PICCOLE STORIE DI DONNE ALBERGATRICI

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Estratto dal sito www.ilfuturomigliore.org Non è forse vero che si dice spesso che il settore culturale- turistico-alberghiero dovrebbe essere una delle risorse fondamentali del nostro paese ? E non è forse vero che il contributo delle donne, in ogni settore, è spesso stato trascurato, addirittura ignorato ? Per questo ho pensato di dedicare qualche pagina ad alcune donne che, proprio nel settore alberghiero, si sono date da fare e delle quali, per fortuna, abbiamo ancora notizia. Ecco quindi: PICCOLE STORIE DI DONNE ALBERGATRICI sergio benassai

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Estratto dal sito

www.ilfuturomigliore.org

Non è forse vero che si dice spesso che il settore culturale-turistico-alberghiero dovrebbe essere una delle risorse fondamentali del nostro paese ?

E non è forse vero che il contributo delle donne, in ogni settore, è spesso stato trascurato, addirittura ignorato ?

Per questo ho pensato di dedicare qualche pagina ad alcune donne che, proprio nel settore alberghiero, si sono date da fare e delle quali, per fortuna, abbiamo ancora notizia.

Ecco quindi:

PICCOLE STORIEDI

DONNE ALBERGATRICI

sergio benassai

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MAGDALA

Nella Descriptio Urbis (o Censimento Gnoli) del 1526, predisposta sotto il pontificato di Clemente VII, vengono elencate alcune donne, identificate col nome patronimico e con il mestiere da loro esercitato.Fra queste è citata: Magdala albergatrice.

Caravaggio

Non sappiamo altro di Magdala.

Però sappiamo che Magdala è il nome di una piccola città israeliana situata sul lato occidentale del lago di Tiberiade, dalla quale proveniva Maria Maddalena (Maddalena = di Magdala), ma anche il nome di un villaggio, con una famosa fortezza, che si trova ad un’altitudine di 2800 metri in Etiopia, su un’amba a qualche decina di chilometri da Dessiè.

E allora forse potremmo immaginare che Magdala, l’albergatrice, sia una nobile etiope, catturata durante un suo viaggio nel Mediterraneo, presa poi come sposa da un taverniere romano, che, dopo la morte del marito, abbia preso in mano le redini della taverna/albergo ed abbia fatto fortuna incantando gli ospiti con la sua bellezza africana e con raffinate e misteriose pietanze ricche di sconosciuti aromi.

Una bellezza etiope

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CHIPITA

Chipita Rodriguez era una donna, non certo ricca, che gestiva una locanda in Texas, nella contea di San Patricio.

Un saloon texano

Nel 1863 fu accusata di aver ucciso John Savage, ospite della sua locanda, per rubargli seicento pezzi d'oro. Chipita subì un processo lampo e venne impiccata sulla riva di un fiume, vestita con un abito da sposa che le era stato prestato, perché era troppo povera per avere un abito decente, mentre la folla la insultava in una lingua che lei non capiva nemmeno.L'oro di Savage fu poi ritrovato nel fiume Aransas: Chipita non l'aveva rubato

Non sappiamo esattamente quale fosse la sua origine, ma forse era una povera india discendente dei Maya, che pure aveva avuto il coraggio e la forza di avviare un’attività che le avrebbe permesso di sottrarsi alla miseria che il destino in genere assegnava alle donne indie.

Donna india

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MIRANDOLINA

Nel 1751 Carlo Goldoni scrive una delle sue più famose commedie: “La locandiera”.

Al centro della commedia c’è Mirandolina, una locandiera, archetipo di una donna forte e volitiva, capace di condurre un gioco di seduzione per un proprio piacere intellettuale.

Ma Mirandolina in un altro senso è anche l’incarnazione dei nuovi ideali della borghesia emergente. E Mirandolina infatti si contrappone, come donna attiva, “imprenditrice”, ai nobili decaduti ed ai parassiti, che non contribuiscono in alcun modo allo sviluppo della società e che appaiono quindi ancor più ridicoli ed irritanti.

Mirandolina

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ANNA

Anna, figlia di un macellaio di Leopoldstadt, alla morte del marito Eduard Sacher (il figlio dell’inventore della famosa torta sacher), prese in mano la gestione del grande albergo che era stato aperto nel 1876, trasformandolo in uno dei più famosi alberghi dell’impero austro-ungarico dove si incontravano aristocratici e diplomatici di tutto il mondo.

Donna di grande carattere, appassionata fumatrice di sigari, amante dei cagnolini (ne aveva a decine), riuscì anche ad irritare l’imperatore Francesco Giuseppe I, facilitando incontri fra gli arciduchi della casa imperiale e le componenti del balletto dell’Opera di Vienna.

Anna Sacher

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EMMA

A Villabassa (Niederdorf), un piccolo paese della provincia di Bolzano è ancora in funzione l’albergo Aquila Nera fondato da Emma Hellenstainer.

La fama di Frau Emma è ben descritta da una leggenda:“Una cartolina postale, vergata con inchiostro rosso, imbucata a San Pietroburgo o negli Stati Uniti, aveva questo indirizzo: «Frau Emma in Europa»; eppure la cartolina arrivò regolarmente all’albergo “Aquila nera” di Villabassa.”

Fu Frau Emma, verso la metà del 1800, a introdurre nel Tirolo (dove si mangiavano solo canederli e speck, e senza tovaglia) mille raffinatezze culinarie, in ambienti con tende di lino e raso alle finestre, facendo arrivare verdura fresca dai vicini orti dell’abbazia di Novacella.E, dopo aver sposato il suo Joseph, il postiglione della valle, utilizzò le sue carrozze per spedire fino a Roma e Napoli il suo burro, che portava impresso il suo stemma.

Emma Hellenstainer

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MARIANTONIA

Ai primi del ‘900, Mariantonia Farace fu una delle prime abitanti capresi ad aprire la propria casa agli ospiti.

Donna caprese

Casa Mariantonia era una storica costruzione del 1800, situata nel centro storico del piccolo paese di Anacapri, la parte alta dell'isola di Capri.

Nelle antiche cucine di Casa Mariantonia si dice sia “nato” il Limoncello di Capri, preparato macerando le bucce dei limoni coltivati nel giardino della casa, naturalmente senza alcuna aggiunta di coloranti, stabilizzanti, additivi o conservanti.

Il limoncello

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STEPHANIE

Stephanie Tatin, insieme alla sorella Caroline, gestiva un albergo a Loret-Cher in Francia.I clienti affezionati, quando si fermavano per il pranzo, chiedevano sempre la torta di mele di Stephanie, che era molto apprezzata.

Una sera, data l’alta richiesta di torta di mele da parte dei numerosi clienti, Stephanie, nel preparare l’ennesima torta, mise nel forno l’impasto di mele, burro e zucchero, dimenticandosi però di mettere prima sul fondo la pasta.Quando se ne accorse, non si scoraggiò: prese la pasta che aveva preparato e la mise sopra all’impasto, mettendo di nuovo tutto nel forno.Una volta cotta, la rovesciò e la portò ai clienti in attesa, che se ne dichiararono entusiasti.

Era nata la “tarte Tatin” !

La tarte Tatin

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ELENA

In “L’albergo delle donne tristi”, il romanzo di Marcela Serrano, si racconta di un albergo gestito da Elena, una psichiatra, convinta che il male del secolo sia l'allontanamento dell'amore.

Donna triste

Un albergo dunque, e non una clinica, un rifugio per donne emotivamente ferite, situato in un'isola nel Sud del Cile.

Le donne possono soggiornare per tre mesi all'albergo e trovare conforto nella conoscenza di altre donne vulnerabili e della varietà di altri casi umani, prendendo lentamente coscienza di se stesse e poter quindi tornare alla vita normale un po' più forti.

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CATERINA

Nei primi anni del ‘900 Caterina Peretti, insieme al marito, dopo aver inutilmente cercato lavoro e fortuna a New York, torna a Forno di Valstrona, dove si dedicano alla gestione dell’albergo di famiglia.

Emigranti italiani a New York

L’esperienza di cuoco del marito, acquisita sulle navi e negli alberghi milanesi, consente di dare un’impronta di innovazione all’albergo.

Ma nel 1920 il marito muore e Caterina si rimbocca le maniche, riuscendo a mantenere aperto e gestire l’albergo, anche durante gli anni difficili della seconda guerra mondiale e del primo dopoguerra.

A Caterina subentra poi la figlia Maddalena e, successivamente, le nipoti Caterina e Anna

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ARMIDA

Tra i castagneti di Abbadia San Salvatore, sull’Amiata, alla fine della seconda guerra mondiale, Armida si trovò da sola a dover tirar su due figli.

Abbadia San salvatore

E allora aprì una piccola osteria dove si mangiava il pane con le acciughe, con il prosciutto, il formaggio, ma anche la trippa, i fegatelli o i pici con il sugo.

Per arrivare alla locanda però c’era da percorrere una piccola, ma dura, salita. E allora i minatori e i paesani che arrivavano all’osteria col fiato un po’ grosso esclamavano sempre, chiedendo un bicchiere di buon vino: “Armida, arrivare qui è come scalare il k2, stessa fatica ma stesso piacere!”

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K2

E l’osteria, trasformata poi in hotel, prese quindi il nome di K2.

ALMA

Alma Gaspari Menardi, nata ad Ancona nel 1866, nel 1916 era albergatrice di Cortina d’Ampezzo.Già dal 1915, nella zona del fronte che si estendeva dall’Isontino sino al Trentino, si attuarono internamenti di massa con l’obiettivo di tutelare la sicurezza militare, allontanare la classe dirigente locale fedele alla monarchia asburgica, ed imporre una rapida italianizzazione dei territori occupati.

Cortina d’Ampezzo

Il 16 agosto 1916 Alma venne internata a Firenze per motivi “politici”: procurato allarme, depressione dello spirito pubblico. In realtà stando al Commissario civile, l’allontanamento fu causato “dall’ostilità di un gruppo di ufficiali che, ospiti dell’albergo della donna, si comportavano da padroni ... e non volevano avere la benchè minima osservazione, nè pagare quanto è prescritto, ed alle lagnanze della Menardi la minacciavano di internamento”

Alma chiede il ritiro del provvedimento:“Sono italiana di nascita ma sposa ad un redento di Cortina di Ampezzo nel Cadore. I miei sentimenti di alta Italianità sono conosciuti ovunque; sempre lavorai .. per la causa italiana, tanto è vero che allo scoppio della guerra mondiale fui dagli austriaci imprigionata e processata a causa di ciò. Ora trovomi qui internata a Firenze ... per aver io osato criticare il generale Caputo ... per certi abusi che vengono commessi. Feci male, lo so, ma non trovo giustificato questo provvedimento.... La bimba deperisce di giorno in giorno ... Vengo a supplicare di rimpatriarmi onde salvare la mia figliola.”

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Firenze

La richiesta venne respinta senza appello.

MICHELA

Racconta Michela Mastio:

“Avevo un negozio a Orosei, non c’erano soldi e ogni volta che passavo davanti a Cala Liberotto, dicevo a me stessa, a voce sempre più alta: Miche’ qui devi venire.Quando chiusi la bottega, le amiche volevano portarmi dal medico, non avevano capito che io scappavo non perché fossi matta, volevo solo fare quello che piaceva a me e mio marito e oggi piace alle mie figlie e ai turisti.”

Cala Liberotto

Negli anni settanta nella Cala non c’era l’acqua (Portavo anch’io i bidoni a spalla), neppure una strada (L’ha tracciata mio marito), niente luce, nulla di nulla. È stata un’impresa.«Sono cocciuta — dice — sapevo che avrei vinto e ho vinto insieme alla mia famiglia».

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MARIE-ANGELIQUE

Marie-Angélique Satre, albergatrice a Pont-Aven, Francia verso la fine del 1800, e ritenuta una delle donne più belle del paese, aveva tra i suoi clienti un certo Paul Gauguin.Gaugin, che forse “approfittava” più del dovuto dell’ospitalità che riceveva, decise di “sdebitarsi” offrendosi di farle un ritratto.

La belle Angele

Il dipinto, ormai noto come “La belle Angele”, si caratterizza per una rottura con le convenzioni, utilizzando soluzioni tipiche delle stampe giapponesi e inserendo il ritratto di Angélique in un cerchio che si stacca da uno sfondo decorativo e ricorre alla divisione delle forme sottolineando il profilo delle figure con un tratto più scuro.

Ma la reazione di Angélique fu la seguente: Quando alla fine me lo ha mostrato io non ho potuto fare a meno di commentare "Che orrore!" e che poteva benissimo tenerselo.

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MAGGIORINA

La nonna Maggiorina abitava in una casa enorme, con le tre figlie, a Bezzecca, in Trentino.E si disse: “ perché non affittare delle camere e fare un ristorante?”Lo spazio c’era, le tre figlie potevano aiutarla.

Bezzecca

Però bisognava pensare a dare un nome a questa pensione. Maggiorina aveva scelto “Pensione Aurora”, ma la persona che si occupava di queste cose disse che Maggiorina era un nome bellissimo e particolare da dare a questa pensione e che sarebbe stato molto più facile (???) anche per la burocrazia.

Così cominciarono: le due figlie maggiori in cucina e in sala e la minore dava una mano . Questo durante l’estate; poi, d’inverno, a lavorare in casa a fare le maglie con le macchine.

Poi la Maggiorina se ne va e la pensione diviene un albergo.

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PAULINE

Pauline Zumtaugwald, cresciuta in una famiglia di contadini nel villaggio di Findeln, sopra Zermatt, si sposa con Andreas Julen: ha sette figli e, nel 1910 apre col marito la Pensione Julen.Ma dopo quattro anni Andreas muore.

Findeln

A questo punto Pauline attraversa tempi tutt’altro che facili, soprattutto con i sette figli da allevare. Ma nonostante i debiti della pensione, Pauline non pensa neppure per un istante a venderla. Insieme con i suoi figli, anch’essi chiamati a dare una mano fin dalla gioventù, ella continua a gestire la pensione affrontando coraggiosamente tutti gli ostacoli.

Una vita non facile, tanto che il figlio Meinrad, che prese in mano le redini della struttura all’età di 18 anni, raccontava: «Abbiamo affittato la camera per 8 franchi a persona con pensione completa e abbiamo ancora guadagnato dei soldi!»

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CARMELA

“Carmela del ghiaccio” era la moglie di Agostino Gargiulo, che gestiva una fabbrica per la produzione di “riggiole”, le famose piastrelle che decoravano i monasteri e le prestigiose dimore abitate da nobili e personaggi illustri.

Agostino , all’inizio del secolo scorso, decise di acquistare dal Comune la splendida villa di Punta San Francesco sulla penisola sorrentina e convertire la fabbrica di riggiole. Iniziò così la produzione di ghiaccio, prezioso refrigerante sempre più richiesto da alberghi e ristoranti.

Fabbrica del ghiaccio

Alla morte del marito, quando poi entrarono in funzione le macchine elettriche per la produzione del ghiaccio, Carmela abbandonò tale attività e trasformò la villa di Punta San Francesco in un albergo.

Gli occhi celesti color ghiaccio di Donna Carmela erano pieni di determinazione e negli anni a seguire fece costruire una bella piscina in giardino ed una sala ristorante a picco sul mare.

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VALENTINE

Valentine Vester, o "Mrs Val" o semplicemente "Val", come la chiamavano gli amici, era arrivata a Gerusalemme nel 1963 con il marito, Horatio Spafford, nipote dei fondatori dell' American Colony che, a cavallo della seconda guerra mondiale, era divenuta una pensione a gestione familiare, ma assai accogliente e di gran fascino se è vero che Winston Churcill e Lawrence d' Arabia vi si rifugiavano volentieri.

Valentine Vester

E grazie a Val, alla sua educazione al dialogo da gentildonna britannica, l' American Colony, situato sulla linea verde che separava la parte araba di Gerusalemme da quella ebraica, è diventato un foro extraterritoriale di discussione e di confronto in una città ancora divisa, un luogo d' incontro per politici e diplomatici ed inevitabilmente una cornice ideale di intrighi e di manovre. Fu ad esempio nella stanza 16 dell’ “American Colony” che si incontrarono i rappresentanti di Rabin e di Arafat misero a punto per preparare gli accordi di Oslo.