Per uno sviluppo responsabile - Un caso di studio sul microcredito in Zambia
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENAFACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHECORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE
INTERNAZIONALICURRICULUM DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
TESIPER UNO SVILUPPO RESPONSABILE: UN CASO DI
STUDIO SUL MICROCREDITO IN ZAMBIA
Relatore:Chiar.mo Prof. FEDERICA GUAZZINI
Controrelatore:Chiar.mo Prof. SAVERIO BATTENTE
Tesi di Laurea di:ALESSANDRO TOCCI
ANNO ACCADEMICO 2009-2010

Indice
Indice degli acronimi.........................................................................................................2
1. INTRODUZIONE..............................................................................................................31.1. Il problema del credito................................................................................................91.2. La finanza è etica?....................................................................................................141.3. L'esclusione finanziaria............................................................................................161.4. Il microcredito..........................................................................................................18
2. IL MICROCREDITO: SVILUPPO E DIFFUSIONE......................................................232.1. La storia e le pratiche consolidate............................................................................232.2. L'idea di microcredito...............................................................................................252.3. Chi sono i clienti del microcredito...........................................................................282.4. Microcredito e microfinanza: le nuove frontiere......................................................302.5. I problemi del credito e le soluzioni individuate dalla microfinanza.......................31
2.5.1. Le forme organizzative.....................................................................................322.5.2. Il reperimento dei fondi....................................................................................372.5.3. La garanzia........................................................................................................402.5.4. La scelta dei tassi di interesse...........................................................................452.5.5. La sostenibilità del progetto..............................................................................48
2.6. Il microcredito nei paesi industrializzati...................................................................553. I PROBLEMI DEL CREDITO IN AFRICA: UNA PANORAMICA..............................61
3.1. Il contesto africano...................................................................................................613.2. Il mercato del credito in Africa.................................................................................71
4. LA REPUBBLICA DELLO ZAMBIA............................................................................894.1. Profilo storico...........................................................................................................914.2. L'indipendenza e le politiche di sviluppo.................................................................964.3. I rapporti con i paesi vicini.....................................................................................1074.4. Demografia e indicatori sociali...............................................................................108
5. IL MICROCREDITO NEL COPPERBELT ZAMBIANO............................................1135.1. Insiemepercaso ONLUS.........................................................................................1135.2. Come Insiemepercaso ha declinato il concetto di microcredito.............................1195.3. Problemi riscontrati ed evoluzione del progetto.....................................................132
6. CONCLUSIONI.............................................................................................................138
Bibliografia....................................................................................................................148
Fonti Elettroniche..........................................................................................................153
1

Indice degli acronimi
ADIE - Association pour le Droit à l'Initiative EconomiqueATM - Automated Teller MachineBRAC - Bangladesh Rural Advancement CommitteeBSAC - British South Africa CompanyCGAP - Consultative Group to Assist the PoorDFID - Department For International DevelopmentFINCA - Foundation for International Community AssistanceFINDECO - Finance and Development CorporationFMI - Fondo Monetario InternazionaleINDECO - Industrial Development CorporationIMF - Istituzione di MicrofinanzaIPC - InsiemepercasoMAG - Mutua di AutogestioneMINDECO - Mining Development CorporationMIX - Microfinance Information ExchangeMMD - Movement for Multi-party DemocracyMSC - Microcredit Summit CampaignNCCM - Nchanga Consolidated Copper MinesONG - Organizzazione Non GovernativaONLUS - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità SocialePAS - Piano di Aggiustamento StrutturalePVS - Paese in Via di SviluppoRCM - Roan Consolidated MinesROSCA - Rotating Savings and Credit AssociationTSTC - Toscana Skills Training CollegeUNIP - United National Independence PartyZIMCO - Zambia Industrial and Mining CorporationZKW - Kwacha Zambiano
2

1. INTRODUZIONE
Molto è stato detto e scritto sul microcredito negli ultimi anni, sull'onda di un
entusiasmo pervasivo quanto euforico che ha investito quanti si sono trovati, anche
solo episodicamente, ad occuparsi di cooperazione internazionale o di economia
dello sviluppo. In particolare, il mondo delle ONG e della cooperazione
internazionale ha dato un caldo benvenuto ad uno strumento che è insieme prassi
operativa e framework concettuale e che si è positivamente inserito in un momento
come quello degli anni Settanta del XX secolo, quando le attività di cooperazione
internazionale e gli aiuti allo sviluppo venivano ripensati profondamente e riempiti
di un senso nuovo e più moderno.1
Per prima cosa, occorre evitare di cadere nell'equivoco per cui, solo perché le sue
applicazioni di maggior successo sono localizzate in paesi in via di sviluppo, il
microcredito sia un'attività praticabile solo in paesi sottosviluppati e quindi
dall'utilità geograficamente circoscrivibile: benché la sua applicazione di maggior
successo e risonanza mediatica, dovuta alla pionieristica attività di Muhammad
Yunus che ha lanciato la sua iniziativa nel 1973, abbia in effetti avuto luogo in un
paese molto povero come il Bangladesh, e sia stato messo alla prova per lo più in
contesti simili di povertà grave e diffusa, il microcredito è uno strumento
finanziario; esso consiste essenzialmente nella pratica di concedere prestiti di
ridotto ammontare a soggetti che non hanno accesso al credito bancario. Il fatto che
sia più utilizzato nel Bengala Orientale piuttosto che in una qualsiasi città europea
non significa che il modello non possa essere replicato con successo a Bologna,
tanto per fare un esempio. Ed infatti, proprio l'esempio di Bologna è paradigmatico
in quanto in questa città sono presenti istituzioni di microfinanza.2
1 Su questo, cfr. P. T. Bauer, Dalla sussistenza allo scambio : uno sguardo critico sugli aiuti allo sviluppo , Torino, IBL Libri, 2009; G. Scidà, Avventure e disavventure della sociologia dello sviluppo, Milano, Franco Angeli, 2004; F. Bonaglia, V. De Luca, La cooperazione internazionale allo sviluppo, Bologna, Il Mulino, 2006.
2 Ad esempio Micro.Bo. , nata nel 2004, ma anche la sede della Rete Italiana di Microfinanza (RITMI), fondata nel 2008.
3

Nell'ambito della cooperazione internazionale, il microcredito è stato accolto molto
positivamente perché esso è andato a riempire un vuoto la cui esistenza era stata
intuita solo dai più lungimiranti fra coloro che si occupano di sviluppo, ma che non
per questo era meno grave e significativo. Infatti, nella ormai lunga storia della
cooperazione internazionale per lo sviluppo dei paesi poveri c'è una consolidata
tradizione di unilateralismo che solo recentemente ha iniziato a recedere: per lunghi
anni il modello prevalente si è servito di un approccio “top-down” in cui l'iniziativa,
il progetto di cooperazione, il denaro e le persone per realizzarlo partivano dal paese
ricco per andare ad aiutare il paese povero; nel migliore dei casi la gestione era
responsabilità di funzionari residenti nel paese beneficiario che erano tuttavia
soggetti terzi rispetto alla parte povera della popolazione che è il motivo stesso
dell'intervento.3 Senza voler entrare nel merito delle cause di fondo e della buona
fede degli operatori, è impossibile non notare come questo rapporto sia quanto di
meno paritario può esistere tra uomini e tra società diverse: da una parte si decide, si
spende, si intraprende e dall'altra si aspetta remissivamente di ricevere i frutti
dell'iniziativa. Questa è, ça va sans dire, una semplificazione che non rende
giustizia alla competenza e all'impegno di molti operatori, ma rappresenta con
efficacia la concezione che è stata quella dominante per decenni, secondo cui solo
l'Occidente, in quanto parte ricca del mondo, aveva le risorse e le capacità per
aiutare i poveri e “insegnare” loro a non esserlo più. È evidente come questa visione
del mondo fosse decisamente paternalistica, e non potesse portare che a rapporti non
paritari tra paesi, società, uomini che si incontravano: quello ricco e istruito da un
lato e quello povero e ignorante dall'altro. Il microcredito rompe radicalmente con
questa concezione in quanto si propone come strumento di mercato4 e nel mercato
tutti gli individui hanno tutti dignità. Questo è un aspetto tutt'altro che secondario; al
contrario, è uno dei pilastri concettuali su cui si basa l'idea stessa di microcredito.
Un altro importante motivo di critica nel merito della gestione e della progettazione
di interventi economici in paesi in via di sviluppo è l'approccio di stampo
3 M. Yunus, Il banchiere dei poveri, Milano, Feltrinelli, 1998, p. 26; Per un approfondimento sul tema si veda anche P. T. Bauer, op. cit.
4 Il fatto che esso sia spesso associato al settore del no-profit non inficia questa affermazione: un'azienda può infatti non avere fini di lucro ma deve comunque rispettare le regole del mercato per sopravvivere.
4

governativo e statalista, seguito tipicamente dalla Banca Mondiale: essa è uno dei
principali soggetti istituzionali che si occupano di sviluppo economico e tra le sue
attività più importanti figura il finanziamento di infrastrutture nei paesi in via di
sviluppo. Tali investimenti, aumentando la dotazione di capitale del paese, si
presume ne incentivino la crescita economica.5 Questo modus operandi ha fatto
rilevare quasi ovunque un elevato livello di inefficienza dal momento che nel
migliore dei casi l'apparato statale tende a dissipare risorse economiche; nei casi
peggiori il transito di somme così elevate attraverso i bilanci pubblici costituisce un
rilevantissimo stimolo alla corruzione e all'appropriazione indebita di fondi. Questo
è certamente vero in un contesto come quello africano, caratterizzato da livelli
molto elevati di corruzione dei pubblici funzionari.6 Questo pericolo intrinseco ai
finanziamenti concessi per tramite dei governi è stato denunciato con forza dallo
stesso Yunus, che si professa infatti un convinto sostenitore del libero mercato; in
questa visione il microcredito si propone anche come antidoto alle distorsioni
causate da un eccessivo coinvolgimento dello stato nell'economia.7
La convinzione di fondo da cui prendeva le mosse tale approccio riteneva che i
poveri non avessero le capacità per sollevare sé stessi, ed era quindi necessario
tendere loro una mano caritatevole, oppure lavorare per fare crescere l'economia in
qualsiasi modo, così che il susseguente “effetto di sgocciolamento” della ricchezza
avrebbe portato benefici a tutti innalzando il tenore di vita medio. La notorietà di
Yunus, oltre al successo economico (e non solo) della sua iniziativa, è dovuta
proprio al fatto che egli è stato il primo ad intuire e spiegare con l'autorevolezza di
un economista affermato questa banale verità, e cioè che i poveri “non erano tali
per stupidità o pigrizia; anzi, lavoravano tutto il giorno svolgendo mansioni fisiche
complesse. Erano poveri perché le strutture finanziarie del nostro paese (il
5 Si evitano qui considerazioni nel merito della validità dell'impostazione concettuale alla base di questo sistema, la quale esula dall'argomento trattato. Per un approfondimento si veda M. Alacevich, Le origini della Banca Mondiale: una deriva conservatrice, Milano, Mondadori, 2007.
6 Il 26% degli interpellati in un sondaggio di Transparency International nell'Africa Sub-sahariana ha dichiarato che essi stessi o un loro familiare hanno pagato una tangente di qualche tipo negli ultimi 12 mesi. Lo stesso dato per l'UE ha un valore del 5% - Transparency International International Secretariat, Global Corruption Barometer 2009, Berlin, Sito web di Transparency International, <http://www.transparency.org/policy_research/surveys_indices/gcb/2009V>, consultazione del 12 Marzo 2010.
7 M. Yunus, op. cit. , p. 213.
5

Bangladesh, n.d.r.) non erano disposte ad aiutarli ad allargare la loro base
economica. Non era un problema di persone, ma di strutture”.8
A partire dagli anni Novanta, grazie anche alla fine della guerra fredda, la lotta alla
povertà nel mondo è cambiata nelle modalità e negli obiettivi: l'utilizzo politico
degli aiuti si è drasticamente ridotto e la crescente attenzione alle tematiche
ambientali ha portato ad accostare alla parola “sviluppo” l'aggettivo “sostenibile”
(introdotto per la prima volta dal “Rapporto Brundtland” nel 1987). Quello della
sostenibilità è un concetto che va ben oltre il semplice impatto ambientale
dell'attività umana; esso rappresenta uno sguardo rivolto al futuro, ai diritti
dell'umanità che verrà, oltre che a quelli di chi vive oggi, alla preoccupazione che
ciò che abbiamo adesso non venga tolto a chi verrà domani, e che le scelte fatte nel
presente portino un benessere duraturo e non effimero.
Proprio questa rinnovata consapevolezza del destino e del percorso comune di tutta
l'umanità ha dato vitalità ad un approccio nuovo, in cui l'obiettivo dello sviluppo dei
paesi poveri è importante da un punto di vista pragmatico oltre che etico, dato che il
loro destino è legato a quello di tutti e i loro problemi inevitabilmente si
ripercuoteranno sulle altre aree del pianeta.9
In questo nuovo clima si è iniziato a pensare che lo sviluppo non è qualcosa che si
può produrre meccanicamente, “fotocopiando” quello che già esiste, ma è invece
l'obiettivo di un percorso che deve portare gli uomini a migliorare la loro vita, e che
per portare risultati di lungo periodo non può che essere frutto di scelte condivise. In
questa visione non c'è un confine netto tra beneficiario e benefattore ma ci sono due
8 Ibidem, p. 21.9 Così recita il rapporto Brundtland: “Il soddisfacimento dei bisogni essenziali dipende in parte dal pieno
sfruttamento del potenziale di crescita disponibile, e lo sviluppo sostenibile naturalmente richiede che ci sia una crescita economica laddove questi bisogni non vengono oggi soddisfatti. Altrove, esso può essere compatibile con la crescita economica, assumendo che l'oggetto della crescita rifletta i principi generali della sostenibilità e del rifiuto dello sfruttamento dell'altro. Ma la crescita non è in sé sufficiente. Elevati livelli di attività produttiva e povertà diffusa possono coesistere, e possono mettere in pericolo l'ambiente. Per questo motivo lo sviluppo sostenibile richiede che le società tendano al soddisfacimento dei bisogni umani sia aumentando il potenziale produttivo che assicurando uguali opportunità per tutti.”... ...“Una società può compromettere in molti modi la sua capacità di soddisfare i bisogni essenziali dei suoi componenti nel futuro – sfruttando eccessivamente le risorse, per esempio. Il procedere dello sviluppo tecnologico potrebbe risolvere alcuni problemi di breve termine portando però a guai anche maggiori in seguito. Grandi parti della popolazione potrebbero rimanere marginalizzate da un processo di sviluppo sconsiderato.” - Rapporto della United Nations World Commission on Environment and Development (WCED) trasmesso all'Assemblea Generale in allegato alla risoluzione 3/217, 1987, p. 42.
6

parti che collaborano tra loro, nella consapevolezza che il bene dell'una porta
vantaggi anche all'altra. Questo è ancora più vero nel mondo cosiddetto
“globalizzato” in cui viviamo oggi, in cui la povertà di un'area geografica può avere
ripercussioni su scala planetaria attraverso la delocalizzazione delle attività
produttive e i flussi migratori.10
In questo contesto culturale il microcredito si è inserito con grande successo, date le
sue caratteristiche: quella che maggiormente lo distingue tra gli strumenti esistenti
di lotta alla povertà (prestiti agevolati, adozioni a distanza, donazioni, remissioni del
debito, etc...) è sicuramente il fatto che esso non è elemosina.
Non ha nulla a che vedere con l'aiuto alla “povera gente”, spesso sottomesso a
ragioni politiche o dettato da più o meno consapevoli sensi di colpa dell'Occidente:
è uno strumento di lotta all'esclusione finanziaria, la quale in moltissimi casi
contribuisce grandemente (fino talvolta a diventare) esclusione tout-court; l'attività
economica è infatti una parte importantissima della vita di ogni persona. Il fatto che
venga praticato, con alterne fortune e con differenti impostazioni metodologiche ed
etiche, anche e soprattutto da istituzioni ed organizzazioni di tipo benefico non deve
trarre in inganno chi per la prima volta si accosta alla materia. Esso nasce proprio da
un disinteresse del mondo finanziario per un certo segmento del mercato, quello di
livello basso o molto basso ed è quindi logico aspettarsi che a praticarlo siano per lo
più enti che non hanno come core business quello della finanza a scopo di profitto.
Ma perché le istituzioni finanziarie storicamente si disinteressano di parte dei loro
potenziali clienti (i più poveri) se esperienze ormai pluridecennali ci mostrano
chiaramente come sia possibile non solo lavorare con loro, ma trarre perfino un
profitto economico da tale rapporto di affari? Semplificando, prima di esaminare in
modo più accurato e rigoroso l'argomento possiamo “azzardare” due spiegazioni
preliminari: perché è più difficile e perché è meno profittevole. È senz'altro più
difficile, perché per una banca è certo preferibile chiedere una garanzia (sotto forma
di disponibilità economiche o fideiussioni) ad un potenziale cliente, piuttosto che
implementare un sistema di incentivi basato su quelli che più avanti verranno
10 L. Becchetti, Il Microcredito, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 37.
7

definiti “collaterali sociali”, oltre ad un severo processo di auditing dei progetti
finanziabili e di successivo screening del loro andamento; questo senza considerare
che tutta quella fatica non garantisce comunque, sul piano legale, che il prestito
verrà ripagato. È meno profittevole, perché data l'entità e il tipo dei prestiti concessi,
nonostante il tasso di interesse medio di un microprestito sia piuttosto alto11 per gli
standard della finanza convenzionale, il grande lavoro necessario per gestire il
rapporto con il cliente è assai costoso e pone quindi dei problemi di minimizzazione
dei costi di gestione. Per contro, si rileva come i progetti di microcredito abbiano
tassi di insolvenza generalmente molto bassi rispetto alla finanza convenzionale ma
l'alto livello dei costi di transazione legati alla scelta dei progetti da finanziare e
soprattutto al controllo posteriore del cliente (oltre, in certi casi, ad una quantità
minima di servizi di consulenza) fanno sì che la microfinanza tenda ad avere profitti
inferiori a quelli della finanza tradizionale. I suoi sostenitori affermano che questo
non è affatto un problema, in quanto questo tipo di strumenti finanziari non nasce
per massimizzare il profitto, ma per avere una ricaduta sociale benefica:12 questo
significa che l'attività di un istituto che pratica microcredito ha effetti positivi sul
tessuto economico innescando processi di sviluppo e di ascesa sociale, le quali più
che compensano la riduzione del profitto e anzi possono giustificare il reperimento
di fondi pubblici da investire nell'attività.
In questo elaborato si esamineranno preliminarmente i principali problemi del
credito e cosa succede quando se ne resta esclusi. Si vedrà poi come la finanza, o
meglio i suoi principi di base si siano evoluti fino a raggiungere la fase della
cosiddetta “finanza etica” , ovvero quel tipo di finanza che si pone esplicitamente il
problema dell'impatto sociale delle proprie attività; arriveremo quindi a descrivere il
fenomeno e le pratiche del microcredito come strumento relativamente recente ma
ormai imprescindibile in ogni rigorosa politica di sviluppo locale (e probabilmente,
in un futuro prossimo, anche di welfare) per arrivare infine all'analisi di una
11 Le istituzioni consolidate superano molto facilmente la soglia del 30% , con punte che sfiorano il 90% qualora esse ricerchino la sostenibilità finanziaria. Su questo, cfr. P. De Vincentiis, I meccanismi finanziari del microcredito, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), Otto modi di dire microcredito, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 64.
12 A. Andreoni, V. Pelligra, Microfinanza – Dare credito alle relazioni, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 146.
8

esperienza concreta di microcredito che viene portata avanti da insiemepercaso
ONLUS nella regione del Copperbelt, nello Zambia settentrionale. Grazie ad un
fieldwork svolto dal 30 Marzo 2010 al 1 Maggio 2010 in questa regione e lavorando
come stageur al fianco degli operatori della ONLUS in Italia e in Zambia è stato
possibile svolgere numerose interviste e raccogliere numerose testimonianze ed
informazioni le quali, integrate con la documentazione prodotta dagli ideatori del
progetto, ha consentito un'analisi approfondita dello stesso, al fine di evidenziarne
sia i punti di forza sia i punti deboli che potrebbe essere necessario correggere al
fine di raggiungere risultati ancora migliori.
Verrà analizzato in cosa tale progetto è analogo e in cosa differisce rispetto alle best
practices del settore, tenendo conto del fatto che si tratta di una iniziativa recente e
che insiste in una delle aree del pianeta, l'Africa sub-sahariana, in cui
empiricamente si riscontrano maggiori difficoltà nella fornitura dei servizi
finanziari, anche quelli di tipo tradizionale. Si vedrà anche che in Africa la
microfinanza, sebbene presente da tempo, non riesce a raggiungere la soglia
dell'autosostenibilità finanziaria in quanto afflitta dai tradizionali problemi che
interessano l'area: scarsa densità abitativa, clima ostile, carenza di infrastrutture che
aumentano il costo delle attività. Andremo di seguito a presentare il contesto in cui
si svolge l'esperienza di microcredito in esame, nell'area del Copperbelt zambiano,
per poi esaminare con maggiore consapevolezza e criterio le caratteristiche e le
peculiarità delle metodologie sviluppate da insiemepercaso nell'implementazione
del suo progetto.
1.1. Il problema del credito
Premesso che l'attività creditizia è fondamentale per il corretto funzionamento di un
sistema economico a prescindere dalle sue caratteristiche, osserviamo più da vicino
quali sono le dinamiche dell'attività del prestatore di denaro.
L'attività bancaria viene talvolta considerata una sorta di “cornucopia”, per cui basta
9

avere il capitale iniziale e poi moltiplicare il denaro diviene estremamente facile: in
realtà, essa richiede la gestione di alcuni complessi problemi di natura informativa.
Il nucleo del problema sta nel fatto che tra chi concede e chi riceve il prestito
intercorre quella che gli economisti chiamano “asimmetria informativa”;13 questo
significa che la banca non possiede tutte le informazioni necessarie per capire se sta
finanziando un investimento capace di generare profitto, né tanto meno se il cliente
finanziato sia affidabile o meno (ovvero, se è capace di implementare correttamente
il progetto o magari se potrebbe voler imbrogliare la banca non restituendo i soldi).
Il debitore infatti inevitabilmente dirà alla banca solo i dettagli del progetto
maggiormente favorevoli per la concessione del credito: il reale valore del progetto
(o del bene da acquistare in caso di credito al consumo) e le profonde intenzioni del
debitore sono note solo a lui stesso. Di conseguenza, il rischio maggiore lo assume
chi presta i soldi perché non solo mette a rischio una quota del suo capitale per
finanziare un altro soggetto, ma non ha nemmeno controllo su come i suoi soldi
vengono utilizzati: in sintesi, questo è il motivo per cui le banche utilizzano il
sistema della garanzia.
In particolare, i fenomeni di asimmetria informativa sono due, e si manifestano
rispettivamente prima e dopo la concessione del prestito:
1. selezione avversa – questo problema riguarda la selezione della clientela ed è
strettamente collegato al tasso di interesse richiesto. Poiché la banca ha di
fronte una serie di potenziali debitori, deve decidere un tasso che attiri coloro
che hanno progetti validi ed escluda chi ha progetti che non permetterebbero
di ripagare il prestito. Quindi, fin dal momento della fissazione dei tassi di
interesse la banca si pone un problema di “scelta dei clienti” , oltre che di
prezzo dei propri servizi. La soluzione è tutt'altro che scontata; infatti, se da
un lato un tasso maggiore attirerà solo i progetti più redditizi, dall'altro è
probabile che i progetti privilegiati (e quindi finanziati) usando tale criterio
siano quelli a più alto rischio di fallimento e questo potrebbe portare,
paradossalmente, ad una perdita per la banca se i tassi da essa scelti sono
13 L. Becchetti, op. cit. , p. 44.
10

troppo elevati. Di conseguenza, la banca sa che se i suoi tassi sono troppo
bassi essa rischia di non coprire i costi, ma se essi sono troppo alti il rischio è
che la quota di clienti insolventi aumenti drasticamente.
2. azzardo o rischio morale – questo problema emerge dopo la concessione del
credito: la banca infatti non è in grado di valutare la diligenza di
adempimento del debitore, che una volta ottenuto il prestito potrebbe agire in
modo opportunistico anziché lavorare correttamente per onorare il debito.14
In pratica, potrebbe non essere incentivato alla restituzione dato che questa
non gli procurerebbe alcun vantaggio.
Una terza questione si pone infine dopo la conclusione del progetto di
investimento: il fallimento strategico. Il debitore potrebbe essere tentato di
mentire dicendo alla banca che il progetto è fallito, per tenere per sé tutti i
proventi dell'investimento.15
La banca deve quindi riuscire a sopravvivere e restare sul mercato tutelandosi dal
rischio che, approfittando del suo vantaggio informativo, il debitore si comporti
scorrettamente evitando di restituire il prestito ricevuto. Questo ovviamente senza
contare l'ipotesi che il progetto finanziato non vada a buon fine facendo perdere il
denaro investito.
La soluzione generalmente adottata per fare fronte a questo problema è la richiesta
al cliente di presentare una garanzia patrimoniale: se questi firma un accordo in base
al quale, in caso di mancata restituzione delle somme prestate, la banca diventerà
proprietaria di un suo bene (che di solito ha valore almeno di poco superiore a
quello del prestito), egli sarà fortemente incentivato a fare di tutto per restituire il
prestito ricevuto. Questo sistema ha il pregio di “riequilibrare” il rapporto
contrattuale a favore della banca e si è mostrato così valido da diventare una
procedura standard, dall'adozione indiscussa in campo finanziario: tuttavia non è
esente da difetti. Merita evidenziarne tre in particolare:
1. tende a “impigrire” la banca, ovvero non la incentiva a selezionare i progetti
migliori e quindi a utilizzare nel modo più efficiente una risorsa scarsa (il
14 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 55.15 Ibidem, p. 56.
11

credito);16
2. in certi casi può accadere che il prestatore sia più interessato a impossessarsi
della garanzia che alla restituzione del denaro in sé. Questo è vero
particolarmente nel caso di prestatori locali.17
3. solo chi ha già soldi può ottenerne degli altri. Questo è probabilmente il
difetto più grave del sistema. Ciò significa che le opportunità di accesso al
credito non sono uguali per tutti dato che la possibilità di ottenerlo non
dipende dalla bontà dell'idea che si vuole realizzare o dalle proprie capacità,
ma soltanto dalla posizione di partenza. Anche supponendo di non valutare
alcun tipo di istanza morale o sociale nell'analisi dell'argomento ma
adottando invece un'ottica prettamente economicistica, è evidente come ci sia
qualcosa di sbagliato: la teoria economica ci insegna infatti come il mercato
permetta di generare ricchezza, aumentando l'efficienza attraverso la libera
competizione degli agenti economici al suo interno. Tuttavia, non ci può
essere vera concorrenza tra le iniziative commerciali se la libertà di
intrapresa viene inibita a priori a causa del mancato accesso al capitale: ne
deriva che un'offerta di credito che non sia meritocratica ed egualitaria ma
basata su posizioni di rendita sia di fatto un ostacolo alla concorrenza e, di
riflesso, alla buona salute dell'economia. Nelle parole di Becchetti, il sistema
delle garanzie “diventa un vero e proprio handicap allo stesso sviluppo
economico di un paese in quanto impedisce l'accesso al credito a tutte le
persone prive di ricchezza patrimoniale ma dotate di buone qualità e buoni
progetti, che avrebbero potuto dare un contributo importante alla creazione
di valore economico”.18
Perché si è giunti all'adozione generalizzata del meccanismo della garanzia? Colui
che chiede un prestito sa bene che non restituendolo subirà tutta una serie di
16 La prassi di valutare attentamente il progetto non è affatto scontata: da uno studio condotto nel 2006 da Paola De Vincentiis su un campione di istituti di credito italiani emerge come, in una scala da 1 a 5, le banche mediamente assegnino un peso pari a 2,1 all'analisi del budget e del business plan del richiedente il credito. Su questo, cfr. P. De Vincentiis (a cura di), I confidi e il credito alle PMI, Roma, Bancaria Editrice, 2007.
17 Si veda più avanti il paragrafo sulla finanza “di prima generazione”.18 L. Becchetti, op. cit. , p. 48.
12

pregiudizi fra cui la preclusione di qualsiasi eventuale credito futuro, una grave
ricaduta sulla sua reputazione e, non di rado, sulla sua autostima sapendo di essere
nel gruppo di coloro “che non ce l'hanno fatta” : questa consapevolezza da sola
basta nella maggioranza dei casi ad incentivare a sufficienza il debitore a
impegnarsi per la restituzione.
La banca, tuttavia, non può accontentarsi di essere al sicuro “nella maggior parte dei
casi” : in primo luogo, anche se in teoria quello descritto sopra sarebbe l'approccio
di una persona “normale”,19 è pur vero che una ristretta minoranza di individui
potrebbe non porsi problemi del genere e da questi quindi la banca deve tutelarsi; in
secondo luogo, qualora la banca non abbia a che fare con una persona fisica ma con
una persona giuridica, tutto il sistema di pressioni psicologiche e il rapporto
interpersonale “fornitore-cliente” viene fortemente indebolito fino quasi ad
annullarsi. In quel caso rimane solo il sistema degli incentivi di mercato, e per una
impresa è assai più probabile rispetto ad una persona fisica trovare conveniente un
comportamento scorretto, in quanto essa è esente da qualsiasi tipo di considerazione
o scrupolo di tipo morale e sociale.20
A questo punto dobbiamo considerare però le differenze tra il credito ad una persona
in carne e ossa rispetto al credito ad una persona giuridica. Come abbiamo appena
detto, la persona fisica è assai più complessa dell'azienda, in quanto l'insieme del
suo agire (e quindi, anche l'agire economico) è condizionato da una serie di fattori
non economici: credo religioso, convinzioni etiche e filosofiche, rapporti sociali
intessuti con altri individui della comunità di riferimento.
Partendo da questo presupposto, i primi sperimentatori21 hanno cominciato a
chiedersi nei primi anni Settanta del XX secolo se possa esistere uno strumento
alternativo alla garanzia materiale per incentivare la restituzione di un prestito.22
Mentre nel caso di una azienda la risposta è probabilmente negativa, per gli uomini
19 Questo termine generico vuole indicare in questo caso una persona di onestà e senso dell'onore medio-alti.
20 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 55.21 Le prime esperienze documentate di attività di microcredito nel senso moderno del termine sono quella
di Yunus in Bangladesh e quella degli operatori di Accion in Brasile, rispettivamente nel 1976 e nel 1973.
22 M. Yunus, op. cit. , p. 19.
13

e le donne il discorso è differente proprio in virtù della complessità di cui parlavamo
sopra. Questa consapevolezza ha stimolato la ricerca di soluzioni alternative a
quella dominante, nella crescente convinzione che il credito è sempre più, oltre che
una necessità del sistema economico e degli agenti che vi operano, un diritto
dell'uomo ed è in grado di rimuovere alcuni significativi ostacoli al libero
dispiegarsi delle sue potenzialità.23
Il microcredito nasce (o meglio, si sviluppa dato che, come vedremo fra breve, esso
esiste in realtà da secoli in differenti forme) quindi nei primi anni Settanta del XX
secolo come pratica “diversa”, nel senso che cerca di rispondere in un modo nuovo
ad esigenze che il sistema tradizionale del credito non riesce a soddisfare.
1.2. La finanza è etica?
Interminabili dibattiti si rincorrono sulla “eticità” delle varie pratiche finanziarie;24
lo stesso fatto che le religioni monoteistiche vietino formalmente il prestito ad
interesse (che pure è uno dei fondamenti della finanza come la conosciamo oggi) ha
profondamente influenzato il modo in cui popoli e comunità diverse si sono
rapportati con queste attività. Tale questione, che è complessa ed interessa solo
marginalmente il presente elaborato, non sarà affrontata estensivamente in questa
sede; ci limiteremo a tracciarne una panoramica essenziale dal momento che essa è
uno dei punti di partenza da cui l'idea del microcredito ha mosso i primi passi.
Riprendendo la classificazione proposta da Becchetti, tracciamo una semplice
tassonomia relativa al grado di “eticità” dei diversi tipi di finanza, suddividendone
lo sviluppo in tre grandi fasi o “generazioni”:
1. finanza di prima generazione – è molto antica, esistendo già da prima delle
banche, è caratterizzata dalla presenza di singoli individui che prestano
denaro ad interesse, spesso a tassi di usura. Questo tipo di finanza non può né
23 A. Sen, Lo sviluppo è libertà. Perché non c'è crescita senza democrazia, Milano, Mondadori, 2000; cfr. anche A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit.
24 Su questo, cfr: R. Milano, La finanza e la banca etica: economia e solidarietà, Torino, Paoline Editoriale Libri, 2001, pp. 13 - 48; Mons. Giampaolo Crepaldi, Etica della finanza, discorso tenuto all'Università di Urbino il 7 Settembre 2007 – Sito web dell'Università di Urbino, <http://www.uniurb.it/scirel/pdf/etica_e_finanza_2007.pdf>, consultazione del 10 Febbraio 2010.
14

tanto meno vuole alleviare le diseguaglianze sociali, piuttosto tende ad
accentuarle producendo dipendenza; inoltre può accadere che il prestatore sia
più interessato a impossessarsi del bene portato a garanzia piuttosto che alla
restituzione del prestito in sé. Possiamo definirla senza dubbio “non etica” in
quanto il prestatore non solo non si pone il problema dell'impatto sociale
delle proprie iniziative, ma tende deliberatamente ad operare perché i suoi
clienti non diventino autosufficienti: questo significherebbe infatti perdere
profitti per i mancati prestiti ma anche veder diminuire il proprio potere
all'interno della comunità. Tali pratiche sono ancora molto presenti nei paesi
in via di sviluppo nei quali l'offerta di credito è spesso irrisoria; Yunus ne dà
un esempio paradigmatico ricordando l'inizio della sua attività di prestatore:
“Finora Sufia aveva lavorato quasi gratis. Si trattava
innegabilmente di una forma di schiavitù: il mercante faceva in
modo di pagarle soltanto il prezzo che copriva il costo del materiale,
e quel tanto di più che bastava perché lei non morisse e continuasse
ad avere bisogno del suo denaro.”25
2. finanza di seconda generazione – nel XV secolo in Italia nascono le prime
banche intese in senso moderno, le quali assumono nel tempo il delicato
compito di essere insieme collettore e trasformatore di risorse finanziarie,
oltre a fornire una serie di servizi di pagamento, di deposito, di cambio e così
via. Il loro ruolo è fondamentale per promuovere investimenti e creare valore
economico, ponendo le basi per il grande sviluppo materiale a cui l'Europa
assisterà nel corso del secolo.
Questo tipo di finanza ha però dei limiti evidenti sotto il profilo del credito:
le asimmetrie informative la spingono infatti a diffidare sistematicamente dei
clienti, fornendo quindi denaro solo a coloro che in un certo senso “lo hanno
già”, ovvero si dimostrano solvibili. Inoltre, l'obiettivo della
massimizzazione del profitto non è spesso compatibile con la promozione
dello sviluppo in quanto si preferisce dare un credito maggiore a meno clienti
25 M. Yunus, op. cit. , 20.
15

piuttosto che piccoli prestiti a molte persone che, data l'incidenza dei costi
fissi, costano molto di più rendendo meno.
3. finanza etica o di terza generazione – nasce con l'obiettivo di colmare le
carenze della finanza tradizionale; sacrificando ove necessario parte del
profitto si pone esplicitamente l'obiettivo di promuovere lo sviluppo e
l'inclusione, operando perché l'accesso al credito sia garantito a chi lo merita
e non a chi ha già una buona dotazione di capitali. Fondi etici e microfinanza
sono alcuni degli strumenti con i quali questi obiettivi vengono perseguiti26.
Questa breve panoramica ci serve per meglio collocare nel contesto economico lo
strumento del microcredito, che andremo ad esaminare più approfonditamente nel
prossimo capitolo per valutarne punti di forza e di debolezza e scoprire a quali casi
concreti esso si attaglia maggiormente.
1.3. L'esclusione finanziaria
Il tema dell'esclusione dal credito è stato ampiamente trattato da Maria Nowak, 27 la
quale ha sottolineato come ci siano numerose forme di esclusione finanziaria,
ognuna delle quali ha cause differenti: è importante capire e classificare i vari tipi di
ostacoli che separano gli individui dall'accesso al credito perché ciò consente in
molti casi di approntare prodotti e servizi finanziari che si adattano al meglio alla
clientela che si intende raggiungere. Ad esempio, nei paesi industrializzati si assiste
ad una esclusione cosiddetta “parziale” che riguarda perlopiù il credito alla
produzione, laddove invece quello al consumo è fortemente incentivato.
Esaminando le caratteristiche delle varie “zone” di esclusione dai servizi, possiamo
delineare un elenco di possibili cause:
• esclusione geografica – non sempre è agevole recarsi presso la sede di un
istituto di credito; la dislocazione sul territorio delle filiali in tal senso è
determinante: specialmente nei paesi in via di sviluppo, per le banche può
26 L. Becchetti, op.cit. , 94 – 97.27 Per approfondimenti sul tema, cfr. M. Nowak, Non si presta solo ai ricchi: la rivoluzione del
microcredito, Torino, Einaudi, 2005.
16

essere troppo costoso insediarsi in aree scarsamente popolate o soggette a
pericoli legati ad instabilità politica o ambientale. In questo senso molto è
stato fatto di recente con la creazione di canali di accesso innovativi come
filiali mobili, la e-finance, la telefonia mobile;
• esclusione sociale e di marketing – tutte le banche hanno strategie di
marketing mirate ad attrarre i potenziali clienti “migliori”, ovvero quelli più
ricchi. Questo si riflette in due modi sui segmenti più bassi della
popolazione: essi sono tendenzialmente ignorati dalle istituzioni di credito e
in certi casi vengono perfino tenuti a distanza, in quanto sgraditi ai clienti
“migliori”;
• esclusione procedurale – dato che l'accesso ai servizi avviene secondo
procedure standard fissate dalle banche stesse, molte persone si trovano in
difficoltà qualora non siano in grado di adempiere a certe richieste (in
particolare con riferimento alla produzione di documentazione: domicilio,
storia reddituale e lavorativa e via dicendo). In aggiunta, il livello di
alfabetizzazione finanziaria (per non dire di quella di base) del potenziale
cliente è un discriminante spesso fondamentale nel determinare le sue
probabilità di accedere a certi servizi, e nei paesi più poveri questo è un
problema diffuso;
• esclusione economica per barriere di prezzo – il prezzo di molti servizi è
spesso così elevato da impedirne l'accesso a molti. Il semplice costo di
apertura e mantenimento di un conto corrente bancario è insostenibile per chi
abbia un reddito basso e magari discontinuo;
• esclusione di prodotto e di servizio – spesso le condizioni di erogazione dei
vari servizi come il tempo di evasione della pratica, l'ammontare e la durata
del prestito, la tipologia del piano di rimborso sono inadeguate alle esigenze
di certi clienti, e nel caso di soggetti economicamente svantaggiati tale
inadeguatezza può risultare decisiva. Le comuni banche commerciali
difficilmente sono capaci di incontrare le esigenze delle microimprese; sono
carenti di esperienza nel settore e, di conseguenza, di un'offerta adeguata di
17

servizi;
• autoesclusione – in molti casi i soggetti economicamente deboli tendono a
percepire una certa “lontananza” del sistema finanziario nei loro confronti
(procedure macchinose e scoraggianti, richiesta di garanzie, l'immagine
stessa che la banca proietta di sé). Questo in molti casi contribuisce a
generare una forte diffidenza che, attraverso una sorta di “profezia che si
autoavvera”, trattiene molti dall'avvicinarsi al mondo delle banche;
• esclusione indotta – deriva dal fenomeno del sovraindebitamento, sempre più
presente nei paesi più ricchi. Come ha sottolineato Maria Nowak,28 la forza
di persuasione della pubblicità e dell'ostentazione di certi stili di vita spinge
sempre più le persone a ricorrere al credito al consumo anche per acquistare
il superfluo spingendole ad un eccessivo indebitamento. Questo diventa un
problema nel momento in cui persone bancabili si espongono al punto di non
poter più accedere a servizi finanziari negli eventuali momenti di reale
bisogno.
In base a tali osservazioni, possiamo concludere che l' “identikit” dei soggetti
esclusi dal credito descrive individui, prevalentemente donne, attivi nel settore
informale con reddito basso e discontinuo, basso livello di istruzione e talvolta in
situazioni difficili dal punto di vista familiare o personale (età, salute, reddito),
magari residenti in aree marginali ed economicamente depresse:29 si calcola che nel
mondo le persone escluse dal sistema bancario siano circa 160 milioni nei paesi
sviluppati e intorno ai 2,7 miliardi (ovvero il 72% degli individui adulti) nei paesi in
via di sviluppo.30
1.4. Il microcredito
La parola credito deriva dal latino “credo”, che significa sia “credere, fidarsi” che
“affidare, consegnare”, con una netta prevalenza della prima accezione. Similmente,
28 Ibidem, p. 33.29 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 215.30 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access - Measuring Access to Financial Services
around the World, Washington, CGAP, 2009, p. 13.
18

in italiano la parola “credito” significa “fiducia” oltre che “diritto a ricevere una
certa somma di denaro”: il concetto di microcredito nasce proprio dal ritorno a
questa radice etimologica, partendo dal presupposto che i rapporti economici sono
innanzitutto relazioni tra individui.
Questa è l'intuizione che sta alla base della Grameen Bank,31 nata nel 1976
dall'iniziativa di Muhammad Yunus, allora un giovane professore di economia. Essa
ha iniziato l'attività come sportello di una banca bengalese dedicato ai clienti più
poveri, evolvendosi poi fino a divenire indipendente nonché una delle prime banche
del paese; dopo una fase di consolidamento ha raggiunto la piena autosostenibilità e
ogni anno chiude puntualmente il bilancio in attivo. La Grameen è specializzata nel
prestare piccole somme di denaro a persone povere, per la stragrande maggioranza
donne, che sono totalmente escluse dal mercato del credito tradizionale. Dato che i
poveri solitamente non hanno beni da portare come garanzia del credito, l'istituto
non richiede alcuna forma di garanzia ma sceglie di proteggersi dal rischio di
inadempienza dei debitori utilizzando incentivi differenti: innanzitutto, il metodo
del prestito di gruppo attraverso il quale ogni richiedente un prestito devo associarsi
con altre persone che si impegnano a restituire il prestito proprio e quello di
eventuali membri insolventi;32 la richiesta di una piccola somma da depositare
presso la banca, che costituisce un incentivo al risparmio ed è una sorta di
“cauzione” che dissuade il cliente dal mettere in difficoltà la banca non restituendo
il denaro; inoltre, la forte attenzione posta sulla dimensione “sociale” del rapporto di
credito. Riunioni a cadenza settimanale, pagamenti pubblici e in generale una
grande attenzione alle necessità ed alla situazione del cliente sono caratteristiche del
modello Grameen, che è un esempio imprescindibile per la grande risonanza avuta
dall'attività di questa istituzione che, dopo essere espressamente nata per concedere
prestiti ai poveri, è diventata nel tempo l'emblema stesso della microfinanza.
Il microcredito non è tuttavia nato con la Grameen Bank anche se spesso si tende a
31 In bengalese, “banca del villaggio”.32 Questo metodo è stato poi abbandonato alcuni anni or sono da Grameen; tuttavia viene citato per
l'importanza che ha avuto nello sviluppo dell'istituzione e per la sua diffusa adozione in numerose parti del globo; per approfondimenti si veda F. Volpi, Il denaro della speranza - Spirito, metodi e risultati della Grameen Bank, Bologna, EMI, 1998.
19

identificare il primo con la seconda. Forme di credito basato sulle relazioni umane
sono esistite da tempo immemore, sebbene lo sviluppo dei sistemi finanziari le
abbia progressivamente relegate in una sfera sempre più minoritaria. La “novità” sta
semmai nell'aver saputo riscoprire il valore e la potenza di certi meccanismi che
appartengono alla sfera umana e sociale prima che a quella prettamente economica.
Lo stesso Yunus ha individuato varie forme di microcredito praticate diffusamente
nel tempo e nello spazio e ne ha descritto le caratteristiche suddividendo le
esperienze in tre grandi gruppi:
1) microcredito tradizionale informale: vi vengono compresi i prestatori locali
di villaggio, i prestiti di amici e familiari e in generale il prestito al consumo
in mercati informali. Si tratta di pratiche esistenti da quando esiste il denaro;
la differenza fondamentale rispetto al microcredito è che esse non hanno
necessariamente lo scopo di promuovere l'emancipazione economica delle
persone. Tra i suoi pregi c'è la riduzione (o eliminazione) della distanza
informativa tra tra chi presta e chi riceve: il prestatore di villaggio conosce i
suoi clienti e non ha problemi nel valutare la loro affidabilità o nel
controllare il loro comportamento dopo che il prestito è avvenuto. Poiché la
prossimità è molto costosa e richiede tempo, il mercato del credito informale
è estremamente segmentato perché ogni prestatore lavora su piccola scala.
Egli solitamente opera in condizioni di monopolio e questo si riflette in tassi
di interesse altissimi e in un potere che spesso trascende l'arbitrarietà dei tassi
(ad esempio, il prestatore può utilizzare il suo potere economico per
impossessarsi del collaterale nel caso vi tenga più che a riavere il denaro, può
ridurre in semischiavitù economica le sue vittime). Inoltre, il prestatore
locale avrà interesse a finanziare prestiti al consumo piuttosto che attività
imprenditoriali per il rischio di perdere clientela.
Un' altra istituzione antica che pratica credito sono i Monti di Pietà; anch'essi
tendono a finanziare il consumo in momenti di difficoltà, piuttosto che
piccola imprenditoria. Inoltre si basano su un sistema di “collaterali
20

alternativi”,33 i pegni, il quale pur essendo abbastanza efficace non tutela il
prestatore in caso di insolvenza.
2) Una seconda categoria comprende i prestiti di gruppo di tipo informale: essi
hanno una lunga storia nei paesi del sud del mondo. Gli esempi più diffusi
sono le tontine e le rosca:34 la tontina è un fondo creato da un gruppo di
persone, le quali ne ricevono una rendita. Alla morte di uno degli iscritti la
sua quota va ad accrescere i rendimenti degli altri. Le rosca sono
associazioni di risparmiatori: i soci versano ad intervalli periodici una
somma prestabilita per formare il fondo e a turno viene sorteggiato un
membro per ricevere un prestito; non è possibile accedere nuovamente al
prestito finché tutti non lo hanno ricevuto. Questa forma di gestione
collettiva dei risparmi è molto usata anche nei paesi industrializzati,
specialmente nelle comunità di immigrati che mantengono forti legami di
gruppo; è molto efficace nell'incentivare il risparmio e favorisce quindi
l'accumulo di capitale;
3) una terza categoria può essere individuata anche nei prestiti di piccolo
ammontare erogati da banche tradizionali, sebbene in questo caso si possa
parlare di microcredito solo in misura parziale;
4) una filosofia e una prassi operativa affine a quella della microfinanza si
ravvede infine nelle istituzioni creditizie di tipo cooperativo: i crediti
cooperativi, le banche popolari, le casse di risparmio rappresentano un modo
peculiare di intendere la finanza, il quale tiene in maggiore considerazione le
ricadute sociali della propria attività e si orienta maggiormente verso la
clientela medio-piccola. Tra le caratteristiche salienti, il voto capitario (uno a
testa indipendente dal capitale versato), la commistione tra il ruolo di socio e
quella di depositante e una forte vocazione locale.35
33 Si parla di collaterale affettivo, o nozionale, nel caso in cui venga posto a garanzia del debito un bene dal grande valore affettivo per il cliente ma dal valore di mercato nettamente inferiore alla cifra concessa in prestito; talvolta il suo valore di recupero è prossimo o perfino uguale a zero. Per approfondimenti si veda: A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 116.
34 ROSCA è l'acronimo di Rotating Savings and Credit Association.35 Y. Fournier, A. Ouedraogo, Les coopératives d'épargne et de crédit en Afrique: historique et évolutions
récentes , in “Revue Tiers Monde”, XXXVII, n° 145, 1996; L. Becchetti, op. cit. , pp. 19 – 23.
21

Questa breve panoramica di contestualizzazione mostra come il microcredito
moderno in fondo non faccia altro che pescare nelle “acque profonde” della
tradizione, recuperandone gli elementi migliori e valorizzandoli per sfruttarli al
meglio in contesti difficili, contesti in cui il sistema finanziario convenzionale non
funziona dato che si è evoluto e adattato ad un “habitat” completamente diverso,
quello delle società ricche e industrializzate. Preso atto di ciò, nel prossimo capitolo
vedremo più nel dettaglio le diverse tecniche sviluppate per far fronte in modo
efficace ai molti problemi che si incontrano quando si presta denaro, nonché le più
rinomate esperienze maturate a livello globale.
22

2. IL MICROCREDITO: SVILUPPO E DIFFUSIONE
2.1. La storia e le pratiche consolidate
La moderna microfinanza nasce come risposta al problema della povertà. Secondo
una interpretazione ampia, esso non riguarda solo la scarsa disponibilità di risorse
economiche ma comporta una serie di restrizioni della propria libertà di agire e
perfino di godere di alcuni diritti umani fondamentali.36 Sotto il profilo strettamente
economico l'indigenza diviene mancanza di libertà di iniziativa a causa
dell'esclusione finanziaria dell'individuo, ovvero della sua impossibilità a rivolgersi
ad una banca per ottenere denaro da investire in attività produttive. Di conseguenza,
l'approccio con cui gli operatori del microcredito si accostano al problema
dell'indigenza parte per così dire “dal basso”, dal caso concreto di bisogno e dalla
necessità del singolo.
Sottolineiamo questo aspetto perché, risalendo indietro nel tempo, possiamo
ricordare come negli anni Cinquanta del secolo scorso le teorie più accreditate
presso gli studiosi di economia dello sviluppo, ovvero la “teoria della
modernizzazione” e la “teoria della dipendenza”,37 focalizzassero entrambe
l'attenzione sulle variabili macroeconomiche e strutturali dell'economia, le quali
erano ritenute i pilastri fondamentali di qualsiasi strategia volta a perseguire la
crescita economica. Sul finire degli anni Sessanta questa visione meccanicistica è
andata progressivamente perdendo di importanza, mentre le condizioni di vita dei
36 Questa visione multidimensionale della povertà è stata introdotta ed esposta in modo organico da Amartya K. Sen, che ha usato il concetto di capabilities per spiegare che un individuo povero è un individuo privo di libertà. Per approfondimenti: A. K. Sen, op. cit.
37 La Teoria della Modernizzazione prende il nome da una classificazione sociologica delle società in “moderne” e “tradizionali” ; secondo tale concezione i paesi più arretrati possono, grazie al trasferimento di tecnologia e assistenza da parte dei paesi industrializzati e sotto l'impulso modernizzatore dell'apparato statale, ripercorrere la stessa strada fatta dagli altri seguendo le stesse tappe verso il benessere. La Teoria della Dipendenza è nata come reazione alla precedente: secondo i suoi sostenitori i paesi sono suddivisi in ricchi e poveri, che vengono sfruttati dai primi. Le relazioni tra i due gruppi, che secondo la teoria della modernizzazione sono benefiche per i più poveri, secondo questa corrente al contrario perpetuerebbero la diseguaglianza in quanto basati su rapporti di forza impari. Su questo si rinvia a: C. Leys, The Rise and Fall of Development Theory, Bloomington, Indiana University Press, 1996; D. Lal, The poverty of "development economics”, Cambridge, MIT Press, 2000.
23

cittadini sono andate progressivamente crescendo di considerazione nelle politiche
di intervento, all'interno di un nuovo paradigma economico, l' “Alternative
development”, il quale ha introdotto una serie di nuovi obiettivi che privilegiassero
gli aspetti concreti della vita delle persone: si è cominciato a parlare di “sviluppo
umano” e a riconoscere l'importanza della partecipazione dal basso nelle scelte
politiche.38
In questo contesto, la Banca Mondiale39 ha iniziato a mettere a punto dei piani di
credito agevolato che finanziassero le attività produttive industriali e la costruzione
di infrastrutture a basso tasso di interesse; tuttavia gli elevati tassi di sofferenza40 e
le grandi passività accumulate dalle agenzie governative che operavano in questo
settore ha portato alla messa in discussione41 e infine alla perdita di credibilità
dell'intero sistema. Il problema di fondo era che, a prescindere dai risultati
economici prodotti dagli investimenti finanziati, i quali peraltro essendo veicolati
dallo stato o da altri enti pubblici erano tipicamente soggetti a forti emorragie di
risorse a causa di sprechi o corruzione, tali operazioni non avevano una ricaduta
concreta sul tenore di vita della popolazione: l'effetto di “sgocciolamento”, ovvero il
processo di circolazione del denaro dei grandi investimenti e quindi di
redistribuzione della ricchezza dai settori più ricchi della società fino a quelli meno
abbienti o poveri, sembrava rimanere ancorato al livello di teoria economica di
fronte ai ripetuti insuccessi di questa strategia che ne era l'applicazione pratica. I
poveri rimanevano comunque tagliati fuori dal sistema economico.42
È in questo periodo di transizione che sono comparse le prime pratiche di
microcredito propriamente detto, ovvero quelle avviate negli anni Settanta da Yunus
in Bangladesh e da ACCION43 in Brasile. Nel decennio successivo si è iniziato a
38 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 76.39 La Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo, nota ai più come Banca Mondiale, è una istituzione
finanziaria creata a seguito della Conferenza di Bretton Woods nel 1944. La sua missione originaria era finanziare la ricostruzione nei paesi devastati dalla II Guerra Mondiale. Successivamente la sua attività si è concentrata nel sostegno allo sviluppo economico dei paesi meno avanzati. Su questo cfr. E. Sciso, Appunti di Diritto Internazionale dell'Economia, Torino, G, Giappichelli Editore, 2007, p. 75.
40 In gergo bancario, si parla di credito in sofferenza qualora il debitore sia troppo in ritardo nei pagamenti per essere in regola, ma non abbastanza da essere dichiarato insolvente.
41 E. Sciso, op. cit. , p. 27.42 M. Yunus, op. cit. , p. 26.43 ACCION - Americans for Community Cooperation in Other Nations - è una ONG fondata nel 1961 a
Caracas per promuovere lo sviluppo delle zone più povere della città; dal 1973 ha investito sempre più
24

sperimentare nel nord del mondo: negli Stati Uniti, dove la South Shore Bank di
Chicago44 ha avuto un ruolo pionieristico, e in Europa, con le iniziative di Maria
Nowak in Francia, Bosnia, Albania e in molti paesi dell'Est.
Il motivo del successo e della sempre più rapida diffusione di esperienze di
microcredito appare evidente: preso atto che il mercato è un potente strumento di
creazione di ricchezza, nonché della contraddizione45 di una società liberale
capitalistica che persegue politiche di sviluppo attraverso iniziative decise e
controllate dall'alto di burocrazie pubbliche,46 vediamo come l'atto di cercare
deliberatamente rapporti commerciali con persone nullatenenti o quasi sia al tempo
stesso rivoluzionario perché in aperta controtendenza, ma soprattutto un segnale
potentissimo nei confronti di coloro che fino ad allora erano stati letteralmente
ignorati dal sistema economico. Costoro hanno capito la portata dell'opportunità che
veniva loro concessa ed hanno lavorato per continuare a meritarla: è proprio questa
responsabilizzazione non imposta ma indotta dall'adesione sincera ad un progetto
che ha permesso al meccanismo di non arrestarsi e perfino di crescere, trovando in
sé stesso l'energia per accrescere sempre di più il suo moto.
2.2. L'idea di microcredito
Andremo adesso a delineare con maggiore chiarezza le caratteristiche del
microcredito, che è l'oggetto della presente trattazione, e delle sue applicazioni
pratiche più riuscite.
energie nella microfinanza, che è oggi il pilastro centrale della sua attività. ACCION international, Our History, Sito web di ACCION International, <http://www.accion.org/Page.aspx?pid=506>, consultazione del 20 Febbraio 2010.
44 La South Shore Bank, una banca in declino e apparentemente destinata al fallimento situata in un'area depressa di Chicago, fu acquistata nel 1973 da un gruppo di imprenditori convinti che potesse diventare un potente strumento di promozione sociale. Da allora ha iniziato a progettare strumenti di credito a basso prezzo avvalendosi anche di agenzie no-profit create ad hoc per raggiungere anche coloro che non riuscivano ad accedere al normale credito bancario, salvando sé stessa dalla bancarotta e permettendo la creazione di centinaia di nuove imprese. South Shore Bank, History, Sito web della South Shore Bank, <https://www.sbk.com/about-us/history/>, consultazione del 20 Febbraio 2010.
45 Tale contraddizione è stata intelligentemente sottolineata da Yunus: M. Yunus, op. cit. , p. 27.46 È noto come, in tempi di guerra fredda, la cooperazione internazionale sia stata un fondamentale
strumento di politica estera per gli stati e fosse quindi fortemente condizionata dalle esigenze del donatore e del blocco di cui faceva parte, piuttosto che da quelle dei poveri. Per approfondimenti cfr. C. Clapham, Africa and the international system: the politics of state survival, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 134 – 157.
25

Sebbene negli ultimi vent'anni l'utilizzo di tale strumento sia cresciuto
esponenzialmente uscendo perfino dall'alveo dei paesi in via di sviluppo per
approdare nel cuore del mondo industrializzato, fino ad ottenere una certa risonanza
anche tra i non “addetti ai lavori”, non esiste una definizione univoca del termine
“microcredito”. Questo a causa del fatto che sono ormai così tante le istituzioni che
praticano e sperimentano forme di credito alternative a quello bancario tradizionale
che la prassi operativa di ognuna di esse differisce almeno in qualche dettaglio da
tutte le altre: il naturale adattamento a paesi diversi del metodo sperimentato
originariamente in Bangladesh ha fatto sì che ogni paese, ogni organizzazione non
governativa (ONG), ogni istituzione finanziaria il cui obiettivo sia prestare denaro a
coloro che non possono averlo tramite i normali istituti di credito sia arrivata a
sviluppare pratiche e strategie differenti per adattarsi meglio al contesto di
riferimento.
Possiamo comunque proporre una definizione comprensiva di tutte o quasi le
fattispecie esistenti, affermando che il microcredito è una forma di attività bancaria
consistente nel concedere prestiti di piccola entità a persone che non hanno la
possibilità di ottenere denaro altrove, se non a condizioni usurarie attraverso canali
informali. Solitamente questo tipo di prestiti non è supportato da una garanzia reale
(ovvero, dall'ipoteca su un bene di valore del beneficiario del prestito) e questo è un
aspetto fondamentale in quanto l'assenza di beni che garantiscano il prestito è
spesso la causa primaria dell'impossibilità di accedere al credito bancario.
Fatte salve le molte differenze, è possibile tracciare delle caratteristiche comuni alle
migliaia di istituzioni47 operanti nel settore ed ai loro metodi di lavoro.
Per prima cosa, tutte hanno in comune l'obiettivo: fornire accesso al credito a coloro
che non possono, per i più vari motivi, rivolgersi ad una banca. Tutte le istituzioni,
47 Sono 4.413 quelle censite dallo State of Microcredit Summit Campaign Report 2009, cifra che raddoppia considerando il numero stimato di quelle che operano su piccola scala e non risultano dal censimento. Il Microcredit Summit Campaign è una ONG con sede a Washington D.C. , la quale raccoglie al suo interno rappresentanti di tutte le maggiori istituzioni dedite al microcredito a livello mondiale ed è il principale foro di discussione e concertazione in materia di strategie, risultati conseguiti e obiettivi da prefissare. Per approfondimenti si rinvia a: S. Daley-Harris, State of Microcredit Summit Campaign Report 2009, Washington D.C. , Microcredit Summit Campaign, 2009; Microcredit Summit Campaign, About Us, Sito web del MSC, <http://www.microcreditsummit.org/about/about_the_microcredit_summit_campaign/>, consultazione dell' 11 Febbraio 2010.
26

siano esse ONG, banche, enti a fini di lucro o no profit hanno questa unica missione
primaria, che si concretizza in un preciso criterio di scelta dei destinatari, ovvero gli
esclusi dal credito bancario. Talvolta ci si rivolge a specifici sottoinsiemi del gruppo
degli individui non bancabili.48
Un secondo elemento comune a tutte le esperienze è la ricerca della sostenibilità,
aspetto che marca invece la differenza rispetto alla beneficenza, in quanto il denaro
concesso non è a fondo perduto e, salvo casi particolari, comporta il pagamento di
una quota di interessi in modo analogo a quanto accade nella finanza convenzionale.
Un percorso di restituzione programmato nei tempi e nei costi rappresenta tra l'altro
una importante forma di responsabilizzazione dei clienti, che influisce
positivamente sulla loro autostima e sulla loro capacità di far fronte ai problemi.
Elementi comuni soltanto alle esperienze portate avanti nei paesi in via di sviluppo
sono invece la concessione di somme esigue, la modalità di rimborso in piccole rate
frequenti, di solito settimanali o mensili; sovente l'atto del rimborso viene
enfatizzato e reso visibile a tutti inserendolo in un incontro pubblico, durante il
quale il rappresentante della banca discute delle eventuali problematiche emerse
nelle fasi di avviamento e di gestione dell'investimento. Questo aspetto, che ha un
ruolo centrale nel sistema della Grameen Bank, assume una veste fortemente
simbolica oltre ad essere un segno concreto di vicinanza alla gente e serve a
rinsaldare il rapporto di fiducia e cooperazione tra l'istituzione ed i suoi clienti.49
È importante che le procedure siano snelle e flessibili dato che i clienti, indigenti e
spesso analfabeti, devono essere sollevati per quanto possibile dal carico di
adempimenti burocratici che per loro rappresentano solo una barriera all'accesso.
Partendo dal presupposto che i poveri sono culturalmente molto lontani dai
tecnicismi e dalle procedure tipiche delle banche ed hanno una istintiva ma motivata
avversione a rivolgersi ad esse, spesso si assiste persino ad un rovesciamento delle
dinamiche: mentre le banche convenzionali aspettano che il cliente chieda i loro
servizi, nei paesi in via di sviluppo (PVS) gli operatori degli istituti che lavorano
48 Ad esempio, in Asia l'85% dei prestiti viene concesso alle donne – è anche il caso della Grameen Bank – perché esse sono generalmente ritenute più affidabili e oculate; in certi paesi si privilegiano invece gli immigrati per sostenerne l'integrazione sociale. Su questo, cfr. P. De Vincentiis, op. cit. , p. 57.
49 M. Yunus, op. cit. , p. 107.
27

nella microfinanza vanno fisicamente in cerca dei potenziali clienti per convincerli a
cogliere l'opportunità di un prestito per realizzare i loro progetti, o semplicemente
per spiegare loro che questa opportunità esiste.50 Nei paesi industrializzati si passa
invece attraverso il settore associativo e cooperativo che fanno da tramite tra la
domanda e l'offerta di microcredito.
2.3. Chi sono i clienti del microcredito
I potenziali clienti della microfinanza sono tutti coloro i quali, a causa di una
insufficiente dotazione finanziaria, restano esclusi dal circuito del credito
convenzionale: in questa ampia definizione possono rientrare i lavoratori
dell'economia informale, quelli precari o occasionali ed in generale tutti i piccoli
attori economici in ogni settore dell'economia: un aspetto fondamentale è la
necessità che essi siano “poveri attivi”, ovvero persone capaci di svolgere un lavoro
e quindi in grado di produrre un qualche reddito attraverso di esso. Le donne sono
spesso un target privilegiato: dovendo gestire la casa e la famiglia, sono più stabili e
più predisposte a programmare ed organizzarsi e quindi a gestire in modo razionale
le risorse a disposizione.51
Si potrebbe credere che solo una parte tutto sommato esigua della popolazione
soddisfi questi requisiti: non è così, e per averne un'idea basti pensare che nel solo
2009 le stime più attendibili della domanda globale di credito da parte di individui
non bancabili parlano di una somma intorno ai 300 miliardi di dollari USA.
Tuttavia, solo una parte di questa somma è stata resa disponibile dalle Istituzioni di
Microfinanza (IMF), che nello stesso periodo sono riuscite a garantire una quantità
stimata tra i 15 ed i 25 miliardi:52 una somma certo ragguardevole ma ancora
50 Racconta Yunus che, fin dalla nascita dell'istituzione, nelle filiali Grameen veniva appeso un avviso che recitava: “La presenza in ufficio di qualsiasi membro del personale è da considerarsi una violazione delle regole della Banca Grameen” ; l'idea alla base di ciò era che “...per un povero – e per giunta analfabeta – un ufficio è un luogo minaccioso, terrificante. È un modo ulteriore di interporre una distanza. Quindi abbiamo pensato che dovessimo essere noi ad andare nelle case. Tutto il sistema Grameen si basa sul principio che non devono essere i clienti ad andare in banca, ma la banca dai clienti”. Ibidem, p. 115.
51 Esemplare il caso di Grameen Bank, in cui il 97% dei clienti è costituito da donne. Cfr. L. Becchetti, op. cit. , p. 17.
52 S. Daley-Harris, op. cit. , p. 16.
28

insufficiente a coprire un fabbisogno tanto grande. Gli ultimi dati organicamente
raccolti ed elaborati in seno al Microcredit Summit Campaign sono riferiti al 2007, e
parlano di 154,8 milioni di clienti che hanno ricevuto almeno un prestito, di cui
circa 106 milioni erano tra i più poveri quando hanno ricevuto il primo credito.
L'obiettivo che le organizzazioni riunite nel summit si sono prefisse di raggiungere
entro il 2015 è raggiungere almeno 175 milioni di famiglie tra le più povere al
mondo e, parallelamente, fare sì che almeno 100 milioni di famiglie dal 1990 in poi
abbiano superato il reddito pro capite di un dollaro al giorno,53 considerato
dall'ONU come la soglia di povertà assoluta, grazie all'aiuto di microprestiti.
Considerando una media di cinque persone per famiglia, il raggiungimento del
secondo traguardo significherebbe l'uscita dalla povertà estrema di circa mezzo
miliardo di individui: un traguardo di enorme portata che però potrebbe essere
realisticamente raggiunto se il trend attuale proseguisse. Inoltre la situazione attuale
è incoraggiante: prima di quello attuale era stato fissato un obiettivo meno
ambizioso, quando nel 1997 la prima riunione dell'organizzazione stabilì che entro
il 2005 si sarebbero dovute raggiungere almeno cento milioni di famiglie povere cui
offrire credito e altri servizi finanziari. L'obiettivo è stato dichiarato raggiunto nel
2007,54 con due soli anni di ritardo sebbene al tempo dell'annuncio si fosse ancora
solo a quota 7,5 milioni: questo dà un'idea di quanto rapidamente il mercato della
microfinanza sia cresciuto negli ultimi quindici anni. Nonostante la difficile
congiuntura economica globale, o forse proprio grazie ad essa, il margine di
espansione per le iniziative di microcredito appare tuttora assai ampio.
53 In realtà, la Banca Mondiale nel 2008 ha ritoccato la soglia considerata di povertà estrema, portandola a 1,25 $ al giorno a causa del generalizzato aumento del costo della vita nei PVS: tuttavia, il Summit finora non ha adeguato di conseguenza il valore di riferimento di un dollaro nel calcolare le proprie statistiche per mantenerlo coerente con quello usato nella definizione dei Millennium Development Goals. Ciò avverrà qualora gli obiettivi del millennio vengano ricalcolati sulla base del nuovo parametro. Da notare che questo indicatore è calcolato correggendo il valore nominale della valuta secondo il metodo Purchase Parity Power (parità di potere di acquisto) per rendere comparabili le misurazioni fatte in paesi con differente costo della vita.
54 S. Daley-Harris, op. cit. , p. 7.
29

2.4. Microcredito e microfinanza: le nuove frontiere
Un errore comune, fonte di confusione, è l'utilizzo indiscriminato dei termini
“microcredito” e “microfinanza” per indicare la stessa realtà. Questo non è corretto
in quanto la microfinanza è un concetto molto più ampio, nel cui significato
generale si incontrano varie pratiche finanziarie che hanno in comune
l'orientamento ai bisogni dei più poveri, ma che non riguardano il solo credito. Con
il consolidamento dell'attività e la crescita dimensionale infatti, alcuni operatori di
microcredito hanno intuito l'opportunità di fornire una serie di servizi aggiuntivi ai
propri clienti che integrassero il semplice prestito: servizi di conto corrente, di
assicurazione, pagamento, trasferimento di denaro e così via sono necessari ai
poveri come e forse più che agli altri, e sempre più soggetti si stanno attrezzando
per fornirglieli. Mentre la nascita del microcredito si colloca quindi nei primi anni
Settanta del secolo scorso, il concetto di microfinanza è stato definito solo negli
anni Novanta,55 con l'affinamento delle tecniche e la crescita dell'esperienza delle
istituzioni operanti nel settore.
Ciò nonostante, ad oggi solo una piccola percentuale delle istituzioni di
microfinanza riesce ad offrire una gamma completa di servizi in quanto la loro
fornitura presuppone il confrontarsi con problemi organizzativi e finanziari ben
maggiori di quelli posti dal semplice credito, cui riescono a far fronte solo poche
organizzazioni grandi e consolidate come ad esempio Grameen Bank, BancoSol56 e
Bank Rakyat,57 che riescono ad operare su vari fronti con successo e profitto
economico.
55 Più precisamente nel primo Microcredit Summit del 1997, in cui è stata affermata l'importanza di offrire una gamma di prodotti finanziari che andasse al di là del semplice prestito. Per approfondimenti su questo tema si veda S. Daley-Harris, op. cit.
56 Nata nel 1986 in Bolivia come ONG dedita al microcredito per combattere la povertà, ha avuto un tale successo che nel 1992, raggiunto un portafoglio di quattro milioni di dollari ripartiti tra 17.000 clienti, è stata presa la decisione di trasformare l'organizzazione in una vera banca specializzata nella microfinanza al fine di aumentarne la capacità operativa. Al 2010 essa ha distribuito circa 2 miliardi di dollari di prestiti. Cfr BancoSol, Our history, sito web di BancoSol, <http://www.bancosol.com.bo/en/historia.html>, consultazione del 15 Febbraio 2010.
57 Bank Rakyat è una banca indonesiana nata nel 1954 dalla fusione di 11 istituti di credito cooperativo. Nata come strumento per favorire l'accesso al credito per le cooperative ed i loro soci, nel tempo si è andata specializzando in finanza islamica e microfinanza; ad oggi riesce perfino a finanziarsi principalmente attraverso i depositi dei suoi clienti, dimostrando così l'importanza dei servizi di deposito per la banca stessa oltre che per la clientela. Cfr. Marco Elia, Microcredito e microfinanza, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), Otto modi di dire microcredito, Bologna, 2006, p. 192.
30

Tra tutte, Grameen si distingue per avere ereditato dal proprio fondatore un
approccio creativo ai problemi e una capacità di visione di lungo periodo i quali
l'hanno portata a creare una rete di società controllate tramite cui fornisce in
Bangladesh, oltre al credito, servizi di telefonia fissa e mobile, finanziamenti e
borse di studio per gli studenti meritevoli, impianti di produzione di energia
rinnovabile e perfino servizi tecnologici avanzati come web hosting e sviluppo di
software: tutti beni e servizi progettati e tarati sulle esigenze e sulle possibilità di
coloro che non riescono ad accedervi tramite i canali convenzionali, secondo il
paradigma coniato da Yunus di “impresa con finalità sociali”.58 Le aziende fondate
a tale scopo infatti hanno la particolare caratteristica di non essere orientate al
profitto, ovvero non distribuiscono utili ma li reinvestono continuamente
nell'attività produttiva: questo ha un doppio impatto positivo sul tessuto economico
in quanto permette di adottare politiche di prezzi bassi e contemporaneamente crea
posti di lavoro e contribuisce allo sviluppo.
2.5. I problemi del credito e le soluzioni individuate dalla
microfinanza
Le istituzioni più rinomate si sono organizzate per risolvere concretamente i vari
problemi che si pongono quando si pratica questa attività. Gli aspetti maggiormente
interessanti sono cinque: la struttura organizzativa dell'istituzione, i canali utilizzati
per reperire i fondi necessari, il sistema di incentivi utilizzato per sostituire la
garanzia reale, il criterio di scelta dei tassi di interesse praticati e il modo in cui
viene declinato il concetto di sostenibilità del progetto. Quest'ultimo aspetto è
tutt'altro che secondario: sebbene il microcredito dovrebbe essere sostenibile per sua
natura in quanto servizio a pagamento, vedremo come esistano diversi livelli di
sostenibilità in corrispondenza di ognuno dei quali si hanno svantaggi e benefici.59
La soluzione che viene cercata per ognuno di questi problemi è strettamente
collegata al genere di organizzazione: ad esempio, una ONG che pratica
58 M.Yunus, Un mondo senza povertà, Milano, Feltrinelli, 2008, p. 112.59 Per approfondire si veda il Paragrafo 2.Il reperimento dei fondi.
31

microcredito fissa tassi inferiori rispetto ad una banca dato che la prima ha
plausibilmente l'obiettivo esplicito di fare il maggior numero di prestiti possibile per
aiutare più persone, mentre la seconda pone maggiore attenzione ai vincoli di
bilancio e forse al profitto. In modo simile, il reperimento dei fondi è di solito
radicalmente diverso in un ente no-profit, il quale normalmente non esita a chiedere
donazioni in nome della nobile causa perseguita,60 rispetto ad uno che intende
conseguire profitti tramite la sua attività; quest'ultimo più probabilmente cerca sul
mercato i finanziamenti necessari. Solo le organizzazioni più grandi ed efficienti
possono riuscire a sostenersi in questo modo: alcune di esse sono Grameen Bank,
Bank Rakyat, BancoSol, l'italiana Banca Popolare Etica.61
2.5.1. Le forme organizzative
Un aspetto importante nell'analisi di un'attività di microcredito è la natura
dell'organizzazione che la porta avanti. A una molteplicità di pratiche simili ma non
identiche fra loro corrisponde una varietà di forme giuridiche e organizzative in cui
si possono presentare le istituzioni di microfinanza (IMF). Esse differiscono infatti a
seconda che operino su vasta o piccola scala, che siano autogestite o ci sia una
separazione netta tra operatori e clientela, che si trovino in un paese ricco oppure in
uno povero; di conseguenza adottano una certa forma piuttosto che un'altra.
Sotto il profilo formale e giuridico possiamo distinguere tra istituzioni formali,
semi-formali e informali.
Rientrano nel gruppo delle organizzazioni formali quelle la cui esistenza e
operatività è riconosciuta e definita da una normativa bancaria generale oppure
creata appositamente per regolare le operazioni di microfinanza. Di conseguenza,
sono soggette a una specifica supervisione dello stato che ne valuta l'aderenza alla
60 Ad esempio, si avvalgono del sostegno di donatori ACCION International, FINCA, l'ADIE e in Italia Micro.Bo.
61 La Banca Popolare Etica è nata nel 1994 dall'iniziativa di una serie di operatori del terzo settore, del volontariato e della cooperazione internazionale: di fronte a cambiamenti nella normativa bancaria e alla necessità da essi avvertita di avere un interlocutore affidabile nel sistema creditizio che potesse fungere da centro di raccolta del risparmio dei soci e sostenere progetti con finalità sociali. Alcuni di questi enti (sindacati, associazioni, mutue di autogestione) si sono associati dando vita alla banca. Cfr. B. P. Etica, La Storia, sito web della Banca Popolare Etica, <http://www.bancaetica.com/Content.ep3?CAT_ID=31844&ID=770936>, consultazione del 25 Maggio 2010.
32

normativa di riferimento. Rientrano solitamente in questa categoria le banche
pubbliche e quelle private, le unioni di credito e le cooperative di credito: ci
soffermeremo in particolare sulle ultime due, che per loro natura interessano più da
vicino l'argomento del microcredito.
• Unioni di credito – si tratta di istituzioni finanziarie autogestite, basate sul
principio della mutualità: i membri ne sono anche i proprietari. Si tratta
generalmente di individui appartenenti ad una stessa organizzazione
(dipendenti dello stesso datore di lavoro, stessa chiesa, sindacato, comunità,
etc) i quali decidono di risparmiare assieme al fine di concedersi prestiti l'un
l'altro a tassi ragionevoli, inferiori a quelli che potrebbero ottenere in banca.
Prima di accedere a un prestito è solitamente necessario avere trascorso un
certo periodo accumulando risparmio; come regola generale infatti
l'ammontare del prestito concesso è un multiplo dei risparmi accumulati. Una
caratteristica importante delle unioni di credito è una grande efficienza nel
mobilitare il risparmio e quindi nel raggiungimento dell'autonomia
finanziaria.62
• Cooperative – si tratta anche in questo caso di istituzioni mutualistiche; sono
di fatto molto simili alle unioni di credito ma con una differenza importante:
hanno riconoscimento giuridico. Sono quindi inquadrate nella normativa che
regola il settore cooperativo e soggette ai controlli del caso. I primi modelli
sono stati sviluppati tra Europa e America settentrionale nel XIX secolo.
In Italia rientrano in questa categoria le MAG (Mutue di Auto Gestione),63
che sono soggette alla normativa bancaria ed a quella del settore cooperativo.
Le istituzioni semi-formali sono anch'esse registrate come persone giuridiche e
quindi riconosciute dallo stato, tuttavia non rientrano nelle fattispecie regolamentate
62 Barbara Aiolfi, La struttura organizzativa, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit., 244.63 Le MAG sono cooperative di carattere finanziario senza scopo di lucro, la cui missione primaria è la
raccolta e la redistribuzione di finanziamenti in varie forme ai loro soci senza che sia richiesta alcuna garanzia o fideiussione. I loro soci sono persone fisiche e giuridiche con una percentuale relativamente alta di realtà enti no profit, i quali hanno tradizionalmente difficoltà ad accedere al credito bancario; in Italia attualmente ne esistono sei, nate a partire dagli anni Ottanta con l'ambizione di creare un circuito di credito etico alternativo a quello tradizionale. Cfr. Elisa Carandina, Missione e obiettivi, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 136.
33

dalla legislazione bancaria. Non necessitano quindi di licenze o autorizzazioni
all'esercizio dell'attività bancaria e non sono soggette a controlli specifici in tal
senso. Gli esempi principali di questa “zona intermedia” sono le cosiddette banche
di villaggio, le ONG che praticano il microcredito e le associazioni di risparmio e
credito.
• Banche di villaggio – si tratta di fatto di associazioni di risparmio e credito
basate su una comunità locale. Generalmente comprendono un numero di
membri tra i 25 e i 50, persone dal basso reddito che vogliono avviare
un'attività autonoma. Il capitale iniziale viene da fonti esterne per velocizzare
la fase embrionale dell'iniziativa la quale altrimenti sarebbe eccessivamente
lunga ma un ruolo fondamentale viene giocato dalle fonti proprie, sotto
forma di risparmio e di interessi sui prestiti; queste crescono infatti piuttosto
rapidamente (la stessa esistenza della banca è un potente incentivo al
risparmio) fino alla tendenziale sostituzione dell'intero capitale versato dal
finanziatore iniziale, che di solito è una ONG. L'intera gestione della banca è
affidata agli associati per tagliare i costi e porre le basi di una cultura
finanziaria concreta, della quale trarrà beneficio l'intera comunità: il ruolo
della ONG, che pure è fondamentale, si limita ad apportare il capitale di
partenza e a formare coloro che lavoreranno alla sua gestione. Questa
strategia è stata sviluppata da FINCA64 negli anni Ottanta del secolo scorso
in America centrale, ed è stata poi replicata in molti paesi tra cui Armenia,
Georgia, Kosovo, Russia, Afghanistan, Giordania, Repubblica Democratica
del Congo e Zambia.
• Organizzazioni non governative – un grande numero di ONG, tuttora in
crescita, ha avviato progetti di microcredito spesso come attività sussidiaria a
quelle che già svolgevano nelle comunità in cui sono presenti. Si tratta di
solito di organizzazioni di modeste dimensioni che dipendono da fonti
64 Foundation for International Community Assistance; fondata in Bolivia nel 1985, si è specializzata fin dalla sua nascita nella fornitura di servizi finanziari ai poveri. È attualmente attiva in America latina, Asia e in Africa dove è presente in Malawi, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Uganda e Zambia. Per approfondimenti si veda: FINCA International, FINCA's history, sito web di FINCA International, <http://www.finca.org/site/c.erKPI2PCIoE/b.2700241/k.98F7/FINCAs_History.htm>, consultazione del 12 Febbraio 2010.
34

esterne sia per le operazioni di prestito che per la copertura delle spese
operative, avvalendosi dell'appoggio di sponsor, perlopiù occidentali, i quali
forniscono capitale e consulenza. Vedremo come questa sia esattamente la
fattispecie in cui rientra il caso di studio esaminato in questo elaborato di
tesi.
• Associazioni di risparmio e credito – questa categoria è simile alla banca di
villaggio per caratteristiche strutturali e modalità di gestione, anche se il
numero di soci può superare i 100 o perfino essere dell'ordine di migliaia. A
differenza della banca di villaggio però si basa soltanto sui risparmi dei
membri per finanziare le sue attività; di qui la necessità di un numero
maggiore di soci. I prestiti concessi sono individuali e sono proporzionali al
risparmio accumulato dal richiedente. Talvolta essa esige dai propri clienti
una garanzia, ma in ogni caso la condizione strettamente necessaria per avere
credito è la conoscenza reciproca. Essa fin dall'inizio gode di una piena
indipendenza, che paga però con una minore solidità patrimoniale, e quindi
minore capacità di fare fronte ai bisogni della clientela. Di conseguenza i
tassi di interesse richiesti sono elevati, dato che sono essenziali per la
capitalizzazione e la stessa sopravvivenza dell'istituto. Un esempio di
successo in questo senso è dato dalla SEWA Bank indiana, una banca gestita
dalle stesse donne che ne sono clienti oltre che socie; è stata fondata nel 1974
dall'associazione di 4000 donne che hanno versato dieci rupie a testa e oggi
può contare su 93.000 depositanti.65
Le istituzioni informali sono quelle di stampo più tradizionale; nascono e si
appoggiano esclusivamente a legami di conoscenza reciproca e interdipendenza
sociale, non avendo alcun tipo di riconoscimento da parte della legge.
• Associazioni di risparmio e credito non registrate – si tratta di associazioni di
fatto, generalmente operanti secondo il metodo rotativo per cui ogni socio
65 La SEWA (Self Employed Women’s Association) è una organizzazione nata in India nel 1972 come sindacato femminile; nel 1974 ha dato impulso alla nascita della SEWA Bank per permettere alle proprie socie di accedere al credito a tassi convenienti. Cfr. Self Employed Women’s Association, About Us, sito web della SEWA, <http://www.sewa.org/About_Us_History.asp>, consultazione del 25 Febbraio 2010.
35

versa un contributo fisso a intervalli regolari e a turno riceve l'intero
ammontare accumulato. Il turno di ognuno viene stabilito attraverso un
metodo casuale come un sorteggio oppure uno competitivo come un'asta. Il
numero delle contribuzioni periodiche coincide quindi con il numero dei soci
che ne possono beneficiare, fino all'avvio di un nuovo ciclo. Tale sistema,
nato nell'area nord occidentale del continente africano, si è in seguito diffuso
anche verso est e nelle aree centro-meridionali e prende il nome di tontina.66
• Prestatori individuali – sono persone che rivestono una posizione sociale di
rilievo nella propria comunità. Avendo ingenti disponibilità, prestano denaro
ad interesse spesso in regime di quasi monopolio; avendo scarsa concorrenza
sono liberi di fissare i tassi che preferiscono. Di solito l'interesse viene fissato
sulla base del guadagno atteso dall'investimento che verrà realizzato con il
prestito ed in generale è molto più alto di quello delle banche commerciali.
Sarebbe tuttavia troppo semplificatorio definirli usurai, dato che operano in
contesti molto diversi tra loro e talmente particolari sotto il profilo del
rischio, del livello e tipo dei costi di transazione, della sicurezza e via
dicendo che non si può parlare automaticamente di usura solo per via del
costo dei loro servizi;67 tuttavia portano benefici scarsi o nulli alla loro
comunità. Spesso offrono un servizio di custodia dei risparmi, che però è fine
a sé stesso e non finanzia altro credito come nei casi sopra citati.68
Risulta quindi opportuno rilevare che attualmente la tendenza dominante vede la
formazione di strutture sempre più formalizzate e riconosciute legalmente, che
associano alla consistenza patrimoniale derivante dall'appoggio di ONG e istituzioni
66 Per un ulteriore approfondimento si rinvia alla raccolta di saggi curata da M. Lelart, La tontine: pratique informelle d'épargne et de crédit dans les pays en voie de développement, Montrouge, J. Libbey, 1990.
67 Vale la pena di notare, infatti, che le più importanti istituzioni di microfinanza praticano tassi notevolmente più elevati rispetto alle normali banche commerciali: 22% per BancoSol, 20% per Grameen Argentina, 29% per First Step. Nel 2007 ha destato scalpore il caso estremo di Compartamos, una IMF messicana che ha raggiunto la sostenibilità e perfino alti livelli di profitto praticando tassi superiori all'85%. Cfr. R. Rosenberg, A. Gonzalez e S. Narain, The New Moneylenders: Are The Poor Being Exploited by High Microcredit Interest Rates?, Occasional Paper series, 2009, sito web del Consultative Group to Assist the Poor, <http://www.cgap.org/gm/document-1.9.9534/OP15.pdf>, consultazione del 26 Febbraio 2010.
68 V. Cristofoli, Microfinanza informale e innovazione in Africa: i banchieri itineranti , in “Africa e Orienti”, n.1 (2000); Barbara Aiolfi, op. cit. , p. 241.
36

dei paesi ricchi un approccio metodologico sempre più strutturato e formale. La
condivisione delle esperienze ed il ruolo attivo di raccolta e condivisione dei dati ed
elaborazione teorica di organismi come il Microcredit Summit Campaign, il
Consultative Group to Assist the Poor (CGAP),69 il Microcredit Information
Exchange (MIX),70 oltre all'attività di sperimentazione dei player più
all'avanguardia i quali sono costantemente presi ad esempio e analizzati nelle loro
metodologie, fa sì da un lato che anche i soggetti di piccole dimensioni abbiano
accesso a tutte le informazioni necessarie per organizzarsi in modo efficiente, e
dall'altro che anche soggetti di rilievo come le grandi ONG che hanno una diversa
mission, oppure le banche stesse, possano considerare l'idea di avvicinarsi alla
microfinanza sapendo di poter contare su una quantità di informazioni ed expertise
a cui possono attingere per costruire progetti anche di ampia portata.
2.5.2. Il reperimento dei fondi
Il problema del procacciamento delle risorse da impiegare è un problema di
primaria importanza, il quale si articola in due livelli. Da un lato, i fondi sono
sempre insufficienti a coprire il fabbisogno: come abbiamo detto in precedenza, la
domanda stimata è di circa quindici volte superiore al credito disponibile per cui
l'accesso a quantità di denaro sempre maggiori è di vitale importanza per poter
raggiungere il maggior numero possibile di persone. D'altro canto però si pone un
problema di tipo “politico”: infatti, il tipo di donatori o comunque di apportatori di
capitale ha potenzialmente una forte influenza sulle scelte operative dell'istituzione.
Quindi le IMF si trovano in una situazione in cui il perseguimento della mission
dell'istituzione può entrare in conflitto con la volontà del soggetto finanziatore
69 Il Consultative Group to Assist the Poor (CGAP) è un consorzio nato nel 1995 per impulso della Banca Mondiale ed altre agenzie di promozione dello sviluppo per sostenere la diffusione della microfinanza attraverso attività di studio e di raccolta ed elaborazione dati sull'argomento. Sito web del CGAP, <http://www.cgap.org/p/site/c/aboutus/>, consultazione del 10 Maggio 2010.
70 Il MIX – Microfinance Information Exchange – è un centro studi con sede a Washington. Fondato per iniziativa del CGAP, è finanziato da quest'ultimo e da alcune fondazioni private; si occupa di raccogliere ed elaborare dati riguardanti le performance finanziarie delle istituzioni operanti del settore della microfinanza. Sito web del MIX, <http://www.themix.org/about-mix/about-mix>, consultazione del 10 Maggio 2010.
37

dell'attività. Essa può quindi decidere di non ricorrere a certi canali di finanziamento
per avere una maggiore libertà di azione, ma questo inevitabilmente si traduce in
una minore dotazione di capitali.71
Un metodo efficace di reperimento fondi è la raccolta di depositi, sia dai propri
debitori oppure aperta al pubblico: istituzioni importanti e consolidate come
Grameen Bank in Bangladesh e Bank Rakyat in Indonesia hanno raggiunto non solo
l'autosufficienza ma una lunga serie di bilanci in attivo minimizzando i costi di
provvista anche grazie all'attività di deposito. Essa porta inoltre altri importanti
benefici che saranno approfonditi nei paragrafi seguenti. I motivi per cui la
maggioranza delle IMF non intraprende questa strada sono da un lato dovuti alla
cultura dell'istituzione, che spesso non valuta positivamente la possibilità di
diventare qualcosa che assomiglia ad una vera banca, mentre d'altra parte si osserva
come le legislazioni nazionali pongano forti limitazioni alla possibilità di
raccogliere denaro in deposito. Tale attività è in generale preclusa alle ONG che
sono una larga parte degli operatori attivi nel campo della microfinanza, la quale
rappresenta un settore del tutto trascurato dalle normative bancarie: questo limita di
molto la capacità di azione delle istituzioni, che si vedono costrette a delegare alle
banche parte delle attività con ripercussioni sull'efficienza del sistema.72
Nel caso in cui non sia possibile raccogliere depositi, ci sono altre vie percorribili
che restano nell'alveo delle soluzioni di mercato: partendo dal presupposto che nei
paesi in via di sviluppo è difficile reperire capitali, una possibilità concreta consiste
nel raccogliere finanziamenti all'estero, in paesi dove sia più facile reperire fondi,
per poi investirli in progetti di microcredito chiedendo un interesse abbastanza alto
da poter restituire il capitale con tutti gli interessi passivi. Questa strada tuttavia ha
lo svantaggio di essere rischiosa a causa del sistema dei cambi: se il prestito è
concesso in valuta pregiata e la moneta del paese dove opera il progetto è soggetta
ad una forte inflazione, come capita spesso nei paesi in via di sviluppo, al momento
di restituire il prestito l'onere del debito sale proporzionalmente alla svalutazione
71 R. Cull, A. Demirgüç-Kunt, J. Morduch, Microfinance Tradeoffs. Regulation, Competition, and Financing, Washington D.C. , World Bank Development Research Group, 2009, p. 10.
72 M. Yunus, Un mondo senza povertà, cit. , p. 84.
38

della moneta; se, d'altro canto, il prestito è concesso in valuta locale il prestatore
rischia di recuperare un importo nettamente inferiore al previsto.73
Un altro strumento potente e ancora sottoutilizzato risiede nell'utilizzo di wholesale
funds, fondi privati che si incaricano di convogliare donazioni e finanziamenti
destinate ad attività di microcredito, e si occupano poi di indirizzarli verso le
singole istituzioni con precedenza per quelle che sono ancora nella fase di lancio e
quindi sono più fragili. È importante che tali istituzioni siano dislocate nel territorio
su cui insistono i progetti concreti per evitare i rischi connessi al cambio di cui
sopra. Infine, la fonte da cui dipende tuttora il maggior numero di organizzazioni
sono le donazioni e i vari trasferimenti a fondo perduto, preziosi ma pericolosi per il
mantenimento della libertà decisionale.74
Il problema del reperimento delle risorse necessarie all'attività ci conduce ad
affrontare un'altra questione di primaria importanza: la autosostenibilità
dell'istituzione di microfinanza. Valutare correttamente la sostenibilità di una
istituzione è importante perché porta a fare considerazioni attendibili sul suo stato di
salute e, non ultimo, ad analizzare la misura in cui essa dipende dall'aiuto di soggetti
terzi ed è quindi da essi condizionata. Come si è ricordato in precedenza, infatti, il
grado di dipendenza dagli aiuti esterni è inversamente proporzionale al grado di
libertà e di scelta degli obiettivi e delle strategie75 ed è quindi importante avere
piena consapevolezza delle implicazioni che questo comporta. Inoltre, le donazioni
non sono stabili nel tempo e questo significa che, nel lungo periodo, solo le
istituzioni che hanno raggiunto almeno la sostenibilità finanziaria76 hanno la
certezza di sopravvivere ad un calo delle donazioni.77
73 Ibidem, p. 82.74 Ibidem, p. 84.75 Marco Elia, Fonti di finanziamento e sostenibilità finanziaria, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di),
op. cit. , p. 261.76 La sostenibilità finanziaria è intesa come la capacità di finanziare i prestiti successivi attraverso gli
interessi pagati dai clienti, anche se si ricorre a meccanismi non di mercato come il volontariato o le donazioni per reperire le risorse umane e strumentali.
77 Su questo argomento, per analizzarne meglio caratteristiche e implicazioni, cfr. infra, pp. 48 – 54.
39

2.5.3. La garanzia
La fornitura di servizi creditizi è una attività fondamentale in qualsiasi sistema
economico ma nondimeno molto delicata; l'istituto di credito deve infatti operare
secondo prudenza, seguendo una serie di criteri che permettano di gestire un
patrimonio in continuo movimento ma anche di scegliere al meglio a quali clienti
concedere il diritto di usufruirne. Per l'istituto il denaro è una risorsa limitata e in
quanto tale deve essere usata nel modo più efficiente e sicuro possibile: di
conseguenza, è necessario adottare metodologie che permettano da un lato di
scegliere i clienti migliori a cui affidare questa risorsa e dall'altro di tutelarsi dal
rischio che parte di essa vada perduta. Nello specifico, prima di aprire una linea di
credito sono necessari due passaggi preventivi: la fissazione di un tasso di interesse,
e l'analisi della solvibilità del potenziale cliente. Gli istituti di credito utilizzano a
questo scopo lo studio di quattro informazioni fondamentali:
1. la reputazione del soggetto, ovvero il record storico dei comportamenti che
esso ha tenuto in passato;
2. la sua situazione economica generale, ovvero la sua capacità di generare
flussi di cassa che permettano la restituzione del prestito;
3. la redditività generata dall'investimento finanziato, ovvero la possibilità che
esso basti a ripagare il prestito e gli interessi relativi;
4. le garanzie collaterali, ovvero un controvalore in beni immobili di proprietà
del debitore, oppure impegni personali di soggetti terzi.
Questi quattro elementi, tenuti in considerazione da tutti i tipi di prestatori,
assumono però un peso relativo differente in ogni istituzione in base alla sua
filosofia e alle caratteristiche del target servito. Il sistema bancario tradizionale
tipicamente dà maggiore importanza alla situazione economica ed alle garanzie
collaterali portate in pegno dal cliente, che sono i requisiti di più facile ed
economica verifica. Tali garanzie possono essere di tipo personale se portate dal
richiedente, come nel caso del pegno e dell'ipoteca; possono essere portate da terzi
che rivestono quindi il ruolo di fideiussori o avallatori del debito oppure anche
40

garanzie di tipo collettivo, come quelle rilasciate dai confidi.78
In tutti questi casi il meccanismo di base è lo stesso: nel caso in cui il debitore
fallisca nel restituire il prestito, il creditore acquisisce diritti sui beni portati come
collaterale.
Il grave inconveniente derivante da questo sistema è che sovente restano esclusi dal
credito progetti assai validi e capaci di generare profitto per la sola assenza di una
garanzia reale ritenuta sufficiente; questo è un meccanismo pernicioso perché
rallenta l'innovazione e la crescita del sistema economico, oltre a permettere
tendenzialmente di generare reddito solo a chi ha già una buona dotazione di
partenza.
La filosofia che sta alla base del microcredito impone invece un ribaltamento di
questa scala di valori, come naturale conseguenza delle caratteristiche del tutto
peculiari della clientela servita: di conseguenza le IMF sono più interessate a
verificare, e coltivare, la reputazione del soggetto richiedente piuttosto che il valore
del suo collaterale; preferiscono analizzare la reale consistenza e profittabilità del
progetto che si dovrebbe finanziare piuttosto che il conto in banca dell'imprenditore.
Poiché, come ricordato in precedenza, questi aspetti sono di più difficile verifica e
soprattutto comportano costi di valutazione maggiori, si è reso necessario sviluppare
pratiche e strumenti innovativi per la gestione del rischio, i quali hanno in comune il
fatto di comportare un rapporto più stretto fra prestatore e cliente: per questo spesso
si parla di “credito relazionale” o “finanza relazionale” allorché si analizzano le
metodologie della microfinanza e del microcredito in particolare. Questo interesse a
conoscere e sfruttare al meglio le dinamiche di relazione tra gli individui, e tra
l'individuo e la banca, è necessario in definitiva per poter “trasferire” in capo a chi
riceve il prestito parte degli oneri relativi al controllo che solitamente andrebbero in
capo all'istituto di credito e fare sì che i clienti si controllino l'un l'altro sanzionando
eventuali comportamenti scorretti o pericolosi.79
I meccanismi di incentivazione più diffusi possono essere suddivisi in tre grandi
categorie: i sostituti di garanzia, le garanzie reali non convenzionali e i depositi
78 I confidi sono consorzi che hanno lo scopo di facilitare l'accesso al credito alle piccole e medie imprese.79 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 88.
41

obbligatori.
Poiché il problema della garanzia in assenza di collaterali reali è il nodo gordiano
che si cerca di sciogliere con l'adozione del microcredito, nella maggioranza dei casi
sono state adottate soluzioni alternative all'ipoteca e al pegno per incentivare la
restituzione del prestito. Tali soluzioni fanno leva principalmente sulla dimensione
sociale dell'individuo, costruendo un sistema di incentivi psicologici che rendono
svantaggioso per il suo benessere e per il suo positivo inserimento nella comunità
comportarsi in maniera scorretta e non restituire del tutto o in parte il denaro
ricevuto. Per questo motivo i sostituti di garanzia funzionano particolarmente bene
nel caso di prestiti di gruppo. Tra i più utilizzati troviamo:
• la selezione accurata del cliente – viene effettuata attraverso la valutazione
delle sue caratteristiche personali e della sua affidabilità nei rapporti
commerciali;
• la garanzia di gruppo ad adesione obbligatoria – il gruppo fornisce servizi di
controllo fra pari (peer pressure o peer monitoring), che nei paesi in via di
sviluppo sono ancora molto efficaci in quanto reputazione e senso dell'onore
sono ancora valori di estrema importanza. Inoltre, la contiguità sociale e
geografica dei prestatari rende facile per loro controllarsi a vicenda e
sanzionare eventuali comportamenti individuali che potrebbero mettere a
repentaglio il futuro accesso al credito dei membri della comunità. Questa è
di fatto una esternalizzazione di servizi: poiché sarebbe decisamente troppo
oneroso e difficile per la banca controllare da vicino ogni cliente, essa delega
questo compito ai clienti stessi fornendo loro un incentivo, l'eventuale
sospensione del credito, a comportarsi bene e a spingere gli altri a fare
altrettanto;
• i co-firmatari – è un tipo di garanzia personale analogo a quella relativa al
sistema bancario tradizionale, viene talvolta utilizzata per i prestiti
individuali. È molto utile perché avere un co-firmatario implica un debito
con un conoscente in caso di default ed è un forte stimolo a comportarsi
diligentemente; un suo svantaggio è che in contesti di povertà può rivelarsi
42

assai difficile trovare qualcuno disposto a garantire debiti altrui;
• contatti frequenti con l'addetto al credito – assicurano l'effettiva
comprensione del funzionamento del prestito e contribuiscono alla creazione
di un rapporto di fiducia reciproca aumentando quindi il costo psicologico di
un comportamento scorretto da parte del cliente;
• pagamenti ravvicinati – rate mensili o settimanali, in alcuni casi anche più
frequenti, in modo da mantenerne basso l'importo e non sovraccaricare il
debitore sotto il profilo economico ma neanche sotto quello psicologico;
• incontri di gruppo – migliorano la conoscenza reciproca dei clienti e
dell'istituzione, monitorano l'andamento dei prestiti e favoriscono lo scambio
di esperienze utili. Nei casi più virtuosi possono essere tenuti brevi corsi di
management o di altro tipo, utili per la corretta gestione del business e del
prestito. Questo è un aspetto da non sottovalutare in quanto sovente la
restituzione è messa in crisi non dalla cattiva volontà, ma dalla scarsa
preparazione imprenditoriale del soggetto;
• ripetibilità del prestito – si tratta di un aspetto fondamentale perché la
subordinazione delle seguenti erogazioni alla restituzione della prima
rappresenta un forte incentivo per chi non ha altre possibilità di ampliare la
propria base economica. Ha anche una forte valenza “didattica” in quanto
permette ai richiedenti di abituarsi a gestire somme sempre maggiori, come
in una palestra in cui si aumenta il carico di sforzo in modo progressivo. É il
più utilizzato dei sostituti di garanzia perché efficace e assai semplice da
implementare: Grameen ne ha fatto la base del suo sistema dopo le
modifiche apportate nel 2002,80 ed anche nel metodo di Insiemepercaso
questo aspetto è tutt'altro che secondario. Il primo prestito concesso, infatti, è
di soli 100.000 Kwacha81: un importo ridotto che serve per verificare l'onestà
e l'affidabilità del cliente e iniziare un percorso di crescita che
auspicabilmente durerà nel tempo.
Le garanzie reali non convenzionali, dette anche collaterali alternativi o nozionali,
80 M. Yunus, Un mondo senza povertà, cit. , pp. 73 – 78.81 1 Kwacha equivale a 0,000156 € – cambio del 10 Giugno 2010.
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sono invece garanzie reali che però non vengono considerate tali dal sistema
bancario in quanto il loro valore di mercato è inferiore all'importo del prestito. Può
trattarsi di scorte di magazzino, gioielli, arredi o beni di qualsiasi altro tipo. Una
istituzione che utilizza questo sistema è FINCA, che è presente anche in Kosovo
dove fra i propri clienti annovera numerosi tassisti, dei quali accetta come garanzia
la vettura che usano per il lavoro: pur essendo di solito di scarso valore monetario,
ha un elevato valore di utilizzo per il cliente in quanto è la sua unica fonte di reddito
e funziona quindi come incentivo ad impegnarsi nel pagamento.82 Tradizionalmente
anche i monti di pietà83 si avvalgono di questo tipo di garanzia in quanto a fronte del
denaro prestato prendono in pegno oggetti che hanno prevalentemente un valore
affettivo per il cliente. Questo sistema è quindi usato da secoli ma ha alcuni difetti,
quali l'impossibilità di recuperare il denaro in caso di insolvenza del debitore e
talvolta la difficoltà nell'attestare l'effettivo valore del pegno per il cliente.
Infine, i depositi sono la naturale garanzia dei prestiti, dato che offrono sicurezza
all'istituzione e capitali da investire nell'attività creditizia. Inoltre, tendono ad
eliminare il conflitto di interessi tra cliente e prestatore perché se l'istituzione ha
problemi finanziari questo può mettere a repentaglio la sicurezza del denaro versato;
ciò deve incentivare i clienti a comportarsi diligentemente per difendere i propri
stessi interessi. La Grameen Bank da anni richiede alla propria clientela di versare
in deposito una percentuale del prestito ricevuto proprio per questo motivo e questo
è uno dei fattori della sua buona riuscita e crescita nel tempo: infatti, svolgendo
un'attività di raccolta fondi l'istituzione non solo rafforza il sistema di incentivi a
restituire il denaro, ma accede ad una ricca fonte di finanziamento. Non ultimo, la
raccolta di depositi svolge una importante opera di “educazione al risparmio” nei
confronti dei clienti, i quali si abituano all'idea di fare accantonamenti per il futuro.84
Nonostante i vantaggi siano evidenti e comprovati dai casi di successo, poche IMF
praticano questa attività: essa infatti viene spesso percepita come separata rispetto
82 L. Becchetti, op. cit. , p. 61.83 Vedi infra, p. 20.84 E. Isaia, Il processo creditizio e le garanzie, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 181.
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all'erogazione di credito, oltre a comportare un adeguamento strutturale
dell'istituzione che non sempre è di agevole attuazione, specialmente nelle fasi
iniziali dell'attività quando il numero di clienti è esiguo e non giustifica tale sforzo.
Le normative bancarie infatti impongono ormai ovunque precisi requisiti da
rispettare per avere il permesso di raccogliere depositi legalmente; questo pone un
freno al diffondersi di tale attività.85
2.5.4. La scelta dei tassi di interesse
Un altro problema rilevante riguarda la fissazione del prezzo del credito, che
equivale a dire l'interesse. L'importanza di questo aspetto risulta evidente: il tasso di
interesse infatti ha un potente effetto di selezione della clientela oltre ad essere un
fattore determinante della capacità dell'iniziativa di autosostenersi. Il suo valore
dovrebbe essere abbastanza alto da coprire tutti i costi, ed è solitamente funzione di
quattro fattori principali: il costo di provvista delle risorse; i costi operativi e le
spese amministrative; il livello di accantonamento per ammortizzare il rischio di
perdite su crediti e infine, il livello di remunerazione del capitale desiderato. Il peso
relativo di ognuno di questi fattori dipende ancora una volta dal tipo di istituzione e
dalla sua strategia: una ONG non si preoccupa di assicurare una resa al capitale
apportato mentre lo stesso non vale per una banca. Nel caso del microcredito poi i
costi operativi sono molto più alti rispetto al credito convenzionale perché ogni
prestito comporta il sostenimento di un ammontare di costi fissi, la cui incidenza sul
totale è minore se il numero di prestiti è ridotto. Ne consegue che maggiore è il
numero di prestiti fatti, maggiore è il livello dei costi che si devono sostenere a
parità di importo totale prestato.
Per definizione, facendo microcredito si concedono prestiti di basso importo quindi
il costo medio di ognuno di essi è relativamente elevato. Inoltre, i costi operativi
delle istituzioni di microfinanza sono più elevati anche a causa dei servizi di
consulenza generalmente necessari ad una clientela spesso analfabeta o comunque
inesperta in materia di rapporti con istituti di credito e di gestione finanziaria; anche
85 M. Yunus, Un mondo senza povertà, cit. , p. 84.
45

il costo di provvista tende ad essere elevato qualora il capitale non sia apportato a
fondo perduto per via della elevata percezione di rischiosità che ne hanno gli
investitori. A questo va aggiunto il fatto che spesso si opera in aree rurali in cui la
popolazione è dispersa, in cui la difficoltà di stabilire un contatto con i potenziali
clienti è alta per motivi psicologici e sociali oltre che geografici; vincere la
diffidenza e, nel caso delle donne, le barriere sociali rappresenta un costo che
sovente risulta essere notevole, senza considerare che bisogna dedicare molto tempo
ed energie ad ogni singolo cliente oltre che al personale, che necessita di una
formazione adeguata alle particolari condizioni di lavoro.86
Per questi motivi, anche nelle istituzioni più efficienti e consolidate come BRAC o
Grameen, difficilmente i costi operativi scendono al di sotto del 25% del portafoglio
prestiti.87 Questi problemi si traducono in pratica nella fissazione di tassi di interesse
che possono facilmente superare il 30% ; le organizzazioni che puntano alla
sostenibilità possono arrivare a chiedere il 90% per coprire i costi.
Di fronte ad un simile quadro è difficile non porsi un quesito etico: è accettabile far
pagare ad un nullatenente un interesse tanto elevato quando un appartenente al ceto
medio può avere lo stesso servizio a prezzi nettamente inferiori? Questa è una
domanda che non ha una risposta univoca, anche in virtù della diversa ottica con la
quale si può guardare al problema e agli obiettivi che ci si prefiggono. Se si cerca la
sostenibilità, che è certo un obiettivo encomiabile, si deve fare in modo di coprire le
spese e l'unica via sicura è fissare un elevato prezzo del credito. Se si ha come
obiettivo il raggiungimento del maggior numero di clienti possibile, sarà
probabilmente necessario fissare un basso livello dei tassi in modo da attrarre un
numero maggiore di persone anche tra i soggetti economicamente più deboli. La
posizione attualmente dominante privilegia la sostenibilità, ritenendo che il vero
nemico sia l'esclusione finanziaria e che per combatterlo efficacemente le istituzioni
di microfinanza devono essere il più possibile solide,88 tuttavia il consenso sulla
86 M. Yunus, Il banchiere dei poveri, cit. ; cfr. inoltre P. De Vincentiis, op. cit. , p. 55.87 P. de Vincentiis, Il pricing dei microprestiti, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 209.88 Questo assunto va in realtà scomposto distinguendo i contesti poveri da quelli industrializzati, nei quali
la piena sostenibilità si è finora rivelata irraggiungibile per cause economiche strutturali; per ulteriori approfondimenti vedi infra, pp. 53 – 58.
46

questione è tutt'altro che unanime.
Un discorso a parte va fatto per le IMF operanti nei paesi occidentali, che per vari
motivi non riescono a portare i tassi ad un livello che consenta di coprire i costi per
una serie di fattori strutturali: limiti legislativi all'ammontare degli interessi, come
accade ad esempio in Italia ed in Francia, barriere ideologiche o etiche che portano
a ritenere immorale fissare tassi di molto superiori a quelli chiesti dalle banche, o
semplicemente la forte concorrenza. Nei paesi industrializzati, infatti, il piccolo
credito al consumo è un mercato vasto e profittevole in cui opera un grande numero
di aziende specializzate: tale concorrenza spinge potentemente verso il basso il
livello dei tassi.89
Un altro aspetto determinante è la struttura del prestito poiché essa incide
indirettamente sul suo costo per il richiedente e, di conseguenza, sulla sua resa per il
prestatore: variazioni nella sua durata complessiva e nella modalità di rimborso
possono fare una grande differenza. Ad esempio, la previsione di un periodo di
preammortamento o “periodo di grazia” di alcuni mesi, durante i quali il pagamento
delle rate è sospeso, può essere di vitale importanza per consentire al cliente di
recuperare il capitale investito, specialmente in certe categorie professionali.90
Inoltre, a parità di importo un prestito dalla durata maggiore è meno oneroso di uno
dalla durata inferiore. La restituzione di un microprestito si articola usualmente in
una serie di scadenze brevi; questo è fortemente preferibile in quanto esse
permettono di monitorare con facilità la restituzione e non pongono grossi problemi
di gestione finanziaria ad un individuo che probabilmente non ha mai avuto in mano
una somma di denaro. Si tratta di un aspetto di non secondaria importanza perché
non di rado gli individui al loro primo prestito sono tentati di utilizzare il denaro per
acquistare beni di consumo, ancorché di primaria necessità,91 piuttosto che investirlo
in un'attività produttiva ritrovandosi in questo modo nell'incapacità di onorare il
89 Ibidem, p. 209.90 È il caso ad esempio degli investimenti agricoli, che hanno tempistiche di ritorno rigidamente vincolate
ai cicli di semina e raccolta; lo stesso vale per i produttori di tappeti, molto diffusi in Asia, che hanno bisogno di molto tempo per ultimare e vendere la loro merce.
91 È il caso di alcuni clienti del progetto esaminato nel presente elaborato, i quali sono andati in bancarotta per avere acquistato cibo con i soldi ricevuti. Sebbene esso sia un bene dall'importanza irrinunciabile, è evidente come questo comportamento possa compromettere le prospettive future di migliorare la propria situazione barattandole con un beneficio immediato ma di breve durata.
47

debito, e di conseguenza perdono l'accesso al credito futuro. Nel caso di nuovi
clienti, poi, una restituzione in piccole rate frequenti assicura un processo di
progressiva conoscenza reciproca e di fiducia, che pongono solide basi per
l'evoluzione del rapporto di affari, in virtù delle quali chi abbia rimborsato per
intero il prestito avrà poi accesso a condizioni migliori e cifre più elevate.
2.5.5. La sostenibilità del progetto
Quello della sostenibilità è un argomento di per sé abbastanza vasto e sfaccettato da
meritare una trattazione a parte: ai fini del presente elaborato preme essenzialmente
sottolineare come tendenzialmente tutte le organizzazioni che praticano la
microfinanza puntino alla sostenibilità, sebbene soltanto un numero ristretto di
queste, specialmente nei paesi ricchi, riesca effettivamente a raggiungerla. La
maggior parte delle istituzioni dipende dalle donazioni e dai prestiti agevolati di enti
pubblici, in misura variabile a seconda del profilo giuridico ed organizzativo
dell'istituto.92
È interessante notare la contraddizione tra la natura spiccatamente “mercatista” del
microcredito, che ha come obiettivo immediato il sostegno e lo sviluppo della
microimpresa e quindi a livello aggregato del mercato stesso, e le difficoltà
incontrate dalle istituzioni che lo praticano nel coprire i costi rispettando le regole
della concorrenza. La contraddizione in realtà è solo apparente per due ordini di
motivi: il primo è di tipo economico, in quanto il livello medio dei costi affrontati
svolgendo questo tipo di attività è maggiore di quello tipico del credito
convenzionale per i motivi già spiegati in precedenza. Questo rende più difficile per
il business raggiungere la “velocità di fuga” sufficiente a sganciarlo da aiuti e
finanziamenti agevolati di vario tipo. Il secondo aspetto da considerare è di ordine
etico: essendo il microcredito percepito tuttora più come una forma evoluta di lotta
alla povertà che come una forma evoluta di business, da un lato gli investitori sono
riluttanti ad affidare a progetti di questo tipo le loro risorse se non in un'ottica
92 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 248.
48

filantropica; dall'altro, un grande numero di ONG, associazioni e istituzioni non
finanziarie di vario tipo hanno avviato progetti che prevedono la concessione di
piccoli prestiti allo scopo di combattere la povertà. Per loro natura, queste istituzioni
non hanno interesse ad avere un ritorno economico che copra tutti i loro costi,
essendo basate in larga parte su lavoro volontario e fondi apportati a titolo gratuito
da donatori.
A questo punto dobbiamo chiederci: tra il microcredito gestito a scopo di profitto e
quindi finanziariamente sostenibile e quello invece che poggia sulle spalle della
benevolenza dei donatori quale modello funziona meglio, cioè raggiunge con i suoi
prestiti il maggior numero di poveri aiutandoli ad aumentare i loro redditi? La
risposta è da tempo oggetto di dibattito scientifico, a causa della complessità della
relazione tra la sostenibilità e la capacità di alleviare le situazioni di povertà:
secondo molti ricercatori la sostenibilità finanziaria è un requisito fondamentale non
solo per la prosecuzione dell'attività, ma perfino perché l'attività stessa possa essere
efficace, come a dire che solo un meccanismo che sia pienamente inserito nel
sistema di mercato può sostenere la crescita di quest'ultimo in modo genuino e non
artificioso. Secondo questa tesi, diffusasi durante gli anni Ottanta del XX secolo, le
istituzioni di microfinanza che rispettano i principi bancari sarebbero anche quelle
maggiormente in grado di alleviare la povertà:93 questa considerazione si basa
sull'idea che, se la domanda di servizi di microfinanza è inelastica94 allora le
istituzioni che forniscono tali servizi possono permettersi di praticare tassi
compatibili con il perseguimento dell'equilibrio di bilancio. Il CGAP è uno dei più
autorevoli sostenitori di questa posizione, avendo più volte affermato che
un'istituzione che voglia essere longeva ed efficace nel combattere la povertà non
possa praticare prezzi che non le consentano di coprire i costi,95 e che eventuali
sussidi devono solo sostenere la fase di avvio del progetto.
93 J. Morduch, The Microfinance Schism, in “World Development”, vol. 28(4), 2000, p. 617; cfr. anche D. Hulme, P. Mosley, Finance against poverty, London, Routledge, 1996.
94 In economia la domanda di un bene si definisce inelastica se cambia poco o per nulla al variare del suo prezzo.
95 Consultative Group to Assist the Poor, Donor guidelines on Good Practice in Microfinance, Washington D.C. , CGAP, 2004, p. 1.
49

Tuttavia, come hanno efficacemente sottolineato Cull, Morduch e Demirgüç-Kunt,96
la relazione tra sostenibilità finanziaria ed impatto sociale è piuttosto complessa e
comporta dei tradeoff difficili da rilevare e quantificare. In particolare, questi due
obiettivi possono entrare in conflitto tra loro nel momento in cui l'autosufficienza
diviene un vincolo che condiziona il processo di selezione dei clienti, la fissazione
degli importi concessi, la definizione dei tassi di interesse e in generale delle
politiche “aziendali” ; tutto questo ha una ricaduta evidente sul beneficio che i
clienti possono ottenere dal rapporto con l'istituzione.
Il riconoscimento dell'esistenza di questi trade-off ha portato ad una frattura tra
coloro che ritengono prioritario privilegiare l'aspetto sociale dell'attività e coloro
che invece mettono al primo posto la capacità di stare nel mercato, quindi la
sostenibilità.
I primi, detti anche welfaristi, mettono in guardia da una eccessiva
commercializzazione della microfinanza, ricordando come i cosiddetti “poveri”
siano in realtà un gruppo eterogeneo e segmentabile di ogni società: se la
sostenibilità implica l'esclusione della fascia più povera in assoluto perché troppo
rischiosa, il prezzo da pagare per l'autosufficienza è molto alto ed è lo snaturamento
dei fini originari dell'iniziativa.97 Per fare un esempio concreto di politica di
selezione della clientela “diretta verso il basso”, si ricorda come nel sistema
Grameen avere più di mezzo acro di terra sia motivo di esclusione dal prestito.
Coloro che privilegiano la sostenibilità, detti anche istituzionalisti, osservano d'altro
canto che le istituzioni che riescono ad autosostenersi sono quelle che, secondo le
statistiche, raggiungono un maggior numero di clienti e quindi quelle che hanno un
maggiore impatto positivo sul tessuto sociale.98
Secondo il Microbanking Bulletin99 del 2008, i due terzi delle istituzioni considerate
per le quali si aveva un set di dati completo e attendibile possedevano la capacità di
96 R. Cull, A. Demirgüç-Kunt, J. Morduch, op. cit. , p. 5.97 Per approfondimenti, cfr. J. C. Brau & G. M. Woller, Microfinance Institutions: A Comprehensive
Review of the Existing Literature and an Outline for Future Financial Research, Brigham Young University Press, Brigham, 2003.
98 Daniele Ciravegna, Il ruolo e le problematiche del microcredito e della microfinanza nell'economia moderna, in D. Ciravegna e A. Limone (a cura di), op. cit. , p. 24.
99 MIX, Microbanking Bulletin n. 16, Washington, 2008, 38. Il Microbanking Bulletin è una pubblicazione periodica prodotta dal MIX.
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autosostenersi: esse avevano in genere più di otto anni di vita, adottavano un
sistema di prestito individuale ed avevano un alto numero di clienti e di prestiti in
portafoglio. Tra tutte le istituzioni considerate, invece il tasso scende di molto, fino
a circa la metà;100 la cosa non dovrebbe sorprendere alla luce delle considerazioni
sopra riportate riguardo la presenza di ONG e organizzazioni di solidarietà.
Uno studio recente, basato su un campione di 124 istituzioni distribuite in 49 paesi,
ha mostrato come quelle che presentano migliori performance economiche siano
caratterizzate da un sistema di prestito individuale, un portafoglio di clienti in cui
sono mediamente meno numerose le donne e gli individui appartenenti alla fascia
più povera della popolazione; i loro clienti hanno un reddito di partenza
relativamente elevato, vicino alla soglia considerata di povertà.101
Questi dati sembrano segnalare che la microfinanza stia attraversando un processo
di mission drift, che potremmo tradurre con “cambiamento di identità” e significa
sostanzialmente che in base all'importanza che l'istituzione dà alla sostenibilità
finanziaria, essa può scegliere di includere quote inferiori di persone estremamente
indigenti tra la sua clientela. Di conseguenza, una istituzione che ricerca la
sostenibilità tende ad allontanare almeno una parte di coloro che sono più bisognosi,
per rivolgersi invece a soggetti più abbienti e profittevoli: questo è un terreno
decisamente delicato in quanto tradisce apparentemente lo scopo dello strumento
creando una fascia di individui non bancabili perfino per il microcredito. Dovrebbe
quindi risultare evidente la necessità di approntare strumenti sempre più raffinati di
analisi e gestione della performance, e di stabilire criteri operativi precisi insieme ad
indicatori adatti a controllare la loro applicazione. Questo appare tanto più difficile
quanto più si prende atto del fatto che non esistono due istituzioni di microfinanza
che operano nello stesso modo, a causa di fattori esogeni quali l'ambiente
geografico, sociale, istituzionale, economico e legislativo, e fattori endogeni come
la professionalità dello staff, la filosofia e il sistema di incentivi utilizzato
100 Per l'esattezza, 381 su un totale di 640 nel mondo.101 R. Cull, J. Morduch e A. Demirguc-Kunt, Financial Performance and Outreach: A Global Analysis of
Leading Microbanks, Policy research working paper WPS3827, Sito web della Banca Mondiale, <http://econ.worldbank.org/external/default/main?pagePK=64165259&piPK=64165421&theSitePK=469372&menuPK=64166093&entityID=000016406_20060124163013>, consultazione del 10 Maggio 2010.
51

dall'organizzazione; il modo in cui questi fattori si combinano fra di loro incide
profondamente sulle dinamiche sottostanti i trade-offs tra risultati sociali e
finanziari. Da ciò deriva che non in tutti i contesti può essere possibile raggiungere
un bilanciamento considerato ottimale fra le diverse esigenze.
Un esempio molto interessante a tale proposito è quello della Bangladesh Rural
Advancement Committee (BRAC),102 che in Bangladesh attua una segmentazione
del proprio target, suddividendolo in diversi livelli di povertà che vengono gestiti in
modo differente per minimizzare il rischio del mission drift. A questo scopo,
all'unico programma originario è stato affiancato in seguito un altro dedicato ai più
poveri che non riuscivano ad accedere al primo: utilizzando un livello minore di
finanziamenti a fondo perduto per finanziare il primo ed un livello maggiore per il
secondo è possibile tenere distinte le due attività ed ottimizzare l'utilizzo dei sussidi
e delle donazioni.
Parlando di ottimizzazione, appare quindi importante soffermarsi sul problema
dell'efficienza: come ha sottolineato103 l'ILO104 nel 2007, data la enorme variabilità
dei contesti in cui si pratica la microfinanza, l'efficienza con cui sono utilizzati i
fondi potrebbe essere il migliore indicatore di come si sta lavorando, specie se si
tiene in considerazione la difficoltà di raggiungere l'autosufficienza da un lato e di
misurare la performance sociale dall'altro. Tra l'altro, si rileva una certa scarsità di
studi sull'effetto del microcredito sul tessuto socioeconomico. Di recente la
situazione è migliorata, ma ancora molto resta da fare su questo fronte: ad esempio,
una efficace e corretta opera di valutazione dell'attività delle varie organizzazioni
102 La BRAC è una banca che, nata nel 1972 come programma di sostegno alla popolazione duramente provata dalla guerra di indipendenza, ha saputo sfruttare le opportunità presenti per crescere fino ad diventare una figura di rilievo nel paese. Nel tempo la sua offerta di servizi si è ampliata fino a comprendere programmi sanitari, di credito, di assicurazione e formazione sempre mirati ai settori più deboli della popolazione. Sito web del Global Development Research Center, <http://www.gdrc.org/icm/brac.html>, consultazione del 17 Maggio 2010.
103 Per approfondimenti, cfr. Bernd Balkenhol, Microfinance and public policy: Outreach, performance and efficiency, Geneva, ILO, 2007; A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 146.
104 L' International Labour Office (ILO) è una organizzazione internazionale con sede a Ginevra. Fondata nel 1919 all'indomani della Prima Guerra Mondiale, ha lo scopo di promuovere la giustizia sociale la quale, nella visione dei fondatori, è presupposto indispensabile per una pace duratura. Le aree di interesse dell'organizzazione sono la regolamentazione delle ore e delle condizioni lavorative, tra cui il salario e l'ambiente di lavoro, la tutela di donne e bambini dallo sfruttamento, la promozione della formazione professionale e del diritto di libera associazione dei lavoratori. Sito web dell'International Labour Office, About the ILO, <http://www.ilo.org/global/About_the_ILO/Origins_and_history/lang--en/index.htm>, consultazione del 02 Giugno 2010.
52

potrebbe essere utilizzata per assegnare sussidi mirati a quelle che lavorano meglio.105
Considerando invece l'efficienza, dal punto di vista strettamente economicistico
essa non è altro che la minimizzazione dei costi a parità di output o di
massimizzazione dell'output a parità di costi. Una istituzione che operi in un
contesto molto difficile, caratterizzato ad esempio da bassa densità abitativa,
situazione di grande povertà, applicando tassi di interesse elevati e con uno staff
retribuito relativamente meno di altre istituzioni è certamente vicina alla soglia delle
sue possibilità, possiamo quindi senz'altro ritenerla una organizzazione efficiente.
Essa potrebbe tuttavia non riuscire a raggiungere l'indipendenza finanziaria, al
contrario di altre che, pur essendo magari meno efficienti, operano in contesti più
vantaggiosi, ad esempio caratterizzati da una maggiore domanda di credito e minore
povertà.
L'efficienza operativa è dunque determinata da diversi fattori, quali la capacità di
assorbimento di debito da parte del target servito, le caratteristiche del contesto in
cui si lavora, il costo dello staff e il suo livello di produttività: poiché alcuni di
questi fattori non sono sotto il controllo dell'istituzione, nella valutazione del suo
operato dovrebbe essere privilegiata l'efficienza piuttosto che la semplice
autosufficienza finanziaria. Quest'ultima infatti potrebbe condannare al fallimento
iniziative che non riescono a reggersi sulle proprie gambe ma hanno una positiva
ricaduta sociale e invece premiare istituzioni che coprono bene le spese ma
beneficiano scarsamente la collettività.
Analizzando più nel dettaglio il concetto di sostenibilità, occorre specificare e
definire alcuni sottoinsiemi che possono aiutare a comprendere i termini del
problema. In generale, il grado di sostenibilità viene calcolato nel modo seguente:
% Sostenibilità=RicaviCosti
∗100
105 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 150 e segg.
53

A seconda del tipo di informazioni che si desidera ottenere si opera una scelta dei
fattori da includere nelle si voci di costo e di ricavo; se si inseriscono nella voce
“ricavi” tutte le voci di entrata che figurano in bilancio, anche quelle relative alle
donazioni, si parla di sostenibilità operativa lorda: essa non indica altro che la
possibilità di sopravvivenza nel breve periodo.
Se tra i ricavi si considerano solo gli interessi su prestiti ma non le donazioni
ricevute si parla di sostenibilità operativa netta; se poi tra i costi inseriamo tutti i
fattori produttivi impiegati nell'attività (capitale, lavoro, beni intermedi) anziché
solo le spese correnti, la formula sopra riportata calcolerà la sostenibilità piena.
Essa è la misura in cui un'istituzione è effettivamente in grado di camminare sulle
proprie sole gambe, operando nel mercato come una qualsiasi azienda: è una misura
assai più stringente ed utile rispetto alla prima per formulare un giudizio sullo stato
di salute complessiva di una IMF.106
Talvolta ci si riferisce alla sostenibilità finanziaria anziché alla sostenibilità piena: la
differenza sta nel fatto che la prima considera tra i costi soltanto quelli direttamente
legati all'attività finanziaria, come gli importi erogati, piuttosto che quelli indiretti,
come i beni capitali quali gli immobili; la ragione di ciò sta nel fatto che spesso
questi ultimi sono conferiti a titolo gratuito o comunque a condizioni vantaggiose
per cui sono fuori da una logica di tipo commerciale.
La sostenibilità operativa è il requisito minimo essenziale per garantire la continuità
dell'operato; un suo valore inferiore a 100% implica infatti la riduzione progressiva
delle risorse a disposizione, la quale senza un inversione di trend porta
inevitabilmente alla cessazione dell'attività dopo un certo intervallo di tempo. La
sostenibilità finanziaria rappresenta invece il grado in cui i ricavi coprono i costi al
netto delle donazioni ricevute, quindi delle risorse il cui afflusso è più difficilmente
controllabile e prevedibile.107 Per calcolare questo parametro occorre anche
correggere il valore dei ricavi rimuovendo l'effetto di tutte le distorsioni del mercato
come agevolazioni fiscali, sconti e sussidi di ogni tipo.
106 Daniele Ciravegna, op. cit. , p. 27.107 Ibidem, p. 32.
54

2.6. Il microcredito nei paesi industrializzati
Pensare alla microfinanza come a qualcosa che esaurisce nell'ambito dei paesi in via
di sviluppo la sua efficacia e la sua ragione di esistere è fuorviante: perché pratiche
creditizie o di risparmio di stampo relazionale esistono da tempo immemore anche
nel ricco Occidente, e perché anche nei paesi più opulenti esiste in maniera sempre
più grave il dramma della povertà e dell'esclusione sociale che spesso vi si
accompagna. Secondo la Commissione Europea il 16% circa della popolazione
europea era a rischio povertà nel 2005, l'ultimo anno per cui si possiedono dati
elaborati; negli USA si parlava nel 2008 di circa il 13,2% dei cittadini. Si tratta di
78 milioni di persone nel primo caso, di circa 40 nel secondo.108
La principale causa di povertà nei paesi sviluppati è la disoccupazione, cui è più
difficile rimediare in contesti economici complessi e diversificati a causa degli alti
costi che comporta l'avvio di una attività o l'assunzione di lavoratori. Si crea così
una sorta di “effetto soglia” per cui il capitale necessario è nettamente più elevato
rispetto a situazioni analoghe in paesi in via di sviluppo. Questo probabilmente ha
rallentato lo sviluppo del microcredito nelle nazioni più ricche rispetto alla sua
velocità di propagazione nei paesi del sud del mondo; ciò nonostante, grazie ai
successi ottenuti nei contesti più poveri e di fronte a tensioni economiche e sociali
sempre maggiori, in Europa e in America Settentrionale la funzione sociale della
microfinanza è ormai ampiamente riconosciuta: negli Stati Uniti opera da decenni
un gigante del microcredito come ACCION International,109 oltre ad un cospicuo
numero di altre istituzioni più o meno grandi fra cui una filiale della bengalese
Grameen Bank.
108 E.U. The European Anty-poverty Network, Poverty: facts and trends, Sito web dell'EAPM, <http://www.eapn.org/index.php?option=com_content&view=article&id=57&Itemid=55&lang=en#anchor1>, consultazione del 13 Maggio 2010; U.S. Census Bureau, Poverty: 2008 Highlights, Sito web dell'U.S. Census Bureau, <http://www.census.gov/hhes/www/poverty/poverty08/pov08hi.html>, consultazione del 13 Maggio 2010.
109 La filiale nordamericana dell'organizzazione, ACCION USA, è stata fondata nel 1991 e fino ad oggi ha distribuito 117 milioni di dollari di prestiti, che salgono a 272 se si considera l'intero network U.S. ACCION, di cui essa è parte. Sito web di ACCION USA, About ACCION USA, <http://www.accionusa.org/home/support-u.s.-microfinance/about-accion-usa/who-we-are.aspx>, consultazione del 14 Maggio 2010.
55

Per quanto riguarda l'Europa, sotto l'egida del Fondo di Investimento Europeo110 è
stato lanciato nel 2000 il programma Microcredit Guarantee Window, attraverso cui
il fondo garantisce in parte i prestiti effettuati da istituzioni di microfinanza
sobbarcandosi una quota di rischio e ampliando così le possibilità di accesso al
credito. Nel 2008 è stato poi avviato il programma Jasmine che, grazie all'attività di
concertazione tra Commissione Europea, Banca Europea di Investimento e Fondo di
Investimento Europeo, fornisce sostegno finanziario alle istituzioni di microfinanza
attraverso l'erogazione di contributi e garanzie. Da notare che tutte queste iniziative
europee non interagiscono direttamente con il tessuto delle imprese ma si
interfacciano esclusivamente con le istituzioni finanziarie e di credito. La
Commissione Europea ha anche dato sostegno attivo alla creazione dello European
Microfinance Network, una ONG fondata per impulso dell'Association pour le Droit
à l'Initiative Economique (ADIE),111 dell'inglese New Economics Foundation (NEF)
e della tedesca Evers & Jung che vuole essere una sorta di collettore di informazioni
e organo di promozione delle attività di microfinanza attraverso il continente.
Il settore della microfinanza europea è composto da una varietà di attori, con una
prevalenza delle ONG, che rappresentano il 28% delle IMF, e delle fondazioni
(26%); a seguire troviamo gli enti pubblici, soprattutto quelli locali, le istituzioni
finanziarie di tipo non bancario e le banche e casse di risparmio. L'utilizzo di una
forma organizzativa e legale piuttosto che un'altra dipende in gran parte dai requisiti
previsti dalla legge, che possono essere diversi da uno stato all'altro.
La tipologia di prestito è l'aspetto in cui si marca la maggiore distanza tra il
microcredito “dei ricchi” e quello “dei poveri”: infatti, l'ammontare del
microprestito medio in Europa nel 2007 era di circa 11.000 Euro; una cifra molto
110 Il Fondo di Investimento Europeo, la cui proprietà è suddivisa tra la Banca di Investimento Europea che ne detiene la quota di controllo, la Commissione Europea e trenta istituzioni finanziarie europee, ha il generico compito di sostenere gli obiettivi di sviluppo economico fissati dall'Unione attraverso la garanzia e l'emissione di prestiti e la gestione di asset finanziari. Si veda in proposito: U.E. Fondo di Investimento Europeo, Statutes of the European Investment Fund, 30 Novembre 2007, Sito web del Fondo di Investimento Europeo, <http://www.fei.europa.eu/news_centre/publications/statutes.htm>, consultazione del 14 Maggio 2010.
111 L' Association pour le Droit à l'Initiative Economique è l'istituto fondato nel 1989 da Maria Nowak, pioniera del microcredito in Europa, per cercare di adattare il sistema dei microprestiti alla realtà francese. Nel corso della sua attività ha concesso più di 82000 prestiti. ADIE, Quis sommes-nous?, Sito web di ADIE, <http://www.adie.org/reseau/connaissance.php>, consultazione del 14 Maggio 2010.
56

lontana dalla media mondiale che nello stesso periodo ammontava a soli 512 Euro.112 Nella pratica, la tipologia e la mission di una istituzione influiscono molto
sull'ammontare dei prestiti: nel caso ci si concentri sul credito al consumo di
emergenza l'importo tende a diminuire, mentre nel caso di investimenti per start-up
o sostegno di attività produttive avviate è necessario mettere in campo risorse più
cospicue.
In Europa il 94% delle organizzazioni utilizza un sistema di prestito individuale,
solo il 12% adotta anche quello di gruppo, per lo più in contesti particolari. Le
ragioni sono riconducibili ad un doppio ordine di motivi di tipo socio-culturale:
intanto, la tecnica del prestito di gruppo presuppone l'esistenza di una struttura
sociale tipica delle realtà comunitarie, ovvero in cui ogni persona è legata alle altre
da legami densi e solidi derivanti da un insieme di norme, obblighi e diritti che
hanno una base nella religione, nei rapporti parentali ed etnici. Nelle società dei
paesi industrializzati e specialmente nelle aree urbane, tale requisito fondamentale è
pressoché assente. La metodologia di prestito ha subito quindi vari adattamenti e le
reti sociali su cui si fa affidamento, sia per selezionare che per supportare e
monitorare il debitore, sono le associazioni, le cooperative sociali, le parrocchie e
tutte quelle organizzazioni più o meno grandi che hanno in qualche modo una
presenza diffusa e radicata nel territorio. Questa rete di soggetti sopperisce almeno
in parte alla carenza delle garanzie tipiche del microcredito nei PVS, agendo da
filtro che seleziona e supporta i potenziali clienti nel loro rapporto con il prestatore,
di solito un istituto bancario o una società senza fini di lucro, che solitamente li
utilizza come centri di ascolto.
Inoltre, sul piano prettamente operativo ci sono grandi difficoltà nell'implementare
un sistema di prestito collettivo, in quanto la difficoltà di reperire altre persone con
esigenze di credito simili dilata grandemente i tempi di formazione di un gruppo, e
la inevitabile disomogeneità di rischio di credito, importi e servizi richiesti va a
compromettere inevitabilmente la capacità del gruppo di responsabilizzare i propri
112 La media mondiale riportata si riferisce alle istituzioni consolidate, in attività da almeno otto anni; per quelle più giovani il valore scende a 288 Euro. Su questo, si rinvia a: Microcredit Information Exchange, 2008 MFI Benchmarks, Washington, MIX, 2009.
57

membri i quali, al contrario, divengono assai refrattari all'idea di assumere una
obbligazione in solido in quanto il rischio che si assumono è significativo. Nei PVS
la grande domanda di credito e la omogeneità delle attività finanziate, e quindi degli
importi richiesti, rendono assai più facile gestire la metodologia di gruppo. Inoltre,
la maggiore complessità del sistema economico nei paesi ricchi richiede una
maggiore attenzione ai servizi di consulenza da offrire al cliente, ed anch'essi
rappresentano un costo significativo in quanto devono essere personalizzati a causa
della varietà di esigenze sopra accennata: il sostegno del gruppo non sarebbe di
aiuto in questo senso.113
Una caratteristica peculiare dei sistemi di microcredito implementati invece nei
paesi industrializzati è la presenza e l'utilizzo di database centralizzati che
contengono la storia creditizia di ogni cliente.114 Questo tipo di servizio, benché
costoso, è di indubbia utilità specialmente in contesti di tipo urbano o metropolitano
in cui è particolarmente difficile avvalersi della responsabilizzazione e del controllo
fra pari a causa della polverizzazione dei legami sociali. Inoltre, in contesti in cui
l'offerta di credito è assai sviluppata, in assenza di un tale meccanismo ci sarebbe un
forte incentivo a cercare di ottenere più soldi di quelli che si potrebbero
realisticamente rimborsare, rivolgendosi a svariati prestatori contemporaneamente.
Questo, d'altro canto, aumenta i costi che una istituzione di microfinanza deve
sostenere per lavorare in un contesto economicamente sviluppato rendendo ancora
più difficile raggiungere la sostenibilità.
Le differenze più significative tra le attività di microfinanza portate avanti nei paesi
industrializzati rispetto a quelle presenti nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo
risiedono quindi nel bacino potenziale di utenza, relativamente più ristretto a causa
della relativa facilità di accesso al credito, e nel fatto che i soggetti interessati hanno
maggiori difficoltà nell'avviare una attività a causa degli alti costi che essa
comporta. Inoltre, il numero medio di clienti per istituzione è decisamente minore e
113 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 227.114 In Italia questo servizio è fornito dal Centro Raccolta Informazioni Finanziarie (CRIF); fondato nel 1988
ha sede a Bologna. Centro Raccolta Informazioni Finanziarie, La nostra storia, sito web del CRIF, <http://www.crif.com/it/A0B5FE23-FCD7-4E3D-86A3-E891D366CD04/La-nostra-storia.pst>, consultazione del 29 Maggio 2010.
58

l'ammontare dei prestiti maggiore; i tassi di interesse sono più bassi per una serie di
motivi, tra cui la presenza di una normativa per reprimere l'usura che sovente fissa
un tetto massimo al costo dei prestiti, una maggiore offerta di credito che spinge tale
costo verso il basso attraverso la concorrenza di mercato e la percezione diffusa, sia
tra i prestatori che tra i potenziali clienti, che praticare tassi troppo alti sia
eticamente scorretto. I piani di ammortamento sono poi mediamente piuttosto
lunghi, per via della maggiore quantità di tempo necessario all'avvio delle attività
economiche, le quali sono più complesse rispetto a quelle finanziate nei PVS.
Questo riduce notevolmente la velocità di turnazione dei prestiti e richiede quindi
quantità di capitale maggiori.
Risulta fondamentale il fatto che le metodologie di prestito di gruppo abbiano
mostrato scarsa efficacia nelle aree urbane delle società industrializzate,
costringendo gli operatori a ripiegare sul prestito individuale, che richiede una
maggiore attenzione e impegno verso il singolo; ciò comporta costi aggiuntivi. La
causa del fallimento del sistema di garanzia solidale, della selezione e del controllo
tra pari è dovuta alla rottura dei legami sociali tipici delle società rurali e la grande
dispersione geografica della clientela. Questo è probabilmente il fattore di rischio
più grave per le iniziative di microfinanza nelle aree metropolitane del mondo ricco
perché fa venire meno tutto il sistema di incentivi su cui nei paesi più poveri si
regge l'intero sistema. A tale mancanza si cerca di sopperire talvolta con la
creazione di fondi di garanzia da parte di enti pubblici o fondazioni, oppure con
l'obbligo di accumulare un certo fondo di risparmio prima di poter accedere al
primo prestito o di presentare lettere di fideiussione di banche o assicurazioni. Un
altro metodo utilizzato è rendere pubblica la fase di restituzione del prestito o
cercare di creare un legame di solidarietà con l'istituzione, richiedendo l'adesione
nel caso si tratti di una cooperativa.
Un'altra differenza sostanziale tra i contesti industrializzati e quelli tipici dei paesi
in via di sviluppo, che influisce fortemente sui risultati ottenibili, è la diffusa
presenza di politiche di welfare che prevedono una serie di provvidenze pubbliche a
favore dei poveri; questo agisce come un potente disincentivo ad intraprendere
59

attività che richiedono denaro in prestito. È interessante osservare, infatti, come
nelle società più ricche il microcredito esista per iniziativa dell'offerta piuttosto che
per l'esistenza della domanda.115
Per tutti questi motivi i progetti di microcredito nei contesti economici sviluppati
trovano molto difficile o del tutto impossibile raggiungere la sostenibilità
finanziaria, diversificare il rischio e crescere dimensionalmente. Questo fa sì che la
microfinanza “occidentale” sia dominata da ONG e in generale da enti senza scopo
di lucro e sia considerata uno strumento evoluto e poco dispendioso di welfare
piuttosto che un ingranaggio importante dello sviluppo economico.
Le ricerche e i dati finora disponibili mostrano come la microfinanza nei paesi
sviluppati non abbia ancora trovato un modello prevalente o, per meglio dire, non
ha ancora trovato un proprio modello peculiare. Le sperimentazioni in corso, in gran
parte molto giovani con le autorevoli eccezioni di ACCION negli USA e dell'ADIE
in Francia, tendono tutte a prendere come propria base di partenza le esperienze di
Yunus e della Nowak, ma non hanno ancora sviluppato un framework metodologico
condiviso.
La strada verso un sistema che sia non solo più efficace nell'individuare e
raggiungere le situazioni di bisogno ma anche maggiormente integrato e quindi
coordinato con i sistemi welfaristici, i quali peraltro accusano sempre di più il peso
della scarsità di risorse, è tutt'altro che semplice da percorrere ma appare
promettente; lo è ancora di più in una contingenza economica come quella attuale,
in cui un “credit crunch” di portata globale ha creato gravi difficoltà ad intere
nazioni. Questo fatto da solo dovrebbe far capire quanto importante sia il problema
dell'accesso al credito, che quando si presenta è in grado di far vacillare chiunque,
dal ricco imprenditore fino al povero nullatenente, che spesso non ha la forza di
rialzarsi.
115 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , p. 217.
60

3. I PROBLEMI DEL CREDITO IN AFRICA: UNA
PANORAMICA
3.1. Il contesto africano
Questa panoramica risulta utile per inquadrare storicamente il contesto africano, in
modo da permettere una migliore comprensione di quanto verrà approfondito
riguardo ai problemi del credito e dei sistemi finanziari che operano in questo
continente.
L'Africa è un continente in cui si stima vivano più di 900 milioni di persone, ma
solo una frazione di queste ha accesso a servizi finanziari di base che ne potrebbero
migliorare significativamente la qualità della vita sotto il profilo economico.116
Le cause di questa situazione sono principalmente di tipo ambientale: un contesto
problematico sotto il profilo sanitario o della sicurezza, una bassa densità abitativa e
una elevata incidenza della povertà, che per una banca significano scarsità di
potenziali clienti, oltre alla diffusa presenza di normative bancarie troppo restrittive
e/o dotazioni infrastrutturali insufficienti hanno fatto lievitare oltremodo i costi
operativi impedendo agli istituti finanziari di insediarsi in aree molto vaste. Anche il
livello di efficienza della pubblica amministrazione è importante per incentivare o
disincentivare gli operatori economici di qualsiasi tipo, e quindi anche quelli
finanziari, a investire in un paese africano; ad esempio è molto importante la
capacità di garantire a tutti i cittadini la registrazione all'anagrafe e la creazione di
un sistema di identificazione univoca degli individui. In realtà, anche sotto questo
profilo molti stati africani sono carenti: nel solo Sudafrica, uno dei paesi
economicamente più avanzati del continente, ci sono almeno 1,5 milioni di persone
sprovviste di documenti di identità validi.117
Le traiettorie storiche dei paesi del continente africano sono state influenzate da una
116 Finscope Africa, Measuring Financial Access in Africa, Johannesburg, Finmark Trust, 2007, p. 2.117 Consultative Group to Assist the Poor, Use of agents in branchless banking for the poor: rewards, risks,
and regulation , Washington, CGAP, 2006, p. 10.
61

molteplicità di fattori, quali la durezza delle condizioni di vita determinate da motivi
geografici e ambientali che, per secoli, hanno dissuaso i popoli europei
dall'intraprendere attività di esplorazione nei suoi immensi territori. Sino al XV
secolo soltanto gli africani che abitavano nelle regioni costiere hanno avuto contatti
con l'esterno, principalmente per ragioni commerciali, mentre le parti interne sono
rimaste pressoché sconosciute agli occidentali fino al diciannovesimo secolo.
L'interesse degli Europei per il continente africano risale almeno al Quattrocento, e
si è evoluto di pari passo con l'espansione dei commerci marittimi verso l'estremo
Oriente. Dopo avere stabilito insediamenti commerciali in varie zone della costa
occidentale dell'Africa, nel 1507 i portoghesi occuparono l'isola di Mozambico, che
doveva servire come base per i loro traffici con le Indie Orientali; stabilirono in
seguito molti altri approdi sulla costa orientale, costruendo anche grazie ad essi un
impero mercantile senza mai però addentrarsi nell'entroterra.118
Con il passare dei secoli, le spedizioni esplorative che lentamente iniziarono a
percorrere l'interno sconosciuto del continente cominciarono ad inviare in Europa
notizie di grandi ricchezze potenziali da sfruttare, mentre le basi europee si
moltiplicavano: alla fine del XVII secolo gli olandesi avevano fondato la Colonia
del Capo, che nel 1806 fu occupata dagli Inglesi. La lenta penetrazione europea
cominciò ad accelerare durante l'Ottocento, trasformandosi in vera lotta per il
territorio alla fine degli anni Settanta.119 Nell'Africa settentrionale, la Tunisia e
l'Egitto, travolti dai debiti vennero commissariati e controllati sempre più da vicino,
al punto da arrivare lentamente a subire un controllo diretto, rispettivamente, da
parte di Francia e Regno Unito.
La conquista, molto gravosa per le potenze europee sotto il profilo economico, fu
permessa dalla superiorità tecnologica: la scoperta del chinino per la cura della
malaria che a inizio secolo aveva fatto strage di europei, e il passaggio nell'arco di
un ventennio dal moschetto al fucile a ripetizione resero economica e quindi
118 G. P. Calchi Novati, P. Valsecchi, Africa, la storia ritrovata, Roma, Carocci, 2005, p. 99 e segg.119 Risale al 1884 la Conferenza di Berlino, convocata da Bismarck per limitare i pericoli diplomatici
derivanti da una indiscriminata espansione verso nuovi territori, nella quale le potenze europee si spartirono a tavolino il continente suddividendolo in zone di influenza. Per approfondimenti si veda: John Iliffe, Popoli dell'Africa, Milano, Mondadori, 2007, p. 259.
62

conveniente l'opera di conquista, sia sotto il profilo finanziario che sotto quello del
costo in vite umane. Gli africani invece pagarono un alto tributo di sangue nei loro
scontri con gli europei: solo per citare un esempio, nel 1898 gli inglesi nella
battaglia di Omdurman in Sudan uccisero quasi undicimila nemici subendo soltanto
49 perdite.120
A monte del potenziale bellico ed economico europeo c'era anche un'altra
importante trasformazione: quella del sistema creditizio e finanziario europeo, il
quale negli anni Cinquanta e Sessanta dell'Ottocento vide una grande crescita della
base di sottoscrittori e di conseguenza lo sviluppo delle società anonime per azioni e
delle grandi banche d'affari e di deposito. La conseguenza di ciò fu un notevole
aumento della disponibilità di capitali e quindi la necessità di trovare nuovi
impieghi di investimento.
In questa dinamica si inserì il bisogno, in costante aumento, di denaro da parte dei
governi extraeuropei ed in particolare africani, le cui necessità finanziarie erano
grandi a causa della loro posizione svantaggiata nella corsa verso la
modernizzazione. Dopo i paesi dell'Europa meridionale gli investitori furono attratti
dai paesi dell'Africa mediterranea: Egitto e Tunisia ricevettero credito e
finanziamenti fino ad essere indebitati oltre ogni realistica possibilità di restituzione.121 Questo preparò la strada all'intervento dei paesi creditori che iniziarono ad
instaurare rapporti improntati ad un sempre più stretto controllo nei confronti degli
stati indebitati, che a causa di ciò videro vacillare e poi cadere la propria sovranità
nazionale.
Nonostante l'uso della tecnologia l'occupazione, il controllo e l'amministrazione di
territori tanto vasti da essere spesso più estesi della stessa madrepatria richiedeva
uno sforzo finanziario rilevantissimo: era quindi necessario costruire un apparato di
controllo il più possibile economico e fare in modo che le colonie africane
producessero reddito in quantità almeno sufficiente a coprire il loro costo. A questo
problema fu cercata una soluzione attraverso due strumenti strettamente collegati tra
120 Ibidem, p. 261.121 J. L. Miège, Espansione europea e decolonizzazione dal 1870 ai nostri giorni, Milano, Mursia, 1976,
pp. 136 – 138.
63

di loro: la produzione di materie prime per l'esportazione e l'imposizione fiscale.
Tuttavia, reperire manodopera per le attività produttive era un'attività tutt'altro che
semplice; spesso il lavoro che ad essa si chiedeva di svolgere era molto duro ed i
salari assai inferiori a quelli dei lavoratori europei:122 di qui l'esigenza dei governi
coloniali di usare forme di coercizione per obbligare al lavoro gli africani.
A questo scopo fra i primi provvedimenti fu introdotto quasi ovunque un sistema di
tassazione, che obbligasse gli uomini a cercare un lavoro salariato per permettersi di
pagare le imposte. Le prime campagne di riscossione furono condotte in modo assai
brutale, per via della grande resistenza che le popolazioni opponevano nei confronti
dell'imposizione di una pratica vessatoria che veniva loro imposta del tutto contro la
loro volontà.
Questo è uno snodo fondamentale della storia del colonialismo africano, perché
l'introduzione della tassazione è un atto di profonda sovversione dell'ordine e del
modo di vivere delle popolazioni dominate le quali nella grande maggioranza dei
casi avevano una economia non monetaria. L'introduzione della moneta, in un
sistema valutario peraltro dipendente dalle esigenze delle potenze europee e quindi
non autonomo, pose le basi di una dipendenza economica e finanziaria della quale
molti paesi africani stentano ancora oggi a liberarsi.
La tassazione costituisce un obbligo a versare denaro allo stato: per popolazioni
inserite in un sistema economico diverso da quello europeo e che sovente faceva
uso di forme di scambio non monetario, questo poneva serie difficoltà in quanto essi
dovevano procurarsi la valuta necessaria a pagare le tasse e per farlo erano costretti
ad entrare nel mercato, fornendo manodopera e prodotti all'economia coloniale:
l'imposizione fiscale nel contesto africano ha rappresentato un salto paradigmatico
che ha avuto ampia portata nel determinare il percorso di sviluppo seguito dai paesi
dell'area.123 Questo sistema portava un doppio vantaggio ai governi coloniali, che
avevano costretto in una condizione prossima alla schiavitù le popolazioni africane
abbinando il potere della moneta a quello delle armi, e contemporaneamente
122 David K. Fieldhouse, Politica ed Economia del Colonialismo 1870 - 1945, Bari, Laterza, 1995, p. 150.123 Per un approfondimento, cfr. A. Roberts, The Colonial moment in Africa: essays on the movement of
minds and materials, Cambridge University Press, 1990, pp. 77 – 190; L. H. Gann, P. Duignan, Colonialism in Africa, 1870-1960, CUP Archive, 1975, pp. 632 – 650.
64

drenavano risorse dai territori controllati sotto forma di imposte ma anche e
soprattutto di materie prime e risorse per le loro economie in fase di
industrializzazione.
Tuttavia, di rado la tassazione da sola era sufficiente e per questo quasi ovunque si
ricorse al lavoro coatto, sotto forma di obbligo dettato dalla legge a fornire una certa
quantità di lavoro gratuito allo stato coloniale, che spesso si trasformava in una
coscrizione obbligatoria, o talvolta in virtù di un contratto fra privati che poteva
arrivare a ridurre l'impegnato in semischiavitù.
Durante il periodo tra l'ultimo quarto del XIX secolo e la Seconda Guerra Mondiale
il controllo europeo sul continente africano ha raggiunto il suo apice: uno dopo
l'altro, tutti i popoli africani a eccezione della Liberia e (fino al 1936) dell'Etiopia
sono stati espropriati della propria sovranità dalle potenze straniere. Il colonialismo
ha profondamente influenzato lo sviluppo successivo dei territori e degli stati che su
di essi sono sorti nel corso dei decenni, anche dopo che il dominio coloniale era
formalmente finito.124
La volontà dei governi europei di usare i territori africani come fonti di
approvvigionamento per le necessità dei propri sistemi produttivi, oltre che come
aree riservate per i loro circuiti commerciali portò alla creazione di normative che
ponevano limiti stringenti alla libertà economica degli stati coloniali. Ad esempio, i
Navigation Acts inglesi, emanati fin dal 1651 in piena età mercantilista,
prevedevano che tutte le merci scambiate dalle colonie dovevano essere trasportate
utilizzando navi britanniche; tutte le merci da esse importate dovevano essere
prodotte in Gran Bretagna o in caso contrario transitare per le sue dogane pagando i
relativi dazi; alle colonie era anche proibito produrre o esportare determinati
prodotti, i quali avrebbero potuto fare concorrenza a quelli europei. Questo
meccanismo permetteva a commercianti, armatori e produttori britannici di fare
enormi guadagni beneficiando di una rendita di posizione garantita dalla legge,
mentre lo stato poteva tassare beni che altrimenti non sarebbero passati dalla sua
124 Sulle trasformazioni socio-culturali derivate dal periodo coloniale si vedano: A. M. Gentili, Il leone e il cacciatore: storia dell'Africa sub-sahariana, Roma, Carocci, 2008; G.P. Calchi Novati, P. Valsecchi, op. cit. , Cap. 7.
65

dogana.125 Questo sistema di regole trovò poi completamento nella fissazione di
tariffe all'importazione differenziate tra prodotti britannici e quelli di altri paesi, o
quali erano gravati da dazi più elevati per renderli meno competitivi.
Le politiche doganali adottate dalle potenze coloniali alla fine del XIX secolo
furono molto differenti tra di loro, con due tendenze opposte esemplificate dal
liberismo britannico e dal protezionismo francese. La Gran Bretagna, infatti, nel
1850 abbandonò il sistema di restrizioni instaurato con i Navigation Acts quando il
governo di Londra, a capo del paese first comer nel percorso di industrializzazione,
giunse alla conclusione che un commercio liberalizzato avrebbe giovato
maggiormente all'interesse nazionale; altrettanto unilateralmente di come le aveva
introdotte, ridusse progressivamente le restrizioni in tutte le sue colonie fino alla
loro abolizione completa nel 1882.126 Belgio e Paesi Bassi adottarono politiche
analoghe.
Francia e Germania intrapresero invece una strada differente; in Francia fino dagli
anni Settanta dell'Ottocento furono adottate misure tariffarie che favorivano i
prodotti metropolitani, tariffe che crebbero progressivamente nel decennio seguente,
proprio mentre la Gran Bretagna aveva deciso di abbattere le proprie, fino a
culminare nell'unione doganale tra la Francia e le proprie colonie le quali subirono
l'imposizione delle stesse tariffe protettive francesi senza avere però un apparato
produttivo da difendere. Da questa situazione, rimasta immutata fino al 1928,
trassero indubbio beneficio soltanto le produzioni della metropoli che ebbero facile
accesso ai mercati coloniali.127
Germania ed Italia adottarono politiche simili nell'ambito dei loro possedimenti
coloniali, sebbene in effetti il volume dei loro commerci con tali territori fosse assai
ridotto.128
Le colonie africane sono state danneggiate da queste politiche commerciali in due
modi: primo, perché la libertà di accesso dei prodotti della metropoli poneva ai
125 David K. Fieldhouse, op. cit. , p. 125.126 Il discorso è differente per i dominions britannici, i quali erano invece liberi di imporre tariffe doganali
anche nei confronti delle merci inglesi. Cfr. J. L. Miège, op. cit. p. 194 – 195.127 Cfr. J. L. Miège, op. cit. , pp. 194 – 196.128 Ibidem, p. 201.
66

produttori locali le stesse difficoltà della competizione nel mercato libero e questo
scoraggiò lo sviluppo dell'industria locale; secondo, perché le restrizioni e gli oneri
tariffari a cui erano sottoposte le importazioni verso la colonia fecero lievitare il
prezzo delle merci oltre misura.129 Questi effetti negativi vennero controbilanciati
solo nella misura in cui la potenza metropolitana assicurò quote di mercato protette
per i prodotti coloniali: questo però ha a sua volta distorto almeno in parte
l'evoluzione delle economie delle colonie, le quali sono state rigidamente strutturate
inducendone la specializzazione nelle produzioni più utili per la madrepatria.130 gli
effetti di questa conversione forzata al mercato sarebbero durati fino al ventesimo
secolo restituendo, dopo la decolonizzazione, economie inefficienti e dipendenti
dalle importazioni131 agli stati africani.
Sotto il profilo economico e industriale la maggior parte delle colonie ed ex-colonie
avrebbe continuato per tutto il Novecento lungo il percorso tracciato dalla
madrepatria all'inizio del secolo: questo a causa dell'impianto dato al sistema
economico e produttivo dalle potenze europee, le quali non avevano interesse ad
attuare politiche di diversificazione o di sviluppo che non portassero loro alcun
vantaggio diretto; di conseguenza, ogni colonia si è integrata con l'economia
mondiale soltanto in quanto esportatrice di materie prime e importatrice di beni di
consumo, mantenendo stretti legami di dipendenza dalla ex madrepatria. Come ha
commentato Anna Maria Gentili, “le strutture e le istituzioni politiche ed
economiche ereditate erano funzionali allo sfruttamento e non certo allo sviluppo”.132 Tale struttura macroeconomica non è mutata in alcun modo nel primo decennio
dopo il raggiungimento dell'indipendenza nazionale.
Durante gli anni '70 del XX secolo, i governi africani si sono indebitati con il Fondo
Monetario Internazionale133 per finanziare gli investimenti necessari al loro sviluppo
129 David K. Fieldhouse, op. cit. , p. 131.130 A questo si deve aggiungere il fatto che il deterioramento dei termini di scambio fra le materie prime
esportate dai territori africani ed i manufatti che essi importavano dai paesi industrializzati aveva progressivamente eroso la loro capacità di pagare ed aveva mandato in rosso i bilanci delle amministrazioni coloniali, spianando la strada alla questione del debito che è poi emersa in tutta la sua drammaticità durante gli anni Settanta del Novecento. Cfr. J. L. Miège,op. cit. , p. 202.
131 John Iliffe, op. cit. , p. 254.132 A. M. Gentili, Sviluppo e diritti di cittadinanza, in aa. vv. , Strategie di sviluppo e aiuto internazionale,
Milano, Mondadori, 2006, p. 44.133 Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) è una istituzione internazionale, creata nel 1944 dalla
67

nazionale; la crisi economica innescata dallo shock petrolifero del 1973 li ha
tuttavia messi di fronte alla loro incapacità di fare fronte al debito. Essi si sono
quindi rivolti alla Banca Mondiale che ha imposto loro una serie di riforme
economiche di matrice liberista che, abbinate ad una politica fiscale di rigore e una
di contenimento delle spese di welfare, erano mirate a dare il giusto stimolo alla
crescita economica. Questi piani patrocinati e controllati dalla Banca Mondiale
hanno preso il nome di Piani di Aggiustamento Strutturale (PAS).
Nel decennio successivo, 37 paesi sui 47 dell'Africa subsahariana e quasi tutti quelli
del nord del continente hanno avviato privatizzazioni e restrizioni della spesa
pubblica, le quali tuttavia hanno dato i risultati sperati solo in pochi paesi: nella
maggioranza dei casi il risultato è stato un ulteriore degrado dell'offerta già scarsa di
servizi pubblici, specialmente nel campo dell'istruzione e della sanità, mentre il
debito pubblico dei paesi si impennava rimanendo imprigionato dell'onere del
pagamento degli interessi.134
Se l'agire del mercato ha in qualche misura portato dei benefici ai cittadini africani,
o meglio, alla minoranza che aveva accesso a istruzione e potere politico od
economico, la contrazione dell'attività e dei servizi forniti dallo stato ha
abbandonato a sé stesse intere popolazioni residenti nelle aree rurali delle regioni
prive di materie prime o risorse tali da giustificare investimenti rilevanti; costoro
hanno subito la crescita dei prezzi e drastici tagli alla sanità e alla istruzione senza
avere i mezzi per provvedere autonomamente.135
Non bisogna tuttavia pensare che l'intera responsabilità ricada sulle organizzazioni
finanziarie internazionali e sulle loro prescrizioni: i governi africani spesso hanno
opposto resistenza alle riforme richieste per paura di perdere il loro potere o vi
hanno aderito con scarsa convinzione solo per avere accesso ad ulteriori
finanziamenti che non sono stati utilizzati per promuovere benessere e sviluppo,
Conferenza di Bretton Woods insieme alla Banca Mondiale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, la quale ha il compito di scongiurare il pericolo di crisi finanziarie causate dall'eccessiva fluttuazione delle valute. È inserita nella struttura dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. In proposito, cfr. E. Sciso, op. cit. , p. 54.
134 Per approfondimenti su questo tema, cfr: Todd J. Moss, African Development: Making Sense of the Issues and Actors, Boulder, Lynne Rienner, 2007, pp. 87 – 162.
135 A. M. Gentili, Sviluppo e diritti di cittadinanza, cit. , p. 56.
68

bensì per ricavarne rendite parassitarie che hanno consentito alle élite di restare al
potere. Ciò nonostante, la Banca Mondiale nel 1997 ha compiuto una parziale
correzione di strategia, affermando per la prima volta la necessità di rafforzare lo
stato dato che la sua debolezza talvolta risulta perniciosa per il sistema economico.136
Qualora si osservi l'aspetto demografico, l'Africa ha subito pesantissime perdite
conseguenti al rapporto con gli europei. Prima con la tratta degli schiavi, la quale si
stima che nel 1867 avesse visto partire verso le terre americane un numero di
individui compreso fra i sette e i dieci milioni,137 scelti tra i più giovani e adatti al
lavoro; in seguito l'emorragia demografica fu dovuta alle durissime campagne
militari necessarie a piegare le popolazioni autoctone. Anche dopo la fine delle
guerre di conquista coloniale il tributo in vite umane è stato elevatissimo: nella
Prima Guerra Mondiale furono coinvolti più di centomila soldati africani insieme a
quasi un milione di portatori e manovali, i quali furono esposti ad uno spaventoso
tasso di mortalità per malattie e per sfinimento.138
D'altro canto, gli europei avevano contribuito a decimare la popolazione anche in
modo indiretto, attraverso le malattie introdotte o comunque favorite dal loro arrivo
nel continente: già durante la tratta degli schiavi erano state registrate gravi
epidemie di vaiolo, di presunta origine europea, tra le popolazioni locali. Tali eventi
risultano perniciosi in quanto, dal punto di vista sanitario, il contesto africano
presenta una situazione particolarmente ostile: il clima caldo, che nelle regioni
tropicali ed equatoriali raggiunge facilmente livelli di umidità elevati, favorisce la
presenza e la diffusione delle malattie di origine parassitaria e batterica quali la
malaria, la tubercolosi, la febbre gialla, la malattia del sonno, il colera e molte altre.
Diverse epidemie ebbero luogo alla fine del XIX secolo, in piena fase di espansione
coloniale: il loro bilancio fu devastante, al punto che gli storici ritengono che la
conquista militare non sia stata probabilmente la principale causa di morte durante
136 Con il lancio dei Poverty Reduction Strategy Papers, sotto l'egida della Banca Mondiale, il ruolo dello stato è tornato ad essere considerato nella definizione di strategie di sviluppo. Su questo cfr. W. Easterly, I disastri dell'uomo bianco, Milano, Mondadori, 2007, 12; John Iliffe, op. cit. , p. 389.
137 Per approfondimenti si veda: O. Pétré-Grenouilleau, La tratta degli schiavi. Saggio di storia globale, Bologna, Il Mulino, 2006.
138 John Iliffe, op. cit. , p. 283.
69

tale periodo. Una delle fasi peggiori è stata legata all'epidemia di malattia del sonno
che imperversò nel continente a partire dagli anni Sessanta dell'Ottocento, quando si
diffuse nella zona costiera tra gli attuali Angola e Senegal per poi propagarsi verso
l'interno. È stato accertato che arrivò fino al lago Tanganica e nelle aree più
duramente colpite si stima che abbia ucciso fino al 90% della popolazione. Anche il
vaiolo e le malattie veneree139 hanno avuto un gravissima diffusione tra le
popolazioni tropicali nello stesso periodo; sebbene queste malattie non fossero state
necessariamente portate dai colonizzatori, la loro diffusione è stata probabilmente
accelerata dalle dinamiche innescate dalle spedizioni e dalle attività degli europei in
Africa: forse a causa della aumentata frequenza di spostamento della popolazione a
seguito delle campagne militari e della colonizzazione di nuovi territori agricoli
senza un corrispondente miglioramento del sistema medico e sanitario. Una delle
crisi più gravi fu la pandemia di spagnola del 1918 che uccise tra il 2 ed il 5% della
popolazione quasi in ogni colonia. Alcuni africani giunsero a sostenere che le
malattie fossero state portate deliberatamente dai coloni per colpire le popolazioni
locali.140
In tempi recenti la più grande emergenza medica a livello continentale viene dalla
diffusione dell'AIDS. La sua prima presenza verificata risale al 1959: si ritiene sia
nata nell'Africa equatoriale, rimanendo una malattia molto rara per circa un
trentennio prima di diffondersi rapidamente nell'ambiente urbano. Il primo caso
diagnosticato risale al 1983, quando il virus si era già enormemente diffuso: si stima
che negli anni Ottanta del XX secolo il 6-7% delle donne incinte che frequentavano
gli ambulatori prenatali fosse sieropositiva. Negli anni successivi il contagio si è
diffuso ampiamente, al punto che al 2005 si stima abbia raggiunto 25 milioni di
africani e ne abbia uccisi circa 13 milioni. L'Africa è stata particolarmente colpita
dal virus, in misura maggiore anche rispetto a zone altrettanto povere come l'Asia
meridionale, perché questo vi si è diffuso quando era ancora sconosciuto alla
scienza medica; ad aggravare la situazione c'è il fatto che i sistemi sanitari africani,
139 Tra cui la gonorrea la quale, pur presentando sintomi poco evidenti, era causa di sterilità; la sua diffusione è indicata da molti come la principale causa del basso livello di fertilità della regione equatoriale nel periodo a cavallo tra XIX e XX secolo.
140 John Iliffe, op. cit. , p. 286.
70

già fragili, sono stati ulteriormente colpiti dalle politiche di aggiustamento lasciando
molti malati senza assistenza.141
Le vittime mietute dal virus HIV, principalmente tra i giovani adulti, hanno causato
e stanno tuttora provocando un danno economico incalcolabile per la perdita di
forza lavoro e per i costi sostenuti per le spese mediche.
3.2. Il mercato del credito in Africa
Essendo il presente lavoro incentrato sulla questione dell'accesso al credito come
problema concreto per i cittadini africani e non come mero esercizio di teoria
economica, appare importante soffermarsi sulle caratteristiche dei mercati finanziari
nei contesti di povertà diffusa, con un'attenzione particolare per l'Africa
subsahariana che è lo scenario nel quale insiste il progetto che è oggetto di questo
elaborato.
Si è detto che i mercati finanziari in Africa sono fortemente deficitari e non riescono
a servire adeguatamente la totalità della popolazione, essendo la loro capacità di
azione limitata alle aree più densamente abitate, per lo più contesti cittadini nei
quali le condizioni sono maggiormente favorevoli all'attività degli operatori.
Il problema dell'esclusione finanziaria è alquanto complesso: mentre è facile censire
gli utilizzatori di un determinato servizio, assai meno lo è verificare quanti ne
rimangono esclusi e soprattutto per quali motivi. Si è visto nelle pagine precedenti
che l'accesso al credito è di vitale importanza per tutti, indipendentemente dal
proprio reddito e tenore di vita; le ricerche condotte e le relative statistiche mostrano
inoltre l'esistenza di una correlazione positiva tra il livello di accesso ai servizi
finanziari e la crescita economica di un paese.142
È tuttavia importante notare la grande distanza che intercorre tra accessibilità ed
effettivo utilizzo; la disponibilità della prima non porta automaticamente al secondo,
e sono molte di più le persone che hanno accesso ad un certo servizio di coloro che
141 Ibidem, p. 415.142 Banca Mondiale, Financial Sector Operations and Policy Department, Measuring Financial Access,
Washington, World Bank, 2005, p. 3.
71

se ne avvalgono. Vari fattori sono responsabili del mancato accesso: la distanza
geografica, ad esempio, ma anche il fatto che i fornitori dei servizi richiedono
adempimenti e fissano dei requisiti che non tutti riescono a soddisfare: età minima,
reddito minimo, lavoro e così via, in un contesto burocratico che diventa facilmente
ostile nei confronti di persone con un livello di istruzione basso o talvolta
analfabete. Si pone un problema di prezzo oppure di informazione riguardo
l'esistenza e il funzionamento del servizio; analizzarne i livelli di accesso è quindi
assai più difficile che analizzarne l'utilizzo.143
Non è quindi corretto metodologicamente identificare il gruppo di coloro che non
sfruttano un dato servizio con quello di coloro che non hanno possibilità di
accedervi, dato che verosimilmente ci sarà un certo numero di individui che pur
avendone la possibilità non lo utilizza, per un problema informativo oppure per
scelta personale dettata da altri motivi; inoltre, tra coloro che sono effettivamente
tagliati fuori è possibile distinguere diversi fattori che possono essere responsabili di
ciò. Fare queste premesse è fondamentale in un ottica di studio del fenomeno in
quanto è necessaria una precisa comprensione delle sue dinamiche sociali ed
economiche per poter mettere in campo soluzioni e progetti mirati a raggiungere
questi diversi segmenti della popolazione.
È particolarmente difficile trattare del continente africano nella sua globalità ed
elaborare statistiche che possano ritenersi affidabili e generalmente valide in quanto
esso, nella sua vastità, presenta caratteristiche sociali ed economiche che variano
fortemente da una regione all'altra, specialmente spostandosi lungo l'asse nord-sud.
L'area mediterranea ha caratteristiche del tutto peculiari, ragione per cui le
principali elaborazioni statistiche a livello di macroarea, tra cui quelle della Banca
Mondiale e del Microfinance Information Exchange (MIX),144 la associano al Medio
143 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access - Measuring Access to Financial Services around the World, Washington, CGAP, 2009, p. 18.
144 Il Microfinance Information Exchange (MIX) è un centro di raccolta ed elaborazione dati che opera su scala globale, invitando le istituzioni di microfinanza a collaborare condividendo le informazioni in loro possesso allo scopo di elaborare statistiche che permettano una migliore comprensione del fenomeno e delle sue prospettive future. È stato fondato nel 2002 per iniziativa del CGAP ma annovera tra i suoi sponsor diverse importanti istituzioni pubbliche e private tra cui l'International Fund for Agricultural Development e la Bill & Melinda Gates Foundation; ha sede a Washington. MIX, About MIX, sito web del Microfinance Information Exchange, <http://www.themix.org/about-mix/about-mix>, consultazione del 27 Maggio 2010.
72

Oriente con il quale ha maggiore affinità che con il resto del continente, mentre la
parte a sud del Sahara è relativamente più omogenea. Questa analogia deriva tra
l'altro da una consolidata tradizione di studi propria dell'orientalismo, e conferma
quindi sul piano economico quello che già era consolidato sul piano storico e
antropologico.
Quello che tutti i paesi hanno in comune è un elevato livello di povertà; nell'Africa
subsahariana il 50,9% degli individui ha a disposizione meno di 1,25 dollari al
giorno per sopravvivere. Se si considerano coloro che vivono con meno di due
dollari la percentuale arriva al 72,9% ;145 questo la rende una delle aree più povere
del pianeta. Come si è detto in precedenza, la povertà è interpretabile come una
conseguenza dell'esclusione finanziaria, oltre che come sua causa, in una relazione
di interdipendenza reciproca. Questo fa sì che una stima del numero dei poveri
all'interno di una società sia anche, a parità di condizioni, una possibile stima del
numero di individui che non hanno accesso ai servizi finanziari; vedremo più avanti
come delineare meglio questo gruppo indistinto di persone.
145 Per avere un'idea indicativa della differenza con la parte settentrionale, la quota di individui che lì vivono rispettivamente con meno di 1,25 e 2 dollari al giorno è di 3,6% e 16,9%. Il valore del dollaro è calcolato a parità di potere d'acquisto. Cfr. Banca Mondiale, Poverty Data, Sito web della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/topic/poverty>, consultazione del 24 Maggio 2010.
73
Figura 1: Grado di diffusione dei conti correnti bancari nelle diverse aree del globo
Fonte: Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p. 12.

Nella Figura 1 è evidenziato il grado di diffusione dei conti correnti bancari nelle
diverse aree del pianeta, espresso come numero di conti correnti ogni mille
individui adulti: si vede chiaramente come tutti i paesi per i quali sono disponibili
dati nell'area subsahariana si trovino nel segmento più basso della scala adottata,
con l'eccezione di Sudafrica, Zimbabwe, Botswana, Namibia e Guinea Equatoriale.
Non solo, ben cinque dei sette paesi che hanno meno di cento conti correnti ogni
mille adulti si trovano in questa area: tra essi troviamo due paesi caratterizzati da
protratta conflittualità come il Burundi e la Repubblica Democratica del Congo
(RDC) e altri caratterizzati da una prolungata instabilità politica; l'Etiopia, la
Mauritania ed il Madagascar.146
Essendo il conto corrente uno dei servizi più elementari e diffusi offerti dagli istituti
di credito è possibile adottarlo come proxy per fare alcune valutazioni preliminari
circa il grado di inclusione dei meno abbienti nel mercato finanziario. Nelle
economie sviluppate il 90% dei nuclei familiari si avvale di conti correnti per
effettuare pagamenti e gestire i propri risparmi; si stima che nel mondo esistano
6.200.000.000 di conti correnti, un numero maggiore di quello degli individui
adulti;147 tuttavia, la distribuzione di questo enorme numero di utenze è assai
disomogenea, essendo concentrata nei paesi ricchi. Nel Nord così come nel Sud del
mondo l'accesso a questi servizi è meno agevole per i meno abbienti ma con una
importante differenza; nei paesi poveri il settore bancario e finanziario in generale è
costruito e organizzato in maniera analoga a quello dei paesi occidentali. In un
contesto di povertà diffusa, tanto distante da quello occidentale in cui le pratiche
bancarie attuali sono state sviluppate, questo significa che il sistema è tarato solo
sulle esigenze della minoranza più ricca della popolazione.148 Questo è comprovato
dal fatto che, se si confronta il rapporto tra il valore medio di un conto corrente con
il reddito pro-capite di nazioni differenti, si scopre che tale valore è sensibilmente
146 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p. 12.
147 Ibidem, p. 12.148 Si parla di 3,2 conti per adulto nei paesi ricchi e di 0,9 in quelli poveri. Per meglio chiarire il significato
di queste cifre si consideri che il numero di individui adulti non dotati di un conto corrente nei paesi industrializzati è pari a circa 160.000.000 equivalenti al 19% della popolazione, mentre nei PVS è di 2,7 miliardi, che corrispondono al 72% dei cittadini. Cfr. ibidem, p. 12.
74

più basso nei paesi ricchi rispetto ai PVS, nei quali il valore medio di un conto
arriva a superare di molte volte il reddito medio annuo di un cittadino: questo
significa che soltanto i più ricchi utilizzano questo servizio.
Figura 2: Rapporto tra PIL pro capite e importo medio dei depositi bancari
Fonte: Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p.14.
La Figura 2 mostra il rapporto tra PIL pro capite, numero di conti correnti ogni
mille adulti e ammontare medio degli stessi:149 è agevole constatare come i depositi
abbiano dimensioni maggiori in prossimità dell'angolo in basso a sinistra del
grafico, che corrisponde a basso reddito medio e basso numero di conti correnti in
rapporto alla popolazione. Nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, ci
sono circa sei conti correnti ogni mille individui adulti e il valore medio di un conto
è di 5.200 dollari a fronte di un reddito medio annuo di 224.
Misurare l'accesso al credito rappresenta una sfida impegnativa: infatti non si deve
supporre che tutti debbano accedervi, ma solo coloro che sono effettivamente in
grado di ripagare il debito: questo tipo di dati difficilmente si ricava in modo
affidabile dai questionari.
I dati ufficiali d'altro canto sono di difficile reperibilità a causa del fatto che a
differenza di coloro che accolgono depositi, i prestatori sono soggetti a una
regolamentazione assai più blanda e quindi sono più difficilmente tracciabili, anche
149 Rappresentati rispettivamente da ascissa, ordinata e dimensione della bolla nel grafico. Cfr. ibidem, p. 14.
75

se ufficialmente registrati.150
La variabile più usata per valutare l'entità dell'accesso al credito è il numero di
prestiti concessi, utile anche a stimare per approssimazione il numero dei prestiti
alle piccole imprese dato che nei PVS la maggior parte di esse non è registrata; la
Banca Mondiale misura questa variabile stimando per ogni paese il numero di
prestiti fatti ogni mille individui adulti.151
La Figura 3 mostra la distribuzione dei prestiti bancari a livello globale: l'Africa
subsahariana è l'area che presenta i numeri più bassi, con i casi limite in paesi come
l'Etiopia e il Burundi in cui si ha in media un prestito ogni 1000 adulti. Se invece si
considera il valore globale del portafoglio prestiti in ogni paese, l'incidenza dei
prestiti ad individui nei paesi occidentali è di circa il 40% laddove nell'Africa
subsahariana è solo il 20% del totale: questa bassa percentuale suggerisce che i
servizi bancari abbiano scarsa penetrazione nello strato meno abbiente della
popolazione, che in questa area geografica è la grande maggioranza. Come la
dimensione media del deposito bancario, anche quella del prestito è solitamente
molto elevata rispetto al reddito pro capite, il che porta a concludere che solo i più
ricchi prendono denaro dalle banche.152
150 Ibidem, p. 26.151 Ibidem, p. 26.152 Ibidem, p. 27.
76
Figura 3: Numero di prestiti bancari in rapporto alla popolazione adulta
Fonte: Financial Access Database – FA 2009, Washington, CGAP, 2009, p. 27.

Un efficiente mercato dei servizi finanziari è in grado di apportare molti benefici ai
poveri: in modo indiretto, perché contribuisce al generale benessere della nazione,
ma anche e soprattutto in modo diretto, tramite i benefici che derivano dall'accesso
ai servizi; il credito ad esempio permette alle persone di aumentare il proprio
capitale e quindi in prospettiva il proprio reddito, e coloro che vi hanno accesso
possiedono una aumentata capacità di azione economica che talvolta può
trasformarli da individui dediti alla semplice sussistenza in produttori di ricchezza
per la nazione.
Accertato che i mercati finanziari africani sono fortemente deficitari, ovvero non
riescono a fornire in modo economicamente sostenibile i loro servizi a una grande
parte della popolazione, e che questo va messo in relazione al problema della
povertà in quanto tutti gli individui hanno eguale bisogno di trasferire denaro,
ottenere credito per finanziare la propria attività economica, gestire i propri risparmi
in modo sicuro e se possibile tutelarsi da improvvisi problemi economici attraverso
sistemi di assicurazione, è necessario scoprirne le cause. Questo è un compito di
non facile assolvimento, nondimeno è fondamentale per avere informazioni il più
possibile precise su quali sono i principali motivi di mancato accesso, informazioni
necessarie per mettere in campo soluzioni adeguate.
Ci sono due tipi di approccio metodologico nella misurazione del grado di accesso
ai servizi: il primo si concentra sul lato dell'offerta, raccogliendo informazioni dai
fornitori di tali servizi i quali, essendo coinvolti in prima persona possono reperire
facilmente molte informazioni sui propri clienti ed hanno quindi la possibilità di
fornire dati importanti. Lo svantaggio è che non sempre è possibile trarre pieno
beneficio dal rapporto con i soggetti economici coinvolti, per una pluralità di
motivi: talvolta lo scarso interesse delle aziende a collaborare attivamente e
condividere i dati senza avere in cambio un ritorno economico, ma soprattutto il
fatto che qualsiasi intermediario commerciale o finanziario può raccogliere
facilmente informazioni soltanto sui clienti che ha già; se si vogliono conoscere le
caratteristiche e le motivazioni di coloro che non hanno rapporti con questa parte
del sistema economico l'analisi dal lato dell'offerta serve a ben poco, tanto più in
77

contesti in cui la maggioranza della popolazione vive di economia informale.
Il secondo metodo di raccolta informazioni prevede l'analisi della domanda di tali
servizi, ed è quello più difficile dato che comporta un lungo lavoro di raccolta dati
attraverso interviste e questionari sottoposti alla popolazione, elaborati e
somministrati ad un campione statisticamente rappresentativo. Talvolta è possibile
effettuare ricerche di questo tipo per via telefonica, ma in un contesto di grande
povertà come quello vigente in Africa il numero di persone dotate di un apparecchio
telefonico di linea fissa è troppo basso perché l'intero campione possa essere
selezionato al suo interno;153 per raccogliere le informazioni è quindi necessario
recarsi fisicamente a sottoporre i questionari e questo fa lievitare i costi. Ciò
nonostante, questo metodo di indagine è di gran lunga il più efficace e permette di
fare valutazioni piuttosto precise della situazione altrimenti impossibili.154
È opportuno chiarire che nel caso dell'Africa la vastità degli spazi geografici e la
scarsità di risorse a disposizione per la ricerca in materia di esclusione finanziaria,
oltre al fatto che l'interesse per il problema è relativamente recente, hanno limitato
finora la possibilità di effettuare indagini e statistiche di qualità omogenea tra i
paesi, e molti non sono ancora stati analizzati in maniera approfondita sotto questo
profilo. La conseguente scarsità di dati limita la capacità di effettuare analisi
comparative dettagliate, ma ciò nonostante è possibile trarre alcune conclusioni
circa le cause del mancato accesso a certi servizi e le possibili strategie da adottare
per farvi fronte.
Una delle istituzioni maggiormente attive nella ricerca in questo campo è il
Finmark Trust, una fondazione creata con l'impulso economico del Department For
International Development (DFID)155 inglese con lo scopo di studiare il fenomeno
dell'esclusione finanziaria in Africa. Fin dalla sua nascita nel 2002 ha intrapreso una
153 Negli ultimi dieci anni si assiste al rapido sottoscrittori di contratti con operatori di telefonia mobile rispetto a quelli fissi. Per l'analisi del trend, si veda: F. Guazzini, L'Africa subsahariana e le tecnologie dell'informazione e della comunicazione: una rassegna preliminare, in “Storia e futuro”, rivista di storia e storiografia, n. 4 (2004); per i dati più recenti si veda J. M. Huet, M. Romdhane, H. Tcheng, The financial challenges of the sub-saharian Africa telecoms boom, Bruxelles, IFAI, 2010, pp. 2 – 32.
154 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 5.155 Department For International Development: è il ministero del governo britannico che gestisce le
politiche di cooperazione internazionale.
78

intensa attività di raccolta dati156 e di elaborazione statistica, sottoponendo
questionari agli abitanti di quindici paesi157 per conoscere con la massima precisione
possibile il loro grado di alfabetizzazione finanziaria, i servizi cui hanno accesso,
quelli che effettivamente utilizzano e in generale tutto quello che attiene in qualche
modo al loro rapporto con gli intermediari finanziari e assicurativi.
Questa attività ha prodotto dati molto interessanti,158 permettendo di conoscere
meglio i potenziali clienti degli intermediari finanziari africani.
Allo scopo di rappresentare e rendere intelligibile la mole di dati disponibile, il
CGAP ha elaborato un modo semplice ed efficace di esprimere la suddivisione della
popolazione in base al livello di accesso: colloca la popolazione adulta lungo un
ideale “continuum dell'accesso ai servizi finanziari” il quale, partendo dal settore
formale, passa attraverso quello informale per arrivare poi alla zona di completa
esclusione.
Il settore formale è definito come quello che include le istituzioni legalmente
registrate per fornire servizi finanziari: banche, compagnie assicurative, operatori di
microfinanza e via dicendo. Il settore informale comprende invece tutti quei
soggetti che operano senza avere però un riconoscimento ufficiale di nessun genere:
possono essere cooperative di risparmio rotativo o di credito, piccoli banchi dei
pegni oppure prestatori individuali. La popolazione adulta può essere così
156 In questo senso, la principale iniziativa della fondazione è il programma Finscope che, in collaborazione con il DFID e la Banca Mondiale, prevede la somministrazione su base nazionale di un questionario composto da circa 120 domande relative alla conoscenza ed all'utilizzo di servizi finanziari di vario tipo, sia formali che informali, ad un campione rappresentativo della popolazione del paese considerato. Sito web di Finscope, About Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/default.aspx?RandomID=41618b8c-1b77-4105-a1b7-b128a33cffff&linkPath=MenuContainer&lID=1>, consultazione del 23 Maggio 2010.
157 I paesi per i quali si possiedono già serie di dati complete ed elaborate sono però solo dodici: Repubblica Sudafricana, Botswana, Namibia, Zambia, Kenya, Tanzania, Uganda, Ruanda, Malawi, Nigeria, Mozambico, oltre al Pakistan, primo paese non africano in cui la fondazione ha iniziato a lavorare. Finmark Trust, “Finscope in Africa” Brochure, 2009, p. 1, dal sito web di Fiscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Africa-General-and-Cross-Country-Reports.aspx?randomID=065c04c5-8042-4863-a85b-6cd1ac0c515e&linkPath=3&lID=3_5>, consultazione del 20 Febbraio 2010.
158 Dati che, pur essendo una preziosa fonte di informazioni, si sono tuttavia rivelati di scarsa utilità ai fini di una analisi comparativa tra paesi diversi a causa della mancanza di un approccio standardizzato al problema e dei progressivi miglioramenti nel tempo del metodo originario; inoltre, le interviste condotte nei nuclei abitativi non possono da sole fornire un quadro completo della situazione, dato che la domanda di servizi non si esaurisce nelle famiglie ma ha un fondamentale complemento nel sistema delle imprese.
79

idealmente suddivisa in quattro segmenti:
• fruitori di servizi bancari: hanno accesso ai servizi bancari e li utilizzano.
Questo è l'unico segmento che gode del completo accesso a tutti i tipi di
servizi finanziari;
• fruitori di altri servizi formali: coloro che, pur non essendo clienti bancari, si
avvalgono di servizi forniti da altri soggetti appartenenti al circuito
economico formale; credito presso fornitori, prestiti di microcredito, servizi
assicurativi e via dicendo;
• fruitori di servizi informali: chiunque non abbia accesso ad un conto in banca
o ad un altro tipo di servizio formale, ma tuttavia si avvale di strutture e
servizi non legalmente riconosciuti come unioni di risparmio, prestiti da
conoscenti o prestatori di professione.
• individui esclusi da ogni tipo di servizio: sono coloro che, per vari motivi,
non hanno la possibilità di avvalersi di alcun tipo di struttura o
organizzazione, registrata o meno, per soddisfare le proprie esigenze in
materia di gestione dei risparmi, protezione da difficoltà economiche
impreviste e trasferimento di denaro.
I primi tre segmenti formano il gruppo di coloro che, in misura differente, hanno
accesso a servizi; il rimanente gruppo è quello degli esclusi. Questo non significa
però che essi ne abbiano meno bisogno: tutto quello che possono fare è ripiegare su
soluzioni alternative poco efficienti e maggiormente rischiose come inviare denaro
tramite taxi, nascondere in casa i propri risparmi o chiedere prestiti nella cerchia dei
propri familiari o amici.
La Figura 4 mostra la distribuzione dei diversi livelli di accesso a servizi
finanziari159 relativamente allo Zambia: come si può vedere, solo una minoranza
corrispondente a circa un quarto della popolazione totale riesce ad avvalersi di
servizi finanziari, siano essi di tipo bancario, assicurativo o altro. La percentuale di
coloro che sono esclusi dalla fruizione è pari al 76% , ma vede un'importante
159 Il grafico è riferito all'accesso a servizi formali, che sono quelli che interessano ai fini del presente elaborato, escludendo quindi l'appartenenza ad associazioni di risparmio e credito o altri strumenti di tipo informale.
80

differenziazione al suo interno: infatti soltanto una minoranza di essi, come
mostrato dal grafico, è tagliata fuori per via del reddito troppo basso, mentre la gran
parte è condizionata da fattori di tipo diverso e non utilizza servizi di alcun tipo,
nonostante non sia troppo povera per permetterselo.160 Gli studiosi chiamano questo
settore, che comprende il 58% circa della popolazione zambiana, zona di sviluppo
del mercato bancario: il margine di espansione è dunque assai ampio, a patto di
riuscire a colmare alcune carenze strutturali che impediscono di raggiungere questo
grande bacino di potenziali clienti. Dai dati Finscope è inoltre emerso che il motivo
di esclusione più frequente è la distanza geografica: quasi il 50% degli intervistati
ha dichiarato che nelle loro vicinanze non ci sono filiali bancarie.
I dati della Banca Mondiale evidenziano come in Africa esistano meno di 10 filiali
bancarie ogni 100.000 adulti:161 non esistono serie di dati dettagliate sulla
160 Finmark Trust, Measuring market potential: the financial access frontiers in Financial Access Matters n.2, Lusaka, Finmark Trust, 2007, p. 2, dal sito web di Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Countries/Zambia.aspx?randomID=b4a0c7eb-305a-4638-8be4-e2281c7e52ee&linkPath=3_1&lID=3_1_15>, consultazione del 06 Marzo 2010.
161 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 38.
81

distribuzione degli sportelli bancari per tutti i paesi del continente, ma sappiamo
che, nelle nazioni per cui si hanno serie complete di dati, nelle aree urbane sono
presenti in proporzione più filiali rispetto alle zone rurali; per raggiungere queste
ultime con la stessa efficacia è necessario un numero di sportelli per abitante
maggiore che nelle città a causa della dispersione della popolazione. Tuttavia, tra i
paesi di cui si conoscono i dati, a livello globale solo Israele, Australia e USA
soddisfano questo criterio; nei PVS, al contrario, la percentuale è maggiore in modo
soverchiante nelle città, fino ad arrivare a casi limite in cui la quasi totalità di esse si
trova nei contesti urbani. Di conseguenza, in paesi a bassa densità abitativa la
distanza diventa sovente il principale ostacolo alla fruizione di servizi finanziari.162
La prospettiva più interessante nella lotta all'esclusione geografica risiede
attualmente nell'utilizzo del cosiddetto “branchless banking”, ovvero
l'implementazione dei servizi bancari di base attraverso canali nuovi e più flessibili
della classica filiale come la telefonia mobile, o tramite soggetti economici diversi
dalle banche i quali spesso riescono ad avere una penetrazione nel territorio assai
maggiore di queste ultime.
Ad esempio Caixa, una banca pubblica brasiliana, permette ai suoi clienti di aprire e
gestire conti correnti, fare trasferimenti di denaro e chiedere prestiti attraverso un
network di ricevitorie della lotteria, supermercati e perfino semplici negozi.163 Il
tutto è reso possibile dall'uso di comuni smart-card e lettori di carte magnetiche, che
permettono di sfruttare circa 12.000 esercizi commerciali come filiali bancarie
raggiungendo un enorme numero di potenziali clienti.
L'utilizzo delle nuove tecnologie, anche quelle relativamente semplici come la
telefonia cellulare, ha un potenziale rivoluzionario nel mercato dei servizi bancari:
una delle applicazioni più interessanti della telefonia mobile in questo senso è il
cosiddetto mobile banking o m-banking, ovvero la possibilità di utilizzare il credito
di una utenza di telefonia mobile come uno stock da cui si può anche attingere
contante invece di versarlo soltanto come avviene di norma nel modo di utilizzo più
162 Ibidem, p. 39.163 Consultative Group to Assist the Poor, Use of agents in branchless banking for the poor: rewards, risks,
and regulation, FocusNote n. 38, Washington, CGAP, 2006, p. 3.
82

diffuso. Così facendo, il telefono cellulare diventa contemporaneamente una filiale
di banca e un conto corrente, in cui è possibile versare denaro per custodire i propri
risparmi, fare prelievi all'occorrenza semplicemente recandosi da un rivenditore
autorizzato della compagnia telefonica ed anche effettuare pagamenti elettronici.
Due casi tra i più avanzati di approccio innovativo al mercato dei servizi finanziari
tramite il mobile banking si trovano rispettivamente in Sudafrica ed in Kenya; nel
primo è attivo dal 2005 Wizzit, una società controllata dalla South African Bank of
Athens, che fornisce servizi bancari tramite telefono cellulare. Il titolare di un conto
Wizzit ha la possibilità di effettuare versamenti e prelievi, trasferimenti di denaro,
disponibilità di una carta di credito a tutti gli effetti e perfino servizi di internet
banking allo scopo, nelle parole dell'azienda, di conferire “true economic
citizenship” ai propri clienti.164
Il riferimento alla cittadinanza non è casuale; essa è uno degli aspetti più complessi
su cui si è snodata la costruzione di entità statali indipendenti con la
decolonizzazione. Le indipendenze nazionali hanno portato una formale parità di
diritti fra tutti i cittadini, che si scontra però quotidianamente con le enormi
diseguaglianze sul piano politico, economico e sociale che sono avvertite da una
vasta parte della popolazione, la quale è di fatto privata dei diritti politici che sono
corollario di ogni sistema democratico.165
Un altro caso di eccellenza a livello continentale è il programma M-Pesa in Kenya;
lanciato nel 2007 dalla compagnia telefonica SafariCom, permette di trasferire
denaro tramite un semplice SMS. Chiunque possieda un telefono cellulare può
registrarsi gratuitamente presso un punto vendita SafariCom; questo lo abilita ad
effettuare transazioni verso altri utenti, i quali possono convertire il credito in
contante presso le stesse agenzie: attualmente circa cinque milioni di persone
utilizzano questo servizio, per transazioni che nella maggior parte dei casi non
superano i 2000 scellini, circa 20,4 Euro al 27 Maggio 2010. La rete commerciale è
quella dei rivenditori di servizi di telefonia già presenti sul territorio, cui viene
fornita la formazione necessaria, ed ha quindi un ottimo livello di diffusione: si
164 Sito web di Wizzit, Product Offering, <http://www.wizzit.co.za/>, consultazione del 26 Maggio 2010.165 Per approfondimenti, cfr. A. M. Gentili, Sviluppo e diritti di cittadinanza, cit. , pp. 56 - 57.
83

consideri che dopo tre soli mesi dal suo lancio, il servizio poteva contare su 400
agenti laddove nello stesso momento le filiali bancarie erano 450 e gli ATM166 circa
600 in tutto il paese. Nel 2009 gli agenti autorizzati erano diventati 3.400.167
Anche in Zambia sono presenti aziende che forniscono servizi di mobile banking,
ma il loro livello di sviluppo è inferiore alle controparti keniota e sudafricana; i
principali operatori del settore sono Zoona, un network creato nel 2007 che
permette di effettuare transazioni tramite cellulare e di sfruttare una rete di negozi
per prelevare e versare il denaro contante, e Celpay168 il quale però ha un numero di
clienti ristretto a causa della sua vocazione per una clientela di tipo aziendale. Per
usare questo servizio infatti è necessario disporre di un conto corrente bancario dato
che la società non è autorizzata a fornire servizi di deposito. Da una ricerca svolta
nel 2007 è emerso che solo lo 0.075% degli intervistati era registrato per usare
Zoona, e un terzo circa di essi dichiarava di non utilizzarlo.169
Un'altra soluzione adottata in Africa dalle banche per ovviare al problema della
distanza geografica è l'utilizzo della filiale mobile: allestita in un furgone, una barca
o un altro mezzo idoneo essa può spostarsi continuamente per raggiungere le
comunità più remote. Questo sistema è stato adottato in Kenya dalla Equity Bank,
che ha così guadagnato 12.000 nuovi clienti in 30 diverse comunità.170 Tuttavia, il
sistema delle filiali mobili rimane più costoso rispetto al mobile banking sul
modello di M-Pesa, oltre che meno flessibile e capace di diffondersi in modo
capillare nel territorio; gli stessi clienti sembrano preferire quest'ultimo rispetto alle
altre modalità di fornitura dei servizi bancari.171
166 ATM sta per Automated Teller Machine; è il dispositivo elettronico distributore di denaro contante, in Italia meglio conosciuto come Bancomat.
167 African Economic Outlook, M-Pesa leads Mobile-Payments in Kenya, sito web dell'AEO, <http://www.africaneconomicoutlook.org/en/in-depth/innovation-and-ict-in-africa/pro-development-innovative-applications/box-22-m-pesa-leads-mobile-payments-in-kenya/>, consultazione del 22 Maggio 2010.
168 Celpay è presente anche in Tanzania e in R. Democratica del Congo. Sito web di Celpay, <http://www.celpay.com/>, consultazione del 10 Giugno 2010.
169 Finmark trust, Financial Access Matters - Measuring the potential for mobile phone banking, Lusaka, Finmark Trust, 2007, 1, dal sito web di Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Countries/Zambia.aspx?randomID=b4a0c7eb-305a-4638-8be4-e2281c7e52ee&linkPath=3_1&lID=3_1_15>, consultazione del 06 Marzo 2010.
170 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 42.171 Jim Rosenberg, Why has M-PESA become so popular in Kenya?, sito web del CGAP,
<http://technology.cgap.org/2008/06/17/why-has-m-pesa-become-so-popular-in-kenya/>, consultazione del 23 Maggio 2010.
84

Dalle indagini di Finscope è anche emersa una diffusa scarsità di consapevolezza
riguardo il funzionamento del sistema bancario: più di due terzi degli intervistati
ignoravano il significato della parola ATM o di carta bancomat; il 14% di essi non
sapeva neanche esattamente cosa fosse una banca. Questo è indicativo di un
contesto gravemente deficitario in fatto di istruzione di base a causa della grande
povertà; questa carenza di informazioni è a sua volta un fattore che compromette in
modo netto le possibilità dei cittadini di avvalersi di servizi bancari.172
Sotto il profilo burocratico, un problema rilevante è posto invece dalla necessità di
identificazione dei clienti: infatti, allo scopo di evitare fenomeni quali il riciclaggio
di denaro sporco o il finanziamento di attività illegali, gli stati si avvalgono di
normative che obbligano le banche a richiedere alcuni dati personali ai propri
clienti, primo fra tutti una certificazione di identità. Questi requisiti obbligatori
rischiano di essere troppo difficili da rispettare per una larga parte della
popolazione: ogni richiesta di documenti che certifichino identità, indirizzo, status
lavorativo e così via pone un ostacolo aggiuntivo di fronte ad un cittadino in stato
di indigenza che voglia accedere ad un qualche servizio finanziario.173 In molti casi,
risulta difficile l'accesso all'iter da seguire ed ai costi da sostenere per ottenere un
documento di identità: molti in Africa non hanno nessun tipo di documento o
perfino un indirizzo a causa della fragilità dei sistemi di anagrafe. In Zambia il 17%
della popolazione non possiede un documento di identità; in Kenya invece solo il
5% della popolazione può produrre all'occorrenza una bolletta della luce, un
documento molto usato nei paesi ricchi come attestazione del proprio indirizzo.174
D'altro canto, la raccolta di questi dati pone dei costi in capo alle banche, le quali
trovano quindi poco redditizio avere per clienti i poveri, i quali depositano importi
modesti.175
Questo tipo di problemi è strettamente legato al funzionamento della pubblica
172 Finmark Trust, Financial Access Matters - Measuring market potential... , cit. , p. 4, Sito web di Finscope, <http://www.finscope.co.za/new/pages/Initiatives/Countries/Zambia.aspx?randomID=b4a0c7eb-305a-4638-8be4-e2281c7e52ee&linkPath=3_1&lID=3_1_15>, consultazione del 06 Marzo 2010.
173 Finmark Trust, Measuring market potential... , cit. , p. 17.174 Ibidem, p. 18.175 Ibidem, p. 18.
85

amministrazione negli stati africani, la quale è responsabile dell'implementazione di
un sistema affidabile di identificazione dei cittadini: in svariati paesi è del tutto
comune che uno stesso individuo possa avere più strumenti di identificazione
legalmente riconosciuti, con versioni anche molto differenti del proprio nome
riportate in ognuno di essi. L'unica soluzione di lungo termine a questo problema è
l'implementazione di un sistema di identificazione che sia efficace e realmente
accessibile a tutti; un aiuto prezioso potrebbe arrivare in questo senso dall'utilizzo
delle moderne tecnologie di rilevazione biometrica,176 che tuttavia richiedono il
sostenimento di costi rilevanti per la loro implementazione, difficili da sostenere per
paesi a basso reddito.
Un problema a sé stante è invece la cosiddetta esclusione “di prodotto”, ovvero il
fatto che le banche tendono a progettare prodotti e servizi tarati sulle esigenze dei
segmenti più abbienti della società: questo fa sì che i poveri non riescano a
permetterseli o non abbiano alcuna convenienza ad utilizzarli. Alcuni regolatori
hanno quindi introdotto l'obbligo per le banche di introdurre un “entry level” per i
servizi di deposito e prelievo di denaro a costo zero o quasi, per incentivare il
risparmio presso le classi meno abbienti della popolazione. La Repubblica
Sudafricana ha introdotto questa innovazione nel 2004 con il progetto Mzansi,
un'opera ambiziosa che, iniziata con la fornitura di carte di debito a basso costo a
chiunque potesse certificare la propria identità, si è poi allargata fino a comprendere
l'installazione di ATM nelle zone meno coperte dal sistema bancario; attualmente
esso riunisce sotto il proprio marchio una gamma intera di servizi finanziari e
assicurativi tarati sulle esigenze dei poveri.177 I responsabili del progetto hanno
dichiarato che, undici mesi dopo il lancio del programma, erano stati aperti 1,5
milioni di conti Mzansi; nel 2008 gli utenti del servizio erano più di sei milioni, due
terzi dei quali non avevano mai fruito di servizi bancari prima.178
È stato ripetuto che i mercati finanziari africani sono ancora fortemente al di sotto
176 Ad esempio, un sistema di identificazione basato sulle impronte digitali sarebbe accessibile a tutti e garantirebbe un elevato livello di efficacia, pur richiedendo un investimento iniziale relativamente elevato in tecnologia.
177 Ibidem, p. 20.178 SouthAfrica.info, Mzansi: SA banking spreads its net, 2005, Sito web di SouthAfrica.info,
<http://www.southafrica.info/services/consumer/mzansi.htm>, consultazione del 18 Maggio 2010.
86

delle loro possibilità: una vasta parte della popolazione del continente lavora, paga,
riscuote e risparmia denaro che non passa attraverso banche che lo potrebbero
reinvestire, non viene raccolto in conti di deposito al sicuro dai furti, non viene
convogliato in un sistema assicurativo che garantisca gli individui da necessità di
spesa improvvise e potenzialmente devastanti come un lutto o una siccità.
In generale, questa mole di denaro circola poco e lentamente con conseguenze
negative per l'intero sistema economico, sia dei singoli stati sia transnazionale, il
quale di conseguenza risulta asfittico e fragile: tuttavia, questo “vuoto” di servizi
significa anche una grande potenzialità di espansione per le imprese che si
riveleranno più dinamiche e creative nel creare nuovi modi di comunicare con il
pubblico. Lo scenario è incoraggiante soprattutto per il mobile banking, dato che
l'Africa è il mercato di telefonia mobile in più rapida espansione a livello mondiale179 con una penetrazione attesa del 50% entro il 2012.
Il corretto funzionamento dei mercati finanziari è di primaria importanza per il
tessuto economico; essi sono una rete di vasi attraverso cui ne scorre la linfa,
ovvero il denaro. Per questo motivo, affinché il sistema sia vitale e dinamico,
devono percorrerlo in ogni sua direzione per portare nutrimento, altrimenti la sua
salute ne viene compromessa. Dove non riescono ad arrivare a causa dei costi
troppo elevati o di ostacoli di vario tipo, lo sviluppo economico è privato di uno dei
suoi presupposti principali: in mancanza di veri istituti finanziari gli operatori sono
costretti a ricorrere a sistemi di pagamento e di risparmio informali che sovente
offrono meno sicurezza e rendono difficile l'attività economica.
Il CGAP, nel rapporto Financial Access 2009, ha delineato tre macro-aree di azione
politica necessarie a facilitare e stimolare lo sviluppo del settore bancario nei paesi
africani a bassa penetrazione: sotto il profilo legislativo, riducendo gli adempimenti
e semplificando la normativa di settore che pone alti costi di start-up; sotto il profilo
metodologico, adattando il sistema bancario ai contesti a bassissima densità
abitativa attraverso l'uso dei banchieri ambulanti, del branchless banking e del
179 Blycroft Publishing, Africa Mobile Factbook, 2008, Sito web di Public Sector Marketing, <http://www.publicsectormarketing.ca/ftp/Africa%20Mobile%20Fact%20Book%202008.pdf>, consultazione del 25 Maggio 2010.
87

mobile banking; il terzo prevede infine lo sfruttamento dell'esistente servizio postale
per integrare il sistema bancario grazie alla sua capillare diffusione nel territorio.180
Ci sono segnali promettenti che, attraverso un migliore uso della tecnologia e di
prodotti innovativi, sarà man mano possibile raggiungere sempre più persone tra
quelle che finora sono rimaste ai margini del sistema, in particolar modo attraverso
l'uso combinato dei banchieri ambulanti e dei telefoni cellulari, ma molto resta
ancora da fare in tal senso.
Per quanto riguarda gli abitanti delle zone rurali, la sfida per gli intermediari
finanziari è riuscire a trasformarli in clienti contenendo al massimo i costi dei
servizi attraverso un approccio creativo al concetto di banca. Utilizzando il
tradizionale sistema delle filiali infatti l'attività di un istituto di credito diventa
economicamente proibitiva con grande facilità: basti pensare che in vaste aree
dell'Africa l'elettricità è formalmente disponibile ma la sua fornitura è assai precaria
per via dei frequenti blackout. Per ovviare a questo inconveniente occorre dotarsi di
un generatore, talvolta perfino di due perché quello principale lavora gran parte del
tempo e ne serve uno di emergenza: così i costi lievitano enormemente e se si pensa
che nelle aree rurali i redditi medi degli africani e la circolazione del denaro sono
assai ridotti, questo fatto da solo preclude in linea di principio la stessa presenza
delle banche in zone anche molto estese.181 È quindi ragionevole pensare che
l'attività di banche e assicurazioni abbia un grande potenziale di crescita nel
continente africano, ma solo a patto che esse riescano a cogliere le opportunità
presenti con spirito di adattamento e impegno per comprendere le necessità, e le
potenzialità, dei suoi abitanti.
180 Consultative Group to Assist the Poor, Financial Access... , cit. , p. 40.181 Ibidem, p. 40.
88

4. LA REPUBBLICA DELLO ZAMBIA
La Repubblica dello Zambia è uno stato situato nella parte meridionale del
continente africano; non possiede sbocchi sul mare e confina a nord con la
Repubblica Democratica del Congo e la Tanzania, ad est con il Malawi ed il
Mozambico, a sud con lo Zimbabwe, il Botswana e la Namibia e ad ovest con
l'Angola. L'attuale repubblica è nata nel 1964, anno in cui il paese ha ottenuto
l'indipendenza nazionale dal Regno Unito, del quale è stato possedimento coloniale
dal 1923 dopo essere entrato nella sua sfera di influenza tramite l'attività della
British South African Company (BSAC) di Cecil Rhodes.
Attualmente ha una popolazione di circa 13 milioni di abitanti, in forte aumento
sebbene il tasso di fertilità sia andato decrescendo a partire dagli anni Settanta del
secolo scorso.182
In Zambia sono presenti ben 73 gruppi etno-culturali che parlano nove lingue
principali, suddivise in una molteplicità di dialetti. Il gruppo più numeroso è quello
Bemba, che da solo comprende circa il 34% della popolazione ed è prevalentemente
diffuso nel nord-est e nella regione del Copperbelt. Seguono i Tonga della provincia
Meridionale e Occidentale, che comprendono il 16% circa della popolazione; i
Nyanja o Chewa delle province Orientale e Centrale che rappresentano circa il 14%
ed hanno una forte presenza nella capitale Lusaka; infine, i Lozi sono grossomodo
un decimo della popolazione e sono stanziati nella zona occidentale. È inoltre
presente un ristretto numero di abitanti di origine europea e asiatica, dell'ordine di
poche migliaia, che vive principalmente nelle zone urbane o nelle aree rurali
prossime alla linea ferroviaria; gli abitanti di origine asiatica sono maggiormente
presenti nelle città e nel Copperbelt, e derivano dal gruppo di migranti insediatosi
nel paese in epoca coloniale per la costruzione delle opere infrastrutturali.
Dei gruppi linguistici prevalenti, dunque, quattro sono nettamente maggioritari ma,
182 Per l'esattezza, 12.620.219 abitanti: il dato è il più recente disponibile ed è riferito al 2008. Cfr. Banca Mondiale, scheda paese dello Zambia, sito web della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>, consultazione del 30 Maggio 2010.
89

di fatto, la lingua franca è il Bemba, quella che tutti o quasi capiscono meglio dello
stesso inglese, che pure è lingua ufficiale del paese.
Lo Zambia è un paese a maggioranza cristiana, sebbene solo una ristretta minoranza
abbia abbandonato completamente le credenze tradizionali. Oggi quasi il 70% della
popolazione è di fede cristiana: la confessione prevalente è quella cattolica, ma c'è
una forte presenza anche di anglicani, battisti e metodisti. La comunità asiatica
invece è prevalentemente indù con una minoranza musulmana, che ha fatto pochi
proseliti tra la popolazione autoctona.
Il sistema economico è assai fragile; coerentemente con le caratteristiche
dell'economia di derivazione coloniale che sono state delineate nel capitolo
precedente, il paese ha un settore industriale scarsamente sviluppato e dominato
dall'attività estrattiva e mineraria, la quale provvede ad una quota larghissima delle
esportazioni nazionali e in definitiva dell'intero prodotto interno lordo. L'economia
formale dell'area fin dall'epoca coloniale era basata sull'industria estrattiva del rame,
controllata da aziende straniere, la quale rappresentava circa il 90% delle
esportazioni.183 Il sottosuolo è in effetti ricchissimo di minerali quali nichel, stagno,
uranio e soprattutto rame, del quale il paese è uno dei maggiori produttori a livello
globale: negli anni Settanta del XX secolo la produzione zambiana rappresentava
più del 12% dell'intero mercato mondiale; nella seconda metà dei Sessanta, prima
che la crisi colpisse duramente i mercati internazionali, le esportazioni di rame
rappresentavano quasi il 93% delle esportazioni totali e circa il 44% del PIL del
paese.184
Come si vedrà più avanti nel capitolo, nonostante questa disponibilità di risorse il
paese è uno tra i più poveri al mondo e, con un reddito medio pro capite di 1.230
dollari annui, si colloca agli ultimi posti nella classifica mondiale della ricchezza: a
causa del calo del prezzo del rame sui mercati globali, il reddito medio ed il tenore
di vita della popolazione sono decresciuti negli ultimi trent'anni. Questo perché
anche dopo la fine del dominio coloniale la dipendenza dalle esportazioni di rame è
183 Cfr. Jürgen Wulf, Zambia Under the IMF regime, in “African Affairs”, n. 349, 1988, pp. 579 - 594.184 Cfr. W. Mordoff, R. V. Molteno, Politics in Zambia, Manchester, Manchester University Press, 1974, p.
320.
90

stata soltanto intaccata, senza che il sistema economico riuscisse ad evolvere e
diversificarsi.
4.1. Profilo storico
L'attuale popolazione zambiana è il risultato di una complessa serie di spostamenti
migratori che si snoda nel corso dei secoli. Gli attuali abitanti del paese discendono
da popoli dediti all'agricoltura che si stanziarono nella regione circa duemila anni
fa; le tradizioni culturali nella fascia settentrionale del paese sembrano indicare
influenze provenienti dal bacino superiore del Congo.
La maggioranza degli zambiani ha origini bantu, ma le migrazioni susseguitesi nel
tempo hanno generato un'ampia varietà di lingue e culture: la Figura 5 mostra
quanto sia eterogeneo il panorama della popolazione odierna sotto il profilo etnico e
linguistico.
Il popolo degli Shona è arrivato nell'area intorno al dodicesimo secolo, creando
l'impero di Mwene Mutapa che si estendeva attraverso gli attuali Zimbabwe e
Mozambico, comprendendo anche quello che oggi è lo Zambia meridionale; nel
sedicesimo secolo, piccole popolazioni di etnia Luba e Lunda instaurarono regni di
piccole dimensioni lungo il fiume Congo.
I Lozi sono arrivati nell'area dello Zambesi nel tardo diciassettesimo secolo, dove
hanno impiantato un'economia agricola basata sui cicli di piena del grande fiume; i
Tonga si sono invece insediati nel plateau meridionale, vivendo di allevamento e
agricoltura.
I Nyanja risiedono prevalentemente nell'attuale Malawi ma popolano anche il nord-
est dello Zambia; la loro etnia è collegata a quella Bemba, che è arrivata dall'area
dell'odierna Repubblica Democratica del Congo tra il diciassettesimo e il
diciottesimo secolo. I Bemba erano un popolo guerriero che basava la propria
economia sulla conquista e il saccheggio; verso la fine del diciannovesimo secolo i
loro contatti con i mercanti arabi e swahili, con i quali avevano intensi rapporti
commerciali, li resero molto potenti. I missionari e gli ufficiali coloniali che
91

vennero in contatto con loro riferirono che essi non si dedicavano alla coltivazione
del cibo, sfruttando invece il lavoro delle popolazioni sotto il loro controllo per la
produzione agricola.185
La distribuzione dei gruppi etnici ha influenzato la suddivisione amministrativa dei
territori: nella provincia occidentale il gruppo nettamente maggioritario sono i Lozi,
che sono stanziati nelle pianure alluvionali dello Zambesi e nelle aree circostanti.
La provincia Settentrionale è dominata invece dai Bemba, i quali nell'Ottocento
avevano costruito un regno molto esteso: la provincia divenne poi una delle
principali fonti di forza lavoro quando furono aperte le miniere agli inizi del
185 M. Jerven, Colonial copper and post-colonial diamonds: comparing the economic history of Zambia and Botswana c. 1900 – 2000, London, Economic History Department of London School of Economics, 2009, p. 2.
92

Novecento, ed il bemba è così divenuto la lingua franca del Copperbelt, oltre che la
più parlata nell'intero paese.
La provincia di Luapula si estende lungo il fiume omonimo, dal lago Bangweulu al
lago Mweru, ed è abitata da una serie di popoli di lingua bemba ma appartenenti ad
etnie differenti; tra questi i Lunda, che nel diciannovesimo secolo dominavano su
tutta la valle.
La provincia orientale è abitata dagli Nsenga, i Chewa, i Kunda ed i Ngoni, che
sono arrivati da sud durante l'Ottocento. La lingua dominante è il Nyanja che è
anche la lingua franca di Lusaka, la quale ha raccolto un grande numero di emigrati
da tale zona.186
La provincia del Copperbelt è la sede principale dell'industria mineraria; i suoi
abitanti provengono da tutto il paese e perfino dai paesi vicini perché le miniere
sono grandi utilizzatrici di manodopera; è l'unica provincia ad avere attirato flussi
migratori oltre a quella di Lusaka.
In Zambia vivono inoltre alcune migliaia di abitanti di origine europea ed asiatica: il
numero degli europei è ridotto perché molti hanno abbandonato il paese negli anni
seguenti all'indipendenza, passando da circa 40.000 alla fine degli anni Sessanta del
XX secolo a poco più di 2.500 individui alle soglie del terzo millennio. Ciò è
dovuto anche alla politica di “zambianizzazione” dell'industria e dell'economia
attuata dopo l'indipendenza, con la quale sono state poste forti restrizioni alla
possibilità per i non - zambiani di lavorare in certi settori, come quello strategico
dell'industria mineraria. Al contrario, negli ultimi cinquanta anni è andato
costantemente aumentando il numero degli asiatici: la maggioranza di essi è di
provenienza indiana e lavora nel commercio al dettaglio, soprattutto nelle città dato
che nel 1970 è stato formalmente proibito ai cittadini stranieri di insediarsi nelle
aree rurali.187
Fino alla fine dell'Ottocento il numero di europei nell'area dello Zambesi è stato
trascurabile; i primi esploratori portoghesi arrivarono nel diciottesimo secolo, che
186 Sui regni e le loro evoluzioni etnico-politiche cfr. G.P. Calchi Novati, P. Valsecchi, op. cit.187 United Nations Human Settlements Programme, Land tenure, housing rights and gender in Zambia,
Nairobi, UN-habitat, 2005, p. 42.
93

coincise con un periodo di instabilità nella regione a causa delle migrazioni e dal
fiorente commercio degli schiavi praticato da arabi ed europei. Nel diciannovesimo
secolo da sud sono arrivati gli Ngoni, mentre i Kololo per un breve periodo hanno
dominato sui Lozi nella valle superiore dello Zambesi.
Tra il 1851 ed il 1856 l'esploratore inglese David Livingstone compì un lungo
viaggio nell'entroterra africano con lo scopo di aprire nuove rotte commerciali e
raccogliere informazioni sul territorio. Seguì il corso dello Zambesi che suscitava
molte aspettative come grande via di trasporto fluviale, aspettative poi totalmente
disattese dal suo corso irregolare e ricco di cateratte; durante il suo viaggio arrivò a
scoprire le imponenti cascate a cui diede il nome della regina Vittoria. Questa
spedizione aveva evidenziato le grandi difficoltà di penetrazione nel continente, le
quali non sembravano compensate da nessun beneficio immediato: questo finché, a
partire dagli anni Settanta del secolo, la scoperta dei diamanti e poi dell'oro
nell'Africa meridionale portò un forte incentivo a compiere ulteriori viaggi
esplorativi e quindi alla conquista.
A parte qualche missionario, i primi coloni sarebbero arrivati nella regione solo
negli anni Novanta dell'Ottocento, dopo che l'imprenditore inglese Cecil Rhodes
aveva inviato, con l'appoggio del governo, una spedizione che partendo dal
Sudafrica si era diretta a nord, in quella che sarebbe poi divenuta la Rhodesia.188
Rhodes è stato un personaggio chiave nella storia dell'Africa australe: per opera sua
l'intera area dello Zambesi entrò nella sfera di influenza britannica durante la corsa
al dominio coloniale, lo “Scramble for Africa”. Nel 1889 il governo britannico
rilasciò alla sua compagnia, la British South Africa Company, una concessione con
la quale le conferiva il potere di reclamare di fronte alle altre potenze europee diritti
sul territorio africano in nome della Corona, nonché di amministrare quello in suo
possesso. La BSAC si avvalse di questa concessione per prendere controllo di aree
sempre più vaste dell'Africa meridionale, attraverso accordi e trattati con i capi
188 La spedizione, compiuta nel 1890, era stata voluta dal governo inglese che intendeva prendere controllo dei territori a nord del Transvaal dato che la Germania di Bismark aveva iniziato ad occupare l'area del sud-est, contestualmente al territorio che sarebbe poi divenuto l'attuale Namibia, e c'era il rischio che alleandosi con i boeri, i discendenti dei primi coloni olandesi ostili al Regno Unito, potesse accerchiare i possedimenti britannici ostacolandone l'espansione verso nord. A seguito di queste spedizioni il Regno Unito estenderà la propria influenza verso le future Rhodesie ed il Nyasaland, poi rinominato Malawi.
94

locali o, più raramente, usando la forza.
In questa fase l'avanzata degli europei in quello che sarebbe poi divenuto lo Zambia
subì poca resistenza: l'opposizione più forte fu condotta dagli Ngoni, i quali
combatterono apertamente le truppe della compagnia nel 1898. I Bemba, al
contrario, erano divisi e non capirono la portata di ciò che stava accadendo, come
pure i Lozi, il cui re ritenne che allearsi con gli Inglesi avrebbe protetto il suo
popolo contro Portoghesi e Ndebele. È anche probabile che la resistenza degli
indigeni sia stata fiaccata da malattie e carestia: negli anni novanta del XIX secolo
un'epidemia di vaiolo si diffuse nella futura Rhodesia, e negli stessi anni peste e
carestie colpirono duramente la popolazione.189
La BSAC aprì la sua prima miniera di rame nel 1908 a Broken Hill, presso l'odierna
città zambiana di Kabwe; come tutte le chartered companies nella storia
dell'imperialismo britannico, essa esercitò un controllo totale sul territorio,
amministrando la giustizia e riscuotendo le imposte fino al 1923, anno in cui il
governo britannico decise di non rinnovare la concessione. L'anno seguente il
possedimento fu posto sotto il diretto controllo del Regno Unito.
Al momento del trasferimento di potere dalla BSAC al governo inglese la Rhodesia
del Nord era una terra provata fino allo stremo dall'amministrazione predatoria della
compagnia. Dopo un tentativo fallito di incentivare l'immigrazione di coloni
dall'Inghilterra riservando terreni lungo la ferrovia per concessioni agricole, lo stato
coloniale decise di investire nello sfruttamento delle immense risorse minerarie:
questo richiedeva una grande quantità di manodopera e il governo impose, ove
necessario con la violenza, restrizioni alla possibilità degli africani di spostarsi per
frenare l'emorragia di forza lavoro iniziata nel primo dopoguerra a causa del
degrado dei terreni coltivabili responsabile dei cattivi raccolti e dell'epidemia
bovina, che negli anni Dieci del XX secolo aveva decimato il bestiame. Il grave
declino dell'agricoltura, unito alla forte inflazione che si verificò a seguito della
guerra, gettò in miseria grande parte della popolazione. Nel frattempo, lo sviluppo
delle attività minerarie le portò ad essere la principale fonte di reddito del paese,
189 Per un approfondimento sul tema si veda: J.Iliffe, op.cit.
95

configurando una economia duale in cui la regione del Copperbelt diventò
progressivamente una enclave ricca all'interno di un paese poverissimo.190
Nel 1953, sotto l'impulso del governo inglese che intendeva favorire il
rafforzamento dell'autogoverno senza perdere il controllo delle Rhodesie, nacque la
Federazione Centroafricana composta da Rhodesia del Nord, Rhodesia del Sud e
Nyasaland, ovvero l'attuale Malawi. Salisbury, oggi Harare, fu designata come sede
del parlamento federale: esso tuttavia fallì nel compito di garantire eguale
rappresentanza e peso politico ai tre paesi federati, o almeno tale apparve la
situazione ai cittadini del futuro Zambia. Proprio in questo periodo, per reazione, in
Rhodesia del Nord comparvero infatti i primi segni di un crescente nazionalismo,
insieme al fastidio per una federazione che sembrava avvantaggiare soltanto una
ristretta parte dei suoi cittadini.191
Nel 1960 Kenneth Kaunda, un attivista politico zambiano che era stato discepolo di
Gandhi, fondò lo United National Independence Party (UNIP) attraverso il quale fu
avviata una intensa campagna politica per l'indipendenza nazionale e per una
maggiore partecipazione politica della popolazione nera. Nel 1964 lo Zambia
ottenne l'indipendenza dalla Gran Bretagna e Kaunda ne diventò il primo
presidente.192
4.2. L'indipendenza e le politiche di sviluppo
Al momento dell'indipendenza, nel 1964, le prospettive economiche e politiche per
il paese erano buone se confrontate con la situazione nei paesi vicini: secondo
l'autorevole storico Gann, in Zambia “there was a well filled treasury, a reasonably
stable currency, an efficient civil service, a free press and a working parliamentary
system that gave representation to several parties”.193 Tuttavia, politiche
economiche improntate ad un inefficiente e clientelare dirigismo, unite ad una
190 Cfr. A. M. Gentili, Il leone e il cacciatore. Storia dell'Africa subsahariana, cit. pp. 244 – 245.191 Su questo, cfr. Gabriele Smussi (a cura di), Quale indipendenza in Zambia? Storia,politica ed economia,
Brescia, 2007, 32.192 Ibidem, p. 32.193 Cfr. L. H. Gann, Malawi, Zambia and Zimbabwe, in P. Duignan and R. H. Jackson (a cura di), Politics
and Government in African States, Stanford, Hoover Press, 1986, p. 183.
96

situazione internazionale difficile sia sotto il profilo politico che sotto quello
economico, vanificarono quel vantaggio iniziale portando il paese ad occupare gli
ultimi posti nelle statistiche mondiali del reddito e dello sviluppo umano: lo Zambia
è passato dall'essere uno dei paesi più prosperi dell'Africa subsahariana ad un'area di
scarso sviluppo e grande povertà, in cui i cittadini poveri delle campagne sono
rimasti sistematicamente esclusi da qualsiasi opportunità di sviluppo sociale e
crescita economica; anche nelle città le opportunità di impiego sono cresciute in
maniera esigua rispetto all'aumentare complessivo della popolazione,194 la cui
crescita è stata costante nei primi quattro decenni dall'indipendenza.
La quasi totalità dei sudditi coloniali era dedita ad attività economiche informali, se
si esclude una esigua minoranza che lavorava nelle miniere oppure nei bassi ranghi
dell'amministrazione coloniale. Come negli altri paesi africani, al momento
dell'indipendenza quindi tra le priorità del nuovo governo ci fu l'africanizzazione e
lo sviluppo dell'apparato produttivo, operazione delicata ma che, dati i bassi costi
della manodopera locale, appariva praticabile oltre che desiderabile.
Negli anni immediatamente seguenti l'indipendenza, il governo di Lusaka mantenne
un'agenda politica liberale. In questo periodo ebbe luogo una certa crescita nel
comparto manifatturiero, la quale però non sembrava avere alcun impatto sul resto
del sistema economico: il settore agricolo aveva una bassa produttività e stentava
quindi a tenere il passo con la crescita demografica, causando non pochi problemi di
approvvigionamento.195
La neonata repubblica si era data un assetto istituzionale pluralista e parlamentare,
in cui il presidente era il responsabile dell'azione del governo: tuttavia, l'avvento
dell'indipendenza portò ad un progressivo surriscaldamento delle dinamiche e del
dibattito politico che la giovane nazione zambiana difficilmente riusciva a far
rientrare nell'alveo di una sana dialettica democratica. Di fronte a questa situazione
il governo reagì con la compressione delle libertà politiche e accentrando sempre
194 World bank – Human Resources Division, Southern Africa Department, Africa regional office, Zambia Poverty Assessment – Vol.1, World Bank, 1994, p. 9, dal sito web della Banca Mondiale, <http://www-wds.worldbank.org/servlet/WDSContentServer/WDSP/IB/1994/11/10/000009265_3961006155856/Rendered/PDF/multi_page.pdf>, consultazione del 20 Maggio 2010.
195 World Bank, World development report 2008: agriculture for development, Washington D.C. , The World Bank, 87.
97

più potere; la presidenza di Kaunda si avviò così ad assumere caratteri di crescente
autoritarismo.196
Forte della buona situazione dei conti pubblici, lo stato intraprese fin dai primi anni
dell'indipendenza uno sforzo economico rilevante per ampliare la qualità dei servizi
di base, istruzione e sanità in primis; il tutto all'interno di un framework ideologico
che ambiva a sintetizzare la tensione verso il progresso con il rispetto della cultura
tradizionale del paese, e che Kaunda aveva chiamato “umanismo”.197
Nel 1968 il presidente dichiarò che, per favorire lo sviluppo economico e garantire
un utilizzo delle risorse che portasse benefici reali alla popolazione, lo stato avrebbe
acquisito il controllo di alcune tra le principali aziende del paese, le quali erano
attualmente in mano a compagnie straniere:198 questo discorso programmatico è
divenuto noto come la Mulungushi Declaration. La crescita del settore formale e
dell'industria, finanziata dagli introiti minerari, avrebbe dovuto trainare lo sviluppo
dell'intero sistema e stimolare la crescita di una produzione interna che andasse
progressivamente ad alleviare la grave dipendenza dalle importazioni. Il governo
attuò questo proposito tramite l'acquisizione di una quota azionaria pari almeno al
51% nelle aziende interessate; per gestire l'intera operazione ed esercitare il
controllo azionario fu potenziata la Industrial Development Corporation (INDECO),
un'agenzia pubblica nata dalla riorganizzazione della Northern Rhodesia
Development Agency, risalente all'epoca coloniale, che diventò lo strumento usato
dal governo per gestire le imprese a partecipazione statale.199
Questa strategia prevedeva anche un aumento dei servizi forniti dallo stato e la
“zambianizzazione” del settore economico formale, ovvero l'estromissione ove
possibile degli europei dalle posizioni di responsabilità.
Nel 1970 il governo acquisì la quota di maggioranza delle filiali zambiane delle due
196 Cfr. C. J. Gertzel, C. L. Baylies, M. Szeftel, The dynamics of the one-party state in Zambia, Manchester University Press ND, 1984, p. 4.
197 Cfr. C. J. Gertzel, C. L. Baylies, M. Szeftel, op. cit. , p. 9; Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , 32.198 Kenneth Kaunda, Zambia: Towards Economic Independence, discorso tenuto dal presidente Kaunda di
fronte al Consiglio Nazionale dell'UNIP a Mulungushi il 19 Aprile 1968; citato in K. Kaunda, Zambia's economic reforms, “African Affairs”, Vol. 67, No. 269, discorso tenuto alla Burlington House di Londra il 18 Luglio 1968, pp. 295-304.
199 N. S. Carey Jones, S. M. Patankar, M. J. Boodhoo, Politics, public enterprise and the industrial development agency. Industrialisation policies and practices, London, Croom Helm, 1974, p. 118.
98

maggiori compagnie minerarie, la Anglo American Corporation e la Rhodesia
Selection Trust, che vennero ribattezzate rispettivamente Nchanga Consolidated
Copper Mines (NCCM) e Roan Consolidated Mines (RCM); per amministrarne la
gestione venne creata un'altra compagnia statale, la Mining Development
Corporation (MINDECO).200 Una terza compagnia pubblica, la Finance and
Development Corporation (FINDECO), prese il controllo delle società assicurative
e di costruzioni; soltanto le filiali di banche straniere riuscirono ad evitare di perdere
l'indipendenza.
In parallelo con la centralizzazione del potere politico ed alla deriva verso un
sistema autoritario, lo stato andò stringendo la propria presa anche sul sistema
economico. Nel 1971 una riforma lo rese ancora più centralizzato e verticistico; la
INDECO, la MINDECO e la FINDECO furono riunite sotto l'insegna della Zambia
Industrial and Mining Corporation (ZIMCO), la quale di fatto si trovò ad accogliere
al suo interno la quasi totalità del sistema produttivo nazionale: ciò la rese fin dalla
nascita una delle compagnie più grandi dell'Africa subsahariana. Il presidente
Kaunda vi ricopriva il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione.
Il dirigismo economico a sua volta fu occasione per il governo di aumentare il
controllo sulla scena politica e sulla società: nel 1972, con il pretesto di contrastare i
disordini che sarebbero potuti scaturire dalle tensioni in corso all'interno del partito
di governo e dallo scontro frontale con l'opposizione, vennero banditi tutti i partiti
politici a eccezione dell'UNIP: il bando fu istituzionalizzato l'anno seguente con
l'adozione di una nuova carta costituzionale, che sanciva l'inizio della “seconda
repubblica”.201 Le strutture amministrative di ogni livello, dagli uffici provinciali ai
comitati di villaggio, vennero unificate con le sedi dell'UNIP.202
Lo stato-partito così configurato riuscì progressivamente a raggiungere una
formidabile presa su tutto il sistema socioeconomico, al punto che il tesseramento
era diventato un prerequisito perfino per avere accesso ai servizi di base: questo
approccio burocratico ed improntato ad uno spiccato favoritismo portò nel medio-
200 Nel 1982 la NCCM e la RCM furono riunite nella Zambia Consolidated Copper Mines Ltd (ZCCM).201 Cfr. C. J. Gertzel, C. L. Baylies, M. Szeftel, op. cit. , p. 17.202 Cfr. Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , p. 33.
99

lungo periodo all'esclusione di alcuni tra i più vulnerabili da servizi che in teoria
erano stati pensati appositamente per loro.203 Inoltre, dopo un primo periodo di forte
espansione della spesa pubblica il dissesto dei bilanci non permise più il
mantenimento delle scuole e degli ambulatori medici, che pure erano stati costruiti
in tutto il paese.
La Figura 6 mostra l'evoluzione del valore attuale del PIL zambiano dal 1964, anno
dell'indipendenza, fino ai giorni nostri: l'andamento decrescente innescatosi
all'inizio degli anni Settanta del XX secolo finisce per lasciare posto ad una
inversione di tendenza duratura soltanto nei primi anni Novanta; il valore ritorna al
livello iniziale solo nel 2007 a seguito, peraltro, di un elevato aumento dei prezzi
del rame che ha trainato verso l'alto il valore delle esportazioni zambiane e di
conseguenza il reddito del paese. Gli altri settori dominanti del sistema economico,
agricoltura e turismo, sono cresciuti in misura assai ridotta.204
La presidenza di Kaunda, durata per ventisette anni dall'indipendenza al 1991, fu
quindi contraddistinta da una politica economica fortemente statalista che provocò
un forte irrigidimento del sistema: questo, complici le alte tariffe doganali, rese
l'economia asfittica ed incapace di competere nei mercati. Sotto il profilo
economico questa gestione può a ragion veduta essere definita disastrosa: alla fine
della presidenza di Kaunda il reddito medio dei salariati era inferiore a quello del
203 World bank, Zambia Poverty Assessment, op. cit. , p. 40.204 M. Larmer, A. Fraser, Of cabbages and cobra: populist politics and Zambia's 2006 election, in “African
affairs”, n. 425, 2007, p. 618.
100
Figura 6: L'evoluzione del PIL zambiano dall'indipendenza ad oggi
Fonte: elaborazione propria su dati della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>.
19651968
19711974
19771980
19831986
19891992
19951998
20012004
2007
01.0002.0003.0004.0005.0006.0007.0008.0009.000
PIL a valore attuale
Mili
ard
i di $

1964, grande parte della popolazione non riusciva a provvedere adeguatamente alla
propria alimentazione e la cittadinanza era provata dal razionamento e dalle code
necessarie per procurarsi beni di prima necessità.205 A livello macroeconomico,
come mostra il grafico, non fu creata ricchezza ma anzi il reddito nazionale seguì un
trend negativo.
Secondo alcuni studiosi questa strada fu seguita a causa della sfiducia nel settore
privato lasciata in eredità dall'esperienza coloniale,206 ma la ragione di molte
decisioni rivelatesi nocive per il benessere del paese può essere più
pragmaticamente cercata nei benefici che esse garantivano alla classe politica ed
alla élite urbana cooptata nell'apparato clientelare dello stato. La politica dirigista è
stata così perniciosa per l'economia che nei primi dieci anni di indipendenza,
durante i quali il prezzo del rame cresceva e c'era un alto livello di investimento in
una congiuntura complessivamente favorevole, il valore della produzione crebbe
soltanto del 2,4% all'anno, molto meno del tasso di incremento demografico annuo;
di conseguenza il reddito pro-capite subì un significativo abbassamento.
La corresponsabilità di questa performance globale disastrosa va attribuita in larga
parte alla bassissima efficienza del settore pubblico, unita ad un basso livello medio
di competenza in materia di amministrazione della cosa pubblica; oltre a queste tare
di implementazione, tuttavia, vanno sottolineati gravi errori strategici in sede
politica.
Infatti, lo slancio verso l'aumento della produzione in Zambia ha sempre trascurato
il comparto agricolo: un grave errore le cui conseguenze sono state pagate dalla
popolazione. Il governo non ha cercato di incentivare l'attività dei piccoli coltivatori
che tuttavia erano e sono una parte rilevantissima della popolazione, e avrebbero
potuto contribuire ad assorbire parte della forza lavoro disoccupata e aumentare la
produzione agricola, facendo scendere i prezzi. Infatti, per tutti gli anni Ottanta del
secolo scorso ha avuto luogo nelle zone rurali una emorragia di forza lavoro, che si
spostava verso le città per trovare un impiego nel settore formale, relativamente
205 Cfr. Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , p. 37.206 Cfr. World bank – Human Resources Division, Southern Africa Department, Africa regional office, op.
cit. , p. 40.
101

meglio pagato di qualunque altro, nonostante di fatto l'offerta di lavoro fosse in
continua contrazione.207 Sarebbe invece stato utile per il paese avere più energie
investite nella produzione di cibo.
Non solo lo stato non investiva nella produzione alimentare, ma il prezzo del mais
nelle città era sussidiato e questo costituiva un ulteriore incentivo per gli abitanti
delle aree rurali a spostarsi: come nella maggior parte dei paesi africani, si stava
sviluppando una classe di lavoratori informali urbani a basso reddito sempre più
numerosa. La disoccupazione nelle aree urbane era alta, ed i termini di scambio per
gli abitanti delle campagne diventavano via via più sfavorevoli; di fronte a questa
situazione, il governo cercava di proteggere il potere di acquisto dei cittadini per
mantenere il suo consenso calmierando il prezzo del mais e finanziando questa
politica con i prestiti internazionali. Questa pressione sulle finanze pubbliche
avrebbe finito per minare la capacità della pubblica amministrazione di fornire i
servizi di base alla cittadinanza, anche in settori chiave come la sanità e l'istruzione.
Nel 2005, questa fase della storia zambiana sarebbe stata ricordata dallo storico
Martin Meredith come “a catastrophic record of mismanagement”.208
Tuttavia, sarebbe scorretto attribuire l'intera responsabilità dei fallimenti del paese
nel percorrere la strada dello sviluppo al suo “padre liberatore”, il presidente
Kaunda. Infatti, è opportuno ricordare che, sebbene negli anni Sessanta la
congiuntura economica fosse incoraggiante, la situazione cambiò rapidamente con
lo shock petrolifero del 1973. L'improvviso balzo verso l'alto del prezzo del petrolio
fu seguito da vicino da un crollo del prezzo del rame; questo ebbe una grave
ripercussione sui bilanci dello stato, dato che le esportazioni di rame costituivano il
95% delle esportazioni zambiane, che quasi dimezzarono il loro valore nell'arco di
un solo anno.209
Per fare fronte alla improvvisa carenza di liquidità provocata dallo shock, nel 1973
il governo di Lusaka firmò un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per la
207 World bank – Human Resources Division, Southern Africa Department, Africa regional office, Zambia Poverty Assessment, cit. , p. 40.
208 Cfr. M. Meredith, The state of Africa : A history of fifty years of independence, 2005, London, J. Ball, p. 380.
209 Il dato è riferito al 1975. Tra il 1970 ed il 1985 il prezzo relativo del rame grezzo rispetto a quello dei manufatti è sceso del 63%.
102

stabilizzazione ed il rilancio dell'economia: esso prevedeva tra le altre cose il
mantenimento di un livello minimo di scorte di valuta estera e l'adozione di una
politica di rigore finanziario, necessaria per far fronte al diminuito gettito derivante
dalle esportazioni.
Tuttavia queste misure non furono sufficienti: la caduta continua della quotazione
del rame, cui si sommavano i difficili rapporti con i paesi vicini quali Rhodesia del
sud, Angola e Mozambico, nel pieno della lotta per l'indipendenza nazionale,
colpiva duramente l'economia. Nel 1976 l'enorme deficit costrinse il governo
zambiano a chiedere nuovamente l'aiuto del FMI: il secondo accordo prevedeva,
oltre al contenimento del deficit pubblico, un congelamento dei salari, un aumento
del prezzo del mais che fino ad allora nelle aree urbane era stato calmierato per
evitare disordini, ed una svalutazione del 20% della valuta nazionale, il Kwacha.
Tutti questi aggiustamenti però non sortirono alcun effetto tangibile, complice anche
la difficile situazione economica e politica della regione.
Nel 1978 fu varato un terzo programma del FMI con caratteristiche analoghe al
secondo; nonostante lo Zambia avesse fatto registrare una crescita economica
negativa, era riuscito a rispettare i requisiti richiesti ed il Fondo erogò il
finanziamento: al momento della stipula dell'accordo il debito pubblico estero
ammontava a circa 1,4 miliardi di dollari.210 La situazione economica continuò a
peggiorare sensibilmente a causa del declino del valore delle esportazioni e di un
periodo di scarsità di piogge che provocò una grave penuria di derrate alimentari.
Seguì un quarto programma nel 1981 e un quinto nel 1983, con il quale per la prima
volta fu elaborato un piano di risanamento ad ampio spettro, articolato in una serie
di riforme multisettoriali. Tra i punti più significativi figuravano una politica di
diversificazione delle esportazioni, la libera fluttuazione del valore della moneta e,
soprattutto, dei prezzi, la liberalizzazione del commercio estero e del mercato del
credito, oltre al proseguimento di una politica di austerità nella spesa pubblica.211
Questa terapia d'urto fu assai pesante da sopportare per lo Zambia e il difficile
210 Scheda paese dello Zambia, sito web della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>, consultazione del 05 Giugno 2010.
211 Cfr. O. S. Saasa, Policy Reforms and Structural Adjustment in Zambia. The Case of Agriculture and Trade, Lusaka, Institute for African Studies - University of Zambia, 1996, pp. 13 – 18.
103

assestamento dell'economia che seguì alle riforme portò una forte inflazione, con
gravi ripercussioni sul piano politico: il malcontento innescò disordini per il cibo
nell'area del Copperbelt, che nel 1986 arrivarono al culmine provocando dei morti.
Di fronte all'ostilità per questi piani di aggiustamento strutturale, diffusa
specialmente tra i disoccupati e i lavoratori dipendenti, nel 1987 il governo di
Lusaka abbandonò unilateralmente il programma concordato con le istituzioni
internazionali e lanciò un proprio piano di stimolo dell'economia. Furono
reintrodotte le restrizioni doganali, diminuita la quota di reddito destinata a ripagare
il debito e venne rinnovato il controllo su prezzi e tassi di interesse. Questo permise
alla moneta di apprezzarsi ma non arrestò l'inflazione, fallendo l'obiettivo di
proteggere il potere d'acquisto dei cittadini.
Nel 1989 il governo dette avvio all'ennesimo programma di austerità finanziaria allo
scopo di rimettere in sesto le dissestate finanze pubbliche, divenuto inevitabile dopo
un lungo periodo di aumento del debito pubblico a dispetto di prestiti e programmi
internazionali; questa ennesima richiesta di sacrifici fu male tollerata dalla
popolazione. Nel 1990 scoppiarono disordini per il cibo a Lusaka, i quali dettero
forza e visibilità alle richieste sempre più forti di abolire il sistema a partito unico,
che era ormai inviso alla cittadinanza a causa della corruzione e dell'evidente
incapacità dell'UNIP di affrontare i problemi del paese: di fronte alla tensione
crescente, nel 1991 fu varata una nuova carta costituzionale che ammetteva alla
competizione elettorale tutte le formazioni politiche. Nello stesso anno, ebbero
luogo le prime elezioni multipartitiche; Frederick Chiluba diventò il nuovo
presidente con l' 81% dei voti.
Chiluba era un ex sindacalista, già presidente della Zambian Congress of Trade
Unions (ZCTU); era stato poi tra i fondatori del Movement for Multi-party
Democracy (MMD) il quale, da gruppo di pressione per l'abolizione del
monopartitismo, si era trasformato in partito politico presentandosi alle elezioni con
lo slogan “The Hour Has Come”. Fin dai primi anni il suo governo si distinse per
una intensa attività riformatrice in senso liberista, con l'avvio della privatizzazione
di più di 250 compagnie a controllo statale corrispondenti a circa l'85%
104

dell'apparato produttivo del paese. Il governo abbassò drasticamente le tariffe
doganali, ritirò i sussidi alla produzione industriale ed agricola e rimosse il controllo
statale sul tasso di cambio.
Questo radicale processo di riforma ebbe ripercussioni pesantissime sull'economia:
con la privatizzazione, aziende impiantate per fornire beni di prima necessità in un
regime di restrizioni doganali non seppero reggere la concorrenza nel mercato
aperto e questo provocò una ondata di fallimenti: tra il 1992 ed il 2004,
l'occupazione nel settore formale crollò del 24%. Inoltre il parallelo e brusco taglio
della spesa pubblica unito all'impennata del tasso di disoccupazione fu causa di
gravi difficoltà per la cittadinanza zambiana.
Nonostante le gravi difficoltà attraversate dal paese, passato da un rigido dirigismo
al liberismo più ortodosso senza nessuno step intermedio, Chiluba fu rieletto
trionfalmente nel 1996; tuttavia, verso la fine del secondo mandato, egli perse
rapidamente rispetto e sostegno politico per via dei ripetuti tentativi di modificare la
costituzione per avere la possibilità di candidarsi nuovamente, ma soprattutto a
causa delle crescenti accuse di corruzione che gli venivano rivolte.
Le riforme di Chiluba, se partivano da una necessità reale ovvero quella di stimolare
l'economia resa asfittica da un quarto di secolo di statalismo corrotto e inefficiente,
hanno avuto effetti perniciosi per il paese. Oltre che dalla eccessiva velocità, il
processo di privatizzazione è stato danneggiato dalla carenza di un ceto
imprenditoriale autoctono, da un elevato grado di corruzione tra i funzionari
governativi incaricati di gestire la vendita delle attività e dalla mancanza di un
effettivo controllo da parte dell'opinione pubblica. Le conseguenze di ciò furono
procedure di asta e di valutazione del tutto prive dei requisiti previsti dalla legge in
materia di trasparenza della trattativa e di impatto ambientale nel caso di aziende
delicate sotto il profilo ecologico come quelle minerarie, assai preminenti nel
sistema economico zambiano.212
Nonostante il forte malcontento popolare dovuto alla drammatica caduta
dell'occupazione e alle difficoltà causate dalle pesanti riforme strutturali, il MMD
212 Cfr. M. Larmer, A. Fraser, Of cabbages and cobra: populist politics and Zambia's 2006 election, in “African affairs”, n. 425, 2007, p. 617.
105

riuscì nel 2001 a vincere le elezioni per la terza volta con Levy Mwanawasa, che
poteva però contare su un sostegno popolare assai ridotto rispetto ai plebisciti che
avevano garantito la presidenza al suo predecessore,213 in gran parte a causa dei
pesanti sospetti di corruzione che gravavano sul partito.
Verso la fine del suo mandato, Chiluba infatti fu accusato di avere trafugato ingenti
somme di denaro;214 nel 2001 una serie di indagini sollevò seri dubbi sulla
possibilità che egli avesse abusato del suo potere per accumulare grandi ricchezze
all'estero tramite corruzione ed appropriazione indebita di denaro di alcune
compagnie pubbliche; Mwanawasa, che pure in campagna elettorale aveva riscosso
l'appoggio del presidente uscente e ne aveva preso le difese in diverse occasioni,
chiese ed ottenne dal parlamento la sospensione dell'immunità del suo predecessore
perché potesse essere messo sotto inchiesta.215
Durante la presidenza Mwanawasa lo Zambia attraversò un periodo di crescita
economica stabile, sostenuta anche dall'aumento dei prezzi del rame; inoltre, in uno
sforzo di rigore finanziario il paese riuscì a riscattare ben il 90% del suo debito
estero. Nelle elezioni del 2006 il presidente ottenne un secondo mandato, sempre
alla guida del MMD.216
Il 29 Giugno 2008 Mwanawasa cadde vittima di un ictus ed entrò in coma: morì il
19 agosto dello stesso anno. La sua malattia lasciò il paese in uno stato di
confusione dato che la carta costituzionale non prevedeva procedure di emergenza
in casi del genere: in questo periodo di incertezza sulla sorte del presidente, nonché
del governo da lui presieduto, andò crescendo il potere del vicepresidente Rupiah
Banda, che aveva l'incarico di reggere temporaneamente il paese. Le elezioni,
tenutesi in ottobre, videro il MMD vincere di misura portando Banda a diventare il
quarto presidente dello Zambia.217 La sua vittoria fu dovuta principalmente al fatto
che egli aveva saputo aggregare consensi all'interno del MMD, ovvero il partito
213 Cfr. M. Larmer, A. Fraser, op. cit. , pp. 615 – 617; Jan Kees Van Donge, The plundering of Zambian resources by Chiluba and his friends: a case study of the interaction between national politics and the international drive towards good governance, in “African Affairs”n. 430, 2009, 73.
214 Cfr. Jan Kees Van Donge, op. cit. , p. 69.215 Ibidem, p. 75.216 M. Larmer, A. Fraser, op. cit. , p. 611.217 Cfr. N. Cheeseman, M. Hinfelaar, Parties, platforms, and political mobilization: the zambian
presidential election of 2008, in “African affairs”, n. 434, 2010, p. 51.
106

dominante; la sua popolarità presso la cittadinanza, infatti, era assai ridotta.218
4.3. I rapporti con i paesi vicini
Oltre che dal prezzo del rame, fin dal momento dell'indipendenza le vicende
economiche del paese sono state profondamente influenzate da fattori di natura
geopolitica: le relazioni con i paesi africani controllati da élite di provenienza
europea e il difficile accesso alle vie di comunicazione.
Durante le lotte per l'indipendenza nei vicini Zimbabwe,219 Mozambico, Angola e
Sudafrica220 si era configurato un “fronte” tra gli stati ancora controllati da una
classe dirigente bianca e quelli che erano almeno formalmente emancipati: lo
Zambia era sul confine tra questi due gruppi in quanto confinante con Angola e
Zimbabwe e partner commerciale del Sudafrica; non poteva quindi non prendere
posizione. Tale situazione diplomatica era resa complessa dal fatto che, non avendo
sbocchi sul mare, il paese deve fare affidamento sulle vie terrestri e quindi sulle
relazioni con i paesi vicini per tenere aperti i flussi commerciali e garantirsi
l'approvvigionamento di merci ed energia. Per esportare il suo prezioso rame, lo
Zambia necessitava di un accesso permanente ai grandi porti commerciali, alle linee
ferroviarie ed alle strade carrabili che vi conducevano; le relazioni diplomatiche con
i paesi vicini di conseguenza sono sempre state influenzate da questa pressante
necessità.
Ciononostante, il governo di Kaunda sostenne i ribelli nazionalisti del fronte di
liberazione di orientamento marxista in Mozambico, i movimenti indipendentisti in
Rhodesia del Sud e l'African National Congress sudafricano: questa posizione di
solidarietà con i movimenti indipendentisti è stata pagata a caro prezzo dal paese,
che è passato attraverso problemi di sicurezza interna e difficoltà finanziarie causati
218 Ibidem, p. 61.219 Il quale ha mantenuto il nome Rhodesia fino al 1965 e poi quello di Zimbabwe Rhodesia fino al 1980,
n.d.a.220 Lo Zimbabwe otterrà l'indipendenza nel 1965 ma il predominio dei bianchi durerà fino al 1980; Angola
e Mozambico divengono indipendenti nel 1975 mentre il Sudafrica, indipendente fin dagli anni Trenta ma saldamente in mano ad una classe dirigente non africana, vedrà arrivare le prime elezioni a suffragio universale solo nel 1994.
107

dall'ostilità dei governi coloniali o gestiti da élite bianche dei paesi vicini.
L'adesione al boicottaggio internazionale nei confronti della Rhodesia del Sud, ad
esempio, ebbe pesanti ripercussioni sul piano economico: il vicino tagliò allo
Zambia ogni rifornimento petrolifero proveniente dalla sua raffineria di Feruka e la
situazione si fece così grave che soltanto un ponte aereo, unito ad una severa
politica di razionamento durata ben 33 mesi, permise al paese di non collassare del
tutto, durante i lavori di completamento di un oleodotto proveniente da Dar Es
Salaam per rifornire il paese;221 la via del meridione, importante rotta commerciale
per il paese, per lungo tempo è rimasta chiusa a causa della difficile situazione dei
rapporti con l'attuale Zimbabwe.
4.4. Demografia e indicatori sociali
La Figura 7 mostra l'andamento della crescita demografica in Zambia dal 1960 ai
giorni nostri: la densità della popolazione è bassa ma il numero è in decisa crescita,
sebbene ad una velocità inferiore rispetto a molti paesi dell'area subsahariana.
221 Nel 1975 nacque la Tanzania-Zambia Railway Authority (TAZARA), che collegò con una ferrovia la regione zambiana del Copperbelt al porto di Dar es Salaam in Tanzania, riducendo così la dipendenza dello Zambia dalla Rhodesia del Sud e dal Sudafrica per raggiungere gli snodi commerciali. Cfr. D. G. Anglin, Zambian Crisis Behaviour, in “International Studies Quarterly”, Vol. 24, 1980, pp. 581- 616.
108
Figura 7: La crescita della popolazione in Zambia
Fonte: elaborazione propria su dati della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>.
19601963
19661969
19721975
19781981
19841987
19901993
19961999
20022005
2008
0
2.000.000
4.000.000
6.000.000
8.000.000
10.000.000
12.000.000
14.000.000
0,00
0,50
1,00
1,50
2,00
2,50
3,00
3,50
4,00
Andamento della crescita demografica Popolazione, totaleCrescita della popo-lazione (% annua)

La speranza di vita è inferiore ai 40 anni ed è tra le più basse al mondo, a causa di
un elevato livello di mortalità dovuto alla malnutrizione ed alle malattie, prima fra
tutte l'AIDS.
Il virus HIV ha provocato danni enormi al paese, in termini di depauperamento delle
risorse umane oltre che sotto il profilo, pur rilevante, dei semplici costi di
trattamento della malattia; per averne un'idea si consideri che nel solo 2001 sono
morti di AIDS ben 815 insegnanti elementari, pari al 45% di tutti quelli diplomati
nello stesso anno.222 Questo si traduce in un ulteriore aggravamento della già
drammatica situazione in cui versa il sistema scolastico, sottodimensionato e
scarsamente finanziato, ma il problema ha portata ben più ampia in quanto la
malattia provoca una emorragia continua risorse e di capitale umano che ostacola lo
sviluppo.223
Come in molti paesi dall'alto tasso di fertilità, una grande parte della popolazione
zambiana ha meno di 15 anni; sebbene nei sistemi economici tradizionali i figli
riescano di solito a contribuire all'economia domestica fin da giovani, solitamente
bisogna aspettare che essi raggiungano i 10-15 anni perché producano più di quello
che consumano: il rapporto tra il numero di individui sopra i 15 anni e quello degli
individui sotto i 15 o sopra i 64 è il cosiddetto “indice di dipendenza”, ed è
considerato un indicatore del futuro livello di povertà di una società.
Tale rapporto nei paesi in via di sviluppo è considerevolmente elevato e l'immediata
conseguenza di questo è un livello di consumo inferiore per ogni individuo; ben più
grave, un alto livello di dipendenza disperde le già scarse risorse disponibili per
sanità ed istruzione, ponendo una forte pressione sulle casse dello stato e un'ipoteca
sul futuro sviluppo dello Zambia.
La Figura 8 mostra il rapporto tra la popolazione zambiana di età compresa fra i 15
ed i 64 anni di età, considerata economicamente attiva, e quella al di fuori di questo
intervallo che si suppone non indipendente e quindi a carico dell'altro gruppo. Si
222 Walden Publishing Ltd (a cura di), Zambia Profile, World of Information, 2006, 379, dalla biblioteca elettronica della Dalarna University, <http://site.ebrary.com/lib/dalarna/Doc?id=10120878&ppg=3>, consultazione del 5 Giugno 2010.
223 Per approfondimenti sull'impatto della malattia in Africa australe, cfr. J. Iliffe, The African AIDS Epidemic: A History, Athens, Ohio University Press, 2006.
109

vede come negli ultimi 45 anni la quota dei “dipendenti” sia stata molto prossima a
quella della popolazione attiva, con un breve sorpasso alla fine degli anni Settanta;
questo significa che ogni individuo produttivo deve mantenerne almeno un altro con
il suo lavoro.
Fino dalla metà degli anni Settanta del Novecento il reddito pro-capite dello Zambia
è andato decrescendo, insieme a tutti i principali indicatori di sviluppo: nel periodo
tra il 1975 ed il 1990 la somma dei redditi da lavoro formale addirittura si è ridotta
ad un quarto del valore originale mentre la quota di coloro che vivono sotto la soglia
di povertà è cresciuta dal 60 al 67%.
110
Figura 8: L'indice di dipendenza della popolazione
Fonte: elaborazione propria su dati della Banca Mondiale, <http://data.worldbank.org/country/zambia>.
1964
1967
1970
1973
1976
1979
1982
1985
1988
1991
1994
1997
2000
2003
2006
45
46
47
48
49
50
51
52
53
Composizione demografica della popolazione% di individui tra 15 e 64 anni% di individui sotto i 15 o sopra i 64 anni
% d
ella
pop
olaz
ione

Figura 9: Incidenza della povertà nelle diverse aree del paese
Fonte: Zambia Central Statistical Office, “Living Conditions in Zambia”, 1998.
Come si vede dalla cartina, la povertà in Zambia è distribuita in modo irregolare: le
province che si estendono lungo la ferrovia, ovvero quella di Lusaka, il Copperbelt
e quella Centrale, hanno un reddito medio più alto. L'area con il maggior numero di
poveri è la provincia Occidentale, con il 78% della popolazione al di sotto della
soglia della povertà assoluta. All'interno delle singole provincie c'è una sostanziale
differenza di reddito fra gli abitanti delle città capoluogo e tutti gli altri. A livello
nazionale, il Poverty Gap Index varia dal 6% a Lusaka al 50% nella provincia
111

Occidentale: questo significa che in media coloro che vivono sotto la soglia di
povertà assoluta nella capitale hanno il 94% del reddito che serve loro per coprire il
fabbisogno nutrizionale, mentre i poveri che vivono nella provincia Occidentale
hanno in media soltanto la metà del necessario.
La diseguaglianza nella distribuzione del reddito è andata diminuendo a partire
dagli anni Ottanta del XX secolo, man mano che il vantaggio delle classi urbane
andava decrescendo. Questo processo è andato di pari passo con il deterioramento
degli indicatori sociali come la mortalità infantile ed il tasso di iscrizione a scuola,
non più tenuti sotto controllo dai servizi forniti dallo stato. Nell'arco di 15 anni lo
Zambia era sceso al livello degli altri paesi dell'area, tra i quali brillava per il suo
benessere nei primi anni Settanta.
112

5. IL MICROCREDITO NEL COPPERBELT ZAMBIANO
5.1. Insiemepercaso ONLUS
Insiemepercaso ONLUS (IPC) è una organizzazione italo-zambiana, con sede
rispettivamente nella cittadina di Chianciano Terme in Toscana ed a Luanshya nella
regione del Copperbelt in Zambia.
È una realtà relativamente recente ma può già vantare al suo attivo il
raggiungimento di traguardi di rilievo. È nata nel 2003 per volontà di un gruppo di
amici desiderosi di fare qualcosa per incontrare i bisogni dei meno fortunati: dopo
una prima fase di iniziative sul territorio di Siena e Firenze con progetti di sostegno
alle madri sole e alle mense per i poveri, ha deciso di rivolgere i propri sforzi nel
campo della cooperazione internazionale. Sfruttando i contatti che alcuni membri
dell'associazione avevano in Zambia fu vagliata la possibilità di intraprendere delle
attività in collaborazione con talune comunità locali con l'obiettivo di andare
incontro alle necessità dei membri più poveri e svantaggiati della società.
Il primo traguardo in questo senso è stato raggiunto nel 2005, quando i proventi
della vendita di un calendario fotografico hanno permesso di finanziare la
costruzione di un centro nutrizionale nel compound di Chibote,224 nella regione del
Copperbelt. Costruito in collaborazione con le suore francescane di Assisi, esso ha
lo scopo di migliorare la dieta e l'apporto nutrizionale dei bambini che vivono nel
villaggio, in gran parte figli di lebbrosi che non sono abili al lavoro e vivono quindi
in condizioni di grave difficoltà. Il centro attualmente serve due pasti alla settimana
a 151 bambini.
Dopo un periodo di consolidamento della presenza nel paese e di conoscenza
reciproca con la popolazione locale, la aumentata capacità di relazionarsi con gli
abitanti e di interpretarne i bisogni ha portato alla decisione di interrompere la
collaborazione con le suore francescane di Assisi, le quali erano state fino ad allora
224 Storia, Sito web di Insiemepercaso, Consultazione del 02 Giugno 2010, <http://www.insiemepercaso.org/chisiamo/storia.aspx>.
113

il “referente” dell'organizzazione sul territorio, e di avviare attività autonome
attraverso la fondazione di “Insiemepercaso Zambia”, una associazione i cui
membri sono esclusivamente cittadini zambiani, e che è diventata quindi
riconoscimento giuridico dell'anima zambiana dell'associazione. Questa, con sede
legale a Luanshya,225 ha chiesto ed ottenuto lo status giuridico di ONG.
L’unico progetto che l’associazione ha continuato a gestire in collaborazione con le
suore, finanziandola anche nelle spese di gestione ordinaria fino al 2009, è stata la
scuola di Kapepa.
Nel Giugno del 2006 è stato inaugurato un programma di adozione a distanza che
nell'arco di un anno è arrivato a coinvolgere circa 130 famiglie zambiane ed
italiane; i viaggi dei volontari italiani dell'organizzazione sono serviti anche per
portare foto, notizie e piccoli manufatti prodotti artigianalmente nelle famiglie
225 Luanshya è una cittadina cui fa capo il distretto omonimo, nella regione del Copperbelt. Secondo un censimento del 2008, i residenti sarebbero 117.579; è stata fondata all'inizio del XX secolo dopo la scoperta di un giacimento di rame ed il suo destino da allora è stato strettamente legato a quello della miniera. Ha quindi accusato pesantemente la crisi dei prezzi del rame protrattasi durante l'ultimo quarto del Novecento.
114
Figura 10: La cittadina di Luanshya nel Copperbelt, sede di Insiemepercaso Zambia
Fonte: Wikimedia, <http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Copperbelt_districts.png>.

beneficiarie, in segno di ringraziamento e fratellanza con gli amici italiani.
Nel corso dello stesso anno ha cominciato a prendere forma quello che si sarebbe
rivelato il progetto più ambizioso dell'istituzione: constatando le gravi condizioni di
povertà in cui versa gran parte della popolazione dei compound limitrofi alla
cittadina di Luanshya, il comitato direttivo dell'associazione è arrivato alla
conclusione che non era sufficiente cercare risposte ai bisogni immediati e
quotidiani dei poveri; era invece necessario affrontare in modo deciso il problema
della mancanza di prospettive che le persone vivono altrettanto giornalmente e che
condiziona in modo negativo il loro futuro. Perché i più poveri potessero ambire ad
un futuro migliore per i loro figli è stata individuata come priorità assoluta la
promozione dell'accesso all'istruzione.
In Zambia l'istruzione gratuita non esiste da quando il dissesto dei conti pubblici
iniziato degli anni Settanta ha costretto il governo a tagliare la spesa pubblica dietro
le direttive dei PAS. Attualmente, il governo non spende denaro per pagare le spese
correnti degli istituti scolastici, ma finanzia sotto certe condizioni le attrezzature e
gli arredi interni delle scuole. Questo significa che per mandare i propri figli a
scuola i genitori devono pagare gli insegnanti ed i materiali di tasca propria: in un
paese che ha un tasso di fertilità di 5,8 figli per donna ed un reddito medio annuo di
950 $, è evidente che la spesa per l'istruzione pone un carico gravoso sul bilancio
familiare.226 Il modello attualmente prevalente nel paese è quello delle community
school, istituzioni scolastiche i cui oneri di funzionamento sono a carico della
comunità.
Constatato questo cronico deficit dell'offerta formativa, il consiglio direttivo di IPC
ha deciso la costruzione di una scuola ex novo, che potesse essere frequentata
gratuitamente da coloro che non hanno le risorse per provvedere alla propria
istruzione e che organizzasse corsi di natura tecnica e professionale subito
226 Una delle richieste di credito evase durante la mia attività di stageur indicava chiaramente nel pagamento della scuola per tre dei suoi sette figli la motivazione della richiesta di prestito. Essa accludeva una fotocopia del modulo di iscrizione alla scuola, contenente un dettagliato elenco di ciò che ogni bambino deve comprare, dalla scuola stessa, al momento dell'iscrizione: tesserino, libretto scolastico, uniforme, oltre al pagamento di una retta annuale e alla responsabilità di provvedere autonomamente a tutto il materiale di cancelleria che si renda necessario. Escluso quest'ultimo, il costo annuo dell'adempimento è di 450.000 ZKW per ogni figlio. Si tenga conto inoltre che più grande dei tre bambini ha 13 anni, quindi frequentante una scuola primaria.
115

spendibili nel mondo del lavoro. Per sottolineare l'intento di promozione sociale che
soggiace alla costruzione della scuola, questa è stata costruita in prossimità di uno
dei villaggi più poveri del distretto, il compound di Buntungwa, su un terreno
concesso dal governo a tale scopo.
La scuola, finanziata anche con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di
Siena, è stata battezzata Toscana Skills Training College (TSTC): il corpo principale
della struttura è stato inaugurato nel 2009.
Il TSTC si delinea sempre più chiaramente come un progetto di ampia portata: ad
opera conclusa esso sarà a tutti gli effetti un campus studentesco con laboratori,
aule, cucina, un dormitorio capace di ospitare circa cento studenti e un campo di
calcio per le attività sportive, e sarà dotato di elettricità ed acqua corrente. La parte
del lotto di terreno eccedente le necessità della scuola è stata messa a coltura per
produrre mais, elemento portante della dieta locale, il quale contribuisce a ridurre i
costi dell'istituto e della mensa di Chibote.
Nel 2007 è stato lanciato un progetto pilota di microcredito che prevede la
116
Illustrazione 1: La struttura principale del Toscana Skills Training College
Fonte: Foto scattata il 17 Aprile 2010 in località Buntungwa durante il fieldwork in Zambia

concessione di piccoli prestiti agli abitanti più poveri di Luanshya e dei villaggi
limitrofi, che possano consentire l'avvio di piccole attività economiche e stimolare
117
Illustrazione 2: Un progetto sottoposto per l'approvazione del comitato
Fonte: Pratica evasa durante l'attività di stageur nell'ambito del progetto di microcredito di IPC

così la crescita del tessuto economico. Dopo un inizio segnato da forti perdite
economiche dovute principalmente ad errori di progettazione del sistema, questo è
stato riveduto e corretto ed ha portato a risultati ragguardevoli; l'organizzazione lo
considera tutt'oggi uno dei suoi più grandi motivi di orgoglio.
Nel 2009 IPC ha aderito al progetto “Euro-African Partnership for Decentralized
Governance”,227 nell'ambito del quale si è posta come mediatrice per favorire la
conoscenza e lo scambio di esperienze tra i comuni della Valdichiana e quelli della
provincia zambiana del Copperbelt.
Nel frattempo, a fronte dei buoni risultati
conseguiti dal microcredito, che è andato
raccogliendo sempre più consensi tra la
popolazione con un numero crescente di
clienti e di richieste, è stata riconosciuta
l'incompatibilità228 tra quest'ultimo e le
adozioni ed è stata presa la decisione di
puntare tutto sulla concessione di prestiti.
Le adozioni a distanza sono state
progressivamente dismesse, ed i benefattori
adottanti sono stati incoraggiati a
sponsorizzare il progetto di microcredito
con la produzione di un breve
documentario che evidenzia i vantaggi di
questo strumento.
227 L' Euro-African Partnership for Decentralized Governance è un partenariato promosso dal Dipartimento degli Affari Economici e Sociali dell'ONU in collaborazione con la Regione Toscana, avente lo scopo di contribuire al rafforzamento delle amministrazioni locali attraverso la promozione della reciproca conoscenza e cooperazione con gli organi di governo locale italiani – Home page del sito web dell' Euro-African Partnership for Decentralized Governance, 03 Giugno 2010 , <http://www.euroafricanpartnership.org/>.
228 Il periodo di coesistenza tra i due progetti, durato più di un anno tra il 2007 ed il 2009, ha infatti sollevato alcune proteste tra i clienti del microcredito i quali hanno apertamente contestato ai rappresentanti dell'organizzazione l'ingiustizia da essi percepita nella diversità di trattamento: da una parte i beneficiari dell'adozione che ricevevano a scadenze fisse una somma di denaro da spendere a piacimento, dall'altra quelli del microcredito, vincolati alla restituzione e obbligati a lavorare duramente per non perdere il diritto ad ottenere il credito successivo – Andrea Innocenti - Vice presidente di IPC, Discorso tenuto a Chianciano Terme in occasione della Festa della Musica, 17 Luglio 2009, Biblioteca Comunale di Chianciano Terme.
118
Illustrazione 3: Lavori di costruzione della struttura ambulatoriale
Fonte: Foto scattata il 29 Aprile 2010 in località Buntungwa durante il fieldwork in Zambia

Attualmente, l'associazione porta avanti tre attività principali che sono ormai
consolidate: l'impegno a fornire due pasti alla settimana nella mensa per bambini di
Chibote, l'attività di costruzione e di gestione didattica della scuola che, sebbene
non sia ancora completata, è già in funzione ed ha prodotto i primi diplomati;
l'attività di microcredito, che è in crescita ed oggetto di una continua opera di
miglioramento e correzione.
A queste attività si sono aggiunte a fine 2009 altre due iniziative che diversificano
ulteriormente il campo d'azione di IPC: la prima prevede la costruzione di una
struttura poliambulatoriale che fornirà gratuitamente l'assistenza medica di base ai
poveri. La struttura è attualmente in fase avanzata di costruzione e dovrebbe essere
operativa entro la fine dell'anno; verrà gestita in collaborazione con le autorità
sanitarie del distretto di Luanshya ed avrà come focus primario la prevenzione e
cura delle malattie più diffuse come la malaria, e l'assistenza medica alle partorienti
la cui carenza diffusa è responsabile di un alto livello di mortalità.229
Il secondo progetto riguarda invece l'installazione di un mulino per macinare il
granoturco, sia quello prodotto dai terreni adiacenti alla scuola che quello dei
privati; trattenendo da questi ultimi una piccola percentuale l'attività della struttura
verrà resa autosostenibile. Entrambe le costruzioni verranno a trovarsi nel perimetro
del campus TSTC, che si candida così a diventare un importante punto di
riferimento per la comunità locale.
5.2. Come Insiemepercaso ha declinato il concetto di microcredito
Il progetto di microcredito di Insiemepercaso ONLUS è stato avviato nel 2007 nel
tentativo di utilizzare le limitate risorse a disposizione nel modo più efficiente
possibile nella lotta contro la povertà. L'attività di adozione a distanza, che aveva
raggiunto molte persone migliorandone la qualità della vita, riusciva ad incidere
solo su una ristretta minoranza della popolazione ma soprattutto aveva un evidente
229 Secondo le statistiche del Programma di Sanità Neonatale e Materna dello Zambia, ogni anno 4.000 donne muoiono per cause legate alla gravidanza lasciando orfani 9.800 bambini. L'incidenza è di 200 morti ogni 100.000 parti; nell'Europa settentrionale tale valore è di 10 su 100.000. Cfr. Gabriele Smussi (a cura di), op. cit. , p. 129.
119

difetto: non aveva ricadute positive sulla comunità di riferimento se si eccettua un
lieve aumento della quantità di denaro circolante. Al contrario, non di rado
emergevano rancori o piccoli contrasti dovuti a sentimenti di invidia nei confronti
dei beneficiari delle donazioni. Inoltre, avere a disposizione una somma di denaro
mensile ha un effetto disincentivante verso l'assunzione di rischio che comporta
l'intraprendere una attività economica,230 e non è ben chiaro quando tale
provvidenza dovrebbe avere termine.
Di fronte alla constatazione dei limiti di un trasferimento di risorse a fondo perduto
l'organizzazione ha deciso di intraprendere una strada diversa, lanciando nel luglio
2007 una Call for Proposal (Vedi Allegato 1) con la quale chiedeva a tutti coloro
che avessero un progetto imprenditoriale che non potevano permettersi di realizzare
per mancanza di fondi, di presentarne una descrizione accurata al comitato
zambiano di IPC per chiedere un prestito.
La Call for Proposal prevedeva che qualunque cittadino zambiano residente nel
Copperbelt e in possesso di un documento di identità valido potesse presentare
richiesta di finanziamento, la quale sarebbe stata vagliata dal comitato zambiano di
IPC che ne avrebbe verificato la rispondenza ai requisiti prima dell'approvazione.
L'importo massimo finanziabile per ogni progetto era fissato in 2.000.000 di
Kwacha (ZKW). Venivano inizialmente destinati al microcredito 5.000 Euro, pari a
25.582.024 di Kwacha, provenienti dalle donazioni e dai finanziamenti liberi da
vincoli di scopo ricevuti dai sostenitori dell'associazione in Italia.
Un aspetto molto interessante del sistema progettato è la sua attenzione alla
funzione educativa che il microcredito può assumere: nella visione di IPC infatti
esso è più che una semplice attività bancaria con finalità sociali. È visto come uno
strumento potente di emancipazione e promozione sociale, che attraverso l'uso del
credito promuove la cultura del lavoro e della responsabilità della propria
condizione di vita.231 Questo è il vero valore aggiunto, che ha portato al cambio di
230 A. Andreoni, V. Pelligra, op. cit. , 217.231 Questa visione deve molto all'esperienza personale ed alle convinzioni del coordinatore nazionale di IPC
Zambia Patrick Chanda; è sua ferma convinzione infatti che l'intraprendenza e la capacità di essere artefici del proprio destino proprie di ogni comunità umana siano state duramente danneggiate nel popolo zambiano a causa del colonialismo prima, da politiche di aiuto unilaterali e atteggiamento dogmatico e moralista della Chiesa Cattolica in seguito. A suo dire, essa ha per lungo tempo predicato le
120

paradigma ed al conseguente abbandono del sistema delle adozioni232 in seno
all'associazione.
Patrick Chanda, coordinatore nazionale per lo Zambia delle attività di IPC, in un
rapporto al consiglio direttivo della sezione italiana ha scritto:
“This project is opposed to any form of handout which creates people to
be perpetual dependants on those who have the means of survival and
production, or the rich who in turn abuse society socially, politically and
economically by enslaving the people.”233
A tale scopo, una parte fondamentale della strategia di IPC è la cura della
comunicazione e dell'immagine del progetto presso la comunità: coloro che
ricevono il prestito non vengono chiamati clienti ma partner, a sottolineare il
rapporto paritario che l'organizzazione intende instaurare con coloro che si
rivolgono ad essa. Questo è ritenuto molto importante perché è un modo di rendere
le persone partecipi degli obiettivi e della visione che viene portata avanti, piuttosto
che fare semplicemente accettare loro delle regole imposte dall'alto con un
approccio top-down. Non è un caso che nella Call for Proposal sia stato inserito un
passo che recita:
“The beneficiary shall repay the loan received within the timetable
indicated in the Application form, plus a 5% of annual interest. In fact,
through the fund he/she receive, each beneficiary enjoys a circuit based
on reciprocity and social solidarity: he/she is not considered a simple
“receiver” but becomes an active member of “insiemepercaso” ONLUS,
who is now participating with his/her own little contribution to increase
the total amount of budget that the association will be able to allocate the
microcredit project in Zambia.”234
virtù della povertà e i mali intrinseci dell'opulenza a persone che invece avevano soltanto bisogno di uno stimolo ed un aiuto sulla strada dell'intraprendenza economica. Patrick Chanda, intervista effettuata dal vivo il 03 Aprile 2010 a Lusaka, Zambia.
232 Con la parziale eccezione di alcuni casi di totale non autosufficienza.233 Cfr. Patrick Chanda, IPC – Microcredit Project in Zambia, descrizione del progetto di microcredito IPC
redatta per il consiglio direttivo italiano, 14 Luglio 2009.234 Cfr. P. Chanda, Call for Proposal rivolta alla popolazione per sollecitare la presentazione di progetti da
finanziare, Luanshya, 10 Luglio 2007.
121

Il senso di questo passaggio appare chiaro: coloro che richiedono un prestito non
sono semplici customers ma diventano a tutti gli effetti members
dell'organizzazione, la quale si occupa della promozione dello sviluppo della
comunità intera. Per estensione, quindi, ottenere un prestito non giova soltanto a sé
stessi ma potenzialmente all'intera comunità: perché se si guadagnano più soldi se
ne spenderanno anche di più, perché si possono creare nuovi posti di lavoro e
perché si contribuisce ad aumentare con gli interessi pagati il capitale di cui IPC
Zambia dispone, mettendo quest'ultima in condizioni di concedere un volume di
prestiti sempre più elevato.
L'aspetto della membership viene ampiamente enfatizzato dal coordinatore
nazionale e dai suoi collaboratori, che al momento di concedere un prestito
sottolineano il raggiungimento non di un beneficio, ma di una collaborazione con
l'organizzazione: “Congratulations, you are now an IPC Partner!” è la frase che
saluta coloro che stanno ricevendo il primo prestito. Come ho potuto constatare
durante il mio lavoro a fianco del coordinatore Chanda, nelle intenzioni di IPC
costoro devono capire che la buona riuscita della loro attività non preme soltanto a
loro stessi ma anche all'organizzazione, quindi se falliscono arrecheranno un danno
anche a quest'ultima: l'aspetto motivazionale è molto importante quando si presta
denaro senza richiedere la garanzia di un collaterale e per questo il sistema IPC
punta ad ottenere il massimo coinvolgimento da parte del richiedente il credito. È
necessario per incentivare ad un comportamento virtuoso, ovvero di onestà ma
anche di determinazione a lavorare duramente se necessario pur di essere in grado
di restituire il denaro ricevuto; in questo senso il microcredito è uno strumento dal
forte potenziale educativo.
Insiemepercaso fissa uno scadenzario indicativo ma non vincolante per la
restituzione: i pagamenti cominciano nel terzo mese dalla concessione del prestito
per coloro che ricevono il primo finanziamento, dal mese successivo per tutti gli
altri. Il prestito deve essere restituito in dieci rate, ed in un tempo non superiore ai
12 mesi dal momento della concessione pena l'aumento del tasso di interesse dal 5%
122

al 10%.235
Inoltre, in nessun caso il partner deve restituire l'intera somma in un tempo inferiore
a cinque mesi: questo termine minimo è stato fissato per evitare che i riceventi,
ansiosi di accedere alle tranches di credito successive che sono considerevolmente
più elevate, restituiscano il primo prestito senza averlo effettivamente utilizzato a
fini di investimento. Questo comportamento è potenzialmente dannoso per
l'individuo, perché così facendo corre il rischio di non essere in grado di
amministrare il denaro che riceve, non avendo iniziato con importi ridotti e più
facili da gestire, e lo è anche per la comunità, in quanto può accadere che per
restituire il prestito più velocemente sorga la tentazione di aumentare oltre misura i
prezzi della merce o del servizio che si vende, contribuendo così ad un aumento
dell'inflazione che danneggerebbe tutti.
235 La questione del tasso di interesse è stata oggetto di dibattito durante la fase di studio; dopo un consenso iniziale sull'idea di non chiedere interessi, è stato fissato il 5% perché la gratuità del credito poneva seri rischi di deresponsabilizzazione dei clienti e conseguente screditamento dell'intera iniziativa.
123
Illustrazione 4: Un gruppo in procinto di ricevere il primo prestito
Fonte: Foto scattata da M. Papini all'interno del TSTC il 06 Aprile 2010

Per dare ai microimprenditori il tempo necessario affinché la loro attività produca
dei frutti, il primo prestito concesso può godere di un periodo di preammortamento236 di due mesi, durante i quali il pagamento delle rate è sospeso; questo inizia solo il
terzo mese, così da permettere al ricevente di poter pagare senza un eccessivo
sacrificio economico. Il discorso è differente per i Silver Partner237 o superiori, che
invece versano la prima rata il mese successivo alla firma del contratto.
Il tempo massimo di un anno serve ad evitare pagamenti troppo diluiti nel tempo e
dare così modo all'istituzione di accorgersi tempestivamente se qualcuno rimane
indietro con le rate; inoltre, come ha sottolineato Yunus con una efficace metafora,
il denaro “è una sostanza adesiva” che tende ad attaccarsi alle mani che lo stringono
per troppo tempo;238 è quindi auspicabile evitare tempi di restituzione
eccessivamente prolungati. L'organizzazione incoraggia i suoi partner a mantenere
una cadenza mensile nei pagamenti, in modo da avere un migliore controllo dei
flussi in entrata e mantenere in circolo il denaro.239
I primi richiedenti, che hanno ricevuto somme relativamente elevate comprese tra
uno e due milioni di Kwacha, hanno in molti casi riscontrato difficoltà nel
pianificare sia l'utilizzo che la restituzione del prestito data l'inesperienza nel gestire
somme rilevanti. Su ventidue richiedenti che hanno ottenuto il finanziamento del
loro progetto nei primi tre mesi di funzionamento del sistema, soltanto otto avevano
restituito la somma per intero al momento della raccolta dati;240 altri sei erano
considerati morosi, non avendo ancora finito di restituire il dovuto nonostante
fossero passati circa due anni mentre i restanti 8 sono ormai considerati insolventi,
per un totale non pagato di 13.961.080 Kwacha su un totale dovuto di 38.430.000,
con una perdita su crediti superiore al 36%. Questo ha stimolato la riflessione sui
punti deboli del sistema il quale, dopo un accurato esame, è stato completamente
rinnovato nel 2008.
236 Detto anche “periodo di grazia”.237 Vedi infra, pp. 122 – 125.238 Con questa frase Yunus intende dire che i debitori hanno una disponibilità a ripagare il prestito che tende
a diminuire con il passare del tempo, anche qualora essi posseggano il denaro necessario. Cfr. M. Yunus, Il Banchiere dei Poveri, cit. , p. 109.
239 Patrick Chanda, IPC – Microcredit Project in Zambia, cit.240 I dati esaminati sono aggiornati al 30 Aprile 2010.
124

Il nuovo sistema è stato adottato per la prima volta nel maggio 2008 ed ha portato
due significative novità: l'abbassamento a 100.000 ZKW dell'importo massimo del
primo prestito e l'inserimento dei richiedenti in gruppi in modo da potersi meglio
sostenere e consigliare a vicenda. Come si vedrà, i risultati sono stati di assoluto
rilievo con l'abbattimento del tasso di insolvenza e la crescita di alcuni
microimprenditori che hanno saputo fare buon uso delle risorse procurate.
Il sistema così rivisitato è quello tuttora in vigore, ed è caratterizzato da un accesso
graduale al credito: esso concede all'inizio un importo modesto che poi aumenta
progressivamente mano a mano che la restituzione procede.
I beneficiari del microcredito IPC sono per la grande maggioranza donne: soltanto il
20% di essi è costituito da uomini. Questo non è la conseguenza di una specifica
politica di genere ma soltanto del maggiore numero di richieste da parte del sesso
femminile; i responsabili del progetto in Zambia spiegano questa soverchiante
differenza con l'osservazione che l'orgoglio maschile solitamente non accetta di
buon grado l'idea di prendere in prestito somme modeste, anche se ciò è
propedeutico al raggiungimento di traguardi più ambiziosi.
Gli uomini vorrebbero ottenere subito prestiti più grandi per avviare attività di
maggiori dimensioni. Le donne, al contrario, non si pongono questo problema anche
perché, come accade in molte parti del mondo,241 sono quelle che vivono una
condizione più difficile; la loro vita è più dura e quindi trovano più vantaggiosa
degli uomini la possibilità di avere un prestito anche se di ammontare ridotto.
Il sistema IPC di microcredito deve gran parte della sua progettazione al
coordinatore nazionale Patrick Chanda; pur senza avere una preparazione specifica
egli ha costruito un sistema le cui caratteristiche sono per molti versi analoghe a
quelle di alcune tra le più famose best practices a livello mondiale, in modo
particolare alle iniziative sviluppate da Yunus in Bangladesh.
Innanzitutto, l'aspetto comunicativo del progetto: l'intero sistema è infatti concepito
per essere fortemente evocativo e per trasmettere l'idea che la dedizione e la
241 United Nations Division for the Advancement of Women, 2009 World Survey on the Role of Women in Development: “Women’s control over economic resources and access to financial resources, including microfinance” - Report of the Expert Consultation, 2008, Bangkok, UNDAW, p. 9.
125

collaborazione possono migliorare radicalmente la vita delle persone, in modo da
stimolare i beneficiari/clienti ad assumersi la responsabilità del proprio destino.
Nel contratto che l'associazione sigla con ognuno dei riceventi credito figura
nell'intestazione ed in calce una grossa scritta in rosso:
“IPC INTERNATIONAL
POVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME”
Con essa si intende sottolineare da subito che il microcredito non regala niente a
nessuno ma si limita a dare una possibilità concreta di lavorare a chi è disposto ad
assumersi la responsabilità della propria crescita. Questa è una componente
importante della visione portata avanti dal coordinatore nazionale: è sua opinione
infatti che i gravi problemi economici e sociali che affliggono il suo paese, pur
venendo da lontano, siano stati esacerbati ed aggravati da una lunga serie di
palliativi travestiti da cure somministrati per mezzo di due canali principali, la
religione242 e la politica. Di fronte a questa constatazione, egli ritiene di vitale
importanza l'attuazione di politiche di empowerment e di responsabilizzazione che
stimolino la capacità di intrapresa economica dei cittadini, la quale è stata fiaccata
da decenni di assistenzialismo.
C'è una forte somiglianza tra questo “messaggio subliminale” inserito nel contratto
di prestito e le “Sedici Decisioni” adottate dalla Banca Grameen per motivare i
propri clienti, la prima delle quali recita: “We shall follow and advance the four
principles of Grameen Bank --- Discipline, Unity, Courage and Hard work – in all
walks of our lives.”243
Sempre sotto il profilo del rapporto con i clienti, un altro aspetto in comune con il
modo di lavorare di istituzioni più famose sta nel coinvolgimento attivo dei
beneficiari, che diventano progressivamente più simili a dei soci che a dei clienti;
anche qui il paragone con Grameen è immediato, dato che quest'ultima ha i propri
clienti come azionisti, ma anche con alcuni tipi di cooperative come quelle
242 Questo è riferito essenzialmente alla religione cattolica, che è la confessione praticata dalla stragrande maggioranza degli zambiani.
243 Sito web di Grameen Bank, 16 Decisions, <http://www.grameen-info.org/index.php?option=com_content&task=view&id=22&Itemid=109>, consultazione del 20 Maggio 2010.
126

promosse da FINCA che sono state esaminate nel secondo capitolo. Sebbene i
partner di IPC non possiedano quote del capitale dell'istituzione, il loro status di
membri dà loro il diritto di partecipare al dialogo in seno ad essa qualora lo
desiderino: sebbene questo diritto finora non sia stato esercitato, può darsi che in
futuro le cose cambieranno man mano che il processo di condivisione degli obiettivi
e di conoscenza reciproca si va compiendo.
Nel sistema IPC il pagamento delle rate viene fatto direttamente in banca fin dal
livello più basso del sistema di prestito: uno dei compiti principali del group
leader244 è proprio quello di raccogliere mensilmente il denaro tra i membri del
gruppo ed effettuare il versamento, per poi portare all'associazione la ricevuta con
allegati i nomi dei paganti. Questo, se da un lato elimina il buon esempio
reciprocamente mostrato con la pratica dei pagamenti pubblici,245 d'altro canto
comporta quella che gli economisti definirebbero una forte “esternalità positiva”: in
un paese dove il conto corrente è un lusso per pochi, i poveri sanno di non potersi
valere dei servizi delle banche e in conseguenza di ciò hanno sviluppato una certa
reticenza a recarsi presso i loro uffici. In un tale contesto, quella che a prima vista
può sembrare una inutile forzatura diventa un gesto che coltiva l'orgoglio dei
partner, che affermano la loro dignità di persone e di imprenditori e si abituano
progressivamente a rivestire il ruolo di clienti di una banca.
Al tempo stesso così facendo si mostra alla banca stessa che i poveri hanno un ruolo
nell'economia, hanno soldi da gestire e necessitano di servizi come tutti; il
coordinamento di IPC auspica che questo sistema contribuisca ad alimentare un
meccanismo virtuoso in cui le banche capiscano di potere e dovere cominciare a
lavorare con i poveri. In un paese in cui il 64% della popolazione246 vive al di sotto
della soglia di povertà la domanda di servizi tagliati su misura è molto abbondante.
Ancora più dell'aspetto comunicativo è importante il modo in cui viene affrontato il
problema di incentivare la restituzione del prestito, quello che le banche
244 Sulla figura del group leader, cfr. infra, p. 125.245 Infatti, vedere che gli altri pagano è un forte incentivo a pagare a propria volta. Su questo, cfr. P. de
Vincentiis, I meccanismi finanziari del microcredito, op. cit. , p. 56.246 Scheda paese dello Zambia, sito web della Banca Mondiale,
<http://data.worldbank.org/country/zambia>, consultazione del 05 Giugno 2010.
127

tradizionalmente risolvono chiedendo che un bene immobile venga posto a garanzia
del debito. Nel sistema IPC questo aspetto viene affrontato attraverso tre strumenti
principali: il sistema di prestiti progressivi, il congelamento del credito all'interno di
una comunità fintanto che il gruppo che ha il primo prestito in corso non ha
restituito per intero e la richiesta della firma di un garante sul contratto.
Il modello adottato di aumento progressivo del credito è del tutto simile a quello
adottato da Grameen per incentivare la restituzione senza che il rischio
dell'insolvenza di un membro ricada su altri. L'accesso al credito è suddiviso in otto
passaggi: nel primo è necessario essere inseriti in un gruppo per accedere al prestito,
mentre dal secondo in poi ognuno è libero di richiedere il prossimo
individualmente, non appena ha finito di restituire il precedente. Dato che il primo
prestito è di importo molto basso, chi ne fa richiesta non ricaverebbe un grosso
vantaggio qualora non restituisse il denaro, subirebbe invece un danno perché la sua
linea di credito verrebbe bloccata e non potrebbe ricevere altri prestiti: per accedere
a somme sempre maggiori ognuno deve invece mostrarsi degno di fiducia e capace
di ripagare le somme ricevute.
Questo meccanismo “a gradini” permette da un lato di rischiare soltanto importi
modesti prestandoli a soggetti di cui ancora non si conosce la solvibilità, dall'altro
di fare in modo che le persone si abituino progressivamente a maneggiare somme di
denaro ed a gestirle in modo oculato, attività per molti non banale.
Per ricevere il primo prestito i richiedenti devono essere riuniti in un gruppo,
solitamente composto da 10 persone, al cui interno viene scelto un group leader che
è responsabile del controllo e del recapito dei pagamenti di tutti i membri; il suo
compito primario è la raccolta delle rate individuali e il loro versamento in banca,
nel conto corrente che IPC destina esclusivamente alla gestione del fondo rotativo247
che alimenta le attività di prestito. Una volta versato il denaro, egli consegna la
ricevuta del pagamento al rappresentante di IPC che in questo modo può tenere
247 Un fondo rotativo è un fondo istituito allo scopo di finanziare un ciclo continuo di operazioni, tipicamente attività di concessione prestiti, che si ricostituisce in perpetuo attraverso i pagamenti ricevuti. Cfr. Revolving Fund, Sito web di Business Dictionary, <http://www.businessdictionary.com/definition/revolving-fund.html>, consultazione del 02 Giugno 2010.
128

traccia dei pagamenti. I membri del gruppo vengono assortiti in modo da essere
quanto più omogenei possibile secondo il settore economico di attività, al fine di
facilitare lo scambio di esperienze ed il sostegno reciproco. Non secondario anche il
fatto che perché il sistema di incentivi funzioni, ogni cliente deve averne compreso
nei dettagli il funzionamento; il gruppo viene in aiuto anche in questo senso perché
stimola il dialogo e, quando necessario, lo scambio di dubbi e domande tra i suoi
membri.
Oltre che al leader, il gruppo fa riferimento ad un delegate commissioner: questa
figura è unica per tutta la comunità, ovvero per tutti i gruppi che risiedono in uno
stesso villaggio o cittadina. Esso funge da tramite fra i vari gruppi ma anche fra
questi ultimi e l'associazione, e come il group leader ha il compito di vegliare sul
flusso dei pagamenti e di segnalare eventuali partner inadempienti o aventi
problemi con la loro attività. È una figura posta a garanzia del funzionamento del
sistema che deve favorire la comunicazione tra i soggetti coinvolti e, ove
necessario, l'individuazione precoce dei problemi che occorrono.
IPC Partner Collettivo 100.000 ZKW
IPC Silver partner Individuale 200.000 ZKW
IPC Golden partner Individuale 400.000 ZKW
IPC Diamond partner Individuale 800.000 ZKW
IPC Platinum partner Individuale 1.600.000 ZKW
IPC Special partner Individuale 3.200.000 ZKW
IPC Special partner in Silver Individuale 4.000.000 ZKW
IPC Special partner in Gold Individuale 5.000.000 ZKW
Tabella 1: I diversi livelli di partnership del sistema IPC
Fonte: Patrick Chanda, IPC – Microcredit Project in Zambia, cit.
Come si vede nella Tabella 1, il primo livello di accesso conferisce al richiedente la
qualifica di IPC Partner; questo gli dà diritto a ricevere in prestito l'importo di
100.000 ZKW,248 una cifra volutamente bassa anche per coloro che vivono
nell'indigenza. La gestione e la restituzione di questo denaro costituisce una prova
248 Equivalenti a circa 15,6 Euro al cambio del 10 Giugno 2010.
129

di buona fede e di capacità di gestione e costituisce quindi titolo per chiedere un
prestito di importo più elevato; i prestiti successivi sono invece concessi a titolo
individuale. L'importo prestato raddoppia ad ogni successivo livello fino ad arrivare
al grado di IPC Special Partner, che rappresenta il compimento di un percorso di
crescita comune: uno Special Partner è molto più di un semplice beneficiario del
prestito.
Il suo livello di relativo benessere gli permette di accedere anche ad un vero conto
bancario, ed il suo legame con IPC inizia ad essere meno improntato alla
dipendenza e più alla collaborazione attiva. Con il pagamento dei suoi interessi
costituisce una importante fonte di finanziamento per l'attività di microcredito, dato
che gli importi che impiega sono abbastanza rilevanti: inoltre è un prezioso partner
per l'organizzazione perché la crescita delle dimensioni del suo business è un
importante traguardo che porta un esempio positivo di fronte alla comunità, ma
anche e soprattutto un potenziale punto di partenza per la futura aggregazione di
lavoratori in una cooperativa o un'azienda di maggiori dimensioni rispetto alle
attività familiari prevalenti nel compound.
Per responsabilizzare quanto più possibile i propri partner, IPC richiede anche la
firma di un garante sul modulo di richiesta di credito, sebbene questo non venga
giuridicamente vincolato al pagamento qualora il ricevente non adempisse
all'accordo. Non si tratta di un fideiussore ma di un garante della affidabilità del
partner; è difficile monitorare il grado di efficacia di questa precauzione ma è
ragionevole supporre che sia quella più debole data l'effettiva assenza di sanzioni in
caso di inadempienza.249 Come si può vedere nel Grant Agreement allegato,
l'accordo richiede l'apposizione della firma di due garanti: la seconda firma deve
essere apposta dal group leader, il quale in questo modo è legato da un maggiore
senso di responsabilità all'assolvimento del proprio compito di sorveglianza. Inoltre,
avere due cofirmatari rende psicologicamente meno fastidioso il ruolo del garante il
quale sa di suddividere con un altro la responsabilità del suo gesto, ma pone anche
249 Fatta eccezione per quelle che V. Pelligra chiama “sanzioni sociali”, ovvero la pressione psicologica esercitata in questo caso dal garante che ha speso il proprio nome. Tuttavia la ricerca sul campo non ha permesso di valutarne l'effettiva entità.
130

una maggiore “pressione sociale” sul ricevente il prestito, che deve rispondere in
caso di inadempienza non a uno ma a due persone oltre che all'associazione.
Risulta molto interessante, infine, la terza forma alternativa di garanzia adottata nei
primi mesi di vita del progetto, ovvero la scelta di aprire il credito soltanto ad un
individuo per volta in ogni comunità. Quando il coordinatore di IPC riceveva
richieste di prestito dagli abitanti di un villaggio in cui il microcredito di
Insiemepercaso non era ancora presente, egli dapprima organizzava un incontro
pubblico aperto a tutti gli interessati per spiegare il metodo di lavoro
dell'organizzazione, il funzionamento del microcredito ed accertarsi che tutti
comprendessero a fondo i principi ispiratori del sistema. A quel punto, dopo aver
raccolto le domande di prestito ed analizzato i progetti relativi, veniva stilata una
lista dei richiedenti. Si procedeva quindi con l'erogazione del prestito al primo della
lista: gli altri rimanevano in stand-by, finché il primo non avesse ripagato una quota
prefissata del suo debito. Solo a questo punto il secondo della lista riceveva il
denaro richiesto, e così via fino all'ultimo. Questo meccanismo era stato concepito
per esercitare una pressione sociale su coloro che avevano ricevuto il prestito, che
sarebbero stati controllati e, quindi, incalzati da coloro che aspettavano di ricevere il
credito nel caso avessero tenuto un comportamento poco consono o disonesto.
Tuttavia, il ripensamento del sistema attraverso l'istituzione dei gruppi e i buoni
risultati in termini di rientro del capitale hanno portato alla sospensione di questa
misura che rallentava notevolmente la concessione del credito.
Il consiglio zambiano di IPC ha anche valutato la possibilità di incentivare la
formazione di cooperative che possano avanzare progetti più ambiziosi di quelli che
un singolo individuo può permettersi; tuttavia sono emerse forti difficoltà nella
messa in pratica a causa della scarsa fiducia reciproca degli abitanti dei compound e
dalla presenza di una ridotta capacità imprenditoriale, insufficiente per gestire
attività economiche di dimensioni medio-grandi. Lo special partner è una figura
chiave in questa prospettiva, in quanto rappresenta una figura di riferimento nella
comunità ed ha quindi il potenziale di stimolare l'aggregazione e la formazione di
131

aziende collettive,250 oltre a possedere presumibilmente la capacità imprenditoriale e
gestionale che si rende necessaria in tal caso.
5.3. Problemi riscontrati ed evoluzione del progetto
Il progetto di microcredito nel distretto di Luanshya è nato dalla volontà di
Insiemepercaso di lavorare con i poveri dopo avere ascoltato le loro necessità ed i
loro problemi; dal 2007 ad oggi è cresciuto dimensionalmente e qualitativamente,
avendo subito una serie di modifiche e di aggiustamenti continui per renderlo
sempre più efficace.
Il più grande tra questi è sicuramente l'abbassamento dell'importo del primo
prestito: questo ha inciso positivamente sul rapporto che i partner hanno con il
denaro, che è divenuto molto più equilibrato e produttivo.
È infatti emersa, nei primi mesi di attività, una situazione di stagnazione dei
pagamenti determinata dall'impreparazione dei riceventi a gestire cifre elevate.
Molti di loro ad esempio, versando in condizioni di estremo bisogno, avevano usato
parte consistente di quel denaro per acquistare beni di consumo, magari essenziali
come il cibo ma tuttavia incapaci di generare reddito che potesse permettere la
restituzione del prestito.251 Ad Aprile 2010, soltanto sei individui dei ventidue che
avevano ottenuto un prestito con il vecchio sistema erano riusciti a restituirlo ed a
proseguire il loro percorso chiedendo altre somme di denaro. Altrettanti risultavano
morosi, due non avevano chiesto ulteriori prestiti pur avendo restituito il primo e
tutti gli altri erano insolventi.
La revisione del sistema di microcredito ha dato buoni risultati per due motivi; se da
un lato era assolutamente necessaria per evitare il rapido esaurimento del capitale a
disposizione e per preservare la credibilità del servizio di prestito presso la
popolazione, d'altro canto l'abbattimento dell'importo del credito iniziale ha
permesso di moltiplicare il numero di prestiti erogabili, dato che le cifre necessarie
nel 2007 erano di venti volte superiori a quelle attuali.
250 Patrick Chanda, intervista telefonica effettuata il 24 Maggio 2010.251 Patrick Chanda, intervista effettuata il 06 Aprile 2010.
132

Come mostra la Figura 11,252 nella prima tranche di prestiti, il cui pagamento
comincia nel gennaio 2008, sono stati erogati circa venti milioni di Kwacha con soli
tredici contratti; la scadenza successiva vede iniziare il pagamento di altri sei
milioni, concessi con tre soli prestiti.
La differenza notevole che intercorre tra gennaio e marzo è sintomo di una
maggiore cautela nell'apertura di nuovo credito, che è poi sfociata nella modifica
radicale inaugurata a maggio 2008. In agosto, tre mesi dopo, inizia la scadenza dei
primi prestiti di gruppo e l'importanza relativa di quelli accordati ai singoli
diminuisce vistosamente: lo stesso volume globale dei prestiti subisce una
fortissima contrazione; l'importo delle prime due tranches è quasi pari alla metà di
tutte le altre messe insieme.
Il discorso è esattamente opposto per quanto riguarda il numero dei prestiti, che
dopo avere subito una lieve flessione durante la fase di “aggiustamento” dei prestiti
252 La figura mostra il mese in cui i prestiti iniziano ad essere ripagati anziché quello in cui sono stati concessi per un'esigenza di coerenza metodologica, dato che dalla documentazione esistente spesso non è stato possibile risalire alla data del prestito ma soltanto a quella del primo pagamento.
133

in scadenza a marzo risale e poi si impenna definitivamente, passando da sette in
agosto a quarantaquattro nel gennaio 2009: a questo punto il progetto può dirsi a
regime, infatti anche la frequenza dei prestiti aumenta notevolmente. Nel 2009 ci
sono infatti nove scadenze, a fronte delle tre dell'anno precedente.
Adesso il progetto gode di buona salute ed alla sede di Luanshya arrivano ogni
giorno nuove richieste di credito: le criticità più rilevanti attualmente non risiedono
tanto nella strutturazione del sistema in sé, quanto piuttosto nella qualità degli
strumenti di gestione delle informazioni che sono richiesti da un progetto di tale
portata. A tale riguardo è possibile individuare tre aree su cui è necessario
intervenire.
La prima è la difficoltà nel tenere una contabilità accurata, comprensiva delle date
di entrata e di uscita del denaro dal revolving fund ma soprattutto aggiornata in
tempo reale rispetto all'effettivo avvenire dei pagamenti.
Questo problema è dovuto alla “esternalizzazione” delle mansioni tipica dei sistemi
di microcredito: nello specifico, il fatto di affidare ai group leader la gestione dei
pagamenti comporta che essi abbiano anche la responsabilità di trasmettere
all'organizzazione, oltre al denaro, le informazioni relative a chi paga e chi no.
Sovente questo non viene fatto correttamente o viene fatto solo a posteriori,
segnalando le persone che non hanno pagato diverse rate quando ormai gli altri sono
quasi arrivati a completare il pagamento. Se a questo si aggiunge che, specialmente
durante il primo prestito, molti pagano una rata doppia o comunque maggiorata per
completare la restituzione il prima possibile ed avere così accesso al prestito
successivo, è evidente che anche la lettura di una ricevuta diventa una operazione
tutt'altro che semplice: essa raccoglie infatti in un solo importo i pagamenti di
svariati partner dei quali nel caso migliore non si conoscono le quote versate, nel
caso peggiore nemmeno i nomi di chi ha pagato.
Questa situazione costringe gli operatori dell'associazione ad un faticoso e frustrante
lavoro di tracciamento delle ricevute per reperire informazioni che dovrebbero
essere reperibili senza sforzo, a patto di gestire l'informazione in modo efficiente:
non di rado accade che tale lavoro si riveli comunque inutile non potendo risalire in
134

modo oggettivo alla provenienza dei pagamenti che risultano dalle ricevute
bancarie. Spesso solo la capacità mnemonica del group leader è in grado di risalire
all'origine delle entrate di cassa. Alcuni di essi già lavorano egregiamente,
accludendo ad ogni ricevuta bancaria un foglio in cui è segnato il nome di coloro
che hanno pagato e quanto; purtroppo, nella fase attuale, solo una esigua minoranza
compie questo sforzo.
Questa è una criticità che va affrontata con decisione, sensibilizzando ed istruendo a
dovere i group leader affinché trasmettano correttamente le informazioni necessarie
e si incarichino di tenere un registro aggiornato mensilmente in cui segnare i
pagamenti effettuati da ogni membro; è fondamentale anche che questa operazione
venga svolta in modo coordinato e uniforme tra un gruppo e l'altro in modo da avere
dati facilmente comparabili. In questo senso potrebbe essere di aiuto la figura del
delegate commissioner, che potrebbe accertarsi che i vari responsabili di gruppo
mantengano aggiornato il proprio registro.
Al momento lo strumento più utile per il tracciamento dei pagamenti è un prospetto
che viene consegnato a coloro che stanno ripagando il primo prestito ed hanno
manifestato l'intenzione di chiederne un secondo; devono segnarvi mese per mese i
costi sostenuti ed i profitti conseguiti nell'esercizio della loro attività, insieme con
l'importo delle rate pagate. Questo vale anche come modulo di richiesta per il
secondo prestito e, data l'impossibilità di risalire in maniera inequivocabile ai
pagamenti effettuati dal singolo, al momento della richiesta di un nuovo prestito il
controllo dei pagamenti viene effettuato incrociando le ricevute consegnate dal
gruppo di appartenenza con le rate che il richiedente ha annotato sul modulo di
richiesta: questo tipo di controllo però di fatto è una autocertificazione, che non può
essere considerata sufficiente ai fini di una corretta tenuta dei conti.
Il secondo aspetto della gestione che comincia a mostrare segni di stress è il
trattamento dei dati personali dei clienti: al momento di iniziare il mio lavoro presso
l'organizzazione l'unico supporto di archiviazione contenente questo tipo di
informazioni era quello cartaceo, ovvero l'archivio che raccoglie contratti, richieste
di prestito, lettere e tutto ciò che ha a che vedere con il microcredito.
135

Se questo poteva essere uno strumento sufficiente quando IPC Zambia aveva poche
decine di partner, allo stato attuale delle cose esso appare profondamente inadeguato
a gestire i dati di centinaia di persone, i quali all'occorrenza devono essere
consultati, aggiornati e se necessario cancellati in maniera rapida ed efficiente. Per
questo motivo, dopo avere inserito tutti i dati disponibili253 in un foglio di calcolo,
ho ritenuto opportuno cercare un mezzo più efficiente per gestire questa mole di
informazioni: questo mi ha portato a progettare un database254 in cui archiviare i dati
personali e quelli relativi ai prestiti, in una forma più flessibile e razionale di una
semplice tabella che giocoforza contiene tutti i dati di ogni partner tante volte quanti
sono i prestiti che esso ha ottenuto, generando confusione e dispersione delle
informazioni.
Questa non è una soluzione definitiva al problema data la semplicità del programma
in oggetto, ma può rappresentare una valida fase intermedia fra la gestione manuale
condotta finora e l'eventuale passaggio, qualora il progetto continuasse a crescere al
ritmo attuale, ad un sistema informatico più efficiente e scalabile.
Infine, il terzo aspetto da considerare è la possibilità di adottare un sistema di
gestione finanziaria, che permetta una comprensione migliore dei flussi in entrata e
in uscita e consenta di fare previsioni di spesa almeno relativamente all'immediato
futuro: la sua implementazione è strettamente collegata alla soluzione dei primi due
problemi informativi, che ne costituiscono i presupposti.
A causa delle criticità delineate non è agevole calcolare il tasso di insolvenza, e
tanto meno la percentuale di coloro che sono in ritardo nei pagamenti. L'ammontare
delle perdite accertate su crediti si aggira comunque intorno al 10% , ma scende fino
al 3% se si tolgono dal computo i prestiti erogati con il vecchio sistema e quelli
concessi a cinque gruppi di non vedenti, i quali hanno comprensibilmente
fronteggiato maggiori difficoltà. Queste cifre, sebbene incoraggianti, sono da
253 Quindi non soltanto i dati anagrafici e quelli relativi al prestito ma anche sesso, indirizzo, numero di telefono e del documento di identità, e-mail, professione, progetto finanziato e perfino il numero di persone che vivono in casa con il richiedente; quest'ultima informazione, anche se non espressamente richiesta, è fornita da praticamente tutti i partner di IPC in quanto è molto significativa ai fini della descrizione della situazione economica, e può essere utilizzata per calcolare una stima approssimativa dell'impatto sociale del programma di prestito.
254 Il database è stato realizzato utilizzando software libero, che garantisce la massima interoperabilità e l'abbattimento dei costi per licenze software.
136

considerare come puramente indicative data la scarsità delle informazioni
disponibili.
Sotto il profilo della gestione del sistema e, soprattutto, della crescente mole di dati
ad esso relativa, porterà sicuramente grande beneficio l'assunzione, avvenuta nel
mese di giugno, di un laureato zambiano in economia che lavorerà a tempo pieno
alla gestione del microcredito: potrebbe facilitare il salto di qualità sotto il punto di
vista della preparazione teorica e del rigore formale che il progetto a questo punto
esige per poter crescere nel modo corretto e servirà all'organizzazione per
consolidare ed affinare le sue tecniche, la sua capacità di gestire le risorse ed il
rapporto con i suoi partner, di oggi e di domani.
137

6. CONCLUSIONI
L'obiettivo del presente elaborato di tesi era l'analisi di un progetto di microcredito,
al quale ho collaborato nell'ambito di un fieldwork condotto tra aprile e maggio
2010 in Zambia, nella regione del Copperbelt; tale esperienza sul campo è stata
preziosa sia sotto il profilo umano che su quello scientifico e mi ha permesso di
esaminare dall'interno il funzionamento e l'implementazione di un sistema di
microcredito su un contesto africano.
Allo scopo di contestualizzare adeguatamente il microcredito, i problemi cui esso
cerca di porre rimedio e le difficoltà cui ci si espone nella sua messa in pratica,
l'elaborato inizia con una disamina storica dell'evoluzione del credito, e di come il
sistema finanziario moderno sia affetto da una grave tara: esso non riesce ad
lavorare con una larga parte della popolazione mondiale, ovvero coloro che non
hanno beni da portare in garanzia. Questo condanna milioni di persone capaci e
intelligenti a restare prigioniere della povertà ed è dannoso perfino per la società
umana nel suo insieme, perché molte risorse intellettuali rimangono utilizzate solo
in parte o per niente e non contribuiscono al progresso della scienza, dell'economia
e della civiltà. Per questo è necessario andare alla ricerca di soluzioni che
permettano alle persone di esprimere il proprio potenziale e tornare ad essere
membri attivi della società: il microcredito nasce come tentativo di risposta a questa
esigenza.
Si passa in seguito ad esaminare le caratteristiche e le dinamiche intrinseche ad ogni
rapporto creditizio, ovvero ogni rapporto che preveda due pagamenti di direzione
opposta differiti nel tempo: questo tipo di rapporti esige che chi effettua il primo
pagamento si accerti che la controparte sia effettivamente intenzionata a pagare a
sua volta quando verrà il proprio turno. Questa considerazione fa da premessa
all'analisi dei vari stratagemmi utilizzati per garantire il prestatore dal rischio di non
essere rimborsato; il più comunemente adottato, il collaterale posto a garanzia del
prestito, risulta efficace soltanto per una parte dei potenziali debitori escludendo
138

dall'accesso al credito un numero enorme di individui. Si mostra quindi come il
microcredito abbia lo scopo di superare la necessità del collaterale per riuscire a
lavorare con coloro che non ne sono dotati, ovvero i poveri. Dopo avere definito più
dettagliatamente cosa si intende per “poveri” in tale contesto ed avere specificato
quali di essi sono il target privilegiato della microfinanza, si è passato in rassegna i
principali problemi che sorgono quando si intraprende l'attività di prestatore di
denaro, analizzando l'approccio con cui il microcredito affronta tali problemi, in
primis quello preminente della garanzia del prestito, e in cosa esso differisce dalla
finanza convenzionale.
In seguito si va a contestualizzare lo scenario in cui insiste il progetto in analisi,
ovvero il continente africano: esso ha caratteristiche peculiari sotto il profilo storico,
geografico e sociale. Queste caratteristiche si ripercuotono anche nell'ambito
dell'economia delle macroregioni del continente, caratterizzata da tassi di risparmio
tra i più bassi del mondo e storicamente riversa in una condizione di bisogno e
scarsità di mezzi. Nell'ambito più specifico dei mercati finanziari, si è osservato
come gli stati del continente africano siano fortemente deficitari: il sistema
finanziario non è quasi in grado di portare i suoi servizi al di fuori delle aree urbane,
ed anche ove questi sono disponibili il livello medio dei prezzi rappresenta un costo
proibitivo per la maggioranza della popolazione. La conseguenza è un elevatissimo
grado di esclusione finanziaria.
In seguito si va ad esaminare il paese in cui Insiemepercaso è operativa, lo Zambia:
attraverso una contestualizzazione storica ed economica si pongono le basi per una
migliore analisi e comprensione del progetto. Si osserva come lo stato di estrema
povertà in cui versa oggi il paese sia il risultato di una serie di fattori, alcuni
caratteristici dell'area africana come un elevato grado di corruzione abbinato ad un
sistema economico negativamente condizionato dall'esperienza coloniale, altri
peculiari come la difficile posizione geopolitica e la pericolosa dipendenza da un
singolo comparto del sistema produttivo, peraltro particolarmente difficile da
gestire, come quello minerario, il cui rendimento è strettamente collegato
all'andamento dell'economia mondiale.
139

Dopo avere tracciato un quadro sintetico della storia e della società zambiane, si
passa all'analisi del progetto vero e proprio, il quale è attivo nella regione del
Copperbelt, una delle regioni più ricche del paese ma con una incidenza di povertà e
disuguaglianza comunque elevatissime anche a causa delle sorti alterne delle
miniere che ne costituiscono la base economica.
Abbiamo rilevato che il microcredito IPC è un progetto ancora giovane, che ha
subito vari aggiustamenti nel tempo per adattarsi in modo costruttivo al contesto in
cui è inserito: è tuttora in fase di crescita, sia dimensionale che quantitativa, e pare
essere stato accolto positivamente dalla comunità locale grazie anche ad un paziente
lavoro di comunicazione svolto dal coordinatore del progetto Patrick Chanda, che si
è speso al massimo per trasmettere ai potenziali partner la sua passione e la sua
fiducia nel sistema dei microprestiti.
È dunque possibile affermare che il progetto è un successo: lo è nei numeri, con i
suoi 323 partner, i quali hanno ricevuto un totale di 382 prestiti per un ammontare
totale di circa 15.000 Euro nell'arco di tre anni; lo è nel rapporto con le persone, che
grazie alla strategia comunicativa che ho analizzato nelle pagine precedenti, ma
soprattutto ad un desiderio sincero da parte dell'associazione di lavorare con gli
zambiani e per gli zambiani ha raggiunto nel corso degli anni una notevole solidità.
Gli operatori di IPC non sono arrivati dall'Occidente ricco con una missione da
compiere: sono arrivati come semplici viaggiatori e hanno scoperto la terra
zambiana, innamorandosene. Questo ha portato alla voglia di adoperarsi e in un
certo senso si può quindi dire che Insiemepercaso è nata proprio in Zambia, seppure
fondata da italiani. La comunità di Luanshya lo ha capito, e le comprensibili
diffidenze della prima ora sono ormai quasi un ricordo del passato.
I progetti finanziati sono per lo più legati al commercio: poco meno del 90% dei
richiedenti ha usato il denaro del prestito per avviare o ingrandire una piccola
attività di dettagliante. Pesce secco, pomodori, mais, cassava, banane, fagioli e
carbone sono le merci più comunemente trattate data la loro grande richiesta: per
avviare un'attività commerciale è sufficiente avere il denaro per acquistare un sacco
di carbone o una cassetta di verdura da rivendere poi sfusa nel villaggio. Soltanto
140

una minoranza dichiara l'intenzione di usare il prestito per finanziare una piccola
attività agricola, sono ancora meno quelli che praticano mestieri da artigiano. Tra
questi, uno è considerato motivo di grande orgoglio per l'associazione dato che è
riuscito con successo a restituire il primo prestito, fra l'altro di importo elevato in
quanto risalente al vecchio sistema di credito, e poi a chiederne un secondo, un
terzo e perfino un quarto con i quali ha ampliato considerevolmente la propria
attività di sarto ed è riuscito a mandare tre dei suoi figli a scuola.
Al momento di chiedere il terzo prestito, pari a 3.000.000 di Kwacha, egli ha scritto
all'associazione una lettera di ringraziamento che riporto di seguito a conclusione
dell'elaborato, in quanto ritengo che essa esemplifichi efficacemente ciò che il
microcredito può rappresentare e cosa può fare per chi è privo di prospettive.
Kawe Shwana – report about the loan received
I want to appreciate how the microcredit worked towards my personal
and community development and my way forward in my business
proposal. First I got 1.000.000 ZKW form IPC and invested it in my
business, after working out of the profits I got, I bought one sawing
machine, this made my business grow and enabled me to help the
vulnerable people in the community to buy uniforms which I make at
affordable prices.
When I saw that this was good I decided to take a second loan of
2000.000 ZKW from IPC which I invested in the same business, I bought
more materials for the business and with the profit I bought another
sawing machine. Unfortunately my mother passed away so I had to use
some money for the funeral in addition to some used to pay the school
for my children. The second loan helped me very much. Now I am here
applying for a third loan form IPC: my plan is to buy an improved
machine which will allow me to fasten the work and enable me to supply
141

bigger companies. If my business grew bigger than it is now I will
manage to train new tailors within the community because my profits
will increase.
Before I joined IPC i was a poor person not counted in the family and
the community, now I manage to feed my own family and take them to
school and help the community at large. Please IPC do not end here,
continue helping the poor like what you did to me. I would like to thank
you so much and I appreciate for the good work. May God bless you.
Yours faithfully,
Shwana Kawe
142

Allegato 1: Call for proposals
CALL FOR PROPOSALSMICRO-CREDIT PROJECTS
- July 10th, 2007 -
ObjectInsiemepercaso ONLUS decided to allocate 5000 € of the 2007 annual budget for funding micro-credit projects in Zambia.
BeneficiariesAny Zambian citizen from the region of Copperbelt with a regular National Registration Card, without any other restriction criteria, is allowed to submit proposals on this call. Due to self-evident reasons of clash of interests (they will be involved in the evaluation and the selection of proposals), the only ones interdicted to submit proposals on this call are the members of the executive Committee of “Insiemepercaso Association in Zambia”, included the National Coordinator.
DeadlineThe fixed deadline for the submission is September 30 th, 2007. proposals not having met this deadline, and submitted from October 1st, 2007, will not be taken into consideration.
DocumentationApplicants must submit to the commission the following documentation filled and signed together with a copy of regular National Registration Card:
1. Application form (see “Annex 1A” and “Annex 1B”). It is divided into a first section (A) to be filled with personal information concerning the applicant and an abstract of the proposal, and a second section (B) organized in fixed field to be filled with the proper information needed for the proposal evaluation; each field is combined with a score which range is from the minimum of 0 to the maximum of 10.
2. Grant agreement (see “Annex 2”). If the applicant's proposal has been accepted for funding, a grant agreement must be filled and signed by the beneficiary (and by the possible guarantors), by the national coordinator of the Executive Committee and by the President of “Insiemepercaso” ONLUS.In the event of false declarations, the beneficiary will be definitely excluded from current and future funding, and from any other project of “Insiemepercaso” ONLUS in Zambia.
Evaluation and selection modalitiesThe proposals will be evaluated by the evaluation committee, which is divided in a local section, made by the Executive Committee of “Insiemepercaso Association in Zambia”, and an international section, made by the Board of Directors of “Insiemepercaso” ONLUS.
The evaluation committee will evaluate each proposal assigning him a score and drawing

up a global list in which all the proposal submitted will be classified; the list will be publicly consultable. Depending on the number of proposals received, to avoid the constitution of lists with more than 5 proposals, several list will be drawn up taking into consideration territorial and social homogeneity (areas and communities with higher social cohesion). This with the purpose of the community helping, stimulating and advising the beneficiary in the accomplishment of his project and in the restitution of the loan, in order to foster the funds circulation and increase the number of beneficiaries. Moreover, this will make easier for “Insiemepercaso” ONLUS to evaluate the impact of the microcredit project and the level of improvement in the life conditions in different areas.The local section of the evaluation committee will name a representative for each list (every representative can be linked to more than one list) to be committed in the collection of the proposals of his concern; this deputed commissioner will be in charge of a first evaluation of the proposal leading a preliminary interview with every applicant.In the event of illiterate or unable-to-write applicants, they can come accompanied by a person to help or asking the deputed commissioner to support him.The preliminary interview has the objective of a first evaluation of the proposal, but its main function is to guide the applicant in the proposal writing, pointing out possible incoherence, lacking of information or slips. The applicant will be then enabled to introduce the requested changes and to submit his proposal until he receives the authorization of the deputed commissioner.Once the authorization is accorded, the deputed commissioner will draw up a short report of the interview(s) that is to be attached to the documentation the applicant submitted; the Deputed Commissioner will also plan the date of a second interview that he applicant, accompanied by one or two guarantors, has to take with a commission formed by the deputed commissioner, the National Coordinator and a second commissioner selected from the executive committee by the national coordinator.Should the applicant be no more able to pay back his debt, the guarantor(s) pledge(s) himself/themselves to refund the loan on behalf of the applicant. Ensuring to the final score a further increase of 10 scores (5 scores for one guarantor, 10 for two), the presence of the applicant(s) is a successful factor in the grant according.A plenary meeting of he local section of the evaluation committee will discuss and select the proposals, and a second report will be drawn up: the complete documentation will be then submitted to the international section who will definitely evaluate the proposals received to compose the final list(s) of the ones accepted for funding.The international section will proceed to the evaluation in the period from the October 1st
and the 31st , 2007; the lists will be published from the 1st November, 2007. Only the first proposal of each list will be fund, and only at the moment of repayment, the second in the list will receive his fund, and so forth till the exhaustion of the list.Should the lists be several, all the first classified proposals will be fund contemporarily starting from the same date. The funding of proposals set in the following positions (from the 2nd to the 5th position, depending on the extent of each list) will be bound to the repayment timetable of the ones previously funded. All the beneficiaries are personally responsible for the continuity of disbursement by repaying back as fast as possible the fund received. The total amount of all proposals accepted for funding – independently from their positions in the list(s) – shall not exceed the portion of the 2007 annual budget allocated by “insiemepercaso” ONLUS to Microcredit Projects in Zambia (that is 5000 Euro).Should a new call for proposals for micro-credit projects be published by “insiemepercaso” ONLUS before the exhaustion of the list(s), the ones who are classified in the list(s)

waiting their turn can choose to write off their name from the list and participate to the new call sending once again their proposal or preparing a new one. Their request will be put into consideration only after the cancellation from the list is officially got through a written request to the deputed commissioner responsible for his/her list.
Proposals funding Funds will be disbursed from the day after the publication of the list(s), that is the 2nd
November, 2007. To receive the fund each beneficiary must present himself/herself to the local section of the evaluation commission to sign the grant agreement.Since the task of the international section of the evaluation commission is to evaluate the ratio and the congruity of each proposal, also in relation to its solvency potential, it can determine to loan the total amount requested or only a portion.The beneficiary shall repay the loan received within the timetable indicated in the Application form, plus a 5% of annual interest. In fact, through the fund he/she receive, each beneficiary enjoys a circuit based on reciprocity and social solidarity: he/she is not considered a simple “receiver” but becomes an active member of “insiemepercaso” ONLUS, who is now participating with his/her own little contribution to increase the total amount of budget that the association will be able to allocate the microcredit project in Zambia.Should the fund not be repaid within the deadline indicated in the application form and in the grant agreement, the annual interest imposed will be the 10% of the loan received.
Project conclusion and reportAt the moment of the loan repayment the beneficiary is also requested to present a report about the accomplished project, describing with full particulars all the phases of the project, its conclusion and above all its self-sustainability perspective. The report must be addressed to “insiemepercaso” ONLUS and handed to its National Coordinator.The reports have an enormous value for “insiemepercaso” ONLUS who can thus evaluate the state and the trend of its micro-credit project in Zambia, and make modifications and improvements to progressively calibrate the new call for proposals to the needs and the suggestions indicated by the beneficiaries of the project.

Allegato 2: Grant Agreement
IPC INTERNATIONALPOVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME
CONTACT IPC ON 026-212-512335/0955-0966 788 925
IPC GRANT AGREEMENTPART II, the undersigned ____________________________born in_____________________________
NRC No.______________/_____/_____ having carefully read the Call for Proposal for IPC Micro
credit Project, July 10th, 2000 published by the Association “insiemepercaso” ONLUS, having
regularly applied to this Call and the Evaluation Committee having stated to fund my proposal.
Physical address / cell No. ____________________________________________________
PART II
DECLARATION
I receive today from “insiemepercaso” ONLUS the amount of One Hundred thousand Z/Kwacha
Z/K100, 000=00N for the accomplishment of my business activities indicated in the submitted
project proposal. I also commit myself to the repayment of the whole amount I received with the
addition of a small contribution corresponding to a 5% interest, within the deadline I myself
indicated in the “Application Form - Annex 1B”, which is 12 months at a monthly rates of
Z/Kwacha ZK 10,500 = 00 N, per month, starting from the next ________________ 2009 and to
the following deadlines; (EVERY MONTH END UP TO ____________________ 2010).
Should the repayment exceeds that deadline, I am aware that the annual interest of the loan I
received will be recalculated at the 10%.
Page Signature of the applicant; ____________________________________________________
IPC INTERNATIONALPOVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME

IPC INTERNATIONALPOVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME
CONTACT IPC ON 026-212-512335/0955-0966 788 925
PARTIII
I finally declare that I will use the money received from “insiemepercaso” ONLUS in fully
accordance and respect with the Zambian laws.
DATE AND PLACE
At ________________________ in the ________________________ District of the Copperbelt Province of the Republic of Zambia. This __________day of ______________________2009.
PARTIV
Sign of the Applicant
Sign of the guarantor (1) Sign of the guarantor (2)
PARTV
National representative ASSOCIAZIONE “insiemepercaso” ONLUS
Chanda PatrickIPC NATIONAL CO-COORDINATOR
ON __________________ DAY OF ___________________ YEAR OF THE LORD 2009.
Page Signature of the applicant; ____________________________________________________
IPC INTERNATIONALPOVERTY ALLEVIATION THROUGH HARD WORKING PROGRAMME

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http://www.insiemepercaso.org/
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http://www.euroafricanpartnership.org/
http://www.grameen-info.org/
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