PNEUMOLOGIA SANITÀ AL CARDIOLOGIA - MultiMedica · MAMMA & BAMBINO Gravidanza e farmaci INSERTO...

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PNEUMOLOGIA Malattie Rare dei polmoni CARDIOLOGIA La Sindrome della Morte Improvvisa MAMMA & BAMBINO Gravidanza e farmaci INSERTO SALUTE E LAVORO Lavoro in luoghi confinati SANITÀ FUTURO Numero 26 - Inverno 2014 Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica AL MORBO DI DUPUYTREN Guarire senza chirurgia

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PNEUMOLOGIAMalattie Rare dei polmoni

CARDIOLOGIA La Sindrome della Morte Improvvisa

MAMMA & BAMBINOGravidanza e farmaci

INSERTO SALUTE E LAVOROLavoro in luoghi confinati

SANITÀ FUTURO

Numero 26 - Inverno 2014

Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica

AL

MORBO DIDUPUYTRENGuarire senzachirurgia

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PNEUMOLOGIAMalattie Rare dei polmoni

CARDIOLOGIA La Sindrome della Morte Improvvisa

MAMMA & BAMBINOGravidanza e farmaci

INSERTO SALUTE E LAVOROLavoro in luoghi confinati

SANITÀ FUTURO

Numero 26 - Inverno 2014

Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica

AL

MORBO DIDUPUYTRENGuarire senzachirurgia

senologiaBELLE PIÙ DI PRIMA.LA RICOSTRUZIONE MAMMARIA DOPO ASPORTAZIONE DI TUMORE

Sanità al FuturoPeriodico di informazione del Gruppo MultiMedica

Reg. Tribunale di Milano n. 336 del 19 maggio 2003Direttore responsabile: ALESSANDRA CHIARELLO, Responsabile Comunicazione e Formazione, Gruppo MultiMedicaIn Redazione: SIMONA PAGANINI, PIERLUIGI VILLA, Gruppo MultiMedicaEditore: Fondazione MultiMedica ONLUSe-mail della redazione: [email protected]

Progetto grafico e impaginazione: Stampa: Pubblicità a cura di:

indice

RUBRICHEARTICOLI

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Superano quota 1200i bambini nati all’Os-pedale San Giusep-pe nel 2014. Un dato in crescita rispetto agli anni preceden-

ti e in controtendenza rispetto alla media nazionale che, secondo gli ultimi dati Istat, segna una conti-nua diminuzione del numero dei nati, per la prima volta anche da coppie straniere ( -2,2%). Milleduecento bambini che posso-no ritenersi fortunati per il solo fatto di essere nati in Lombardia. Cam-panilismo? Nient’affatto, è quan- to rivela un recente dossier del Co-mitato per la Bioetica della Socie-tà Italiana di Pediatria, secondo il quale i bambini italiani non sareb-bero tutti uguali. Il luogo della peni-sola in cui nascono, infatti, sembre-rebbe fare la differenza tra la vita e la morte, la disabilità e la salute. Qualche dato. Partiamo dal tas-so di mortalità infantile, motivo di vanto per l’Italia che ha uno dei li-velli più bassi al mondo. Merito del

nostro servizio sanitario, dell’at-tenzione all’intero percorso nasci-ta, oltre che dei fattori socio-eco-nomici. Ebbene, pur mantenendo l’intero Paese livelli di eccellenza, a Napoli (e al Sud in generale) il ri-schio di mortalità neonatale è del 30% superiore rispetto a Milano e ad altre città del Nord. Altro esempio: un bambino nato in Toscana è sottoposto allo scre-ening neonatale metabolico allar-gato, che consente di diagnostica-re, e quindi trattare precocemente, più di 40 patologie rare, mentre un bambino che nasce in Campania viene monitorato solo per i tre test obbligatori per legge (ipotiroidismo congenito, fibrosi cistica e fenil-chetonuria). Passiamo ai vaccini: in Puglia, in Basilicata, in Veneto e in Toscana dal 2014 i bambini ven-gono vaccinati gratuitamente con-tro il Meningococco B, una tra le principali cause di meningite da meningococco con esiti mortali e danni permanenti (ipoacusie, am-putazioni, ecc). Nelle altre Regioni

i bambini non ricevono l’immuniz-zazione gratuita, anche se alcune ASL, in base alle risorse economi-che disponibili, hanno deciso di of-frirla nel proprio ambito territoriale ai nuovi nati o ai soggetti a rischio.E che dire poi delle cure palliati-ve? In Italia, circa 15 mila mino-ri necessitano di cure palliative e sono solo cinque le regioni in cui è stata attivata la Rete Pediatrica di Cure Palliative prevista dalle legge 38/2010.Insomma, la tutela della salute dei bambini italiani è oggi un puzzle variopinto di situazioni differenti, a volte persino all'interno della stes-sa Regione.Ma quali sono le origini, le cause di questo divario? E quali le pos-sibili soluzioni? Ad altri, più esper-ti e competenti di me, l’onere del-la risposta. Io ritorno col pensiero ai bambini nati in San Giuseppe e, guardando con fiducia all’anno che sta per iniziare, auguro loro, e a tutti voi affezionati lettori, spen-sieratezza, gioia e salute.

editoriale

NATI CON LA CAMICIA

mamma e bambinoFARMACIE GRAVIDANZA

in-dolorePATOLOGIA EMORROIDARIA.PREVENIRE PER NON SOFFRIRE

buono & sanoCARNE ROSSA:FA MALE DAVVERO?

parlami di teDALLO SPORTLA SPINTA PER GUARIRE

la posta del cuore

MultiMedica FLASH

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chirurgia della manoIN UN’INIEZIONE LA NUOVAFRONTIERA PER IL TRATTAMENTO DEL MORBO DI DUPUYTREN

cardiologiaMORTE IMPROVVISA,RIMEDI URGENTI

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pneumologiaMALATTIE RARE DEI POLMONI:LE INTERSTIZIOPATIEPOLMONARI

editorialeNATI CONLA CAMICIA 1

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Alessandra Chiarello

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MALATTIE RARE DEI POLMONI: LE INTERSTIZIOPATIE

POLMONARI

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Le interstiziopatie pol-monari, note anche come malattie inter-stiziali polmonari, co-stituiscono un gruppo eterogeneo di malat-

tie polmonari che interessano prin-cipalmente l’interstizio polmona-re, cioè lo spazio che costituisce la parete degli alveoli polmonari de-stinato agli scambi gassosi. L’in-terstizio polmonare contiene tes-suto connettivo, l’impalcatura di sostegno del polmone, organo co-stituito per la maggior parte da aria, e contiene inoltre i vasi pol-monari. Il termine interstiziopatie è in realtà impreciso perché molte volte queste patologie interessano anche le vie aeree più periferiche e lo spazio alveolare che non fanno parte propriamente dell’interstizio.

Nel loro complesso queste malat-tie comprendono più di duecento entità cliniche diverse per eziolo-gia, storia naturale, prognosi e te-rapia ma accomunate da aspet-ti clinici e funzionali, radiologici e anatomopatologici simili. Costi-tuiscono nel loro insieme un ca-pitolo complesso della patologia respiratoria e circa il 15% dell’at-tività pneumologica. Le varie pa-

tologie, prese singolarmente, nella maggior parte dei casi sono rare, in alcuni casi anche molto rare. La fibrosi polmonare idiopatica e la sarcoidosi ne rappresentano le forme più frequenti.La presentazione clinica è spes-so aspecifica con dispnea da sfor-zo e tosse secca come sintomi più frequenti. Molto importante è il so-spetto clinico ed un inquadramento clinico-radiologico-funzionale completo. L'iter diagnostico inizia con un’at-tenta anamnesi volta ad individua-re eventuali esposizioni lavorati-ve, hobby, assunzione di farmaci, o il possibile interessamento di al-tri organi. L’esame obiettivo può evidenziare la presenza di ranto-li crepitanti “a velcro distaccato” all’auscultazione del torace nei pa-zienti con interstiziopatie polmona-ri fibrosanti. Si possono auscultare anche squack di fine inspirazione che indicano la presenza di un in-teressamento bronchiolare. Si può osservare la presenza di unghie a vetrino d’orologio ed ippocratismo digitale. È sempre importante valu-tare se vi sono i segni di patologie sistemiche come sclerodattilia o facies sclerodermica, rash cutanei come in corso di lupus eritemato-

so sistemico e dermatomiosite. Tra gli esami del sangue è spesso im-portante eseguire un controllo de-gli autoanticorpi; in casi seleziona-ti e di fronte ad un sospetto clinico preciso può essere indicato dosa-re le precipitine sieriche per alveo-liti allergiche estrinseche. La radiografia del torace rappre-senta un esame di partenza sem-pre utile anche se è poco sensibi-le, perchè un Rx torace normale non esclude la presenza di una in-terstiziopatia polmonare. Negli ul-timi anni nella fibrosi polmonare si è sottolineata la maggiore sensi-bilità dell’auscultazione del torace (per rilevare i rantoli a “velcro di-staccato”) nella diagnosi preco-ce rispetto al quadro radiologico. La TAC torace ad alta risoluzione (HRCT) è un esame strumentale fondamentale. Vi sono infatti qua-dri HRCT che sono tipici della pa-tologia e permettono di giungere ad una diagnosi definitiva clinico-radiologica (nella fibrosi polmo-nare con quadro TAC tipico, nella sarcoidosi, nell’istiocitosi a cellule di Langerhans, nella linfangioleio-miomatosi, ecc). Le prove di fun-zionalità respiratoria permettono di valutare l’entità del danno pol-monare e svolgono un ruolo fon-

un punto fermo sull’utilizzo di vari farmaci usati senza una chiara evi-denza scientifica di efficacia fino a pochi anni fa. Si è arrivati altresì ad individuare due molecole, il pir-fenidone e il nintadinib, che han-no dimostrato di essere in grado di ridurre la progressione della malat-tia. Progressi sono stati fatti anche in altre malattie rare come la linfan-gioleiomiomatosi (con l’evidenza di efficacia del sirolimus nel ridurre la perdita di funzione polmonare) e la granulomatosi di Wegener (con la terapia con rituximab). Possiamo quindi concludere che le interstiziopatie polmonari sono singolarmente malattie rare ma nel complesso epidemiologicamente rilevanti, eterogenee, di diagnosi e gestione complessa, a prognosi variabile e suscettibili di nuovi ap-procci terapeutici.

damentale nel follow-up di queste malattie. Il primo parametro ad al-terarsi, ancor prima dei volumi pol-monari, può essere la diffusione del CO (DLCO) che indica la ca-pacità del polmone di scambiare i gas. Il test del cammino è un sem-plice test che mette in evidenza la presenza di desaturazione sotto sforzo (nel compiere uno sforzo si-mile allo svolgimento delle comu-ni attività di vita quotidiana) ed è un altro esame utile nel follow-up del paziente. La broncoscopia con lavaggio broncoalveolare (BAL) e biopsia transbronchiale rappresenta un al-tro momento importante nell’iter diagnostico delle interstiziopa-tie. Nella maggior parte dei casi la conta cellulare e lo studio del-le sottopopolazioni linfocitarie sul BAL sono esami di aiuto diagnosti-co nell’opportuno contesto clinico. La resa diagnostica della biopsia transbronchiale dipende dalla di-stribuzione delle lesioni nel polmo-ne in quanto la metodica permette di biopsiare il parenchima polmo-nare peribronchiolare e trova per-tanto indicazione solo in particolari quadri HRCT. In alcuni casi (circa il 20%) si può arrivare addirittura alla biopsia polmonare chirurgica per

una precisa definizione diagnosti-ca della malattia.Si tratta di patologie che per la loro complessità richiedono la compe-tenza di vari specialisti. Estrema-mente importante è quindi un ap-proccio multidisciplinare che esige uno scambio di informazioni tra clinico, radiologo e anatomopato-logo. Indispensabile è anche il rap-porto con altri specialisti, in primis il reumatologo. Una diagnosi pre-cisa è importante per poter impo-stare una terapia corretta e per for-mulare una prognosi. Così come è importante un attento follow-up dei pazienti.Negli ultimi anni vi è stato un gran-de interesse nei confronti delle in-terstiziopatie polmonari, patologie che per la loro rarità sono state un po’ neglette sia dagli pneumologi che dalle industrie farmaceutiche. Questa maggiore attenzione ha portato al completamento di diver-si studi internazionali e multicen-trici, sull’utilizzo di nuovi farmaci in diverse patologie rare, in pri-mis nella fibrosi polmonare idiopa-tica, patologia dalla prognosi gra-vissima. Questo ha dimostrato che anche nelle patologie rare è pos-sibile portare a termine studi ben condotti e ha permesso di porre

Sergio Harari (Direttore),Antonella CaminatiUnità di Pneumologia,Centro regionale di riferimento per le malattie rare polmonari,Ospedale San Giuseppe

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89A pagamento: 02-999.61.999

Per saperne di più:6° International meeting on Pul-munary rare diseases and or-phan drugs, 27-28 febbraio 2015, Palazzo delle Stelline, Milano

pneumologia

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BELLE PIÙ DI PRIMA.LA RICOSTRUZIONE

MAMMARIA DOPOASPORTAZIONE DI TUMORE

Il tumore mammario è diventato, purtroppo, una patologia sempre più frequente. È aumentata l’inci-denza, è diminuita l’età media di insorgenza, è aumentata, grazie agli screening. la diagnosi pre-

coce. Di conseguenza, aumentano di numero le donne che subiscono interventi, più o meno demolitivi, alla mammella a scopo curativo.Ecco dunque che assume ancora più importanza il ruolo del Chirurgo Plastico, cioè di colui che è in grado di “ricostruire” ciò che il chirurgo on-cologo deve portare via per neces-sità.

L’asportazione completa o parzia-le di una mammella non rappresenta solo una menomazione fisica a cari-co di un organo sessuale seconda-rio, ma una vera e propria devasta-zione psicologica per la donna che la subisce, a prescindere dall’età. Per questo il ruolo riparatore assume dei connotati terapeutici ancora più grandi di quanto non sia la sola rico-struzione della mammella.Tecnicamente parlare di ricostruzio-ne mammaria significa parlare di un argomento molto vario e complicato.Oggi, fortunatamente, la maggior

parte delle diagnosi di tumore mam-mario sono precoci, e ciò significa che anche il trattamento terapeuti-co è precoce. Questo si traduce nel fatto che sicuramente la prognosi è migliore e che la demolizione loca-le è meno devastante. Sono di fatto aumentati gli interventi di resezione parziale della mammella (quadran-tectomie, tumorectomie, ecc.) a sca-pito di quelli che prevedono l’aspor-tazione completa dell’organo (mastectomie).Ma anche in queste situazioni il Chi-rurgo Plastico riveste un ruolo cen-trale, poiché la progettazione di re-sezioni parziali di mammella o di interventi di quadrantectomia mam-maria, se non scaturiscono dalla stretta collaborazione tra Chirurgo Senologo e Chirurgo Plastico, pos-sono portare comunque a gravi di-storsioni e deformità della silhouet-te della mammella, provocando gli stessi disagi fisici e psicologici di in-terventi più demolitivi.Viceversa una buona progettualità può portare a risultati sorprenden-ti, talvolta addirittura migliorativi l’aspetto delle mammelle, trasfor-mando così un intervento con fina-lità oncologiche in una procedura

con finalità estetiche, ottenendo un vantaggio e non una devastazione.Esistono però casi in cui, per ne-cessità terapeutiche o a scopo pro-filattico, non si può fare a meno di asportare completamente la mam-mella. Anche in questo caso il Chi-rurgo Plastico è di grande aiuto. La ricostruzione completa di mam-mella è, infatti, una pratica oramai consolidata e garantita dai Centri, come il nostro, ad elevata compe-tenza per il trattamento della pato-logia neoplastica della mammella. Le tecniche sono varie e prevedo-no differenti indicazioni a seconda dei singoli casi.Esistono interventi chirurgici più complessi che prevedono l’impiego di porzioni di tessuti (cute e musco-li) provenienti da distretti anatomi-ci adiacenti la mammella (schiena e addome). Tali opzioni chirurgiche trovano il loro impiego in situazio-ni più complicate quali reinterven-ti, dopo radioterapia o dopo demo-lizioni particolarmente aggressive, casi in cui sia giustificato l’impiego di tessuti sani non appartenenti alla mammella stessa.In assenza di complicazioni la tec-nica più utilizzata, per questioni di

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morbilità, si avvale dell’impiego di protesi mammarie. Questi impianti sono dispositivi tecnologicamente avanzatissimi, composti da silico-ne in gel rivestito da guaine di sili-cone, capaci di imitare in tutto e per tutto la consistenza e la forma del-la mammella stessa. Esattamente le stesse protesi che si impiegano in chirurgia estetica (mastoplasti-ca additiva), assolutamente sicure e durevoli nel tempo, che non al-terano in nessun modo l’interpreta-zioni degli esami diagnostici.Esistono casi in cui è possibile pro-cedere alla ricostruzione immediata (cioè contestuale alla demolizione oncologica) posizionando una pro-tesi mammaria così da evitare alla paziente di uscire dalla sala ope-ratoria senza una mammella: sono casi in cui la mammella di partenza non è eccessivamente voluminosa o particolarmente pendula.Altri in cui non è possibile posizio-nare immediatamente un impianto definitivo, ma diventa necessario l’impiego di una protesi “tempo-ranea” (expander mammario) che, gonfiata ambulatorialmente nelle settimane successive all’interven-to, porta all’allungamento dei tes-suti della regione mammaria (cute e muscoli) così da permettere in un secondo tempo un nuovo interven-to di posizionamento di una protesi mammaria definitiva adeguata per forma e dimensioni.Infine, tra gli ultimi ritrovati chirur-gici, voglio ricordare l’impiego del “grasso” utilizzato al fine di perfe-zionare il risultato della ricostruzio-ne mammaria in termini di forma e di migliorare la qualità dei tessuti grazie alle cellule staminali in esso contenute.Le evidenze cliniche dimostrano che curare il disagio fisico e psi-cologico di una donna che subi-sce una mutilazione (grande o pic-cola che sia) alla mammella facilita il percorso di cura e rende un po’ meno ardua per le nostre pazien-ti la strada verso la guarigione. Per questo il Chirurgo Plastico va a buon diritto annoverato nel team di specialisti fondamentali per il trat-tamento del tumore mammario.

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89A pagamento: 02-999.61.999

Francesco KlingerDirettore Unità di Chirurgia Plastica,Ricostruttiva ed Estetica,Gruppo MultiMedica

senologia

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pex dalla corda finché non è stata completata la procedura di esten-sione del dito, e a tenere sollevata il più possibile la mano interessata fino al giorno successivo alla pro-cedura di estensione. Gli eventi avversi che più frequen-temente si verificano a seguito del-la somministrazione di Xiapex, qua-li edema periferico (localizzato al sito di iniezione), contusione (inclu-sa l’ecchimosi), emorragia al sito di iniezione e dolore locale sono per la maggior parte di gravità da lieve a moderata e in genere scompaio-no entro 1-2 settimane dalla som-ministrazione. Gli indubbi vantaggi del trattamen-to con collagenesi rispetto alle classiche procedure chirurgiche sono il rapido ritorno all’attività la-vorativa, la possibilità di utilizzare e lavare la mano il giorno immedia-tamente successivo alla trazione, l’assenza di ampie cicatrici chirur-giche e la minore durata della fisio-terapia post trattamento. L’esperienza in MultiMedica per questo tipo di trattamento, con ol-tre 300 pazienti all’attivo, è tra le più significative. I risultati sono pro-mettenti e in attesa di ricevere una conferma in un follow-up a lungo termine. Possiamo però afferma-re che l'efficacia e i vantaggi già ad oggi dimostrati dalla collagenasi ri-spetto alle tradizionali tecniche chi-rurgiche la pongono in prima linea tra le opportunità terapeutiche per il Morbo di Dupuytren.

Ma la svolta è arrivata nel 2010, quando la Food and Drug Admini-stration (FDA) ha approvato la col-lagenasi di Clostridium Hystoli-ticum (Xiapex) come trattamento non chirurgico sicuro ed efficace per la contrattura tipica del Morbo di Dupuytren. Nel 2011, l'Agenzia Eu-ropea per i Medicinali (EMA) ha au-torizzato l'uso di Xiapex in Europa. Xiapex è un farmaco composto da due enzimi di collagenasi co-espressi e prodotti dalla fermen-tazione anaerobica di un ceppo fenotipicamente selezionato del batterio Clostridium Histolyticum.

Viene iniettato in una corda di Du-puytren da un medico esperto e adeguatamente addestrato alla corretta somministrazione del pro-dotto. Circa 24 ore dopo l’iniezio-ne viene eseguita la procedura di estensione del dito al fine di provo-care la rottura della corda: tale pro-cedura viene svolta in sala operato-ria in anestesia locale e sedazione. Se non si ottiene una risposta sod-disfacente, è possibile ripetere tre volte sia la somministrazione che la procedura di estensione del dito dopo circa quattro settimane. Dopo l’iniezione i pazienti vengono istrui-ti a non flettere né estendere le dita della mano in cui è stata effettuata , così da ridurre la fuoriuscita di Xia-

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Chirurgia della mano

Il Morbo di Dupuytren colpisce almeno 30 milioni di persone in tutto il mondo rappresentando una sfida per i chirurghi di tut-te le epoche che si sono occu-pati per quasi duecento anni

di trattare questa patologia. Il pro-blema più grande che il chirurgo si trova ad affrontare è la frequen-te recidiva, che, pur differendo nei tempi d'insorgenza, è caratteristica di qualsiasi tipo di trattamento. Per questo motivo negli ultimi tempi si sono sviluppate tecniche sempre meno invasive prive degli svantaggi e delle complicanze legate alle pro-cedure chirurgiche.

Il Morbo di Dupuytren, o Fibroma-tosi Palmare, è una patologia che colpisce le mani caratterizzata dalla flessione progressiva, permanente ed irriducibile di uno o più dita. La malattia prende il nome dal barone Guillaume Dupuytren, un chirurgo francese che per primo, nell' Otto-cento, ne descrisse i sintomi. Col-pisce prevalentemente i maschi in età adulta, la sua incidenza aumen-ta al raggiungimento della quinta decade di età e si manifesta con

maggiore frequenza sul lato ulnare della mano (4° e 5° dito). Non vi è ad oggi una terapia medica risoluti-va per questa patologia né una mo-dalità per prevenirla. Il trattamen-to è quindi sintomatico e ha come scopo la correzione della contrattu-ra in flessione ed il recupero del to-tale range di movimento delle dita interessate. Sono riconosciuti fat-tori di rischio in grado di influenzare il timing e la gravità della recidiva. Il rischio di recidiva è tanto più alto se la malattia si presenta prima dei 50 anni, se si è manifestata nei genito-ri e se vi sono localizzazioni ectopi-che. La bilateralità, il coinvolgimen-to del lato radiale della mano e del 5° dito sono altri fattori prognostici negativi per la patologia e la sua ri-correnza. L'indicazione al trattamento viene posta quando si palesi perdita fun-zionale o rapida progressione della malattia. La perdita funzionale, de-rivante dalla deformità in flessione delle dita, deve essere valutata in relazione all'età del paziente e alla sua attività quotidiana e professio-nale.A questo proposito è utile il Ta-

ble-top test proposto da Hueston: il paziente appoggia il palmo del-la mano con le dita completamente estese sul tavolo. Il test risulta po-sitivo quando il palmo e le dita non possono aderire completamento alla superficie del tavolo. In que-sto caso vi è indicazione al tratta-mento.Il trattamento ideale dovrebbe es-sere di rapida esecuzione, avere poche e minori complicanze, per-mettere un recupero rapido asso-ciato allo sviluppo del minor nu-mero di comorbidità, e tasso di recidiva il più basso possibile a bre-ve e lungo termine. Fino ad oggi la fascectomia chirurgica è stata il gold standard di trattamento: pur presentando buoni risultati a lungo termine ed indicazioni ampie in gra-do di includere una vasta tipologia di pazienti (anche i casi di maggiore gravità), presenta gli svantaggi le-gati alla procedura chirurgica e ai lunghi tempi di recupero post ope-ratorio. Tra le tecniche mini invasi-ve la cordotomia ad ago, indicata soprattutto per quei pazienti per cui l'intervento è sconsigliato, mostra un tasso di recidiva molto elevato.

IN UN’INIEZIONE LANUOVA FRONTIERA PER IL TRATTAMENTO DEL MOR-

BO DI DUPUYTREN

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Giorgio Pajardi (Direttore),Chiara ParoloUnità di Chirurgia della Mano, Gruppo MultiMedica / Università degli Studi di Milano

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torace e, in casi particolari, il catete-rismo cardiaco.

E una volta valutata la presenza di rischio, è possibile intervenire per ridurlo?L’uso di beta-bloccanti ha ridotto il rischio di Morte Improvvisa in alcu-ne categorie di pazienti, in particola-re quelli colpiti da infarto miocardico e quelli con sindrome del QT lungo. Nei pazienti affetti da particolari pa-tologie cardiache vi sono indicazio-ni a impiantare un defibrillatore au-tomatico anche se non hanno mai avuto un arresto cardiaco.La nuova frontiera della tecnologia e della terapia è rappresentata dalla stimolazione dei nervi che controlla-no la funzione cardiaca. In tal senso in MultiMedica è stato condotto uno studio pilota assolutamente innova-tivo (a cui ho potuto collaborare) che ha documentato come la stimola-zione dei barocettori carotidei abbia un importante effetto sulla progres-sione della malattia in pazienti con scompenso cardiaco avanzato resi-stenti alla terapia tradizionale. Si può poi ricorrere alla Telemedici-na, come da tempo avviene presso i nostri ambulatori: forniamo ai pa-zienti portatori di pace-maker o defi-brillatore un apparecchietto in grado di leggere i segnali inviati dal dispo-sitivo impiantato e di trasmetterli alla nostra centrale operativa dove ven-gono letti e interpretati da uno Spe-cialista che interviene in caso di ano-malie o alterazioni del tracciato. In altri casi, in cui un dispositivo di te-rapia non è indicato, il monitoraggio ECG a lungo termine è ottenuto con piccolissimi apparecchi impiantabi-li sotto cute ed in grado di registrare e trasmettere via telefono l’ECG del paziente per tre anni consecutivi.

Cosa vede nel futuro? La scoperta di marcatori di rischio specifico. Personalmente sto stu-diando come il fattore di cresci-ta nervoso possa avere un ruolo chiave nella manifestazione di MCI. Questo determinerebbe la disponi-bilità di un nuovo target terapeutico per le disautonomie alla base pro-prio di MCI.

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MORTE IMPROVVISA,RIMEDI URGENTI

Fra i 50.000 e i 60.000 morti ogni anno, sette volte le vittime degli in-cidenti stradali: la Mor-te Cardiaca Improvvisa è un evento tutt’altro

che raro in Italia. L’alta mortalità è dovuta al fatto che spesso l’arre-sto cardiaco non dà sintomi preco-ci evidenti e risulta pertanto difficile pronosticarlo, soprattutto in assen-za di accertamenti clinici. È quindi importante conoscere i fattori de-terminanti la Morte Improvvisa, così come i relativi profili di rischio. Ne parliamo con il prof. Emilio Vanoli, Responsabile del Servizio Scom-penso Cardiaco dell’Unità di Car-diologia dell’IRCCS MultiMedica.

Prof. Vanoli, cosa provoca la Mor-te Cardiaca Improvvisa (MCI)?Nella maggior parte dei casi (80-90%) all’origine della MCI c’è una cardiopatia ischemica, ovve-ro un diminuito afflusso di sangue per ostruzione delle arterie coro-narie. A seguito dell’ischemia nel muscolo cardiaco si formano dei cortocircuiti elettrici che provoca-no pericolose aritmie: la fibrillazio-ne ventricolare, per la quale i ven-tricoli del cuore vibrano invece di contrarsi, e la tachicardia ventrico-lare, contrazioni troppo frequen-ti dei ventricoli che conducono in breve a un arresto cardiaco. Altre

cause comuni di Morte Cardiaca Improvvisa sono le malattie conge-nite che colpiscono l’aspetto mec-canico e/o elettrico della funzione cardiaca, come la miocardiopatia ipertrofica, la miocardiopatia dila-tativa idiopatica e la displasia arit-mogena del ventricolo destro. Con minore frequenza, può essere pro-vocata da alterazioni dell’attività elettrica del cuore strutturalmente sano, che predispone allo svilup-po di tachiaritmie ventricolari e ar-resto cardiaco. Fra le più diffuse ci sono la Sindrome di Brugada e la Sindrome del QT lungo.

“Improvvisa” perché arriva come un fulmine a ciel sereno, senza segnali premonitori?Sì. Da un momento all’altro il cuo-re va in fibrillazione, smette di battere e, se non c’è un defibril-latore a portata di mano per far-lo ripartire, è molto probabile un esito infausto. Tuttavia, una ricer-ca presentata all’ultimo congres-so dell’American Heart Associa-tion rivela che molti casi di arresto cardiaco improvviso sono antici-pati, nelle ore e addirittura nelle settimane precedenti, da segni e sintomi che potrebbero salvare la vita se li sapessimo riconoscere e ascoltare. Infatti, valutando even-tuali segni e sintomi manifestati nelle settimane precedenti l’arre-

sto, i medici hanno rilevato che il 56% dei pazienti aveva avuto do-lore al petto, il 13% aveva soffer-to di affanno e fiato corto, il 4% aveva avuto palpitazioni, capogi-ri o era svenuto. La maggior parte delle vittime di Morte Cardiaca Im-provvisa aveva una coronaropa-tia, ma solo la metà di essi era sta-ta sottoposta ad accertamenti per questo problema prima dell’arre-sto cardiaco.

Parola d’ordine: screening…Ma non di massa come suggeri-rebbero alcuni. Certamente in pre-senza di familiarità è consigliabile compiere accertamenti cardiologi-ci periodici soprattutto dopo i 40 anni o all’insorgenza di sintomi quali aritmie, svenimenti frequenti, difficoltà respiratorie.Comunque, data la gravità del-l’evento, è bene che tutti sappia-no riconoscere immediatamente i sintomi dell’arresto cardiaco: per-dita di conoscenza seguita da as-senza di respirazione, convulsioni e contratture muscolari, assenza di polso, dilatazione della pupil-la, colorito grigio-azzurro. In que-sti casi è necessario chiamare im-mediatamente il 118 e attivarsi per una rianimazione cardiopolmona-re, possibilmente coadiuvata da defibrillatore semi-automatico, in attesa dei soccorsi.

Si tratta di un evento moltodiffuso? A livello mondiale la MCI rappre-senta più del 60% delle morti im-provvise nella popolazione sotto i 40 anni di età, anche se è difficile fare una stima epidemiologica pre-cisa, perché la MCI, più di altre pa-tologie, è strettamente influenza-ta non solo dalla razza e dall’età dell’individuo, ma anche dallo stile di vita, dai fattori psicosociali, dalla dieta, dalle strategie di prevenzio-ne e dalle reti assistenziali sanita-rie, che sono, inevitabilmente, di-verse da paese a paese. In Italia la MCI rappresenta più del 10% di tutte le morti, con un’inci-denza che va fra i 55.000 e i 60.000 casi l’anno.

Quali sono i principali fattori di ri-schio?Innanzitutto quelli tipici di molte al-tre malattie cardiovascolari: età, fumo di sigaretta, colesterolo, dia-bete mellito, ipertensione arteriosa, ipertrofia ventricolare sinistra, turbe elettrocardiografiche aspecifiche. Recentemente sono stati aggiunti alle classificazioni di rischio anche i livelli di alcuni marker aspecifici di infiammazione, come la Proteina C Reattiva. Inoltre un'anamnesi fami-liare positiva per MCI, associata a sindromi coronariche acute, è pre-dittiva di aumentata probabilità di arresto cardiaco. Così come una bassa frazione di eiezione, ovvero della percentuale di sangue pompa-ta dal cuore ad ogni contrazione (in-dicatore fondamentale della salute di questo organo). La scuola scien-tifica da cui provengo, inoltre, ha da molti anni identificato specifiche al-terazioni funzionali del sistema ner-voso autonomo che sono elemen-to determinante della genesi e della progressione della malattia corona-rica che può poi innescare la mor-te improvvisa aritmica. Insomma, le variabili che entrano in gioco sono davvero tante, e comprendono an-che la frequenza cardiaca. Per que-sto solo il Cardiologo può stabilire se e quanto il paziente sia a rischio.

Come?Con un’accurata valutazione clinico-anamnestica e con esami diagno-stici banalissimi: l’ecocardiogram-ma, l’elettrocardiogramma (ECG), il test da sforzo, la radiografia del

Xxxxxcardiologia

A.C.

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teratogeno, ma anche il rischio che può correre la madre, e di conse-guenza la gravidanza, nel caso vengano sospese terapie neces-sarie per trattare patologie come l’asma, l’epilessia, l’ipertensione, la depressione maggiore e molte altre ancora.In sintesi devono essere ricordate le seguenti indicazioni generali:1. Non si devono assumere farmaci in gravidanza se non assolutamen-te necessari e motivati. Questa rac-comandazione deve includere an-che i prodotti di tipo omeopatico e naturopatico.2. Nel caso sia necessario sommi-nistrare una terapia farmacologica in gravidanza occorre scegliere le molecole di introduzione meno re-cente e per le quali esista una mag-giore esperienza d’uso.3. Non devono essere sospesii trattamenti farmacologici in cor-so all’inizio della gravidanza sen-za aver prima consultato il medi-co specialista di riferimento, tranne che per i farmaci di cui sia compro-vato l’effetto teratogeno.4. La somministrazione di farmaci potenzialmente teratogeni a donne in età riproduttiva deve prevedere sempre una discussione sulle even-tuali misure contraccettive ed indi-cazioni adeguate sul comportamen-to da tenere in caso di gravidanza.5. Quando di decide di program-mare una gravidanza è opportu-no discutere con lo specialista le eventuali terapie farmacologiche in corso così come anche le terapie non farmacologiche e gli integrato-ri alimentari assunti.Il rispetto di queste indicazioni ge-nerali è sufficiente per ridurre al mi-nimo l’esposizione della gestante a farmaci potenzialmente teratoge-ni. Per altro le malformazioni fetali attribuibili all’assunzione di farma-ci in gravidanza sono piuttosto rare ed occasionali, certamente meno frequenti di quelle indotte da so-stanze come alcool, fumo e dro-ghe, il cui consumo è purtroppo in aumento nelle giovani donne in età riproduttiva, scarsamente consa-pevoli dei rischi associati a questi comportamenti.

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In gravidanza non bisogna temere di curarsi. È però fondamentale se-guire le indicazioni dello Specialista

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1. Periodo preimpianto/pre-embrionale La fase preimpianto include il periodo che comprende i

primi 17 giorni dal concepimento. In questa fase lo zi-gote, frutto dell’incontro tra il gamete maschile e quel-lo femminile, va incontro a divisioni cellulari formando

la morula. La morula, dopo circa 5-6 giorni dal concepi-mento, raggiunge l’utero, forma la blastocisti ed inizia l’im-pianto nella mucosa uterina. Nei giorni successivi si origina

la circolazione utero-placentare e la blastocisti penetra nel-lo stroma endometriale.In questo periodo l’esposizione a sostanze dannose ha un ef-fetto “tutto o nulla” in quanto le cellule sono totipotenti. Even-

tuali danni conseguenti ad esposizione a teratogeni possono pro-vocare la morte di una o più cellule. Se il danno interessa tutte le

cellule si verificherà un aborto, altrimenti le cellule danneggiate ver-ranno perse e rimpiazzate da cellule totipotenti senza alcun danno per l’embrione.

2. Periodo embrionaleDopo il 17° giorno dal concepimento inizia la differenziazio-

ne embrionale con lo sviluppo degli organi. Danni con-seguenti ad esposizione a teratogeni che intervengono nel periodo embrionario possono provocare malfor-mazioni degli organi. A seconda dell’epoca di esposi-zione le malformazioni possono interessare organi dif-

ferenti.

3. Periodo fetaleDalla 12ª settimana dal concepimento gli orga-

ni sono completamente formati e il feto inizia a crescere. Danni che intervengono nel perio-do fetale riguardano la crescita degli organi o provocano alterazioni di tipo deformativo e non malformativo o alterazioni della loro funzione. Ad esempio, il sistema nervoso centrale è particolarmente sensibile nel se-condo trimestre di gravidanza.

Fatte queste considerazioni, come ci si deve comportare nel caso sia necessario effettua-re un trattamento medico per una patolo-gia materna antecedente il concepimento o

successiva ad esso? La risposta a questa do-manda è condivisa da tutti gli esperti del settore:

si deve continuare o istituire una terapia medica che abbia il miglior rapporto possibile tra benefici materni e rischi fetali. Purtroppo non è sempre facile tradurre in pratica questo principio generale proprio per le scar-se conoscenze che abbiamo sugli effetti dei farmaci

sull’organogenesi fetale e sui molteplici fattori che la condizionano. Tuttavia sono stati identificati dei farmaci di scelta per le principali patologie ed esi-

stono dei data base istituzionali, costantemente ag-giornati, che forniscono i dati necessari per poter effettuare la scelta terapeutica più corretta. In Italia l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) garantisce que-ste informazioni in modo dettagliato a tutto il personale sani-

tario. Sono presenti anche altri riferimenti sul web facilmente accessibili e generalmente affidabili che sono consultabili diretta-mente dalle pazienti. Dobbiamo comunque sconsigliare la singo-la paziente a prendere decisioni autonome sulle eventuali terapie in corso basandosi solamente sulle informazioni reperibili online.

Infatti è fondamentale comprendere non solo il potenziale rischio

FARMACI E GRAVIDANZA

mamma e bambino

Stefano BianchiDirettore Dipartimento Materno Infantile,Ospedale San Giuseppe / Università degli Studi di Milano

Malgrado i gran-di progressi fat-ti dalla farma-cologia negli ultimi decenni, non possedia-

mo conoscenze approfondite su-gli effetti della maggior parte dei farmaci nel corso della gravidan-za. Questa carenza di informazioni scientifiche deriva dal fatto che le donne in gravidanza non sono ov-viamente incluse negli studi per de-terminare la sicurezza dei farma-ci prima che entrino in commercio.

Si stima che esistano sufficienti in-formazioni per determinare il rischio di malformazioni fetali per non più del 10% dei farmaci introdotti dal 1980 ad oggi.La maggior parte delle informazio-ni sugli effetti dei farmaci assunti in gravidanza derivano, quindi, da studi successivi alla loro introdu-

zione nella pratica clinica. Tali studi sono per loro natura osservaziona-li e non posseggono spesso quei requisiti metodologici che posso-no garantire l’assoluta affidabili-tà dei risultati. Alcuni di questi stu-di effettuati dopo l’introduzione sul mercato dei farmaci hanno tutta-via dimostrato che diverse mole-cole, come ad esempio la talido-mide, l’isotretinoina, alcuni farmaci antineoplastici, oltre agli antibiotici aminoglicosidici ed agli anticoagu-lanti orali cumarinici, possono cau-sare malformazioni congenite si-

gnificative. Pertanto questifarmaci devono essere assolutamente evi-tati nel corso della gravidanza e, se il trattamento nel corso dell’età fertile è effettivamente necessario, devono essere adottate adeguate misure contraccettive.I meccanismi mediante i quali al-cuni farmaci determinano un dan-

no embrio-fetale sono in gran par-te sconosciuti. Ad oggi ne sono stati identificati solo alcuni, tra cui l’antagonismo del pathway dei fo-lati, il danneggiamento di cellule delle creste neurali, l’induzione di stress ossidativo, il danno vasco-lare e quello mediato da specifici recettori o enzimi.

L’effetto di un agente teratogeno dipende in gran parte dall’epoca gestazionale di esposizione, dalla durata e dal dosaggio ma anche dalla predisposizione genetica (della madre e dell’embrione-feto). Un ulteriore fattore da considerare è la capacità del farmaco di attra-versare la placenta, che costitui-sce una sorta di filtro tra la circola-zione materna e quella fetale, e di raggiungere quindi il feto in con-centrazioni sufficienti per indurre una danno tessutale.Nello specifico, si distinguono tre diverse fasi dello sviluppo embrio-fetale che corrispondono ad un di-verso livello di rischio teratoge-no da agenti ambientali e farmaci. Fasi che devono essere tenute in considerazione quando si deve valutare il possibile effetto terato-geno di un farmaco.

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ferisce in modo rilevante sulle sue normali occupazioni e che richiede solamente un breve monitoraggio post intervento. Può essere indica-ta nell’anziano, anche incontinente, che presenti un prolasso non ecces-sivo, nei casi in cui l’intervento chi-rurgico comporti un rischio troppo elevato. Nei casi di prolasso più marcato, con emorroidi di II grado e/o III grado, ul-teriore possibilità di intervento indo-lore è rappresentato dalle metodiche mini invasive di legatura selettiva dei

poli vascolari emorroi-dari. Tecniche esegui-te in Day Hospital sulla guida di sonde ecoco-lordoppler, associate in genere alla plicatura del prolasso mucoso, come nella tecnica THD (Tran-sanal Haemorroidal De-arterialization), oppure con tecniche di dearte-rializzazione laser tipo Help.Quando il prolasso muco emorroidario ri-sulti ancora più marca-to, di III o IV grado, con prolasso stabile non ri-ducibile, le tecniche di emorrodopessia me-diante suturatrici mec-caniche circolari di-vengono le tecniche di elezione. Queste tec-niche consentono di raggiungere l’obietti-vo del riposizionamen-to del prolasso emor-roidario all’interno del canale anale. La sutu-ratrice meccanica agi-sce sempre sull’area interna meno sensibile. L’intervento compor-ta una notte di ricove-

ro e garantisce una ri-presa rapida delle normali attività del paziente. Infine, nel caso in cui al prolasso rettale si associ un ret-tocele, nel quadro di una sindrome da ostruita defecazione, l’utilizzo di due suturatrici meccaniche (tecnica STARR) permette la risoluzione del quadro clinico.

mare approfondimenti endosco-pici come la colonscopia. Inoltre dovrà essere esclusa la presenza di una ragade anale, che, pur mi-mando i sintomi di una crisi emor-roidaria, non risponde ai rimedi anti emorroidari. La visita proctologica permette inoltre di risolvere imme-diatamente la trombosi emorroida-ria, evento associato ad un dolore acutissimo, procedendo all’incisio-ne ed asportazione dell’emorroide trombizzata in anestesia locale con immediato sollievo. A seguito della visita proctologica vie-ne prescritta un’idonea terapia farmacologi-ca che può avvalersi di preparati sia ad uso lo-cale che sistemico per superare la crisi. Suc-cessivi controlli procto-logici permetteranno di chiarire il quadro clini-co, monitorare l’anda-mento della malattia, modificare le abitudini di vita, impostare ap-profondimenti diagno-stico strumentali ed in-dicare, se necessario, gli appropriati provve-dimenti chirurgici.

Emorroidi: cosa sono?Etimologicamente si-gnifica “sangue che fluisce”, sono infat-ti cuscinetti vascolari posti nel canale anale con una duplice fun-zione: coadiuvare la continenza degli sfin-teri anali, ovvero impe-dire perdite involonta-rie di feci; proteggere le strutture muscola-ri degli sfinteri anali da traumi potenziali dovuti a feci troppo dure o sforzi nell’eva-cuazione. Un tempo identifica-te come semplice reticolo veno-so o “plesso emorroidario”, sono oggi considerate strutture vascolari più complesse, originate dall’unio-ne tra venule e capillari arteriola-ri (sinusoidi), immersi in una ma-trice connettivale ed elastica con fibre muscolari lisce di sostegno. Una sorta di “corpo cavernoso” del canale anale distale. Sono classi-camente divise in emorroidi inter-

ne, se poste sopra la linea denta-ta, ricoperte di mucosa intestinale; ed emorroidi esterne, al di sotto di questa linea di confine, ricoper-te di epitelio malpighiano. Il limite rappresentato dalla linea dentata è fondamentale poiché rappresen-ta anche il confine tra l’area inner-vata esterna e quella meno sensi-bile più interna. Su questa linea di confine è basata la chirurgia indolo-re delle emorroidi, diversa a secon-do dello stadio di progressione del-la patologia.

Intervenire per non soffrire: la nuova via indoloreNegli stadi iniziali, ovvero le emor-roidi di I grado, caratterizzate da cri-si dolorose e sanguinamento sen-za prolasso stabile, si può agire con legature emorroidarie, anche con azione preventiva sulle riacutizza-zioni, associate o meno a sclerote-rapia. La legatura emorroidaria è un intervento ambulatoriale, senza ne-cessità di anestesia, di scarso im-patto per il paziente, che non inter-

PATOLOGIA EMORROIDARIA. PREVENIRE PER NON SOFFRIRE

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in-dolore

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La patologia emorroida-ria è sempre stata as-sociata, nel pensie-ro comune, all’idea del dolore, sia nel momen-to della manifestazione

acuta, che nel momento dell’atto terapeutico cioè della classica Mil-ligan Morgan, l’asportazione chi-rurgica delle emorroidi. Per questo i pazienti si sono mostrati sempre restii all’idea di farsi visitare e cura-re. Oggi il dolore si può evitare. Esi-stono molteplici possibilità di pre-venzione degli eventi acuti e di cura chirurgica indolore.

La patologia emorroidaria è un’eve-nienza molto frequente. Secondo alcune ricerche dal 30 al 50% del-la popolazione generale può anda-re incontro almeno una volta nella vita a questo problema. Ogni anno circa un milione di persone in Italia

presenta disturbi legati alle emor-roidi. Patologia rara prima dei 20 anni, giunge al massimo della rile-vanza verso i 45, nel pieno dell’oc-cupazione lavorativa, costituen-do un costo sociale importante. Gli uomini ne soffrono più delle donne, ma la gravidanza e il parto determi-nano un elevato numero di casi. La tendenza ad ammalarsi è comun-que in diminuzione, grazie ad un più sano stile di vita e ai progres-si della medicina e alla prevenzio-ne. Le buone abitudini da adottare sono un’alimentazione con equili-brato apporto di fibre, un’adegua-

ta assunzione di liquidi, un’evacua-zione regolare senza sforzi e sedute prolungate (controllando l’eleva-ta frequenza tipica del colon irri-tabile), un esercizio fisico regolare, senza sforzi che aumentino la pres-sione addominale, come il solleva-

mento pesi, né attività sportive che richiedano esercizi in posizione se-duta prolungata, come il ciclismo o l’equitazione. Anche l’obesità è as-sociata ad un aumentato rischio di patologia emorroidaria. È impor-tante inoltre non assumere alimen-ti irritanti per l’apparato gastroente-rico come spezie, cioccolato ed in particolare alcoolici. E come sem-pre non fumare. Nel caso poi si ma-nifestino dolore, sanguinamento e gonfiore anale è indispensabile far-si visitare, vincendo le paure ed il pudore.

Farsi visitare per prevenireLa visita specialistica proctologica può essere associata ad un’ano-scopia o proctoscopia per arriva-re così a una corretta diagnosi, di-scriminando tra le varie possibili patologie e la gravità della situa-zione. Spesso sintomi come il san-guinamento e il dolore, considerati espressione di una patologia emor-roidaria, sono legati ad altre proble-matiche, come ragadi e tumori ma-ligni o benigni. Nel sospetto di un tumore già al momento della visita è possibile eseguire biopsie locali o program-

In caso di sanguinamento, gonfiore e dolore, bisogna vincere il pudore e rivolgersi subito allo Specialista

Valerio Ceriani (Direttore),Oscar RoncagliaChirurgia Generale II, Servizio di Proctologia,Ospedale San Giuseppe

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CARNE ROSSA:FA MALE DAVVERO?

buono& sano

La carne è da sempre presente nell’alimenta-zione umana e da sem-pre è oggetto di divieti e norme atte a contener-ne un consumo ecces-

sivo. Ogni società regola l'uso della carne, ma non esiste alcun sistema sociale o culturale totalmente ve-getariano. Un tempo erano i criteri religiosi a dettare le norme alimen-tari, oggi sono le motivazioni saluti-stiche ed ecologiche. Diversi sono comunque i pareri, an-che in campo scientifico, sul con-sumo della carne nell’alimentazio-ne umana.

La carne deriva dai muscoli di ogni specie animale e si diversifica per il colore, la consistenza, la superficie di taglio, l’odore, la distribuzione e la compattezza del grasso.Per carne rossa si intende quella ot-tenuta da bovini, bufalini, ovini, ca-prini, suini, equini. Il colore rosso è determinato dal maggior contenu-to in vitamina E (importante antios-

sidante, presente soprattutto negli animali alimentati con foraggi fre-schi) e in L-carnitina (un ammino-acido in grado di migliorare il ren-dimento energetico e del muscolo cardiaco).Dal punto di vista nutrizionale, però, ciò che distingue le carni non è il colore, ma il contenuto in gras-si: a parità di grasso presente tutte le carni sono abbastanza simili per proteine, fattori plastici, valore ca-lorico.

Le carni rosse magre hanno carat-teristiche nutrizionali eccellenti per l’uomo. Alimenti essenzialmente plastici forniscono, in porzioni rela-tivamente poco caloriche, proteine ad alto valore biologico che risulta-no piu’ digeribili e facilmente utiliz-zabili rispetto a quelle vegetali. Tra gli amminoacidi forniti l’argini-na interviene nella produzione di sostanze regolatrici del sistema nervoso e ormonali, come l’ormo-ne della crescita (in Italia l’aumento staturale della giovane popolazione

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Augusta SonatoSpecialista in Scienzadell’alimentazione e Dietetica,IRCCS MultiMedica

è riconducibile anche a un maggior consumo di carne), mentre il tripto-fano stimola la produzione di sero-tonina che ha un’azione saziante.Ricca di vitamine del gruppo B (specie la B12 che ha proprietà an-tianemiche) e di minerali (ferro, cro-mo, zinco, selenio, fosforo, potas-sio) che risultano piu’ facilmente assimilabili di quelli di origine vege-tale, la carne è relativamente pove-ra in sodio, che concorre all’insor-genza dell’ipertensione arteriosa.

La carne, però, non è un alimen-to completo nè equilibrato, pertan-to una sua corretta valutazione va fatta nell’ambito complessivo di una dieta composta anche da zuccheri complessi e vegetali e la sua quanti-tà giornaliera deve essere limitata a 100-150 grammi.Pertanto, diete iperproteiche, com-poste quasi esclusivamente da car-ne, in quantità maggiori di quelle in-dicate, sono certamente dannose, non perchè la carne sia pericolosa, ma per lo squilibrio nutrizionale e il sovraccarico proteico che generano.

Le carni rosse, inoltre, hanno un certo contenuto di colesterolo, per questo vanno limitate, oltre che nella porzionatura, anche nella fre-quenza settimanale (2-3 volte a set-

timana), evitando di consumare il li-quido di cottura e il sugo dove si disperde parte del colesterolo con-tenuto nell’alimento.

Anche nella carne, come in tutti gli alimenti, sono presenti compo-sti sia cancerogeni che anticance-rogeni (di questi ultimi i piu’ impor-tanti sono la vitamina E e alcuni caroteni, dal noto potere antiossi-dante). Accompagnare la pietanza con abbondanti porzioni di verdura aumenta la presenza di questi an-tiossidanti e fornisce fibra alimen-tare che, agendo sulla flora batte-rica intestinale, annulla l’azione dei composti cancerogeni, che comun-que, nell’ambito di una dieta equili-brata, non destano particolari pre-occupazioni.

Passiamo infine al problema dell’"inquinamento" della carne con antibiotici, additivi, estrogeni, che in Unione Europea è severamen-te controllato dalle Autorità Sani-tarie (in America non c’è la stessa severità legislativa). Occorre tener presente che i metodi analitici oggi usati per rilevare qualunque tipo di sostanza si sono talmente perfe-zionati (parliamo di millesimi di mil-ligrammo per chilogrammo di ali-mento) che è impossibile trovare

un alimento a "inquinamento" zero. Quello che occorre esigere è che queste sostanze non superino cer-te concentrazioni. Ricordiamoci che molti alimenti, soprattutto vegetali, contengono, in modo del tutto na-turale, composti con attività farma-cologica di solito innocui per la loro bassa concentrazione. Gli anima-li, in tal senso, rappresentano un filtro tra l’ambiente e i vegetali da una parte e il consumatore dall’al-tra, scaricando gli effetti tossici su se stessi e proteggendo di con-seguenza l’uomo che si nutre del-la loro carne. Le sostanze tossiche, tuttavia, si accumulano nel rene e nel fegato della bestia rendendo sconsigliabile il consumo delle frat-taglie, specie durante la gravidanza.

Per concludere, possiamo dire che, nel rispetto di tutte le scelte vegeta-riane-vegane oggi proposte anche in ambito medico, in una dieta equi-librata, la presenza di carne rossa magra, nella giusta porzione e fre-quenza settimanale, fornisce protei-ne ad alto valore biologico, vitami-ne e minerali facilmente assimilabili, favorendo l’accrescimento corpo-reo e la tonicità muscolare.

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Non posso rinunciare allo sport.Quando mi hanno detto chel intervento all anca era l unicasoluzione per tornare a praticarlo, non ho esitato un solo istante.

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Simona Paganini

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parlamidi te

DALLO SPORTLA SPINTA PER GUARIRE

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La consapevolezza di trovarsi nel posto giu-sto e nelle mani giu-ste può essere la spinta determinante per ac-cettare di affidare il pro-

prio corpo a un chirurgo. È quan-to successo a Daniele Moiraghi, che, persuaso dalla competenza medica e dall’organizzazione della Struttura cui si era rivolto, non ha avuto dubbi sulla necessità dell’in-tervento propostogli: “Ho sempre praticato sport, dal nuoto a livello agonistico nazionale, allo sci, all’al-pinismo. Non posso rinunciarvi. Perciò, quando nel 2011 mi è sta-to prospettato un intervento chirur-gico come unica soluzione al mio problema all’anca, non ho esitato”.

Daniele, come è finito in ospeda-le? Sono sempre stato uno sporti-vo, quindi abituato a non dar peso a qualche dolorino dopo l’attivi-tà fisica. In più, con il passare de-gli anni, ho pensato fosse logico che il fisico non recuperasse imme-diatamente. Ma quando un dolore continuo all’altezza dell’inguine, a destra, non sembrava volesse pas-sare, non permettendomi neppure di riposare come prima, ho deciso di indagare più a fondo. Il medico, in prima battuta, mi aveva prospet-tato un’ernia inguinale, ma gli ac-

certamenti diagnostici non gli han-no dato ragione. Perciò si è passati alla seconda ipotesi, e cioè un pro-blema muscolo-scheletrico. Così è stato: dagli esami effettuati sono ri-sultato affetto da coxartrosi primiti-va, una patologia dell’anca dovuta all’usura dell’articolazione, e il do-lore che mi teneva compagnia si chiama coxalgia.

Com’è giunto alla decisione di farsi operare?È stato nell’agosto del 2011. Alla ri-cerca di uno specialista ortopedi-co mi fu consigliato il Dr. Carnelli in MultiMedica. Già dal primo in-contro mi sono subito sentito nel-le mani giuste. Senza preambo-li e senza allarmismi Carnelli mi ha spiegato la patologia che mi afflig-geva, i suoi effetti e come avrebbe potuto aiutarmi, intervenendo ap-punto chirurgicamente e inseren-domi una protesi d’anca che avreb-be sostituito e svolto le funzioni di quella malandata. L’idea di non po-ter praticare i miei sport preferiti e che il dolore mi avrebbe accompa-gnato per il resto della vita, aumen-tando d’intensità fino al definitivo inutilizzo dell’articolazione, non era sicuramente una prospettiva attra-ente. Da quell’incontro alla decisio-ne di accettare di sottopormi all’in-tervento chirurgico, il passo è stato breve: una volta capito che non vo-

levo rinunciare al piacere di prati-care sport e che, soprattutto, ave-vo trovato la persona giusta non ho dubitato sul da farsi.

Ed è stata la scelta giusta?Assolutamente si! Per questo mo-tivo anche a maggio di quest’an-no, quando il dolore si è presentato a sinistra, non ho esitato a metter-mi in contatto con il Dr. Carnelli e a replicare, questa volta a sinistra, l’esperienza vissuta tre anni fa. E non ho sbagliato anche nella scel-ta dell’Ospedale che, con la sua or-ganizzazione, mi ha seguito passo passo, dal giorno del pre ricove-ro, dedicato allo svolgimento de-gli esami necessari per sottoporsi a intervento, all’ingresso per la de-genza (per la quale penso chiunque nutra un po’ di apprensione e di conseguenza un insieme di pensie-ri confusi su cosa aspettarsi), fino al passaggio al reparto di riabilitazio-ne e al proseguimento del recupe-ro motorio una volta dimesso. Ogni dubbio trova risposta ancora prima di emergere, quasi che ti leggano nel pensiero!

Per quanto tempo è stato ricove-rato?Circa un mese: una settimana pres-so la sede di Sesto San Giovanni nel reparto di Ortopedia dove mi hanno operato e, in seguito, per

Danile Moiraghiin palestra per la riabilitazione

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l’avviamento alla ripresa motoria, altre tre settimane all’Ospedale San Giuseppe di Milano, logisticamen-te più comodo per i miei familiari e per la prosecuzione della riabilita-zione una volta tornato a casa, sot-to stretto controllo di medici fisiatri e fisioterapisti coordinati dai Dotto-ri Conti e Cosignani. Due comples-si ospedalieri diversi per logistica e struttura architettonica, ma entram-bi accomunati dalla competenza e professionalità del personale con cui ho avuto modo di venire a con-tatto. Mi lasci fare apprezzamento particolare alla sensibilità di queste persone che gestiscono circostan-ze spesso davvero impegnative.

E ora, sport 24 ore su 24?E no, adesso viene il bello! Ar-mandomi di tanta pazienza dovrò aspettare qualche mese, in modo che l’arto riacquisti appieno la sua funzionalità prima di riprende-re le mie attività preferite, così da non vanificare i risultati raggiunti con l’intervento. Ora il protocollo di cura prevede la prosecuzione della riabilitazione, cosa che potrò fare ambulatorialmente seguendo il pia-no terapeutico consegnatomi alla dimissione: sta a me riuscire a do-sare le forze senza strafare.

Immagino sia un bel sacrificio per lei!Beh, quest’anno non ho potuto go-dermi appieno le vacanze in monta-gna: mi mancano le mie salite, una bella camminata in mezzo alla natu-ra. La verità è che “mordo il freno” per rientrare subito nel vortice del-le mie attività sportive, ma già nel 2011, anche se allora mi tratten-ni più per timore che per consape-volezza, seguire scrupolosamente i protocolli e i consigli degli esperti del settore mi ha permesso di otte-nere una gamba quasi nuova! Anzi, potrei quasi decidere di intrapren-dere qualche nuovo sport: maga-ri togliermi lo sfizio e diventare un motociclista, ci penso da qualche tempo, ma non lo dica a mia mo-glie.

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la postadel cuore

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Risponde Michele Lombardo, direttore dell’Unità di Cardiologia dell’Ospedale San Giuseppe. Inviate le vostre domande per po-sta elettronica a [email protected]

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89Solventi, assicurazioni:02-999.61.999

lizzato in sede inguinale e talvolta in sede glutea. È frequente l’irra-diazione del dolore lungo la parte anteriore della coscia fino al ginoc-chio. Poiché l'origine del dolore è essenzialmente meccanica, questo è provocato dalla deambulazione e dal movimento articolare, mentre viene alleviato dal riposo.Il dolore indotto dal movimento provoca per via riflessa la contrat-tura della muscolatura circostante, soprattutto dei muscoli extrarotato-ri. Si osserva dunque una limitazio-ne precoce della rotazione interna (ovvero il paziente non riesce più a ruotare la punta dei piedi “all’inden-tro”) e, più tardivamente, anche de-gli altri movimenti, fino al punto in cui semplici gesti come calzare una scarpa diventano impossibili. Quali gli esami da fare?È sufficiente una radiografia nel-le due proiezioni standard (antero-posteriore di bacino e assiale d’an-ca) per evidenziare i quattro segni radiologici fondamentali dell’ar-trosi: riduzione della rima articola-re, addensamento dell’osso sub-condrale, geodi (ovvero cavitazioni dell’osso) e osteofiti.

Cos'è la coxartrosi?L’artrosi dell’anca, o coxartrosi, è la più comune malattia che possa col-pire l’anca dell'adulto. È una malat-tia cronico-degenerativa, che può condurre ad una disabilità crescente nell'arco di alcuni anni. A causa del-la degenerazione progressiva, la car-tilagine che riveste la superficie del-la testa femorale e dell’acetabolo si assottiglia, perde le sue caratteristi-che meccaniche e non è più liscia e scorrevole. Col tempo si danneggia anche l’osso sottostante. Come con-seguenza l’anca fa male e riduce la sua capacità di movimento diventan-do sempre più rigida e meno forte.

Chi ne è colpito?La coxartrosi primitiva insorge in genere dopo i 50 anni e spesso col-pisce soggetti con una familiari-tà per l’artrosi. Se si considerano le forme secondarie, cioè conseguenti ad una patologia pre-esistente, l’età media di insorgenza si abbassa a 35-40 anni con una prevalenza fem-minile, almeno nel nostro Paese. Come si manifesta?Chi è affetto da coxartrosi presen-ta un dolore tipico (coxalgia), loca-

Gentile Dottore,

ho 60 anni (anche se tutti mi dicono che ne dimostro meno) e fortunatamente le mie condizioni di salute sono buone. La scorsa settimana, però, mentre sbrigavo le solite faccende domestiche, ho sentito un forte dolore alla bocca dello stomaco che è continuato, ad ondate, per un tempo lungo. Mi sono talmente spaventata, che sono corsa al Pronto Soccorso convinta di avere un infarto.Fortunatamente si trattava solo di indigestione. Ma la paura è rimasta.Le sarei quindi grata se potesse indicarmi quali sono i segnali, i sintomi indicativi di un vero problema al cuore, per i quali è necessario recarsi subito in ospedale. Sono gli stessi degli uomini o nelle donne sono diversi? Grazie per la risposta, EG

Gentile Signora,la Sua lettera pone una serie di domande tutte molto pertinenti e d'interesse comune.Infatti, il dolore prolungato alla bocca dello stomaco, in una donna di 60 anni, può essere un sintomo di infar-to della parete inferiore del cuore. In tal caso, spesso si associano sudorazione, senso di indigestione, males-sere generale e mancanza di respiro: molti pazienti con infarto attendono ore o anche giorni prima di sottoporsi ad un controllo cardiologico, pensando di avere soltan-to un disturbo gastrico passeggero. Bene quindi che Lei si sia recata prontamente in Pronto Soccorso, dove presumo che l'esecuzione dell'elettrocardiogramma e il prelievo enzimatico (in particolare della troponina eseguita dopo almeno 6 ore dall'inizio dei sintomi) ab-biano escluso una causa coronarica del dolore. Pertan-to, è probabile che nel suo caso il dolore epigastrico sia riferibile ad una colica addominale aspecifica e che i suoi persistenti timori non siano giustificati. Tuttavia, se il dolore dovesse ripetersi, sarà prudente eseguire una rivalutazione cardiologica, eventualmente con pro-va da sforzo. Se questa risultasse negativa, per identi-ficare l'origine del disturbo, sarà utile una gastroscopia e/o un'ecografia dell'addome.

Cordiali saluti, Michele Lombardo

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Il Gruppo MultiMedica si è re-centemente arricchito di un

nuovo specialista alla guida del Dipartimento Urologico Interpresi-dio e dell’Unità di Urologia Ospe-daliera dell’Ospedale San Giuseppe. È il dottor Pier-paolo Graziotti, già direttore dell’Unità di Urologia di Hu-manitas e attuale Presiden-te di Auro.it – Associazione Urologi Ospedalieri Italiani. Ha al suo attivo più di 5000 interventi chirurgici a cielo aperto ed oltre 6000 endo-scopici del basso e dell’al-to apparato urinario. La sua esperienza nella chirurgia ricostruttiva delle alte vie escretrici e nella chirurgia conservativa delle neopla-

sie renali contribuirà a far diven-tare sempre più MultiMedica un punto di riferimento nelle patolo-gie urologiche nel panorama sani-tario lombardo.

che crea un filo magico tra madre e figlio ancor prima che quest’ulti-mo venga alla luce.Per questo il Dipartimento Ma-terno-Infantile dell’Ospedale San Giuseppe, in collaborazione con Sognar Musica, ha voluto pub-blicare il CD “Stella Stellina”, che raccoglie alcune tra le ninne nanne più famose. Il CD è acquistabile presso lo Sportello Nascite dell’Ospedale San Giuseppe con una donazione libera a partire da 9 euro. Il ricava-to verrà devoluto alla ricerca scien-tifica della Fondazione MultiMedi-ca onlus.

I l 27 e il 28 febbraio 2015 Mila-no ospita la 6° edizione del Me-

eting Internazionale sulle Malattie polmonari rare e farmaci orfani. Il congresso, organizzato dal dr. Ha-rari, direttore dell’Unità di Pneu-mologia dell’Ospedale San Giu-seppe, rappresenta un importante appuntamento per gli specialisti di tutto il mondo, basti segnalare che, attualmente, è l’unico incon-tro dedicato a queste patologie a livello europeo.Questa edizione intende forni-re nuove intuizioni della scienza e della cura clinica nel campo della medicina polmonare, al fine di aiu-tare i pazienti “orfani” e di soste-nere i medici attraverso lo scam-bio di conoscenze e la diffusione dei saperi.Per informazioni: www.pulmona-ryrarediseases.com

Diventare mamma è un percor-so bellissimo fatto di momen-

ti indimenticabili, ma è anche un percorso che richiede cure parti-colarmente dedicate alla mamma e al nascituro.Per questo all’Ospedale San Giu-seppe è stato attivato lo “Sportel-lo Nascite”. Una sorta di Centro Unico di Prenotazione monotema-tico, aperto dalle 8 alle 16, com-pletamente dedicato alle future mamme, che si troveranno a par-lare con personale appositamen-te preparato con il quale potran-no, aper esempio, prenotare tutte le visite necessarie durante la gra-vidanza in un’unica soluzione. Ma non solo, al personale presente allo sportello si potranno chiede-re informazione sui nostri percorsi di prevenzione e sui corsi e le ini-ziative organizzati dal Dipartimen-to Materno-Infantile.Per info: [email protected]

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MULTIMEDICAFLASH

Pierluigi Villa

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MALATTIE RARE DELPOLMONE A CONGRESSO

UROLOGIA AL TOP

AMBULATORIO DI PNEUMOLOGIA A LIMBIATE

AL SAN GIUSEPPE “NASCE”LO SPORTELLO NASCITE

STELLA STELLINA, IL CD MUSICALE DEL SAN GIUSEPPEDEDICATO ALLE NEOMAMME

Guida praticaper future mamme

Nascere all’OspedaleSan Giuseppe

La musica ha una caratteristi-ca fantastica, quella di riusci-

re a mettersi in contatto con il no-stro aspetto più profondo e intimo. Chi di noi non ha percepito que-sto “potere” almeno una volta nel-la vita?Se ci pensiamo bene, la prima mu-sica che abbiamo potuto ascoltare è stata quella che la nostra mam-ma ci canticchiava per farci ad-dormentare serenamente, la ninna nanna: un genere musicale tra i più antichi della storia, che vanta, tra i propri compositori, i nomi più illu-stri del panorama musicale inter-nazionale. Si tratta di una musica

Non c’era e MultiMedica l’ha attivato. Viste le esigenze del

territorio, presso l’Ospedale Mul-tiMedica di Limbiate, con l’ausi-lio del dott. Piergiorgio Schiavoni,

è stato aperto un nuovo ambula-torio di Pneumologia, dedicato alla diagnosi e cura di tutte le patolo-gie respiratorie. Per prenotazioni: 02 999 61 999.

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Ospedale MultiMedica Castellanzav.le Piemonte 70Castellanza (VA)

A8 Autostrada dei Laghi

Ospedale San Giuseppevia San Vittore 12Milano

Ospedale MultiMedica Limbiatevia Fratelli Bandiera 3Limbiate (MB)

Centro AmbulatorialeMultispecialistico MultiMedicavia San Barnaba 29Milano

IRCCS Cardiovascolare MultiMedicavia Milanese 300Sesto San Giovanni (MI)

MultiLab - Polo Scientifico e Tecnologicovia Fantoli 16/15Milano

Centro Dialisi MultiMedicac/o Pio Albergo Trivulziovia Trivulzio 15Milano

IL MONDOMULTIMEDICA

PER PRENOTAZIONI CON

SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE:

02-86.87.88.89 PER PRENOTAZIONIIN SOLVENZAO CON FONDIE ASSICURAZIONI:

02-999.61.999

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