di cooperazione per la sicurezza delle culture mondiali e per preservare i diritti umani -programmi internazionali scientifici -programmi di tecniche e training per insegnanti

Struttura L’Unesco è formato da: -Conferenza Generale È una riunione di Stati membri ,in cui ognuno ha un voto. Viene svolto un meeting ogni due anni ,per definire le linee di programma dell’organizzazione. -Executive Board In essi vi sono 58 membri eletti dalla Conferenza Generale,che prepara la sessione di quest’ultima. Anche il CRE rientra in questa fascia(di cui si parlerà in seguito). -Segretariato È formato dal Direttore Generale più il suo staff.

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Attività L’ Unesco svolge varie attività tra cui: -Educazione Crea opportunità di educazione per tutti i popoli. Per questo ha creato l’IIEP(International Institute for Educational Planning). Utilizza anche rapporti, come il Rapporto sulla Violenza del 1989, in cui rifiuta la teoria che gli esseri umani sono predisposti alla violenza. Il diritto all’educazione è uno dei diritti fondamentali proclamati dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo(art.26). Una delle principali missioni dell’Organizzazione è promuovere l’educazione come diritto fondamentale dell’uomo. -Progetti di rilevanza culturale e scientifica (L’uomo e la biosfera; le risorse idriche attraverso programmi internazionali idrologi …) -Incoraggia il libero flusso di idee attraverso immagini e parole (Programma di sviluppo delle Comunicazioni;programma di promozione delle diversità culturali) -Promuove eventi (Decade internazionale della promozione di una cultura di pace e non violenza) Insomma è un laboratorio internazionale di idee che forgiano accordi universali basati su principi etici. Principi fondamentali dell’Unesco I principi fondamentali adottati dall’Unesco sono: 1) Principio di non discriminazione 2) Trattamento di uguaglianza e pari opportunità 3) Acceso universale all’educazione 4) Principio di solidarietà Breve cronologia ragionata Prima della seconda guerra mondiale,la funzione dell’educazione era riservata a insegnare,trasmettere valori che cambiavano poco da generazione a generazione in società relativamente stabili. -Nel 1942 ci fu una Conferenza dei ministri dell’ educazione a Londra,un organo che conseguentemente diede vita all’Unesco. -Nel 1946 ci fu l’adozione della Costituzione dell’Unesco. -Nel 1959 fu adottata la dichiarazione dei diritti del bambino nel novembre 1959 -Nel 1960 ci fu la Convenzione contro la discriminazione nell’Educazione adottata dalla Conferenza generala dell’Unesco,14 dicembre 1960. -Nel 1965 ci fu una convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale,adottata dalla Assemblea Generale. -Nel 1974 nacquero le Raccomandazioni sull’educazione per la cooperazione internazionale,la pace e l’educazione relativa ai diritti umani e alle libertà fondamentali adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco,Parigi 19 Novembre 1974. -Nel 1978 fu fatta la Carta internazionale dell’Educazione Fisica e dello Sport,adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco,21 Novembre 1978. -Nel 1979 ci fu la Conferenza sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna .adottata dalla Assemblea Generale delle NU, New York 18 Dicembre 1979. -Nel 1989 ci fu la Convenzione sulla educazione tecnica adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco, Parigi 10 Novembre 1989. -Nel 1990 ci fu la Dichiarazione sull’apprendimento degli adulti, Amburgo 18 luglio 1997. -Nel 2000 ci fu il Forum sull’educazione mondiale per tutti , meeting adottato dalla Conferenza mondiale sull’educazione,Dakar 2000. Strumenti adottati dall’Unesco Gli strumenti adottati dall’Unesco sono: -Conferenze -Raccomandazioni

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-Piani di lavoro Essi vengono adottati dall’Unesco e dalle NU per provvedere a una normativa sul diritto all’educazione Funzione di controllo Il CRE(Committee on Convenctions and Raccomendations in Education)esamina rapporti periodici che gli Stati membri dell’Unesco le devono inviare relativamente all’educazione,alle istituzioni scientifiche e culturali,insomma a tutto ciò che è stato fatto a riguardo. Si tratta di un organo sussidiario dell’Unesco. Responsabilità degli Stati al rispetto delle regole La responsabilità degli Stati al rispetto delle regole è patrocinato dalla Conferenza mondiale sull’educazione per tutti(1990);poi nel 2000 dal Forum sull’Educazione mondiale a Dakar. Relazioni tra gli Stati membri Il settore delle relazioni esterne e delle cooperazioni(ERC)e il dipartimento Africa(AFR),mantengono la relazioni con gli Stati membri. Attraverso l’ AFR si mantengono le relazioni con gli Stati africani, invece l’ERC è responsabile delle relazioni con gli Stati membri. Le relazioni con gli Stati membri sono assicurate dal Direttore e dagli uffici nazionali dell’Unesco. Molti Stati membri hanno costituito delegazioni permanenti dell’Unesco, guidate da ambasciatori.Inoltre molti degli Stati membri hanno formato una Commissione nazionale per l’Unesco, che è un organo di cooperazione per l’Unesco. Altri Stati hanno nominato dei ministri responsabili a mantenere i rapporti con l’Unesco. 10.4 W.W.F.

È la più grande organizzazione mondiale per la conservazione della natura Sta per World Wild Fund, acronimo modificato inWorld Wide Fund For Nature. Fu fondato l’11 settembre 1961 in Svizzera(Principe Bernardo d’Olanda,Principe Filippo d’Edimburgo,Ser Peter Scott che disegno’ il logo originale….). Ha uffici in 60 paesi,la sede è a Glaad(Svizzera).La missione del WWF è di bloccare la distruzione dell’ambiente naturale del pianeta, e contribuire alla costruzione di un pianeta in cui l’uomo possa vivere in armonia con la natura. Per cui si batte per: -conservare la biodiversità del pianeta -assicurare che l’uso di risorse naturali sia sostenibile -promuovere misure per la riduzione dell’inquinamento e degli sprechi di risorse L’approccio del WWF è focalizzato su sei temi prioritari di interesse globale: -le foreste -gli oceani -le coste -l’acqua -le specie in pericolo -pericoli legati a agenti chimici tossici e al cambiamento del clima. Gestisce 1200 progetti di conservazione all’anno in tutto il mondo che coinvolgono la popolazione locale. Inoltre il WWF per raggiungere il suo scopo non trascura il ruolo delle imprese;giunge anche a stipulare accordi di partnership con quelle che si impegnano,secondo un protocollo concordato,a ridurre il proprio impatto. COLLEGIO DEI PROBIVIRI Composizione e nomina

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Il Collegio dei Probiviri é previsto all’art. 24 dello Statuto dell’Associazione Italiana per il WWF ed è composto da tre membri effettivi e due supplenti. Almeno un componente del Collegio deve avere competenze professionali in campo giuridico. I componenti non possono ricoprire contemporaneamente altre cariche associative. I membri del Collegio dei Probiviri vengono eletti dall'Assemblea Nazionale e durano in carica tre anni. In occasione della riunione di insediamento e con modalità autonomamente definite, i membri effettivi del Collegio eleggono al proprio interno un Presidente che può rimanere in carica per l’intero mandato o per una frazione di esso, in accordo con gli altri membri effettivi. A discrezione del Presidente i due membri supplenti possono essere invitati alle riunioni, cui assistono senza diritto di voto; essi debbono invece essere convocati in sostituzione dei membri effettivi in caso di dimissioni o decadenza dalla carica degli stessi o di loro indisponibilità a svolgere le funzioni per un periodo superiore a tre mesi. Inoltre, in caso di dimissioni o decadenza il membro del Collegio dimissionario o decaduto deve essere reintegrato con apposita elezione nella prima Assemblea Nazionale utile. L’operato del Collegio non è sindacabile da parte di altri Organi Istituzionali dell’Associazione. I membri del Collegio decadono anticipatamente dal mandato solo in caso di volontaria cessazione della qualità di Socio o di dimissioni dal Collegio stesso, che vanno comunicate in forma scritta agli altri membri, al Presidente e al segretario Generale dell’Associazione. Competenze Il Collegio esamina i casi disciplinari interni all’Associazione che gli vengono deferiti dai Soci e dagli organi istituzionali e Sociali e decide sugli stessi. Il Collegio inoltre ha competenza nelle controversie inerenti l’applicazione ed interpretazione di Statuto e Regolamenti, nonché nei conflitti interni all’Associazione; in questi casi il Collegio, fermo restando quanto di sua specifica competenza rispetto ai casi disciplinari,esamina i casi che gli sono deferiti rinviandoli agli Organi Istituzionali competenti o formulando un parere motivato per il Consiglio Nazionale o per i Consigli regionali di riferimento. Il Consiglio Nazionale può richiedere al Collegio dei Probiviri di esprimere parere su altre materie inerenti il funzionamento dell’Associazione. Funzionamento Il Collegio si riunisce su convocazione del suo Presidente quando lo stesso o altro membro del Collegio lo ritenga opportuno, ovvero quando ne sia richiesto dal Presidente dell’Associazione o dal Segretario Generale. Per l’insediamento del Collegio il Presidente dell’Associazione provvede alla prima convocazione accertandosi in quella occasione della disponibilità degli eletti a ricoprire l’incarico e ad intervenire. Le convocazioni ordinarie devono pervenire per lettera raccomandata, telegramma, o fax almeno dieci giorni prima della data fissata per la riunione; in caso di particolare urgenza il termine può essere abbreviato avendo la segreteria verificato preventivamente la disponibilità dei membri del Collegio a partecipare alla riunione. Le riunioni non sono pubbliche ed i membri del Collegio sono tenuti a mettere in atto tutti i comportamenti necessari a garantire la necessaria riservatezza in merito ai dati e alle notizie raccolte, anche in osservanza delle normative vigenti sulla tutela dei dati personali. Le riunioni sono valide con la presenza di almeno due membri effettivi e un supplente o dei tre membri effettivi, e sono presiedute dal Presidente del Collegio o, in caso di sua assenza, dal membro più anziano di età. Il Presidente cura che venga redatto e sottoscritto il verbale delle riunioni, che va trasmesso in copia per opportuna documentazione al Comitato Direttivo e al Segretario Generale. I componenti del Collegio, in quanto Organo Istituzionale dell’Associazione, prestano la loro opera a titolo gratuito salvo il rimborso delle spese vive sostenute per l’espletamento dell’incarico. Per ciascuno dei singoli casi deferiti al Collegio dai Soci e dagli organi istituzionali e Sociali, oppure ritenuti dallo stesso Collegio meritevoli di esame, il Presidente nomina un relatore. Il relatore ha il compito di raccogliere la documentazione specifica, curare la necessaria istruttoria e redigere la relazione con la proposta di decisione sul caso, sia che si tratti di

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rinvio agli Organi Istituzionali competenti che di parere motivato al Consiglio Nazionale, o di provvedimento disciplinare. I casi vengono esaminati nell’ordine in cui sono posti all’esame del Collegio, come registrati su apposito protocollo della corrispondenza; fatta salva la necessità, accertata con propria autonoma decisione e verbalizzata dal Presidente del Collegio, di anticipare la discussione di questioni di particolare rilevanza e urgenza per l’Associazione. Qualora il Collegio sia chiamato a pronunziarsi su questioni disciplinari debbono essere convocati per essere sentiti il Socio o i Soci interessati. Il Collegio può altresì autonomamente decidere di convocare e consultare persone informate sulle questioni da esaminare e acquisire la documentazione ritenuta necessaria. I provvedimenti disciplinari devono essere emessi entro novanta giorni dall’avvio dell’istruttoria con la nomina del relatore. Tutti i provvedimenti sono emessi per iscritto e devono essere motivati adeguatamente; devono essere comunicati ai Soci interessati e trasmessi al Consiglio Nazionale, al Segretario Generale ed al Consiglio della Sezione regionale di riferimento. Le deliberazioni sono valide con il voto unanime dei partecipanti alla riunione Provvedimenti disciplinari I provvedimenti disciplinari che il Collegio dei Probiviri può adottare sono i seguenti: ammonimento, censura, sospensione dalla carica associativa, esclusione dall’Associazione; l’esclusione dall’Associazione viene proposta dal Collegio dei Probiviri all'Assemblea Nazionale, cui spetta la decisione. L’ammonimento viene adottato nei confronti di Soci che abbiano commesso lievi mancanze nell’applicazione dello Statuto e dei Regolamenti dell’Associazione, od abbiano contravvenuto a direttive degli Organi Istituzionali legittimamente emanate, senza che ciò abbia leso il prestigio della stessa ovvero arrecato danno patrimoniali o di immagine al WWF. La censura viene adottata nei confronti di Soci che abbiano commesso gravi mancanze nell’applicazione dello Statuto e dei Regolamenti dell’Associazione, od abbiano contravvenuto deliberatamente a direttive degli Organi Istituzionali legittimamente emanate, o abbiano tenuto comportamenti contrari all’etica del WWF ed ai principi ispiratori dell’Associazione; viene adottata inoltre nel caso in cui le discussioni interne all’Associazione siano scadute ad atti ingiuriosi o abbiano coinvolto Organi Istituzionali e parti dell’Associazione estranei alla questione di cui si discute, od anche nel caso in cui le discussioni interne al WWF siano state deliberatamente portate all’attenzione dei mezzi di comunicazione. Al provvedimento di censura si aggiunge di norma la richiesta di dimissioni dalle eventuali cariche interne dell’Associazione. La sospensione della carica associativa viene adottata per le stesse violazioni previste per la censura, qualora le mancanze siano ripetute o aggravate da comportamenti violenti; ed in tutti i casi, anche di mancanze di lieve entità, per i quali esista il rischio di danni patrimoniali e di immagine per l’Associazione dalla permanenza del Socio nell’ambito delle attività del WWF. La sospensione comporta la contestuale decadenza dalle eventuali cariche interne all’Associazione. La sospensione dalla carica associativa ha una durata massima di dodici mesi; al termine di questo periodo il Socio deve essere reintegrato in tutte le funzioni salvo la sua sospensione fino alla prima Assemblea Nazionale utile nel caso in cui il Collegio intenda proporre il provvedimento di esclusione. In questo caso la proposta deve essere deliberata entro la scadenza del periodo di sospensione. L’esclusione dall’Associazione viene proposta all’Assemblea dal Collegio dei Probiviri in tutti i casi in cui le violazioni delle norme di convivenza interne all’Associazione sopra richiamate abbiano assunto caratteristiche di particolare gravità, e quando il Socio abbia arrecato pregiudizio all’immagine dell’Associazione, o l’abbia danneggiata intenzionalmente con i suoi comportamenti; può essere proposta immediatamente o durante una sospensione dalla carica associativa. Il Collegio ha la più ampia autonomia nell’applicazione delle sanzioni, con l’obbligo di motivazione. Custodia degli atti e dei documenti, funzioni di segreteria Gli originali delle decisioni e dei documenti inerenti le attività del Collegio sono custoditi presso la sede dell’Associazione, ed il Segretario Generale ne assicura la riservatezza in osservanza delle normative sulla tutela dei dati personali.

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Per l’assolvimento dei propri compiti il Collegio dei Probiviri si avvale del supporto organizzativo dello staff del WWF Italia disposto dal Segretario Generale dell’Associazione

10.5 Amnesty International Amnesty International è un'organizzazione non governativa a livello internazionale impegnata

nella difesa dei diritti umani. Il simbolo di Amnesty International è una candela nel filo spinato.

L’organizzazione è stata fondata dall’avvocato inglese Peter Benenson che, sembrerebbe aver

seguito il suggerimento di un suo amico, impegnato come lui in un’organizzazione comunista, di

fondare una nuova organizzazione che doveva occuparsi di promuovere campagne richiedendo

l’amnistia dei prigionieri in Spagna (nel periodo della guerra civile spagnola). Benenson ha evitato

potenziali critiche del movimento comunista raccontando la storia dei due studenti portoghesi che

sono stati condannati per aver brindato alla libertà. La campagna è stata avviata nel maggio del

1961 e nel mese di luglio è stato deciso che il manifesto avrebbe assunto la forma di un

organizzazione permanente. Inizialmente il movimento era conosciuto come “Appeal for Amnesty

1961” e solo nel settembre 1962 è stato adottato l’attuale denominazione “Amnesty International”.

L’organizzazione ha ricevuto, nel 1977 il Premio Nobel per la pace e nel 1978 il Premio delle

Nazioni Unite per i diritti umani.

La visione di Amnesty International è quella di un mondo in cui ad ogni persona sono riconosciuti

tutti i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e da altri atti sulla

protezione internazionale dei diritti umani.

La missione di Amnesty International è, pertanto, quella di promuovere, in maniera indipendente e

imparziale, il rispetto dei diritti umani sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e

quello di prevenirne gravi abusi dei diritti all'integrità fisica e mentale, alla libertà di coscienza e di

espressione e alla libertà dalla discriminazione, nell'ambito della propria opera di promozione di

tutti i diritti umani.

Al fine di garantire la propria indipendenza ed imparzialità Amnesty International non accetta fondi

provenienti da governi od enti governativi, oppure da organizzazioni intergovernative.

Aree di attività

Le principali aree di attività di Amnesty International riguardano i diritti delle donne, il diritto dei

bambini, la fine della tortura e della pena di morte, i diritti dei rifugiati e i diritti dei prigionieri di

coscienza. Alcuni degli obiettivi dell’organizzazione sono l’abolizione della pena di morte e delle

esecuzioni extragiudiziali, assicurare condizioni dignitose ai prigionieri, assicurare un processo

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giusto ai prigionieri politici, assicurare l’educazione libera dei bambini a livello globale, combattere

il reclutamento ed uso dei bambini soldati, liberare i prigionieri di coscienza, promuovere diritti

economici, sociali e culturali per comunità emarginate, proteggere i difensori dei diritti umani,

promuovere la tolleranza religiosa, combattere l’uso della tortura, e garantire i diritti degli immigrati

dei rifugiati politici.

Metodi

Amnesty International persegue i propri obiettivi utilizzando diverse tecniche per informare e

mobilitare l’opinione pubblica. Uno dei punti di forza dell’organizzazione consiste nella

pubblicazione di dossier dettagliati ed imparziali.

Le campagne per mobilitare l’opinione pubblica possono essere svolte relativamente ad un singolo

individuo, ad un paese, o per tematica. Una campagna su un paese o su un tema coinvolge a tutti

i livelli il movimento e prevede l'utilizzo delle più diverse tecniche per la sensibilizzazione

dell'opinione pubblica e la pressione verso i governi violatori: invio di appelli, contatti con le

ambasciate, organizzazione di eventi pubblici, attività di lobby presso i governi e le organizzazioni

internazionali. I singoli individui possono partecipare sottoscrivendo gli appelli mondiali.

Le azioni urgenti sono utilizzate quando è fondamentale agire immediatamente. Quando il

Segretariato ha notizia di imminenti violazioni dei diritti umani lancia un'azione urgente. Nelle

successive 48 ore gli aderenti alla rete che ricevono i casi si attivano inviando fax, telegrammi e

messaggi di posta elettronica.

Gli action files sono dossier d’azione assegnati direttamente dal Segretariato Internazionale ai

Gruppi locali. L'obiettivo è quello di far rilasciare un prigioniero di coscienza, di scoprire le

circostanze inerenti a "sparizioni" o esecuzioni extragiudiziali, di promuovere l'introduzione in un

determinato paese di una salvaguardia legale o l'abrogazione di leggi, della tortura, della pena di

morte.

Un’altra modalità di azione utilizzata da Amnesty è quella della crisi, che viene attivata quando in

un paese si verifica un aggravamento delle violazioni dei diritti umani a causa di guerre, conflitti

interni, catastrofi ambientali o altre situazioni di emergenza. Il meccanismo della "crisis-response"

consiste in tante attività fortemente concentrate per fermare gli abusi sui civili e per contribuire a

porre i diritti umani al centro di ogni azione della comunità internazionale.

Parte del lavoro di Amnesty consiste anche nel fare richieste e pressione sui governi, rendere

pubbliche le loro violazioni e inviare raccomandazioni sul rispetto dei diritti umani, con una delicata

attività di rapporti con le istituzioni. Amnesty chiede alle istituzioni di proporre e sostenere disegni

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di legge volti a promuovere e a difendere i diritti umani, affinché i diritti umani ne costituiscano il

parametro di valutazione ineludibile.

Altro aspetto fondamentale dell’impegno di Amnesty è quello dell’educazione ai diritti umani.

Struttura

Amnesty International è un organizzazione fatta sopratutto di volontari che donano un po' del loro

tempo e delle loro risorse personali ed, in particolare, donano il loro lavoro, la loro energia e

creatività al fine del conseguimento dello scopo dell’organizzazione. Solo un gruppo ridotto di

professionisti viene pagato per svolgere le proprie mansioni.

A livello globale, il Segretariato Internazionale, con sede a Londra, si occupa di coordinare le

attività delle Sezioni nazionali, di svolgere ricerche ed elaborare rapporti, nonché diffondere i

documenti su cui si basa l’azione dell’organizzazione stessa. Il Segretario Generale di Amnesty è

responsabile della conduzione quotidiana degli affari generali del movimento ed è primo portavoce

di Amnesty in tutto il mondo. L’attuale Segretaria Generale di Amnesty International è Irene Khan,

cittadina del Bangladesh.

Nei paesi in cui Amnesty International ha una presenza di rilievo i suoi membri si organizzano

come sezioni le quali organizzano le attività di base dell’organizzazione e partecipano alle

campagne su singoli paesi o regioni o su temi che il Segretariato Internazionale ritiene in quel

momento necessarie.

Le reti di azione regionale sono invece reti di Gruppi Amnesty appartenenti a diverse Sezioni

nazionali che si occupano di una particolare regione del mondo. La base di Amnesty International

è rappresentato dal gruppo locale i quali ricevono indicazioni riguardo le azioni da compiere sia

dai coordinamenti nazionali sia dal segretariato internazionale. I gruppi Amnesty svolgono inoltre

l’attività di raccolta fondi, ricerca e addestramento dei nuovi soci, diffusione degli appelli allo

svolgimento delle campagne e collaborazione con gli enti locali,

La Sezione Italiana di Amnesty è stata costituita nel 1975, sotto la forma di associazione, con sede

a Roma, ed attualmente conta oltre 80.000 soci. La Sezione Italiana ha adottato uno Statuto che

può essere rivisto nell’ambito dell’Assemblea Generale annuale (alla quale posso partecipare tutti i

soci).

Alcune delle attività della sezione nazionale sono: la gestione dell'archivio soci, l’organizzazione

delle campagne, i rapporti con la stampa, le iniziative nazionali di raccolta fondi, la produzione di

materiale promozionale, le attività editoriali dell’associazione. Il lavoro sui vari paesi viene

organizzato da strutture di volontari specializzati su determinate aree geografiche o temi.

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A livello regionale operano le Circoscrizioni che hanno il compito di raccordare l'attività dei Gruppi

locali con le linee strategiche d'azione formulate dal Comitato Direttivo e dal Consiglio delle

Circoscrizioni.