Appunti del corso - Andreadd.it · ! ! ! !!! 1! PROGETTO’!...

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www.andreadd.it 1 PROGETTO Richiesta solo la parte tecnica del complesso edificioimpianto che prevede: Riqualificazione delle SOLE strutture disperdenti (verso l’esterno o verso ambienti non riscaldati) e redazione relazione Progetto di nuovo impianto riscaldamento, raffrescamento e ventilazione Progetto di nuovo impianto gas naturale Progetto di nuovo impianto idrico sanitario e scarichi interni Progetto di nuovo impianto idrico antincendio (aree livello 1) per attività non soggette al controllo vigili del fuoco Non è richiesta la parte amministrativa ed economica: Computo metrico: quantità dei materiali per prezzo unitario Capitolato speciale d’appalto: sicurezza, assicurazioni, cessione o annullamento del contratto, fase realizzativa Si parte dalla definizione dell’ubicazione della struttura con i relativi dati climatici. Si tratta poi di riqualificare le strutture disperdenti facendo rientrare le trasmittanze dei pacchetti costruttivi entro quelle limite di legge. Dopo aver inserito i dati della ventilazione con le relative dispersioni si calcola la potenza termica di picco che servirà a dimensionare l’impianto. Si passa poi alla progettazione dell’impianto termico di riscaldamento e raffrescamento dimensionando l’impianto in modo da coprire la potenza di picco facendo opportune scelte sugli elementi dell’impianto, sia generatori che terminali, in funzione della destinazione d’uso del fabbricato. Si ottimizza poi il tutto al fine di avere i migliori rendimenti energetici. Avendo l’edificio del progetto una superficie minore di 1000mq i vincoli da rispettare sono solo: I vincoli sulle trasmittanze massime limite delle sole strutture su cui si interviene: tutte le strutture su cui si interviene devono essere rimesse a norma di legge, non basta migliorarle. Nel caso di ristrutturazioni di edifici di superficie maggiore di 1000mq (ristrutturazioni rilevanti) bisogna rispettare: I limiti di trasmittanza per tutto l’involucro e non solo per le strutture su cui si decide di intervenire Il limite minimo percentuale del 35% di energia primaria necessaria complessivamente per la produzione di risc+raff+ACS proveniente da fonte rinnovabile Il limite minimo del 50% di energia primaria necessaria per la produzione di sola ACS proveniente da fonte rinnovabile Il limite minimo di potenza installata che utilizza fonte rinnovabile in funzione della superficie in pianta del terreno Bisogna verificare il rispetto dell’EPI limite e dell’Epe invol limite. Se si progetta in Lombardia il vincolo del 50% su ACS è valido anche per ristrutturazioni di fabbricati di superficie minore di 1000mq.

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PROGETTO    

Richiesta  solo  la  parte  tecnica  del  complesso  edificio-­‐impianto  che  prevede:  

• Riqualificazione  delle  SOLE  strutture  disperdenti  (verso  l’esterno  o  verso  ambienti  non  riscaldati)  e  redazione  relazione  

• Progetto  di  nuovo  impianto  riscaldamento,  raffrescamento  e  ventilazione  • Progetto  di  nuovo  impianto  gas  naturale  • Progetto  di  nuovo  impianto  idrico  sanitario  e  scarichi  interni  • Progetto  di  nuovo  impianto  idrico  antincendio  (aree  livello  1)  per  attività  non  soggette  al  controllo  vigili  del  

fuoco  

 

Non  è  richiesta  la  parte  amministrativa  ed  economica:  

• Computo  metrico:  quantità  dei  materiali  per  prezzo  unitario  • Capitolato  speciale  d’appalto:  sicurezza,  assicurazioni,  cessione  o  annullamento  del  contratto,  fase  

realizzativa  

 

 

Si  parte  dalla  definizione  dell’ubicazione  della  struttura  con  i  relativi  dati  climatici.  Si  tratta  poi  di  riqualificare  le  strutture  disperdenti  facendo  rientrare  le  trasmittanze  dei  pacchetti  costruttivi  entro  quelle  limite  di  legge.  Dopo  aver  inserito  i  dati  della  ventilazione  con  le  relative  dispersioni  si  calcola  la  potenza  termica  di  picco  che  servirà  a  dimensionare  l’impianto.  Si  passa  poi  alla  progettazione  dell’impianto  termico  di  riscaldamento  e  raffrescamento  dimensionando  l’impianto  in  modo  da  coprire  la  potenza  di  picco  facendo  opportune  scelte  sugli  elementi  dell’impianto,  sia  generatori  che  terminali,  in  funzione  della  destinazione  d’uso  del  fabbricato.  Si  ottimizza  poi  il  tutto  al  fine  di  avere  i  migliori  rendimenti  energetici.  

 

Avendo  l’edificio  del  progetto  una  superficie  minore  di  1000mq  i  vincoli  da  rispettare  sono  solo:  

-­‐ I  vincoli  sulle  trasmittanze  massime  limite  delle  sole  strutture  su  cui  si  interviene:  tutte  le  strutture  su  cui  si  interviene  devono  essere  rimesse  a  norma  di  legge,  non  basta  migliorarle.  

Nel  caso  di  ristrutturazioni  di  edifici  di  superficie  maggiore  di  1000mq  (ristrutturazioni  rilevanti)  bisogna  rispettare:    

-­‐ I  limiti  di  trasmittanza  per  tutto  l’involucro  e  non  solo  per  le  strutture  su  cui  si  decide  di  intervenire    -­‐ Il  limite  minimo  percentuale  del  35%  di  energia  primaria  necessaria  complessivamente  per  la  produzione  di  risc+raff+ACS  proveniente  da  fonte  rinnovabile  

-­‐ Il  limite  minimo  del  50%  di  energia  primaria  necessaria  per  la  produzione  di  sola  ACS  proveniente  da  fonte  rinnovabile  

-­‐ Il  limite  minimo  di  potenza  installata  che  utilizza  fonte  rinnovabile  in  funzione  della  superficie  in  pianta  del  terreno  -­‐ Bisogna  verificare  il  rispetto  dell’EPI  limite  e  dell’Epe  invol  limite.  

Se  si  progetta  in  Lombardia  il  vincolo  del  50%  su  ACS  è  valido  anche  per  ristrutturazioni  di  fabbricati  di  superficie  minore  di  1000mq.  

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Software  da  utilizzare:  Autocad,  Masterclima  MC11300  

Note  e  suggerimenti  MC11300  NOTA  1  –  non  mettere  numeri  sui  dati  latenti,  li  sbaglia.  Fare  la  somma  dei  carichi  massimi  sensibili,  e  calcolare  come  carico  latente  massimo  il  70%  di  questa  somma  NOTA  2  –  non  usare  i  numeri  di  MC  per  il  solare,  sono  sbagliati,  usare  trnsys    

Essendo  uffici,  il  problema  del  50%  dell’acqua  calda  sanitaria  prodotta  da  fonti  da  rinnovabili  non  c’è  perché  si  può  dichiarare  che  l’acqua  calda  non  se  ne  faccia.  In  questo  caso  non  si  ha  bisogno  di  produrre  acqua  calda  con  i  collettori  solari.  Se  c’è  necessità  di  fare  ACS,  in  alternativa  al  solare  si  può  usare  una  pompa  di  calore  dedicata  per  fare  l’acqua  calda:  non  mischiare  la  produzione  acqua  calda  con  riscaldamento.  Valutare  la  pompa  di  calore  a  CO2  per  l’ACS,  hanno  alti  rendimenti.    

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OBIETTIVI  EUROPEI:  20%  del  consumo  finale  lordo  da  fonte  rinnovabile,  entro  il  2020.    

DPR  412  /  93    Ristrutturazione  di  un  impianto  termico:  interventi  rivolti  a  trasformare  l'impianto  termico  mediante  un  insieme  sistematico  di  opere  che  comportino  la  modifica  sostanziale  sia  dei  sistemi  di  produzione  che  di  distribuzione  del  calore  […].    

In  caso  di  installazione  di  nuovo  impianto  termico  o  di  sua  ristrutturazione:  

• Articolo  2:  il  territorio  nazionale  è  suddiviso  nelle  seguenti  sei  zone  climatiche  in  funzione  dei  gradi-­‐giorno1,  indipendentemente  dalla  ubicazione  geografica:  ZonaA,  ZonaB,  …ZonaF.  

• Articolo  3:  classificazione  degli  edifici  in  categorie:  E1,  E2,  …  E8.  • Articolo  4:  valori  massimi  di  temperatura  ambiente:    

∼ 18  °C  ±  2  °C  di  tolleranza  per  gli  edifici  rientranti  nella  categoria  E.8  ∼ 20  °C  ±  2  °C  di  tolleranza  per  gli  edifici  rientranti  nelle  categorie  diverse  da  E.8.    

• Articolo5:  requisiti  degli  impianti  termici:  ∼ Il  “rendimento  globale  medio  stagionale”  dell'impianto  termico  (definito  come  rapporto  tra  il  

fabbisogno  di  energia  termica  utile  per  la  climatizzazione  invernale  e  l'energia  primaria  delle  fonti  energetiche  e  prodotto  dei  seguenti  rendimenti  medi  stagionali:  rendimento  di  produzione,  rendimento  di  regolazione,  rendimento  di  distribuzione,  rendimento  di  emissione)  non  risulti  inferiore  al  valore:  ηg  =  (65  +  3  log  Pn)%  dove  log  Pn  è  il  logaritmo  in  base  10  della  potenza  utile  nominale  del  generatore  o  del  complesso  dei  generatori  di  calore  al  servizio  del  singolo  impianto  termico,  espressa  in  kW.  –  Ciò  significa  che  l’impianto  va  correttamente  dimensionato  al  fine  di  rispettare  il  limite.  

∼ Il  “rendimento  di  produzione  medio  stagionale”  (definito  come  il  rapporto  tra  l'energia  termica  utile  generata  ed  immessa  nella  rete  di  distribuzione  e  l'energia  primaria  delle  fonti  energetiche)  calcolato  con  riferimento  al  periodo  annuale  di  esercizio  risulti  non  inferiore  al  seguente  valore:    ηg  =  (77  +  3  log  Pn)  %  .  

∼ La  produzione  centralizzata  dell'energia  termica  necessaria  alla  climatizzazione  invernale  degli  ambienti  ed  alla  produzione  di  acqua  calda  per  usi  igienici  e  sanitari  per  una  pluralità  di  utenze,  deve  essere  effettuata  con  generatori  di  calore  separati,  fatte  salve  eventuali  situazioni  per  le  quali  si  possa  dimostrare  che  l'adozione  di  un  unico  generatore  di  calore  non  determini  maggiori  consumi  di  energia.  –  Nel  nostro  progetto  l’ACS  è  prodotta  con  collettore  solare  e  solo  secondariamente  con  pompa  di  calore  o  caldaia  che  si  occupano  anche  di  climatizzazione  invernale.    

∼ Negli  impianti  termici  di  nuova  installazione  e  nei  casi  di  ristrutturazione  dell'impianto  termico,  qualora  per  il  rinnovo  dell'aria  nei  locali  siano  adottati  sistemi  a  ventilazione  meccanica  controllata,  è  prescritta  l'adozione  di  apparecchiature  per  il  recupero  del  calore  disperso  per  rinnovo  dell'aria  sopra  certi  valori  di  portate.  

∼ Gli  impianti  termici  siti  negli  edifici  costituiti  da  più  unità  immobiliari  devono  essere  collegati  da  appositi  camini,  canne  fumarie  o  sistemi  di  evacuazione  dei  prodotti  di  combustione,  con  sbocco  sopra  il  tetto  dell'edificio  alla  quota  prescritta  dalla  regolamentazione  vigente.  

• Articolo6:  i  generatori  di  acqua  calda  sotto  i  400KW  devono  avere  un  rendimento  termico  utile  al  di  sopra  di  un  certo  limite.  I  generatori  di  aria  calda  devono  avere  un  rendimento  di  combustione  superiore  a  quello  limite.  

• Articolo7:  gli  impianti  termici  al  servizio  di  edifici  di  nuova  costruzione,  la  cui  concessione  edilizia  sia  rilasciata  dopo  il  30  giugno  2000,  devono  essere  dotati  di  sistemi  di  termoregolazione  e  di  contabilizzazione  del  consumo  energetico  per  ogni  singola  unita  immobiliare.  

• Articolo  8:  definizione  di  FEN  (fabbisogno  energetico  normalizzato)  e  del  suo  valore  limite  • Articolo  9:  limiti  esercizio  impianti  termici:  Zona  E:  14  ore  giornaliere  -­‐  da  15  ottobre  a  15  aprile  (05:00-­‐23:00)  • Allegati:  conduttività  massima  dell’isolante  delle  tubazioni  di  distribuzione  dei  fluidi  caldi  per  il  riscaldamento  

in  funzione  del  diametro  del  tubo  alla  temperatura  di  40°C.    

                                                                                                                         1  Gradi-­‐giorno:  somma,  estesa  a  tutti  i  giorni  di  un  periodo  annuale  convenzionale  di  riscaldamento,  delle  sole  differenze  positive  giornaliere  tra  la  temperatura  dell'ambiente,  fissata  convenzionalmente  per  ogni  nazione,  e  la  temperatura  media  esterna  giornaliera;  l'unità  di  misura  utilizzata  è  il  grado  giorno  (GG).  

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DPR  59/2009    

§ Per  tutte  le  categorie  di  edifici,  così  come  classificati  in  base  alla  destinazione  d'uso  all'articolo  3  del  decreto  [..]  n.  412,  nel  caso  di  edifici  di  nuova  costruzione  e  nei  casi  di  ristrutturazione  di  edifici  esistenti,  […]  si  procede,  in  sede  progettuale  alla  determinazione  dell'indice  di  prestazione  energetica  per  la  climatizzazione  invernale  (EPi2),  e  alla  verifica  che  lo  stesso  risulti  inferiore  ai  valori  limite  –  Il  programma  MC11300  ci  da  il  valore  limite  e  lo  verifica.    

§ Nel  caso  di  edifici  di  nuova  costruzione  e  nei  casi  di  ristrutturazione  di  edifici  esistenti,  previsti  dall'articolo  3  del  decreto  [..]  n.  412,  si  procede  in  sede  progettuale  alla  determinazione  della  prestazione  energetica  per  il  raffrescamento  estivo  dell'involucro  edilizio  (Epe,  invol3)  e  alla  verifica  che  la  stessa  sia  non  superiore  ai  seguenti  valori:  

• Per  gli  edifici  residenziali  di  cui  alla  classe  E1:  -­‐ 40  kWh/m2  anno  nelle  zone  climatiche  A  e  B;  -­‐ 30  kWh/m2  anno  nelle  zone  climatiche  C,  D,  E,  e  F;  

• Per  tutti  gli  altri  edifici  ai  seguenti  valori:  -­‐ 14  kWh/m3  anno  nelle  zone  climatiche  A  e  B;  -­‐ 10  kWh/m3  anno  nelle  zone  climatiche  C,  D,  E,  e  F.  

 

§ I  generatori  di  calore  a  combustione  devono  avere  rendimento  minimo  pari  a:  • 90  +  2  log  Pn  al  100%  della  loro  potenza  • 85  +  3  log  Pn  al  30%  del  loro  carico  

 § In  tutti  gli  edifici  esistenti  con  un  numero  di  unità  abitative  superiore  a  4,  e  in  ogni  caso  per  potenze  nominali  del  

generatore  di  calore  dell'impianto  centralizzato  maggiore  o  uguale  a  100  kW,  appartenenti  alle  categorie  E1  ed  E2,  è  preferibile  il  mantenimento  di  impianti  termici  centralizzati  laddove  esistenti.  –  Si  Va  a  favorire  il  centralizzato  che  non  sempre  è  la  scelta  più  giusta:  l’investimento  iniziale  è  maggiore  e  in  alcuni  casi  viene  recuperato  in  breve  termine.    

§ Per  durezze  dell’acqua  superiori  a  25  o  15  gradi  francesi  a  seconda  che  si  tratti  di  acqua  di  riscaldamento  o  ACS  e  a  seconda  della  potenza  dell’impianto  è  richiesto  un  trattamento  di  addolcimento  dell’acqua.    

§ Assumere  umidità  interna  del  65%  negli  edifici  se  non  controllata.  –  Nel  progetto  per  tutelarci  da  condense  interstiziali  l’abbiamo  lasciata  a  80%  come  suggerito  dal  programma.    

§ Definiti  i  valori  limite  massimi  di  trasmittanza  termica  periodica  per  le  pareti  esterne  dell’involucro.    

§ Per  serramenti  con  vetri  con  fattore  solare4  G<50%  possono  essere  omessi  i  sistemi  schermanti  esterni.  –  Nel  progetto  è  stato  verificato  durante  la  scelta  del  vetro.    

                                                                                                                         2EPi:  indice  di  prestazione  energetica  per  la  climatizzazione  invernale:  tiene  conto  del  rapporto  tra  l'energia  primaria  necessaria  per  portare  un  ambiente  alla  temperatura  di  18  °C  e  la  sua  superficie  utile  o  volume  lordo,  in  caso  di  locali  non  residenziali.  Per  superficie  utile  si  intende  la  superficie  netta  calpestabile  dell'ambiente.  L’indice  di  prestazione  energetica  EPi  esprime  il  consumo  totale  di  energia  primaria  per  il  riscaldamento  invernale  (in  regime  continuo  degli  impianti  su  24h)  riferito  all’unità  di  superficie  utile  o  di  volume  lordo;  l'indice  di  prestazione  energetica  EPi  viene  quindi  espresso  in  kWh/m2  per  anno,  o  kWh/m3  per  anno  per  locali  non  residenziali.  Da  non  confondere  con  EPgl  di  cui  EPi  è  solo  una  parte  e  che  identifica  la  classe  energetica  dell’edificio.  

3Epe,  invol:  prestazione  energetica  per  il  raffrescamento  estivo  dell'involucro  edilizio  pari  al  rapporto  tra  il  fabbisogno  annuo  di  energia  termica  per  il  raffrescamento  dell'edificio  (temperatura  di  progetto  estiva  26°C)  e  la  superficie  utile,  per  gli  edifici  residenziali,  o  volume  lordo,  in  caso  di  locali  non  residenziali.  

4  Fattore  solare  G:  rapporto  tra  radiazione  trasmessa  e  radiazione  incidente  sul  vetro.  

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DECRETO  RINNOVABILI  -­‐  dlgs  28  /  2011    

Rinnovabili:  solare,  eolico,  geotermico,  AEROTERMICO  (pompa  di  calore),  idrotermica,  oceanica,  idraulica,  biomassa,  gas  di  discarica,  biogas.    

• Si  applica  a  edifici  di  nuova  costruzione  o  sottoposti  a  ristrutturazione  rilevante:  «edificio  sottoposto  a  ristrutturazione  rilevante»:  edificio  che  ricade  in  una  delle  seguenti  categorie:    

i) edificio  esistente  avente  superficie  utile  superiore  a  1000  metri  quadrati  (presente  anche  nel  59),  soggetto  a  ristrutturazione  integrale  degli  elementi  edilizi  costituenti  l'involucro;    

ii) edificio  esistente  soggetto  a  demolizione  e  ricostruzione  anche  in  manutenzione  straordinaria;    

• Condizioni  per  procedere  con  intervento  edilizio:  i) siano  installati  impianti  aderenti  o  integrati  nei  tetti  di  edifici  esistenti  con  la  stessa  inclinazione  e  lo  

stesso  orientamento  della  falda  e  i  cui  componenti  non  modificano  la  sagoma  degli  edifici  stessi;  ii) la  superficie  dell'impianto  non  sia  superiore  a  quella  del  tetto  su  cui  viene  realizzato  iii) gli  interventi  non  ricadano  nel  campo  di  applicazione  del  codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  iv) gli  impianti  siano  realizzati  su  edifici  esistenti  o  su  loro  pertinenze,  ivi  inclusi  i  rivestimenti  delle  

pareti  verticali  esterne  agli  edifici;  v) gli  impianti  siano  realizzati  al  di  fuori  della  zona  A  (cioè  i  centri  storici)  

• Art.  11  (Obbligo  di  integrazione  delle  fonti  rinnovabili  negli  edifici  di  nuova  costruzione  e  negli  edifici  esistenti  sottoposti  a  ristrutturazioni  rilevanti)  

• Abrogato  l’articolo  4,  commi  22  e  23,  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  2  aprile  2009,  n.  59.  • Art  12.  I  progetti  di  edifici  di  nuova  costruzione  e  di  ristrutturazioni  rilevanti  su  edifici  esistenti  che  

 assicurino  una  copertura  dei  consumi  di  calore,  di  elettricità  e  per  il  raffrescamento  in  misura    superiore  di  almeno  il  30  per  cento  rispetto  ai  valori  minimi  obbligatori  di  cui  all’allegato  3,    beneficiano,  in  sede  di  rilascio  del  titolo  edilizio,  di  un  bonus  volumetrico  del  5  per  cento  

• Comuni  con  popolazione  superiore  a  50.000  abitanti  definiscono,  in  coordinamento  con  le  Province  e  in  coerenza  con  i  Piani  energetici  regionali,  specifici  Piani  di  sviluppo  del  teleriscaldamento  e  del  teleraffrescamento  volti  a  incrementare  l’utilizzo  dell’energia  prodotta  anche  da  fonti  rinnovabili.  -­‐  In  realtà  la  caldaia  autonoma  rende  di  più:  cogenerazione  30%  +  caldaie  70%.  Il  rendimento  della  caldaia  –  che  non  è  a  condensazione  –  è  del  92%.  Rendimento  del  motore  è  40%  elettrico  (0.4/0.46=0.8  termico)  +  50%  termico  =  130  %.  Però  il  130%  pesa  il  30%  e  il  rendimento  da  92%  pesa  per  il  70%,  totale:  rende  meno  di  una  caldaia  domestica  a  condensazione.    

• La  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili  è  calcolata  dividendo  il  consumo  finale  lordo  di  energia  da  fonti  energetiche  rinnovabili  per  il  consumo  finale  lordo  di  energia  da  tutte  le  fonti  energetiche,  espressa  in  percentuale.  

• Si  tiene  conto  dell'energia  da  calore  aerotermico  […]  a  condizione  che  il  rendimento  finale  di  energia  ecceda  di  almeno  il  5%  l'apporto  energetico  primario  necessario  per  far  funzionare  le  pompe  di  calore.  La  quantità  di  calore  da  considerare  quale  energia  da  fonti  rinnovabili  ai  fini  della  presente  direttiva  è  calcolato  secondo  la  metodologia  di  cui  al  paragrafo  4:  ERES  =  Qusable  *  (1  -­‐  1/SPF)  -­‐  Dove  

-­‐ Qusable  =  calore  totale  stimato  prodotto  da  pompe  di  calore  [..]  applicato  nel  seguente  modo:  solo  le  pompe  di  calore  per  le  quali  SPF  >  1,15  *  1/η  sarà  preso  in  considerazione;  

-­‐ SPF  =  il  fattore  di  rendimento  stagionale  medio  stimato  per  tali  pompe  di  calore  (SCOP);  -­‐ η  è  il  rapporto  tra  la  produzione  totale  lorda  di  elettricità  e  il  consumo  di  energia  primaria  

per  la  produzione  di  energia  e  sarà  calcolato  come  media  a  livello  UE  sulla  base  dei  dati  Eurostat.  (=0.46)  Nel  caso  di  pompe  di  calore  a  gas  η  è  posto  pari  a  1  fino  alla  determinazione  di  un  più  appropriato  valore,  effettuata  dal  Ministero  dello  sviluppo  economico  con  apposita  circolare  al  GSE.  

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NB:  1,15*(1/0.46)  =  2.5  

Se   la   pompa   di   calore   funziona   anche   per   il   raffrescamento,   allora   si   tiene   conto   dell'energia   da   calore  aerotermico  solo  se  il  suo  EER  riportato  come  rendimento  di  secondo  principio  ha  un  valore  superiore  a  0,6  solitamente  sempre  confermato.  –  valore  molto  basso  per  tutelare  i  produttori  di  pompe  di  calore  a  gas.  

Questi  valori   limite  sono  tutti  abbassati  del  5%  per  le  macchine  che  utilizzano  un  inverter;  queste  macchine  godono   di   rendimenti   superiori   nelle   fasi   di   regolazione   in   cui   gli   scambiatori   risultano   sovradimensionati;  solitamente  solo  le  macchine  piccole  sono  dotate  di  inverter.  

 

• Obblighi  per  i  nuovi  edifici  o  edifici  sottoposti  a  ristrutturazioni  rilevanti  

1.  Nel  caso  di  edifici  nuovi  o  edifici  sottoposti  a  ristrutturazioni  rilevanti,  gli  impianti  di  produzione  

di  energia  termica  devono  essere  progettati  e  realizzati  in  modo  da  garantire  il  contemporaneo  

rispetto  della  copertura,  tramite  il  ricorso  ad  energia  prodotta  da  impianti  alimentati  da  fonti  

rinnovabili,  del  50%  dei  consumi  previsti  per  l’acqua  calda  sanitaria  e  delle  seguenti  percentuali  

della  somma  dei  consumi  previsti  per  l’acqua  calda  sanitaria,  il  riscaldamento  e  il  raffrescamento:  

a)  il  20  per  cento  quando  la  richiesta  del  pertinente  titolo  edilizio  è  presentata  dal  31  maggio  

2012  al  31  dicembre  2013;  

b)  il  35  per  cento  quando  la  richiesta  del  pertinente  titolo  edilizio  è  presentata  dal  1°  gennaio  

2014  al  31  dicembre  2016;  

c)  il  50  per  cento  quando  la  richiesta  del  pertinente  titolo  edilizio  è  rilasciato  dal  1°  gennaio  

2017.  

2.  Gli  obblighi  di  cui  al  comma  1  non  possono  essere  assolti  tramite  impianti  da  fonti  rinnovabili  che  

producano  esclusivamente  energia  elettrica  la  quale  alimenti,  a  sua  volta,  dispositivi  o  impianti  per  la  

produzione  di  acqua  calda  sanitaria,  il  riscaldamento  e  il  raffrescamento.  

3.  Nel  caso  di  edifici  nuovi  o  edifici  sottoposti  a  ristrutturazioni  rilevanti,  la  potenza  elettrica  degli  

impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili  che  devono  essere  obbligatoriamente  installati  sopra  o  

all’interno  dell’edificio  o  nelle  relative  pertinenze,  misurata  in  kW,  è  calcolata  secondo  la  seguente  

formula:  

Dove  S  è  la  superficie  in  pianta  dell’edificio  al  livello  del  terreno,  misurata  in  m2,  e  K  è  un  

coefficiente  (m2/kW)  che  assume  i  seguenti  valori:  

a)  K  =  80,  quando  la  richiesta  del  pertinente  titolo  edilizio  è  presentata  dal  31  maggio  2012  al  

31  dicembre  2013;  

b)  K  =  65,  quando  la  richiesta  del  pertinente  titolo  edilizio  è  presentata  dal  1°  gennaio  2014  al  

31  dicembre  2016;  

c)  K  =  50,  quando  la  richiesta  del  pertinente  titolo  edilizio  è  presentata  dal  1°  gennaio  2017.  

4.  In  caso  di  utilizzo  di  pannelli  solari  termici  o  fotovoltaici  disposti  sui  tetti  degli  edifici,  i  predetti  

componenti  devono  essere  aderenti  o  integrati  nei  tetti  medesimi,  con  la  stessa  inclinazione  e  lo  

stesso  orientamento  della  falda.  

5.  L’obbligo  di  cui  al  comma  1  non  si  applica  qualora  l’edificio  sia  allacciato  ad  una  rete  di  

teleriscaldamento  che  ne  copra  l’intero  fabbisogno  di  calore  per  il  riscaldamento  degli  ambienti  e  la  

fornitura  di  acqua  calda  sanitaria  –  ciò  non  ha  molto  senso  perché  si  tende  a  considerare  il  teleriscaldamento    

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al  pari  delle  rinnovabili  ma  non  è  detto  che  questo  usi  energie  rinnovabili  né  tantomeno  che  sia  più  efficiente    

di  un  sistema  a  pompe  di  calore.  

   

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UNI  12831  –  CALCOLO  DI  PICCO  • non  tiene  conto  apporti  gratuiti  • considera  gli  alloggi  dei  vicini  assenti  e  freddi  • calcola  dispersioni  (ponti  termici  +  trasmittanza  delle  strutture  disperdenti)  • calcola  carico  di  ventilazione  naturale  e  forzata,  si  dichiarano  dei  ricambi  naturali  che  sono  in  funzione  

dell’affollamento.  • La  temperatura  interna  di  progetto  è  20  e  per  i  bagni  24  (oppure  simulare  un  ricambio  più  grande  per  tenere  

T=20°C)  • Fattore  di  ripresa  • il  fattore  di  ripresa  è  uno  dei  seguenti  fattori  di  incremento  quali:  

                               -­‐ponti  termici                                  -­‐fattore  gradiente                                  -­‐fattore  di  ripresa                                  -­‐coeff  di  sicurezza  (modesto  10%  ad  es.)  

 -­‐coeff  che  tiene  in  conto  di  Test  più  basse  di  quella  normale  (per  impianti  con  trattamento  aria      esterna)  

T=20°C  per  vicini  presenti  

Le  trasmittanze  verso  locali  adiacenti  sono  meno  performanti  rispetto  all’esterno,  i  vicini  assenti  sono  rilevanti.  

FATTORE  DI  CARICO  =  POTENZA  EROGATA  DALLA  MACCHINA/POTENZA  NOMINALE  DELLA  MACCHINA  è  minore  di  1  

La  macchina  in  picco  lavora  al  100%,  mentre  dal  punto  di  vista  del  calcolo  energetico  lavora  al  60%  nel  mese  più  freddo.  Il  calcolo  energetico  fa  un  conto  su  sei  mesi  a  una  temperatura  media  mensile  che  è  maggiore  del  picco  (Tpicco=-­‐5°C,  Tmedia  gennaio=0°C)  

 

DPR  412  –  VALE  SOLO  TAB  1  PAG  14  

UNI  10351:  MATERIALI  • UNI  10351  (PAG  6):  il  parametro  che  individua  la  conduttività  è  la  densità:  al  variare  della  densità  lo  stesso  

materiale  ha  conduttività  diverse.  lamba  m  è  quello  di  riferimento,  cambia  in  base  alle  condizioni  in  opera.  "m"  tiene  conto  dell'incremento  della  conduttività  del  materiale  in  opera  rispetto  al  laboratorio  (soprattutto  quando  c'è  umidità,  soprattutto  isolanti  provenienti  da  materiali  inerti,  hanno  degli  m  molto  grandi)  “delta  a”  e  “delta  u”  minima  e  massima  permeabilità  al  vapore,  normalmente  si  sceglie  il  valore  intermedio,  calcolare  la  media  tra  le  due.  

• Umidità:  un  materiale  bagnato  conduce  molto  più  di  un  materiale  asciutto,  sono  sensibili  soprattutto  le  mura  esterne,  con  la  pioggia.  materiali  a  cellula  chiusa  o  provenienti  da  petrolio,  polimeri,  sono  poco  sensibili  all'umidità,  sono  barriere  al  vapore,  bagnati  o  asciutti  conducono  uguale,  l'acqua  non  penetra  nella  struttura.  

• Un  materiale  più  è  leggero  più  è  isolante,  più  è  pesante  più  è  conduttivo.  • CALCESTRUZZO:    ghiaia  con  una  certa  granulometria,  sabbia,  acqua  e  cemento  portland.  C’è  una  reazione  chimica  

tra  acqua  e  cemento,  si  legano.  Convenzionalmente  pesa  2500  kg/mc.    • Argille  espanse  (granelli  di  LECA,  vasi  da  fiori):  ossido  di  alluminio  idrato.  Veniva  usata  come  sottofondo  dei  

pavimenti  nelle  costruzioni  civili,  vantaggio  di  essere  leggera  x  non  sovraccaricare  i  solai,  e  di  essere  sufficientemente  rigida  in  modo  da  non  essere  schiacciata  visto  che  è  posata  a  pavimento.  Ma  è  idroscopica,  trattiene  umidità  se  ci  sono  tubature  è  rischioso.    

• POROTON:  (file:  SchedaTecnica_MA)  muratura  armata.  Fori  con  passo  12  cm  vengono  armati  con  un  ferretto  di  armatura  e  poi  riempiti.  Si  inseriscono  anche  dei  ferri  orizzontali,  quindi  la  muratura  portante  è  tutta  in  laterizio  con  un  reticolo  di  armatura,  vanno  bene  per  la  sismica  perché  fanno  lavorare  la  struttura  tutta  insieme.  Ma  non  sono  isolati,  richiedono  un  isolamento  aggiuntivo.  Nei  fabbricati  a  telaio  diventa  difficile  trovare  spazio  per  gli  impianti,  molto  meglio  la  muratura.  I  grattacieli  sono  tutti  a  telaio,  e  sono  molto  flessibili  durante  lo  scrollo.  

• La  situazione  peggiore  si  ha  nei  fabbricati  anni  70,  in  muratura  portante  con  qualche  pilastro  in  mezzo  (hanno  continuato  a  costruirli  fino  al  2003)  sono  fabbricati  a  struttura  mista.  Meglio  o  tutto  telaio  o  tutta  muratura,  non  il  misto.            

 

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UNI  10355:  MURI  E  SOLAI  Si  applica  quando  non  si  sa  nel  dettaglio  il  materiale  utilizzato.  Il  costruttore  fornisce  la  conduttività  in  laboratorio,  ma  i  materiali  in  opera  sono  umidi  e  aumentano  la  propria  umidità,  quindi  si  può  applicare  (a  detta  del  prof)  il  coefficiente  m  della  10351  per  calcolare  la  nuova  conduttività.    

MURATURA  (per  vedere  immagini:  file  “vela-­‐mu”)  

• Muri:  (pag  5)  la  norma  stabilisce  che  il  laterizio  cotto  ha  densità  1800  kg/mc  cioè  mattoni  pieni.  Invece  il  forato  ha  sempre  densità  1800,  ma  la  densità  apparente  (massa/volume  apparente)  varia  molto  a  seconda  della  foratura.  Il  mattone  in  figura  (140*280*60)  non  esiste  più,  si  trova  solo  in  fabbricati  antichi  (prima  1900).    

• I  muri  di  adesso  a  mattoni  pieni  sono  multipli  di  12  (12  25  37  50).    Si  intende  12+intonaco=15,  oppure  25+intonaco=28.  

• DOPPIO  UNI:  è  il  12*12*24  che  ha  una  foratura  da  35  %,  più  pesante  rispetto  ad  altri  • Massa  volumica:  densità  normale  

Massa  superficiale:  permette  di  calcolare  la  densità  apparente  (181kg/mq  :  0.12m)  =  1508  kg/mc  • Il  blocco  semipieno  è  adatto  per  fare  12+intonaco,  25+intonaco,  3  teste  38+intonaco  • Nuova  tipologia:  blocchi  semipieni  (20*30*altezza25)  idoneo  per  murature  spesse  20  oppure  spesse  30,  basta  

mettere  il  blocco  ruotato  di  90°  • Blocchi  semipieni  con  incastro  (poco  utilizzati)  30*25*altezza25  • Gli  altri  blocchi  elencati  pochissimo  utilizzati  • Sono  considerate  murature  portanti,  tutte  quelle  con  foratura  fino  al  45%  (55%  di  materiale  MINIMO).  Quelli  

con  foratura  al  60%  servono  solo  per  separare  locali,  non  sono  portanti.    

TRAMEZZE  

Tutte  le  murature  hanno  fori  verticali.  Le  tramezze  hanno  fori  orizzontali.  Non  hanno  caratteristiche  portanti,  sono  muri  separatori  hanno  spessore  8cm+intonaco=11cm  (8  cm  è  lo  spessore  minimo  per  la  stabilità  della  parete,  e  sono  muri  divisori)  

Tramezza  1  foro  (=tavella  3  fori,  spesso  4,5cm)  

 

TAVELLE  E  TAVELLONI  

25*4spessore*1200lunghezza:    si  usano  orizzontalmente  per  plafonare  i  tetti.  Le  6  cm  possono  essere  adatte  alla  neve,  quelle  da  4  cm  assolutamente  no.  

MANUFATTI  IN  CALCESTRUZZO  ALLEGGERITO  (GASBETON)  

Costruito  dalla  RDB,  è  bianco.  Si  posa  con  la  colla  classica  e  non  con  la  malta  bastarda  (sabbione,  mezza  calce  e  mezzo  cemento  portland).  Tendono  a  crepare,  si  usano  dove  non  c’è  disponibilità  di  laterizio.  (488*45spessore*195altezza).  E’  leggero  infatti  è  650-­‐800  kg/mc,  confronto  al  cemento  normale  che  è  2500.  Conduttività  di  0.25.  

Ha  ottime  performance  di  resistenza  al  fuoco.  

Oppure  blocchi  di  calcestruzzo  forato  riempito  di  schiuma  sintetico.  

 

FIBRA  DI  LEGNO  –  LEGNO  CEMENTO  ISOTEX    

(file:  Catalogo  prodotti)  

Ottime  resistenze  sismiche  e  energetiche.  Dubbi  per  durata  nel  tempo.  Spazio  per  incassare  impianti  molto  modesto:  nel  caso  di  colonne  di  scarico  dei  bagni,  canne  fumarie  è  impossibile  alloggiare  gli  impianti,  bisogna  modificarle.  Le  trasmittanze  suono  buone  (0.34-­‐0.24)  solo  quando  sono  isolati,  cioè  i  due  fori  sono  semi  riempiti  di  polistirolo  verso  la  parte  esterna.  

 

STRUTTURE  ORIZZONTALI  

• I  tavelloni  orizzontali  sono  rigidi  ma  non  resistono  a  trazione,  tendono  a  crepare.  Sono  portanti  solo  se  utilizzati  con  luci  da  60  cm  (non  120).  Spesso  vengono  utilizzati  come  casseri  per  un  getto  portante.  

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• Travetto+pignatta  su  cui  viene  fatto  il  getto  (spessore  pignatta  16  cm,  spessore  soletta    4  cm)  (oppure20+4  oppure  24+4)  Si  appoggiano  i  travetti,  si  puntellano  con  luci  di  250,  si  mettono  le  pignatte,  si  mettono  ferri  a  corredo  e  si  getta.  

• Solai  predalle.  Resistenza  di  30  mqK/W  significa  trasmittanza  di  3,3  che  è  un  disastro.  Tutti  i  solai    

TRASMITTANZE  TERMICHE  o Divisori  0,8  o Solai  2-­‐3  bisogna  isolarli.  In  genere  i  solai  sono  molto  conduttivi  perché  hanno  tanto  calcestruzzo  o Muri  esterni  recenti  hanno  trasmittanze  di  0,3  

 TRASMITTANZA  TERMICA  PERIODICA  La  trasmittanza  termica  periodica  dell’involucro  crea  sfasamenti  nel  tempo  di  temperatura  interna  rispetto  a  quella  esterna  e  ciò  è  in  grado  di  abbassare  la  potenza  termica  di  picco  necessaria.  Le  murature  pesanti  sono  molto  conduttive  (elevata  trasmittanza)  ma  creano  anche  grande  sfasamento  nel  tempo  (bassa  trasmittanza  periodica)  a  causa  della  loro  elevata  capacità  termica  inerziale.  Spesso  in  edifici  ad  alta  capacità  termica  non  è  necessario  il  raffrescamento  estivo  e  in  inverno  il  calore  derivante  dalla  radiazione  solare  viene  accumulato  durante  il  giorno  e  rilasciato  nella  fredda  notte.  

 

INTONACO  

Non  prende  sul  polistirene  direttamente,  ma  si  mette  qualcosa  in  laterizio  per  farlo  prendere.  

 

SOLAIO  CLASSICO  (ad  armatura  lenta)  

1) Intonaco  inferiore    2) Solaio:  pignatta/travetto/getto  a  T  in  calcestruzzo  con  armatura    3) Impianti  +  calcestruzzo  cellulare    4) soletta  5) pavimento  

 1) Intonaco  di  malta  bastarda:  Porzi  2) one  di  calce  spenta  –  idrossido  di  calcio  Ca(OH)2  +  sabbia  (non  di  mare,  ma  di  fiume)+cemento    portland  (in  

piccole  quantità)  A  seconda  delle  tipologie  cambia  la  qtà  di  portland.  In  genere  metà  calce,  metà  cemento.  3) Solaio  in  laterizio  armato  :  getto  di  calcestruzzo  in  cui  armatura  è  organizzata  nella  parte  inferiore  della  T  ,  invece  

nella  trave  della  T  c’è  una  rete  metallica  elettrosaldata,  che  ha  il  compito  di  distribuire  i  carichi  

Pignatte:  elementi  di  alleggerimento  in  laterizio  forato.  Ultimamente  sono  utilizzate  al  posto  delle  pignate  il  polistirolo.  Il  passo  tra  le  pignatte  è  50/60  cm  (tra  centro  e  centro  della  pignatta),  la  pignatta  è  38  cm.  Spessore  pignatta  12/16/24/38.    “Solaio  20+4”  =  pignatta  20,  soletta  4  

Il  rapporto  luce  del  solaio/altezza  solaio  non  deve  esse  inferiore  a  20.  Quindi  un  solaio  con  luce  5  m  deve  essere  24+4.  

Le  pignatte  vengono  tenute  su  da  dei  travetti  in  cui  c’è  un  traliccio  che  sorregge  due  pignatte.  Dopo  avere  eseguito  il  getto  in  opera,  il  traliccio  diventa  un  tutt’uno  e  si  forma  la  T.  (il  traliccio  è  un  prefabbricato)  

Il    calcestruzzo  resiste  solo  a  compressione,  non  a  trazione.  L’asse  neutro  della  trave  in  calcestruzzo  è  a  1/3,  non  a  metà  trave.  La  parte  superiore  è  la  parte  compressa  (calcestruzzo),  e  i  due  terzi  della  parte  inferiore  sono  la  parte  tesa,  e  sono  riempiti  di  ferro.  

 

SOLAIO  PRECOMPRESSO  

(vedere  file  celerpan  rdb)  

L’asse  neutro  in  una  trave  è  a  un  terzo  dell’altezza.  Il  terzo  in  alto  lavora  in  compressione,  i  due  terzi  inferiori  non  servono,  perché  lavorano  i  ferri  in  trazione.  

Calcestruzzo  RCK-­‐350  si  rompe  a  compressione  con  350  kg/cmq.  Nei  prefabbricati  si  arriva  anche  a  RCK-­‐500.  

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Il  ferro  Fe360  si  rompe  a  compressione  con  3600  kg/cmq  

Il  calcestruzzo  precompresso  si  fa  tendendo  i  ferri  inferiori,  facendo  il  getto  e    rilasciando    i  ferri  inferiori,  creando  un  effetto  di  compressione  nella  parte  inferiore  e  tendendo  la  parte  superiore.  Quando  viene  messa  in  opera  viene  compressa  la  parte  superiore  e  tesa  la  parte  inferiore,  col  risultato  che  l’asse  neutro  si  abbassa  molto  e  si  riesce  a  far  lavorare  a  compressione  quasi  tutto  il  getto.    

I  pilastri  sono  tutti  ad  armatura  lenta,  lavorano  in  compressione,  non  ha  senso  precomprimerli.  

Ferri  da  armatura:  ad  aderenza  migliorata,  utilizzati  nei  solai  ad  armatura  lenta.  

Trefoli  di  acciaio  armonico:  tipo  cavi  da  funivia.  Composti  da  fili  intrecciati  che  formano  un  cavo  di  acciaio  armonico  (di  qualità).  Utilizzati  nei  precompressi.  

 

SOLAIO  AD  ARMATURA  PRECOMPRESSO  (RAVETTO  PRECOMPRESSO)  

(celersap  rdb)  

Tipo  rotaie,  poi  tagliate  

Si  tendono  i  fili  (sottili)  e  fanno  il  getto.  

Rapporto  luce/altezza=  1/25.  Se  solaio  5,  spessore  16+4.  

Delicati  in  caso  di  incendio  

 

SOLAIO  ALVEOLARE  

Pesante,  difficile  da  posizionare.  Solaio  per  grandi  luci,  ma  poco  utilizzato.  

 

SOLAIO  PREDALLE  

(file  rdb  tipo  pred)  e  uni  10355  pag  61  

Simile  al  celerpan,  classico  da  usare  nelle  autorimesse.  Non  sono  intonacati,  non  ci  sono  esigenze  estetiche.  Hanno  caratteristiche  di  resistenza  al  fuoco.  Armatura  lenta,  ha  molto  copriferro  (il  ferro  è  coperto  e  si  scalda  meno  in  caso  di  incendio)  

Non  si  usa  ai  piani  superiori  perché  essendo  liscio  prende  male  l’intonaco.    

TETTO  PLAFONATO  

Tetti  vecchi:  coppi  appoggiati  su  travi  in  legno,  molto  disperdenti.    

Più  recentemente  si  usano  tavelle  in  laterizio  che  tengono  di  più  l’aria  (questo  è  un  tetto  plafonato,  cioè  a  tenuta  d’aria)  

 

4) Sottofondo  leggero    per  non  caricare  il  solaio,  rigido    per  non  far  cedere  il  pavimento  sovrastante,  non  corrosivo  perché  ci  passano  gli  impianti.  a) Cemento+polistorolo  o  foalcem:  malte  cementizie  aerate,  con  additivi  in  modo  che  si  formino  microbolle.  

Impastano  il  cemento  con  granelli  di  polistirolo.    b) Calcestruzzo  cellulare  (uni  10351  pag  7)  tiene  200  kg/mq.  Si  può  pompare  il  calcestruzzo  con  la  pompa.  E  si  

autolivella,  grandissimo  vantaggi,  come  fosse  acqua.  c) Leca  impastata  d) Calcestruzzo  e  sughero:  impastato  con  granelli  di  sughero.    

 5) Massetto  di  4-­‐5  cm  di  cemento  e  sabbia  su  cui  si  posa  il  pavimento  

a. Incollata  b. Posa  a  umido:  si  impasta  a  secchio  sabbia  e  cemento,  pochissima  acqua,  si  stende  il  pavimento  e  bagna.  

(pavimento  posato  a  cemento)  la  presa  della  mattonella  è  dovuto  all’umidità  del  cemento    

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ISOLAMENTO  ACUSTICO  Rumore  trasmesso  da  via  aerea:  dipende  dal  pacchetto  del  solaio  Rumore  da  calpestio:  si  trasmette  per  vibrazione.  Si  mette  un  feltrino  sotto  gli  impianti.  Sono  elastomeri  spessi  3-­‐4  mm  elastici.  Se  c’è  un  pavimento  galleggiante,  tipo  parquet  incastrato  maschio/femmina  solo  appoggiato,  non  incollato,  si  mette  sotto  il  pavimento  un  feltrino  tipo  tessuto.      10339  climatizzazione  10351  materiali  12831  calcolo  di  picco    Fabbisogno  estivo:  è  il  fabbisogno  frigorifero  necessario  per  tenere  l’interno  dell’edificio  alla  Tprogetto.  Ci  si  riferisce  all’  EPE,  invol  (indice  di  prestazione  energetica  estiva  dell’involucro).    Tiene  conto  dei  carichi  esterni  e  interni,  che  riducono  o  aumentano  i  fabbisogni.    Zona  energetica:  aree  caratterizzate  dallo  stesso  T  di  progetto  e  caratteristiche  uguali  dei  terminali  (cioè  la  regolazione  è  uguale  e  anche  il  rendimento  è  uguale)  

• Tprogetto  a  20°C,  poi  cambia  in  base  alla  destinazione  d’uso  (E)  Differenze  tra  calcolo  di  picco  ed  energetico:  picco  (vicini  assenti)  energetico  (vicini  presenti)  Tranne  nel  caso  delle  case  vacanze  dove  si  considera  sempre  i  vicini  assenti  

• UNI  13789  predefinisce  delle  temperature  di  progetto.  Oppure  si  fa  un  bilancio  energetico:  si  determina  la  temperatura  di  picco  del  locale  non  riscaldato  (tenendo  conto  che  ha  dei  flussi  termici  in  uscita  verso  le  pareti  che  danno  sull’esterno,  e  un  ingresso  di  flusso  termico  dal  locale  adiacente  riscaldato).  Si  usa  per  fare  i  calcoli  dei  sottotetti:  se  la  trasmittanza  del  tetto  è  grande,  la  temperatura  del  sottotetto  è  bassa.    

 CAPPOTTO  E  ISOLAMENTI  INTERNI  Il  cappotto  ha  il  vantaggio  di  eliminare  i  ponti  termici  (tranne  con  i  balconi),  rimangono  10%  di  perdite  per  ponti  termici,  ma  su  fabbisogni  che  sono  già  modesti.  Il  cappotto  esterno  fa  si  che  la  struttura  edilizia  diventi  parte  dell’inerzia,  che  è  un  vantaggio  d’estate,  uno  svantaggio  d’inverno.  Il  fattore  inerzia  può  essere  svantaggioso  per  il  terziario,  e  per  quegli  appartamenti  dove  l’utente  è  assente  per  alcuni  periodi.  Più  che  un  vantaggio  energetico  è  più  vantaggioso  perché  riduce  la  formazione  delle  muffe.  Il  cappotto  è  polistirene  con  qualche  millimetro  di  intonaco,  quindi  è  molto  fragile  esternamente  agli  urti  e  alle  infiltrazioni  d’acqua.  E’  comodo  nelle  ristrutturazioni  condominiali,  è  poco  invasivo  ed  è  relativamente  facile  installare.  Il  cappotto  interno  è  invece  sicuramente  più  durevole,  ma  ingombra  perché  si  mette  lastra  iso+tramezza  (12  cm),  o  più  recentemente  anche  cartongesso  che  ingombra  di  meno.  In  genere  il  ponte  termico  incide  energeticamente  per  il  25%  sul  fabbisogno.    TETTO:  (vedere  file:  lotto5-­‐311-­‐st  di  autocad  e  file  word  progetto  energetico  lotto5-­‐311)  

1-­‐ Locale  non  riscaldato:  isolo  la  struttura  verso  l’ambiente  non  riscaldato.  2-­‐ Locale  mansardato:  tetto  pendente,  non  a  terrazza:  trave  in  legno  a  vista,  più  tavelloni,  getto  in  calcestruzzo,  

isolante,  carta  o  cartone  bitumato  (vengono  forniti  in  rotoli  e  srotolati  sul  tetto,  sono  barriere  al  vapore,  ma  soprattutto  non  piove  dentro),  tegoli.  La  barriera  al  vapore  non  si  fa  in  quel  punto,  si  prima.  Il  polistirene  isolante  se  sigillato  bene  funziona  bene  come  barriera  al  vapore.  

VERIFICA  TERMOIGROMETRICA  

Quando  la  pressione  parziale  dell’acqua  è  minore  della  tensione  di  vapore  a  quella  temperatura  si  forma  condensa.  In  genere  le  barriere  al  vapore  si  fanno  nelle  zone  calde,  cioè  tra  la  tavella  e  il  getto,  oppure  dopo  il  getto  ma  comunque  internamente  rispetto  all’isolante.  

Per  zone  umide  si  preferisce  polistirene  per  isolamento  termico  delle  pareti  esterne.  

Problema  termico  e  acustico:  si  usano  le  lane,  per  separare  ambienti  interni.  

PAVIMENTO  SU  INTERCAPEDINE  

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E’  un  caso  particolare,  si  applica  alle  strutture  sanitarie.  Soletta  gettata  sul  terreno,  si  sollevano  dei  muricci  sui  poi  si  organizza  il  pavimento.  (pag  17  UNINI1337000).  I  muricci  sono  molto  sottili,  e  la  soletta  soprastante  è  instabile.  È  un  pavimento  non  a  contatto  con  il  terreno,  e  ha  una  camera  d’aria  che  rende  un  po’  più  confortevole  l’ambiente.  

 1-­‐ VESPAIO:  40  cm  di  ghiaia  +  Ghiaia  fine  rullata  2-­‐ Soletta  (non  c’è  ma  bisogna  metterla)  +  Lastra  isolante  (non  si  mette  a  contatto  con  la  ghiaia)  3-­‐ Soletta    4-­‐ Zona  impianti  5-­‐ Sotto  fondo  6-­‐ mattonelle  

 

TERRAZZA  

 1. pavimento  normale  ,  non  galleggiante  2. sottofondo  3. guaina  isolante  (4mm+4mm  di  carta  catramata,  impermeabilizzazione),  la  guaina  è  in  pendenza,  quindi  

l’acqua  va  sempre  via,  tutto  il  pacchetto  sottostante  è  sempre  asciutto,  che  è  molto  meglio.  4. soletta  di  pendenza  (1%  cioè  1cm  ogni  metro)  5. soletta  in  laterizio  

 

STRUTTURE  EDILIZIE  PREFABBRICATE  PER  FABBRICATI  INDUSTRIALI  E  ARTIGIANALI  

PANNELLATURE    (vedere  file  Pannelli  Ferrari)  :  sono  pannelli  a  taglio  termico  che  hanno  valori  di  trasmittanze  di  0.34  

INTERNO6

5

4

3

2

1

ESTERNO

ESTERNO1 23

45

6

7

8 910INTERNO

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Fino  agli  anni  70  erano  pannelli  di  spessore  20  cm,  monolitici,  in  calcestruzzo  con  una  piccola  armatura  con  rete  elettrosaldata  sulle  due  facce.  La  trasmittanza  è  3  (disastro).  

Poi  si  è  passato  ai  pannelli  sandwich  (5  cm  cls  +  polistirolo  10  cm  +  5  cm  cls)  Polistirolo  e  non  polistirene,  quindi  più  soggetto  a  invecchiamento.  Questa  è  stata  la  tipologia  costruttiva  dal  1976  al  2005.  C’è  un  esempio  nel  file  esempio-­‐progetti\ferrari-­‐st.dwg  :  pannello  perimetrale  prefabbricato  a  taglio  termico  sp.28  (oggi  si  usa  il  35)  con  trasmittanza  media  0.34.  Il  pannello  a  taglio  termico  è  una  struttura  composta  da:  una  zona  a  isolamento  normale  77.5%  della  superficie  totale  del  pannello  (quella  centrale)  formata  da  cls  5  cm  +  polistirene  11cm  (0.034W/m°C)+cls  5  cm.  Ai  bordi  del  pannello  si  elimina  il  ponte  termico  interrompendo  il  calcestruzzo  con  uno  strato  di  polistirene,  a  cui  si  aggiungono  dei  tiranti  per  tenere  insieme  il  pannello:  questo  taglio  termico  è  la  zona  a  isolamento  ridotto  formato  da:  22.5%  cls  5  cm  +  polistirene  7  cm  +  cls  16  cm.  Con  il  vecchio  sistema  senza  taglio  termico  le  trasmittanze  erano  1,2,  non  compatibili  con  i  nuovi  limiti.  I  pannelli  con  taglio  termico  invece,  riducono  le  trasmittanze  a  0,34.  

PAVIMENTI:  le  soluzioni  con  polistirene  sono  rischiose  per  i  cedimenti,  l’alternativa  è  la  soletta  in  cls  che  però  disperde.  Una  soluzione  nuova  di  compromesso  tra  rigidezza  del  supporto  e  isolamento  è  la  ghiaia  di  vetro  cellulare,  è  alternativa  ad  una  porzione  di  vespaio.  

VERIFICA  IGROMETRICA  

La  verifica  termo  igrometrica  è  obbligatoria  (però  si  fa  sulle  strutture,  ma  molto  spesso  quello  che  condensa  è  il  ponte  termico).  

 Talvolta  i  fenomeni  di  condensa  interstiziale  sono  talmente  modesti  che  nei  mesi  estivi  il  fenomeno  viene  compensato.    

Tecniche  per  prevenire  la  condensa:  cambiare  l’aria.  

Il  vetro  singolo,  nei  fabbricati  vecchi,  ha  una  resistenza  termica  piccola,  quando  la  temperatura  della  stanza  raggiunge  la  temperatura  di  saturazione  il  vetro  freddo  condensa  dal  lato  interno  diminuendo  naturalmente  l’umidità  relativa  nell’ambiente.  Quando  si  cambiano  i  serramenti,  che  hanno  il  doppio  vetro  e  sono  a  tenuta  nascono  i  problemi  di  muffe.  Ci  sono  dei  sistemi  di  ricambio  forzato  dell’aria,  con  anche  il  recuperatore  di  calore,  per  soluzioni  domestiche.  Si  fanno  per  portate  0.3  vol/h  (un  alloggio  di  100  m2,  con  un  volume  di  300m3  il  ricambio  è  100m3/h,  tubo  di  10-­‐12  cm)  

VALORI  LIMITE  TRASMITTANZA  VALIDI  DAL  26  GENNAIO  2010  

 

 

   

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NORMA  SUPERFICI  VETRATE  (decreto  59:  per  fabbricati  nuovi  o  ristrutturazioni  rilevanti  la  norma  non  entra  nel  dettaglio  delle  singole  trasmittanze  ma  bisogna  rispettare  l’EPI.  In  caso  di  ristrutturazioni  invece  ci  sono  le  tabelle  dettagliate  anche  per  finestre  e  porte).  

La  porta  è  un  componente  opaco,  ma  non  rispetta  i  limiti  dei  componenti  opachi,  ma  di  quelli  trasparenti.  E’  una  apertura  

• La  norma  si  occupa  del  calcolo  delle  trasmittanze  dei  componenti  finestrati:  media  pesata  tra  parte  vetrata,  parte  telaio  ed  effetto  ponte  termico.    

• C’è  una  doppia  tabella  da  rispettare,  una  sul  vetro  e  una  sul  telaio.  • I  vetri  camera  sono  molto  performanti  • 33.1  -­‐>    vuol  dire  3+3  mm  (vetro  stratificato)  ed  emissività  0.1  o  viene  chiamato  anche  6/7  cioè  tra  il  6  (3+3)  e  

il  7  (3+3+1)  è  lo  spessore  del  foglio  interposto  di  pvd  che  è  qualche  decimo  di  millimetro.  Un  buon  vetro  deve  avere  fattore  solare  G  basso  (magnetronici  o  pirolitici).  

• Scambio  convettivo  (spessore  +  tipo  di  gas  nella  camera  d’aria)  +  scambio  radiativo  (dovuto  al  prodotto  delle  emissività  dei  due  vetri,  normalmente  i  costruttori  fanno  basso  emissivo  solo  uno  dei  due  –  vetro  normale  0.8,  vetro  basso  emissivo  0.05).  Oggi  quello  che  decide  la  trasmittanza  è  il  tipo  di  gas  e  lo  spessore  della  camera  (i  migliori  arrivano  a  trasmittanza  1).  Si  arriva  a  uno  spessore  massimo  della  camera  di  20  mm,  misure  superiori  non  danno  benefici  significativi,  perché  si  instaurano  moti  convettivi.  Dal  punto  di  vista  conduttivo  invece  il  vetro  è  come  il  cemento  lambda  1.  

• Il  decreto  59/2009  tiene  in  conto  in  riferimento  alla  uni  ts,  della  trasmittanza  del  serramento  e  di  quella  con  il  serramento  con  tapparella  abbassata.  Il  limite  della  trasmittanza  globale  media  del  serramento  deve  essere  1,8,  invece  il  solo  vetro  1,7.  Nel  calcolo  energetico  si  fa  una  media  della  trasmittanza  con  la  tapparella  abbassata,  perché  si  presuppone  che  sia  12  ore  su  e  12  ore  giù.  

• Vetrocamera:  vetro  +  camera  d’aria  +  vetro.  I  vetri  possono  essere  singoli,  stratificati  (esempio  33.1)  o  temperati.  Negli  edifici  pubblici  non  solo  si  scelgono  vetri  stratificati  (due  vetri  +  foglio  plastica  in  mezzo)  che  evita  pericoli,  sono  vetri  di  sicurezza,  per  esempio  nelle  porte  finestre.  Sono  obbligatori  gli  stratificati  in  tutti  i  vetri  inferiori  a  80  cm  di  quota.  Temperato  significa  che  si  sbriciola.  

• TELAI:  in  legno  (serve  spessore  e  tipo  di  legno),  metallici  (con  o  senza  taglio  termico,  più  ponte  termico).  Il  telaio  nei  vetri  moderni  è  più  conduttivo  del  vetro,  quindi  è  meglio  avere  telaio  piccolo  e  vetro  grande,  anche  nel  caso  di  telai  in  legno,  e  a  meno  di  telai  molto  spessi.  

 TRASMITTANZA  “U”  È  la  quantità  di  calore  (Watt)  che  riesce  ad  attraversare  un  elemento  per  ogni  metro  quadrato  di  superficie  e  per  ogni  grado  Kelvin  di  differenza  (W/m  K).  Il  valore  è  indicato  con  il  simbolo  U  e  più  questo  valore  è  basso,  minore  è  la    dispersione  di  calore.    Il  valore  U  si  suddivide  in:    VETRI  BASSO  EMISSIVI  (per  risparmio  invernale)  È  la  proprietà  del  vetro  di  ridurre  gli  scambi  termici  tra  i  vetri  per  migliorare  il  fattore  Ug  (isolamento  della  sola  componente  vetrata).  Ciò  si  ottiene  con  un  deposito  magnetronico  sul  vetro  costituito  da  un  procedimento    elettromagnetico  di  metalli  nobili,  che  di  fatto  riduce  drasticamente  la  dispersione  per  scambio  termico.  Tali  vetri  offrono  uno  straordinario  confort  interno  grazie  all’eliminazione  dell’effetto  “parete  fredda”  che  si  avverte  in  inverno  avvicinandosi  ad  una  finestra  con  un  notevole  risparmio.    VETRI  BASSO  EMISSIVI  SELETTIVI  (per  risparmio  invernale  +  estivo)  È  un  vetro  Basso  Emissivo  con  le  identiche  prestazioni  di  cui  sopra,  con  in  più  la  capacità  di  riflettere  fino  al  60%  dell’energia  irradiata  e  della  temperatura  del  sole.  Indispensabile  in  estate  per  migliorare  il  confort  interno  e  abbassare  drasticamente  la  spesa  per  la  climatizzazione.    FATTORE  SOLARE  G  –  CAPACITA’  SELETTIVA:  è  il  valore  %  tra  energia  solare  che  attraversa  il  vetro  e  l’energia  solare  che  viene  riflessa.  

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UNI/TS  11300  PARTE  1  –  DETERMINAZIONE  DEL  FABBISOGNO  DI  ENERGIA  TERMICA  INVERNALE  ED  ESTIVA  (involucro)  È  la  specifica  tecnica  della  normativa  nazionale  UNI  EN  ISO  13790/2008:  metodo  mensile  per  il  calcolo  dei  fabbisogni  di  energia  termica  per  riscaldamento  e  per  raffrescamento  

Per  determinare  la  prestazione  energetica  dell’edificio  servono  metodi  di  calcolo  per  il  fabbisogno  di  energia,  per  il  fabbisogno  di  energia  primaria  e  per  il  rendimento  per  gli  impianti  di  riscaldamento,  raffrescamento  e  acqua  calda  sanitaria,  e  il  risparmio  di  energia  primaria  ottenibile  utilizzando  il  rinnovabile.  

Temperatura  media  radiante:  espressa  in  °C,  si  calcola  come  media  delle  temperature  delle  pareti  interne  all'ambiente,  compresi  soffitto  e  pavimento.  

Zona  termica:  Parte  dell'ambiente  climatizzato  mantenuto  a  temperatura  uniforme  attraverso  lo  stesso  impianto  di  riscaldamento,  raffrescamento  o  ventilazione  

 (La  parte  2  è  relativa  all’impianto)  Qui  si  parla  di  riscaldamento  e  raffrescamento.    FABBISOGNO  TERMICO  IDEALE  Q  H,nd = Q  H,ht - ⎜ H,gn ⋅ Q  gn = (Q  H,tr + Q  H,ve) - ⎜ H,gn ⋅ (Q  int + Q  sol) (1) Q  C,nd = Q  gn - ⎜ C,ls ⋅ Q  C,ht = (Q  int + Q  sol) - ⎜ C,ls ⋅ (Q  C,tr + Q  C,ve)

ENERGIA  TOTALE  DA  FORNIRE  ALL’EDIFICIO  =    (ENERGIA  IDEALE  –  APPORTI  GRATUITI)/RENDIMENTO  

RISCALDAMENTO  

QH,tr  Htr,adj  ×  (θ  int,set,H  –  θ  e)  ×  t  Fr,kΦr,mn,k  

θ  è  costante  

I  coefficienti  globali  di  scambio  si  ricavano:  

H  tr,adj = H  D + H  g + H  U + H  A

Per  ogni  mese  c’è  una  temperatura  mensile  dei  locali  che  è  legata  a  quella  media  mensili  esterna.  

CALCOLO DISPERSIONI:

- Verso  esterno  - Verso  terreno  - Verso  locali  non  riscaldati  

La  norma  mette  per  ogni  delta  T  dei  coefficienti  correttivi,  sono  i  b:  

bve,k  è  il  fattore  di  correzione  della  temperatura  per  il  flusso  d'aria  k  -­‐esimo  (bve,k  ≠  1  se  la  temperatura  di  mandata  non  è  uguale  alla  temperatura  dell'ambiente  esterno,  come  nel  caso  di  pre-­‐riscaldamento,  pre-­‐raffrescamento  o  di  recupero  termico  dell'aria  di  ventilazione).  

(PONTI  TERMICI:  C’è  una  norma  dedicata  14683.  Dal  punto  di  vista  impiantistico  non  si  fa  nessun  calcolo  per  tenere  conto  dei  ponti  termici,  ma  si  applica  un  coefficiente  correttivo,  da  applicare  con  criterio:  negli  edifici  vecchi  non  isolati,  i  ponti  termici  erano  quasi  trascurabili,  si  applicava  un  10%.  Per  edifici  nuovi  si  applica  il  25-­‐30%  per  isolamento  interno,  12-­‐15%  per  fabbricati  con  cappotto  esterno.  Più  un  fabbricato  è  isolato  più  il  ponte  termico  incide  sul  fabbisogno.)  

Calcolo  del  fabbisogno  =  𝑈×𝐴×∆𝑇×𝑐𝑜𝑒𝑓𝑓  𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜  

Trasmittanza=  U  (W/m2.k)  

Coeff.correttivo  =1  per  sup.esterne  

Coeff.correttivo  diverso  da  1  se  T  esterna  è  maggiore  (locale  non  riscaldato)  

 

Coefficiente  correttivo  esposizione:  1  sud,  1.2  nord,  1.15  est  ovest.  

UNI  13370:  calcolare  dispersioni  verso  terreno,  paragrafo  7  (che  introduce  il  perimetro  DISPERDENTE)  

 

VENTILAZIONE  (pag  25):  è  ottimistica    

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Nel  caso  di  aerazione  o  ventilazione  naturale:  

-­‐  per  gli  edifici  residenziali  si  assume  un  tasso  di  ricambio  d'aria  pari  a  0,3  vol/h;  

-­‐  per  tutti  gli  altri  edifici  si  assumono  i  tassi  di  ricambio  d'aria  riportati  nella  UNI  10339.  I  valori  degli  indici  di  affollamento  sono  assunti  pari  al  60%  di  quelli  riportati  nella  suddetta  norma  ai  fini  della  determinazione  della  portata  di  progetto.  E’  un  ricambio  d’aria  molto  grande  perché  gli  ambienti  sono  di  lavoro  e  non  funzionano  24h  su  24.  

Ipotesi  energetica  (per  il  calcolo  del  fabbisogno  e  non  del  carico  di  picco):  funzionamento  24  ore  (pag  34).  Che  senso  ha  mettere  il  funzionamento  continuo?  Rende  confrontabili  situazioni  diverse.  

MURATURA  A  SACCO:  strutture  di  montagna,  tutte  in  pietra:  si  fanno  due  paramenti  distanti  un  metro  e  poi  si  riempie.  

MURATURA  A  CASSA  VUOTA:  anni  70.  Non  c’erano  isolanti  quindi  si  lasciava  una  camera  d’aria.  

   

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UNI  11300  –  PARTE  2  (IMPIANTO)  (binomio  edificio  impianto)  (si  parla  di  riscaldamento  e  acqua  calda  sanitaria)    FABBISOGNO  di  energia  PRIMARIA  utile  ideale  /  effettivo  (pag  15)  :  nella  parte  1  si  fa  il  conto  del  fabbisogno  energetico  del  fabbricato,  nella  parte  2  si  calcola  l’effettivo  fabbisogno  di  energia  primaria  per  garantire  le  condizioni  prefissate:  

- Produzione:  rendimento  di  produzione  =  en.  Termica  ceduta  dalla  generazione/en.  Assorbita  - Distribuzione:  fluido  termovettore  - Emissione:  a  seconda  della  tipologia  del  terminale  non  tutta  l’energia  del  terminale  viene  immediatamente  

trasferita,  quindi  c’è  un  certo  rendimento  di  emissione  - Regolazione    

 Consumiamo  più  energia  primaria  per  fornire  al  fabbricato  l’energia  calcolata  nella  parte  1.            Caldaia  a  condensazione  n>100%  I  produttori  tendono  a  fornire  due  potenze  diverse:  uno  in  regime  di  produzione  acs  e  uno  in  regime  riscaldamento  (file  Victrix_mini_kw_scheda  tecnica)  

Bollitore  rapido  (al  posto  dello  scambiatore  rapido):  se  si  incrosta  a  causa  del  calcare  funziona  ugualmente.  All’interno  ha  un  serpentino  che  permette  al  fluido  di  assorbire  l’intera  potenza  termica.  

Quando  si  parla  di  caldaia  istantanea,  si  parla  di  caldaia  con  uno  scambiatore  rapido  (se  si  sporca  inizia  a  funzionare  male).  

Le  caldaie  istantanee  modulano  sul  bruciatore:  le  tre  stelle  modulano  solo  il  combustibile,  le  quattro  stelle  (a  condensazione)  modulano  sia  sul  combustibile  sia  sul  comburente.  

Le  caldaie  hanno  una  valvola  tre  vie,  danno  priorità  al  sanitario  (se  caldaie  sotto  i  35  kW).  Se  invece  la  potenza  è  superiore  ai  35  kW  si  può  anche  alimentare  insieme.  

Per  i  nuovi  sistemi  è  meglio  mettere  una  caldaia  per  il  riscaldamento  (a  condensazione)  e  una  caldaia  per  l’acs.  

Le  caldaie  con  semi  accumulo,  hanno  una  sonda  di  temperatura  in  alto  sull’accumulo  dell’acs.  Quando  la  temperatura  diminuisce  la  valvola  tre  vie  devia  sull’acs.  

Le  caldaie  di  minima  hanno  un  pressostato  di  minima:  se  la  p  è  minore  di  un  valore  minimo  la  caldaia  non  si  accendono  per  evitare  surriscaldamento.  Infatti  ai  piani  alti  la  caldaia  rapida  fa  fatica  a  partire  perché  hanno  problemi  di  pressione.  La  soluzione  per  i  piani  alti  è  la  caldaia  a  semi  accumulo,  che  costa  un  po’  di  più  ed  è  più  ingombrante.  

Portata  termica:  portata  combustibile*PCI  

La  potenza  termica  è  quella  resa.  

La  Victrix  modula  dai  4  kW  ai  20  kW  (che  è  molto  buono)  

Tutti  gli  impianti  domestici  sono  tarati  a  3  bar,  quindi  anche  le  valvole  di  sicurezza  sono  tarate  a  3  bar  

Precarica  del  vaso  è  a  un  1  bar  ma  si  può  anche  cambiare.  

Rendimento  di  combustione  =  potenza  trasferita  al  fluido  +  perdite  al  mantello  /  m*pci  

Perdite  al  camino  sono  minori  se  i  fumi  sono  più  lenti,    

CO2:  è  il  rapporto  tra  la  CO2  prodotta,  e  la  somma  dei  prodotti  di  combustione.  Dipende  dall’eccesso  d’aria.  In  genere  l’eccesso  d’aria  è  enorme.  

CO  individua  gli  incombusti,  e  gli  NOx  che  dipende  dall’alta  temperatura:  in  genere  è  una  coperta  troppo  corta,  se  ho  pochi  CO  ho  tanti  NOx  e  viceversa.  

 

   

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Le  principali  sigle  che  caratterizzano  le  norme  sono:  

-­‐  UNI:  (Ente  Nazionale  Italiano  di  Unificazione)  contraddistingue  tutte  le  norme  nazionali  italiane  e  nel  caso  sia  l’unica  sigla  presente  significa  che  la  norma  è  stata  elaborata  direttamente  dalle  Commissioni  UNI  o  dagli  Enti  Federati;  

-­‐  EN:  identifica  le  norme  elaborate  dal  CEN  (Comité  Européen  de  Normalisation).  Le  norme  EN  devono  essere  obbligatoriamente  recepite  dai  Paesi  membri  CEN  e  la  loro  sigla  di  riferimento  diventa,  nel  caso  dell’Italia,  UNI  EN.  Queste  norme  servono  ad  uniformare  la  normativa  tecnica  in  tutta  Europa,  quindi  non  è  consentita  l’esistenza  a  livello  nazionale  di  norme  che  non  siano  in  armonia  con  il  loro  contenuto;  

-­‐  ISO:  individua  le  norme  elaborate  dall’ISO  (International  Organization  for  Standardization).  Queste  norme  sono  un  riferimento  applicabile  in  tutto  il  mondo.  Ogni  Paese  può  decidere  se  rafforzarne  ulteriormente  il  ruolo  adottandole  come  proprie  norme  nazionali,  nel  qual  caso  in  Italia  la  sigla  diventa  UNI  ISO  (o  UNI  EN  ISO  se  la  norma  è  stata  adottata  anche  a  livello  europeo).  

 

 

   

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UNI/TS  11300  PARTE  3  –  FABBISOGNO  ENERGIA  PRIMARIA  PER  IL  RAFFRESCAMENTO  E  RENDIMENTO  RENDIMENTO:  emissione  regolazione,  produzione,  trasporto.  

Le  macchine  sono  sensibili  al  variare  della  Tcond  e  della  Tevap  e  anche  del  fattore  di  carico:  la  norma  permette  di  calcolare  il  rendimento  di  produzione  al  variare  di  queste  due  variabili,  mettendo  a  disposizione  una  certa  casistica.  Da  non  trascurare  il  fatto  che  quando  l’evaporatore  si  avvicina  allo  zero  gradi  iniziano  i  cicli  di  sbrinamento  che  non  sono  trascurabili.  

Prospetto  10:  non  comprende  il  consumo  per  il  pompaggio  che  va  considerato.  Il  fornitore  deve  fornire  questi  dati  

Il  calcolo  è  sempre  sul  giorno  medio  mensile  (che  è  un  grossa  approssimazione)    

5.5.2 pag  19  e  vedere  il  prospetto  D  per  approfondimento:  ci  sono  7  coefficienti  per  varie  condizioni  che  differiscono  da  quelle  ideali.  Si  ricava  cosi:  energia  prodotta/energia  elettrica  consumata  nel  mese  da  cui  si  può  ricavare  l’energia  primaria  consumata.  

UNI/TS  PARTE  4  –  UTILIZZO  ENERGIE  RINNOVABILI:  RENDIMENTI  E  CONSUMI  DI  ENERGIA  PRIMARIA  PER  LA  PRODUZIONE  DI  EN.  FRIGO  Biomasse,  solare  termico,  cogenerazione,  fotovoltaico,  pompe  di  calore.  Energia  primaria  assorbita  da  queste  tecnologie.  

La  parte  solare  come  energia  solare  assorbe  solo  quella  necessaria  agli  ausiliari.  

Le  pompe  di  calore  sono  al  punto  9,  pag  38.  

Tutti  i  sistemi  ventilati  necessitano  di  acqua  superiore  a  20°C  anche  quando  fuori  ce  ne  sono  19-­‐20,  altrimenti  mandano  aria  in  ambiente  troppo  fredda  che  dà  fastidio.  Normalmente  si  fa  un  punto  fisso  a  45  (si  penalizza  il  cop)  oppure  si  fa  35-­‐45  (45  in  picco,  35  in  situazioni  intermedie)  

Pompe  acqua/acqua  (geotermica)  è  meno  sensibile  alla  temperatura  dei  pozzi  

Ma  le  pompe  aria/acqua  sono  molto  sensibili  alle  temperature  di  produzione,  la  parte  4  consente  il  calcolo  del  rendimento  medio  mensile  di  produzione  (prospetto  24,25..)  

IMPORTANTE:  SE  CI  SI  DIMENTICA  SI  SOTTO  DIMENSIONA  LA  POMPA  DI  CALORE  

Fattore  di  riduzione  rispetto  alla  potenza  nominale  a  -­‐7°C  (il  fattore  di  riduzione  è  del  25/30%)  comprende:  il  ciclo  di  sbrinamento,  fattore  di  sporcamento  (da  parte  del  ghiaccio,  si  tiene  in  conto  del  fatto  che  nella  media  del  ciclo  c’è  della  brina  che  continua  a  sporcare  l’evaporatore,  e  quindi  la  Tevap  deve  continuare  a  scendere,  va  a  -­‐12  -­‐14°C)  (l’evaporatore  funziona  10  minuti  poi  inverte  il  ciclo)  si  può  valutare  la  potenza  media  di  ciclo.  

IMPORTANTE:  perché  i  costruttori  forniscono  i  valori  di  rendimento  tenendo  l’aria  esterna  a  +7°C  e  non  a  -­‐7°C  oppure  a  +5°C?  perché  con  l’aria  a  7°C  il  freon  evapora  a  +1°C  che  è  la  condizione  limite  per  il  brinamento,  indipendentemente  dall’umidità  dell’aria.  

IMPORTANTE:  a  Milano  si  progetta  a  -­‐5°C,  in  provincia  -­‐6°C,  fabbricato  isolato  -­‐7°C.  La  temperatura  di  progetto  è  una  temperatura  media  giornaliera  del  giorno  più  freddo.  Ma  per  alcune  ore  possono  verificarsi  temperature  molto  inferiori.  

• Se  abbiamo  un  impianto  ad  acqua  (nel  senso  che  non  c’è  trattamento  di  aria  esterna,  pannelli  radianti,  radiatori  e  fan  coil)  l’effetto  di  avere  una  temperatura  più  bassa  l’unico  effetto  negativo  è  il  calo  di  potenza  da  parte  della  pompa  di  calore.  Si  sceglie  un  sistema  ibrido  con  una  caldaia  che  deve  lavorare  di  più,  oppure  la  pompa  di  calore  deve  lavorare  di  più  per  qualche  ora  all’anno  e  che  avrà  un  calo  di  potenza.  Il  fabbricato  comunque  poco  si  accorge  della  differenza  dell’aria  esterna  grazie  all’inerzia  del  fabbricato,  però  bisogna  scegliere  una  pdc  che  abbia  una  temperatura  di  funzionamento  minima  non  superiore  a  -­‐15°C,  perché  alcune  pdc  vanno  in  blocco!  In  questo  modo  anche  se  non  si  dà  più  potenza  alla  pdc  siamo  sicuri  che  non  vada  in  blocco.  L’importante  è  che  non  si  blocchi.  

• Se  invece  si  hanno  impianti  ad  aria  primaria  o  tutt’aria  sono  più  sensibili.  L’impianto  sente  istantaneamente  la  variazione  climatica.  È  prudente  istallare  la  potenza  termica  nelle  reali  condizioni  minime  di  funzionamento,  gli  impianti  devono  essere  più  abbondanti.  

Variabilità  del  fattore  di  carico  (prospetto  27,28)  

Fatto  il  calcolo  dei  carichi  si  inizia  a  progettare  l’impianto  i  singoli  terminali.  Per  prima  cosa  si  determinano  le  portate  

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1000  l/h  a  salto  10  oppure  2000  litri/h  a  salto  5?  dal  punto  di  vista  della  portata  è  più  conveniente  portare  in  giro  meno  acqua  a  salto  maggiore  

 

LEZIONE  SUI  TUBI  RT2  A02  Costruzione  reti  idroniche  Pasini  rev  mar09.pdf  

DIAMETRO  INTERNO  

Identifica  convenzionalmente  un  diametro  di  tubo.  In  genere  essendo  uguale  al  diametro  esterno  ma  diverso  lo  spessore,  il  diametro  nominale  corrisponde  solo  approssimativamente  al  diametro  interno.  

PRESSIONE  NOMINALE  

Norma  10255  solo  per  fluidi  fino  a  120°  

Se  si  deve  progettare  a  temperature  superiori  si  possono  usare  le  norme  api  americane.  

I  tubi  resistono  a  una  COPPIA  di  pressione  e  temperatura.  Ad  esempio  un  tubo  a  PN  16  a  100°  non  è  più  PN  16  a  200°  -­‐primo  gruppo:  liquidi,  vapori  e  gas  non  pericolosi,  con  temperature  fino  a  120°C  (reti  vapore)  -­‐  secondo  gruppo:  liquidi,  vapori,  gas  fino  a  300°  (acqua  surriscaldata)  -­‐  terzo  gruppo:  temperature  comprese  tra  200°  e  400°  come  l’olio  diatermico  (fluido  vettore  che  a  pressione  atmosferica  bolle  a  350°,  serve  per  avere  un  fluido  con  temperature  alte  ma  pressioni  atmosferiche).  Nel  settore  termotecnico  si  lavora  con  pressioni  da  1  bar  (relativo)  fino  a  max  12  bar.  

 

TUBI  IN  ACCIAIO  

Acciaio  dolce,  si  usano  acciai  scadenti.  Non  serve  avere  particolari  performance,  ed  è  meglio  avere  un  materiale  facilmente  saldabile.    

Si  usano  saldature  a  cannello  ossiacetilenico  o  a  elettrodo.  Le  saldature  vengono  fatte  in  opera  e  non  in  fabbrica,  devono  essere  a  tenute  di  liquido  e  spesso  essendo  in  opera  sono  scomode  da  realizzare,  avere  un  acciaio  facilmente  saldabile  è  vantaggioso.  Per  applicazioni  particolari  si  usano  acciai  più  spessi  e  più  pregiati,  si  utilizzano  nel  settore  petrolchimico.    

I  tubi  in  acciaio  vengono  forniti:  tal  quali  (tubo  nero)  oppure  protetti  con  zincatura  a  caldo  (vuol  dire  in  bagno  di  zinco  fuso,  la  zincatura  a  freddo  si  ottiene  per  via  elettrolitica,  cioè  deposizione  di  ioni  zinco).  I  tubi  zincati  vengono  usati  per  adduzione  acqua  potabile,  è  resistente  alla  corrosione,  e  dal  punto  di  vista  igienico  è  idoneo.  Ma  non  vengono  saldati  perché  in  quel  punto  la  zincatura  non  c’è  più.  I  tubi  che  vengono  saldati  sono  tubi  neri.  Il  tubo  zincato  viene  giuntato  con  la  filettatura  a  gas:  necessita  di  materiale  di  tenuta,  la  filettatura  ha  maschio  conico  che  viene  rivestito  di  materiale  di  tenuta  come  canapa  e  teflon  e  femmina  cilindrica.  

La  raccorderia  dei  tubi  zincati  è  in  ghisa  malleabile  (a  cuore  bianco  o  nero).  Il  produttore  leader  è  AFL.  Per  raccorderia  del  tubo  nero  si  usa  tubo  nero.  

Per  fare  un  filetto  su  una  tubazione  si  usa  un  attrezzo  che  si  chiama  filiera:  filiera  mano,  elettrica  portatile,  da  banco.  

Se  non  esiste  la  raccorderia  in  commercio,  si  costruisce  tutto  in  tubo  nero  e  poi  si  manda  a  zincare:  sui  tubi  piccoli  si  raccorda  a  filetto  (fino  a  2  pollici),  cui  tubi  grandi  la  giunzione  a  flangia  (dal  2,5  pollici  in  su).  Le  flange  sono  in  acciaio  zincato,  le  raccorderie  a  filetto  sono  in  ghisa  malleabile.  

Fino  a  1  pollice  i  tubi  possono  essere  piegati  a  freddo,  altrimenti  si  usano  raccordi  curvi.  

TUBI  INTERRATI:  devo  avere  rivestimento  dielettrico,  due  tipologie:  

- Rivestimento  catramato  - Tubi  polycoat:  tubo  in  acciaio  con  rivestimento  esterno  di  polietilene  espanso  estruso  (acquedotti,  gasdotti).  

Può  essere  filettato  o  nero  con  giunzioni  saldate.  Nel  punto  di  giunzione  si  usano  dei  nastri  che  avvolgono  il  raccordo  e  si  scaldano  a  cannello.  

 

 

 

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TUBI  IN  RAME  

Crudo  o  ricotto:  il  ricotto  viene  riscaldato  e  questo  trattamento  consente  di  essere  molto  malleabile,  si  piega  molto  facilmente.  Rame  crudo  è  disponibile  in  verghe  (4  pollici),  rame  ricotto  è  disponibile  in  rotoli  (dai  6  ai  22  mm),  si  usa  per  i  circuiti  chiusi  ad  acqua.  

I  tubi  in  rame  sono  denominati  in  serie  unificata  in  millimetri  sul  diametro  esterno  (in  genere  viene  fornito  anche  lo  spessore)  

Tubi  in  rame  costano  7€/kg  ma  sono  facili  da  posare,  tubi  in  acciao  1€/kg.  

Hanno  una  denominazione  metrica,  tranne  quelli  per  applicazioni  frigorifere  che  hanno  denominazione  in  pollici.  

Misure:  ¼  3/8  ½  5/8  ¾  7/8  vengono  usati  per  gli  impianti  frigoriferi,  sono  molto  puliti  all’interno    

I  tubi  ricotti  si  posano  a  pavimento,  perché  si  piegano,  sono  forniti  già  con  rivestimento  

I  tubi  per  controsoffitto  devono  essere  rigidi,  non  devono  piegarsi,  non  si  usa  il  rame  ricotto  per  i  controsoffitti  ma  si  usano  le  verghe.  

Il  rame  è  più  resistente  alla  corrosione,  è  più  pulito,  la  saldatura  è  brasatura  su  accoppiamenti  maschio  femmina.  Basta  scaldare  bene  il  materiale  maschio,  e  basta  toccare  con  la  bacchetta  che  la  saldatura  percorre  tutto  il  raccordo  realizzando  una  saldatura  a  tenuta.  Brasatura  dolce  con  stagno,  brasatura  forte  con  argento.  

Passivazione:  il  rame  è  batteriostatico:  è  il  miglior  materiale  per  limitare  la  proliferazione  della  legionella,  ma  bisogna  mettere  giunzioni  graffate  non  brasate.  

Giunzione  (pinzatura)  a  pressare  per  il  rame:  per  impianti  critici  dal  punto  di  vista  legionella,  e  anche  per  una  questione  estetica  quando  vengono  utilizzati  per  i  sanitari.  Non  si  fai  mai  la  filettatura  perché  tubo  troppo  sottile.  

 

TUBI  IN  PLASTICA  

Polipropilene  e  Polibutilene:  si  saldano  a  caldo,  sono  tubi  in  verghe  (non  rotoli)  all’interno  della  raccorderia  c’è  una  resistenza  che  attaccata  a  una  macchina  provvede  alla  fusione  locale  trasformando  la  giunzione  maschio  femmina  in  un  pezzo  unico.  

Svantaggi:  per  avere  un  tubo  a  PN10  serve  uno  spessore  grande.  Tende  a  invecchiare:  scarsa  resistenza  agli  uv  

Polipropilene  è  verdino  o  azzurro.  

Basse  perdite  di  carico  (tubi  lisci).  

PEX:  polietilene  reticolato,  non  si  salda,  si  usa  da  interno,  come  tutte  le  plastiche  invecchia  (resiste  poco  a  uv  e  ossigeno),  resiste  alle  correnti  vaganti.  

Hanno  inserito  nel  mercato  dei  tubi  in  pex  multistrato,  trattato  per  il  problema  dell’ossigeno  e  degli  uv.  Sono  tubi  a  strati  multipli  che  presentano  una  barriera  all’ossigeno  (alluminio)  e  l’interno  in  pex.  Si  utilizza  un  tubo  sempre  multistrato  ma  differente  negli  impianti  a  pavimento  radiante.  Invece  per  gli  impianti  idrici  si  usa  il  multistrato  con  l’alluminio.  

Gli  impianti  pex  hanno  sostituito  il  rame,  viene  usato  per  gli  impianti  modul.  Porre  attenzione  agli  spessori,  perché  a  parità  di  diametro  esterno  il  tubo  in  plastica  pex  ha  un  diametro  interno  più  piccolo  del  rame,  perché  ha  uno  spessore  maggiore.  Questa  differenza  non  è  da  trascurare.  Il  dn  100  per  i  tubi  in  acciaio  è  114,  per  il  polietilene  è  il  110,  ha  un  diametro  interno  108.    

NON  USARE  I  DN,  USARLI  SOLO  PER  LE  VALVOLE  

DN  

10  

15  

20  

25  

32  

POLLICI  

3/8  

½  

¾  

1  

1  ¼  

D  FERRO  (d  esterno  mm)  

17  

21  

27  

33  

42  

D  PLASTICA  (d  esterno  mm)  

15  

20  

25  

32  

40  

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  23  

40  

50  

65  

80  

100  

125  

150  

200  

1  ½  

2  

2  ½  

3  

4  

5  

6  

8  

48  

60  

76  

89  

114  

139  

168  

219  

50  

63  

75  

90  

110  

140  

160  

?  

 

Polietilene:  tubo  tipico  da  acquedotto  e  gasdotto,  si  salda  di  testa  (incandescenti  si  mettono  a  contatto  testa  a  testa)  o  con  manicotto  elettrico  (manicotto  con  resistenza  elettrica).  Alla  vista  è  nero,  utilizzato  nelle  applicazioni  da  interro.  Molto  sensibile  alla  temperatura,  non  è  idoneo  per  fluidi  che  non  siano  freddi.  Meglio  abbondare  sulla  pressione  nominale  dei  tubi  in  polietilene,  usare  PN16.  In  montagna  le  pressioni  di  esercizio  degli  acquedotti  può  arrivare  a  7  8  bar,  a  causa  dei  dislivelli.  

PVC  

Tra  le  plastiche  è  quella  meccanicamente  più  performante,  cioè  a  pari  pressioni  nominali  ha  lo  spessore  più  piccolo.  Fornito  in  verghe,  non  flessibile.  La  versione  PVC  –C  ha  una  discreta  resistenza  alla  temperatura.  Va  bene  per  collegare  pompe  di  calore  anche  di  grande  taglia.  Se  usato  in  circuito  chiuso  interrato  è  necessario  isolarlo  e  proteggere  l’isolamento:  si  isola  con  guaina  o  coppelle,  poi  si  infila  un  tubo  flessibile  in  pvc  (l’obiettivo  non  è  proteggere  il  tubo  ma  l’isolamento).  È  una  soluzione  che  non  corrode,  va  bene  con  la  temperatura,  va  bene  per  acqua  gelida  e  acqua  calda.  Il  PVC  (ma  anche  il  PVC-­‐C)  si  può  incollare,  è  l’unica  tra  le  materie  plastiche  che  si  può  saldare  incollando.  Va  bene  per  acquedotti  ma  anche  circuiti  chiusi,  temperature  non  elevatissime  ma  fino  a  60°C  va  bene.  Sono  idonei  anche  per  le  applicazioni  alle  torre  evaporative,  servono  tubi  grandi,  non  si  corrode,  non  arrugginisce,  ed  essendo  liscio  favorisce  il  defluire  dello  sporco  (notoriamente  le  torri  sono  molto  sporche).  Se  dovesse  essere  staffato  per  posa  aerea,  richiede  accortezza,  perché  il  passo  di  staffaggio  è  particolarmente  piccolo,  si  staffa  ogni  10-­‐20  diametri.  Esempio  fancoil  in  controsoffitto,  rete  per  lo  scarico  condensa:  se  la  si  fa  in  plastica  (che  è  la  soluzione  migliore,  si  fa  un  po’  in  pendenza)  bisogna  avere  tantissimi  punti  di  staffaggio.  Questo  problema  si  può  ovviare  facendo  un  profilato  in  acciaio  che  corre  sotto  la  lunghezza  del  tubo,  serve  per  irrigidire  la  struttura.  

PROGETTAZIONE  DI  UNA  RETE  DI  DISTRIBUZIONE  

I  circuiti  aperti  non  richiedono  particolari  attenzioni,  mentre  i  circuiti  chiusi  devono  avere  un  degasaggio  degli  incondensabili:  l’aria  nei  punti  alti  del  circuito  deve  essere  evacuata  in  modo  manuale  o  automatico.  Quelli  automatici  si  chiamano  jolly:  c’è  un  galleggiante  che  chiude  e  apre  un  orifizio  molto  piccolo  (se  c’è  aria  apre,  se  c’è  acqua  chiude).  

 

AEROTERMO  (file  esempio-­‐progetti\vighi-­‐studenti.dwg)  

Simile  a  un  fancoil,  tondo.  Possono  fare  raffrescamento.  C’è  una  batteria  circolare  con  un  ventilatore  in  mezzo.  Staffato  con  catene  al  soffitto.  Si  usa  per  il  riscaldamento  industriale.  C’è  una  bacinella  sul  fondo  per  raccogliere  la  condensa  che  poi  viene  portata  via  con  apposita  rete.  Sono  messi  molto  in  alto,  non  disturbano  il  carro  ponte.  Capriata:  travi  a  doppia  pendenza,  con  sopra  i  tegoli  appoggiati  sulle  travi.  La  rete  di  alimentazione  passa  sotto  la  capriata.  Per  sfiatare  la  rete  di  distribuzione  si  fa  fare  alla  mandata  una  salita  verticale,  e  con  un  raccordo  a  T  si  fa  girare  l’acqua  in  orizzontale,  in  quel  punto  la  bolla  tende  a  proseguire  la  corsa  in  verticale  ascendente  per  effetto  del  galleggiamento  e  si  raccoglie  nel  punto  più  alto  del  percorso  (che  è  più  alto  delle  utenze)  che  termina  in  un  punto  cieco.  Se  non  si  fa  cosi  si  deve  sfiatare  ogni  apparecchio,  che  è  complicato.  Da  questo  punto  cieco  parte  un  tubino  che  scende  a  quota  persona,  dove  si  può  aprire  manualmente  una  valvola  e  sfiatare  settimanalmente.  

Portata  di  bilanciamento:  nuova  portata  con  una  diversa  prevalenza  applicata:  Q1=Q0*(H1/H0)^0.525  

PERDITE  DI  CARICO:  

r  =  mm  c.a./m  

ν=  m2/s  

ρ  =  kg/m3  

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Q  =  l/h  

D  =  mm  

tubi  in  rame  e  in  materiale  plastico:  r=14.68.v0.25.r.Q1,75/D4,75  

tubi  in  acciaio  nero:  r=3,3.v0.13.r.Q1,87/D5,01  

 

 

CALCOLO  DILATAZIONI  TERMICHE  

Con  acqua  a  80°C  il  tubo  dilata  1  mm/m.  bisogna  realizzare  una  rete  che  non  si  rompa  a  seguito  di  dilatazione.  Si  possono  fare  reti  senza  punti  fissi,  in  modo  tale  da  compensare  le  dilatazioni  nel  campo  elastico.  Il  problema  comunque  è  molto  rilevante  se  l’acqua  è  molto  calda  e  scorre  in  tubi  molto  lunghi.  

Libero  movimento  dei  tubi:  ad  esempio  uno  staffaggio  lungo  consente  di  compensare  con  la  staffa  stessa  parte  della  dilatazione,  cioè  anche  per  grandi  spostamenti  della  parte  terminale  non  ci  sono  sforzi  di  trazione  e  compressione  superiori  alla  sigma  ammissibile  del  materiale.  Il  punto  critico  è  nel  punto  in  cui  un  tubo  compie  un  cambiamento  di  direzione:  bisogna  mettere  la  staffa  lontana  dalla  curva,  in  modo  che  non  ci  siano  conseguenze  in  seguito  a  flessione  del  tubo.  

Fissato  il  tipo  di  materiale,  fissata  la  sigma  ammissibile  (in  genere  gli  sforzi  non  si  fanno  più  del  50%  della  sigma  ammissibile)  fissato  diametro  e  allungamento,  si  va  a  vedere  in  tabella  la  distanza  c.  Cioè  se  devo  compensare  40  mm  con  un  tubo  da  4  pollici,  ho  bisogno  di  una  distanza  c=4,5  metri  per  compensare  gli  effetti  di  dilatazione  con  il  materiale  stesso  (la  distanza  c  è  la  distanza  tra  la  curvatura  e  la  staffa  successiva)    

 Oppure  si  fanno  dei  punti  fissi  (rigidamente  fissati  alla  struttura  muraria,  per  esempio  con  delle  flange)  con  dei  compensatori  di  dilatazione  (a  soffietto  inox,  battezzati  a  seconda  del  grado  di  assorbimento  della  dilatazione).  Mettere  un  giunto  inox  dal  punto  di  vista  strutturale  corrisponde  a  un  sistema  che  non  resiste  a  trazione,  e  bisogna  porre  attenzione  alle  spinte  in  gioco:  un  tubo  da  sei  pollici  può  arrivare  a  1200kg  di  spinta  orizzontale,  e  se  la  rete  prevede  dei  punti  fissi  sui  pilastri  verticali,  si  scaricano  queste  spinte  sulle  strutture  che  in  realtà  sono  pensate  solo  per  carichi  verticali.    

 

TUBI  TELERISCALDAMENTO  

Reti  teleriscaldamento:  100°  o  più  e  lunghissime,  si  compensano  a  lira  (in  realtà  si  fanno  4  curve).  Tubi  per  il  teleriscaldamento:  da  interro  per  addurre  acqua  calda  o  gelida,  normalmente  metallici,  rivestiti  da  una  coppella  di  isolamento,  più  una  guaina  in  pvc  per  la  protezione  della  coppella.  Giunzione:  si  accostano  i  due  tubi,  si  saldano  di  testa,  per  isolare  la  saldatura,  si  infila  un  manicotto,  che  viene  bucato  e  all’interno  del  quale  viene  fatta  una  colata  di  isolante.  Si  mettono  dei  fili  di  controllo  su  ciascuna  giuntura  per  monitorare  eventuali  perdite.  

File  calcolo  staffaggi:  si  fa  il  calcolo  strutturale  quanto  deve  essere  lunga  la  staffa  imposto  un  certo  spostamento  orizzontale.  

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Incastro  della  barra  sulla  staffa  (dado  e  contro  dado  –cioè  sul  lato  fisso)  +  cerniera  della  barra  sul  collare  (sul  lato    

J=momento  inerzia  

P=  spinta  

E=  modulo  elastico  

Sigma:  sforzo  (bisogna  controllare  che  questa  sigma  sia  inferiore  alla  sigma  di  snervamento)  

J(p)=D^4/10  ;  J(n)=D^4/20  

Per  risolvere:  o  si  allunga  la  barra,  oppure  si  mette  uno  snodo  a  cerniera  anche  sulla  staffa  e  gli  sforzi  si  annullano.  

 

CONDOTTE  AERAULICHE  

Per  dimensionare  una  rete  di  condotte  si  richiede  innanzitutto  di  posizionare  i  terminali  di  diffusione  e  ripresa  dell’aria,  anche  in  funzione  delle  esigenze  architettoniche.  In  seguito,  si  provvede  a  realizzare  il  tracciato  della  rete  aeraulica  per  unire  questi  elementi  all’unita  di  trattamento  dell’aria.  A  questo  punto,  i  passi  successivi  sono:  la  stima  delle  perdite  di  carico  e  la  scelta  del  sistema  di  calcolo  da  adottare  per  il  dimensionamento  delle  condotte.      

RACCOLTA  R  (file  Raccolta  R  2009)  

• Si  applica  a:  Temperatura  degli  impianti  che  utilizzano  acqua  calda  inferiore  a  110°  (perché  possono  essere  pressurizzati)  e  che  hanno  potenze  SUPERIORI  a  35  kW:  Tale  specifica  si  applica  agli  impianti  centrali  di  riscaldamento  utilizzanti  acqua  calda  sotto  pressione  con  temperatura  non  superiore  a  110°C,  e  potenza  nominale  massima  complessiva  dei  focolari  (o  portata  termica  massima  complessiva  dei  focolari)  superiore  a  35  kW.  

• Attualmente  la  pratica  di  richiesta  per  l’impianto  si  inoltra  all’INAIL  e  non  all’ISPESL  • Per  impianto  centrale  di  riscaldamento  si  intende  uno  o  più  circuiti  idraulici  ad  acqua  calda  sotto  pressione,  

con  vaso  di  espansione  aperto  o  chiuso,  servito  da  generatore  singolo  o  disposto  in  batteria,  da  generatore  modulare,  da  scambiatore  di  calore,  e  funzionante  con  combustibili  solidi,  liquidi  o  gassosi  o  con  sorgenti  termiche  con  rischio  di  surriscaldamento  (un  impianto  costituito  da  uno  o  più  generatori  di  calore  collegati  a  uno  o  più  apparecchi  utilizzatori).  Per  generatori  di  calore  soggetti  alle  prescrizioni  di  cui  al  D.M.  1.12.75  si  intendono  le  caldaie,  a  fuoco  diretto  o  non,  alimentate  da  combustibile  solido,  liquido,  gassoso  e  gli  scambiatori  di  calore  il  cui  primario  è  alimentato  da  fluido  avente  temperatura  superiore  a  110  °C  (quindi  se  temperatura  massima  del  freon  è  sotto  i  110°C  sembra  che  non  rientri  nella  normativa).  Per  i  circuiti  secondari  alimentati  da  uno  scambiatore  di  calore,  o  riscaldatore  di  acqua  destinata  al  consumo,  nel  caso  in  cui  la  temperatura  del  fluido  primario  sia  inferiore  od  uguale  a  quella  di  ebollizione  del  fluido  secondario  alla  pressione  di  0.5  bar  nel  circuito  secondario  possono  essere  omessi  i  dispositivi  di  protezione,  mentre  in  ogni  caso  sono  necessari  i  sistemi  di  espansione.  

• Valvola  di  scarico  termico:  autoazionata  (solo  meccanica:  Si  intende  per  valvola  autoazionata  una  valvola  azionata  dalla  stessa  energia  da  controllare.  Il  ripristino  dell'apporto  di  calore  deve  avvenire  solo  con  intervento  manuale).  Si  mette  molto  vicino  alla  mandata  dell’acqua  della  caldaia  (mezzo  metro)  cioè  nella  stessa  posizione  dove  si  mette  il  bulbo  della  vic.    Apre  quando  il  sensore  (che  è  dentro  alla  valvola,  non  remoto  come  nella  vic)  avverte  una  temperatura  superiore  a  quella  di  temperatura.  Ha  un  interruttore  elettrica  per  l’interruzione  del  bruciatore.  Normalmente  vic  e  valvola  di  scarico  termico  sono  intercambiabili  TRANNE  quando  il  combustibile  non  si  può  interrompere,  cioè  nel  combustibile  solido.  Nel  combustibile  solido  non  si  può  usare  la  vic,  quindi  la  valvola  di  scarico  termico  diventa  obbligatoria.  Quando  si  può  scegliere  se  mettere  una  o  l’altra  si  sceglie  sempre  la  vic  per  il  costo.  elettrica).  Per  i  generatori  di  calore  a  combustibile  solido  non  polverizzato,  l'intervento  della  valvola  di  scarico  termico  deve  provocare  l'interruzione  dell'afflusso  dell'aria  comburente  e  il  reintegro  totale  dell'acqua  scaricata:  cioè  si  deve  spegnere  un  eventuale  ventilatore  o  chiudere  la  serranda.  

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• Valvola  di  intercettazione  del  combustibile:  Valvola  ad  azione  positiva  che  automaticamente  intercetta  il  flusso  del  combustibile  in  caso  di  sopraelevazione  della  temperatura  dell'acqua  in  modo  da  impedire  che  sia  superata  la  temperatura  di  sicurezza  prefissata.  

• Valvola  sicurezza:  Valvola  che  automaticamente,  senza  l'assistenza  di  energia  diversa  da  quella  del  fluido  in  pressione,  scarica  una  quantità  di  fluido  tale  da  impedire  che  sia  superata  la  pressione  di  sicurezza  prefissata.  La  valvola  deve  richiudersi  entro  lo  scarto  di  chiusura  ammesso.  Le  valvole  di  sicurezza  possono  essere  caricate  da  peso  e  leva  o  da  molla  diretta.  

o pressione  di  taratura:  alla  quale  la  valvola  di  sicurezza  comincia  ad  aprirsi  o sovrappressione:  incremento  di  pressione  al  di  sopra  della  pressione  di  taratura,  necessario  per  

consentire  all'otturatore  di  compiere  l'alzata  o pressione  di  scarico:  La  pressione  alla  quale  la  valvola  scarica  la  piena  portata,  pari  alla  pressione  di  

taratura  più  la  sovrappressione.  La  pressione  di  scarico  della  valvola  non  può  superare  la  pressione  massima  ammissibile  del  generatore.      

   Esempio  di  pratica  ispesl:  file  beretta-­‐ispesl-­‐st.dwg  (file  ispesl.zip)  (fatto  con  la  raccolta  vecchia)  (ora  INAIL).  

• Serie  di  organi  di  protezione  sicurezza  e  controllo  • Vaso  di  espansione  chiuso:  c’è  una  valvola  in  alto  sul  vaso,  perché  quando  la  membrana  che  separa  acqua  e  

aria  si  allarga  per  far  spazio  all’espansione  dell’acqua,  l’aria  si  pressurizza  secondo  l’isoterma:  p*V=costante  • La  vecchia  norma  chiedeva:  termostato  regolazione  caldaia  (pomello  per  regolare)  +  termostato  di  sicurezza  

(a  taratura  fissa,  con  pulsante  di  riarmo  manuale,  quando  scatta  blocca  la  caldaia  e  va  riarmato  manualmente)  +  termometro  all’uscita  della  caldaia  (entro  50  cm  /1  metro  dall’uscita  della  caldaia)  +  organo  di  controllo  della  pressione  (manometro)  che  deve  avere  un  fondo  scala  non  meno  di  1,2  inferiore  allo  scarico  della  valvola  di  sicurezza  e  non  superiore  a  2  volte  allo  scarico  della  valvola  di  sicurezza.  Il  manometro  è  collegato  a  una  valvola  tre  vie,  perché  è  un  manometro  con  l’attacco  per  il  manometro  di  controllo  dell’ispesl.  Si  mette  poi  un  pozzetto  di  ispezione  (numero  8),  sempre  dell’ispesl,  che  misura  infilando  nel  pozzetto  un  termometro.  Tutti  gli  apparecchi  che  si  usano  devono  essere  omologati  dall’ispesl  (che  ne  controlla  uno  uguale).  Quando  la  pressione  dell’impianto  supera  del  10%  quella  di  taratura,  la  valvola  di  sicurezza  è  tutta  aperta.  

               PB:  pressostato  di  blocco,  va  tarato  alla  pressione  di  taratura  delle  valvole  di  sicurezza.  È  un  apparecchio  di  protezione  a  riarmo  manuale,  quando  la  pressione  arriva  alla  pressione  di  taratura  scatta.  Uno  è  il  pressostato  di  massima  ma  nelle  norme  nuove  va  aggiunto  un  pressostato  di  minima  da  tarare  almeno  mezzo  bar  che  evita  che  il  bruciatore  vada  a  caldaia  vuota  (per  esempio  in  caso  di  perdita  dell’impianto)    Alle  volte  si  mettono  due  pressostati  di  massima.  

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Valvola  di  sicurezza  (11):  deve  avere  la  capacità  di  scarico  pari  alla  potenza  resa  della  caldaia,  vuol  dire  che  la  valvola  tutta  aperta  deve  essere  tale  da  consentire  il  passaggio  del  vapore  prodotto  dalla  caldaia.  Se  caldaia  dà  100.000  kcal/h  porta  500  kcal/kg  la  capacità  di  scarico  della  valvola  è  di  200kg/h  di  vapore  (100.000/500).  Il  costruttore  della  caldaia  fornisce  i  kW  RESI  (non  potenza  al  focolare),  se  la  caldaia  ha  100  kW  di  potenza  resa  all’acqua,  la  valvola  deve  essere  almeno  o  superiore  a  100kW.  VIC:  valvola  intercettazione  combustibile  che  è  omologata  e  qualificata    (come  la  valvola  di  sicurezza).  Omologata  vuol  dire  che  si  testa  un  modello  uguale  a  quello  in  uso,  qualificata  cioè  testata  una  a  una,  con  proprio  numero  di  matricola.  È  una  valvola  autoazionata  (meccanica  senza  alimentazione  energia  elettrica)  a  riarmo  manuale.  Azionata  da  una  sonda  di  temperatura,  quando  la  temperatura  mandata  (100/110°)  raggiunge  il  valore  di  settaggio  la  valvola  chiude.  Ha  un  capillare  che  spilla  dalla  mandata.  Si  usa  quando  il  delta  P  è  indipendente  dal  delta  T.    Valvola  di  scarico  termico:  se  si  ha  combustibile  solido  non  si  può  intercettare  combustibile,  è  obbligatoria  la  valvola  di  scarico  termico,  autoazionata  dalla  temperatura  di  mandata.  Non  esiste  corrispondenza  tra  aumento  di  pressione  e  temperatura  in  quei  circuiti  dove  la  temperatura  nel  circuito  è  diversa  nelle  varie  ramificazioni.  Nel  momento  in  cui  ogni  caldaia  viene  isolata  con  valvole  di  intercettazione  per  eventuali  manutenzioni/sostituzioni  devono  essere  dotate  del  proprio  vaso  di  espansione  dedicato,  oltre  a  tutti  gli  organi  di  protezione.  Tutte  le  caldaie  intercettabili  devono  avere  vaso  dedicato  al  circuito  caldaia.  Vaso  di  espansione:  Per  il  calcolo  del  vaso  vengono  fissate  alcune  informazioni  di  partenza:    1. quote  di  riferimento  degli  organi  di  sicurezza,  (nel  disegno  tutti  gli  organi  di  sicurezza  e  i  vasi  sono  

quotate)  punto  più  alto  dell’impianto.    2. Battente  idrostatico  fondo  caldaia  16m:  cioè  punto  più  basso  (caldaie)  e  punto  più  alto  ci  sono  16  metri.    3. Pressione  di  taratura  delle  valvole:    

1.  Se  ho  un  impianto  alto  16  metri,  devo  avere  almeno  3  metri  in  più  (0.3  bar)  a  freddo,  per  avere  un  minimo  di  sovrapressione  per  sfiatare.    2.  si  decide  in  base  alla  precaricare  del  vaso:  in  baso  a  quanto  precarico  il  vaso,  decido  le  pressioni  a  freddo  dell’impianto.  Si  deve  dare  una  pressione  alla  base  dell’impianto  di  1,9  bar  (punto1),  decido  che  il  vaso  deve  avere  una  precarica  di  2  bar,  la  valvola  di  sicurezza  (Più  alta  di  dieci  centimetri)  è  a  4  bar.  Vaso  =  capacità  impianto  a  freddo  *  coefficiente  dilatazione  /  (1  –p1/p2)    

P1=  pressione  assoluta  alla  quota  del  vaso  a  freddo,  3  bar.  (pressione  di  precarica)  Se  un  vaso  è  più  alto  di  50  cm  la  p1=2.95  bar  P2=  pressione  assoluta  del  vaso  quando  la  valvola  comincia  a  scaricare  (la  valvola  scarica  a  4bar,  5bar  assoluti,  corretto  della  differenza  di  quota  tra  valvola  e  vaso:  10cm,  diventa  5.01)  Osservazione:  se  P2  piccolo,  P1  grande,  denominatore  piccolo,  vaso  grande.  Più  la  valvola  è  tarata  alta  più  i  vasi  diventano  piccoli.  Ma  più  vasi  sono  piccoli  e  più  la  pressione  dell’impianto  è  alta.  Se  voglio  un  impianto  con  pressioni  basse  devo  avere  vasi  grandi  e  tarature  delle  valvole  basse,  porre  attenzione  in  impianti  vecchie  e  che  perdono.  Avere  una  taratura  inferiore  alla  pressione  massima  del  circuito  che  è  la  caldaia:  in  genere  si  tara  il  10%  in  meno  della  pressione  della  caldaia,  ma  porre  attenzione  perché  se  una  caldaia  a  Pn=5  bar  normalmente  richiede  4  bar  di  taratura  della  valvola  di  sicurezza  e  non  4,5  bar,  perché  bisogna  aggiungere  anche  il  battente.    Infine  ci  sono  delle  dichiarazioni  da  scrivere:  

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 - Se  le  valvole  scaricano  vapore  questo  va  convogliato  in  una  vaschetta,  per  non  ustionare  qualcuno.  - Se  la  pompa  è  ferma  la  caldaia  NON  si  mette  in  moto.  

 NORME  NUOVE  File  progetto19-­‐rev31.dwg    In  aggiunta  al  caso  precedente  c’è  solo:  1. il  pressostato  di  minima      2. nelle  dichiarazioni  si  aggiunge  una  riga  con  taratura  del  termostato  di  sicurezza  che  si  può  scegliere  a  

100°C  (con  coeff.  Dilatazione  più  basso)  o  110°C  (con  c  più  alto).    3. Inoltre  mentre  nella  normativa  vecchia  la  tolleranza  sul  calcolo  del  vaso  di  espansione  era  del  +/-­‐  10%,  

mentre  ora  è  MAGGIORE  /  UGUALE  DI  quello  calcolato  4. PARERE  ALL’INAIL  depositando  copia  del  progetto,  prima  era  all’ispesl:  si  progetta  l’impianto,  e  una  volta  

realizzato  l’impianto  si  scrivono  le  quote  vere  dei  vasi,  si  chiede  il  parere  su  una  cosa  già  fatta.  Dopo  alcuni  anni  l’INAIL  richiede  il  pagamento  di  un  bollettino  e  controlla  l’impianto,  che  normalmente  va  bene.  

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Nel  caso  di  impianti  a  vaso  aperto,  nella  nuova  normativa  è  prevista  la  differenza  tra  tubo  di  carico  e  tubo  di  sicurezza.  Il  tubo  sul  fondo  del  vaso  che  è  collegato  sul  ritorno,  mentre  il  tubo  di  sicurezza  scarica  l’acqua  bollente  se  la  caldaia  si  mette  a  bollire:  il  vapore  va  verso  l’alto  (volume  utile  del  vaso  di  espansione  aperto:  volume  minimo  fino  al  volume  di  troppo  pieno).  Se  c’è  un  tubo  di  collegamento  tra  tubo  di  carico  e  tubo  di  sicurezza,  la  circolazione  dipende  dalla  differenza  di  pressione  della  caldaia:  siccome  c’è  la  caldaia  che  rappresenta  una  perdita  di  carico,  la  circolazione  nel  tubo  è  da  destra  a  sinistra.  Se  si  ferma  la  pompa?  La  circolazione  è  rovescia:  ragionando  in  termini  di  convezione  naturale,  il  punto  più  caldo  è  all’uscita  della  caldaia  e  la  circolazione  va  da  sinistra  a  destra.  Se  si  ha  un  impianto  a  vaso  aperto  di  un  impianto  molto  vecchio  si  mette  la  valvola  tre  vie.  Il  costruttore  della  caldaia  ci  dà  già  la  portata  in  kW  di  scarico  che  deve  avere  la  valvola.  Bisogna  vedere  anche  i  diagrammi  delle  portate  al  variare  della  pressione.  Quando  c’è  la  valvola  di  scarico  termico,  deve  essere  prevista  una  valvola  di  reintegro.  

DISPOSITIVI  PROTEZIONE:  TERMOSTATI  E  PRESSOSTATI  tarati  a  100°  o  a  110°  L'elemento  sensibile  del  dispositivo  di  regolazione  deve  essere  applicato  sulla  sommità  del  generatore,  sulla  tubazione  di  uscita  a  monte  di  qualsiasi  organo  di  intercettazione.  Nel  caso  dei  termostati,  l'elemento  sensibile  deve  essere  immerso  nella  corrente  d'acqua  in  uscita  dal  generatore  quanto  più  possibile  in  prossimità  del  generatore  stesso  e  comunque  a  non  più  di  1  m  all'esterno  del  mantello  di  rivestimento.  I  pressostati  e  i  dispositivi  di  protezione  livello/pressione  minima,  possono  essere  installati  direttamente  sul  generatore  o  sulla  tubazione  di  mandata  non  oltre  1  metro  dall'uscita  dal  generatore  a  monte  di  qualsiasi  organo  di  intercettazione.  Fondo  scala:  Il  fondo  scala  dei  manometri  deve  essere  compreso  tra  1,25  e  2  volte  la  pressione  massima  di  esercizio  dell'impianto  intendendosi  per  tale  la  pressione  di  taratura  della  valvola  di  sicurezza  (vaso  chiuso)  o  la  pressione  idrostatica  dell'impianto  (vaso  aperto).  

Gli  impianti  con  vaso  di  espansione  aperto  devono  essere  provvisti  di:  a)  vaso  di  espansione  aperto;  b)  tubo  di  sicurezza;  c)  tubo  di  carico;  d)  termostato  di  regolazione;  e)  termostato  di  blocco;  f)  termometro,  con  pozzetto  per  termometro  di  controllo;  g)  manometro,  con  rubinetto  a  flangia  per  manometro  di  controllo;  h)  dispositivo  di  protezione  livello  minimo.  Qualora  i  generatori  non  siano  provvisti  di  tutti  i  dispositivi,  quelli  mancanti  possono  essere  installati  sulla  tubazione  di  mandata  del  generatore  entro  una  distanza,  all’esterno  del  mantello,  non  superiore  ad  1  metro.  

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VASO  DI  ESPANSIONE  Il  volume  utile  del  vaso  di  espansione  aperto  dovrà  essere  non  inferiore  a  Vn:  VE  =VA  .  n/100  =  volume  di  espansione;  VA  =volume  totale  dell'impianto,  in  litri;  n  =  0,31  +  3,9  x10-­‐4.tm^2;  tm  =  temperatura  massima  ammissibile  in  °C  riferita  all’intervento  dei  dispositivi  di  sicurezza.  

La  norma  distingue  tra  vasi  con  diaframma  e  vasi  senza  diaframma  (ma  in  realtà  non  si  mettono  senza  membrana,  perché  vanno  periodicamente  precaricati).    Vn  >=  Ve/(1-­‐P1/P2)    La  formula  deriva  dalla  isoterma  pV=costante  (isoterma  alla  temperatura  ambiente,  legge  dei  gas  perfetti)  

Impianti  a  vaso  di  espansione  chiuso  I  generatori  di  calore  alimentati  con  combustibile  solido  non  polverizzato,  installato  negli  impianti  del  tipo  a  vaso  di  espansione  chiuso  devono  essere  provvisti  di:  a)  vaso  di  espansione  chiuso;  b)  valvola  di  sicurezza;  c)  termometro  con  pozzetto  per  termometro  di  controllo;  d)  manometro,  con  flangia  per  manometro  di  controllo;  e)  pressostato  di  blocco  a  riarmo  manuale;  f)  allarme  acustico  e  ottico.  g)  un  dispositivo  di  limitazione  della  temperatura  a  riarmo  automatico;  h)  un  dispositivo  di  limitazione  della  temperatura  di  sicurezza  a  riarmo  manuale;  i)  per  sistemi  di  combustione  a  disinserimento  parziale  deve  essere  installato  un  dispositivo  di  dissipazione  della  potenza  residua,  di  cui  al  successivo  punto  3.3  j)  dispositivo  di  protezione  pressione  minima.  Dispositivo  di  dissipazione  della  potenza  residua.  Il  dispositivo  di  dissipazione  della  potenza  residua  deve  essere  costituito  da  uno  scarico  di  sicurezza  termico  in  combinazione  con  uno  scambiatore  di  calore  integrato  nella  caldaia.  Tra  gli  scambiatori  ammessi  sono  inclusi  i  riscaldatori  d’acqua  ad  accumulo  o  a  circolazione,  purché  siano  progettati  e  configurati  in  modo  che  il  calore  possa  essere  trasferito  senza  ausiliari  addizionali  e  senza  energia  esterna.    Generatori  modulari  Sono  le  caldaie  messe  in  parallelo.  Il  costruttore  ha  convenienza  produrre  generatori  modulari,  piuttosto  che  generatori  molto  grossi.  La  normativa  semplifica  un  po’  i  dispositivi  di  sicurezza  in  questi  casi,  per  non  installare  troppi  dispositivi.    PANNELLI  SOLARI  I  pannelli  raggiungono  temperature  significativamente  superiori  ai  110°.  Sopra  i  35  kW  cioè  sopra  i  50  mquadri  di  pannelli.  Le  sicurezze  intervengono  sulla  pompa  e  sul  lato  pannelli.  

   

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IMPIANTI  INDUSTRIALI  Nelle  pompe  di  calore  a  gas  la  temperatura  del  fluido  è  più  alta  di  quelle  a  compressione.  Come  COP  sono  migliori:  non  hanno  i  problemi  invernali  delle  macchine  a  compressione,  non  va  in  blocco.  COP=  Potenza  resa/potenza  combustibile.  Hanno  temperature  che  si  sposano  bene  con  gli  impianti  a  temperatura  media  come  gli  aerotermi.  (-­‐5°C  ;  60°  C)  Invece  d’estate  una  Pompa  di  calore  a  gas  ha  un  EER=0,7  bassissimo.  Ha  senso  se  d’estate  è  utilizzato  d’estate  per  pochi  giorni,  non  in  funzionamento  continuo  di  3  -­‐  4  mesi.  Non  possono  essere  alimentati  alla  temperatura  a  7  -­‐12,  ma  va  messo  a  10-­‐15.  Nelle  UTA  c’è  una  velocità  limite  di  3  m/s  da  non  superare  per  evitare  effetti  di  trascinamento  delle  gocce  in  giro  per  i  canali.  Negli  aerotermi  le  velocità  sostenute,  non  si  può  usare  aria  troppo  fredda.  Nel  settore  industriale,  l’obiettivo  non  è  il  comfort,  ma  è  il  limite  del  disconforto.  Impianto  a  termo  strisce:  non  movimenta  aria,  ma  l’acqua  che  circola  è  molto  calda,  è  una  soluzione  che  si  sta  abbandonando.  Termo  strisce  ad  altissima  temperatura:  trovano  soluzione  per  il  riscaldamento  localizzato.  Per  esempio  zona  occupata  con  magazzino  inoccupato.  Hanno  qualche  vincolo  normativo  su  fughe  di  gas  e  fumi  (che  arrivano  a  300°C)      GENERATORE  D’ARIA  CALDA  Scambiatore  aria  –  fumi:  sistema  senza  punti  intermedi,  scarica  aria  calda  direttamente  in  ambiente.  Il  vantaggio  è  nell’inerzia  quasi  nulla:  una  volta  messi  in  moto  sono  operativi  immediatamente.    Esiste  in  tre  configurazioni  differenti  

- Monoblocco:  della  Robur.  Sul  retro  ha  un  ventilatore  assiale,  poi  un  bruciatore  con  scambiatore  aria  fumi,  i  fumi  vengono  portati  via  da  un  ventilatore.  È  un  apparecchio  stagno,  cioè  ha  due  attacchi:  uno  per  la  ripresa  dell’aria  comburente  e  uno  per  i  fumi.  La  mandata  è  davanti,  ha  delle  alette.  Taglia  15/20  kW  fino  a  45/50  kw.  Sono  da  alimentare  con  il  gas,  tubo  scarico  fumi  e  tubo  presa  aria  comburente.  La  comodità  sta  nel  non  installare  canalizzazioni  ingombranti,  ma  solo  un  tubo  del  gas  e  l’alimentazione  elettrica,  molto  più  comoda  e  modulabile.    Il  problema  è  di  tipo  normativo,  perché  c’è  un  tubo  del  gas  all’interno  del  locale.  Dal  punto  di  vista  normativo,  gli  apparecchi  a  gas  installati  nello  stesso  locale,  o  nei  locali  adiacenti,  la  potenza  totale  è  la  somma  della  potenza  dei  singoli  apparecchi,  e  gli  impianti  al  di  sopra  dei  116  kW  sono  soggetti  a  controllo  prevenzione  incendi  presso  il  comando  dei  vigili  del  fuoco.  C’è  una  mensola  che  sorregge  gli  apparecchi,  più  bassi  sono  meglio  è.  La  norma  sugli  impianti  a  gas  impone  che  non  sussistano  zone  a  ventilazione  impedita:  se  siamo  sopra  i  35  kW  si  rientra  alle  norme  di  prevenzione  incendi  (al  di  sotto  si  è  soggetti  alla  normativa  civile),  in  presenza  di  apparecchi  a  gas  si  è  costretti  a  fare  un  buco  in  corrispondenza  dell’interconnessione  tra  soffitto  e  parete,  ciò  presuppone  che  se  c’è  una  perdita  di  gas  questa  se  ne  possa  andare  dal  buco,  ed  evitare  che  si  formino  sacche  di  gas.  Gli  apparecchi  della  robur  sono  caduti  in  disuso  da  quando  esiste  la  norma  prevenzioni  incendi,  per  via  di  tutti  i  buchi  che  si  dovevano  operare  nei  tegoli.  

 

   

- 2  sezioni:  metà  anni  90.  Caldaia  murale  messa  all’esterno  (protetta  dal  gelo,  con  qualche  precauzione  per  la  messa  all’esterno)  più  un  aerotermo  all’interno.  C’è  un  fluido  intermedio  però,  che  collega  la  caldaia  esterna  appena  al  di  là  del  muro,  all’aerotermo.  Risolvo  il  problema  della  prevenzione  incendi,  perché  la  parte  gas  è  sulla   parte   esterna   del   fabbricato   e   le   potenze   dell’impianto   non   si   sommano,   mentre   la   parte   interna,  funzionando  ad  acqua,  non  ha  problemi  di  ventilazione.  E’  una  soluzione  più  costosa  ma  è  molto   flessibile,  con   potenze   da   34,8   kW,   servono   200/300   mq   ciascuna.   Anche   queste   però   non   rientrano   nel   decreto  

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rinnovabili.  Con   la  caldaia  a  condensazione,   si  usa  un  corpo  caldaia  che  sopporta   la  condensa  e  si  mette   la  batteria  dell’aerotermo  più  grande  per  farlo  lavorare  in  bassa  temperatura.  Si  chiama  anche  split  system.    

- Canalizzabile:  perché  vanno  accoppiati  con  dei  canal,  ventilatore,  con  aria  di  ripresa  e  bruciatore,  canale  di  mandata  ed  espulsione  fumi.  Sono  idonei  per  i  capannoni  che  sono  serviti  da  una  rete  di  canali.  È  una  soluzione  che  non  si  utilizza  più,  ma  si  usano  i  sistemi  monoblocco  e  a  2  sezioni.  È  una  macchina  unica  che  scalda  tutto  il  fabbricato  con  i  canali.  

 PARAMETRI  DI  SCELTA  e  CONCLUSIONI:  

- Costo:  il  caso  industriale  è  diverso  dal  residenziale,  alcuni  costi  non  sono  giustificabili.  - Efficienza  energetica  - Vincoli  autorizzativi  (vigili  del  fuoco  e  INAIL):  gli  impianti  modulari  riescono  a  schivare  questi  obblighi.  (il  

controllo  dei  vigili  del  fuoco  avviene  per  impianti  sopra  i  116  kW,  al  di  sotto  si  deve  solo  rispettare  le  norme)  - Modo  e  fattore  di  utilizzo  - Adattabilità  a  strutture  datate,  o  alte  e  disperdenti:  ci  sono  capannoni  da  7  metri  ma  anche  da  15  metri.  La  

soluzione  migliore  sono  i  pavimenti  radianti,  o  comunque  soluzioni  a  basse  temperature  e  per  limitare  i  moti  convettivi.  Oppure  nei  casi  di  riscaldamento  localizzato  con  soffitti  alti,  hanno  senso  le  termostriscie  a  gas.  Cioè  o  altissime  T,  o  basse  T,  la  via  di  mezzo  non  va  bene.  

- Nel  caso  industriale  la  norma  è  irragionevole.    Strutture  edilizie  nuove:  se  si  usa  l’impianto  a  pavimento  (da  mettere  con  solette  molto  più  spesso)  si  opta  per  pompe  di  calore  geotermiche.  Se  invece  si  usa  un  impianto  ad  aria,  la  soluzione  ideale  è  la  pompa  di  calore  a  gas.  Strutture  esistenti  non  soggette  al  decreto  rinnovabili,  c’è  più  libertà  di  scelta,  basta  rispettare  l’EPI.  

- Valutare  anche  la  cogenerazione  per  l’industriale.    

     

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Il  cogeneratore  è  sempre  perdente,  e  la  pompa  di  calore  (aria,  acqua,  gas)  vince  (parlando  dal  punto  di  vista  energetico):    

o I  cogeneratori  migliori  hanno  un  rendimento  elettrico  del  40%  e  un  rendimento  termico  del  45%-­‐50%5.  Coefficiente  di  conversione  energia  elettrica  in  energia  primaria  è  0.46  per  norma,  in  energia  primaria:  0.4  kWe/0.46=  0.87  kWt.  Quindi  con  1  kW  di  energia  primaria  il  cogeneratore  produce  0,87+0,50=1,37  kWt  cioè  con  un  rendimento  di  secondo  principio6  del  140%  circa.  

o Una  caldaia  a  condensazione  fa  il  105%  quindi  è  peggiore  del  cogeneratore.    o Una  caldaia  domestica  3  stelle  ha  rendimento  95%  o Una  pompa  di  calore  a  gas  ha  un  rendimento  COP  del  135%  (media  invernale)  o Pompa  di  calore  aria-­‐acqua  elettrica  nella  media  invernale  ha  COP  2,5  –  2,6  che  riconvertito  fa  120%  

circa  da:  2,6*1/(1/0,46)  =  2,6*0,46  =  1,2  Il  cogeneratore  anche  nelle  migliori  condizioni  perde  leggermente  con  le  pompe  di  calore  considerando  ad  esempio  un  impianto  di  cogenerazione  sbilanciato  sulla  produzione  di  energia  termica  composto  da  1  cogeneratore  e  3  caldaie  con  rendimento  quindi  pari  a  (1,37+0,95*3)/4  =  1,06  cioè  106%;  se  l’energia  prodotta  da  cogeneratore  è  distribuita  da  teleriscaldamento    poi  vanno  considerate,  oltre  alla  modulazione  del  motore,  le  perdite  di  rete  dalla  centrale  alle  utenze  allora  il  rendimento  è  proprio  minore.  Vincolo:  la  pompa  di  calore  si  adatta  a  impianti  nuovi  che  richiedono  acqua  calda  a  40°C  mentre  se  sono  presenti  impianti  vecchi  con  terminali  che  richiedono  acqua  a  70-­‐80°C  il  teleriscaldamento,  si  adatta  bene  e  rende  tanto  quanto  una  caldaia  domestica  non  a  condensazione.  In  suo  favore,  il  teleriscaldamento  riduce  l’inquinamento  nelle  città.    Se  possibile  quindi  ci  si  orienta  verso  le  pompe  di  calore  che  vanno  però  dimensionate  in  modo  da  avere  il  più  alto  rendimento  possibile  nel  carico  che  dovranno  fornire  per  la  maggior  parte  dei  giorni  della  stagione;  si  affianca  poi  una  caldaia  dimensionata  sulla  potenza  di  picco  che  entra  in  funzione  alla  temperatura  bivalente  in  parallelo  alla  pompa  di  calore  o  in  sostituzione  di  essa.  La  pompa  di  calore  ha  quindi  la  precedenza  sulla  caldaia  e  si  può  decidere  agendo  sulla  centralina  la  temperatura  esterna  della  sorgente  che  alimenta  l’evaporatore  al  di  sotto  della  quale  la  caldaia  inizi  a  funzionare  in  modo  che,  anche  se  la  pompa  di  calore  riesca  ancora  a  sopperire  al  fabbisogno,  il  suo  rendimento  non  diventi  inferiore  a  quello  della  caldaia.  –  Come  noto  il  COP  della  pompa  di  calore  diminuisce  al  diminuire  della  temperatura  di  evaporazione  del  ciclo  e  quindi  al  diminuire  della  temperatura  esterna  nel  caso  di  pompa  di  calore  aria-­‐acqua.              

                                                                                                                         5  Rendimenti  tipici:    

-­‐ Produzione  di  sola  energia  elettrica  da  generatore  termoelettrico  alimentato  da  calore:  rendimento  convenzionale  0,46  -­‐  numero  ufficiale  di  decreto  calcolato  a  partire  da  un  rendimento  di  produzione  di  0,6  a  cui  vanno  tolte  le  perdite  di  trasporto,  trasformazione  e  trasmissione.  

-­‐ Produzione  di  sola  energia  termica:  rendimento  convenzionale  0,95  -­‐ Produzione  combinata  di  energia  elettrica  e  termica:  rendimento  elettrico  convenzionale  0,40  rendimento  termico  0,50  

 6  Rendimento  di  secondo  principio:  quando  si  confrontano  energie  diverse,  è  bene  trasformarle  in  un  vettore  energetico  equivalente;  nell’esempio  di  cogenerazione  si  riporta  tutta  l’energia  prodotta  in  termica  equivalente  trasformando  l’elettrico  in  termico  attraverso  il  rendimento  di  produzione  di  energia  elettrica  a  partire  da  energia  termica.  

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DECRETO  37/2008  –  SICUREZZA  DEGLI  IMPIANTI  File:  regolamento_impianti.pdf  Gli  impianti  devono  essere  realizzate  da  aziende  abilitate,  cioè  iscritte  in  un  elenco  in  camera  di  commercio.  Dopo  aver  realizzato  l’impianto  l’azienda  rilascia  obbligatoriamente  un  documento,  dichiarazione  di  conformità  (DICO),  in  cui  afferma  che  l’opera  realizzata  è  conforme  alle  norme  ed  eventualmente  al  progetto  (se  c’è  un  progetto).  Serve  per  ottenere  l’abitabilità  o  l’agibilità  del  fabbricato  se  è  nuovo,  e  deve  avere  in  allegato  il  progetto  dell’impianto  adeguato  a  come  è  stato  realizzato,  cioè  se  è  stato  modificato  in  corso  d’opera  deve  essere  aggiornato.  La  camera  di  commercio  rilascia  il  certificato.    

Si  applica:  o impianti  di  riscaldamento,  di  climatizzazione,  di  condizionamento  e  di  refrigerazione  di  qualsiasi  natura  o  

specie,  comprese  le  opere  di  evacuazione  dei  prodotti  della  combustione  e  delle  condense,  e  di  ventilazione  ed  aerazione  dei  locali;    

o impianti  idrici  e  sanitari  di  qualsiasi  natura  o  specie  (non  degli  scarichi,  perché  si  ritiene  non  siano  pericolosi,  mentre  negli  accumuli  ci  può  essere  il  problema  legionella)  

o impianti  per  la  distribuzione  e  l'utilizzazione  di  gas  di  qualsiasi  tipo,  comprese  le  opere  di  evacuazione  dei  prodotti  della  combustione  e  ventilazione  ed  aerazione  dei  locali  (e  anche  gli  apparecchi  a  gas).  Per  impianti  per  la  distribuzione  e  l'utilizzazione  di  gas  si  intende:  l'insieme  delle  tubazioni,  dei  serbatoi  e  dei  loro  accessori,  dal  punto  di  consegna  del  gas,  anche  in  forma  liquida,  fino  agli  apparecchi  utilizzatori,  l'installazione  ed  i  collegamenti  dei  medesimi,  le  predisposizioni  edili  e  meccaniche  per  l'aerazione  e  la  ventilazione  dei  locali  in  cui  deve  essere  installato  l'impianto,  le  predisposizioni  edili  e  meccaniche  per  lo  scarico  all'esterno  dei  prodotti  della  combustione  

o impianti  di  protezione  antincendio  (sistema  idrico  e  rilevazione  fumi,  impianto  di  estinzione  e  idranti)  

Le  imprese  abilitate  sono  iscritte  in  un  registro  in  camera  di  commercio,  e  i  requisiti  tecnico  professionali  sono  la  laurea  

La  parte  progetto  impianti  è  un  allegato  OBBLIGATORIO  della  dichiarazione  di  conformità,  e  questo  progetto  in  parte  è  redatto  da  un  professionista  e  in  parte  no.  Il  progetto  da  parte  di  un  professionista  abilitato  è  obbligatorio  per:    

- gli  impianti  termici  dotati  di  canne  fumarie  ramificate  (per  esempio  quelle  che  servono  un  apparecchio  per  piano,  per  esempio  caldaie  condominiali).  In  realtà  ora  le  canne  ramificate  non  si  fanno  più  e  non  è  chiaro  se  la  legge  imponga  l’obbligo  di  progetto  per  tutti  gli  impianti,  ma  sta  di  fatto  che  l’impianto  termico  lo  fa  sempre  un  professionista    

- per  gli  impianti  di  climatizzazione  per  tutte  le  utilizzazioni  con  potenze  frigorifere  maggiori  di  40.000  frigorie/ora  (167.480  kJ/ora),  cioè  fino  a  40.000  non  c’è  bisogno  del  progetto  

- Impianti  a  gas  con  una  portata  termica  maggiore  di  50  kW  (quindi  tutti  i  domestici  sono  esclusi)  - Impianti  antincendio:  quando  ci  sono  più  di  4  idranti  oppure  quando  l’impianto  è  soggetto  a  controllo  

prevenzione  incendi,  allora  c’è  bisogno  della  firma  del  progettista.  

La  dichiarazione  di  conformità  non  riguarda  solo  il  nuovo  costruito,  ma  anche  le  modifiche  devono  essere  compatibili  con  l’esistente.    

Un   impianto  progettato   in  un  fabbricato  di  nuova  costruzione  deve  essere  realizzato  OBBLIGATORIAMENTE   in  bassa  temperatura.  (Picco  invernale  aria/acqua  temperatura  massima  45°).    

   

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TERMINALI    

File:  esempio  progetti  sacco-­‐st  progetto  a  bassa  temperatura,  pdc  aria-­‐acqua,  Tmandata  45°C  

PER  ALIMENTAZIONE  A  TEMPERATURA  MEDIO  BASSA  

- Soluzione  classica:  pavimento  radiante  

 

RADIATORI  

Anche  l’impianto  a  radiatori,  potrebbe  essere  dimensionato  a  45°,  ma  la  resa  termica  di  un  radiatore  rispetto  al  caso  70°  è  circa  pari  alla  metà.  La  potenza  emessa  è  proporzionale  al  deltaT  elevato  a  1.3:  

P;(DT)1,3  Con  DT  =  Tmedia  radiatore  –  Tambiente.  Cioè  se  progetto  con  Tmedia=50°  il  dT=30.  Quindi  dal  punto  di  vista  dell’ingombro  l’impianto  diventa  considerevole,  perché  la  potenza  è  il  50%  di  quella  storica.  Ma  non  bisogna  dimenticare  che  i  fabbricati  nuovi  sono  migliori  dal  punto  di  vista  delle  dispersioni,  hanno  trasmittanze  molto  più  basse,  e  l’impianto  a  radiatori  ha  gli  stessi  ingombri  rispetto  agli  impianti  vecchi    

FAN  COIL  

Molto  gettonati  nel  terziario,  poco  utilizzati  nel  residenziali.  Prendiamo  in  considerazione  tre  tipologie:  verticale  a  parete,  orizzontale  a  soffitto,  o  da  incasso.  Il  fan  coil  ha  un  filtro  di  presa  aria,  un  ventilatore  centrifugo  che  spinge  su  una  batteria  inclinata  (3-­‐4  ranghi),  un  filtro  che  protegge  la  batteria,  e  una  bacinella  di  raccolta  condense.  Invece  quelli  con  ventilatore  tangenziale  aspira  dalla  batteria.  Il  limite  di  utilizzo  del  fan  coil  nel  residenziale  era  proprio  dovuto  allo  spessore  delle  macchine,  si  costruiva  anche  quelli  un  po’  più  sottili.  In  più  il  ventilatore  tangenziale  è  sempre  un  poco  più  rumoroso  del  centrifugo.  Una  versione  più  da  residenziale  è  quello  pensile  da  parete  bassa.    Il  fan  coil  a  cassetta,  nel  residenziale  non  viene  mai  usato,  perché  ha  bisogno  del  controsoffitto  molto  alto.  La  batteria  è  ad  anello,  griglia  di  ripresa  centrale,  ventilatore  assiale  che  spinge  l’aria  nella  batteria,  l’aria  viene  deviata  da  quattro  alette  che  la  mandano  in  ambiente.  In  più  è  dotato  di  pompa  della  condensa  che  manda  la  condensa  in  alto.  2  tubi  /  4  tubi:  c’è  un  doppio  circuito,  per  tenere  separato  il  circuito  caldo  da  quello  freddo.  Se  la  batteria  fredda  fosse  percorsa  da  acqua  gelida  anche  con  il  ventilatore  spento,  c’è  il  rischio  di  condensa:  l’aria  che  lo  circonda  condensa  e  gocciola.  Per  questo  motivo  tutti  i  fan  coil  a  controsoffito  sono  dotati  di  valvola  motorizzata  a  due  o  tre  vie  a  seconda  che  la  portata  sia  regolabile  o  no,  perché  quando  il  ventilatore  si  ferma,  la  valvola  fredda  chiude  (quella  calda  non  è  obbligatoria).  Mentre  i  fan  coil  a  parete  bassa  non  hanno  questo  problema.  Ha  tante  comodità:  non  è  raggiungibile,  non  si  può  manomettere,  il  filtro  è  sopra  la  griglia  di  ripresa,  quindi  facilmente  smontabile.    

- Può  avere  una  funzione  di  distribuzione  dell’aria  primaria:  normalmente  ha  quattro  bocchette  per  mandare,  ma  si  può  anche  farne  funzionare  tre  e  dalla  quarta  (mettendoci  l’accessorio  klfd  10)  si  manda  l’aria  primaria  della  uta.    

- Tutti  i  fan  coil  hanno  almeno  3  velocità,  che  possono  essere  selezionate  a  mano  o  automaticamente.  Non  usare  il  ventilatore  sempre  in  moto,  gestendo  le  cassette  solo  con  la  valvola  (con  logica  di  muovere  l’aria  per  ridurre  il  gradiente  termico)  ha  delle  controindicazioni:  con  ventilatore  sempre  in  moto,  si  consuma  di  più  e  soprattutto  il  filtro  va  pulito  più  spesso  e  che  nessuno  pulisce,  oltre  a  fare  i  baffi  sulla  mandata.    

- Con  il  ventilatore  termostatato  (cioè  quando  temperatura  soddisfatta,  fan  coil  fermo)  bisogna  sempre  mettere  la  sonda  a  parete  a  quota  del  termostato  e  non  sulla  griglia  di  ripresa,  si  potrebbe  creare  un  cuscino  d’aria  proprio  sulla  sonda.  I  termostati  delle  cassette  devono  gestire:  ventilatore  fermo  o  in  moto,  velocità  automatica,  pompa  della  condensa.    

- La  velocità  automatica  è  sconsigliata,  è  sempre  meglio  lasciare  la  gestione  all’utente  che  magari  preferisce  farlo  andare  più  piano  per  avere  più  silenzio.  In  genere  si  dimensiona  il  fan  coil  alla  minima  o  media  velocità  per  poi  lasciare  la  scelta  di  regolazione  all’utente.    

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- I  terminali  italiani  sono  in  grado  di  capire:  se  il  sistema  di  generazione  è  acceso  o  spento,  e  se  si  è  in  modalità  estiva  o  invernale.  Quando  si  fa  l’inversione  della  pompa  di  calore,  è  scomodo  invertire  anche  tutti  i  fan  coil  e  non  è  nemmeno  sicuro.  Bisogna  evitare  che  il  ventilatore  vada  quando  la  centrale  è  ferma.  I  costruttori  italiani  mettono  una  sonda  aggiuntiva  sulla  batteria  (sono  dentro  nell’apparecchio):  questa  sonda  dialoga  con  il  controllo  a  parete,  e  da  un  lato  sente  la  temperatura  ambiente,  dall’altro  sente  la  temperatura  dell’acqua.  

o INVERNO:  se  Tmandata  acqua  <  35°C  la  centrale  è  ferma  o ESTATE:  se  Tmandata  acqua  >  14°C  la  centrale  è  ferma  

Dal  confronto  tra  temperatura  ambiente  e  temperatura  dell’acqua  riesce  a  capire  se  siamo  d’estate  o  d’inverno.  

- Non  si  può  togliere  la  tensione  a  questi  fan  coil,  perché  si  ferma  anche  la  pompa  della  condensa,  e  rischia  di  far  cadere  la  goccia  

- Quando  i  fan  coil  sono  a  incasso,  richiedono  comandi  remoti.  

 

GLL:  morsettiera  della  griglia  dei  fan  coil.  Escono  v1  v  2  v3  le  tre  velocità  dei  fan  coil,  y1  y2  apertura/chiusura  delle  valvole,  CE  contatto  esterno,  SW  sonda  optional  dell’acqua.  Le  frecce  sono  in  ingresso:  significa  che  se  on  mi  fido  del  fatto  che  quando  la  centrale  è  ferma  il  fan  coil  si  accorga  da  solo,  allora  dalla  centrale  parte  una  linea  con  due  fili  che  arrivano  al  contatto  del  termostato,  e  lo  chiudono  se  si  vuole  far  funzionare  il  fan  coil  o  lo  aprono  se  si  vuole  che  non  funzioni.  Quando  il  contatto  si  apre  il  contatto  perché  la  centrale  è  spenta.  Può  essere  il  contatto  finestra  che  è  diventato  obbligatorio  con  la  norma  59  2010:  si  mette  un  interruttore  su  ogni  finestra,  se  gli  interruttori  sono  posti  in  serie  basta  che  un  utente  apra  una  sola  delle  finestre  che  il  fan  coil  si  spegne.  Al  posto  dell’interruttore  sulla  finestra,  si  può  mettere  un  interruttore  a  muro  on/off  da  cui  l’utente  sceglie  se  accendere  o  spegnere,  e  si  fa  usando  il  contatto  finestra.    

FAN  COIL  a  tipo  split:  sembra  esteticamente  uno  split  ma  in  realtà  è  un  impianto  ad  acqua.  Ventilatori  tangenziali,  griglia  di  ripresa  frontale.  Rispetto  a  uno  split  a  espansione  diretta,  il  fan  coil  ad  acqua  non  si  distingue  esteticamente.  Questo  apparecchio,  come  la  cassetta,  necessita  delle  valvole  motorizzate  perché  se  gira  l’acqua  a  ventilatore  fermo  condensa  tutto.  Come  diffusione  non  è  il  massimo,  perché  ha  solo  una  aletta.  Stare  poi  attenti  di  non  mettere  postazioni  di  lavoro  proprio  davanti  al  lancio.  Non  ingombrano,  in  genere  si  mettono  sopra  le  porte.  

 

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DIMENSIONAMENTO  

UNI  8199  –  Il  fan  coil  va  dimensionato  non  alla  velocità  massima,  ma  a  quella  minima  o  media,  perché  ci  sono  dei  vincoli  acustici  all’interno  dei  locali.  In  generale  i  vincoli  acustici  vanno  rispettati  sia  all’interno  degli  ambienti  (vincolo  imposto  dalla  uni),  sia  all’esterno  per  evitare  di  disturbare  terzi  vicini  (imposto  dal  decreto).  È  pratica  comune  dimensionare  alla  media  o  alla  minima  velocità:  nel  caso  residenziale  si  può  scegliere  apparecchi  silenziosi  e  dimensionarli  a  velocità  basse.  Nelle  schede  tecniche  degli  apparecchi  si  trovano  la  pressione  sonora  (in  dB  misurata  col  fonometro)  la  potenza  sonora  invece  è  un  numero  caratteristico  della  sorgente  sonora,  che  permette  di  calcolare  la  pressione  sonora  nel  nostro  ambiente,  e  non  nell’ambiente  di  prova  (come  quello  riportato  nella  riga  di  pressione  sonora,  che  è  stato  misurato  in  camera  riverberante).  I  valori  certificati  EUROVENT  sono  più  credibili.  Per  utilizzo  residenziale  bisogna  cercare  di  rimanere  sotto  i  30  (camere  da  letto  sotto  i  25),  in  ambiente  di  lavoro  si  può  fare  un  po’  di  più.  

PAVIMENTO  RADIANTE  Dilatazione  di  qualche  decimo  di  millimetro  al  metro  del  massetto,  considerando  una  temperatura  media  durante  il  picco  invernale  di  35°C  del  massetto  (orizzontale  sopra  i  tubi),  con  l’acqua  del  pavimento  radiante  da  43°C  a  37°C.  Questo  problema  di  dilatazione  non  è  insignificante,  il  pavimento  radiante  può  andare  in  contro  a  rottura,  specie  con  pavimento  duro  come  marmo  o  ceramica,  meno  critico  con  pavimento  in  legno,  che  potrebbe  invece  scollarsi.      File:  calore  i  343,  pag.  50.  La  sovratemperatura  media  è  calcolata  con  temperatura  superficiale  del  pavimento.  Si  entra  con  la  resistenza,  si  entra  col  passo,  si  sale  nel  diagramma  più  in  alto,  e  si  ha  la  sovratemperatura  media  dell’acqua  rispetto  alla  temperatura  di  progetto.  Interessa  sapere  com’è  la  rifinitura  del  pavimento,  per  valutarne  la  resistenza.    

 Procedura  di  calcolo:    

1. si  fa  il  conto  delle  dispersioni  stanza  per  stanza,  poi  si  fanno  i  conti  di  quanta  potenza  serve  al  metro  quadro.  Di  tutti  i  locali,  si  sceglie  il  locale  più  critico,  cioè  quello  con  la  potenza  areica  maggiore  e  lo  si  battezza  come  

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criterio  primario  di  calcolo  (è  quella  che  definisce  la  temperatura  di  mandata  dell’acqua).  Può  capitare  però  che  un  locale  con  pavimento  in  legno  meno  critico  dal  punto  di  vista  della  potenza  da  fornire  guidi  il  dimensionamento,  rispetto  a  un  locale  più  critico  ma  con  pavimento  più  conduttivo.  Va  indicata  la  finitura  sul  progetto.    

2. In  base  ai  dati  sulla  stanza  si  decide:  la  temperatura  media  dell’acqua  e  il  passo.  I  passi  più  comuni  sono  dal  10  a  20,  per  evitare  effetti  di  temperatura  non  uniforme.  Entrando  in  tabella  con  il  passo  e  la  resistenza,  si  sale  sul  grafico  superiore,  si  entra  lateralmente  con  il  carico  di  quella  stanza,  ipotizzando  un  salto  5,  e  si  ricava  la  temperatura  dell’acqua.  Se  per  esempio  finiamo  sulla  curva  di  20  K,  vuol  dire  che  la  temperatura  media  è  40°C,  a  salto  5  quindi  sul  ramo  più  sfortunato  si  ha  42.5°-­‐37.5°  

3. Tutti  gli  altri  locali  sono  meno  critici,  si  può  dare  meno  potenza:  aumentando  il  passo  oppure  aumentando  il  delta  T  tra  mandata  e  ritorno,  ma  non  si  può  modificare  la  temperatura  di  mandata,  che  rimane  uguale  per  tutte  le  ramificazioni.  Non  si  lavora  più  a  salto  5,  ma  avere  un  ritorno  più  freddo,  tipo  salto  10.  Facendo  salto  dieci,  è  come  se  si  mandasse  metà  portata.  

Nella  realtà  durante  la  fase  di  progetto,  è  necessario  avere  noti  i  dettagli  di  rifinitura.  Siccome  cambiare  tipo  di  pavimento  è  una  situazione  frequente,  l’impianto  deve  essere  abbastanza  flessibile  da  adattarsi  a  eventuali  modifiche.  È  cosa  molto  comune  fare  una  regolazione  per  singolo  locale,  ogni  circuito  ha  una  valvola  con  servomotore  regolato  dal  termostato  della  stanza  (ogni  stanza  può  avere  più  di  un  circuito).  Le  stanze  con  meno  carichi  avranno  valvole  strozzate,  quelle  con  più  carichi  le  avranno  tutte  aperte  (tutte  valvole  a  2  vie,  che  necessitano  di  un  bypass,  tranne  nel  caso  dove  ci  sia  la  caldaia  murale  che  ha  il  proprio  bypass).  Si  possono  fare  dei  sistemi  integrati:  caso  classico  è  il  bagno,  che  richiede  24°C  e  più  ricambi  d’aria.  In  più  il  pavimento  è  occupato  dai  sanitari  e  non  si  può  portare  ovunque.  Si  mette  il  radiatore  in  bassa  temperatura.    

SACCO-­‐ST.DWG  Le  valvole  a  tre  vie  si  montano  sempre  sul  ritorno.  Si  mette  un  detentore  sulla  terza  via  serve  per  tarare,  simulando  un  �p  uguale  a  quello  degli  impianti  a  valle.  Ci  sono  dei  collettori  che  su  ogni  circuito  hanno  valvola  di  taratura  e  misuratore  di  portata,    se  si  sono  fatti  i  conti  si  tara  la  valvola  all’inizio  e  basta  (questa  è  la  regolazione  per  zona).  Invece  con  la  regolazione  per  locali  ciascun  circuito  ha  il  suo  termostato  e  si  aggiusta  da  solo,  si  fa  quando  si  hanno  delle  incertezze  sulle  finiture  e  dettagli  finali.  

 Corridoi:  ci  passano  dei  tubi  che  vanno  in  altri  locali.  Se  la  regolazione  è  fatta  per  locale,  quando  chiama  una  stanza  fredda,  se  i  tubi  passano  nel  corridoio  lo  scaldano  anche  se  è  soddisfatto.  In  più  i  tubi  uscenti  dal  collettore,  di  trasporto,  vengono  posati  a  passo  5,  e  non  sono  isolati.  Il  progettista  in  questi  casi  dovrebbe  prevedere  che  i  tubi  di  trasporto  vengano  isolati  per  evitare  che  scaldino  troppo  nei  corridoi  non  disperdenti.  La  posa  del  civile  si  fa  a  chiocciola:  è  veloce,  non  ha  delle  curve  troppo  strette.  La  posa  a  pettine  (curve  di  180°)  si  fa  se  ci  si  trova  un  pavimento  in  pendenza,  in  modo  da  non  avere  dei  punti  alti  non  sfiatati  (normalmente  si  sfiata  solo  il  collettore  che  è  il  punto  più  alto).  

 

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CALDAIE  Componenti  della  caldaia:  pompa,  valvola  sicurezza  3  bar,  vaso  espansione  interno.  Caldaia  condensazione  modulante  con  variazione  portata  di  aria  comburente.  La  maggior  parte  delle  regolazioni  viene  fatto  da  sonde  di  temperatura  che  hanno  una  scheda  elettronica  che  funzionano  da  termostato  di  sicurezza/limite.  Termostato  limite:  inibisce  il  funzionamento  (ma  non  come  sicurezza)  quando  la  caldaia  funziona  per  l’acs  bypassa  il  termostato  di  caldaia  (in  funzionamento  riscaldamento)  e  viene  gestita  da  un  altro  termostato  che  è  quello  limite.  Non  è  una  sicurezza  è  solo  un  settaggio  che  viene  abilitato  quando  la  caldaia  va  in  acs.  Accende  la  caldaia  quando  acqua  fredda,  la  spegne  quando  è  troppo  calda.  In  genere  è  settato  a  80°C.    Pressostato  differenziale  (lato  fumi):  si  può  otturare  la  griglia  di  ripresa  aria  comburente,  oppure  otturazione  sul  camino.  Il  delta  p  diventa  più  piccolo  quando  si  blocca  il  flusso.  Si  può  mettere  un  pressostato  a  cavallo  del  ventilatore,  e  quindi  la  valvola  blocca  la  caldaia  quando  c’è  troppa  prevalenza.  Oppure  si  mette  sul  percorso  dell’aria  comburente  (che  entra  in  caldaia,  va  sulla  rampa  del  bruciatore,  passa  nello  scambiatore,  va  in  aspirazione  del  ventilatore  e  viene  espulsa)  e  la  caldaia  si  blocca  quando  il  delta  p  è  troppo  basso.  Valvola  3  vie:  essendo  una  caldaia  riscaldamento  con  bollitore  remoto,  si  ha  caldaia,  in  uscita  si  ha  la  pompa,  e  dopo  la  pompa  si  mette  la  valvola  motorizzata  3  vie  per  mandare  o  al  bollitore,  o  al  riscaldamento.  Temperatura  scarico  fumi:  quando  l’acqua  è  a  60-­‐80°C  la  caldaia  non  condensa  (Trugiada  è  56°)  i  fumi  sono  a  100°.  Con  l’acqua  a  30  i  fumi  sono  50°.  Il  criterio  è  +20  °  se  condensa,  +40°  se  non  condensa.  Quindi  una  caldaia  a  condensazione  non  va  mai  a  più  di  100°  si  possono  usare  i  tubi  in  polipropilene  L’aria  del  tubo  di  presa  aria  comburente  può  condensare,  per  cui  si  devono  isolare.  

 

   ACCUMULATORE  Processo  di  termovetrificazione:  per  resistere  a  90°C.  Anodo:  per  sacrificare  per  la  corrosione.  Pompe  di  calore:  funzionano  a  45-­‐50°C.  Per  fare  acqua  calda  sanitaria  a  40°C,  ci  vogliono  superfici  di  scambio  troppo  grosse.  Non  si  riesce  a  fare  acs  con  la  pompa  di  calore.  Rese  scambiatore:    

- potenze  di  scambio  che  vale  30  kW  - primario  da  90°C  a  70°  serpentino  - secondario  da  10°  a  45°  (uscita  acs)  

P=U*A*Tml    Con  la  caldaia  (90-­‐70)  abbiamo  Tml=52.5°C  Con  pompa  di  calore  (45-­‐50)  abbiamo  Tml=15°C  

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- Quindi  15/52.5*30  kW  =7  kW  /  8  kW  significa  che  quello  che  una  caldaia  riesce  a  dare  con  un  salto  90/70  sono  30  kW.  Ma  con  la  stessa  superficie  di  scambio,  una  pompa  di  calore  con  delta  Tml  =  15  fornisce  una  potenza  di  circa  8  kW.  Pochissimo.  

- Non  fare  dei  bollitori  alimentati  con  circuiti  in  bassa  temperatura.  

   SCEGLIERE  BRUCIATORE  Scheda  RS_5    RS_5  D.pdf  Quando  ci  sono  dei  gruppi  a  gas  pressurizzati,  si  hanno  delle  pressioni  lato  fumi  maggiori  di  p  atmosferica.  Caldaia,  dati  di  partenza:  - potenza  al  focolare,  portata  termica:  prodotto  portata  combustibile  *  PCI  - pressione  in  camera  di  combustione  scelta  tra  bruciatore  monostadio  o  bistadio:  monostadio  ventilatore  parte  a  velocità  piena,  aria  velocità  piena  e  anche  combustibile.  Il  bistadio  ha  una  configurazione  ad  alta/bassa  fiamma:  chiudendo  una  serranda  dell’aria  comburente  per  modificarne  la  portata,  tenendo  i  giri  del  ventilatore  fisso.  Bistadio  si  usa  quando  la  caldaia  supera  i  100  kW,  può  essere  sfruttato  per  gestire  due  livelli  di  temperatura.  Per  il  dimensionamento  si  hanno  a  disposizione:  - una  curva  di  prevalenza  del  ventilatore  - una  curva  di  perdita  di  carico  del  gas  La  prevalenza  del  ventilatore  del  bruciatore  deve  essere  scelta  in  modo  che  sia  maggiore  o  uguale  della  pressurizzazione  della  caldaia.  Verificare  che  il  bruciatore  abbia  una  rampa  del  gas  idonea:  il  gas  ha  una  perdita  di  carico  a  livello  dell’ugello  (curva  inferiore  tratteggiata)  e  una  perdita  di  carico  lato  rampa  (curva  continua  che  comprende  ugello  +  rampa)    Ad  esempio  se  in  caldaia  abbiamo  una  pressurizzazione  di  2.5  mbar,  la  distribuzione  dà  16mbar  (consegna  20  mbar  –  perdite  di  carico  della  vic),  la  massima  perdita  di  carico  della  rampa  più  bruciatore    è  16-­‐2.5=  13.5  mbar.  Se  è  maggiore  il  bruciatore  non  va  bene.  La  pressione  del  gas  all’ingresso  del  bruciatore  attraverso  l’ugello  deve  essere  maggiore  della  somma  di:  pressione  camera  combustione  +  perdita  di  carico  all’ugello  +  rampa.  Per  sapere  se  la  caldaia  funziona  ai  valori  di  targa  si  guarda  il  consumo  del  gas.  Potrebbe  succedere  che  la  pressione  del  gas  alla  consegna  non  sia  sufficiente  (20  mbar)  per  far  raggiungere  alla  caldaia  il  valore  di  targa.  

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     COLLETTORI  DEL  CIRCUITO  A  PAVIMENTO  

   COMPONENTI  DI  IMPIANTO  - Oltre  al  vaso  da  10  litri,  ce  n’è  uno  da  4  l.  negli  impianti  autonomi  l’acqua  si  deve  espandere  senza  creare  

problemi  alle  valvole  di  sicurezza  

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- RADIATORI:  tutti  i  tubi  in  rame  fino  a  quelli  con  diametro  inferiore  a  20  mm  (dpr  412.pdf)  

 - I  dati  delle  rese  dei  radiatori  possono  essere  scritti  al  �T  utilizzato  nel  progetto.  Scrivere  kv  delle  valvole  

termostatiche:  (file  valv_term_angolo_tubo_rame_poliet)  Posizione  della  molletta:  equilibrio  tra  molletta  che  tende  a  chiudere,  e  dilatazione  del  fluido  che  tende  ad  aprire.  Quando  ho  settato  a  20  e  misura  a  19  la  valvola  è  un  pochino  aperta.  Se  ambiente  a  18  l’errore  (err=set-­‐misura)  è  più  grande  e  valvola  più  aperta.  A  seconda  della  posizione  varia  il  kV  (portata  che  attraversa  la  valvola  con  delta  p  di  un  bar)  S=  è  il  set    Cioè  se  il  set  è  20°C,  s-­‐1K  =19°C  

 Problema  dei  sistemi  monoblocco:  è  all’esterno  ed  è  soggetto  ai  problemi  del  gelo.  Si  mette:  

- Il  glicol  (le  unità  che  hanno  il  freon  non  hanno  problemi)  - Cavi  resistenza  elettrica  adiacenti  il  tubo  e  avvolti  da  isolante.  - Oppure  si  svuota  l’impianto  quando  non  usato  

 Esempio  legenda  pompe  di  calore  

- Aria/acqua  2  sezioni  - Fluido  di  lavoro  - Presenza  di  inverter  - Potenza  elettrica  massima  - Circolatore,  valvola  sicurezza  3  bar,  flussostato  (protezione  sull’evaporatore,  se  c’è  poca  portata  

l’evaporatore  gela  subito,  perché  evapora  a  1  -­‐2  gradi,  per  fare  acqua  7  -­‐12),    

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- Potenza  termica  MEDIA  (media  nel  ciclo  perché  tiene  conto  degli  effetti  di  sbrinamento)  (la  più  interessante  da  fornire  è  quella  a  -­‐7)    

- Temperatura  di  blocco  - Dati  idronici:  portata  e  prevalenza  utile  - Dati  elettrici  - Dati  acustici  - Dati  energetici:  in  condizioni  estive  sono  più  o  meno  uguali,  ma  i  dati  invernali  vanno  forniti  in  maniera  

superiore  perché  il  cop  dipende  fortemente  dalla  temperatura    FAN  COIL  A  CASSETTA:  

- 2  tubi  con  valvole  3  vie  motorizzate  230  V,  pompa  condensa  - Sonda  minima  di  temperatura:  confrontano  temperatura  ambiente  e  temperatura  andata,  e  capisce  se  si  è  

estate  o  in  inverno  e  poi  capisce  se  la  pompa  è  ferma  o  è  in  moto,  se  manca  l’impianto  funziona  malissimo.    Esempio  di  caratteristiche  da  riportare  nel  progetto  per  individuare  un  chiller  specifico.  

- Potenza  sonora  - Caratteristiche  di  picco  estivo  (35°  acqua  7  -­‐12)  - Se  c’è  pompa  prevalenza  massima  - EER  estivo  - Potenza  elettrica  assorbita  d’estate  - Fluido  di  lavoro  - Cop  di  picco  - Tminima  

 Pompa  di  calore  

- Fluido  - Numero  compressori  - Potenza  nom  estiva  e  invernale,  con  dati  di  riferimento  (+7  con  acqua  35°)  - Dati  elettrici  - Dati  acustici  - Cop  eer  in  certe  condizioni  - Temperatura  minima  di  riferimento  - Dati  idronici:  se  c’è  la  pompa  portata  e  prevalenza  

       

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PROGETTO  Altezza  media  di  un  tetto  inclinato  a  falda,  somma  delle  tre  quote  dei  tre  vertici  diviso  tre.  Calcolo  dispersioni  di  una  parete  inclinata:  si  prende  l’ortogonale  rispetto  alla  gronda  (linea  rossa)  e  se  ne  calcola  la  superficie  usando  l’ipotenusa:    L  =  Z  /  cos  (a)  Pendenza  del  tetto=  y/z*100      

 Soluzione  per  trattare  la  scala:  trattare  la  scala  come  un  compartimento  freddo.  Direzione  dei  venti  prevalenti  a  Milano:  da  Est  a  Ovest  e  viceversa,  e  poche  volte  all’anno  da  sud  a  nord.      

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GAS  UNI  7129  composta  da  quattro  parti  Parte  1  –  1972  Parte  2  –  199  Parte  3  –  2008    Per  impianto  gas  si  intende  tutto  ciò  che  c’è  a  valle  del  contatore:  

- Rete  - Apparecchi  - Sistemi  di  scarico  dei  prodotti  di  combustione    - Ventilazione  dei  locali  

La  presente  norma  si  applica  alla  costruzione  ed  ai  rifacimenti  di  impianti  o  parte  di  essi,  comprendenti  il  complesso  delle  tubazioni  e  degli  accessori  che  distribuiscono  il  gas  a  valle  del  gruppo  di  misura  o  punto  d’inizio,  agli  apparecchi  utilizzatori  di  singola  portata  termica  nominale  massima  non  maggiore  di  35  kW.  

- Gasdotti:  intesi  come  trasporto  (altra  normativa),  sono  suddivisi  in  7  specie  classificati  a  seconda  della  pressione  

- Reti  di  distribuzione:  si  intende  a  più  utenze,  di  competenza  termotecnica.  Pressione  di  consegna  20  mbar  (per  impianti  grandi)  

La  pressione  massima  di  tale  campo  non  può  essere  comunque  maggiore  di  40  mbar  per  gas  con  densità  relativa  d  <  0,8  e  di  70  mbar  per  gas  con  densità  relativa  d  >  0,8.  portata  termica  [Q  ]:  Quantità  di  energia  termica  transitata  nell’unità  di  tempo  corrispondente  al  prodotto  delle  portate  (volume  o  in  massa)  per  il  potere  calorifico;  portata  termica  nominale  [Q  n]:  Valore  della  portata  termica  dichiarata  dal  costruttore.  Unità  di  misura  kW.

 DIMENSIONAMENTO  

- La  perdita  di  carico  totale  dell’impianto  deve  essere  1mbar  (il  5%  della  pressione)  per  il  gas  naturale:  porre  un  limite  alla  perdita  di  carico  di  rete  è  fatto  per  evitare  che  nelle  reti  dove  ci  sono  più  utenze,  le  portate  termiche  delle  singole  utenze  non  siano  influenzate  dalla  presenza  delle  altre  utenze  attive  (si  evita  che  la  fiamma  si  spenga  se  ci  sono  accese  diverse  altre  utenze)  

TUBAZIONI  o Polietilene  

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o Acciao:  uni  10255.  Acciaio  nero  (x  soluzione  non  interrate),  zincato  (non  interrato)  o  rivestito  (interrato,  perché  ha  un  effetto  dielettrico  grazie  allo  strato  di  polietilene).  

o Rame    ACCIAO    

- Per  tubi  a  vista  sono  accettate:  o Saldatura  o Filettatura  o Compressione  raccordi  meccanici  

- Se  sottotraccia,  SOLO  SALDATURA.  Tutto  il  resto  è  VIETATO.  - Non  si  possono  usare  valvole  usate,  se  una  valvola  viene  smontata  va  demolita  e  non  riutilizzata    

POLIETILENE:  vanno  bene  solo  se  interrati.  È  un  tubo  che  si  può  manomettere  facilmente,  vanno  bene  solo  se  si  usano  interrati.  Oltre  a  essere  delicato  meccanicamente,  è  sensile  agli  ultravioletti,  quindi  se  esce  va  riparato  in  una  nicchia  chiusa.    POSA  IN  OPERA  Il  contatore  viene  messo  al  confine  con  la  proprietà,  perché  il  distributore  è  responsabile  del  contatore  e  viene  messo  al  confine  per  evitare  di  pagare  eventuali  danni  dovuti  a  perdite.  

- Sottotraccia:  scavo  con  riempimento  - Interrato:  a  contatto  con  la  terra.  Il  tubo  va  messo  in  sabbia  (non  ghiaia)  almeno  60  cm  sotto.  

Abitudine  in  Italia:  posare  i  tubi  sottotraccia,  in  una  guaina  estinguente,  con  estremità  aperte  in  modo  che  se  c’è  una  perdita  esca  da  una  delle  due  estremità.  G6:  portata  nominale  6  m3/h  Giunto  dielettrico:  isolare  i  tubi  fuori  terra  dai  tubi  interrati  Giunto  di  transizione:  pezzo  ad  angolo  in  tubo  metallico  rivestito  in  polietilene  con  da  una  parte  l’attacco  per  il  tubo  in  plastica  e  dall’altra  il  filetto  per  attaccarsi  al  tubo  in  ferro.  

 

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   VEDERE  DETTAGLIO  COSTRUTTIVO    tanzi-­‐st  Per  l’esterno  la  norma  consente  di  realizzare  dei  raccordi  pinzati  (solo  da  esterno,  non  da  interno.  Pasini:  saldato  è  comunque  meglio).  La  norma  impone  che  ci  sia  un  punto  di  intercettazione  in  zona  di  pertinenza  esclusiva  (cioè  non  accessibile  a  chiunque):  perché  il  pericolo  (soprattutto  nei  condomini)  è  che  qualcuno  chiuda  il  rubinetto  del  gas,  che  è  pericoloso.  (fornello  acceso,  qualcuno  chiude  il  rubinetto,  si  spegne  la  fiamma,  si  riapre  il  rubinetto,  scoppio).    Una  preoccupazione  del  normatore  è  che  il  gas  vada  ad  accumularsi  in  una  nicchia.  Bisogna  metterlo  prima  di  tutto  in  guaina,  poi  si  riempie  col  cemento  (per  evitare  formazione  di  nicchie  di  gas,  va  sigillato  col  cemento)    Protezione  tagliafuoco  A1  (materiali  incombustibili)  se  si  passa  in  un  garage.  Può  essere  un  tubo  in  metallo,  oppure  essere  in  sottotraccia.  

 Un  altro  tipo  di  posa,  è  la  posa  in  canaletta,  con  una  griglia  esterna.  Alternativa  ai  tubi  a  vista.  In  dettaglio  giunzione  graffata:  

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 SOTTOTRACCIA  

 Riempimento,  in  superficie  va  messa  striscia  gialla  e  il  tubo  va  posato  almeno  60  cm  sotto  il  piano  di  campagna.  Zona  di  posa:  

 Si  lascia  un  po’  di  spazio  sulla  parete  per  evitare  che  posando  lo  zoccolo  si  vada  a  colpire  la  tubazione  sottostante.  È  vietato  posare  tubi  sottotraccia  nelle  zone  comuni:  si  deve  passare  all’esterno.    COLLAUDO  Gli  impianti  a  gas  si  collaudano  con  un  metro  di  colonna  d’acqua  per  le  reti  fuori  terra  Si  fa  a  1  bar  per  impianti  sotto  traccia.    UNI  PARTE  2  Il  normatore  teme:  

1. La  perdita  di  gas  2. L’esalazione  di  monossido  di  carbonio,  dovuto  a:  

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a. Cattiva  combustione,  cioè  carenza  di  ossigeno  b. Rilascio  di  fumi  in  ambiente  

Definizioni  relative  agli  apparecchi  3.1.1  apparecchio  di  Tipo  A1):  Apparecchio  non  previsto  per  il  collegamento  a  camino/canna  fumaria  o  a  dispositivo  di  evacuazione  dei  prodotti  della  combustione  all'esterno  del  locale  in  cui  l’apparecchio  è  installato.  Il  prelievo  dell’aria  comburente  e  l’evacuazione  dei  prodotti  della  combustione  avvengono  nel  locale  di  installazione.  1)  Definizione  tratta  dalla  UNI  10642:2005,  punto  3.1.  UNI  7129-­‐2:2008  ©  UNI  Pagina  2  3.1.2  apparecchio  di  Tipo  B2):  Apparecchio  previsto  per  il  collegamento  a  camino/canna  fumaria  o  a  dispositivo  che  evacua  i  prodotti  della  combustione  all'esterno  del  locale  in  cui  l’apparecchio  è  installato.  Il  prelievo  dell'aria  comburente  avviene  nel  locale  d’installazione  e  l’evacuazione  dei  prodotti  della  combustione  avviene  all’esterno  del  locale  stesso.  3.1.3  apparecchio  di  Tipo  C3):  Apparecchio  il  cui  circuito  di  combustione  (prelievo  dell'aria  comburente,  camera  di  combustione,  scambiatore  di  calore  e  evacuazione  dei  prodotti  della  combustione)  è  a  tenuta  rispetto  al  locale  in  cui  l’apparecchio  è  installato.  Il  prelievo  dell'aria  comburente  e  l’evacuazione  dei  prodotti  della  combustione  avvengono  direttamente  all’esterno  del  locale.  locale  aerato:  Locale  dotato  di  dispositivi  che  consentono  l’aerazione  permanente.  Tali  dispositivi  possono  essere  costituiti  da:  -­‐  una  o  più  aperture  comunicanti  permanentemente  con  l’esterno,  realizzate  su  pareti  perimetrali,  serramenti  o  infissi;  -­‐  condotti  di  aerazione.  3.2.6  locale  aerabile:  Locale  dotato  di  dispositivi  che  consentono  l’aerazione  su  necessità.  Tali  dispositivi  possono  essere  costituiti  da  generiche  aperture  apribili  e  comunicanti  direttamente  con  l’esterno  quali  porte,  finestre,  portafinestre,  lucernari,  ecc.  Si  definiscono  altresì  aerabili  i  locali  d’installazione  dotati  di  più  aperture  (porte,  finestre,  aperture  permanenti)  non  direttamente  comunicanti  con  l’esterno,  ma  comunicanti  con  almeno  due  locali  dotati  di  aperture  apribili  e  comunicanti  direttamente  con  l’esterno.  locale  ventilato:  Locale  dotato  di  dispositivi  che  consentono  la  ventilazione  (diretta  o  indiretta).  Tali  dispositivi  possono  essere  costituiti  da:  -­‐  aperture  permanenti  rivolte  verso  l’esterno,  realizzate  su  pareti/serramenti/infissi;  -­‐  aperture  permanenti  rivolte  verso  un  locale  per  l’aria  comburente;  -­‐  condotti  di  ventilazione.  aerazione:  Ricambio  dell’aria  necessaria  sia  per  lo  smaltimento  dei  prodotti  della  combustione,  sia  per  evitare  miscele  con  un  tenore  pericoloso  di  gas  non  combusti.    Incidente  tipico:  i  fumi  dalla  caldaia  si  miscelano  con  l’aria  ambiente  (tirata  dall’antirefulare)  che  aumenta  la  portata  dei  fumi  in  canna  fumaria  e  ne  abbassa  la  temperatura  (effetto  negativo).  Termostato  sicurezza  fumi  (messo  sulla  cappa  dell’antirefulare)  quando  sente  freddo  spegne  la  caldaia.  Altezza  di  tiraggio  (dall’asse  di  imbocco  –  non  quota  caldaia,  all’asse  di  sbocco)  deve  essere  minimo  4  metri,  problemi  di  tiraggio  all’ultimo  piano.  Il  normatore  impone  di  bucare  i  muri  per  evitare  che  l’appartamento  va  in  depressione.      REI  identifica:  

- R  resistenza  strutturale  - E  tenuta  ai  fumi  - I  isolamento  termico  (180°  dall’altra  parte  della  parete)  

 Camini  a  legna:  consumano  aria  secondaria  (aria  ambiente  +  fumi).  Hanno  bisogno  di  una  considerevole  portata  di  aria,  se  non  arriva  l’aria  frontalmente  con  una  certa  velocità  non  hanno  abbastanza  aria.  Se  il  camino  non  ha  una  presa  d’aria  esterna  tende  a  depressurizzare  l’ambiente.  Per  gli  apparecchi  di  tipo  A  (fornelli)  non  è  ammessa  la  cappa  finta.  La  cappa  deve  essere  collegata  alla  canna  fumaria.  La  canna  fumaria  deve  avere  la  canna  verticale  con  in  fondo  la  cassetta  di  ispezione.  Il  fornello  avrà  una  portata  termica  massima  di  2  kW  (la  caldaia  invece  è  25  -­‐30  kW)    

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Dove  abbiamo  un  apparecchio  a  gas  dobbiamo  sempre  avere  un  locale  ventilato  (buco  fisso)  o  ventilabile  (finestra  che  si  possa  aprire).  L’unico  caso  in  cui  si  può  ammettere  un  apparecchio  a  gas  in  un  locale  cieco  è  mettere  l’aspirazione  sopra  con  una  canna  verticale  che  vada  direttamente  sul  tetto.    Differenza  tra:  

- Canna  fumaria:  fisso  e  non  smontabile  - Canale  da  fumo:  porzione  del  sistema  di  evacuazione  fumi  che  può  essere  ispezionato,  smontato,  pulito,  

cambiato.  Canna  fumaria  collettiva:  sistemi  di  evacuazione  atti  a  ricevere  lo  scarico  di  combustione  di  un  apparecchio  per  ogni  piano.  Non  più  apparecchi  per  ogni  piano,  ma  solo  uno.    È  obbligatorio  scaricare  i  fumi  a  tetto,  mentre  lo  scarico  a  parete  senza  canna  fumaria  è  consentito  SOLO  per  gli  apparecchi  NOx  5  (principalmente  a  condensazione)  e  tenendo  in  conto  che  nel  caso  in  cui  si  progetti  un  sistema  a  parete  in  un  condominio,  perché  indipendentemente  dalle  norme  tecniche  vige  sempre  il  principio  del  codice  civile  per  il  quale  non  si  deve  dar  fastidio  ai  confinanti.  Se  invece  il  fabbricato  è  isolato  (monofamiliare),  allora  lo  scarico  a  parete  è  ammesso.    APPARECCHI  TIPO  A  Scarico  vapori,  che  ha  gli  stessi  requisiti  di  base  della  canna  fumaria.  Il  tratto  di  collegamento  della  cappa  con  la  canna  fumaria  è  concepito  come  smontabile,  quindi  è  possibile  metterlo  in  orizzontale  e  con  qualche  curva.  Requisiti  di  base:  

- Condotto  verticale  in  cui  sono  accettati  due  spostamenti  con  angolo  non  superiore  a  30°  (deviazioni  con  angolo  superiore  potrebbe  impedire  ad  eventuali  materiali  che  cadono  nella  canna,  di  scivolare  nella  cassetta  di  ispezione  e  rimanere  bloccati  in  una  curva,  tappando  l’uscita  fumi)  

- Cassetta  di  ispezione  sul  fondo  - Imbocco  - La  quota  di  sbocco  ha  un  po’  di  vincoli  a  seconda  delle  prese  d’aria,  o  eventuali  lucernari    - Materiali  resistenti  a  T<80°  e  in  acciaio  o  plastiche  particolari  - Il  dimensionamento  va  fatto  con  velocità  di  8-­‐10  m/s  

CANNA  FUMARIA  CALDAIA  DIVERSA  DA  CANNA  FUMARIA  DEI  VAPORI  DI  CUCINA.  (la  ventola  della  cucina  pressurizza  la  canna,  e  se  fossero    nella  stessa  canna  fumaria  degli  apparecchi  tipo  B,  i  fumi  scendono  subito  dall’antirefuleaur    APPARECCHI  TIPO  B  Deve  avere  un  po’  di  pendenza  nel  verso  del  flusso  

- Devono  avere  un  tratto  orizzontale  non  troppo  lungo,  con  non  troppe  curve    - Le  canne  fumarie  sono  in  genere  singole.  È  ammesso  che  ricevano  i  fumi  da  due  apparecchi  sono  in  caso:  

(figura  3  pagina  16  parte  3)  Casistica  sorpassata…    APPARECCHI  TIPO  C  Nel  caso  di  una  caldaia  tipo  B  la  canna  fumaria  deve  vincere  con  il  tiraggio  le  perdite  di  carico  della  canna,  del  canale  di  fumo  e  quelle  della  caldaia.  Per  una  tipo  C  che  ha  il  ventilatore,  si  considera  a  pressione  zero  l’imbocco  alla  canna,  quindi  la  caldaia  deve  solo  vincere  le  proprie  perdite  di  carico.  In  più  i  fumi  che  escono  dalla  tipo  C  sono  più  caldi  perché  non  vengono  miscelati,  con  il  risultato  che  la  canna  si  può  fare  un  po’  più  piccola.  Ci  sono  dei  software  scaricabile  che  possono  fare  il  calcolo  di  dettaglio.  La  tipo  B  alta  4  metri  ha  bisogno  di  15  cm.  Tipo  C  (altezza  efficace  minima  di  2  m)  ha  bisogno  di  12  cm  di  diametro  a  parità  di  altezza  (4  m)    La  caldaia  a  condensazione  ha  una  temperatura  dei  fumi  molto  bassa:  

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- Per  cui  la  canna  è  in  pressione,  altrimenti  non  scarica  i  fumi    - Bisogna  scaricare  la  condensa,  tramite  un  sifone  (che  serve  per  bilanciare  la  pressione  e  non  mandare  i  fumi  

in  fogna)  - La  condensa  va  scaricata  in  fogne  acque  nere,  per  impianti  fino  a  35  kW  - Per  impianti  superiori  a  35  kW  la  condensa  va  neutralizzata  con  elementi  basici,  affinchè  la  condensa  acida  

non  vada  a  interferire  con  la  fogna.  - La  canna  fumaria  della  caldaia  a  condensazione  va  messa  in  una  controcanna  più  grande  areata  alla  base.  

Questo  perché  la  canna  della  caldaia  a  condensazione  è  in  pressione  e  non  si  può  installare  senza  la  controcanna  ventilata  (se  si  buca  rilascia  i  fumi  in  ambiente).  

- Sezione  di  sbocco  laterale  (per  evitare  che  si  infili  un  nido)  e  poi  con  canne  in  pressione  la  norma  impone  che  la  sezione  di  sbocco  sia  due  volte  la  sezione  della  canna  (diminuiscono  le  perdite  concentrate)  per  evitare  effetti  di  contropressione  esterna.  

 CANNA  FUMARIA    La  canna  fumaria  può  essere  non  solo  circolare,  ma  anche  rettangolari  o  ovali  (non  a  condensazione,  che  si  fanno  solo  circolari  perché  già  piccole).  Con  canne  in  depressione  l’ingombro  diventa  rilevante.  Le  caldaie  con  20  –  30  anni  tipo  B  hanno  delle  canne  in  eternit  spesso  rettangolare,  si  può  sostituire  con  una  tre  stelle  tipo  C,  ma  non  si  sa  nulla  sulla  tenuta  della  canna  fumaria  vecchia  di  30  anni,  allora  si  intuba,  ma  non  è  detto  che  la  canna  circolare  ci  stia.  Allora  si  può  mettere  rettangolare  ma  con  alcuni  vincoli,  tipo  spigoli  arrotondati.    CLASSIFICAZIONE  UNI  1443  Da  fornire  sul  progetto:  

 File  UNIN144300-­‐2005:  

 

   CANNE  COMUNI  Con  le  canne  in  pressione,  qualsiasi  apparecchio  si  attacchi  alla  canna  ha  il  problema  che  i  fumi  potrebbero  passare  nelle  caldaie  spente.  Per  cui  ogni  caldaia  in  pressione  ha  la  propria  canna  fumaria.  A  meno  che  se  ne  occupi  il  costruttore:  è  il  caso  di  caldaie  in  modulo  che  hanno  un  collettore  fumi  in  comune.  

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   CANNE  COLLETTIVE  RAMIFICATE  Un  apparecchio  per  ogni  piano.  Esistono  per  apparecchi  tipo  B  o  C  ma  NON  per  condotti  in  pressione.  Si  collega  alla  canna  dopo  aver  percorso  un  tratto  verticale.  In  sezione  si  vedono  sempre  due  canne  affiancate.  Queste  tipologie  sono  difficilmente  adeguabili  

 Foro  di  compensazione  (numero  3  in  figura):  si  fa  per  pescare  aria  e  aumentare  la  velocità  dell’intera  canna,  è  obbligatorio  farlo  per  quando  ci  sono  più  di  due  tre  apparecchi  

   

DECRETO  MINISTERO  INTERNI  12  APRILE  1996  –  PREVENZIONE  INCENDI  (File:  impianti_termici  a  gas  VVF)    SI  APPLICA:  impianti  termici  di  portata  termica  complessiva  maggiore  di  35  kW,  alimentati  da  combustibili  gassosi  alla  pressione  massima  di  0,5  bar.  Quando  si  applica  il  decreto  e  quando  la  uni?      Più  apparecchi  termici  alimentati  a  gas,  di  seguito  denominati  apparecchi,  installati  nello  stesso  locale  o  in  locali  direttamente  comunicanti  sono  considerati  come  facenti  parte  di  un  unico  impianto,  di  portata  termica  pari  alla  

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somma  delle  portate  termiche  dei  singoli  apparecchi.  All’interno  di  una  singola  unità  immobiliare  adibita  ad  uso  abitativo,  ai  fini  del  calcolo  della  portata  termica  complessiva,  non  concorrono  gli  apparecchi  domestici  di  portata  termica  singola  non  superiore  a  35  kW  quali  gli  apparecchi  di  cottura  alimenti,  le  stufe,  caminetti,  i  radiatori  individuali,  gli  scaldacqua  unifamiliari,  gli  scaldabagno  ed  lavabiancheria.      

- Locali  direttamente  comunicanti  significa  tramite  UNA  porta,  non  due  (due  porte  ci  sono  per  esempio  tra  due  stanze  adiacenti  ma  collegate  da  un  corridoio  e  bisogna  attraversare  due  porte)  

- Nel  caso  dell’appartamento  se  avessi  una  caldaia  (sotto  35  kW)  +  scaldabagno  non  si  sommano  le  potenze.  Ma  se  è  un  ufficio  SI  E’  SOGGETTI.  

 DEFINIZIONI  

- Portata  termica  =  potenza  al  focale  =  portata  *  PCI  - locale  esterno:  locale  ubicato  su  spazio  scoperto,  anche  in  adiacenza  all'edificio  servito,  purché  

strutturalmente  separato  e  privo  di  pareti  comuni.  Sono  considerati  locali  esterni  anche  quelli  ubicati  sulla  copertura  piana  dell'edificio  servito,  purché  privo  di  pareti  comuni;    

- Serranda  tagliafuoco:  dispositivo  di  otturazione  ad  azionamento  automatico  destinato  ad  interrompere  il  flusso  dell'aria  nelle  condotte  aerotermiche  ed  a  garantire  la  compartimentazione  antincendio  per  un  tempo  prestabilito.  Sono  componenti  atti  a  realizzare  una  compartimentazione  resistente  al  fuoco  nel  punto  in  cui  il  canale  attraversa  la  struttura  nel  momento  in  cui  si  chiude.  Se  le  strutture  resistenti  al  fuoco  sono  attraversati  dai  canali  ad  aria  nel  punto  in  cui  il  canale  attraversa  il  muro  si  crea  un  punto  debole:  si  applicano  delle  serrande  in  lamiera  con  una  aletta  sola  (le  serrande  normali  hanno  in  genere  più  alette  che  ruotano  sull’asse)  che  resiste  al  fuoco.  La  pala  della  serranda  è  normalmente  chiusa,  cioè  una  molla  la  tiene  in  posizione  aperta,  senza  corrente  si  chiude.  Le  serrande  hanno  un  doppio  azionamento:    1. Fusibile:  si  arma  la  pala,  il  fusibile  la  tiene  aperta  finchè  non  fonde.  E’  un  modo  sconsigliato,  perché  

quando  chiude  la  temperatura  è  già  troppo  elevata  (70°C),  è  un  meccanismo  tardivo.  2. A  magnete:  comune  nelle  porte.  Le  porte  tagliafuoco  (soprattutto  negli  ospedali)  sono  

permanentemente  aperte,  il  magnete  la  tiene  in  posizione  finchè  ha  corrente,  quando  manca  la  corrente  si  chiudono  tutte  le  porte.  Ha  lo  svantaggio  che  nel  caso  manchi  corrente  si  chiudono  tutte.  Ciò  che  fa  scattare  i  magneti  è  l’impianto  rilevazione  fumi.  Due  rivelatori:  uno  controlla  la  stanza  sottostante,  uno  controlla  il  controsoffitto.  Negli  alberghi,  nelle  scuole,  luoghi  di  spettacolo  sono  obbligatori.  L’impianto  rilevazione  incendi  è  quello  che  decide  l’alimentazione  dei  magneti:  può  controllarli  tutti  o  un  gruppo  di  magneti.  Le  serrande  ad  azionamento  elettrico,  oltre  al  comando  remoto  dall’impianto  di  rilevazione  incendi,  hanno  anche  un  comando  locale  che  è  un  termostato  (e  non  un  fusibile)  a  taratura  fissa  che  quando  raggiunge  il  valore  di  settaggio  toglie  corrente  al  magnete.  I  vigili  preferiscono  la  soluzione  magnete.  

3. Serranda  a  motore  con  ritorno  a  molla:  quando  il  motore  è  alimentato  non  chiude,  quando  il  motore  non  ha  alimentazione  chiude  la  serranda.  Quando  torna  la  corrente  la  molla  viene  riarmata  e  si  riapre.  Se  manca  tensione  accidentalmente  le  serrande  non  devono  essere  riarmate  manualmente.  Hanno  anche  queste  il  disgiuntore  termico.  Il  posizionamento  delle  serrande  è  una  conseguenza  della  scelta  della  compartimentazione.    

- compartimentazione  antincendio:  struttura  resistenti  al  fuoco  che  delimitano  degli  ambienti  rispetto  ad  altri.  Esempio:  se  al  posto  delle  porte  normali  ci  sono  delle  porte  tagliafuoco  e  se  le  pareti  hanno  caratteristiche  di  resistenza  al  fuoco  possiamo  dire  che  il  locale  è  compartimentato  rispetto  all’esterno.      

- REI:  stabilità  strutturale,  isolamento  termico,  resistenza  ai  fumi.  La  resistenza  al  fuoco  si  misura  in  minuti:  30  60  90  120  180  240.  Le  porte  e  le  pareti  devono  avere  gli  stessi  minuti.  

- Cuscini  antifuoco:  cuscini  espandenti,  a  una  certa  temperatura  cominciano  a  gonfiarsi  per  chiudere  il  buco.  Si  usano  nelle  canalette  degli  impianti  elettrici.  

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- Dichiarazione  di  posa  in  opera  in  base  al  modello  fornito  dai  vigili  del  fuoco:  cartaccia  a  corredo  delle  barriere.  - Certificazione  delle  barriere:  solo  per  le  barriere  ci  vuole  un  documento  del  produttore  (benestare  europeo)  

in  cui  il  produttore  dice  che  la  sua  barriera  posata  in  un  certo  modo  garantisce  la  resistenza  al  fuoco  di  una  certa  categoria.  In  più  il  produttore  deve  dichiarare  la  conformità  .  L’installatore  deve  fare  il  disegno,  posizionare  le  barriere  (Legenda  delle  barriere,  legenda  delle  strutture),  scrivere  specifiche,  deve  scrivere  per  ogni  barriera  dove  le  ha  posate  e  per  ognuna  fare  la  dichiarazione  di  posa  in  opera.  Vista  la  dichiarazione  del  produttore  e  vista  la  dichiarazione  dell’installazione.  

 INSTALLAZIONE  ALL’APERTO  Gli  apparecchi  installati  all'aperto  devono  essere  costruiti  per  tale  tipo  di  installazione.  E'  ammessa  l'installazione  in  adiacenza  alla  pareti  dell'edificio  servito  alle  seguenti  condizioni:  

- la  parete  deve  possedere  caratteristiche  di  resistenza  al  fuoco  almeno  REI  30  ed  essere  realizzata  con  materiale  di  classe  0  di  reazione  al  fuoco.  

- Altre  disposizioni  da  leggere  Oltre  alla  resistenza  REI,  si  considera  la  classe  di  rezione  al  fuoco:  classe  0  incombustibile,  classe  da  1  a  5  combustibili.  Il  legno  corrisponde  alla  classe  3.  La  classe  può  migliorare  aggiungendo  dei  rivestimenti  e  far  raggiungere  la  classe  1,  ma  la  classe  0  no.  Tutti  i  derivanti  dal  petrolio  non  può  mai  essere  definito  come  incombustibile.  La  classe  5  è  la  peggiore.  

Nel  caso  di  gas  con  una  certa  densità  (gpl)  Gli  apparecchi  devono  distare  non  meno  di  5  m  da:  -­‐  cavità  o  depressioni,  poste  al  piano  di  installazione  degli  apparecchi;  -­‐  aperture  comunicanti  con  locali  sul  piano  di  posa  degli  apparecchi  o  con  canalizzazioni  drenanti.  La  norma  si  occupa  di  due  tipi  di  gas:  

- Gas  più  leggeri  dell’aria:  metano  - Gas  più  pesanti  dell’aria:  gpl.  Si  ha  particolare  riguardo  per  il  gpl  perché  essendo  pesante  fatica  a  diluirsi.  E’  

vietatissima  l’installazione  interrata  o  nelle  nicchie.  LIMITAZIONI:  I  generatori  d’aria  calda  sono  poco  graditi,  perché  la  superficie  di  scambio  aria  fumi  è  ad  una  temperatura  molto  alta  (più  di  300°).  Se  ci  sono  delle  polveri  possono  prendere  fuoco  a  contatto  con  lo  scambiatore,  se  non  esplodere  nel  caso  di  farine  e  polveri  di  zucchero.  Nei  locali  con  un  affollamento  discreto  si  chiede  che  vengano  installate  serrande  tagliafuoco:  Limitazioni  per  i  generatori  di  aria  calda  installati  all'aperto:  Nel  caso  il  generatore  sia  a  servizio  di  locali  di  pubblico  spettacolo  o  di  locali  soggetti  ad  affollamento  superiore  a  0,4  persone/m2,  deve  essere  installata  sulla  condotta  dell’aria  calda  all’esterno  dei  locali  serviti,  una  serranda  tagliafuoco  di  caratteristiche  non  inferiori  a  REI  30  asservita  a  dispositivo  termico  tarato  a  80  °C  (è  una  norma  vecchia,  il  fusibile  non  è  sicuro)  o  a  impianto  automatico  di  rivelazione  incendio.  Inoltre,  nel  caso  in  cui  le  lavorazioni  o  le  concentrazioni  dei  materiali  in  deposito  negli  ambienti  da  riscaldare  comportino  la  formazione  di  gas,  vapori  o  polveri  suscettibili  di  dare  luogo  ad  incendi  o  esplosioni,  non  è  permesso  il  ricircolo  dell'aria.  (barbaria  energetica,  vabbè).    UBICAZIONE:  

- Non  possiamo  fare  una  centrale  termica  troppo  bassa:  Il  piano  di  calpestio  dei  locali  non  può  essere  ubicato  a  quota  inferiore  a  5  m  al  di  sotto  del  piano  di  riferimento.  Nel  caso  dei  locali  di  cui  al  punto  4.2.6  è  ammesso  che  tale  piano  sia  a  quota  più  bassa  e  comunque  non  inferiore  a  -­‐10  m  dal  piano  di  riferimento.  

- Le  centrali  termiche  devono  avere  dei  muri  affacciati  all’esterno,  e  non  pareti  minuscoli.  Devo  fare  una  parete  che  sia  una  percentuale  non  troppo  piccola  del  perimetro:  Almeno  una  parete,  di  lunghezza  non  inferiore  al  15%  del  perimetro,  deve  essere  confinante  con  spazio  scoperto  o  strada  pubblica  o  privata  scoperta  o  nel  caso  di  locali  interrati,  con  intercapedine  ad  uso  esclusivo,  di  sezione  orizzontale  netta  non  inferiore  a  quella  richiesta  per  l'aerazione  e  larga  non  meno  di  0,6  m  ed  attestata  superiormente  su  spazio  scoperto  o  strada  scoperta  

- Impianti  gpl:  è  consentita  l’ubicazione  esclusivamente  fuori  terra.  

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APERTURA  DI  AERAZIONE  Il  massimo  del  pericolo  è  considerata  la  sacca  di  gas:  i  locali  con  apparecchi  a  gas  devono  avere  delle  aperture  per  evitare  che  si  formino  sacche  di  gas.  Il  buco  va  fatto  nel  punto  più  alto  del  locale,  perché  il  metano  è  un  gas  leggero.  Evitare  che  ci  siano  delle  zone  a  ventilazioni  impedite.  (c’è  anche  una  serie  di  circolari  esplicative  che  derogano  la  norma)  

Le  aperture  di  aerazione  devono  essere  realizzate  e  collocate  in  modo  da  evitare  la  formazione  di  sacche  di  gas,  indipendentemente  dalla  conformazione  della  copertura.  Nel  caso  di  coperture  piane  tali  aperture  devono  essere  realizzate  nella  parte  più  alta  della  parete.  

Esempio  classico:  passaggio  dalla  centrale  termica  da  gpl  a  gas.  Se  nel  locale  c’è  una  trave  ribassata,  che  non  si  può  bucare  per  fare  le  apertura,  non  si  può  fare  la  sostituzione  dell’impianto.  NEI  LOCALI  CON  TRAVI  RIBASSATE  NON  SI  METTE  L’IMPIANTO  A  GAS.    

LOCALI  DI  INSTALLAZIONE  DI  APPARECCHI  PER  LA  CLIMATIZZAZIONE  DI  EDIFICI  ED  AMBIENTI:  

I  locali  non  devono  risultare  sottostanti  o  contigui  a  locali  di  pubblico  spettacolo,  ad  ambienti  soggetti  ad  affollamento  superiore  a  0,4  persone/m2  o  ai  relativi  sistemi  di  vie  di  uscita.  Tale  sottostanza  o  contiguità  è  tuttavia  ammessa  purché  la  parete  confinante  con  spazio  scoperto,  strada  pubblica  o  privata  scoperta,  o  nel  caso  di  locali  interrati  con  intercapedine  ad  uso  esclusivo,  attestata  superiormente  su  spazio  scoperto  o  strada  scoperta,  si  estenda  per  una  lunghezza  non  inferiore  al  20%  del  perimetro  e  la  pressione  di  esercizio  non  superiori  0,04  bar  

CARATTERISTICHE  COSTRUTTIVE  Le  strutture  portanti  devono  possedere  i  requisiti  di  resistenza  al  fuoco  non  inferiore  a  R  120,  quelle  di  separazione  da  altri  ambienti  non  inferiore  a  REI  120.  Le  strutture  devono  essere  realizzate  con  materiale  di  classe  0  di  reazione.  Nel  caso  di  apparecchi  di  portata  termica  complessiva  inferiore  a  116  kW  è  ammesso  che  tali  caratteristiche  siano  ridotte  a  R60  e  REI  60.    fino  a  116  kW  -­‐>  R60  delle  strutture  portanti  (cioè  muro  che  divide  il  locale  dall’esterno).  Se  le  pareti  sono  portanti  e  separanti  (cioè  muro  che  divide  il    locale  da  altri  locali)  devono  essere  REI  60.  Se  il  muro  non  ha  funzione  portante  è  solo  EI.    Ferme  restando  le  limitazioni  di  cui  al  punto  4.2.4.  l’altezza  del  locale  di  installazione  deve  rispettare  le  seguenti  misure  minime,  in  funzione  della  portata  termica  complessiva:  -­‐  non  superiore  a  116  kW:  2,00  m;  -­‐  superiore  a  116  kW  e  sino  a  350  kW:  2,30  m;  -­‐  superiore  a  350  kW  e  sino  a  580  kW:  2,60  m;  -­‐  superiore  a  580  kW:  2,90  m.    In  caso  di  locali  sottostanti  o  contigui  a  locali  di  pubblico  spettacolo  o  soggetti  ad  affollamento  superiore  a  0,  4  persone/  m2  o  ai  relativi  sistemi  di  via  di  uscita,  l’apertura  di  aerazione  si  deve  estendere  a  filo  del  soffitto…..bla  bla  morale:  Se  abbiamo  una  centrale  termica  a  gas  ci  si  deve  sforzare  di  non  metterla  di  fianco  a  locali  dove  ci  sia  affollamento,  ci  sono  troppi  vincoli.    ACCESSO  Molto  importante:  l’accesso,  le  pareti  e  le  porte,  la  resistenza  e  la  classe  di  reazione  sono  di  competenza  del  termotecnico,  non  dello  strutturista.  È  il  termotecnico  che  deve  controllare  la  conformità  del  locale  centrale.  L’accesso  può  avvenire  dall’esterno  da:  -­‐  spazio  scoperto;  -­‐  strada  pubblica  o  privata  scoperta;  

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-­‐  porticati;  -­‐  intercapedine  antincendio  di  larghezza  non  inferiore  a  0,9  m;  oppure  dall’interno  tramite  disimpegno,  realizzato  in  modo  da  evitare  la  formazione  di  sacche  di  gas,  ed  avente  le  seguenti  caratteristiche:  a)  impianti  di  portata  termica  non  superiore  a  116  kW:  resistenza  al  fuoco  della  struttura  REI  30  e  con  porte  REI  30;  b)  impianti  di  portata  termica  superiore  a  116  kW:  -­‐  superficie  netta  minima  di  2  mq;  -­‐  resistenza  al  fuoco  della  struttura  REI  60  e  con  porte  REI  60;  -­‐  aerazione  a  mezzo  di  aperture  di  superficie  complessiva  non  inferiore  a  0,5  m2  realizzate  su  parete  attestata  su  spazio  scoperto,  strada  pubblica  o  privata  scoperta,  intercapedine.    PORTE:  Leggere  con  attenzione  il  paragrafo  delle  porte.  Le  porte  dei  locali  e  dei  disimpegni  devono:  -­‐  essere  apribili  verso  l’esterno  e  munite  di  congegno  di  autochiusura,  di  altezza  minima  di  2  m  e  larghezza  minima  0,6  m.  Per  impianti  con  portata  termica  complessiva  inferiore  a  116  kW  il  senso  di  apertura  delle  porte  non  è  vincolato.  -­‐  possedere  caratteristiche  di  resistenza  al  fuoco  non  inferiori  a  REI  60  o  REI  30,  per  impianti  di  portata  termica  rispettivamente  superiore  e  non  a  116  kW.  Alle  porte  di  accesso  diretto  da  spazio  scoperto,  strada  pubblica  o  privata,  scoperta,  o  da  intercapedine  antincendio  non  è  richiesto  tale  requisito,  purché  siano  in  materiale  di  classe  0  di  reazione  al  fuoco.    Il  paragrafo  4.5.3  è  sorpassato  dal  DM  31  marzo  2003:  Tutti  i  canali  devono  essere  incombustibili.  File:  DM  canali.doc  Fiera:  l’isolamento  sono  lane  polimeriche,  derivate  dal  petrolio  e  quindi  combustibili.    Nel  caso  di  condotte  preisolate,  realizzate  con  diversi  componenti  tra  loro  stratificati  di  cui  almeno  uno  con  funzione  isolante,  è  ammessa  la  classe  di  reazione  al  fuoco  0-­‐1  (zero-­‐uno,  cioè  zero  l’acciaio  di  rivestimento  del  canale,  1  il  materiale  isolante).  Detta  condizione  si  intende  rispettata  quando  tutte  le  superfici  del  manufatto,  in  condizione  d'uso,  sono  realizzate  con  materiale  incombustibile  (in  genere  alluminio  e  acciaio)  di  spessore  non  inferiore  a  0,08  millimetri  e  sono  in  grado  di  assicurare,  anche  nel  tempo,  la  continuità  di  protezione  del  componente  isolante  interno,  di  classe  di  reazione  al  fuoco  non  superiore  ad  1  (uno).  FLESSIBILI:  I  terminali  si  possono  collegare  ai  terminali  ma  la  cui  lunghezza  non  è  superiore  a  5  volte  il  diametro  del  raccordo  stesso,  sono  realizzati  in  materiale  di  classe  di  reazione  al  fuoco  0  (zero),  0-­‐1  (zero-­‐uno),  1-­‐0  (uno-­‐zero),  1-­‐1  (uno-­‐uno)  o  1  (uno).  Sistemi  pal:  bisogna  prestare  attenzione  che  abbia  la  certificazione  di  resistenza  al  fuoco  perché  potrebbe  essere  non  idoneo  per  la  prevenzione  incendi  e  comunque  è  scadente  dal  punto  di  vista  acustico.    Le  condotte  non  possono  attraversare  luoghi  sicuri.  Definizione  di   luogo   sicuro:   è   l’esterno,   oppure   è   un   locale   o   un   insieme  di   locali   separati   dai   locali   pericolosi   con  strutture  di  resistenza  al  fuoco.  Definizione  filtro  al  fumo:  è  un  locale  con  strutture  resistenti  al  fuoco  e  porte  tagliafuoco  dotato  di  strutture  di  aerazione  (ventilato  direttamente  dall’esterno)  con  certe  caratteristiche.  Nel  disegno,  il  locale  1  è  sicuro  rispetto  al  locale  2  e  viceversa  perché  entrambi  danno  sull’esterno  e  hanno  pareti  resistenti  al  fuoco  e  porte  rei.  Oppure  sono  sempre  un  luogo  sicuro  se  il  locale  interno  adiacente  è  un  filtro.  

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   Le  scale  del  dipartimento  sono  un  luogo  sicuro,  perché  sono  separati  da  un  filtro.  Scala  a  prova  di  fumo  interna:  cioè  scale  separate  dai  locali  serviti  da  un  filtro  aerato.  Le  porte  aperte  sono  comandate  dai  magneti  collegati  all’impianto  di  rilevazione  incendi.    Il  canale  non  può  attraversare  il  locale  sicuro.  In  realtà  c’è  un’alternativa:  l’attraversamento  può  esserci  solo  se  il  canale  è  rivestito  con  barriere  tagliafuoco  L’attraversamento  dei  soprarichiamati  locali  può  tuttavia  essere  ammesso  se  le  condotte  o  le  strutture  che  le  racchiudono  hanno  una  resistenza  al  fuoco  non  inferiore  alla  classe  del  locale  attraversato  ed  in  ogni  caso  non  inferiore  a  REI  30.    Perché  se  ha  il  rivestimento  è  come  se  non  ci  fosse.  Quindi  ci  può  stare.    TUBI  Acciaio  e  rame  in  qualsiasi  situazione,  il  polietilene  solo  per  soluzioni  interrate.  E’  imposto  che  i  tubi  del  gas  nel  locale  impianti  termici  devono  essere  a  vista.  Tutti  gli  impianti  sopra  i  35  kW  hanno  tubi  o  interrati  o  a  vista.  All’esterno  dei  locali  di  installazione  degli  apparecchi  deve  essere  installata,  sulla  tubazione  di  adduzione  del  gas,  in  posizione  visibile  e  facilmente  raggiungibile  una  valvola  di  intercettazione  manuale  con  manovra  a  chiusura  rapida  per  rotazione  di  90°  ed  arresti  di  fine  corsa  nelle  posizioni  di  tutto  aperto  e  di  tutto  chiuso.  In  genere  si  usano  valvole  a  farfalla.  In  più  quando  un  tubo  del  gas  attraversa  un  muro  esterno  in  ingresso,  oltre  alla  valvola  di  intercettazione,  nel  muro  ci  deve  essere  un  controtubo  sigillato  dal  lato  interno,  in  modo  che  se  c’è  un  perdita,  questa  esce  dal  lato  esterno  grazie  al  controtubo.  In  generale  quando  si  mette  un  tubo  del  gas  in  un  vano  nascosto  (resistente  al  fuoco)  è  imposto  che  le  giunzioni  non  siano  filettate  ma  saldate  (un  po’  come  i  tubi  sottotraccia).  Mentre  i  tubi  a  vista  sia  all’interno  che  all’esterno  sono  in  genere  filettati.  Infine  ci  va  un  estintore.    Le  differenze  principali  con  la  uni  sono:  

- Tubi  rigorosamente  a  vista  in  centrale  - Valvola  di  intercettazione  - Per  quanto  riguarda  il  locale  della  centrale  ci  sono  grosse  differenze:  Areazione,  altezza  del  locale,  strutture  

resistenti  al  fuoco    Per  individuare  la  resistenza  al  fuoco  delle  strutture  esiste  un  decreto  16/02/2007  con  delle  tabelle:  (file:  DM  16  02  2007  –  allegati.doc)  pagina  11  Ad  esempio  pag  11:  caso  delle  murature  non  portanti  in  blocchi  in  laterizio  Dalla  tabella  si  ricava  che  per  le  strutture  non  portanti,  per  avere  una  classe  EI  60  (senza  R  perché  non  è  portante):    

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 Serve  uno  spessore  copriferro:  con  l’aumentare  della  temperatura,  il  ferro  non  fa  in  tempo  a  fondere  perché  la  temperatura  non  supera  i  1200°C  ma  ha  un  calo  delle  prestazioni  meccaniche,  in  particolare  raggiunge  prima  il  carico  di  snervamento.  Le  combinazioni  di  carico  a  freddo  sono  ridondanti.  La  combinazione  di  carico  in  caso  di  incendio,  non  è  aggiuntiva  rispetto  al  caso  peggiore,  ma  è  un  30%  in  meno  critica  rispetto  alla  combinazione  a  freddo.  Temperatura  critica  della  struttura.  L’intonaco  conta  cautelativamente  come  il  calcestruzzo,  dal  punto  di  vista  della  conduttività.    curva  standard    

   EDIFICI  SCOLASTICI  File:  edifici_scolastici.pdf  (è  in  un  file  zip:  norme-­‐scuole)  Definizione  Scala  protetta:  scala  perimetrata  con  strutture  resistente  al  fuoco  i  cui  c’è  una  porta  resistente  al  fuoco  che  dà  accesso  ad  ogni  piano  dell’edificio.  Invece  le  scale  a  prova  di  fumo  sono  quelle  separate  anche  dal  filtro  oltre  che  dalla  porta  tagliafuoco.  In  genere  le  scuole  non  devono  comunicare  con  altre  attività  soggetta  a  prevenzione  incendi,  non  ci  devono  essere  porte.  In  generale  un  fabbricato  più  è  alto  più  è  a  rischio.  Compartimentazione:  cercare  di  confinare  un  possibile  incendio.  Quando  il  fabbricato  è  basso  sono  accettati  compartimenti  più  grandi.  Tutte  le  scuole  sopra  le  cento  persone  devono  avere  due  scale.      DPR  1  8  2011  n  151  Prev_incendi-­‐  comm.pdf  ELENCO  DELLE  ATTIVITA’  SOGGETTE  ALLE  VISITE  E  AI  CONTROLLI  DI  PREVENZIONE  INCENDI  Numero  74  Tabella:  Impianti  per  la  produzione  di  calore  alimentati  a  combustibile  solido,  liquido  o  gassoso  con  potenzialità  superiore  a  116  kW  

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UNI  10779  È  una  norma  che  si  applica  per  le  attività  senza  specifica  normativa:  per  esempio  per  le  scuole  non  si  applica  perché  c’è  già  il  decreto.  Nell’impianto  antincendio  l’obiettivo  è  proteggere  tutta  l’area:  installare  un  numero  adeguato  di  apparecchi  in  modo  che  tutto  le  parti  del  fabbricato  possano  essere  raggiunti  con  almeno  una  lancia.  Una  ipotesi  cautelativa  è  considerare  di  arrivare  con  l’idrante  in  qualunque  punto  del  fabbricato,  ipotesi  meno  cautelativa  si  considera  anche  il  lancio  del  getto  (ma  le  norme  per  sicurezza  impongono  di  considerare  massimo  5  metri).  Per  informazione    guardare  il  sito  http://www.bocciolone.com/  Altezza  antincendio:  Altezza  massima  misurata  dal  livello  inferiore  dell’apertura  più  alta  dell’ultimo  piano  abitabile  e/o  agibile,  escluse  quelle  dei  vani  tecnici,  al  livello  del  piano  esterno  più  basso.  (serve  per  sapere  le  misure  dell’autoscala  dei  vigili)  Bar  relativi  -­‐>  è  un  Dp  =  pressione  -­‐  p0  (atmosferica)    

- Naspi  uni  25  (attacco  da  un  pollice):  contenitore  con  lastra  trasparente  safe  crash,  tamburo  con  tubo  semirigido,  valvola  di  intercettazione,  lancia.  Lunghezza  massima  ammessa  dalle  norme  è  di  30  metri.  Diametro  dell’ugello  se  normale  è  7  mm  portata  35  l/min  2  bar,  se  ad  alta  portata  9  mm  60  l/min  3  bar  

- Idranti  uni  45:  ha  l’ugello  di  diametro  12  mm,  ha  una  manichetta  in  tela  gommata,  hanno  più  portate,  ed  è  più  facile  che  si  pieghi.  Il  12  mm  da  2  bar,  ha  la  portata  di  150  l/min  convenzionalmente  battezzata  a  120  l/min.  Attacco  1”  e  ½.  Non  può  avere  una  lunghezza  maggiore  di  20  m.    La  lunghezza  massima  è  importante  perché  gli  idranti  hanno  più  componenti  del  naspo  

- Idranti  uni  70:  ha  diametro  ugello  16  mm.  La  cassetta,  gli  ugelli,  i  tubi  sono  più  grandi.  300  l/min  a  3  bar.  Sono  pensati  esclusivamente  per  la  protezione  esterna,  per  raffreddare  dall’esterno  un  fabbricato  che  sta  bruciando,  raffredda  le  pareti  e  la  copertura.    

- Attacchi  autopompa:  è  un  attacco  a  spingere.  Serve  affinché  l’autopompa  dei  vigili  arrivi  e  pressurizzi  la  rete  del  fabbricato  con  la  pompa  dei  vigili  e  con  l’acqua  del  serbatoio  dell’autopompa.  Arrivano  e  spingono  l’acqua  dentro  la  rete  per  pressurizzarla:  è  fondamentale  per  i  fabbricati  alti.    

Per  l’ugello  vale  il  teorema  di  bernoulli:  

 P2-­‐P1  +  r  (v2-­‐v1)/2  +  rg(h2-­‐h1)  =  0  P1=  atmosferica,  in  bar  relativi  è  zero  V2=  bassa  velocità  di  trasporto,  1  m/s  

è v12/2=p2/r  

con  pressione  2  bar:  v2/2  =  2×105  /  1000  -­‐>  v2  =  400  la  velocità  teorica  di  uscita  è  v=20  m/s  portata  se  diametro  7  mm:  Q  =  (7×10-­‐3)2×π/4  =  46  l/min  (con  le  perdite  all’ugello  35)  la  velocità  all’ingresso  dell’ugello  è  di  1-­‐2  m/s  ma  ha  una  pressione  di  alimentazione  di  2  bar.  L’ugello  in  realtà  è  un  convergente,  è  un  tronco  di  cono.  Tutti  gli  ugelli  hanno  una  valvola  con  funzione  di  intercettazione  e  con  una  funzione  di  regolare  il  getto  (frazionato  o  pieno,  cioè  largo  o  stretto)  CALCOLO  SPINTA  La  forza  di  rinculo  è  proporzionale  al  prodotto  della  portata  per  la  velocità  F=  m*vout  =  35/60*20  =  10  N  (pochissimo  per  uni  25,  invece  per  uni  70  sono  125  N)    Con  l’acquedotto,  a  patto  che  abbia  la  taglia  idonea,  normalmente  si  riesce  ad  alimentare  fabbricati  bassi  (piano  terra  e  primo  piano)  a  cassette  che  hanno  bisogno  all’idrante  più  sfavorito  di  2  bar.  Normalmente  non  si  riesce  ad  alimentare  gli  uni  70.  A  Bovisa  la  pressione  di  consegna  è  meno  di  3.5  bar,  si  perde  qualche  metro  nel  disconnettore,  

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perdite  della  rete,  vincolo  di  quota,  se  si  arriva  a  una  quota  di  3  metri  si  perdono  0.3  bar.  Se  non  ci  si  arriva  con  l’acquedotto  serve  l’impianto  di  pompaggio  e  la  vasca  di  accumulo.  

   Tutti  i  componenti  sono  a  Pn  12,  il  che  vuol  dire  che  per  i  tubi  in  acciaio  filettati  serve  la  serie  media  (e  non  leggera)  della  uni  10255    

1. Girella  femmina,  con  attacco  dei  vigili  maschio.  È  un  filetto  a  passo  grande,  è  un  filetto  vvf,  ad  azionamento  rapido.  Valvola  di  azionamento  rapido:  con  pochi  giri  si  apre.  Anche  le  valvole  delle  cassette  interne  sono  così.  

2. Valvola  di  sicurezza  che  impedisce  all’autopompa  dei  vigili  di  superare  i  12  bar  3. Nel  momento  in  cui  pressurizzano,  la  3  va  chiusa,  infatti  normalmente  è  aperta  perché  va  svuotato  in  inverno  

perché  non  geli  4. Valvola  di  non  ritorno  5. boh  6. Rete  che  va  in  pressione  7. Aprono  il  rubinetto:  la  rete  si  pressurizza  

 Idrante  soprasuolo:  la  manichetta,  l’ugello  sono  contenuti  in  una  cassetta  a  fianco  dell’idrante  rosso.  Quando  è  chiuso  c’è  un  otturatore  che  lo  chiude  dall’alto.  Hanno  un  vantaggio:  è  antigelo  per  sua  natura.  Perché  hanno  un  foro  vicino  al  tappo  dell’otturatore.  I  due  attacchi  laterali  sono  uni70.  I  tubi  della  rete  vanno  almeno  80  cm  sotto  terra.  Invece  negli  idranti  uni  70  normali,  il  pezzo  di  tubo  dopo  il  n.4  (valvola  non  ritorno)  potrebbe  gelare  se  non  è  interrata.  

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   Si  può  fare  l’attacco  autopompa  con  la  colonnina  soprasuolo:  

   ASPIRA  E  SPINGI:  si  fa  un  punto  per  il  riempimento  dell’autopompa  dei  vigili,  il  DN  125  di  sinistra  è  solo  lo  spillamento  dall’acquedotto  per  lo  riempimento  della  cisterna  con  l’attacco  aspirazione.  

       IDRANTE  SOTTOSUOLO:  si  usa  in  alternativa  alla  colonnina,  per  esempio  in  zone  di  transito.  Ha  un  pozzetto  ovale  (è  solo  tipico  dell’idrante  sottosuolo),  ha  una  cassetta  per  estrarre  il  pozzetto,  l’ugello,  la  manichetta  e  collo  d’oca.    TUBAZIONI:  interrati  in  polietilene  ad  alta  densità  di  Pn  12  bar.  Per  tutti  i  casi  di  installazione  non  interrato,  tubi  di  acciaio  zincato  (la  filiera  zinca  fino  al  4  pollici  e  vengono  saldati).  Quando  si  parla  di  reti  interrate,  si  parla  di  reti  esterne  a  quota  meno  80  cm,  per  evitare  che  il  polietilene  peggiori  le  caratteristiche  meccaniche  (il  polietilene  a  50°  e  Pn  5).  Se  si  pensa  ci  sia  il  rischio  di  alte  temperature  si  fa  il  tubo  in  acciaio,  catramato  o  con  rivestimento  in  polietilene.  Se  un  tubo  metallico  per  l’acqua  buca  una  parete  resistenza  al  fuoco,  un  semplice  materiale  tumescente  non  è  sufficiente  (va  bene  invece  per  tubi  in  plastica).  Se  una  parete  REI  è  attraversata  da  un  tubo  d’acciaio,  la  parete  non  è  più  REI  perché  il  tubo  è  conduttore.  Basta  ripristinare  la  I,  per  cui  il  tubo  dalla  parte  dove  non  c’è  l’incendio  non  deve  raggiungere  i  140°C.  Si  deve  isolare  da  una  parte  e  dall’altra  almeno  0.5  m  con  materiali  non  plastici.  Il  tubo  va  sigillato  sul  muro  con  una  malta  antifuoco.  

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 Si  devono  posizionare,  per  ogni  compartimento,  un  certo  numero  di  valvole  di  intercettazione  tali  che  in  caso  di  manutenzione  si  garantisce  almeno  il  50%  degli  idranti  o  naspi  del  compartimento  (non  dell’intero  impianto)  Idranti  esterni:  non  più  di  60  metri  l’uno  dall’altro  e  tra  i  5  e  i  10  metri  di  distanza  dal  fabbricato.  Minimo  5  metri  perché  l’edificio  può  crollare  addosso  all’utente  o  all’idrante  stesso.      ATTACCO  AUTOPOMPA  IN  LINEA    Contatore  (dopo  il  contatore  VALVOLA  DI  RITEGNO  sennò  pressurizzo  l’acquedotto)  Manometro  Idrante  di  mandata  Valvola  ritegno:  quando  pressurizzo,  pressurizzo  solo  sull’impianto  altrimenti  spingiamo  sull’acquedotto  Valvola  Intercettazione  Valvola  di  Sicurezza    Idrante  di  spinta  

   PROGETTAZIONE  RETE  IDRICA  

- Posizionare  gli  idranti  dove  sono  necessari  - Indicare  quanto  protegge,  tenendo  conto  degli  ingombri.  È  cautelativo  immaginare  dei  percorsi  ortogonali.  

Cioè  si  immagina  che  l’area  coperta  non  sia  un  cerchio  di  raggio  20,  ma  che  l’area  sia  un  quadrato  di  diagonale  40  (il  quadrato  è  inscritto  nel  cerchio  di  raggio  20)  

CONTEMPORANEITA’  Impianti  in  linea:  gli  ultimi  tre  devono  funzionare  in  contemporanea.  Anello:  l’anello  si  divide  in  due  e  il  diametro  è  uguale    La  contemporaneità  è  per  ogni  compartimento,  non  per  fabbricato.  Il  tempo  di  funzionamento  conta  solo  se  ci  sono  le  vasche,  perché  se  siamo  allacciati  all’acquedotto  funziona  continuamente.  Il  più  esigente  tra  compartimenti  interni  e  protezione  esterna  determina  il  diametro  dell’anello.  Anello:  su  metà  anello  ho  metà  portata,  essendo  lunghi  uguali,  la  pressione  è  uguale,  il  caso  più  sfortunato  è  quindi  il  punto  che  rende  uguali  i  due  percorsi,  cioè  quello  più  lontano  dall’erogazione.  Per  collaudare  si  usa  una  lancia  strumentata:  si  usa  un  manometro  su  cui  si  legge  la  pressione  e  con  una  formula  si  calcola  la  portata.  Ma  gli  impianti  quasi  mai  hanno  l’attacco  per  il  manometro  allora  si  usa  una  lancia  che  ha  un  manometro  sull’ingresso  dell’ugello  e  con  un  grafico  si  ricava  la  portata.  Si  tiene  in  conto  dell’effetto  geodetico:  se  l’ultimo  piano  porta  120,  il  piano  inferiore  che  è  0,2  bar  in  più,  di  portata  è  il  10%  in  più.  E  poi  si  stima  un  10%  delle  portate  parassite.  La  sensibilità  della  portata  alla  variazione  della  pressione  di  alimentazione  è  piccola.  Le  vasche  vanno  dimensionate  sulla  portata  vera,  non  su  quella  teorica.  Una  stima  della  portata  vera  è  da  fare.    LIVELLI  DI  RISCHIO  

- LIVELLO  1:  Attività  non  soggetti  ai  controlli  dei  vigili:  casi  a  basso  rischio  e  che  non  fanno  parte  dell’elenco  della  151/2001  

- LIVELLO  2:  attività  soggette.      - LIVELLO  3  situazioni  particolarmente  pericolose,  con  depositi  di  vernici  o  elastomeri  

 

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   Sistema  di  surpressione:  ha  una  centrale  di  pompaggio  che  esce  non  dalla  vasca  ma  dall’acquedotto.  Se  le  pompe  sono  ferme,  l’acqua  passa  dal  bypass,  altrimenti  dalla  pompa.  Si  cerca  di  evitare  perché  se  l’acquedotto  è  di  dimensioni  piccole  possono  mandare  in  depressione  l’acquedotto  causando  anche  dei  danni.  Si  usa  solo  per  le  scuole.      

DISCONNETTORE    Ha  la  funzione  di  valvola  di  ritegno,  ma  è  più  sicuro:  composto  da  due  valvole  di  ritegno  con  una  camera  d’aria  in  mezzo  per  preservare  dal  punto  di  vista  igienico  l’acquedotto,  perché  l’acqua  dell’impianto  antincendio  è  stagnante,  può  costituire  un  inquinante  batterico.  PRESSOSTATO  D’ALLARME  Nel  caso  in  cui  l’acquedotto  non  abbia  la  pressione  idonea,  avverte  l’utente  che  la  rete  non  è  alimentata  con  un  allarme.  L’utente  può  provvedere  dei  piani  alternativo,  come  l’affitto  di  un  serbatoio  con  un  sistema  di  pressurizzazione  temporaneo.  Il  pressostato  va  messo  lato  acquedotto,  prima  del  disconnettore,  non  lato  impianto  dopo  il  disconnettore.  POMPA  JOKEY:  tiene  in  pressione  la  rete  antincendio,  ma  non  è  molto  performante.  Quando  la  pressione  scende  si  avviano  altre  due  pompe:  una  motopompa  e  una  elettropompa.  SISTEMI  SPRINKLE  –  UNI  12845:  capitoli  8  9  10  Erogatori  con  fusibili  ad  alcol:  si  rompono  a  60°  /  70°  C  concepiti  per  i  magazzini  o  navi.  Quando  si  raggiunge  la  temperatura  di  rottura,  parte  il  sistema  di  pompaggio.  Per  le  norme,  ci  sono  poche  attività  per  le  quali  è  obbligatorio  installare  l’impianto  sprinkler,  vengono  installati  più  per  sicurezza.  C’è  anche  un  impianto  a  secco  che  sono  comandati  dall’impianto  antincendio,  fa  aprire  una  elettrovalvola.  La  normativa  è  importante  perché  fissa  i  criteri  per  la  progettazione  del  gruppo  di  pompaggio,  che  non  si  applica  solo  agli  sprinkler.  L’impianto  sprinkler  ha  una  valvola  d’allarme  collegata  ad  una  sirena  ad  acqua:  quando  viene  percorsa  dall’acqua  ha  una  turbina  che  aziona  un  martelletto  che  dà  l’allarme.  Poi  c’è  un  attacco  autopompa  per  pressurizzare  l’impianto  sprinkler.  L’autopompa  ha  un  motore  diesel.  

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Le  pompe  devono  essere  sottobattente,  ma  devono  essere  più  alte  del  minimo  livello.  Le  pompe  sono  sempre  messe  in  un  locale  affiancato  alla  vasca,  che  non  si  mettono  fuori  terra,  per  evitare  il  gelo.  (esempio-­‐progetti\centrale  pompe-­‐st.dwg)  la  canna  fumaria  della  motopompa  deve  essere  almeno  3  metri  sopra  il  piano  di  campagna  (fumi  a  550°C)  per  evitare  ustioni.  Deve  avere  un  motore  elettrico  tale  che  anche  nel  caso  dovesse  lavorare  in  condizioni  non  nominali  non  deve  bruciare.    

Impianti  a  fancoil  e  aria  primaria  Fancoil  a  cassetta,  a  parete  alta/bassa,  a  incasso,  con  valvola  3  vie  per  evitare  la  condensa,  con  regolazione  portata  aria  e  acqua.  Fancoil  a  parete  bassa  (mobiletto)  file:  ifcxti.pdf  I  dati  forniti  a  pag  12  non  sono  di  particolare  interesse:  perché  i  dati  sono  forniti  ad  una  temperatura  ingresso  acqua  a  50°C  (con  le  pompe  di  calore  è  di  meno)  e  sono  forniti  alla  velocità  massima  del  fancoil  che  non  va  bene  per  installazioni  da  terziario  e  men  che  meno  residenziale.  Inoltre  i  dati  di  potenza  sensibile    e  latente  è  fornita  ad  una  temperatura  di  bulbo  secco  di  27°C  (che  non  è  la  temperatura  a  cui  si  progetta,  è  alta),  poi  non  si  progetta  con  l’acqua  a  7°C  perché  è  una  temperatura  di  riferimento,  ma  nella  media  del  funzionamento  degli  impianti  non  c’è.  In  certi  momenti  c’è  effettivamente  l’acqua  a  7°C  ma  è  una  temperatura  critica,  è  meglio  scegliere  8°C  o  9°C.    Il  progettista  fa  una  tabellina  in  cui  individua  i  dati  principali  di  calcolo  in  base  al  modello  scelto  e  in  base  alle  sue  condizioni  di  progetto:  

- Temperatura  acqua  - Velocità  ventilatore  - Portata  acqua  

Esempio:    potenza  estate    1000  frigorie  /  ora:  mi  servono  200  potenza  inverno  1200  calorie/ora:  mi  servono  240  se  l’impianto  non  consente  di  scegliere  la  pompa  (perché  si  sceglie  la  macchina)  se  è  esuberante  bene,  se  la  pompa  è  scarsa  si  adegua  l’impianto  alla  caldaia.    

   

In  campo  libero  una  potenza  sonora  di  44  dB  dà  una  pressione  sonora  di  36  dB  in  campo  libero.  Il  dato  più  significativo  cmq  è  il  dato  di  potenza  sonora.    Con  aria  primaria  l’umidità  relativa  viene  limitata  e  non  controllata  (carico  latente  è  il  30%  del  carico  sensibile).  Compiti  dell’aria  primaria:  rinnovare  l’aria  e  ridurre  umidità.  …..(pausa  abbiocco  rientro  alle  15.33)  

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a-­‐ Si  può  alimentare  il  fancoil    a  12  –  17  °C,  tenendolo  a  temperatura  alta  non  deumidifica,  ma  la  potenza  sensibile  resa  cala  del  30%  e  devo  avere  fancoil  più  grossi  e  rumorosi  

b-­‐ Alimento  a  8-­‐13  ho  maggiore  potenza  resa  (sensibile)  e  posso  prendere  fancoil  più  piccoli  e  l’ambiente  è  più  secco.  

I  fancoil  possono  abbassare  la  portata  (la  retta  di  deumidificazione  sul  diagramma  psicrometrico  si  inclina  di  più  e  il  fancoil  deumidifica  di  più  raffreddando  poco).  D’Inverno  si  fa  a  temperatura  costante:  si  può  compensare  ma  35°C  è  proprio  una  temperatura  minima  di  mandata  e  per  semplicità  si  fa  temperatura  fissa  perché  si  ha  poco  vantaggio  dalla  compensazione.  D’estate  si  manda  a  7-­‐12  per  deumidificare  Dalla  uni  10339:    

- ricambio  di  11  litri/secondo/persona  sono  circa  40  m3/ora/persona  - Bagni  8  volumi/ora  il  volume  è  solo  il  locale  bagno,  non  antibagno  - Caratteristiche  minime  di  filtrazione  da  rispettare  - Tinverno=20°C    Testate=26°C  - UR  inverno=  40%;  UR  estate=60%  - Condizioni  esterne  di  progetto…  - Indice  di  affollamento  per  ufficio  open  space  ns=0.12  persone/mq  (si  consiglia  di  usare  questi  valori  di  norma,  

perché  non  si  sa  quanti  dipendenti  andranno)  - Se  ho  solo  ventilazione  i  numeri  sono  questi.  

Se  invece  vogliamo  controllare  l’umidità  si  usa  il  diagramma  psicrometrico:  o X  estate  interna  (32°C  60%)  =12,7  g  vapore/kg  aria  secca  o X  estate  esterna  (32°C  50%)  =  15  g/Kg  o X  inverno  interno  (20°C  40%)  =  5.8  g/kg  o X  inverno  esterna(  -­‐5°C  80%)  =  1,5    

- Q  sensibile  per  persona  =  84  W/persona  - Q  latente  =  48  W/persona  ma    1  kW  =  860  kcal/h  -­‐>  48  W  =  41,3  kcal/h  

calore  latente  di  evaporazione  =  550  kcal/kg  -­‐>  (41.3  kcal/h)/(550  kcal/kg)*(1000  g/kg)=  78  g/h  prodotti  da  ogni  persona    Che  sono  circa  2  grammi  al  m3:  78  (g/h)  /40  (mc/h)  =  2  g/mc  dove  40  sono  ricambi  per  uffici  open  space  Dobbiamo  realizzare  una  trasformazione  dove  il  delta  x  tra  ambiente  e  aria  di  mandata  è  Dx=  (78  g/h)/  (40  m3/h)*0.85  (kg/m3  densità)=1.6    

  X(h-­‐este)=  12.7-­‐1.6=11.1  g/kg.     Il  fattore  di  bypass  di  batteria  è  una  gran  cagata…  -­‐  cit.  Pasini  

Se  c’è  aria  primaria  ci  sono  almeno  6-­‐7  ranghi  di  batteria,  la  condizioni  di  uscita  dell’aria  di  batteria  sono  di  16°C  con  il  97%  oppure  di  17°C  con  il  90%  (oppure  15°C  con  95%).  Avendo  una  portata  per  persona  grande  (40m3/persona)  (condizione  minima  da  20  m3/persona  a  ..)  quando  ci  sono  poche  persone  si  dà  una  portata  d’aria  si  dà  aria  proporzionalmente,  quando  ce  ne  sono  tante  si  dà  più  aria  di  quella  proporzionale  Se  tratto  poca  aria  devo  raffreddare  di  più.  

 

 

- BILANCIO  UMIDITÀ    DELL’ARIA  

Quando  abbiamo  poco  ricambio  d’aria  per  persona  (5  litri  e  mezzo  a  persona)  bisogna  alzare  al  massimo  (60%)  l’umidità  relativa  di  progetto,  per  massimizzare  il  Dx,  per  soddisfare  il  bilancio:  Qp  :  portata  di  ricambio  per  persona  (mc/pp)  r  :  densità  dell’aria  

BILANCIO:    Qp.Dx.r=  Lp  (g/h  produzione  di  vapore  per  persona)  

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Il  Dx    è  limitato  dalla  temperatura  dell’acqua  gelida.  Quando  si  ha  il  Qp  grande  ci  il  Dx  piccolo.  Ma  quando  abbiamo  Qp  piccolo,  Dx  serve  grande.    

Le  portate  di  ricambio  sono  fissate  dalle  uni  

- CONDIZIONI  DI  TEMPERATURA  DI  USCITA  DALLA  UTA    

ARIA  PRIMARIA:  ha  due  compiti,  garantire  la  ventilazione  (qualità  dell’aria)  e  limitare  dell’umidità  nel  tempo.  È  tutta  aria  esterna,  non  c’è  aria  di  ricircolo.  Per  definizione  l’impianto  ad  aria  primaria  immette  in  ambiente  il  100%  dell’aria  esterna,  opportunamente  trattata  per  raggiungere  le  condizioni  di  progetto.  Come  gestire  la  temperatura?  

- Soluzione  1:  Post  riscaldiamo  fino  alla  temperatura  ambiente.  Raffreddo  per  deumidificare,  post  riscaldo  per  riportare  alla  situazione  ambiente,  e  poi  raffreddo  con  i  fancoil  (brutale  energeticamente,  voglio  immettere  aria  neutra)  

- Soluzione  2:  controlliamo  l’umidità.  - Soluzione  3:  si  fa  una  pregestione  della  temperatura  di  saturazione  (a  valle  della  batteria  di  umidificazione)  

un  po’  più  alta  di  quella  di  progetto  (se  calcolata  a  17  si  mette  a  19°).  Se  l’umidità  relativa  misurata  dalla  sonda  in  ripresa,  che  sarà  la  media  dei  locali  serviti:  nel  momento  in  cui  è  più  alta  del  setpoint  (per  esempio  fissiamo  il  limite  massimo  al  60%)  allora  il  set  della  temperatura  di  saturazione  si  abbassa  (18°C  poi  17°C..)  la  valvola  della  batteria  fredda  apre  di  più,  la  saturazione  si  abbassa.  Anche  con  diffusori  scadenti  mandare  aria  più  fredda  non  è  un  problema,  perché  è  pochissima  l’aria  mandata.  Conseguenze:  potrebbero  esserci  temperature  esterne  fredde  anche  in  stagioni  estive,  potrebbe  capitare  una  mattina  a  18°C  (il  fancoil  2  tubi  se  è  in  regime  estivo  non  può  scaldare.  Negli  impianti  a  4  tubi,  ci  sono  2  valvole  motorizzate  remote  per  ogni  fancoil,  se  si  ha  una  quantità  notevole,  centinaia,  di  valvole  motorizzate  remote  se  una  funziona  male  è  difficile  capire  cosa  succede.  Il  4  tubi  si  usa  solo  in  casi  eccezionali).  Se  capita  una  mattina  a  18°C  aria  esterna,  potrebbe  esserci  una  stanza  a  nord  che  non  ha  bisogno  di  essere  raffrescato,  quindi  anche  quel  poco  di  aria  fredda  che  si  manda  causa  un  sovra  raffreddamento  locale  (mentre  magari  il  locale  a  sud  ha  bisogno  di  essere  raffrescato).  Allora  si  fa  una  mandata  compensata:  si  manda  molto  freddo  quando  fuori  c’è  molto  caldo,  e  poco  freddo  quando  fuori  c’è  poco  caldo  (simile  alla  sonda  invernale).  Se  abbiamo  la  batteria  fredda  gestita  sull’umidità  di  ripresa,  e  voglio  un  controllo  sulla  temperatura  devo  anche  avere    una  batteria  calda  per  quei  pochi  giorni  in  cui  la  temperatura  esterna  è  bassa  e  si  ha  bisogno  di  poco  carico.  Si  gestisce  la  batteria  calda  di  post  con  un  circuito  proprio  a  parte  con  valvola  miscelatrice  dove  la  sonda  misura  la  temperatura  di  mandata  (e  non  più  ripresa).  La  gestione  della  batteria  calda  è  svincolata  da  quella  fredda.  Si  evita  così  il  sottoraffreddamento  dei  locali  con  meno  carichi.  (stiamo  parlando  di  batterie  nelle  UTA).  Per  controllare  davvero  l’umidità,  si  usano  due  fluidi.  Potrebbe  capitare  che  quando  fuori  fa  18°C  il  chiller  non  funziona  (non  manda  acqua  gelida)  e  non  manda  neanche  acqua  calda  (il  chiller  in  genere  ha  lato  condensatore  uno  scambiatore  ad  aria,  ma  si  può  sfruttare  la  parte  del  desurriscaldamento  per  scaldare  dell’acqua  che  poi  può  essere  usata  per  il  post  riscaldamento,  anche  se  non  si  può  fare  troppo  affidamento  per  l’acqua  calda,  perché  il  calore  disponibile  non  è  tanto),  quindi  la  batteria  di  post  riscaldamento  non  scalda  l’acqua.  Se  la  sonda  in  mandata  si  accorge  che  l’acqua  gira  ma  non  riscalda,  allora  si  lascia  perdere  la  gestione  dell’umidità  della  batteria  fredda,  per  non  mandare  aria  fredda.  

- Normalmente  quando  si  immettono  0,8  volumi/h  (pochissima)  si  fa  la  mandata  negli  uffici  e  la  ripresa  (minore  della  mandata)  dai  bagni  per  mantenere  ideologicamente  il  fabbricato  in  sovrapressione  (in  realtà  per  fare  5  Pa  di  sovrapressione  bisogna  mandare  5-­‐6  volumi  h)  

- Per  attività  a  basso  affollamento  (uffici:  0.08  persone  /  mquadro)  immetto  40  m3/persona  (cioè  1  vol/h  per  uffici  singoli,  e  1,5  vol/h  per  uffici  multipli).  Un  locale  tipo  ha  una  portata  necessaria  per  garantire  le  condizioni  di  progetto  durante  il  picco  estivo  dai  6  ai  10  volumi/ora.  Con  l’aria  primaria  quindi  non  si  riesce  a  fare  il  sensibile,  perché  l’aria  primaria  è  pochissima  rispetto  al  necessario  per  soddisfare  il  carico  sensibile,  infatti  ci  si  mette  il  fancoil.    

- Misuriamo  l’umidità  relativa  in  estrazione,  quando  supera  il  setpoint,  c’è  un  segnale  che  abbassa  la  saturazione  all’uscita  della  batteria  fredda.  (temperatura  di  saturazione  a  valle  della  batteria  fredda)  

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 GESTIONE  TEMPERATURA  IN  INVERNO:    

- La  mandata  della  uta  si  può  gestire  con  l’aria  neutra,  oppure  - Mandata  compensata:  quando  fa  più  freddo  mando  più  caldo  - Problema  invernale  del  troppo  caldo,  nel  caso  di  locali  ciechi  che  non  disperdono:  in  questo  caso  si  preferisce  

la  soluzione  dell’aria  neutra,  oppure  anche  a  temperature  leggermente  inferiori.  Quando  si  hanno  tutti  i  locali  che  disperdono  va  bene  la  logica  compensata,  sempre  facendo  attenzione  di  non  surriscaldare  dei  locali.      Trasformazione  invernale:    -­‐  1-­‐>2  retta  orizzontale  da  Test=-­‐5°C  a  T=30°C  -­‐  2-­‐>3  umidificazione  isoentalpica  fino  alla  temperatura  ambiente  di  20  °C,  richiede  una  efficienza  di  umidificazione  del  40-­‐50%:  rapporto  di  incremento  di  umidità  dell’aria,  con  l’incremento  di  umidità  se  andassimo  sulla  curva  di  saturazione  (rapporto  di  Dx)  D’inverno  si  usa  una  batteria  sola,  d’estate  due.  Nel  caso  di  doppia  batteria,  serve  una  efficienza  di  umidificazione  maggiore,  la  trasformazione  seguita  prevede  riscaldamento  +  umidificazione  +  post  riscaldamento  (invece  con  batteria  singola  si  fa  solo  riscaldamento  +  umidificazione)    PACCO  EVAPORANTE:  Parallelepipedi  a  nido  d’ape,  permeabile  all’aria,  c’è  molta  superficie  di  scambio  dove  l’aria  riceve  l’acqua.  C’è  una  pompa  che  bagna  il  pacco  dall’alto  e  lavora  in  ricircolo.  Si  fa  anche  uno  spurgo,  mettendo  una  valvola  sulla  mandata,  che  elimina  parte  del  flusso.  Problema  legionella:  si  possono  mettere  dei  disinfettanti  o  antialghe.  Si  possono  anche  evitare  le  pompe,  usando  acqua  a  perdere.  Oppure  si  umidifica  a  vapore  (energeticamente  è  uno  spreco).  Con  acqua  a  perdere  è  meglio  usare  un  pacco  spesso  (i  pacchi  hanno  dimensioni  dai  10  cm  in  su  di  spessore)    Esempio  aula  scolastica:  60  persone  *  25  m3/h  =  1500  m3/h  (7,5  volumi/h)  a  cui  aggiungere  una  quota  di  ricircolo  di  almeno  la  metà.  L’influenza  delle  condizioni  di  mandata  sul  locale  sono  importanti  (non  sono  più  gli  0.8  volumi)  si  corre  il  rischio  di  scaldare  troppo  o  poco  e  si  dovrebbe  mandare  aria  neutra  (raffreddo,  riscaldo  e  ri  raffreddo  -­‐  spreco).  In  questi  casi  di  locali  molto  affollati  non  si  usano  aria  primaria  più  fancoil,  ma  impianti  tutt’aria.    

DIMENSIONAMENTO  FANCOIL  Criterio  di  dimensionamento:  velocità  dell’aria,  temperatura  alimentazione.  Ai  fancoil  è  demandato  il  controllo  della  temperatura  ambiente,  quindi  tutto  il  carico  sensibile,  e  nel  caso  si  dimensionano  a  12-­‐17  non  ci  sono  carichi  aggiuntivi  da  fornire,  nel  caso  si  tiene  in  conto  che  per  gli  impianti  che  non  controllano  l’umidità  il  fancoil  è  in  grado  di  togliere  un  valore  di  calore  latente  pari  al  30%  del  valore  sensibile  (deve  però  funzionare  a  7-­‐12  o  8-­‐13).  Se  invece  si  controlla  l’umidità  allora  il  fancoil  può  funzionare:  

- 12-­‐17:  la  uta  ha  il  compito  di  abbattere  l’umidità,  perché  il  fancoil  non  deumidifica  - Oppure  tenere  la  temperatura  più  bassa  e  considerare  che  un  po’  di  latente  la  fa  l’uta  e  un  po’  la  il  fancoil.  

La  pompa  di  calore  riesce  a  gestire  anche  la  caldaia  ,  ma  il  fancoil  deve  spegnersi  quando  la  pompa  di  centrale  non  funzionano,  e  lo  stesso  per  la  commutazione  estate/inverno.    

GESTIONE  UTA  ORGANI  DI  REGOLAZIONE  

Tutte  le  aziende  che  producono  logiche  di  regolazione  per  le  uta  hanno  più  o  meno  le  stesse  logiche  per  le  taglie  medio-­‐piccole.  Per  impianti  di  grade  taglia  si  fa  la  tele  gestione.  Quindi  per  gli  impianti  piccoli  la  logica  di  gestione  deve  essere  compatibile  con  gli  organi  classici  di  regolazione:  tipicamente  valvola  miscelatrice,  servomotore  per  serrande  modulari  oppure  on/off,  sonda  temperatura,  sonda  antigelo,  elettrovalvole,  sonde  di  pressione  differenziale…ecc.  

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- Pompa  di  calore  autonoma  nella  gestione  pdc  +  caldaia  - Fancoil  hanno  dei  termostati    - Recuperatore  con  regolatore  (esempio:  N3101.pdf)  

Nella  cartella  “Sabiana”  oppure  “CTS-­‐OLD”  c’è  un  programmino  con  password  per  centrali  di  trattamento  aria.  Più  affidabile  quello  della  Sital  clima.  Circuiti  batteria:  una  batteria  è  una  serie  di    tubi  in  serie  e  in  parallelo,  con  due  collettori.  il  tubino  che  va  dal  collettore  di  mandata  al  collettore  di  ritorno,  facendo  un  percorso  attraverso  la  batteria  si  chiama  circuito.  Il  numero  di  circuiti  della  batteria  influisce  sulle  perdite  di  carico  lato  acqua,  non  sulle  prestazioni.    Il  chiller  è  dimensionato  sulla  potenza  massima  contemporanea.  Avrà  una  portata  pari  alla  somma  delle  potenze  a  salto  5.    Le  portate  ai  terminali  e  le  portate  ai  chiller  sono  diverse  l’una  dall’altra.  Le  portate  di  impianto  sono  chiare:  portata  estiva  e  portata  invernale  se  il  sistema  è  a  due  tubi  si  sceglie  la  massima  delle  due.  Nulla  vieta  di  usare  per  i  terminali  un  gruppo  di  pompe  estive  e  un  gruppo  di  pompe  invernali.  Lato  chiller:  la  macchina  è  dimensionata  su  delle  potenze  più  piccole  (almeno  per  il  caso  estivo),  tipicamente  il  30%  in  meno  del  lato  impianto.  In  mezzo  al  circuito  primario  (chiller)  e  al  circuito  secondario  (impianto)  ci  va  compensatore  Si  può  fare  lo  sdoppiamento  in  un  caso  sensato  come  un  chiller  da  200kW.  Se  la  macchina  è  da  8kW  non  ha  senso  mettere  tante  pompe  per  far  funzionare  pochi  terminali:  meglio  far  girare  meno  acqua  a  salto  maggiore  allora.        File:  capr-­‐can-­‐st.dwg  –  IMPIANTO  TUTT’ARIA  Affollamento  480  persone,  20  m3/h,  10.000m3/h  di  aria  esterna  impianto  ad  aria  da  42.000  m3/h,  18  volumi/h  Tanta  gente,  tanti  carichi  interni  (slot).  Come  si  fa  a  dimensionare  un  impianto  così?  

- Winvolucro:  solo  sensibile  - Wpersone  sensibili  +  Wpersone  latenti  - Willuminazione  (si  stima  se  lamapade  a  fluorescenza  circa  20  W  ciascuna,  ma  se  è  alogena  tanti  auguri)    - Wslot  - Sommando:  Wtotsensibile  Wtotlatente  

Massimo  umidità  relativa  60%  temperatura  interna  24°C  Q  =  portata  aria  (molto  maggiore  dell’aria  primaria)  0.35  =  calore  specifico  dell’aria  in  Watt/m3  BILANCIO  SENSIBILE:  Wsensibile  =  Q.0,35.DT  BILANCIO  LATENTE:  Wlatente  =  Q.r.Dx  INCOGNITE:  portata  aria,  il  DT  (ambiente-­‐mandata),  il  Dx  (ambiente-­‐mandata)  La  logica  è  che  almeno  in  condizioni  di  picco  non  ci  sia  post  riscaldo.  Con  queste  portate  grandi,  ci  sono  dei  limiti  di  temperatura  di  mandata,  che  è  legata  anche  al  tipo  di  diffusore.  Progettando  a  24°C  si  riesce  ad  avere  un  DT=13  cioè  una  mandata  di  11°C  con  un  diffusore  di  buona  qualità.    Note  le  potenze  sensibili  e  latenti,  si  fissa  il  DT,  si  ricava  la  portata  Q  dal  bilancio  sensibile,  si  calcola  Dx  e  si  confronta  con  quella  ricavata  dal  diagramma  psicrometrico  e  si  controlla  che  sia  compatibile.  Normalmente  si  fissa  il  DT  con  un  approccio  DT  più  grande  possibile,  perché  determina  immediatamente  la  dimensione  dell’impianto  lato  aria  (lato  energetico  è  un’altra  questione):  il  DT  più  grande  consente  di  costruire  l’impianto  più  piccolo,  portate  più  basse.  A  questo  punto  devo  vedere  se  sono  dentro  il  grado  di  umidità  relativa  massima,  cioè  con  quel  DT  devo  verificare  di  soddisfare  il  60%.  Sul  diagramma  psicrometrico  il  punto  di  mandata  è  11°C  95%  perché  non  dobbiamo  fare  il  post  riscaldo,  e  usiamo  il  massimo  delta  T,  minima  portata.  Sappiamo  il  punto  di  uscita  lo  conosciamo  dobbiamo  solo  verificare  che  il  Dx  uscente  sia  compatibile  con  le  condizioni  di  progetto,  cioè  dobbiamo  stare  sotto  il  60%  di  umidità.  Passo  successivo  TIPO  DI  DIFFUSORE:  metterli  a  una  distanza  tale  che  non  abbiano  effetti  di  interferenza  (distanza  almeno  due  volte  il  lancio)  e  si  installano.  Scegliere  una  portata  compatibile  con  la  geometria.  Alla  fine  si  guarda  se  si  è  riusciti  a  smaltire  tutta  la  portata.  

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Dopo  la  ripresa:  se  impianto  isopressione  tanto  si  manda  quanto  si  riprende.  Solo  soffitto/soffito+parete/soffitto+parete+pavimento.  Ma  le  griglie  di  ripresa  a  pavimento  impediscono  il  ricircolo.  Non  usare  più  di  1  m/s  di  velocità  sulle  griglie  in  prossimità  di  persone.    Vincolo  del  livello  di  pressione  sonora    La  potenza  sonora  di  un  diffusore  è  la  potenza  generata  dall’aria  che  lo  attraversa,  quindi  legata  direttamente  alla  portata  che  lo  attraversa.  Si  scelgono  diffusori  sotto  i  30  dBA  (quasi  impercettibile),  ma  è  sovrastato  dal  rumore  proveniente  dal  ventilatore,  il  vero  problema  è  quello.  Esistono  anche  dei  diffusori  che  adeguano  la  geometria  a  seconda  della  portata.  Sopra  il  diffusore  si  ha  un  plenum,  con  attacco  laterale  tondo.  Il  plenum,  nel  punto  di  attacco  laterale,  è  dotata  di  una  serranda  circolare  con  una  lamiera  forata:  la  lamiera  forata  permette  di  equalizzare  il  flusso,  in  modo  che  il  diffusore  non  abbia  dei  punti  di  lancio  diversi.  E  poi  serve  per  tarare.  La  taratura  può  essere  fatta  in  partenza,  oppure  lungo  i  canali.  La  taratura  diventa  vitale  negli  impianti  ad  aria  primaria,  meno  importante  per  gli  impianti  tutt’aria  monozona  (un’unica  stanza  da  servire,  se  anche  un  diffusore  funziona  di  più  o  di  meno  non  importa).  TARATURA  IMPIANTO:  prima  di  tutto  si  guarda  se  il  ventilatore  è  a  velocità  fissa  (si  tara  solo  il  punto  finale)  o  se  il  ventilatore  ha  l’inverter,  in  questo  caso  si  tarano  i  diffusori  e  l’inverter  (impianto  a  portata  variabile)  Si  sa  il  numero  di  giri  del  vent,  si  mette  la  massima  velocità  di  progetto,  si  va  al  diffusore  più  vicino  e  si  chiudono  le  serrande  dei  diffusori.  Con  un  balometro  (uniforma  il  flusso,  porta  l’aria  con  i  filetti  paralleli,  e  si  misura  la  portata).  Se  impianto  ha  portata  fissa  e  ho  troppa  o  troppa  poca  portata,  si  cambia  il  numero  dei  giri  del  ventilatore  cambiando  le  pulegge  (tranne  sui  plug  fan  che  non  si  può).  Esistono  le  pulegge  a  passo  variabile    Di  quanto  cambio  il  diametro  della  puleggia?  Vale  la  similitudine  idraulica:  (corso  di  macchine)  n  =  numero  di  giri  del  ventilatore    Q  =  portata  ;n^1    H  =  prevalenza  ;n^2    P  =  potenza  ;n^3  (prevalenza  x  portata)  Quindi  si  cambia  il  numero  di  giri  proporzionalmente  al  variare  della  portata.  Il  problema  è  che  se  in  fase  di  calcolo  avevamo  20.000  e  in  fase  di  collaudo  ci  serve  25.000  cioè  il  25%  in  più,  (1,25^3=2  serve  il  doppio  della  potenza…il  costruttore  non  garantisce  così  tanto  sulla  potenza.  Poi  ci  sono  limiti  sulle  massime  velocità  del  ventilatore)  Perché  i  triangoli  di  velocità  non  sono  simili:    ventilatori  pale  rovesce:  pala  inclinata  nel  senso  contrario  al  flusso,  ha  un  profilo  alare  ventilatori  pale  avanti:  lamiera  piegata,  non  ha  profilo  alare.  Va  bene  per  poca  prevalenza  e  portate  anche  grandi.  Se  ho  una  uta  con  tante  sezioni  di  trattamento,  serve  una  prevalenza  importante.    Nei  recuperatore  ci  sono  ventilatori  pale  avanti.  Sul  lato  espulsione  e  aria  esterna  normalmente  c’è  una  serranda.  Come  accessorio  potrebbe  esserci  una  batteria,  con  bacinella  di  condensa.  Nel  caso  residenziali  i  recuperatori  sono  molto  più  piccoli  e  hanno  recupero  molto  maggiore  (70%-­‐80%  rispetto  al  50%  del  recuperatore  per  climatizzazione  da  terziario)  con  recuperatori  rotativi.    Velocità  di  trasporto  nei  canali:  si  fanno  decrescenti  dalla  partenza  all’arrivo.  Dimensionamento  a  riduzione  di  velocità,  molto  spannometrica  ma  che  si  basa  sulla  perdita  costante,  cioè  più  diminuisco  il  diametro  e  più  devo  diminuire  la  velocità  per  rendere  costanti  le  perdite.  (file  pdc-­‐tondi.pdf)  Si  dimensiona  a  1  Pa  /metro  (0,1  mm/m)  :  per  fare  100  m3,  scegliamo  il  diametro  e  vediamo  la  velocità  corrispondente.  Le  velocità  dei  canali  in  prossimità  dei  diffusori  sono  relativamente  basse  (2,5  –  3,5  m/s)  e  con  velocità  massime  dell’ordine  di  8m/s  (nei  canali).  Il  motivo  per  cui  le  velocità  sono  basse  è  per  far  si  che  le  differenze  di  pressioni  tra  il  primo  e  l’ultimo  terminale  non  siano  grandi,  perché  se  ho  30  Pa  tra  il  primo  e  l’ultimo,  devo  far  perdere  tutto  alla  serranda  terminale,  che  fa  molto  rumore  (si  deve  far  in  modo  di  limitare  tutto  a  10  mm  di  perdita  tra  il  primo  e  l’ultimo)  se  i  percorsi  sono  molto  lunghi  allora  si  mettono  delle  serrande  intermedie  nel  percorso  per  fare  un  po’  di  perdita  di  carico.  Le  serrande  sono  molto  critiche  dal  punto  di  vista  acustico.  

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Capr-­‐uta-­‐st  - Recuperatore  rotativo  da  20.000  m3.  Il  recuperatore  nelle  uta  (Recuperator  è  il  produttore  nazionale)  sono  

costosi  e  causano  perdite  di  carico.  I  recuperatori  da  controsoffitto  hanno  10  mm  di  perdita,  per  le  uta  invece  20  mm  o  200  Pa.    

- Una  uta  con  un  certo  numero  di  componenti  può  perdere  un  100  mm  lato  mandata.  Lato  espulsione  molto  meno,  50  mm.  Se  una  Uta  perde  100  i  canali  perdono  15-­‐20  mm  (un  quinto,  un  decimo  della  uta).  Il  calcolo  delle  perdite  dei  canali  quindi  serve  a  poco,  si  usa  una  procedura  spannometrica  (con  canali  lunghi  30-­‐60metri,  non  lunghissimi  che  allora  diventano  rilevanti)  

- I  canali  rettangolari  sono  nervati  con  delle  pieghe  (per  renderli  più  rigidi):  una  in  fuori  e  una  in  dentro  - Spessore  minimo  dei  canali  0.6  mm  per  canali  molto  piccoli,  in  genere  crescenti  con  le  dimensioni  del  canale.  

Per  canali  grossi  anche  10-­‐12  mm.  Quello  che  decide  lo  spesso  è  il  lato  largo.  - Giunzioni  pittsburg:  c’è  una  macchina  che  piega  la  lamiera  - Giunzione  a  canotto    - Giunzione  a  flangia    

(immagine)  - C’è  un  decreto  ministeriale  del  2003  che  impone  che  le  canalizzazioni  siano  incombustibili.  È  richiesto  

l’incombustibilità  (i  canali  metallici  lo  solo),  mentre  se  sono  sandwich  (lamiera  più  poliuretano)  devono  avere  particolari  requisiti.  I  flessibili  se  utilizzati  è  accettato  che  siano  di  classe  1  (autoestinguenti,  attuale  classe  B  o    C)  e  non  deve  essere  più  lungo  di  5  diametri.  I  silenziatori  sono  incombustibili  per  natura,  perché  hanno  lana  di  roccia.  I  canali  sono  tutti  in  gran  parte  isolati  dall’esterno.  I  materiali  sono  tutti  simili  a  quelli  per  i  tubi:  elastomeri,  polietilene  espansi,  feltri  di  lana  minerale  (si  utilizzano  dei  feltri  che  almeno  su  un  lato  hanno  un  rivestimento  di  carta  alluminata  con  funzione  di  barriera  al  vapore,  kraft  alluminio).  

- 4  canali:  ripresa,  mandata,  espulsione,  presa  aria  esterna.  Dobbiamo  isolare  SOLO  i  canali  di  mandata  aria  calda  per  la  climatizzazione  invernale  (dpr  412.pdf).  il  canale  va  isolato  perché  non  vogliamo  scaldare  il  controsoffitto  e  non  vogliamo  condensa  d’estate  (l’ambiente  è  a  26°C  60%  che  corrisponde  a  una  temperatura  di  rugiada  maggiori  della  Tmandata=11°C,  pericolo  condensa).  Qualche  volta  si  isolano  i  canali  a  vista  si  devono  finire  meglio,  con  lamierino  di  alluminio.  I  canali  in  lamiera  sono  costruiti  in  officina  e  montati  in  cantiere.  I  canali  circolari  invece  ne  esistono  le  componenti  sul  mercato.  I  sistemi  sandwich  (visti  in  fiera)  svolgono  2  funzioni:  canalizzazione  e  isolamento.  Hanno  il  vantaggio  che  si  riescono  a  costruire  in  cantiere.  Hanno  un  difetto:  acusticamente  danno  poca  attenuazione,  sono  sempre  più  rumorose  di  quelle  in  lamiere.  Le  canalizzazioni  rettangolari  sono  più  silenziose  di  quelle  circolari,  perché  vibrano  di  più  e  vibrando  assorbono  energia.  Per  decidere  gli  spessori  di  isolamento  bisognerebbe  fare  una  verifica  degli  spessori.    La  ripresa  in  genere  non  si  isola:  se  la  ripresa  va  a  finire  in  un  recuperatore  possiamo  isolarlo.  Spessori  di  isolamento  10-­‐12  mm  Canali  interni  di  presa  d’aria  esterna:  molto  a  rischio  condensa,  si  isola  per  potenziale  condensazione  invernale.  Sull’espulsione  dell’aria  con  le  canalizzazioni  all’esterno  del  fabbricato  potrebbe  condensare  perché  esce  aria  calda  e  umida  a  contatto  con  un  canale  freddo:  condensa  lato  interno.  L’espulsione  nei  canali  interni  al  fabbricato  non  vengono  isolate,  a  meno  che  l’aria  espulsa  dal  recuperatore  non  sia  particolarmente  fredda.  Valutare  caso  per  caso  con  il  diagramma  psicrometrico.  

- Griglie  di  ripresa  sono  in  genere  di  alluminio  - Altezza  di  presa  ad  almeno  4  metri  sul  pdc  (dalla  uni  10339)  - I  canali  hanno  circa  un  peso  di  10  kg/m2.  La  uta  è  voluminosa  ma  è  relativamente  leggera  

 Schema  della  uta:  Filtro  g4  ventilatore  Recuperatore  rotativo  Serranda  di  bypass  Griglia  espulsione  che  esce  sul  fianco  

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Serranda  di  ricircolo+filtro  In  alto  presa  aria  esterna+serranda  aria  esterna  Miscela  con  il  ricircolo  Filtro  alta  efficienza  Filtro  a  carbone  attivo  (perché  vicino  a  aeroporto,  zona  ad  elevato  concentrazione  di  benzene)  Batteria  fredda    Umidificazione  Ventilatore  mandata  Silenziatore  di  mandata  Serranda  di  mandata    

- Serranda  on  /off  di  presa  aria  esterna  normalmente  aperte:  la  gestione  della  portata  di  espulsione  e  di  ripresa  vengono  decisi  dalla  serranda  di  ricircolo.    

- Sonda  di  pressione  sul  plenum  di  espulsione:  per  misurare  la  portata  di  espulsione  (opportunamente  tarato,  si  fa  una  curva  quadratica  di  pressione/portata,  misurata  la  pressione  è  nota  la  portata)  che  viene  un  po’  ricircolata  e  un  po’  va  nel  recuperatore  per  poi  essere  espulsa.  Misurando  la  pressione  nel  plenum,  posso  ricavare  la  portata  espulsa.    

- Sonda  a  valle  del  recuperatore  per  misurare  efficienza  - Serranda  di  bypass  modulante  del  recuperatore,  per  il  freecooling.    - Sonda  di  temperatura  di  miscela  - Termostato  antigelo  - Sonda  dopo  la  batteria  fredda,  di  saturazione  - Sonda  sulla  mandata  - Lato  ripresa:  sonde  di  pressione  sui  plenum,  sonda  combinata  temperatura/umidità  (per  la  gestione  umidità),  

sonda  qualità  dell’aria.  - Circuito  acqua:  valvola  intercettazione,  filtro  più  manomentro  (per  vedere  quando  il  filtro  è  sporco  –  mai  più  

di  2  metri),  seconda  intercettazione,  termometro  per  vedere  la  temperatura  di  ingresso.  In  linea  una  valvola  di  pretaratura  con  attacchi  piezometrici  (di  progetto  ci  sono  29  mc/h  la  valvola  ha  kv=210,  quindi  la  perdita  di  carico  con  valvola  tutta  aperta  1/49  di  bar  -­‐>  0.2  m.  c’è  un  manometro  sul  ramo  di  ritorno,  perché  in  fase  di  collaudo  si  controlla  quanta  portata  ci  passa.  

     Manda  42.000  m3,  portata  variabile  (dove  la  portata  minima  è  metà,  e  la  massima  è  il  doppio)  e  l’aria  esterna  viene  gestita  per  garantire  qualità  dell’aria  o  freecooling.  Sonda  di  pressione  differenziale  sul  filtro:  quando  il  filtro  perde  più  di  15  mm  si  cambia  (i  prefiltri  una  volta  si  lavano  e  una  volta  si  buttano,  i  filtri  ad  alta  efficienza  si  cambiano  punto)  

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Due  sonde  anemometriche  a  filo  caldo:  nel  punto  più  basso  prima  che  il  flusso  si  allarghi,  che  hanno  lo  scopo  di  misurare  la  portata  di  aria  esterna.  Doppia  logica:  logica  con  misura  di  velocità  e  logica  con  misura  di  pressione  Le  sonde  a  filo  caldo  hanno  una  resistenza  al  variare  della  velocità  cambia  perché  cambia  il  coefficiente  di  scambio,  la  resistenza  è  legata  alla  corrente  e  alla  temperatura.  Tutte  le  misure  anemometriche  sono  pericolose  perché  soggette  a  sporcamento,  invece  le  misure  di  pressioni  sono  molto  più  garantite.  Misurando  la  velocità  si  ricava  la  portata  conoscendo  la  sezione  Il  recuperatore  può  essere  gestito  con  due  logiche:  modulante  o  on/off.  La  serranda  di  bypass  del  recuperatore  rotativo  (10.000  m3  di  aria  esterna,  ma  la  serranda  è  dimensionata  per  farne  passare  anche  20.000)  quindi  siccome  la  portata  d’aria  totale  è  40000,  gli  altri  ventimila  si  fanno  passare  attraverso  la  serranda  di  bypass.  Servomotore  sulla  serranda  di  presa  aria  esterna,  non  modulanti  ma  on/off  (solo  apri  chiudi)  dotati  di  microinterruttore:  per  dare  consenso  di  funzionare  al  ventilatore  la  serranda  deve  essere  aperta  (altrimenti  danni  alla  uta)    NB:  Se  la  pressione  di  10  bar  si  esercita  su  una  superficie  di  un  metro  quadro,  qual  è  la  forza  che  si  libera  in  caso  di  incidente?    La  forza  si  calcola  moltiplicando  la  pressione  per  la  superficie.  Poiché  un  metro  quadro  corrisponde  a  10.000  cmq,  la  forza  disponibile  è  10.000  (cmq)  x10  (bar)  uguale  100.000  kg  pari  a  100  tonnellate  Sonda  temperatura  a  valle  del  recuperatore:    (c’è  anche  una  sonda  aria  esterna)  serve  per  vedere  rendimento  recuperatore  Motore  sulla  serranda  di  bypass  è  modulante  perché  il  bypass  deve  modulare  Quanta  aria  esterna  elaborare  lo  decide  la  serranda  di  ricircolo  (più  è  chiusa  e  più  prendo  aria  estenra,  più  è  aperta  e  pù  ricircolo)  (è  la  serranda  orizzontale  subito  dopo  il  ventilatore)  Sonda  di  miscela  (temperatura  dopo  i  filtri)  misura  la  temperatura  dopo  la  miscelazione  tra  ricircolo  e  ripresa.  Verifica  delle  condizioni  minime:  c’è  bisogno  di  freddo  fino  alla  fine  di  novembre.  Invece  di  aprire  la  valvola  fredda,  cerco  di  andare  in  freecooling,  ma  se  fuori  c’è  -­‐5,  non  posso  buttare  a  -­‐5  perché  scatta  l’antigelo,  la  devo  miscelare  affinchè  arrivi  a  11°C  almeno..  quindi  parla  con  la  serranda  di  ricircolo.  TA:  antigelo  Sonda  dopo  batteria  fredda:  sonda  di  saturazione  Sonda  dopo  batteria  calda:  per  verificare  la  resa  della  batteria  calda  Impianto  4  tubi:  estate  lavorano  tutti  e  due,  d’inverno  lavora  solo  quella  calda.  Logica  estiva:  raffreddo  umidificando  e  postriscaldo  Logica  invernale:  riscaldo  umidifico  (uscendo  a  una  temperatura  più  alta  dell’ambiente  perché  devo  scaldare)  Batterie  calde  a  monte  di  sezioni  di  umidificazione:  non  è  noto  quanto  rendono,  ma  sono  alte.  Le  batterie  calde  devono  essere  sufficientemente  abbondanti,  altrimenti  d’inverno  se  il  sistema  chiede  umidificare  l’aria  che  mando  è  troppo  fredda  e  umidificando  raffreddo  troppo  mandando  in  ambiente  aria  troppo  fredda.  A  queste  batterie  meglio  mettere  due  ranghi  in  più  Umidificazione  con  valvola  attacca  stacca  Ventilatore  a  pale  rovesce  con  inverter  Sonda  di  pressione  differenziale  sul  silenziatore  di  mandata:  misuro  la  portata.  Finchè  non  c’erano  i  plug  fan  non  si  riusciva  a  misurare  bene  la  portata.  L’unico  componente  per  misurare  la  portata  in  modo  accurato  è  il  silenziatore  perché  ha  una  perdita  di  carico  significativa  (dP=  e  ha  una  geometria  predeterminata  (perché  non  è  come  una  serranda  che  può  spostarsi)    SILENZIATORE:  parallelepipedi  di  lana  di  roccia,  alternati  a  setti  vuoti.  Spesso  dei  setti  di  lana  circa  200  mm-­‐360mm,  i  settori  vuoti  sono  s/2  oppure  s/3  dello  spessore  del  setto  di  lana,  mentre  i  setti  laterali  vuoti  sono  s/4  o  s/6.  Esistono  360-­‐120  oppure  il  200-­‐100.    360-­‐120:  vuol  dire  che  il  setto  di  lana  è  360,  il  setto  vuoto  è  120,  le  estremità  vuote  sono  60.  Sezione  di  attraversamento    

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I  limiti  di  velocità  delle  uta  sono  di  3  m/s  per  via  del  trascinamento  di  goccioline,  cioè  arrivo  al  silenziatore  a  2,5  m/s.  siccome  la  sezione  di  passaggio  è  ¼  (perché  120/(120+360)  )  le  velocità  all’interno  del  silenziatore  raggiungono  i  10  m/s.  prima  del  silenziatore  si  mette  una  rete  di  equalizzazione.    HSU:  prevalenza  statica  utile  (tra  la  bocca  di  aria  esterna  di  ripresa  e  la  mandata  La  sonda  anemometrica  (già  disegnata  in  pianta)  è  stata  messa  nel  punto  più  lontano  prima  della  curva  del  canale,  e  al  centro  del  canale.  

 Batteria  290.00  kcal  salto  5    -­‐>  29  m3/h  Kv  =  78  mc/h  con  una  portata  29mc/h  -­‐>  29/78  al  quadrato  (in  bar)  Le  valvole  sono  a  tre  vie,  ma  la  portata  non  è  fissa,  perché  sulla  terza  via  il  kv=15,  sulla  via  principale  il  kv=78.  Perché  nella  terza  via  viene  fatta  un  po’  di  circolazione  per  l’antigelo.    Specifica  batteria  fredda:  10  ranghi,  62  circuiti.    Mandata:  si  cercano  di  evitare  derivazioni  a  90°  con  velocità  significative,  ma  si  può  fare  a  45°.  Quando  le  portate  non  sono  uguali,  la  dimensione  delle  diramazioni  deve  essere  proporzionale.  Se  bisogna  fare  una  diramazione  con  presa  dinamica,  bisogna  Diramazione  statica:  La  velocità  di  imbocco  nella  diramazione  deve  essere  piccola.  Si  fanno  dei  raccordini  (a  forma  di  zoccolo)  in  modo  che  nel  punto  di  derivazione  la  velocità  sia  bassa,  cosi  si  ha  una  bassa  velocità  nel  punto  di  diramazione  perché  la  sezione  è  grande,  e  poi  si  ha  un  effetto  di  accelerazione  dovuto  al  restringimento  del  canale,  da  pressione  statica  a  pressione  dinamica,  e  poi  rallentano  di  nuovo  in  prossimità  del  diffusore.    Evitare  di  fare  delle  prese  a  valle  di  raccordi  importanti,  come  una  derivazione  dopo  una  curva  importante.  Deflettori:  fogli  di  lamiera  interni  che  evitano  l’effetto  centrifugo  dell’aria  all’interno  della  curva.  Si  segna  la  portata  progettuale  di  quel  ramo,  oppure  si  segnano  le  portate  dei  singoli  diffusori.  Acusticamente  il  canale  circolare  è  peggio,  con  il  circolare  non  si  riescono  a  fare  prese  dinamiche.  L’uta  è  un  componente  su  misura,  e  non  può  essere  definito  totalmente:  il  progettista  non  riesce  a  fare  una  definizione  di  tutti  i  parametri  della  uta,  ma  deve  farlo  con  il  costruttore.  Uta  da  esterno  o  da  interno:  se  esterno  rivestimento  in  acciaio  zincato  o  alluminio,  più  isolamento  in  poliuretano  o  lana  minerale  densa  (200kg/mc,  meglio  la  lana  del  poliuretano).  Per  assorbire  un  po’  di  potenza  acustica  si  possono  fare  pannelli  internamente  microforati  nelle  sezioni  ventilanti  (dove  sono  alloggiati  i  ventilatori)  l’importante  che  la  lana  si  a  protetta  e  non  vada  in  giro  per  i  canali.  Il  pannello  microforato  è  molto  più  efficiente  dal  punto  di  vista  acustico.  Il  problema  acustico  sorge  quando:  c’è  molta  prevalenza  (fa  rumore  il  ventilatore)  oppure  c’è  molta  portata  (nei  canali).  Soluzioni:  scelta  dei  ventilatori  (posizionamento),  silenziatori,  e  sezioni  ventilanti  (se  tanta  portata  si  aumentano  le  sezioni  e  si  fanno  girare  a  basse  velocità  per  ridurre  le  perdite  di  carico  concentrate).  

- Se  si  tengono  basse  velocità  all’interno  della  uta,  siccome  rappresenta  la  maggior  perdita  di  carico  di  tutto  l’impianto,  si  hanno  molte  meno  perdite  di  carico  e  di  conseguenza  il  ventilatore  può  andare  più  piano.  

- Velocità  massima  sui  filtri  4  m/s,  spessore  del  filtro  50-­‐100  mm  - Velocità  massima  in  batteria  fredda  3  m/s  - Passo  batterie:  dai  2  ai  3  mm  di  passo  aletta,  2,5  è  un  valore  mediano.  Più  è  fitto  il  passo  aletta  e  più  è  facile  

che  si  sporchi.  I  fan  coil  hanno  un  passo  di  1,6  mm.  - ΔP  batterie:  vincolo  indiretto  di  dimensionamento.  Più  è  basso  il  delta  p  batteria  e  meglio  è,  2  metri  di  

perdita  per  batteria.  È  legato  a  quanti  circuiti  si  fanno,  la  portata  per  singolo  circuito  diventano  più  o  meno  alta  e  di  conseguenza  le  pdc  sono  più  o  meno  alte.  

- Silenziatore:  area  di  attraversamento  è  circa  1/3  del  contenitore,  oppure  ¼.  La  velocità  di  attraversamento  è  3  o  4  la  velocità  frontale  a  seconda  che  sia  il  200-­‐100,  piuttosto  che  360-­‐120.  Questo  decide  la  larghezza  della  uta.  Mettere  9  m/s,  vuol  dire  avere  una  velocità  frontale  di  2.25  m/s  con  il  360-­‐120.  

- I  canali  esterni  hanno  due  punti  di  comunicazione  con  la  pressione  esterna:  presa  aria  ed  espulsione.  Quando  invece  le  uta  sono  DA  esterno:  una  tecnica  classica  è  mettere  un  canotto  per  evitare  che  piova  dentro,  oppure  una  griglia  con  alette  inclinate  a  45°.  

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- Griglie  di  ripresa:  una  frontale  di  3.5  m/s,  se  le  velocità  sono  un  po’  più  alte  non  importa  sulla  ripresa.  - Più  il  delta  p  lato  aria  è  grande  e  più  il  recuperatore  è  piccolo:  20  mm  circa  - 50%  di  riserva  potenza  elettrica,  significa  15%  di  riserva  portata:  1.15^3  =1.52  - Tra  la  mandata  del  ventilatore  e  il  silenziatore  c’è  un  po’  di  distanza,  non  si  possono  mettere  attaccati,  in  più  

si  mette  una  griglia  di  equalizzazione  del  flusso.    PROGETTO  

- Tavole  grafiche  - Documento  che  spiega  la  logica  di  funzionamento:  quando  la  logica  è  semplice  si  fa  una  tabellina  sulla  tavola  

con  qualche  informazione,  se  la  logica  è  complessa  si  fa  un  documento  a  parte.  Siemens-­‐capr-­‐st.doc    in  base  a  questo  documento  un  programmatore  deve  fare  un  programma  per  realizzare  la  logica  di  funzionamento  dell’impianto    

DIMENSIONAMENTO  GRIGLIE  DI  TRANSITO  Si  può  dimensionare  solo  l’aspirazione  con  gli  8  vol/h  di  ricambio  solo  sul  bagno,  non  sull’antibagno.  Poi  però  bisogna  controllare  che  rientri.  È  compito  del  termotecnico  definire  le  caratteristiche  del  sistema  che  permette  all’aria  estratta  di  rientrare.  1  mm  colonna  d’acqua  (10  Pa)  è  1kg/mq,  la  limitazione  della  depressione  nei  locali  solo  aspirati  è  legata  alla  sezione  di  passaggio  che  permette  all’aria  di  rientrare.  La  porta  di  accesso  ha  un  effetto  di  sovraccarico  legato  alla  differenza  di  pressione  tra  interno  e  esterno.  Cioè  per  aprire  la  porta  ho  una  spinta  da  vincere  pari  alla  spinta  della  pressione  applicata  sulla  porta  dalla  differenza  di  pressione.  Bisogna  stare  attenti  al  verso  di  apertura  delle  porte,  cioè  bisogna  limitare  gli  effetti  di  differenza  di  pressione  se  la  porta  tende  ad  aprirsi  per  annullare  il  delta  p.  oppure  si  può  creare  una  sezione  di  passaggio:  se  altezza  cinetica  di  pressione  dell’aria  è  v^2/16  in  mmH2O  (ro*v^2/2g  =16),  il  delta  p  =  2*v^2/16,  cioè  il  dp  è  il  doppio  dell’altezza  cinetica.  Fissata  una  portata,  si  sceglie  una  dimensione  di  passaggio  in  modo  che  il  delta  p  creato  non  superi  un  certo  valore.  1  mm  di  pressione,  sono  2  kg  sulla  porta:  corrisponde  a  una  velocità  di  attraversamento  di  2,7  m/s  Fissata  la  velocità  di  attraversamento  si  sceglie  se  sollevare  (2  cm)  la  porta  dal  pavimento.  Quando  la  sezione  richiesta  è  di  più  si  monta  la  griglia  di  transito:  ha  delle  alette  piegate  a  V  rovesciate,  a  coda  di  rondine,  per  evitare  che  passi  la  luce,  e  per  questioni  acustiche.  La  sezione  effettiva  è  la  metà  o  1/3  della  sezione  frontale.  Porta  da  80  cm,  sollevata  di  2  cm  dà  una  sezione  di  0,016  cmq,  la  velocità  massima  può  essere  3m/s  per  una  portata  di  0.048  mc/s,  150  mc/h.  in  realtà  non  si  mettono  griglie  fino  a  100  mc/h,  sopra  si  mettono.  Tenere  velocità  massime  a  2  m/s.    

UNI  9182  –  IMPIANTI  DI  ALIMENTAZIONE  E  DISTRIBUZIONE  D’ACQUA  FREDDA  E  CALDA    IMPIANTI  IDRICI  

- Fissa  i  criteri  di  contemporaneità:  il  criterio  riguarda  le  unità  di  carico.  Quando  utenze  piccole,  contemporaneità  alta.  Quando  utenze  grosse  contemporaneità  bassa.  10  l/min  per  lavandini,  qualcosa  in  più  per  le  docce.    

- Vengono  fissate  le  portate  per  singolo  apparecchio,  i  criteri  per  la  contemporaneità  e  con  cui  dimensionare  la  rete  di  distribuzione.  

- La  rete  di  ricircolo:  per  la  uni  è  obbligatoria  quando  le  utenze  sono  a  distanza  superiore  a  50  metri  dal  punto  di  produzione.    

- Quando  le  utenze  sono  tante,  anche  se  non  c’è  molta  contemporaneità  le  reti  sono  grandi.  Se  si  hanno  grandi  tubi,  se  anche  non  siamo  lontani  dalle  utenze,  quando  si  attiva  una  sola  utenza  la  velocità  dell’acqua  nel  tuo  principale  sono  bassissime,  i  tempi  di  attesa  sono  lunghissimi.  Gli  impianti  non  devono  essere  troppo  grossi.  In  un  circuito  chiuso  non  è  un  problema  il  tubo  grande.  In  circuito  aperto  un  tubo  grande  senza  ricircolo  è  un  grande  problema.  Fare  ricircolo  di  due  misure  in  meno  del  tubo  di  mandata:  il  ricircolo  si  chiude  appena  fuori  dal  servizio  igienico.  Bisogna  fare  si  che:  

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- I  tubi  di  mandata  man  man  che  servono  le  utenze  calano  di  diametro.  All’ultima  utenza  si  tiene  il  diametro  e  si  fa  con  quello  il  tubo  di  ricircolo  a  diametro  costante.  

- Inoltre  con  il  ricircolo  c’è  il  problema  legionella.  Bonifica  termica:  è  pericolosa  perché  si  manda  in  giro  acqua  bollente,  con  rischio  ustioni.  Si  proteggono  gli  utenti  con  dei  regolatori  termostatico:  quando  c’è  la  bonifica  miscela  e  non  manda  a  60  °C.    

- Le  reti  di  ricircolo  vanno  degasate.  Si  formano  dei  gas  perché  l’acqua  è  calda  e  diminuisce  la  capacità  di  trattenere  gas  disciolti.  Si  possono  formare  delle  sacche  di  gas  che  bloccano  il  ricircolo,  se  il  sistema  di  spurgo  con  i  jolly  (metterlo  solo  in  centrale  non  basta)  non  è  efficiente.  La  situazione  si  sblocca  quando  il  primo  utente  che  apre  l’acqua  calda  sfiata  attraverso  il  lavandino  che  gorgoglia.  

   SUPPRESSIONE.DWG  - Pmin:  (pressostato  di  minima)  Garantisce  che  la  pressione  sia  superiore  a  un  certo  livello  minimo.  Si  ha  un  

ramo  dell’acquedotto,  normalmente  quando  si  chiede  un  allaccio  viene  garantita  una  certa  portata  ma  non  la  pressione.  Se  si  fa  un  impianto  molto  abbondante  rispetto  all’allaccio  richiesto  si  ha  il  rischio  di  grandi  perdite  di  carico.  

- Le  pompe  possono  essere  dimensionate  con  la  tecnica  classica  attacca/stacca,  sono  comandate  da  un  pressostato  di  funzionamento  (possono  lavorare  in  sequenza,  se  il  pressostato  è  a  due  gradini,  oppure  in  modo  alternativo),  quando  il  pressostato  raggiunge  il  set  meno  il  differenziale  dà  il  consenso  alla  pompa  e  mette  in  pressione  l’autoclave  (cisterna  di  destra,  la  cisterna  di  sinistra  è  una  pre-­‐autoclave)  

- L’altra  tecnica  è  mettere  l’inverter  - Nel  momento  in  cui  la  pompa  si  mette  in  moto  cala  la  pressione  di  consegna,  interviene  la  pre-­‐autoclave  (1)  

(che  è  uguale  all’autoclave  ma  funzione  diversa)  che  compensa  in  parte  la  pressione  mancante.  - Il  dimensionamento  dell’autoclave  si  fa  in  base  al  numero  di  avviamenti  della  pompa.  Bisogna  fare  in  modo  

che  la  pompa  non  spunti  più  di  12  volte  in  un’ora  (altri  pensano  non  più  di  6  volte).  In  avviamento  le  correnti  sono  molto  elevate,  il  motore  elettrico  va  in  corto.  L’avvolgimento  dello  statore  è  molto  sollecitato,  tendono  a  scaldarsi  molto  e  per  evitare  surriscaldamenti  la  pompa  deve  avere  il  tempo  di  raffreddarsi,  e  quindi  non  deve  avviarsi  per  troppe  volte  per  non  bruciare.  La  situazione  più  sfortunata  è  quando  la  portata  di  utenza  è  esattamente  la  metà  della  portata  della  pompa:  se  la  portata  di  utenza  è  più  bassa  della  pompa  avrò  più  tempo  di  sosta  che  tempo  di  marcia,  se  invece  è  maggiore  della  metà  ho  più  tempo  di  marcia  che  di  sosta.  Esempio:    Qp=10  mc/h  Qu=5  mc/h  12  avviamenti  ora:  marcia  2,5  minuti,  sosta  2,5  minuti.  Quando  Qp/2>Qu  i  tempi  di  marcia  sono  maggiori  di  2.5  minuti  fino  a  Qp=Qu  dove  la  pompa  non  si  ferma  mai.  Quando  Qp/2<Qu  i  tempi  di  marcia  sono  minori  di  2,5  minuti,  e  gli  avviamenti  sono  minori  di  12  all’ora  La  situazione  più  critica  è  quando  la  portata  è  esattamente  la  metà.  La  portata  dell’autoclave:  DQ=  (5  mc/h)  /  60  min/h  *2,5  minuti=  208  litri.  Nella  fase  di  marcia  si  ha  una  carica  di  208  litri,  nella  fase  di  sosta  una  scarica  di  208  litri.  Se  il  fabbricato  è  20  metri,  si  aggiungono  varie  perdite  di  carico  (disconnettore,  valvole,  addolcitore)  battente  idrostatico,  perdite  di  rete,  pressione  di  utenza,  si  mette  Pminima=4  bar  (perché  l’acquedotto  è  a  4  bar),  Pmassima=  5,5  bar  pressioni  relative  (più  si  fa  grande  il  punto  di  stacco  più  si  fa  piccola  l’autoclave,  mentre  più  si  fa  vicino  il  punto  di  stacco  dal  punto  di  attacco  e  più  l’autoclave  viene  grossa).  Cioè  se  la  differenza  di  pressione  tra  minima  e  massima  è  piccola,  si  ha  una  pressione  circa  costante  nell’impianto,  ma  l’autoclave  viene  molto  grossa.  La  minima  è  garantire  la  pressione  nel  punto  più  sfavorito,  la  pressione  massima  è  evitare  che  al  piano  terra  la  pressione  non  sia  pericolosa  per  la  funzionalità  degli  utenti  (flessibili  che  si  rompono,  pressione  nominale  degli  utenti).  

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pressione  di  precarica  dell’autoclave:  4  bar,  ad  autoclave  vuota.  Quando  attacca  la  pompa  a  4  bar  la  membrana  rimane  vuota,  in  attacco  il  volume  è  il  totale.  Quando  è  piena  il  volume  è  il  totale  meno  208  litri,  condizione  di  stacco.  Legge  dei  gas  perfetti,  ipotizzando  isoterma:  5V=6,5(V-­‐208)  quindi  V=961  litri.  Per  gli  spunti  della  pompa  è  al  limite,  se  volessimo  fare  al  massimo  6  spunti  ci  vorrebbero  2000  litri.  Per  le  autoclavi  senza  membrana  bisogna  fare  in  modo  che  il  livello  dell’acqua  in  autoclave  sia  a  metà  nella  situazione  di  stacco,  cioè  il  livello  dell’acqua  deve  coprire  il  tubo  di  uscita,  sennò  va  dell’aria  in  giro.  Quando  il  volume  non  basta  si  mettono  in  serie  più  autoclavi.  Con  le  autoclavi  senza  membrana  l’aria  tende  a  disciogliere  nell’acqua:  si  fa  un  controllo  di  livello  per  cui  se  l’acqua  aumenta  di  quota,  una  elettrovalvola  rimmette  aria  compressa  nell’autoclave  per  ricaricarla.  

 - Addolcitore  (5):  dimensionamento.  L’acqua  che  esce  dall’addolcitori  normalmente  è  a  durezza  nulla,  cioè  0°F  

(Francesi:  ppm  di  CaCO3)  un’acqua  dura  va  dai  25°F  ai  40°F,  a  milano  15-­‐20°F.  Gli  addolcitori  catturano  il  calcio  e  cedono  il  sodio.  Gli  addolcitori  si  rigenerano  da  soli  tramite  salamoia  cedendo  sodio  e  prendendo  calcio,  basta  aggiungere  sale.  Nel  momento  in  cui  si  rigenera  (mezzora/un  paio  d’ore)  manda  acqua  non  addolcita  (difetto).  Quando  si  ritiene  opportuno  si  fanno  sistemi  in  doppia  colonna,  quando  uno  si  rigenera  l’altro  è  in  marcia.  Si  dimensiona  su  due  parametri:  la  portata  massima  e  la  capacità  ciclica:  la  capacità  ciclica  è  il  prodotto  tra  la  quantità  (mc)  della  portata  che  lo  attraversa  e  per  i  gradi  francesi.  La  portata  massima  è  determinata  da  una  certa  velocità  massima  fornita  dal  costruttore,  oltre  la  quale  la  resina  comincia  ad  andare  in  giro  (e  dalla  valvola  multifunzione  che  comincia  a  perdere  molto  di  carico),  invece  la  quantità  di  resina  determina  la  capacità  ciclica.    Tecnica  con  cui  lavano  gli  addolcitori:  a  tempo  (la  notte  quando  non  c’è  utenza  lava,  minimo  lavare  una  volta  ogni  quattro  giorni  per  legge,  per  evitare  acqua  stagnante.  Tecnica  di  rigenerazione  a  volume:  quando  sono  passati  tot  metri  cubi  di  acqua  attraverso  l’addolcitore,  ma  in  ogni  caso  non  far  passare  più  di  quattro  giorni.  

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Ci  può  essere  il  problema  della  prolificazione  batterica  nelle  resine  quando  sono  poco  utilizzate:  si  butta  un  bicchiere  di  varechina  ogni  tanto.      

                                                             

                                     Se  si  dimensiona  sulla  portata  massima  contemporanea,  se  questa  è  elevata,  salta  fuori  una  capacità  ciclica  molto  grande:  poco  consumo  d’acqua  ma  tutto  insieme.  Invece  nel  caso  di  piscine,  dove  la  portata  è  massima  tutto  il  giorno,  se  non  si  fa  la  doppia  colonna,  bisogna  porre  attenzione  che  la  ciclicità  sia  di  almeno  una  giornata.    BERETTA-­‐SCHEMA-­‐ST.DWG  Pompe  sommerse  a  multistadio  verticali:  sono  cilindriche  perché  vanno  dentro  a  tubi  tondi,  il  livello  dell’acqua  supera  di  un  metro  la  pompa  per  evitare  cavitazione.  Livello  statico  di  falda  è  -­‐8  metri  dal  piano  di  campagna:  le  caratteristiche  della  sommersa  dipende  dalla  prevalenza  disponibile.  Cioè  le  falde  normalmente  sono  pressurizzate,  ci  sono  anche  pozzi  artesiani  che  hanno  la  quota  statica  di  falda  anche  sopra  il  piano  di  campagna,  e  quando  si  buca  comincia  a  zampillare  e  non  si  può  far  niente,  si  butta  via  l’acqua.  Se  la  falda  è  a  100  metri,  ma  la  quota  statica  è  a  80,  metto  la  pompa  a  85,  in  modo  che  abbia  cinque  metri  di  margine  per  non  lasciare  la  pompa  senza  acqua.  Contatore  volumetrico  lancia  impulsi:  per  fare  il  dosaggio  proporzionale  di  ipoclorito  (tanta  acqua  arriva,  tanto  doso  l’ipoclorito).  C’è  una  autoclave  aperta  in  cui  pompo  l’ipoclorito,  dopo  l’autoclave  c’è  un  serbatoio  che  fa  da  accumulo  per  dare  il  tempo  di  azione  all’ipoclorito:  si  fa  un  sistema  in  genere  che  tenga  l’ipoclorito  a  contatto  con  l’acqua  15-­‐20  minuti.  A  valle  del  secondo  accumulo  c’è  un  cloro-­‐residuometro  che  misura  il  livello  del  cloro  residuo.  È  a  due  uscite:  se  il  livello  del  cloro  è  troppo  alto  la  pompa  dosatrice  viene  fermata,  se  è  troppo  basso  dà  un  allarme.  Ha  un  consumo  di  acqua  che  viene  buttato  via,  ma  c’è  solo  quando  l’impianto  va.  

- Filtro  a  sabbia:  l’eliminazione  delle  impurità  funziona  con  attraversamenti  dell’acqua  molto  lenti.    - Filtro  a  carbone:  ha  la  funzione  di  adsorbire  il  cloro,  perché  prima  si  è  fatto  un  dosaggio  shock.  

   

- DM  443-­‐90  richiede  addolcitore  negli  impianti  domestici  - UNI806500_1998_EIT  –  REQUISITI  CIRCUITI  CHIUSI  

Integrativo  del  dpr  59/2009  Impone  concentrazione  ioni  ferro  e  …  

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Se  si  hanno  fenomeni  corrosivi  in  atto,  c’è  un  passaggio  di  ioni  di  ferro  che  diventano  idrossidi  di  ferro.  L’acqua  diventa  gialla.  Fissa  requisiti  di  pH  e  durezza.  Per  alimentare  una  caldaia  in  bassa  pressione  si  addolcisce  l’acqua  e  si  deve  fare  il  degasaggio  

- Quota  parte  di  durezza  dovuta  ai  bicarbonati  (di  sodio  e  magnesio)  Depositi  carbonatici:  aumentando  lo  spessore  fanno  si  che  le  lamiere  dei  fumi  nello  scambiatore  acqua  fumi  si  avvicinano  alle  temperature  dei  fumi,  portando  a  delle  dilatazioni  tali  che  rompono    le  caldaie.    

SCARICHI  - Scarichi  acque  nere  - Scarichi  acque  bianche  

UNI  EN  12056-­‐2    Per  le  reti  di  scarico  la  uni  è  molto  raffinata  a  livello  di  calcolo,  ma  non  è  necessario,  perché  ogni  apparecchio  di  scarico  ha  un  proprio  attacco  e  quello  si  tiene    Storico-­‐finale-­‐studenti.dwg  La  rete  di  scarichi  va  posata  in  modo  da  ridurre  il  più  possibile  le  distanze  (si  posano  anche  in  diagonale,  raccorderie  da  30  -­‐45  -­‐60°)  con  pendenze  dell’  1%  -­‐  0.7%  non  di  meno,  rigorosamente  scegliendo  il  percorso  più  breve,  perché  se  si  dà  un  po  di  pendenza  gli  spessori  delle  solette  diventano  considerevoli.  Se  si  ha  un  tubo  del  water  da  110,  tutti  gli  altri  scarichi  si  attaccano  al  110.  Se  si  hanno  più  water,  dal  terzo  in  avanti  si  passa  al  125.  Dal  quinto  in  avanti  140.  Tutti  i  collegamenti  si  fanno  con  le  braghe:  

                                                                                         Effetto  tappo:  sciacquone  del  quinto  piano,  portata  istantanea  10litri/pochi  secoondi.  si  ha  un  effetto  pistone:  scende  un  tappo  che  manda  in  pressione  ciò  che  sta  sotto  e  depressurizza  ciò  che  sta  sopra.    Per  evitare  che  l’aspirazione  svuoti  il  sifone  dei  piani  di  sopra,  si  fanno  delle  colonne  di  ventilazione  che  sbucano  sul  tetto  e  riequilibrano  la  pressione.  Su  fabbricati  molto  alti  si  fa  la  colonna  di  ventilazione  secondaria,  una  colonna  di  bypass:  quando  il  tappo  sta  scendendo  che  pressurizza  gli  impianti  sotto  la  portata  d’aria  in  più  viene  deviata  sul  ramo  di  bypass.  

- Collegamento  al  piano  terra:  la  braga  del  piano  terra  non  si  collega  subito  alla  colonna  di  ventilazione,  perché  la  curvatura  che  fa  diventare  la  colonna  da  verticale  a  orizzontale  è  critica  per  gli  intasamenti.  Allora  si  collega  il  wc  del  piano  terra  qualche  metro  dopo  la  curvatura,  quindi  sul  tratto  orizzontale,  non  verticale.  

 MATERIALI  DI  COSTRUZIONE  Si  usa:    

- Polietilene  a  saldare  (geberit)  - Oppure  polipropilene  con  giunzioni  Oring  (rehau)  

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 Acque  meteoriche:  intensità  di  pioggia  a  Milano  60  l/h/mquadro.          ACUSTICA  W=  I.S  W=  I.4πr2  (sorgente  puntiforme)  Peff2  =  I.r.c      Lp=20  log  10  Peff/Pref  Pref  =20  µPa  Lw=10log10  (W/WRef)  WRef=10-­‐12  W  Lega  il  livello  di  pressione  sonoro  al  livello  di  potenza  sonora  alla  pressione    Lp=Lw  -­‐  20.log10R  -­‐  11  campo  libero  emissione  sferica  Lp=Lw  -­‐  20.log10R  -­‐  8  campo  libero  emissione  emisferica    Raddoppio  di  potenza:  sorgente  sonora  con  potenza  2W  Lw=10log10  (2W/WR)  =  Lw  +  10  log  2  =  Lw  +  3  dB  Il  raddoppio  della  potenza  provoca  un  incremento  del  livello  di  potenza  di  3  dB,  e  anche  il  livello  di  pressione  aumenta  di  tre  Se  abbiamo  2  fancoil,  abbiamo  il  livello  di  potenza  sonora  di  un  fancoil  più  3  Se  tre  fancoil,  un  livello  di  potenza  più  4.    Raddoppio  di  distanza  Lp=Lp  –  20  log  2  =  Lp  -­‐  6  Il  raddoppio  di  distanza  provoca  una  diminuzione  di  livello  di  potenza  di  6  dB    Per  misurare  si  usa  il  fonometro    L’orecchio  sente  un  livello  di  pressione  sonora,  non  la  potenza  Quando  un  costruttore  fornisce  il  livello  di  potenza,  l’ha  ricavata  dalla  misurazione  della  pressione  sonora    in  una  situazione  nota.  La  potenza  non  si  misura,  si  misura  la  pressione.    L’orecchio  non  è  sensibile  allo  stesso  modo  su  tutte  le  frequenze,  avverte  di  meno  le  frequenze  basse,  ma  sono  anche  quelle  più  difficili  da  eliminare  Norme  superate  16-­‐20000  hz,  ma  quello  che  si  analizza  è  31  -­‐  8000    Aermec1.pdf  

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 Esempio.pdf  Interessa  sapere  anche  un  numero  globale  che  definisca  una  intensità  per  un  certo  ambiente,  riassunto  in  un  solo  numero,  anche  se  è  un  po’  riduttivo  perché  non  fa  capire  se  il  suono  è  critico  alle  basse  medie  o  alte  frequenze.    Per  rappresentare  un  rumore  bisognerebbe  fare  l’analisi  in  spettro  Il  fonometro  può  dare  l’analisi  in  spettro,    Confrontando  il  filtro  A  e  il  filtro  C  si  riesce  a  capire  se  il  rumore  è  critico  alle  alte  o  alle  basse  frequenze.  LwT  =  10  log  (  sum  (  10  LwL/10))  livello  potenza  sonora  totale  LpT  =  10  log  (sum  (10  LpL/10))  livello  potenza  sonora  totale  Non  si  usano  queste  due  formule,  si  usano  gli  strumenti    CAMPO  RIVERBERANTE  Coefficiente  di  assorbimento  medio  delle  superfici:  αmedio  =  somma  (αi*Si)  /  somma  (Si)  R*  è  legato  al  coefficiente  di  assorbimento  medio  e  alla  superficie:  R*=  Stot*α/(1-­‐α)    

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   NORMATIVA  

- DPCM14NOV97  Definisce  come  un  apparecchio  deve  essere  limitato  per  non  disturbare  gli  altri,  i  confinanti.  Ci  sono  dei  limiti  di  immissione:  tutte  le  potenze  immesse  in  uno  spazio  confinato  sono  limitate,  in  base  a  dove  ci  si  trova  e  in  base  al  giorno/notte.  Limiti  definiti  dalla  Tabella  C  pag  4:  Limiti  assoluti  di  immissione:  

 Ci  sono  anche  delle  limitazioni  differenziali:  Il  concetto  differenziale  è  legato  al  rumore  di  fondo:  a  pari  livello  di  potenza  sonora  immessa,  la  verifica  viene  diversa  se  fatta  di  giorno  o  di  notte.  Non  è  un  criterio  oggettivo,  perché  dipende  dall’orario  di  chi  va  a  effettuare  la  misura,  se  ci  va  alle  dieci  di  sera  che  c’è  ancora  un  po’  di  rumore,  o  alle  tre  di  notte.    

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 - DPCM  2005_12_97:  riguarda  la  rumorosità  causata  da  un  impianto  in  un'altra  unità  immobiliare  

Isolamento  acustico  di  facciata,  isolamento  acustico  delle  pareti  divisori,  e  anche:  Rumore  prodotto  dagli  impianti  tecnologici  La  rumorosità  prodotta  dagli  impianti  tecnologici  non  deve  superare  i  seguenti  limiti:  a)  35  dB(A)  LAmax  con  costante  di  tempo  slow  per  i  servizi  a  funzionamento  discontinuo;  b)  25  dB(A)  LAeq  per  i  servizi  a  funzionamento  continuo.  Le  misure  di  livello  sonoro  devono  essere  eseguite  nell'ambiente  nel  quale  il  livello  di  rumore  è  piu  elevato.  Tale  ambiente  deve  essere  diverso  da  quello  in  cui  il  rumore  si  origina.    

- Uni819900  98_1998_eit:  riguarda  la  rumorosità  degli  impianti  all’interno  della  stessa  unità  immobiliare,  per  esempio  alberghi  Non  c’è  più  il  criterio  differenziali  

Il  rumore  di  impianto  non  deve  essere  più  di:  (pag  12)  

   Calcolare  il  livello  di  pressione  sonora  dell’impianto,  si  fanno  due  misure:  

- Il  livello  di  pressione  sonora  impianto  in  moto  - Il  livello  di  pressione  sonora  impianto  fermo  

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- Paragrafo  5  

 

   

 CALCOLO  DELLA  PRESSIONE  SONORA  IN  AMBIENTE  NEL  CASO  DI  IMPIANTO  DI  VENTILAZIONE  Non  si  ha  la  limitazione  del  comfort  acustico,  ma  dis-­‐comfort,  cioè  evitare  danni  acustici  con  il  livello  di  pressione  sonora  accoppiati  con  gli  impianti  in  cantiere.  C’è  una  UTA,  un  ventilatore:  ci  sono  delle  curve  del  costruttore,  oppure  delle  formule  legate  alla  prevalenza  e  alla  portata.  permettono  di  stimare  sia  la  potenza  sonora,  sia  l’analisi  in  spettro:  il  ventilatore  in  una  certa  situazione  di  funzionamento  ha  un  certo  spettro.  Il  responsabile  del  rumore  in  ambiente  non  è  il  diffusore,  ma  il  ventilatore,  che  in  qualche  modo  trasmette  il  rumore  agli  ambienti.  Fonti  di  attenuazione:  

1-­‐ La  potenza  sonora  del  ventilatore  di  mandata  va  metà  attraverso  il  condotto  di  mandata,  metà  attraverso  il  condotto  di  ripresa  in  controcorrente  rispetto  alla  direzione  dell’aria.  Le  uta  in  cui  gli  effetti  riflessivi  sono  bassi  (pannelli  fonoassorbenti)  già  diminuiscono  un  po’  il  rumore  

2-­‐ Attenuazione  dei  canali  3-­‐ Raccordi  4-­‐ Plenum  5-­‐ Derivazioni  6-­‐ Riflessione  terminale  7-­‐ Silenziatore  

Aermec  2.pdf  ventilatore:  

   

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Canali:  

 Canali  rettangolari  sono  più  efficienti  dei  canali  tondi:  

 Raccordi:  dovrebbero  essere  isolati  internamente,  ma  nessuno  si  sogna  di  isolare  internamente.  Si  nota  che  se  si  mettono  le  alette,  le  prestazioni  calano:  Tabella  1.3  Plenum.  I  plenum  se  isolati  internamente,  e  se  il  fattore  di  vista  è  molto  piccolo  tra  canale  in  entrata  e  canale  in  uscita  (angolo  beta)  allora  attenuano.  

 Derivazioni:  l’effetto  di  attenuazione  dipende  dal  rapporto  tra  le  portate,  tra  portata  principale  e  portata  derivata  Riflessione  terminale:  dovuta  a  un  rimbalzo  all’interno  del  diffusore  prima  che  entri  in  ambiente.  A  questo  punto  siamo  in  grado  di  calcolare  la  pressione  sonora  in  ambiente  Il  silenziatore  ha  un  certo  abbattimento:  

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   RUMOSORITA’  ESTERNA  

   RUMOROSITA’  INTERNA  

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   In  generale  per  la  rumorosità  interna  si  usano  i  silenziatori.  Per  il  rumore  esterno,  il  problema  può  essere  risolto  con  una  barriera  acustica,  se  il  livello  non  è  troppo  oltre  il  limite  acustico.  La  barriera  è  tanto  più  efficace  quanto    più  il  tratto  A+B  è  maggiore  di  L.    (aermec3.pdf)  

 Quando  ci  sono  invece  problemi  di  riverbero,  rivestono  le  sorgenti  con  trappole  acustiche  e  con  pannelli  fonoassorbenti  (costosissime,  costano  più  del  doppio  del  chiller).    

COLLAUDO  IMPIANTI  MECCANICI  st  2009.  Doc  File  word.  CAPITOL_st.doc    ALDES.IT  X  CANALI                                    

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   POMPA  La  portata  varia  in  proporzione  alla  velocità  di  rotazione  della  pompa  La  prevalenza  è  proporzionale  al  quadrato  della  velocità  di  rotazione  della  girante  ed  è  indipendente  dalla  densità  Q  del  liquido  convogliato  La  prevalenza  H  della  pompa  viene  espressa  secondo  l'equazione  di  Bernoulli:    -­‐  nell'altezza  piezometrica  Hp  proporzionale  alla  differenza  della  pressione  statica  fra  la  bocca  premente  e  la  bocca  aspirante  della  pompa,    -­‐  nella  altezza  geodetica  zs,d  ossia  il  dislivello  fra  la  bocca  premente  e  la  bocca  aspirante  della  pompa  -­‐  nella  differenza  fra  le  altezze  cinetiche  (vi2  –  vs2)/2g  sulla  bocca  premente  e  sulla  bocca  aspirante  della  pompa.  La  potenza  P  assorbita  da  un  pompa  è  la  potenza  meccanica  assorbita  all'albero  della  pompa  o  al  giunto  ed  è  espressa  in  kW;  è  proporzionale  alla  velocità  di  rotazione  elevata  alla  terza.    Più  pompe  centrifughe  possono  essere  disposte  in  serie,  in  modo  da  ottenere,  a  parità  di  portata,  una  prevalenza  che  è  un  multiplo  di  quella  ottenuta  con  una  sola  girante.  In  pratica,  più  giranti  vengono  disposte  coassialmente  nel  corpo    3.2.a  Ventilatori  centrifughi            In  questi  ventilatori  il  percorso  dell'aria  segue  una  direzione  assiale  all'entrata  e  parallela  a  un  piano  radiale  all'uscita.  L'entrata  e  l'uscita  sono  ad  angolo  retto.    La  girante  può  essere  del  tipo  pale  AVANTI  (Fig.  7a),  RADIALI  (Fig.  7b)  o  ROVESCE  (Fig.  7c).      Fig.  7.  Ventilatori  centrifughi      3.2.b  Ventilatori  assiali            L'ingresso  aria  nel  ventilatore  e  la  sua  uscita  seguono  un  percorso  in  base  alle  superfici  cilindriche  coassiali.  I  ventilatori  descritti  in  1.1,  1.2  e  1.3  possono  essere  anche  assiali.      3.2.c  Ventilatori  tangenziali            Il  percorso  dell'aria  nella  girante  di  questi  ventilatori  è  normale  rispetto  all'asse  sia  all'entrata  che  all'uscita,  e  attraversa  il  corpo  dello  stesso.