PERGAMENA APPESA n° 2

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Raccolta mensile di racconti e poesie degli AUTORI APPESI

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L PORTICO DEI PORCI(PINO AMADDEO)

qualunque cosa tu stia pensando, smettila. Alza la mano al centro e guardati allo specchio sulla sinistra. Senza barare. Cosa ci fa qual piede sulla fessura della porta? Stai forse cercando inconsapevolmente una via di fuga che non troverai mai? Una via di fuga che, fin quando ci sarò io qui a controllare, non troverai mai? Stai ingrassando, ma non sono il solo a dirtelo. Ti ho mai detto che non sono molto conosciuto per la mia originalità? Forse qualcuno ha prestato attenzione ad alcune mie altalenanti prestazi-oni sintattiche ma fondamentalmente non credo che tu, crudo uomo e nudo verme, possa prender parte ad un gioco a squadre incentrate su lessico e grammatica. Neanche io! Non lo farei mai! Fin quando ci sarà gente come te che mi blocca la digestione ed imbarazza il mio apparato digerente con prove che definire penose sarebbe una concessione fin troppo accondiscendente. Prove? Non hai provato a fare un cazzo! Ec-cola la verità! Mi avete chiesto, era solo l’inizio dell’anno scolastico e volevamo, com’è giusto che sia, incanalare il nostro reciproco rapporto professionale verso binari magari stretti ma sufficientemente profondi da mantenere intatte le profondità di una conoscenza che sarebbe stata la fortezza del vostro sapere. Ma tu sei un coglione! Certo, amico mio. Ti chiami Francesco vero? Francesco caro, sei un coglione perché la furbizia ha abbandonato la tua intuizione da prosciutto negli occhi e gli orfanotrofi per i coglioni sono chiusi da secoli. E tu sei qui di lato a me. Cose da non crederci. Se lo dicessi a tuo padre che fine farebbe quell’alito di amor proprio che ha reso florido il vostro reciproco sottostimarvi? Il vostro incosciente scan-sare i problemi? La conoscenza di un uomo come quello che ti trovi da-vanti in questo momento è probabilmente il punto più alto della tua vita e solo tra qualche decina di anni, quando io sarò ancora in forma ed intelligentissimo e tu ancora più coglione di oggi, avrai l’occasione per dimostrare a te stesso quanto inutile possa essere continuare a far…»…

BANG!

«Cose da non crederci».

La luna s’ingrassava del cieloquando finii la birra.

Quando, dall’altra parte del continente,Amoddio asfaltava nuove strade maledette

per nostro Signore,e io uscii sperando nell’ultimo bar aperto,

passando accanto la carcassa di un gatto stecchito,respirando lo zolfo dei marciapiedi,

evitando puttane e bracconieri,contando gli spiccioli in tasca,

maledicendomi prima del tempo.Quando il sangue impazzito di un finocchio pugliese

cominciava a ribollirmi di speranza le vene,e respiravo limone dalla bocca di una bottiglia gelata

e forse una nuova storia era tutta da scrivere,la luna s’ingrassava del cielo.

Finii la birra,quando in centinaia dopo Cristo

erano morti e risortie avevano venduti i loro libri,

i loro dischi,i loro quadri,

lasciandoci ai nostri costi opportunità.

Quando Amoddio andò a pisciaredall’altra parte del continente,

prestandomi alle braccia grassedi una vecchia vergine bionda e la sua ugola dorata,

avvolto di luce fredda fin dentro il buco del culo,e, forse,

un’altra storia del cazzo era davvero tutta da scrivere,la luna s’ingrassava del cielo

e io finii la birra.

« missioni di sensazioni sui 100 MHz, la radio che dà una scarica alla tua coscienza e ti ridesta dal torpore del letargo emotivo.»

Un risveglio un po’ brusco, la sensazione di esserti chiuso in un boz-zolo per troppo tempo a interpretare una parte scritta male, perché te la sei scritta da solo, con la mano sinistra, accalappiando le prime idee che hanno infilato il muso nell’anticamera del tuo cervello.Una scommessa a perdere sulla quale hai giocato al rialzo consapevole di rimetterci, una consapevolezza che ti ha spedito il conto con un corriere in-atteso, che ha bussato alla porta di servizio, accomodandosi sulla poltrona buona del tuo intelletto e stuzzicando sensazioni assopite.

Se l’ambasciator non porta pena figuriamoci quanta colpa può avere un corriere, è arrivato, ha fatto il suo lavoro e se n’è andato, lasciando l’impronta del suo passaggio su quella poltrona che da tempo non sentiva il peso di un culo, ma ora, prima che la gomma piuma riacquisti la sua forma originaria, hai il tempo di soppesare gli eventi, rigirare tra le dita il foglietto con impresso l’importo del debito, cercando di realizzare come uscire da questo ingorgo nel quale sei immerso.Cerchi di riassaporare una vita che languiva nell’angolo, cerchi di rimuovere la polvere sbattendola come un tappeto, non accorgendoti di sventolare quell’esistenza lasciata in stanby, come un naufrago agita le suo mutande sperando che un battello di passaggio si accorga della sua presenza. Vuoi ridare colore alla tua vita o speri che qualcuno si accorga che esisti ancora?Cosa cerchi? Cosa vuoi trovare o dimostrare?

La moderazione non è mai stata gradita ospite nell’intimo del tuo es-istere, a conti fatti hai sempre ricercato l’oltre nelle cose, fin da piccolo, quando quelle risposte sufficienti non facevano altro che scatenare la curi-osità, innescando una valanga di interrogativi.Come quando bloccasti il prof di chimica sulla teoria degli orbitali, non acco-ntentandoti della definizione probabilistica, costringendo quel pover’uomo ad inerpicarsi su un muro di specchi con l’unica colpa di non avere a dispo-sizione le parole per spiegarti la natura quantistica della teoria.O ancora prima, quando scatenasti le ire della maestra chiedendole di chi-arirti il concetto dell’infinito che il Leopardi scorgeva oltre la siepe.

Ma più banalmente, come quando non sapevi tirarti indietro davanti a situazioni al limite e ti fiondavi a sbattere il muso nei più melmosi anfratti dell’esistenza, infilandoti fino in fondo, fino a toccare con la lingua la gel-ida fanghiglia che ristagnava dentro personalità autodistruttive, seguendo il corso di quell’acquitrino che conduceva alla scintilla impazzita di una vo-lontà, pronta a fagocitare se stessa e tutto quello che le stava attorno.Un eccesso misurato sulle distanze che la vita stessa traccia sul piano increspato dell’esistenza. Eccesso mentale, culturale, che segnava la rotta verso l’utopia, i cui porti si aprivano sulla placidità di un corpo spossato dall’alcol e dai cannabinoidi e in quei momenti di delirio, prima della venuta di sonni inquieti ritrovavi un attimo di tempo per guardarti dentro.La moderazione non concorda con l’utopia.

«Emissioni sensazionali in ritmo sinusale, che si accordano con quelle delle tue palpitazioni segnano il tempo di una riflessione.»

Un pulsare costante che scandisce come un metronomo il ritmo del risveglio, l’annaspare in cerca di quell’inconsistenza che solo la solidità di un discorso, intavolato con uno sconosciuto, può offrirti quell’appiglio utile per tirarti fuori dalla placenta in cui ti sei auto recluso.Essere esule di se stesso racchiuso in se stesso, non è che uno dei tanti trucchi per sfuggire a quel conto ingordo che ancora devi pagare e che ti si presenta d’innanzi non appena apri gli occhi.Allora lascia garrire al vento quelle mutande lerce, lascia che ci si accorga che ancora esisti, paga il conto e torna a vivere a modo tuo.

«Dedicati un pezzo, radio bunker ti accontenta. Allora cosa vuoi ascol-tare?»«Where is my mind...»

ioveva ininterrottamente da una dozzina di giorni. I più colti leggevano continuamente, qualcuno si masturbava davanti al culo sodo di Giovanna, che girava sempre con dei pantaloncini di jeans bianchi, stretti e cortissimi. Tanti al-tri, nel portico dei porci, parlavano della ormai prossima fine del mondo. La tel-evisione mandava ancora in onda fiction e reality mentre i telegiornali venivano trasmessi solo di notte e la Coca Cola era lo sponsor ufficiale dell’ AMC (asso-ciazione mondiale cristiana). Le più alte cariche dello stato italiano si erano già suicidate nel mese di febbraio, il Santo Padre era tenuto in ostaggio dalle guardie della stessa AMC. Noi eravamo in sedici nel nostro piccolo rifugio anti-cristiano, anti-comunista, anti-speranza ed avevamo ancora il coraggio di ridere e bere vino come se nulla fosse.

Dio aveva fatto la voce grossa ed aveva annunciato al mondo intero la dis-truzione di ogni essere umano, animale e vegetale, di ogni cosa e persino di ogni idea, aveva deciso di prosciugare tutti i mari e di far sparire le catene montuose, i laghi, i fiumi, tutto. Si era deciso a quel punto di fare una gigantesca consultazione elettorale, promossa da diverse associazioni, tipo Gay e lesbiche per un futuro, Compagni in lotta fino alla fine, Contro la fine del mondo Resistenza, Demo-cratici senza tempo e altri ancora, la consultazione nasceva col preciso scopo di eleggere un solo essere umano, ucciderlo e spedirlo dal Grande Capo per trovare un compromesso. Si, visto che non si registrava nessuna morte in tutta la terra ormai da settantasette giorni.

Ovviamente fu un’ impresa quasi impossibile per i promotori trovare dei can-didati, ma alla fine furono in tre, no, non c’era tra loro Marco Pannella e nemmeno Obama, erano tre minatori, uno francese e due americani. Vinse il francese ma fu tutto inutile, anzi Dio fece la voce grossa una seconda volta, chiedendo spi-egazioni sulla morte del francese, visto che era impossibile morire durante quella lunga fase prima della grande fine.

Le associazioni pubblicarono un articolo sul New York Times nel quale soste-nevano che Dio, non solo non era democratico ma nemmeno restituiva al mondo il lavoratore francese sacrificato inutilmente e che avrebbe potuto godersi gli al-tri giorni di vita nel mondo ancora rimasti e poi si rivendicava il fatto che circa duemila anni prima Gesù Cristo era tornato in vita per molto meno. Sull’organo ufficiale dell’ AMC, il giorno seguente uscì un articolo di risposta fir-mato direttamente dal Padreterno dove tra tutte le altre minchiate, scriveva “Gesù è risorto per voi, Gesù ero io, cercatemi tra voi, io sono uno di voi, questa è la vostra ultima speranza”. Il giorno seguente il mondo entrò in subbuglio, peggio di prima. Si formarono le prime associazioni, la prima in assoluto e certamente la più importante, nacque a Macerata e si chiamava “A CACCIA DI DIO”.

E noi tutte le sere ubriachi, una volta ero talmente ridotto male che afferrai Giovanna per un braccio, le strappai i pantaloncini di jeans bianchi, stretti e cor-tissimi e dopo una battaglia indescrivibile, li indossai, la presi per mano e comin-ciammo a correre per la città quasi deserta, sfiniti crollammo davanti a un comizio dell’AMC, ci baciammo e facemmo l’amore, lo schizzo della mia sborra arrivò sul palco e il comizio venne finalmente interrotto. Tornammo dagli altri che erano ubriachi fradici. Anche Lillo scopò con Giovanna quella sera ma lo fece mentre dormivano tutti ed io nel portico dei porci ormai svuotato dalle chiacchiere, rac-contavo favole guardando il cielo ma senza nessuna pretesa. Alle due del mattino si avvicinò Lillo e giustamente con una bottiglia di vino in mano, parlammo tutta la notte di Giovanna, ignorando totalmente Dio e la fine del mondo. Nei giorni seguenti accadde poco o nulla, a parte il fatto che i bestemmiatori aumentavano a dismisura e anche dentro l’ AMC cresceva la corrente del “PORCO DIO” ma per il resto nessuna novità, nessuna fino al giorno dell’ EVENTO FINALE.

Era giovedì 24 giugno 2010, l’orario ancora non si era capito bene ma ov-viamente i soliti pettegoli sparavano minchiate, anche il giorno della fine del mondo, tipo: a Madrid dicono che sarà alle 14.13, altri spifferavano in strada che ci sarebbe stato un posticipo di 24 ore, altri ancora sostenevano che era la mez-zanotte l’ora più logica per Dio, l’ AMC da radio Maria occupata lanciò un appello inequivocabile: PREGATE FRATELLI E’ GIUNTO IL GIORNO DEL GIUDIZIO UNIVERSALE.

Noi giocavamo a calcio balilla e a quel punto le rullate erano pure valide e anche la scarpetta ma il vino era davvero poco, solo 3 litri per sedici persone ed erano ancora le 4 del pomeriggio.Ragazzi vado io a prendere altre sei bottiglie, dissi a gran voce girato di spalle…TU NON TI MUOVI UN TUONO, UN TORNADO, UNA CATASTROFE…

Sinceramente quel frastuono abnorme mi impaurì ma non più di tanto, anche perché mi ricordai che nel sottoscala c’erano delle bottiglie che avevo dimenticato quando avevamo festeggiato i 33 anni di Giovanna. Non mi voltai e mi diressi nel sottoscala, le bottiglie erano ancora lì, non credevo ai miei occhi, anche perché Giovanna aveva compiuto i suoi 33 anni nel 1973, PORCO DIO!

Esiste davvero il tempo? DIO FASCISTA E ANTIDEMOCRATICO, esiste dav-vero Giovanna con i suoi pantaloncini di jeans bianchi, stretti e cortissimi? Non lo so, non ho più certezze, nessuna convinzione, i miei ideali si sono autodistrutti e di fronte a me c’è una infinita distesa celeste, evidentemente il mondo è finito. Adesso non rompetemi i coglioni col fatto che si può ricominciare dagli errori. Dovete aver rispetto per il mio sonno, ho detto per il mio sonno e non per il mio sogno… Giovanna non svegliarmi mai più.

ADIO BUNKER(HASAEL)

cOSE(FRANCESCO VILLARI)

COSTO OPPORTUNITÀ(GIANNI CUSUMANO)

NA MUDDHICA(GIANCARLO GALANTE)

a muddhica a facisti passari pi pani.‘Nci purtasti i sciuri chiù prufumati ra terra

E idda ti rissi «su profumati, ma ni putimu mangiari»E allura ‘nci purtasti nu pezzu i terra , i chidda soffice e scura

A vardau e rissi «senza semenza intra non servi».Scangiasti na muddhica pi pani sanu. Tutti i jorna ra simana Cu nnà cesta, cu nnà cucchiara storta, na risata mancata

cu capitalismu ri me cugghiuna!Cu lu focu che non serbi se non hai ligna mu ‘ddumi, MA!

Cu lu sciatu nci caddhiasti a testiceddha e tandu friddu non di sentiva.E ora, a latornu, idda ‘ndi senti puru candu non d’avi.

Scangiasti muddhica pì pani. Oggi ti ettasti ‘nto lettu e campi mali,

cu la luci ‘mbascia ‘mbascia e lu sangu svigorisci chianiceddhu. ‘Mbecchiasti bellu , ma ora camina,

cà vita passa e ancora non t’accorgisti chi chiddu chi è beddu pì tiaè focu ardenti supra a peddi pè cu rici chi ti ama.

Na muddhica oggi ti ‘ttocca, e rinchiti a panza.U furnu è chiusu puru oggi.

N

DON SAVERIO

(BUBBA)

i hai chiesto un voto e io non te l’ho dato: scusa, mi dispiace.

 eri il più forte della scuola,

ma il primo giorno hai pianto.

  Mi hai chiesto un voto e io non te l’ho dato:

scusa assai.

Ti ricordi la bicicletta da bambini?

Un sellino per due personepedalavi la domenica mattina.