Più genuino? Chiediamolo ai NAC · 2017. 9. 22. · Fino al 10 aprile 2013 tutti i cittadini UÈ...

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Le verità nascoste II marketing ci vende il cibo biologico come "naturale, sano, genuino, controllato e sostentile". Magli studi scientifici, le inchieste e le analisi sui punti deboli del sistema ci dicono invece che non è sempre così. Specie da quando la GDO l'ha trasformato in un business 38 lk febbraio 2013 Più sano, più genuino, più ecosostenibile, più af- fidabile. Laddove per "sano" si intende più ric- co di nutrienti (antiossidanti, polifenoli, vitami- na C, minerali), per "genuino" coltivato senza il ricorso alla chimica, "ecosostenibile" perché prodotto con impatto zero sull'ambiente e "af- fidabile" perché certificato da organismi di con- trollo lungo tutta la filiera. I quattro punti di forza degli alimenti provenienti da agricoltura biologica - per definizione - sono questi, o que- ste almeno sono le caratteristiche che vengo- no "vendute" ai consumatori. I quali infatti, nei sondaggi, sostengono di preferire i prodotti bio perché li considerano «più sicuri, più salutari, più rispettosi del pianeta». Ma è davvero così? Da un'analisi un po' più approfondita emerge che il quadro, in realtà, è un po' diverso e che tutte le valutazioni del caso andrebbero fatte ex post, facendo astrazione dai luoghi comuni di Francesco Condoluci e dalle semplificazioni commerciali e tenendo conto invece di una serie di variabili. Più sano? Dipende dai punti di vista... Il primo punto controverso è quello legato ai presunti valori nutrizionali superiori dei cibi bio: sull'argomento, nella comunità scientifica internazionale, da anni è in corso un dibattito. E per quanti studi accademici di provata au- torevolezza sostengano che gli alimenti biolo- gici contengano proteine e vitamine in quan- tità superiore a quelli convenzionali, ve sono altrettanti che invece ribadiscono l'assenza di elementi scientifici certi a suffragio di questa tesi ("Nutrition-related health effects of orga- nic foods: a systematic review", The American Journal of Clinical Nutrition, 2010) e mettono in evidenza piuttosto come (alla stessa stregua del gusto] le qualità nutrizionali di frutta o ver-

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Le verità nascosteII marketing ci vende

il cibo biologicocome "naturale,sano, genuino,

controllato esostentile". Maglistudi scientifici, le

inchieste e le analisisui punti deboli delsistema ci diconoinvece che non è

sempre così. Specieda quando la GDO

l'ha trasformato in unbusiness

3 8 lk febbraio 2013

Più sano, più genuino, più ecosostenibile, più af-fidabile. Laddove per "sano" si intende più ric-co di nutrienti (antiossidanti, polifenoli, vitami-na C, minerali), per "genuino" coltivato senzail ricorso alla chimica, "ecosostenibile" perchéprodotto con impatto zero sull'ambiente e "af-fidabile" perché certificato da organismi di con-trollo lungo tutta la filiera. I quattro punti diforza degli alimenti provenienti da agricolturabiologica - per definizione - sono questi, o que-ste almeno sono le caratteristiche che vengo-no "vendute" ai consumatori. I quali infatti, neisondaggi, sostengono di preferire i prodotti bioperché li considerano «più sicuri, più salutari,più rispettosi del pianeta». Ma è davvero così?Da un'analisi un po' più approfondita emergeche il quadro, in realtà, è un po' diverso e chetutte le valutazioni del caso andrebbero fatteex post, facendo astrazione dai luoghi comuni

di Francesco Condoluci

e dalle semplificazioni commerciali e tenendo

conto invece di una serie di variabili.

Più sano? Dipende dai punti di vista...Il primo punto controverso è quello legato aipresunti valori nutrizionali superiori dei cibibio: sull'argomento, nella comunità scientificainternazionale, da anni è in corso un dibattito.E per quanti studi accademici di provata au-torevolezza sostengano che gli alimenti biolo-gici contengano proteine e vitamine in quan-tità superiore a quelli convenzionali, ve sonoaltrettanti che invece ribadiscono l'assenza dielementi scientifici certi a suffragio di questatesi ("Nutrition-related health effects of orga-nic foods: a systematic review", The AmericanJournal of Clinical Nutrition, 2010) e mettonoin evidenza piuttosto come (alla stessa streguadel gusto] le qualità nutrizionali di frutta o ver-

e.santoro
Evidenziato
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dura dipendono da fattori mutevoli quali clima,territorio, varietà e freschezza e non, sic et sim-pliciter, dal metodo di coltivazione utilizzato.

Più genuino? Chiediamolo ai NACVa da sé che contrassegnare, in termini assolu-ti, il cibo bio come "più sano" , appare un'ar-gomentazione quanto meno opinabile. Moltopiù fondato invece, l'assunto sulla "genuinità"del biologico. Anche se, pure qui, è doveroso fa-re dei distinguo. Fermo restando che la filosofiabio bandisce tutti quegli antiparassitari e pesti-cidi (così come additivi e conservanti) di originechimica che possono provocare danni alla salutee ali' ambiente, non bisogna illudersi tuttavia chela normativa, seppur stringente, possa mettereal riparo l'intera produzione presente sul mer-cato dal rischio-residui chimici. A parte il para-dosso del rotenone (l'insetticida vegetale usatoper anni dalle aziende biologiche, che alla finesi è rivelato tossico ed è stato messo fuorilegge),sulla "genuinità" del bio pende costantemente laspada di Damocle delle contraffazioni. Le truffescoperchiate, in quest'ambito, dai Nuclei Anti-frodi dei Carabinieri (NAC), sono decine. «Nelbiennio 2011 -2012 abbiamo portato a termine,assieme all'Agenzia delle Dogane, un'azione direspingimento di oltre 3 mila tonnellate di gra-no tenero falso "biologico" di provenienza stra-niera - spiega il colonnello Maurizio Delli Santi,comandante dei NAC del Comando PoliticheAgricole e Alimentari - la progressiva crescitadel settore e le forti aspettative del consuma-tore sui livelli di affidabilità delle certificazioni,ci hanno indotto a intensificare i controlli sullafiliera che hanno portato a bloccare alcuni pro-dotti importati dall'estero e a operare anche di-versi sequestri di prodotti nazionali». Sul pianodelle frodi di casa nostra, al Sud, dove (malgradola domanda sia praticamente inesistente) tra Si-cilia e Calabria si concentra il maggior numerodi aziende biologiche di ortofrutta, non di radosuccede - come raccontano i NAC - che «i col-tivatori dichiarino di produrre grossi quantita-tivi di ortaggi su terreni che in realtà hanno unacapacità produttiva minore: i restanti kg di prò-

La resa limitata delle colture biologiche impone alla grande industria di importare i prodotti per venderli su larga scala

dotto vengono fatti arrivare dai campi ad agri-coltura convenzionale, coltivati con l'utilizzo dipesticidi e senza alcuna garanzia bio».

Sostenibile? Sì, ma solo se è a km zeroVeniamo quindi al problema della sostenibili-tà ambientale, perché prima di asserire fretto-losamente che "biologico vuoi dire (sempre ecomunque) locale ed ecosostenibile" è bene esa-minare alcuni fattori. Le restrizioni normativesul biologico, disciplinate dal Regolamento CE834/2007 e a livello italiano dal Dm 220/95, seda un lato impongono ai produttori di rispettareterra, piante e animali, non usare Ogm e prodot-ti chimici, utilizzare risorse locali, favorire la bio-diversità ed evitare le colture intensive, dall'altrosono molto più blande rispetto alle modalità dicommercializzazione e distribuzione. Negli anni'90 il boom dei consumi e delle produzioni bio-logiche (solo in Italia le aziende, da 4 mila sonodiventate 40 mila) ha innescato ovviamente l'in-teresse della Grande Distribuzione Organizzata,portando diverse multinazionali a investire nel

^ Per saperne di più:

http://ajcn.nutrition.org

www.inran.it

www.efsa.europa.eu

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cover story

Biologico significa anche "prodotto

con risorse locali e ad impatto

zero sull'ambiente".

Ha senso allora comprare

in Italia un latte bio che arriva

dalla Germania percorrendo

migliaia di km?

Fino al 10 aprile 2013tutti i cittadini UÈ

possono partecipare allaConsultazione sul riesame

della politica europea inmateria di agricoltura

biologica.

\ Per saperne di più:

www.sinab.it

4 0 A febbraio20)3

settore. La resa limitata delle colture biologiche(30% in meno rispetto a quelli convenzionali)ha imposto però alla grande industria alimenta-re di importare i prodotti per poterli vendere sularga scala. In Italia, ad esempio, il latte biologicoche si trova nei supermercati arriva in gran partedalla Germania. Si può dunque definire "ecoso-

stenibile" un latte che, prima diarrivare in tavola, percorre mi-gliaia di km via gomma o via ae-rea, con dispendio di carburan-te e rilascio di agenti inquinantinell'ambiente? Ma non solo: ne-gli Usa diverse inchieste hannodimostrato che la GDO, pur dirifornire di ortaggi bio i negozi,non si fa scrupolo a importareil prodotto da Paesi lontani mi-gliaia di km e da coltivatori chenon rispettano i principi-cardi-ne del biologico. In soldoni: nel

momento in cui il bio diventa un business di lar-ga scala la sua sostenibilità finisce per essere ine-vitabilmente compromessa.

E chi controlla il controllore?L'ultimo elemento - in realtà l'aspetto fonda-mentale che coinvolge trasversalmente tutti glialtri - su cui vai la pena soffermarsi è la certifi-cazione. Il sistema di controllo cioè che qualifical'alimento bio come"affidabile"perchéprodottosecondo normativa, autorizzando il produttoread usare l'etichetta con il logo europeo, una fogliastilizzata composta da 12 stelle su fondo verde,che contraddistingue il cibo bio. Etichetta che,tracciando tutta la filiera, è l'unica davvero "tra-sparente" . In Italia è il Ministero delle PoliticheAgricole a sovrintendere al sistema e ad autoriz-zare gli organismi di controllo, ovvero le societàprivate accreditate presso l'apposito ente Accre-dia. Nel 2000 questi organismi certificatoli erano9: oggi sono 13 e lavorano sotto la supervisionedelle Regioni e a stretto contatto con l'Ispettora-to di tutela qualità e repressione frodi e i NAC.Il loro compito è verificare la rispondenza del-le produzioni ai regolamenti del biologico e va-

lutare le richieste di conversione delle aziendeconvenzionali. Il punto debole del sistema è chesono i produttori, a mezzo quota annuale e per-centuale sul venduto, a pagare questi enti privati.Con conseguente ricarico di costo sui prodotti invendita (il bio in media costa il 15% in più, ancheper questo) e con tutte le perplessità del caso suun meccanismo in cui il controllato paga il con-trollore e i controlli non vengono sempre esegui-ti con ispezioni in loco, ma solo sulla carta. Biosè uno degli enti certificatoli italiani che adotta iprotocolli più severi, con più visite ispettive alleaziende (la legge ne impone almeno una all'an-no), ma il suo presidente Vittorino Crivelli am-mette: «Mantenere questa rigidità è sempre piùdifficile. Per garantire i consumatori ci avvaliamodi tecnici specializzati che vigilano sulle aziendebio, mediante visite e relazioni. Ma ciò comportacosti più alti per le aziende clienti. C'è chi praticaprezzi inferiori ai nostri sul mercato, ma è diffi-cile credere che possa operare col nostro stessorigore». I controlli restano dunque il vero nodogordiano. A maggior ragione da quando il mer-cato è esploso e la grande industria ci ha messole mani sopra. Mandando in soffitta la filosofìabio con tutti i suoi buoni propositi.

Agricolturabiologica

Agricolturaconvenzionale

valorinutrizionali

produttiva

costisul mercato

impattosull'ambiente

trasparenzae tracciabilità Q

Tabella comparativa dei parametri agricoli più importanti

e.santoro
Evidenziato
e.santoro
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