Pio XII, un debutto in prima serata - Mokeddi Pio XII era stato raffigurato nel film Amen di Costa...

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/ P34 www.moked.it n. 11 | novembre 2010 pagine ebraiche CULTURA / ARTE / SPETTACOLO ú IL FILM - SOTTO IL CIELO DI ROMA S anto subito? È più che un Papa: è un genio rinascimentale, eclet- tico, liberaleggiante, pieno di un amore senza macchie. Quando non è in raccoglimento davanti al croci- fisso, discute con competenza degli ultimi modelli d’automobile; fa fun- zionare con le sue mani proiettori cinematografici; democraticamente invita le guardie svizzere inginoc- chiate a rialzarsi. Pio XII è capace perfino di uscire dal Vaticano dopo il bombardamento di Roma, riceven- do l’omaggio emozionato della città. Se per i cattolici è “il sentire del po- polo” a decretare in ultima istanza la santità di un uomo, quest’uomo è in una botte di ferro. La proclama- zione a Venerabile, nel 2009, è stata tappa di un processo a cui oggi dà il suo aiutino la tv. Lo sceneggiato Lux Vide su papa Pacelli è di buon pregio cinematografico, per gli stan- dard della fiction italiana, e fa con successo ciò che mille libri di storio- grafia cattolica non potrebbero. Da un personaggio di cui sei decenni di studi hanno evocato luci e ombre, ricava puro bagliore. Ogni elemento del film si combina in uno sforzo concertato e privo di intoppi. Dialo- ghi articolati, con qualche discreta battuta a effetto, una buona prova di tutti gli attori. È messa al bando quel- la recitazione declamata e retorica che affligge tv e cinema italiani. Le scelte di inquadratura e i movimenti di macchina lavorano molto sulla di- mensione verticale, elevando volen- tieri lo sguardo o volgendolo dall’alto al basso, a sottolineare il canale pri- vilegiato che lega il protagonista al Cielo. La scena di Pio XII tra le ma- cerie della città ferita dai bombardieri è fondata storicamente. Lo sceneg- giato amplifica quel gesto, immorta- lato al tempo solo dalle fotografie e dal tam tam popolare. Come in quel- le foto, Pio XII appare in posa da santo, insieme benedicente e ado- rante. E telecamera dall’alto, certo. Sotto il cielo di Roma ha una finalità semplice: convincerci che i silenzi del Papa sulla persecuzione degli ebrei non dipesero da antisemitismo, né da eccessi di indulgenza verso un regime anticomunista. Bensì dalla convinzione che tacere avrebbe sal- vato vite umane. Che fosse davvero quest’idea a guidare Pio XII non è stato provato né smentito in modo definitivo. Ciò che conta qui è: dubbi simili non sfioreranno mai molti spet- tatori dello sceneggiato. Da cui si esce con il ricordo, arduo da cancel- lare, di un uomo sofferente, lacerato da scelte tragiche, sempre umano e bonario; austero ma capace di sor- riso. Assolto in pieno da ogni sospet- to di antiebraismo. Scelte accorte di montaggio, regia, recitazione possono plasmare il ri- cordo di un personaggio storico pres- so le generazioni seguenti. Anche quando gli sceneggiatori fanno un lavoro accurato, non mistificatorio, senza inventare dettagli indifendibili; e di questo lavoro sostanzialmente corretto va reso merito. Punta a essere uno degli eventi televisivi di maggior richiamo di questa stagione. S’intitola Sotto il cielo di Roma ed è una miniserie in due puntate (Raiuno 31 ottobre e primo novembre), dedicata ai drammatici eventi che sconvolgono la Capitale durante l’occupazione nazista. La fiction, prodotta da Lux Vide per la regia di Christian Duguay, affronta il tema scottante del ruolo svolto da Pio XII durante la deportazione degli ebrei romani e ricostruisce la vicenda di quanti trovarono salvezza nei conventi. Una questione complessa, soprattutto in vista della possibile beatificazione di papa Pacelli, che certo non può trovare risposte in una serie televisiva. Ma che proprio a partire da questa pro- duzione è senz’altro destinata a far ancora discutere. Papa Pacelli e la deportazione dalla Capitale nella fiction cattolica di Raiuno Pio XII, un debutto in prima serata ú GIULIANO TEDESCO CRITICO DELLA COMUNICAZIONE Santo subito, dice la cinepresa al popolo della tv ú EMILIANO PERRA STORICO Sottolineature e omissioni N ell’aprile 2002, intervenendo nel dibattito sul controverso film di Costa-Gavras, Amen, critico nei confronti del silenzio tenuto dalla Santa Sede durante la Shoah, Cate- rina Maniaci lamentò dalle colonne di Libero la mancanza di un film che narrasse le vicende degli ebrei salvati grazie a Pio XII. La fiction Sotto il cielo di Roma ri- sponde precisamente a questo ap- pello, narrando le concitate vicende dal bombardamento di San Lorenzo del 19 luglio 1943 alla liberazione della città attraverso il punto di vista di alcuni membri della comunità ebraica e soprattutto del pontefice. Pio XII è, infatti, al centro di ogni passaggio narrativo. È lui che pro- mulga in prima persona l’ordine di prestare accoglienza ai rifugiati, che negozia argutamente con le autorità tedesche, e che decide eroicamente di restare al suo posto pur essendo consapevole di essere oggetto di un piano di rapimento efficace dal pun- to di visto drammatico quanto dub- bio da quello storico. Per presentare questo quadro sostan- zialmente agiografico, la miniserie attua alcune omissioni. Ad esempio, non viene fatta alcuna menzione del- la storia plurisecolare di pregiudizio antiebraico che aveva influenzato in maniera non trascurabile la risposta cattolica alle discriminazioni antie- braiche. Basti ricordare che ancora nell’agosto 1943 padre Tacchi Ven- turi scrisse al Segretario di stato Ma- glione di aver seguito le sue dispo- sizioni e di non aver chiesto al go- verno Badoglio l’abrogazione in toto della legislazione razzista, “la quale, secondo i principii e la tradizione della Chiesa Cattolica, ha bensì di- sposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma”. Dall’allora cardinale Pacelli nella ste- sura dell’enciclica Mit Brennender Sorge, molto critica nei confronti del Terzo Reich, nulla viene detto della sua decisione di archiviare un’altra u IL DIPLOMATICO Incontri, colloqui, mediazioni. Il Pio XII ritratto dalla fic- tion Sotto il cielo di Roma mostra un attivismo e un fiuto diplomatici sen- z’altro spiccati. Si adopera per rispar- miare a Roma gli orrori della guerra, per consolidare l’inviolabilità extrater- ritoriale dei conventi in cui si sono ri- fugiati molti ebrei e per liberare alcuni di loro arrestati dopo la retata nel ghetto. Il suo interlocutore è il gene- rale capo Stahel (un rosario nel cas- setto), capo della piazza militare di Roma, che lo sostiene malgrado la con- trarietà del comando tedesco che ne sta invece progettando il rapimento. E mentre i nazisti si apprestano a riti- rarsi, Pio XII rifiuta la richiesta del ge- nerale Wolff di trattare una pace separata tra Germania e Alleati otte- nendo però che risparmi la Capitale. / segue a pag. P37 / segue a pag. P37

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n. 11 | novembre 2010 pagine ebraicheCULTURA / ARTE / SPETTACOLO

ú– IL FILM - SOTTO IL CIELO DI ROMA

Santo subito? È più che un Papa:è un genio rinascimentale, eclet-

tico, liberaleggiante, pieno di unamore senza macchie. Quando nonè in raccoglimento davanti al croci-fisso, discute con competenza degliultimi modelli d’automobile; fa fun-zionare con le sue mani proiettoricinematografici; democraticamenteinvita le guardie svizzere inginoc-chiate a rialzarsi. Pio XII è capaceperfino di uscire dal Vaticano dopoil bombardamento di Roma, riceven-do l’omaggio emozionato della città.Se per i cattolici è “il sentire del po-polo” a decretare in ultima istanza

la santità di un uomo, quest’uomo èin una botte di ferro. La proclama-zione a Venerabile, nel 2009, è statatappa di un processo a cui oggi dàil suo aiutino la tv. Lo sceneggiatoLux Vide su papa Pacelli è di buonpregio cinematografico, per gli stan-dard della fiction italiana, e fa consuccesso ciò che mille libri di storio-grafia cattolica non potrebbero. Daun personaggio di cui sei decenni distudi hanno evocato luci e ombre,ricava puro bagliore. Ogni elementodel film si combina in uno sforzoconcertato e privo di intoppi. Dialo-ghi articolati, con qualche discreta

battuta a effetto, una buona prova ditutti gli attori. È messa al bando quel-la recitazione declamata e retoricache affligge tv e cinema italiani. Lescelte di inquadratura e i movimentidi macchina lavorano molto sulla di-mensione verticale, elevando volen-tieri lo sguardo o volgendolo dall’altoal basso, a sottolineare il canale pri-vilegiato che lega il protagonista alCielo. La scena di Pio XII tra le ma-cerie della città ferita dai bombardieriè fondata storicamente. Lo sceneg-giato amplifica quel gesto, immorta-lato al tempo solo dalle fotografie edal tam tam popolare. Come in quel-

le foto, Pio XII appare in posa dasanto, insieme benedicente e ado-rante. E telecamera dall’alto, certo. Sotto il cielo di Roma ha una finalitàsemplice: convincerci che i silenzidel Papa sulla persecuzione degliebrei non dipesero da antisemitismo,né da eccessi di indulgenza verso unregime anticomunista. Bensì dallaconvinzione che tacere avrebbe sal-vato vite umane. Che fosse davveroquest’idea a guidare Pio XII non èstato provato né smentito in mododefinitivo. Ciò che conta qui è: dubbisimili non sfioreranno mai molti spet-tatori dello sceneggiato. Da cui si

esce con il ricordo, arduo da cancel-lare, di un uomo sofferente, laceratoda scelte tragiche, sempre umano ebonario; austero ma capace di sor-riso. Assolto in pieno da ogni sospet-to di antiebraismo.Scelte accorte di montaggio, regia,recitazione possono plasmare il ri-cordo di un personaggio storico pres-so le generazioni seguenti. Anchequando gli sceneggiatori fanno unlavoro accurato, non mistificatorio,senza inventare dettagli indifendibili;e di questo lavoro sostanzialmentecorretto va reso merito.

Punta a essere uno degli eventi televisivi di maggior richiamo di questa stagione.S’intitola Sotto il cielo di Roma ed è una miniserie in due puntate (Raiuno 31 ottobre eprimo novembre), dedicata ai drammatici eventi che sconvolgono la Capitale durantel’occupazione nazista. La fiction, prodotta da Lux Vide per la regia di Christian Duguay,affronta il tema scottante del ruolo svolto da Pio XII durante la deportazione degli ebreiromani e ricostruisce la vicenda di quanti trovarono salvezza nei conventi. Una questionecomplessa, soprattutto in vista della possibile beatificazione di papa Pacelli, che certonon può trovare risposte in una serie televisiva. Ma che proprio a partire da questa pro-duzione è senz’altro destinata a far ancora discutere.

Papa Pacelli e la deportazione dalla Capitale nella fiction cattolica di Raiuno

Pio XII, un debutto in prima serata

ú– GIULIANO TEDESCO CRITICO DELLA COMUNICAZIONE

Santo subito, dice la cinepresa al popolo della tv

ú– EMILIANO PERRA STORICO

Sottolineature e omissioniNell’aprile 2002, intervenendo

nel dibattito sul controversofilm di Costa-Gavras, Amen, criticonei confronti del silenzio tenuto dallaSanta Sede durante la Shoah, Cate-rina Maniaci lamentò dalle colonnedi Libero la mancanza di un film chenarrasse le vicende degli ebrei salvatigrazie a Pio XII. La fiction Sotto il cielo di Roma ri-sponde precisamente a questo ap-pello, narrando le concitate vicendedal bombardamento di San Lorenzodel 19 luglio 1943 alla liberazionedella città attraverso il punto di vistadi alcuni membri della comunitàebraica e soprattutto del pontefice.Pio XII è, infatti, al centro di ogni

passaggio narrativo. È lui che pro-mulga in prima persona l’ordine diprestare accoglienza ai rifugiati, chenegozia argutamente con le autoritàtedesche, e che decide eroicamentedi restare al suo posto pur essendoconsapevole di essere oggetto di unpiano di rapimento efficace dal pun-to di visto drammatico quanto dub-bio da quello storico.Per presentare questo quadro sostan-zialmente agiografico, la miniserieattua alcune omissioni. Ad esempio,non viene fatta alcuna menzione del-la storia plurisecolare di pregiudizioantiebraico che aveva influenzato inmaniera non trascurabile la rispostacattolica alle discriminazioni antie-

braiche. Basti ricordare che ancoranell’agosto 1943 padre Tacchi Ven-turi scrisse al Segretario di stato Ma-glione di aver seguito le sue dispo-sizioni e di non aver chiesto al go-verno Badoglio l’abrogazione in totodella legislazione razzista, “la quale,secondo i principii e la tradizionedella Chiesa Cattolica, ha bensì di-sposizioni che vanno abrogate, mane contiene pure altre meritevoli diconferma”. Dall’allora cardinale Pacelli nella ste-sura dell’enciclica Mit BrennenderSorge, molto critica nei confronti delTerzo Reich, nulla viene detto dellasua decisione di archiviare un’altra

u IL DIPLOMATICO Incontri, colloqui,mediazioni. Il Pio XII ritratto dalla fic-tion Sotto il cielo di Roma mostra unattivismo e un fiuto diplomatici sen-z’altro spiccati. Si adopera per rispar-miare a Roma gli orrori della guerra,per consolidare l’inviolabilità extrater-ritoriale dei conventi in cui si sono ri-fugiati molti ebrei e per liberare alcunidi loro arrestati dopo la retata nelghetto. Il suo interlocutore è il gene-rale capo Stahel (un rosario nel cas-setto), capo della piazza militare diRoma, che lo sostiene malgrado la con-trarietà del comando tedesco che nesta invece progettando il rapimento. Ementre i nazisti si apprestano a riti-rarsi, Pio XII rifiuta la richiesta del ge-nerale Wolff di trattare una paceseparata tra Germania e Alleati otte-nendo però che risparmi la Capitale.

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ual è il ruolo degli ebrei in Sottoil cielo di Roma? A dire il vero,

sembrano stare in scena solo comecomprimari, semplice espedientedella storia narrata e pretesto permettere in risalto il coraggio del papae dei suoi seguaci. La love story diDavide per la bella Miriam è pocopiù di un condimento drammatico,che serve a creare un po’ di suspensein un film altrimenti talmente scon-tato e prevedibile che si rischia dicambiar rapidamente canale dopoaver capito il proposito che si vuoleraggiungere, scagionare Pio XII, pa-pa Pacelli, da ogni sospetto di nonaver fatto niente o non aver fatto ab-bastanza, al momento delle depor-tazioni degli ebrei di Roma e di fron-te allo sterminio dell’ebraismo eu-ropeo. Si tratta insomma di un’agio-grafia di papa Pacelli, non di un’ana-lisi storica di quali poterono esserei diversi significati del suo compor-tamento durante il conflitto bellico.Da questo punto di vista lo sceneg-giato televisivo Sotto il cielo di Ro-ma si propone come una sorta di ri-sposta al modo in cui il personaggiodi Pio XII era stato raffigurato nelfilm Amen di Costa Gavras del 2002,pusillanime se non compiacente con

i nazisti. Gli ebrei insomma appaio-no come strumenti che la provvi-denza ha messo nel cammino delPapa per mettere alla prova la suavirtù. Vittime designate dalla storiasono pertanto esonerati da respon-sabilità morali se non quella di met-tersi in salvo, tutt’al più oggetti eticidi dilemmi morali altrui, in partico-lare di quelli che essi creano al pon-tefice. Sin qui nulla di particolarmen-te nuovo in un cinema italiano chesembra essere ancora legato all’im-magine dell’ebreovittima sacrificale ecome tale destinataa uscire di scena oa rimanere ai mar-gini della storia, equesto quando ne-gli ultimi anni nelcinema internazio-nale si assiste a unaprogressiva revisione, spesso in mo-do non meno problematico di pri-ma, dell’immagine dell’ebreo a cuivengono assegnati ruoli attivi e diresistenza – basti citare Defiance diEdward Zwick del 2009 sul gruppopartigiano formato dai fratelli Bielski,i Counterfeiters del 2007 di StefanRuzowitzky o ancora l’ultimo film

di Quentin Tarantino Inglorious Ba-stards dell’anno scorso. Tuttavia ilfilm Sotto il cielo di Roma veicolaun messaggio addizionale ben piùpernicioso. Gli ebrei infatti non solosono raffigurati mentre si trascinanopesanti valigie, simbolo dell’uomoin perpetua fuga, ma sono presentaticome fardello essi stessi, per coloroche li circondano e per il papa inparticolare. Intendiamoci, un fardellonon perché siano di per sè cattivi eantipatici, ma pur sempre un fardello

perché sempre bi-sognosi di prote-zione, di soccorso,di compassione.La loro presenzainoltre rischia di fa-re ostacolo al rico-noscimento diquanto la Chiesaha cercato di di-

mostrare sin dalla fine del secondoconflitto mondiale, ovvero che per-seguitando gli ebrei in realtà il na-zismo stava colpendo il cristianesimoe i cristiani, in quanto rappresentantidel Bene. Per questo il film mostrala sofferenza ebraica, come una spe-cie di catastrofe naturale, le cui causestoriche non interessa indagare, e

sempre in relazione a quella del pon-tefice, che si priva delle sue razionialimentari per provvedere alla famedei bambini nascosti nei conventi. Ilfilm insomma sposa la tesi che il pa-pa, per il solo fatto di essere uscitoincolume dalla prova a cui i tedeschi,per l’intermediario degli ebrei, loavevano sottoposto è quindi l’unicoche in fin dei conti va compatito eammirato. Ma al di là della partico-lare interpretazione del ruolo quantomeno controverso nella storiografiacontemporanea che il film vuol daredell’operato del pontefice, si rimaneperplessi sul significato della frasecon cui il personaggio di Pio XII nel-lo sceneggiato televisivo giustifica lasua posizione: “ognuno ha la suacroce”. Che la croce del papa sianogli ebrei non è difficile capirlo. Que-sta è l’ennesima prova che non bastache un film tratti di Shoah per essereautomaticamente considerato serio.La gravità dell’argomento dovrebbeindurre a maggior prudenza e mo-destia i registi che sempre più nu-merosi e spensierati affrontano il te-ma. Ma che la Shoah venga utiliz-zata per giustificare piani provviden-ziali di ogni genere è cosa che lasciaalquanto perplessi.

ú– ANNA FOA STORICA

Il mondo ebraico nell’ombra e senza un carattereLa presentazione televisiva della fic-tion prodotta da Ettore Bernabeisulla Roma tra il 1943 e il 1945,Sotto il cielo di Roma, lascia apertemolte questioni e darà probabilmentevita ad un vivace dibattito, in cuisarà possibile forse intervenire an-cora. Ci limitiamo per ora a sollevarealcuni punti generali. La scelta degliautori è stata quella di trattare con

una notevole libertà la realtà storica,preferendo affidare l’immagine a per-sonaggi dipinti anche in modo moltolontano dalla loro realtà storica(come qui nel caso del presidentedella comunità ebraica Dante Al-mansi) o riunendo in un solo perso-naggio figure nella realtà distinte.Una scelta legittima, nel caso ap-punto di una fiction, che ci porta a

lasciar perdere gli appunti partico-lari e a discutere le immagini gene-rali offerte dal filmato. Cominciamodal protagonista, papa Pio XII. L’in-tento del film è naturalmente quellodi rivalutare il ruolo di Pio XII e dioffrire anche al grosso pubblico, dopole puntualizzazioni degli storici,un’immagine positiva di papa Pa-celli. Da questo punto di vista il film

raccoglie tanto i risultati della sto-riografia più recente sugli aiuti datidalla Chiesa agli ebrei durante l’oc-cupazione (come il bel libro di An-drea Riccardi) che quella di partecattolica sul pontefice e sulla sua leg-genda nera. Un film tutto da leg-genda rosa, dunque? Noncompletamente, perché bisogna am-mettere che la produzione ha saputo

riprendere, sia pur soltanto in unpaio di scene, i dubbi sui “silenzi”del papa e sulla mancanza di unacondanna decisa del nazismo. La fi-gura del papa vi appare, pur nell’in-tento apologetico, molto umana,forse più di quello che il processo dibeatificazione non vorrebbe. Nell’in-tento di sollecitare la simpatia, ilfilm mostra un Pio XII pieno didubbi e di umanità, non un santo. L’immagine di Roma in questo pe-riodo non coglie forse appieno ilvuoto di potere della città, in predaagli occupanti e alle bande fasciste, eil ruolo di sostituzione del potere ci-vile che la Chiesa si assume in queimesi, in cui Pio XII sembra ripercor-rere le orme di un Leone I e dei papidel Medioevo. Avrebbe forse giovatoanche alla tesi del film sottolineare dipiù le preoccupazioni del papa per lasorte della città di Roma, che emer-gono solo alla fine in occasione dellafuga dei nazisti da Roma senza com-battere, e che sono un’importantechiave di lettura dell’intera vicenda,oltre a rappresentare una vittoriadella linea della Chiesa. Dove invece molto ci sarebbe da direè sul quadro della Comunità ebraicadurante l’occupazione e in partico-lare nei giorni tra l’episodio dell’oroe la razzia del 16 ottobre: un’imma-gine di maniera, un po’ dolciastra, incui non emergono i conflitti e i di-lemmi che attanagliarono la diri-genza (ad esempio, la figura di Zolli,il rabbino capo poi convertitosi alcattolicesimo, è stranamente as-sente). In questo caso, le inesattezzestoriche, piccole e grandi, contribui-scono a falsare l’immagine d’insiemeche si trasmette, rendendo privo dicarattere il mondo degli ebrei ro-mani. Su una questione però ancoravorrei soffermarmi. Nella secondaparte del filmato, l’irruzione nel con-vento dove si nascondono gli ebrei èfatta dai nazisti. Storicamente, que-sto è falso. A operare in queste in-cursioni, la principale delle quali fuquella nella Basilica di San Paolo cheportò a numerosi arresti, fu la poli-zia fascista, agli ordini del questoreCaruso. Il ruolo delle SS vi fu asso-lutamente marginale. Perché questocambiamento? E’ un bisogno di sem-plificare e sottolineare ancor più, seve ne fosse necessità, la malvagitàdei nazisti e la loro ostilità allaChiesa, o è la volontà di lasciar fuoridal quadro la questione del ruoloavuto dai repubblichini dopo il 16 ot-tobre nella caccia agli ebrei, nel loroarresto e nel loro avvio alla deporta-zione e alla morte? Non si tratta diuna questione marginale, ma di unaspetto essenziale della storia, siapur romanzata, di Roma sotto l’oc-cupazione.

u GLI EBREI Il mondo ebraico dipinto dalla fiction è un quadro a tinte smorte e poco realistiche. Per quanto molto presente in entrambe le puntate, la realtà ebraicaromana è ritratta senza molto entusiasmo e con qualche incertezza: dalle improbabili note di un’Hatikvah suonata nel ‘43 in pieno ghetto alle troppe kippoth in giroper le strade di una città occupata dai nazisti per finire con un ghetto di maniera, svuotato della sua umanità, identico nella scene della deportazione a tanti altrisceneggiati. Un’occasione perduta per raccontare ai telespettatori la vitalità di una presenza millenaria colpita così duramente dalla Shoah.

ú– ASHER SALAH CRITICO CINEMATOGRAFICO

I perseguitati? Un fardello di redenzione Q

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La fiction Sotto il cielo di Romaoffre una bella immagine di

quanto Pio XII avrebbe potuto diree fare, ma in realtà non fece. Sonoinfatti molteplici i fatti, mostrati dalfilm, che non corrispondono a quan-to appurato finora dagli storici. Nonrisulta né dai documenti pubblicatidalla Santa Sede né dai libri pubbli-cati, che ci sia mai stato un solo in-contro diretto fra Pio XII e il gene-rale tedesco Stahel, mentre secondoil film ve ne furono diversi. Il papariceveva invece in udienza privatal’ambasciatore tedesco, von Weiz-sacker, ed era questo il suo tramitecon Berlino. Anche la frase che PioXII avrebbe pronunciato, “Roma eGerusalemme, due città nelle quali

la presenza di Dio è più percepibile”,sembra più adatta ai nostri giorniche al 1943, così come la richiestadell’ebreo di suonare l’Hatikvah. Certo, il salvataggio degli ebrei neimonasteri fu reale, anche se avvennein modo molto più discreto di quan-to mostrato nel film, ebbe luogo inmodo spontaneo, grazie all’iniziativadei singoli, mentre non disponiamo,almeno per i primi giorni, di nessunatestimonianza di intervento dellaSanta Sede e tanto meno del pon-tefice. Quanto alla bomba di via Ra-sella del 23 Marzo 1944, la reazionenazista fu così rapida e violenta danon permettere nessun interventocaritatevole, anche se il pontefice in-viò padre Pancratius Pfeiffer a parlare

con le autorità tedesche. Vera invecel’ansia per Roma, molto più che pergli ebrei. Il progetto di rapimento del papa,poi, è noto da una sola fonte: la de-posizione del generale Wolff, fattacirca trent’anni dopo i fatti descrittie senza nessun documento che ap-poggi la tesi. Otto Wolff riferì che il13 settembre egli fu ricevuto da Hi-tler che gli chiese di occupare la Cit-tà del Vaticano, ed eventualmentedeportare il papa nel Lichtensteinper evitare che cadesse nelle manidegli Alleati. Nessun altro documen-to conferma tale testimonianza. Perquesto molti storici non credono aquesto progetto o perlomeno sosten-gono che non arrivò mai alla fase

Sotto il cielo di Roma affrontaaspetti significativi, e come tali

considerati ancora oggetto di giudizicontrapposti, del complesso e diffi-cile pontificato di Pio XII durante laseconda guerra mondiale. Nel valu-tare l’opera due sono i parametri aiquali affidarsi. Il primo rinvia alla ve-ridicità o, quanto meno, alla verosi-miglianza dei dati storici che sonocitati nel film. Il secondo, invece, de-manda alla libertà di raffigurare unpersonaggio storico dentro una nar-razione che è anche libera ricostru-zione. Nel mezzo si colloca lo spaziodella licenza intellettuale, che è le-gittima quando ciò che ci viene con-segnato del passato non è stravoltoo manipolato, mentre diventa arbi-trio quando ne subisce un deliberatoribaltamento di significato.Il senso che si ricava dall’intera pro-duzione è che lo sforzo degli autorisia stato premiato, ma laddove le zo-ne di luce hanno conosciuto un’an-cora maggiore intensità. Meno ac-cettabili sono invece quei passaggi,con scarsi riscontri storiografici, cherinviano con certezza all’ipotesi diun rapimento per parte dei tedeschi.Così come ripetute sono le impre-cisioni che rivelano molte conces-sioni alla dimensione drammaturgicadel pari a certa tensione agiografica.Diciamo però subito che la materiatrattata è, nel suo insieme, ancoraincandescente, demandando non so-lo alla fondamentale questione delrapporto intercorso tra Eugenio Pa-celli e il mondo ebraico ma, più ingenerale, all’atteggiamento assuntodal suo pontificato nel merito deicomplessi rapporti con gli oppostischieramenti di belligeranti e, piùnello specifico, verso la Germania,con la quale colui che era già statonunzio apostolico tra il 1917 e il1930, intratteneva un rapporto moltostretto.Pio XII era un papa “concordatario”,avverso al radicalismo dei nazisti.Durante il suo pontificato si inter-rogò ripetutamente sulla compatibi-lità tra la Chiesa e i regimi liberali,ben sapendo che alla modernità sidovesse dare una risposta non meno“moderna”. La sua stessa figura, diuomo di pensiero, a tratti quasi di-lemmatico, si confrontava e si scon-trava con una realtà bellica dietro laquale intravedeva il configurarsi dinuove egemonie politiche, intese co-me non meno pericolose di quelledeclinanti.L’arco di tempo raccontato dal mi-nisceneggiato è quello che va dalbombardamento alleato di Roma, il19 luglio 1943, alla liberazione perparte angloamericana il 4 giugnodell’anno successivo. Un periodo ditempo piuttosto breve, meno di unanno, durante il quale però l’Italiasubì, in rapida successione, la cadutadel regime mussoliniano, il muta-mento di alleanze militari e politiche,

la fuga della monarchia, la feroce oc-cupazione nazista, la disintegrazionedell’esercito così come lo sfaldamen-to di molte delle pubbliche ammi-nistrazioni, l’avvio della lotta parti-giana, la reviviscenza di un fascismotracotante e sanguinario. La guerraentrò definitivamente nelle case degliitaliani poiché fu il paese stesso a di-ventarne il teatro. La solitudine eral’elemento preponderante. La popo-lazione, a Roma come in tutta l’Italiaoccupata, rimase di fatto abbando-nata a sé. Tra questi gli ebrei, che inquei drammatici giorni vivevano unacondizione di gravosa sospensione,condividendo, con tanti altri, le fragilisperanze di una soluzione tanto ve-loce quanto indolore.Lo sviluppo degli eventi si è poi in-caricato di dirci dell’illusoria inge-nuità di tali ipotesi. Su di essi, infatti,cadde da subito la mannaia nazista,che già ai primi di ottobre del 1943aveva pianificato la deportazione si-stematica. In questo contesto, di persé estremamente problematico, poi-ché innumerevoli erano le variabiliche entravano simultaneamente ingioco, si inseriva il magistero morale,ma anche e soprattutto l’agire tem-porale, di Pio XII. Il quale per piùaspetti svolse il ruolo che gli com-peteva con calcolata misura sul ver-sante diplomatico, l’unica vera levad’azione politica a sua disposizione,insieme all’apertura dei conventi aiperseguitati. Ciò facendo non si rivelò indifferenteal destino degli ebrei pur non eleg-gendolo a esclusiva priorità del suooperato. Non diversamente, va riba-dito, da quanto facevano le cancel-lerie alleate.In tale condotta concorsero più fat-tori, a partire dal duro isolamentoche la Santa Sede scontava in queglianni, del pari alla sua debolezza, cosìcome i rischi che l’occupazione te-desca comportava. Pare peraltro ora-mai veramente poco attendibile la

“leggenda nera” che vuole il ponte-fice in qualche modo acquiescentealla volontà di Hitler.Sull’intensità dell’intervento papale,prima ancora che sulla sua efficacia,è invece ancora necessario discutere.Poiché un aspetto fondamentale, inquella storia, è la tonalità delle pro-teste che, forse, avrebbero potutocondurre il convoglio dei deportatiromani, partito il 18 ottobre, inveceche ad Auschwitz verso Mauthau-sen. La qual cosa avrebbe fatto ladifferenza tra la vita e la morte pernon pochi. Ma non è quest’ultimamateria cinematografica, non poten-do chiedere a una pellicola di inda-gare su quei brusii di allora che, neltempo, si sono trasformati nei boatidi oggi.

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ú– CLAUDIO VERCELLI STORICO

Il dibattito e l’ipotesi del rapimento

Molti giornalisti e critici cinemato-grafici, un pugno di storici, un gio-vane addetto stampa; losceneggiatore, alcuni esponenti delmondo cattolico; Ettore Bernabei,per decenni direttore della Rai efondatore di Lux vide, produttricedi Sotto il cielo di Roma e, ovvia-mente, gli attori protagonisti. Ilpubblico è di quelli assortiti.Tuttiaccomodati, in religioso silenzio,davanti a uno schermo gigante.Nelle eleganti sale di un albergo ro-mano sono in parecchi a rispondereall’invito dell’ufficio stampa Raiper un’anteprima della fiction chepromette di sbancare gli ascolti.Duecento minuti da trangugiare inun sol boccone per capire quali pos-sono essere le reazioni alla minise-rie che racconta Pio XII, il papa piùdiscusso degli ultimi decenni; la de-

portazione degli ebrei romani e iconventi che allora nella Capitalediedero rifugio a tanti perseguitati.Il film si apre sulle immagini delpontefice in preghiera. Il volto èquello ossuto di James Cromwellche, concorderanno diversi critici,in quest’occasione offre gran provadi sé. E subito scatta il riconosci-mento. Quello è infatti un volto piùche familiare per chi oltre dieci annifa aveva figli piccoli. Allora imper-sonava il fattore proprietario diBabe, il maialino coraggioso. Fi-gura un po’ acidula, ma comunquecarismatica (complice probabil-mente anche la statura di Cromwellche pare misuri ben 201 centime-tri). D’altronde la familiarità è una

buona chiave per inoltrarsi nellafiction. Miriam, la bella protagoni-sta, è infatti Alessandra Mastro-nardi, la tenera Eva dei Cesaronimentre Margot Sikabony, già vistain Un medico in famiglia, imper-sona la suorina di cui invano s’in-namorerà Marco. Insomma, un mixdi sicuro impatto. Soprattutto per ilpubblico tipo della prima serata diRaiuno che, come ci spiegherà dopoun esperto, in buona parte dei casiha un’età elevata e un titolo di stu-dio che non supera la quinta ele-mentare. Le immagini scorrono. Lostorico ogni tanto sobbalza sullasedia. Qualcuno inarca il sopracci-glio. Il critico prende appunti frene-tico. E l’appassionato di fiction si

lascia trasportare da questo fiumemulticolore in cui si mischianol’amore di David e Miriam e la de-portazione dal ghetto, il pontefice ei generali nazisti, i conventi e ibimbi in pericolo. Agiografico?Poco rispettoso della storia?Kitsch? Sarà. Ma anche fra gli ad-detti ai lavori c’è chi si commuove.E il senso critico alza bandierabianca. Cento minuti e le luci si riaccen-dono. Un breve intervallo. Unagentile signora provvede tè, succhidi frutta e pasticcini mignon. Icommenti scivolano via compiti.Non è ancora il momento di sbilan-ciarsi se non in qualche cortesia. Laseconda puntata si sofferma sulla

Travolti dal fiume della fiction

ú– SERGIO MINERBI DIPLOMATICO

Quella parola mai pronunciatapoteva forse salvare delle vite

u IL MISTICO Fin dalla prime scene, che ritraggono Pio XII in sofferta preghiera,si intuisce che la figura del pontefice sarà contrassegnata da un potente afflatomistico. Per tutta la durata della fiction torna infatti come un leit motiv il suocostante legame con il Cielo, accentuato da una sapiente regia che lavora sulladimensione verticale e da un uso suggestivo della luce che così spesso ne av-volge la figura (notevole, in questo senso, l’ultima scena che lo vede in piazzaSan Pietro circondato da una folla che lo applaude grata). Il raccoglimento inpreghiera e riflessione è in costante equilibrio con la vocazione politica e diplo-matica. Per questo non stupisce la sua volontà di pregare per la conversione diHitler che da un filmato d’epoca minaccia distruzione e morte.

Page 4: Pio XII, un debutto in prima serata - Mokeddi Pio XII era stato raffigurato nel film Amen di Costa Gavras del 2002, pusillanime se non compiacente con i nazisti. Gli ebrei insomma

esecutiva. Se però fosse vero, essodarebbe luogo ad un’ipotesi del tuttodiversa. Potremmo cioè immaginareche si delineasse un enorme baratto:il silenzio papale sulla deportazionedegli ebrei del 16 ottobre, in cambiodella mancata esecuzione del rapi-mento. Le minacce naziste controla Comunità ebraica erano comun-que note già con un certo anticipo.Tanto che la Segreteria di stato va-ticana registrò il 17 settembre: “Te-muti provvedimenti contro gli ebreiin Italia”. Qualche giorno prima, il9 settembre, il rabbino capo di RomaEugenio Zolli aveva proposto aimaggiorenti di chiudere il Tempioe gli uffici della Comunità e di di-struggere le cartelle fiscali degli ebreiper evitare che i tedeschi potesseroottenere una lista di nomi degli ebreiiscritti. La proposta non fu accettatae Zolli scomparve subito dopo. Pochi giorni dopo, il 25 settembre,il colonnello delle SS Herbert Kap-pler ricevette un ordine di Himmlerdi arrestare tutti gli ebrei e deportarliin Germania “per liquidazione”. Il

26 settembre Dante Almansi e UgoFoà furono quindi convocati dal co-lonnello Kappler che richiese entro36 ore 50 chilogrammi d’oro minac-ciando, in caso contrario, la depor-tazione di 200 ebrei. L’oro fu rac-colto e consegnato in tempo, senzaricorrere a nessun prestito né del Va-ticano né di altri. Meno di una set-timana più tardi, il primo ottobre, laSegreteria di stato vaticana prendenota di un progetto di invasione te-desca del Vaticano per “il sequestrodi persona del Sommo Pontefice”.Il 4 Ribbentrop telegrafa a von Weiz-sacker: “Il Governo del Reich rispet-terà in pieno la sovranità ed integra-lità dello Stato del Vaticano e gradiràche la Curia pubblichi un resocontonon ambiguo della situazione”. Erala risposta attesa dal Vaticano. Duegiorni dopo, il 6 ottobre, Kappler av-viserà il suo capo, il generale Wolff,che Theodor Dannecker era arrivatoin Italia per arrestare gli ebrei e de-portarli. Il giorno stesso il console Moelhau-sen, avuto sentore della questione,

telegrafò al ministro degli esteri Rib-bentrop e perfino a Hitler scrivendo:“Kappler ha ricevuto l’ordine di ar-restare ottomila ebrei residenti a Ro-ma e di procedere al loro trasportoverso l’Italia del nord dove sarannoliquidati”. Il console propose di uti-

lizzarli per lavori di fortificazioni. Ilmessaggio arrivò il giorno stesso an-che al presidente Roosevelt.Il 7 ottobre l’ambasciatore Weizsac-ker fu ricevuto dal segretario di statocardinale Maglione il quale gli chie-se, secondo i documenti vaticani,

che la Città eterna non diventasseun terreno di battaglia, una questionedi supremo interesse per la civiltà ela religione.Due giorni dopo, il 9 Ottobre, Weiz-sacker fu ricevuto in udienza privatadal Pontefice e gli comunicò a vocee per iscritto, che la Germania “eradeterminata e rispettare i diritti so-vrani e l’integrità” del Vaticano. Chiese inoltre una dichiarazione va-ticana che sarà lungamente discussafra le due parti e pubblicata a finemese sull’Osservatore romano.Date le relazioni di amicizia con ilpontefice, ed essendo ormai alla vi-gilia della razzia, è probabile chel’ambasciatore lo abbia informatoper sommi capi su quanto stava peravvenire. Weizsacker accennò ancheal qui pro quo: riconoscimento te-desco della neutralità vaticana, incambio del silenzio assoluto del Va-ticano sulla razzia degli ebrei? In tuttii casi questi furono i fatti, anche senon sappiamo se ci fosse un accordoformale. Qualche giorno dopo, il 14Ottobre, Weizsacker si recò nuova-

mente da Maglione che chiese soloci fossero “sufficienti forze di poliziaper mantenere l’ordine”, ma sugliebrei nemmeno una parola. Infine ilgiorno stesso della razzia, il 16 Ot-tobre, Maglione convocò l’ambascia-tore e gli disse: “La Santa Sede nonvorrebbe essere messa nella necessitàdi dire la sua parola di disapprova-zione”. Weizsacker rispose chieden-do di essere lasciato libero di nonriferire quella conversazione ufficialea Berlino. Sì, è vero, molti conventiaprirono le porte agli ebrei e De Fe-lice valuta a 4 mila e 447 il numerodegli ebrei salvati negli istituti reli-giosi. Molto probabilmente la desti-nazione originale di quelli catturatiera Mauthausen. Scrive la storica Li-liana Picciotto: “Solo più tardi ve-dendo che non c’era nessuna rea-zione dal Vaticano, il trasporto con1020 deportati che lasciò la stazioneTiburtina il 18 Ottobre, fu destinatoad Auschwitz e allo sterminio”. Unaparola avrebbe potuto deviare il tre-no verso Mauthausen con maggioriprobabilità di sopravvivere.

Piuttosto, restano comodamente as-senti i personaggi che avrebbero po-tuto creare problemi: Mussolini, no-minato en passant; i fascisti, che inun solo episodio rompono il mono-polio tedesco della cattiveria parteci-pando a un rastrellamento; le forzedell’ordine, che quando appaiono bre-vemente si mettono in luce solo perpietà umana. Ed è quasi del tutto can-cellato il popolo di Roma. Si fossefatto vedere di più, sarebbe diventatonecessario indagarne gli atteggiamen-ti: portando alla luce il mix non esal-tante di indifferenza, solidarietà, op-portunismo, ignavia, coraggio, cru-deltà che emerse nella realtà di untempo e luogo in cui l’antisemitismoera valuta corrente più di oggi. Ab-bondano invece gli uomini e donnedi Chiesa; che si distinguono nel peg-giore dei casi per sola insufficienza dicoraggio o di generosità. Come insi-nuare che per i fratelli giudei qualcunofra loro potesse nutrire antipatie?

enciclica di più ancora esplicita con-danna del razzismo nazista, la Hu-mani Generis Unitas, commissionatada Pio XI poco prima della morte.Ancora, agli spettatori non vengonoofferte molte indicazioni per com-prendere quali fossero le prioritàstrategiche del Vaticano; non si facenno all’anticomunismo che spin-geva Pio XII a mantenere un profiloil più possibile neutrale, in modo daporre il Vaticano nella condizione dipoter fungere da mediatore nei dia-loghi di pace e così garantire allaGermania il ruolo di baluardo euro-peo contro l’influenza bolscevica, vi-sta come vero nemico mortale dellacristianità. Pur non presentando errori partico-larmente marchiani (anche se col-pisce il fatto che le irruzione nei con-venti vengano presentate come ini-ziativa tedesca, mentre in realtà fu-rono condotte dagli italiani dellaBanda Koch), la tesi generale della

miniserie non mancherà di suscitaredelle reazioni. Può darsi che abbiaragione Corrado Augias nel definire,su la Repubblica, Sotto il cielo diRoma un prodotto teso a tracciareun profilo di Pacelli che ne faciliti ilprocesso di santificazione. Di sicuro è un altro importante tas-sello nell’ormai pluridecennale di-battito sul ruolo svolto da Pio XIIdurante la Shoah, che si va ad ag-giungere ad altre tre opere che ge-nerarono enormi controversie: il te-sto teatrale di Rolf Huchhuth Il Vi-cario (1963), la cui messa in scenaa Roma nel 1965 fu interrotta dallapolizia; il film Rappresaglia (GeorgePan Cosmatos, 1973), che condussea un processo penale per diffama-zione contro gli autori; e il già citatoAmen. La speranza è che questa vol-ta i toni siano meno accesi e sia pos-sibile avere un dibattito pubblico piùposato su quello che rimane un temacentrale nel rapporto tra ebrei e cat-tolici.

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pagine ebraiche n. 11 | novembre 2010 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO

IL LIBROLA COSTRUZIONE DELLA MEMORIA, IL FILM, LA TELEVISIONEE IL PARADOSSO DI UN’ITALIA CHE VUOLE ASSOLVERSI

S’intitola Conflicts of Memory - The Reception of Holocaust Films and TelevisionMiniseries in the Italian Press: 1945 To The Present (Oxford, Peter Lang, 2010) edè la prima ricognizione cronologicamente completa del percorso di formazionedella memoria pubblica della Shoah in Italia dall’immediato dopoguerra a oggi.L’autore, Emiliano Perra, storico dell’Università di Bristol, vi analizza i dibattiti su-scitati da film e programmi televisivi. Il volume considera un ampio corpus dimateriale audiovisivo, da L’ebreo errante (1948) al Perlasca televisivo (2002), pas-sando per opere celebri come Il portiere di notte (1974), La vita è bella (1997) eSchindler’s List (1993). Il quadro che ne emerge è quello di un paese che rispettoad altri contesti nazionali predilige interpretazioni universalizzanti e spesso destoricizzate, in larga partemutuate dal cattolicesimo e dal comunismo, che vedono la Shoah più come metafora che come eventostorico. Un paese che tende a riflettersi in una memoria auto-assolutoria che vede l’Italia come innocentein rapporto alla Shoah, e anzi come vittima essa stessa della guerra. La crescita, a partire dagli anni ‘80, dellaShoah nella memoria pubblica occidentale coincide in Italia con la crisi e il successivo collasso della primarepubblica e dei suoi simboli fondanti, in primo luogo il paradigma resistenziale e l’antifascismo. A unamaggiore attenzione per la specificità della persecuzione degli ebrei vengono così a corrispondere con fre-quenza posizioni tese a livellare le differenze storiche e morali tra fascismo e antifascismo, in un paradossoper cui la Shoah viene spesso usata per offrire una versione edulcorata della storia del paese.

TEDESCO da P34 /PERRA da P34 /

vita nei conventi e sul progetto dirapire il papa. E mentre la lovestory di David e Miriam si avvia almatrimonio, i tedeschi in ritiratarisparmiano la città grazie all’in-tercessione del pontefice. E’ l’epi-logo e il film si chiude com’erainiziato, sulla figura di Pio XII.Questa volta non più assorto inpreghiera, ma circondato dalla follaplaudente a piazza San Pietro.Al riaccendersi delle luci arrivano iprimi commenti. Anche se il rite-gno è palpabile. Ettore Bernabei siappassiona a spiegare le ragionidella fiction. Materia di cui è asso-luto specialista se si considera cheLux vide è stata produttrice anchedi un’apprezzatissima serie sui per-sonaggi della Bibbia. “Questa èuna televisione buona, che insegna,che trasmette dei contenuti. Non è

la televisione del demonio di cui haparlato di recente il papa e per cuiio stesso ho lavorato per tantianni”. Sbuca scettico dall’ombra ildirettore di Pagine Ebraiche GuidoVitale, che commenta gelido e cor-tese come lui il vizio del teleco-mando se lo sia tolto ormai da moltianni. Arriva sorridente Luca Ber-nabei, produttore della fiction, sa-luta e chiede opinioni. Un criticoparla di buon livello cinematogra-fico. Lo storico discetta del com-plesso rapporto tra fiction e storia.Ma l’ora è tarda: c’è chi deve tor-nare al lavoro, chi ha figli piccoli,chi un aereo da prendere, chi unacagnolina da portare a spasso. Ealla spicciolata la riunione si scio-glie. La discussione è rimandataalla prossima riunione di reda-zione.