Parliamo di… Diarrea cronica Iolanda Parente Tutor: Tommaso Montini Casi Clinici del mercoledì
Piani Alimentari e Terapia del Sovrappeso Dott.ssa Iolanda ... · Il comportamento di rifiuto del...
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Dott.ssa Luce Ghigo Medico Chirurgo Convenzionato S.S.N.
Medicina di Gruppo - Medico di R.S.A.
Piani Alimentari e Terapia del Sovrappeso
Dott.ssa Iolanda Gaeta Psicologa Clinica
Referente per l’area "Salute e Benessere"dell’Istituto Comprensivo di Andezeno
”L’educazione alimentare in età evolutiva: gli aspetti medico/biologici e psicologici/educativi
dell’alimentazione”
Il comportamento alimentare, come ogni altro comportamento, è determinato da fattori bio-psico-sociali:
BIO -> Il problema del “cibo” non è solo di tipo biologico (fame/sazietà) ma anche e soprattutto di natura emotiva/psicologica.
PSICO-SOCIALI -> Stress, noia, rabbia, solitudine, abitudine, apprendimenti errati, sono queste le “spinte motivazionali” non biologiche che portano gli individui a mangiare/ o non mangiare.
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Il comportamento alimentare: un comportamento innato o acquisito?
Liquido amniotico->
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Allattamento al seno o biberon
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L’introduzione delle prime pappe rappresenta un importante tappa di crescita per il bambino:
- il primo incontro con cibi solidi
Cosa fare? -> mostrare fiducia nei confronti del bambinoL’adulto deve ricordare che il passaggio dal latte al cibo solido significa riconoscere che il bambino sta crescendo e in questo va sostenuto.
Quando dare la pappa? Quando ha veramente fame.Permettergli di toccare la pappa con le sue mani (almeno i primi tempi)gli permetterà di familiarizzare con il cibo e sarà più propenso ad assaggiarlo.
Perché i bambini amano toccare il cibo? Attraverso questo toccare il bambino si conferma nel voler essere sempre più protagonista della sua crescita.
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Una forzatura della “Neofobia” ovvero il rifiuto del nuovo, cioè delle prime tappe, potrebbe produrre un rifiuto stabile.
Per evitare questo bisognerebbe che ogni nuovo alimento fosse proposto con pazienza e a piccole quantità per volta, in sette o otto occasioni, condiviso in parte con la mamma che assaggiando il cibo rassicura bambino.
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Il comportamento di rifiuto del cibo è comune in questa fase perché è espressione di un normale processo maturativo durante il quale le capacità biologiche, cognitive e affettive del bambino si organizzano in maniera più complessa; questo richiede una negoziazione ri-negoziazione reciproca della coppia bambino-adulto per giungere a una nuova regolazione interattiva e a un nuovo adattamento che tenga conto del maggior senso di autonomia individuale del bambino. Può succedere in alcune circostanze che alcuni bambini rifiutino il cibo perché “lottano” per riuscire ad autogestirsi; possono utilizzare il cibo per esprimere rifiuto ed ostilità nei confronti di genitori iperprotettivi che non concedono loro autonomia ed indipendenza.
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Modelli significativi di comportamento
alimentare ( soprattutto madre /figlia-
padre/figlio).
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Tempi: colazione, spuntino sano, pranzo, merenda, cena: il riconoscimento di ciò che è regolare, prevedibile ed invariante è fondamentale per la crescita psicologica del bambino, in quanto ciò crea un sistema di aspettative condivise che il bambino giunge a riconoscere, ricordare e attendere (Stern, 1998).
Modi: a tavola, seduti composti, possibilmente senza tv e altre distrazioni (momento affettivo- relazionale)
Luoghi: cucina (non corse, non giochi, non distrazioni varie )
Evitare che i pasti durino ore con adulti che giocano e vezzeggiano il bambino; il cibo è una necessità e un piacere di per sé ed opportuno che il pasto duri 15/ 30 minuti non di più.
Evitare di usare il cibo come calmante durante il giorno o per farlo dormire.
Non premiare con il cibo = il cibo non deve gratificare a livello affettivo -> si mangia per una necessità biologica non affettiva.
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- Continuare ad imboccarlo per farlo mangiare di più e più in fretta poiché sa benissimo farlo da solo (come peraltro accade a scuola).
- Offrire dolci e merendine perché non ha mangiato tavola-> non farlo diventare un bambino “spizzicatore”- Trasformare la tavola di famiglia in un ristorante
“alla carta”.- Far durare i pasti per un tempo interminabile: dopo una
quindicina di minuti sparecchiare rimandando tutto al prossimo pasto.
- Consentirgli di comportarsi come vuole a tavola purché mangi.
- Evitare possibilmente la televisione durante i pasti affinché la comunicazione intrafamiliare sia incentivata.
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Il ruolo dell’apprendimento -> La scuolaSocializzazione ( ruolo dei pari); l’influenza sociale può modificare il
comportamento di accettazione del cibo del bambino grazie all’apprendimento osservativo (Bandura -> l’apprendimento avviene
anche attraverso l’osservazione del comportamento di un’altra persona, detta “modello”)
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L'età d'insorgenza dei disturbi alimentari si sta abbassando e l'esordio può presentarsi già nella fascia d'età che va da 0 a 3 anni.
Disagio alimentare
E' la manifestazione meno grave.
Un bambino ha un disagio alimentare quando ha un manifestazione particolare legata all'alimentazione: bizzarrie alimentari, inappetenza, selettività alimentare (mangia solo certi cibi o di un certo colore).
Il suo comportamento non è accompagnato da altri malesseri (per esempio disturbi del sonno, di evacuazione, del gioco). Un disagio è una manifestazione meno chiara, un malessere che il bambino cerca di comunicare utilizzando il cibo a mamma e a papà che sono i suoi "oggetti d'amore“.E' un campanello d'allarme, d'ascoltare; spesso è legato o alla sua relazione con il contesto familiare oppure con l'ambiente esterno. Esempi ne sono: l’entrata all’asilo nido, alla Scuola dell’Infanzia ecc.
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Disturbo alimentare
I disturbi alimentari sono quadri patologici più seri che vanno dal rifiuto totale del cibo ( anoressia infantile) o all'iperfagia (il bambino mangia troppo).
I disturbi alimentari si protraggono maggiormente nel tempo e spesso si evidenziano con cambiamenti anche legati al gioco, al sonno, alla scuola, allo studio, alla relazione con gli altri.
Necessita dell’intervento di un professionista.
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Se l’autoregolazione nutrizionale fallisce può esserci la focalizzazione sul cibo come regolatore degli stati emotivi
->L’alimentazione emozionale
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Fattori genetici: vulnerabilità familiare all’obesità, sindromi genetiche, endocrinologiche e/o neurologiche ( Obesità endogena).
Obesità esogena: fattori ambientali, stili di vita, alimentazione emozionale ->
In letteratura viene spesso evidenziato che se la madre tende a utilizzare il cibo come risposta univoca
ai diversi bisogni del bambino, questi progressivamente perderà la capacità di riconoscere il senso di
fame e di sazietà e imparerà ad utilizzare il cibo come risposta a tutte le sue sensazioni ed emozioni
positive e negative, che si tradurranno pertanto in comportamenti di voracità e talvolta di «binge
eating» (abbuffate compulsive). Ad esempio in situazioni di depressione materna, l'identificazione del
bambino con la madre può comportare una sensazione di vuoto affettivo che indurrà il bambino a
ricorrere all'assunzione di cibo come risposta univoca alla sensazione di vuoto.
“Anoressia bulimia obesità. La cura della parola. Per un salutare equilibrio psicofisico e una buona comunicazione interpersonale” di Beatrice Balsamo psicanalista esperta delle narrazioni..
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Due tipi di anoressia:
Anoressia infantile può essere collegato al processo di individuazione/separazione: il bambino/a è alla disperata ricerca di autonomia ed indipendenza (madri intrusive)
Anoressia adolescenziale: processo di individuazione- separazione (in queste famiglie vige un’iperprotezione con un controllo eccessivo in un periodo dove invece affiora la naturale esigenza di allentare legami familiari)
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L’immagine corporea è un costrutto multidimensionale caratterizzato dalle percezioni e dalle valutazioni dell’individuo in merito al proprio aspetto fisico (Cash e Pruzinsky, 2002).
Il sentimento di insoddisfazione è sostenuto dalla discrepanza fra la percezione che una persona ha del proprio corpo e il suo corpo ideale e ciò può far scaturire un sentimento negativo verso se stessi. Dott.ssa Iolanda Gaeta
Psicologa Clinica
Solo nel momento in cui si comincerà a credere che i bambini sono fin dalla nascita
competenti e capaci di stare nella relazione con l’altro, nonché in grado di comunicare efficacemente, si sarà in grado davvero di
comprenderli.
Dott.ssa Iolanda Gaeta Psicologa Clinica
Grazie per l’attenzione
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