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www.comune.ornago.mb.it [email protected] centralino tel. 039 628631 periodico informativo - APRILE - an no 2014 n. 01 ORNAGO tutti di RACCONTI CONCORSO LETTERARIO 2013 MAGGIORNAGO FESTA DEL 25 APRILE “LA MEMORIA SIA LA NOSTRA BUSSOLA”

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periodico informativo - APRILE -anno 2014n.01

ORNAGOtuttidi

RAccONti cONcORsO letteRARiO 2013

MAGGiORNAGO

FestA Del 25 APRile

“LA MEMORIA SIALA NOSTRA BUSSOLA”

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N. 01Anno - V NOVeMBRe 2014Distribuzione gratuitaPubblicità inf. 20%Tiratura 2.200 copie

editoreComune di Ornago

Direttore responsabileMaurizia [email protected]. 039 62 86 31

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Progetto grafico e realizzazione:EDITORI-RIUNITI scrlVia G. Galimberti, 8/d - 24124 BergamoTel. 035.3692015 - Fax [email protected]@editori-riuniti.itRaccolta pubblicitaria:EDITORI-RIUNITI [email protected]@editori-riuniti.it

ROc 23246

stampaCPZ - Costa di Mezzate

Distribuzionea cura del Comune

hanno collaborato inquesto numero:Maurizia Erba, Gabriella Marson, Pietro Boffi,Giulia Villa, Giovanna Ronco, Dario Raimondi,Michela Quadri, CAG, Carla Magni, allunni e insegnanti scuola primaria, Consiglio Comunale dei Ragazzi,Associazione Commercianti Ornago

CHIUSO IN TIPOGRAFIA 07/ 04/ 2014Questo notiziario è realizzato con carta Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione anche parziale.I trasgressori verranno perseguiti

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ORNAGO01 anno periodico informativo - APRILE -2014n.

tuttidi

MAGGIORNAGO

FESTA DEL25 APRILE

“LA MEMORIA SIALA NOSTRA BUSSOLA”

Foto di copertina:La fontanella del miracolo

iNDiRiZZi ON-liNeDel cOMUNe

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s.c.r.l.

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XXV APRile:RicORDiAMO i MORti Di

ORNAGO PeR lA liBeRtÁ

di Maurizia Erba, Sindaco

“Medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti 1943-1945”, coniata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Gli abitanti di Ornago, negli anni quaranta erano circa duemila.Ornago era un piccolo paese agricolo, dove la maggior parte dei cittadini doveva lavorare sodo per sbarcare il lunario e portare a casa il pane per i propri figli.Eppure anche in quegli anni, nei quali i diritti umani venivano violati da leggi oppressive e illiberali, ad Ornago in molti hanno guardato oltre il proprio interesse immediato e hanno scelto di sacrificarsi perché tutti gli italiani potessero riconquistare la libertà e vivere nella democrazia.-

Ad Ornago – 2000 abitanti - ci sono stati almeno sette cittadini, morti per difendere i loro ideali – quattro in combattimento nei pressi di Camuzzago e tre a seguito della

eeditoriale

L’editoriale

deportazione a Mauthausen.Questi morti continuano ad essere di esempio per tutti noi, perché ci hanno insegnato che la cosa più importante è quella di essere aperti al mondo, di sentirsi parte di una comunità, di contribuire insieme al benessere di tutti e che non è da soli che si raggiunge la felicità perché l’egoismo non paga.Questi nostri martiri ci aiutano ancora adesso a non perdere di vista questi che sono i valori fondanti della nostra civiltà.A questo proposito, voglio sottolineare che nei mesi scorsi ad Ornago si è fatto tesoro di questi esempi, dando vita a tre avvenimenti importanti.

È stato organizzato un concorso letterario, che ha suscitato interesse e partecipazione fra molti abili scrittori locali e che ha visto fra i premiati un racconto molto toccante, scritto dalle figlie di un nostro cittadino, morto a seguito degli stenti subiti a Mauthausen.La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha conferito la medaglia d’onore alla memoria a tre nostri concittadini deportati a Mauthausen: Luigi Besana, Giovanni Oggionni, Cesare Ronco, a riconoscimento del loro sacrificio.

Le classi quinte della nostra scuola primaria hanno realizzato

un’interessantissima mostra per la Giornata della Memoria, nella quale, attraverso l’esposizione di documentazione letteraria e fotografica, si accompagna il visitatore a comprendere gli orrori compiuti negli anni di governo in Europa del nazi-fascismo.Questa mostra sarà visibile in piazza Martiri il XXV aprile e nei giorni successivi rimarrà esposta nell’auditorium del Centro Sociale, a disposizione di tutti.Sono convinta che anche negli anni futuri dobbiamo continuare a trovare occasioni per tener viva la memoria di quanto è successo, perché questo ci aiuterà a capire per che cosa vale veramente la pena di impegnarci.

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cultura

ASSESSORATO ALLA CULTURA

FestA Del 25 APRile 2014

MUseO DellA MeMORiA

Cuor di soldato

Canterò per te,mio bel soldato.L’armonia busserà al tuo cuore,mi prenderà per mano;sottovoce seguirai il mio canto.Volo di rondine, spicchinell’azzurro cielo,mentre timidamenteabbasso lo sguardo.L’impeccabile divisa,protegge la mia fragile figura.L’armistizio è stato firmato;così poi svanirà la paura,per dare posto: Al bianco vessillo di pace.

Felicetti Simonetta

ProGraMMa celebrazioniPer la FeSta dellaliberazione del 25 aPrile

ore 09,45:Ritrovo davanti al Palazzo Comunale per l’ Alzabandiera.ore 10,00:Santa Messa nella Cappella del Cimitero.ore 11,00:Partenza del corteo dal Cimitero alla piazza Martiri.ore 11,15:In piazza Martiri discorso del Sindaco e presentazione del “Museo della memoria”. Cerimonia di consegna delle tessere ANPI e delle onorificenze ai familiari dei Martiri di Ornago.ore 12,00:Commemorazione presso il Monumento ai Partigiani a Camuzzago, con la partecipazione delle Amministrazioni Comunali di Ornago, Bellusco e Cavenago di Brianza.aperitivo offerto ai partecipanti.

Invitiamo tutti i cittadini di Ornago a partecipare alla celebrazione del 25 Aprile, perché “la memoria sia la nostra busso-la”. Per l’occasione verrà allestito in piazza Martiri “il museo della memoria”: un percorso di testimonianza sulla Shoah realizzato dai bambini delle classi quinte.

j

In occasione della giornata della memoria ci siamo documentati sui fatti successi attraverso letture, visione di film e ricerca di materiali. Abbiamo ideato un “museo” in cui esporre fotografie e testimonianze. È stato un lavoro impegnativo, ma a noi è piaciuto realizzarlo. Certo, le tematiche trattate sono opprimenti e

parlandone, ci siamo spesso com-mossi. Abbiamo iniziato a dipingere gli scatoloni per costruire le pareti colorandole di grigio per rappre-sentare il dolore e la sofferenza ma che a differenza del nero lascia un filo di speranza. Il museo è diviso in cinque sale. In ogni sala un oggetto significativo rappresenta la tematica

svolta. Nella sala 1 ci sono informa-zioni riguardo alle leggi razziali e alle deportazioni. Abbiamo scelto il colore azzurro perché è il colore delle lacrime. L’oggetto scelto per rappresentare la prima sala è una valigia. Lì dentro intere famiglie rac-chiudevano tutto ciò che potevano. Sono tristi le fotografie di queste

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Alunni e insegnanti classi 5 A – 5 B della scuola primaria

Acultura

ASSESSORATO ALLA CULTURA

tReceNtO ANNi DAl MiRAcOlO DellAMADONNA Del lAZZARettO

persone con la valigia ben stretta, perché era tutto ciò che gli restava. Non sapevano che, scesi dai treni, sarebbero stati privati anche di que-sto e per rievocare il valore di una vita, avrebbero potuto conservare solo i ricordi.Nella sala 2 il colore è il marrone: come il fango nel quale gli ebrei erano costretti a muoversi per sopravvivere. Abbiamo cercato di ricostruire l’entrata del campo di sterminio di Auschwitz, tristemente famoso per la frase posta sopra il cancello: “il lavoro rende libero”. Abbiamo posizionato a fianco la car-tina d’Italia con l’indicazione delle

regioni nelle quali erano presenti campi di concentramento. Nella sala 3 abbiamo descritto la vita nei lager. È stato scelto il colore rosso come il sangue versato da milioni di ebrei sterminati. Molti furono uccisi a bastonate o fucilati senza motivo dalle SS. Altri finirono nei forni crematori. Il simbolo di questa sala è il pigiama a righe indossato dai detenuti. Era una sottile casacca carceraria che non proteggeva dal freddo. La sala 4 è dedicata al ricordo dei tanti bambini rinchiusi nei campi: il colore viola è quello che meglio esprime la tristezza per la separazione dai genitori, la

nostalgia per la casa, la paura delle botte e della morte. Poesie e lettere da noi riscritte manifestano in modo forte e toccante questi sentimenti. Abbiamo esposto vecchie bambole e un gioco della tombola degli anni 40 che potrebbero essere proprio come quelli che questi bambini avevano con sé al momento della deportazione. La sala 5 quella della speranza, è dedicata al giorno della memoria. Il verde è il colore scelto per questa sala; un albero pieno di foglie e cuori, con al centro una piccola stella, ne è il simbolo: il ricordo di ciò che è stato è la luce che deve illuminare i nostri cuori.

Era l’Aprile del 1714 e tre fanciulli di Ornago andarono a fare legna nel bosco nei pressi dell’attuale San-tuario. Allora al suo posto si trovava una cappellina posta all’interno di un recinto chiamato “il lazzaret-to”. La capellina era dedicata alla Madonna e quel luogo era venerato dagli abitanti di Ornago.I tre bambini giunti nel bosco inizia-rono a raccogliere la legna e ad un certo punto ebbero sete. Stavano quasi per tornare quando uno dei tre si accorse che in un punto l’erba era umida. Scavarono un po’ e dal buco iniziò a zampillare dell’acqua.Dissetatisi tornarono a casa e rac-contarono quanto era accaduto loro. Tutti rimasero sorpresi perché era un periodo siccitoso tanto che an-che i pozzi si erano quasi asciugati.

Nei giorni seguenti la scoperta della pozza molte persone iniziarono ad andare a quella fonte che si iniziò a pensare fosse miracolosa. La voce che l’acqua facesse miracoli si sparse anche ai paesi vicini e tutti iniziarono a portare i malati perché guarissero.

Venne scavato un pozzo più pro-fondo per poter attingere meglio l’acqua miracolosa e con il tempo qualcuno iniziò a venderla. A quel punto intervenne l’autorità eccle-siastica per verificare cosa stava succedendo.

Vi furono tre indagini da parte delle autorità e, se inizialmente venne di-chiarato che di miracoloso non c’era nulla, alla fine della terza indagine,

dopo aver ascoltato varie testimo-nianze ed aver appurato la guarigio-ne di tre malati, venne confermato che si trattava di acqua miracolosa.

A quel punto si decise di procedere con la costruzione di un Santuario (la prima pietra venne posata nel 1716) che diventasse un punto di riferimento per le comunità e consacrasse quindi il miracolo della Madonna del Lazzaretto.

Questo anniversario importante verrà festeggiato con alcune iniziative durante il mese di MaGGio, nella cornice di eventi del Maggiornago, il cui program-ma è pubblicato nella pagina che segue.

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2014MAGGIORNAGOMARTEDì 29 APRILE ore 21.00 Aula Consiliare del Palazzo del Comune “CAMUZZAGO MEDIEVALE ED IL TERRITORIO LIMITROFO”Ornago nel medioevo a partire dagli studi fatti per una tesi di laurea dal dott. Pasqualino Puja.

SABATO 3 MAGGIO dalle ore 14.00 alle ore 19.00DOMENICA 4 MAGGIO dalle ore 10.00 alle ore 17.00“IL TUO PAESE” Mostra di disegni e dipinti realizzati dagli alunni della scuola primaria esposti lungo la ciclabile di via Banfi, che collega il Santuario alla “Fontanella del Miracolo”. L’esposizione è organizzata da Avis e Aido di Ornago, in collaborazione con l’ “Antica Bottega del Santuario” e la scuola primaria di Ornago. La premiazione dei lavori avverrà DOMENICA 4 MAGGIO alle ore 15.30, con la presenza del pittore Mario Straforini, che per l’occasione allestirà una sua mostra personale.

SABATO 3 MAGGIO - ore 21.00 - Santuario della Beata Vergine del Lazzaretto “CON MARIA, NEL MESE DI MAGGIO”Concerto Corale con i Cantori di Calastoria ed il Gruppo polifonico Armonia.

VENERDì 9 MAGGIO - ore 21.00- Aula Consiliare del Palazzo del Comune “IL SISTEMA INFORMATIVO SUL CATASTO LOMBARDO-VENETO”Lo Studio Archimedia di Bergamo presenta la Ornago ottocentesca attraverso la cartografia e i registri del catasto lombardo–veneto in un sistema GIS, disponibile su CD e su web.

SABATO 10 MAGGIO - ore 10.00 - Biblioteca comunaleApertura della ESPOSIZIONE DEI LAVORI DEGLI ALLIEVI DEL CORSO DI PITTURA e aperitivo.La mostra sarà visitabile fino al 17 maggio negli orari di apertura della biblioteca.

DOMENICA 11 MAGGIO alle ore 16.00- ritrovo presso la foppa nuova zona Santuario (500mt. dopo il Santuario in direzione Roncello)“1714 - 2014 RICORDANDO IL MIRACOLO: una passeggiata teatrale dal Boscone alla Fontanella”Spettacolo itinerante lungo i sentieri e i luoghi del “miracolo” – organizzato dalla Associazione delleAli in collaborazione con la Filodrammatica di Ornago e con i ragazzi del Centro di Aggregazione Giovanile all’interno del progetto “Coltivare Cultura”.Gli spettatori saranno coinvolti in un percorso naturalistico a piedi per la campagna ornaghese per rivivere le atmosfere, le visioni e gli accadimenti di 300 anni fa. Seguirà aperitivo offerto dalla Associazione Commercianti e Artigiani di OrnagoLa passeggiata è adatta a tutti e non presenta difficoltà, ma si consigliano scarpe comode.

DOMENICA 18 MAGGIO dalle ore 8.00 alle ore 12.00- QUATAR SALT COI SCIATT - 37^ EDIZIONE - manifestazione podistica non agonisticaorganizzata dal gruppo Giovane Montagna.

DAL 17 MAGGIO AL 7 GIUGNO- presso il Centro Sportivo comunale“18^ TORNEO CITTÀ DI ORNAGO” (programma completo sul retro di copertina di questo informatore).

Il COMITATO GENITORI ORNAGO organizza nei giorni mercoledì 7 e giovedì 8 maggio presso la scuola mediauna MOSTRA DEL LIBRO, dalle ore 16,30 alle ore 18,00, in cui si potranno acquistare libri di interesse vario.

AVIS E GIOVANE MONTAGNA LANCIANO IL GRUPPO PODISTICORecentemente il gruppo Giovane Montagna di Ornago e l’Avis Comunale di Ornago hanno contribuito a creare un gruppo podistico non competitivo. L’obiettivo è quello di consentire a chi ama correre o camminare di farlo in compagnia e allegria.Chi fosse interessato a farne parte può inviare una mail a [email protected]

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Prima edizione (anno 2013)del concorso letterario

“leone Galbiati “

il PrinciPe delle FoPPe

Pubblichiamo il testo integrale del racconto vincitoree alcuni brani dei due testi premiati

con menzione d’onore dalla giuria del concorso.

Correva l’anno1972, e finalmente era arrivata l’estate an-che se per noi, o meglio per la maggior parte del nostro gruppo, il cambio di stagione non aveva un particolare significato.Ho detto “finalmente” perché l’arrivo del sole che scac-cia freddo e pioggia, a me, faceva un gran bell’effetto specialmente sulla pelle che ritornava ad essere morbida e lucida.Anche l’umore cambiava, si lavorava con più entusiasmo nonostante il programma di lavoro estivo fosse più pesan-te. Gli esercizi diventavano sempre più complicati, molto più difficili da eseguire e in alcuni casi anche pericolosi. Ne sapevano qualche cosa Wolfango e Calò. Il primo, nel superare il cerchio di fuoco aveva avuto una lesione all’occhio e adesso girava con una vistosa benda nera quasi fosse un pirata. Il secondo invece, nell’eseguire un tuffo carpiato aveva urtato il trampolino prendendosi una bella botta e ancora oggi zoppicava in modo evidente. La nostra insegnante, “maestra”, come la chiamavamo noi, in pratica la perso-na che ci gestiva in tutto e per tutto, si era data da fare immediatamente per aiutare i due compagni sfortunati prodigandosi con tutte le sue forze. Era stata l’ultima cosa che aveva fatto per noi.Adesso non c’era più. Se ne era andata in silenzio rispet-tando il suo contratto, aveva lasciato tutto e tutti dopo l’ultimo spettacolo. Nella sua roulotte, sul tavolino di finto mogano vicino al vaso con le rose di plastica, aveva lasciato una lettera e sulla busta aveva scritto una frase semplice e chiara.- All’att.ne dell’egregio e rispettabile direttore del circo di Mosca – Da leggere davanti ai miei ragazzi –

Quando Vladimir Petrov aveva preso la busta, non era riuscito a trattenere un sorriso e ci aveva rivolto uno sguardo amichevole. “I suoi ragazzi”. La maestra ci chiamava così e quel gior-no, in quella vecchia roulotte, vicino al tavolino di finto mogano, eravamo tutti lì, forse per l’ultima volta insieme.Vladimir Petrov rideva ma non sapeva, non poteva sapere che la maestra ci aveva anche insegnato a capire le parole e il loro significato e giocava con quella busta tra le mani, indeciso se rispettare le volontà della sua amica o chiudere lì, sui due piedi, tutta la vicenda. Poi aveva preso la sua decisione, aveva dato un sonoro colpo di tosse, aveva aperto la busta e iniziato a leggere.“Buongiorno ragazzi, buongiorno Wolfango, Calò, Bruto, Strega, Olga, Dimitri, Lucio, Danton e buongiorno a te caro EmileZola”. Mi aveva lasciato per ultimo con un partico-lare saluto pieno di affetto.“Vi ho raccolto in giro per il mondo, in Germania, in Italia, in Francia, in Russia e ho fatto di voi una squadra unita e compatta, ho riversato in voi la mia esperienza, le mie conoscenze e tutte le mie capacità ma adesso è arrivato il momento di rendervi la libertà. Nessuno sarebbe in grado di raccogliere la mia eredità e dirigervi nei numeri che fino ad oggi abbiamo presentato al pubblico. Chiedo quindi al nostro direttore di esaudire il mio ultimo desi-derio e di portarvi nel luogo che qui sotto ho indicato. Vi auguro lunga vita e tanta fortuna. La vostra Maestra.” Vladimir Petrov aveva smesso di sorridere: rispettare la volontà dell’amica equivaleva a rinunciare a un’esibizione unica nel suo genere. Nessun altro circo al mondo aveva un numero così particolare, nessun artista, nessun allena-tore, nessun maestro era mai riuscito ad addestrare delle

Primo Premio

“il PrinciPe delle foPPe”

di isacco stucchi

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rane, nove per l’esattezza, facendole saltare in un cerchio di fuoco, camminare su di un filo sospeso, danzare a tempo di valzer e soprattutto farle cantare. Alla fine di ogni esibizione la maestra ci disponeva a se-micerchio e quando partiva la base musicale ci dirigeva con la sua piccola bacchetta nera come un vero diret-tore di coro. Conoscevamo a memoria gli inni nazionali di ogni paese che il circo di Mosca visitava e la sera precedente, l’ultima sera, avevamo cantato con il nostro gracidare l’inno di Mameli tra il tripudio del pubblico.Il circo aveva piazzato le tende all’interno del parco di Monza e molto probabilmente la nostra destinazione sa-rebbe stata un paese lì vicino; io avevo una mezza idea.“Le Foppe di Ornago! Dove cavolo sono queste maledette foppe!” Vladimir Petrov si era rassegnato, avrebbe perso il numero delle rane rispettando l’ultima volontà della maestra.La mia ipotesi era corretta. Il male ai polmoni aveva più volte portato la maestra a frequentare un sanatorio in un paese vicino a Milano. Un sanatorio di campagna, deci-samente inusuale in quanto i sanatori sono posizionati in collina o in montagna e infatti quello di Ornago era l’unico sanatorio di pianura presente in Lombardia, una piccola struttura circondata da un bellissimo parco con alberi secolari e un tranquillo laghetto a confine col comune vicino. Quel laghetto, le foppe, com’erano chiamate dagli abitanti del posto, sarebbero state la nostra destinazione.Vladimir Petrov ci aveva caricato su uno dei furgoni del circo, sistemandoci in una di quelle vasche piene di acqua che usavamo durante gli spettacoli. Il viaggio era stato breve e quando il direttore aveva aperto le portiere dell’automezzo davanti ai nostri occhi, si era materia-lizzato un laghetto, una buca davvero grande piena di acqua e tutt’intorno, alberi, cespugli di canne e tanto sole, tutto il sole che sognavo da una vita. Alle nostre spalle il sanatorio, con il cancello del parco aperto e lì a fianco un medico in camice bianco. La maestra in più di un’oc-casione mi aveva parlato di quel medico che chiamava amichevolmente il “dott. Faust, un diavolo di medico”, definendolo un uomo buono, instancabile, gentile e pro-fessionale ma soprattutto molto abile nel suo lavoro.Il dott. Faust aveva forse sessant’anni ma era ancora un bell’uomo dal viso simpatico e solo qualche mese prima aveva comunicato alla maestra che il suo stato di salute era notevolmente peggiorato e la malattia ai polmoni stava degenerando. In quell’occasione le aveva detto la verità facendo crollare ogni sua speranza: le rimanevano solo pochi mesi di vita e la maestra tra le altre cose, gli ave-va confidato l’intenzione di portare lì i suoi ragazzi. Prima di chiudere il cancello e salutare Vladimir Petrov, quasi rivolgendosi a noi, il medico aveva detto a voce alta che si sarebbe dato da fare per recuperare un disco con l’inno d’Italia. Poi il piccolo furgone rosso con la scritta, circo

di Mosca, era ripartito e il medico aveva chiuso il cancel-lo con una grossa catena e un lucchetto dorato. Il direttore ci aveva scaricato sulla riva del laghetto svuotando la vasca che ci conteneva proprio dove il sole, in alcuni punti, aveva asciugato l’acqua e lasciato delle profonde crepe nel fango secco. Spaesati, increduli e incapaci di agire, oppressi dal silenzio che ci circondava, ci guarda-vamo negli occhi, immobili e forse impauriti per la nuova vita che ci aspettava.“Sveglia ragazzi, non piangetevi addosso, rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. Adesso non c’è più mam-mina che ci cambia l’acqua e ci serve pranzo e cena. Adesso tocca a noi, questo è il nostro momento”. Era stato Wolfango a parlare e subito Calò gli si era messo di fianco schierandosi in modo palese dalla sua parte. Strega aveva condiviso le sue parole e lo stesso avevano fatto tutti gli altri.“E tu? Caro il nostro EmileZola? Che cosa intendi fare?”Mi aveva ferito il suo modo di parlare, il suo tono pieno di sarcasmo quasi a imitare la voce della maestra che aveva appena preso in giro chiamandola mammina.“Io sono con voi a un patto.”“Ti ascolto.”“Vorrei che portassi il giusto rispetto per chi ci ha accudito in questi anni.” Senza accorgermi avevo gridato e il silenzio che era seguito alle mie parole era l’esatta risposta che mi aspettavo.Wolfango e Strega si erano rivelati due abili organizzato-ri, avevano individuato tra le canne di un isolotto quella che sarebbe stata la nostra nuova casa. La piccola isola a pochi metri dalla riva era una vera e propria fonte di novità, una miniera piena di cose nuove per noi, in tutti i sensi. L’ombra e il fresco e il folto cespuglio di canne richiamavano un gran numero d’insetti e così il pasto era assicurato mentre un grosso sasso dalla forma strana a becco d’anatra formava un trampolino naturale sull’acqua e questo ci avrebbe permesso di tenerci in costante esercizio mettendo in pratica gli insegnamenti ricevuti al circo. Calò, che si era completamente rimesso, era quello che fra tutti noi riproponeva i tuffi più difficili invitando-ci a imitarlo. La scoperta più interessante l’avevano fatta Dimitri e Olga che alla ricerca di un posticino appartato avevano trovato, appena sotto il pelo dell’acqua, un’aper-tura, una specie di collo d’oca che scendeva per almeno un metro sotto terra per poi dividersi in un’incredibile serie di gallerie che confluivano in uno spiazzo grande quanto la metà del nostro isolotto. Il tutto era perfettamen-te all’asciutto e sicuramente era stato scavato da qualche animale quando la nostra base era ancora unita alla terra. Avevamo trovato un comodo nascondiglio per quando il sole avrebbe lasciato il posto alle piogge e al freddo. I giorni passavano senza che succedesse niente a parte qualche ragazzino che arrivava alle foppe con l’intento

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di pescare qualche pesce finendo poi per divertirsi a gio-care al tiro a segno tirando dei sassi raccolti sulla riva al nostro indirizzo. C’era anche un grosso cane col pelo cor-to e bianco e con il muso tutto schiacciato che arrivava davanti all’isolotto, fiutava la nostra presenza e iniziava ad abbaiare fino a che il suo padrone, finito il giro della foppa più grande, lo veniva a riprendere.“Quell’animale inizia a darmi fastidio.”“E’ vero, anche a me dà fastidio!” Wolfango aveva parlato e Calò gli aveva subito fatto eco.“Dobbiamo fargli uno scherzetto.”“Io ci sto capo.” Nessun altro commento e così l’idea di Wolfango era finita nel dimenticatoio con mia grande soddisfazione. Come avremmo potuto fare uno scherzetto a quel cane grande e grosso.Poi era successo. L’estate stava terminando, lo sapevo perché la sera il sole calava presto e in fretta, ma al sa-natorio stava succedendo qualche cosa. Avevamo iniziato a sentire delle note musicali e poi nel parco si notava più movimento del solito, c’era più gente e si sentiva una voce parlare al microfono, anche se il vento contrario impediva a quelle parole di arrivare fino a noi. Il cancel-lo era stato aperto per permettere a due uomini robusti di portare fuori dei grossi rami secchi. Eravamo tutti eccitati, quel trambusto e la musica lontana ci riportavano ai momenti delle nostre esibizioni e in attesa di qualche cosa che sentivamo sarebbe successa, c’eravamo schie-rati a semicerchio. Tutti e nove. L’inno di Mameli era iniziato in sordina, poi flauti, tromboni, trombe e tamburi avevano preso il sopravvento.Con un piccolo balzo mi ero messo al centro dello schie-ramento e dopo aver battuto tre volte la zampa sul terreno avevamo iniziato la nostra prima esibizione, avevamo preso il tempo alla perfezione e un rinnovato entusiasmo stava rendendo perfetta l’esecuzione dell’inno.Quando la musica era calata di tono, avevamo dato il meglio di noi stessi. Wolfango e Calò si gonfiavano a dismisura, Olga e Strega duettavano con passione, Lucio, Danton e Dimitri li accompagnavano con estremo fervore e per quanto mi riguardava, la parte del solista, la cono-scevo a memoria.“EmileZola, c’è qualcuno!” L’inno era terminato e adesso il vento che era cambiato ci portava gli applausi di chi ci aveva ascoltato. Una giovane donna con un abito azzur-ro e un nastro dello stesso colore tra i capelli si stava avvicinando alla riva. Aveva un piccolo pacco stretto sotto il braccio, sembrava un regalo per noi. Era davvero carina, adesso la vedevo bene, si era fermata sulla riva dello stagno e con la mano m’invitava a raggiungerla.“Va Emile, va da lei, tocca a te.” Al circo ero sempre io ad andare a raccogliere gli applausi e alla fine di ogni esibizione il direttore del circo sceglieva tra il pubblico un paio di bambini per venire a vedermi da vicino. Aveva

i capelli lunghi fino alle spalle e gli occhi di un azzurro profondo e il suo viso mi ricordava quello del medico che aveva chiuso il cancello con la catena. Una cosa era certa, non aveva paura di me, non le facevo ribrezzo come ogni tanto succedeva con qualche ragazzina al circo.Era imbarazzata, lo capivo bene e si guardava in giro temendo che qualcuno la vedesse parlare a una rana e non sapeva come consegnarmi quel piccolo pacchettino avvolto nella carta rossa.“Ragazzi possiamo fare uno spettacolo per la signora, è la figlia del medico,” Non avevo parlato ai miei amici ma avevo gridato con tutta la voce che avevo in corpo gonfiandomi fino all’inverosimile.Wolfango era salito sopra il fusto di una canna seccata dal sole e l’aveva piegata sull’acqua come fosse un filo steso e Strega si era messa a camminarci sopra man-tenendosi in equilibrio come solo lei sapeva fare. Calò aveva iniziato la sua sequenza di tuffi seguito a ruota da Lucio, Dimitri e Olga mentre Bruto e Danton facevano il loro numero di acrobazia salendo a vicenda uno sulle spalle dell’altro. Guardavo la signora bionda che rideva divertita e batteva le mani; sapeva sicuramente di noi. Poi a un mio nuovo comando i ragazzi si erano messi a semicerchio improvvisando un quasi perfetto inno di Mameli anche senza musica. “Sono commossa, siete davvero bravi, mio padre mi ha raccontato la storia della vostra maestra e dei suoi ragaz-zi ma vedervi all’opera è una cosa unica.” A ogni frase battevo la zampa sul terreno per dirle che avevo capito le sue parole ma lei non poteva sapere.“Ho un regalo per voi.” Aveva aperto il pacchetto strap-pando la carta rossa. Al suo interno c’era una piccola scatola di plastica trasparente con una foto sorridente della maestra. Mi aveva guardato poi si era chinata e aveva deposto l’oggetto in acqua; sarebbe toccato a me spingerlo fino all’isola. La osservavo in silenzio e battevo la zampa in attesa di qualche sua nuova parola ma evi-dentemente non aveva più niente da dirmi. Si era alzata, aveva sussurrato una frase buffa, mi aveva sorriso e poi si era diretta a passo svelto verso il cancello del parco. Le giornate di pioggia, la nebbia prima e la neve poi ave-vano segnato l’arrivo dell’inverno. La nostra squadra era aumentata, Wolfango non aveva avuto niente in contrario ad accogliere nel gruppo altre rane delle foppe, nei sotter-ranei dell’isolotto c’era spazio per un esercito di rane. Le giornate passavano lente, con la brutta stagione nessuno veniva a pescare e del cane bianco non avevamo saputo più nulla, e anche nel parco, a causa del freddo, non si vedeva quasi più nessuno. Spesso pensavo alla frase buffa sussurrata dalla bella signora bionda, era la stessa domanda che tanti bambini facevano a Vladimir Petrov e ogni volta mi riportava il buon umore. Poi era arrivata

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la pioggia a sciogliere la neve e il vento ad allontanare il freddo e finalmente la primavera col suo tiepido sole e un pomeriggio era arrivata anche la signora bionda. Aveva aperto il cancello e fatto passare due ragazzini e al loro fianco con il camice bianco c’era il dott. Faust, quel diavolo di un medico. Uno dei due probabili figli aveva in una mano una scatola gialla e nell’altra una cosa rotonda di colore nero, una specie di piatto. Dietro di loro infermieri e malati arrivavano dal parco a gruppi. Anco-ra una volta, con la mano, faceva degli ampi gesti per invitarmi a raggiungerla e questa volta non avevo certo bisogno dell’incoraggiamento di Wolfango e in un attimo ero a riva.“Ragazzi questo è il ranocchio di cui vi parlavo, non conosco il suo nome ma ho con me l’elenco delle nove rane del circo di Mosca.” Dalla borsetta nera aveva preso un foglio che avevo già visto e aveva iniziato a leggere i nomi dei ragazzi nella speranza di cogliere una mia eventuale reazione. Ero l’ultimo della lista, lo sapevo.“EmileZola.” Avevo battuto la zampa sulla terra secca della riva mettendomi a gracidare in modo discreto.Di sicuro lei avrebbe capito. “Ragazzi è lui, il nostro amico ranocchio si chiama Emi-leZola.”“Mamma ti capisce, ha fatto il suo verso e ha battuto la zampa. Com’è possibile che una rana comune capisca quello che dici”. Mi sembrava che tra i due fosse il più piccolo, era bello come la sua mamma e come lei aveva i capelli biondi e gli occhi chiari e somigliava tanto a suo fratello. Era stato lui a parlare, poi mi si era inginocchiato davanti mostrandomi il palmo della mano e invitandomi a salire. Non me l’ero fatto dire due volte. Avevo fatto un piccolo balzo per atterrare delicatamente in quel morbido rifugio. “Stai tranquillo EmileZola, non ti faccio del male, voglio solo toccarti e accarezzarti.”Avevo deciso che avrei risposto a ogni sua domanda, l’avrei stupito, questo lo sapevo, ma avevo deciso così. “Hai paura di me?” nessun movimento, dire no era più complicato che rispondere di sì.“Ti fidi di me?” La risposta era affermativa e la mia zampa aveva battuto un colpo sul palmo della sua mano. Aveva capito il meccanismo per rivolgermi le domande. Bravo ragazzo e intelligente.“La mamma ha invitato tutti gli ospiti del sanatorio ad as-sistere al vostro spettacolo, è possibile?” Ancora una volta un sì e di seguito un nuovo colpo con la zampa, uno dei tanti sì in risposta a tutte le sue domande.“E’ incredibile mamma, EmileZola è molto intelligente, capisce davvero le parole, batte la zampa per dire sì e resta immobile quando la risposta è no.” Ragazzo curioso e simpatico.”Emile, mio fratello ha un giradischi e un disco con l’inno

d’Italia, è possibile sentire il vostro concerto?”Aveva detto concerto e non me lo sarei fatto ripetere, avevo fatto un balzo atterrando vicino all’acqua e poi avevo gridato ai ragazzi di prepararsi per l’inno di Mame-li. Le note dell’inno, dopo un leggero fruscio iniziavano a uscire con il loro impeto da quella strana scatola gialla e il volume non particolarmente alto ci avrebbe consentito di fare un figurone. Ancora una volta i ragazzi avevano preso il tempo alla perfezione e alla fine dell’esecuzione gli applausi avevano riempito ogni angolo delle foppe. Poi erano iniziati i tuffi spericolati, i passaggi sulle canne piegate a pelo d’acqua e i numeri di acrobazia. Tutti ride-vano e battevano le mani entusiasti. Alla fine il ragazzo con la scatola gialla mi si era avvicinato e dopo avermi accarezzato, mi aveva chiesto di poter tornare nelle setti-mane seguenti. Avevo dato la mia risposta affermativa ma avrei voluto dirgli di tornare tutte le volte che volevano.Mentre rientravo alla nostra base, pensavo a tutte quelle persone malate che avevamo fatto divertire e mi augura-vo di rivederle presto. I ragazzi della banda mi stavano aspettando pieni di curiosità e con immenso piacere avevo raccontato loro ogni minimo particolare del mio incontro con i figli della signora bionda.Avevano mantenuto la loro promessa, venendo quasi tutte le settimane, avevano voluto conoscere tutta la banda chiedendoci di ripetere ogni volta i nostri esercizi. I piacevolissimi incontri erano durati fino alla fine della scuola, poi le vacanze estive avevano messo fine alle loro visite. Ci avevano salutato con tristezza dandoci appuntamento alla fine dell’estate. Era l’estate del 1973 e non li avevamo più rivisti.Il mio sonno, nel lungo inverno, era pieno di sogni strani, di grossi e pericolosi pesci gatto che attaccavano l’isola, poi il buio, un’ombra scura che non voleva lasciarmi e il freddo che mi prendeva le ossa e anche il cane bianco era tornato e aveva vinto la paura dell’acqua e nuotava minaccioso verso l’isola. Alla fine qualcuno mi stava soffocando, sentivo un peso che mi sovrastava e qualche cosa che mi scuoteva, per la prima volta un sogno mi stava davvero spaventando. Avevo paura del niente ma dal fondo del cunicolo sentivo una voce lontana ma non riuscivo a capire le parole, poi Wolfango mi aveva letteralmente capovolto e mi ero svegliato. Ero sempre lì, nel mio angolino, adesso ero sveglio ma avevo sognato qualche cosa di brutto, qualche cosa che avrei tenuto solo per me.“Finalmente! Sveglia. E’ arrivato il ragazzino e ti cerca, continua a chiamarti.” Non potevo crederci. Eravamo in in-verno e la bella stagione era ancora lontana e poi c’erano le scuole, com’era possibile che fossero già arrivati.La giornata era buia e faceva freddo e sull’acqua c’erano delle croste di ghiaccio.”“EmileZola, non andare, ascolta da qui quello che ha da

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dirti, è troppo pericoloso, hai visto il ghiaccio?”“L’acqua non mi sembra così fredda Wolfango.” Avevo messo la punta della zampa nell’acqua e un brivido gelido mi era arrivato fino al cuore.“Guarda, ha un pacchetto rosso sotto il braccio, è un regalo per noi.”“Fa come vuoi EmileZola, io ti ho avvisato.”Non lo avevo ascoltato, ormai avevo deciso, avrei raggiunto il mio amico. L’acqua era gelida ma non sarei andato sul ghiaccio, vedevo un’apertura e l’avrei seguita per arrivare alla riva. Nuotavo a fatica, le zampe non vo-levano saperne di fare il loro dovere, forse aveva ragione Wolfango ma la riva era vicina e l’isola, ormai troppo lontana, Ero arrivato, ma ero senza forze. Presto prendimi tra le mani! Scaldami! Tienimi in vita! Perché sei solo, dov’è tuo fratello? Perché sei arrivato adesso, è ancora inverno. Non sai che a noi piace stare al caldo e dormire un po’. Tu non sai ma ho fatto un brutto sogno, io non credo ai sogni. Lo stavo tempestando di domande ma era rimasto immobile.“Ciao EmileZola, mi spiace ma non siamo riusciti a mantenere la promessa. Ho una cosa per te.” Come sua madre aveva strappato la carta rossa e ne era venuta fuori una scatola di plastica trasparente, all’interno una foto sorridente di suo fratello. Si era abbassato e l’aveva deposta nell’acqua e sarebbe toccato a me spingerla fino all’isola. Poi mi aveva accarezzato e subito avevo sentito una scossa e il sangue aveva ripreso a scorrere in me. Presto scaldami con le tue mani.“Mi piacerebbe baciarti e trasformarti in un principe ed esprimere un desiderio.”Era quella la frase che ogni tanto mi dicevano i bambini

al circo, era la stessa frase che mi aveva sussurrato la sua mamma e mi aveva detto anche lui la prima volta che c’eravamo visti. Adesso aveva il volto triste e gli occhi pieni di lacrime ma era sempre il bel ragazzo dai capelli biondi con gli occhi chiari e col viso buono, lo stesso del “dott. Faust, quel diavolo di medico”.“Mi piacerebbe darti un bacio e trasformarti in un prin-cipe ed esprimere un desiderio. Vorrei tanto, più di ogni altra cosa, che mi riportassi mio fratello.” Poi mi aveva preso e deposto nell’acqua gelida, aveva dato un ultimo sguardo all’isola e se n’era andato in silenzio col suo grande peso di dolore. Non poteva immaginare che per me sarebbe stata la fine.Vicino a me la scatola trasparente stava affondando, dentro, davanti alla foto sorridente c’era un piccolo ranocchio di metallo con gli occhi di vetro giallo. Troppo pesante, la sta facendo affondare. Forza EmileZola, ce la puoi fare, nuota, spingi la scatola verso l’isola, non farla andare sotto, poi ci pensa Wolfango a tirarti su. Non mollare, non adesso. Il cuore batteva a singhiozzo e anche le zampe si muovevano lentamente. Poi più nulla, solo un grande freddo e un’ombra scura. Andavo a fondo, mi sembrava di soffocare e sentivo il peso dell’acqua sopra di me. La piccola scatola trasparente oscillava e gli occhi gialli del ranocchio brillavano. Avrei voluto baciarlo e trasformarlo in un principe e poi esprimere un desiderio. Avrei voluto vedere ancora una volta il sole e sentirne tutto il suo calore e avrei voluto vederlo insieme ai miei due amici.

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Non c’erano dubbi, non era possibile sbagliare, il com-mento deciso e sicuro del guardiacaccia aveva chiuso la questione. Le sue parole erano state chiare, in tutti gli anni del suo lavoro non aveva mai visto niente del genere. (…) I due ragazzini si erano fermati a riposare seduti all’ombra, sulla panca di legno e avevano iniziato a cerca-re tra l’erba dei piccoli sassi con l’intenzione di giocare al tiro a segno e colpire una lattina che galleggiava sul pelo dell’acqua.I sassi formavano dei piccoli cerchi intorno alla loro minuta e colorata preda e ogni tanto un rumore metallico faceva aumentare il punteggio di uno dei due. Poi come spesso capita, si finisce per eccedere e al posto del sasso avevano tirato in acqua una zolla di terreno grossa come un melone. Il colpo non era andato a segno ma la lattina si era immediatamente trasformata in un piccolo vascello in preda alle onde di un’improvvisa tempesta. “Filma tutto che lo mettiamo su Facebook.”“Tranquillo lo sto facendo.” Il sorriso compiaciuto sulle bocche dei due amici si era spento subito. Qualche cosa di esageratamente grosso che non asso-migliava di certo a nessun pesce era emerso dall’acqua torbida ingoiando la lattina e trascinandosi verso la riva.Il rumore delle canne spezzate si era sentito chiaramente poi il silenzio era tornato a essere il padrone del piccolo stagno.“L’hai filmato?”“Sì, tutto.”“Non mi si vede la faccia quando butto il blocco di terra?”“No, stai tranquillo.”

“Che cosa era?”“Non ne ho la più pallida idea, ma tu l’hai visto bene?”“Certo che l’ho visto e lo possiamo rivedere subito, era una cosa grossa e verde, ma no so dire cosa fosse e comunque non era un pesce, per me è un coccodrillo.”“Sei scemo? Non dirlo neanche per scherzo.”“No, non sono scemo, non hai mai sentito al telegior-nale di quei deficienti che comprano un serpente o un animale esotico e poi quando diventa grosso, al posto di portarlo allo zoo lo buttano da qualche parte. A occhio e croce, per me, era lungo almeno un metro e mezzo anche se per un coccodrillo è ancora una misura piccola.”“Che cosa ci fa un coccodrillo in una foppa a Ornago.”“Che domanda è? Se uno lo butta quando è piccolo, lui ci vive, si adatta, mangia quello che gli capita e diventa grosso.”“In effetti, ha ingoiato la lattina, un pesce non avrebbe potuto farlo. Dai andiamo a vedere.”(…)Con estrema cautela si erano diretti nel punto in cui le canne erano più fitte e per farsi coraggio parlavano a voce alta e battevano i bastoni per terra quasi avessero dovuto scacciare dei serpenti.Poi l’avevano visto e non avevano avuto più dubbi. Il primo impulso era stato quello di scappare ma l’idea di avere una storia incredibile da raccontare agli amici era più forte della paura che avevano.“L’ha sbranato, se l’è mangiato vivo, guarda com’è concia-to, non è rimasto più niente.”Era il più piccolo dei due ma in quel momento era quello che dimostrava maggior coraggio e prendeva le deci-sioni. Non pensava più al coccodrillo ma a quella cosa

il mistero della FoPPa

menzione sPeciale

“il mistero della foPPa”

di Gian emilio Villa

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informe che aveva davanti.“Mamma mia che puzza, deve essere qui da un po’.”“L’odore lo sento ma cos’è?”“Mi sembra un cane.”“Ma figurati, un cane con il muso da maiale. Deve essere un cinghiale.”(…)Poi l’avevano sentito chiaramente, come fosse la tromba del settimo cavalleria, quasi un suono celeste per an-nunciare l’arrivo dell’angelo Gabriele in loro soccorso. Un lungo nitrito, ripetuto più volte e un ben distinto rumore di zoccoli che battevano il terreno asciutto e poi una nuvoletta di polvere sul sentiero ad annunciare l’arrivo del salvatore. Non era un miraggio, era davvero lui, il guardia-caccia in sella al suo fedele baio.“E’ il guardiacaccia!”(…)Si erano rivolti uno sguardo d’intesa, avevano di nuovo attraversato la strada dirigendosi verso il sentiero sbrac-ciandosi per attirare l’attenzione dell’uomo a cavallo. Le presentazioni erano state veloci così come il racconto sintetico ma efficace e alla fine tutti e tre si erano diretti verso la foppa.“Non ci sono dubbi, non posso sbagliare, questo è un gio-vane cinghiale o meglio, quello che ne rimane e dubito fortemente che una o anche più volpi l’abbiano ridotto così. Chi l’ha sbranato doveva essere decisamente più grosso di lui.”“Per noi è stato un coccodrillo, abbiamo anche un filma-to.”“Ragazzi attenti a quello che dite, non prendetemi in giro e fatemi vedere questo filmato. Comunque, così a spanne potrebbero essere stati anche dei cani randagi. Non ne ho visti in giro in questi giorni, ma potrebbe essere possibi-le.”Aveva visto e rivisto il breve filmato sul cellulare, ma il dubbio rimaneva sempre, non era sicuro di poter afferma-re con certezza cosa fosse quella cosa che era uscita dall’acqua per inghiottire una lattina.Ma se non era un coccodrillo… cosa diavolo era?“Avrei bisogno di scaricare il filmato sul computer per analizzare meglio le immagini.” Poi dalla bisaccia di cuoio attaccata alla sella, aveva recuperato foglio e penna e scritto il suo indirizzo.“Aspettatemi a casa mia, faccio qualche foto e fra trenta minuti vi raggiungo e per adesso non dite niente a nes-suno, meglio non allarmare la gente in paese.”(…)I ragazzi se ne erano andati con la promessa di non farne parola con nessuno e gli avevano lasciato i loro numeri di telefono. Li avrebbe chiamati per far sentire la loro testimonianza alla municipale o ai carabinieri. Poi aveva dato inizio al giro di telefonate aprendo, di fatto, la caccia

al coccodrillo.Nel pomeriggio il Sindaco avrebbe tenuto una riunione straordinaria, la zona doveva essere circoscritta, tran-sennata e vietata al pubblico e prima di sera sarebbe stata effettuata una battuta preliminare alla ricerca dell’animale misterioso.Nonostante l’iniziale e più assoluto riserbo, qualcuno aveva parlato e nel pomeriggio era comparso davanti al comune il furgone di una TV locale.Erano arrivati i rinforzi: carabinieri, vigili del fuoco e pro-tezione civile, tutti guidati dall’esperto guardiacaccia che nel frattempo si era documentato guardando al computer una serie di filmati su come catturare un coccodrillo e poi insieme erano partiti alla volta della foppa del Santua-rio.(…)Dietro la foppa iniziava il “boscone”, il bosco del Rio Val-lone con uno stretto sentiero poco battuto che si apriva tra le robinie. Sul lato sinistro invece i terreni erano colti-vati a grano e scendevano in un leggero declivio per un buon tratto per poi salire e tornare in piano sul territorio di Roncello.Immobile nella cabina della sua mietitrebbia verde e gial-la, Romano, conosciuto da tutti come John Deere, osser-vava incuriosito la lunga e colorata fila di persone che si stava dirigendo verso il boschetto. Più di quattrocento metri lo separavano dalla foppa ma grazie al suo piccolo e potente cannocchiale aveva tutto sotto controllo. -Forse è scappato un prigioniero dal carcere di Opera, ma-gari hanno rapinato la Banca Popolare di via Kennedy…-A Romano piaceva fantasticare e in quel momento stava pensando alle ipotesi più disparate anche perché per sua sfortuna non poteva fare altro.La sua mietitrebbia, una John Deere americana, che tra l’altro gli aveva garantito lo stesso nomignolo tra gli amici, era in panne e lì seduto aspettava con ansia che il meccanico inviato dall’azienda arrivasse con i pezzi di ricambio necessari. Il giorno precedente aveva investito in pieno un giovane cinghiale che dopo aver attraversato la statale, spaventato dal rumore del mezzo, non aveva saputo fare altro che infilarsi sotto la barra falciante per finire incastrato nel battitore. Romano aveva faticato non poco a estrarre il corpo dila-niato del povero animale costatando così la rottura di due barre del convogliatore.Adesso i problemi erano diventati due, il cinghiale morto e la macchina rotta e lui non voleva aver niente a che fare col guardiacaccia. Di problemi ne aveva già abba-stanza e così aveva optato per la soluzione più semplice: affondare il corpo dell’animale nella foppa.Arrivato a pochi metri dall’acqua, aveva lanciato la

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carcassa calcolando però male la distanza e l’animale era caduto vicino alla riva nello stesso momento in cui il pesce siluro era risalito dal fondo fino alla superficie dell’acqua per inghiottire una lattina che galleggiava. Il grosso animale non era riuscito nel suo intento ma il rumore provocato dallo spostamento dell’acqua aveva convinto Romano d’aver fatto centro.Un mese prima verso la fine di maggio, Nina, la badante moldava che curava la mamma di Romano aveva ricevuto la visita di un fratello che ogni cinque o sei settimane arrivava in Italia, dalla Romania, con il suo carico di pesce ancora vivo che metteva poi in vendita davanti alla fermata della metro a Milano.Quella domenica gli affari non erano andati molto bene e l’esemplare più grosso, un pesce siluro, un mostro di un metro e sessanta era rimasto invenduto e stava morendo.Era stato John Deere a consigliarli di buttarlo nella foppa

vicino a casa, gli avrebbe salvato la vita e avrebbe potu-to ripescarlo e rivenderlo in un secondo tempo.E fu così che fece il fratello di Nina salvando la vita al pesce siluro a scapito delle rane e dei piccoli pesci che vivevano nella foppa. Del feroce animale che aveva sbranato il cinghiale, non si seppe più nulla e così Ornago perse l’occasione di di-ventare il paese che aveva una foppa con un coccodrillo. O forse un alligatore?John Deere non aveva confidato a nessuno il suo segreto e tutti i giorni quando passava lì davanti, da profondo amante di tutto ciò che era americano, ripeteva una fila-strocca letta in un libro di Stephen King.“Al primo squillo Coccodrillo… A tutte le ore Alligatore” e se ne andava poi sorridendo pensando al guardiacaccia.

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cicatriciImpronte indelebili

“Io sono vivo fuori dal destino e tu vienimi a trovare, in questo paese da rifare.Ma domani morirò.

Lo capisco dagli sguardi dei dottori, dal sorriso amaro dell’infermiera.Ho con me la fotografia delle mie figlie, me l’ha portata mia moglie e ha fatto bene,

così le avrò tutte con me ma non dovranno vedermi: me l’ha messa sul cuscino, mi ha accarezzato il viso.Alla fine di tutto mi resta un solo desiderio:

che muoiano con me queste memorie di lutto, che chi ha patito la fame, il freddo, la paura, l’oltraggio,riposi in silenzio, che finisca con me tutto il dolore.

Certo… che razza di destino… andarsene a guerra finita!Comunque… è venuto tutto il resto, VENGA ANCHE QUESTA.”

menzione sPeciale

“cicatrici”

di clementina oGGionni

Da destra le piccole Clementina, Adele, Teresaed Ernestina con la mamma Rosa, nella foto scattata l’11 luglio 1945.

Oggionni Giovanni,in una foto scattatadai soldati americaniil 5 maggio 1945nel campo di Mauthausen.

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Questa è la triste storia di molti giovani italiani che, come nostro padre, si ribellarono alla dittatura fascista, dominata da Mussolini, che poi si alleò con Hitler in una brutta guerra con l’invasione nazista, trascinando tutta la popolazione a subire violenze e soprusi. E fu così che la gente, dopo tante umiliazioni, si ribellò e gruppi di molti valorosi intrapresero la lotta partigiana, con la complicità di quasi tutta la popolazione, stanchi di essere oppressi pur tenendosi nell’anonimato, per paura di essere denun-ciati dai compaesani fascisti. Per noi cominciò tutto in una brutta notte, precisamente a mezzanotte, il 27 marzo 1944. Eravamo molto picco-le: Ernesta aveva sette anni, Clementina tre, Teresa due, e Adele aveva solo due mesi. Dormivamo in una sola camera grande, situata al secondo piano di una casa di ringhiera in un cortile, con mamma e papà e il nonno paterno Antonio, facendo parte di un’unica famiglia. Venimmo svegliate, spaventate, dalle urla di persone sconosciute e da una luce accecante di una grossa pila, che illuminava tutta la camera (dato che non avevamo ancora la luce elettrica, ma solo una lanterna) e questo già ci mise paura. Erano due carabinieri con fucile in mano, ma prima che entrassero la mamma disse al papà di nascondersi nel solaio, ma lui non volle, per paura di rappresaglie contro di noi. Così loro, entrati, incitarono il papà a vestirsi e a seguirli, mentre noi, molto spaventate, continuavamo a piangere, ignare di tutto ciò che stava succedendo. La mamma, nel frattempo, interrogò i due ca-rabinieri, per sapere dove portassero il papà e il perché lo stessero facendo, ma loro risposero di chiederlo al marito perché stavano eseguendo gli ordini dati dal direttore del-le acciaierie Falch, dove lavorava il papà. Allora si rivolse al papà che le spiegò che non aveva fatto nulla di male e che presto l’avrebbero rilasciato, poi diede un bacio a noi e ci lasciò, commosso, con la consapevolezza di non sapere quando ci avrebbe riviste. (…)Dopo diversi giorni ci arrivarono due cartoline ed una lettera del papà da Brescia e da Bolzano, in cui scriveva di trovarsi sul treno con tanti altri ma di non sapere la de-stinazione. Così continuò la nostra vita, sperando sempre di rivedere il nostro papà. Vivevamo col nonno che lavo-rava un pezzo di terra in affitto, dove coltivavamo grano e mais e anche un orticello, avevamo anche una mucca che ci dava il latte: tutto questo era la nostra condizione di vita. Intanto passavano i mesi e noi, chi a scuola e chi all’asilo, si continuava ad attendere ansiose notizie che non arrivavano mai. Venne la fine della guerra e con il 25 aprile, giorno della Liberazione, e con la ritirata dei nazisti, eravamo convinte che presto sarebbe tornato anche il papà. Intanto alla radio annunciavano bollettini di arrivi con treni carichi di deportati scampati dai campi di sterminio, e così noi eravamo sempre più speranzose. E fu così che proprio la sera del 9 luglio 1945 venne il

portinaio dell’ospedale di Vimercate, cercando i familiari di Oggionni Giovanni. (…)La mamma disse di essere la moglie e fu così che un giovane del cortile, vedendo la mamma molto sconvolta e senza alcun mezzo per andare all’ospedale, si offrì di portarla sulla canna della sua bicicletta. All’ospedale trovò nel letto il papà così deperito che non credeva di riconoscerlo e ne rimase molto turbata, ma si fece forza e gli si avvicinò: si guardarono tutti e due, commossi, nascondendo ognuno la propria emozione nel ritrovarsi dopo così tanto tempo, assaporando con gioia e dolore le sensazioni del momento che stavano vivendo. Tutti e due avevano molte cose da dirsi ma fu prima la mamma a voler sapere cosa gli avevano fatto per ridurlo in quello stato. (…)Poco alla volta raccontò: «Inizialmente mi portarono al carcere di San Vittore a Milano, dove lì trovai tanti com-pagni di lavoro e rimasi circa un mese. Poi ci portarono alla stazione centrale di Milano e lì ci imbarcarono su un treno per bestiame e come tale eravamo trattati: fece sosta a Brescia, dove ho avuto la possibilità di spedirti una cartolina e anche a Bolzano ti feci recapitare una lettera, senza farmi vedere, per annunciarti il tragitto del treno; ma poi non ho avuto più possibilità di farti avere notizie. Viaggiammo ammassati a migliaia per più di dieci giorni, senza possibilità di contatti esterni, e senza saperne la destinazione. Il treno si fermò in una stazione a noi sconosciuta, e a malo modo ci fecero scende-re e ci trovammo davanti ad uno squadrone di militari tedeschi, che gridavano in una lingua che non capiva-mo, con manganelli in mano, e grossi cani al guinzaglio, che suscitavano in noi tanta paura. E, già sfiniti da un viaggio così lungo e faticoso, ci incolonnarono per una strada molto ripida per circa sei chilometri, lungo i quali molti di noi cadevano a terra sfiniti. Loro con i manganelli li facevano alzare e, mentre si saliva, davanti a noi, si profilava un’immensa fortezza situata sulla cima di una collina. Arrivammo davanti ad un grande portone, dove c’era appesa un’aquila di ferro con sotto una svastica: questo fu per noi la consapevolezza di essere prigio-nieri in un campo di sterminio. Il portone si aprì su di un enorme piazzale, dove ci lasciarono un giorno ed una notte esposti alle intemperie, nell’attesa di qualsia-si evento a noi sconosciuto. Al mattino dopo arrivò un plotone nazista, e sempre con urla ci fecero l’appello e, a gruppi, ci mandarono alle docce, ci rasarono e poi ci fecero anche la disinfestazione, con grossi tubi di acqua fredda e un liquido che ci faceva bruciare tutta la pelle. Mentre eravamo sul piazzale vedemmo filate di barac-che di legno che diventarono i nostri dormitori. Dopo la disinfestazione ci diedero una divisa a righe, e sul retro della casacca c’era stampato un triangolo rosso (segno di deportati politici), e ci misero un braccialetto di latta al

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polso, con inciso il proprio numero 63785 (così com’era anche sul taschino della casacca). Questo sostituiva il nostro nome. Poi ci misero in quarantena, ammucchiati in grande baracche, e da lì veniva per natura la sele-zione secondo la nostra forza di resistenza, per passare al lavoro oppure subito nelle camere a gas, perché non ritenuti idonei al lavoro faticoso a cui dovevamo essere sottoposti. Eravamo al campo di Mauthausen, in Austria, e lì ci rimasi poco, ma abbastanza per capire molte cose: ad esempio non si poteva parlare fra noi (anche perché eravamo di nazionalità diverse). Vedevamo sempre uscire del fumo da un grosso camino e ci chiedevamo il per-ché: non era di certo per cucinare. Ma poi ci rendemmo conto che erano forni crematori, in cui venivano bruciati coloro che erano in fin di vita e non più in grado di lavo-rare. E fu così che perdemmo la speranza di uscire dal campo, se non da quel camino. Più ne bruciavano e più ne arrivavano di nuovi, e noi, senza farci notare dalle SS, che erano i nostri aguzzini, ci informavamo di come si svolgevano i combattimenti nei nostri Paesi. Dormivamo su letti a castello con assi di legno, senza coperte, quattro sopra e quattro sotto e a volte, di notte, venivamo buttati giù dalle brande con grida minacciose, e ci lasciavano all’aperto per ore, senza saperne il motivo. I maltrattamenti erano tanti, ma il pensiero di rivedervi mi dava la forza di resistere all’annullamento della mia persona. Dopo fui trasferito in un altro campo, Gusen, e successivamen-te a Wiener Neustad, che dista circa 20 chilometri da Mauthausen, in cui si producevano armi e si lavorava oltre 12/15 ore al giorno, malnutriti, solo con brodaglia e un pezzo di pane nero. Così si arrivava a sera stremati, e dovevamo subire altre due ore di appello in piedi al gelo, così come al mattino. Io capivo che il mio fisico comin-ciava sempre più a deperire. Ho visto tanti di noi morire (anche i nostri due compaesani arrestati insieme a me), oppure uccisi solo perché non riuscivano più a stare in piedi. Verso la fine di marzo si percepiva un movimento strano in coloro che ci comandavano, e questo scompi-glio dava a noi la sensazione che qualche cosa stava per succedere. Un giorno ci radunarono e, a piedi, ci fecero rientrare a Mauthausen, e molti di noi, già sfiniti, cadeva-no a terra morenti, e loro li finivano con raffiche di mitra. Arrivati sul piazzale dell’appello, ci radunarono con quelli che già c’erano, e vedevamo un viavai di camionette con le SS che davano la sensazione di un fuggi fuggi. E così fu: ci lasciarono soli con i Kapò, anche loro nostri aguzzini, e questi ci trattavano ancor peggio, perché avevano in mano il comando. Dopo pochi giorni abbiamo visto entrare tanti autoblindo americani: era il 5 maggio. Allora capimmo che erano venuti a liberarci. Alcuni di noi, anche se stremati, hanno avuto la forza di fermare i Kapò che conoscevamo (perché stavano prendendo la fuga), e consegnarli agli americani. Noi esultavamo dalla

gioia di essere sopravvissuti, ma gli americani erano molto turbati nel vedere in che condizioni eravamo ridotti: larve umane. Si diedero subito da fare, ispezionarono il campo, bloccando per primo i forni crematori che ancora erano in funzione, e fotografarono tutto, anche noi, per immortalare la situazione e dare testimonianza degli orrori visti che essi, quasi increduli, dovevano dare visione al mondo intero. In seguito si ripresero e, molto determinati, cominciarono a creare ospedali da campo per i più gravi, diedero sepoltura ai corpi che giacevano ammucchiati in attesa di essere cremati, e, a poco a poco, la situazio-ne migliorava. Anche io fui ricoverato in ospedale, ma potevo muovermi e così andai alla ricerca di qualche mio compagno, e nel susseguirsi dei giorni il cibo non mancava ma non essendo più abituati a nutrirsi in modo normale, lo stomaco lo rifiutava, e questo aumentava di più il peggioramento fisico. Così non potei più muovermi. Ma nel frattempo, quelli in buone condizioni, li rimpatria-vano e anche tanti italiani tornarono a casa, e io ebbi la sensazione che davano sempre la precedenza ad altri» [abbiamo poi saputo che il motivo dell’attesa non era la discriminazione, come pensava il papà, bensì la consape-volezza delle sue gravi condizioni fisiche, che avrebbero messo a repentaglio il viaggio di ritorno].(…)Poi propose alla mamma di fare una fotografia tutte in-sieme, affinché lui ci vedesse senza che noi venissimo turbate dal suo stato fisico. Così facemmo e il papà fece appena in tempo a vederla, perché nonostante le premu-rose cure prestate da molti medici, era improbabile la sua sopravvivenza e fu così che la mamma lo volle a casa, e morì nel suo letto il 14 luglio 1945, a soli trentatré anni. Alla mamma ha consegnato il braccialetto che aveva al polso, e noi lo conserviamo con la lettera e le due cartoline, e anche le fotografie (scattate dagli americani nel campo il giorno in cui li hanno liberati) che ci sono pervenute da compagni che sono sopravvissuti. (…)Il funerale fu molto affollato: arrivarono diversi pullman con compagni di lavoro, e fu molto commovente per tutti, parenti e conoscenti, e tutto il paese partecipò al nostro dolore, mentre noi non capivamo il perché ci fosse suc-cesso tutto questo. Passato il momento del grande dolore e dello sconforto, la nostra vita proseguì con mille difficoltà, ma la mamma ci ha cresciute in modo dignitoso, così come avrebbe voluto il papà, e noi le siamo molto grate. Durante la gior-nata non mancava mai l’occasione di unirci nel ricordo del papà, e lo sentiamo sempre presente in mezzo a noi, e ricordiamo con tanta tristezza ciò che lui ha subito e la sua morte per darci quella libertà tanto desiderata, che gli è stata negata. (…)Ed ora noi, senza ripensamenti e senza alcun dubbio dob-biamo, al papà, alla mamma, e a tutti coloro che si sono impegnati nella Resistenza, onore e gratitudine.

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PUBBlichiAMO i GiUDiZi esPRessi sUi RAccONtiDAllA GiURiA Del cONcORsO letteRARiO

PriMo PreMio “il PrinciPe delle FoPPe”La giuria, all’unanimità, ritiene di assegnare il primo premio del Concorso Leone Galbiati al racconto “Il Principe delle foppe”, con la seguente motivazione: il racconto si segnala per originalità e capacità creativa; una favola moderna si staglia in uno sfondo fiabesco, le Foppe, luogo che condensa già in sé l’immaginario collettivo ornaghese. In essa fantasia e atmosfera magica si intersecano in un perfetto connubio che coinvolge il lettore, rendendolo parte integrante del testo. Le rane, care al luogo, vivono la loro microstoria come percorso di formazione. I nomi utilizzati, infine, (uno su tutti EmileZola) testimoniano la buona vena creativa dell’Autore. Il bacio immaginato e il finale delicato chiudono degnamente una storia da leggere tutta d’un fiato e da proporre come lettura condivisa, a mo’di cantastorie.

“il MiStero delle FoPPe” – Menzione d’onoreIl racconto “Il mistero della foppa”, da un punto di vista formale, rispetta i canoni del genere: incipit promettente (Non c’erano dubbi, non era possibile sbagliare, il commento deciso e sicuro del guardacaccia aveva chiuso la questione), elemento scatenante nitido, sequenze rapide e concitate, punto di massima tensione ritardato ad arte, scioglimento circolare (tutto parte dal guardiacaccia, tutto torna al guardiacaccia).Quello che convince, in realtà, è la sottile ironia del contenuto, quasi un sorriso ariostesco del narratore onnisciente che, con discrezione, muove i suoi personaggi come pedine inconsapevoli. Tutto si gioca, insomma, sul paradosso e sulla suggestione: il mistero, decisamente intrigante, si scontra con la normalità di un caso brillantemente risolto con il buon senso. Il sistema delle comparse, stupende nella loro palpabile ostinatezza, ruota vorticosamente intorno all’apparenza, alla suggestione: solo chi racconta sa come finirà la pseudo commedia.L’Autore, pur riprendendo un tema caro alla letteratura nordamericana, si segnala per originalità stilistica, capacità narrative indubbie e, cosa rara, l’idea, almeno così a me pare, di considerare la scrittura un gioco, quindi qualcosa di indubbiamente serio.

“cicatrici” – Menzione d’onoreUn racconto di una vicenda familiare ambientata in un periodo storico drammatico della nostra Nazione che descrive e rappresenta, attraverso scorci di vita quotidiana, la realtà che molte famiglie di Ornago hanno vissuto durante la Seconda guerra mondiale. Tempi duri, fatti di lavoro e di miseria, dove i pericoli e le barbarie di un regime autoritario hanno sconvolto e segnato per sempre moltissime famiglle.La descrizione semplice e puntuale della tragica vicenda, legata alla detenzione nel campo di concentramento tedesco, vissuta il prima persona da un nostro concittadino, ci fa riflettere e ricordare che quegli eventi, troppe volte narrati come fatti lontani dalla nostra vita quotidiana, hanno coinvolto e interessato l’esistenza di tutti noi, costringendoci a mantenere vivo il ricordo di quelle persone che, con il loro sacrificio, hanno permesso alle generazioni successive di poter aspirare a una vita migliore.

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BREVI DAL COMUNE Bbrevi dalcomunale

PiANO Di GOVeRNO Del teRRitORiO – P.G.t.È iniziata la procedura per la stesura del nuovo documento di piano, strumento che detta le linee strategiche della pianificazione urbanistica comunale, che andrà a sostituire lo stesso documento, collegato al P.G.T. (Piano di Governo del Territorio), approvato dal Comune di Ornago nel 2008. Ogni cinque anni è obbligatorio per ogni amministrazione dotarsi di un nuovo strumento di programmazione urbanistica che delinei le linee strategiche dello sviluppo del territorio.I documenti sono consultabili sul sito www.comune.ornago.mb.it

DistRiBUZiONe sAcchetti PeR lA RAccOltA DiFFeReNZiAtANel mese di maggio è prevista la distribuzione gratuita dei sacchetti della spazzatura a tutti i nuclei familiari e alle ditte in regola con il pagamento della TARES. Giorni e luoghi di consegna verranno comunicati tramite locandine e sito internet del Comune.

il NUOVO isee 2014Il cosiddetto “riccometro”, che dal 1998 serve per misurare il reddito delle famiglie italiane che richiedono prestazioni socio assistenziali e servizi a tariffa agevolata, è stato riformato (DPCM 159/2013); a partire dal 8 giugno 2014 gli uffici comunali accetteranno solo le attestazioni ISEE (Indicatore Situazione Economica Equivalente) elaborate con il nuovo sistema di calcolo. Le attestazioni ISEE rilasciate con la vecchia procedura, anche se non scadute, non saranno considerate valide.

seRViZiO seGNAlAZiONi/ReclAMiContinua la possibilità per i cittadini di utilizzare il servizio segnalazioni/reclami, attraverso i seguenti canali: modulo in carta disponibile presso tutti gli uffici, telefono, fax o mail .Il progetto, attivato lo scorso anno, ha visto una buona ed attiva partecipazione della cittadinanza: infatti ad oggi sono pervenute oltre 300 segnalazioni. Scopo del progetto è garantire a chiunque instauri un rapporto con l’Amministrazione la più ampia partecipazione alla vita della stessa, offrendo l’opportunità di migliorare i servizi alla luce delle considerazioni provenienti dall’utente, predisponendo rimedi e azioni correttive o preventive.

cassetta per le segnalazioni presente nell’atrio del Comune

tesseRe elettORAli PeR eleZiONi eUROPeee cOMUNAli Del 25 MAGGiO 2014I NUOVI RESIDENTI possono ritirare presso l’Ufficio Elettorale del Comune (Servizi Demografici) le tessere elettorali, consegnando la tessera in proprio possesso rilasciata dall’ultimo Comune di residenza, nei seguenti giorni ed orari:- da lunedì a sabato dalle ore 8.30 alle ore 12.00- mercoledì dalle ore 8.30 alle ore 19.00 orario continuato.Per ulteriori informazioni contattare il n. 039 62863.22/29.

SPortelli coMUnaliorari di aPertUralunedì 8.30 – 12.00martedì 8.30 – 12.00mercoledì (open day) 8.30 – 19.00giovedì 8.30 – 12.00venerdì 8.30 – 12.00sabato 8.30 – 12.00

L’Assistente Sociale riceve tutti i giorni previo appuntamento (tel. 039.6286331); il mercoledì dalle ore 14.00 alle ore 19.00, accesso libero, senza appuntamento.

FUnzione aSSociata Polizia locale - tel. 039. 62863.26/27coMUni di ornaGo – bUraGo di MolGora

Sede Ornago Sede Burago di Molgoralunedì 8.30 – 12.00 martedì 8.30 – 12.00mercoledì 14.00 – 19.00 giovedì 14.00 – 19.00venerdì 8.30 – 12.00 sabato 8.30 – 12.00

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news dalla scuola

c.c.R.

“imPARiascUOlA”

consiglio comunale dei ragazzi

alla Scuola Primaria bambine e bambini di quarta riflettono sulla parità dei generi

Il Consiglio Comunale dei Ragazzi è presente sul territorio di Ornago dall’anno 2000. È un’istituzione voluta da noi ragazzi per avere più voce all’interno della nostra scuola e per essere più attivi e responsabili come cittadini di Ornago.Il C.R.R. è votato da tutti gli studenti ed è composto da undici consiglieri e da un sindaco. Quest’anno il sin-daco dei ragazzi è Sara Castelli.In collaborazione con il C.C.R. nella nostra scuola è stato istituito il C.C.R. lab che ha lo scopo di

aiutare il C.C.R. a realizzare le varie iniziative da esso proposte.Come già detto in precedenza il C.C.R. è un progetto scolastico ed è proprio questo che lo rende partico-lare e unico nel suo genere.Quest’anno il C.C.R. ha proposto molte iniziative:• lotteria natalizia;• concorso fotografico e il tema

sarà “il cibo e le emozioni”;• giornata delle arti• infine è stata deliberata durante

la seduta del 12 febbraio una

giornata dedicata all’ambiente e al rispetto del nostro territorio che si terrà il 16 aprile e coin-volgerà i ragazzi, le ragazze, i docenti e tutto il personale della scuola secondaria di primo grado.

Noi membri del C.C.R. siamo molto orgogliosi di essere stati eletti dai nostri compagni e ciò ci motiva e ci sprona a dare il meglio di noi per rendere la nostra scuola un luogo sereno, accogliente e adatto per un apprendimento proficuo ed efficace.

Un argomento strano e particolare, non facilmente adattabile ad una progettazione scolastica pensata per bambini di 9 anni.Eppure i bambini sanno seguirci ed entusiasmarsi se il percorso che proponiamo loro racchiude in sé elementi di fantasia, gioco e stupore. All’inizio uno strano gioco, (che ne facciamo di queste pata-te?) per arrivare a comprendere un importante concetto: noi tutti siamo

(al contempo), uguali e diversi. Ab-biamo proseguito con le riflessioni di gruppo cercando di capire cosa è “uguale” o “diverso” nei generi maschile e femminile.Quindi gli alunni si sono sfidati nel gioco a squadre “indoVina cHi”, per associare i personaggi alla loro professione.In seguito hanno assistito alla visione di alcuni spezzoni di film, intervallati alla narrazione delle vi-

cende, riguardanti storie di persone che hanno combattuto i pregiudizi di genere per inseguire il loro sogno (Billy Elliot – Mulan – La bicicletta verde – Il mio grande sogno): poi insieme si è riflettuto sul messaggio delle storie. l lavoro è proseguito con le inter-viste, proposte dai bambini a due adulti, riguardanti abitudini familiari, attività professionali, hobby , per rilevare i comuni modi di pensare ed

Sara Castelli, Alessia Sestino, Lara Melita

Alunni ed insegnanti classi 4A e 4B della scuola primaria

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news dalla scuola

iscRiZiONi Al “NiDO Dei RANOcchi” confermati anche per il prossimo anno educativo i contributi comunali per abbassare le rette di frequenza.

Il progetto “ImPARIaSCUOLA” è promos-so dalle consigliere provinciali di Milano e Monza-Brianza. Chi volesse conoscerne i contenuti e le finalità, può visitare il sito:www.impariascuola.it.Per visionare i prodotti realizzati dai nostri alunni:www.impariascuola.it/index.php?pag=ris13a

jevidenziare gli stereotipi più diffusi.Il nostro percorso ha messo in evidenza che la diversa apparte-nenza sessuale, non deve preclu-dere l’uguaglianza nella società rispetto ad opportunità ed attività di

ogni genere: professionali, sociali, sportive, di studio ecc. A tutti siano offerte pari possibilità perché siamo diversi nelle caratteristiche fisiche, psichiche e culturali ma uguali nella dignità di persone.

Per il prossimo anno educativo (set-tembre 2014- luglio 2015) ci sono ancora alcuni posti disponibili al “nido dei ranocchi”, per bambini da 6 a 36 mesi, dato in gestione, alla società Baby Fantasy snc. Il nido è collocato in via Iqbal Masih, dietro la scuola elementare (vi si a accede dal parcheggio della biblioteca): è un ambiente confortevole e lumino-so, con una capienza di 10 posti, e un ampio giardino recintato, dove i bimbi possono giocare e muoversi in tutta sicurezza.Il nido è aperto nel periodo 1 set-tembre – 31 luglio, tutti i giorni non festivi dal lunedì al venerdì, dalle ore 7.30 alle ore 18.00, a eccezione dei periodi di festività natalizie e

pasquali. È prevista la frequenza part-time al mattino, con la frui-zione del pasto, o al pomeriggio. I bambini residenti ad Ornago hanno la priorità di ammissione al servizio rispetto ai non residenti. Per avere maggiori informazioni e per presen-tare le richieste di iscrizione occorre rivolgersi direttamente alla titolare del nido, sig.ra Campanile Maria-grazia, attraverso i contatti indicati nel box presente su questa pagina. Il nido possiede tutte le autorizza-zioni necessarie al funzionamento e i requisiti previsti dalla normativa regionale. Il Comune contribuisce al pagamento delle rette per i bimbi residenti, sulla base della situa-zione reddituale delle famiglie di

appartenenza (calcolata attraverso lo strumento dell’ISEE), versando direttamente al gestore una quota parte delle rette. Pertanto le famiglie potranno beneficiare di una retta agevolata se in possesso di un’atte-stazione ISEE inferiore ai 25.000,00 euro, come indicato nella tabella. Il costo mensile della retta comprende anche il pasto che viene preparato nella cucina della attigua scuola elementare. Per usufruire della retta agevolata occorre consegnare in Comune l’attestazione ISEE: gli uffici comunali provvederanno a comunicare alla Società Baby Fan-tasy la retta da applicare in funzione dell’indicatore Isee posseduto.

reddito del nUcleo

FaMiliare (iSee)

QUota FaMiGlia QUota coMUne QUota FaMiGlia QUota coMUne QUota FaMiGlia QUota coMUne

1^ FaScia iSee Fino a € 6.000 €. 340,00 € 260,00 € 232,00 € 205,00 € 200,00 € 185,00

2^ FaScia iSee da € 6.001 a € 12.000 €. 390,00 € 210,00 € 277,00 € 160,00 € 230,00 € 155,00

3^ FaScia iSee da € 12.001 a € 18.000 € 430,00 € 170,00 € 307,00 € 130,00 € 255,00 € 130,00

4^ FaScia iSee da € 18.001 a € 25.000 € 520,00 € 80,00 € 372,00 € 65,00 € 325,00 € 60,00

5^ FaScia iSee oltre € 25.001 € 600,00 - € 437,00 - € 385,00 -

teMPo Pieno Part tiMe Mattino Part tiMe PoMeriGGio

Il nostro nido promuove l’uguaglianza delle opportunità educative per tutti i bambini e bambine nel rispetto delle loro esigenze e vogliamo che l’ambiente nido sia per loro e per voi un piccolo gruppo familiare. Qui ci prendiamo cura di voi e dei vostri bambini attraverso la cura e l’ascolto.I vostri bambini potranno sperimentare all’interno del nido diverse attività didattiche, inglese per bambini dai 24 mesi ai 36 e piccoli laboratori didattici per i vostri bimbi ma anche per voi!

Baby Fantasy S.n.c. di Giardiello Silvana e Campanile Mariagrazia - Via Crocefisso,4-20876 Ornago (MB) - tel. 0396010673 cell. 346.8440330mail: [email protected] - [email protected] - www.baby-fantasy.it

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RUBRICA DEI ragazzi

centroaGGREGAZIONEgiovanile

c.A.G.

UN ALTRO ANNO INSIEME ALLE PROPOSTE DEL CAG: DAL FREDDO INVERNO ALLA PROFUMATA PRIMAVERA, PER UN CENTRO DI AGGREGAZIONE CHE È SEMPRE DI MODA IN TUTTE LE STAGIONI!!!

Dall’inizio dell’anno nuovo tante nuove proposte rivolte ai ragazzi e alle loro famiglie, tra cui il pigiama party di San Valentino e il torneo di calcetto mascherato di carnevale!Insieme ai fiori della primavera, sbocciano poi altre imperdibili proposte del CAG per la bella stagione!

Con l’inizio dell’anno sono riprese le attività del Centro di Aggregazione Giovanile (CAG), servizio comunale gestito da due educatori professionali della Cooperativa Aeris di Vimercate, Fabio Presti e Maddalena Sardi; il centro è rivolto ai ragazzi delle medie ed è aperto il mercoledì e il venerdì pomeriggio dalle ore 16.00 alle ore 18:30.Tanta voglia di stare insieme agli amici, tanta voglia di divertirsi, di giocare, di condividere e confrontarsi, e anche di essere protagonisti e attivi organizzatori del proprio tempo libero. È nato così uno “staff eventi” del CAG, formato prevalentemente da ragazzine, che segue tutte le fasi delle proposte, dall’ideazione alla sponsorizzazione, dalla creazione dei volantini alla realizzazione.È stato proposto un pigiama party da fare in una data speciale :il 14 febbraio! Il pensiero condiviso dell’equipe è stato che il giorno di San Valentino fosse la festa di chiunque innamorato, non solo di una persona, ma anche di una passione, di un ideale, di un progetto. Un gruppo di una ventina di ragazzi si è presentato così in auditorium del centro sociale, in “tenuta da notte” con pigiama e ciabatte, accompagnati dai genitori, che in più di un’occasione hanno fatto richiesta agli educatori di prolungare l’orario del termine della festa (che iniziava alle 19:30 e finiva alle 22.30) per potersi godere, a loro volta, quella serata speciale. Non è da escludere che si possa organizzare un altro momento in notturna (cari mamme e papà cercheremo di venir presto incontro ai vostri desideri!),considerato il grande successo dell’attività: pizza insieme, giochi di conoscenza, canti, balli, sfilate per eleggere il pigiama e le ciabatte più belle. Tanta partecipazione e tanta energia le carte vincenti della festa! Al termine gli educatori hanno regalato a tutti i partecipanti dei pensieri sull’importanza di voler bene, in primo luogo a sé stessi e di rispettarsi, facendo pescare da una scatola dei bigliettini. Ne regaliamo virtualmente uno anche a voi, una citazione che vi possa tenere compagnia e vi faccia un po’ partecipare alla nostra bella serata: “Amare sé stessi è l’inizio di un idillio che dura una vita” –

Oscar Wilde.Un’altra iniziativa del CAG, questa volta sul territorio, è stata la partecipazione alla festa di carnevale, sabato 8 marzo, in collaborazione con l’oratorio e la scuola di danza. Durante la sfilata del carro è stato organizzato, nell’anfiteatro fuori dalle palestre, un torneo di calcetto mascherato. E se “a carnevale ogni scherzo vale” al torneo del CAG a carnevale ogni goal segnato da una ragazza vale doppio, .segnato da qualcuno in maschera vale doppio, segnato da una ragazza in maschera vale ben 4 punti! Per l’occasione sono stati chiamati come guest star, due radiocronisti che hanno collaborato con yradio, la radio web della Cooperativa Aeris e che ora gestiscono un portale sportivo sulla rete www.sportincondotta.it: Nicholas Passoni e Roberto Sabatino.La loro presenza ha garantito un momento di divertente radiocronaca e buona musica, che hanno fatto da colonna sonora alle sfide. Indimenticabile la sfida Italia-Brasile, tra i nostri ragazzi e un papà con le due figlie, che ha visto il primo goal segnato dalla più piccolina vestita da principessa.Nel torneo meritano una menzione speciale i ragazzi che non hanno avuto timore nello sfidare i fortissimi educatori del CAG, anche loro mascherati per l’occasione: Mattia Stanghellini, Angelo Pruna, Davide Saronni, Andrea Di Gioia, Luca Moro e Gabriel Castillo.Un ringraziamento speciale a loro, a chi ha scelto di divertirsi con noi e alle altre agenzie educative con cui si è organizzato l’evento: il CAG è sempre in campo per lavorare in rete!E voi?? Siete pronti a divertirvi con noi?? Prestissimo altre iniziative del cag per i ragazzi, ma non solo. Per il trecentesimo anniversario del miracolo della fonte stiamo preparando,i nsieme all’Associazione DelleAli, un laboratorio teatrale,per fare un tuffo nel passato e rivivere insieme gli eventi che tanta meraviglia hanno portato a Ornago. Venite a trovarci per saperne di più!Vi aspettiamo durante gli orari di apertura del centro,il mercoledì e il venerdì dalle 16:00 alle 18:30,nel locale del centro culturale,in fianco alla biblioteca!Ci trovate anche su fb [email protected]!

Gli educatori del CAG

maddalena e Fabio

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DAL MONDO DELLE ASSOCIAZIONI Aassociazioni

AssOciAZiONe cOMMeRciANti

e ARtiGiANi Di ORNAGO

Il “negozio di vicinato” è un termine usato dagli addetti ai lavori, ma una volta tradotto si trasforma nel classico negozio tradizionale di quartiere o di paese. Stiamo parlando dei nostri negozi, spesso snobbati, che mai come in questi periodi faticano a far quadrare il proprio bilancio ma stringono i denti e tengono duro e continuano a puntare sulla qualità del servizio e sulla familiarità con la clientela. Ai negozi storici con i figli che percorrono la strada tracciata dai genitori, si sono affiancate nuove attività intraprese da giovani pieni di speranze e di ambizioni e tutti insieme pronti a soddisfare le richieste di tutti i clienti.

Nel 2011 è nata l’Associazione dei Commercianti e degli Artigiani di Ornago, alla quale ha aderito il novanta per cento dei negozianti e da subito si è attivata per proporre iniziative ed eventi rivolti a tutto il pubblico ornaghese. Si ricorderanno tutti gli abitanti degli alberi di Natale all’esterno dei negozi, dello scambio degli auguri in piazza, delle luminarie agli ingressi del paese e ancora delle due edizioni dell’Ornago Festival e della particolare Caccia al Tesoro in bicicletta. La presenza alla giornata delle associazioni, nel mese di ottobre, con il “Giardino dei Bambini” completa il quadro di quanto fatto in questi anni. Il nostro augurio è che anche il 2014, nella seconda parte dell’anno, ci veda protagonisti con le nuove proposte; le idee ci sono, la volontà pure, anche se spesso questi due elementi da soli, purtroppo, non bastano. A ottobre saremo presenti come ogni anno alla giornata delle associazioni e quella sarà l’occasione per presentare “Filotto” un gioco itinerante a premi che coinvolgerà tutti i negozi del paese. Un divertente quiz “Sfotografico” che permetterà di vincere un sostanzioso premio in denaro (buoni acquisto) cercando e trovando in ogni negozio quel tassello mancate che servirà a comporre il quadro finale. Il giorno undici maggio, in occasione della ricorrenza del 300° anno del miracolo che ha dato origine al nostro Santuario, avremo il piacere di invitarvi al

rinfresco che organizzeremo al termine di uno spettacolo organizzato dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con l’associazione culturale delleAli e la Filodrammatica di Ornago.Un illustre personaggio del passato è sepolto al Santuario, nella tomba di famiglia: è Pietro Verri, illuminista e scrittore. Nella sua “Storia di Milano” ha raccontato di risotto e panettone e anche per questo ci farebbe piacere ricordarlo con un’iniziativa enogastronomica: inserire nelle proposte culinarie dei ristoranti di Ornago un menù speciale, un menù del 1700 che possa, per la sua particolarità, solleticare l’interesse di tutti gli amanti del buon cibo. Sempre in relazione al cibo ci stiamo attivando per organizzare, domenica 22 giugno, un mercatino che vedrà protagonisti i commercianti di Ornago e altri produttori locali e ci auguriamo di tutto cuore di riuscire nel nostro intento. Ecco, tutto questo fa parte dell’Associazione Commercianti e Artigiani di Ornago, in poche parole, Noi per Voi e ci auguriamo di cuore “Voi per Noi” e ultimo ma non meno importante non dimentichiamoci della nostra pagina Facebook, dove potete trovare offerte, promozioni, corsi e novità.Vi invitiamo a farci un giro regalandoci il tuo “mi piace” e perché no, condividendo le nostre idee.Se vuoi avere informazioni, di qualsiasi genere, non esitare a contattarci:[email protected].