PER UN’ETICA NELL’ENERGIA E NELL’AMBIENTE · Web viewSecondo l’Organizzazione Mondiale...

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Convegno Commissione Tecnica dell’ACI Roma, 16 - 17 febbraio 2006 LA STRADA PER KYOTO LA SFIDA PER UNO SVILUPPO GLOBALE, EQUO, SOSTENIBILE Marco Bresci, Automobile Club Pistoia Paola Villani, Kyoto Club - Politecnico di Milano

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Convegno Commissione Tecnica dell’ACIRoma, 16 - 17 febbraio 2006

LA STRADA PER KYOTO

LA SFIDA PER UNO SVILUPPOGLOBALE, EQUO, SOSTENIBILE

Marco Bresci, Automobile Club PistoiaPaola Villani, Kyoto Club - Politecnico di Milano

Indice

Introduzione................................................................................................................ 4

1. Etica e rispetto..............................................................................................61.1. I gradi di interiorizzazione delle regole........................................................71.2 La “Regola Aurea”.......................................................................................7

2. Situazione attuale........................................................................................11

3. Energia e sviluppo.......................................................................................193.1 Energia fotovoltaica...................................................................................203.1.1 Incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici..................................203.1.2 Aspetti economici...................................................................................223.1.3 Aspetti ambientali...................................................................................223.1.4 Componenti............................................................................................223.1.5 Ruolo delle Amministrazioni....................................................................223.1.6 Maggiori dettagli sui costi.......................................................................23

3.2 Energia eolica............................................................................................24

3.3 Idrogeno....................................................................................................29

3.4 Ricerche e sviluppo....................................................................................333.4.1 Dirigibili..................................................................................................333.4.2 Super elettrolisi......................................................................................403.4.3 Nucleare.................................................................................................40

3.5 Strategie di sviluppo..................................................................................40

4. Risorse e materie prime.........................................................................................44

5. Ambiente............................................................................................................... 66

6. Conseguimento di una pace mondiale permanente................................................826.1 Strategie di scelta......................................................................................85

7. Accordi di Kyoto: a che punto siamo?.....................................................................89

8. La comunicazione..................................................................................................92

9. Progettare nuove città...........................................................................................94

10. Conclusioni..........................................................................................................96

Bibliografia....................................................................................................102

Siti internet....................................................................................................103

Glossario....................................................................................................... 104

Allegato 1......................................................................................................11211th Conference of the Parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change and 1st Conference of the Parties serving as Meeting of

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the Parties to the Kyoto Protocol. Address by Dr R K Pachauri, Chairman of the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) at the High Level Segment. Montreal, Canada, 7 December 2005.........................................112

Allegato 2......................................................................................................114Il 16 febbraio 2006 entra in vigore il Protocollo di Kyoto: la nuova rivoluzione energetica di Massimiliano Varriale............................................................114

Allegato 3: Atti di Schio, Associazione Dirigibili Archimede.............................118

Indice delle figure

Figura 1 Laura Cozzi - IEA - in Atti del Convegno "Scenari e Politiche Energetiche Future", Politecnico di Milano, febbraio 2005............................................14

Foto 1: Marzo 1991, Guerra del Golfo, bruciano alcuni pozzi di petrolio in Irak.....41Foto 2: 12 dicembre 2005, Inghilterra: bruciano alcuni depositi di carburante e

altre sostanze altamente inquinanti a Hemel Hempstead , nei pressi di Londra.....................................................................................................41

Foto 3: Ottobre 2004, Cina: satelliti fotografano sulle aree maggiormente industrializzate ed abitate un consistente corpo nuvoloso caratterizzato dalla presenza di sostanze inquinanti e particolato..................................42

Foto 4: Cina Fiume Harbin. Sversamento benzene per malfunzionamento impianti, dicembre 2005.........................................................................................42

Foto 5: Iraq, incendi agli impianti petroliferi di Bassora nel 2004..........................43

Figura 1: Produzione e consumi mondiali petrolio. Elaborazione P.Villani, 2005, su dati Bp Statistical Review.........................................................................44

Figura 2: Importazioni ed esportazioni di petrolio per macroaree (dati in percentuale)............................................................................................47

Figura 3: A sinistra, consumi di petrolio (milioni di tonnellate) per aree geografiche aggregate; a destra, consumi per il settore trasporti. Elaborazione AEA, 2001........................................................................................................48

Figura 4: In arancione la percentuale di consumo energetico per il settore trasporti e in giallo la percentuale di consumi petroliferi per il settore trasporti. Fonte: Le Monde, dicembre 2005 su dati EIA ...........................................48

Figura 5: Scenari consumi di petrolio da parte delle nazioni asiatiche al 2030. Fonte: Le Monde, dicembre 2005 su dati EIA .....................................................49

Figura 6 Prezzi dei prodotti petroliferi a dicembre 2005 nei Paesi della UE.............54Figura 7 Costi principali tipi di greggio ($/Barile) per aree geografiche..................54Figura 8 Costi medi greggio FOB e CIF .................................................................54Figura 9 Prezzi dei prodotti petroliferi a dicembre 2005 nei Paesi della UE.............54

PIRAMIDE ETICA.....................................................................................................73EVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ UMANA....................................................................76

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IntroduzioneLe crisi che attanagliano l’umanità spingono verso l’acquisizione di un nuovo paradigma dello sviluppo che tenga conto della giustizia sociale, della salvaguardia ambientale, di una “mission” per imprese, enti e gestori di servizi che abbiano come obiettivo non più solamente il profitto, bensì l’avanzamento di tutta la civiltà umana, che è unica e indivisibile. Le sfide possono e debbono essere vinte con un vigoroso processo di educazione universale e con un forte impegno alla giustizia e all’etica, perché al centro di tutto vi è l’uomo. La questione ambientale non è un problema tecnico, è - in primis - un problema umano.L’obiettivo di questa ricerca è di presentare da un punto di vista interdisciplinare e multiculturale gli aspetti relativi allo sviluppo, alla gestione dell’energia, alla ricerca, all’impatto dei comportamenti umani sul pianeta Terra. La ricerca, a partire dal "rispetto” per l’altro, per ciò che pare essere differente, evidenzia le principali criticità non tralasciando problemi etici e sociali di grande rilevanza: sono perciò stati riportati i valori di alcune variabili, come popolazione, consumi, risorse e fonti di approvvigionamento energetico al fine di restituire un quadro sintetico, ma sufficientemente esaustivo della situazione attuale. Infatti una delle variabili dalle quali dipende lo sviluppo è l’energia. Le fonti rinnovabili sono oggi oggetto di studio solo come risorse integrative, più che risolutive (perché non è stata ancora ufficialmente annunciata la scoperta di qualcosa di veramente innovativo, rivoluzionario e universale tale da sostituire tutti gli altri sistemi produttivi di energia elettrica, calore e trazione), per una graduale e progressiva sostituzione dei combustibili fossili: nel testo tutte le fonti energetiche naturali e quelle basate sui combustibili fossili sono state comparate economicamente ed è stata data un’attenzione particolare all’idrogeno, proposto da molti come vettore energetico. La gestione delle risorse è strategica per uno sviluppo globale, etico, sostenibile. Nel testo viene indicata anche la possibile soluzione per l'utilizzo delle materie prime, patrimonio di tutta l’umanità. La scarsità dei combustibili fossili e le limitate riserve di acqua dolce (pulita e accessibile) richiedono una visione e una gestione super partes, che tenga conto di tutta l’umanità.Lo sviluppo dipende dal conseguimento della pace mondiale permanente, si deve operare quindi per rimuovere tutte le possibili cause di conflitto.L’applicazione degli Accordi di Kyoto ha conseguenze rilevanti nel campo dei trasporti e quindi anche sulla mobilità quotidiana: dovranno essere rivisti comportamenti e stili di vita, nonché dare impulso alla ricerca. La comunicazione ha un ruolo importantissimo nel passaggio da un’era con "consumismo senza regole e principi etici”, basato sull’illusione di risorse illimitate in un sistema aperto, a un nuovo modo di vivere coerente con il ristretto habitat terrestre. Altri e più nobili principi, come solidarietà internazionale fra i popoli, moderazione nei consumi e condivisione delle risorse si stanno lentamente e inesorabilmente affermando. Su tali nuovi principi è possibile ipotizzare cambiamenti anche sulle forme di utilizzo del territorio, sulla progettazione delle aree abitative e perfino sulle modalità di trasporto.Il nostro auspicio è che questo contributo agli atti del Convegno della Commissione Tecnica dell’ACI 2006 “La Strada per Kyoto”, contributo realizzato a quattro mani ed in totale collaborazione, sia da stimolo per una ricerca personale e collettiva, libera da interessi di parte al fine di favorire l’avanzamento della civiltà.Un ringraziamento particolare all’Associazione Archimede per la collaborazione nel riportare informazioni e dati sui dirigibili e all’ing. Alberto Brogi per le notizie riguardanti l’applicazione dell’energia solare.

23 gennaio 2006Marco Bresci e Paola Villani

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1. Etica e rispetto

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute (O.M.S.) la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste nell’assenza di malattie o infermità. La salute è un equilibrio dinamico che coinvolge lo stato del corpo, la dimensione psicologica, la dimensione socio - ambientale, la dimensione etico - spirituale. Per l’O.M.S. “La qualità della vita consiste nella percezione che ogni individuo ha della propria posizione della vita, nel contesto del sistema culturale e di valori esistenti nel luogo in cui egli vive e in relazione agli obiettivi, alle aspettative, agli standard e agli interessi che gli sono propri.” Inoltre l’O.M.S. identifica sei ambiti atti a descrivere, in modo interculturale, gli aspetti fondamentali della qualità della vita.

1. Un ambito fisico (ad esempio l’energia, la fatica),2. Un ambito psicologico (ad esempio i sentimenti positivi),3. Il livello di indipendenza (ad esempio la mobilità),4. I rapporti sociali (ad esempio un concreto appoggio sociale),5. L’ambiente (ad esempio l’accessibilità e il servizio dell’assistenza sanitaria),6. Le credenze personali e la spiritualità (ad esempio lo scopo della vita).

Gli ambiti riguardanti la salute e la qualità della vita sono complementari e sovrapponibili. La salute fisica, mentale, sociale e spirituale costituisce un patrimonio da salvaguardare e proteggere. È ancora valido il detto “prevenire è meglio che curare”, sia per la salute umana, che per l’ambiente e il territorio circostante.

Uno dei fattori che influenzano la salute nei vari ambiti, fisica, mentale, spirituale e sociale è l’etica. L’etica è quella parte della filosofia che studia il comportamento umano, i movimenti che lo orientano e le implicazioni morali di taluni atteggiamenti. Spesso si parla di comportamento o atteggiamento “etico”, in contrapposizione ad un atteggiamento “interessato”. Tale visione corrisponde al noto concetto kantiano di “imperativo categorico”: secondo Kant infatti “il carattere essenziale di ogni determinazione della volontà per la legge morale è che la volontà sia determinata semplicemente dalla legge morale come volontà libera1". Altri filosofi hanno tuttavia modi diversi di impostare il problema. L’etica è comunque la scienza della morale. In altre parole, facendo qualcosa per ottenere un vantaggio il comportamento non è morale. Dobbiamo agire perché corrisponde a un “valore”. La “mission” di un’impresa, di Ente o di un’agenzia si basa su “valori” (“valori aziendali”)..

I comportamenti, gli atteggiamenti, i metodi di lavoro, le relazioni personali e tutto il sistema sociale dipendono dall’applicazione o meno della moralità. Per salvaguardare i diritti è necessario rispettare dei doveri e quindi delle “regole”.

La formazione deve basarsi sull’educazione a comportamenti responsabili e sulla corretta informazione. Le sfide e le contraddizioni di questa epoca di transizione possono e debbono essere vinte con l’adozione di principi di etica universale, rimettendo valori e regole fra gli obiettivi principali nella educazione scolastica ed extrascolastica. Si impone una presa di coscienza collettiva della urgente necessità di sperimentare nuovi modelli progettuali e di utilizzare nuovi strumenti volti a favorire una crescita evolutiva delle giovani generazioni. Esse sono chiamate ad affrontare problemi sempre più gravi che investono ormai l’intero pianeta.

Il processo di interiorizzazione delle “regole” si può distinguere in quattro livelli.

1 Emmanuel Kant, “Critica alla Ragion Pratica”.

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1.1. I gradi di interiorizzazione delle regole

1. Conoscenza: le regole non si possono rispettare se non si conoscono. La legge però non ammette ignoranza. La comunicazione assume perciò un ruolo decisivo.

2. Comprensione: la semplice conoscenza non è sufficiente, le regole devono anche essere comprese. Non sempre la comprensione delle motivazioni e la formulazione del testo sono chiare al cittadino e in alcuni casi ciò genera trasgressioni.

3. Rispetto per timore della sanzione: si obbedisce alle regole per paura delle conseguenze repressive e non per buona educazione. Se si avverte assenza di sorveglianza le norme tendono a non essere rispettate.

4. Identificazione: è il più profondo grado di interiorizzazione, si condividono pienamente le leggi, si riconoscono giuste le motivazioni e si rispettano ovunque e comunque, anche in assenza di sorveglianza e repressione.

L’ultimo grado di interiorizzazione è la forma più alta di educazione e rappresenta il conseguimento della piena maturità.

1.2 La “Regola Aurea”

Esiste un insegnamento etico universale ed eterno, che è stato dato in ogni epoca e in ogni continente, “La Regola Aurea”.

Induismo: “Ecco la somma della vera onestà: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso. Non fare al tuo vicino ciò che non vorresti che egli poi rifacesse a te” (Mahabarata).

Taoismo: “L’uomo buono deve compatire le cattive tendenze degli altri; rallegrarsi della loro eccellenza; aiutarli se sono in distretta; considerare i loro successi come i suoi propri e così i loro insuccessi” (Il Thai-Shang, 3).

Confucianesimo: “Sicuramente questo è il massimo della bontà: non fare agli altri ciò che non vorresti che essi facessero a te” (Analetti, XV, 23).

Buddismo: “Non ferire gli altri in modi dai quali anche tu ti sentiresti ferito” (Udana - Varqua, 5:18).

Zoroastrismo: “Buona è soltanto quella natura che non fa agli altri ciò che non è buono per lei” (Dadistan-i-Dinik, 94:5).

Ebraismo: “Quello che ti è odioso, non farlo al tuo prossimo. Questa è tutta la Legge, il resto è solo commento”(Il Talmud, Shabbat, 31 a).

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Cristianesimo: “Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Luca 6:31).

Islám: “Non è credente un uomo finché non desidera per suo fratello quello che desidera per se stesso” (Sunnah).

Fede Bahá’í: “Benedetto chi preferisce a sé il fratello” (Tavole di Bahá’u’lláh, pag. 66).

L’umanità è ormai matura per credere in un Dio unico, ritenere tutti gli abitanti fratelli e tutte le religioni sorelle. La “Regola Aurea” rappresenta la base fondamentale della relazione con l’altro nella vita pratica fin dalla notte dei tempi. Essa non è solamente un principio di comportamento etico e universale, ma è anche la precisa indicazione per l’agire quotidiano. Essenza dell’educazione è guidare alla giusta relazione con il prossimo in una prospettiva di apporto reciproco. La relazione fra individui prevede contatti e continue mediazioni in famiglia, con la scuola, con il gruppo, con i colleghi di lavoro. La relazione attualmente si esplica prevalentemente in “competizione”, anziché in “collaborazione”. Questa distorsione è all’origine della visione conflittuale della vita a tutti i livelli e determina il pregiudizio che la “guerra” sia inevitabile. La rimozione di questo pregiudizio unitamente a un radicale cambiamento operativo rappresentano la premessa per uno sviluppo in armonia con se stessi, con gli altri, con le istituzioni, con l’ambiente.L’inquinamento delle relazioni è costituito non solo dal “confronto” con gli altri, ma anche dai pregiudizi di razza, di etnia, di cultura, di sesso, di religione, di stato sociale. Voler guardare l’altro non come è realmente, ma come lo si vuole vedere, secondo categorie predefinite e di parte, costituisce un serio ostacolo all’integrazione, alla collaborazione e allo sviluppo di buoni rapporti. In questo modo si costituiscono relazioni di “convenienza”, di opportunismo, rifiutando sincere amicizie o peggio, escludendo i “diversi”, per mentalità, abitudini, credo religioso. Troppo spesso dimentichiamo come la qualità dei rapporti sia alla base della civiltà. Le regole sono le leggi a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. L’autonomia locale prevede che le leggi locali, regionali e internazionali siano in sintonia con quelle internazionali, per un rispetto della comunità mondiale. Si potrebbe sintetizzare nelle frasi “gli italiani non facciano ai francesi quello che non vorrebbero che fosse fatto a loro, oppure gli islamici non facciano ai cristiani quello che non vorrebbero che fosse fatto a loro, ecc…Una visione planetaria della “Regola Aurea” prevede che si prendano in considerazione anche i rapporti fra enti, istituzioni civili e religiose, etnie, popoli, nazioni. Nel contesto internazionale e nazionale ciò non significa “porgere l’altra guancia” sempre e comunque, bensì applicare principi di etica universale negli affari umani, che peraltro non sono ancora stati definiti a livello giuridico. Di fronte a una minaccia o a un’aggressione nei confronti di singoli individui, di etnie, di popoli o di nazioni, oppure verso l’ambiente e le sue risorse, la risposta, anziché personale o nazionalistica, dovrebbe essere delegata a enti giuridicamente preposti alla salvaguardia della sicurezza collettiva e mondiale. La società assiste a un processo storico che sta determinando la caduta della sovranità nazionale e il progressivo

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affermarsi di una comunità globale planetaria. Agire secondo giustizia in ogni circostanza è un compito estremamente arduo. Troppo spesso i rapporti si fondano su compromessi e interessi economici. Il sistema delle relazioni umane si sviluppa secondo regole di vita che presuppongono il rispetto di leggi, direttive e convenzioni. La trasgressione comporta una pena, un debito da pagare nei confronti della comunità, nazionale o internazionale. Il “perdono” è personale e riguarda l’individuo coinvolto nella violazione di un diritto; la pena o la sanzione costituiscono il deterrente per garantire la sicurezza collettiva. Un eccessivo garantismo può mettere in crisi la sicurezza sociale.

Siamo testimoni di “segni dei tempi” che vanno nella direzione della “Regola Aurea”. Primo esempio: la Banca Mondiale, nei giorni 18 e 19 febbraio ‘98 organizzò a Londra2

un summit di tutte le grandi religioni per consultarsi sulle linee di sviluppo da seguire per il futuro. Dal 1995 James Wolfenshon, ebreo, è Presidente della Banca Mondiale. Al summit erano presenti esponenti di nove religioni di tutto il mondo, di tredici comunità sparse nei cinque continenti: il Primate anglicano George Carey, il Cardinale cattolico Roger Etchegary, il Principe ereditario (allora il padre era ancora vivo) Hassan di Giordania, l’Imam Aga Khan, Zhan Ji Yu, rappresentante dei Taoisti, tanti altri rappresentanti israeliti e cattolici, ortodossi, protestanti, anglicani, indù, buddisti, gianisti, sikh, ebrei e bahà’ì. Alla domanda sul perché di questo vertice, il Presidente, rispose: “Perché ci occupiamo dei poveri. Perché si tratta di trovare un equilibrio tra bisogni materiali e spirituali. Perché non si arriverà a uno sviluppo autentico se non sarà costruito sulla continuità culturale e quindi anche religiosa. …le disuguaglianze crescono e i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. … Possiamo fare molte più cose insieme che da soli. E poi, quando si tratta di bisogni, le religioni hanno la ‘rete’ migliore che esista. Conoscono i bisogni della gente… Serve un approccio globale. Progetti che abbiano almeno 10 anni di respiro, che possano essere verificati passo dopo passo.”3 Grazie a James Wolfenshon, la Banca Mondiale ha inaugurato un nuovo corso improntato su meno burocrazia, più fondi da gestire, programmi non più improntati esclusivamente sul neoliberismo classico (con tagli di bilancio al welfare, cioè sanità, istruzione, pensioni, servizi), ma con attenzione alla povertà, all’ecologia, all’istruzione, all’avanzamento delle donne, alla sanità. La Banca Mondiale ha compreso che uno sviluppo equilibrato deve essere fondato sul consenso della società civile, perciò, come è stato affermato nella dichiarazione conclusiva del vertice di Londra, “le comunità religiose mondiali saranno invitate a influenzare le elaborazioni della Banca, partecipando alle sue sessioni di studio.”Il giorno 11 novembre del 1999, a Washington, presso gli uffici della sede centrale della Banca Mondiale, si è tenuto il 2° vertice fra i massimi funzionari della Banca Mondiale, il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e i rappresentanti delle maggiori religioni del mondo per continuare il dialogo su come lavorare insieme per superare efficacemente la povertà. I partecipanti hanno dichiarato che il gruppo, chiamato adesso Dialogo delle Fedi Mondiali per lo Sviluppo (the World Faiths Development Dialogue, WFDD), ha lavorato in un’atmosfera accogliente, con un alto grado di entusiasmo da parte di tutti, e con un alto senso di responsabilità.4 I partecipanti hanno affermato la necessità di tenere 2 “Metti un dollaro sulle vie del Signore”, di Marco Politi, articolo pubblicato su La Repubblica del 20.2.98.3 Fonte: Marco Politi, articolo citato.4 Fonte: www.onecountry.org. “The commitment to improving the lives of the poor found among those at the conference enables the bridging of huge cultural and theological divides,” said World Bank president James Wolfensohn and Archbishop of Canterbury George Carey in a joint final statement. "It is crucial to try to replicate this in many practical country settings, and the signs are that is already beginning to happen." Entitled “Ways Ahead for the Dialogue,” the meeting was held on 11 November 1999 at the World Bank headquarters here and, like the Lambeth Palace event in February 1998, was co-hosted by Mr. Wolfensohn and Dr. Carey. Other participants included many of the same high-level religious representatives who were present at Lambeth meeting, including His Royal Highness Prince El Hassan

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conto degli aspetti spirituali nella strategia di uno sviluppo globale. L’unità si costruisce sui valori.

Secondo esempio. Il 24 novembre 2005 si è svolto il primo storico incontro tra i fedeli di tutte le religioni di Roma e i Premi Nobel per la pace, Mickail Gorbaciov ha rivolto prima di tutto il suo discorso ai numerosi bambini presenti in sala: li ha esortati a non credere che la politica così come è oggi possa risolvere i grandi problemi dell'umanità e dare la felicità alle genti...ha esortato i bambini a studiare con eccellenza perché possano diventare capaci di costruire la pace con una nuova mentalità. Ha poi aggiunto che non esistono religioni maggiori e religioni minori ma che tutte possono educare l’umanità alla pace.

bin Talal of Jordan and His Highness the Aga Khan, representing Islam; Bishop Diarmuid Martin of the Vatican, representing the Catholic Church; Rabbis Rene Sirat and Arthur Hertzberg, representing Judaism; Nambaryan Enkhbayar and Sulak Sivaraksa, representing Buddhism; Swami Vibudhesha Teertha and Acharya Shrivatsa Goswami, representing Hinduism; Sri Singh Sahib Manjit Singh, representing Sikhism; and Dr. L. M. Singvhi, representing Jainism. Lawrence Arturo represented the Bahá'í Faith. Also joining the Dialogue in Washington was Michel Camdessus, the managing director of the International Monetary Fund (IMF). Although Mr. Camdessus has indicated that he will resign from the IMF in mid-February 2000, he reportedly expressed “enthusiasm” for the continuing participation of the IMF in the Dialogue.”

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2. Situazione attuale

Studiando la storia possiamo vedere come l’evoluzione umana abbia compiuto una crescita accelerata in questi ultimi centocinquanta anni. Grazie agli straordinari sviluppi nella tecnica, nell’industria, nella scienza, nelle comunicazioni, nei trasporti, sono crollate tante utopie. Pensiamo ai racconti di Verne: andare sulla luna o sotto i mari, produrre energia da fonti diverse dal carbone, sembravano proprio utopie fino a non molto tempo fa. L’uomo di oggi ha molto più potere nelle sue mani rispetto alle epoche passate, le sue decisioni possono influenzare altri uomini, contemporanei e futuri, intere città, anche tutta la terra. L’applicazione delle conquiste tecnologiche e scientifiche non sempre è stata corretta e così l’umanità si trova a dover affrontare una serie di nuovi problemi, come quelli ambientali, di integrazione razziale, di gestione di sistemi sempre più complessi. Siamo arrivati a situazioni paradossali in cui l’uomo può non controllare certe situazioni da lui originate. Assistiamo per esempio alla distruzione degli ecosistemi ed alla modificazione degli equilibri climatici ed atmosferici, senza che la tecnologia e la scienza si evolvano allo stesso ritmo per poter evitare o attenuare certi effetti. Un esempio significativo è quello della progressiva diminuzione dell’ozono, causato dall’immissione nell’atmosfera di prodotti particolari, provocati dall’uso indiscriminato di sostanze nocive o di applicazioni di processi altamente distruttivi, le cui conseguenze sono conosciute da anni. Non siamo in grado di ricostruire lo strato di ozono originario. La natura provvede con i sui tempi ed i suoi ritmi. L’ozono in alta quota si riforma lentamente. Potrebbero essere necessari parecchi decenni per tornare ad una situazione di sicurezza, una volta bandite le sostanze chimiche responsabili della sua distruzione. L’uomo interagisce con l’ambiente che lo circonda e viceversa. Si chiama biosfera quella parte della terra capace di sviluppare la vita. Lo stesso termine è usato per indicare la somma totale della materia vivente.5 Negli anni ‘70 nasceva la teoria di “Gaia”, con la quale l’americano Lovelock paragona l’ecosistema terrestre a un unico grande organismo vivente, sensibile alle ferite inferte in qualsiasi regione del pianeta. Negli anni ‘90 lo scienziato Ervin Laszlo ha fondato il Club di Budapest, a cui aderiscono studiosi e artisti di tutto il mondo per aiutare l’uomo di oggi ad acquisire una coscienza planetaria.La terra è un organismo vivente che non può parlare, ma che reagisce, che sta dicendo all’uomo: “Guarda che mi stai stressando...” Le sempre più frequenti anomalie climatiche, l’innalzamento della temperatura media atmosferica e delle acque (la “febbre” che sta salendo), lo scioglimento dei ghiacci, la desertificazione, possono essere interpretati come la risposta allo sfruttamento sconsiderato delle risorse terrestri. L’ambiente troverà sicuramente un altro equilibrio, come è sempre successo in passato dopo catastrofi naturali o provenienti dallo spazio. Sono le condizioni di vita per l’uomo sulla terra che possono diventare critiche, non per Gaia nel suo complesso, che sopravvivrà comunque.

Il carico imposto all’ambiente nella sua globalità è dato dal prodotto di tre fattori: numero degli abitanti, quantità di risorse usate, inquinamento prodotto (compresi i rifiuti)6. La crescita demografica è associata all’aumento delle 5 Fonte: Mason & Moore, “Principles of Geochemistry”.6 La capacità della terra è limitata: l’economia non può accettare i vincoli biofisici assoluti che il sistema termodinamico chiuso su cui viviamo comporta. La considerazione dei valori etici e dei vincoli biofisici ha determinato la nascita del concetto di sviluppo sostenibile. Nasce un nuovo paradigma: non più una economia basata su due parametri, il lavoro e il capitale, bensì una nuova economia fondata sul il lavoro, il capitale naturale e il capitale prodotto dall’uomo. Herman Daly, nella formulazione dello stato stazionario e del concetto di sostenibilità, specifica che il capitale naturale è costituito dall’insieme dei sistemi naturali, dei prodotti agricoli, della pesca, della caccia, dal patrimonio artistico - culturale presente nel territorio, ecc... Daly scrive: “per la gestione delle risorse rinnovabili ci sono due ovvi

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esigenze e dei consumi pro capite che elevano anche il terzo fattore, quello dei rifiuti e dell’inquinamento. Essendo già visibili gli effetti dello stress globale del nostro pianeta nel suo insieme, è evidente che il carico sta ormai per raggiungere un valore critico, producendo contraccolpi non solo sulla biosfera, ma anche nell’economia, nella società, nei sistemi politici. Gli scienziati parlano proprio di sindrome da stress globale.Esaminiamo il primo fattore: il numero e le condizioni degli abitanti sulla Terra.

Anno 2000Popolazione mondiale: 6 miliardi e 100 milioni

1,2 miliardi di persone soffrono la fame 1,2 miliardi di persone non hanno a disposizione acqua potabile

1 miliardo circa di persone adulte sono analfabeti 1,2 miliardi di persone sono ipernutrite e soprappeso

2 miliardi di persone vivono senza elettricità7

Nella tabella seguente possiamo vedere come la popolazione mondiale abbia raggiunto quota un miliardo nel 1830, dopo 150.000 anni di evoluzione dalla comparsa del “Homo sapiens sapiens”. Attualmente la popolazione cresce a un ritmo di circa 80 milioni di individui all’anno. Su dieci bambini che nascono, due sono indiani. Una persone ogni tre vive in una grande città e se la tendenza si manterrà costante, nel 2025 saranno due su tre. Questo comporta l’esistenza di una trentina di megalopoli con oltre 8 milioni di abitanti e oltre 500 città con oltre 1 milione di abitanti. Si calcola che oggi circa il 55% della popolazione mondiale viva in città.8

Periodo Popolazione mondialeIntorno al 1830 1 miliardoInizi del Novecento 1 miliardo e 600 milioniIntorno al 1928 2 miliardiNel 1960 3 miliardiOttobre 1999 6 miliardi2050 le stime più probabili danno 8 miliardi e

900 milioni9

Secondo fattore: quantità di risorse usate. I consumi pro capite sono in aumento e di conseguenza cresce l’impatto sulla biosfera. La pubblicità si concentra sulla stimolazione di falsi bisogni, per cui si è creato un effimero mercato di prodotti internazionali, che ha ribaltato completamente la situazione rispetto a pochi decenni principi di sviluppo sostenibile. Il primo è che la velocità del prelievo dovrebbe essere pari alla velocità di rigenerazione (rendimento sostenibile). Il secondo, che la velocità di produzione dei rifiuti dovrebbe essere uguale alle capacità naturali di assorbimento da parte degli ecosistemi in cui i rifiuti vengono emessi. Le capacità di rigenerazione e di assorbimento debbono essere trattate come capitale naturale, e il fallimento nel mantenere queste capacità deve essere considerato come consumo del capitale e perciò non sostenibile.” “Il mondo sta passando da una era in cui il fattore limitante era il capitale prodotto dall’uomo a una era in cui il fattore limitante è quello che rimane del capitale naturale”. “Oggi la quantità di petrolio greggio estratta è limitata dalla disponibilità di petrolio nei pozzi (o anche dalla capacità dell’atmosfera di assorbire CO2), non dalla capacità di estrazione; la produzione agricola è spesso limitata dalla disponibilità d’acqua, non dai trattori e dalle mietitrici. Siamo passati da un mondo relativamente ricco di capitale naturale e privo di capitale prodotto (e di uomini) a un mondo che è, al contrario, povero di capitale naturale e ricco di capitale prodotto”.7 Fonte: Worldwatch Institute, “State of the world 2000”.8 Il dato è stato pubblicato nell’articolo “Benvenuti nel millennio nucleare”, di Jesse Ausubel, Il Sole 24 Ore Duemila, 17.11.99.9 Fonte: Worldwatch Institute, “State of the world 2000”. Le proiezioni della popolazione sono riviste dall’O.N.U. ogni due anni.

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fa. Questo mercato “drogato” ha modificato usi e costumi di intere popolazioni che hanno abbandonato le risorse locali a buon mercato proponendo beni, materiali e tecnologie importati ad altissimo costo, generando un turbinio di problemi relativi alla occupazione, ai trasporti, ai rifiuti, alla legge della domanda e della offerta, aumentando in maniera progressiva il divario fra ricchi e poveri sul pianeta.

Negli ultimi due decenni lo sviluppo umano ha causato la perdita annuale di 5-7 milioni di ettari di terreni fertili coltivabili. A questi ritmi la produzione agricola mondiale è destinata a diminuire rapidamente senza poter soddisfare la domanda crescente. Si deve considerare anche il fatto che una buona parte dei terreni vengono coltivati per produrre caffè, tabacco, tè, droghe e per foraggiare animali destinati alla macellazione per soddisfare consumi alimentari a base di carne.

I governi del mondo spendono circa mille miliardi di dollari all’anno per armamenti e destinano soltanto una frazione irrisoria al mantenimento di un ambiente sano e adatto a tutta l’umanità.

Periodo Situazione

Inizi del Novecento - Utilizzo di una ventina dei 92 elementi chimici presenti in natura.- Utilizzo di 20 milioni di tonnellate di metalli all’anno.- Utilizzo di 4 milioni di tonnellate di carta.

Inizi del Duemila

- Utilizzo di tutti i 92 elementi chimici presenti in natura.- Utilizzo e immissione nell’ambiente di oltre 100.000 composti chimici realizzati dall’uomo.- Utilizzo di 1,2 miliardi di tonnellate di metalli all’anno.- Utilizzo di 160 milioni di tonnellate di carta.10.

L’ossigeno, l’acqua dolce, le risorse del sottosuolo, sono tutte risorse perfettamente bilanciate sulla Terra, da salvaguardare e proteggere. Con bassi valori di ossigeno ci sono problemi per la salute, diventano probabili lo sviluppo di tumori, allergie, malattie degenerative, disturbi mentali. Al di sotto della soglia di 6-7% la vita umana non è più sostenibile. La perdita di ossigeno atmosferico è dovuta alla combustione del petrolio, gas e carbone, alla deforestazione, agli incendi e all’avvelenamento del plancton vegetale marino, danneggiato dai prodotti petroliferi che si distribuiscono sull’acqua impedendo la traspirazione, nonché dai raggi ultravioletti (UV) che oltrepassando la pellicola di ozono ridottasi in alta quota “bruciano” il plancton.11 Le grandi città sono i luoghi con la maggior concentrazione di inquinanti e con la minor quantità di ossigeno che oscilla tra il 12 e il 17% per l’alta combustione di veicoli, caldaie e impianti industriali. Basta camminare speditamente in ambito urbano e verificare come lo sforzo compiuto in presenza di aria a basso contenuto di ossigeno causi la stessa identica spossatezza che si prova ad effettuare un percorso in alta

10 Fonte: Worldwatch Institute, “State of the world 2000”.11Cfr.Glossario voce “ossigeno” vedi anchehttp://www.realclimate.org/index.php?p=134&lp_lang_view=fr

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quota. I migliori bioindicatori sono i bambini: studiando gli effetti sulla salute si può facilmente risalire alle cause di disturbi e malattie a volte gravi. Il consumo di acqua potabile, triplicato rispetto al 1950, causa l’abbassamento delle falde freatiche perché i ritmi di estrazione superano quelli necessari alla ricarica delle riserve (debito idrico).

Periodo Riserva annua pro capite di acqua dolce

Nel 1950 circa 17.000 m3

Nel 1995 circa 7.500 m3

Nel 2025 circa 5.100 m3 12

La distruzione delle foreste per acquisire terreni da dedicare all’agricoltura e al pascolo, alla produzione di carta, a insediamenti urbani e alla viabilità, pari a 14 milioni di ettari all’anno, equivalenti circa alla superficie della Grecia,13 e per incendi (il 2000 fu un anno critico per incendi nei cinque continenti), è motivo di forti preoccupazioni per i contraccolpi sul clima, sulla produzione di ossigeno, sulla estinzione di massa delle specie animali e vegetali. Ogni giorno si estinguono un centinaio o più di specie viventi14. Secondo i dati, il presente tasso di estinzione di piante e animali è comparabile a quello della catastrofe che causò la scomparsa dei dinosauri. Prima che l’uomo apparisse sulla scena, il tasso medio di estinzione per le specie di mammiferi era una ogni 400 anni mentre nel 1990 si stimò che circa 58 specie di mammiferi erano scomparse negli ultimi 400 anni15. Circa il 25% di tutte le specie (4.355) di mammiferi sono oggi minacciate.16

794 specie di animali e piante sono ad alto rischio d’estinzione se non verranno prese misure urgenti di conservazione, 595 aree del pianeta dove vive almeno una specie classificata come “minacciata” o “gravemente minacciata” secondo i criteri stabiliti nella Lista Rossa IUCN (World Conservation Union). La mappa delle estinzioni nel mondo è stata realizzata da un team internazionale di biologi e naturalisti riuniti sotto il nome di “Alleanza Estinzioni Zero” (AEZ). Ciascun sito identificato è l'unico posto in cui quella specie risiede, o contiene almeno il 95% della popolazione conosciuta. Alcuni dei luoghi contengono più di una specie in pericolo. Le 794 specie in elenco includono per ora uccelli, mammiferi, anfibi, conifere ed alcuni gruppi di rettili. “La maggior parte di queste specie vivono in singoli luoghi e risultano quindi altamente vulnerabili all’impatto dell’uomo”. Si tratta per la maggior parte di luoghi ubicati nelle regioni tropicali del mondo e comunque in paesi in via di sviluppo, spesso con densità demografica alta. Sono poche le specie totalmente protette.Tra le 13 organizzazioni che hanno realizzato lo studio vi sono Zoological Society of London, Conservation International, American Bird Conservancy, BirdLife International, Wwf e World Conservation Union (IUCN).

12 Fonte: Ervin Laszlo, “Il Terzo Millennio: la sfida e la visione”, Corbaccio. 13 Fonte: Worldwatch Institute, “State of the world 2000”.14 Fonte: Ervin Laszlo, opera citata.15 World Resources Institute, “Word Resources 1994-95: A Guide to the Global Environment”, Oxford University Press, 1994, pag. 148.16 Fonte: Lester R. Brown, opera citata.

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Figura 1 Laura Cozzi - IEA - in Atti del Convegno "Scenari e Politiche Energetiche Future", Politecnico di Milano, febbraio 2005.

Dall’ultimo grafo emerge un quadro incoraggiante, che fa sperare per il futuro. Le proiezioni indicano che ci stiamo orientando verso una produzione energetica decentrata, a piccola scala, con sfruttamento di fonti a minore impatto ambientale. L’energia prodotta localmente dà al consumatore esattamente ciò che vuole, l’indipendenza rispetto a istituzioni lontane, autonomia in caso di black-out, disastri naturali e umani. I vantaggi nell’utilizzo di microimpianti decentrati sono notevoli: modularità, velocità nella messa in funzione, diffusione di combustibili e fonti energetiche che riducono la produzione di CO2, maggiore stabilità dei prezzi, affidabilità ed elasticità del sistema, limitata costruzione di impianti di distribuzione e di reti con le relative perdite di trasporto di energia, minori emissioni e impatti sull’ambiente. Oggi il 62% dell’energia elettrica prodotta nel mondo è originata da combustibili fossili (il 38% dal carbone).17

Terzo fattore: inquinamento e rifiuti.Durante l’attuale periodo interglaciale (circa 11-12.000 anni) la composizione chimica dell’atmosfera sembra essersi mantenuta relativamente stabile, con circa 280 parti di CO2 per milione. In seguito al massiccio uso dei combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturali), agli incendi boschivi, alle deforestazioni, la CO2 supera 350 parti per milione. Il notevole utilizzo dei combustibili fossili è dovuto alla loro applicazioni per la produzione di energia elettrica, in molti processi industriali, negli impianti di

17 Fonte: Worldwatch Institute, “State of the world 2000”.

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riscaldamento, all’attuale modello di mobilità centrato su veicoli a combustione (responsabile di un decimo della produzione di CO2 totale).18

Periodo Quantità di CO2 nell’atmosfera

Fino al 1800 280 parti per milione (ppm) - stimaNel 1959 316 ppm (aumento del 13%)Nel 1998 367 ppm (ulteriore aumento del 17% in 39

anni)19

Nel 2006 490 ppm 20

Questo comporta un innalzamento della temperatura media atmosferica e delle acque. A questi livelli sono minacciate la salute fisica (diffusione della malaria e di altre malattie tropicali) e la disponibilità globale di cibo (diminuzione della produzione agricola mondiale per le anomalie climatiche e per l’avanzamento della desertificazione). Il riscaldamento globale dell’aria e delle acque (con la distruzione delle barriere coralline in atto) non è un processo graduale e ben distribuito, ma una sommatoria di effetti di riscaldamento e di raffreddamento nelle diverse parti della terra con fenomeni climatici violenti ed estesi. Far aumentare la temperatura della terra vuol dire fornire energia a cicloni, tornado, uragani, ecc.... A Kyoto sono state stabilite delle quote e dei tempi per la riduzione della produzione di CO2 . Se fossero applicati gli Accordi di Kyoto significherebbe ritardare di due anni la quantità di anidride carbonica che viene immessa nell’atmosfera da attività antropiche. Dopo soli due anni avremmo la stessa quantità di CO2 che produrremmo senza applicare tale Trattato. È chiaro che per risolvere efficacemente il problema occorre un vero taglio delle emissioni di anidride carbonica su scala globale, senza quindi ricorrere a sistemi di riduzione (la borsa delle quote acquistabili/vendibili sul mercato mondiale), sistemi che possono acquistare significato solo in termine di riduzione degli inquinanti alla piccola scala.

Periodo Temperatura

Temperatura media annuale della terra nel 1950

13,8° Celsius

Temperatura media annuale della terra nel 1998

14,6° C

Temperatura media annuale prevista entro il 2100

Aumento da 1,5° a 6° C21

Gli scienziati prevedono che alle latitudini più elevate si verificherà un riscaldamento superiore rispetto ai tropici. Per lo scioglimento dei ghiacci, dal 1892 al 1992 il livello dei mari è salito, secondo le stime, di 10 cm. Dal 1992 al 1994 il satellite Topex Poseidon ha rivelato un altro cm di crescita. Il terzo rapporto dell’IPCC prevede un innalzamento dei mari tra i 14 e gli 80 cm, con un valore medio di 47 cm, entro il

18 Nel mondo circolano circa 660 milioni di veicoli a motore e ogni anno se ne producono circa 30 milioni. A questi ritmi avremo il raddoppio del parco auto circolante, pari a 1 miliardo e 320 milioni fra 22 anni, ovvero nel 2022, con il conseguente raddoppio delle immissioni di anidride carbonica se non ricorriamo a veicoli con propulsione non a combustione.

19 Fonte: Lester R. Brown, Worldwatch Institute, “State of the world 2000”.20 Fonte: Edo Ronchi - Rapporto ISSI - Il protocollo di Kyoto in Italia - Roma, Novembre 2004.21 Fonte: IPCC (cfr. glossario), è in corso l’elaborazione del Quarto Rapporto di Valutazione sui

cambiamenti climatici (IPCC, 2007).

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2100. Un terzo della superficie totale del pianeta è minacciato dalla desertificazione. 22

Nella seconda metà degli anni ‘90, nelle regioni coralline la temperatura dell’acqua ha superato i 30° C. I coralli sbiancano e muoiono alla temperatura di 28° C.23

Per quanto riguarda i rifiuti ogni anno produciamo oltre 1 miliardo di tonnellate di rifiuti industriali, di cui alcuni molto tossici, come l’arsenico ed il cadmio. In Italia accumuliamo oltre 30 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti solidi.24 Nell’aria, nell’acqua, nel suolo circolano decine di migliaia di composti chimici che la natura non riesce a neutralizzare.Da questo sintetico quadro emerge quanto pesante sia il carico imposto sul pianeta dall’uomo in questo periodo storico. Stime e previsioni sicure al 100% non si possono formulare per le tante variabili in gioco, tuttavia è il momento di lavorare per risolvere tutti i problemi collegati all’ambiente, allo sviluppo, all’economia. Ognuno, con le proprie competenze, esperienze, capacità, intuizioni sarà chiamato a proporre e ad agire. Sono passati otto anni dal Summit Mondiale della Terra (Earth Summit, Rio de Janeiro, 1992). È tempo di bilanci, nonché di nuove intese internazionali, vincolanti e accompagnate da meccanismi di sanzione, da attuare secondo calendari prestabiliti.

22 Fonte: Ervin Laszlo, opera citata.23 Fonte: Chris Bright, Worldwatch Institute, “State of the world 2000”.24 Fonte: WWF.

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3. Energia e sviluppo

Cosa vuol dire sviluppo? Nel mondo economico e finanziario il vettore propulsivo è il profitto. Questo ha creato uno squilibrio nella popolazione mondiale (il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse mondiali) e la rottura degli equilibri ambientali. Un nuovo paradigma dello sviluppo, che tenga conto della giustizia sociale, della parità di diritti di tutte le Nazioni, della salvaguardia ambientale e delle nuove generazioni sta lentamente, ma inesorabilmente emergendo. L’ipocrisia, la demagogia, la disparità fra le parole e i comportamenti, i disastri ambientali ed economici fanno avanzare un sempre maggiore desiderio di giustizia, di serietà e di responsabilità.Il fenomeno della grande crescita economica del sud - est asiatico, in particolare Cina e India, dovuto in gran parte al basso costo della manodopera, è destinato a ridimensionarsi non appena i rispettivi popoli pretenderanno la salvaguardia dei loro diritti, in particolare pensione, sanità, parità uomo – donna, ecc… e vorranno partecipare ai benefici del progresso (tempo libero, vacanze, divertimenti, ecc…). Un vero rilancio dell’economia mondiale non è condizionato all’acquisizione dei diritti delle grandi masse di popolazione dell’estremo Oriente, che calmerebbe il costo della manodopera in regime di concorrenza mondiale. La ripresa è invece connessa a interventi volti a impedire tutte le forme di speculazione (sui cambi, sulle materie prime, sulle Borse, sulla manodopera), eliminando disuguaglianza e ingiustizie, contenere i consumi energetici ed abbassarne i costi. La decentralizzazione e la liberalizzazione della produzione di energia, vincolata però a sistemi a basso impatto ambientale, consentirebbe un aumento dell'occupazione a livello locale e nello stesso tempo favorirebbe lo sviluppo. Nel mondo ci sono già esperienze di microcredito, piccoli prestiti a basso tasso d‘interesse dati alle donne (gli uomini offrono meno garanzie, tendono a spendere soldi nel gioco, con le donne, nell’alcol e altre droghe) per far uscire dalla soglia di povertà fasce di popolazioni dei paesi svantaggiati. Tali esperienze di microcredito potrebbero avere applicazione nei paesi sviluppati nei confronti dei disoccupati.Oltre a queste lodevoli iniziative sarebbe opportuno fornire microcrediti di energia, ovvero dare la possibilità ai paesi poveri di produrre energia a basso costo e a basso impatto ambientale, una sorta di microcredito energetico. In Italia per esempio un impianto fotovoltaico per 3-4 kW/h costa circa 32.000,00 Euro. Chi non ha un capitale iniziale non può optare per il cambiamento. Lo Stato e i gestori delle aziende energetiche dovrebbero intervenire per favorire la diffusione dell’energia solare, come crediti a basso tasso di interesse per l’acquisto di impianti. Con una politica energetica che prevedesse una progressiva realizzazione del solare, tenendo conto che 1 MW dal fotovoltaico costa circa 8.000.000,00 di Euro, si potrebbe ipotizzare in Italia di arrivare a 1.000 MW entro il 2010 attraverso il meccanismo dei microcredito di energia, e/o riconfermando gli incentivi 25. Non sarebbe un investimento a fondo perduto, perché sarebbe ammortizzato dalla produzione di energia negli anni. Ci sarebbe sempre un risparmio rispetto ai costi di acquisto dell’energia prodotta dalle centrali nucleari della Francia. I contratti di fornitura prevedono un prelievo costante di 6.400 MW sulla rete estera, l’equivalente di 8 centrali nucleari come quella di Caorso. Tale fornitura copre fra il 15 e il 18% del fabbisogno elettrico nazionale di giorno e il 25% di notte 26. L’obiettivo di 1.000 MW fotovoltaici entro il 2010 avrebbe vantaggi sia economici che ambientali. Il black-out del 20 settembre 2003 ha messo in luce la debolezza del sistema. Si verificò il distacco di una linea che stava erogando una potenza di 1.400 MW. Siamo sempre più dipendenti dall’energia elettrica e sempre più dai combustibili

25 Si potrebbe raggiungere la quota di produzione di 1.000 MW dal fotovoltaico fornendo gli stessi incentivi per quote scaglionate. Ad esempio 150 MW nel 2006, 150 MW nel 2007, 200 MW nel 2008, 200 MW nel 2009, 200 MW nel 2010.

26 Fonte: AIN, Associazione Italiana Nucleare, pres. Ing. Ugo Spezia.

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fossili che la producono e questo è molto pericoloso. L’autosufficienza basata sul petrolio e sul gas ha l’effetto di elevare ulteriormente il costo dei kWh e di porre fuori mercato il sistema produttivo. Il fabbisogno prevalente di fonti energetiche riguarda:- la produzione diretta di mobilità (trasporti);- la produzione diretta di calore;- la produzione diretta di elettricità.Nei paesi industrializzati avanzati

- 1/3 dell’energia primaria è utilizzato per produrre mobilità;- 1/3 dell’energia primaria è utilizzato per produrre calore;- 1/3 dell’energia primaria è utilizzato per produrre elettricità.

In una strategia di sviluppo globale ha un posto importante l’abbattimento del costo dell’energia, prevalentemente da fonti rinnovabili, perchè significa ribasso del costo della manodopera, dei materiali (che richiedono energia), dei servizi, dei prodotti, ecc… In sostanza la vita sarebbe meno cara e sistemi di risparmio energetico potrebbero indurre molte persone a diversificare le modalità di spostamento e dedicare più tempo libero alla famiglia, all’amicizia, alla solidarietà. Il microcredito energetico attraverso fonti energetiche rinnovabili è in grado di prevenire altre guerre nei paesi poveri o in Medio Oriente per impossessarsi dei residui giacimenti di petrolio e di altri idrocarburi.

3.1 Energia fotovoltaica

L’energia solare può essere utilizzata per produrre energia e calore. Per quanto riguarda la trazione ci sono alcuni appassionati che, prendendo spunto dalle barche, hanno montato pannelli sui camper per produrre l’energia richiesta nei giorni di stazionamento. Se gli abitanti del camper non sono troppo energivori, l’energia solare è sufficiente per alimentare frigorifero, radio, illuminazione interna. È auspicabile perciò un’estensione dell’utilizzo di pannelli per la produzione di energia fotovoltaica a veicoli pesanti, autobus, treni e metropolitane leggere come fonte integrativa per alimentare gli impianti ausiliari. Per gli autoveicoli la superficie esposta è troppo ridotta per avere un voltaggio apprezzabile.

3.1.1 Incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici

L’Italia per la prima volta prevede incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici, grazie al decreto che incentiva l’installazione di 100 MW di impianti fotovoltaici e si pone come obiettivo da raggiungere i 300 MW entro il 2015.Sulla Gazzetta Ufficiale n.181 del 5 agosto 2005 è pubblicato il Decreto 28 luglio 2005 del Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio relativo ai “Criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare”.Gli incentivi vengono concessi in conto energia (e non in conto capitale) con l’energia prodotta il cui surplus può essere venduto alla rete elettrica a tariffe incentivanti.In Italia ad oggi sono installati poco più di 20 MW solari. Di questi 20 MW solo la metà è funzionante. Nel passato ci sono state iniziative come i 10.000 tetti fotovoltaici (un’inezia, rispetto a milioni di abitazioni in Italia), che sono state incentivate con un finanziamento degli impianti e che per lo più hanno visto coinvolte le Amministrazioni locali. Il decreto apre la porta del solare al pubblico, alle imprese, alle famiglie.Nel decreto si fa una differenziazione fra le tipologie di impianti:

- piccoli (inferiori a 20 kW);- medi (20 – 50 kW);

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- grandi (oltre 50 kW).

Su 100 MW soggetti a incentivi, il 60% sarà dedicato per gli impianti piccoli e medi, mentre la restante parte sarà destinata agli impianti grandi. Per questi ultimi è stata limitata a 1MW la potenza massima installabile, riducendo così le dimensioni territoriali dell’intervento.Come stabilito dall’art. 3 del decreto ministeriale, beneficiano dell’incentivazione alla produzione di energia elettrica, ottenuta dagli impianti di conversione fotovoltaica, le persone fisiche e giuridiche, ivi inclusi i soggetti pubblici e i condomini di edifici, responsabili dei medesimi impianti, progettati, realizzati ed eserciti in conformità alle disposizioni del presente decreto, che presentano richiesta di scambio sul posto di energia elettrica prodotta dai medesimi impianti fotovoltaici.Inoltre possono accedere (art. 4) all’incentivazione alla produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica dell’energia solare, gli impianti fotovoltaici di potenza nominale non inferiore a 1 kW e non superiore a 1.000 kW collegati alla rete elettrica, entrati in esercizio, a seguito di rifacimento totale, in data successiva al 30 settembre 2005 o entrati in servizio, a seguito del potenziamento, limitatamente alla produzione aggiuntiva ottenuta a seguito dell’intervento di potenziamento. Ai fini dell’accesso all’incentivazione alla produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica dell’energia solare, gli impianti fotovoltaici e i relativi componenti devono essere realizzati nel rispetto delle norme tecniche richiamate in allegato 1 del decreto.Si stima che la porzione di territorio interessata all’intervento sarà al massimo di 40 ettari per tutta l’Italia, quindi poco più di 2 ettari per regione con un impatto sul territorio molto trascurabile. Gli incentivi sono in conto energia, ciò vuol dire che per avere diritto all’incentivo dell’impianto dovrà essere esercito e mantenuto da parte del proprietario o dal condominio che potrà poi vendere la produzione di energia in eccesso alla rete ad una tariffa incentivante pari a circa 3 volte la tariffa media fornita dell’energia elettrica. Gli incentivi sono stati scelti in modo tale da cercare di superare gli attriti che il mercato del fotovoltaico presenta oggi. Particolare cura è stata dedicata nel favorire la semplificazione delle procedure per avere diritto all’incentivo prevedendo 4 bandi all’anno.Per i piccoli basterà presentare una semplice domanda con un progetto preliminare, mentre per i grandi è prevista una gara per innescare un processo di competitività tecnologica.

Gli impianti solari fotovoltaici di connessione a rete hanno la particolarità di lavorare in regime di interscambio con la rete elettrica locale. In pratica, nelle ore di luce l’utenza consuma l’energia elettrica prodotta dal proprio impianto, mentre quando la luce non c’è o non è sufficiente, oppure se l’utenza richiede più energia di quella che l’impianto à in grado di fornire, sarà la rete elettrica che garantirà l’approvvigionamento dell’energia elettrica necessaria.Dall’altro lato, se succede che l’impianto solare produce più energia di quella richiesta dall’utenza, tale energia può essere immessa nella rete. In questo caso si parla di cessione delle eccedenze alla rete elettrica locale.Gli impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica rappresentano quindi una fonte integrativa, perché forniscono un contributo, di entità diversa a seconda delle dimensioni dell’impianto, al bilancio elettrico globale dell’edificio.L’inserimento dei moduli fotovoltaici nei tetti e sulle facciate risponde alla natura distribuita della fonte solare e presenta diversi vantaggi: l’energia prodotta in prossimità dell’utilizzazione ha un valore maggiore di quello dell’energia fornita dalle centrali tradizionali, in quanto vengono evitate le perdite di trasporto.La produzione di energia elettrica nelle ore di insolazione permette di ridurre la domanda alla rete durante il giorno, proprio quando si verifica la maggiore richiesta.

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L’obiettivo, sebbene ambizioso e certamente di lungo periodo, è livellare i picchi giornalieri delle curve della domanda, ai quali solitamente corrispondono le produzioni elettriche più costose.È quindi un’alternativa interessante, in particolare alla luce della crescente diffusione dei sistemi di condizionamento negli edifici residenziali e commerciali; il costo dell’installazione del fotovoltaico rappresenta un costo evitato che va a diminuire il costo globale dell’edificio, se si considera che a volte i moduli sono elementi costruttivi, che quindi vanno a sostituire tegole o vetri delle facciate; l’adozione di questi sistemi permette la diffusone tra gli utenti di una maggiore coscienza energetica, con postivi risvolti nell’ambito di una crescente razionalità ed efficacia d’uso della energia elettrica.

3.1.2 Aspetti economici

In Italia 1 kW fotovoltaico (i cui moduli occupano in totale uno spazio di circa 8,5 m 2) è in grado di produrre circa 1.200 kWh all’anno nelle regioni del nord Italia e 1.500 kWh annui nel centro – sud Italia. Inoltre il costo della bolletta di 1 kWh è 0,18 Euro nel caso di utenti domestici e per le utenze industriali.Quattro volte all’anno (entro il 31 marzo, i 30 giugno, il 30 settembre e il 31 dicembre) “il soggetto responsabile che intenda realizzare un impianto fotovoltaico e accedere alle tariffe incentivanti di cui al presente decreto (ndr: D.M. 5.8.2005) inoltra apposita domanda al soggetto attuatore. Alla domanda è allegato il progetto preliminare dell’impianto.” Entro i 60 giorni successivi alle scadenze previste per l’inoltro delle domande, il soggetto attuatore – verificata l’ammissibilità delle domande ricevute – redige una graduatoria orientandole sulla base del valore della tariffa incentivante richiesta.

3.1.3 Aspetti ambientali

Dal punto di vista dell’ambiente è utile ricordare che ogni kWh prodotto con fonte fotovoltaica consente di evitare l’emissione nell’atmosfera di 0,3 – 0,5 kg di CO2 (gas responsabile dell’effetto serra, prodotto con la tradizionale produzione termoelettrica che, in Italia, rappresenta l’80% circa della generazione elettrica nazionale).

3.1.4 Componenti

Un impianto di connessione a rete è costituito, oltre che dai moduli, da un inverter di connessione a rete, completo di necessari dispositivi di interfaccia che garantiscono il rispetto delle caratteristiche richieste dalle società elettriche in quanto a qualità di energia elettrica immessa in rete e sicurezza operativa.

3.1.5 Ruolo delle Amministrazioni

I Comuni devono introdurre nei regolamenti edilizi locali disposizioni che incentivino economicamente la progettazione e la costruzione di edifici energeticamente efficienti. Lo ha sancito il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 27 luglio 2005.Il provvedimento, emanato (con oltre tredici anni di ritardo, la scadenza era 17 luglio 1991) in attuazione della Legge 10/1991, definisce “i criteri generali tecnico-costruttivi e le tipologie per l’edilizia sovvenzionata e convenzionata nonché per l’edilizia pubblica e privata” al fine di favorire ed incentivare l’uso razionale dell’energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione o nell’utilizzo di manufatti; e si applicherà agli edifici di nuova costruzione e a quelli esistenti oggetto di interventi di ristrutturazione importanti dotati di impianti di riscaldamento e/o climatizzazione.

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Il decreto di recepimento della Direttiva 2002/91/CE è stato pubblicato G.U. n. 241 del 15/10/2005 e introduce la nuova normativa sul rendimento energetico (testo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 19 maggio 2005).

3.1.6 Maggiori dettagli sui costi

Euro 0,445 per ogni kWh prodotto per 20 anni (per impianti fino a 20kW) oltre alla compensazione dell’energia prodotta con quella prelevata.

1 kWh di picco per produrlo occorrono circa 8 m2 con pannelli solari tipo monocristallino, costo di circa 8.000,00 Euro chiavi in mano ed IVA compresa (fonte TuttoNorme).

3 kWh per produrlo occorrono circa 24 m2 di pannelli solari tipo monocristallino, spesa totale circa Euro 24.000,00 chiavi in mano ed IVA compresa (fonte TuttoNorme).

4 kWh per produrlo occorrono circa 32 m2 di pannelli solari tipo monocristallino, spesa totale circa Euro 32.000,00 chiavi in mano ed IVA compresa (fonte TuttoNorme).

Il costo si riduce a 6.000 - 7.000,00 Euro al m2 per impianti di 15 - 20kW (fonte TuttoNorme)

Per un impianto domestico da 3kWh si prevede una produzione media annuale di 3.500 – 3.600 kW.

- Pannelli al silicio di tipo monocristallino - Pannelli solari di tipo policristallino - Pannelli solari di tipo silicio amorfo (prestazioni limitate in termini di efficienza

di conversione e calo delle prestazioni nel tempo)

In pochi giorni è stata superata la richiesta di 100 MW prevista come “tetto”e le domande sono in lista di attesa. Le domanda si accumulano per il 2006 e si spera nella destinazione di altri MW dal solare con gli stessi incentivi. Imprese, centri commerciali, capannoni potrebbero investire nell’energia solare con benefici economici, ambientali e di “immagine”. In Italia l'irraggiamento medio oscilla tra i 1.100 kW/mq/anno delle zone montane ai 1.700 kWh/mq/anno del sud e delle isole. Ci sono grandi potenzialità in Italia, i tetti tipicamente sono esposti a sud, inclinazione di 30 gradi che è proprio quella ottimale per la captazione dei raggi solari.

Sussiste inoltre la possibile detrazione IRPEF pari al 36% dell’investimento iniziale.

Non c’è più la necessità di batterie, infatti l’inverter ha la funzione di convertire la corrente continua prodotta dai pannelli in corrente alternata, nonché la funzione di portare la tensione in ingresso (ottenuta dal collegamento in serie pannelli) in una tensione di uscita stabilizzata regolabile fra 190 e 250V, ad una frequenza di 50Hz.

Conviene per uso domestico calibrare l’impianto per esattamente le necessità, in quanto, in aggiunta agli incentivi previsti (calcolati su quanto effettivamente prodotto), viene effettuata la comparazione fra quanto consumato e quanto immesso in rete (mediante appositi contatori di energia immessa e prelevata); se l’energia immessa in rete è maggiore di quella prelevata, il saldo positivo per l’utente viene riportato a credito per la compensazione in energia nell’anno successivo e non dà luogo a remunerazione. Se l’anno successivo l’energia prelevata non compensa il credito questo viene annullato (si osservino le “condizioni tecnico - economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da

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fonti rinnovabili di potenza non superiore a 20 kW, ai sensi del D.Lgs 29/12/2003 n. 387”).Viceversa, se l’utente consuma più di quanto produce, la spesa per i kWh consumati è data dalla differenza di quanto effettivamente prelevato con quanto prodotto.

I pannelli solari vengono garantiti per almeno 20 anni.

In Italia molte città sono di origine medioevale, i tetti degli edifici sono caratterizzati da tegole e colmi. Sarebbe un po’ impattante montare al di sopra di essi specchi solari. C’è allora chi propone per le falde dei tetti rivolte a sud (come nella maggior parte dei casi) coperture con moduli di tegole “fotovoltaiche” (una sorta di pannelli, di qualche metro di lato, sagomati a tegole, piuttosto che ricorrere a tante tegole che presentano non poche difficoltà per i collegamenti elettrici), dato che hanno già l’inclinazione di 30° gradi, ottimale per Italia.La “mattonella fotovoltaica” è applicata normalmente sulle pareti degli edifici nei paesi del nord Europa, perché il Sole è basso sull’orizzonte e non si adatta perciò all’edilizia in Italia.

Si potrebbe pensare di produrre idrogeno (e ossigeno) con l’energia prodotta da impianti solari, ma i piccoli impianti sarebbero inadeguati per il rapporto tra produzione e costo di generazione, “imbottigliamento” e magazzinaggio.

C’è da considerare poi il solare per riscaldamento, che potrebbe abbassare un’ulteriore quota dell’energia spesa bruciando combustibili fossili.

Per un’analisi complessiva si deve aggiungere il fatto che per produrre i pannelli solari e le cellule fotovoltaiche il processo è altamente inquinante. L’impatto ambientale va esaminato su tutto il ciclo: estrazione delle materie prime, lavorazione, raffinazione, drogaggio, emissioni e rifiuti durante il processo di lavorazione, trasporto, installazione, manutenzione, usura. La fase di produzione è notevolmente inquinante e questo purtroppo è a sfavore di un uso massiccio dell’energia solare. Può essere un’energia integrativa, ma non rappresenta, allo stato delle conoscenze attuali, la fonte veramente alternativa.

3.2 Energia eolica

Ci sono oltre 60.000 turbine eoliche installate nel mondo e tra le FER (Fonti di Energia Rinnovabile27) questa risorsa naturale è quella sulla quale si sono incentrati i maggiori sforzi ( tasso di crescita della capacità annua superiore al 33%, tasso di crescita del settore, in termini economici, superiore al 40%. In Europa risulta installato28 il 75% degli impianti presenti nel mondo (15% negli USA e solo il 10% negli altri Paesi)In uno studio per quantificare le risorse d’energia eolica mondiali chiamato Wind Force 12  la European Wind Energy Association e Greenpeace conclude che il potenziale mondiale d’energia generabile dal vento sarebbe addirittura il doppio della domanda d’elettricità mondiale prevista per il 2020. Il vento è abbondante, economico, rinnovabile, ampiamente distribuito, non danneggia il clima ed è pulito. Anche i costi sono scesi e ora sono più favorevoli. Nel 1991 un inventario nazionale per la risorsa eolica presentato dal dipartimento statunitense dell’energia dichiarò che i tre Stati più ricchi di tale risorsa (Nord Dakota, Kansas e Texas) avevano abbastanza energia eolica da soddisfare i bisogni energetici

27 “Ogni verità attraversa tre fasi: nella prima viene ridicolizzata, nella seconda viene contrastata con veemenza, nella terza fase viene accettata come ovvia” Arthur Schopenhauer.

28 Fonte dei dati: Rodolfo Pasinetti, Ambiente Italia, 2005

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nazionali. Recentemente un nuovo studio condotto da un team d’ingegneri dell’Università di Stanford29 sostiene che l’energia eolica potenziale è notevolmente maggiore di quella stimata nel 1991.La produzione di energia elettrica di origine eolica è stimata mediante un fattore di carico medio che è rappresentato dal numero di ore che una macchina lavora a potenza nominale. Nell'Unione Europea i fattori di carico variano molto in relazione alla localizzazione dei parchi eolici (si va dalle 1.900 ore della Germania e dell'Italia alle 2.880 ore dell'Inghilterra. Nel 2003 la produzione eolica europea è stata pari a 50 TWh. Se a livello globale rappresenta solo il 2,4% del totale della produzione elettrica europea, per alcuni Paesi, come la Danimarca ad esempio, questa fonte è pari al 18% dei consumi elettrici (in Germania solo il 3,5%)Moltissimi territori potrebbero essere utilizzati per generare energia eolica in aree scarsamente popolate, regioni ventose come le grandi pianure del Nord America, il nordovest della Cina, la Siberia Orientale e le regioni argentine della Patagonia, oltre al notevole potenziale degli impianti offshore.Aspetti economici. Attualmente, in Italia il costo di installazione, ipotizzando l’impiego di aerogeneratori di 1.500 kW di potenza nominale (che, con i miglioramenti tecnologici degli ultimi anni, produce, da sola, più energia di 100 analoghe turbine dei primi anni ‘80...), si può ritenere compreso fra un minimo di 850,00 € ed un massimo di 1.300,00 €/kW andando da siti pianeggianti a siti caratterizzati da orografia complessa. Il costo della macchina può ritenersi, prudenzialmente, compreso fra 2/3 e 3/4 del costo totale di installazione in funzione delle caratteristiche orografiche del sito.In breve, il costo del kWh da fonte eolica, potrebbe aggirarsi su 0,03 €/kWh divenendo così confrontabile con quello proveniente dagli impianti turbogas. Bisogna ricordare che l’energia prodotta varia con il cubo della velocità del vento, il costo del kWh prodotto dipende fortemente dalla ventosità del sito e quindi la sua scelta è fondamentale e deve basarsi su una corretta campagna anemologica.Gli impianti di piccola taglia costano nell’ordine dei 1.000 - 1.500,00 € al kW di potenza nominale, questo anche perchè, a differenza degli aerogeneratori di grossa taglia, non hanno ancora un mercato sviluppato, anche per i ritardi nelle normative che permettano l’allacciamento alla rete elettrica di tali sistemi, mentre è permesso per i sistemi fotovoltaici che invece sono molto meno convenienti, ciò risulta molto strano visto che non sussistono di fatto molte diversità nell’allacciamento alla rete elettrica tra i due sistemi, comunque dal 2003 è possibile l’allacciamento alla rete elettrica anche dei sistemi eolici di taglia fino a 20kW di potenza nominale.30

29 Lester R. Brown, Eco-Economy: Building an Economy for the Earth, http://www.earth-policy.org/Books/Eco_contents.htm

30 Fonte: www.isesitalia.it/tec/txt_t005.html

23

Costi connessi all' uso di tecnologie rinnovabili

Tecnologia Costo attuale (€/kWh)

Riduzione del costo capitale

negli ultimi dieci anni (%)

Riduzione di costo prevista nei prossimi 10

anni (%)

Mini idraulica 0.02-0.10 costante leggera diminuzione

Biomassa

combustione di rifiuti 0.02-0.14 costante Crescita continua

digestione aerobica 0.02-0.14 5-10 5-10

gas dai rifiuti 0.04-0.06 10-15 Costante

biomasse solide0.04-0.07 (calore)

0.08-0.15 (elettricità 0.08-0.1j(elettricità)

5-10 (calore)

10-15g(elettricità)

10-20 (calore)

40-70 (elettricità)

Biocarburanti

etanolo 0.30-0.40 5-10 25-50

biodiesel 0.50-0.60  5-10 20-25

Solare termico per energia termica 0.03-0.20 30-60 30-50

Solare termico per energia elettrica 0.10-0.25 50 70-80

Fotovoltaico 0.50-1.50 40 40-50

Eolico a terra 0.04-0.08 30-50 30-50

Fonte: IEA (International Energy Agency)I valori variano a seconda delle località e delle nazioniPer comparazione, i costi convenzionali per la generazione elettrica sono compresi fra i 0,030 €/kWh per una grande centrale turbogas ed i 0,1 €/kWh per una piccola centrale diesel. I carburanti costano all'origine da 0,16 €/kWh per il metano ai 0,40€/kWh per la benzina.Fonte: www.losco2000.it/Documenti/energia/dds_considerazioni_ambientali.htm

Rimane ancora disattesa la possibilità di collegare alla rete gli impianti diversi dal FV (fotovoltaico) inferiori ai 20 kW di potenza nominale, in quanto per questi impianti la possibilità di net metering (scambio sul posto dell’energia autoprodotta) è ancora in fase di valutazione, infatti il 19 luglio 2005 l’Autorità per l’energia ha pubblicato un testo con il titolo: “Elettricità: proposte per promuovere l’autoproduzione da fonti rinnovabili” www.autorita.energia.it/com_stampa/05/cs_050719.htm e un documento

24

dove si propone una normativa per l’attuazione del net metering www.autorita.energia.it/docs/dc/dc_050715.pdf. Secondo queste proposte normative rimane comunque impossibile ricevere, per impianti diversi dal FV, un corrispettivo, anche minimo o al prezzo di mercato, per l'energia elettrica prodotta in eccesso, mentre ad esempio in Germania questo è possibile già da 5 anni !Il tariffario in Conto Energia vigente in Germania è il seguente.

31

31 Fonte: www.ilsolea360gradi.it/2004/novembre2004.pdf

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3.3 Idrogeno

L’idrogeno non si presenta libero in natura, non è perciò una fonte primaria come le altre materie prime energetiche. Può però essere prodotto, accumulato e trasmesso e infine utilizzato come combustibile. È un vettore energetico come l’energia elettrica, in certi casi ha impatto ambientale locale nullo (ma si deve guardare tutto il ciclo, produzione, distribuzione, stoccaggio, utilizzo) solo se si riesce a produrlo a basso costo e senza produrre CO2, nonché a veicolarlo risolvendo i rilevanti problemi di sicurezza che pone. Per utilizzarlo allo stato liquido occorrono temperature molto basse ed elevate pressioni. Allo stato gassoso può esplodere.Inoltre l’idrogeno ha qualità di conduttore elettrico a resistenza quasi nulla. C’è chi propone l’accoppiata idrogeno / nucleare per produrre l’energia elettrica necessaria all’idrolisi dell’acqua (separazione di ossigeno e idrogeno).Ci sono diversi metodi per la produrre idrogeno: lo steam reforming del metano, la massificazione del carbone e l’elettrolisi dell’acqua. Nello steam reforming il gas naturale viene fatto reagire con vapore ad alta temperatura (maggiore di 800°C) e la miscela che ne risulta, raffreddata, è sottoposta a una nuova reazione con altro vapore. Da questo processo fuoriescono idrogeno e anidride carbonica, che viene rimossa insieme ad altre impurità. Per via termica dal metano si ottiene: 2H2O + CH4+ Et 2H2 + CO2 Il metano però è già un buon combustibile pronto per l’uso, è assurdo lavorare su un buon combustibile per ricavarne un altro, pagando, consumando energia ed inquinando per produrlo. Inoltre viene prodotta anidride carbonica e questo è un grosso problema, perché gli Accordi di Kyoto impongono la riduzione delle emissioni di gas serra.La produzione di idrogeno da carbone è quella più svantaggiata rispetto ad altri combustibili fossili per il più basso rapporto idrogeno / carbonio (nel metano, CH4, ci sono quattro atomi di idrogeno). Il carbone, a differenza del metano, è un combustibile particolarmente inquinante.Alcuni propongono di separare l’idrogeno dalla benzina (la sua molecola ha molti atomi di idrogeno), direttamente a bordo dei veicoli con una reazione di reforming. In tal caso rimarrebbe tutto come prima, nessun costo aggiuntivo per i produttori, medesimo inquinamento nella varie fasi: estrazione del petrolio, raffinazione, trasporto con tutti i rischi connessi alle attuali forme di distribuzione. La combustione non sarebbe pulita, non più solo vapor acqueo frutto della combinazione di idrogeno e ossigeno, ma anche altri composti (ossidi e anidride carbonica) e ci sarebbe il problema della eliminazione dello “scarto” della benzina. C’è anche da considerare che l’ossigeno atmosferico sta diminuendo. Nell’elettrolisi si scinde direttamente l’acqua (H2O) con l’aiuto di un elettrolita (acido o base), negli ioni di idrogeno e ossigeno. 2H2O + Et 2H2 + O2 Facendo scorrere nella soluzione elettrolitica corrente elettrica continua, si ottengono depositi di idrogeno al catodo e di ossigeno all’anodo. Per produrre idrogeno per via elettrolitica serve 1,5 volte energia che si può ottenere dalla sua combustione. Al costo medio di produzione del kWh che si registra in Italia, 1 m3 di idrogeno elettrolitico costerebbe circa Euro 0,29 (variabile a secondo del pezze del petrolio), ovvero il 30% in più del metano, avendo un potere calorifero che è circa un quarto. 32

Si può ottenere idrogeno anche per via radiolitica dell’acqua. 2H2O + Eq 2H2 + O2Dissociare le molecole d’acqua è un’operazione con elevato costo energetico, data la forza di legame idrogeno – ossigeno. In tutti i processi è necessario un apporto di energia esterno e in tutti i casi il bilancio energetico complessivo è negativo. Come si produce l’energia per rompere il legame ossigeno – idrogeno: energia nucleare, idroelettrica, termoelettrica (uso di combustibili fossili), solare, eolica, geotermica? Se

32 Fonte: AIN, Associazione Italiana Nucleare, pres. dott. Ugo Spezia.

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gli impianti per l’idrolisi sono complessi e costosi la produzione di idrogeno sarà ancora una volta nelle mani di pochi (multinazionali, trust, monopoli) e non rappresenta la svolta rivoluzionaria verso un sistema free energy, dove la produzione di energia per la trazione, elettrica o termica sia libera (purché prodotta in maniera pulita, senza effetti sanitari o ambientali) per dare la possibilità a tutti i cinque continenti di svilupparsi liberamente e senza dipendenze, abbattendo il costo della vita, del lavoro e dell’energia. Governi, industrie e lobbies finanziarie sono cresciute a dismisura grazie all’improprio sfruttamento delle risorse economiche dei singoli cittadini. Queste forme di addebiti non sono riconducibili ad alcuna forma di sviluppo e risultano insostenibili, illegittimi ed iniqui.

Tabelle riassuntive sulla produzione di idrogeno e sui costi.33

Produzione di idrogeno da fonti fossili e rinnovabili

Fonte Tecnologia di T P η Costi Eventuali Noteproduzione (°K) (MPa) (%) ($/GJ) sviluppi

tecnologiciMetano Steam 1050 2.5 65 6.5 (1) Sorbition purezza

Methane Enhanced H2 = 99,95%Reforming Reforming

(SMR) (SER)Carbone/combustibili gassificazione 750 - 0.1 40 13 (2)

fossili 1500Energia Elettrolisi 300 0.1 50 22.53 (3) Elettrolisi purezza

elettrica/solare Termolisi 300 0.1 … … con vapore H2 = 99,99%Cicli 300 0.1 … … ad alta

termochimici temperaturaFotolisi 300 0.1 … … (900-

Fotoelettrolisi 300 0.1 … … 1000°C);centrali

fotovoltaiche a idrogeno

Masse biologiche Tecnologie 300 0.1 5 …(alghe, batteri) fotobiologiche

Biomasse Gassificazione 10.85 (4) Pirolisi +(legno, grassi, rifiuti Steam

agricoli) Refromingdell'olio

Idrocarburi Ossidazione 1500 - 0.1 … 9 (5)parziale non 1700

cataliticaBenzine/metanolo Reforming 550- '0.1 … …

autotermico 1200(ATR)

Boroidruro di Sodio Idratazione 300 0.1 … … Tecnologia catalitica innovativa

33 Fonte: “Produzione di idrogeno da fonti fossili e rinnovabili”, David Chiaramonti, Francesco Martelli, Roberto Galante, Dipartimento di Energetica “Sergio Stecco” Università degli Studi di Firenze, Milva Celli, Daniele Bolognesi, Marco Zoppi, CNR - Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara”.

27

Taglia impianto 1-25 Mm3n/d (SAPIO Spa); Taglia impianto 2.8-6.8 Mm3

n/d (SAPIO Spa); Taglia impianto 2.8-6.7 Mm3

n/d (SAPIO Spa); Taglia impianto 0.7-2.26 Mm3n/d (SAPIO Spa); Taglia impianto 1.34-2.8

Mm3n/d (SAPIO Spa)

Costi di produzione dell'idrogeno a seconda dei metodi di produzioneProcesso Taglia Costo H2

impianto[MNmc/d] [$7GJ] [€/Kg] [€/Nmc] [$/GJ] [€/Kg] [€/Nmc]

Smr 1 - 25 12 1,45 0,13 6,5 0,79 0,070,3 27,5 3,32 0,30 10,45 1,26 0,110,03 6 0,73 0,06

Gassificazione Carbone 2,8 - 6,8 33,6 4,06 0,36 13 1,57 0,14Pox 1,34 - 2,8 15,9 1,92 0,17 9 1,09 0,10

0,27 21,96 2,65 0,24 10,73 1,30 0,12Gassificazione Biomassa 0,7 - 2,26 29,4 3,55 0,32 10,85 1,31 0,12

0,02 - 0,2 58 7,01 0,63 13,85 1,67 0,15Pirolisi Biomassa 0,03 - 1 20,5 2,48 0,22 14 1,69 0,15

Elettrolisi 2,8 - 6,7 16,96 2,05 0,18 22,55 2,73 0,240,096 31,88 3,85 0,34 28,7 3,47 0,31

(nel 2000) 0,2 486 58,75 5,24 41,8 5,05 0,45(nel 2010) 242 29,25 2,61 24,8 3,00 0,27(nel 2000) 0,25 158 19,10 1,70 20,2 2,44 0,22(nel 2010) 92 11,12 0,99 11 1,33 0,12

Ci sono studi sulla super – elettrolisi, ovvero produzione di idrogeno con bassa energia e quindi a costi più bassi. I libri di chimica tradizionali affermano che l’idrolisi richiede più energia di quanta può essere recuperata quando i gas vengono ricombinati. Secondo alcuni studi quando l’acqua è colpita con la sua stessa frequenza di risonanza molecolare (utilizzando un sistema sviluppato da Stan Meyers e dalla Xogen Power) essa origina in idrogeno e ossigeno con un input elettrico più piccolo. Alcuni studiosi sostengono che utilizzando differenti elettroliti (addittivi che migliorano la conducibilità dell’acqua), migliora l’efficienza del processo. C’è chi fa ricerche su certe strutture geometriche e trame di superficie, perchè lavorano meglio di altre. L’obiettivo è produrre un’illimitata quantità di idrogeno al costo dell’acqua. A questo proposito una speciale lega di metallo, brevettata da Freedman (USA) nel 1957, scinde spontaneamente l’acqua in Idrogeno e Ossigeno senza alcun input elettrico esterno e senza causare alcun cambiamento chimico nel metallo stesso. Questo significa che questa lega speciale può produrre idrogeno dall’acqua. C’è perfino chi studia la produzione di idrogeno da alghe e batteri.Per la trazione si studiano le celle a combustibile: esse sono dispositivi elettrochimici che convertono l’energia chimica direttamente in energia elettrica. Possono essere utilizzate anche per la micro – cogenerazione. Resta il fatto che se si produce idrogeno dal metano per la trazione tale scelta è assurda e illogica, perché il metano è già un ottimo combustibile, esistono già l’ingegnerizzazione e una tecnologia sufficientemente sicura, affidabile ed efficiente per utilizzare il gas naturale. Inoltre l’idrogeno è un comburente, i prezzi per realizzare la distribuzione secondo le normative sono proibitivi. In attesa di trovare una fonte di energia a impatto ambientale basso o nullo, il metano è l’unica fonte alternativa conosciuta utilizzabile dai veicoli. Per quanto riguarda l’Italia la distribuzione è ancora insufficiente al Sud

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29

3.4 Ricerche e sviluppo

3.4.1 Dirigibili

L’elio è più leggero dell’aria, non c’è lavoro per salire e mantenere a una certa quota il mezzo con il proprio carico, l’energia motrice è impiegata per gli spostamenti per raggiungere la destinazione, in quanto si deve vincere solo la resistenza dell’aria. Se cala la velocità del mezzo, non c’è rischio di precipitare, come avviene per gli aerei. Sono veicoli che offrono buone prestazioni per autonomia, affidabilità, basso impatto ambientale e acustico. La potenza non è un dato specifico del dirigibile, dipende dalle specifiche progettuali. L’applicazione dei dirigibili può essere molteplice:

trasporto merci;trasporto carichi eccezionali (un trasporto eccezionale su strada è “un cantiere mobile”, riuscire a innalzare tali carichi significa decongestionare il traffico a terra);trasporto persone;collegamenti fra isole e terraferma;mezzo di soccorso in caso di calamità;telerilevamenti;monitoraggi ambientali;servizi meteo;turismo;servizi antincendio, per la sorveglianza.

Attualmente la motorizzazione dei dirigibili con pilota a bordo, per ragioni di peso e di potenza del sistema, è assicurata attraverso l’impiego di motori a scoppio. I motori elettrici sono presenti sui dirigibili senza pilota (UAV) di piccole dimensioni. Motori elettrici si potrebbero prevedere, anche per i normali dirigibili come motori ausiliari da impiegare in particolari fasi del volo in cui fossero particolarmente necessarie emissioni nulle o volo silenzioso. L’utilizzo di pannelli fotovoltaici costituisce una delle frontiere della ricerca. Gli attuali pannelli sono ancora troppo pesanti (nella progettazione dei dirigibili il peso è una variabile di fondamentale importanza), ma il futuro fa intravedere interessanti prospettive come i pannelli polimerici. L’attuale ipotesi di impiego dei pannelli è quella di impiegarli come fonte di energia per i dirigibili stratosferici per telecomunicazioni e osservazione, destinati a un volo stazionario per durate di mesi o di anni. Per altri tipi di dirigibile, come ad esempio quelli da trasporto, il fotovoltaico potrebbe fornire una provvista di energia ausiliaria, ma risulterebbe insufficiente per un impiego esclusivo. Per avere un’idea delle potenze in gioco, si può ragionevolmente ritenere una potenza installata intorno al 5% del volume (i piccoli dirigibili attuali tendono ad avvicinarsi di più al 10%). Ferdinand von Zeppelin nel 1900 innalzò il primo dirigibile sul Lago di Costanza. L’epoca dei dirigibili finì bruscamente con il pauroso incidente del 1937 negli Stati Uniti, quando il dirigibile Hindemburg si incendiò. A quel tempo il gas che rendeva il dirigibile un mezzo più leggero dell’aria era l’idrogeno, altamente infiammabile. Un incidente simile oggi non sarebbe più possibile, dal momento che tutti i nuovi modelli funzionano ed elio, gas inerte e non infiammabile. L’Hindemburg aveva una struttura rigida con compartimenti all’interno pieni di idrogeno. Era stato rivestito di cotone ricoperto con una vernice all’alluminio. Secondo una recente ipotesi, ciò che causò la propagazione dell’incendio e l’esplosione fu un’interazione tra il cotone contenuto nel carbonio, l’idrogeno, l’alluminio della vernice e l’ossigeno dell’aria. Esattamente come in un razzo Ariane. Circa l’innesco prevale ancora l’ipotesi dell’elettricità statica, ma rimangono possibili altre ipotesi.

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La Zeppelin ha in servizio da diversi anni il modello NT-07 da 12 passeggeri, lungo 75 m, 24 h di autonomia, impiegato, con buon successo tecnico e commerciale, per escursioni turistiche e campagne pubblicitarie. Un nuovo modello da 19 posti, lungo 85 m, 24 h di autonomia per voli turistici dovrebbe vedere la luce a breve (primi voli commerciali nel 2008) e rappresenta l’evoluzione del precedente. La ATG {Advanced Technologies Group) è inglese. Attualmente, a causa di una grave crisi di liquidità, è entrata in amministrazione controllata e il suo futuro è incerto. Sky Kitten è uno dei prototipi in scala della serie SkyCat (sempre ATG). La serie SkyCat (diminutivo di Sky Catamaran) è di dirigibili ibridi, cioè di mezzi la cui sostentazione è in parte statica, come i palloni e i dirigibili classici, in parte dinamica, come gli aerei (pregi e difetti sono dunque a metà strada fra dirigibili e aerei), infine, non è ancora prevedibile (soprattutto considerata la crisi di ATG) se e in che tempi questi mezzi saranno disponibili sul mercato. Sempre sul filone dei dirigibili ibridi da trasporto pesante, è in corso (prime fasi) il progetto “Walrus” finanziato dalla DARPA, agenzia per la ricerca avanzata del Dipartimento della Difesa USA. Il progetto ha come scopo la realizzazione di un dirigibile (presumibilmente ibrido) in grado di portare 500 t di carico a una distanza di 20.000 km. I dirigibili (anche di dimensioni medio piccole) possono svolgere un’importante ruolo antincendio in operazioni a loro adatte (controllo preventivo su aree a rischio, piattaforma per il coordinamento delle operazioni di spegnimento, controllo dei focolai dopo lo spegnimento, ripristino delle aree percorse dal fuoco). La società tedesca Cargolifter aveva progettato di costruire dirigibili da trasporto. La Cargolifter è crollata per le grosse difficoltà economiche e il suo CL 160 rimane solo sulla carta. È stato venduto l’immenso hangar nei pressi di Berlino: oggi è un centro di divertimento con piscina, vegetazione tropicale per l’effetto serra della struttura. L’idea era di mettere insieme una piccola flotta per il trasporto merci, con una cordata di grandi industrie (consorzio di ABB, General Electric e altre). Si prevedeva dirigibili di lunghezza 260 m (oltre il doppio di un campo di calcio), con un diametro di 65 m (un palazzo di venti piani), altezza 82 m. Il pallone, riempito con 550 mila metri cubi di elio, avrebbe dovuto sollevare carichi fino a 160 tonnellate. Oggi il trasporto degli ingombranti carichi speciali avviene con velocità media di 8-10 chilometri all’ora. Il CL-160 avrebbe dovuto muoversi dieci volte più velocemente. La chiglia del CL-160 avrebbe dovuto essere rigida, realizzata con fibre di carbonio e protetta da un rivestimento multilaminare per contenere la cabina di pilotaggio e l’attrezzatura per il carico del container. Questa struttura avrebbe dovuto sostenere anche i 4 motori per la navigazione e 8 dei 12 motori di manovra (dei rimanenti 4 il progetto prevedeva due a prua e due a poppa del pallone). Per le operazioni di carico e scarico, il CL-160 avrebbe dovuto disporre di un sistema di gru per il sollevamento e lo scarico delle merci, stazionando (con il pallone ancorato) a 90 metri dal suolo. Non atterrando, il dirigibile non ha bisogno di infrastrutture, ma solo di uno slargo sufficientemente grande, e, nel caso del CL-160, di dimensioni paragonabili a quelle di un campo da calcio. Ingombro della stiva: 3.200 m3 (50m x 8m x 8m), raggio d’azione 10.000 km. Navigazione a un’altezza massima di 2.000 m e a una velocità di crociera di 90 km/h. Motori realizzati dalla General Electric.Nell’ambito del progetto Cargolifter era stato realizzato Joey era un piccolo dirigibile pilotato da 1050 m3, costruito per testare alcune soluzioni tecniche e addestrare i piloti. Il Progetto Cargolifter era indubbiamente ambizioso, probabilmente avrebbe più successo la realizzazione di un flotta di piccoli dirigibili per trasporto merci fra città (shuttle intercity), oppure fra interporto o porto e azienda di destinazione. Ad esempio alcuni porti come quello di Livorno hanno un’area portuale intermodale che potrebbe fare da carico/scarico per containers evitando il trasporto su gomma, con benefici per strade e autostrade. Il container può essere scaricato direttamente all’azienda, il dirigibile non ha necessità di atterrare per scaricare le merci. Il trasporto punto a punto è una prospettiva che richiede lo sviluppo di mezzi molto più grandi di quelli attualmente in circolazione. Il più grande dirigibile attualmente in servizio è lo

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Zeppelin NT-07 da 8.200 m3 che è in grado di sollevare poco più di una tonnellata di carico. Sono necessarie anche sperimentazioni delle operazioni e della parte infrastrutturale. Fino a 200.000 m3 si tratta dimensioni già raggiunte negli anni ‘30 (Hindenburg). Durante le Olimpiadi di Atene sono stati usati due grandi dirigibili, Skyship 600 della Skycruise Switzerland, il primo come componente del sistema di sorveglianza sui Giochi, il secondo come piattaforma per riprese aeree delle gare. 34

Per quanto riguarda il settore dei dirigibili pilotati in Italia non ci sono produttori. Un solo operatore di dirigibili (la Balloon Promotion con un dirigibile tedesco ad aria calda); pochi produttori di mezzi RC, (Nautilus, Zeppelin-Dirigibili e pochi altri). Pochi sono i progetti allo studio, Zeppelin - Dirigibili cura un progetto di ricerca per un dirigibile robotico a finalità ambientali dell’Università Parthenope di Napoli; vi è la partecipazione a progetti internazionali come il Progetto “Capannina”, finanziato con fondi europei per una piattaforma stratosferica per telecomunicazioni. Esistono numerosi progetti di dirigibili stratosferici: (cfr. allegato Atti di Schio). In generale i dirigibili stratosferici sono destinati a rimanere ad alta quota per tempi molto lunghi e, per le loro caratteristiche progettuali, non sono in grado di operare a bassa quota (devono essere molto grandi e molto leggeri per potere “galleggiare” a quote a cui l’aria è estremamente rarefatta). Si può prevedere un intervento dei dirigibili stratosferici nelle emergenze per l’osservazione o come supporto alle comunicazioni. Si deve tenere presente il basso impatto ambientale ed economico dei dirigibili stratosferici rispetto ad aerei o razzi per portare strumentazioni scientifiche in alta quota.Per quanto riguarda progetti di minidirigibili, essi sono simili ai loro «fratelli» maggiori. Alcuni sono già in uso, altri in sperimentazione. Il Bright Moon Balloon, per esempio, è un pallone di pochi metri di diametro riempito con elio e un gas leggero in grado di produrre luce. Pensato per situazioni di emergenza, e ancorato a terra e viene fatto innalzare a qualche decina di metri dove può diffondere una luce analoga a quella diurna. Ricercatori dell’università di Berkeley hanno invece messo a punto un robot volante, lo Space Browser (vagabondo dello spazio). Si tratta di una sfera gonfiata a elio e mossa da minimotori, dotata di telecamera, microfono, altoparlanti e ricetrasmittente radio. Pesa 500 grammi e può essere teleguidata. L’idea è quella di utilizzarla in grandi sale per conferenze, come «portavoce» volante per chi deve parlare o porre domande. In Italia esiste la Ricerca & Sviluppo Nautilus S.p.a., dotata di stazioni di lavoro CAE basate su piattaforma CatiaV5, collabora con il Dipartimento di Ingegneria Aeronautica e Aerospaziale del Politecnico di Torino ed altri partner a livello internazionale. Ha realizzato dirigibili di modeste dimensioni radiocomandati. Il sistema può comprendere base di terra autonoma con veicolo trasformato e certificato, mezzo aereo e links di radiocontrollo sia per il mezzo aereo che per il carico strumentale.I dirigibili radiocomandati (RC) 3 assi con controllo del volo sviluppati da Nautilus Spa possono effettuare percorsi predefiniti a bassa quota, restare fermi in aria o spostarsi lentamente senza fastidiosi flussi d’aria ed essere perciò validamente impiegati anche per riprese aeree fotografiche, video e rilievi ambientali di vario tipo. La propulsione è assicurata da motori elettrici con eliche intubate e l’energia di volo è fornita da batterie ricaricabili. La Nautilus fornisce sistemi con mezzi volanti da 9 a 15 metri di lunghezza, con potenze da 1 a 6 kW, autonomie da 20 minuti a 2 ore e carichi paganti da 2 a 25 kg.Grazie all’immagine altamente innovativa e all’ottima visibilità, i dirigibili radiocomandati costituiscono un ottimo supporto pubblicitario utilizzabile durante eventi e manifestazioni di ogni tipo. 35

34 Associazione Dirigibili Archimede, Cas. Post. 3019, 00121 Roma – Ostia, [email protected] 35 Fonte: http://www.nautiluspace.com/it/index.htm

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33

PRODUTT/NAZ - MODELLO Volume (mc)

Lungh (m.)

Diam (m.)

Potenza (hp)

Passeg + equip.

Velocità max (Kmh)

Autonomia (Km - h)

Altitudine (m.)

DIRIGIBILI AD ELIO

ABC - American Blimp Corporation/USA

- A-60+ 1.926 39,0 11,0 160 4+1 85 788 - 15h

- A 150 4.248 50,3 14,0 360 9+1 96 …

ATG - Advanced Technologies Group/GB

- AT-10 1.924 41,4 10,7 200 4+1 97 …

Aeros Corporation/USA

- Aeros 40A 1.700 37,2 9,5 68 1+1 68 .. - 24h 3.048

- Aeros 40B "Sky Dragon" 2.508 43,6 10,6 125 4+1 82 .. - 24h 2.286

Goodyear/USA

- GZ 20 A 5.740 58,5 15,2 420 6+1 80 … 3.000

GSI - Global Skyships Industries/USA

- 500 HL 6.666 59,1 19,2 410 9+2 100 645 - … 2.100

- 600 B 7.188 61,0 19,2 510 12+2 105 645 - … 2.100

Rosaerosystems/RU

- AU 11 669 27,5 6,9 30 1 80 … - 2,5-5 h

- AU - 12m 1.250 34,0 8,5 100 1+1 100 350 - 6h 1.500

US-LTA/USA

-138S 3.908 48,8 12,7 300 1+5 90 740 - 16h 2.743

Zeppelin Luftschifftechnik GMBH/DE

- Zeppelin NT 8.225 75,0 19,5 600 12+2 125 900 - 24h 2.600

WDL/DE

- WDL 1B 7.200 60,0 16,4 420 7+1 105 1.800

DIRIGIBILI AD ARIA CALDA

GEFA - FLUG/DE

I DIRIGIBILI CONTEMPORANEI - Dati tecnici

34

Kubicek/CZ

AV-1 2.800 35,0 50 25 ../1,5

Rosaerosystems/RU

- AV 1R 2.800 34,5 12,5 50 2 30 … - 1-2 h

Fonte: Associazione Dirigibili Archimede36

Il fattore meteorologico rimane l’elemento debole dei dirigibili. Risulta difficile la navigazione con venti laminari superiori a 70 km/h ed è rischioso il vento turbinoso.Ci si può chiedere come mai la grande industria in questi decenni non abbia investito su questa modalità di trasporto. Uno dei motivi può essere l’incognita delle previsioni meteo: chi fa parapendio, deltaplano e paracadutismo sa che deve ascoltare il bollettino regionale, nazionale ed europeo, ma non basta, deve studiare la forma delle nuvole, riuscire a capire dove ci sono correnti ascensionali o discendenti, dove ci sia stagnazione e inversione termica. Sembrerebbe che i modelli meteo non siano più così affidabili come un tempo, perché è cambiato qualcosa nell’atmosfera a causa dei cambiamenti climatici. Si deve considerare che i grandi dirigibili degli anni ‘30 effettuavano regolarmente traversate dell’Atlantico (sia meridionale che settentrionale) con condizioni spesso molto sfavorevoli. La marina americana condusse, sul finire degli anni ‘50, estese sperimentazioni di impiego dei dirigibili in condizioni climatiche particolarmente avverse. Oggi le stesse condizioni meteo si affrontano (o si evitano) con nuovi materiali, nuovi motori, nuova strumentazione. Se è vero che i cambiamenti climatici pongono nuove sfide possiamo contare su una comprensione dei fenomeni di gran lunga maggiore rispetto agli anni ‘20 o ‘30, nonché sulla disponibilità di informazioni in tempo reale sulla situazione meteorologica a livello planetario. Infine la capacità di operare entro determinate soglie di condizioni climatiche, da un lato è elemento da prendere in considerazione per i necessari trade-offs in sede di progettazione, dall’altro definisce ambiti e modalità di impiego del mezzo.Altri fattori che hanno pesato negativamente possono essere l’ingombro, però la navigazione dei dirigibili è ad un’altezza che non interferisce con la navigazione aerea, la bassa velocità di crociera, vicina ai 90 km/h, molto inferiore a quella degli aerei cargo. Per lo stazionamento in sicurezza occorrono hangar di grandi dimensioni. La manutenzione costosa, con alti costi dovuti al rapido deterioramento dei materiali in quanto i tessuti speciali si alterano rapidamente all’azione dei raggi UV. I materiali sintetici attualmente utilizzati sono comunque ben testati e altri sono in fase di studio e di progetto. Esiste forse per alcuni un blocco psicologico da superare: la paura che il carico si stacchi e venga giù rovinosamente. Cosa che fra l’altro non è mai accaduta e non sarebbe colpa del dirigibile (nell’estate 2005 da un elicottero si è staccato un carico che è precipitato su una cabina di una funivia sulle Alpi).Rimane comunque la possibilità di utilizzare i dirigibili per alcune applicazioni, come il trasporto di merci eccezionali e container, oppure di sorveglianza a prezzi ed emissioni contenuti rispetto alle altre soluzioni che la tecnica offre. Anche i francesi si interrogano sulle potenzialità dei dirigibili. In un recente studio si ipotizza come possa essere utilizzato per trasportare un Airbus. 37

Allo stato attuale delle cose mancano ancora evidenze sulla convenienza di questa alternativa per la mobilità, a fronte di notevoli costi di sviluppo dei mezzi, 36 Associazione Dirigibili Archimede, Cas. Post. 3019, 00121 Roma – Ostia, [email protected] 37 http://www.innovations-transports.fr/article.php3?id_article=502

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dell’infrastruttura e più in generale, del sistema. Se però non ci sono ancora evidenze tali da giustificare importanti investimenti, ci sono indizi più che sufficienti per avviare azioni esplorative, di studio, di sperimentazione (che infatti sono in corso, ma non in Italia).Per quanto riguarda gli hangar (che hanno la funzione di riparo quando le condizioni climatiche sono particolarmente sfavorevoli), devono essere di dimensioni adeguate ai mezzi e questo rappresenta una voce importante dei costi; per l’attracco è sufficiente un pilone. Durante le traversate transatlantiche il Graf Zeppelin sulla base di Recife utilizzava soltanto un pilone di ormeggio. Nella seconda guerra mondiale, i dirigibili della marina americana operavano con un sistema di basi di tre livelli, solo le basi di primo livello disponevano di hangar.

È difficoltoso reperire informazioni sui costi, per vari motivi.

- I grandi dirigibili non ci sono più dal 1937;- i grandissimi dirigibili (telecomunicazioni, trasporto pesante, trasporto gas, ...) non sono stati ancora costruiti; - sui dirigibili piccoli attualmente in servizio, produttori e operatori non concedono facilmente l’accesso ai loro dati.

La scarsezza di dati riguarda non solo i mezzi, ma anche i loro impieghi, variabile fondamentale nella determinazione dei costi, per motivi analoghi. Qualcosa è accessibile, perché è stato messo in rete. Nella sezione "studi" del sito si trova qualche dato nei paper di Faure, i Prentice, e nel documento dell'U.S. Congressional Budget Office (dati “revisionali”, ma interessanti, inclusivi di costi di sviluppo, acquisto, esercizio su 30 anni). Altre informazioni sono reperibili sul link relativo a un articolo di Umberto Nobile sul sito del NACA, http://naca.central.cranfield.ac.uk/reports/1921/naca-tn-63.pdf . Tale articolo è del ’22 ed affronta specificamente l’argomento costi di un servizio aereo con dirigibili; poiché il testo è stato scritto da chi progettava, costruiva e gestiva i dirigibili rappresenta; una buona rassegna delle variabili di costo da prendere in considerazione (infrastrutture comprese) e offre qualche idea sui costi relativi (da ag. 55). Qualche dato orientativo tratto da disparate fonti su prezzi e costi di gestione per giorno dei dirigibili esistenti (piccoli o piccolissimi, dunque non adatti al trasporto). 38

Dirigibile Volume mc Costo $ Costo di esercizio (giorno)

Zeppelin NT 07 8.225 8.000.000 -GSI-Skyship 600 7.180 5.000.000 18.000 (nel ’92)ABC A-170 4.830 5.000.000 -ABC A-150 4.248 - 14.000USAI UL2-D 599 240.000 -Rosaerosystems AU-11

669 180.000 -

Kubicek AV-1 2.800 - 80.000

Per approfondimenti si veda l'allegato 3.

3.4.2 Super elettrolisi.

38 Fonte: Associazione Dirigibili Archimede.

36

La ricerca dovrebbe concentrarsi sulla super elettrolisi, ovvero produrre idrogeno dall’acqua con basse correnti di pilotaggio cercando delle condizioni particolari di temperatura, pressione, frequenza, e con elettroliti che favoriscano tale fenomeno. A che punto sono le ricerche sulla super elettrolisi? Esiste un Osservatorio Nazionale sulle Nuove Energie che ogni anno organizza a Grottammare (Ascoli Piceno) un convegno dedicato alla ricerca di nuove fonti e sistemi di sviluppo e viene presentato lo stato dell’arte sulle free energy. L’obiettivo è quello di progettare un generatore di 12 - 15 kWh domestico e a basso impatto ambientale, sufficiente a soddisfare tutte le necessità: energia elettrica, riscaldamento (elettrico), impianto di condizionamento, ecc… In questo modo tutte le comunità (anche le più sperdute sul globo) avrebbero la possibilità di svilupparsi in modo autonomo. I benefici non sarebbero limitati alle nazioni più povere. Nei paesi sviluppati sta aumentando la disoccupazione. Tale fenomeno può essere contenuto e bilanciato mediante un abbattimento del costo dell’energia prodotto da fonti rinnovabili. La decentralizzazione della produzione di energia mediante fonti rinnovabili e l’installazione di generatori per l’uso domestico e aziendale, che avrebbero necessità di tecnici per l’installazione, la manutenzione, gli adeguamenti agli sviluppi tecnologici, creerebbe grandi opportunità di lavoro e rilancerebbe l’economia mondiale. Gli incentivi fiscali dovrebbero essere orientati in questa direzione, anziché sui combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturali) che immettono gas serra, molti altri inquinanti e riducono l’ossigeno atmosferico.

3.4.3 Nucleare

Anche il nucleare non è una scelta ottimale, i costi per centrali sicure sono molto elevati, i tempi di realizzazione non sono immediati (una decina di anni) e il combustibile, l’uranio, crea ancora una volta dipendenza dall’estero (soggetto a speculazione, rischi di conflitti, ecc…) ed è una risorsa in via di esaurimento e il problema dello smaltimento delle scorie non ha trovato alcuna soluzione, anche se è preferibile avere rifiuti concentrati rispetto a quelli distribuiti che si disperdono nell’aria, nell’acqua e nel suolo su vasti territori, perché sono più controllabili. La proliferazione delle centrali nucleari consente la produzione di tecnologie e di elementi, come l’uranio arricchito e il plutonio, che possono essere impiegati per la costruzione di bombe atomiche. Il terrorismo internazionale e il perdurare di alcuni regimi non democratici rendono questa fonte energetica alquanto insicura e pericolosa. Le centrali di energia, gli oleodotti, le raffinerie, gli impianti di stoccaggio dei combustibili, le stazioni di servizio, i camion cisterna, ecc… sono obiettivi sensibili. La migliore prevenzione da attacchi terroristici, guerre e disastri ambientali e climatici è decentralizzazione e la produzione in loco dell’energia per uso domestico, industriale e per la mobilità. Dato che i rischi ambientali e terroristici aumentano, l’unica strada è cercare la soluzione definitiva, l’indipendenza energetica attraverso fonti rinnovabili convenienti economicamente.

3.5 Strategie di sviluppo

Fino al 1850 il legno costituiva quasi il 90% delle fonti di energia nel mondo. Nell’ultimo decennio del XIX secolo il legno rappresentava il 50% e il carbone il rimanente 50%. L’utilizzo del carbone è aumentato fino a coprire il 60% nel primo decennio del XX secolo per ridursi progressivamente e farsi superare dal petrolio nel 1960. Nel 1999 il consumo di gas naturale ha superato quello del carbone. Nel sistema energetico mondiale attuale i combustibili fossili forniscono circa i tre quarti di energia del mondo e precisamente il 33% per il petrolio, il 22% per i gas naturali e il 21% per il carbone 39. Un 20% della produzione di energia è di natura idroelettrica (dighe).

39 L.R. Brown, C. Flavin, H. Flavin, H. French, “State of the world 2001”, Worldwatch Institute.

37

Negli anni ’90 il consumo mondiale di petrolio è aumentato in media del 1,2% all’anno. Per quanto riguarda la ripartizione dei consumi di energia, i trasporti necessitano del 25% di energia mondiale, le costruzioni del 36% e l’industria del 40%. 40 Sempre meno carbonio viene introdotto nel ciclo produttivo. Inoltre il sempre maggiore ricorso alle turbine a gas per la produzione di energia elettrica favorisce il decremento nell’uso di carbone.L’IPCC, l’agenzia dell’ONU che studia i cambiamenti climatici, nel suo ultimo rapporto afferma che dovremmo tagliare del 60-70% (circa 2,5 miliardi di tonnellate annue) le emissioni di carbonio per stabilizzare la concentrazione di CO2 a 450 ppm. La stima per il 2006, come si è visto dalla tabella relativa, è per 490 ppm nel 2006. Siamo già “fuori” dal Trattato. Le politiche energetiche si stanno orientando verso combustibili fossili a basso contenuto di carbonio e verso il miglioramento dell’intensità di energia, incrementeranno l’uso di fonti rinnovabili. Questi argomenti sono stati discussi al 2° Summit Mondiale sulla Terra, a Johannesburg, dal 26 agosto al 4 settembre 2002. Sono sul tavolo trattative per i futuri accordi conosciuti come Kyoto 2, che prevederebbero una riduzione del 60-70% delle emissioni dei gas serra. Negli Accordi di Kyoto, ancora in via di applicazione da parte delle nazioni, si stabiliva una riduzione delle immissioni dei gas serra rispetto ai livelli degli anni ’90, ma nel contempo è stata ideata una fantomatica borsa delle quote delle emissioni. In sostanza ogni nazione ha delle “quote” di produzione di immissione dei gas serra, la qual cosa non è seria, dal punto di vista etico e nemmeno da quello del pianeta, perché se alla fine le sorgenti emissive vengono trasferite in altre nazioni il bilancio è, e sarà, sempre lo stesso per il pianeta. Sono sotto gli occhi di tutti i cambiamenti climatici e l’aumento costante dei fenomeni estremi. Attualmente si è in presenza di una “non corretta” informazione. I fenomeni non sono separati, ma fanno parte di un unico processo di cambiamento. Per quanto riguarda lo scioglimento dei ghiacci dell’Artide (Polo Nord) non comporta innalzamento del livello dei mari, perché il ghiaccio occupa più spazio dell’acqua allo stato liquido. Risulta molto difficile fare delle previsioni, perchè ci sono troppe variabili in gioco. Sembrerebbe da una parte che si innescasse un fenomeno ciclico di scioglimento estivo e riformazione di ghiaccio in autunno – inverno al Polo Nord 41 per l’effetto serra, ma dall’altra si registra un rallentamento della Corrente del Golfo che tenderebbe a raffreddare le alte altitudini dell’Europa. Al di là delle previsioni a volte discordanti c’è un dato macroscopico certo: il clima è diventato instabile, a qualsiasi latitudine e longitudine e ad ogni mese dell’anno. Tale modifica ha effetti sull’ambiente, sull’agricoltura, sulla salute, sull’economia.I problemi non sono solo sul fronte esterno, in materia di energia, mobilità, ambiente, ci sono anche sul fronte interno, a livello di rapporti tra gli Stati comunitari. In questi anni si notano difficoltà ad arrivare a intese fra le nazioni, sia in campo politico che ambientale.Ci sono quattro problemi prioritari per arrivare a una cooperazione mondiale fondata sulla giustizia e sulla solidarietà mondiale.a) “Il primo, concerne il riconoscimento dell’umanità in quanto soggetto giuridico e politico. L’umanità esiste, ma non è riconosciuta esplicitamente in quanto tale, mentre tale riconoscimento è stato fatto per la nazione (in particolare lo stato nazionale), per una comunità indigena e persino per l’impresa multinazionale. Il sistema delle Nazioni Unite non dà personalità giuridica e politica propria all’Umanità, né questa è vista come un soggetto dotato di diritti e di doveri dalla ‘Dichiarazione Universale dei Diritti Umani’.b) Il secondo problema è relativo ai presupposti su cui fondare la solidarietà mondiale. La ‘solidarietà nazionale’ si è fondata, tra l’altro, su una cultura comune, sull’idea

40 Fonte: opera citata.41 http://www.meteogiornale.it/reportages/read.php?id=1299

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della sicurezza comune, soprattutto sul piano militare, sul concetto di sovranità, sulla mutualità tra famiglie, località e generazioni. Su quali elementi può e deve costituirsi la solidarietà mondiale? La sicurezza ambientale? Certo, il comportamento degli Stati Uniti riguardo al Protocollo di Kyoto non lascia molte speranze in proposito e la recente apertura americana al summit canadese sembra limitata ad accattivarsi le simpatie degli ambientalisti poiché si limita all’ipotesi di sottoscrivere impegni formale rispetto alla necessità impellente che dovrebbe essere per una decisa inversione di rotta basata su accordi espliciti e finalizzati. La pace? Una ricchezza economica più grande?c) Il terzo problema è rappresentato dai ‘beni comuni mondiali’. Senza i beni comuni mondiali non potrà mai esservi la coscienza di condividere qualcosa in comune a livello mondiale. Non sarà certo facile, vista la mercificazione dirompente operata dalla nostra società in tutti i campi (compresa la vita umana) e le conseguenti privatizzazioni di tutto ciò che è privatizzabile. Come definire e identificare e poi gestire, promuovere i beni comuni mondiali? Quali? L’acqua, per esempio, le foreste, l’alimentazione adeguata, la salute, l’educazione?d) Il quarto problema è di ordine politico. Ammesso che l’umanità sia riconosciuta come soggetto giuridico e politico, che i principali beni comuni mondiali siano stati identificati, che la sicurezza della condizione umana mondiale sia stata accettata da tutti come presupposto fondamentale del ‘vivere insieme’, come dovremo procedere sul piano dell’istituzionalizzazione politica dell’umanità e delle regole giuridiche, finanziarie, economiche e sociali, destinate a promuovere e organizzare davvero la solidarietà mondiale?42

42 Fonte: Riccardo Petrella, “Appunti sulla Globalizzazione, Per una solidarietà mondiale”. Prof. All’Università Cattolica di Lovanio (Belgio), Segretario del Comitato Internazionale del “Contratto Mondiale dell’Acqua.

39

MACROPROBLEMI

40

L’umanità non ha ancorapersonalità politica e giuridica

Difficoltà per le nazioniad accordarsi

Risorse limitate

Crescita della domandadi energia

Aumento della disoccupazione

Peggioramento della qualità della vita

Crescenti disparità e ingiustizie sul pianeta

Crescita dell’inquinamento

e dei rifiuti

Cambiamenti climatici e aumento dei

fenomeni estremi

Crescita della popolazione

mondialeEnormi nuvole di polveri

avvolgono la Terra

4. Risorse e materie prime

Foto 1: Marzo 1991, Guerra del Golfo, bruciano alcuni pozzi di petrolio in Irak

Foto 2: 12 dicembre 2005, Inghilterra: bruciano alcuni depositi di carburante e altre sostanze altamente inquinanti a Hemel Hempstead , nei pressi di Londra

41

Il XX secolo era caratterizzato da ipotesi di risorse abbondanti, facilmente disponibili e a buon mercato. Il XXI secolo si presenta invece con risorse sempre più ridotte, più difficilmente disponibili e non più economiche. La diversificazione delle risorse e la ricerca di fonti energetiche economiche, rinnovabili e a basso impatto ambientale è la sfida da affrontare e vincere in questa epoca.L’economia mondiale è basata sul petrolio, ma il trend degli ultimi mesi ha messo in evidenza che i costi, i rischi, nonché i danni sull’ambiente, possono essere non sostenibili.

Foto 3: Ottobre 2004, Cina: satelliti fotografano sulle aree maggiormente industrializzate ed abitate un consistente corpo nuvoloso caratterizzato dalla presenza di sostanze inquinanti e particolato

Foto 4: Cina Fiume Harbin. Sversamento benzene per malfunzionamento impianti, dicembre 2005

42

Foto 5: Iraq, incendi agli impianti petroliferi di Bassora nel 2004. Fonti: tutte le foto sono state tratte dal sito de "Il Corriere della Sera" - anni diversi

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È messa in crisi la stessa sicurezza dell’economia mondiale per vari motivi: le riserve di petrolio sono limitate, non è stato ancora individuato un combustibile o una fonte alternativa competitiva e la forbice fra domanda e offerta si allarga nel tempo. Il valore del petrolio come merce di scambio minaccia la sicurezza civile, la salvaguardia dei diritti umani è spesso violata nei paesi produttori. L’uso di combustibili fossili produce anidride carbonica, il maggiore responsabile dell’aumento dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici, i costi economici dei quali aumentano di anno in anno.

Figura 1: Produzione e consumi mondiali petrolio. Elaborazione P.Villani, 2005, su dati Bp Statistical Review.

Si possono fare alcune osservazioni sulla continua crescita del prezzo del petrolio.

a) Oltre la metà delle riserve di petrolio conosciute sono state consumate e i ritmi di estrazione sono praticamente ai massimi livelli. Il rimanente non è sufficiente a soddisfare la domanda crescente di petrolio. Del resto i Paesi produttori non hanno nemmeno interesse ad aumentare le quote estratte, perché altrimenti il petrolio finirebbe prima del previsto con ripercussioni negative sulle loro economie. È molto dispendioso trovare nuovi giacimenti, per quelli conosciuti si deve trivellare ormai sempre più in profondità e questo implica maggiori costi. Estrarre petrolio dagli scisti bituminosi in Canada e in Asia non è economico. È facile prevedere che il costo del petrolio possa crescere ulteriormente. Alcuni studiosi ipotizzano 100 dollari al barile entro la fine del 2006. Quando la domanda supererà abbondantemente l’offerta di petrolio, si adotterà un razionamento nei consumi e, in seconda analisi, si prospetteranno scelte difficili: quale settore privilegiare? Petrolio per la mobilità? Oppure per il riscaldamento? Oppure per l’industria e la

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produzione di energia elettrica? Questo scenario potrebbe realizzarsi già dal 2007 – 2010.

b) Si nota una sempre maggiore insicurezza sugli approvvigionamenti di petrolio. Molti studiosi sono concordi nell’attribuire all’eccessivo utilizzo dei combustibili fossili, i recenti sconvolgimenti climatici.

c) Gli uragani sono sempre più frequenti e si è registrato un deciso aumento della loro potenza distruttiva, che causa l’evacuazione o la chiusura (anche se temporanea) di numerose piattaforme petrolifere. Sono sotto gli occhi di tutti gli effetti dell’uragano Katrina. Alcune nazioni dotate di grandi risorse hanno iniziato a fare distinzione nelle esportazioni (per esempio l’Iran non vuole vendere petrolio agli USA). Ci sono motivi di incertezza anche per quanto riguarda il futuro dell’Arabia Saudita.

d) Occorre un organismo antitrust internazionale per rimuovere tutte le forme di speculazione, oggi perfettamente legali, speculazioni sbagliate (appunto “non etiche”) e soprattutto nocive agli individui e all’ambiente. Quando il costo del petrolio sale le compagnie rialzano subito i prezzi, ma quando il prezzo scende non succede altrettanto. Dovrebbero essere introdotte leggi e normative atte ad impedire compra-vendite nella stessa giornata e allo scoperto per materie prime, fonti di energia, titoli azionari, monete, ecc… al fine di tutelare il benessere collettivo, la giustizia, l’etica e la salvaguardia ambientale.

e) Si devono ridurre le emissioni dei gas serra del 60-70% per mitigare l’impatto dello sviluppo sulla biosfera. (Kyoto 2)

f) Alcune compagnie petrolifere hanno dichiarato, al fine di mantenere stabili i consumi e mantenere inalterati gli utili, di avere nei loro giacimenti più petrolio di quanto ce ne sia in realtà.

g) Le piattaforme, i pozzi, gli oleodotti, le raffinerie, le petroliere sono obiettivi sensibili per attacchi terroristici (ad esempio le recenti esplosioni che hanno di fatto bloccato le esportazioni di greggio dal nord dell'Iraq, verso il terminal turco di Ceyhan, sul Mediterraneo); ciò fa lievitare i prezzi e non garantisce al 100% la fornitura.

h) Sussiste un’evidente sproporzione fra consumi e popolazione, come si evidenzia dal grafico sottostante.

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Figura 2: Consumi mondiali petrolio per aree geografiche. Elaborazione P. Villani, 2005, su dati Bp Statistical Review e U.S. Census Bureau.

i) Se appare del tutto scontato auspicare la rapida crescita economica dei Paesi più arretrati, i settori dove appare maggiormente rilevante la crescita della domanda di petrolio risultano essere quello dei trasporti e dell’energia.

Nel 2010 la produzione mondiale di autoveicoli sarà ripartita tra Asia, con una quota pari al 37,7% del totale, Europa Occidentale con il 25,7% (in calo rispetto all'attuale 27,5%), Nord America (24,6%), Europa Orientale (7%) e Sud America (4,5%). Per quanto riguarda il continente asiatico, che tra il 1998 e il 2004 ha visto crescere da 15,3 milioni a 21,9 milioni il numero di veicoli prodotti all'anno, nel 2010 si stima che possano essere prodotti 26,5 milioni di unità/anno e, nel periodo compreso tra il 2005 e il 2010, la Cina possa incrementare del 51% la propria produzione di autoveicoli. (Figura 3: Asia, Domanda annua di petrolio in percentuale) a fronte di una crescita ancora più marcata per quanto riguarda il mercato indiano (+74%), e i Paesi ASEAN (Thailandia, Malesia, Indonesia, Filippine), per i quali si stima una crescita pari al 77%.

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Figura 3: Importazioni ed esportazioni di petrolio per macroaree (dati in percentuale)

I grafici in figura evidenziano come il consumo di petrolio per usi legati al settore trasporti sia pari all’80% del consumo mondiale annuo (trasporto stradale, marittimo, aereo e in percentuali minime, per navigazione interna o trasporti ferroviari).

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Figura 4: A sinistra, consumi di petrolio (milioni di tonnellate) per aree geografiche aggregate; a destra, consumi per il settore trasporti. Elaborazione AEA, 2001.

Figura 5: In arancione la percentuale di consumo energetico per il settore trasporti e in giallo la percentuale di consumi petroliferi per il settore trasporti. Fonte: Le Monde, dicembre 2005 su dati EIA .

Anche nel corso di un recente convegno internazionale (Windsor Workshop, giugno 2004, Toronto, Canada) le maggiori case automobilistiche si sono interrogate sulle politiche da intraprendere: appare infatti chiaro come le risorse di idrocarburi (comprendendo anche quelle sempre segnalate come disponibili e assolutamente abbondanti, come gli scisti bituminosi presenti in Canada o in Cina) non consentano attualmente di far fronte alla sempre maggiore richiesta di carburanti che i più popolosi Paesi dell’estremo oriente richiederanno nei prossimi anni.

Sarà proprio il tema energetico ad indirizzare le strategie di sviluppo e crescita: la produzione annua di greggio si è ormai stabilizzata su un valore pari a 3.600 milioni di tonnellate all'anno mentre la domanda è in continuo aumento.

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Appare chiaro come la mobilità privata possa apparire dunque eccessiva a fronte di scenari di sostanziale stabilità della produzione di petrolio (oltre 3.700 milioni di tonnellate all’anno), con riserve stimate pari a 162.140 milioni di tonnellate (stima aggiornata al 2004) (senza includere i 24.000 milioni di tonnellate di idrocarburi che potrebbero, il condizionale è ancora d’obbligo, essere estratti dagli scisti bituminosi in Canada e in Cina) e forte crescita del prezzo del greggio (rammentiamo come il prezzo del Brent sia passato dai 34 dollari al barile di aprile 2004 ai 45 dollari al barile di ottobre 2004 sino ai 55 dollari al barile del marzo 2005, ai 70 dollari di settembre 2005, problema che si porrà in tutta la sua rilevanza in un futuro ormai prossimo e tale da lasciar presumere che, quanto appare oggi a noi del tutto scontato (muoversi per centinaia di chilometri in auto, effettuare voli numerose volte all’anno per soli motivi ludici) possa non apparire così scontato per le generazioni future: sulla base di questi dati appare chiaro come, a fronte di consumi stabili, vi possano essere riserve di petrolio solo per i prossimi 37 anni. Qualora lo sviluppo dei Paesi oggi più densamente popolati (Cina, India, continente africano) facesse nettamente innalzare il consumo annuo mondiale di greggio le riserve complessive dureranno assai meno dei trentasette anni citati.

Figura 6: Scenari consumi di petrolio da parte delle nazioni asiatiche al 2030. Fonte: Le Monde, dicembre 2005 su dati EIA .

La sola Europa (dato riferito al 2004) ha consumato più del 25% del greggio annualmente estratto, pur avendo una popolazione pari al solo 11,2% di quella mondiale.Agire, per contenere i consumi appare quindi l’unica soluzione possibile, nell’attesa che la percentuale dei veicoli che utilizzano carburanti alternativi (metano, GPL,

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biodiesel) salga dall’attuale 3,3 % (valore registrato per il solo parco autovetture diversamente alimentate in Italia nel 2004) a valori maggiormente significativi. La stessa Unione Petrolifera ipotizza come il 10% dei carburanti in uso al 2010 sarà derivato proprio da fonti alternative. Sulla base del principio “chi inquina paga” dovrebbero essere colpite le caratteristiche negative dei veicoli: dimensione, rumore, consumi, inquinamento, scarsa riciclabilità, ecc… e introdotte adeguate politiche fiscali al fine di orientare scelte consapevoli nei consumatori (veicoli poco inquinanti e con ridotti consumi). e (naturalmente anche per il settore navale e aereo).Diversi anni fa a Copenaghen furono invitati gli assessori al traffico delle città europee per un convegno internazionale sulla mobilità. Quando scesero dagli aerei fu dato loro la bicicletta per raggiungere gli alberghi. Nelle città del nord Europa un terzo della mobilità è costituito da veicoli privati, un terzo dal trasporto pubblico, un terzo da biciclette. Questo è l’obiettivo da raggiungere per le città medio – piccole per uscire dalla congestione. A chi osservava che risulta difficile spostarsi in bicicletta quando piove fu detto che esistono mantelle così larghe che ricoprono anche le biciclette. Altri obiettarono che la cosa risulta problematica per anziani, ma gli esperti affermarono che il moto fa bene al cuore, previene problemi circolatori e l’arteriosclerosi.Si ritiene che la mobilità abbia ormai raggiunto in Italia i livelli massimi, mediamente un veicolo per ogni adulto. Nell’attuale fase di recessione economica, i crescenti costi per mantenere il veicolo privato, l’aumento del prezzo del carburante e l’incertezza degli approvvigionamenti determineranno una diminuzione del nostro parco auto circolante (in proporzione il più alto nel mondo).La diversificazione degli approvvigionamenti e delle materie prime sono passi ineludibili e devono essere programmati fin da ora, per non ritrovarsi di colpo in crisi per uno shock petrolifero. Si nota una sempre maggiore insicurezza sugli approvvigionamenti di petrolio. Ci sono sconvolgimenti climatici prodotti dall’uomo per l’eccessivo consumo di combustibili fossili e la conseguente immissione in atmosfera di inquinanti; uragani sempre più frequenti e violenti danneggiano e costringono alla momentanea evacuazione di alcune piattaforme petrolifere.Le modificazioni climatiche costringono a maggiori consumi per il riscaldamento degli edifici, edifici sempre più energivori. Inoltre aumentano i costi delle assicurazioni su petroliere, oleodotti, piattaforme per i rischi di fenomeni estremi. Ogni anno aumentano i danni provocati da disastri ambientali e le assicurazioni si rivalgono sulle quietanze.Per quanto riguarda i consumi mondiali stime (IEA) (International Energy Agency) ipotizzano un aumento della domanda pari all’1,5% annuo almeno sino al 2025 (ovvero un fabbisogno maggiore del 37% rispetto all'attuale).Il problema petrolio non è può essere affrontato su scala nazionale poiché, sebbene in Italia i consumi di prodotti petroliferi degli 2004 abbiano fatto registrare una contrazione media pari al -2,8% rispetto a quelli dell’anno precedente, questa lieve flessione a livello italiano (flessione che ha interessato anche il comparto autotrazione) non può in alcun modo incidere sui trend globali Sebbene l’Unione Petrolifera abbia segnalato aumenti che tra gennaio e febbraio 2005 sino a un +28,4%, si deve evidenziare come per il costo del petrolio al barile questi aumenti siano derivati sia dal maggior costo del greggio FOB - Free On Board, che copre solo il costo del greggio, del suo carico sulla nave o su un oleodotto - sia dai maggiori costi connessi al trasporto e alla raffinazione (costi CIF - Cost, Insurance and Freight - copre anche la spedizione e l'assicurazione per il trasporto del greggio).

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Costo del Greggio. Confronti anni 2004 - 2005 Note:Il prezzo FOB (Free On Board) copre solo il costo del greggio, del suo carico sulla nave o su un oleodotto. Il prezzo CIF (Cost, Insurance and Freight) copre anche la spedizione e l'assicurazione per il trasporto del greggio.

2004 Cambio MedioEuro/Dollaro

Quantita'000/Tonnellate

Quantita'000/Barili

FOBTonnellata

FOBBarile

CIFTonnellata

CIFBarile

Gennaio 0,793 6.893 50.887 224,18 30,48 227,52 30,82Febbraio 0,791 6.804 50.371 227,22 30,66 226,66 30,62Marzo 0,815 7.129 52.433 228,75 31,23 232,38 31,59Aprile 0,835 6.875 50.671 235,1 31,77 236,35 32,07Maggio 0,833 6.756 49.801 259,85 35,18 261,27 35,44Giugno 0,824 6.942 51.054 252,62 34,45 255,2 34,7Luglio 0,815 6.983 51.352 266,03 36,1 265,57 36,11Agosto 0,821 7.493 54.996 295,68 40,25 298,2 40,63Settembre 0,819 7.110 52.206 302,02 41,13 301,28 41,03Ottobre 0,801 6.236 46.031 343,3 46,39 338,42 45,85Novembre 0,77 6.750 49.625 312,23 42,33 307,49 41,83Dicembre 0,746 6.769 50.049 284,97 38,46 282,41 38,19Anno 2004 0,805 82.740 609.476 270,36 36,68 268,97 36,51

2005 Cambio MedioEuro/Dollaro

Quantita'000/Tonnellate

Quantita'000/Barili

FOBTonnellata

FOBBarile

CIFTonnellata

CIFBarile

Gennaio 0,762 7.027 51.932 284,6 38,64 291 39,38Febbraio 0,768 6.323 46.747 319,76 43,1 314,13 42,49Marzo 0,758 6.103 44.979 361,11 48,97 361,75 49,09Aprile 0,773 6.573 48.481 364,47 49,46 364,08 49,36Maggio 0,788 7.342 54.098 337,8 45,88 339,99 46,14Giugno 0,822 7.041 51.744 369,51 50,34 371,36 50,53Luglio 0,831 7.818 57.667 398,89 54,12 400,73 54,33Agosto 0,813 7.222 52.976 437,44 59,65 437,81 59,69Settembre 0,816 7.614 55.910 445,09 60,62 441,75 60,16Ottobre 0,833 7.229 52.987 406,47 55,52 413,07 56,35Anno 2005 0,796 70.292 517.521 372,51 50,63 373,56 50,75Fonte: Ministero Attività Produttive, 2005

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Figure 7 e 8: Costi principali tipi di greggio ($/Barile) per aree geografiche e costi medi greggio FOB e CIF

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La svalutazione del dollaro poi è possibile che orienti l’OPEC a un aggiornamento dei costi del paniere dei greggi con conseguenti sensibili aumenti nell'arco di un periodo medio - breve.Si deve inoltre rammentare come - mediamente - lo Stato italiano riesca a introitare oltre trentadue miliardi di euro all'anno per tasse e accise sui prodotti petroliferi e quindi qualsiasi flessione nei consumi comporta pesanti ripercussioni sui conti pubblici.Gli utenti rilevano consistenti aumenti alla pompa a dicembre 2005 i valori oscillano tra 1,3 euro/litro della benzina verde (+15% rispetto al 2004) contro quelli del gasolio giunto a 1,2 euro al litro (+25% rispetto al 2004), aumenti dovuti ai ritocchi alle accise operati nell'ultimo biennio.

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Figura 9: Prezzi dei prodotti petroliferi a dicembre 2005 nei Paesi della UE.

Il rincaro delle materie prime si sta confermando una caratteristica peculiare di questa espansione mondiale, assieme al suo baricentro più transpacifico che transatlantico e all’accumularsi di tensioni valutarie. Il petrolio (+35% rispetto a dicembre 2004) è nuovamente ai massimi storici, seguito dalle quotazioni dei metalli industriali (+5%). Questo episodio non rappresenta una fase transitoria: lo spostamento delle attività verso i paesi a basso costo consente uno sviluppo della produzione mondiale più rapido e alimenta una crescita della domanda che l’offerta pare non essere più in grado di bilanciare. Due quindi gli scenari possibili: una forte recessione mondiale forse dovuta ad altri cataclismi climatico - ambientali nel breve-medio periodo con conseguente riallineamento dei prezzi oppure un rincaro dei prezzi dovuto alla costante crescita della domanda, non frenata da alcun elemento esogeno di forte contrazione delle dinamiche economiche.

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Petrolio (Brent)

2002 2003 2004 2005

$/B 25.0 28.9 38.3 53.00Incrementi +2.4 +15.6 +31.6 +39.4

Strutturalmente, la crescita attesa della domanda (2,5% nel 2005 e nel 2006) potrebbe eccedere l’incremento dell’offerta OPEC e della capacità di raffinazione a livello mondiale. Inoltre, questa stima assume che rallenti il ritmo delle importazioni cinesi, che è stato eccezionalmente vigoroso negli ultimi anni. Questo è un punto su cui rimane incertezza, anche perché è noto che la Cina ha programmato la costituzione di una riserva strategica di 130 Milioni di barili nell’arco di 3-5 anni, quantitativo che corrisponde alle riserve accertate attualmente nell’immenso stato asiatico e che potrebbe coprire una domanda aggiuntiva di 30.000-50.000 Barili/giorno. L’OPEC ha deciso di gestire in modo aggressivo l’offerta, in particolare evitando che si accumulassero troppe riserve nei periodi di bassa domanda. Ma questo porta i mercati (che, fra l’altro, presentano una componente di origine finanziaria sempre più rilevante) ad aspettarsi tensioni nei periodi di picco e a incorporare un premio per il rischio che si manifesti scarsità di greggio. Questa dinamica potrebbe essere disinnescata soltanto se l’OPEC consentisse un maggiore accumulo di stoccaggi nei periodi di minor domanda finale.Il dollaro debole incentiva i produttori a spingere i prezzi al rialzo, per compensare la perdita di potere di acquisto.Rispetto a questa ipotesi, i rischi appaiono piuttosto simmetrici: da una parte, la fase di realizzi speculativi potrebbe spingere le quotazioni temporaneamente in linea con i valori registrati nell'ultimo periodo; dall’altra, un improvviso calo delle scorte o tensioni sui prodotti della raffinazione potrebbero spingere le quotazioni immediatamente oltre gli $80/Barile.Anche il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha deciso di incorporare un profilo di prezzo più alto rispetto a quello desumibile dalle relazioni storiche. Nel suo ultimo Short - Term Outlook 2005, le quotazioni oscillano sui 56 $/ Barile contro le previsioni formulate nel 2004 che davano per accertato un costo pari a 45-50$ al barile (proiezioni 2004 per il biennio 2005-06), con periodi sopra tale livello in coincidenza di occasionali sbilanci “reali o percepiti”. Anche l’IEA comincia a temere che il margine di capacità rimarrà stretto a lungo e suggerisce di adottare misure per risparmiare l’uso di combustibili fossili.Con un costo (dicembre 2005) pari ai 58 dollari al barile, quali ricadute si potranno avere sui vari settori ? La risposta a questa domanda richiede che venga cercata la motivazione che sta alla base del recente rialzo. I principali fattori sembrano essere due, uno contingente e l'altro strutturale. Il primo è quello dell'ondata di freddo che ha colpito il Nord Est degli Usa facendo aumentare il consumo di combustibili da riscaldamento. Secondo l’OPEC questo elemento da solo non basta a giustificare il ritorno del WTI in area 52 dollari, dal momento che le attuali forniture sono in eccesso di circa 200.000 barili al giorno rispetto alla domanda. Il secondo fattore destabilizzante per il prezzo del greggio è invece la revisione da parte dell’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia) delle previsioni di crescita della domanda mondiale di petrolio nel 2005, poiché il consumo mondiale ha già raggiunto il tetto degli oltre 80.000 barili al giorno, e sarà quindi possibile che si verifichino effetti ben

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più duraturi sui prezzi rispetto ai rialzi temporanei dovuti alle avversità meteoclimatiche. La crescita della domanda mondiale è una conseguenza della crescita dell'economia a livello globale, con aree particolarmente attive gli Usa e l’Asia. In base alla teoria economica la conseguenza di un panorama di questo tipo, con prezzi del petrolio ancora al rialzo, almeno nel medio termine, a seguito di una ulteriore espansione della crescita economica, dovrebbe essere quella di vedere le borse ancora orientate positivamente ed i mercati obbligazionari diretti invece al ribasso: l’elevato prezzo del greggio dovrebbe mettere pressione sui tassi di interesse, fenomeno che del resto la Banca Centrale Americana ha già sussurrato di voler assecondare, con conseguenza negative sul prezzo dei bond. Sui mercati azionari invece la crescita dei tassi di interesse dovrebbe essere più che bilanciata dall’aumento dei profitti delle aziende, che in questa fase di espansione del ciclo sembrano in grado di fare segnare ancora per qualche trimestre utili in miglioramento. Nel 2010 la produzione mondiale di autoveicoli sarà ripartita tra Asia, con una quota pari al 37,7% del totale, Europa Occidentale con il 25,7% (in calo rispetto all'attuale 27,5%), Nord America (24,6%), Europa Orientale (7%) e Sud America (4,5%). Per quanto riguarda il continente asiatico, se tra il 1998 e il 2004 ha visto crescere da 15,3 milioni a 21,9 milioni il numero di veicoli prodotti all'anno, nel 2010 produrrà 26,5 milioni di unità/anno. Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2010, la Cina incrementerà del 51% la propria produzione di autoveicoli a fronte di una crescita ancora più marcata per quanto riguarda il mercato indiano ( +74%), e i Paesi ASEAN (Thailandia, Malesia, Indonesia, Filippine), per i quali si stima una crescita pari al 77%. Alcuni studi affermano che ad esempio negli USA l’etanolo da biomassa cellulosica (rifiuti e residui vegetali) potrebbe soddisfare da un quarto a un terzo circa della domanda di carburante a un costo di produzione di $ 50 a tonnellata. L’IEA ipotizza che le tecnologie saranno in grado di permettere all’etanolo di rappresentare la metà, o più, del combustibile utilizzato nei trasporti nel mondo. (Font Teresa Malyshev, IEA, «Biofuels for Transport: an International Perspective», presentato a International Conference for Reneawable Energies, Bonn, 3 June 2004).

Nello Stato del Pianeta del 2001, è riportato testualmente:

“Anche se il veicolo a celle di combustibile alimentato direttamente a idrogeno rappresenta la soluzione più semplice ed elegante, l'industria sta dedicando molti sforzi per avere automobili dotate di reformer che ricavino idrogeno da benzina, gas naturale o metanolo." Secondo la loro prospettiva, questo metodo può essere preferibile perché evita di dover investire in nuove infrastrutture per il rifornimento di carburante; tuttavia le conseguenze sulla economia e sull'ambiente sono evidenti.Gli studi indicano che nel momento in cui il quadro completo delle infrastrutture e dei veicoli necessari sarà disponibile, l’alimentazione diretta a idrogeno sarà più redditizia di quella basata sui reformer a bordo. Le auto con fuel cell basate sui reformer inoltre difficilmente potranno eguagliare le prestazioni ambientali di quelle che utilizzano direttamente l’idrogeno. Il Pembina Institute, che ha sede in Canada, confrontando le emissioni di gas serra di vari veicoli a idrogeno su 1.000 km percorsi ha valutato che i veicoli che funzionano con idrogeno prodotto mediante reforming da idrocarburi sono migliori rispetto ai motori a benzina a combustione interna, ma il miglioramento varia in relazione al combustibile. La benzina e il metanolo, che hanno offerto il miglioramento meno apprezzabile con riduzioni pari al 22-35%, sono i combustibili preferiti da molte aziende energetiche di trasporto. Mentre invece il gas naturale, ovvero l’idrocarburo che ha evidenziato il minore impatto sul clima e le cui emissioni durante un ciclo di vita sono del 68-72% inferiori a quelle di un motore a benzina a combustione interna, è stato praticamente ignorato.” Meno carbonio nel sistema energetico, Seth Dunn, pag. 141-142.

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Nello Stato del Pianeta del 2001, era riportato:

“Anche il danno ambientale provocato dai trasporti aerei è oggetto di sempre maggiore attenzione. Nelle tratte più brevi, gli aeroplani risultano particolarmente inefficienti rispetto al consumo di carburante. Sono i principali responsabili dei gas serra (di origine antropogenica) e li depositano direttamente nello strato superiore di atmosfera; gli scienziati hanno rilevato che queste emissioni sortiscono un effetto riscaldamento più accentuato di quelle rilasciate a livello del suolo.Alcuni ricercatori hanno individuato alcuni cirri lungo le scie di condensa rilasciate dagli aerei, condensa che può influire sui cicli climatici. I jet emettono non solo CO2 ma anche vapore acqueo, ossidi di azoto, polveri e solfato, e sono responsabili del 3,5% circa delle emissioni di gas serra. Gli scienziati dell’IPCC ritengono che questa percentuale possa aumentare di 4 volte nei prossimi 50 anni, anche a fronte di miglioramenti sostanziali in termini di efficienza nel consumo dei carburanti.” - Ottimizzare i trasporti, Molly O’Meara Sheehan, pag.159-160.

Il fisco dovrebbe colpire in proporzione le caratteristiche negative dei veicoli: dimensione, rumore, consumi, inquinamento, scarsa riciclabilità, ecc… Attraverso politiche fiscali e incentivi può essere favorita la scelta di veicoli a bassi consumi e poco inquinanti (naturalmente anche per il settore navale e aereo).Conseguentemente si aprono alcuni possibili scenari.

1) Progressivo abbandono dei combustibili fossili e sfruttamento delle fonti rinnovabili o a basso impatto ambientale. Le altre fonti energetiche sono competitive già a $ 40 il barile.

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Costi dell’elettricità per fonte energetica, con e senza costi esterni

Fonte elettrica

Costi di produzione per USA ed UE

Costi esterni

Costi complessivi

(cent. di $/kW/h) (ambientali e

sanitari)

(cent. di $/kW/h)

carbone/lignite

4,3-4,8 2-15 6,3-19,8

gas naturale 3,4-5,0 1-4 4,4-9,0nucleare 10-14 0,2-0,7 10,2-14,7biomassa 7-9 1-3 8-12idroelettrico 2,4-7,7 0-1 2,4-8,7fotovoltaico 25-50 0,6 25,6-50,6eolico 4-6 0,05-0,25 4,05-6,25

Le stime della tabella dei costi dell’elettricità, pubblicata dal Worldwatch Institute in “State of the World 2003”, non comprendono i costi originati dai cambiamenti climatici, che potrebbero costituire la maggiore fonte di spesa. A livello mondiale, le perdite economiche causate dai disastri naturali indotti dal surriscaldamento globale, sembrano raddoppiare secondo le stime ogni 10 anni e le perdite annuali causate potrebbero arrivare a 150 miliardi. di dollari nei prossimi 10 anni.

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2) Scoppio di conflitti per impossessarsi dei giacimenti residui. Siamo testimoni di guerre per il petrolio. La fine della dipendenza dai combustibili fossili è una scelta a beneficio dell'umanità e dell’ambiente e può prevenire ulteriori conflitti.

3) Applicazione della sovranità limitata degli stati, con la creazione di un governo mondiale, di un parlamento mondiale e di un tribunale mondiale per risolvere le controversie fra le nazioni. Tale passo rappresenta il riconoscimento politico e giuridico dell’umanità. La nascita di un nuovo ordine mondiale, con un nuovo paradigma: le materie prime e le ricchezze del sottosuolo non sono beni delle nazioni che le detengono o delle multinazionali che le vendono, bensì patrimonio di tutta l’umanità. Ciò implica l’applicazione del principio di custodia pubblica internazionale delle risorse, della sicurezza collettiva, della salvaguardia e della protezione delle risorse per le generazioni future. Per il settore idrico il discorso potrebbe essere analogo ma la possibilità offerte dai sistemi di desalinizzazione delle acque offrono prospettive sicuramente più rosee.

4) La moderazione nei consumi, il risparmio energetico, l’efficienza energetica, la decentralizzazione della produzione energetica con fonti rinnovabili e a basso impatto ambientale, la condivisione delle risorse, equità e giustizia nella gestione delle risorse per tutte le nazioni sono le linee guida per uno sviluppo sostenibile ed equilibrato sul pianeta. L’Europa può giocare un ruolo importante nella produzione di tecnologie ad alta efficienza, compensando almeno parzialmente la perdita di competitività per costi delle materie prime e della forza lavoro.

Si possono quindi delineare alcune strategie:

a) È necessaria la costituzione di un’equipe internazionale con i più brillanti tecnici e scienziati, per la ricerca di una fonte energetica economica, abbondante, facilmente disponibile nei cinque continenti.

b) Le idee e le scoperte, come tutte le risorse del pianeta, non sono beni e proprietà personali, bensì patrimonio di tutta l’umanità. Non è sufficiente collegare i computer in rete con Internet se poi ci sono problemi di comunicazione fra persone, enti e agenzie. Il vero sviluppo nasce collegando in “rete” le menti, su obiettivi comuni e su valori di principio. Valorizzando i talenti personali e la straordinaria capacità del gioco di squadra si possono raggiungere mete ardite e risanare il tessuto sociale.

c) Occorre trasferire ad altre modalità una cospicua percentuale del traffico merci che risente negativamente dell’aumento del gasolio.

d) È necessaria una normativa più restrittiva sugli impianti industriali, termici e sul traffico aereo e marittimo. Attualmente solo le auto sono soggette a provvedimenti di limitazione della circolazione, provvedimenti che spesso sono basati sullo standard emissivo dei veicoli, (da Euro 0 a Euro 5), ma a parte alcuni provvedimenti per la navigazione (obbligo del doppio scafo per le petroliere) in altri settori trasporti, navale ed aereo, o per impianti industriali e termici non risultano essere state introdotte normative più restrittive. Queste lacune si ricordano quando qualche petroliera affonda.

Il settore produttivo e la stasi occupazionale che si registra in ambito europeo risente fortemente degli sconvolgimenti dovuti al rialzo delle materie prime e agli effetti della globalizzazione. La produzione al di fuori delle normative e la delocalizzazione attuata a partire dai lontani anni ‘80 per la mera ricerca di maggiori profitti impongono una serena re-visione delle cause/effetti che stanno ormai mettendo in crisi il sistema

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economico mondiale. Al fine di rimanere competitivi sul mercato mondiale in Occidente sempre più contratti sono aggiudicati al ribasso e sono sempre più gli imprenditori italiani ed europei che spostano la produzione in contesti territoriali dove la manodopera costa meno e l’azienda può sfuggire alle normative sulla sicurezza e sull’ambiente. Questa semplice dinamica reca però molteplici problemi, ambientali, poiché l’atmosfera è un sistema chiuso e gli inquinanti impattano disperdendosi, economici, il già citato declino dell’occidente, costretto a infrastrutturare sempre più il territorio per far giungere le merci ora prodotte altrove, sociali, perdita di lavoro per molteplici categorie professionali e possibile equiparazione sul lungo periodo degli stipendi che tenderanno ad uniformarsi a quelli dei Paesi dell’Est.

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5. Ambiente

Il problema ambiente non va ridotto ad una mera questione economica. Già negli anni ‘80 le attività produttive sono state rilocalizzate anche in funzione dei costi ambientali, come per esempio è accaduto per gran parte delle attività di raffinazione delle materie prime petrolifere e minerarie. Le lavorazioni sporche a maggiore intensità di scorie e residui venivano così progressivamente spostati verso Paesi, in prevalenza del Terzo Mondo, in cui i costi ambientali risultavano oggettivamente minori. Molte imprese tendono a spostare la produzione dove la manodopera costa meno e si possa sfuggire alle leggi per la sicurezza e per l’ambiente per essere “competitivi”. Sta lentamente emergendo anche una visione più globale dell’economia e dell’ambiente. Investire sull’ambiente è investire sull’economia, ma soprattutto sull’uomo. I cambiamenti climatici e l’inquinamento hanno notevoli impatti sia in termini economici che sanitari. L’aumento dei fenomeni meteorologici estremi mette in crisi le assicurazioni che devono pagare i danni dovuti a disastri, hanno un costo in vite umane, in danni materiali, nella crescita del costo dell’energia e della vita (produce povertà), ecc…Analogamente i sistemi sanitari nazionali, per i popoli più fortunati che hanno un’organizzazione assistenziale, debbono fare fronte all’insorgenza di nuove patologie di massa, come le allergie nei bambini, problemi respiratori, tumori, ecc… con un grave costo per la collettività. Si prevede che ci saranno migrazione di popoli per l’aumento del livello dei mari e per l’avanzamento della desertificazione.

La scelta delle fonti di energie incide pesantemente sull’ambiente. I disboscamenti, gli incendi boschivi, i rifiuti che aumentano a vista d’occhio, stili di vita dissipativi stanno alterando gli habitat e i cicli naturali. Una catena pressoché ininterrotta di calamità naturali si sta abbattendo su tutta l’umanità: disegnando su un mappamondo le aree colpite mese dopo mese si evidenzia il costante aumento delle zone colpite. Il 2005 è stato un anno terribile sia per i paesi che si affacciano al Golfo del Messico, sia per quelli del sud – est asiatico per la violenza e il numero delle tempeste tropicali diventate uragani. C’è poi anche da considerare che a settembre si è formato l’uragano Vince, di prima grandezza,43 in prossimità delle Isole Azzorre (è la prima volta che si forma in quell’area, non proveniva dai Caraibi), che è entrato dallo Stretto di Gibilterra, ha toccato le coste spagnole e ha perso potenza; dopo un paio di mesi si è formata la tempesta tropicale Epsilon, diventato uragano di prima grandezza, 44sempre in prossimità delle Azzorre, per cui si è aperta la porta per gli uragani verso l’Europa che potrebbero minacciare seriamente le coste del Mediterraneo.Gli eventi non sono isolati, bensì concatenati, perché fanno parte di un unico processo, il cambiamento climatico. Dai satelliti si vede che le foglie sugli alberi ingialliscono sempre più tardi, sia nell’emisfero boreale che in quello australe (è una conferma biologica sul riscaldamento globale e che sono cambiati i venti in molte regioni della Terra).Il declino del petrolio, per la diminuzione delle riserve e per i danni evidenti all’ambiente, induce riflessioni sullo sviluppo. Si deve considerare che grazie all’uso dei prodotti petroliferi la capacità di produzione nel settore agricoltura è triplicata (carburanti per trattori, sistemi di irrigazione, creazione pesticidi, riscaldamento nelle serre, trasporto dei prodotti agricoli da una parte all'altra del globo). La drastica riduzione del petrolio come inciderà sul settore alimentare ?I derivati del petrolio sono tanti, oltre i combustibili ci sono tutte le materie plastiche, gli asfalti, ecc…Se per certi aspetti è positivo ridurre i consumi di piatti, bicchieri e 43 http://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=12093 e http://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=1208544 http://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=12403

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bottiglie di plastica per ovvi ambientali (costituiscono quasi il 50% della spazzatura domestica) non è facile trovare dei materiali sostitutivi per le molteplici applicazioni. Abitudini e stili di vita consolidati sono piuttosto impattanti e non facilmente modificabili. È più comodo utilizzare la plastica, “usa e getta” che piatti di ceramica che poi devono essere lavati. Una bottiglia di PVC necessita, per la sua realizzazione, di più acqua di quella che contiene. Nelle famiglie dove lavorano entrambi i coniugi c’è poco tempo per farsi da mangiare e per cucinare, a scapito dell’ambiente e della salute. Si comprano i surgelati “precotti”, ben confezionati in vaschette e ricoperti di plastica. Non si va dal contadino a comprare latte, formaggi, frutta e verdure. Tale modus vivendi si cerca di esportarlo a Oriente e nel Sud del mondo, per aprire “nuovi mercati”, dimenticando forse le semplici norme che regolano gli equilibri della natura e dell’uomo. La grande distribuzione rappresenta un costo dissipativo sulle merci e uno spreco immenso di energia. È vero che si trovano prodotti più a buon mercato, ma a scapito della qualità, della salute e dell’ambiente. E si finisce poi per comprare più cose del necessario, di prende l’auto per caricare le provviste, si fanno le code per raggiungere la destinazione e ritornare a casa, ecc…L’alimentazione dovrebbe essere costituita di prodotti naturali (biologici), freschi, locali e di stagione. L’importazione di prodotti provenienti da altri paesi o continenti è altamente dissipativa, in termini di costi e inquinamento, si dovrebbe invece privilegiare la produzione locale per favorire la qualità (evitare alimenti che viaggiano in frigo per migliaia di chilometri per terra o per mare). Gli alimenti surgelati oltre a perdere la “genuinità”, il sapore e alcune delle proprietà originali sono a rischio, nel caso in cui venga a mancare l’energia elettrica o il tragitto supermercato – casa sia troppo lungo, perché inizia il processo di scongelamento. Nei paesi sviluppati l’organizzazione della giornata non consente di stare molto tempo ai fornelli o nei campi, il prezzo che si paga è in termini di salute. Una vita sana con movimento e alimentazione corretta favorisce la salute fisica riducendo le spese per la sanità a carico della collettività.L’alimentazione dovrebbe essere costituita di prodotti naturali (biologici), freschi, locali e di stagione. In questo modo si ridurrebbero le spese di trasporto, si decongestionerebbero le strade (meno TIR), si inquinerebbe meno. L’importazione di prodotti provenienti da altri paesi o continenti è altamente dissipativa, in termini di costi e inquinamento, si dovrebbe invece privilegiare la produzione locale per favorire la qualità (evitare alimenti che viaggiano in frigo per migliaia di chilometri per terra o per mare). Gli alimenti surgelati oltre a perdere la “genuinità”, il sapore e alcune delle proprietà originali sono a rischio, nel caso in cui venga a mancare l’energia elettrica o il tragitto supermercato – casa sia troppo lungo, perché inizia il processo di scongelamento. Le cassette con bottiglia di acqua minerale a volte giacciono al sole davanti ai supermercati, “cuociono” durante il trasporto con i TIR; ecco perché sarebbe bene utilizzare, dove possibile, l’acque del posto. In Italia si pensa a tutti i possibili utilizzi immaginabili e fittizi al momento dell’acquisto di un’autovettura: se faremo uno sgombero (auto – furgone), se avremo figli (station wagon), se andremo qualche volta in montagna (fuoristrada), se andremo talvolta la mare (decappottabile o con tetto apribile). Non si valuta un uso medio. Perciò si acquista il mezzo che possa soddisfare tutte le esigenze, possibili e immaginabili, anche se alcune di esse potranno verificarsi forse una volta nella vita o nemmeno. Si privilegia il “grande”, poco economico e molto inquinante ed energivoro. Sarebbe assai più semplice ricorrere ai veicoli in car sharing e optare per automobili di piccola cilindrata per gli spostamenti settimanali.La tecnologia offre strumenti di misura sul numero dei veicoli che percorrono una strada. Un dato che però sfugge è il numero delle persone a bordo. Da una valutazione diretta possiamo facilmente accorgerci che la stragrande maggioranza dei veicoli hanno a bordo una sola persona. Questo è un dato fondamentale su cui riflettere. A cosa serve l’auto familiare superaccessoriata, il fuoristrada, se poi nel

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percorso quotidiano casa-lavoro a bordo c’è una sola persona? Supponiamo che a Milano 800.000 persone arrivino con il proprio mezzo privato per andare a lavoro. Un’auto media ha dimensioni 2m x 3,5 m = 7 m2 di occupazione di spazio. Per 800.000 pendolari risulta 5.600.000 m2 di occupazione di suolo pubblico. Una Smart ha dimensioni 2 m x 2 m x 800.000 = 3.200.000 m2. È evidente il beneficio immediato se tutti adottassimo auto di queste dimensioni per i percorsi casa - lavoro, casa -scuola, casa - centri commerciali. Auto di dimensioni ridotte, che rispondano anche alle esigenze di sicurezza (Euro4, Euro5), vuol dire minori consumi e quindi minore inquinamento e in attesa delle auto ZEV, ovvero auto a emissioni zero, può essere una soluzione intermedia per l’Europa. Ulteriore vantaggio è dato dalla maggiore agilità di movimento.Un altro parametro da esaminare è il tempo di utilizzo dell’autoveicolo. Se si percorrono meno di 10.000 km/anno potrebbe diventare conveniente utilizzare un’auto a noleggio. Il costo al km è dato dal costo di acquisto, costo di manutenzione, tasse, costo del carburante tutto diviso i km di percorrenza all’anno: meno l’auto è utilizzata e più alto è il costo al km. Bisogna tenere conto che oggi le case produttrici di auto generalmente prevedono la sostituzione delle auto dopo circa sette anni. Il costo va calcolato perciò sul ciclo di vita dell’auto. Tanti potrebbero fare a meno dell’auto privata personale e ricorrere all’auto a noleggio, all’auto condivisa (car - sharing, contratti di utilizzo a rotazione come per certi appartamenti in località turistiche). Ecco allora che dovremmo favorire il noleggio delle autovetture e delle moto come negli USA, con una vasta scelta di modelli, dalle minicar (purché siano “sicure” e a basso impatto ambientale) alle auto più grandi. In questo modo ridurremmo il parco auto circolante con ovvi benefici nelle città. Si potrebbe prevedere un’unica carta valida in tutta l’Europa per utilizzare auto a noleggio che possa essere unica con un codice assegnato una volta per sempre come quello fiscale.La leva fiscale potrebbe essere un ottimo deterrente per i veicoli inquinanti. Il fisco dovrebbe colpire in proporzione ai consumi e all’inquinamento prodotto dai veicoli. Un sorta di carbon tax per spingere gli utenti verso mezzi a basso impatto ambientale, che però non vada a coprire altri capitoli di bilancio come spesso avviene, ma i cui introiti siano destinati alla ricerca e alle opere di disinquinamento.Riguardo ai costi dell’auto, è interessante un recente stima. “Sommando spese fisse (bollo, assicurazione), correnti (carburante, garage, parcheggi, ecc…) costi di manutenzione ordinaria e straordinaria, l’auto costa mediamente 3.919,80 Euro all’anno: 14,50 Euro al giorno, considerando un uso medio di 5 giorni alla settimana (270 giorni all’anno)… Naturalmente il costo delle 4 ruote dipende dalla cilindrata e dai chilometri percorsi. Oscilla da un minimo di circa 2.970,80 Euro (fino a 5.000 km/anno) a un massimo di 5.638,20 Euro (oltre 30.000 km/anno). Guardando la cilindrata, a parità di chilometri, il costo varia da 2.728,70 Euro per le vetture più piccole (fino a 800 cc), fino a 6.086,30 Euro per le auto di cilindrata superiore a 2.000 cc.” Da XIV Rapporto Automobile ACI – CENSIS, Roma, 6 luglio 2005. Dal costo medio annuale e dalla percorrenza annuale con una semplice divisione si calcola il costo al chilometro del proprio veicolo privato. Le Amministrazioni sono in grado di svolgere la loro parte, provvedendo dove possibile la localizzazione degli uffici pubblici e delle strutture scolastiche in aree ben servite da mezzi pubblici, favorendo lo sviluppo delle reti di trasporto pubblico, nuove soluzioni (per esempio maggiore uso di funivie, funicolari, scale mobili, rulli mobili, in aree urbane). Per città di piccole dimensioni si può prevedere di chiudere completamente i centri storici al traffico privato ai veicoli a combustione (benzina, gasolio, biodiesel, metanolo, gas) e prevedere il rifornimento dei negozi con veicoli elettrici o a basso impatto ambientale. Anche la pianificazione urbanistica e la morfologia dell’edificato hanno una forte influenza. Le nuove costruzioni cittadine dovrebbero prevedere dei porticati. I portici favoriscono la socialità e l’uscita a piedi anche serale. La notte sono illuminati. Costituiscono percorsi pedonali sicuri e coperti dalla pioggia, per cui sono frequentati anche dai bambini, ragazzi e anziani.

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In alcune città si nota una migrazione verso le campagne vicine. Una riduzione della densità di popolazione nelle città è un fattore positivo. Dovremmo favorire fiscalmente chi ritorna ad abitare in paesi o in zone agricole e rurali. È l’unico modo per interrompere il degrado di tanti paesi sempre più abbandonati e per vitalizzare il territorio con vantaggi per l’agricoltura. Nei casolari di campagna siamo stimolati a coltivare un orto e ad allevare degli animali (vita e alimentazione più sana), a pulire i sottoboschi, gli argini dei fiumi, ecc… (prevenzione incendi e rischi idrogeologici) perché vivendo nel territorio naturale lo apprezziamo e lo sentiamo parte di noi. Le città nello stesso tempo avrebbero minori problemi, perché si gestiscono meglio insediamenti urbani limitati. Risulta più facile rifornire negozi e centri commerciali, smaltire i rifiuti, mantenere la sicurezza degli abitanti, è più facile conoscersi ed è più semplice rivolgersi alle autorità.Il recupero abitativo delle zone periferiche e collinari richiede una decentralizzazione in periferia e nei paesi di servizi (istruzione, sanità, uffici pubblici, assistenza) senza i quali non è pensabile pilotare una migrazione verso le campagne. Si deve però valutare che la concentrazione degli uomini in spazi urbanizzati più “stretti” possibile consente più vasti spazi alla natura, oggi “relegata” in riserve sempre più esigue.La natura fa parte dell’uomo, non possiamo perdere la relazione con essa. Il moltiplicarsi di disturbi e di malattie mentali sono riconducibili prevalentemente alla rottura dei rapporti umani e con la natura. Se la maggior parte della vita, vissuta quasi sempre con un certo stress (ritmi non naturali), è trascorsa in ambienti artificiali, rumorosi e carenti di ossigeno, si hanno ripercussioni negative sulla psiche e di conseguenza anche sull’umore e sui comportamenti. Il disagio psichico giovanile è il sintomo che c’è qualcosa che non va nel sistema attuale. Un sempre maggiore numero di bambini soffre di asma, di allergie, di malattie all'apparato respiratorio; sono in aumento i casi leucemie e di tumori, ecc… e spesso le cause sono da imputare a all’inquinamento.L’uomo si è arricchito culturalmente, ha imparato a conoscere nuove sostanze, come il particolato, PM10 e PM2,5, gli ossidi di azoto (NOx), gli ossidi di solfo (SOx), il benzene (C6H6), il Piombo (Pb), gli idrocarburi incombusti (HC), il monossido di carbonio (CO), l’ozono (O3). Molti Comuni diffondono alla cittadinanza dati sugli inquinanti da traffico e hanno preso dei provvedimenti: blocco del traffico nei giorni festivi, targhe alterne, ecc… I semplici “divieti” non risolvono i problemi. Tante piccole iniziative di massa possono invece cambiare un trend. Per esempio non si riflette sul fatto che sulle autostrade in Italia tutti vanno a 130 km/h e non a velocità più ridotte (90 km/h, a regime di 3.000 giri/min) per consumare meno. Circolano tante auto di grossa cilindrata e molti fuoristrada che consumano e inquinano molto di più delle automobili di piccole dimensioni. Diversi anni fa a Copenaghen furono invitati gli assessori al traffico delle città europee per un convegno internazionale sulla mobilità. Quando scendevano dagli aerei veniva data loro una bicicletta per raggiungere gli alberghi. Nelle città del nord Europa un terzo della mobilità è costituito da veicoli privati, un terzo dal trasporto pubblico, un terzo da biciclette. Questo è l’obiettivo da raggiungere per liberare le città dalla congestione. A chi osservava che risulta difficile spostarsi in bicicletta quando piove fu detto che esistono mantelle così larghe da ricoprire anche le biciclette. Altri obiettarono che la cosa risulta problematica per anziani, ma gli esperti puntualizzavano che il moto fa bene al cuore, previene problemi circolatori e l’arteriosclerosi.

Una delle leve economiche sono i costi: quando aumenta il prezzo del barile di petrolio aumentano anche il prezzo del metano... sia per la trazione, che per il riscaldamento che per produrre energia.Alle speculazioni sui combustibili fossili si aggiungono le incertezze dovute ai disaccordi fra Russia e Ucraina per il prezzo di vendita del metano, le guerre civili interne, gli attentati terroristici e gli eventi meteorologici estremi. Il perdurare del

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grande freddo nella Russia Europea e Asiatica in questo inizio di 2006 influenza i prezzi e le forniture ai paesi europei da parte di GAZPROM. Il prezzo del gasolio in Europa è ormai quasi uguale a quello della benzina verde e se tutti si orientano verso il metano come combustibile per la trazione probabilmente avremmo un’equiparazione anche con questa fonte.

È possibile desumere il quadro interpretativo da quanto segue. “C'è una leggenda che dice che uno sviluppo infinito, persino proficuo, è possibile, che come società e come individui possiamo consumare più di quanto il nostro ambiente produce, che possiamo estrarre lavoro e risorse ‘altrove’. I nostri esempi su come utilizzare il petrolio derivano da questa leggenda. La maggior parte degli americani usa energia e crea inquinamento a un ritmo che le nostre comunità e il nostro pianeta non sono in grado di sostenere. Gli ‘altrove’ dai quali dipendiamo per estrarre risorse e disfarci dell'inquinamento sono posti reali sulla mappa – per la maggior parte comunità di minoranze etniche a basso reddito in questo paese e all’estero. Ma il vero costo del petrolio è troppo alto da sostenere. Dai costi politici, sociali e umani per cercare terra e forza lavoro economiche, ai costi ambientali e sanitari dell’estrazione e della combustione di un combustibile tossico, non rinnovabile, alla distruzione causata dalla guerra e dal militarismo – il prezzo che paghiamo per avere un'economia satura di petrolio è più di quanto nessuno di noi possa permettersi. Un mondo migliore è possibile!

Non esiste angolo al mondo che non sia stato colpito dagli effetti dell’estrazione e dell’uso del petrolio. Molti effetti negativi sono ben documentati, come il riscaldamento globale, la distruzione dell’habitat naturale e i conflitti politici per l’approvvigionamento di petrolio. Ma l’economia petrolifera si estende spesso in modo poco evidente in molti altri aspetti della vita del nostro pianeta. Il petrolio, usato per il trasporto, l’industria e l’agricoltura meccanizzata, è la spina dorsale della globalizzazione. Le istituzioni per il commercio globale, come l'OMC (Organizzazione Mondiale per il Commercio), lavorano in stretta collaborazione con le compagnie petrolifere, mentre le forze armate procurano il sostegno per proteggere questi interessi. Esaminate questa mappa per scoprire i legami tra la militarizzazione mondiale, il razzismo ambientale e la dislocazione delle popolazioni indigene, come anche le conseguenze tossiche dell’estrazione, l’uso e l’eliminazione delle materie plastiche e petrolchimiche.

1. Alaska – Il malfamato versamento di petrolio della Exxon Valdez nel 1989 contaminò oltre 700 miglia di litorale e, come conseguenza, devastò l’ecosistema. Il versamento della Valdez può essere svanito dalla memoria pubblica, ma rimane il fatto che alcune specie naturali non si sono ancora ristabilite. Dagli anni ‘70, l’estrazione di petrolio greggio dal North Slope in Alaska si è risolta in una miriade di problemi ambientali, tra cui una media di almeno un versamento di petrolio al giorno, l’emissione di circa 24.000 tonnellate di gas metano (che contribuisce al riscaldamento globale), il frastuono derivante dall’indagine sismica che ha causato migrazioni di balene polari e la costruzione di strade e industrie minerarie che interrompono il corso dei fiumi, avendo un impatto negativo sui pesci e la natura. Come le popolazioni indigene di tutto il mondo, i Gwich’in si sono opposti a questa distruzione dei sistemi naturali dai quali dipendono. Oltre a dover sopportare gli effetti delle attuali attività, il North Slope affronta la costante minaccia di una futura espansione, inclusi i tentativi di aprire l'Alaska National Wildlife Refuge alla trivellazione. Fonte: Alaska Wilderness League.

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2. Washington D.C. – Gli effetti dell’industria petrolifera sulla politica statunitense sono difficili da ignorare. Il presidente Bush Junior fondò la propria compagnia petrolifera negli anni ‘70, e lui e la sua famiglia hanno legami con numerose imprese petrolifere del Texas. Questi legami fruttano in politica. Nelle elezioni del 2000 Bush ricevette importanti contributi finanziari dalle compagnie energetiche e dal settore automobilistico. Il governo di Bush contiene un numero record di “persone del petrolio”. Il vice presidente Cheney lasciò l'amministrazione di Bush Sr. per andare a dirigere a Dallas, in Texas, la più grande compagnia di servizi petroliferi del mondo, la Halliburton. Dal 1992, la Halliburton ha contribuito con 1,6 miliardi di dollari americani alle campagne dei politici legati a Washington. Il consigliere alla sicurezza nazionale Condoleezza Rice ha passato un decennio nella Commissione del gigante petrolifero Chevron Corporation, un servizio che le ha fatto guadagnare l’onore di avere su una delle sue superpetroliere il nome "Condoleezza Rice ”. Nel frattempo, Gail Norton, segretario degli interni, ha sostituito i quadri dell’ufficio rappresentanti i parchi nazionali con una foto di una torre di trivellazione petrolifera al largo della costa americana. Fonte: Project Underground.

3. Cancer Alley - “Il viale del cancro” è una zona tossica che si estende per 80 miglia lungo il Mississippi tra New Orleans e Baton Rouge, dove oltre 100 raffinerie petrolifere, stabilimenti petrolchimici e altre industrie inquinano l'aria, la terra e l'acqua. La produzione di PVC, la fabbricazione di vinile e la lavorazione agricola con prodotti petrolchimici sono aspetti dell'industria petrolifera mondiale che vengono spesso ignorati. Come per l'estrazione di petrolio e le industrie navali, sono le minoranze etniche e le comunità a basso reddito che sostengono l'urto dell'inquinamento tossico. Uno studio ha dimostrato che l’80% dei residenti di Cancer Alley ha problemi respiratori. Ma i residenti – spesso guidati dalle donne più anziane – si stanno organizzando per opporsi al razzismo ambientale. Dai piccoli gruppi rurali che presentano cause contro gli inquinatori, ai programmi studio universitari, alla prima agenzia governamentale su scala statale che ha a che fare con problemi di giustizia ambientale, tutti chiedono che l'industria petrolchimica sia ritenuta responsabile verso le comunità che avvelena. Fonte: Chatham College, Women’s Environmental Leadership and Legacy

4. Messico – Quando la NAFTA (Il Trattato di Libero Commercio del Nordamerica) entrò in vigore nel 1994, le norme ambientali, quelle sulla sicurezza e sul lavoro sono diventate argomento di sfida quando interferiscono col “libero commercio”. L’Accordo contemplava l’apertura della frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti all'attraversamento dei tir, ma le norme statunitensi per lo scarico del diesel non potevano essere applicate alle società di trasporto messicane. Gli Stati Uniti ritardarono l’apertura della loro frontiera e una controversia NAFTA tra il Messico e gli Stati Uniti è persistita fino a quando il presidente Bush non ha firmato un ordine esecutivo che permetteva ai trasporti internazionali di partire senza tenere in considerazione le norme ambientali.

5. Ecuador – In Ecuador, come in molti paesi, l’estrazione di risorse viene promossa da prestatori internazionali come soluzione al debito estero. L'Ecuador copre l'80% dei pagamenti per il debito estero con le entrate del petrolio. Per tenere alte queste entrate, il governo sta spingendo verso nuove frontiere petrolifere nelle terre indigene, causando la distruzione di ecosistemi e la sofferenza delle comunità che vi abitano. Le compagnie petrolifere sfruttano le risorse senza pagare le tasse, estraendo petrolio e profitti per gli investitori stranieri e lasciando l'Ecuador inquinato. Tra il 1971 e il 1991, la Texaco ha estratto più di 1,5 miliardi di barili di petrolio dal Rio delle Amazzoni ecuadoriano. Per risparmiare milioni di dollari, la Texaco ha semplicemente scaricato i rifiuti tossici delle sue attività nei fiumi fino ad allora

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incontaminati, nei ruscelli e nei terreni paludosi, ignorando le norme industriali. Le attività petrolifere della Texaco hanno devastato uno dei posti più fragili dal punto di visto biologico sulla terra; 2,5 milioni di acri di foresta pluviale sono andati perduti. Adesso gli attivisti ecuadoriani si sono uniti alle persone colpite dalle attività della Chevron - Texaco in Nigeria e a Richmond, in California, in una campagna internazionale per chiedere che la compagnia ripulisca la zona e paghi i danni. Fonte: Amazon Watch, Project Underground .

6. Colombia – Per decenni la Colombia è stata tormentata da guerre che spesso si intrecciano con le ricerche di petrolio. Ecco un esempio: nel 1996, la British Petroleum (BP) ha pagato 60 milioni di dollari americani al Ministero della Difesa della Colombia. In cambio, l'esercito era d'accordo nel fornire soldati per monitorare la costruzione di un oleodotto che avrebbe accelerato il trasferimento del petrolio greggio (e enormi profitti) sulla costa. La BP fornì l’addestramento per i soldati attraverso una società privata di “sicurezza” inglese chiamata Defense Systems Limited. Secondo un rapporto commissionato dal governo colombiano, la BP ha collaborato anche con i soldati locali in rapimenti, torture e omicidi. La BP ha raccolto foto e video di popolazioni locali che protestano contro le attività legate al petrolio, da consegnare poi alle forze armate colombiane, che quindi arrestavano o rapivano i dimostranti. La “Guerra alla Droga” del governo americano ha anche facilitato la ricerca e l’estrazione di petrolio in Colombia. La nebulizzazione aerea di vaste aeree con sostanze chimiche defolianti altamente tossiche, loro stesse prodotto dell'industria petrolchimica, distrugge i raccolti di cocaina, ma libera anche ampie aree per la ricerca del petrolio. Gli abitanti si stanno opponendo a questa distruzione. Gli indigeni U'wa recentemente hanno conseguito diversi successi nella lotta non violenta che hanno condotto per 10 anni al fine di proteggere la loro terra dalla gigante multinazionale Shell Oil. Fonte: Project Underground

7. Antartide – Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che l’accelerato cambiamento climatico del mondo – risultato della combustione di combustibili come il petrolio e degli scarichi industriali associati all'estrazione e alla raffinatura del petrolio – ha già cominciato a verificarsi. Un risultato di questa tendenza è lo scioglimento e la rottura delle calotte polari. Questo, successivamente, porta a un innalzamento del livello del mare, che può inondare città ed ecosistemi nelle zone costiere. Gli scienziati dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l'organismo delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici, chiamano questa tendenza “un non intenzionale, incontrollato, globalmente diffuso esperimento le cui massime conseguenze potrebbero essere seconde solo a una guerra nucleare mondiale”. Una soluzione a lungo termine per il problema del cambiamento climatico richiederà una transizione globale lontana dai combustibili fossili. Fonte: Greenpeace, Rainforest Action Network.

8. Spagna – Il 19 novembre 2002, la petroliera Prestige si spaccò in due e affondò al largo della costa spagnola. La nave trasportava 77.000 tonnellate di carburante. Gli ecologisti temono che la ventiseienne Prestige sia una bomba ad orologeria ambientale a riposo a circa 130 miglia dalla costa spagnola e a 2 miglia sotto la superficie. Il disastro non solo minaccia la natura e la salute pubblica, ma devasta anche i pescatori locali. È improbabile che le compagnie petrolifere se ne assumano la responsabilità. “L'industria petrolifera non trascura nessuna opportunità di nascondersi dietro una struttura legale così complessa che la responsabilità delle loro azioni diventa quasi impossibile da far osservare” dice Ian Wilmore dei Friends of the Earth. Fonte: Earthjustice, Project Underground.

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9. Nigeria – Dagli anni ‘60, le trivellazioni nel delta del Niger hanno causato centinaia di versamenti di petrolio all'anno, come anche grosse eruzioni di gas provenienti dalle attività di estrazione. Migliaia di Ogoni e altre popolazioni indigene del delta del Niger sono stati massacrati dall'esercito e dalla polizia nigeriana dopo aver protestato contro la distruzione causata dalle estrazioni petrolifere. Le compagnie petrolifere come la Shell e la ChevronTexaco sono strettamente collegate col brutale regime del governo. Le compagnie pagano al governo una certa somma per ottenere i diritti di trivellazione, in cambio forniscono all'esercito armi, addestramento e braccia. Ciononostante, la resistenza è forte. Nel 2002, migliaia di donne delle comunità dello Itsekiri, Ilaje e Ijaw si unirono per chiedere giustizia economica e ambientale. Occuparono le strutture della ChevronTexaco e chiesero di porre fine all'inquinamento, di ottenere il risarcimento economico dei danni, il sostegno per lo sviluppo economico del loro paese e posti di lavoro per i propri figli. Le donne incontrarono una violenta repressione, ma riuscirono a ritardare le attività della ChervronTexaco, arrivando a negoziazioni e concessioni da parte della compagnia. Fonte: Project Underground.

10. Il centro dell’agricoltura – Dai fertilizzanti derivanti dal petrolio, pesticidi e buste di plastica fino al trasporto e alla refrigerazione, il nostro sistema alimentare dipende dall'enorme consumo di combustibili fossili, soprattutto petrolio. Circa il 17% di tutta l’energia utilizzata ogni anno in questo paese, va nella coltivazione, lavorazione e distribuzione di cibo. Per soddisfare i bisogni alimentari primari degli undici miliardi di persone che dovrebbero vivere nel 2040, avremo bisogno di triplicare l'approvvigionamento alimentare mondiale. Facendo questo con gli odierni metodi convenzionali, gli esperti stimano che ci vorrà un aumento del 1.000 per cento dell'energia totale utilizzata nella produzione alimentare. Anche se riuscissimo a tollerare il riscaldamento globale e l'inquinamento che ne deriverebbe, semplicemente questo non può accadere – non c'è nessun posto al mondo in cui ci sia abbastanza petrolio da permetterlo. I metodi dell'agricoltura sostenibile, compresa la produzione locale e organica, insieme a cambiamenti in un alimentazione non più basata sullo sfruttamento delle risorse e su cibi altamente proteici, costituiscono l'unica reale soluzione.

11. Afghanistan – Nel nord dell’Afghanistan, sulle coste orientali del mar Caspio, si trovano alcuni dei più ricchi giacimenti naturali di gas e petrolio del mondo. Nel 1996, un consorzio guidato dall’Unocal avviò delle negoziazioni col governo Talebano per costruire un gasdotto naturale attraverso il paese, ma non riuscirono a raggiungere un accordo. Abbastanza convenienti per le compagnie petrolifere statunitensi, gli attacchi USA sull'Afghanistan nel 2002 hanno portato a un cambiamento nella direzione del paese. Il nuovo presidente afgano, Hamid Karzai, un ex consulente dell'Unopal, da allora fa pressioni per ciò che lui chiama il “gasdotto per la pace”. Fonte: EurasiaNet.org, HiPakistan.com.

12. Arabia Saudita – Essendo il paese con le più grandi riserve petrolifere del mondo, le lotte interne dell'Arabia Saudita riflettono le pressioni conflittuali dell'economia petrolifera. Dato che l'industria petrolifera richiede enormi investimenti iniziali di capitale, e dato che l'estrazione petrolifera è troppo costosa per essere redditizia se la terra e la forza lavoro venissero pagati onestamente, le economie basate sul petrolio come quella dell'Arabia Saudita tendono a essere costruite su immense disuguaglianze. Mentre le élite locali si associano con società multinazionali e governi stranieri, “l'imperialismo culturale” tende a sostituire le tradizionali abitudini di vita con altre modellate su uno stile di vita occidentale e consumistico. Nel tentativo di mantenere il potere, l'istituzione saudita, bloccata tra la pressione statunitense e una popolazione ribelle, ha diretto i propri investimenti fuori degli Stati Uniti e si è mostrata indecisa nell’accettare la guerra in Iraq.

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Fonte: Project Underground

13. Iraq – Questa nazione di 24 milioni di abitanti è seconda al mondo per le sue riserve petrolifere. Chiunque controlli l'accesso alle riserve irachene non solo guadagna enormi profitti, ma possiede anche la chiave per il mondo politico. L'attuale guerra in Iraq, considerata da molti come una lotta per controllare le vaste riserve petrolifere, costerà ai contribuenti americani un minimo di 75 miliardi di dollari per l'indefinita lunghezza della guerra, e sarà seguita da una “presenza militare americana” che durerà dai dieci ai venti anni, secondo il segretario della difesa Donald Rumsfeld. Mentre l'intera infrastruttura civile irachena viene ricostruita, il petrolio – una volta regolato dal governo iracheno – sarà aperto alla proprietà di multinazionali straniere. Il governo statunitense e i leader corporativi stanno già compilando dei piani per realizzare degli utili sulla ricostruzione dell'Iraq, compresa l'idea di lasciare le attività di ricostruzione alle multinazionali “logistiche”, come la Halliburton, la più grande società di servizi petroliferi e di gas del mondo, un tempo diretta dal vicepresidente Dick Cheney. Fonte: Project Underground

14. Kuwait – Sito della prima guerra di Bush contro l’Iraq, questa minuscola nazione ci offre una vaga idea degli orrori ambientali della guerra. Chiazze di petrolio, incendi incontrollati, inquinamento tossico dell'aria e distruzione degli habitat naturali sono il risultato del sabotaggio iracheno e dei bombardamenti americani. L'inquinamento derivante dalle centinaia di incendi di pozzi petroliferi superava le emissioni giornaliere di tutte le strutture industriali e gli stabilimenti energetici americani messi insieme. Non si è riusciti a estinguere completamente questi incendi prima di otto mesi dalla fine della guerra. Le bombe FAE (bombe “a vuoto”) – armi convenzionali di distruzione di massa usate nella Guerra del Golfo e in Afghanistan – bruciano grosse quantità di combustibile quando esplodono sui loro bersagli. Anche le forze armate consumano enormi quantità di carburante nelle loro normali attività – 100.000 galloni al giorno per una singola portaerei. Proprio il petrolio per il quale si combatte alimenta la macchina da guerra, e viene usato anch’esso come arma. Fonte: Project Underground.

15. La trivellazione al largo delle coste della California – Le attività di trivellazione al largo della costa producono un flusso continuo di inquinamento; l'industria è stata segnata da versamenti sfrenati ed emanazioni tossiche. Piombo, cromo e mercurio, insieme a potenti carcinogeni come il toluene, il benzene e lo xilene, circolano nell'oceano. Le attività di trivellazione distruggono anche strati di macrocistidi, scogliere e zone paludose costiere. Durante gli anni ‘80 e ‘90, le comunità costiere vinsero molte lotte a livello locale per la regolamentazione e la restrizione delle trivellazioni. Nel 1994, la California vietò un nuovo sfruttamento del petrolio al largo della costa. Ma nel 1999, un'agenzia federale rinnovò i contratti di trivellazione a 36 siti precedentemente non trivellati lungo la costa. I funzionari statali e i gruppi ambientalisti la citarono in giudizio e il tribunale decise che il prolungamento della durata dell'affitto era illegale. Ma l'industria e i loro alleati governamentali non hanno rinunciato e la lotta per la trivellazione al largo continua sia a livello rurale che legislativo. Fonte: Environment California.

16. Pacific Rim – I rifiuti plastici, un aspetto spesso ignorato dell'economia petrolifera, si stanno accumulando nei paesi del Pacific Rim, dando vita a catastrofi ambientali e lavorative. Nonostante la maggior parte dei rifiuti sia costituita da buste di plastica utilizzate negli Stati Uniti, essa viene trasportata oltremare a causa di più negligenti norme sull'inquinamento, insieme a salari più bassi e protezioni per la salute dei lavoratori. Molti di questi rifiuti, inclusa la plastica selezionata per il “riciclaggio”,

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viene alla fine buttata via o incenerita – più del 50% di quella che viene trasportata, secondo Greenpeace. I lavoratori che trattano questi materiali ricevono salari al di sotto della norma e vengono spesso esposti direttamente al mucchio di tossine che vengono rilasciate quando i prodotti petroliferi vengono raffinati. Fonte: Ecology Center, Greenpeace.

17. Filippine – Nelle Filippine, la popolazione sta cercando modi creativi ed efficaci per proteggere la propria salute dagli inquinatori petroliferi. A Manila, i residenti che vivono vicino a una struttura per l'immagazzinamento del petrolio di una gigante multi società hanno formato una “brigata del secchio”. Utilizzando secchi da 5 galloni, essi raccolgono campioni d'aria per documentarne l'inquinamento. Nelle ex basi militari statunitensi, gli abitanti si sono alleati con la Coalizione filippino - americana per le Soluzioni Ambientali per spingere le forze armate americane a ripulire le ex basi che sono contaminate dai prodotti petrolchimici e altre tossine. Anche nelle Filippine, come in altri paesi del mondo, la popolazione si sta organizzando per vietare l'incenerimento di prodotti plastici e altri rifiuti. Bruciare la plastica e altri prodotti petroliferi produce inquinanti persistenti come la diossina che ha impatti molto gravi sulla salute delle persone. La GAIA (Global Alliance for Incinerator Alternatives), un'organizzazione con membri provenienti da 60 paesi del mondo, è stata estremamente attiva nelle Filippine, le quali diventano quest'anno il primo paese ad attuare un divieto su scala nazionale per l'incenerimento dei rifiuti. Fonte: Filipino American Coalition for Environmental Solutions.

18. Kyoto Oilwatch Declaration – La produzione di combustibili fossili ha conseguenze distruttive in ogni sua fase, dall'estrazione all'inquinamento atmosferico. Se vogliamo proteggere la salute pubblica, mantenere la diversità biologica e culturale e stabilizzare il clima globale, dobbiamo liberarci dell'abitudine a utilizzare i combustibili fossili. Durante le negoziazioni di Kyoto, una coalizione di più di 200 tra le più importanti organizzazioni provenienti da 52 paesi hanno redatto la Oilwatch Declaration, la quale impone un'immediata moratoria su tutte le nuove ricerche di combustibili fossili (vedi http://www.ran.org/oilreport/kyoto.html). Di solito, il più grande ostacolo a tali soluzioni internazionali sono gli Stati Uniti, che spesso si rifiutano di firmare o attuare tali trattati. Fonte: Rainforest Action Network

19. Siberia – Nel Khant-Mansy Autonomous District della Siberia occidentale, ogni anno si verificano 1.000 versamenti di petrolio, secondo il Comitato Ecologico Regionale. Molte famiglie indigene hanno perso l'accesso a pascoli adeguati per accudire le renne, un fondamento del loro benessere economico e culturale. La situazione in Siberia fa parte della “violazione sistematica da parte dell'industria petrolifera del diritto delle popolazioni indigene a creare il proprio percorso di sviluppo sui propri termini culturali”. Fonte: Project Underground

Fonte: http://www.ecologycenter.org/erc/petroleum/world.html

Tradotto da Giorgia Capelli per Nuovi Mondi Media For Fair Use Only "

Quanto scritto è solamente una breve sintesi dei danni dovuti agli sporchi affari, alle speculazioni e all’utilizzo del petrolio. È naturale chiedersi cosa ci attende nel futuro. Il XXI secolo si presenta con alcune previsioni certe: le riserve di combustibili fossili si andranno progressivamente esaurendo; crescerà l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo (oltre che degli alimenti); i cambiamenti climatici e i fenomeni meteorologici estremi si accentueranno; scoppieranno conflitti qualora non siano stati stipulati preventivamente specifici accordi mondiali sull’utilizzo delle risorse.

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Sappiamo bene che sulla geosfera l’ossigeno, l’acqua, le aree verdi, le materie prime e tutte le altre risorse sono limitate. Questa consapevolezza orienta la freccia dell’evoluzione verso una serie di mete molto importanti ai fin di uno sviluppo globale, equo, sostenibile.

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PROSPETTIVA EVOLUTIVA

Creazione di un corpo legislativo mondiale e di un organo esecutivo mondiale.

Creazione di un tribunale internazionale per risolvere le divergenze fra le nazioni e di un corpo di polizia internazionale.

adozione di poche leggi internazionali universalmente accettate e rispettate.

Le fonti di energia, le materie prime, le risorse sono beni di tutta l’umanità e non possesso delle nazioni che le detengono o delle multinazionali che le vendono. Si deve introdurre il principio della custodia pubblica internazionale delle risorse.

Moderazione dei consumi, condivisione delle risorse, eliminazione degli sprechi, risparmio energetico, ottimizzazione dell’efficienza, ricerca e applicazione di tecnologie a minor impatto ambientale.

Applicazione di una strategia per lo sviluppo globale con l’abolizione degli estremi di ricchezza e povertà.

Salvaguardia ambientale e sviluppo orientato alla sostenibilità

Libera circolazione delle informazioni, delle ricerche, delle innovazioni.

Orientamento alla conoscenza e al rispetto dell'altro a prescindere dalla cultura locale e dalle forme di governo di ogni singolo stato.

Libera circolazione delle persone e acquisizione della cittadinanza mondiale.

Ricerca della giustizia nella conduzione degli affari umani.

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PIRAMIDE ETICA

Si avverte sempre più l’esigenza dell’unione di tutti i popoli nella Causa della pace mondiale con la rimozione di tutte le possibili radici conflittuali. La patria comune è il mondo intero. Un unico Dio è la Fonte di tutte le religioni esistenti. Tali riconoscimenti sono essenziali per gettare le basi di un tipo di società più aperta alle esigenze dell’interiorità, sia dell’individuo che di ogni nazione, popolo o etnia. L’umanità ha già sperimentato alcune forme di aggregazione internazionale.

1. Accordi : consta di dichiarazioni di volontà di stati sovrani. Ad esempio l’Accordo di Schengen, per la libera circolazione dei cittadini europei nei 10 stati firmatari, entrato in vigore il 26 settembre 1997, oppure gli Accordi di Kyoto del 1997 per la riduzione dei gas serra.

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Unione di tutti i popoli in una fede comune

Unione di tutti i popoli in una Causa universale

Parità di diritti e di doveri per tutte le nazioni

“Regola Aurea” come base delle relazioni

Libera produzione di energia purché a basso impatto ambientale

Moderazione nei consumi e condivisione delle risorse

Moneta ausiliaria universale

Lingua ausiliaria universale

Federazione mondiale

L’umanità è unica e indivisibile

Civiltà

Principi universali

2. Unione tra Stati : gli stati possono accordarsi tra loro per affrontare problemi che trascendono i limiti della potenza e della competenza di ogni singola nazione, formando le cosiddette unioni di stati e passando da una realtà internazionale di semplice coesistenza a una fase di cooperazione. Un esempio, la UE, l’Unione Europea, si è allargata nel 2005 sino ad includere 25 paesi ( 450 Milioni di persone). Le organizzazioni internazionali sono unioni di stati e possono essere a carattere generale e a carattere particolare. L’esempio più importante di organizzazione internazionale a carattere generale con scopi generali e indeterminati è l’O.N.U., l’Organizzazione delle Nazioni Unite, creata nel 1945.45

3. Confederazione : una confederazione è un’associazione di stati sovrani, ognuno dei quali può e deve delegare parte dei suoi diritti e doveri a un governo centrale, ma non delega la sua sovranità. Il principio della sovranità nazionale è ancora preponderante e limita le possibilità di cooperazione fra le nazioni. La Confederazione è una unione, tramite leghe o alleanze, allo scopo di agire come un gruppo, ma non come una vera unità delle nazioni appartenenti.

4. Federazione: politicamente una federazione consiste di un solo potere sovrano. Le parti componenti possono avere tutti i tipi di poteri e il diritto di condurre i loro affari interni, ma non hanno sovranità. La federazione è una unione basata sul consenso reciproco, sottoponendosi a un patto vincolante (costituzione federativa) in base al quale sono ceduti alcuni dei propri diritti. Gli Stati Uniti sono un modello di federazione. Un sistema federativo mondiale è una possibile struttura politica unitaria dei popoli della terra, un'espressione della maturazione istituzionale. L’umanità può andare oltre l’unificazione politica per organizzarsi in un Commonwealth organico.

5. Commonwealth : significa benessere generale o bene pubblico, ed è correlato al concetto di comunità e concordia. Il Commonwealth implica l’esistenza di istituzioni democratiche politicamente mature alle quali possa prendere parte l’intero corpo della umanità. Il Commonwealth è un governo che unisce i popoli attraverso comuni interessi, la condivisione delle risorse, di sentimenti e di mete, e l’adozione di una piattaforma di principi etici universali che rispettano le tradizioni spirituali e religiose. Il Commonwealth britannico è stato un esempio embrionale di una organizzazione sociale ed economica che salvaguardasse e promuovesse gli interessi degli abitanti delle nazioni aderenti.” 46

L’unità del genere umano si può costruire per gradi. È interessante allora la proposta inserita nel 1° capitolo di “State of the World 2001”, Worldwatch Institute, Lester Brown, edizione 2001.Come passo intermedio verso l’unità del razza umana Cristopher Flavin elenca un gruppo selezionato dei principali paesi industrializzati e in via di sviluppo, gli “E9”, visto che sono 9 i paesi chiave da un punto di vista ambientale - economico, che potrebbero avere un ruolo centrale nell'attenuare il gap fra Nord e Sud, e per arrivare a un’applicazione di un codice etico - giuridico internazionale. Un passo intermedio, da G8 a E9 a mondo unito.

45 A. De Ritis, “Manuale di Diritto Internazionale Pubblico”, Edizioni Concorsi per Tutti, 1998/1999.46 Marco Bresci e Carlo Coronato, “Armonia tra ambiente e sviluppo nel Terzo Millennio”, Casa Editrice Bahá’í, maggio 2001.

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Paesi o gruppi di paesi E9 Popolazione anno 2002

Cina 1.300.000.000India 1.059.000.000

Unione Europea 450.000.000USA 423.000.000

Resto dell'Asia 949.000.000Brasile 178.000.000Russia 144.000.000

Giappone 127.000.000Sud Africa 437.000.000

Questo gruppo, E9, rappresenta l’80,87% della popolazione mondiale e l’80% del prodotto economico mondiale. Flavin suggerisce che la cooperazione tra i paesi dell’E9 potrebbe diventare uno strumento essenziale per accelerare il progresso economico e ambientale nel mondo nel XXI secolo. 47

La strada per Kyoto, in particolare per Kyoto 2, fa parte di un processo irresistibilmente rivolto verso l’unità del genere umano. Tale processo spinge verso una maggiore maturità sia le istituzioni esistenti, che i popoli e gli individui. Le questioni ambientali richiedono misure impopolari, scelte difficili da adottare per le democrazie che si basano sul consenso popolare e sul beneficio immediato da spendere politicamente. Siamo tutti sulla stessa barca, se vogliamo farla approdare verso lidi più sicuri ognuno deve fare la sua parte, rinunciando a qualcosa per il benessere e la sicurezza collettiva. Prima si apprende questa lezione e meglio è.

47 Fonte: Marco Bresci, “Pianeta uomo, i diritti dell’anima”, European Press Academic Publishing, 2004.

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EVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ UMANA

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Famiglia

Tribù

Villaggio

Paese

Città

Città - stato

Comuni

Signorie

Nazioni

Unità del genere umano

Tempo

Evoluzione

6. Conseguimento di una pace mondiale permanenteLo sviluppo globale, equo e sostenibile è condizionato dal conseguimento di una pace mondiale permanente. La pace è un bene indispensabile per l’umanità e per il pianeta nel suo complesso. Le due guerre mondiali del XX secolo, le migliaia di conflitti locali e regionali, la corsa agli armamenti sempre più distruttivi nel periodo della guerra fredda, hanno lasciato segni che permangono. Arsenali ancora da smantellare, testate nucleari e missili intercontinentali da distruggere, bombe e fusti con sostanze radioattive, batteriologice, chimiche che giacciono pericolosamente sui fondali marini, inquinamento radioattivo dalle bombe a uranio impoverito lanciate durante la Guerra del Golfo e nei Balcani, commerci legali o illegali verso paesi ancora in stato di belligeranza, ecc… Ci sono ancora rischi di guerra su vasta scala in Medio Oriente e sono in corso di svolgimento numerosi conflitti in Africa.Il pianeta non può permettersi un’altra guerra mondiale. Comprometterebbe l’esistenza umana. La via della pace è una scelta obbligata, che va costruita su basi solide. La pace si fonda sulla giustizia sociale, economica, giudiziaria, sul superamento della competizione globale attraverso l’acquisizione di un processo di collaborazione e di consultazione continui. Tale consultazione si deve intendere come un metodo per la trasformazione del sistema delle relazioni umane. Investire sulla pace significa investire sullo sviluppo. Finché si fabbricano armi ci sarà sempre qualcuno che alimenterà la diffusione di conflitti per venderle.Molte energie, siano esse del mondo politico, industriale, economico, finanziario, o religioso, sono ancora impiegate per emergere sugli avversari o concorrenti. Altre immense energie sono sprecate nella ricerca di armi sempre più sofisticate e nel mantenimento delle strutture militari. Quanto costa economicamente e in termini di inquinamento mantenere aerei, che devono volare ogni giorno, carri armati che devono muoversi per non arrugginire, portaerei e navi da guerra sempre in movimento, sottomarini a propulsione nucleare, ecc…? Quanto costa nei bilanci di uno stato un’esercitazione militare? Le mine antiuomo, le bombe giocattolo a frammentazione, le bombe con uranio impoverito, le armi batteriologice, chimiche e di altra natura non sono ancora state bandite universalmente dalla produzione, manutenzione e uso, e alcune di queste sono ancora impiegate nei conflitti in corso. Le guerre e le esercitazioni militari causano danni incalcolabili. Sono ancora vivi i ricordi degli incendi dei pozzi petroliferi durante la Guerra del Golfo, le esplosioni atomiche per studiare gli effetti sull’ambiente e sull’uomo, ecc... Quando un aereo partiva da una portaerei carico di bombe verso i Balcani, se per qualche motivo non poteva sganciarle sull’obiettivo deve liberarsene comunque e le gettava nel Mare Adriatico prima di atterrare (per motivi di sicurezza) sulla pista della portaerei. Quante bombe giacciono sul fondo dei nostri mari per questo motivo? Se si costituisse un governo federale mondiale con ampi poteri in materia di pace mondiale, esso procederebbe innanzitutto al disarmo universale e simultaneo, perché non avrebbe senso disarmare una parte soltanto mentre altri si preparano a guerre e conquiste militari. In questo modo sarebbero sufficienti piccoli contingenti alle nazioni per mantenere la sicurezza interna. Secondo alcune stime, saranno necessari circa dieci anni per una distruzione definitiva ed ecologicamente sicura degli immensi arsenali bellici, e una spesa almeno uguale a quella che è stata richiesta per armarsi. In un mondo finalmente pacificato, potremmo destinare immensi capitali e risorse umane, liberate dal sistema del conflitto, al disinquinamento, alla protezione e alla salvaguardia dell’ambiente. Le nazioni stanno attraversando una pericolosa fase di anarchia che prelude però a intese più ampie. Le nazioni devono cedere il loro diritto di dichiarare guerra e tutti i diritti di armamento, tranne quelli per la sicurezza interna ai propri confini, a un’autorità sovranazionale universalmente riconosciuta. Stabiliti una volta per tutti i confini nazionali, si potrà poi procedere al disarmo universale mantenendo piccoli

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contingenti per la sicurezza interna. Non ha senso il disarmo se non simultaneo, universale e programmato. Se una nazione dovesse invadere un’altra, in questo caso tutte si dovrebbero coalizzare contro di essa. La società planetaria può essere paragonata al sistema uomo. Quando un essere umano è attaccato da un batterio vengono chiamati all’azione gli anticorpi per contrastarlo ai fini della salvaguardia e della sicurezza di tutto l’organismo. Gli anticorpi non fanno la “guerra” a un “organo” o a un membro del corpo umano perché malato o infettato: il loro lavoro assomiglia più a un’operazione di polizia, per bloccare l’agente patogeno. Nel sistema delle relazioni internazionali dovremmo applicare una metodologia simile. Si deve dare vita a corpi legislativi ed esecutivi mondiali, nonché a un tribunale internazionale, per costituire il coordinamento dello sviluppo di una civiltà mondiale. Sono state fatte diverse esperienze nel corso degli ultimi anni, missioni con i caschi blu per “portare” la pace (peacemaking) o con i caschi bianchi per “mantenere” la pace (peacekeeping), o per costruire la pace (peacebuilding); in alcune occasioni sono stati imposti embarghi economici e commerciali; ultimamente sono state dichiarate guerre preventive. Nella società che stiamo descrivendo le operazioni di pace dovranno assomigliare ad azioni di polizia internazionale, non più invasioni o distruzioni di un popolo o di una nazione, bensì interventi simili a quelli dei globuli bianchi. Il processo sarà forse lungo e difficoltoso, ma non sembrano esserci altre vie praticabili. Attualmente la guerra è un modo di regolare in “autotutela” (fino a giungere al concetto di “guerra preventiva”, non nuova nelle storia umana) le questioni tra Stati sovrani che sono liberi di farsi guerra. Essa è per il momento regolata da trattati internazionali che ne moderano la crudeltà, ma che affermano, con la loro stessa esistenza, che la guerra è un modo “legale dal punto di vista internazionale” di regolare gli affari tra Stati. La recente costituzione del Tribunale Penale Internazionale con sede all’Aja rappresenta un passo avanti nel campo giuridico. La responsabilità penale è però personale, del dittatore o dei suoi generali; se essi debordano dalla guerra legale alla “crudeltà in guerra”, ciò è contro i trattati internazionali di regolazione della guerra e quindi delinquono per la loro stessa legge e per la legge di tutti gli Stati aderenti al trattato. Già in passato potevano essere perseguiti da qualsiasi magistratura del loro paese o di un altro paese aderente al trattato. Il tribunale di Norimberga decideva legalmente secondo i trattati di guerra allora in vigore contro coloro che avevano ecceduto nel modo di condurre la guerra. Un dittatore non è perseguito per la guerra, ma solo se eccede, per esempio può bombardare città intere e ciò è perfettamente legale e non “crudele” legalmente, ma l’eccesso è riscontrato nel fatto che torturi o uccida un singolo soldato che il suo esercito ha fatto prigioniero ed allora compie reato perseguibile; può uccidere quante donne vuole con le bombe nelle città, ma è delinquente solo se ordina ai suoi soldati di violentarle. Il Tribunale Internazionale dell’Aja persegue individui, singoli dittatori, reati individuali di singoli che eccedano nel condurre una guerra che è e rimane perfettamente legale e consentita. Un Tribunale Internazionale dovrebbe invece decidere sull’operato tra Stati sovrani ed evitare lo scoppio di conflitti: la guerra deve diventare assolutamente illegale. Se uno Stato non si attiene alla sua sentenza (“delinque come Stato” e non come persona del dittatore), contro di esso potrà essere ammessa un’azione di polizia internazionale condotta dall’esercito mondiale, dopo sentenza ad hoc del Tribunale. Altro aspetto importantissimo è rappresentato dal riconoscimento dei “beni comuni mondiali”. Tutte le risorse sul nostro pianeta non sono beni delle nazioni che le detengono o delle multinazionali che le vendono, ma patrimonio di tutta l’umanità. La coscienza sempre maggiore di condividere qualcosa in comune a livello mondiale è un’altra spinta verso l’unità.“Si dovrebbe porre in atto la globalizzazione a beneficio di tutti: eliminare completamente povertà e fame, stabilire ovunque la pace, assicurare dappertutto la

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protezione e lo sviluppo dei diritti umani, la salvaguardia dell’ambiente e affermare in tutti i posti di lavoro adeguati parametri sociali… Questo accadrà unicamente se multinazionali, istituzioni finanziarie e commerciali internazionali, e governi, saranno posti sotto un effettivo controllo etico.. A garanzia di questa eventualità, vediamo un’Organizzazione delle Nazioni Unite rafforzata, democratica e un’attenta società civile.”48 Parallelamente alla evoluzione delle istituzioni assistiamo a fenomeni nuovi e universali, come quello della diffusione del volontariato. Si moltiplicano le organizzazioni e le reti non governative, nonché le iniziative in tutto il mondo a favore dei popoli più bisognosi. Alcune azioni sono veramente encomiabili, come ad esempio le adozioni a distanza, ma un passo decisivo potrebbe essere l’adozione di uno stato povero da parte di uno più ricco, come passaggio intermedio alla collaborazione e allo sviluppo internazionale. Se la maggioranza delle persone pensa solo al “proprio bene” non c’è sviluppo. La vita è di per sé dura e difficile da affrontare. In occidente si tende a “bruciare” le tappe dimenticando talvolta il valore del sacrificio, dell’accontentarsi, della buona azione quotidiana. I problemi personali e familiari (microproblemi) hanno il sopravvento su quelli di vasta scala (macroproblemi), d’altro canto gli avvenimenti e i processi di cambiamento sempre più rapidi stanno rovesciando la scala delle priorità. Un aumento della pressione dei problemi globali ricade a pioggia sugli abitanti della terra amplificando in intensità e numero i problemi personali. Ad esempio si dice che uno dei motivi delle guerre è l’utilizzo del petrolio e degli altri combustibili fossili e che domani potrebbe essere l’acqua il detonatore di conflitti. Se i cittadini della Terra potessero autonomamente produrre energia da fonti rinnovabili, non ci sarebbero più guerre per l’oro nero e nemmeno più bollette da pagare per l’energia consumata. Il futuro è nella decentralizzazione della produzione di energia, per cui la ricerca deve essere orientata in questa direzione. La dimensione globale dei problemi richiede una risposta universale. Ogni cellula appartiene all’organismo umanità, il suo benessere dipende dalla salute dell’intero organismo e viceversa. Non è sufficiente alla cellula pensare solo a sopravvivere, bensì è tenuta a rispettare i compiti che le vengono affidati come un servizio verso la comunità in cui si trova a lavorare (“tessuti”, organi, sistemi, ecc…).Un buon indicatore dello sviluppo sostenibile dell’anima collettiva dell’umanità è il rispetto dei diritti e della dignità umana, enunciati nella Dichiarazione Universale nel 1948.

“Tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti” (Art. 1). Mentre nei secoli scorsi, in particolare nell’800 e nel ‘900, il riconoscimento dei diritti fondamentali è avvenuto all’interno dei singoli Stati attraverso le costituzioni nazionali, dopo la seconda guerra mondiale questo riconoscimento è avvenuto a livello internazionale. Parallelamente a questa crescita internazionale assistiamo a una evoluzione anche sul territorio: in Italia, per esempio, i diritti umani non sono considerati solamente nella Costituzione, ma sono parte di molti Statuti comunali e provinciali e probabilmente entreranno anche in quelli regionali. Ecco allora che il riconoscimento dei diritti umani passa dal livello mondiale al livello dei governi locali e regionali, attraverso le Costituzioni nazionali. Nel campo dei diritti umani iniziano a saldarsi i vari livelli istituzionali. Ne segue che la dignità della persona e la soggettività giuridica originaria della persona e dei popoli viene riconosciuta a tutti i livelli. Vale il principio secondo il quale l’essere umano è soggetto originario e tutti gli altri sistemi, nell’ambito delle relazioni internazionali, sono enti derivati.”49

48 Riccardo Petrella, “Per una solidarietà mondiale”.49 Antonio Papisca, “Giustizia Internazionale e Diritti Umani”, VIS (Volontariato

Internazionale per Lo Sviluppo) Notizie, n°4 dicembre 2002.79

Nel campo economico sono stati fatti dei passi avanti nel distinguere lo sviluppo dalla semplice crescita del reddito.

“Istituzioni come la Banca Mondiale hanno riconosciuto che la povertà non è solamente mancanza di reddito, ma anche mancanza di accesso al cibo, all’acqua potabile, all’educazione e ad altri servizi che hanno un marcato impatto sulle opportunità a disposizione dei meno abbienti. L’UNDP (United Nations Development Programme, Programma ONU per lo Sviluppo) ha elaborato un indicatore come l’Human Development Index (indice di Sviluppo Umano) che combina aspettativa di vita, accesso all’educazione e livelli standard di vita per produrre un parametro di valutazione del benessere di una nazione.Nelle società ricche il reddito non è un indicatore sufficiente, per diversi motivi. Diverse ricerche hanno dimostrato che la felicità non è necessariamente connessa all’andamento del PIL (Prodotto Interno Lordo). Negli USA, ad esempio, la percentuale di persone che si descrivono come ‘molto felici’ è scesa dal 35% del 1957 al 30% della metà degli anni ’90, nonostante il reddito pro capite sia raddoppiato. E la crescente massa di risorse che nelle società opulente divengono rifiuti o creano altri problemi (materiali scartati, tempo perso nel traffico, salute danneggiata da un’alimentazione eccessiva, e molte altre) non sono incluse, o sono conteggiate come profitti secondo la metodologia del PIL.”50

Crescita di PIL significa inoltre aumento di anidride carbonica (CO2), il gas maggiormente responsabile dell’effetto serra, e di impoverimento di capitale naturale.Per quanto riguarda invece gli obiettivi, essi furono indicati nel Millennium Summit nel 2000 (Millennium Declaration) a cui parteciparono i 190 capi di stato del mondo. Nella Dichiarazione i leader delle nazioni del mondo sottoscrissero l’impegno a perseguire i seguenti obiettivi entro il 2015:- Dimezzare la percentuale della popolazione mondiale che vive in povertà estrema, soffre la fame e non ha accesso a fonti sicure di acqua potabile.- Ridurre la mortalità materna del 75%.- Ridurre di due terzi il tasso di mortalità per i bambini sotto i 5 anni.- Garantire a tutti il compimento degli studi elementari e l’uguaglianza fra i generi nell’accesso all’istruzione.- Fermare e invertire la diffusione dell’AIDS, malaria e altre malattie importanti. La responsabilità del conseguimento di questi obiettivi è sulle spalle dei leader firmatari della Dichiarazione.

6.1 Strategie di scelta

Fra noi occidentali, collocati nelle zone della terra più sviluppate, ma con una economia che non dà più sicurezza e non crea più nuovi posti di lavoro, una domanda comincia a insinuarsi: “Che valore ha il denaro? ”Per coloro che giocano a Monopoli con soldi veri, cioè finanzieri, lobbies, multinazionali, trust, mafie, centri occulti, ecc..., il denaro è vita, potere, arma di pressione, un dio da servire. Un giorno comprano dollari, li cambiano in marchi, poi in yen, i capitali li trasferiscono a Hong Kong, poi a Singapore, New York, ecc...; un altro giorno trasferiscono le industrie nei paesi sottosviluppati dove la manodopera costa poco e si può sfuggire alle normative sulla sicurezza e sulla salvaguardia dell’ambiente. Il guadagno si basa sulle speculazioni di Borsa, sui cambi, sulle materie prime, sui prodotti agricoli, sullo sfruttamento della forza lavoro, e così via. Il risultato è il profitto in cartamoneta. Tutta la ricchezza sembra essere solo carta. Per i trafficanti di armi, di droga, di uranio, di residui tossici, di tabacco, di alcol, di organi umani, il denaro è il frutto del loro sporco lavoro. 50 C. Flavin, H. French, G. Gardner, “State of the World 2002”, Edizioni Ambiente.

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Per coloro che vivono nei paesi poveri, ovvero per i quattro quinti della popolazione mondiale, il denaro è un mezzo di scambio per sopravvivere. Si lotta per vivere, non per il denaro. Per un quinto della popolazione mondiale, quella che vive nei paesi più sviluppati, il denaro è necessario per la “sicurezza” sociale: per sentirsi sicuri, potersi curare, farsi polizze assicurative, essere tutelati legalmente, difendersi, per essere rispettati, per potersi divertire, viaggiare, ecc... Per “essere” bisogna “avere”. Chi non ha i soldi non “ha” niente e non “è” niente. Diventa più importante l’utile, il denaro, piuttosto che il lavoro. Si ammira chi riesce a emergere dal nulla, giocando in borsa, evadendo il fisco, vincendo alle lotterie e altri giochi di azzardo, o sfruttando in modi più o meno palesi il prossimo. Le leggi nazionali e internazionali sanciscono la legalità delle speculazioni. Si arriva a degli estremi, come in Italia, dove le ultime finanziarie fanno conto sulle lotterie per rimediare al deficit pubblico.In questa logica ci sono però elementi destabilizzanti. La continua spinta al consumismo, ad avere più del necessario, crea insoddisfazione. Il surplus (l’utile) viene investito non per creare nuovi posti di lavoro, ma nell’informatica per sostituire la forza lavoro umana, abbattendo i costi di produzione e aumentando di conseguenza i guadagni, con progressiva riduzione dell’occupazione. Il denaro, inteso come profitto è ricercato a oltranza, senza considerare la qualità della vita, la salvaguardia dell’ambiente e delle generazioni future, non è più garanzia di sicurezza. Da queste incertezze, crisi e paure, può sgorgare un’altra domanda: “È eticamente accettabile fare fortuna senza lavorare, per pura speculazione, fare i soldi con i soldi?” È possibile impostare un nuovo ordine economico?La coscienza ci dice che fare speculazione sui cambi, in Borsa, sulle materie prime, sugli immobili, sulle fonti di energia, è perfettamente corretto dal punto di vista legale (è quasi ovunque permesso), ma perfettamente scorretto dal punto di vista etico. L’instabilità, l’estrema fragilità del sistema economico e finanziario mondiale è originata dalla spregiudicatezza degli speculatori e sottopone la maggioranza dei cittadini del mondo a impoverirsi sempre di più. In sostanza, la massa delle persone lavora per pagare le tasse, i debiti propri e degli stati e per arricchire i grandi speculatori.Nel mese di febbraio del 1995, John Kenneth Galbraith intervenne ad un convegno a Modena. È nato in Canada nel 1908, si è laureato in Economia a Berkley, ha conseguito successivamente varie lauree e specializzazioni. Ha insegnato nelle università della California, Princeton, Cambridge, soprattutto ad Harvard. All’auditorium del Banco di S. Geminiano ha detto: “La paura dell’inflazione più che dell’occupazione, oggi prevalente nella maggior parte dei programmi economici dei governi, è la difesa dell’interesse di tutti rispetto a quella di pochi sfortunati che sono senza lavoro. Io a questa logica mi oppongo. ... La radice della disoccupazione si nasconde nello sviluppo tecnologico che ha sostituito il lavoro umano con la macchina, il computer, oltre che nella dislocazione nei paesi in via di sviluppo (PVS) di molte fasi di lavorazione. A questo processo che non è reversibile, occorre rispondere nei livelli alti dell’attività umana, nella soddisfazione dell’uomo; oggi gli uomini dei paesi evoluti, dopo aver soddisfatto i loro bisogni primari, richiedono il soddisfacimento dei bisogni dell’intrattenimento, dell’arte, della scienza. Questa evoluzione porterà anche una nuova concezione del lavoro, che non sarà visto, come adesso, come assolutamente centrale nella vita, ma solo come parte importante di essa.”. Secondo Galbraith, il raggiungimento del benessere deve avvenire a livello mondiale e non di singola nazione. “... È necessario un coordinamento internazionale fra i diversi paesi perché sia possibile rendere efficiente il Welfare, la rete di protezione a favore dei più deboli, a livello mondiale. Un mondo come quello moderno, completamente incentrato sulle relazioni di natura commerciale, dovrà sempre più trasformarsi in un mondo in cui le decisioni di politica economica siano concertate da tutti, tenendo conto anche delle esigenze dei paesi più poveri e più deboli.” Nel suo discorso espresse la convinzione che “un certo numero di industrie chiave dovrebbero essere di proprietà

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pubblica.” Parlando del futuro espresse la necessità di un governo mondiale dell’economia. È sua opinione che le economie si occuperanno sempre più della soddisfazione dei bisogni spirituali e culturali dell’uomo. Diventerà necessario ridurre l’orario di lavoro, su scala internazionale. Auspica un coordinamento crescente delle politiche economiche governative. “La tecnologia non ha reso l’uomo più libero. Infatti si lavora molto, troppo. Sì, la crescita del benessere comporta maggiori costi sociali. Ma non c’è alternativa ad una revisione del concetto di lavoro, nel senso di una democrazia dove si dovrà lavorare di meno a vantaggio del tempo libero.”(J. K. Galbraith, Modena, febbraio 1995).51

La visione di Galbraith non è solamente una tesi economica, ma investe il concetto generale dello sviluppo sostenibile a misura d’uomo con una piena riacquisizione dei valori etici, con un passaggio dai dogmi imperanti del materialismo a una interpretazione del processo storico diametralmente opposta, affermando che l’individuo è anche un essere spirituale. Ne consegue che lo sviluppo della civiltà mondiale è di per sé non solo un processo economico, ma un processo spirituale dove l’uomo può esprimere le proprie intrinseche capacità morali e intellettuali. L’adozione di leggi internazionali per impedire le speculazioni, l’armonizzazione dei sistemi giuridici, penali, fiscali, la moderazione dei consumi e la divisione volontaria dei beni, sembrano essere medicine efficaci per una terapia risolutiva.La moderazione dei consumi, l’eliminazione degli sprechi e del superfluo, il risparmio energetico, rappresentano scelte imposte dalla crisi economica e ambientale, ma anche decisioni etiche. La condivisione volontaria delle risorse fra le nazioni è cosa più grande del livellamento delle ricchezze, perché il livellamento deve essere imposto dall’esterno, mentre la divisione è una scelta libera e consapevole. Sarà molto probabilmente il frutto di un nuovo senso della solidarietà internazionale conseguente ai problemi universali ormai sotto gli occhi di tutti. Il tutto supera la somma delle parti, quando si forma una nuova entità si manifestano qualità e peculiarità non presenti nelle parti che le compongono. L’umanità è incamminata verso l’unità del genere umano. La nascita di questa “creatura”, che sarà rappresentata da istituzioni sovranazionali elettive rivelerà nel tempo caratteristiche uniche e superiori alle membra costituenti, nazioni e popoli. L’immigrazione ormai al di fuori di ogni controllo, il rimescolamento dei popoli e delle etnie sono la premessa di un significativo passo avanti dell’umanità. L’unione di persone di vari continenti genererà figli più intelligenti, più sani, più versatili nelle lingue (arricchimento del patrimonio genetico) creando le premesse per un’unica razza umana molto più avanzata. Certamente saranno necessarie diverse generazioni per arrivare a un’armonizzazione giuridica per la salvaguardia dei diritti e per il rispetto dei doveri dei cittadini di tutto il mondo, ma il processo è iniziato ed è inarrestabile. L’effetto sarà la fortificazione della specie umana. La diversità è ricchezza. Gli americani sono organizzatori, i tedeschi razionali, i francesi rivoluzionari, gli svizzeri precisi, gli italiani fantasiosi, i giapponesi grandi lavoratori, i cinesi inquadrati, i russi determinati, gli africani hanno il ritmo nel sangue, gli orientali sono ascetici, gli zingari sono sensitivi, ecc… L’unione di queste qualità centuplicherà le capacità e la ricchezza dell’uomo nel corso dei prossimi secoli. È un po’ come nel corpo umano: il cuore non lavora in competizione con il fegato, l’intestino non fa la guerra ai reni, ognuno di essi ha dei compiti e beneficia dell’operato degli altri dai quali dipende. Prendere coscienza di tutto ciò è un buon passo avanti. L’integrazione è anche fra i due sessi, maschi e femmine. L’avanzamento delle donne nei processi decisionali è un elemento importante verso la pace, perché solitamente le madri non mandano i propri figli a morire sui campi di battaglia.Anche le istituzioni religiose possono collaborare a prendere visione dell’unità: se dovesse scoppiare un conflitto fra civiltà diverse, non verrà più chiesto ai propri fedeli di pregare per la salvezza solo dei rispettivi credenti, ma si cercherà di riunire tutte le

51 “Galbraith: Italia, investi in formazione”, Il Resto del Carlino, 24 febbraio 1995.

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parti per chiedere la fine di tutte le guerre in nome di un Dio unico che è lo stesso per tutti, che non si schiera da questa o da quella parte secondo le volubili opinioni degli uomini.L’integrazione è anche a livello di pensiero e di sensibilità. In occidente il processo educativo si sviluppa dall’intuizione (scuole materne) alla razionalità (medie e superiori). Il pensiero occidentale è logico - matematico, induttivo - deduttivo. In Oriente e nel Sud del mondo si sviluppano di più la percezione e l’intuizione. La realtà è più “sentita” piuttosto che “rappresentata” o “pensata”. Il pensiero non è logico - razionale, ma intuitivo - percettivo. Non possiamo dire quale dei due processi sia il migliore, ma possiamo sicuramente affermare che un’armonizzazione dei paradigmi educativi porterà a una integrazione fra culture diverse e a generazioni più aperte e illuminate. Forze straordinarie sono all’opera nel mondo. Ogni minuto che passa è prezioso e può favorire un apporto educativo e di avanzamento della civiltà umana. La vita, la salute, le capacità personali, le energie possono e debbono essere impiegate per scopi nobili.

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7. Accordi di Kyoto: a che punto siamo?

Dal 28 novembre al 10 dicembre 2005 si è tenuta a Montreal la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Dopo ore di intense discussioni, oltre 150 Stati hanno accettato di dare avvio a dei negoziati formali sulla riduzione dei gas a effetto serra anche dopo il 2012, al termine del periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto. Un simile esito della conferenza è da considerarsi positivo, perché è una dimostrazione dell’intenzione degli Stati di rendere più severi gli obiettivi di riduzione delle emissioni, anche se solo in una seconda fase. Gli Stati Uniti, che non hanno voluto aderire al trattato, hanno rifiutato anche in questo caso di partecipare ufficialmente ai negoziati. I paesi che hanno firmato il Protocollo di Kyoto non potranno risolvere il problema da soli. Stati Uniti, India e Cina sono chiamati a collaborare per giungere a obiettivi condivisi. La Conferenza di Montreal era la più importante dal 1997, quando 140 Stati avevano firmato il Protocollo di Kyoto. Il trattato, entrato in vigore nel 2005, impone a 34 paesi industrializzati di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Gli Stati Uniti, il cui la produzione di questi gas è la più elevate al mondo, rifiutano dal 2001 di applicare le disposizioni del trattato, da un lato per proteggere la loro economia, dall’altro perché altri paesi particolarmente inquinatori quali la Cina e l’India non vi hanno ancora aderito. La Russia invece ha deciso di sottoscriverla nel corso del 2005.Gli USA hanno però accettato di partecipare a un «dialogo informale» per limitare il riscaldamento del pianeta. Quest’ultima intesa dovrebbe permettere l’avvio di «un’azione di cooperazione a lungo termine», ma il testo precisa che «il dialogo non condurrà a negoziati che prevedano nuovi impegni concreti» nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. In ambito ambientale una prima convenzione a livello dell’ONU era stata conclusa nel 1992 a Rio de Janeiro ed anche gli Stati Uniti l’avevano sottoscritta.

La “Partnership asiatica e del Pacifico sul clima e lo sviluppo pulito” (Asia-Pacific Partnership on Clean Development and Climate on 11-12 January 2006), della quale sono stati riportati scarni commenti sui media internazionali, ha elaborato un documento conclusivo che enuncia gli otto punti sui quali risulterebbe indispensabile far convergere tutti gli sforzi pubblici e privati atti al fine di ridurre gli effetti dei gas serra. Questi punti sono 1) estrazione di risorse fossili nel rispetto dell’ambiente, 2) utilizzo di fonti rinnovabili e produzione distribuita, sistemi a basso impatto per la 3) produzione e trasmissione dell'elettricità, 4) la produzione dell'acciaio, la produzione 5) dell'alluminio, e del 6) cemento, 7) le modalità per l'estrazione del carbone, e il ricorso a tutte le 8) tecnologie per l’architettura bioclimatica e il risparmio energetico nell’edilizia.

Sono tutti punti sui quali anche altri organismi nazionali ( il Kyoto Club ad esempio) ed internazionali hanno da tempo prodotto molta documentazione: il fatto che proprio su questi temi - altri Paesi e società multinazionali abbiano deciso di far convergere i propri sforzi evidenzia la rilevanza del problema, sino a poco tempo fa ritenuto solo un monito eccessivo da parte di alcuni ricercatori ambientalisti.Al patto partecipano gli Stati Uniti d'America, la Cina, l'India, l'Australia, il Giappone e la Corea del Sud. Sebbene l'accordo tra le parti non sia vincolante e non fissi parametri che portino all’abbassamento dell'emissione di gas ad effetto serra, testimonia comunque la gravità della situazione - fortemente sottaciuta dai Governi di tutto il mondo.

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Se è vero che ci sono risorse petrolifere ancora per una trentina d’anni si deve aggiungere che la sostituzione completa della infrastrutture energetiche a livello mondiale (che hanno un valore di 10-12.000 miliardi di dollari) richiederà 30-40 anni e circa 16.000 miliardi di dollari..52 Tali stime indicano che la strada per gli Accordi di Kyoto passa attraverso la ricerca, il passaggio graduale ad alte fonti energetiche rinnovabili, la moderazione nei consumi, il risparmio, l’eliminazione degli sprechi, una grande opera di sensibilizzazione della popolazione dei paesi sviluppati.

Il tema della mobilità non ha ancora trovato soluzioni adeguate principalmente per due motivi: il primo connesso alla scarsa visione scenariale e alle conseguenti limitate forme di sinergia tra gli operatori che devono garantire la possibilità di effettuare gli spostamenti, il secondo relativo al costante aumento della domanda di trasporto che imporrebbe un rapido stravolgimento delle politiche infrastrutturali in fieri (poiché tutti coloro che rappresentano il sistema socio - economico non si sono posti il problema dei costi nei termini corretti). Se si sostituisse la visione soggettiva/particolaristica che caratterizza le scelte urbanistiche e infrastrutturali ecco che potrebbe essere relativamente facile individuare quali possano essere le attività che devono essere perseguite (nell’immediato) e cosa debba essere pianificato con un orizzonte temporale più ampio.

In molte aree urbane non sono presenti sistemi di trasporto realmente alternativi all’uso del mezzo privato, il trasporto pubblico non risulta essere stato storicamente strutturato per risolvere i problemi di spostamento rapido (scarse frequenze) e le piste ciclabili - quando presenti - non costituiscono una valida alternativa per la mancanza di una rete che garantisca di effettuare gli spostamenti in totale sicurezza.Le dimensioni dei plessi residenziali e terziari di nuova edificazione, la scelta di ricorrere a soluzioni progettuali che individuano forme autonome, spesso caratterizzate da un impianto morfologico a corte chiusa, con accessi controllati per problemi di sicurezza, ambientalmente gradevoli ed autosufficienti, aumentano la segregazione spaziale, impongono la circuitazione pedonale di lunghi tratti perimetrali per raggiungere i punti di accesso, amplificano la necessità, per effettuare spostamenti rapidi, di ricorrere a mezzi di trasporto privati. Le ricadute sul piano ambientale -sociale sono rilevanti. La forte dipendenza dai mezzi di trasporto privato impone alla società costi significativi in termini di impatti economici, ambientali, sociali sia come impatti diretti (costi per costruire sempre nuove infrastrutture, costi per garantire la sicurezza, problemi connessi alle emissioni inquinanti, incidentalità, sovrappeso dovuto allo scarso moto, ecc...) sia indiretti, quali il consumo di risorse energetiche da fonti non rinnovabili, il riscaldamento globale, l’inquinamento atmosferico, acustico, idrico e dei suoli, il consumo e la frammentazione del territorio, le intrusioni visive e il danneggiamento del patrimonio storico – artistico, perdita del senso di appartenenza ad un luogo, scarsa socialità, problemi fisici e forme di depressione psichica indotta da scarsa attività motoria, ecc..

Il grande problema relativo al trasporto merci nelle aree urbane è quello della vetustà del parco veicoli commerciali: circa il 45% dei veicoli commerciali superano i dieci anni di età, valore percentuale che non trova riscontro in nessun altro Paese. Nelle aree metropolitane inoltre la maggior parte dei veicoli commerciali leggeri sono veicoli omologati pre-Euro, veicoli pertanto estremamente inquinanti soprattutto in riferimento alle emissioni di polveri sottili (PM10).

52 Fonte: John Holdren, testo presentato alla conferenza National Commission on Energy Policy, “Global challenger for U.S. Energy Policy: Environmental and Security Risks”, Washington DC, 5 marzo 2004; investimenti richiesti da Hiroyuki Kato, IEA, “World Energy Investment Outlook: Prospects and Challenges”, testo presentato alla KEEI-IEA Joint Conference on Northeast Asia Energy Cooperation, 16 marzo 2004.

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Siamo sempre più consapevoli che siamo a un passaggio epocale che richiede buon senso, trasparenza, giustizia. Eludere ancora le responsabilità significa solo peggiorare le cose.

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8. La comunicazioneQuali messaggi passano prevalentemente attraverso la televisione, il più grande mezzo di comunicazione sociale? Che è desiderabile fare soldi, avere successo nel più breve tempo possibile e con il minor sforzo possibile, che si deve avere un fisico perfetto (culto del corpo) senza minimamente occuparsi dell’anima, di quello che sta “dentro”. Di conseguenza alla prima ruga o al primo capello bianco arriva la crisi depressiva, perché ormai siamo imbevuti del messaggio mediatico pressoché identico in tutto il mondo, che il nostro “io” coincide con il nostro corpo. Altri insegnamenti televisivi più o meno occulti e diseducativi sono l’esercizio della forza e dell’aggressività (fisica, mentale e immaginaria), la necessità dei conflitti in tutti i campi (politico, economico, industriale, scolastico), la sopravvalutazione della tecnica e della scienza nel risolvere i problemi, l’identificazione attraverso la diversità anziché attraverso l’unità. Per mesi le TV del mondo ci presentano scandali vari o altri eventi dei quali l’umanità non ha nessun interesse o rapporto. Si fa credere che “qualcosa sia importante” allontanando le menti dai reali bisogni dei popoli, oppure si presenta insistentemente un problema per distogliere l’attenzione da altri più importanti. I mass media hanno un enorme potere paragonabile a quello dei faraoni o degli imperatori di un tempo. Tale potere non è facile da gestire, specialmente se hanno la meglio interessi di parte che pilotano la scelta delle notizie e della loro priorità in un notiziario, oppure il tipo di palinsesto nella programmazione giornaliera. Eppure, concentrando tutti i mezzi di comunicazione sulla ricerca per uscire dalle attuali crisi mondiali, invece di presentare il solito gioco delle divisioni e dei conflitti, si potrebbe in poco tempo favorire una trasformazione della mentalità, che comunque è in atto e avanza ovunque.I mass media dovrebbero essere tenuti a rispettare un loro codice deontologico eppure in tutti film d’azione vi sono inseguimenti spettacolo, molteplici trasgressioni delle leggi, assenza di buon gusto e presentazione di modelli nei quali la violenza e l’aggressività sono la norma.I media oggi sono diventati come il Circo Massimo o il Colosseo al tempo dei Romani. Si assiste a una continua ripetizione di morti spettacolari, con l’unica differenza che stavolta la morte è “virtuale”. Ci sono videogames con punteggi sulle sagome umane abbattute che spingono l’inconscio alla violenza e alla trasgressione. Il cinema di azione è quello che richiama più pubblico, specialmente giovanile. La TV ha ampliato tale messaggio e favorito, almeno in parte, l’individualismo, l’anarchia, l’apatia ed il crescente disagio dell’interiorità dell’individuo con messaggi quantomeno discutibili che vengono presi per “veri”. Gli esseri più deboli, come bambini e anziani, sono i soggetti più a rischio. È necessario evitare l’accentuazione della morte spettacolo come nei circhi romani. Per questo chi gestisce i media deve riflettere sia sui contenuti che sul modo di veicolare i messaggi. Quale appello a comportamenti rispettosi delle regole può risultare efficace se il valore di riferimento è il successo sociale ed economico comunque ottenuto?Si fa passare il messaggio che essere anziano o avere un fisico non da “modelli” o “veline” sia una colpa, per cui certe fasce si sentono escluse dal modello di comunità e da molte opportunità. Si spendono allora fiumi di soldi in creme antirughe o in fantomatiche cure dimagranti non essendo concesso ad alcuno di essere vecchio, perché questo stato non è più il riferimento di saggezza riconosciutagli per l’esperienza di una vita.Ma ciò che è peggio è la ricerca di una visibilità individuale ottenuta con comportamenti trasgressivi.Senza una visione è impossibile agire. E non esiste forza senza unità, per cui l’unità è la chiave di volta per costruire la società del Terzo Millennio. L’unità più piccola è la famiglia, la prima palestra di unità nella diversità. È il primo mattone dal quale

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dipende la stabilità della società. Alcuni fattori che favoriscono l’unità sono la consultazione e la condivisione. Una buona comunicazione, attraverso una consultazione franca e spassionata prima di ogni decisione, la condivisione degli obiettivi, il continuo incoraggiamento sono ingredienti e strumenti operativi per giungere a scelte appaganti, per mantenere buoni rapporti in famiglia, in azienda, a scuola o in un’agenzia internazionale. La pratica quotidiana della consultazione è in grado di rimuovere progressivamente la logica del conflitto e delle contrapposizioni. “Conviene” cooperare anziché competere, in termini di costi e benefici. Famiglie con gli stessi intenti e aventi unità di visione si sentiranno unite e si incoraggeranno vicendevolmente. Per operare sulla società dobbiamo collaborare con altre persone, enti, istituzioni e ciò implicaL’unione delle forze è fondamentale per incidere sulla realtà. Dall’informatica abbiamo imparato a “condividere” le risorse di rete, ovvero memorie, dati, periferiche, canali di trasmissione, procedure e sappiamo come le capacità di una rete aumentino non in maniera lineare, bensì esponenziale, con la connessione dei PC. L’intelligenza artificiale è distribuita, non concentrata, come pure l’intelligenza cosmica origine e motore dell’evoluzione dell’universo. Con la connessione delle menti, che lavorano per obiettivi comuni, con unità d’intenti, con purezza d’animo, i risultati superano la somma dei singoli componenti, proprio come osservato nell’informatica di rete e nell’universo (leggi del caos, principio antropico). Questo però è l’hardware, la costituzione della rete di elaborazione e di trasmissione. Il software da installare ci viene donato dal Maestro di Vita dell’epoca, il quale porta l’“aggiornamento” delle procedure applicative, i modelli per il comportamento, nella gestione degli affari umani e sociali, le linee di indirizzo per i popoli e le nazioni. La relatività del messaggio religioso richiede nuovi apporti nel corso della storia umana. In base alle indicazioni di questi programmi di lavoro, si è chiamati a operare sul proprio territorio attraverso la ricerca dell’eccellenza in ogni cosa. Il territorio ha un’influenza notevole sullo stato psicofisico e sulla salute dell’uomo. Il proprio territorio è il campo d’intervento principale per azioni di prevenzione e di risanamento. Il lavoro svolto in spirito di servizio può essere elevato a forma di culto. C’è un tornaconto immediato a fare una buona azione, ci sentiamo bene, in pace; è terapeutico; è gioia. Un’azione ne trascina altre, per cui si tratta di iniziare una trasformazione partendo dal proprio “io”.

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9. Progettare nuove città

È difficile riprogettare le città esistenti, è più facilmente proponibile studiare nuovi modelli di città in rapida espansione o da realizzare ex novo nei continenti e nei paesi in via di sviluppo o comunque dove le condizioni e il territorio lo consentano. È possibile che in futuro l’architettura e la pianificazione delle aree urbani e industriali cambi radicalmente, specialmente se la popolazione mondiale continuerà a crescere a questi ritmi. Se nel 2050 saremo veramente dieci miliardi e con la tendenza ad abitare nelle grandi città, gli “spazi” vanno ripensati, la natura non può essere confinata in aree sempre più ristrette fino a ridurla in piccole riserve. Le infrastrutture tagliano, parcellizzano il territorio e gli animali che stanno al suolo non possono più spostarsi sulle aree urbanizzate. Tali aree sterilizzano la natura, una volta asfaltate e cementificate sono perdute, non possono tornare terreni “fertili”. I giardini cittadini sono come grandi vasi da fiore, non sono vera natura. Con questi ritmi di migrazione verso le città del mondo è evidente che deve essere favorito lo sviluppo degli edifici verso l’alto e il basso, concentrando le aree urbane, ottimizzando l’uso degli spazi, riducendo le periferie, progettando aree lavorative su più piani (capannoni l’uno sopra l’altro per ridurre gli spazi di occupazione orizzontali). Pure i grandi parcheggi devono essere, dove possibile, sotterranei. Si può ipotizzare nuove “città modulari”, prefabbricate, a forma di “fungo” distanziate da 8 – 12 km l’una dall’altra, circondate dalla natura, per una popolazione massima di 150.000 persone. Una sorta di alternanza fra riserve naturali e zone abitate, collegate fra loro da una viabilità sotterranea o sopraelevata, per non parcellizzare il territorio, concedendo più libertà al mondo animale e vegetale, e nello steso tempo sfruttare campi per coltivazioni. Con un buon sistema di collegamenti fra le città “modulari” si potrebbe fare a meno anche del veicolo privato.Le nuove città richiederebbero moduli abitativi diversi dagli attuali. Per esempio gli edifici potrebbero essere alti e piramidali, di conseguenza le strade non sarebbero incassate, a forma di canyon, bensì aperte verso l’alto, molto più luminose e ventilate. La progettazione degli interni, come la predisposizione di armadi a muro, consentirebbe una nuova gestione degli spazi all’interno degli edifici. Oppure gli edifici potrebbero essere toroidali sollevati completamente da terra, o ancora di forme cilindriche collegate fra loro con “tubi” nei quali potrebbero muoversi veicoli a lievitazione magnetica, scale mobili, ecc… Altre forme aperte potrebbero consentire giardini pensili su tetti e terrazzi. Le abitazioni potrebbero sono fatte prevalentemente con materie prime rinnovabili fornite dal luogo, simili al legno o da materiali completamente riciclabili. Inoltre come si sta cercando l’auto a emissioni zero (ZEV, Zero Emission Vehicle) con propulsione free energy, ovvero con energia prodotta liberamente da fonte rinnovabili, pure per le abitazioni si deve focalizzare la ricerca verso strutture a emissioni zero. Con opportune progettazioni, adeguate adozioni di impianti per la produzione di energia, riscaldamento, depurazione degli scarichi, la meta della casa a emissioni zero non è poi così lontana.La pianificazione del territorio e la scelta delle destinazioni d’uso ha una grande influenza sulla immigrazione, sulla mobilità, sull’impatto ambientale. Modelli di città non troppo estese, con una limitazione superiore di abitanti, consentono una migliore gestione di tutte le necessità alimentari, energetici, servizi, ecc… “Piccolo è bello”, è stato detto. Città modulari poco estese, ma il più possibile autosufficienti, consentirebbero di favorire un ritorno alla produzione locale dei prodotti agricoli e artigianali, per ridurre il traffico e l’inquinamento del trasporto delle merci, con vantaggi di un’alimentazione più sana, costituita da prodotti locali, freschi e di stagione. Si è forse dimenticato che l’agricoltura è al centro dello sviluppo di una società. Per salvaguardare la qualità occorre la rotazione delle colture, la

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diversificazione delle piantagioni, il riposo annuale, l’utilizzo di concimi naturali. Il sistema della grande distribuzione è altamente dissipativo e impoverisce il pianeta. Si devono riorganizzare i mercati in cui il produttore vende direttamente al consumatore, eliminando, dove possibile, il ricarico dei costi dovuti alla distribuzione. Il sistema delle cooperative è quello che risponde meglio alla conduzione di un’azienda che sia gestita da tutti coloro che lavorano per essa. Tutto ciò renderebbe le città meno dipendenti e meno vulnerabili di fronte a black-out o imprevisti di altra natura. Per quanto riguarda la produzione ci si deve limitare a ciò che serve, eliminando inutili sprechi. La decentralizzazione della produzione di beni, servizi ed energia offre l’opportunità di creare nuovi posti di lavoro. Se ogni casa è dotata di pannelli solari, di un deposito per l’acqua piovana, di un buon isolamento, depuratore per gli scarichi, ecc… l’intero “sistema città” potrà goderne i benefici.

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10. ConclusioniL’ultimo summit di Montreal, a dicembre 2005, con oltre capi di stato, per discutere di clima e di riduzione dei gas serra, è stato un piccolo passo in avanti verso l’applicazione del Protocollo di Kyoto e dei nuovi scenari dopo il 2012. L’interminabile serie di eventi catastrofici dovuti ai cambiamenti climatici ci fa capire che fanno parte di un unico processo di transizione, essendo il nostro pianeta unico, ...pure la storia umana si presenta come un processo unitario. Gli accadimenti storici sono collegati fra loro, non si devono guardare i risultati di un singolo summit, ma l’intero processo comprendente tutti gli eventi che sta portando l’umanità verso una nuova identità: la cittadinanza mondiale, con i suoi diritti e i suoi doveri. Tale nuova consapevolezza è necessaria per favorire quella trasformazione epocale richiesta all’umanità di oggi. O si fa l’unità del genere umano, o ci saranno guerre per impossessarsi delle risorse residue.

La moderazione nei consumi e la condivisione delle risorse possono essere il frutto di una corretta comunicazione ed educazione, ma anche delle sofferenze dovute a strazianti calamità originate dalle attività umane e dall’errata collocazione degli insediamenti o dalla sottovalutazione dei rischi ambientali connessi a determinate pratiche (insediative - per quanto riguarda in particolare i casi di dissesti idrogeologici - produttive - per le emissioni inquinanti). Gli occhi di ognuno riescono a vedere che il mondo sta subendo con rassegnazione grandissimi tragedie, con indifferenza o emozioni di breve durata, senza quell’ansia e volontà di pianificare e intervenire rapidamente con efficaci terapie. Tale “letargo” è patrimonio sia della collettività che di tanti cittadini del mondo.Perché l’individuo non reagisce prendendo in mano il proprio destino? L’ipocrisia, la demagogia, le menzogne riversate giornalmente sulle masse convincono sempre meno le persone e fanno accrescere il disagio. La storia insegna che gli errori si pagano nel tempo e in proporzione. La natura presenta il conto, molto salato. Si è creduto di poter dominare il mondo con la scienza e la tecnologia, ma l’uomo non è ancora riuscito a dominare se stesso. Il potere nella mani dell’uomo è cresciuto enormemente in poco tempo, ma purtroppo non vi è stato un processo evolutivo parallelo e altrettanto veloce della coscienza. Ciò determina problemi di gestione di difficile risoluzione, poiché molti tecnici-pianificatori non dispongono di adeguati strumenti interpretativi - scenariali, argomenti che non si possono affrontare con sufficienza, approssimazione, superficialità, improvvisazione, incompetenza. In fin dei conti è molto più pericolosa una persona colta, ma irresponsabile, che un ignorante, ma educato. I comportamenti hanno la priorità nella scala dei valori. Nel linguaggio dei saggi, la giustizia lamenta la sua sorte e l’equità geme sotto il giogo dell’oppressione.

La giustizia è fondata su due principi basilari: ricompensa e castigo, da applicarsi secondo criteri di saggezza, elasticità ed equità. Le contese fra le nazioni dovrebbero essere risolte da un tribunale internazionale, una volta stabilite le “regole” della convivenza civile, come avviene già nelle relazioni fra individui. Non ricorrendo più alle forme di “giustizia” personale per affronti o reati, analogamente a breve non dovremo più fare “guerra”, ma appellarci a un organismo super partes per tutte le controversie. Sul piano giuridico nazionale esiste un codice a cui rifarsi, ma sul piano internazionale stiamo facendo i primi passi, sulla scia delle tragiche esperienze di questo inizio del Terzo Millennio. Attualmente si evidenzia sul pianeta una fase di anarchia delle nazioni, favorita da un vuoto istituzionale, legislativo e giuridico dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che però fa sentire sempre di più l’esigenza di un Nuovo Ordine Mondiale. La sfida che ogni persona, appartenente a qualsiasi nazione, religione o etnia, oggi dovrebbe porsi è la costruzione delle fondamenta di

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una società planetaria che rispecchi l’unità della razza umana. È importante riconoscere che esiste una umanità unica e non più divisibile. In una educazione ai rapporti tale riconoscimento rappresenta la premessa per la realizzazione di un nuovo ordine mondiale fondato sulla giustizia e sulla unità nella diversità. L’intero sistema delle relazioni umane cambierà, le energie impiegate per distruggere l’avversario (politico, economico, militare, religioso) possono essere indirizzate verso lo sviluppo di una civiltà mondiale armonizzata. Con tale visione si possono raggiungere Accordi sull’ambiente come quelli di Kyoto, Kyoto 2, oppure strategici per una corretta ed equa gestione delle risorse.

Quali valori adottare nel XXI secolo, in un contesto multirazziale? Nella vita nessuno può ottenere la laurea in etica, perché essa non è dottrinale. L’educazione fondamentalmente non è cattedratica, ma si trasmette con l’esempio. Oggi abbiamo codici e normative per la sicurezza, la governance del mondo economico, finanziario, industriale ed energetico, le agenzie educative: tuttavia le regole non sono rispettate, a livello locale, regionale, nazionale, internazionale. Per quale motivo? Perché manca l’esempio da parte di tutti gli attori chiamati in causa e da parte cospicua della popolazione.Coloro che detengono l’autorità della governance devono dare l’esempio d’identificazione in quei valori, non scritti, ma riconosciuti universalmente come sorgenti di civiltà, come la ricerca dell’eccellenza in ogni cosa. Se è vero che il maestro non insegna tanto con la “dottrina”, quanto con l’“esempio”, tuttavia in questa era sembra opportuno anche un ampliamento della stessa “dottrina”. È bene scrivere ciò che è bene e ciò che è male in questa epoca di confusione per la perdita di valori e di tutti quei principi morali universali che scaturiscono dal rispetto del “prossimo”.In questa prospettiva, alcune regole implicite o non scritte, andrebbero codificate.

Ad esempio è ragionevole sanzionare tutte quelle azioni legali, ma non etiche, come le speculazioni e le ingiustizie sociali.Al centro del sistema vi è l’uomo. Una maggiore presa di coscienza della sua realtà psicofisica e delle regole alla base del sistema uomo sono le fondamenta per creare un buon standard di salute, fisica, mentale e sociale. La prospettiva della crescita collettiva è troppo spesso esclusa da un irrefrenabile individualismo. La realtà dell’uomo è spirituale e tale habitat è inquinato dalla pressione crescente della visione materialistica della vita, fine a se stessa e tesa solo alla soddisfazione di bisogni spesso falsi.

Un grande Maestro di Vita del secolo scorso ha scritto in merito alla educazione e allo sviluppo:

“L’uomo è il Talismano supremo. La mancanza di un’adeguata educazione lo ha però privato di ciò che inerentemente possiede.” “Considera l’uomo come una miniera di gemme di inestimabile valore. Soltanto l’educazione può rivelarne i tesori e permettere all’umanità di goderne.”53.

Il seme della nuova civiltà, all’inizio è piccolo, ma crescerà…

Si fa veramente pressante l’esigenza di arrivare a una ridefinizione economica che tenga conto dei nuovi assetti economici, politici e giuridici. Lo stesso sistema di trasporti e di mobilità dovrà essere rivisto alla luce dei limiti energetici e ambientali. Stili di vita e comportamenti dissipativi non sono compatibili per un sistema chiuso, come quello in cui viviamo. La congiuntura apparentemente sfavorevole è

53 Bahá’u’lláh (1817 – 1892), fondatore della fede Bahá’í.

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un’occasione per compiere un notevole salto evolutivo, come è già successo nel passato. Le necessità stimolano l’ingegno, la ricerca, la creatività, l’adozione di un’etica condivisa. Si può guardare al futuro di medio – lungo termine con un sano ottimismo.

“La strada per Kyoto” e per “Kyoto 2” passa dall’adozione di una piattaforma di principi riconosciuti universalmente e da una crescita evolutiva della coscienza, dell’etica, dall’applicazione della giustizia nel quotidiano.Per progettare è necessario avere una visione sugli obiettivi da realizzare. Quella che segue è forse la migliore testimonianza che indica la carta su cui lavorare sotto diverse bandiere, ma uniti. La visione di un Nuovo Ordine Mondiale è così descritta su “L’Ordine Mondiale di Bahá’u’lláh” di Shoghi Effendi54:

“L’unità della razza umana, così come è stata prevista da Bahá’u’lláh, implica la creazione di una Federazione mondiale entro la quale tutte le nazioni, le razze, i credi e le classi siano uniti intimamente e nel quale l’autonomia degli stati federati e la libertà personale e l’iniziativa degli individui che li compongono siano definitivamente e completamente garantite. Questa Federazione, per quello che si può concepire, consiste in un corpo legislativo mondiale i cui membri, quali fiduciari dell’umanità intera, dovranno controllare tutte le risorse delle nazioni componenti, e promulgare le leggi necessarie per regolare la vita e le relazioni e soddisfare i bisogni di tutte le razze e di tutti i popoli. Un organo esecutivo mondiale, spalleggiato da un’armata internazionale, porterà a compimento decisioni ed applicherà le leggi promulgate da detta assemblea legislativa mondiale, garantendo l’unità organica dell’intera Federazione. Un tribunale mondiale giudicherà e pronuncerà i suoi verdetti finali e vincolanti per tutte le dispute che possano sorgere fra i vari elementi costituenti tale sistema universale. Sarà creato un meccanismo per regolare le comunicazioni internazionali dell’intero pianeta, senza limitazioni o restrizioni nazionali, e funzionante con rapidità sorprendente e regolarità perfetta. Una metropoli mondiale agirà da centro nervoso nella civiltà del mondo, da fulcro verso cui convergeranno le forze unificatrici della vita e da cui irradierà una influenza energizzante. Una lingua mondiale, creata o scelta fra gli idiomi esistenti, sarà insegnata in tutte le scuole delle nazioni confederate, quale ausiliaria della lingua madre. Una scrittura mondiale, una letteratura mondiale, un sistema uniforme ed universale di valuta, di pesi e di misure, semplificheranno e faciliteranno gli scambi ed i traffici tra le nazioni e le razze umane. In una tale società mondiale la scienza e la religione, le due forze più potenti della vita umana, saranno riconciliate, e cooperando, si svilupperanno armoniosamente. Con questo sistema, la stampa, nel dare completa espressione alle differenti vedute e convinzioni dell’umanità, cesserà di essere loscamente manipolata da interessi speciali, siano essi privati o pubblici, e sarà liberata dall’influenza dei governi e dei popoli contendenti. Le risorse economiche del mondo saranno organizzate e le fonti di materie prime saranno sfruttate e pienamente utilizzate; i mercati saranno coordinati e sviluppati e la distribuzione dei prodotti regolata con equità e giustizia. Cesseranno le rivalità nazionali, gli odi e gli intrighi; le animosità razziali ed i pregiudizi saranno sostituiti dall’amicizia, dalla comprensione e dalla cooperazione tra le razze. Le cause delle lotte religiose saranno rimosse permanentemente, le barriere e le restrizioni economiche saranno completamente abolite e le disordinate differenze di classe annullate. L’indigenza da una parte e l’enorme accumulo di beni dall’altra scompariranno. Le immense energie, siano esse economiche o politiche che si sono sperperate e sprecate nelle guerre, saranno consacrate a scopi utili, quali: l’incremento delle invenzioni e degli sviluppi tecnici, l’aumento della produttività dell’uomo; l’eliminazione delle malattie; l’ampliamento delle ricerche scientifiche; il

54 Custode della Fede Bahá’í (1897 - 1957), www.bahai.it

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miglioramento delle condizioni generali della salute; l’aguzzamento e l’affinamento della mente umana; lo sfruttamento delle risorse del pianeta in disuso o ignorate; il prolungamento della vita umana e la promozione di qualsiasi altro mezzo o ente che possa stimolare la vita intellettuale, morale o spirituale dell’intera razza umana. Un sistema federale mondiale che governi tutta la terra, esercitando una autorità incontestabile sulle sue inconcepibilmente vaste risorse, fondendo ed incorporando gli ideali dell’Oriente e dell’Occidente, liberati dalla piaga e dalla sofferenza della guerra e tesi allo sfruttamento di tutte le fonti di energia esistenti sulla superficie del pianeta; un sistema nel quale la Forza si faccia serva della Giustizia, la cui esistenza sia sostenuta dal riconoscimento universale di un solo Dio e dalla sua sottomissione ad una Rivelazione unica e comune: questa è la meta verso la quale l’umanità avanza, sotto l’impulso della forza unificatrice della vita” (Haifa, Palestina, 11 marzo 1936).

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XX SECOLO: alcune tappe fondamentali verso l’unità- 1919 - Versailles: nasce la Lega delle Nazioni.- 1945 - 26 giugno: si costituisce l’O.N.U. - anni ‘70 - nasce la teoria di GAIA, con la quale l’americano Lovelock paragona l’ecosistema terrestre ad un unico grande organismo vivente, sensibile alle ferite inferte in qualsiasi regione del pianeta.- 1952 - Londra, in 4 giorni muoiono circa 4.000 persone per le conseguenze dello smog.- 1972 - Nascita dell’UNEP, United Nation Environment Program, organismo per preparare i trattati internazionali, per sorvegliare il loro adempimento, per individuare e gestire le risorse della terra.- 1972 - Conferenza di Stoccolma: si ritiene che i pericoli più gravi per l’umanità siano locali.- 1978 - Monaco, Conferenza Internazionale sui clorofluorocarburi (CFC): una risoluzione prevede una notevole

riduzione dell’impiego dei CFC in Europa.- 1979 - Three Miles Island, USA, grave incidente nucleare.- 1985 - Conferenza di Vienna, Prima Convenzione Quadro sul problema ozono.- 1986 - Chernobyl, ex URSS, catastrofe nucleare.- 1987 - Conferenza di Montreal, firma della Convenzione (di Vienna) per la protezione dello strato di ozono e

approvazione del protocollo (di Montreal) per ridurre la produzione e l’uso dei CFC del 50% su scala

mondiale e di altre sostanze dannose entro l’anno 2000.- 1989 - Convenzione di Basilea: si regolamenta il traffico internazionale dei rifiuti tossici, stabilendo il divieto di esportazione verso i paesi del terzo mondo. - 1990 - Protocollo di Londra- 1992 - Protocollo di Copenaghen: in entrambi si fissano vincoli più stretti per CFC e per i loro sostituti HCFC.- 1992 - Rio ‘92: i Capi di Stato del mondo firmano:

1. Convenzione riguardante il clima e l’effetto serra. Tale Convenzione obbliga i paesi dell’OCSE a stabilizzare entro il Duemila le emissioni di anidride carbonica al livello del 1990.

2. Convenzione sulla biodiversità, per impedire il drastico impoverimento del patrimonio genetico al nostro pianeta. Secondo gli ultimi dati ogni giorno si estinguono 20-50 specie animali o vegetali. Le specie utilizzabili per le biotecnologie appartengono al paese dove vivono, ma questi ha l’obbligo di lasciar libero accesso a coloro che vogliono sfruttarle commercialmente (rafforzamento dei diritti di proprietà ed apertura del mercato).

3. Dichiarazione di principio sulla gestione sostenibile delle foreste.- 1993 - Vienna: Conferenza Mondiale sui Diritti Umani.- 1994 - Il Cairo: Conferenza su Popolazione e Sviluppo. Si stabiliscono dei limiti alla crescita demografica.- 1994 - novembre, Rimini, Big Millennium: Giornate Internazionali di Studio, organizzate dal Centro Pio Manzù, Fondazione Gorbachev, Regione Emilia Romagna.- 1994 - Napoli: Conferenza Mondiale sulla Criminalità Organizzata. Si propone una banca dati mondiale della criminalità.- 1995 il 1° gennaio nasce la WTO, la World Trade Organization, l’Organizzazione Mondiale per il Commercio.- 1995 - febbraio, Bruxelles: Incontro dei G7 (I Sette Paesi più industrializzati). Nasce “La Società Globale dell’Informazione”. Essa prevede l’integrazione mondiale dei sistemi informativi e di comunicazione con la creazione di una Banca Dati Globale. Vengono decisi 11 progetti pilota:

1. Banca Dati Globale (coordinato dall’UE e dal Giappone)2. Reti ad alta velocità (Canada, Germania, Giappone e Gran Bretagna)3. Nuove tecnologie per l’apprendimento delle lingue (Francia e Germania)4. Biblioteche elettroniche (Giappone e Francia)5. Musei e gallerie elettroniche ( Italia e Francia)6. Difesa dell’ambiente (Stati Uniti)7. Gestione catastrofi (Canada)8. Telemedicina (UE, Francia, Germania ed Italia)

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9. Reti di amministrazione pubbliche (Gran Bretagna e Canada)10. Scambi di informazione per piccole e medie imprese (UE, Giappone, USA)11. Comunicazioni marittime (UE e Canada).

- 1995 marzo, Copenaghen: Conferenza mondiale dei Capi di Stato del mondo sullo Sviluppo. Per la prima volta si parla del benessere degli abitanti e non di quello delle nazioni.- 1995 aprile, Berlino: Conferenza Internazionale sul Clima.- 1995 aprile, New York: Conferenza ONU sul trattato di non proliferazione delle armi nucleari.- 1995 settembre, Pechino: Conferenza Internazionale delle Donne per la parità dei diritti. Viene sancito il principio che la violenza sessuale è una violazione dei diritti della donna.- 1995 settembre, Nukus, Uzbekistan: conferenza internazionale dell’O.N.U. sul disastro ecologico del Lago di Aral.- 1995 settembre, Vienna: Conferenza Internazionale sulle armi convenzionali. È stato calcolato che ci sono 110 milioni di mine antiuomo sparse per il mondo.- 1996 giugno, Istanbul: Habitat II, Conferenza Internazionale sulle città e i centri urbani. - 1996 giugno, Stoccarda: Conferenza mondiale sulla energia a idrogeno- 1996 novembre, Roma: Conferenza mondiale sull’alimentazione.- 1997 novembre, Kyoto: Conferenza Mondiale sul Clima per la riduzione dei gas responsabili dell’effetto serra.- 1998 18-19 febbraio, Londra, summit di tutte le religioni con la Banca Mondiale.- 1998 Buenos Aires, Conferenza Mondiale sul Clima.- 1999 Colonia, Consiglio d’Europa: rapporto dell’UE sull’inserimento di questioni ambientali in altri settori della politica comunitaria; richiesta d’inserimento degli aspetti ambientali nella politica energetica e dei trasporti, per combattere l’effetto serra.- 1999, novembre, Washinghton, 2° summit di tutte le religioni con la Banca Mondiale e il FMI.- 1999 novembre, Conferenza Mondiale sul Clima.- 2000 22-26 maggio, New York, Palazzo di Vetro, Millenium Forum. - 2000 6-8 settembre, New York, sede dell’O.N.U., Millennium Summit.- 2000 13-24 novembre, Aja, 6° Conferenza delle parti della Convenzione Quadro sui mutamenti climatici per rallentare i cambiamenti climatici causati dall' incremento dell' effetto serra naturale. - 2000 7-10 dicembre, Nizza, vertice dell’Unione Europea per le riforme e l’allargamento da 15 a 28 stati.- 2001 maggio, 7° Conferenza delle parti della Convenzione Quadro sui mutamenti climatici per rallentare i cambiamenti climatici causati dall' incremento dell’effetto serra naturale.

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Bibliografia- AA.VV. “Il contributo degli Enti Locali alla riduzione dei gas serra” (a cura di G.

Silvestrini, P. Villani), ANCI e Kyoto Club, novembre 2004- Commissione Mobilità dell’Automobile Club Pistoia, “L’etica nella mobilità”, 16

dicembre 2005.- Marco Bresci, Carlo Coronato, “Armonia tra ambiente e sviluppo nel Terzo

Millennio”, Casa Editrice Bahá’í, maggio 2001- Marco Bresci, “Pianeta uomo, i diritti dell’Anima”, European Press Academic

Publishing, maggio 2004.- Marco Bresci, Paola Villani, “Nuovi scenari per le materie prime”, Le Strade, La

Fiaccola editrice, ottobre 2005.- Angela Piazzo, Paola Villani, "Road pricing: l'esempio di Londra" in Qualenergia,

n.1, gennaio - febbraio 2005. - Alberto Santel, Paola Villani, “Normative: Mobilità e consumi: per l’Italia sanzioni in

arrivo” in Qualenergia, n.1, gennaio - febbraio 2005. - Paola Villani, “Un Piano Urbano della Mobilità (PUM) nel rispetto della normativa

per il risanamento della qualità dell’aria” atti del Convegno Sinergy, “The international energy forum”, Rimini (RN), 11/11/2005 in CH4 Energia Gas, ENI, Milano, 2006 (in fase di stampa).

- Paola Villani, “Autoveicoli ed emissioni di gas serra: un confronto sulla base degli Accordi europei con le case automobilistiche” in Clima - Ed. Artenergy, Ottobre 2005.

- Paola Villani, “Oro nero alle stelle” in Qualenergia n. 3, maggio-giugno 2005.- Paola Villani, “La mobilità nelle aree metropolitane” in Qualità dell’ambiente

urbano, Primo Rapporto APAT Edizione 2004, pagg. 79-106.- Paola Villani, “La valutazione delle emissioni atmosferiche in relazione alle scelte di

mobilità urbana degli abitanti” in “Qualità dell’ambiente urbano, Primo Rapporto APAT”, Edizione 2004, pagg. 137-150.

- Paola Villani, “La gestione delle risorse idriche e gli indicatori di spesa/efficacia per le aree metropolitane oggetto di studio” in Qualità dell’ambiente urbano, Primo Rapporto APAT Edizione 2004, pagg. 241- 255.

- Paola Villani, “Carburanti e fattori emissivi imputabili al trasporto su gomma”, in Ecoprotecta, Rivista della Commissione Paritetica Interparlamentare per i rapporti tra cultura e politica, Roma, n. 7-9, settembre 2004.

- Paola Villani, “Verso un indicatore di efficacia dei servizi ambientali erogati” in “L’ambiente come opportunità: lo sviluppo dell’informazione ambientale” (a cura di A.De Maio, P.M.Testaì), APAT, Roma, 2003 - Atti della 7a Conferenza Agenzie Ambientali “L’innovazione al servizio della conoscenza e della prevenzione. Dai sistemi di monitoraggio alla diffusione della cultura ambientale.” Milano, 24-26 novembre 2003

- Paola Villani, “Veicoli e carburanti alternativi per la mobilità urbana” Venezia Mestre, 4 giugno 2004 http://www.euromobility.org/iniziative/2004_06_04_mestre.htm

- Paola Villani, “Scenari attuali e nuove opportunità” Convegno Nazionale Mobilità sostenibile Venezia Mestre, 26 novembre 2004

- Mathis Wackernagel, William Rees, “L’impronta ecologica. Come ridurre l’impatto dell’uomo sulla terra.”, Edizioni Ambiente, 2002.

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Siti internet- www.energoclub.it riporta lo stato dell’arte di tutte le fonti energetiche conosciute

e di quelle che sono oggetto di studio e ricerche- http://www.aspoitalia.net/ , ASPO – Association for the Study of Peak Oil and Gas

(www.peakoil.net) and Dipartimento di Chimica, Università di Firenze, associazione che studia l’esaurimento delle riserve petrolifere, referente prof. Ugo Bardi

- http://jnaudin.free.fr/ sviluppato da JLN Labs in Francia- www.unep.org United Nations Environment Programme - www.worldwatch.org Worldwatch Institute - www.wri.org World Resources Institute (WRI)

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Glossario

- Accordi di Kyoto. Alla iniziale fase di analisi e previsione, è seguita quella propositiva: si è giunti così alla terza Conferenza delle Parti alla Convenzione sui Cambiamenti Climatici, che si è conclusa a Kyoto nella notte tra il 10 e 11 dicembre 1997. In questa sede è stato adottato il Protocollo di Kyoto, negoziato da oltre 160 nazioni, che definisce gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas serra prodotti dalle attività umane e stabilisce gli impegni dei paesi industrializzati che aderiscono alla Convenzione sui Cambiamenti Climatici. Il Protocollo individua come anno base di riferimento per la riduzione delle emissioni il 1990; stabilisce i livelli di riduzione che i 38 paesi più industrializzati dovranno raggiungere entro l’anno 2012; definisce i gas sottoposti a controllo (CO2, CH4, N2O, CFC). Attribuisce inoltre gli obiettivi di riduzione più significativi: all’Unione Europea (-8%), agli Stati Uniti (-7%), al Giappone (-6%). All’Italia è stato fissato l’obiettivo del -6,5%.55

L’obiettivo del Protocollo era di stabilizzare le concentrazioni atmosferiche dei gas serra “a livelli che dovrebbero prevenire pericolose interferenze con il sistema climatico.”

- Kyoto 2. Sono iniziate trattative per una riduzione del 50, 60 o anche 70% delle emissioni dei gas serra. Se però il futuro trattato non prevede obblighi, precisi tempi di applicazione e sanzioni per le nazioni inadempienti, esso rimane una dichiarazione d’intenti.

- Anidride carbonica (CO2). Gas presente nell’atmosfera, il cui aumento di concentrazione, dovuto ad attività antropiche, è ritenuto una delle cause di aumento dell’effetto serra.

- Cambiamenti climatici. Sono le fluttuazioni a lungo termine nell’andamento dei parametri climatici, come le precipitazioni, la temperatura, il vento, la nuvolosità e così via. Queste fluttuazioni si possono estendere su periodi che vanno da centinaia di milioni di anni fino alle decine di anni o meno (interdecennali o interannuali). Sono tre i fattori maggiormente influenti: extraterrestri, legati alla variazione di energia solare incidente sulla Terra (come macchie solari, costante solare, precessione degli equinozi, eccentricità dell’orbita terrestre); terrestri, legati alla variabilità delle interazioni fra le diverse componenti del sistema climatico (atmosfera, oceani, biosfera, geosfera, ciclo dell’acqua); antropici, dovuti alla perturbazione indotta dalle attività umane sull’equilibrio del sistema climatico complessivo o che interferisce e si aggiunge alla variabilità naturale del sistema climatico (emissioni di gas serra, disboscamenti e deforestazioni, ecc...).

- Clorofluorocarburi (CFC). Sono gli idrocarburi fluororurati e/o clorurati prodotti artificialmente e utilizzati nell’industria per le particolari proprietà di cambiamento di stato (liquido - aeriforme e viceversa) al variare della pressione e per altre proprietà fisiche e termodinamiche che li rendono particolarmente utili nei circuiti refrigeranti, come propellenti nelle bombolette spray, nella preparazione di materiali isolanti e di componenti elettronici, ecc... I CFC vengono fotodissociati dalla radiazione solare liberando quindi fluoro e/o cloro che, interagendo con l’ozono stratosferico, lo distruggono. Il loro successo nell’industria è dovuto al fatto che sono chimicamente molto stabili e non degradano; in realtà ciò è vero solo nelle condizioni ambientali al suolo o in prossimità perché nella alta atmosfera la molecola diventa molto reattiva e

55 Source: Kyoto Protocol to the United Nations Framework Convention on Climate Change, Article 3, Annex B (U.N., New York, 1997). Available online at: http://www.unfccc.de

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provoca i ben noti danni. Non tutti i CFC si comportano nei confronti dell’ozono nel solito modo, alcuni sono molto più dannosi di altri.

- Gas serra. Gas presenti nell’atmosfera trasparenti alla radiazioni solari incidenti, mentre sono opachi alla radiazione riflessa dal suolo verso lo spazio. Trattengono le radiazioni infrarosse emesse dal suolo e dalle superfici ricoperte dalle acque riscaldati dal sole. Il principale gas serra è il vapore acqueo (che forma le nuvole), a cui seguono in ordine di importanza per concentrazione, l’anidride carbonica, il metano, alcuni ossidi di azoto, l’ozono e altri composti che, insieme al vapore acqueo, nel complesso fanno sì che l’atmosfera terrestre produca un effetto serra naturale necessario alla vita vegetale, animale e umana. Ai gas serra naturali si aggiungono quelli di origine antropica che sono in parte uguali a quelli già presenti nell’aria (CO2, metano CH4, e altri) e in parte artificiali (CFC, HCFC e altri), che provocano un effetto serra aggiuntivo a quello naturale. È appunto questo effetto serra aggiuntivo a produrre effetti dannosi per l’equilibrio climatico del pianeta raggiunto dopo milioni di anni di evoluzione naturale. Il settore responsabile della maggior parte delle emissioni di gas serra è quello energetico, con il 78,5% delle emissioni totali, di cui il 73,3% è dovuto all’anidride carbonica, il 2,1% al metano e il 3,1% al protossido di azoto (N2O). Conteggiando le emissioni del settore energetico per punto di emissione, il 30,9% derivano dal settore di produzione e trasformazione dell’energia, il 14,8% dall’industria, il 17,8% dal settore dei trasporti, il 15,0% dal settore civile, agricolo, pesca e consumi militari.

- Inquinanti da traffico veicolare. Una sostanza che, presente nell’atmosfera per cause naturali o antropiche, causa una sensibile modificazione della composizione media dell’aria, è definita sostanza contaminante. In genere gli effetti di una sostanza contaminante sull’ambiente naturale possono essere positivi, nulli o negativi. Quando tali effetti sono negativi la sostanza si dice inquinante. Gli inquinanti atmosferici vengono distinti in due grandi categorie: primari e secondari. Gli inquinanti primari sono quelli emessi da fonti naturali o da attività umane, i secondari invece si formano nell’aria da reazioni chimiche. Esistono inquinanti stabili e instabili. Gli inquinanti stabili sono quelli che non partecipano a processi chimici nell’aria. Gli inquinanti instabili sono quelli che partecipano attivamente alla formazione di inquinanti secondari. Gli effetti negativi degli inquinanti sono dovuti alla loro concentrazione nell’aria, la quale è misurata in unità di densità (microgrammi, 1 g = 10 g ) di inquinante per metro cubo di aria, oppure in unità di volume, cioè in parti di inquinante in un milione di parti di aria (ppm). Non è possibile misurare o prevedere le concentrazioni istantanee degli inquinanti, poiché esse fluttuano rapidamente in modo caotico come conseguenza delle collisioni molecolari e delle variazioni casuali della velocità e della direzione del vento. Gli effetti dannosi sono prodotti dalle medie delle concentrazioni su lunghi periodi di tempo. Di seguito sono riportate le principali caratteristiche dei sette inquinanti che, essendo presenti in alte concentrazioni in aree urbane molto estese, motivano l’adozione di opportune misure di controllo.1. Il particolato è una qualunque sostanza, solida o liquida, eccetto l’acqua, in sospensione nell’atmosfera. Comprende il fumo, le ceneri volanti, l’aerosol, polvere, polline e sali di vario tipo. Le dimensioni variano da 0,01 a 10 m. I danni causati dal particolato dipendono dalla natura chimica delle particelle e dalle loro dimensioni. Particelle di dimensioni inferiori a 1 m possono penetrare nei polmoni e compromettere la funzionalità. Particelle acide o alcaline possono accelerare il deterioramento dei monumenti e delle piante. Particelle più grosse di 0,1 m tendono a ridurre la visibilità per quanto riguarda la viabilità veicolare. E’ caratteristico dei motori diesel ed è quasi assente nei motori a benzina. Tenendo conto delle minori

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percentuali di veicoli diesel circolanti e del fatto che si verifica elevata emissione solo nei mezzi a cattiva manutenzione, il particolato non è considerato come principale elemento inquinante connesso con il trasporto. Diventa importante nel caso di traffico elevato su strade non pavimentate con conseguente presenza di polvere nell’atmosfera. 2. L’anidride solforosa (SO2) è un gas particolare dall’odore pungente. Nell’aria l’anidride solforica reagisce chimicamente con l’ossigeno, l’acqua e il particolato dando luogo a vari ossidi di zolfo e solfati, genericamente indicati con SO x. Gli ossidi di zolfo sono dannosi all’apparato respiratorio, perché causano bronchiti ed enfisema. Miscele di ossidi di zolfo e particolato sono denominati smog killer, perché sono responsabili di gravi episodi di inquinamento verificatisi nel passato causando molte vittime (Londra 1952, New York 1966). Per la loro natura acida, gli ossidi di zolfo sono altamente corrosivi e sono uno dei principali fattori all’origine delle piogge acide in molti paesi del mondo. La presenza dell’anidride solforosa nelle aree urbane è però dovuta solo in minima parte ai trasporti (come il particolato è un prodotto tipico dei motori diesel); la causa principale di questo inquinante è il riscaldamento domestico prodotto da combustibili, come il carbone e il gasolio, che contengono zolfo. 3. Il Piombo (Pb) è un metallo pesante altamente tossico per l’uomo, può causare lesioni renali, al sistema nervoso e provocare anemia e inibizione della sintesi dell’emoglobina. E’ prodotto dalla combustione nei motori dei veicoli di benzine (come la super) che contengono composti del piombo con funzione antidetonante, per cui questa fonte di inquinamento può essere controllata riducendo o eliminando del tutto il quantitativo di additivi a base di piombo presente nei carburanti. 4. Gli idrocarburi incombusti (HC) considerati negli studi di qualità dell’aria non solo i composti di carbonio e idrogeno, ma anche una vasta gamma di sostanze volatili organiche, come le aldeidi e gli alcoli. I fumi di scarico dei veicoli e l’evaporazione dei carburanti contenuti nei serbatoi e nei circuiti di alimentazione sono esempi di fonti di emissione di HC. In particolare l’emissione è dovuta alla combustione incompleta del carburante, vengono emessi tipicamente dai motori alimentati con miscele ricche e nella fase di avviamento a freddo. Alle concentrazioni con cui sono normalmente presenti nell’aria delle città, gli idrocarburi per la maggior parte dei casi dei casi non sono nocivi. La loro importanza come inquinanti nasce dal fatto che reagiscono con altre sostanze dando luogo fra l’altro al biossido di azoto e all’ozono (in bassa quota), che sono altamente tossici. Uno dei più comuni idrocarburi, il metano, non partecipa a queste reazioni chimiche. Da qui la distinzione idrocarburi non metanici (NMHC) e idrocarburi reattivi (RHC), quelli che partecipano alle reazioni chimiche da cui derivano biossido di azoto e ozono. 5. Il monossido di carbonio (CO) è un gas inodore e incolore, dannoso per l’uomo e per le altre specie animali. Questo gas, una volta immesso nel sangue attraverso le vie respiratorie, si combina con l’emoglobina riducendone la capacità di trasportare l’ossigeno. Alle concentrazioni generalmente presenti nelle aree urbane con forti volumi di traffico il monossido di carbonio può causare l’aggravamento di problemi cardiovascolari e l’impedimento di funzioni psicomotorie, a concentrazioni più elevate può causare anche il coma e la morte. La principale causa della presenza di CO nell’atmosfera è la combustione incompleta di sostanze organiche, come quelle che alimentano i motori a scoppio degli autoveicoli, nei quali il rapporto aria-benzina è spesso inferiore al valore stechiometrico. Il monossido di carbonio risulta quindi strettamente connesso col traffico veicolare. 6. Il biossido di azoto (NO2) è un gas dal colore bruno e dall’odore pungente, responsabile del colore marroncino in molte aree inquinate. Esso è un inquinante secondario, la cui presenza nell’aria è dovuta principalmente all’ossidazione dell’ossido di azoto (NO), il quale si forma nei processi di combustione ad alta temperatura, come quelli che si verificano nelle centrali termoelettriche e nei motori dei veicoli stradali. L’insieme degli ossidi di azoto presenti nell’atmosfera, costituito

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essenzialmente da NO e NO2, è usualmente indicato con NOx. Gli ossidi di azoto reagiscono chimicamente nell’aria e danno luogo a prodotti che sono responsabili tra l’altro delle piogge acide. Il biossido di azoto è un gas tossico perché è un irritante polmonare che aggrava la vulnerabilità alle malattie dell’apparato respiratorio. 7. L’ozono (O3) è un gas incolore dall’odore pungente. Non ha fonti di emissione dirette, ma è un inquinante secondario risultante dalle reazioni fotochimiche che coinvolgono ossidi di azoto e idrocarburi. I prodotti di queste reazioni, indicati complessivamente come smog fotochimico, contengono oltre all’ozono e agli ossidi di azoto anche altri prodotti sospettati di essere inquinanti. Tuttavia allo stato attuale solo O3 e NO2 sono oggetto di norme tendenti a limitarne la concentrazione nell’aria. L’ozono è dannoso per l’uomo e per le specie animali perché un irritante polmonare. Esso causa diversi problemi respiratori, riduce la funzionalità dei polmoni e aumenta la vulnerabilità dell’organismo nei confronti delle malattie dell’apparato respiratorio. E’ inoltre tossico per le specie vegetali e dannoso per alcuni materiali. La formazione di O3 e NO2 è il risultato di una lunga serie di reazioni chimiche. L’ossido di azoto, che costituisce il 95% degli NOx emessi dai veicoli, si ossida in NO2 attraverso un lungo processo che inizia con la fotolisi di alcuni idrocarburi, anch’essi emessi dai veicoli, sotto l’azione della luce solare. A sua volta una molecola di NO2 si dissocia, sempre per fotolisi, dando luogo a una molecola di NO e a un atomo di ossigeno: NO2 NO + O Quest’ultimo si combina poi con una molecola di ossigeno atmosferico O2 dando origine a una molecola di ozono: O + O2 O3Queste due reazioni non sarebbero però in grado di determinare presenze di significative concentrazioni di ozono nell’aria, perché i due prodotti NO e O3, presenti in parti uguali, darebbero luogo alla seguente trasformazione: NO + O3 NO2 + O2 La causa che determina l’accumulo di ozono nell’aria è data dalla presenza di idrocarburi, i quali determinano l’ossidazione della molecola di NO in NO2 in tempi più rapidi di quelli richiesti dalla reazione precedente. I tempi richiesti dalle reazioni chimiche che producono NO2 e O3 e la necessità della presenza di luce solare, perché le reazioni si verifichino, dà luogo a tipiche variazioni nel corso della giornata delle concentrazioni di NO, NO2 e O3 nell’aria delle aree urbane.Le norme europee e italiane per la tutela della qualità dell’aria prevedono quattro diversi livelli ammissibili di concentrazione:a) valori limiti di qualità dell’aria, costituiti dai valori massimi delle concentrazioni a cui si ritiene possa essere esposto l’uomo, al di là dei quali esiste serio rischio per la salute;b) valori di allarme, definiti da quei valori di concentrazione che richiedono interventi urgenti atti a ridurre l’emissione di sostanze inquinanti, allo scopo di evitare un serio rischio sanitario per la popolazione;c) livelli di attenzione, definiti come quei valori di concentrazione tali da determinare condizioni di inquinamento che, se persistenti, determinano il rischio del raggiungimento dello stato di allarme;d) valori guida di qualità dell’aria, che specificano livelli di concentrazione finalizzati alla salvaguardia a lungo termine della salute umana e dell’ambiente.56 8. Il Benzene (C6H6) “è una sostanza con riconosciuto effetto cancerogeno57 per l’uomo. Studi epidemiologici hanno confermato come la sua inalazione aumenti il

56 Da tesi di laurea “Capacità ambientale del centro storico di Pistoia” di ing. Barbara Manganaro, Facoltà di Ingegneria Civile Sezione Trasporti, Pisa, 1997.

57 Bibliografia per gli effetti cancerogeni sull’uomo, indagine condotta sul Delta del Po e indagine condotta nei Comuni di Cascina e di Pisa: “Traffico veicolare: evidenze e prospettive di indagini per uno sviluppo compatibile con la tutela dell’ambiente”, Giovanni Viegi e Roberto Barale, Gruppo di Epidemiologia Ambientale dell’Istituto di Fisiologia Clinica CNR, Dipartimento di Scienza dell’Uomo e dell’Ambiente, Università degli Studi di Pisa.

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rischio di leucemie, da 15 a 50 casi ogni mille di insorgenza di malattia. Per tale motivo il benzene non dovrebbe più essere utilizzato come solvente in colle e vernici e la sua diffusione sui luoghi di lavoro è strettamente limitata dalla normativa che dal 1994 ha recepito una norma comunitaria; si trova invece in proporzioni non trascurabili nelle benzine per autotrazione e attualmente circa il 60% della quantità emessa nell’atmosfera deriva dal traffico, sia come emissione dai tubi di scappamento (85%) che per evaporazione durante la carica dei serbatoi (1%) o perdite di questi ultimi (14%). Del 53% dell’inquinamento atmosferico da idrocarburi sono responsabili i ciclomotori mentre i mezzi dotati di marmitta catalitica solo del 8%. Il benzene è presente anche nel fumo di sigaretta, pertanto la concentrazione di questo composto nelle abitazioni di fumatori risulta dal 30 al 50% superiore rispetto a quello riscontrato in case di non fumatori. Con l’obiettivo di ridurre il rischio sanitario della popolazione generale causato dall’esposizione al benzene sono stati emanati a partire dal 1994 diversi Decreti Ministeriali che hanno fissato “obiettivi di qualità” in merito alla sua concentrazione nell’atmosfera. Dal 1 gennaio 1996 l’obiettivo era di 15g per metrocubo di aria con riferimento alla media annuale. Dal 1 gennaio 1999 l’obiettivo è 10g/m3 .58 I controlli sino ad ora effettuati nelle città italiane evidenziano, in generale, un ampio superamento di tali obiettivi anche nei centri con meno di 150.000 abitanti, ancora formalmente esonerati dai monitoraggi previsti dalle normative. Il rischio per la salute è evidente, anche perché il benzene è una sostanza cancerogena e l’assunzione di qualsiasi quantitativo aumenta la probabilità di insorgenza di tumori, proporzionalmente alla quantità assunta: non è possibile infatti stabilire una soglia di sicurezza al di sotto della quale non vi è rischio per la salute. Anche se le fonti inquinanti sono molteplici è ormai chiaro che il traffico e le conseguenti emissioni di gas sono uno dei fattori di rischio per la salute dell’uomo almeno pari al fumo delle sigarette ‘che nuoce gravemente alla salute, infatti anche il benzene è una sostanza derivante dalla combustione del tabacco. Come confermato da un esperimento condotto dal WWF in diverse città italiane circa 400 ragazzi di età compresa fra gli 8 e i 18 anni avrebbero respirato gas nell’aria pari a 15 sigarette al giorno a Napoli, 13 a Milano, 11 a Torino, 10 a Roma e 5 a Firenze e Genova.”59

E’ evidente la necessità di realizzazione degli inventari delle emissioni, come indicato nel decreto anti-benzene (G.U. N°260 del 6.10.98) e dalle Direttive Comunitarie 96/62/EC e di contabilizzazione dei consumi. L’inventario delle emissioni e la contabilizzazione dei consumi sono premesse indispensabili per la suddivisione delle quote di consumo e di emissione delle differenti sostanze per soddisfare gli impegni di riduzione previsti dall’accordo di Kyoto60 e quelli stabiliti dai Protocolli della Convenzione di Ginevra.

58 Il Decreto del Ministero dell’Ambiente 23.10.98, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale N°260 del 6.11.98, impone la valutazione preliminare della qualità dell’aria del territorio comunale con l’indicazione delle aree maggiormente interessate dall’inquinamento e della popolazione in esso presente. Tale valutazione è finalizzata alla definizione dello stato della qualità dell’aria sulla base dei rilievi, dell’inventario delle sorgenti emissive stazionarie e mobili e di modelli attendibili di agenzie, organismi e altre istituzioni scientifiche. Lo stesso decreto indica le misure programmate, permanenti o periodiche, di limitazione o divieto della circolazione ai fini della prevenzione dell’inquinamento atmosferico, nelle zone individuate nella fase di valutazione. In esse devono essere predisposte e rafforzate adeguate alternative di modi di trasporto che assicurino il soddisfacimento della domanda di mobilità delle merci e delle persone tramite veicoli a ridotte emissioni inquinanti. Il PUT, Piano Urbano del Traffico, è lo strumento a breve periodo, a disposizione dei Comuni, che permette di raccordarsi con le legislazioni vigenti in materia di risparmio energetico, di inquinamento atmosferico e inquinamento acustico. 59 Da: Prima conferenza provinciale, “La qualità dell’aria nella provincia di Massa Carrara”, Campagna di rilevamento degli idrocarburi aromatici nell’aria condotta dall’Automobile Club di Massa Carrara da dicembre 1996 a luglio 1998. 60 Il livello di emissioni di CO2 del parco auto italiano nel 1990 era pari a circa 55 milioni di tonnellate. L’obiettivo presentato a Kyoto dal governo italiano era di ridurre le emissioni di CO 2 del 7% entro il 2010. Il protocollo sottoscritto a Kyoto ha fissato un obiettivo per l’UE del -8% entro il 2010.

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- IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), Commissione Intergovernativa delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici e che conta circa trecento climatologi. Nel 2° Rapporto di Valutazione sul Clima Globale di dicembre 1995 si sosteneva che:“È sempre più evidente l’influenza antropogenica sul clima globale, determinata dalle emissioni dei gas serra prodotti dalle attività umane.

Senza specifiche politiche e misure per mitigare i cambiamenti climatici, la temperatura media superficiale globale relativa al 1990 è destinata a crescere di circa 2° C (tra 1,5° e 3,5°) entro il 2100; il livello medio dei mari è destinato a crescere entro il 2100 di circa 50 cm (tra 15 e 95 cm) rispetto al 1990.

Il riscaldamento globale potrà determinare modifiche significative nei cicli climatici con l’intensificazione dei fenomeni estremi (forti precipitazioni con eventi alluvionali alternati a lunghi periodi di siccità), alterazione degli ecosistemi terrestri e acquatici, effetti sulla degradazione e aridificazione dei suoli, modificazioni delle produzioni agricole.L’aumento delle temperature avrà effetti sulla salute, diretti (incremento delle morti e delle malattie a causa delle ‘onde di calore) e indiretti (aumento e diffusione, anche nelle zone temperate, di malattie infettive tipiche delle zone tropicali).”Nella terza relazione pubblicata nel 2000, era previsto invece un aumento tra 1,5° e 6°C entro il 2100 e un innalzamento dei mari tra i 14 e gli 80 cm, con un valore medio di 47 cm, entro il 2100.La quarta relazione è prevista ad agosto 2007.

- Ossigeno. L’ing. Marco Bresci, presentò il documento “Mobilità sostenibile e ambiente” al Convegno della Commissione Tecnica dell’A.C.I. - Paestum, 22/23 giugno 2000, con una proposta. di intervento per la qualità dell’aria nelle città europee con monitoraggi sulla quantità di ossigeno. “Considerando che le situazioni più a rischio per la riduzione dell’ossigeno sono localizzate nelle città per la notevole combustione veicolare, propongo di inserire il limite del 19%, del contenuto medio di ossigeno nelle città europee, con più di 30.000 abitanti, come valore di soglia di allarme per la qualità dell’aria, al di sotto del quale debba essere attuato il blocco del traffico di tutti i veicoli a combustione fino al raggiungimento del 20%, media planetaria mondiale di ossigeno. Prevedere penalità per le Amministrazioni inadempienti. Quando si parla di qualità dell’aria, di obiettivi di qualità, dei valori di soglia di attenzione e di allarme per gli .inquinanti, si deve necessariamente aggiungere il valore sopraindicato per l’ossigeno, gas essenziale per la vita dell’uomo.”Non è etico monitorare gli inquinanti e non l’ossigeno che rappresenta uno dei più parametri della qualità dell’aria.

- Ozono. Molecola composta da tre atomi di ossigeno prodotta in modo naturale nella stratosfera dalla radiazione ultravioletta solare (UV). La produzione di ozono è massima nella stratosfera intertropicale, da dove viene poi trasportata dalle correnti verso le zone polari. La massima concentrazione di ozono è situata in una fascia compresa fra circa 20 km di quota (zone polari e alte latitudini) e 50 km (zone intertropicali e basse latitudini), che prende anche il nome di ozonosfera. Alcuni composti chimici, come i CFC, gli Halons (questi sono già stati proibiti negli estintori), il Tricloroetano, il Tetracloruro di Carbonio e il Bromuro di Metile (ancora usato in agricoltura) danneggiano l’ozono stratosferico. L’opera distruttiva è particolarmente efficace nelle zone polari, a causa di concomitanti condizioni dinamiche (vortici polari), termodinamiche (nubi polari stratosferiche) e fisico - chimiche (processi chimici eterogenei, interazione del vento solare, ecc...) che esaltano l’azione distruttiva. L’ozono in bassa quota, prodotto nelle città in presenza di particolari condizioni di temperatura, pressione e radiazione solare, a causa di processi fotochimici per la presenza di alcuni inquinanti prodotti dai veicoli a motore, è dannoso alla salute in

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quanto si tratta di un potente ossidante. È un gas incolore dall’odore acre e pungente che molti di noi conoscono perché viene emesso dalle stampanti laser. Non ha grandi fonti di emissione dirette, è prevalentemente un inquinante secondario risultante dalle reazioni fotochimiche che coinvolgono ossidi di azoto e idrocarburi. I prodotti di queste reazioni, indicati complessivamente come smog fotochimico, contengono oltre all’ozono e agli ossidi di azoto anche altri prodotti sospettati di essere inquinanti. L’ozono è dannoso per l’uomo e per le specie animali perché un irritante polmonare. Esso causa diversi problemi respiratori, riduce la funzionalità dei polmoni e aumenta la vulnerabilità dell’organismo nei confronti delle malattie dell’apparato respiratorio. È inoltre tossico per le specie vegetali e dannoso per alcuni materiali. Le piante di tabacco sono utilizzate come bioindicatori di ozono, perché sulle loro foglie si formano delle macchie bianche.

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Allegato 1 11th Conference of the Parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change and 1st Conference of the Parties serving as Meeting of the Parties to the Kyoto Protocol. Address by Dr R K Pachauri, Chairman of the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) at the High Level Segment. Montreal, Canada, 7 December 2005.

 11th Conference of the Parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change

and 1st Conference of the Parties serving as Meeting of the Parties to the Kyoto Protocol

Address by Dr R K Pachauri, Chairman of the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) at the High Level Segment

Montreal, Canada, 7 December 2005

 At this juncture while the Conference of the Parties is engaged in framing actions that would meet the challenge posed by past and future climate change, it would be relevant to highlight some major findings put forward in the Third Assessment Report (TAR) of the IPCC.

The Earth’s climate system has demonstrably changed on both global and regional scales since the pre-industrial era, and there is new and stronger evidence that most of the warming observed over the last 50 years is attributable to human activities.Observed changes in regional climate have affected many physical and biological systems, and there are preliminary indications that social and economic systems have also been affected.Projections using the SRES emissions scenarios based on a range of climate models point to an increase in globally averaged surface temperature of 1.4 to 5.8° C over the period 1990 to 2100. This is about two to ten times larger than the central value of observed warming over the 20th century, and the projected rate of warming is very likely to be without precedent during at least the last 10,000 years, based on paleo-climate data.The severity of the adverse impacts will be larger for greater cumulative emissions of greenhouse gases and associated changes in climate.There are many opportunities, including technological options, to reduce near-term emissions. Technical progress relevant to the potential for greenhouse gas emission reductions has been faster than anticipated.Reducing emissions of greenhouse gases to stabilize their atmospheric concentrations would lessen the pressures on natural and human systems from climate change and reduce damages caused by climate change. Both the pathways to stabilization and the stabilization levels themselves are key determinants of mitigation costs. The greater the reductions in emissions and the earlier they are introduced, the smaller and slower the projected changes. There would be attendant economic benefits flowing from early action.Adaptation is a necessary strategy at all scales to complement climate change mitigation efforts. Together these two sets of actions can contribute to meeting the objectives of sustainable development.Greater and more rapid climate change would pose greater challenges for adaptation and carry with it greater risks of damages than would lesser levels and slower rates of change.

May I refer to ongoing work in SBSTA on scientific, technical and socioeconomic aspects of mitigation and the five-year programme of work of SBSTA on impacts and vulnerability and adaptation to climate change. In that context it is submitted that there is a wealth of information contained in the TAR that should be used for this purpose.

I would also like to refer to another stream of work managed by the IPCC which provides data sets, climate related and other scenarios as well as other material, such as guidelines for using scenarios and which aims to

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facilitate impacts and adaptation research in developing countries, details of which are under consideration.The work of the Panel towards the completion of the Fourth Assessment Report (AR4) is proceeding as scheduled, and it is planned that this entire task would be completed in 2007 before this august body meets for COP-13. The assessment that would have been accomplished at that stage would consist of the reports of the three Working Groups of the IPCC and a Synthesis Report. The AR4 will contain additional and updated information as against the TAR. It will address some specific cross-cutting themes, which cover, in addition to other issues, scientific and technical aspects of Article 2 of the Convention and a greater focus on the assessment of regional vulnerability and impacts and the assessment of adaptation strategies. It is hoped that this work would be facilitated by significant follow up research beyond the TAR, which was initiated by various organizations (such as the UNEP/GEF AIACC project) on topics and in regions where inadequate information was available at the time of the TAR. IPCC is looking forward to assessing the results of this research in its AR4. In addition, may I also bring to the attention of this distinguished conference that during 2005 two Special Reports have been completed, dealing respectively with  "Safeguarding the Ozone Layer and the Global Climate System" and  "Carbon Dioxide Capture and Storage"Both these reports provide a comprehensive assessment of policy options in these areas of importance to decision-making. Both reports highlight mitigation options as part of an overall mitigation portfolio.The development of scenarios of future emissions and socioeconomic conditions is important for assessment of future climate change, including assessment of vulnerability and impacts and for the development of mitigation and adaptation strategies. The IPCC agreed in its last session that a new set of scenarios will be needed well before a possible Fifth Assessment Report of the IPCC. It is envisaged that the Panel will play a coordinating and facilitating role in the development of such new scenarios. The IPCC also recognizes that it is important for emission scenarios to span a wide range of socio-economic and emissions outcomes, with the explicit underpinning of socio-economic drivers, which would make them most suitable for assessment of impacts, vulnerability, adaptation and mitigation.In this brief statement I have tried to highlight the important elements of the IPCC's assessment in the TAR as they relate to the themes under discussion in this COP and its subsidiary bodies; progress made with the AR4; and some limited but timely work taken in hand for a possible AR5. It is hoped that this gathering will continue to focus on and be guided by the assessment work of the IPCC – work that we are privileged to perform by bringing together the world’s best experts and scientists on an ongoing basis to serve you and to serve the interests of the human race and all life on this planet.

http://www.ipcc.ch/press/sp-07122005.htm

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Allegato 2Il 16 febbraio 2006 entra in vigore il Protocollo di Kyoto: la nuova rivoluzione energetica di Massimiliano Varriale

Il Protocollo di Kyoto è un documento adottato nel 1997, nel corso della Terza Sessione della Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (UNFCCC) istituita nel corso della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992.Il Protocollo, che ha il carattere di un accordo internazionale, si prefigge lo scopo di stabilizzare le emissioni di gas serra (anidride carbonica, metano, ecc.) responsabili del Cambiamento climatico. L’obiettivo di base della Convenzione Quadro è “pervenire alla stabilizzazione della concentrazione in atmosfera dei gas ad effetto serra ad un livello tale da prevenire pericolose interferenze con il sistema climatico. Questo livello dovrebbe essere raggiunto in un arco di tempo tale da permettere agli ecosistemi di adattarsi naturalmente al cambiamento climatico, per assicurare che non sia minacciata la produzione di cibo e per consentire che lo sviluppo economico proceda in modo sostenibile”.La Convenzione fa riferimento a due importanti Principi espressi nel corso della Conferenza di Rio:1) il Principio della responsabilità comune ma differenziata secondo cui i paesi hanno responsabilità comuni ma differenziate a seconda delle loro condizioni di sviluppo, delle loro capacità d perturbare il clima e delle loro capacità di intervento.2) Il Principio di precauzione secondo cui quando sono presenti rischi di un danno serio e irreversibile l’incertezza delle conoscenze scientifiche non può essere usata come ragione per posticipare gli interventi.La Convenzione si avvale del prezioso apporto scientifico dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), ossia il gruppo di lavoro, costituito nel 1988 dal WMO (World Meteorological Organization) e dall’UNEP (United Nations Environment Programme), che annovera migliaia di scienziati di tutto il mondo, con lo scopo di indagare il cambiamento climatico, le sue cause, il contributo delle attività umane, le azioni da intraprendere per arrestare il cambiamento (mitigation) o per contenere i danni (adaptation). Grazie proprio agli accurati rapporti dell’IPCC (sino ad oggi ne sono stati pubblicati tre, il primo nel 1990, il secondo nel 1995 ed il terzo nel 2001) la Convenzione ha ben chiaro come il fattore di pressione determinante per i cambiamenti climatici è l’emissione antropogenica di gas serra e quindi l’importanza, al fine di stabilizzare il clima, di accordi internazionali che mirino a controllare e ridurre le emissioni. Il Protocollo di Kyoto è stato dunque il primo accordo in cui i Paesi dell'Annesso I (paesi industrializzati, paesi dell’est europeo e la Russia) hanno accettato degli impegni di riduzione delle emissione di gas serra.Più precisamente le Parti (i paesi industrializzati che hanno aderito alla Convenzione Quadro) e che hanno ratificato il Protocollo dovranno, individualmente o congiuntamente, assicurare che le emissioni derivanti dalle attività umane globali vengano ridotte del 5,2% entro il 2008-2012, rispetto ai livelli del 1990.Per entrare in vigore, il Protocollo, doveva essere ratificato da parte di almeno 55 paesi che nel 1990 responsabili almeno del 55% delle emissioni di CO2. La mancata ratifica da parte degli Stati Uniti (responsabile da sola di circa il 37% delle emissioni) ha reso determinante la ratifica da parte della Russia (responsabile di circa il 17% delle emissioni), senza tale importante contributo, ad ottobre del 2004, i 125 paesi che avevano già ratificato il Protocollo arrivavano appena a coprire il 44,2% delle emissioni.I paesi che hanno ratificato il Protocollo sono oggi 141. Il Protocollo prevede impegni di riduzione differenziati da paese a paese. All'interno dell'Unione Europea, che si è prefissa un obiettivo di riduzione della CO2 dell'8%, per l'Italia l'obiettivo si traduce in un impegno di riduzione del 6,5% delle emissioni.

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I Paesi che hanno ratificato il Protocollo, al fine di raggiungere il loro obiettivo, potranno avvalersi anche dei così detti "meccanismi flessibili": si tratta di misure quali l'Emission Trading (ET), il Clean Development Mechanism (CDM) e Joint Implementation (JM). La Joint Implementation o Implementazione congiunta consente ai paesi dell’Annesso 1 del Protocollo di stipulare accordi per gestire in comune gli obblighi di riduzione: all’atto pratico un paese industrializzato può decidere di trasferire quote di riduzione in un paese dell’Est Europeo attraverso un accordo di cooperazione tecnologica che permetta di ridurre le emissioni.Il Clean Development Mechanism o Meccanismo di sviluppo pulito prevede che un Paese dell’Annesso 1 può trasferire quote di riduzione delle emissioni in un paese in via di sviluppo. In pratica un paese industrializzato decide , tramite un accordo di cooperazione, di investire in tecnologie pulite ed efficienti nei paesi in via di sviluppo piuttosto che sul proprio territorio.L’Emission Trading o Commercio dei permessi di emissione prevede che un Paese dell’Annesso 1 può acquistare o vendere quote di anidride carbonica, cioè permessi di inquinare, da un altro paese dell’Annesso 1.Per stabilizzare la concentrazione dei gas serra ai livelli attuali, gli scienziati dell’IPCC ritengono necessarie riduzioni di CO2 ben superiori rispetto a quanto previsto dal Protocollo di Kyoto, addirittura del 60 – 80 %.Malgrado ciò il Protocollo rappresenta quel primo piccolo ma strategico passo verso la soluzione del problema dei cambiamenti climatici giacché per la prima volta saremmo riusciti ad invertire il trend delle emissioni clima alteranti che, dal 1860 ad oggi, ha continuato a crescere.

La situazione italiana

Abbiamo già visto come per l’Unione Europea l’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di gas serra dell’8% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2012. All’interno dell’UE, com’è noto, gli obiettivi sono assai diversificati: per l’Italia l’obiettivo si traduce in una riduzione del 6,5% delle emissioni.Le emissioni dell’Italia nel 1990 erano pari a circa 508 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2) e dunque l’obiettivo di Kyoto si traduce in un “tetto” alle emissioni di circa 475 MtCO2, raggiungibile sia attraverso misure dirette sul territorio nazionale sia con interventi in paesi terzi come regolato dai “meccanismi flessibili” previsti dal Protocollo di Kyoto.La stima delle emissioni dell’Italia per il 2003 è di circa 569 MtCO2 e dunque con una crescita di circa il 12% rispetto al 1990 e il 19,8% al di sopra dell’obiettivo.I settori di emissione di CO2 più rilevanti sono quello energetico (centrali termoelettriche) che aumenta da 132,8 Mt, nel 1990, a 155,7, nel 2003 con un incremento del 17,2%, quello dei trasporti che passa da 101,9 a 128,1 MtCO2 con un aumento del 25,8% e quello civile (terziario + abitazioni) che cresce da 76,1 a 85,8 MtCO2, con una crescita del 12,7%.Con la crescita delle emissioni registrata in questi anni, avremo un eccesso di emissioni rispetto all’obiettivo stimabile in circa 120 MtCO2, tutto questo quando, nello stesso periodo, l’Europa sta riducendo le proprie emissioni di CO2. Tale crescita delle emissioni denota l’assoluta incoerenza, contraddittorietà e insufficienza delle politiche energetiche messe in atto dal nostro paese, per raggiungere l’obiettivo di riduzione fissato. Molte delle misure individuate dall’Italia, al fine di ridurre le emissioni climalteranti, si sono dimostrate infatti, inefficaci. Si pensi ai decreti sul riordino del settore energetico (i cosiddetti “decreti Bersani e Letta”) attraverso gli obblighi sull’incremento delle

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fonti rinnovabili (certificati verdi) e sulle azioni di efficienza risparmio energetico (certificati bianchi) sia negli usi elettrici che del gas. Misure apparentemente utili ma che di fatto non hanno prodotto alcun risultato tangibile, questo anche a causa di distorsioni tutte italiane che invece di sostenere le fonti rinnovabili vere e l’efficienza energetica hanno premiato le assimilate (scarti di raffinerie, rifiuti, ecc.). Del resto le stesse disposizioni ultime in campo normativo non sembrano prospettare nulla di buono ad iniziare dal Dlgs 387/03 (di attuazione della Direttiva 77/2001 per la promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili) che, per l’ennesima volta, reintroduce i rifiuti (art.17) tra le fonti ammesse a beneficiare di sostegno economico, il tutto in aperto contrasto con quanto sancito dalla direttiva comunitaria.Anche in merito alla recente Direttiva Europea sull’Emission Trading, che introduce il commercio dei diritti di emissione per gli impianti di una certa importanza di alcuni settori, l’Italia è riuscita a fare male.Il nostro Piano nazionale di assegnazione (PNA) delle emissioni (agosto 2004) – al momento non ancora approvato da Bruxelles – trasforma l’applicazione della direttiva in una occasione mancata per collegare agli obiettivi di Kyoto uno strumento di mercato che dovrebbe premiare le imprese più efficienti e favorirne dunque gli investimenti in nuove tecnologie.Infatti, il PNA consente – contraddicendo la delibera CIPE del 2002 – un’ elevata crescita delle emissioni al settore elettrico, anziché una loro stabilizzazione e di fatto permette a questo settore di “sforare” il precedente tetto delle emissioni e di poter allo stesso tempo vendere permessi di emissione che ha avuto in largo eccesso.In realtà la revisione delle stime introdotte introdotta dal Piano Nazionale di Assegnazione ha la sua ragione d’essere nella spinta da parte di alcuni produttori di elettricità a rivedere il mix dei combustibili aumentando la quota di carbone in sostituzione dell’olio combustibile.Questa tendenza non fa però i conti con gli obiettivi di Kyoto e con i costi futuri delle emissioni in eccesso come regolate dalla direttiva sull’Emission Trading.Infatti, il costo dei permessi di emissione è stimato nel medio periodo in 10-20 €/tCO2, mentre le multe per chi non raggiunge gli obiettivi saranno inizialmente di 40 € e a regime di 100 € tCO2. Anche assumendo un “costo” di 10-20 €/tCO2, poiché il kWh da carbone “pulito” pesa oltre il doppio rispetto al kWh da gas a ciclo combinato, l’ “extracosto di Kyoto” è stimabile in circa 0,4-0,8 centesimi di € per kWh carbone.Va infatti detto che una moderna centrale a ciclo combinato a gas emette 360 g di CO2 per kwh prodotto, per contro una moderna centrale a carbone ne emette ben 790 di g di CO2 per kwh. Questo costo, viene scaricato sul bilancio pubblico, proprio per la quota largamente esuberante di permessi di emissione attribuiti al settore elettrico come sopra ricordato.Questo settore, dunque, può operare la scelta del carbone – che emette oltre il doppio del gas a parità di elettricità prodotta - senza dover acquistare permessi di emissione. Questa spinta verso il carbone introduce delle dinamiche che renderanno gli obiettivi di Kyoto fuori dalla nostra portata. Inoltre, non ha ragione di essere l’obiezione secondo la quale l’Italia, avendo una buona “efficienza economica” – avendo una bassa intensità energetica – si troverebbe in maggiore difficoltà rispetto ad altri Paesi nel migliorare ulteriormente. L’efficienza delle nostre tecnologie non è, in generale, migliore di quella degli altri grandi Paesi europei. L’Italia ha un notevole potenziale di miglioramento: occorre investire in innovazione e efficienza in tutti i settori, in fonti rinnovabili e pulite, in nuove politiche della mobilità.Massimiliano Varriale

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Allegato 3: Atti di Schio, Associazione Dirigibili Archimede

I dirigibili fra tecnologia ed economia, Nicola Masi - Associazione Dirigibili Archimede tratto dagli atti del Convegno "I dirigibili: dal passato al futuro", Schio, 8 ottobre 2005

Con questa presentazione si cercherà di dimostrare che il dirigibile non è un venerabile e magari interessante reperto di archeologia industriale ma una macchina che attualmente è in grado di dare (e probabilmente ancor più lo sarà in futuro) efficaci risposte a molteplici esigenze in numerosi settori.

Si sosterrà fra l’altro, con alcune considerazioni fra tecnologia ed economia, che un discorso esauriente sulle potenzalità dei dirigibili impone di non fermarsi ad enunciati generali ma di procedere ad analisi più di dettaglio per cogliere l’idoneità dei diversi tipi di dirigibile a rispondere in concreto a specifiche esigenze poste da mercati diversi.

La presentazione si svolgerà attraverso una serie di affermazioni, ciascuna seguita da argomentazioni di supporto.

Ove possibile si cercherà di portare a sostegno delle affermazioni elementi quantitativi e informazioni puntuali.

Partiamo dalla prima affermazione:

1. I dirigibili non sono una tecnologia del passato: esistono e lavorano

Il primo punto da far presente quando si parla di rinascita dei dirigibili è che i dirigibili sono già rinati (o meglio non sono mai morti).

La distruzione dell’Hindenburg segnò la fine dei grandi dirigibili rigidi. Continuarono invece ad operare con vari ruoli numerosi dirigibili flosci (blimp). Durante la seconda guerra mondiale la US Navy ne impiegò con grande successo oltre 100 per proteggere il traffico marittimo contro gli attacchi dei sommergibili.

Nel dopoguerra, fino al ’62, proseguì l’uso militare del dirigibile come componente del sistema USA di “early warning”, con il ricorso a interessanti soluzioni tecniche (antenne radar collocate all’interno dell’involucro) e realizzazione di performance di grande rilievo, sia come autonomia che come capacità di operare in avverse condizioni meteorologiche.

In campo civile continuò regolarmente l’attività di dirigibili di piccole dimensioni a scopi pubblicitari (famosissimi i dirigibili Goodyear uno dei quali operò per diversi anni anche in Italia).

Furono anche sviluppati progetti per la realizzazione di grandi dirigibili, prevalentemente da trasporto, nessuno dei quali superò tuttavia la fase del progetto.

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A partire dal ’73 (data simbolica che segna l’inizio dell’attenzione per le problematiche energetiche e ambientali) comincia a crescere nuovamente l’interesse per i dirigibili come mezzi a basso consumo e poco inquinanti. Si ricomincia a pensare sia a grandi aeronavi (che restano sulla carta) che a dirigibili di minori dimensioni (che vengono costruiti e utilizzati).

Attualmente diversi paesi sono attivi nel settore, con imprese che producono o gestiscono dirigibili. Si tratta di mezzi di piccole dimensioni, utilizzati per pubblicità, riprese aeree, attività di sorveglianza, turismo a breve raggio, ricerca scientifica.

Pubblicità con un ABC A60+ Voli turistici con uno Skyship 600 (Skycruise Szitzerland)

Fra le imprese operanti nella costruzione e gestione di dirigibili nei vari paesi possiamo citare (elenco non esaustivo):

USA: Aeros Corporation, American Blimp Corporation, Global Skyship Industries, Goodyear, Lockheed Martin, ...

Germania: Zeppelin Luftschifftechnik, WDL, Gefa-FlugRussia: RosaerosystemsRegno Unito: Cameron, LindstrandFrancia: VolirisSvizzera: Skycruise Switzerland Sono poi in corso di realizzazione numerosi progetti per lo sviluppo di grandi dirigibili. I principali filoni di ricerca in questo campo riguardano dirigibili per trasporto pesante e dirigibili stratosferici da impiegare come piattaforme per telecomunicazioni o per osservazione della terra (inclusa la vigilanza per finalità di sicurezza). Si tratta di iniziative promosse prevalentemente da agenzie pubbliche, spesso dell’area della DifesaSi riportano di seguito alcuni dei più significativi progetti in corso e i soggetti promotori:USA- “High Altitude Airship”/US Missile Defense Agency: dirigibile da impiegare come piattaforma stratosferica multimissione per sorveglianza e telecomunicazioni- “Walrus”/DARPA: dirigibile da trasporto tattico pesante su lunghe distanze (500 tonn di carico a oltre 20.000 km) - “ISIS”/DARPA: dirigibile stratosferico per sorveglianza e telecomunicazioni con antenna integrata nella struttura

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- “Stratellite”/Sanswire Networks: progetto privato di dirigibile stratosferico per telecomunicazioni a banda larga Giappone- “Stratospheric Platform Project”/JAXA-NICT: dirigibile stratosferico per telecomunicazioni, trasmissioni, osservazione della terraCorea del sud- “Stratospheric Aircraft Program”/KARI: dirigibile stratosferico per telecomunicazioni, trasmissioni, sorveglianzaEuropa “Capanina Project”/Consorzio europeo: sistema per comunicazioni a banda larga basato su dirigibili stratosferici

HAA, ipotesi grafica di Lockheed Walrus ipotesi grafica di Aeros

Il panorama delle attività rivolte ai dirigibili non sarebbe completo se non ricordassimo le associazioni o i centri di ricerca che con regolarità organizzano importanti convegni internazionali dedicati ai dirigibili, cui partecipano imprese (produttori, gestori, potenziali clienti e fornitori), pubbliche amministrazioni, università centri di ricerca, e in cui si affrontano i temi di maggiore rilevanza per lo sviluppo di un’industria dei dirigibili

•The Airship Association (UK): convegni biennali •DGLR (Associazione Tedesca per l’Aeronautica e l’Astronautica) (DE): workshop annuali•Manitoba University – Transport Institute (CA): convegni annuali “Airship to the Arctic” (atti disponibili in rete)•AIAA (Istituto Americano di Aeronautica e Astronautica) (USA): convegni annuali

2. I dirigibili potrebbero occupare uno spazio largamente superiore a quello attuale (anche in Italia)

Questa seconda affermazione ci porta a parlare di alcune specifiche caratteristiche del dirigibile che risultano particolarmente interessanti per una serie di possibili impieghi:

Autonomia e durata in volo. E’ questa la più nota e rilevante caratteristica del dirigibile, dipendente dal fatto che questo mezzo non usa energia per sostentarsi ma solo per spostarsi.

Per avere un’idea più precisa, ricordiamo che nel 1957 un dirigibile della marina americana rimase in volo senza rifornimento per 264 h (11 gg), percorrendo 15.205 km. Performance di grandissimo rilievo ma che non rappresenta per questo tipo di mezzo una prestazione imprevedibile: nel 1954 un altro dirigibile della marina USA era rimasto in volo per oltre 200 ore; nel 1929, durante il giro del mondo in 4 tappe, il Graf Zeppelin aveva coperto gli oltre 11.000 km della tratta Friedrichshafen-Tokio; nel 1926 l’italiano Norge (un dirigibile relativamente piccolo) aveva percorso senza scalo

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5.500 km sui ghiacci dell’Artide e, risalendo ancora indietro nel tempo, nel 1917, il dirigibile tedesco L59 era rimasto in volo per 95 ore, percorrendo 6.750 km durante un tentativo di rifornimento alle truppe tedesche che combattevano in Africa Orientale.

Lo ZPG 2 Snowbird: record di durata 264 h(Naval Airship Association)

Capacità di carico: nel 1936 l’Hindenburg poteva sollevare un carico utile di 112 tonn. Durante la prima guerra mondiale i dirigibili rigidi tedeschi avevano già la capacità di portare decine di tonnellate di carico utile. Il dirigibile rigido americano “Akron”, nel 1931, era in grado di trasportare 270 persone e 5 aerei da caccia a una distanza di 16.000 km. Grandi dimensioni: i dirigibili, in quanto mezzi a dislocamento, devono essere molto grandi, tanto più grandi quanto maggiori sono i pesi che sono destinati a sollevare. Già alla fine della prima guerra mondiale si costruivano dirigibili che superavano abbondantemente i 200 m di lunghezza e i 60.000 mc di volume. Nel ’35, con l’Hindenburg le dimensioni avevano raggiunto i 245 m di lunghezza e i 200.000 mc di volume. Le grandi dimensioni, che per un verso costituiscono un problema (costi di costruzione, manutenzione, gestione del mezzo e delle infrastrutture, ...), per un altro verso consentono al dirigibile di offrire un servizio unico nel settore delle merci ingombranti. Le grandi cubature rendono possibile infatti la sistemazione di carichi di dimensioni o forme incompatibili con buona parte degli altri mezzi di trasporto. Per il trasporto passeggeri poi grandi spazi significano comfort. Infine la grande dimensione consente di collocare la sala riunioni Dimensioni a confronto:Hindenburg - Titanic la sala riunioni

(www.ciderpresspottery.com)

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all’interno dell’involucro carichi di missione particolarmente voluminosi. E’ nota al riguardo l’esperienza della US Navy che, nel secondo dopoguerra, utilizzò i dirigibili come radar volanti, collocando le antenne all’interno dell’involucro in modo che fossero al riparo dagli agenti atmosferici e, al tempo stesso, da non si creassero problemi di resistenza aerodinamica (su un concetto analogo si basa il progetto ISIS della DARPA, attualmente in corso). Volo lento o stazionario: il dirigibile, sostentandosi non per effetto della portanza ma della spinta di Archimede, ha un’ampia possibilità di scegliere la velocità in funzione delle esigenze della missione; da velocità non elevate ma neppure trascurabili (140 kmh di massima nel 1936) fino alla completa immobilità sul punto prescelto. Preziosa si dimostra questa capacità in missioni come la scorta convogli o il pattugliamento o, in campo civile, in attività pubblicitarie o riprese aeree.Efficienza energetica: nel dirigibile, essendo la sostentazione ordinariamente assicurata dal gas, i motori servono soltanto per spostarsi, questo determina consumi energetici per ora di volo estrememente bassi. Tale caratteristica, di evidente interesse economico in numerosi tipi di impiego, può assumere una grande rilevanza in presenza di scenari di crisi energetica e di forti aumenti dei prezzi dei carburanti.Basso impatto ambientale (emissioni, rumore, turbolenza). Il basso consumo energetico ha come riflesso immediato un minore impatto ambientale che, in alcune fasi può diventare minimo. Si pensi in particolare al caso del decollo che per l’aereo rappresenta la fase ambientalmente più impegnativa mentre per un dirigibile, soprattutto se effettuato in modalità totalmente aerostatica, comporta livelli di inquinamento atmosferico e sonoro praticamente nulli. Inoltre, in caso di missioni in cui una bassa invasività è un requisito essenziale, si possono prevedere soluzioni progettuali mirate, come ad esempio l’utilizzo totale o parziale di motori elettrici. Possibilità di effettuare operazioni in zone prive di aeroporti. Il dirigibile, in quanto mezzo aerostatico, può atterrare e decollare verticalmente, non ha dunque bisogno di lunghe piste in cemento. Questo non vuol dire che possa fare a meno di infrastrutture, che invece sono necessarie e in parte anche impegnative. In particolare possiamo individuare tre situazioni:- base principale di ricovero e manutenzione con infrastrutturazione completa (Hangar, piloni di ormeggio, depositi del gas, officine di manutenzione, ...)- punti di imbarco/sbarco dotati di solo pilone di ormeggio e strutture per il rifornimento- terreni non preparati su cui effettuare operazioni in condizioni favorevoli o in emergenza

Il Macon entra nell’hangar (Naval Airship Association) Il Graf Zeppelin sull’acqua ormeggiato al piloneLo Shenandoah (Naval Airship Association)

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Questa caratteristica permette di prevedere soluzioni di trasporto punto a punto, evitando le rotture di carico, di intervenire con efficacia nelle emergenze, in zone in cui l’infrastruttura di trasporto sia fuori uso o inesistente, di offrire una capacità di trasporto supplementare in situazioni di saturazione delle strutture esistenti.

Infine la sicurezza: può sembrare strano elencare la sicurezza fra i pregi dei dirigibili per chi ha come principale immagine del dirigibile il rogo dell’Hindenburg, probabilmente il più famoso incidente della storia dell’aeronautica. Va detto a questo proposito che i numeri non supportano tale fama, nè con riferimento al totale delle perdite umane verificatesi in quell’occasione (35) nè alla quota sul totale delle persone a bordo (1/3). Va inoltre ricordato che con l’Hindenburg si ebbero le prime perdite di passeggeri subite dalla Zeppelin dall’inizio delle operazioni commerciali nel 1910 (2.300 voli e 50.000 passeggeri trasportati).

E’ vero che i dirigibili rigidi subirono incidenti anche più gravi, sono però da tenere presenti alcune circostanze:- un buon numero degli incidenti coinvolsero aeronavi militari che tendevano a confrontarsi con situazioni di rischio che non sarebbero state accettabili nel corso di operazioni commerciali, soprattutto con passeggeri. - in diversi casi si trattava di dirigibili sperimentali- gli anni in cui si svolse la maggior parte della vicenda dei dirigibili erano gli anni in cui fra prove ed errori si imparava a volare

Da segnalare infine, come positiva peculiarità del dirigibile evidenziata dalle statistiche sugli incidenti, il fatto che in caso di incidenti, anche gravi per il mezzo, raramente si hanno perdite umane totali (spesso non si ha nessuna perdita).

Ricordiamo ancora che dal 1937 oltre 1 milione di passeggeri ha volato su dirigibili senza subire alcun danno.

Si elencano di seguito alcuni elementi che concorrono a garantire ai dirigibili elevati livelli di sicurezza- la possibilità di restare in volo (allo stesso modo di un pallone libero) anche in caso di arresto di tutti i motori- la possibilità di effettuare riparazioni in volo (anche all’esterno del mezzo)- la possibilità di atterrare (e di effettuare rifornimenti di emergenza) anche in assenza di aeroporti- la velocità bassa (o nulla) al momento dell’atterraggio e del decollo- la scarsa sensibilità ad alcuni fenomeni atmosferici come ad es. la nebbia- vi è poi da considerare la sostituzione, nei dirigibili moderni, dell’elio all’idrogeno- si deve infine tener conto degli effetti, anche sulla sicurezza, degli straordinari progressi nella tecnica aeronautica e nella meteorologia di cui si dirà più avanti

3. Se i dirigibili hanno realizzato in passato prestazioni che sarebbero interessanti anche oggi, le tecnologie attualmente disponibili consentono di accrescerne enormemente l’efficacia

Dal periodo in cui i dirigibili hanno realizzato molte delle interessanti prestazioni ricordate sono passati parecchi decenni; un periodo molto intenso sotto il profilo scientifico e tecnologico.

L’elenco delle innovazioni oggi disponibili rispetto al periodo fra le due guerre è impressionante.

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Queste conoscenze non si sono, per ovvi motivi, riflesse in modo diretto sui dirigibili, se non in parte.

Riportiamo di seguito un elenco (ovviamente non esaustivo) di innovazioni di particolare rilevanza per i dirigibili.

1. Possiamo cominciare da quelle “esterne al dirigibile”, innovazioni che renderebbero anche un ipotetico mezzo degli anni ’20 o ’30 trasportato ai nostri giorni molto più performante e sicuro, per il solo fatto di operare in un contesto contemporaneo.

Ricordiamo anzitutto gli eccezionali progressi intervenuti nella meteorologia, sia come comprensione dei fenomeni atmosferici che come disponibilità in tempo reale di dati sul clima dell’intero pianeta. Progressi che, offrendo un sostanziale aiuto alla navigazione, consentono più elevati livelli sia di sicurezza che di redditività.

Fra le altre condizioni favorevoli “esterne” ricordiamo l’esistenza di una capillare rete di radioassistenza, la diffusione di punti di appoggio, anche se non specialistici, per manutenzione e rifornimento, ....

2. Vi è poi un secondo gruppo di miglioramenti, che riguardano questa volta il dirigibile ma che possono essere adottati senza apportare modifiche alla struttura del mezzo.

Si pensi al GPS che consente di superare una delle più rilevanti difficoltà di navigazione dei dirigibili storici, quella di definire la propria posizione in assenza di punti di riferimento. Ricordiamo, per inciso, come questa circostanza sia considerata fra le concause della perdita del dirigibile Italia. Si pensi ancora alle radio: il peso di una stazione radio negli anni ’20 era valutato in 200 kg, a cui era da aggiungere il peso dell’operatore (e se il viaggio era lungo, di due operatori) ....

3. C’è infine quell’insieme di avanzamenti che consente/richiede estesi interventi della progettazione.

Citiamo a titolo di esempio:

- i materiali strutturali: nuove leghe di alluminio, titanio, fibra di carbonio, kevlar, ...

- i materiali per l’involucro: sostituzione ai tessuti e alle membrane naturali di materiali sintetici come nylon, poliesteri (dacron), poliuretano e loro combinazioni nei materiali laminati. Risultato, grandi risparmi di peso su un componente che costituisce parte notevole della massa di un dirigibile. I vantaggi dei nuovi materiali da involucro non si limitano al minor peso, esse comprendono maggiore durata, minore permeabilità al gas, minore necessità di manutenzione. Per avere un’idea più precisa dell’entità dei progressi in quest’area si pensi che le straordinarie qualità di resistenza alle sollecitazioni dei nuovi materiali hanno consentito, già dal secondo dopoguerra, di costruire dirigibili flosci da oltre 40.000 mc (prima della guerra la frontiera dimensionale per i dirigibili di questo tipo era intorno ai 10.000 mc).

- i motori: più affidabili, più leggeri (riduzione di almeno 1/3 del peso per hp), più economi.

Sempre a proposito del sistema propulsione, un’innovazione fondamentale è quella delle eliche orientabili che assicurano un’accresciuta manovrabilità e, in particolare,

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facilitano grandemente la manovra a terra, riducendo il fabbisogno di personale di supporto.

Vi è ancora l’impatto pervasivo dei computer, dalla progettazione alle operazioni, all’automazione dei processi in volo e a terra.

Teniamo anche conto dei progressi nei processi produttivi che riducono i costi di un mezzo che già nel 1917 aveva interessanti tempi di produzione (i Cantieri Zeppelin, nel 1917 costruivano un grande dirigibile rigido da circa 50.000 mc in sei settimane)

Vi sono infine da considerare, non meno interessanti delle innovazioni sui dirigibili, quelle sui carichi di missione, che aprono nuove possibilità d’impiego e nuovi mercati (sensori, apparati per tlc, ...)

Accanto alle enormi innovazioni disponibili da subito, le evoluzioni in corso in numerosi settori scientifici aprono ampie prospettive di ulteriori sostanziali miglioramenti.

Citiamo a titolo di esempio alcune tecnologie di particolare interesse per lo sviluppo dei dirigibili:

- Robotica: contenimento dei costi a terra e dei costi e dei pesi in volo- Tecnologie dell’idrogeno: celle a combustibile per dirigibili d’alta quota ma anche, in prospettiva, riscoperta dell’idrogeno come gas di sostentazione- Batterie leggere: riduzione dei pesi e soprattutto per gli UAV, aumento di autonomia- Celle fotovoltaiche: aumento di tempi di permanenza in volo per i dirigibili stratosferici e possibile fonte energetica aggiuntiva per gli altri- Pilotaggio a distanza: possibilità di riduzione di costi e pesi per numerose operazioni, oltre alla possibilità di affrontare missioni con livelli di rischio altrimenti inaccettabili. Di grande importanza anche la possibilità offerta dagli UAV di contenere i costi delle sperimentazioni - E ancora, ulteriori progressi nei materiali, nei sensori, ...

Cominciamo adesso ad allontanarci dalla tecnologia affermando, anche sulla base di quanto abbiamo detto sopra che:

4. I principali problemi per un ritorno dei dirigibili non sono tecnologici ma economici

Abbiamo visto che la tecnologia di parecchi decenni addietro consentiva di ottenere prestazioni interessanti, abbiamo visto che quelle prestazioni, certe perchè già conseguite in passato, potrebbero essere sostanzialmente migliorate oggi.

Alla ovvia domanda sul perchè non vediamo una presenza significativa di dirigibili nei nostri cieli, la risposta va cercata probabilmente più nel campo dell’economia che in quello della tecnologia.

Abbiamo detto prima dei vantaggi tecnologici del dirigibile, vediamo adesso alcune criticità che esso presenta sul versante economico.

Anzitutto il carico di personale.

Storicamente il dirigibile è stato un mezzo le cui operazioni hanno richiesto grandi quantità di personale, sia in volo che a terra.

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Durante i voli transoceanici i grandi dirigibili tedeschi impiegavano equipaggi di decine di persone, la manovra a terra richiedeva, sia pure per brevi periodi, centinaia di addetti. Per un dirigibile passeggeri da 35.000 mc (medio/75 passeggeri) Nobile, nel 1922, stimava in 12 unità il personale navigante e in 150 unità personale di manovra a terra. Dati del genere, se fossero validi ancor oggi basterebbero da soli a decretare l’antieconomicità del dirigibile.

Naturalmente i progressi cui si faceva riferimento in precedenza (dall’automazione alla maggiore manovrabilità) modificano radicalmente tale situazione, come si può già osservare nei piccoli dirigibili attualmente in servizio. L’avvio di specifiche ricerche sul tema rende assolutamente prevedibili ulteriori importanti miglioramenti.

Quella del personale resta comunque una variabile cui occorrerà prestare la massima attenzione sia nella progettazione dei mezzi che in quella delle infrastrutture.

Un secondo aspetto è relativo al costo dell’infrastruttura.

Abbiamo già accennato alle esigenze infrastrutturali dei dirigibili.

Tornando sul punto dal lato dei costi, osserviamo che se per le basi principali occorre prevedere forti investimenti, i punti di appoggio intermedi richiedono costi contenuti; per i terreni non preparati ovviamente i costi sono minimi o nulli.

Traino meccanico di un WDL 1B (WDL) Un ABC A60+ ormeggiato al pilone

Si può così sostenere che il sistema infrastrutturale per i dirigibili ha costi medi a regime complessivamente contenuti.

Va però detto che quello che determina l’economicità di un’infrastruttura è soprattutto il tasso di utilizzazione.

Un’infrastruttura poco costosa ma che si usa poco, costa molto.

Questo è un altro dei punti che condizionano lo sviluppo di un’industria dei dirigibili e la cui soluzione richiederà interventi sia di tipo tecnologico che gestionale.

Un’ultima questione che voglio citare in questa sezione e che rappresenta uno dei grandi ostacoli al ritorno dei dirigibili è quella dell’industria nascente (nel caso specifico ri-nascente).

Un’industria al suo nascere si trova a fronteggiare una serie di situazioni che determinano, nel loro complesso, maggiori costi e minori ricavi e che attengono sia al contesto che agli operatori.

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Partendo dal contesto, un’industria dei dirigibili nel suo stadio iniziale non troverebbe intorno a sé né le infrastrutture necessarie, né il personale preparato, né la rete di assistenza specifica, tutto sarebbe da sviluppare ex novo. Saremmo in presenza di una situazione “uovo-gallina”: il contesto non si crea perchè manca l’industria, l’industria incontra gravi difficoltà a svilupparsi perchè manca un ambiente favorevole.

Ma non si tratta solo delle condizioni esterne; chi avvia un’attività si trova di solito all’inizio della curva di apprendimento, l’organizzazione dovrà nel tempo (e con costi) sviluppare il necessario know-how tecnologico, operativo, di mercato.

A proposito di vincoli derivanti dal contesto voglio portare l’esempio dell’attuale situazione di assenza di infrastrutture distribuite che costringe chi voglia utilizzare un dirigibile lontano dalla sua base a portarsi dietro personale e infrastrutture, sostenendo extracosti considerevoli.

E tuttavia, pur in presenza di questo notevole handicap, nel corso del 2004 sono stati spostati dalla Svizzera ad Atene due dirigibili impiegati durante i giochi olimpici e uno Zeppelin NT ha realizzato per la BMW un tour pubblicitario dell’Europa sud orientale. Questo ci dice qualcosa sul valore che nei due casi citati i clienti hanno attribuito al servizio reso dal dirigibile.

Pubblicità fuori sede per lo Zeppelin NT (Zeppelin Luftschifftechnik)

Il gruppo di criticità riconducibili al caso dell’industria nascente è forse il più rilevante e determina grandi difficoltà di avvio ma ha il vantaggio di essere transitorio, di avere una naturale tendenza a diminuire d’importanza nel tempo.

Un ulteriore punto da sottolineare è che quando si parla del futuro dei dirigibili si tende troppo spesso ad affrontare l’argomento della competitività del dirigibile in termini generali, in realtà:

5. Non si può parlare di mercati in generale o di dirigibili in generale

Non ha molto senso (non solo per i dirigibili) parlare di competitività in modo indifferenziato. Questa si può apprezzare solo con riferimento a specifici mercati e a specifici impieghi, rispetto ai quali una certa soluzione è più o meno adeguata.

Le caratteristiche del dirigibile che abbiamo descritto in precedenza, lo rendono potenzialmente adatto a fornire efficaci risposte alle esigenze espresse da alcuni mercati/impieghi come,

- Pubblicità- Riprese aeree

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- Pattugliamento e monitoraggio- Ricerca scientifica- Turismo a breve raggio- Turismo a lungo raggio- Trasporto carichi pesanti/ingombranti- Telecomunicazioni

(in corsivo sono indicati quei mercati che, pur interessanti per i dirigibili, richiederebbero mezzi più grandi e con caratteristiche diverse rispetto a quelli attualmente in produzione)

Sui diversi mercati il dirigibile si presenta con livelli diversi di competitività.

La figura che segue offre una schematica rappresentazione del possibile grado di idoneità dei dirigibili a soddisfare le esigenze espresse da alcuni mercati significativi, procedendo da un’area centrale a forte competitività verso aree periferiche a progressivamente minore vantaggio competitivo.

Va precisato che la figura non pretende di fornire precise indicazioni quantitative, che richiederebbero approfondimenti assai maggiori di quanto possibile in questa sede, essa vuol essere soprattutto uno stimolo alla riflessione e un’indicazione orientativa delle differente coerenza fra i punti di forza del dirigibile e alcune aree di domanda.

Nella zona di alta competitività, il dirigibile è fortemente avvantaggiato dalle sue specifiche caratteristiche.

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Si trovano poi altri mercati per cui le caratteristiche dei dirigibili rimangono interessanti pur non rappresentando vantaggi decisivi; in quest’area si potrà validamente competere per l’acquisizione di quote di mercato.

Sia nell’area a competitività alta che in quella media si trovano settori di grandi dimensioni e con sostanziali prospettive di crescita, in grado di generare volumi di domanda su cui si può ragionevolmente fondare lo sviluppo di un’industria dei dirigibili.

Su alcuni di questi mercati (pubblicità, turismo a breve raggio, osservazione aerea) i dirigibili sono già presenti, l’ingresso in altri (trasporto pesante, turismo a lungo raggio e soprattutto telecomunicazioni) richiede lo sviluppo di mezzi dalle caratteristiche adeguate.

Nella figura si è presa in considerazione anche un’area di svantaggio competitivo, in cui si ritiene che il dirigibile offra una risposta meno soddisfacente rispetto a quella degli altri mezzi (ad esempio l’aereo nel caso del trasporto di linea di passeggeri), quest’area non costituisce la base dei calcoli di convenienza ma è da tener presente perchè, una volta avviata l’attività su altri presupposti, da essa, in presenza di condizioni favorevoli o di una strategia di saturazione della capacità, possono provenire ulteriori quote di domanda.

Non tutti gli impieghi descritti possono essere svolti in modo ottimale dagli stessi dirigibili. Un ulteriore passo consiste nel mettere in relazione i tipi di mercati/impieghi con i diversi tipi di dirigibili.

La tabella che segue illustra, sempre in modo schematico e come supporto al ragionamento, il grado di idoneità di diversi tipi di dirigibile rispetto alle esigenze dei diversi mercati. Per semplificare si è scelta soltanto la caratteristica della dimensione – volume in mc - e non si è tenuto conto dei dirigibili ibridi (quelli a sostentazione parzialmente dinamica).

Anche qui è bene ricordare che la parte sinistra della tabella si riferisce a dirigibili esistenti mentre le colonne di destra riguardano dirigibili non ancora in produzione, sebbene si tratti di dimensioni già ampiamente raggiunte fin dal 1918.

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Un altro punto da segnalare riguarda i piccoli dirigibili senza pilota a bordo (UAV), un segmento di grande interesse sia civile che militare grazie ai bassi costi e alla facilità di gestione. Per completezza occorre dire che sarebbero anche UAV, ma di grandissime dimensioni, i dirigibili destinati ad operare nella stratosfera come piattaforme per telecomunicazioni.

Pubblicità al coperto Il “Lotte”, UAV sperimentale dell’Università di(Mobile Airships) Stoccarda (ISD Uni-Stuttgart)

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La tabella richiama l’attenzione sulla necessità di un approccio più analitico alla questione dirigibili e sull’importanza da riconoscere alle considerazioni di mercato nella scelta delle soluzioni tecnologiche. Ci mostra ad esempio che alcuni dei segmenti di domanda più interessanti si trovano in corrispondenza di dirigibili di dimensioni medie o piccole.

Per completare l’argomento ricordiamo che ai mercati citati corrispondono numerosi soggetti pubblici e privati: imprese interessate alla pubblicità, alle riprese aeree, ai trasporti, alle telecomunicazioni, ... Pubbliche Amministrazioni centrali e locali o Corpi dello Stato con competenze nel controllo del territorio o nell’intervento nelle emergenze; le Forze Armate il cui potenziale interesse è desumibile se non altro dall’attenzione, anche finanziaria, con cui il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti guarda al settore. Vi è poi il mondo delle Università e degli Enti di ricerca le cui esigenze potrebbero rappresentare un’ulteriore componente di domanda dei servizi dei dirigibili, per non parlare del ruolo fondamentale che il mondo della ricerca potrà svolgere nell’applicazione ai dirigibili delle più recenti tecnologie.

Conclusioni

Mi auguro che questo intervento abbia contribuito a portare all’attenzione dei partecipanti al convegno le interessanti potenzialità e prospettive di un mezzo di cui, soprattutto da noi, si conosce ancora abbastanza poco.

Ho ricordato che accanto alla dimensione tecnologica ne esiste una economica, a queste, in chiusura del mio intervento, voglio aggiungerne una terza, quella strategica, che meriterebbe più spazio ma a cui dedicherò soltanto qualche breve cenno.

Perchè si possa assistere a un rilancio dei dirigibili (e penso soprattutto al nostro paese) non basta che esistano in astratto le condizioni, occorre che vengano compiuti dei passi, che vengano adottate delle iniziative, individuati i primi elementi di una strategia.

Nella fase iniziale, per partire su basi realistiche ed economicamente sane, sarà necessario avviare attività esplorative e di creazione di alcune condizioni di base.

Quattro le aree candidate alle azioni iniziali:

- la conoscenza: riscoprire, importare, produrre- la comunicazione: diffondere informazioni e raggiungere i potenziali interessati (sia domanda che offerta)- la creazione di reti: scambio di informazioni e iniziative congiunte- la sperimentazione: tecnologica, operativa, gestionale

Da notare che queste prime iniziative, pur fondamentali, non presentano significative barriere dal lato dei costi.

Condizione di base è comunque assicurare la persistenza, dare continuità al dibattito qui avviato, favorire la formazione di punti di riferimento, di centri di competenza, di occasioni di confronto, far si’ che occasioni importanti come questo convegno non rimangano episodi ma possano costituire un primo passo per un rientro del nostro paese in questo settore la cui storia ha contribuito a scrivere.