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Politecnico di Milano
Impianti Meccanici
Analisi e commento delle variabili economiche
sul caso di VaSco S.P.A.
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Indice
1. Introduzione 3
1.1. Ipotesi sulle variabili economiche e sull’impianto 3
1.2. Il coefficiente di correzione dei costi variabili 4
1.3. Approcci di analisi 4
2. Analisi della situazione originale 5
3. Primo approccio di analisi 6
3.1. Modalità di approccio 6
3.2. Prezzi di vendita, coefficiente e valori in analisi 7
3.3. Andamento dei grafici volume-costo 8
3.4. Il break even point 9
4. Secondo approccio di analisi 11
4.1. Modalità di approccio 11
4.2. I prezzi di vendita e i valori dei coefficienti 11
4.3. L’andamento dei grafici 11
4.4. Situazione dopo un anno 13
4.5. Osservazione sul margine di contribuzione 13
4.6. Osservazione sul punto di pareggio 15
5. Conclusioni 17
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Introduzione
Un’azienda deve tener conto dei costi che deve affrontare per realizzare un dato prodotto. Essi
possono essere fissi, ovvero non variano con il volume di produzione (per esempio il costo dei
macchinari o del personale amministrativo) oppure variabili, cioè variano con il volume di
produzione (per esempio le materie prime o il costo dell’energia utilizzata). Oltre a questi l’azienda
deve tenere conto di alcuni fattori: il costo marginale, il ricavo, l’utile e il margine di contribuzione.
Il costo marginale è il costo che l’azienda deve sostenere aumentando uno solo dei fattori
produttivi e lasciando gli altri invariati; il ricavo è il valore totale delle entrate nell’azienda, l’utile è
la differenza tra il ricavo e i costi di azienda, perciò i costi totali (dati dalla somma di quelli fissi e
quelli variabili); infine il margine di contribuzione è rappresenta la quota di ricavato disponibile per
coprire i costi fissi e ottenere l’utile. Questi fattori sono perciò legati dalle relazioni:
𝑅 = 𝑈 + 𝐶𝐹 + 𝐶𝑉 = 𝑈 + 𝐶𝑇
𝑀𝐶 = 𝑅 − 𝐶𝑉 = 𝐶𝐹 + 𝑈
L’azienda deve riuscire a coprire i costi di produzione, quindi si è interessati a capire se esiste un
volume di produzione, superato il quale si è in utile; questo è il punto di pareggio, dove non ci
sono profitti né perdite, perciò quando l’utile è nullo. Il Break Even Point, indicato come BEP, si
calcola come:
𝐵𝐸𝑃 =𝐶𝐹𝑚𝑐
Avendo indicato con mc il margine di contribuzione unitario del prodotto, ovvero margine di
contribuzione unitario.
infine si ricorda la legge dei rendimenti decrescenti, ovvero la produttività marginale (cioè un
incremento di produzione Δq che si ottiene dall’utilizzo di un ulteriore fattore di produzione ΔXi ,
mantenendo invariati i rimanenti) decresce all’aumentare del dato fattore di produzione,
causando il raggiungimento di un rendimento massimo per l’impianto.
Ipotesi sulle variabili economiche e sull’impianto
Nell’elaborato sono state fatte alcune ipotesi riguardanti le varie strategie.
• Considerazione di un impianto fisso, ovvero si è utilizzato sempre lo stesso
impianto.
• I costi variabili variano in funzione del lotto, in quanto in base alla quantità di
prodotti possono cambiare il numero di operai, materie prime e il tempo in cui i
macchinari sono messi in funzione.
R ricavo
U utile
CF costi fissi
CV costi variabili
CT costi totali
MC margine di contribuzione
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• Il prezzo di vendita costante durante il periodo considerato, ottenendo una retta
come rappresentazione della curva dei ricavi.
• Il volume prodotto dall’azienda equivale al volume venduto, lo scarto si è
considerato nei costi variabili.
Il “coefficiente di correzione dei costi variabili”
Questo coefficiente verrà impiegato per correggere i costi variabili, infatti, partendo dalla
supposizione che i costi variabili nella situazione originale, con un prezzo di vendita a 10€, siano
ottimali per la produzione di un prodotto che rispetti determinati standard di qualità. Se il prezzo
diminuisce, allora anche la qualità legata al prodotto decrescerà leggermente con questo prezzo;
se cresce, allora ne beneficerà leggermente anche la qualità.
In particolare, presi i costi variabili della tabella come riferimento e preso il valore di 10 euro come
il valore per cui il coefficiente vale 0, definiamo il coefficiente come:
𝑃𝑛 − 10
50
Che quindi risulta essere compreso uguale tra -0.1 e +0.3.
Questo coefficiente viene poi utilizzato per eseguire un aumento percentuale dei costi variabili,
quindi quando il prezzo è minimo, si suppone di riuscire a produrre gli stessi lotti con una spesa
variabile minore del 10%, quando il prezzo è massimo, si suppone invece che l’investimento nelle
risorse che incidono sui costi variabili sia maggiorato del 30%
Approcci di analisi
Sono state analizzate tre approcci di analisi:
• La situazione originale dell’impianto VaSco S.p.A., affrontata per mettere in risalto i punti
chiave e capire come fare un’analisi corretta.
• Modificando il prezzo di vendita di partenza (che rimarrà poi costante durante l’anno) e
analizzando anche una modifica del prezzo di vendita che segue una modifica di costo
variabile per assecondare l’andamento del mercato, perciò in base alla richiesta e al prezzo
del mercato si suppone che la qualità del prodotto debba essere adeguata, ciò influenza
direttamente i costi variabili.
• Modificando durante il mese il prezzo di vendita, mettendo in luce come mutano le curve
sui grafici durante ogni mese, queste sono regolari nel breve periodo ma all’aumentare del
tempo presentano delle irregolarità.
Negli ultimi due approcci è stato utilizzato il coefficiente di correzione presentato nel paragrafo
precedente.
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Analisi sulla situazione originale
Il grafico mostra l’andamento a fine anno dell’azienda VaSco S.p.A. dei costi fissi (rappresentati da
una retta in quanto costanti), dei costi variabili, del ricavato, dell’utile e del margine di
contribuzione in funzione del lotto di produzione. Si noti che il BEP si ha quando le unità prodotte
per anno sono duemila, dove il margine di contribuzione interseca la retta dei costi fissi e la retta
del ricavato interseca quella dei costi totali.
Dal grafico inoltre si nota che sono state introdotte delle linee di previsioni per utile, ricavo e costo
totale. Queste linee di previsione sono state introdotte attraverso Excel e rappresentano
un’interpolazione lineare per la curva dei ricavi, che per le nostre ipotesi ha un andamento lineare,
mentre sono un’interpolazione fatta attraverso due polinomi di quinto grado per le curve dei costi
totali e dell’utile, evidenziando come esista n secondo punto di pareggio e stimando graficamente
la sua posizione. Quando le unità prodotte all’anno sono circa novemila, si noti l’esistenza di un
secondo punto di pareggio, considerazione concorde con la legge dei rendimenti decrescenti.
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Primo approccio di analisi
Rispetto al caso di partenza si è deciso di utilizzare un prezzo di vendita per analizzare un
differente andamento della curva costi-volumi. Abbiamo cercato di ricreare il più possibile una
situazione reale, di conseguenza abbiamo supposto che il prezzo di vendita selezionato fosse
costante negli anni.
Si è deciso di analizzare due differenti casi: il primo in cui la variazione di prezzo influisce solo sui
ricavi, mentre la seconda cerca di simulare una risposta dell’azienda in base alle esigenze del
mercato, di conseguenza una volta selezionato il prezzo di vendita vengono cambiati di
conseguenza anche i costi variabili.
Modalità di approccio
• Il prezzo di vendita è stato preso casualmente in un intervallo compreso tra 5 e i 25 euro.
• Il coefficiente di correzione applicato è stato esposto nell’introduzione.
Prezzi di vendita, coefficiente e valori in analisi
L’andamento dei grafici volume-costo
In entrambi i grafici seguenti il prezzo di vendita è stato fissato a 11 euro.
• Nel primo caso
Figura 1 Grafico costi variabili fissi
Dal grafico si vede, chiaramente, il punto di pareggio a 1500 unità per anno, rispetto alla
situazione originaria il BEP viene raggiunto 500 unità prima, questo permette di constatare che la
presente configurazione è più efficiente e di conseguenza anche solo aumentare il prezzo di
vendita di un euro aumenta notevolmente il rendimento dell’impianto.
Inoltre si può osservare un maggiore utile rispetto alla precedente, soprattutto nel caso specifico
del punto della produzione ottima.
Il punto di produzione ottima, infine, è stabile a 6000 unità perché non dipende dal prezzo di
vendita, ma dalle caratteristiche dell’impianto.
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• Nel secondo caso
Figura 2 Grafico costi variabili condizionati
Il punto di pareggio viene raggiunto più tardi rispetto al caso dei costi variabili fissi, questo avviene
perché i costi variabili seguendo l’andamento ipotizzato dal mercato si sono alzati incidendo
maggiormente sul ricavo e di conseguenza sul calcolo del punto di pareggio.
L’utile a differenza del primo caso è lievemente più basso, sempre a causa della variazione dei
costi variabili, mentre il punto di produzione ottima rimane invariato per i motivi esposti nel caso
precedente.
Il Break Even Point
Si osservi dal grafico come il punto di pareggio possa essere calcolato e messo a grafico su di una
curva volume prodotto-volume di pareggio.
In questo caso osserviamo come il punto di pareggio viene raggiunto quando la produzione fatta e
quella di pareggio coincidono. Per gli altri volumi produttivi, il punto di pareggio non può essere
inteso come punto di pareggio vero e proprio, infatti il punto di pareggio è funzione del volume
produttivo e del prezzo di vendita, invece si potrebbe interpretare come indice qualitativo, che
tanto più è minore del volume effettivamente prodotto, tanto più la nostra produzione sta
generando utile, viceversa, tanto è maggiore tanto siamo lontani dal produrre utile. Questa è
un’analisi qualitativa e non può essere altrimenti e si verifica vedendo che, per una produzione di
1.000 unità il punto di pareggio sembrerebbe essere a 2.500, per una produzione di 8.000 unità, il
BEP sembra vale circa 1.300, ma dal grafico sappiamo che la produzione per cui si ha il break even
point è esattamente quella da 2.000 unità.
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Possiamo inoltre notare che, facendo scendere il prezzo a 7.60€ otteniamo un andamento in cui la
condizione imposta ai costi variabili diventa particolarmente rilevante, infatti abbiamo sempre un
volume di break even positivo, inoltre notiamo come la curva abbia un andamento crescente
tranne per un volume produttivo di 8.000 unità, dove la produzione di BEP è negativa.
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Secondo approccio di analisi
Nel secondo approccio di analisi si è cercato di costruire un andamento temporale che tendesse al
realistico, quindi si è deciso innanzitutto di utilizzare un costo che fosse variabile, mese per mese,
ma supponibile fisso per tutta la durata del mese. Inoltre anche questo approccio è stato suddiviso
in due casi, il primo in cui la variazione di prezzo influisse solamente sulla curva dei ricavi, quindi
sulla curva degli utili; il secondo presenta quello che è stato chiamato costo variabile condizionato,
calcolato come nel secondo approccio di analisi, che cerca di simulare il tentativo dell’azienda di
seguire i trend del mercato, aumentando gli investimenti quando il prodotto può essere venduto a
un buon valore, e riducendoli in caso contrario.
Modalità di approccio
• I prezzi di vendita sono stati presi casualmente in un intervallo compreso tra 5€ e 25€ per
unità ed assegnati ad ogni mese.
• Il coefficiente di correzione dei costi variabili è stato calcolato come già esposto
precedentemente nell’introduzione per ogni prezzo assunto dal prodotto nei vari mesi.
• I costi fissi sono stati calcolati a partire dalla situazione originale proposta e dividendoli per
le dodici mensilità su cui si divide la produzione annua. Lo stesso conto è stato fatto per i
costi variabili.
• La produzione è stata suddivisa nei 12 mesi, mantenendo i lotti annui della situazione
originale.
La differenza tra il primo caso di questo approccio e il secondo caso di questo è che nel secondo
vengono ricalcolati anche i costi variabili, con il coefficiente correttivo e le modalità esposte
nell’introduzione.
I prezzi di vendita e i valori dei coefficienti
L’andamento dei grafici
Si può osservare:
• La curva dei costi fissi resta costante durante tutto l’anno, quindi in questa simulazione il
nostro impianto consumerà le stesse risorse in ogni mese.
• La curva dei costi variabili è costante nel primo approccio, infatti è calcolata sulla base del
costo variabile della situazione originale, dividendolo sulle dodici mensilità. Questa stessa
curva nel secondo caso segue l’andamento di prezzo, adattandosi alla maggiore o minore
offerta del mercato rispetto al caso di equilibrio del prezzo di 10€.
• La curva dei costi totali è data dalla somma delle prime due.
• Il ricavato risulta essere uguale in entrambi i casi, infatti dipende dai prezzi di vendita che
sono uguali per le due strategie.
• L’utile risulta essere anch’esso variabile, presentando anche dei mesi in cui è negativo e
altri mesi in cui si raggiunge il Break Even Point. In particolare, notiamo che si hanno 3 mesi
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critici (gennaio, settembre, dicembre) in cui l’utile è negativo. Tuttavia, l’approccio che
cerca di adeguare i costi variabili all’andamento del prezzo di vendita rende minore la
perdita prevista per quei mesi. Inoltre, è evidente da questi grafici il punto di pareggio,
infatti vediamo che l’utile si annulla per il margine di contribuzione pari ai costi fissi o per il
ricavato pari ai costi totali e che quando il margine di contribuzione è minore dei costi fissi
l’utile diventa negativo.
• Infine, la curva rappresentate il margine di contribuzione risulta essere compresa tra la curva
degli utili e quella dei ricavi. Notiamo dai grafici in allegato che quando aumenta il volume
produttivo, il margine di contribuzione tende ad avvicinarsi alla curva degli utili.
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Situazione dopo un anno
Nell’istogramma sono raccolti entrambi i casi dell’approccio, in cui possiamo notare i seguenti
punti critici:
• I costi variabili nel primo approccio risultano essere in generale più contenuti, questo
dipende dal trend dei prezzi, che risulta essere mediamente superiore a 10 euro, quindi
alza i costi variabili mensili nel secondo caso. Questo fatto influenza direttamente anche i
costi totali, che seguono questa tendenza, poiché sono somma di costi fissi e costi variabili.
• I ricavi sono uguali in entrambi i casi, infatti i prezzi e i volumi produttivi sono gli stessi.
• L’utile invece tende ad essere maggiore nel caso in cui i costi variabili non vengono
ricalcolati, questo è effetto delle tipologie di prezzo scelte, tuttavia potrebbe rappresentare
una situazione più prudente, in cui la previsione di utile è più contenuta e tende ad essere
più vicina al punto di massimo della produzione oltre al quale il nostro impianto inizia a
ridurre il suo rendimento, come teorizzato nella legge dei rendimenti decrescenti. In
entrambi i casi questi hanno un andamento logaritmico.
Osservazione sul margine di contribuzione
Si può notare, in riferimento al grafico di una produzione da 8000 unità, che il margine di
contribuzione risulta essere più contenuto quando si hanno costi variabili condizionati, questo
deriva direttamente dalla differenza tra i ricavi e i costi variabili che l’azienda deve sostenere.
Se questo rappresenta un vantaggio nel caso di perdita, infatti si ha un margine di contribuzione
minore quando l’utile è negativo; penalizza tuttavia anche l’utile quando siamo nel caso di utile
positivo. Tuttavia, questo fatto è legato al teorico aumento dei costi variabili con l’aumento di
prezzo del prodotto, infatti si è ipotizzato che i costi variabili siano condizionati anche nel caso di
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prezzo di vendita maggiore di 10€, ipotizzando un investimento maggiore al fine di ricercare una
qualità maggiore del prodotto.
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Un altro dato che si nota dal confronto dei margini di contribuzione per i vari lotti di produzione è
l’aumento dei margini di contribuzione e se si analizzano quelli che sono i mesi con il prezzo
minore e quelli con il prezzo maggiore, si evidenzia come, all’aumentare del numero di pezzi nel
lotto, aumenti anche il costo marginale, sebbene non lo faccia con la stessa proporzione..
Considerazione sul punto di pareggio
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In questa ultima sezione si osservi come, per un prezzo medio annuo imposto a 10 euro, quindi
con un andamento comunque variabile, da uno sguardo all’istogramma sembra che l’azienda sia al
punto di pareggio per la produzione di uno stock da 2.000 unità, quindi che per l’anno corrente
non abbia prodotto utile. Tuttavia, si osservi come l’andamento del grafico della produzione in
funzione del mese mostra come per l’azienda si alternino mesi in cui si ha si è in utile, mesi per i
quale si raggiunge il punto di pareggio e altri per cui l’utile è negativo. Quindi questo dimostra
come le risorse di impianto possano essere sfruttate debitamente per evitare di andare in
pareggio a fine anno e produrre utile.
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Conclusioni
A fronte delle variazioni sui dati originali si è verificato la forte influenza del prezzo di vendita sulle
curve, in articolare sulla curva ricavo-volume, in cui il prezzo di vendita, con l’ipotesi di prezzo
costante nel periodo considerato, rappresenta il coefficiente angolare della retta, quindi un prezzo
maggiore implica una retta più pendente. Il modificarsi di questa retta implica che vengano
modificate anche le curve rappresentanti l’utile e il margine di contribuzione, infatti questi valori, a
produzione e costo totale costante, sono funzioni del solo prezzo di vendita. Inoltre, il prezzo di
vendita influenza anche il punto di pareggio, che come si nota dal grafico tende a crescere al
ridursi del prezzo di vendita.
Dalle osservazioni fatte si potrebbe dedurre che sia sempre verificata la legge dei rendimenti
decrescenti, infatti per ogni analisi fatta è riconoscibile un andamento dell’utile tale per cui si
abbia un punto di massimo, dopo il quale la curva decresce fino a raggiungere un nuovo punto di
pareggio, dettando un intervallo di produzione in cui si è in utile e al di fuori del quale si va in
perdita. Tuttavia, non è sempre verificata la legge dei rendimenti decrescenti, esistono casi in cui
un impianto potrebbe non rispettarla, tuttavia queste eccezioni non sono sicuramente apprezzabili
su un caso semplificato.
È stato inoltre osservato come l’aumento del margine di contribuzione non sia un valore che
aumenta linearmente con il volume di produzione, anche se a prezzo di vendita fissato, si è notato
come l’aumento di produzione mantenga lo stesso andamento, conservando i minimi e i massimi
della curva.
È stata infine ipotizzato un andamento mensile a partire dai dati forniti per evidenziare come non
si abbia una situazione lineare nell’andamento delle curve per una singola produzione. Inoltre, è
stato considerato anche una serie di prezzi mensili tali per cui il prezzo medio fosse di 10€ per
verificare come l’arrivo dell’azienda al BEP alla fine di un anno, non implica che per tutto l’anno si
sia rimasti al punto di Break Even, quindi per sottolineare come l’azienda possa effettuare
investimenti durante l’anno sfruttando l’utile prodotto per ottimizzare l’impianto di produzione o
diversificare la produzione stessa.
L’ultima conclusione non è supportata da dati, ma si tratta di un’analogia dettata dalla forma della
curva. Considerando infatti la curva dell’utile si evidenzia come questa abbia una forma che ricordi
la curva di vita di un impianto. Infatti, possiamo riconoscere una zona di rump up, dal primo punto
di pareggio in poi; una zona di maturità, l’intervallo di produzione in cui ci si avvicina all’utile
massimo, e infine una zona di morte dell’impianto. Si è visto come un aumento del prezzo di
vendita aumenta la zona di crescita dell’utile, che, in chiave di analogia, potrebbe significare un
impianto che può raggiungere la sua maturità con un volume considerevole di pezzi all’anno.