Perché lui sì e io no? · Stasera a chi tocca la fiaba della buonanotte? ... doveva dormire, ......

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Indice Presentazione (Giuseppe Maiolo) 7 Introduzione 13 I due tigrotti litigiosi: storia di Jacopo e Francesco 21 Al di là della gelosia tra fratelli, c’è il legame Che bello, non sono più figlio unico! Storia di Tobia 43 L’arrivo del fratellino e la perdita del trono di figlio unico Stasera a chi tocca la fiaba della buonanotte? Storia di Miche, Titti e Arianna 65 Il bisogno del primogenito di essere riconosciuto rispetto ai fratelli più piccoli Che barba arrivare sempre secondo! Storia di Chiara e Davide 87 Ovvero: anche i bravi genitori non sono infallibili Chi ha paura del buio? Storia di Margherita 111 I fratelli minori non sono un limite: sono una risorsa È Natale, Pina Oca! 135

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Indice

Presentazione (Giuseppe Maiolo) 7Introduzione 13

I due tigrotti litigiosi: storia di Jacopo e Francesco 21Al di là della gelosia tra fratelli, c’è il legame

Che bello, non sono più figlio unico! Storia di Tobia 43L’arrivo del fratellino e la perdita del trono di figlio unico

Stasera a chi tocca la fiaba della buonanotte? Storia di Miche, Titti e Arianna 65Il bisogno del primogenito di essere riconosciuto rispetto ai fratelli più piccoli

Che barba arrivare sempre secondo! Storia di Chiara e Davide 87Ovvero: anche i bravi genitori non sono infallibili

Chi ha paura del buio? Storia di Margherita 111I fratelli minori non sono un limite: sono una risorsa

È Natale, Pina Oca! 135

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Introduzione

Anche questa volta, ci tengo a sottolinearlo immediatamente: né io né Pina Oca abbiamo la bacchetta di Harry Potter, quindi niente formule magiche. Come nel

caso di Sempre capricci!? (Erickson, 2002), quello che vorrei fare è offrire ai genitori uno spunto di riflessione, un momento speciale in cui fermarsi e rendersi conto che non è capitato solo a loro.1 Sì, perché nonostante io mi sia impegnata non poco a pensare e poi realizzare queste storie, che sono il proseguimento ideale di quelle di alcuni anni fa, a volte mi capita di sorridere fra me pensando che un conto è metterli sulla carta, certi suggerimenti, un conto è viverli e applicarli.

1 Dato l’argomento molto vasto e influenzato da numerose variabili, tengo a precisare da subito che questo libro ha lo scopo, come ho appena detto, di fornire degli spunti di riflessione ai genitori ma non affronterà l’argomento a 360 gradi. Per esempio, non si occuperà del rapporto tra fratelli gemelli e nemmeno del rapporto tra fratelli di cui uno è disabile, perché, pur vivendo gelosie e rivalità come tutti gli altri, le dinamiche di comportamento sono diverse e necessitano di un discorso a parte.

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Questo libro nasce dall’osservazione — dei miei figli e dei loro compagni di scuola che spesso si aggirano a casa nostra, dei figli di amici, di cuginetti e conoscenti — e da una frase di Giuseppe Maiolo che spesso rileggo e che mi ha sempre dato forza e riempito di sano ottimismo, che sostiene che i fratelli devono litigare.

Al di là della gelosia fra fratelli c’è il legame. […] I fratelli si cercano e si respingono, si in-vidiano e si apprezzano. […] La rivalità è un misto di sentimenti che richiede a entrambi uno sforzo notevole. […] È necessario che un genitore accetti questo aspetto del rapporto fraterno perché è naturale, utile. Più ancora, necessario.2

Sorrido fra me pensando a quante volte mi è capitato di chiedere, soprattutto a mamme: «È gelosa del fratellino?» e quante volte mi sono sentita rispondere con troppa sicurezza: «Assolutamente no! Loro si adorano, vivono uno per l’altra». «Ma come?» insisto io «mai un motivo di scontro, di confronto, di litigio?». Assolutamente no. Eppure io non riesco a invidiarle, perché so, per esperienza professionale, che quasi mai è davvero così. Non che i miei figli litighino da mattina a sera, ma capita spesso che lo

2 Maiolo G. (2007), L’occhio del genitore: L’attenzione ai bisogni psicologici dei figli, Trento, Erickson, 2a ed.

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facciano, così come spesso condividono giochi ed esperienze, visto che sono molto vicini per età. Diffido quasi sempre di genitori così sicuri e ogni volta che sono alle prese con questa tipologia di mamma o papà mi chiedo: perché molti genitori si vergognano se i propri figli mostrano di essere gelosi fra loro, e spesso arrivano a negare l’evidenza? Già, perché tutti noi adoriamo vedere i nostri figli giocare, cercarsi e condividere espe-rienze, gioie e dolori, ma ci preoccupiamo, a volte anche eccessivamente, quando litiga-no, quando con rabbia si danno del tonto o dell’idiota, quando a volte ci ripetono che non vogliono più un fratello o una sorella. E noi genitori, che erroneamente li vorremmo perfetti e che quasi mai riusciamo ad accettare questi sentimenti di disamore, andiamo immediatamente in fibrillazione.E, come nel caso dei capricci, andiamo in crisi, pensando subito: «Cosa abbiamo sbaglia-to? Perché i nostri figli non si vogliono bene? È colpa mia?».A volte però abbiamo ragione a metterci sulla difensiva, a voler notare certe sfumature del rapporto che si instaura tra i fratelli, anche perché siamo noi che dovremmo guidare il progetto educativo della famiglia, e può capitare, visto che siamo umani, di avere com-messo qualche sbaglio, di non essere stati per un certo periodo equilibrati, di avere fatto vivere a uno dei figli la sensazione di essere messo momentaneamente da parte magari

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per ragioni che inizialmente ci sembravano giuste. Spesso accade per motivi di salute: uno dei figli non sta molto bene e questo ci porta a stargli più vicino; non è che voglia-mo meno bene all’altro, ma capita che lui la viva in questo modo. Oppure non ce ne rendiamo conto ma spontaneamente ci viene da difendere il più piccolo o da considerare il figlio maggiore il più responsabile, il più attento, il più bravo. Quante volte ho sentito la frase «Sono entrambi miei figli ma hanno caratteri così diversi che non riesco a capa-citarmi! E dire che li abbiamo cresciuti allo stesso modo!». Ma non è vero! Non lo è mai. Il solo fatto che non è più la prima volta che ci troviamo a fare i genitori ci porta a essere più sicuri, per esempio, dando per scontato delle cose, o semplicemente più stanchi per-ché abbiamo qualche anno in più sulle spalle. Insomma, fatto sì è che non siamo più le stesse persone che hanno cresciuto il primogenito, e il secondogenito è sempre diverso dal primo, e così via anche per gli altri figli che seguono. Ci possono essere affinità, tratti del carattere in comune che si noteranno di più con il passare degli anni, ma le differenze sono quelle che all’inizio spiccano maggiormente.

La mia Erika è un po’ un maschiaccio, non ama le cose da donnina, tanto che ha scelto la pallavolo come sport. Sua sorella Elisa è così diversa, ama i trucchi e le borsettine, e ha scelto la danza.

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La mia Gea ha sempre avuto la parola pronta: impulsiva sì, ma anche sempre attenta, sembra non avere timore di nulla, sempre pronta a nuove esperienze, una gran chiacchierona che fa amicizia con facilità, un po’ fredda però.

Il mio Alessio, più piccolo di due anni e mezzo, è timido e riflessivo, ci deve pensare per bene prima di lanciarsi in un’attività, di mettersi alla prova, ma è tanto affettuoso: compensa il mio bisogno di coccole.

Il mio Jacopo è sempre stato un osservatore di regole, fin dalla nascita: dormiva quando doveva dormire, mangiava alle ore stabilite e piangeva pochissimo. Crescendo è sempre stato così: a scuola è uno fra i più bravi, riesce bene in ogni sport che fa, tutte le maestre lo adorano, è un bambino molto misurato e brillante, però è poco spontaneo e anche poco espansivo.

Suo fratello Francesco, che ha meno di tre anni di differenza, è un allegro caciarone, vivace, espansivo, divertente, a volte un po’ eccessivo, gli basta una battuta per conquistarsi la simpatia di tutti e soprattutto è molto affettuoso, fisico, sempre pronto ad abbracciarti e a farsi sbaciucchiare, un po’ troppo materiale. Insomma, veramente molto diverso, ma a scuola e nello sport riesce altrettanto bene.

Il mio Tobia, che ha sette anni ed è un bambino adorabile, non mi ha fatto dormire tran-quilla fino ai tre anni di età, e per noi è stato molto faticoso. Non potevo fargli il bagnetto senza allagare la stanza, non riuscivo a portarlo a spasso nel passeggino e già a nove mesi non stava fermo un minuto: era un bambino iperattivo.

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Infatti, prima di avere il secondogenito ho atteso sei anni, e oggi non mi sembra vero che il mio Leo sia così pacifico, dorma, mangi con tranquillità, sorrida sempre e di poterlo lasciare nel passeggino senza temere che si metta a piangere per uscire. Un’altra vita.

Christian, il mio secondogenito, ha fatto tutto prima, è molto autonomo, per esempio gioca anche per conto suo; invece Gabriele, il primogenito, ancora adesso noto che vuole qualcuno che giochi con lui perché non sa stare da solo!

Una mamma che ho conosciuto in vacanza mi ha fatto notare, proprio parlando di ge-losie, piccole rivalità tra fratelli e differenze di carattere, che è come se i secondogeniti, istintivamente, sin dalla nascita, si impegnassero a essere diversi dal fratello o dalla so-rella per compensare il loro carattere, per andare a colmare alcune lacune dei primi. O meglio: visto che mio fratello è così e non posso pensare di riuscire meglio in quello che ormai è la sua specialità, io, fratellino o sorellina, cerco di trovarmi un mio ambito, una mia particolarità che sarà solo mia, in cui in qualche modo sarò il primo. Mi ci ha fatto riflettere e credo sia possibile. E così, per i figli che eventualmente vengono dopo, terzi o quarti, è comunque un cercare di riequilibrare la situazione, di apportare qualcosa di nuovo alla famiglia che gli altri non hanno dato, anche se, allo stesso tempo, per i terzogeniti c’è, a mio avviso, il tentativo di

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emulare i fratelli maggiori, così può capitare che si assomiglino molto il primo e il terzo, e il figlio di mezzo possa essere completamente diverso. Questa è una teoria che scelgo di sposare, ma secondo me c’è dell’altro e riguarda la con-troparte, ovvero i genitori.Ripensando a tutte queste affermazioni che spesso ho sentito in giro per parchi e scuole, mi viene anche questo dubbio: ma non saremo noi genitori a mettere questi figli in una competizione tale da arrivare a litigare per chi è più bravo, più forte, più intelligente, più simpatico, più ubbidiente, ecc.? Non saremo forse noi che, senza rendercene conto, non rassicuriamo abbastanza i nostri figli del fatto che li amiamo allo stesso, preciso, identico modo? Perché è questo il messaggio che ci dobbiamo impegnare quotidianamente a passargli, è questo che loro devono sempre sentire da parte nostra. E quindi ecco il motivo di queste storie, la necessità di incontrare nuovamente i per-sonaggi di Sempre capricci!? cresciuti, alle prese con fratellini e sorelline e alle prese con capricci di altro genere, che derivano dalla naturale rivalità che c’è fra loro. Un piccolo spunto per fermarci a pensare se, per caso, qualche volta avremmo potuto agire in modo diverso con loro, prendere altre posizioni. In modo che tale rivalità resti,

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per l’appunto, sempre entro i limiti della normalità e non degeneri mai, finché saranno abbastanza adulti per controllarla, visto che, comunque, una certa competizione (accet-tata o rimossa) per conquistarsi un posto speciale nel cuore dei propri genitori ci sarà per tutta la vita. Parola di terzogenita!

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È Natale, Pina Oca!

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È la Vigilia di Natale. Pina Oca è molto indaffarata, perché deve an-cora terminare di decorare l’albero, ha una soffice torta a forma di

stella cometa nel forno e i suoi nipotini, Elisa, Niccolò e Simona, sono già arrivati e non vedono l’ora di ascoltare una delle sue belle storie. Pina Oca dà una controllatina al forno e vede che c’è ancora tempo, quindi si accomoda sulla sua poltrona; i cuccioli si accoccolano accanto a lei e l’ascoltano.

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«C’era una volta, in un paese non lontano da qui, una mamma molto triste e preoccupata perché i suoi due bambini, Federico e Lillo, litiga-vano sempre per ogni cosa e lei non sapeva più cosa fare.“Mamma, perché hai dato a Federico la fetta di pizza più grande?”“Mamma, perché hai comprato le scarpe nuove a Lillo e a me no?”“A Lillo hai versato più super-cola!”“Perché Federico ha una macchinina nuova e io no?”

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E così via. Ogni giorno, ogni sera, ogni minuto c’era un motivo per pia-gnucolare, per discutere, per fare capricci. E nonostante sia mamma che papà facessero di tutto per spiegare ai due fratelli che loro erano uguali, Federico e Lillo trovavano sempre un motivo per litigare. Mamma e papà ragionarono un attimo e alla fine arrivarono a una conclusione: da quel momento in avanti Federico e Lillo avrebbero avuto tutto uguale. Non ci sarebbe stato nessunissimo motivo per litigare.

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E così fu. Per esempio, quando mamma preparava le ciotoline con la frutta per i suoi figli, divideva ogni albicocca in modo che ognuno dei due avesse una metà dello stesso frutto, così se fosse stata buona l’avreb-bero gustata entrambi, se fosse stata aspra, lo sarebbe stata per tutti e due. Misurava le fette di pizza con il centimetro prima di metterle nel piatto. Pesava le cotolette, contava le patatine fritte e i tortellini, che dovevano essere assolutamente lo stesso numero per ognuno di loro.

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Frequentavano entrambi un corso di nuoto e il minibasket. Comprava-no loro le stesse magliette, la stessa marca di scarpe, tutto assolutamen-te identico, tanto che qualcuno ormai credeva che fossero gemelli. In realtà Federico e Lillo avevano due anni di differenza e quindi esigenze diverse, ma ormai mamma e papà erano esausti e, avendo notato che i motivi di discussione erano diminuiti e i due bambini litigavano meno, erano convinti che fosse la soluzione migliore. Finché un giorno la maestra di Federico chiamò la mamma e gli disse che secondo lei il bambino vedeva un po’ male da lontano, perché aveva notato che quando stava in fondo alla classe non riusciva a leggere bene alla lavagna. E infatti, quando mamma portò Federico dall’oculista, venne fuori che il bambino era miope da un occhio: Federico doveva portare gli occhiali. Anche Lillo fece il controllo ma la sua vista risultò eccellente. “Che fare ora?” pensò mamma allarmata. Si consultò con il

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papà e, per non rischiare discussioni, presto detto portarono i bambini da un ottico e fecero fare a entrambi un bel paio di occhialini come quelli di Harry Potter. Le maestre, vedendoli, avevano commentato: “Ma come stanno bene questi bambini con gli occhiali! Che aria da ometto ha Federico. Che aria da professore ha Lillo!”, invece qualche compagno li aveva chiamati quattr’occhi e loro avevano quasi pianto. Né Federico né Lillo erano contenti di dover portare gli occhiali. In modo particolare Lillo non capiva perché dovesse farlo, dato che la sua vista era perfetta. Allora, qualche giorno più tardi, Lillo si fece avanti e chiese timidamente: “Mamma, papà, perché io devo mettere gli occhia-li se ci vedo bene?”.Mamma e papà si guardarono, sorrisero e senza battere ciglio risposero: “Lo avete voluto voi: ora siete davvero uguali!”.»

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Pina Oca, un po’ stanca, chiude il libro e si mette a ridere. «Vi è piaciuta questa storia?» chiede ai cuccioli. Elisa, Niccolò e Simona strabuzzano gli occhi, si guardano stupefatti e poi scoppiano a ridere: «Che sciocchini quei due fratelli! Per fortuna era solo una favola, vero nonna? Noi non siamo così».«È vero. Ma neanche i vostri genitori si comportano come quelli di Fe-derico e Lillo: non scelgono mai soluzioni facili che garantiscono risul-tati immediati. Loro preferiscono impiegare tempo e pazienza, spiegarvi le cose, parlare con voi: è più faticoso ma alla fine si raccolgono frutti migliori» fa notare Pina Oca. «Ogni tanto litigate, come tutti i fratelli con le loro sorelle, ma quando c’è bisogno vi aiutate fra voi e siete molto uniti» commenta Pina Oca soddisfatta accarezzando i suoi nipoti. «Ma lo sapete che è quasi ora di andare a nanna e che stanotte arriverà Babbo Natale?»

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«Quanti regali ci porterà?» chiede Elisa agitata.«A me almeno cinque perché sono stato molto bravo» dice Niccolò.«Allora ne porterà cinque anche a me» replica Simona.Pina Oca alza gli occhi al cielo. «Dal profumino che si sente direi che la torta è proprio pronta!» annuncia allegra. «La possiamo assaggiare adesso?» chiede Niccolò.«No tesoro, è per la festa di domani. Mi aiutate a preparare la crema?»«Certo nonnina.»

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I cuccioli corrono in cucina entusiasti. Pina Oca sorride serena e prende le uova dal frigo. Ne affida uno a ognuno dei suoi nipoti e chiede loro di romperle in una ciotola. I cuccioli obbediscono, osservano la nonna misurare lo zucchero, attenti e curiosi. La notte è ormai calata in città, le luci degli alberi di Natale sfavillano invitanti, carichi di promesse e magia… ma questa è un’altra storia.

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