Perche La Sofferenza

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Agnès Sochor – Perché la sofferenza 1 Agnès Sochor Perché la sofferenza Le citazioni bibliche sono estratte dall’ultima versione (2008) della C.E.I – U.E.L.C.I A tutti quelli che soffrono, con amore. "Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero." (Mt 11,28)

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  • Agns Sochor Perch la sofferenza

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    Agns Sochor

    Perch la sofferenza

    Le citazioni bibliche sono estratte dallultima versione (2008) della C.E.I U.E.L.C.I

    A tutti quelli che soffrono, con amore.

    "Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi,e io vi dar ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite

    e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti dolce e ilmio peso leggero." (Mt 11,28)

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    INDICE

    PresentazioneLa storia di GiobbeDio ci ha creati per essere feliciL'origine del maleLo spirito del maleE' il male che genera la sofferenzaDio non punisce, ma educa e curaNecessit della conversionePredestinazione e libertL'avventura del figlio prodigoI benefici del patireDal peccato originale alla seconda nascitaIl sale e il fuoco"Accogliere" la sofferenzaSoffrire con CristoLa consolazione nella tribolazioneMeditazione sulle sofferenze di Ges

    Da Nazareth a GerusalemmeL'ultimo giorno

    GetsemaniIl processoMaltrattamentiDal pretorio al GolgotaLa crocifissione"Padre, perdona loro, perch non sanno quello che fanno."(Lc 23, 34)"In verit io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso" (Lc 23, 43)"Donna, ecco tuo figlio" (Gv 19, 16)"Eli, Eli, lema sabachthani?" (Mt 27, 46)"Ho sete" (G 19, 28)"Tutto compiuto" (Gv 19, 30)"Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23, 46)Ges muoreI funerali

    "Perch cercate tra i morti il vivente"? (Lc 24, 5)

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    Presentazione

    "Io ero diventato a me stesso un grosso problema." Questaffermazione, che S. Agostinoriporta nelle "Confessioni", e che riguarda la sua esperienza di fronte alla morte di uncarissimo amico, mi sembra fosse una buona introduzione per questo "Perch lasofferenza". E questo per tre motivi: primo perch la morte il momento culmine dellarealt sofferenza, momento che racchiude tutte le sofferenze fisiche, morali e spiritualiche una persona incontra nella propria vita, e che quindi in grado di illuminarle tutte:dal modo in cui affronto le varie sofferenze divento capace di vivere accettando la mortecome, quando, dove mi si presenter.Secondo perch l'autrice riporta la domanda nella dimensione giusta: quella dello spiritoe della vita interiore dell'uomo. Agostino non dice: "le cose intorno a me" o "l'amicomorto che ho qui davanti a me", ma "io" ero diventato un grosso problema; quindinell'interiorit che mi interroga, svelando me a me stesso. Di conseguenza a questomotivo, e per il cristiano, non solo, dunque, in una visione spirituale, ma anche di fede,ulteriormente si illumina il "grosso problema". Infatti, aiutata dalla Parola di Dio,l'autrice spiega l'origine della sofferenza, - il peccato (Gn 3), e le sue conseguenze:l'entrata della sofferenza nel mondo con le malattie, le divisioni, le violenze, la morte,ecc; la liberazione dalla sofferenza con l'incarnazione del Verbo divino, liberazione checonsiste non nel togliere dal mondo, ma nel darle un senso nuovo: uno strumento disalvezza. Questo nuovo senso si realizza perch Ges Cristo ha preso su di se la stessasofferenza, trasformandola nel crogiuolo dell'amore crocifisso.Terzo motivo l'esperienza della stessa autrice che ha vissuto, e continua a vivere, astretto contatto con il dolore, ed cos in grado di trasmettere non solo qualcosa discritto ma la vita stessa, e che fa del testo, seppure breve, non semplice letteratura, matrasmissione di una esperienza viva, meditata, in grado di diventare vitale per chi legge,meditando a sua volta, con cuore aperto all'azione dello Spirito di Ges.Possa dunque questo piccolo libro farti bene, consolarti nei momenti di prova ed aiutartiad accettare con umilt e pace la volont del Signore, invitandoti, come lo proponel'autrice, a raggiungere il Crocifisso, oltre al dolore, nella Sua gloria eterna.

    Fratello Lorenzo, sacerdoteEremo B.V. del SoccorsoMinuncciano (LU)

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    Perch la sofferenza?Lancinante domanda che, da sempre, ha tormentato la mente delluomo.Si sente dire: "Se Dio buono, come si afferma, perch Egli permette tutti i drammi chesi vedono in questo mondo?" "Perch la sofferenza e la morte dei bambini?" "Perchuna tale disgrazia successa a me?" " Che cosa ho fatto di male per meritare questo?"Ecc.

    Questo modo di considerare la sofferenza dimostra che molte persone hanno perpetuatoin loro la mentalit dellAntico Testamento: Dio punisce, Dio si adira contro gli uomini, esembra che i castighi non siano proporzionati alle colpe. Si pu notare infatti che "labrava gente", come la chiamiamo, sia pi provata dal dolore che i delinquenti. Diosarebbe dunque ingiusto e arbitrario Questo libro si propone di cancellare questipensieri blasfemi, cercando di capire il senso e la finalit della sofferenza per mezzodella Croce.

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    La storia di Giobbe

    C, nella Bibbia, una lunga parabola che sviluppa il mistero della sofferenza. interessante prenderne conoscenza e tirarne la conclusione: Giobbe un "giusto", unbravuomo irreprensibile, che vive nellopulenza e gode abbondantemente di tutti i benidi questo mondo. Tutto perfetto in apparenza, la sua condizione come la sua condotta.Ma lAccusatore, Satana, (colui che rivela il male nascosto), suggerisce a Dio che se Egliosa toccare i beni di Giobbe, quello lo "maledir apertamente" (Gb 1, 11).Dio, allora, toglie a Giobbe tutto ci che possedeva: moglie, figli, beni e anche la salute.Allinizio, sempre rispettoso della volont di Dio, Giobbe accetta la sua sorte,pronunciando la famosa frase: "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Siabenedetto il nome del Signore" (Gb 1,21). Ma, con il tempo, egli comincia alamentarsi, nella disperazione e lamarezza. Il povero sventurato costata, tra laltro, che icattivi non sono colpiti dalla sofferenza, come lo lui, il giusto: "Perch i malvagicontinuano a vivere, e invecchiando diventano pi forti e pi ricchi?" (Gb21,7) - "Nel giorno della sciagura risparmiato il malvagio e nel giornodell'ira egli trova scampo" (Gb 21,30). Riconosciamo bene, qui, i ragionamentiottusi di noi uominiGiobbe giunge addirittura a bestemmiare, accusando Dio dingiustizia, di crudelt edindifferenza. Egli osa ergersi dinanzi a Lui, dicendo: "Ma io, all'Onnipotentevoglio parlare, con Dio desidero contendere" (Gb 13,3), e spinge l' audacia fino aproporgli un dibattito a tu per tu: "Interrogami pure, e io risponder, oppureparler io, e tu ribatterai" (Gb 13,22), e a chiedergli conto con una serie di "perch".(Gb 13,23-27).Daltra parte, Giobbe si definisce come un re degno di tutti gli onori, un personaggioimportante, un benefattore dinanzi cui tutti sinchinano (Gb 29). Ma quando, alla fine,Dio si manifesta e si fa conoscere, descrivendo la Sua opera ammirevole, Giobbe diventaconsapevole della sua ignoranza e della sua presunzione, e confessa: "Comprendo chetu puoi tutto, e che nessun progetto per te impossibile. Chi colui che, daignorante, pu oscurare il tuo piano? Davvero ho esposto cose che noncapisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo Io ticonoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Percimi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere" (Gb 42,2-6).

    Quale morale si pu tirare da questo racconto edificante? Primo, che il "bravo uomo"Giobbe messo alla prova, ma non perch ha commesso molti peccati. Questa primaconstatazione dimostra che la sofferenza non un castigo inflitto da un Dio vendicatoree crudele.Secondo, si rivelano in Giobbe due "difetti" gravi: lorgoglio e la presunzione, che lo

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    spingono a bestemmiare con insolenza. Questatteggiamento dovuto al fatto cheGiobbe non consapevole della sua miseria di creatura e della grandezza di Dio. Non sitratta di una particolarit del personaggio di Giobbe, ma proprio di una caratteristicadella natura umana. perch non abbiamo la conoscenza di Dio che osiamo opporci aLui, rifiutando le Sue direttive che non capiamo, e non accettiamo la necessit disoffrire. La storia di Giobbe dimostra che ci che pu portarci allumilt e alla scopertadi Dio precisamente la sofferenza.Ora, quando uno giunto a queste due consapevolezze: quella della miseria umana equella della grandezza di Dio, questo sulla soglia della salvezza. Ed fino a questopunto che Dio vuole condurre le Sue creature, dopo le vicissitudini e le tempeste dellatraversata dalla terra al cielo.

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    Dio ci ha creati per essere felici

    Chi soffre, in genere, non capace di ragionare tanto. Il suo grido di dolore sale verso ilcielo, e niente pu distrarlo da questo tormento che lo attanaglia. Eppure, la vita,progressivamente, riprende i suoi diritti, e uno incomincia a risvegliarsi dallincubo,dicendo: "Bisogna andare avanti". Ma questo un adattamento superficiale. Se la provaci colpisce, non per caso, e non senza una finalit ben precisa. Da questa esperienza,pi o meno terribile, Dio ha previsto di fare sorgere un arricchimento interiore che cispinge verso "lalto", verso Lui. Si realizza, nel segreto dellanima, una maturazionepositiva di cui non abbiamo coscienza, ma che reale e profonda.Nessuna lacrima, nessun gemito, senza un immenso valore agli occhi di Dio. Lui lhapermesso o previsto allo scopo unico di condurci alla salvezza presso di Lui. Non si pusperare di attraversare la vita senza incontrare questa dura realt che a nessuno piace.Non vogliamo pensarci quando siamo felici, e la rifiutiamo aspramente quando il dolorebussa alla nostra porta.

    Esiste tutta una gamma di sofferenze, cos come disponiamo di una seria di medicine percurare le malattie. Si va da uno stato di malessere vago, di nebbia interiore, fatto difrustrazioni, di disillusioni, di amarezze e di mediocrit, fino agli strazianti drammi cheriducono l'anima e il cuore a un mucchio di ceneri. Una simile graduazione si puverificare anche nelle sofferenze fisiche.Nello stesso modo, i risultati ottenuti da Dio nella cura delle nostre malattie interiorisono vari e adattati alle nostre possibilit di "assorbimento". A volte, le reazioni dellanatura sembrano disastrose, ma lo sono solo per le nostre deboli facolt di capire isapientissimi disegni di Dio. Egli non pu sbagliare, come certi chirurghi umani chesono capaci di togliere un rene sano al posto di quello malato I risultati finali dellacura divina sono pi che soddisfacenti. L'errore l'esclusivit dell'uomo, perch eglirimane ignorante anche quando giunto alla cima delle sue conoscenze. Dio, invece, "onni" in tutte le direzioni. Se non fosse cos, il mondo creato da Lui si sarebbeautodistrutto fin dall'alba dei tempi.La salute, secondo il Signore, quella dell'anima, consiste non nel benessere fisico, manell'apertura del nostro spirito alla luce vivificante del Suo. Questo stato d'incontro ed'intimit con il Signore il fine per il quale Egli ci ha creati, perch solo in questostato che ci accessibile la felicit eterna alla quale Egli ci ha destinato.

    La sofferenza universale, come il sorriso. Chi soffre non deve dunque credersi solo eincompreso. Anzi, deve pensare a tutti quelli che, nello stesso momento, conoscono lastessa sorte, e spesso una peggiore. Il dolore deve essere un elemento di fraternit tratutti gli uomini: diventa cos meno pesante. Tutti, un giorno o laltro, facciamo questa

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    dura esperienza. Ma se accettiamo cos volentieri i momenti felici che tessono la nostravita, non dobbiamo anche lasciare che il dolore ci porti il suo insegnamento?Notiamo che sono i contrasti che danno al mondo il suo valore e la sua bellezza.Sapremmo apprezzare la splendida luce del sole, se alla fine di ogni giorno la notte nonvenisse a imprigionarci nelle sue tenebre? La primavera sarebbe cos meravigliosa senon seguisse il tetro inverno in cui la natura, tutta nera e grigia, sembra morta persempre? E non in un letto dospedale che scopriamo quale tesoro la salute? Ma noi,povere creature, manchiamo di saggezza. Quando siamo felici, non sappiamo apprezzarequesto dono del cielo. Quando viene il dolore, lo rifiutiamo perch non ci "congeniale".Difatti Dio ci ha creati per essere felici.Pensiamo alla parabola della creazione del mondo nel libro della Genesi: vi leggiamo cheDio, appena creato luomo, lo "colloc" nel giardino dellEden. Ossia in un paradiso dovetutto era perfetto e piacevole. (Gen 2,8). Questo significa chiaramente che Dio, nei Suoipiani, ha creato luomo per vivere in uno stato di felicit permanente. Purtroppo, quandoquesti, abusando della sua libert, sceglie di disobbedire a Dio, egli comincia a scoprire ilmale. Lassassinio di Abele, compiuto da suo fratello Caino, prefigura la cadutadelluomo e il suo allontanamento da Dio. Non c peccato pi grande che togliere la vitaa un fratello. da esso che nata la sofferenza del lutto e della disperazione di frontealla morte.Per, Dio non abbandon luomo sulla strada tragica che lui stesso aveva scelto, ma glifece conoscere le leggi che lo avrebbero preservato dal male nellavvenire, e che gliavrebbero permesso di vivere di nuovo nella felicit. Il testo biblico insiste parecchievolte su questa volont di Dio di vedere luomo felice. Con quanto amore e rimpiantoEgli esclama: "Oh se avessero sempre un tal cuore da temermi e da osservaretutti i miei comandi per essere felici loro e i loro figli per sempre!" (Dt 5,29).Anche Mos, a proposito delle leggi e delle prescrizioni divine, disse: "Ascolta oIsraele, e bada di metterli in pratica, perch tu sia felice (Dt 6,3). E ancora:"Farai ci che giusto e buono agli occhi del Signore, perch tu sia felice"(Dt 6, 8). dunque chiaro che il disegno di Dio mira a mantenere le Sue creature nella felicit.Purtroppo, loro non hanno accettato e seguito le Sue direttive, e da questo fatto sonocadute nel male, che genera la sofferenza, come l'oscurit genera la cecit. Nella paraboladel grande banchetto (Lc 14,15), Ges ha illustrato questa terribile realt: Dio ci invita alSuo banchetto celeste (la parola "banchetto", si sa, non va intesa nel senso materiale ma il simbolo di uno stato di perfetta felicit), ma molti degli invitati preferiscono occuparsidelle loro piccole faccende terrene: costruire, comprare, arricchirsi, sposarsi, ecc, erifiutano l'invito. Invece i poveri, nel senso evangelico, che non hanno possibilit diaffannarsi nelle cose di questo mondo, accettano pi volentieri di godersi le delizie offerteda Dio.

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    L'origine del male

    Tuttavia, la felicit dell'uomo legata alla sua evoluzione nel suo rapporto con Dio. Unprimitivo pi vicino all'animale che a Dio. E' la maturazione dell'essere umano che glipermette di avvicinarsi al suo Creatore, e dunque alla sua destinazione ultima. Come lofaceva dire a Dio S. Agostino nelle Confessioni: "Sono cibo di adulti; cresci e potraimangiare di me. Non tu mi trasmuterai in te, come il cibo del corpo, ma tu ti trasmuteraiin me" (Libro settimo, cap. 10). Questa sentenza una frase chiave per capire l'itinerariodella creatura, di cui il fine si realizza nell'unione con Dio.Se si ammette la realt delle scoperte degli scienziati sull'apparizione dell'uomo sullaterra, si costata che all'origine la sua esistenza stata estremamente rudimentale epredisposta a una lenta e lunghissima evoluzione. Una prima elementare nozione di Dio apparsa solo quando l'uomo ha raggiunto una certa maturazione. Tuttavia, Abramo, ilpadre dei credenti, viveva in un tempo in cui si sacrificavano ancora i bambini agli idoli.Nel corso dei secoli questa nozione si a poco a poco precisata, finch Cristo non siavenuto a rivelare la natura di un Dio Padre. Per anche nell'ambito del cristianesimo, laconoscenza di Dio ancora molto approssimativa nella grande maggioranza dei casi.Nella strana affermazione di S. Agostino, la parola "adulti" evoca uno stato di sviluppogiunto a compimento, che, come si pu osservare nella vita di ogni giorno, ancorapiuttosto raro."Nutrirsi di Dio" un'immagine anche usata da Ges stesso quando dichiara: "Sono ilPane della Vita" (Gv 6,35). Si vede che il Signore ha predisposto di diventare unnutrimento per le Sue creature, affinch esse si trasmutino nella Sua stessa sostanzadivina, e sappiamo che questo miracolo reso possibile per mezzo dell'amore. Solo allorala perfetta comunione con Dio diventer effettiva.Finch non abbiamo raggiunto questa "trasmutazione", la nostra natura rimanepeccatrice e distante da Dio. Essa abitata dal male, ed proprio il male che genera lasofferenza. Ma di questo male, come scoprirne l'origine? Che cos' esattamente il male?Non certo una creazione di Dio. Non ha unesistenza propria. Come la notte solo lassenza della luce del sole, cos il male lassenza, la negazione, ilrifiuto, il disconoscimento di Dio.Pensiamo per esempio allegoismo, che rappresenta una delle infermit maggiori dellanatura umana: non altro che lassenza di apertura della mente e del cuore, lassenza dicompassione, di comprensione, di amore, di disponibilit e di dedizione. Si potrebbedefinire ogni forma di male come l'antitesi di Dio: Egli luce, il male tenebra (Gv8,12);Egli libert, il male schiavit (Gv 6,34); Egli vita, il male morte (Rom 5,12); Egli verit, il male menzogna (non definito Satana da Ges come il padre della menzogna?(Gv 8,44). Dio pace, (Gv 14,27), il male avidit, invidia, lotta per la predominanza. Masoprattutto Dio amore, e il peccato mortale per eccellenza la mancanza di amore. (1Gv

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    3,14). Dio anche spirito, e il male legato alla materia, ossia al Mondo come lo intendeGes, di cui Satana il Principe. (Gv 12,31). Dio creazione; il male distruzione eannientamento. Il male in generale va distinto da ci che chiamiamo peccato. Peccare, sisa, disobbedire alle direttive di Dio. Questa verit illustrata dal comportamento diAdamo ed Eva nella parabola della creazione del mondo (Gn 1, 3). Il divieto del Creatoredi mangiare il frutto della conoscenza del bene e del male non stato rispettato dalle Suecreature. Questa immagine prefigura la storia di tutta l'umanit. Il male, invece, qualcosa di molto pi esteso e tragico: uno stato di allontanamento da Dio, e dunqueuno stato di morte, giacch Dio la Vita. Il male proprio una malattia dell'anima.All'origine del male, c' l'ignoranza. Tante cose, certo, ci sono sconosciute nel mondodella materia; l'istruzione e la cultura mirano a liberarci di quest'ignoranza per favorirel'evoluzione dell'umanit. Ma l'ignorare Dio la cosa pi dannosa di tutte. Eppure questoDio misterioso e lontano vuole rivelarsi a noi, perch ci ha creati proprio per unirci a Lui.E' perch non lo conosciamo che non abbiamo il desiderio e la volont di andare verso diLui. Il profeta Osea fa dire a Dio: "Va in rovina il mio popolo, per mancanza diconoscenza." (Os 4,6). Alcuni traduttori hanno precisato: "per mancanza di sapere chisono io. "Se non conosciamo Dio, non conosciamo le Sue direttive e il perch della loroproclamazione. Cos si lamentava il profeta Geremia: "Non conoscono la via del Signore,la legge del loro Dio Hanno spezzato i legami con Lui." (Ger 5,5-6). Infatti Egli haparlato ma gli uomini non l'hanno ascoltato, li ha chiamati ma non hanno risposto. (Ger35,17). Dio stesso si meraviglia della nostra condotta: "Perch voi fate un male cos gravea voi stessi? " (Ger 44,7). Siamo effettivamente gli artefici delle nostre disgrazie per viadella nostra indifferenza verso Dio e verso il Suo insegnamento. Eppure il Signore harimediato a questa nostra incapacit di avvicinarsi a Lui. Il Suo Spirito, lasciandosiimprigionare nella nostra misera carne tramite Maria (Lc 1,35), e cos ci ha dato unaimmagine tangibile del Padre, ci ha dato accesso alla conoscenza di Dio secondo verit.Senza la venuta di Cristo, non avremmo mai avuto la possibilit di acquistareminimamente una nozione della natura divina. Egli venuto a rivelarci l'esistenza dellaVita Eterna, ossia la prospettiva per l'uomo di partecipare alla vita di Dio, alla qualesiamo invitati, precisando, nella Sua preghiera del Gioved Santo: "Tu gli hai dato potere(a Ges stesso) su ogni essere umano, perche Egli dia la vita eterna a tutti coloro che glihai dato: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Ges Cristo." (Gv17,2-3).Perch un uomo come noi, di nome Ges, apparso un giorno nella storia dell'umanit.abbiamo visto aprirsi il cielo, per intravedere nella Sua magnificenza Colui che la nostradestinazione ultima e suprema. Vale a dire che senza la venuta di Cristo avremmocontinuato a errare in questo mondo di tenebre, come naufragi su una zattera, senzaessere capaci di dirigersi verso la mta che ci stata fissata dal nostro Creatore, che vuoleper noi una felicit eterna presso di Lui. Oh, quanto dovremmo essere invasi digratitudine per un simile tesoro!

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    Lo spirito del male

    Purtroppo, c' da prendere in considerazione anche l'opera di Satana in questo mondo.Nelle tre tentazioni di Ges nel deserto, possiamo notare che la prima mira a deviare lapotenza di Cristo, tutta indirizzata al bene dell'umanit, verso una soddisfazionepersonale, vale a dire trasformare delle pietre in pani per placare la fame. L'altra proponeun mercato infame: adorare Satana, ossia adottare il male, per ottenere il potere assolutosul mondo intero e il possesso di tutte le sue ricchezze. La terza, infine, vuole spingereGes a fare un miracolo contro le leggi della natura, quella della pesantezza, perprovocare l'entusiasmo delle folle, come se fosse un record di magia.In sintesi, l'opera del demonio mira a deviare le leggi divine, ignorando le loro realifinalit. Se l'uomo deve lavorare per nutrirsi, ben presto il cibo diventato una ricercasempre pi raffinata del piacere. Se l'uomo e la donna sono predisposti a generare pertrasmettere la vita e assicurare la perpetuazione della specie, il sesso diventato un veroculto sfrenato del piacere. Se il Signore ha fatto dono all'uomo dello spirito dicombattivit per la sua sopravivenza, questa dote si trasformata in aggressivit eviolenza verso i suoi simili, generando lotte e guerre. Infatti le leggi naturali si sonotrasmutate in due poli d'attrazione: l'irascibile e il concupiscibile. Eppure Dio non haconcepito l'uomo perch sia trascinato dalluno all'altro di questi poli, ma per esseresensibile all'attrazione verso il suo Creatore.L'ignoranza, unita al peccato d'orgoglio, partorisce la presunzione, la follia, la stoltezza,contraria alla sapienza, questa stoltezza umana che ha tanto fatto soffrire Ges. La nostraepoca sembra essere particolarmente marcata da questo stato di fatto.Come l'opera di Dio la creazione, quella del demonio la distruzione. In questo egli haper alleato il tempo. Quanti valori, quante cose belle sono sparite nel corso degli ultimidecenni! Fino all'amore, che di origine divina, quante volte vede il suo tramonto nelcorso di una vita. Una delle manifestazioni dello spirito di distruzione caratteristico deldemonio la negativit nella psicologia umana. E' ben noto che molti vedono nei lorosimili pi i difetti, i peccati, gli errori che i lati positivi. Il bisogno di distruggere, diannientare gli altri si manifesta pi spesso che si possa credere nei rapporti degli uominitra di loro. La gelosia, l'invidia ne sono le espressioni pi frequenti, ma pu andare finoall'omicidio, o almeno fino all'annientamento psicologico di coloro che ci fanno ombra.La storia di Ges non una strepitosa illustrazione di questa realt?Bisogna convincerci che ci che chiamiamo peccato, che sarebbe sostanzialmentedisobbedienza a Dio, infatti costituisce solo la punta visibile di un iceberg. Si dice"commettere" dei peccati, ci che sottintende un agire, un fare, un dire. Ma, nel fondodella natura umana, nella parte invisibile che si annida veramente il male: uno " stato "fondamentalmente opposto alla natura divina. Questo stato interiore caratterizzatoessenzialmente dall'amore per se stesso. E' da questamore che derivano tutti

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    comportamenti colpevoli dell'uomo e costituisce la sostanza della sua psiche. E' ci cheGes ha voluto farci capire quando ha pronunciato queste importantissime parole: "Cioche esce dall'uomo quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti,cio dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurit, furti,omicidi, adulteri, avidit, malvagit, inganno, dissolutezza, invidia,calunnia , superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuoridall'interno e rendono impuro l'uomo." (Mc 7,21).Paolo, lui, sintetizzava questo elenco dettagliato in un solo terribile "cancro":"L'avidit del denaro infatti la radice di tutti i mali ; presi da questodesiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati moltitormenti" (1Tm 6, 10). Per bisogna rilevare che se l'uomo ricerca con tanta avidit ilpossesso del denaro, proprio perch sa che per mezzo di esso che potr procurarsitutto ci che soddisfa l'amore dell'IO: godimenti di ogni genere, vincite, successi,predominanza, potere, e ogni mezzo di vincere gli altri in tutti i campi.Pi quest'amore di se esclusivo, pi l'uomo si colloca lontano da Dio. In conseguenza,non Lo conosce, non gli obbedisce, non Lo rispetta e non vuole sentirne parlare. Inquesto stato, la creatura non pu possedere in se la vita, e il suo cammino si svolge nelletenebre e nella morte. Dio non vuole che sia cos. Al contrario, Egli ha previsto per noiuna vita splendida. Or la vita richiede un'apertura al mondo, uno schiudersi nella luce,una crescita verso la pienezza.Le tecniche moderne hanno permesso di visualizzare in modo accelerato la fioritura deivegetali: cos bello vedere queste piantine uscire timidamente dalla terra, per poislanciarsi verso il cielo, e ammirare i fiori che aprono al massimo il loro calice. Questa l'esplosione della vita e figura la pienezza alla quale siamo predestinati. Invece, finchrimaniamo innamorati di noi stessi, siamo come rinchiusi nelle tenebre di una sordidaprigione, la prigione del nostro IO.

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    E' il male che genera la sofferenza

    E' il caso di chiederci: "Perch la sofferenza legata al peccato? Perch essa ne laconseguenza inevitabile?" .Secondo ci che stato detto precedentemente, il male nascedall'allontanamento da Dio e della "non conoscenza" di Lui. Ora Dio la fonte di tutte lepotenze positive dell'universo: il bene, la bellezza, la sapienza, la conoscenza, l'armonia,l'equilibrio, la luce, la pace, la pienezza della vita e della felicit.Se ci allontaniamo da Dio, siamo dunque privi di tutte queste ricchezze, ci che ladefinizione stessa della sofferenza. In particolare, siamo privi della "libert dei figli diDio". In altri termini, siamo schiavi dal peccato, come l'ha pi volte precisato S. Paolo:"Non sapete che se vi mettete al servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, sieteschiavi di colui al quale obbedite" (Rom 6,16). - "Sappiamo infatti che la Legge spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato" (Rom 7,14).Dio ci ha voluto liberi nelle nostre scelte, ma noi, stolti, ci siamo proprio "messi alsevizio" di noi stessi, ricercando freneticamente di soddisfarci in tutto. Non siamo piliberi dal momento che siamo incapaci di rinunciare a ci che dannoso per noi. Se nonaccettiamo di rinunciare a tutto ci che ci allontana da Dio (egoismo, vanit, potere,successo, ricchezze, ecc.) ci riduciamo all'impotenza, ci che costituisce forse la peggiorecomponente della schiavit. Non c' condizione pi tragica che quella dello schiavo: peggio della morte, un seppellimento vivo.

    Si capisce allora perch ci conviene di seguire l'insegnamento di Ges che ci propone: "Sequalcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce,e mi segua" (Mt 16,24).Morire a se stesso rappresenta accettare molteplici rinunce e distacchi, perci moltesofferenze. Da soli, non riusciremmo a vincere queste nostre fortissime e terribilitendenze all'auto soddisfazione. Dio, nella Sua immensa bont, ci mandaprogressivamente le grazie necessarie per realizzare il programma proposto da Ges, eper seguirlo sulla via del dolore che ci redime.Anzi, il Padre ha previsto per noi uno stato ancora pi glorioso di quello del peccatoresalvato: Egli vuole realizzare tra Lui e noi una profonda comunione, che ci procura questaBeatitudine senza fine che chiamiamo il paradiso.Fin dalla vita in questo mondo, ci possibile, quando ci saremo "vuotati" di noi stessi, diospitare Dio nel nostro cuore, come ha promesso Ges: "Se uno mi ama, osserverla mia parola e il Padre mio lo amer, e noi verremo a lui e prenderemodimora presso di lui (Gv 14,23).L'ultima tappa della nostra evoluzione spirituale consiste dunque in questa sostituzionedel nostro miserabile io con la presenza di Dio in noi. Il "vecchio uomo", come dice S.Paolo, con le sue infermit, le sue lordure, le sue iniquit deve sparire per lasciare il posto

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    allo Spirito di Dio. Solo allora la vita rimanerr in noi e ci colmer di felicit.Purtroppo, anche se capiamo questa verit fondamentale, non siamo capaci di attuarlacon la nostra sola volont. Solo la grazia divina pu condurci fino a questo sublimetraguardo, ma l'intervento di Dio non "automatico", non s'impone a noi se nonsappiamo accoglierlo. Occorre che diventiamo "permeabili" all'azione vivificante del SuoSpirito. Finch siamo centrati su noi stessi, essa non pu operare il miracolo della nostraprofonda conversione. Non esiste purtroppo nient'altro per aprire la porta della nostraanima e del nostro cuore che il fuoco della sofferenza: solo esso pu ridurre in ceneri lepastoie del male che ci ha ridotti allo stato di schiavi, e farci uscire da noi stessi. Se cifosse un altro mezzo possibile per salvarci, il calvario di Cristo non sarebbe statonecessario.

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    Dio non punisce, ma educa e cura

    E' sbagliato pensare che Dio ci mandi la sofferenza per "punirci" per le nostre colpe,anche se era cos presentato nellAntico Testamento. Lo era perch lumanit, allora, eraancora molto primitiva, e il linguaggio dei profeti andava adattato allimmaturit delpopolo. Quando i bambini sono piccoli, non si usa un linguaggio intellettuale e filosoficoper far loro capire che si sono comportati male. Ma leducazione razionale, che devemirare a correggere le loro cattive tendenze, usa il castigo per aiutarli a temere inavvenire i dispiaceri conseguenti alla loro disobbedienza, alle loro mancanze e ai loroeccessi. Cos fu la pedagogia di Dio verso il popolo ebreo.Ma dopo la venuta di Ges, Dio, nella Sua saggezza infinita, ha cambiato il Suo metodoeducativo: non si pi manifestato per mezzo dei profeti e ha smesso di "minacciare" leSue creature. Come si fa con gli adolescenti, Egli ci lascia fare le nostre esperienzeaffinch giungiamo noi stessi a scoprire la natura del male e le sue conseguenze.Purtroppo, luomo ha "la testa dura"; lento a capire. Ripete sempre gli stessi errori, efinch non ha toccato il fondo dellabisso, non si decide a cambiare la sua condotta.Nonostante Ges abbia parlato nel nome del Padre Suo venti secoli fa, ed abbia firmatoil Suo messaggio con il Suo sangue, manifestando cos per noi il Suo amore infinito,luomo continua a perpetuare i suoi crimini: guerre, violenze di ogni genere, falsit,corsa al possesso, alle ricchezze, al dominio sul fratello, corruzione, avidit, ecc Non sipu completare lelenco di tutte le sue malefatte.Ogni singola persona pu pensare: "Ma io non centro in tutto questo". Siamo cosfacilmente convinti della nostra innocenza! Invece, per capire e ammettere lesistenzadella sofferenza, bisogna diventare consapevoli della profonda rottura che esiste tra Dioe noi. Se pensiamo in noi stessi: "Non commetto dei peccati gravi, evito di offendereDio, faccio quello che posso, ecc.", non abbiamo chiara la nozione dellaprofonda infermit delluomo, e del suo stato di "malato nellanima"bisognoso di cure. Eppure, esiste un male che ci pu portare alla morte, una colpache non esiste nellelenco ufficiale dei peccati, ma costituisce la base di tutti mali diquesto mondo: l'ignoranza della parola di Dio. Ges l'ha ben precisato: "Se io nonfossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero nessun peccato; maora non hanno scusa per il loro peccato ". (Gv 15,22). Ora, si chiedono gli uominidi oggi se vivono secondo le direttive di Ges? Il Signore ci ha trasmesso le parole stessedel Padre, come Egli afferma : "La parola che voi ascoltate non mia ma delpadre che mi ha mandato" (Gv 14,24). Dio stesso ha confermato: "Questi ilFiglio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo" (Mt17,5).Prima della venuta di Ges, non cera per luomo la possibilit di raggiungere lo stato dicomunione con il Padre. Le direttive date dai profeti da parte di Dio, erano troppo

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    "elementari" per aprirci definitivamente la porta del Regno. Ma adesso che abbiamoereditato il Tesoro del Vangelo per guidarci verso Dio, non abbiamo pi nessuna scusase non prendiamo in considerazione linsegnamento divino. La Parola va conosciutaperfettamente e messa in pratica ogni giorno della nostra vita. Se, permolti, non cos, il loro peccato un crimine di lesa maest verso il loroCreatore: Lui, il Padrone del mondo, l'Autore do ogni cosa, parla, e le Suecreature non L'ascoltano, non fanno caso delle Sue parole! un peccato che,per la sua natura stessa, conduce alla morte spirituale.Ogni peccatore pu essere salvato solo se si riconosce tale e se custodisce nel propriocuore la certezza della misericordia divina. Secondo il Vangelo, stato promesso ilparadiso a una sola persona: a questo suppliziato insieme a Ges, che ha soloriconosciuto la gravit dei suoi crimini, ma che si affidato senza timore alla bont diColui che era inchiodato alla croce vicino a lui (Lc 23,40-44).

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    Necessit della conversione

    Nessuno su questa terra pu considerarsi innocente. Forse, per alcuni, mancano solo lecircostanze che metterebbero in evidenza il male nascosto in fondo alla loro anima. MaDio sa bene che cosa giace nel segreto del nostro cuore. Il solo fatto che viviamo secondola nostra volont, e non secondo la Sua, ci rende colpevoli. Quanti, tra noi, sottomettonole loro scelte, le loro decisioni, i loro progetti, il loro operare, allapprovazione di Dio?Solo questa mancanza di riferimento a Lui in tutte le circostanze della nostra vita rendenecessario un patimento interiore.Quanti dolori ci sarebbero risparmiati se sapessimo lasciare il Signore al timone della

    nostra vita! Lo diceva Teresa di Avila: "Questo il nostro errore, non abbandonarcitotalmente nelle mani del Signore, il quale sa meglio di noi quanto ci conviene." (Librodella vita cap. 6). Dio, per mezzo della bocca dIsaia, dichiara espressamente: "Guai avoi, figli ribelli, oracolo del Signore - che fate progetti senza di me, vilegate con alleanze che io non ho ispirato, cos da aggiungere peccato apeccato" (Is 30,1).Siamo tutti bambini disobbedienti che vogliono agire di testa loro, dimenticando ledirettive dateci da Dio. Purtroppo, solo quando ci imbattiamo nella sofferenza e nelledisgrazie che ci ricordiamo di rivolgerci a Lui. Allora, potremmo confessare come ilprofeta: "Signore, nella tribolazione ti hanno cercato; a te hanno gridatonella prova, che la tua correzione per loro. Come una donna incinta chesta per partorire si contorce e grida nei dolori, cos siamo stati noi difronte a te Signore" (Is 26,16).Chiediamoci perch la prima raccomandazione fatta da Ges, quando ha cominciato laSua predicazione, stata: "Il tempo compiuto e il Regno di Dio vicino;convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15).Si tratta per ogni uomo di cambiare condotta e di cominciare a vivere secondolinsegnamento del Vangelo, vale a dire secondo le direttive di Ges, affinch possiamoritornare nell"ambiente" di Dio, da cui ci siamo tutti allontanati. Convertirsi, questo ilprimo passo che Dio si aspetta da noi, perch la nostra nuova vita non renda pinecessaria lazione redentrice della sofferenza. Questo primo passo che solo noipossiamo fare, comporta una presa di coscienza del nostro stato di peccatori, di "figliribelli", obbligatoriamente seguita da un sincero pentimento. Giovanni Battista,preparando la venuta del Salvatore, ha molto insistito sulla necessit di pentirsi dellenostre colpe. Chiedeva a coloro che venivano da lui di confessare i propri peccati,affinch il loro stato di peccatori bisognosi del perdono di Dio diventi ben chiaro nellaloro coscienza. Questa consapevolezza, poi, li conduceva a rifiutare il male e acominciare a sconfiggerlo nella propria anima. Il rito dell'immersione nell'acqua, segnodi purificazione, aveva per funzione di autenticare questa conversione con il desiderio e

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    la decisione di ritrovare la familiarit con il nostro Creatore, rinunciando al male.Questo impegno, che va rinnovato ogni giorno della nostra vita, essenziale, perch essodimostra a Cristo che abbiamo scelto definitivamente di seguirlo e di rimanergli fedeli.Ges ha insistito su questa necessit della conversione quando, al suo tempo, successeroalcune sciagure, Lui dichiar: "O quelle diciotto persone, sulle quali croll latorre di Siloe, e le uccise, credete che fossero pi colpevoli di tutti gliabitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite periretetutti allo stesso modo" (Lc 13,1-6). Questo episodio illustra bene il fatto che lasofferenza e la morte non sono dovute al solo fatto di peccare, ma allo stato dellecreature che si sono allontanate da Dio, ignorandolo. Non soltanto il peccato asepararci da Dio, ma l'incredibile miseria della nostra natura. Ci sono tante anime cherimangono lontano da Dio, non tanto per i loro peccati, ma per la loro povert interiora.Siamo degli esseri incompiuti. Il Signore, all'origine, ci ha dato un'anima, ossia la nostravita terrena. Ma siamo destinati a diventare degli esseri spirituali, giacch Egli ci haconcepito per essere a sua somiglianza. E' manifesto che le nostre facolt umane sisviluppano progressivamente durante il corso della nostra vita terrena. Questo nostrovivere in perpetua evoluzione; niente stabile e immutabile in questo mondo. Siamousciti (pi o meno) dalla primitivit animale, ma siamo caduti nella trappola dellacivilizzazione del benessere e della facilit. Da questa tappa dobbiamo uscire pergiungere a una fase superiore di sviluppo. Giungeremo alla cima della nostra evoluzionesolo quando sar nata in noi la vita dello spirito, perch questo spirito che ci rendeeffettivamente simili al nostro Creatore.Quando si dice che Dio ci ha creati a Sua immagine, si deve intendere piuttosto che Eglici ha "concepiti" tali. Ma questa somiglianza sar effettiva solo alla fine del nostrosviluppo interiore. Osservando la maggioranza degli uomini nel loro stato attuale, non sipu dire che assomiglino a Dio! Bisogna che succeda la famosa "seconda nascita" dicui parla Ges a Nicodemo (Gv 3,3), perch diventassimo realmente simili al Dio Spirito.E' solo allora che potremo unirci a Lui, ci che il fine della nostra creazione.Il pi spesso manchiamo di fede, di saggezza, di apertura di mente e di cuore, dicostanza, di fedelt, di capacit di amare, di dimenticarci, etc. Ora Dio vuole chediventiamo ricchi di tutto ci che possiede Lui, per permetterci di entrare in comunionecon Lui. Perci Egli procura di mandarci i mezzi che ci aiuteranno ad acquisire lericchezze che ci apriranno la porta del Regno. Questi mezzi sono i dispiaceri, le difficolt,le contrariet, le disillusioni, i fallimenti, le angosce, la paura, il senso di smarrimento, leumiliazioni e cos via.Quando siamo riusciti a diventare consapevoli che siamo nulla e che Dio tutto; quandoabbiamo imparato ad affidarci totalmente a Lui e ad appoggiarci ciecamentesull'Onnipotente, allora tutte queste cose penose non esistono pi. Ci che ci rendeimportanti solo l'amore di Dio per ciascuno di noi, e le particelle del Suo Spirito chesiamo capaci di assorbire. Diventare consapevole della propria miseria unagrazia preziosa, perch quella che apre la porta a tutte le altre.

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    Predestinazione e libert

    A volte, certe persone, quando vengono afferrate dal morso del dolore si lamentano:"Perch succede a me? Non faccio del male a nessuno. Ci sono tanti altri peggiori di meche vivono una vita tranquilla. Non giusto." Dicendo questo, non si rendono conto chebestemmiano. Dio sarebbe ingiusto, e le Sue decisioni sarebbero arbitrarie? Oppure Eglilascerebbe al caso gli avvenimenti della vita degli uomini? Questo ignorare odimenticare chi Dio. Egli il Sovrano assoluto del mondo. Dalle Sue mani sono uscitetutte le realt delluniverso. Niente succede fuori dal Suo controllo. Bisogna convincerci,una volta per tutte, che il caso non esiste. Come l'universo, cos ordinato e preciso comeun orologio, potrebbe sussistere se tutte le cose fossero lasciate al caso? Che Dio siapadrone di ogni cosa magnificamente proclamato nel Salmo 139: "S, tu hai plasmato imiei reni, mi hai tessuto nel grembo di mia madre Non ti erano nascoste le miemembra, quando fui formato nel segreto, ricamato nel profondo della terra. Tutti imiei giorni videro i tuoi occhi, nel tuo libro erano scritti tutti quanti; venero fissati igiorni quando neppure uno di essi esisteva ancora" (13;15).Bisogna ricordare anche le parole di Ges: "Due passeri non si vendono forse perun soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadr a terra senza il volere delpadre vostro" (Mt 10,29). La mano amorevole di Dio ci guida per i sentieri che Egli hapredisposto davanti a noi per condurci fino a Lui. Egli ha previsto ogni cosa per ciascunodi noi. Il dramma che anche noi facciamo i nostri piani e i nostri progetti. In questosiamo guidati solo dalla ricerca dei nostri interessi e dei nostri piaceri. Invece i disegni diDio mirano solo al nostro compimento nell'armonia e nell'unione con Lui, fonte difelicit infinita. Il pi spesso, dunque, i nostri piani non coincidono con quelli di Dio, ed allora che appaiono le frustrazioni, le amarezze, la rabbia e le disillusioni. In breve, ildolore.Dire che Dio ha previsto e predisposto il nostro percorso sulla terra ricorda la nozione di"destino" che, per alcuni, non accettabile. In questo campo c' una confusione daevitare: la parola destino lascia intravedere l'idea di fatalit, di una sorte cieca che cicade addosso, e che sarebbe totalmente ingiusta e contraria alla sacrosanta libert discelta che Dio ci ha concesso. Ma non cos. Il Signore ha previsto per ciascuno di noiun itinerario nella conoscenza di tutti i dati del problema della nostra evoluzione. Inparticolare, Egli sa quali saranno le nostre reazioni in tale o tale circostanza, e adatta leSue previsioni alle caratteristiche della nostra natura. Non ci impone la Sua volont, maEgli costruisce la nostra vita su questa terra in funzione di ci che siamo , con i latipositivi e quei difetti che ci caratterizzano. Dio una guida sapiente che sa prevedere idedali del nostro temperamento, e servirsene per portarci in sicurezza al porto didestinazione.E' ovvio che per noi, povere creature, difficile concepire l'azione di Dio nella Sua opera

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    creatrice. I Suoi disegni non sono delimitati nel tempo, perch il tempo unacaratteristica del mondo della materia, mentre Dio solo Spirito. Non esiste dunque unasuccessione di fatti nei Suoi piani, ma uno stato di fatto, completo, invariabile edefinitivo, che Lo differenzia totalmente da noi. Questa particolarit appare in certibrani della Bibbia, come per esempio in Geremia: "Prima di formarti nel grembomaterno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato"(Ger 1,5).Noi, invece, incrostati nello sviluppo del tempo, non possiamo afferrare in un solo colpola totalit e l'insieme degli avvenimenti che costituiscono la nostra storia, ma dobbiamoper forza seguire le fasi degli sviluppi che si succedono nella nostra vita, l'una dopol'altra, senza mai poterne contemplare il finale. Chi cieco per natura non pu ammirareun panorama.Daltra parte, per convincerci che Dio non pu volere altro che il nostro bene, perchEgli ci ama infinitamente, basta contemplare un crocifisso Occorre dunque ricordare che tutte le nostre disgrazie hanno per origine la libert discelta che Dio ci ha concesso, e il pessimo uso che ne facciamo. Come diceva gi ilprofeta Isaia nel suo tempo: "Perch, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tuevie, e lasci indurire il nostro cuore, cos che non ti tema?" (Is 63,17), alcunichiederanno: "Allora, perch Egli ci ha lasciati liberi di sbagliare?".Poteva la creatura di Dio essere diversa? Se Egli non ci avesse dato questa libert, checosa saremmo stati se non dei robot telecomandati? Era impossibile. Lui, il Diodamore, ci ha creati perch si realizzasse un legame damore tra Lui e noi.Ora lamore non pu esistere al di fuori della libert. necessario che noi abbiamo lapossibilit di scegliere Dio, e dunque anche la capacit di rifiutarlo. Purtroppo, luomoha scelto per primo questa ultima possibilit. Questo terribile sbaglio allorigine delmale e di tutte le nostre disgrazie, ma era inevitabile che fosse cos.Leggiamo nelle prime pagine della Genesi che Dio offre alluomo il godimento di tutto ilgiardino dellEden, tranne dellalbero della conoscenza del bene e del male, e lo avverte:" Perch il giorno in cui tu te ne cibassi dovrai certamente morire..." (Gen2,16). Si vede che Dio sapeva che luomo non gli avrebbe obbedito, e difatti gli annunciafin dallinizio la conseguenza della sua scelta sbagliata nella disobbedienza ai Suoiordini.Oltre la morte fisica, che lesito normale del corpo materiale, Dio parla di una mortemolto pi temibile, quella che consiste nellallontanarsi da Lui, ossia dalla Vita. Ma ilCreatore non pu essere preso in fallo: nei Suoi piani previsto che luomo, dopo averfatto lamara esperienza del male, e della sofferenza che ne la conseguenza, scoprir ericercher il bene, vale a dire Dio stesso.Nel libro di Siracide, troviamo una conferma di questa realt: "Da principio Dio crel'uomo e lo lasci in balia del suo proprio volere. Se tu vuoi, puoi osservare icomandamenti; l'essere fedele dipende dalla tua buona volont. Egli ti haposto davanti fuoco e acqua: l dove vuoi tendi la mano. Davanti agli uomini

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    stanno la vita e la morte: a ognuno sar dato ci che a lui piacer" (Sir 15, 14 17).

    Luomo si sbaglia nelle sue scelte perch nasce ignorante. Dio lha collocato sulla terra perpermettergli di fare le esperienze che lo porteranno alla conoscenza del bene e del male,finch diventer capace di scegliere definitivamente il bene, perch avr imparato aconoscere Dio. La storia dellumanit non poteva essere diversa.Ges ha confermato linevitabilit dellesistenza del male quando ha proclamato: "Guaial mondo per gli scandali! E' inevitabile che vengano scandali, ma guaiall'uomo a causa del quale viene lo scandalo!" (Mt 18, 7). Egli ha dunqueaffermato che il male non poteva non esistere, per via della libert delluomo. Daprecisare che la parola "guai" non va intesa come una maledizione, ma come unavvertimento che il seguito del male la sofferenza. Anche quando luomo giunto adiscernere il bene dal male, non ha pertanto la forza di scegliere il primo e di rifiutare ilsecondo. Paolo riconosceva: "Infatti io non compio il bene che voglio, ma ilmale che non voglio" (Rom 7, 19). Preferire il bene al male un effetto della grazia.Ma essere purificato dal male e dimorare nel bene opera della sofferenza.

    Possiamo capire il dramma dellumanit osservando levoluzione del bambino. Quandonasce, giudicato innocente perch non ha la possibilit di peccare. Ma ancheignorante, ed questa ignoranza che sprona la sua curiosit, spingendolo a volerscoprire tutto ci che lo circonda. Si sa che, molto presto, egli fa lesperienza del male,nei limiti della sua piccolezza: mentire, disobbedire, rubare ci che gli piace, aggredire isuoi simili, invidiare, ecc, non sono assenti dal suo comportamento. Per, il piccoloduomo ha la scusa di non conoscere ancora le regole della morale, ossia di non sapereci che bene e ci che male. Invece, luomo adulto dovrebbe avere acquisito le facolte le conoscenze che potrebbero preservarlo dal male

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    L'avventura del figlio prodigo

    Siamo stati dotati di unintelligenza, ed normale che questa facolt ci spinga a volerscoprire, capire, investigare, in breve, acquisire la conoscenza di ogni cosa. Ed cos chefacciamo lesperienza delle cose buone e di quelle cattive. Ora, se la ricerca delluomonon guidata dalla saggezza di Dio, succede che questi, che vuole seguire il suocammino come gli pare, si smarrisca per le vie lontane da Lui. C, nel Vangelo, unaparabola che illustra mirabilmente lavventura umana con una semplicit sconcertante: quella del figlio prodigo (Lc 15,11-32). Si dice che egli partito "lontano" da suo padreper vivere "in modo dissoluto", disperdendo i beni che aveva ricevuto da suo padre. Eccol'errore mortale commesso dagli uomini: essersi lasciato sedurre dai falsi beni di questomondo e vagabondare lontano da Dio. Il profeta Geremia esprime chiaramente questofatto, parlando al posto di Dio: "Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: haabbandonato me, sorgente di acqua viva, e si scavato cisterne, cisterne piene di crepe,che non trattengono l'acqua." (Ger 2,13). E' un modo elegante per affermare la stupiditdell'uomo che rifiuta il pane benedetto che gli offre suo Padre celeste per nutrirsi delcibo dei "porci". Ciascuno di noi rappresentato da questo figlio ingrato e avido digodersi la vita in tutti i modi possibili. Come il padre della parabola, Dio ci lascia liberi diallontanarci dalla casa paterna, e noi disperdiamo i beni che abbiamo ereditato da Lui,facendone un cattivo uso. Allora succede che incontriamo la miseria, la solitudine,labbandono, la degradazione e lumiliazione. In breve, la sofferenza. Per mezzo di essa,questo povero figlio capisce che ha sbagliato, allontanandosi da suo padre, nella cui casagodeva di ogni bene, e gli viene allora il desiderio di ritornare da lui. In questa presa dicoscienza del suo errore e nel rimpianto del suo cuore, egli ritrova la gioia nelle bracciadel padre che non ha mai cessato di amarlo. Splendida la festa per il ritorno delpeccatore nelle braccia di Dio! Da questa parabola, capiamo che non il Padre che cimanda le prove e la sofferenza, ma sono le nostre scelte sbagliate che ci portano alladisperazione della depravazione. Osserviamo anche in questo racconto che ilprimogenito, rimasto nella casa del padre, non avendo fatto lesperienza di essereprivato di lui, ha un cuore chiuso, meschino, tormentato dalla gelosia e dallinvidia. Conquanto orgoglio egli si ribella contro il suo genitore! La sua condizione privilegiata nongli ha permesso di scoprire limmenso amore che il padre ha per i suoi figli. Egli limmagine di ci che sarebbe luomo se non avesse fatto lesperienza del male,dellamarezza dellesilio, e del dolore che ne la conseguenza. In definitiva, si puaffermare che il figlio pi giovane ha avuto la parte migliore, perch il suo smarrimentogli ha permesso di scoprire limmensit dellamore paterno, e la gioia di ritrovarlo. Nellostesso modo, la finalit del nostro pellegrinaggio sulla terra consiste proprionellacquistare la conoscenza di Dio, perch questa conoscenza che ci d la vita eterna.Non ha detto Ges: "Questa la vita eterna: che conoscano te, l'unico veroDio, e colui che hai mandato, Ges Cristo" (Gv 17,3)?

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    I benefici del patire

    Alla luce di questa parabola, illustrando la storia dellumanit, si pu capire che, altermine della sua peregrinazione, spesso dolorosa, in questo mondo, luomo destinatoa scoprire la splendida realt del suo Creatore. Se Egli ha permesso che ci allontaniamoda Lui, questo faceva parte dei Suoi piani, perch abbastanza potente per fare nasceredal male un bene maggiore. Creando luniverso e luomo, Egli sapeva quale stradaavrebbe dovuto seguire la Sua creatura per giungere fino a Lui. Tutto era previsto neiSuoi piani, e niente pu trovarlo sprovveduto. San Paolo esprime questa realtfondamentale dicendo: "Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, peressere misericordioso verso tutti!" (Rm 11,32).Siamo prigionieri di ogni forma di male, ed solo quando cadiamo nella fornace, che ilnostro sguardo interiore si volta verso Dio per essere liberati. Allora ci dato di riceverela Sua grazia e la manifestazione del Suo amore, in modo che, liberati dalla morte,ritroviamo in Lui la Vita. Perci, senza la nostra decadenza, non avremmo beneficiatodella bont misericordiosa di Dio. Di conseguenza, non lavremmo conosciuto e nonavremmo potuto amarlo. Ora, siamo stati creati per unirci al Padre nellamore. ilpeccato dellumanit che ci ha valso lincarnazione di Ges e la manifestazione del Suoamore infinito nella Sua immolazione sulla Croce, origine della salvezza del mondo. questa verit che si espressa nella sconcertante frase di S. Agostino: "Felice colpa,che ci ha meritato un cos grande Redentore !".

    Nellesperienza di ciascuno di noi, diventa palese che, ben spesso, la sofferenza che cispinge a rivolgerci a Dio. I tormenti di questa vita che, a volte, diventano insopportabili,ci conducono a dirigere il nostro sguardo interiore verso un punto al di sopra della terra,ci che chiamiamo il cielo e dove, crediamo, risiede Dio. E cos, piano piano, cidistacchiamo da questo mondo per familiarizzarci con l'altro. Il Signore ha previstoquesto cammino doloroso per attrarci a Lui, l dove, di tutta eternit, si trova la nostradimora definitiva. Quando abbiamo progredito in questa direzione, scopriamo che Dio,in fatto, non dimora in un luogo lontano da noi, ma in noi, intorno a noi, in tutto ci chevive, perch Egli la vita stessa.Purtroppo, finch godiamo di una vita piacevole, ci facile dimenticarci di Lui e delleSue prescrizioni. Nella parabola, il figlio prodigo mena vita fastosa e dissoluta, finch siritrova sprovveduto di ogni sostanza. allora che, caduto nel fondo dellabiezione, siricorda di suo padre e decide di ritornare presso di lui. proprio questo la nostra storia.A volte, bisogna toccare il fondo dell'abisso per rimbalzare verso l'alto.Troviamo nella Bibbia parecchie allusioni a questo nostro bisogno di ritrovare la pacedel cuore nel ritornare al Padre da cui ci siamo allontanati. Il Signore aspetta con ansiaquesto nostro ritorno. Egli dice: "Me ne ritorner alla mia dimora, finch non

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    sconteranno la pena e cercheranno il mio volto, e ricorreranno a me nellaloro angoscia" (Os 5,15). "A me rivolgono le spalle, non la faccia; ma altempo della sventura invocano: "alzati, salvaci"." (Ger 2,27). "Nel giornodell'angoscia alzo a te il mio grido perch tu mi rispondi" (Sal 86,7).

    Il dolore ha come effetto di spogliarci, di mettere a nudo la nostra realt interiore, ditoglierci di dosso i vecchi stracci della vanit, della presunzione e dellincoscienza.Questo stato di povert spirituale, generatore di umilt, quando ne diventiamoconsapevoli, quello che dobbiamo acquisire per poter andare finalmente allincontro diDio. Non possiamo accedere alle sfere divine finch non ci saremo liberati daltravestimento che fa di noi delle caricature di uomini. per ritrovare la dignitautentica delle creature concepite a somiglianza di Dio, che ci data lagrazia della purificazione per mezzo del patire.Il Signore semina in ogni anima una particelle della Sua Verit; ma, come necessariopreparare la terra con l'aratro che traccia i solchi per inseminarla, cos deve essereammorbidita l'anima umana con il vomere della sofferenza affinch la Parola in essapossa germogliare e dare frutti.Molte persone riconoscono che la prova ha permesso loro di ridimensionare le prioritdella loro vita. Si sono allontanate dalle cose futili, hanno saputo meglio riconoscere ciche importante da ci che non lo . Hanno apprezzato meglio i lati positivi della vita esono diventate pi forti e pazienti. In breve, sono cresciute e si sono evolute verso unamaggiore spiritualit.Certo, ci sono anche quelle che si sono sentite distrutte dopo una prova apparentementetroppo pesante per le loro forze. Dio ci manda il dolore non per distruggerci ma perdistruggere il male che giace dentro di noi. Perci, dobbiamo entrare consapevolmentenei Suoi piani di salvezza. Chi ha veramente fede non pu pensare che Dio miri altro cheil nostro massimo bene, perch Lui tutto amore, e amore anche ogni Sua opera.Ma i tempi di Dio non appartengono al nostro mondo; nel Suo universo etereo, comenella natura, a poco a poco la vita rinasce dalle ceneri. Le apparenze possono sembraredisastrose, ma lanima segue, fuori dalla consapevolezza, una strada ascendente. Quelliche si lasciano andare alla disperazione, lo fanno perch dimenticano, o non sanno, chela nostra vita non finisce nella tomba, ma che continua al di l. Quello che non abbiamoimparato quaggi, ci sar insegnato nellaltro mondo, perch la morte non una fine,ma un inizio.Si pu superare la sofferenza e mantenere il proprio cuore in pace se si sa smettere ditenere lo sguardo interiore fissato su se stesso, ma dirigerlo verso il cielo, simbolodell'infinito e dell'eterno di Dio; se si sa allontanare gli affanni, eliminare i desideri diogni genere fino a ridurli a uno solo: che tutto sia come lo vuole Dio, perch la Suavolont il bene supremo. Quali che siano le prove che dobbiamo affrontare, si trovasempre un grande conforto nel pensiero che se le cose sono come sono, perch Dio l'havoluto cos. E se Egli ha disposto la nostra vita in questo modo, solo per assicurarci una

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    futura felicit tale che non avr fine, perch Egli ci ama infinitamente. Di questopossiamo essere sicurissimi. Come non avere una fiducia assoluta nell'amore e la bontdi un Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perchchiunque crede in lui, non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).

    Quando si fa la conoscenza di persone che hanno molto sofferto, succede che notiamo inloro una strana dignit, un distacco che le nobilita, come se le loro prove le avessero reseimmuni dalle piccolezze di questo mondo. Si sente di aver un rispetto particolare per chi stato molto provato. manifesto che sono cresciute nellanima, e loro ci fanno sentire,a volte, come bambini ritardati. Sembra che abbiano acquisito unimpassibilit che lemette al di sopra delle piccole bufere di quaggi. Si pu notare anche che alcunepersone, apparentemente condannate a morte per una grave malattia, e che hanno poiavuto la fortuna di guarire, ricominciano a vivere con una nuova saggezza, apprezzandoogni piccola gioia offerta dalla vita, e non si lasciano pi turbare dalle contrariet odispiaceri passeggeri.Ma soprattutto, la sofferenza profonda ci permette di aprire gli occhi su noi stessi, dirimetterci in questione, e di fare una revisione della propria vita. Ci che ci sembravaimportante prima, non lo pi dopo, e il nostro orizzonte si trova allargato. Non cifermiamo pi sulle meschinit e le preoccupazioni insignificanti di una volta. La corsa aipiaceri, ai profitti, le rivalit e lavidit non hanno pi senso. La sofferenza ci fa scoprirela vanit delle nostre piccolezze, e la vera importanza di un mondo collocato al di l dellaquotidianit. Bisogna che venga la notte per potere ammirare la bellezza delle stelle

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    Dal peccato originale alla seconda nascita

    Per capire la comparsa di questo rivolgimento nel nostro modo di essere e di vivere,bisogna risalire alle cause della sofferenza. Possiamo osservare che un gran numero diprove e di tribolazioni sono dovute a una perdita, a una privazione: quella di unapersona cara, dellamore di qualcuno, della salute, della libert, dellinnocenza, di beni diogni genere, dellintegrit del corpo, ecc. Tuttavia ogni dolore maggiormente dovuto auna sola perdita essenziale: quella di Dio. In Lui risiede ogni principio di bene, e dunquedi felicit e di vita. Quando lanima priva di Lui, essa "malata" ed solo Dio che puguarirla. Quando i farisei videro che Ges frequentava "pubblicani e peccatori", se nescandalizzarono. Allora Lui dichiar: "Non sono i sani che hanno bisogno delmedico, ma i malati Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma ipeccatori" (Mt 9,12). Perch la nostra anima priva della comunione con Dio,soffriamo di questa privazione al punto da sfiorare la morte spirituale.

    Nelle nostre vite, c sempre un malessere di fondo che si fa sentire pi o menofortemente secondo le circostanze. la sequela della nostra infermit originaria. Alcunisi scandalizzano della sofferenza dei bambini, dicendo: "Perch loro che sono innocentidevono soffrire?" Eppure, sappiamo che nessuna creatura immune dal male. Il maleche siamo capaci di fare e di pensare nato insieme a noi. Il fatto che possa rimanerenascosto nel segreto della nostra interiorit non gli toglie la sua esistenza e la suagravit.Troppo spesso ci lasciamo ingannare dalle apparenze: il bambino, con tutta la suagrazia, la sua ingenuit, la sua freschezza di creatura "nuova", , infatti, fin dal suoconcepimento, un essere umano nella sua totalit. In lui rinchiusa tutta la sua storia,cos come Dio l'ha prevista. Non perch la sua anima nascosta dentroquestapparenza di angelo, che non c gi in lui la radice del male. Consideriamo peresempio un mostro come Hitler. Bisogna pensare che anche lui stato un tenero ecommovente neonato. Eppure egli celava gi dentro di s tutte le tendenze malvagie chesi sono manifestate nellet adulta.Non dobbiamo dimenticare che il germe del male fissato in noi fin dallinizio dellanostra esistenza, allo stesso modo che lo sono i geni dei nostri cromosomi. Nessuno, suquesta terra innocente. Anche se non commettiamo dei gravi peccati, siamo colpevoliperfino del bene che potremmo fare e che non facciamo. Non questa verit che Ges ciha dimostrato quando Egli, evocando il modo in cui saremo giudicati alla fine deitempi, ha proclamato; "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno,preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perch ho avuto fame e non miavete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, erostraniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in

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    carcere e non mi avete visitato" (Mt 25, 41-45). Questo brano dimostra una veritfondamentale: saremo giudicati sullamore, e il peccato mortale per eccellenza, precisamente la mancanza di amore, perch chi manca di amore lontano da Dio. S.Giovanni ha formulato questa importantissima verit in poche parole: "Chi non amarimane nella morte" (1Gv 3,14). Infatti giacch Dio Amore e Vita, chi fuoridallamore fuori dalla vita.A volte, si crede di aver qualche merito per aver fatto del bene. Tuttavia, bisogna essereconsapevoli che, per Dio, non il fare che conta, ma le nostre disposizioni interiori.Molte persone, per esempio, hanno il desiderio di aiutare, di alleviare, di confortare. MaDio vede il movente reale che guida le nostre azioni: se mi dedico agli altri per offrirmiuna buona coscienza, per darmi dell'importanza o nell'illusione di raccogliere dellagratitudine, agli occhi di Dio tutto questo nulla. Solo se il mio cuore veramente pienodi compassione e di tenerezza sono in armonia con Lui.

    Sempre per via del nostro modo superficiale di giudicare, ci lasciamo commuovere dallesofferenze spettacolari, quelle che feriscono la nostra sensibilit: la violenza e le sueconseguenze, le guerre, le catastrofi, il sangue, lorrore di certe situazioni, in breve tuttoci che nutre la cronaca. Ma ci sono tante sofferenze ignote, nascoste, segrete, checolpiscono gli uomini, e che sono forse pi terribili delle disgrazie notate per la lorodrammaticit spettacolare. Perci, non giudichiamo la gravit della sofferenza sulleapparenze per rivoltarci contro la sua presunta ingiustizia.

    Siamo tutti, pi o meno, invasi dall'orgoglio, dalla presunzione, dalla superbia e dallavanit. Siamo in genere tanto innamorati di noi stessi! Eppure, nell'immensitdell'universo, l'uomo una cosetta da niente, un mucchietto di atomi. Tuttavia egli haun valore immenso, giacch Cristo si immolato per lui. Ma questo valore sussiste solose egli rimane unito alla sorgente della sua esistenza, ossia a Dio. Il legame che ci uniscea Lui la presenza in noi dello spirito, perch Dio Spirito.E' solo lo spirito che ci differenzia dall'animale. Ora, questo spirito non esiste nell'uomofin dalla sua apparizione sulla terra, che sia al livello generale come al livelloindividuale. Secondo l'insegnamento di Ges a Nicodemo: "In verit, in verit io tidico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non pu entrare nel regno di Dio. Quello che nato dalla carne carne, e quello che nato dallo Spirito spirito" (Gv 3,5), l'uomodeve giungere a una seconda nascita perch apparisca in lui la presenza dello spirito. Sitratta dunque dell'inizio di una nuova vita che si sostituisce progressivamente alla vitasecondo la materia che, per natura, destinata alla morte. L'uomo deve dunque passaredalla prima alla seconda per poter incontrare Dio e giungere alla comunione con Lui.Questa la destinazione verso la quale il Creatore ha predisposto tutte le Sue creature ela Via unica che pu salvarle dall'annientamento.Lo spirito cresce in noi quando accediamo a un certo grado di evoluzione. Allora si puchiedere che cosa determina questo momento vitale in cui appare nell'uomo la vita

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    spirituale. L'esperienza secolare dimostra che proprio la sofferenza a spingerlo versol'alto, verso la sfera divina. Perch la sofferenza che brucia le lordure che i suoismarrimenti hanno accumulato in lui.Malati come siamo nellanima, Dio vuole guarirci per permetterci digiungere alla meta per la quale siamo stati creati da Lui, ossia lunione nelSuo amore. Questa guarigione si attua progressivamente, per tappe. Abbiamo bisognodi essere purificati definitivamente da ogni macchia, per potere ritrovare il nostrovalore umano: la nostra somiglianza con Dio. Ed precisamente per mezzo dellasofferenza che si realizza questa purificazione.

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    Il sale e il fuoco

    Come si sa, nei tempi antichi, il sale aveva un valore inestimabile, simile a quellodell'oro. E' da questo fatto che Ges ha, pi volte, figurato il valore umano conl'immagine del sale.Agli uomini e donne che lo seguivano, Egli rivel: "Voi siete il sale della terra; mase il sale perde il sapore, con che cosa lo si render salato?" (Mt 5,13). E'dunque nel seguire Cristo che l'uomo riceve il suo valore, che risiede, appunto,nell'unione con Dio. E' anche in questo senso che Egli ha raccomandato: "Abbiate salein voi stessi" (Mc 9,50). Come il sale d sapore, cos la comunione con Dio d valoreall'uomo, nella fede e nell'amore. Se viviamo senza Dio, non siamo altro che creatureanimali. E' il rapporto con il Signore che ci trasforma in esseri spirituali, ricchi di vitainteriore. Se questo rapporto si fa raro, convenzionale e formale, diventiamo dellepersone insipide, prive d'interesse, come cibi senza sale. Perci essenziale acquisirequesto "sale", anche a prezzo d'oro. Per farcelo capire, Ges ha pronunciato questastrana ma importantissima sentenza: "Ognuno infatti sar salato con il fuoco"(Mc 9,49). Ci che si pu intendere: proprio il fuoco della sofferenza che preparal'anima umana a ricevere il dono della comunione con Dio, fine al quale Egli hapredisposto le Sue creature. Cristo ha dimostrato su se stesso questa verit; avrebbeavuto il Suo messaggio l'importanza fondamentale e un impatto perenne, se non fossestato "firmato" dalla Sua immolazione?

    Limmagine del fuoco usata da Ges per esprimere la sofferenza, perch come il fuocodistrugge ogni impurit, essa distrugge definitivamente il male. Come si sa, si ottieneuna sterilizzazione degli oggetti facendoli passare nella fiamma. Nello stesso modo,possiamo essere purificati solo dopo aver attraversato il fuoco della tribolazione. C,allinizio del vangelo di Matteo, una frase di Giovanni Battista molto importante perpoter capire questa realt "Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; macolui che viene dopo di me pi forte di me e io non sono degno di portarglii sandali; egli vi battezzer in Spirito Santo e fuoco" (Mc 3,11).Infatti necessario precisare che il battesimo di Giovanni nellacqua costituiva unaprima purificazione indispensabile, perch rappresentava la volont degli uomini di"lavarsi" dalle macchie del peccato, per imboccare la strada che conduce a Dio. Senzaquesto primo passo delluomo non c salvezza possibile. Lo constatiamo nel mandatopreciso imposto da Ges ai Suoi Apostoli: "Andate dunque e fatte discepoli tutti ipopoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,insegnando loro a osservare tutto ci che vi ho comandato" (Mt 28,19). dunque chiaro che il primo passo per ritornare verso il Padre deve essere laconversione volontaria, autenticata dallimmersione nellacqua del battesimo, e

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    losservanza dei precetti promulgati da Ges. Il battesimo ci purifica dai peccati, ma, sisa, non capace di estirpare dalla nostra anima le radici del male, giacch rimaniamosempre dei peccatori. dunque necessario ricevere i due altri battesimi, annunciati dalBattista, che ci sono dati, non dalluomo, ma da Dio. Perci, dobbiamo essereugualmente immersi nel dolore per ottenere la purificazione definitiva che cipermetter laccesso al Regno di Dio, ossia l'immersione nella vita dello spirito. Il fuocopurifica perch distrugge, e il patimento distrugge il male in noi.Ges, nel Suo immenso amore ha voluto camminare al nostro fianco, donandocilesempio: come ha voluto ricevere il battesimo dacqua, anche se non ne aveva bisogno,cos ha accettato di subire il battesimo del fuoco, ossia limmersione nella sofferenzapurificatrice. La prospettiva di questo battesimo tanto terribile che Egli ne ha parlatopi di una volta: "Ho un battesimo nel quale sar battezzato, e come sonoangosciato finch non sia compiuto!" (Lc 12,50). Quanto questa frase ci rendeGes vicino, noi che temiamo tanto di soffrire e di morire! Poi, a Giacomo e Giovanniche gli chiedevano di sedere accanto a Lui nella Sua gloria, Ges rispose: "Voi nonsapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o esserebattezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?" (Mc 10,38). Questobattesimo era il supplizio della croce.Ora, sappiamo che questo bagno di sofferenza atroce, accettato da Ges, aveva perfinalit la salvezza del mondo. Il dolore, il nostro come il Suo, ha un valore insostituibiledi redenzione, che permette la rinascita alla vita divina. Esso ci incammina verso lasapienza e l'umilt, che sono dei valori fondamentali per favorire la nostra ascesa versoDio.

    Come abbiamo gi notato, non possiamo essere felici se il male ci trattiene lontano daDio. Il Suo scopo, per assicurarci la felicit, dunque di liberarci dal male, affinchpossiamo unirci a Lui. L dove regnano le tenebre, non pu dimorare la luce. Se il nostrocuore e la nostra anima sono ottenebrati dal male, non possiamo vivere nella luce divina.Andiamo all'incontro della sofferenza ogni volta che diamo la precedenza ai nostridesideri, alle nostre bramosie, alle nostre pretese e le nostre ambizioni, perch, facendocos, ci opponiamo alla volont di Dio. Questa volont si manifesta in tutto ci checostituisce la nostra vita quotidiana e l'ambiente in cui ci muoviamo. Se rifiutiamoquesta realt, ci allontaniamo da Dio, e questa rottura all'origine di ogni dolore. Ilsegreto della pace interiore, che rappresenta gran parte della felicit, la sottomissioneassoluta alle volont del Signore. Per acquisirla, bisogna ricordare in ogni momento cheniente succede nella nostra vita che non sia stato voluto o permesso da Lui. Ora, nonpossiamo dubitare del Suo amore infinito (il crocifisso ce lo ricorda). Perci possiamoessere certi che tutto ci che ci accade mira al nostro massimo bene. Bisognaimpregnarsi ogni giorno di questa certezza.Desiderare altro che ci che abbiamo un oltraggio al nostro Creatore e Maestro, e diconseguenza ci priva della Sua grazia. Siamo allora come bambini smarriti in mezzo alla

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    giungla, in preda alla ferocia delle belve. Non dobbiamo stupirci, dunque, seincontriamo la sofferenza. Nella misura in cui mi svuoter di me stesso e della miavolont, sar abitata dalla presenza divina che mi colmer di beatitudine.

    Il dolore uno strumento nelle mani di Dio per renderci capaci di raggiungerlo. Eglivuole plasmare la nostra anima per renderla simile a Lui, che amore, vita, spirito,bont infinita. Egli vuole purificarci definitivamente da ogni sudiciume che ci rendeindegni di Lui.Le Sante Scritture abbondano dinsegnamenti sulla finalit della sofferenza. Essa paragonata al crogiolo in cui si scioglie loro, affinch diventi malleabile: il divino orafopu allora trasformarlo in una scintillante opera darte. "Far passare questo terzoper il fuoco e lo purificher come si purifica l'argento; lo prover come siprova l'oro. Invocher il mio nome e io l'ascolter" (Zc 13,9). "Moltisaranno purificati, resi candidi, integri, ma gli empi agirannoempiamente: nessuno degli empi intender queste cose, ma i saggi leintenderanno" (Dn 12,10).

    Si pu affermare che la sofferenza anche una scuola, perch, per mezzo di essaimpariamo a riconoscere che le vie del male conducono alla privazione di Dio, e dunquealla perdita della grazia che genera la vita in Lui. Lo dice mirabilmente FrancescoBersini, nel suo libro "La sapienza del Vangelo": "Il dolore ti induce alla riflessione. Senon sarai passato dalla scuola del dolore, sarai come un analfabeta davanti al libro dellavita.". O ancora: "La vita un crogiolo dove si formano le anime per il cielo Diventisaggio nella pena, dopo essere stato stolto nella colpa. Nel dolore apri quegli occhi chetenevi chiusi nei piaceri. La tribolazione conduce sovente al timor di Dio coloro che laprosperit aveva reso superbi e audaci." (Parte seconda 81 p. 125). Nell'AnticoTestamento si trova un'affermazione simile: "E' preferibile la mestizia al riso, perchcon un volto triste il cuore diventa migliore" (Qo 7, 3). Non si devono fraintendere leintenzioni dell'autore: non dice che la gioia sia condannabile (Dio ci vuole felici), ma egliparla del ridere delle persone dissolute che si compiacciono nell'ignominia.La natura umana caratterizzata da una cecit congeniale che la portaimmancabilmente verso tutto ci che pu essergli dannoso, senza che se ne accorga.Quando un cieco urta contro un ostacolo che lo ferisce, a volte molto dolorosamente, egliimpara che la strada che ha imboccato da evitare. Questa realt stata schematizzatadal poeta francese A. de Musset nella sua celebre sentenza: "Luomo un apprendista, ildolore il suo maestro; nessuno conosce se stesso finch non ha sofferto." Anchelantico Esopo diceva: "I dolori sono insegnamenti".Possiamo chiederci dunque: "Che cosa ci insegna il dolore"? Esso non meno che larivelazione del bisogno che luomo ha di Dio. Quando tutto crolla in una vita, quandosiamo ridotti a piangere dietro una porta chiusa, quando scopriamo che tutti i nostri caritesori terreni sono solo miraggi, cominciamo a lasciare da parte le nostre scarpe di

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    piombo, per inventarci delle ali, perch capiamo finalmente che la strada giusta quellache sale verso le alture celesti.

    Il dolore un percorso dalla negativit allassoluto divino. Siamo immersi nella nostramiseria senza saperlo. Il meglio che ci si pu augurare che qualcosa venga ad aprirci gliocchi. precisamente il ruolo della sofferenza. Lo specchio deformante nel quale cicontempliamo, un giorno si spezza bruscamente, e scopriamo il vero nostro voltomiserabile. Allora i nostri occhi cercano un altro volto al quale vorremmo rassomigliare,ed finalmente Dio che incontriamo.Abbiamo tante cose da imparare: a vivere, ad amare, a saper guardare e udire, asorpassare il nostro io, a conoscere Dio, ad amarlo al di sopra di ogni cosa e adabbandonarci ciecamente alla Sua volont. Egli, come ogni buon padre, ci istruisce, cieduca, ci fa crescere spiritualmente, non con delle sapienti dimostrazioni intellettuali,ma con il patimento, perch, purtroppo, lesperienza millenaria dimostra che esso ilsolo mezzo efficace. Il famoso gesuita francese J.-P. de Caussade afferma, nel suo libro"L'abbandono alla provvidenza divina": "Dio istruisce il cuore, non mediante idee, mamediante sofferenze e avversit".Questo Dio Padre vuole portarci fuori dalla palude in cui ci siamo impantanati, ericondurci sulla strada salda e dritta che sale verso di Lui. Siamo come arbusti che sisviluppano verso il basso. Allora Dio corregge la nostra pendenza sbagliata, perchpossiamo crescere dritti verso il cielo, come conviene ad un albero. "Non disprezzarel'istruzione del Signore e non aver a noia la sua correzione, perch ilSignore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto" (Pr 3,11) "E'per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual ilfiglio che non viene corretto dal padre?" (Eb 12,7). Ci dunque salutare che Diosi prenda cura di correggerci da tutte le nostre cattive tendenze, perch se non lo facesse,non ci sarebbe pi speranza per noi. proprio allora che potremmo accusarlodindifferenza e di crudelt.

    Quando ci abbandoniamo al male, ci allontaniamo da Dio, sorgente di vita, di pace e difelicit. E la sofferenza che ne deriva viene dal fatto che abbiamo distrutto il nostrorapporto con Lui. Essere privo di Dio la pi grande disgrazia che possiamo conoscere.Perci, viene immancabilmente il giorno in cui questa tremenda solitudine nella nottedellanima, ci spinge a desiderare ardentemente la consolazione e la liberazione che soloDio pu darci. Moriamo di sete, e scopriamo che Lui solo pu dissetarci. proprioquesta la finalit della sofferenza: farci scoprire labbondanza di grazia e di felicit che sipossono trovare solo in Lui. Bisogna aver attraversato il deserto perinnamorarsi dellacqua.

    Se viviamo senza lasciarci guidare da Dio, senza tener conto delle Sue direttive, siamocome cespugli spinosi che crescono in modo anarchico, in tutti sensi. La linfa, allora, si

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    disperde in una moltitudine di rami inutili, e la pianta rimane sterile.Un giorno, un giardiniere era venuto a casa nostra per potare gli alberi da frutta. Quandomi sono lamentata che toglieva troppi rami, egli mi rispose con una frase davverosorprendente: " necessario; bisogna che gli alberi soffrano per dare molti frutti". Misono allora ricordata della parabola del Padre vignaiolo che monda la vite affinch ognitralcio produca pi frutto. (Gv 15). Nello stesso modo, Dio pota il ceppo della nostra vitacon tribolazioni e traversie per portarci alla fecondit spirituale, che ci permetter diunirci a Lui nel Suo Regno.

    Dobbiamo riconoscere che la natura non pu non aver una profonda repulsione per lasofferenza. Il dolore, o la prospettiva del dolore, genera paura, angoscia e disperazione.Ma chi ha compreso il valore e la finalit del patimento, pu essere almeno esentato dalcadere in questa disperazione. Non pu lasciarsi distruggere e annientare, se sa che lepene che gli sono inflitte, sono programmate da un Padre che lo ama infinitamente. Nonamano i loro figli i genitori che li portano da un chirurgo perch sono colpiti da unagrave malattia? Il trattamento, lo sanno, potr essere molto doloroso, ma lo accettanoperch sanno che, per salvarli, non c altra possibilit. Tuttavia nessuna prova succedesenza che veda un giorno la sua fine. Quando la prova ci cade addosso, ci lamentiamo ela malediciamo. Ma quando ci tolta, il nostro essere interiore salito, al nostroinsaputa, di diversi gradi sulla scala che ci conduce fino a Dio.

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    "Accogliere" la sofferenza

    A volte, la sofferenza diventa insopportabile perch ci lasciamo sprofondare in unpresente doloroso senza cercare di rimettere ogni cosa nella sua relativit, edimentichiamo che tutto, su questa terra, destinato a mutare o a sparire. Se la vita oggi pesante e ci ferisce, verr un indomani sgombro di dolore.Il patire, in ogni vita, inevitabile, com inevitabile, labbiamo visto, il male. Perattraversare senza troppi danni i momenti bui della nostra vita, bisogna convincersi che,secondo il modo in cui considereremo questa sofferenza, essa diventer pi pesante, o,invece, pi sopportabile. Se non ne capiamo la finalit e il valore, la rifiutiamoaspramente; allora che diventa insopportabile. Se, invece, laccogliamo come unanecessit che ci porta verso una sorte invidiabile, possiamo subirla con pazienza, e senzaperdere la speranza. Pensiamo, per esempio, alla donna che porta dentro di se unacreatura: lei sa che verr lora in cui dovr soffrire per condurla alla luce di questomondo, ma accetta questa futura prova perch la sua mente si ferma pi sullesito delparto, che sar un bene e una gioia immensa, che sui momenti dolorosi che laspettano.Ugualmente, chi ha capito che il dolore necessario per ottenere unelevazione versouno stadio superiore di vita e avvicinarsi a Dio, non fissa la sua attenzione sulla provapasseggera, ma sul fine glorioso ed eterno che ne lesito. Pietro diceva: "Carissimi,non meravigliatevi della persecuzione che, come un incendio, scoppiatain mezzo a voi per mettervi alla prova, come se vi accadesse qualcosa distrano. Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo,rallegratevi perch anche nella rivelazione della sua gloria possiaterallegrarvi ed esultare" (1 Pt 4,12). E Paolo afferma anche: "Per questo non ciscoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo,quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti ilmomentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura unaquantit smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sullecose visibili, ma su quelle invisibili, perch le cose visibili sono di unmomento, quelle invisibili invece sono eterne" (2Cor 4,16).

    Una grande disgrazia quella degli atei che non possono capire la finalit dellasofferenza, e non hanno sotto gli occhi, lammirevole esempio di Cristo. Per chi ha fede,non dovrebbe esserci mai la disperazione, perch sa che il dolore ha un valoreinfinitamente prezioso. Il patire permette di conquistare virt essenziali per lascensioneverso Dio. Il malato che deve abbandonarsi tra le mani dei medici non impara per forzala pazienza? I genitori che vedono nascere nei loro figli delle cattive tendenzeesponendoli a terribili pericoli, (come il flagello della tossicodipendenza) non sono forsespronati a fare enormi sacrifici per tentare di proteggerli, a diventare comprensivi, e a

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    sopportare tante umiliazioni e tanti fallimenti? Di nuovo ci esorta Paolo, dicendo: "Enon solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazioneproduce pazienza, la pazienza una virt provata e la virt provata lasperanza. La speranza poi non delude, perch l'amore di Dio statoriversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato"(Rm 5, 3).

    C' modo e modo di affrontare il patimento. Spesso, ci lasciamo sprofondare nel dolore,perch non concediamo a Dio una fiducia assoluta, non ci ricordiamo di Lui e del Suoamore. Operiamo, decidiamo, ci affanniamo, come formiche indaffarate che nondirigono mai lo sguardo verso il cielo.C' chi accoglie la prova con rassegnazione e pazienza. Altri, invece, che si ribellano,maledicendo e lamentandosi costantemente. Diventano amari e si rinchiudono in sestessi, divenendo una croce per quelli che sono loro vicini.Poi, ci sono quelli che cercano tutti i mezzi possibili per fuggire da questo dolore chegiudicano insopportabile. Si buttano nel bere o nella droga, o possono impazzire fino atogliersi la vita. Queste persone non sanno che agendo cos, annullanoirrimediabilmente il disegno di salvezza che Dio, nel Suo immenso amore, ha concepitoper loro.Alcune persone, invece, si compiacciono nel loro soffrire, dimostrando un certomasochismo: guai a chi cerca di portare loro qualche consolazione! Si rinchiudono nelloro dramma, quasi coltivandolo con passione. Si pu constatare anche che esiste uncero "egocentrismo" del patimento: non si cura pi di niente fuori dalla lancinantepresenza della sofferenza; anzi, si pu andare fino a glorificarsi di esserne afflitto. Ilresto del mondo non esiste pi. Questatteggiamento, che sa di patologico, si trasformain un inferno senza scampo.Invece, chi possiede qualche saggezza, cerca di accomodarsi alla meglio conl'indesiderata ospite, e ricerca nella dedizione agli altri un antidoto alla pena cheattanaglia il cuore, oppure si stordisce in un lavoro impegnativo. In ogni circostanzadella vita, ci benefico di seguire l'esempio di Ges: nel vangelo di Matteo (14,13-14),per esempio, leggiamo che, alla notizia dell'uccisione di Giovanni Battista, Egli se neand in barca per ritirarsi in un posto appartato, probabilmente per pregare enascondere la Sua pena. Ma quando vide una folla immensa che Lo cercava, Egli sicommosse, e and a guarire i loro malati. Cristo, nella tormenta della Sua esecuzione,non si lamentato, ma si preoccupato della sorte delle donne di Gerusalemme chepiangevano sul Suo passaggio, perch sapeva che, fra poco, loro avrebbero dovutosoffrire per la devastazione della loro citt. Lui, nel sublimo del Suo amore, ha pensatoa pregare Suo Padre per i Suoi aguzzini, sapendo che il loro abominevole crimine liavrebbe condotti in un inferno indicibile. E fino ai Suoi ultimi momenti, Egli si anchepreoccupato per la sorte della Sua povera madre che rimaneva sola e senza protezione,e la affid al Suo discepolo prediletto.

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    Tale la lezione che Ges ci d: nel preoccuparsi della sofferenza degli altri che siriesce a superare la prova.Quando abbiamo veramente dato a Dio il nostro amore e la nostra fiducia, la sofferenzaperde il suo volto di crudelt, per prendere l'aspetto di una cura salutare, perch siamopersuasi che se Dio la permette, per portarci vicino a Lui.Se rifiutiamo la croce che ci data da portare, raddoppiamo il suo peso. Se, invece,laccettiamo come una grazia che Dio ci manda per progredire verso la perfezione e lasantit, possiamo portarla nella gioia e nella pace. Ad alcuni, questo pu sembrareimpossibile, eppure si verifica che si diventa insensibile al morso del dolore quando siva sempre daccordo con Dio. Se il nostro "amen" rimane costante, la sofferenza nonpu pi turbarci, perch rappresenta per noi lunica via della salvezza, e sappiamo cheDio ce la manda per aiutarci a raggiungerlo.

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    Soffrire con Cristo

    Occorre ricordare che Ges ha detto; "Se qualcuno vuole venire dietro a me,rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24). Questa sentenzarappresenta tutto un programma di vita: cristiano solo chi segue Ges, vale a dire chidimentica se stesso, e "accoglie" volontariamente le sofferenze che gli sono imposte dallavita, o pi esattamente dalla Provvidenza Divina, allo scopo di elevarlo fino allacomunione con Cristo. Perci, se soffri, non prendertela con Dio. Non dimenticare cheEgli pi che un padre per te. Un padre umano farebbe soffrire suo figlio senza ragione?Neanche Dio vuole la sofferenza per le Sue creature. Anzi, Egli le vuole felici presso diLui per leternit.Un bambino maledice linfermiera che gli fa una puntura, perch essa gli fa male. Noncapisce che questa puntura, che egli teme e rifiuta, veicola nel suo corpo la medicina chelo guarir dalla sua malattia. Ma noi, non possiamo mancare di saggezza a questo punto.Dio ci vuole "grandi", ossia veri adulti davanti alle Sue decisioni.Quando uno ama veramente Dio, ha una fiducia incondizionata in Lui. Sa che questoPadre colmo di un amore infinito, non pu volere altro che il bene pi grande per i Suoifigli. Perci, ogni avvenimento della vita va considerato il meglio per noi almomento presente. Anche la prova, forse particolarmente la prova, unamanifestazione dellamore di Dio. Non dobbiamo aver la presunzione di capire i Suoidisegni, infinitamente saggi, infinitamente buoni, infinitamente amorevoli. FrancescoBersini dice: "Nello smarrimento della prova, sappi trovare la forza di dire a te stesso:"Dio sa quello che fa".

    Il dolore non deve mai portarci alla disperazione, perch essa il segno di una mancanzadi fede, e dunque unoffesa a Dio. E se Lo offendiamo, ci allontaniamo da Lui, e cirendiamo cos inaccessibili alla Sua grazia, che sana e cancella ogni ferita. Nessuna pena,nessuna prova, nessuna lacrima, pu essere infeconda e inutile, perch nessuna avvienea caso: stata prevista da Dio, nel tracciato della nostra vita, allo scopo di guarirci dalleinfermit della nostra anima, che ci impediscono di raggiungerlo nella sfera celeste, dovetroveremo la felicit infinita che non abbiamo mai osato immag