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n. 14 - Luglio-Agosto 2011 M A G A Z I N E CN/CONV/0969/2010 Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 5 al n.7/8 Luglio-Agosto 2011 di Regioni&Ambiente

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n. 14 - Luglio-Agosto 2011 CN/CONV/0969/2010 Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 5 al n.7/8 Luglio-Agosto 2011 di Regioni&Ambiente

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EDITORIALE

SOMMARIOAcquisti VerdiPOLIECO VARA IL MARCHIO “KM 0”Obiettivo: favorire il mercato dei prodotti riciclati con una particolare attenzione alle economie di prossimità

di Agnese Mengarelli .......................................................................................................................................................................p. 3

Normativa sui RifiutiEND OF WASTE, MPS, SOTTOPRODOTTI: ELIMINARE LE AMBIGUITÀPer combattere gli illeciti è necessario rispettare le norme e farle rispettare

di Agnese Mengarelli .......................................................................................................................................................................p. 5

Rifiuti e SottoprodottiUNA BUSSOLA PER LA GIUSTA DIREZIONEIl Dott. Maurizio Santoloci, Magistrato di Cassazione fa il punto sulle definizioni di “rifiuto”, “non rifiuto” e “sottoprodotto”

di Alberto Piastrellini ....................................................................................................................................................................p. 6

Spenti da poco i riflettori sull’ultimo Corso di Formazione organizzato dal PolieCo nei giorni 27 e 28 maggio a Polignano (BA), dove un prestigioso panel di Relatori (fra i quali si segna-lano: Maurizio Santoloci - Magistrato di Cassazione; Roberto Rossi - Con-sigliere CSM e il Colonnello Nicola Altiero, Comandante GdF Provincia di Taranto, che ha portato il saluto della GdF pugliese nella persona del suo Comandante regionale Generale di Divisione, Franco Patroni) e la presenza dell’On. Francesco Paolo Sisto, hanno contribuito all’ottima riu-scita dell’evento e concorso, altresì, alla veicolazione di informazioni di capitale importanza per le imprese del riciclo e gli stakeholders istituzionali, l’estate del PolieCo si preannuncia densa di appuntamenti e di ulteriori opportuni-tà di crescita culturale finalizzata alla concretizzazione di azioni precise da offrire alla politica per traghettare il comparto - e l’economia del Paese tutta - verso gli ambiziosi obiettivi del 2020.Seppur in sordina, infatti, è già iniziato da tempo il faticoso cammino per la realizzazione del III Forum Interna-zionale sull’Economia dei Rifiuti

mento al lavoro svolto dal PolieCo nel merito della diffusione della legalità e della fattiva collaborazione con le Forze di Polizia giudiziaria, è arrivato a mezzo stampa nell’edizione 2011 del noto “Ecomafia 2011. Le storie e i numeri della criminalità ambienta-le”, a cura dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente, (Ndr: edito da Edizioni Ambiente), laddove, si può leggere a nostro vanto: “nella denun-cia dei fenomeni d’illegalità cresce, fortunatamente, il ruolo delle imprese sane e di chi le rappresenta… Com’è da segnalare l’attività svolta dal Consorzio PolieCo, in collaborazione con le Forze dell’Ordine e l’Agenzia delle Dogane, per quanto riguarda i traffici interna-zionali di polietilene post raccolta”.Sono piccole, grandi soddisfazioni, queste, che ci dimostrano la bontà del cammino intrapreso e ci spingo-no a proseguire in questa direzione, consci che, “chi bene semina, bene raccoglie”.

(Ischia 23 e 24 settembre p.v.), che, al momento vede già oltre 30 ospiti di caratura internazionale allertati e con-tattati onde offrire ai presenti il loro prezioso contributo professionale.È un lavoro ampio e irto di triboli, che però, a giudicare dai risultati delle passate edizioni, ci incoraggia ad in-vestire forze e risorse che, crediamo, torneranno molto utili al settore del riciclo delle materie plastiche, tanto in termini di immagine pubblica (spesso offuscata dal comportamento illecito di pochi che gettano il discredito su tutto il comparto), quanto in termini di prospettive politiche ed allargamen-to del mercato alle opportunità della globalizzazione.Intanto, un altro importante riconosci-

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n. 14 - Luglio-Agosto 2011Acquisti Verdi

POLIECO VARA IL MARCHIO “KM 0”

La sostenibilità deve passare per la filiera corta!L’evoluzione delle politiche economiche, che pongono il riciclo al centro del processo produttivo, qualificano la V Rivoluzione Industriale.A latere del Corso di Formazione PolieCo “La nuova Nor-mativa in materia di Rifiuti”, che si è svolto a Polignano a Mare lo scorso 27-28 maggio, abbiamo avuto modo di approfondire l’argomento con l’Ing. Andrea Pugliese, che ci ha illustrato un progetto volto alla certificazione di pro-dotti riciclati, con l’attenzione particolare alla prossimità di produzione.La spesa per le forniture pubbliche rappresenta il 16% del Prodotto Interno Lordo (PIL) di tutti i Paesi UE (corrispon-dente a circa 1.500 miliardi di Euro) e riguarda un ampio ventaglio di beni, che vanno dalla carta ai computer, ai mobili e alle apparecchiature elettriche.L’Unione europea in numerosi documenti, tra i quali il “Libro Verde” sulla Politica Integrata di Prodotto e il VI Programma d’Azione, ha evidenziato l’importanza ed il ruolo di un politicadegli acquisti consapevoli da parte della Pubblica Ammi-

nistrazione attenta a valorizzare i prodotti e i servizi aventi minori impatti ambientali. Tale politica ricade sotto la deno-minazione di Green Public Procurement o GPP.Il GPP è definito dalla Commissione Europea come “l’ap-proccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambien-tali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”.Si tratta di uno strumento di politica ambientale volontario che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica.

Gli Acquisti Verdi possono avere un ruolo chiave nel pro-muovere il mercato di prodotti più validi da un punto di vista ambientale e rappresentano, da un lato, un forte incentivo alle imprese, stimolate a produrre beni a minor impatto am-bientale, dall’altro, un pungolo a rafforzare ricerca e sviluppo nel campo delle tecnologie ambientali. In Italia, benché da vari anni si parli di Acquisti Verdi, l’attua-zione della specifica Direttiva Europea, è risultata piuttosto difficoltosa e si è trascinata nel tempo con conseguenze notevoli, tanto sul mercato dei prodotti riciclati (soprattutto in anni di crisi e di crollo del prezzo della materia prima vergine), quanto nell’ambiente in generale.L’Italia, recependo le indicazioni della Commissione Europea (comunicazione n. 302/2003 sulla “Politica Integrata dei Prodotti”) in tema di integrazione delle esigenze ambientali negli appalti pubblici, si è impegnata, al pari degli altri Stati membri, ad elaborare un Piano d’Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della Pubblica Amministrazione. Il predetto Piano predisposto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con i Ministri dell’Eco-

nomia e delle Finanze e dello Sviluppo Economico è stato approvato con Decreto dell’11 aprile 2008 e viene realizzato con un apposito Comitato di Gestione di cui fanno parte, tra gli alti, rappresentanti dei citati Ministeri e la Consip. Il documento riassume la strategia adottata dalla Pubblica Amministrazione ai fini della diffusione del GPP nella sfera nazionale, le categorie merceologiche oggetto di studio, gli obiettivi ambientali quali-quantitativi, gli aspetti metodologici generali, anche in coerenza con l’articolo 68 del D. Lgs 12 aprile 2006, n. 163, che sottolinea la necessità - nell’indivi-duazione delle specifiche tecniche degli appalti pubblici - di tenere in considerazione gli aspetti di tutela ambientale.Cosa non da poco, perché fra i beni oggetto della trtattazione figurano anche quelli prodotti in polietilene riciclato.“Le linee guida chiuse in commissione ma non ancora

Obiettivo: favorire il mercato dei prodotti riciclati con una particolare attenzione alle economie di prossimitàdi Agnese Mengarelli

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pubblicate, sono ancora più interessanti - ha spiegato l’Ing. Pugliese - Oltre agli imballaggi c’è una premialità sui beni in plastica rigenerata. Per l’acquisizione di servizi, inoltre, si prevede l’obbligo della scelta della procedura di gara ad offerta più economicamente vantaggiosa, con una premialità notevole agli indicatori di prestazione ambientale di progetto.A questo punto si auspica che le PP. AA. intenzionate ad adottare, ad esempio, cassonetti in plastica riciclata, possano derogare dai vincoli imposti dal Patto di stabilità”.Il PolieCo su impulso del Presidente e del Direttore del Consorzio, ha da subito studiato le opportunità e i vinco-li proposti dal GPP promuovendo la registrazione di un marchio ambientale volontario denominato “Km0”, per aumentare le capacità di ingresso sul mercato dei propri Soci.Si tratta di un marchio ambientale volontario di primo tipo che consente in maniera immediata agli associati, qualora volessero utilizzarlo, di avere un regolamento e uno standard prestazionale.Le politiche del PolieCo sulla promozione di un proprio mar-chio ambientale volontario hanno subìto una accelerazione a seguito della pubblicazione nel Supplemento Ordinario n. 74 alla GU n.64 del 19 marzo 2011 del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 21 del 22 febbraio 2011 con cui vengono adottati i criteri am-bientali minimi da utilizzare nei i bandi di gara per l’acquisti di beni e servizi da parte della Pubblica Amministrazione, che riguardano quattro categorie merceologiche relative ai seguenti prodotti: arredi per ufficio, prodotti tessili, appa-recchiature informatiche (stampanti, personal computer, notebook, fotocopiatrici e apparati multifunzione) e apparati per l’illuminazione pubblica.(Ndr. Per maggiori informazioni, si veda l’art. “GPP: tessi-li, arredi, illuminazione e apparecchiature informatiche”, pubblicato alle pagg. 33-36 del numero 5/6, Maggio-giugno di Regioni&Ambiente).Questo Decreto segue quello emanato il 12 ottobre 2009 che adottava i criteri per ammendanti e carta in risme.Sono di prossima emanazione le Linee Guida relative ai servizi di pulizia, trasporti, servizi di gestione rifiuti, arredo urbano e costruzione manutenzione strade, che costituisco-no una significativa percentuale di associati Polieco nella categoria dei Produttori di beni.Nelle Linee Guida già emanate si fa riferimento a “Requisiti dell’imballaggio” che devono rispondere a quelli di cui all’al-legato F, della parte IV “Rifiuti” del D. Lgs 152/2006 e s.m.i., ed essere costituito, se in carta o cartone del 90% in peso da materiale riciclato, se in plastica, per almeno il 60%.Si presume conforme l’imballaggio che riporta tale indicazione minima di contenuto di riciclato, fornita in conformità alla nor-ma UNI EN ISO 14021 “Asserzioni ambientali autodichiarate” (ad esempio il simbolo del ciclo di Mobius) o alla norma UNI EN ISO 14024 “Etichettatura ambientale di tipo I”.

In Italia esiste da troppo tempo un pernicioso scollamento tra il mondo dei produttori e il committente rappresentato dalle PP. AA.; l’ambiente e l’economia di impresa non ci consentono più ulteriori rinvii di qualsiasi azione mirata alla risoluzione di tale problematica. La credibilità di un marchio è frutto della serietà di chi lo propone e PolieCo è stato uno dei primi Consorzi ad interessarsi al GPP. In più, puntare sul riconoscimento di un marchio, potrà contribuire alla visibilità delle imprese virtuose nell’ottica di una premialità selettiva in termini di legalità ed etica d’impresa.Inoltre il Consorzio si è posto l’obiettivo di sviluppare partnership con il mondo della ricerca, ad esempio con l’Università di Tor Vergata per la certificazione di progetto e l’inserimento di PolieCo nel comitato di valutazione inter-medio previsto dal GPP.La mission del Consorzio è quella di aprire il mercato del ri-generato e se si inizia una riflessione su percorsi per favorire l’utilizzo di plastica rigenerata, si otterrà anche un consenso territoriale, in quanto la filiera sarebbe veramente corta e la plastica non uscirebbe più dal perimetro italiano.La premialità nei bandi di gara prevista per beni ed im-ballaggi che promuovono politiche di diminuzione della produzione di rifiuti, ha spinto il Consorzio ad accelera-re la registrazione di un regolamento per la adozione del marchio “Km0” che da un lato garantirà una percentuale di PE riciclato nella produzione dei beni, dall’altro garantirà la provenienza italiana del PE riciclato al fine di favorire il sistema dei riciclatori: scelta strategica questa non prevista da altri marchi ambientali volontari oggi già registrati.Il Polieco ha nel contempo chiesto al Ministero dell’Ambiente l’inserimento nel Tavolo di Lavoro permanente che dovrà emanare i criteri ambientali minimi per ciascun settore.

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n. 14 - Luglio-Agosto 2011Normativa sui Rifiuti

di Agnese Mengarelli

END OF WASTE, MPS, SOTTOPRODOTTI: ELIMINARE LE AMBIGUITÀ

L’Unione Europea, che ha carat-terizzato le sue politiche ponendo particolare attenzione alle que-stioni legate ai rifiuti, ha emanato negli ultimi anni varie Direttive, che hanno costruito le basi della strategia comunitaria: Riduzione dei rifiuti, Recupero, inteso come riciclo e recupero di materia, e Smaltimento finale di quei rifiu-ti per i quali non è più possibile alcun recupero. Ciononostante la corretta gestione

dei rifiuti ha conosciuto diverse difficoltà interpretative ed operative, dovute anche alle continue modifiche normative, l’ultima delle quali avvenuta lo scorso dicembre con il D.Lgs n. 205/2010.Da questo quadro di incertezza, che interviene nella disciplina sulla gestione dei rifiuti, emergono una situazione di oggettiva difficoltà degli imprenditori e degli operatori del settore, e al-trettanti vantaggi per tutti coloro che, a tutti i livelli, vogliono delinquere nel campo ambientale e dei rifiuti.Per saperne di più abbiamo intervistato Roberto Rossi, Consi-gliere del Consiglio Superiore della Magistratura, che da tempo è impegnato nel contrasto al traffico di rifiuti.

Dott. Rossi, a suo avviso, la cessazione dello status di “ri-fiuto” è, attualmente, chiaramente normata e definita?Purtroppo le ultime modifiche hanno creato delle ambiguità. Per interpretare la norma è fondamentale avere chiari quali sono i punti di riferimento comunitari della disciplina, perché tutta la disciplina sui rifiuti ha una matrice europea.Per un rifiuto, prima che non sia più tale, si deve chiarire da dove proviene e dove va, quindi deve essere rintracciabile in maniera concreta, ma soprattutto deve essere chiaro che il momento nel quale cessa di essere rifiuto è il momento in cui sono cessate tutte le trasformazioni, in cui effettivamente può diventare nuova materia prima.

Vi sono, a suo avviso, margini di ambiguità entro i quali un operatore potrebbe cadere nella fattispecie di reato doloso o del meno grave colposo?In realtà se si applica la disciplina, non esistono reati. Dobbiamo essere chiari: l’imprenditore deve seguire le regole, se le segue in maniera chiara e precisa, non corre nessun rischio penale.Le zone grige della normativa vengono create da chi vuole crearle; la normativa così come è stata interpretata fino ad oggi dalla Corte di Cassazione ha dei punti di riferimento chiari. Su quasi tutta la materia è intervenuta la Cassazione, specificando quali sono i criteri giuridici da applicare. L’ambiguità nasce quando non si vogliono applicare le regole.

L’introduzione del concetto di “sottoprodotto” potrebbe vanificare la volontà del Ministero di introdurre il Siste-ma di tracciabilità dei rifiuti, Sistri?Io credo di no.Il SISTRI non è la soluzione a tutti i problemi, è solo un sistema

Per combattere gli illeciti è necessario rispettare le norme e farle rispettare

elettronico che riproduce quanto si faceva fino ad ora. Il forma-to elettronico, non muta il quadro del principio fondamentale della rintracciabilità dei rifiuti. L’introduzione del SISTRI ha solamente reso più rigoroso il sistema di controllo, ma non elimina nulla rispetto ai principi generali sul “sottoprodotto”.

Il SISTRI presenta ancora numerosi problemi per rag-giungere una reale operatività. Lei cosa ne pensa?Secondo me si sposta troppo l’attenzione sullo strumento tecnico piuttosto che sui principi da applicare. Il SISTRI ri-mane uno strumento tecnico, che ovviamente ha i limiti dello strumento tecnico, ma quello che diventa rilevante è che il rifiuto sia rintracciabile.

Nell’ambito del riciclo qual è la tipologia di reato che si verifica maggiormente? Quello che maggiormente accade è la creazione di un’appa-renza di legalità rispetto a una situazione illegale. L’apparenza di legalità si mantiene con una copertura cartacea ad un traffico illecito. Per esempio, il rifiuto entra in un centro di riciclo, non si compie nessuna operazione e si dice che quel materiale è stato riciclato o ritrasformato; quindi la trasforma-zione è solo cartacea e non obiettiva. Inoltre ci sono i traffici illeciti con l’estero. Si mandano fuori prodotti di pessima qualità, dicendo che non sono più rifiuti, ma in realtà lo sono con gravissime conseguenze per la salute. Inoltre, non c’è solo il problema delle spedizioni transfrontalie-re. L’esempio classico che si fa sempre: se si esporta plastica sporca in Cina, quella ci rientrerà sempre sporca come ma-teria prima. Potete immaginare che effetti possono avere, per esempio, i rifiuti agricoli con la presenza di anticryptogamici sui ciucciotti che poi succhiano i nostri bambini.

In una situazione che vede continui aggiornamenti e modi-fiche della legislazione nazionale e comunitaria in materia ambientale come si deve muovere l’operatore onesto per evitare di incappare nelle maglie della legge?Sì, è vero che ci sono molte modifiche normative, ma i prin-cipi generali sulla nozione di rifiuto ormai sono chiari da 20 anni. Il problema è che si ritiene che, modificando gli aspetti marginali, si modifichino anche i concetti fondamentali. Se l’imprenditore applica la disciplina così come è stata interpre-tata dalla Corte di Cassazione fino ad ora, rischi non ne corre.

Secondo Lei, la normativa andrebbe migliorata?Io credo che ci siano state già troppe modifiche normative, meglio interrompere questo ciclo di cambiamenti continui. L’importante è che le legislazioni ad un certo punto “si ripo-sino”: le leggi buone sono quelle che durano nel tempo.È necessario porre l’attenzione sulla tematica dei rifiuti, perché oggi buona parte della criminalità organizzata vive sull’attività illecita legata ai rifiuti, quindi l’attenzione politica e sociale su questo tema è importante proprio per lo sviluppo della società italiana. Bisogna combattere con forza il profitto illecito che si crea sulla gestione dei rifiuti con leggi che già esistono e che devono solo essere applicate.

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Rifiuti e Sottoprodotti

di Alberto Piastrellini

Quand’è che un materiale diventa un “rifiuto” e quando, tale status giuridico cessa di sussistere?La domanda, solo apparentemente pe-regrina, è una delle tante che agitano il contesto produttivo del Paese, sempre più compenetrato dalle esigenze del rispetto delle norme ambientali.Tuttavia, proprio quelle norme che si dovrebbero rispettare, per la loro natura complessa e per la continua evoluzione che caratterizza il diritto ambientale, ri-schiano di essere fraintese, prestando il

fianco a letture ambigue e molto pericolose quando in gioco ci sono fattori come: la credibilità e l’onestà dell’azienda; la tutela del territorio, la salute dei cittadini.L’introduzione, poi, del Sistema Telematico di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), rende tanto più urgente, quanto necessaria, una chiarezza dialettica fra operatori e Organi di controllo sulla materia delle definizioni.Pertanto, per fornire ai Lettori del PolieCo Magazine un pre-ciso strumento di orientamento hic et nunc, sull’oggetto della nostra discussione, abbiamo contattato il Dott. Maurizio Santoloci, Magistrato di Cassazione, Direttore della testata giornalistica on-line, “Diritto all’Ambiente”, nonché noto formatore delle Forze dell’Ordine in materia ambientale e prestigioso protagonista di svariati Corsi di Formazione proposti dal PolieCo, che ha risposto gentilmente alle nostre domande.

Dott. Santoloci, quando, secondo le norme attualmente vigenti, un rifiuto cessa di essere tale?La normativa sui rifiuti ha subìto in tempi recenti profonde evoluzioni; la classificazione tra rifiuto e non rifiuto è con-tinuamente oggetto di grandi rivoluzioni.Il primo concetto che giova ribadire è che prodotto e rifiuto sono due cose nettamente distinte, perché il prodotto è una conseguenza voluta del ciclo produttivo, e dunque, la normativa di rifermento non è di precauzione, mentre il ri-fiuto è una conseguenza non voluta del ciclo produttivo e, in questo caso, la normativa è di precauzione. Pertanto, confondere il rifiuto con il prodotto costituisce un evento non soltanto formale, ma profondamente sostanziale. Per stabilire, quindi, quali sono i parametri in materia di rifiuto e non rifiuto dobbiamo attestarci, oggi, rispetto alle regole generali in questo sistema e tenere presente la nuova definizione di rifiuto derivante dalla modifica apportata dal D. Lgs. N. 205 del 2010 alla parte IV del Testo Unico Ambientale, che definisce il rifiuto come qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o ha l’obbligo di disfarsi.Questa modifica ha cancellato il riferimento all’Allegato A dello stesso Decreto. A questo punto vi sono grandi novità: la principale è relativa al fatto che appare, oggi, profondamente errato e fuorviante

pensare che esista un “elenco dei rifiuti” e, in particolare, che l’Allegato A, fino ad oggi utilizzato, possa essere stato anche in passato un utile strumento di riferimento in questo senso. Il passaggio fondamentale era e resta il concetto del disfarsi. Questo vale tanto per le Aziende pubbliche quanto per quelle private. Storicamente, a livello europeo la norma-tiva stabilisce che il momento del disfarsi come attività in corso, come decisione futuribile o come obbligo giuridico, rappresenta il momento puntuale in cui una materia cessa di essere tale e diventa rifiuto.Questo concetto del disfarsi è stato fino ad oggi sottova-lutato di più, perché molti non ritengono questo concetto primario e continuano a basarsi sugli “elenchi” in maniera forzatamente manualistica, in particolare, molti pensano che se una materia o una sostanza ha un codice CER, automa-ticamente è un rifiuto, viceversa, se non ha un codice CER, non è un rifiuto. Questo è profondamente errato, perché, come ribadito dalla Corte di Cassazione, cito, tre le tante, una Sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sezione III n. 35235 del 12 settembre 2008: “l’inclusione di un residuo nel catalogo dei rifiuti non è determinante per qualificarlo tale, dovendo, a tal fine, concorrere anche la volontà del detentore o del produttore ci disfarsene”. Quindi l’elemento soggettivo è dominante per la cessazione della qualifica di rifiuto.

Come si inserisce in questo quadro la definizione di sottoprodotto?Dobbiamo tenere presente che tutta la recente evoluzione in materia di normativa dei rifiuti, ha creato delle grandi novità in materia di “non rifiuto” nel senso che dobbiamo sempre partire dal “rifiuto” come concetto base e una volta stabili-to questo secondo il meccanismo di definizione succitato, alcune sostanze e materiali che, apparentemente, sembrano rifiuti, possono essere giuridicamente classificate come “non rifiuto”, ovvero: sottoprodotti o “rifiuti cessati”.Questa definizione alternativa deriva da impostazioni di regole che la norma detta.Sino al momento antecedente alla modifica intrapresa dal D. Lgs. N. 205/2010, le alternative al rifiuto erano il sottoprodot-to e la materia prima secondaria (dopo il recupero). Dopo la modifica di cui sopra c’è stata una grandissima innovazione in quanto la categoria dei “non rifiuti” annovera ancora il sottoprodotto, ma, di fatto sono scomparse le materie prime secondarie dopo il recupero e vengono sostanzialmente so-stituite dal “rifiuto cessato”. Vorrei precisare che questa non è una vera e propria definizione giuridica, bensì una nostra definizione editoriale in quanto l’art. 183 ter del TU titola di “cessazione della qualifica di rifiuto”; a questo punto, allora, possiamo verosimilmente chiamarlo “rifiuto cessato”.Va precisato che il sottoprodotto è una materia che, pur essendo potenzialmente identica al rifiuto, non è mai stata rifiuto, cioè nasce potenzialmente come “non rifiuto” se ri-spetta alcune caratteristiche e regole che la normativa detta e che sono ricomprese nella parte IV del TU.I punti salienti ed irrinunciabili affinché un rifiuto possa

UNA BUSSOLA PER LA GIUSTA DIREZIONEIl Dott. Maurizio Santoloci, Magistrato di Cassazione fa il punto sulle definizioni di “rifiuto”, “non rifiuto” e “sottoprodotto”

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essere considerato un sottoprodotto sin dal primo momento sono che: • si tratti di una sostanza che tal quale prosegua il suo ci-

clo produttivo e che il suo utilizzo continui senza alcuna importante modifica strutturale e gestionale; questa è la filosofia di fondo del sottoprodotto, oltre agli altri dettagli che la normativa detta, però il “tal quale, pronto all’uso” è l’elemento fondamentale per qualificare il sottoprodotto;

• ci sia l’assoluta certezza che la sostanza e l’oggetto sa-rà utilizzato nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione da parte del produttore o di terzi; questo significa che se un’Azienda ha un accumulo presso di sé di un quantitativo di poten-ziali sottoprodotti, ma non ha, al momento del controllo, una dimostrazione tecnica e documentale verso l’organo di controllo per dimostrare che c’è certezza assoluta della continuazione di utilizzo, in questo caso quel materiale rimarrà sempre e comunque un rifiuto e non può essere classificato sottoprodotto.

Invece, per quanto riguarda quello che abbiamo definito “ri-fiuto cessato”, sostanzialmente la dinamica giuridica è uguale a quella delle ex MPS dopo il recupero; infatti, in questo caso, abbiamo un percorso in base al quale la materia prima “muore”, diventando rifiuto e, anziché andare a smaltimento, va a recupero. Una volta che esce da un centro di recupero e quindi avrà rispettato tutte le caratteristiche giuridiche e

tecnologiche previste in modo specifico, si chiamerà prodotto recuperato e uscirà fuori dalla normativa sui rifiuti, in base all’art. n. 184 ter del TU recentemente modificato.

Per chiarirci, è in questa filosofia che si inserisce il nuovo Regolamento che l’Ue ha recentemente pubbli-cato in merito alla cessazione della qualifica di rifiuto per certune categorie di rottami ferrosi?Sì, anche se il dibattito sulla qualificazione di rifiuto per i rottami ferrosi si trascina da lungo tempo. Il provvedimento in questione dovrebbe apportare chiarez-za sull’esatto momento in cui i materiali suddetti cessano di essere rifiuti. Certamente questo tipo di provvedimen-to europeo può essere utile perché apre ad una serie di chiarificazioni in altri ambiti, dove potrebbero sussistere ambiguità di fondo.Nel nostro ordinamento giuridico, a parte il caso dei rottami ferrosi il cui nuovo Regolamento UE sarà applicato a partire tra qualche mese, paradossalmente è la Cassazione a stabilire una regola di volta in volta per gli altri materiali.

C’è in questo senso una novella per quanto riguarda i rifiuti di natura polimerica?In questo momento non abbiamo in orizzonte qualcosa di specifico sull’argomento, credo che dovremo tornare su questo punto allorquando interverranno modifiche importanti nella normativa di riferimento.