PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

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162 Non c'è stata finora una vera e propria teologia delle religioni i& PER UNA TEOLOGIA DELLE RELIGIONI PRESENTAZIONE STORICA E TEOLOGICA AD GENTES 11 (2007) 1 62-84 GIANNI COLZANI Una qualche riflessione sulle religioni è esistita da sempre. L'esperienza di una pluralità di religioni appartiene già al mondo biblico e questa plu- ralità non ha mancato di porre interrogativi sia agli ebrei sia agli altri: perché tante religioni? Sono tutte in grado di istituire un rapporto con Dio? In caso positivo, qual è il senso delle loro differenze? Se poi Dio è uno solo, non dovrebbe essere una sola anche la religione vera? Quali rapporti i credenti di quest'unica vera religione devono avere con i de- li delle altre? Sono domande legittime, che hanno accompagnato le riflessioni apolo- getiche e teologiche di molti credenti, ma che non hanno dato origine a una teologia delle religioni vera e propria. Per lo più nelle Scritture ebrai- che e cristiane troviamo spunti che parlano della de di alcuni personag- gi come Abele, Enoch e Noè 1 e del carattere universale della salvezza 2 , ma troviamo anche testi che li contraddicono; sarà il testo di Gen 9, 1-17 a presentare quella che si suole chiamare "alleanza noaica" e che alcuni presenteranno come una teologia ebraica delle religioni 3 . Salvo questa, e poche altre eccezioni, la storia del pensiero cristiano non presenterà una linea costante di attenzione alle religioni; offrirà piuttosto spunti e consi- derazioni non di rado tra loro contraddittorie. L a ragione sta nel fatto che la storia della teologia non si sviluppa secon- do un piano ben architettato, ma secondo l'urgenza e la forza di proble- mi dipendenti da mille circostanze. Per questo, anche se sommariamen- te, vale la pena di richiamare questa complessa eredità che ha marcato l'atteggiamento della Chiesa verso le religioni. 1 Eb 11,4-7; 1 Pt 3,20; Sap 10,1-8. 2 Valga come unica citazione, cilmente moltiplicabile, il testo di 1Tm 2,4. 3 G. Rizzi, Antropologia giudaica e nohachismo: evoluzioni nell'orizwnte antropo- logico del giudaismo peritestamentario e post-biblico, in M. CROCIATA (a cura), L'uomo al cospetto di Dio: la condizione creatura/e nelle religioni monoteistiche, Città Nuova, Roma 2004, pp. 71-106; ID., "Nohachismo" e teologia delle religioni, «Ad Gentes» 10 (2006), 25-36.

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Page 1: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

162

Non c'è stata

finora una

vera e propria

teologia

delle religioni

i&W&

PER UNA TEOLOGIA

DELLE RELIGIONI PRESENTAZIONE STORICA E TEOLOGICA

AD GENTES

11 (2007) 1

62-84

GIANNI COLZANI

Una qualche riflessione sulle religioni è esistita da sempre. L'esperienza di una pluralità di religioni appartiene già al mondo biblico e questa plu­

ralità non ha mancato di porre interrogativi sia agli ebrei sia agli altri:

perché tante religioni? Sono tutte in grado di istituire un rapporto con

Dio? In caso positivo, qual è il senso delle loro differenze? Se poi Dio è

uno solo, non dovrebbe essere una sola anche la religione vera? Quali

rapporti i credenti di quest'unica vera religione devono avere con i fede­

li delle altre?

Sono domande legittime, che hanno accompagnato le riflessioni apolo­

getiche e teologiche di molti credenti, ma che non hanno dato origine a

una teologia delle religioni vera e propria. Per lo più nelle Scritture ebrai­

che e cristiane troviamo spunti che parlano della fede di alcuni personag­

gi come Abele, Enoch e Noè 1 e del carattere universale della salvezza2, ma troviamo anche testi che li contraddicono; sarà il testo di Gen 9, 1-17

a presentare quella che si suole chiamare "alleanza noaica" e che alcuni

presenteranno come una teologia ebraica delle religioni3 . Salvo questa, e poche altre eccezioni, la storia del pensiero cristiano non presenterà una

linea costante di attenzione alle religioni; offrirà piuttosto spunti e consi­

derazioni non di rado tra loro contraddittorie.

La ragione sta nel fatto che la storia della teologia non si sviluppa secon­

do un piano ben architettato, ma secondo l'urgenza e la forza di proble­

mi dipendenti da mille circostanze. Per questo, anche se sommariamen­

te, vale la pena di richiamare questa complessa eredità che ha marcato

l'atteggiamento della Chiesa verso le religioni.

1 Eb 11,4-7; 1 Pt 3,20; Sap 10,1-8. 2 Valga come unica citazione, facilmente moltiplicabile, il testo di 1 Tm 2,4. 3 G. Rizzi, Antropologia giudaica e nohachismo: evoluzioni nell'orizwnte antropo­

logico del giudaismo peritestamentario e post-biblico, in M. CROCIATA (a cura),

L'uomo al cospetto di Dio: la condizione creatura/e nelle religioni monoteistiche,

Città Nuova, Roma 2004, pp. 71-106; ID., "Nohachismo" e teologia delle religioni,

«Ad Gentes» 10 (2006), 25-36.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

1. UNA COMPLESSA EREDITÀ STORICA

Tre momenti appaiono particolarmente significativi per il nostro tema. Il primo verte sul distacco del cristianesimo dall'ebraismo. L'iniziale affer­mazione di una "continuità" con l'ebraismo è ben presto rotta dall'affer­mazione' della "originalità" della nuova religione: "Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere del­la legge"4. Stefano, Filippo, Paolo e il cosiddetto concilio di Gerusalem­me tracceranno il passaggio dal giudeo-cristianesimo all' elleno-cristia­nesimo prima e a un cristianesimo pienamente inculturato nel mondo el­lenistico poi5 . Segnato dall'affermazione della originalità della nuova re­ligione, il distacco dal giudaismo diventa, quasi subito, polemica verso il giudaismo e verso il paganesimo; la polemica cristiana si salda qui con la diffusa coscienza della inadeguatezza delle antiche divinità dell'Olimpo e della loro visione della vita come "Fato", come destino, e diventerà la base dell'impegno di conversione del mondo romano6

.

A questa prima polemica se ne aggiunge una seconda. Alla sua base sta la convinzione dei Padri che la fede cristiana aveva proclamato il Vange­lo a tutto il mondo già con gli apostoli; il testo di Rm 10, 18 veniva letto come conferma di questa avvenuta predicazione7 . Come lo stesso Tom­maso argomenta, la possibilità di individui non ancora raggiunti dal Van­gelo era considerata eccezionale e veniva risolta tramite un miracolo: Dio avrebbe mandato a costoro un angelo per far conoscere il Vangelo8. Questa convinzione cresce e si diffonde proprio mentre le invasioni bar­bariche sommergono l'impero romano e continuano a trovare ascolto an­che quando l'impero islamico conquisterà il sud del Mediterraneo. Alla polemica contro il mondo ebreo si aggiungerà così quella con il

4 Rm 3,28. 5 M. HENGEL, Die Ursprunge der christlichen Mission, in New Testament Studies 18

(1971), 15-38; R. PESCH, Voraussetzungen undA11fange der urchristlichen Mission,

in K. KERTELGE (hrsg.), Mission in Neuen Testament, Herder, Freiburg-Basel-Wien

1982, pp. I 1�70; J. GNILKA, / primi cristiani. Origini e inizio della chiesa, Paideia,

Brescia 2000. 6 Sulle dinamiche sociali della diffusione del cristianesimo si veda A.D. NocK, La

conversione. Società e religione nel mondo antico, Laterza, Roma-Bari 1974. 7 Si veda tutto il passo di Rm 10,16-18: "Chi ha creduto alla nostra predicazione? La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua

per la parola di Cristo. Ora io dico: non hanno forse udito? Tutt'altro: per tutta la terra è corsa la loro voce e fino ai confini del mondo le loro parole". Questo passo

diventa la chiave di lettura di Mt 24,14 e di Col l ,23: si veda AGOSTINO, Epistula

199, 12; CRISOSTOMO, In Matthaeum Homilia 76,2. 8 Per Tommaso per totum mundum aedificata est Ecclesia (In Psalmos 2,6); il casodi qualcuno che non conosce il Vangelo riguarda qualche individuo in si/vis nutritus

od in barbaris natus nationibus (De Veritate q. 14, a. 11, ad 1) viene risolto con un

intervento divino per internam inspirationem o per aliquemfidei praedicatorem, an­che un angelo (Summa Theologica IP nae, q. 2, a. 5, ad 1).

Il distacco

del cristianesimo

dall'ebraismo

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AD GENTES 11 (2007) 1

La, polemica

con il mondo

musulmano

La, crisi

innescata

dall'illuminismo

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mondo musulmano; la Centesima eresia del Damasceno9 e il Contra

Gentes di Tommaso ne saranno le espressioni più note: bolleranno questi

credenti come eretici, scismatici e infedeli. La Spagna trasformerà la cro­

ciata contro l'islam, propria del periodo in cui gli arabi vengono espulsi dal sud del Paese, in una crociata contro gli infedeli; questo spirito pole­

mico entrerà così nell'epoca moderna e farà in modo che questa conce­zione negativa degli "altri" prolunghi la sua ombra anche sulle terre e sui

popoli che la Chiesa incontrerà nel Cinque-Seicento.

Il terzo momento riguarda la crisi che, ad opera dell'illuminismo europeo,

investirà il cristianesimo e la sua pretesa di assolutezza nell'Ottocento;

questa corrente non si limiterà a criticare la fede nel nome della ragione, ma proverà a sostituire il cristianesimo anche nel suo rapporto con le reli­

gioni. Considerando antistorica e fallimentare la pretesa cristiana di can­

cellare le altre religioni come idolatriche, l'illuminismo formulerà un qua­

dro in cui alla religione naturale, scritta nelle coscienze, contrapporrà le

religioni storiche con i loro riti e i loro dogmi. Da una parte vi è una reli­

giosità umana, portatrice di atteggiamenti etici e fraterni; dall'altra sta una pluralità di religioni che, per le loro pretese veritative, sono all'origine di

guerre e violenze. Questa visione resisterà anche quando, abbandonando l'illuminismo,

Hegel ( 1770-1831) svilupperà a fondo la concezione romantica della sto­

ria 10 come contesto generale del cammino umano; diversamente da lui, ma in modo simile, F. Schleiermacher11 (1768-1834) ed E. Troeltsch

(1865-1923) 12 porranno - rispettivamente - il sentimento religioso e la

dinamica storica alla base della lettura delle religioni. L'universalismo cristiano e la sua assolutezza verranno così sostituiti dalla ragione o dal­

la religiosità umana o dalla storia. Solo con R. Otto (1869-1937) si ritro­

verà il sacro come manifestazione di Dio 13 ; di questa irruzione del divi­

no sarà M. Eliade (1907-1986) a tracciare l'aspetto fenomenico 14.

9 GIOVANNI DAMASCENO, La centesima eresia, introduzione, traduzione e note a curadi G. Rizzi, Centro Ambrosiano, Milano 1997. Come si sa, il Damasceno considera Maometto un vescovo cristiano eretico e i musulmani degli scismatici. 10 G.W.F. HEGEL, lezioni sulla filosofia della religione, Laterza, Bari 1983; Io., Fe­

nomenologia dello Spirito, Bompiani, Milano 2000; Io., lo spirito del cristianesimo

e il suo destino, Japadre, L'Aquila 1970; Io., Scritti teologici giovanili, Guida, Na­poli 1972. 11 F. ScHLETERMACHER, Sulla religione. Discorsi a quegli intellettuali che la disprez­

zano, Queriniana, Brescia 1989; Io., lo studio della teologia. Breve presentazione,

Queriniana, Brescia 1978. 12 E. TROELTSCH, l'assolutezza del cristianesimo e la storia delle religioni (1902-

1912). Con le tesi del 1901 e le annotazioni manoscritte. Edizione critica a cura di T. Rendtorff, Queriniana, Brescia 2006.13 R. Orro, Il sacro. l'irrazionale nell'idea del divino e la sua relazione al raziona­

le [1927], Feltrinelli, Milano 1966. 14 M. ELIAOE, Trattato di storia delle religioni, Bollati-Boringhieri, Torino 2001; Io.,

Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1973. Con lui andrebbero ricordati J. Ries e J. Van der Leeuw.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

La conclusione di questa carrellata è semplice: pur avendone la possibi­lità, il cristianesimo non ha elaborato una teologia delle religioni. Si è ac­

contentato di affermare la conoscibilità razionale di Dio; ha formulato

qualche riflessione sulla natura della religione, per lo più denunciandone

la riduzione antropologica; con J. B. Metz e Ch. Thecibald, infine, ha for­mulato qualche tesi sul rapporto tra religione e società.

2. UNA NUOVA EPOCA DI RELAZIONI INTERRELIGIOSE

In un mondo globale, intercomunicante e interdipendente, il pluralismo

religioso ha assunto dimensioni nuove: le religioni sono oggi una interna all'altra. Il valore di questa affermazione non rimanda soltanto ai conti­

nui e ampi flussi migratori o all'inarrestabile crescita del bisogno di viag­

giare, ma soprattutto alla curiosità intellettuale, al bisogno di capire e di orientarsi in una molteplicità di incontri e di proposte: in un simile con­

testo, ogni religione viene compresa in un quadro interreligioso.

"La vita religiosa dell'umanità, se dev'essere vissuta, sarà vissuta d'ora in poi in un contesto di pluralismo religioso" 15. "La crescente consapevo­lezza di questo fatto interpella tutti e mette in crisi consolidate certezze:

la salda certezza di continuare a possedere la verità mentre tutti si sba­gliano non è più una possibilità"16• Nella convinzione comune, la plura­

lità non è un male da eliminare ma una ricchezza da vivere in tutta la sua

fecondità; per contro è la pretesa dell'unità a tutti i costi ad apparire ri­duttiva. In questa direzione, alcuni hanno fatto del pluralismo un valore

di principio, un criterio di verità 17 ; è quanto Dominus Jesus rifiuta netta­

mente, come una "teoria di tipo relativistico".

A prescindere da questo, resta indubbia la necessità di interrogarsi su questo nuovo clima culturale. In che modo religioni diverse, che nella

storia sono spesso entrate in conflitto tra di loro, che hanno spesso riven­

dicato per sé una verità risolutiva per tutti e per tutti i problemi, possono

essere una ricchezza per l'umanità? Pannenberg 1 8 va dritto al cuore del

problema quando si chiede se le varie religioni, le cui differenze sono ben note, abbiano qualcosa in comune quando parlano di "Dio" o di "salvez­za" e se questo qualcosa di comune vada indicato - con l'illuminismo -

15 W. CANTWELL SMITH, The Faith of Other Men, Harper & Row, New York 1962, p. 11.16 E. SCHILLEBEECKX, Umanità. La storia di Dio, Queriniana, Brescia 1992, p. 77.l 7 I vi, p. 217. Schillebeeckx pone con chiarezza il problema.18 W. PANNENBERG, Die Religionen als Thema der Theologie, «Stimmen der Zeit»169 ( 1991 ), 98-11 O; Io., Le religioni nella prospettiva della teologia cristiana e l 'au­

tocomprensione del cristianesimo nel suo rapporto con le religioni esterne alla

Chiesa, «Filosofia e Teologia» 6 (1991), I, 25-37; lo., Pluralismo religioso e riven­

dicazioni di verità in conflitto fra loro, in G. D'CosTA (a cura), La teologia plurali­sta delle religioni: un mito? L'unicità cristiana riesaminata, Cittadella, Assisi 1994, pp. 199-213.

Ogni religione

viene oggi

compresa

in un quadro

interreligioso

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AD GENTES 11 (2007) 1

La posizione di Pannenberg

Geffré ed altri

nella religione naturale; in altre parole, si tratta di sapere se esiste la pos­

sibilità che possano entrare tra loro in rapporto e imparare qualcosa l'una

dall'altra.

La risposta di Pannenberg è articolata. Egli ritiene che un dialogo sia

possibile a proposito di Dio, dato che - pur con nomi diversi - nelle reli­

gioni ci si rivolge pur sempre al Dio creatore e Padre di cui parlano le

Scritture; quanto invece alla salvezza, non ritiene possibile nessun dialo­

go che non mantenga un preciso riferimento di questo tema a Gesù Cri­

sto19. Pannenberg evita di motivare questa esigenza con il rimando a

qualche testo biblico, come At 4,12, o con la fede in un unico Mediatore

tra Dio e gli uomini; per lui appartiene alla coscienza dello stesso Gesù

la consapevolezza di essere il Messia atteso, di rappresentare l' eschaton,

di essere una cosa sola con il Regno: il rifiuto di questa coscienza intac­

cherebbe in modo significativo e Gesù e il cristianesimo. Per questo, il

nostro ritiene che non ci si possa salvare che in forza della comunione

con Dio realizzata in Gesù Cristo; non esiste altra salvezza oltre lui.

Ovviamente non tutti sono d'accordo con Pannenberg. Claude Geffré, ad

esempio, pone come criterio di dialogo per una concezione ecumenica e

universale della salvezza non già le credenze circa Dio, ma l'esperienza

di quanto indica come "l'umano autentico"; questa categoria viene poi

precisata come comprensiva di una valenza etica e di una dimensione

mistica, vale a dire "l'apertura dell'essere umano a un certo altrove"20.Altri ribadiscono tesi simili, ma la consistenza e le ragioni di questo hu­

manum non sono ben chiare; la logica di Pannenberg è certo più traspa­

rente.

Se l' humanum di cui si parla rimanda alla creaturalità umana e al suo

strutturale rapporto con il Creatore - alla fin fine identico con il Dio di Gesù Cristo -, allora è possibile che il Dio di Gesù Cristo illumini e so­

stenga il cammino religioso delle persone anche nelle forme proprie del­

le religioni non cristiane. Si tratterà però di un cammino che, determina­

to da una cosciente intenzionalità religiosa, non è valorizzato in base ad

essa, ma in base a quell'obiettivo punto di arrivo verso cui Dio guida le

persone e le religioni. A questa meta l'uomo aspira con le sue conoscen-

19 Per Pannenberg la salvezza non è una semplice trasformazione del mondo e del­l'umano, ma va legata "alla verità della rivendicazione da parte di Gesù del suo ca­rattere escatologico definitivo" (W. PANNENBERG, Pluralismo religioso, p. 208). Da qui la sua accusa a J. Hick di saltare la problematica veritativa. 2° C. GEFFRÉ, Credere e interpretare. La svolta ermeneutica della teologia, Querinia­na, Brescia 2002, p. 122. Una semplificazione dello stesso criterio si ha là dove si sviluppa il dato soteriologico in termini etici o solo antropologici, come un favorire l'umanità delle persone e rifiutare ciò che vi si oppone; si veda in questa linea S. SA­MARTHA, Couragefor Dialogue, Orbis Books, New York-Maryknoll 1982, pp. 125-167; J. HrcK, On Grading Religions, «Religious Studies» 17 (1981), 467; H. STAN­TON (ed.), Mary and human liberation. The story and the text. By Fr. Tissa Balasu­

riya, Mowbray, London 1997, pp. 121-123.

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Gianni Colzani, Per una leologia delle religioni

ze e con le sue forze, anche senza conoscerla pienamente; è sempre Dio, infatti, a condurre ad essa le persone e lo fa servendosi anche dei loro cammini religiosi21_ Va da sé che l'esito a cui la nuova temperie culturale guarda con partico­lare interesse non è tanto la possibilità di una nuova teologia e dei suoi criteri ma è, piuttosto, la concreta esperienza delle relazioni tra le religio­ni: una stagione di nuove relazioni comporta apertura e rispetto vicende­vole, comporta il rifiuto di forme di arroganza e di intolleranza, compor­ta un cammino di mutua vicinanza nella ricerca di Dio e nella testimo­nianza storica. Pannenberg afferma che, appoggiata su Cristo, la missio­ne non è intollerante; deve infatti configurarsi secondo quella forma di comunicazione interumana che assume i suoi criteri da un modello divi­no: la kénosis. Come per Gesù, anche per le Chiese la missione dovrà es­sere condivisione nella logica dell'incarnazione, dono di sé senza misura per la pienezza della vita altrui. In poche parole, la nuova epoca di relazioni interreligiose ha riportato al centro la questione della salvezza, vista come ciò che è comune a tutte le religioni. Con questo, ha spostato l'attenzione dalla Chiesa a Gesù Cri­sto, il Salvatore, e forse da Cristo a Dio. La fede, insomma, è vista sotto il profilo della salvezza. Questo spostamento della Chiesa in secondo piano non scandalizza nessun teologo della missione: P. Charles prima ed H. De Lubac poi avevano da tempo richiamato come solo la comunionecon Dio salvi, non di certo l'appartenenza alla Chiesa22. Se leggiamo lasalvezza nei termini scolastici della "res", la Chiesa è "sacramentum"; seutilizziamo il linguaggio moderno e parliamo di "evento di salvezza", laChiesa è pur sempre "istituzione" al servizio dell'evento.La centralità della salvezza conferisce a questa problematica una singo­lare attualità23. Per un verso la questione della salvezza recupera la pro­blematica cruciale del fine dell'uomo o del senso della vita; per un altrosi scontra sia con la pretesa scientifica di una salvezza mondana, di unasalvezza senza salvatori, sia con le rivendicazioni delle altre religioni. Edassume grande rilevanza pratica: in che modo testimoniare la salvezza inun mondo diviso, segnato dalla fame e dalla guerra, incapace di comuni-

21 Si veda al riguardo Redemptoris missio 20; Dialogo e annuncio 35.22 Su questa pagina di storia vedi G. CoLZANI, La necessità delle missioni, in Io., La

missionarietà della Chiesa. Saggio storico sul!' epoca moderna fino al Vaticano Il,

Dehoniane, Bologna 1975, pp. 55-99. 23 J. WERBICK, La crisi della soteriologia, in Io., Soteriologia, Queriniana, Brescia1993, pp. 9-59; TH. PRèiPPER, Compiti attuali di una teologia della redenzione, in Io.,

Redenzione e storia della libertà. Abbozza di soteriologia, Queriniana, Brescia 1990, pp. 9-92; G. GRESHAKE, L'uomo e la salvezza di Dio, in K.H. NEUFELD (a cu­ra), Problemi e prospettive di Teologia dogmatica, Queriniana, Brescia 1983, pp. 275-302; G. GRESHAKE, La trasformazione delle concezioni soteriologiche nella sto­

ria della teologia, in L. ScHEFFCZYK (a cura), Redenzione ed emancipazione, Queri­niana, Brescia 1975, pp. 29-130.

La, centralità

della salvezza

nel dialogo

interreligioso

attuale

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AD GENTES 11 (2007) 1

Il tema

della volontà

salvifica

universale

care speranza nella vita? In che modo andranno costruite le relazioni tra

le religioni? Qual è, alla fine, la salvezza ''vera" e non illusoria?

3. LA SVOLTA DEL CONCILIO VATICANO Il

Alcuni teologi rapportano tra loro Gaudium et spes, Ad gentes, Nostra

aetate e Dignitatis humanae fino a farne una sorta di blocco unitario che

ha come centro il rapporto Chiesa-mondo e in quell'ottica, colta come

centrale nella valutazione del Concilio, collocano il discorso sulle reli­

gioni24. Pur riconoscendo che vi è qui uno dei temi conciliari maggiori,

non credo che si possa minimizzare il valore di Lumen gentium. Non po­

tendo qui analizzare il Concilio nel suo insieme, mi accontenterò di met­

tere a fuoco il suo insegnamento sulla missione25 . In modo sintetico, ma

sostanzialmente vero, credo si possa dire che il Vaticano II si è impegna­

to a passare da una teologia del missionario a una teologia della missio­

ne. Per farlo, individuerà due strade.

La prima riprenderà la tematica della volontà salvifica universale e inse­

gnerà che "lo Spirito santo dà a tutti la possibilità di venire a contatto, nel

modo che Dio conosce, col mistero pasquale"26; il testo di Lumen gen­

tium 16 ne sarà la concreta applicazione a coloro che ancora non hanno

accolto il Vangelo. Questo universalismo pasquale porterà a ridiscutere il

senso dell'effato teologico extra ecclesiam nulla salus e a sostituirlo con

la tesi di una Chiesa sacramento universale di salvezza27 . La novità del­

l'insegnamento conciliare è meno grande di quanto abitualmente si pen­

sa, se si ricorda la condanna della tesi giansenista di P. Quesnel: extra Ec-

24 Ad esempio, G. EvERS, Storia e salvezza. Missione - Religioni non cristiane -Mondo secolarizzato, EMI, Bologna 1976. 25 Non ho qui la possibilità di sviluppare la dottrina del Concilio sulla missione. Per un commento al decreto si veda J. GLAZTK (hrsg.), Dekret iiber die Missionstdtigkeit der Kirche, Aschendorff, Mlinster 1967; S. BRECHTER, Decretum de activitate mis­sionali ecclesiae - Dekret iiber die Missionstdtigkeit der Kirche, in Lexikon fiir Theologie und Kirche. Das Zweite Vatikanische Konzil. Konstitutionen, Dekrete und Erkldrungen. Lateinisch und Deutsch. Kommentare. Teil III, Herder, Freiburg - Ba­sel - Wien 1968, pp. 9-125; J. ScH0TTE (a cura), Il destino delle missioni. Il succes­so o il fallimento delle missioni dipende dal loro radicale ripensamento [1966], Her­der- Morcelliana, Roma - Brescia 1969. Aggiungo un mio lavoro: G. CoLZANT, Sen­tido teologico de la misi6n, in Facultad de Teologfa del Norte de Espafia. Istituto de Misionologfa y animaci6n misionera, Estudios de Misionologia. XIII: El Decreto Ad gentes: desarrollo conciliar y recepci6n postconciliar, S.L. Santos, Burgos 2006, pp. 49-78. Per gli altri documenti si veda J. RATZINGER, Le Dichiarazioni sul­la missione negli altri testi conciliari, in Io., Il nuovo popolo di Dio. Questioni ec­clesiologiche, Queriniana, Brescia 1971, pp. 405-434. 26 Gaudium et spes 22; anche Ad gentes 7.27 Lumen gentium 1. 48.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

clesiam nulla conceditur gratia28. La condanna di questo errore dice co­

me la Chiesa abbia sempre coltivato una certa universalità salvifica; la

Chiesa è sacramento di salvezza, ma, come insegnavano i grandi scola­

stici, Deus non alligatur sacramentis29.

L'importanza di una simile visione, per il nostro tema, è evidente. Basta ri­

cordare che H.R. Schlette sostiene che la teologia delle religioni consiste "dans une théologie de l'histoire du salut, qui manifeste l'unité de l'action

de Dieu avec les hommes et la diversité des chemins de Dieu"30. Ora, a ben

guardare, l'universalismo pasquale altro non è che il recupero del disegno

salvifico di Dio nel suo momento centrale; con ragione, Schlette si ramma­

rica del fatto che l'abituale esegesi avesse interpretato i passi biblici sulle

religioni pressoché prescindendo dal loro quadro storico-salvifico31. La

condivisione di questa ottica porterà a vedere le religioni nella luce di quel movimento che realizza il disegno divino sull'umanità.

Tracciato in Lumen gentium 2-4 e ripetuto in Ad gentes 2-4, questo mo­

vimento mantiene aperta all'intera umanità anche la storia salvifica par­

ticolare che Dio instaura con Israele e che trova in Gesù il suo vertice. Senza questa ottica universale, la stessa figura concreta di Gesù verrebbe

profondamente travisata. Abbiamo qui una svolta radicale nella maniera di pensare le religioni: colta nel quadro del libero e gratuito modo di es­

sere e di agire di Dio, la ricerca religiosa di una risposta "agli oscuri enig­mi della condizione umana che ieri come oggi turbano profondamente il

cuore dell'uomo"32 appare sostenuta dal movimento di amore con cui

Dio incrocia il cammino umano. La seconda strada, intrapresa dal Concilio, riguarda lo sforzo per recupera­re alcune categorie cristologiche ed ecclesiologiche più in sintonia con

l'ampiezza universale del disegno salvifico di Dio. Il Concilio lo farà attin­gendo alla dott1ina patristica: il tema di una Ecclesia ab Abel che, a partire

da Adamo, riunisce tutti i giusti "presso il Padre nella Chiesa universale"33

28 H. DENZINGER, Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum de rebus

fidei et moribus, a cura di P. Hiinermann, Dehoniane, Bologna 1995, n. 2429, p. 866. 29 Summa Theologica III, q. 68, a. 2, in corpus. 30 H.R. ScHLETTE, Pour une théologie des religions [1964), Desclée de Brouwer, Pa­ris, pp. 29-30. 31 Ivi, p. 24. Al riguardo si veda G. OoASSO, Bibbia e Religioni. Prospettive bibliche per la teologia delle religioni, Urbaniana University Press, Roma 1998. 32 Nostra aetate 1. 33 Lumen gentium 2. Sull' Ecclesia ab Abel si veda Y. C0NGAR, Ecclesia ab Abel, in M. REDING (hrsg.), Abhandlungen iiber Theologie und Kirche. Festschrift fiir Karl

Adam, Patmos, Diisseldorf 1952, pp. 79-108. L'autore coglie questo tema come frut­to di una polemica antigiudaica, che sarà poi approfondita dalla reazione antimarcio­

nita, amtimontanista e antimanichea. Nella stessa linea il lavoro di G. PHJLIPS, Lagréice desjustes de l'Ancien Testament, Beyaert, Bruges-Louvain 1948. Appoggian­dosi soprattutto ad Ireneo e Tertulliano, il quale ricordava che la Chiesa si trovava già

in Paradiso e, cioè, in Adamo ed Eva prima della loro caduta.

L'origine

pasquale

dell'universalismo

cristiano

Il tema della

«Ecclesia

ab Abel»

69

Page 9: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

AD GENTES 11 (2007) 1

Il Concilio

non assunse

le conclusioni

del Seminario

di Bombay

70

e quello dei semina Verbi34 che motiva cristologicamente la presenza di elementi di santità e verità nei popoli e nelle loro religioni35 sono il frutto

migliore di questa apertura conciliare, ma attendono ancora di essere vera­

mente integrati nella vulgata teologica.

La ragione è semplice. Non è possibile risolvere le carenze dei manuali in­

serendovi un capitolo o un paragrafo in più: l'inserimento di quanto man­ca impone un radicale ripensamento di tutto l'impianto della trattazione

cristologica ed ecclesiologica.

Il Concilio ne ricaverà una ripresa delle diverse e molteplici maniere di

appartenenza alla Chiesa36 e una valorizzazione degli aspetti positivi del­

le altre religioni: "La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e san­

to in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non ra­

ramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomi­

ni"37. Per una completa valutazione dell'insegnamento conciliare occorre an­

che ricordare che il Concilio non assumerà le conclusioni del Seminario

sulle religioni non-cristiane tenuto a Bombay dal 25 al 28 novembre

196438. Il Seminario, che aveva come base di dibattito il testo stesso del­la Dichiarazione conciliare, era stato introdotto dalle relazioni di H.

Kiing, P. Fransen, J. Masson e R. Panikkar39 _ Nelle sue conclusioni quel­

l'assise accoglierà la nozione di Heilswege: presenterà quindi le religio­

ni come legittime vie di salvezza, cosa che il Concilio non farà40. Al di làdi questo fatto, indiscutibile, la valutazione del Concilio rimane discussa.

34 Ad gentes 11. 35 Ad gentes 9. 36 Lumen gentium 13-16. 37 Nostra aetate 2. 38 Il Seminario sulle religioni non-cristiane era stato convocato dall'episcopato in­diano in occasione del Congresso eucaristico internazionale al quale interverrà an­che Paolo VI. 39 I testi delle relazioni sono in Christian Revelation and Non-Christian Religions.

Theological Seminar held on the occasion of Bombay Eucharistic Congress in India,

«Indian Ecclesiastica! Studies» 4 (1965), 161-348. Comprendono H. KONG, The

World Religions and God's Plan of Salvation (ivi, 182-222); P. FRANSEN, How Non­

Christians Fit Salvation in their Religions? (ivi, 223-282); J. MASS0N, Salvation out

of the visibile Church and necessity of the Mission (ivi, 283-302); R. PANIKKAR, Re­

lation of Christians to their Non-Christian Surrounding (ivi, 303-348). 40 Le conclusioni, rese note tardivamente, sono in AA.Vv., Christian Revelation and

World Religions, Burns and Oates, London 1967, pp. 186-ss. Saranno oggetto di commenti molto critici da parte di J. DANIÉL0U, A propos de l'évangelisation et du

salut des non-chrétiens. Des communiqués inquietants, in « Le Christ au monde» 1 O (1965), 131-138; F. LEGRAND, La mission a-t-elle pour but d'apporter le salut? A

propos du Colloque théologique de Bombay, «Le Christ au monde» 1 O ( 1965), 235-246; L. ELDERS, Die Taufe der Weltreligionen, «Theologie und Glaube» 55 (1965), 124-131.

Page 10: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

È vero che P. Knitter sostiene che il Concilio "implicitly but clearly" in­segna che "the religions are ways of salvation"41, ma non offre nessuna prova di questa affermazione. Del resto, cosa significa "implicitamente ma chiaramente"? Non è un controsenso? Nemmeno si comprende come si possa sostenere che simili conclusioni sono ormai comuni alla "mag­gior parte dei teologi cattolici"42, che rappresentano "il meglio del pen­siero cristiano progressista"43 e che si ritrovano in "molti teologi contem­poranei, cattolici e protestanti"44. Mancando qualsiasi dato a sostegno di queste affermazioni, non resta che pensare che si tratta di pura propagan­da delle proprie tesi. In modo del tutto opposto, altri valorizzeranno la nozione di praeparatio

evangelica45 che considereranno centrale. Al riguardo, Ratzinger osser­verà che "il concetto di praeparatio relativizza le religioni del mondo, anche se in questa loro relatività scopre gli elementi positivi implicati"46.

Quanto ai singoli punti, quello dei semina Verbi è il più discusso, dato che, con essi, è la stessa qualità teologica delle religioni a venire in gio­co. Al termine di un'analisi storica del pensiero patristico, Dupuis nega che tali semi siano "da intendere soltanto come 'addentellati' (pierres

d'attente) umani, doni della natura, in attesa di una auto-manifestazione divina da verificarsi in un futuro indeterminato"; per lui sono da com­prendere "come auto-manifestazione e auto-donazione divina, quantun­que iniziale e germinale"47. La prospettiva complessiva che ne ricava è che "l'operosità del Verbo oltrepassa i limiti che segnano la presenza operativa dell'umanità persino glorificata di Gesù, come pure la persona del Verbo oltrepassa l'essere umano di Gesù C1isto"48.

Di parere contrario è G. D'Costa49 che si appoggia ai verbi "purificare e restituire al suo autore", "sanare elevare e perfezionare", "purificare ele­vare e portare a compimento" che - in Ad gentes 9 e Lumen gentium 17 -

41 P. KNITTER, Roman Catholic Approaches to Other religions: Developments and

Tensions, «International Bulletin of Missionary Research» 8(1984), 2, 50-54 (testo citato: 50). 42 P. KNlTTER, Nessun altro nome?, 71.43 lbid., 70. 44 Ibid., 72. 45 Ad gentes 2. 46 J. RATZINGER, Dichiarazioni del Concilio sulla missione fuori del decreto sull'at-

. tività missionaria della Chiesa, in ID., Il nuovo popolo di Dio. Questioni ecclesiolo­

giche, Queriniana, Brescia 1971, pp. 414-415. 47 J. DUPUIS, Il cristianesimo e le religioni. Dallo scontro all'incontro, Queriniana,

Brescia 2001, p. 302. 48 Ibid., p. 302; ma si veda tutto il brano: pp. 301-304. 49 G. D'CosTA, The Meeting of Religions and the Trinity, Orbis, Maryknoll - NewYork 2000, pp. 104-109; ID., Revelation and "Revelations": Beyond a Static Valua­

tion of Other Religions, «Modem Theology» 10 (1994), 2, 165-184. L'autore è un buon conoscitore del pensiero di J. Hick: G. D'CosTA, fohn Hick's Theology of Re­

ligions, University Press of America, London - New York 1987.

Il Concilio

e la nozione

di «vie di

salvezza»

Le nozioni di

«praeparatio

evangelica» e

di «semina

Verbi»

71

Page 11: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

AD GENTES 11 (2007) 1

Il Concilio

non si pronuncia

sul valore

salvifico

delle religioni

non-cristiane

La, svolta

teologica di

«Nostra aetate»

72

accompagnano questi semina. La conclusione che ne ricava è che il Con­cilio non intenda entrare nel merito del valore salvifico delle religioni non-cristiane; si accontenterebbe di precisare "that supernatural saving grace is operative in other religions and that in those other religions there

is much that is true, good and holy, and much to be admired and learned by the church"50_ In pratica G. D'Costa interpreta i semina Verbi in termini intellettuali, co­me una forma particolare di conoscenza di Dio. Alla luce dell'insegna­mento della Dei Filius del Vaticano I sulla conoscibilità naturale di Dio51

e sulla base della dottrina scolastica circa i rapporti tra natura e grazia,

egli vedrà nei semina Verbi la piena attuazione della libertà all'interno dell'opera della grazia. A rinforzo, analizzando Lumen gentium 16 sulla

salvezza dei non-cristiani, lo stesso autore rileverà che le condizioni in­dicate dal Concilio52 ineriscono alla natura umana; concluderà perciò che "this is a restatement of the Thomistic principle: gratia non tollit na­

turam sed perficit".53 A me sembra difficile ritenere che i semina Verbi,

in quanto suoi doni, non comprendano una qualche sua nascosta presen­za.

4. UN AUTORE FONDAMENTALE: K. RAHNER

In un articolo dedicato al nostro tema54, Rahner riconosce l'importanza

di Nostra aetate, la considera una svolta teologica e ne indica la ragione nel fatto che la Dichiarazione guarda alle religioni non già nel quadro dell'unicità e diversità della fede cristiana, ma nell'ambito di un orizzon­te salvifico aperto al mondo intero. Questa apertura universale non può non concludere a una diversa concezione della missione e a un'attenzio­ne per quanto di "vero" e di "santo" si trova nelle altre religioni. Nono­

stante questa prospettiva, ottimista e positiva sotto il profilo salvifico, se-

so G. D'CosTA, The Meeting of Religions, p. 105.51 "Dio, principio e fine di ogni cosa, può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create" (H. DENZINGER, En­chiridion Symbolorum, n. 3004). 52 Le condizioni sono quelle classiche: ignoranza incolpevole, sincera ricerca di Dio, vita retta seguendo il dettame della coscienza. 53 G. D'CosTA, The Meeting of Religions, p. I 04. 54 K. RAHNER, · Sul significato salvifico delle religioni non cristiane, in Io., NuoviSaggi. VII: Dio e Rivelazione, Paoline, Roma 1981, pp. 423-434. La relazione fu presentata al Congresso internazionale di missiologia di Roma del 1975 ed è pubbli­cata negli Atti: K. RAHNER, Vber die Heilsbedeutung der nichtchristlichen Religio­nen, in Evangelizzazione e Culture. Atti del Congresso internazionale scientifico di Missiologia. Roma 5-12 ottobre 1975, Pontificia Università Urbaniana, Roma 1976, I, pp. 295-303. Si veda tutta la parte seconda del volume, dedicata alle religioni non­cristiane, in particolare gli articoli di F. Konig, C.B. Papali e E. Ancilli.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

condo Rahner il Concilio rimarrà esitante e non si impegnerà in conclu­sioni precise: "La dichiarazione lascia indeterminata la qualità propria­mente teologica delle religioni non cristiane"55. Se non capisco male, la "qualità propriamente teologica" delle religioni non è altro che il loro va­lore soprannaturale e salvifico: il Concilio non si pronuncia su questo punto, ma il silenzio del Concilio non impedisce ai teologi - argomenta Rahner - di assumersi in proprio questa responsabilità. In linea di principio, Rahner non vede difficoltà a riconoscere la presen­za di una fede salvifica anche presso i non-cristiani, ma riconosce che il Concilio non ha formulato queste conclusioni: "Nostra aetate non dà comprensibilmente alcuna risposta a tali interrogativi. Eppure questi so­no di estrema importanza[ ... ] per la giusta impostazione del lavoro mis­sionario"56. Per lui, la volontà salvifica universale - presa sul serio -comporta come conseguenza un "esistenziale soprannaturale" che porta a leggere la storia umana in termini nuovi. La concretizzazione di questo "esistenziale'.' esige più di una grazia solo "attuale" o di una fede solo "virtuale": si dovrebbe concedere una sorta di grazia "abituale" da inten­dersi come gratuita e antecedente, "come un esistenziale permanente del­l'uomo, dell'umanità e della sua storia, dato sempre e dappertutto, come possibilità permanentemente data di un rapporto salvifico della libertà verso Dio"57. Il suo itinerario teologico lo porterà a sviluppare questi punti: "È comun­que una cosa disdicevole il considerare le religioni non cristiane come un puro e semplice agglomerato di metafisica teistica naturale, di interpreta­zioni umanamente distorte e di istituzionalizzazioni artefatte di una «re­ligione naturale». Le religioni concrete devono racchiudere in sé delle componenti soprannaturali, animate dalla grazia"58. Abbandonando la prospettiva della pura praeparatio, che non gli pare adeguata, Rahner ri­correrà alle categorie teologiche del "prima di Cristo" e del "cristianesi­mo anonimo": se ne servirà per spiegare la mediazione salvifica delle re­ligioni non cristiane fino ad affermare che la grazia salvifica di Dio, sia pure Ìn forma oscura e imperfetta, si manifesta "anche nelle religioni non

55 K. RAHNER, Sul significato salvifico, p. 426.56 Ibid., p. 427.57 lbid., p. 428.58 K. RAHNER, Cristianesimo e religioni non cristiane [1961], in ID., Saggi di antro­pologia soprannaturale, Paoline, Roma 1965, pp. 533-571 (citazione: 562-563).

Presentato nel 1961, all'immediata vigilia del Concilio, l'articolo sostiene che se la grazia, "vista anche come entità soprannaturale, salvifica ed elevante - stando alla

teoria in voga nella teologia cattolica - possiede un'efficacia capace di raggiungere e cambiare la coscienza, pur non formando come tale oggetto diretto della riflessio­ne immediata e certa, non può essere che le religioni concrete, nella loro consisten­za oggettiva, non portino alcuna traccia di questa azione da parte della grazia su tut­ti gli uomini" (ivi, p. 562).

... per la giusta

impostazione

del lavoro

missionario

Una traccia

di grazia

salvifica

anche nelle

religioni

non cristiane

Page 13: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

AD GENTES 11 (2007) 1

È da escludere il fallimento complessivo della storia

74

Il pluralismo non è

riconducibile a un unico

sistema

cristiane" fino a fare di loro "delle vie salvifiche (Heilswegen) su cui gli uomini vanno incontro a Dio e al suo Cristo"59

.

Se non capisco male il suo pensiero, Rahner parte dalla convinzione che il dono cristologico della salvezza - nella sua obiettiva e universale forza salvifica, non commisurabile al rifiuto umano - implica il superamento della stessa possibilità "di un ultimo rifiuto dell' esistenzialità sopranna­turale della storia da parte della libertà dell'umanità"60

. Escluso questo fallimento della storia della salvezza, restano aperte tutte le altre eventua­lità, compresa quella di mediazioni religiose subordinate61

. Già in opera con la permanenza della religione ebraica nel tempo della pienezza, que­sta mediazione subordinata è possibile anche per le religioni non cristia­ne: "Per quanto siano realtà imperfette, germinali e in parte depravate, possono collocarsi in una storia positiva della salvezza e della rivelazio­ne"62_

5. IL DIBATTITO TEOLOGICO POST-CONCILIARE

Con K. Rahner e con il Concilio la teologia delle religioni acquisisce pie­na cittadinanza teologica; positivamente risolta la questione di una sal­vezza individuale fuori della Chiesa, si tratta ormai di affrontare lo statu­to storico-salvifico delle religioni non-cristiane. La stretta connessione di questa problematica con la rivelazione, la cristologia, la pneumatologia e l'ecclesiologia lascia intuire che il dibattito su questo tema porterà a ri­pensare l'intera impostazione della teologia. Man mano che il contenuto e gli orizzonti di questo dibattito saranno condivisi, diventerà sempre più chiaro che non vi è più, oggi, alcuna possibilità di fare teologia se non in un'ottica interreligiosa. Una cosa in questi pochi decenni di dibattito è risultata chiara ed è che il pluralismo in questione non è riconducibile a un unico sistema63

. A par­tire da K. Rahner e da alcuni suoi discepoli, il dibattito ha registrato ade­sioni nel mondo anglosassone attorno alle tesi di J. Hick e di P. Knitter; in quello tedesco attorno alle tesi di H. Kiing; in molti autori del conti­nente indiano e dello Sri Lanka attorno alle tesi di Amalorpavadass pri­ma, di Pieris e Amaladoss poi, rappresentati in qualche modo a Roma da padre Dupuis64

.

59 K. RAHNER, Sul significato salvifico, p. 434.60 /bid., p. 429. 61 È quanto Dupuis chiama "complementarità reciproca asimmetrica" (J. DuPUIS, Il cristianesimo e le religioni, pp. 470-474). 62 K. RAHNER, Sul significato salvifico, p. 433. 63 Mi pare, presentandolo, di riservare spazio anche all'inclusivismo e alle sue for­me; per questo eviterò di trattarlo a parte. 64 Per una bibliografia su questo, rimando ad A. AMATO, Bibliografia su Cristo e le

religioni non cristiane, «Ricerche Teologiche» 4 (1993), 1, 197-237.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

Un fortunato lavoro di A. Race ha cercato di porre ordine distinguendo· tre diverse tipologie di soluzione: esclusivismo, inclusivismo e plurali­smo65. Questo comodo schema, molto diffuso, oggi non ha più alcun sen­so, dato che l'esclusivismo è praticamente abbandonato; esistono però molti diversi tipi di inclusivismo e di pluralismo. Dupuis parla di plurali­smo costitutivo e relazionale66, Geffré inclina a un pluralismo inclusivi­sta67, Molari distingue tra pluralismo convergente e pluralismo relativi­sta68 e Knitter presenta quattro possibili modelli che indica come sostitu­zione, compimento, reciprocità e accettazione69.

Il pluralismo anglosassone

Si può forse indicare nel primo lavoro di P. Knitter almeno un esempio dell'impostazione del problema. In esso l'autore analizza la dialettica tra unità e molteplicità attraverso percorsi di filosofia, di sociologia e di po­litica che risalgono agli inizi del secolo XX e, addirittura, agli ultimi de­cenni del XIX70. Il pluralismo messo così a fuoco non nasce dai limiti di una ragione che non riesce a tenere insieme l'uno e il molteplice, ma sca­turisce dalla struttura stessa della realtà storica: ne rappresenta il segreto più profondo. P rima di lui, J. Hick aveva parlato di rivoluzione tolemai­ca per indicare quel cambiamento che passa "dal dogma che la cristiani­tà è al centro, alla percezione che è Dio a stare al centro e che tutte le re­ligioni [ ... ], inclusa la nostra, servono questa centralità e girano attorno ad essa"7 1. Qualche anno dopo, con An Interpretation of Religions

( 1990), Hick approdava a forme di deciso pluralismo.

65 A. RACE, Christians and Religious Pluralism. Patterns in the Christian Theologyof Religions, SCM, London 1983. 66 J. DUPUlS, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Bre­scia 1997, pp. 520; 382-383. 67 C. GEFFRÉ, ll mistero del pluralismo religioso nell'unico progetto di Dio. Fonda­mento biblico e teologico, in M. CROCIATA (a cura), Teologia delle religioni. La que­

stione del metodo, Città nuova - Facoltà Teologica di Sicilia, Roma 2006, p. 231. 68 C. MOLARI, Il dialogo interreligioso: una speranza per la liberazione dei poveri,

in M. BARROS - L.E. TOMITA - J.M. VIGIL (a cura),/ volti del Dio liberatore. II: Ver­so una teologia del pluralismo religioso, EMI, Bologna 2005, p. 244. 69 P. KNITTER, Introduzione alle teologie delle religioni, Queriniana, Brescia 2005.70 P. KNITTER, L'uno difronte al molteplice, in ID., Nessun altro nome? Un esame critico degli atteggiamenti cristiani verso le religioni mondiali [1985], Queriniana, Brescia 1991, pp. 12-50. Il lavoro era stato anticipato in P. KNiTTER, Towards a pro­testant theology. A case of study of Paul Althaus and contemporary attitudes (mit deutscher Zusemmanfassung), N.G. Elwert, Marburg 1974. Quest'ultimo lavoro era stato presentato in Italia da A. GIUDICI, Religioni e salvezza. Un confronto tra la teo­logia cattolica e la teologia protestante, Boria, Roma 1978 (si tratta di una tesi di­scussa alla Facoltà dell'Italia settentrionale, di cui era apparso un estratto con il tito­lo Le religioni non cristiane nella teologia protestante, Roma 1978). 71 J. HrcK, God and the Universe of Faiths, Collins, London 1977, p. 131.

Esclusivismo,

inclusionismo,

pluralismo:

uno schema

abbandonato

P. Knitter e

J. Hick

75

Page 15: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

AD GENTES 11 (2007) 1

La reazione

di G. D'Costa

76

C'è una

pluralità

nello

stesso Dio?

G. D'Costa, studioso del pensiero di Hick72, ricondurrà la ricostruzionedella sua cristologia a un debito kantiano, e cioè alla separazione tra fe­nomeno e noumeno; ne verrebbe un'analisi delle religioni dove la realtàdi Dio è separata dalle sue manifestazioni. Sviluppando queste tesi, G.D'Costa ritiene che il teocentrismo di Hick e la sua lettura delle religio­ni rimangano prigioniere delle tesi illuministe di una oggettivazione diDio73 e approdino per questa via a un'uguaglianza delle religioni. La suaconclusione è netta: "Their God is modernity's God"74

. La pretesa illu­minista di ricondurre ogni realtà alla ragione e il complesso e critico rap­porto tra verità e storia, non adeguatamente risolto dalla proposta erme­neutica, spiegherebbero perché la religiosità umana abbia preso il postodella rivelazione divina. Secondo il nostro autore non abbiamo qui un re­ciproco rispetto tra le religioni, ma una loro sostanziale intercambiabili­tà. Interno alla prospettiva illuminista, "questo" pluralismo non riesce asuperarla.Nella linea del pluralismo si muove anche S. Mark Heim75

. Posta la dif­ferenza tra le religioni, si chiede in che modo si possa parlare di dialogo.Partendo dalla convinzione che ogni religione ritiene di possedere unaverità universale e assoluta, fonda il riconoscimento delle differenze, ildialogo reciproco e il lasciarsi vicendevolmente mettere in questione nonsolo sul "fatto che le altre religioni avanzano esse pure la pretesa di pos­sedere la verità 'superiore' o 'inclusiva"', ma addirittura sulla necessità"di riconoscere la validità di tali pretese"76

. Nel suo ultimo lavoro, par­tendo dalla convinzione che le religioni sono un riflesso della vita divina,giungerà alla conclusione che vi è una pluralità di religioni perché vi èuna pluralità nello stesso Dio 77.Questo legame fra Trinità e pluralità storica a mio parere non riesce a co­gliere fino in fondo come Unità e Trinità sono esplicitazioni teologicheper parlare cristologicamente di Dio, per dire chi sia il Dio di Gesù. Sipuò capire come, per questa via, si possa facilmente sostenere che l'uni­co Dio ha molti nomi, si possa senza grandi difficoltà passare da un no-

72 G. D'CosTA, fohn Hick's Theology of Religions, University P ress of America, London -New York 1987. 73 Su questo si veda Processo all'oggettività di Dio. I presupposti filosofici della cri­

si dell'oggettività di Dio, Borla, Torino 1971. Raccoglie i lavori di un dibattito orga­nizzato dalle Facoltà domenicane di Le Saulchoir. 74 Questo giudizio è netto anche se D'Costa ammetterà che "not all pluralists are mo­dernists". Si veda G. D'COSTA, The Meeting of Religions and the Trinity, Orbis Bo­

oks, New York 2000; in particolare la lntroduction -ivi pp. 1-15 - da cui sono prese le citazioni. 75 S. MARK HETM, Salvations. Truth and Difference in Religions, Orbis Books, New York -Maryknoll 1995. 76 Io., Salvations, citato in P. KNITTER, Introduzione alle teologie, p. 391.77 S. MARK HEIM, The Dept of Riches. A Trinitarian Theology of Religions Ends,

Eerdmans, Grand Rapids 2001.

Page 16: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

me all'altro e si vedano le diverse religioni come un riflesso della molte­plicità divina. A mio parere, simili conclusioni sono inaccettabili e rica­

dono sotto l'accusa di relativismo della Dominus Iesus.

Il pluralismo indiano

Queste non sono le uniche forme di pluralismo. J. Dupuis, ad esempio, riconosce senza esitazione che "la persona di quest'ultimo [Gesù] e l'evento-Cristo sono 'costitutivi' della salvezza per l'intera umanità; in particolare l'evento della sua morte-risurrezione dà accesso a Dio a tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro situazione storica. [ ... ] L'unità di Gesù è 'costitutiva"'78

. Costitutiva, ovviamente, della divinitàdella sua persona e della conseguente salvezza dell'umanità. Su questo sfondo di fede, un certo pluralismo può trovare una sua legittimazione. Come insegna Redemptoris missio, "questa sua [di Cristo] mediazione unica e universale, lungi dall'essere di ostacolo al cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di ciò Cristo ha piena coscienza. Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia

attingono significato e valore unicamente da quella di Cristo e non pos­sono essere intese come parallele e complementari"79. Il richiamo di Lu­

men gentium 62 può precisare mariologicamente la nozione di "media­zione partecipata", ma non aggiunge nulla al nostro tema. Sarà la stessa enciclica a commentare, più avanti, questo importante pas­so. Da una parte dirà che "questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo: essa permette a cia­scuno di giungere alla salvezza con la sua libera collaborazione"; dall'al­tra osserverà che, per queste persone, "la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale"80. Queste indicazio­ni legittimano un certo pluralismo che andrà comunque motivato teologi­camente. Sono stati soprattutto autori indiani, o legati a quel mondo come J. Du­puis, a intraprendere questa strada. Offrire un quadro di questi autori non è semplice ma, grosso modo, si può dire che essi sostengono che "il mi­stero di Cristo conosce diverse modalità di mediazione della sua presen­za. [ ... ]Nella Chiesa, comunità escatologica, esso è presente ad essi [uo­mini e donne] apertamente e in maniera esplicita, nella piena visibilità

78 J. DUPUIS, Verso una teologia cristiana, p. 520.

19 Redemptoris missio 5.80 Redemptoris missio 10. Quanto a questa "misteriosa relazione con la Chiesa", il Concilio aveva già insegnato che coloro che si salvano senza aver accolto il Vangelo "sono ordinati al popolo di Dio in vari modi" (Lumen gentium 16).

La persona

di Gesù

e l'evento-Cristo

sono costitutivi

della salvezza per

l'umanità

Il mistero

di Cristo

conosce

diverse modalità

di presenza

Page 17: PER UNA TEOLOGIA AD GENTES DELLE RELIGIONI

AD GENTES 11 (2007) 1

«Ogni

conoscenza umana

dell'Assoluto

è relativa»

La, distinzione

tra Verbo

divino e Verbo

incarnato non ammessa

da «Dominus lesus»

178

della sua mediazione completa. Nelle altre tradizioni religiose, è presen­

te in maniera implicita, nascosta, in virtù di una modalità di mediazione incompleta costituita da tali tradizioni"8 1

Il fondamento teologico di queste tesi sta quasi sempre nel fatto che que­sti autori, sia pure sullo sfondo di un disegno salvifico che trova il suo vertice in Gesù, pongono una qualche distanza tra il Mistero divino e la sua conoscenza ed espressione. «Il Mistero divino rimane sempre e irri­

mediabilmente al di là della presa umana; nessuna tradizione religiosa può rivendicare a priori una conoscenza privilegiata del Mistero, e tanto

meno un monopolio di tale conoscenza. Ogni conoscenza umana del-

1' Assoluto è relativa"82. La ragione di questa distanza sta nella manieracon cui il mondo indù pensa la relazione tra la Realtà ultima e la storia umana: non commisurabile alla realtà umana, il mistero di Dio è al di là di una storia e di una conoscenza che non raggiungono mai la sua inson­

dabile altezza: Deus semper maior. Applicando queste concezioni alla dimensione umana e storica di quel

Figlio-di-Dio-fatto-uomo che è Gesù, ne viene che anche la sua coscien­za e la sua Parola appaiono dimensioni privilegiate della conoscenza e della comunicazione di Dio, ma non esaustive. Resta da osservare che, per il fatto che esistono diverse visioni particola­ri della verità di Dio, non ne segue che queste abbiano tutte "un signifi­cato equivalente"83. Una simile prospettiva non manca di investire a fon­do la cristologia: "Per quanto inseparabili, il Verbo divino e l'esistenza umana di Gesù rimangono tuttavia distinti. Se, dunque, l'azione umana del L6gos énsarkos è il sacramento universale dell'azione salvifica di Dio, essa non esaurisce l'azione distinta del L6gos. Continua ad esservi

un'azione distinta del L6gos asarkos"84.

Per questo, citando Schillebeeckx, Dupuis concluderà che Gesù è "una

manifestazione «singolare ed unica», ma anche «contingente», cioè sto­rica e quindi limitata, una manifestazione del dono della salvezza-da-Dio

per tutte le creature"85. Si sa che Dominus Iesus 10, paragrafo 5 insegne­rà che "è contrario alla fede cattolica introdurre una separazione tra l'azione salvifica del Logos in quanto tale e quella del Verbo fatto carne" presumibilmente per salvaguardare la profondità della incarnazione e

dell'opera salvifica che vi è connessa.

81 J. DuPUIS, Verso una teologia cristiana, p. 430.82 fbid., pp. 379-380. 83 Ibid., p. 387.84 lbid., p. 404.85 Ivi. La citazione di Schillebeeckx è presa da E. SCHILLEBEECKX, Umanità. La sto­

ria di Dio, Queriniana, Brescia 1992, p. 219.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

6. PER UNA VALUTAZIONE TEOLOGICA

Sotto la spinta di quest'ultimo pluralismo, resta aperta la necessità di di­scutere quanto la radicale differenza tra la Realtà divina e la realtà uma­na sia sufficientemente salvaguardata dalla teologia tradizionale e quan­to non esiga invece un ulteriore sforzo di salvaguardia del Mistero divi­no. L'utilizzo dei termini "natura" e "persona" - applicati a Dio in senso analogico86, ma pur sempre dedotti dalla sola realtà creata - non rischia di concludere ad una qualche oggettivazione di Dio? Quando Tommaso afferma che actus autem credentis non terminatur ad enuntiabile sed ad

rem87, non introduce nella conoscenza una imprescindibile dimensione

non-concettuale? Sviluppare questo aspetto non comporta il ricorso an­che ad attitudini trascendentali o transconcettuali del soggetto stesso? E, infine, l'eventuale ricorso all'analogia non va radicato meglio nell'ambi­to storico-salvifico? In effetti, Ch. Duquoc osserverà che "rivelandosi in Gesù, Dio non ha as­solutizzato una particolarità; [ ... ] la particolarità originaria del cristiane­simo esige che le differenze rimangano reali e non vengano abolite, qua­si che la manifestazione in Gesù chiudesse la storia 'religiosa"'88. Mette­re a fuoco questo fatto impone di precisare il rapporto tra il "Mistero di­vino" e il suo significato, da una parte, e il loro utilizzo per la fede delle comunità e il dialogo interreligioso dall'altra. Una cristologia dello Spi­rito è probabilmente indispensabile per considerare sia "la sua azione presente in ogni tempo e in ogni luogo", senza per questo separarla "dal­l'azione peculiare che egli svolge nel corpo di Cristo che è la Chiesa"89.

Per i cristiani, il Mistero è rivelato in Gesù in modo tale che Egli rappre­senta una via di salvezza per tutta l'umanità; e una via di salvezza defini­tiva e insuperabile. Per Samartha, invece, il Mistero è una realtà trascen­dente che "rimane sempre al di là ed è più grande della comprensione di esso o perfino della somma totale di tali comprensioni"90. Il Mistero, pie­nezza e ricchezza, non serve a colmare le lacune della conoscenza razio­nale: "È uno stato ontologico che dev'essere accettato, non un problema epistemologico da risolvere"91. Sempre secondo Samartha, l'intera espe­rienza multireligiosa dell'India sarebbe legata a questa sensibilità: "Il

86 Con la sua abituale acribia, J. Dupuis ricorderà che l'uso dell'analogia include unqualche riferimento obiettivo: J. DUPUIS, Verso una teologia cristiana, p. 351. 87 TOMMASO o' AQUINO, Summa Theologica II• nae, q. 1, a. 2, ad 2um. 88 CH. DUQUOC, Un Dio diverso. Saggio sulla simbolica trinitaria, Queriniana, Bre­scia 1985, p. 137. 89 Redemptoris missio 29.90 S.J. SAMARTHA, La croce e l'arcobaleno. Cristo in una cultura multireligiosa, in J. HrcK - P. KNITTER (a cura), L'unicità cristiana un mito? Per una lettura pluralista

delle religioni, Cittadella, Assisi 1994, p. 172. 91 Ivi.

La teologia

tradizionale

non esige

un 'ulteriore

sforzo di

salvaguardia

del Mistero

divino?

Una cristologia

dello Spirito

è probabilmente

indispensabile

791

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AD GENTES 11 (2007) 1

La teologia

cattolica ha conosciuto

forme di apofatismo

Ma non è

la stessa cosa

in questa forma di pluralismo

80

Mistero fornisce la base ontologica per la tolleranza, che altrimenti cor­rerebbe il rischio di divenire solamente benevolenza non critica"92.Il massimo che questo pluralismo può concedere è che ogni religione possiede una sua esigenza normativa; obbligante per i membri di quella

determinata confessione, non può diventare il criterio per valutare le al­tre religioni. A questo punto mi sembra decisiva la domanda posta dal domenicano DiNoia: può il Mistero diventare la base comune per il dia­logo?93. Non si dovrebbe semplicemente riconoscere che la teologia del­le religioni termina in un impossibile dilemma: o mantenere privatamen­te le proprie convinzioni senza farle valere per gli altri o confessare di non avere convinzioni perché si è semplicemente in ricerca? Nel primo caso il dialogo è inutile; nel secondo si configura un'esperienza total­mente diversa dal dialogo interreligioso. Entrando comunque nel merito di quel Mistero che viene invocato come base del dialogo, si può ricordare che la teologia cattolica - insieme alla conoscibilità naturale di Dio - ha pure conosciuto e valorizzato forme di apofatismo. Gregorio di Nissa, ad esempio, afferma che la vera cono­scenza "consiste nel non vedere, perché quello che si cerca è al di sopra di ogni conoscenza, separato da ogni parte dalla incomprensibilità, come se fosse una tenebra. [ ... ] Quando dunque Mosè ebbe progredito nella conoscenza, allora dichiarò di aver visto Dio nella tenebra, vale a dire di aver allora conosciuto che Dio è, nella sua natura, quell'essere che è al di sopra di ogni conoscenza e di ogni comprensione"94. Il Nisseno, e altriautori come lui, hanno sempre avuto cura di evitare ogni eccesso specu­lativo; portato all'estremo, infatti, l'apofatismo cadrebbe nel silenzio o

nell'astrazione: al contrario, questi autori sanno bene che il Dio misterio­so è pur sempre il Padre misericordioso rivelato in Gesù. Non mi pare di trovare la stessa cosa in questa forma di pluralismo. Il cri­stianesimo, ad esempio, può sostenere che Dio è unitrino, Padre Figlio e

Spirito Santo; con la stessa forza, il mondo indiano può dire che Brah­man è sat-cit-ananda (verità-coscienza-beatitudine): "Nella migliore delle ipotesi, le due formulazioni possono essere soltanto simboliche, in­dicando il Mistero, affermando il significato svelato ma serbando una re­sidua profondità"95. Proprio questo è il punto difficile: qual è la "residua profondità" dell'evento-Gesù? Quale significato perenne e universale

92 Ivi. 93 J.A. DINOIA, Teologia pluralista delle religioni: pluralista o non pluralista?, in G.

D'Costa (a cura), la teologia pluralista delle religioni, pp. 231-253 (in particolare

pp. 241-246). 94 GREGORIO DI NISSA, Vita di Mosè, in ID., Opere, UTET, Torino 1992, p. 293. In mo­

do ancora più stringato, dirà: "Siccome ciò che è contenuto è senza dubbio inferiore per natura a ciò che contiene, ne consegue che il dominio spetta a quello che è più

grande.[ ... ] Non si potrà immaginare, allora, un contenimento della natura illimitata.

Ancora: quello che è illimitato non può, per natura, essere compreso" (Ivi, p. 319). 95 S.J. SAMARTHA, la croce e l'arcobaleno, p. 173.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

mantiene Gesù di fronte alla storia umana? E in forza di che lo mantiene, se vi è una "residua profondità" del Mistero che non lo riguarda? La mia impressione è che, con questa tesi, il pluralismo fornisca una vi­sione indipendente dalle affermazioni delle religioni: sostituendo con il termine "Mistero" affermazioni religiose ben più precise, introduce una valutazione che, mentre relativizza ogni affermazione, si propone essa stessa come l'unica vera e coerente. In questa concezione il pluralismo si svela come una generale teoria delle religioni che, interpretandole, le su­pera e le sostituisce. Lo stesso dialogo perde di urgenza e necessità. Mentre Dupuis, seguen­do Redemptoris missio 5596, può parlare di dialogo come evangelizzazio­ne, Knitter lega il dialogo a un nuovo modello di verità: "The new model of religious truth is more consonant with a theory of the 'continuous creati on' of all religions"97. L'ultimo suo libro sostituisce la verità con l'etica: "Il mio suggerimento è dunque che i cristiani 'si immergano' con le altre persone religiose in questo tipo di dialogo etico, basato sull'agi­re, qualunque sia il particolare modello teologico di cui si stanno serven­do. [ ... ] Condividendo la partecipazione a un dialogo etico con i nostri amici interreligiosi, noi cristiani saremo - credo - maggiormente capaci di condividere le nostre differenti teologie delle religioni e di imparare qualcosa da esse. La condivisione del dialogo etico con gli altri vivifiche­rà e guiderà il dialogo teologico che condividiamo fra noi"98.

Per la verità, questa sottolineatura etica ha una certa forza: "Per la mag­gior parte dei credenti non si tratta più tanto di adorare il Padre quanto di incarnare su questa terra la morale del Figlio"99. Il senso profondo di queste affermazioni sta nel rimando a un futuro messianico inaugurato da un evento escatologico, ma non ancora realizzato nella sua pienezza. Le­gato al Vangelo, questo dialogo etico non comporta un disinteresse per la sua verità; è la verità di Gesù a garantire la serietà delle sue promesse. Per questo, con ragione, Dupuis prenderà le distanze da una simile visio­ne: "La riduzione della missione al dialogo operata da Knitter è l'esito naturale della sua posizione cristologica ed ecclesiologica. [ ... ] Se Gesù Cristo, per quanto 'indispensabile', non è 'costitutivo' della salvezza per l'umanità, la missione della Chiesa, per quanto 'necessario' possa essere il contributo che essa fornisce alla promozione del Regno di Dio, non ha da svolgere alcun ruolo insostituibile in quanto 'sacramento' per eccel­lenza del Regno di Dio ovunque presente e operante nella storia"100.

È la presenza del dato escatologico a rendere "provvisorio" il cammino

96 Redemptoris missio 55: "Il dialogo inter-religioso fa parte della missione evange­

lizzatrice della Chiesa". 97 P.F. KN!TTER, No Other Name? A Critica! Survey ofChristianAttitudes Toward the

World Religions, SCM Press, London 1985, p. 219. 98 P. KNITTER, Introduzione alle teologie, p. 485.99 L. FERRY, La Sagesse des modernes, Laffont, Paris 1998, p. 534.IOO J. DUPUIS, Verso una teologia cristiana, p. 500.

Questa forma

di pluralismo

interpretando

le. religioni

le sostituisce

Lo stesso dialogo

perde di urgenza e necessità

La sottolineatura

etica ha una

certa forza

81

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AD GENTES 11 (2007) 1

Il provvisorio investe tutte

le forme

che nelle Chiese sono storiche

Due prospettive

di fondo

1s2

Critica

alla teologia del

compimento

della Chiesa. Duquoc lo spiega così: "Il provvisorio qualifica il fatto che le Chiese sono storiche e dunque mortali; non è un giudizio peggiorativo, tale da insinuare un difetto di valore. [ ... ] Il provvisorio investe tutte le forme che nelle Chiese sono storiche: l'organizzazione, le forme stori­che, le forme simboliche, le espressioni dottrinali. Così facendo, non le fissa nell'istante, le apre alla loro prospettiva: la venuta del Regno"101.

CONCLUSIONI

Si può dire che l'attuale teologia delle religioni è percorsa da due prospet­tive di fondo e eia un atteggiamento di critica. Le prospettive di fondo so­no il passaggio da un modello cristocentrico a uno teocentrico e il quasi contemporaneo passaggio a un ulteriore modello, quello soteriocentrico. A questo riguardo va richiamato Redemptoris miss io 17, ripreso in Do­

minus Iesus 19; questi testi mettono in guardia dagli aspetti negativi di una concezione che indicano come "regnocentrismo" e che presentano come "un passare sotto silenzio Cristo", come "un privilegiare il mistero della creazione tacendo su quello della redenzione" e come "un emargi­nare o sottovalutare la Chiesa". Va del pari ricordato il passo di Redem­

ptoris missio 6, ripreso in Dominus Iesus 15, che lega alla "singolarità unica di Cristo" il conferimento allo stesso Cristo di "un significato asso­luto ed universale, per cui mentre è nella storia, è il centro e il fine della stessa storia". La mancanza di indicazioni precise circa persone o tesi la-

. scia ai lettori la possibilità di trarre eventuali conclusioni. L'atteggiamento critico è, per lo più, esercitato nei confronti di una teolo­gia del compimento. Preso da Mt 5,17, il termine designa una corrente che, considerando strumentalmente le altre religioni, le qualifica come miniere da cui ricavare singole tesi che si ritengono particolarmente adat­te per arricchire il cristianesimo. Questo disinteresse per l'unità organica di una religione è ciò che ha portato a guardare con sospetto l'intero lavo­ro di questi autori. In realtà, per il fatto stesso di dialogare, ogni religione si espone - diciamo così - al rischio di essere usata per illuminare qualche aspetto oscuro dell'interlocutore. Per evitare o raddolcire questa possibi­lità, Dupuis parlerà di '"complementarità reciproca', mediante la quale fra il cristianesimo e le altre tradizioni hanno luogo uno scambio e una con­divisione di valori salvifici da cui possono scaturire un arricchimento e una trasformazione reciproci" 102

. Knitter chiederà invece "un'ermeneuti­ca del dubbio", per evitare così che le dottrine diventino ideologie e per dar vita a spazi di effettivo dialogo103

. Parecchi sostengono infatti che la missione tradizionale produca oggi, molto facilmente, risultati non etici.

101 Ch. DUQUOC, Chiese provvisorie. Saggio di ecclesiologia ecumenica, Queriniana,Brescia 1985, p. 117. In un successivo lavoro, parlerà di precarietà istituzionale: ID., "Credo la Chiesa". Precarietà istituzionale e Regno di Dio, Queriniana, Brescia 2001. 102 J. DuPUIS, Verso una teologia cristiana, p. 439.103 P. KNiTIER, Per una teologia della liberazione delle religioni, in J. HlcK - P.

KNITIER (a cura), L'unicità cristiana un mito, pp. 319-321.

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Gianni Colzani, Per una teologia delle religioni

Dovendo arrischiare una conclusione, non vorrei schierarmi sotto una qualche etichetta anche se devo dire che, ritenendo insuperabile il riman­do a Gesù Cristo, credo che una qualche forma di inclusivismo sia neces­saria per esprimere la fede cristiana. Mi pare più utile ispirarmi ad alcu­ne tesi di un lavoro di D'Costa 104. Mi pare che la scelta di un orizzonte storico-salvifico non comporti solo la sua manifestazione storica e la sua pienezza nel Signore Gesù, ma che debba pure risalire alla vita trinitaria come alla sua origine. Il Padre non è raggiunto attraverso speculazioni, ma per la venuta del Figlio; e il senso universale di questa venuta non è chiarito che attraverso l'opera dello Spirito. Ne viene una lettura provvidenziale delle religioni non-cristiane. Non so­lo queste non sono riducibili a un agglomerato di metafisica teistica na­turale ma, come ci ha ben spiegato Rahner, vanno intese alla luce del­l'impossibilità di un "rifiuto della esistenzialità soprannaturale della sto­ria da parte della libertà dell'umanità" 105. Il loro ruolo diventa ancora più importante se, con Labourdette e Nicolas 106, riteniamo che la scelta tra grazia e peccato - per molte persone - avvenga ben prima dell'incontro con la comunità cristiana; avviene spesso sulla base di quell'atteggia­mento profondo che le persone prendono nei confronti di alcuni "segni" - incontri di persone ed avvenimenti che interpellano - e di Colui che,ancora nascosto, ci si accosta in questi segni senza che lo riconosciamo.In una prospettiva dinamica e personalistica della fede, in base alla inten­zionalità della coscienza che si sforza "de 'comprendre' le contenu et lasignification de ce qui se passe", 107 Congar vede il sorgere di una fedeancora velata, che non si presenta in sé stessa ma sotto altre specie e al­tri nomi, e parlerà di "una fede prima della fede e delle grazie prima del­la grazia", 108 di una "preformazione della fede e, nel medesimo tempo,preformazione dell'amore e della carità". 109 Nella maggior parte dei pae­si del mondo, queste preformazioni non sono possibili senza l'influssodelle religioni: o per un'assidua partecipazione o per una sotterranea in-

104 G. D'CosTA, Cristo, Trinità e pluralità religiosa, in G. D'CosTA (a cura), La teo­logia pluralista delle religioni, pp. 84-103 (le tre tesi: pp. 87-91). 105 K. RAHNER, Sul significato salvifico, p. 429.106 M.M. LABOURDETTE - M.J. NTCOLAS, Théologie de l'apostolat missionnaire,«Revue Thomiste» 46 (1946), 575-602. Si pensi al rapporto che questo testo di Tom­maso (In Galatas I, 4) pone tra grazia e dinamiche umane: "Ipsa praeparatio mentis humanae est ex virtute divina. Nam licet facilitas qua mentes praeparantur sit causa conversionis, tamen ipsius facilitatis et praeparationis causa est Deus: converte nos Domine ad te et convertemur [ ... ]. Per quemdam interiorem instinctum quo Deus per gratiam tangit cor ut convertatur ad ipsum". 107 Y. CONGAR, La conversion. Étude théologique et psychologique, in Io., Sacerdo­ce et lai'cat. Devant leurs taches d'évangélisation et de civilisations, Cerf, Paris 1962, 36 (prima redazione in inglese nel 1956 , seconda edizione rielaborata in fran­cese: «Parole et Mission» 11(1960), 493-523). 108 Y. CONGAR, Salvezza dei non evangelizzati, in ID., la mia parrocchia vasto mon­do. Verità e dimensioni della salvezza, Paoline, Roma 1963, p. 160. Nello stesso te­sto si veda anche Y. CoNGAR, Cristianesimo e altre religioni, ivi, pp. 49-55. 109Y. CONGAR, Salvezza dei non evangelizzati, cit., p. 167.

Una lettura

provvidenziale

delle religioni

non-cristiane

831

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AD GENTES 11 (2007) 1

fluenza culturale. Come un germe vivente che racchiude potenzialmente in sé tutto il suo sviluppo, così queste preformazioni racchiudono la fede e la carità che salva. Non sta a noi pretendere di vederla schiudersi; sta a noi saperla cogliere e saper gioire della sua presenza .

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

SOMMARIO

D I cristianesimo non ha, fino ai nostri giorni,sviluppato una teologia delle religioni. Ma

nel mondo globale il pluralismo religioso assume dimensioni nuove: "Le religioni sono oggi una in­terna all'altra". In questa direzione, alcuni hanno fatto del pluralismo un criterio di verità. È quanto Dominus /esus rifiuta nettamente, come una teoria di tipo relativistico. Rimane però il problema: è possibile che le religioni rimangano in un rappor­to positivo tra loro e possano imparare qualche co­sa l'una dall'altra? Dopo aver esaminato l'innova­tivo insegnamento del Vaticano II e le posizioni dei principali teologi -da Rahner a Kiing, da Hick e Knitter a Dupuis e agli esponenti della teologia indiana -1' Autore sembra concludere che lo sche­ma "esclusivismo, inclusivismo, pluralismo" è or­mai irrilevante per la caduta del primo termine e la varietà di posizioni all'interno degli altri due; tut­tavia una qualche forma di inclusivismo rimane necessaria e il pluralismo si "svela come una ge­nerale teoria delle religioni, che, interpretandole, le supera e le sostituisce".

SUMMARY

fil hristianity has so far not developed a theolo­l!J gy of the religions. But in the global world, religious pluralism is taking on new dimensions: "Religions today are one inside the other". In this sense, some have made pluralism a criterion of truth. Dominus fesus clearly rejects this as a kind of relativistic theory. Nevertheless, the problem remains: is it possible for religions to maintain a positive relationship with each other and can they learn something from each other? After examin­ing the innovative teaching of Vatican Il, and the positions of the main theologians (from Rahner to Kiing, Hick and to Dupuis and the exponents of lndian theology), the Author seems to conclude that the scheme "exclusivism, inclusivism, plural­ism" is now irrelevant after the decline of the first term and the variety of positions within the other two; nevertheless, some form of inclusivism re­mains necessary and pluralism "reveals itself as a generai theory of religions which, through inter­preting them, surpasses and replaces them".

GIANNI CoLZANI, sacerdote della diocesi di Milano, ha compiuto i suoi studi presso la Facoltà Teologica di Milano, laureandosi nel 1971 con una tesi sulla storia della missionologia. Ha insegnato teologia sistematica presso i Seminari milanesi, l'Istituto superiore di Scienze Religiose di Milano, l'Università Cattolica di Mi­lano e la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale di Firenze interessandosi di Antropologia teologica, Esca­tologia e Mariologia. Dal 2000 è docente di Teologia della Missione presso la Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Urbaniana. Ha pubblicato molti testi e contributi. Tra i più importanti: La missionarietàdella Chiesa. Saggio sull'epoca moderna.fino al Vaticano Il, Dehoniane, Bologna 1975; Teologia della mis­sione. Vivere la fede donandola, Messaggero, Padova 1996; Antropologia teologica. L'uomo paradosso e mi­stero, Dehoniane, Bologna, 1988, 19972 (tr. spagn. 2001); Maria mistero di grazia e di fede, San Paolo, Cini­sello B. 1996, 20002 ; La vita eterna. Inferno, Purgatorio, Paradiso, Mondadori, Milano 2001. In collabora­zione con G. Butturini, Illuminata passione. Il beato Paolo Manna nella storia della missione contempora­nea, EMI, Bologna 2001. Convertirsi a Dio. Opera della grazia, scelta della persona, sfida per le chiese, Ur­baniana University Press, Roma 2004. Via E. Kant 8- 20/51 Milano

Te!. 02.33.40.16.41 - E-mail: [email protected]

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