PER UN NUOVO SISTEMA DI SCRUTINIO NELLE ELEZIONI …

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PER UN NUOVO SISTEMA DI SCRUTINIO NELLE ELEZIONI POLITICHE per Prof. Avv. MANFREDI Nob. SIOTTO PINTÒR deUa tHegia Umlveirsltà dì Firemm 1. — Scrivo sotto riinpressione deirannuncio, dato dall'on. Mus- soMm alla Camera, che stiamo per ritomaxe al sistema del c o l i c a uninominale. E so bene, cihe ciò ch'io sto pw scrivere non può avere alcuna utilità immediata. Quando queste pagine vedranno la luce il ritomo al collegio uninominale sic et simpliciter, con tutti i risa- puti suoi difetti, sarà, quasi certamente, un fatto compiuto. Ciò non vuol dire, che non metta conto di scrivere. Il giuoco d'altalena, fra lo scrutinio di lista e runinommale, che delizia da sì lungo volger d'anni il nostro paese, non potrà durare eternamente. Verrà pure^ un giorno o l'altro, l'ora della resipd^cenza e della riflessione; verrà il giorno, che tutti si persuaderanno della necessità di studiare a fondo anche questo problema dello scrutinio, smettendo il giuoco infantile dell'altalena. E' prezzo deH'opera preparare i materiali per un foituro (e sia pur lontano) meditato dibattito parlamentare sul vessato argomento. Non mi disanìmia. l'insuccesso di altri miei tentativi analoghi, rimasti assolutamente infruttuosi, per l'immatu- rità dei tempi. La maturazione dei tempi può ancora farsi aspettare a lungo, ma non può non avverarsi. Con questa sicura fiducia ritento, guardando all'avvenire. 2. -— Ragionavo, tempo fa, con un amico, del famoso disegno di legge siui giiuoohi d'azzardo. Vedi, mi diceva l'amico, il divieto assoluto è un errore di massima. S'hà da fare l'educazione nazio- nale? La vera educazione, intendo, che mira alla sostanza, all'ele- vazione intima dello spirito, non alla mera osservanza esteriore di precetti, imposti da un'autorità, cui si obbedisce per paura delle sanzioni e in proporzione della paura stessa. E allora bisogna dare opera a persuadere, che il giuoco è una mala cosa; bisogna far sor- gere nelle coscienze l'avversione al giuoco, non già limitarsi a vie- tarlo, comminando severe sanzioni contro i trasgiie^sori del divieto. Questa è misura esteriore, che lascia press'a poco il tempo ohe trova. Chi non è persuaso che il giuoco sia un brutto vizio conti- nuerà a giuocare, salvo a prendere maggiori precauzioni per non farsi cogliere in fallo.

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PER UN NUOVO SISTEMA DI SCRUTINIO NELLE ELEZIONI POLITICHE

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Prof. Avv. MANFREDI Nob. SIOTTO PINTÒR deUa tHegia Umlveirsltà dì Firemm

1. — Scrivo sotto riinpressione deirannuncio, dato dall'on. Mus-soMm alla Camera, che stiamo per ritomaxe al sistema del c o l i c a uninominale. E so bene, cihe ciò ch'io sto pw scrivere non può avere alcuna utilità immediata. Quando queste pagine vedranno la luce il ritomo al collegio uninominale sic et simpliciter, con tutti i risa­puti suoi difetti, sarà, quasi certamente, un fatto compiuto. Ciò non vuol dire, che non metta conto di scrivere. Il giuoco d'altalena, fra lo scrutinio di lista e runinommale, che delizia da sì lungo volger d'anni il nostro paese, non potrà durare eternamente. Verrà pure^ un giorno o l'altro, l'ora della resipd^cenza e della riflessione; verrà il giorno, che tutti si persuaderanno della necessità di studiare a fondo anche questo problema dello scrutinio, smettendo il giuoco infantile dell'altalena. E' prezzo deH'opera preparare i materiali per un foituro (e sia pur lontano) meditato dibattito parlamentare sul vessato argomento. Non mi disanìmia. l'insuccesso di altri miei tentativi analoghi, rimasti assolutamente infruttuosi, per l'immatu­rità dei tempi. La maturazione dei tempi può ancora farsi aspettare a lungo, ma non può non avverarsi. Con questa sicura fiducia ritento, guardando all'avvenire.

2. -— Ragionavo, tempo fa, con un amico, del famoso disegno di legge siui giiuoohi d'azzardo. Vedi, mi diceva l'amico, il divieto assoluto è un errore di massima. S'hà da fare l'educazione nazio­nale? La vera educazione, intendo, che mira alla sostanza, all'ele-vazione intima dello spirito, non alla mera osservanza esteriore di precetti, imposti da un'autorità, cui si obbedisce per paura delle sanzioni e in proporzione della paura stessa. E allora bisogna dare opera a persuadere, che il giuoco è una mala cosa; bisogna far sor­gere nelle coscienze l'avversione al giuoco, non già limitarsi a vie­tarlo, comminando severe sanzioni contro i trasgiie^sori del divieto. Questa è misura esteriore, che lascia press'a poco il tempo ohe trova. Chi non è persuaso che il giuoco sia un brutto vizio conti­nuerà a giuocare, salvo a prendere maggiori precauzioni per non farsi cogliere in fallo.

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Cosi, isu per giù, ragionano coloro, che credono di dar prova della più profonda saggezza, ostentando un sovrano disprezzo per lo studio dei congegna elettorali. Dicono: A che prò' mutare le forme del meccanismo elettorale? 0 c'è una sana coscienza politica, dif­fusa in paese, e le elezioni daranno ottimi risultati, con qualunque sistema sd facciano ; o non c'è, e il risultato, qualunque meccanismo si adotti, sarà cattivo.

Questo modo di ragionare, mentre si spaccia per la quintessenza della saggezza è fondato, viceversa, sul più lamentevole e perni­cioso disconoscimento della natura umana. Salvo rare eccezioni gli uomini non sono, invero, né interamente virtuosi, né interamente viziosi; sono, in potenza, una cosa e l'altra; sono possibilità di bene e di male, che si realizzano, in un senso o nell'altro, secondo i momenti, le opportunità, le circostanze, e secondo la via che im­broccano. L'arte suprema di chi vuole indirizzarli sulla via buona sta nello spianare l'adito a questa via e nel rendere più malagevole l'adito alla via opposta. In novanta casi su cento ciò basta a farli bene incamminare; e, incamminati che siano, potrà, poi, riescire preziosa l'opera della persuasione, dell'educazione, per destare anche il convincimento profondo, la coscienza intima della supe­riorità del bene sul male. Ma se si lasciano identicamente sgombri gli accessi alle vie del bene e del male e ci si affida, per far prefe­rire la prima, esclusivamente all'opera, ardua e lenta dell'educa­zione, isi rischia di lasciar precipitare la grande massa degl'inco­scienti, dei deboli, degll'irresoluti verso la direzione peggiore e di isolare, nella migliore, pochi manipoli di eroi, destinati ad esau­rirsi in una lotta disperata contro il dilagare del male.

I congegni elettorali non sono, anche se ottimamente concepiti, panacee della vita pubblica; ma neppure sono vani meccanismi, in­capaci d'esercitare una qualsiasi influenza siuUe vicende politiche d'un paese. Essi possono paragonarsi, all'ingrosso, rispetto alle forze partecipanti alle lotte politiche, ai canali che convogliano le acque d'un bacino montano. La canalizzazione non potrà mai, s'in­tende, influire sulla qualità delle acque; non potrà, se ®ono torbide, farle diventare limpide, se sono inquinate, farle diventare potabili ; ma se è ben fatta, il deflusso delle acque si effettuerà r^olarmente, in modo da consentirne una razionale utilizzazione e da scansare il pericolo delle alluvioni; se è fatta male potrà rendere più grave il pericolo e non consentirà l'utilizzazione fruttuosa. Così un buon congegno elettorale, pur non potendo mutare la natura morale e in­tellettuale degli elettori fajciliterà la ordinata disciplina della lotta politica, solleciterà gli elementi migliori del corpo elettorale ad ac­correre alle urne, consentirà alle più sane tendenze di aifermarsi e di farsi valere; un cattivo congegno, invece, fomenterà il disor­dine, rinsincerità, le basse manovre dell'infimo mestierantismo po­litico, deprimerà le tendenze più rispettabili, darà causa vinta, a priori, ai più tristi elementi e ai metodi più funesti.

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li. — Iten videro queste semplici, elementari verità i non pochi masti i uomini politici illuminati, che condussero, nel 1882, una gagliarda e fortunata campagna contro il collegio uninominale. Vi­dero che nell'angusta circoscrizione fiorivano la corruzione e la ti­rannia delle clientele personali, lussur^giavano intimidazioni e vio­lenze e favoritismi, erano annientate, inesorabilmente, minoranze rispettabili, era potenziata Tefficdenza delle pressioni del governo centrale, era falsata, in gran parte, la manifestazione della cosi detta « volontà del paese », cui pure si pretendeva di fare appello, con la convocazione dei comizi elettorali.

Ma s'illusero a partito questi uomini egregpl ritenendo, che ba­stasse sostituire allo scrutinio uninominale il plurinominale, per far sparire, o per attenuare considerevohnente i lamentati malanni. Fu te-eve illusttone. L'esperienza insegnò ben presto, che il creduto ri­medio era peggiore del male. Le coalizioni impure divennero stru­mento indispensabile di succesiso; le mutue indulgenze degli asso­ciati neirimpresa, fatta più ardua, d'accaparramento dei suffragi agevolarono la corruzione, guarentendone meglio roceultamento e rimpunità; Tinframmettenza del governo vigoreggiò più che mai; alle limitate forze perturbatrici delle clientele personali subentrò la incontenibile tirannia dei comitati; precipitò il processo di degene­razione dell'attività politica in mestiere. Tanto insopportabile di­venne lo (Scandalo, che nel 1891, proposto dal gabinetto Di Budini-Nicotera il ritomo all'antico, si videro acconciarsi di buon grado all'abbandono dello scrutinio di lista, anche i più fra coloro, che con maggior calore di convincimento ne avevano patrocinato l'ado­zione.

Le discussioni, che nei due rami del parlamento si svolsero, nel 1882 e nel 1891 sono gjravide di preziosi insegnamenti, che non avrebbero dovuto essere mai dimenticati. Nessuno, invece, mostrò d'aver fatto tesoro della virtù chiarificatrice di quei solenni dibat­titi, quando, per far ragione al principio della rappr^entanza pro­porzionale si volle riabilitare, nel 1919, il sistema dello scrutinio di lista. Le discussioni parlamentari furono, allora, estremamente povere di contenuto, nonostante il lussureggiare delle più svariate proposte di amminicoli formali (1). Si ricucinarono le superflue censure contro il collegio uninominale, che nessuno sentiva il bi­sogno di riudire per la centesima volta, e si rifece serenamente l'apo­logia dello scinitinio di lista, con gli argomenti già sfatati a dovizia dalla ripetuta esperienza francese e dalla nostra, cercando di per­suadere e di persuadersi, che da noi il sistema aveva fatto eattiva prova, sol perchè era stato applicato troppo timidamente. Si asserì che, ingrandendo il collegio sino ad abbracciare la regione, o, al­meno, una ragguardevole porzione di essa, così da accogliere nelle

{!) Ho dato una rapida rassegna di queste proposte, nel voi. xii del Jahrbuch der òffentlichen Rechts (TClbingen, Mohr-iSlel>eck, X904), p. 220.

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liste un numero di nomi non inferiore a dieci, il sistema avrebbe rivelato tutti i suoi mirabili pregi.

Sarebbe difficile darsi ragione d'una sì lamentevole povertà di argomenti, se non si ponesse mente alla rumorosa propaganda, che i due partiti più numerosi e più disciplinati andavano facendo, già da tempo, per le idee del regionalismo e della rappresentanza pro­porzionale. Idee disgregatrici entrambe, ma sorrette da diffusi sensi di elementare giustizia. La distribuzione scandalosamente ineguale dei sacrifici e dei benefici della guerra suffragò assai il regionalismo, come scudo contro le iniquità del potere centrale ; la grossolana di­sparità fra le forze complessive dei partiti e le rispettive vittorie elettorali, nella lotta frantumata in più centinaia di circoscrizioni, avvalorò il proporzionalismo, come unico mezzo di realizzazione della giustizia distributiva nella ripartizione delFinfluenza politica con­creta. Strumento d'attuazione appropriato appariva, per questo pro­posito come per l'altro, lo scrutinio di lista, ohe potenziava la re­gione e il partito. Ciò doveva bastare e bastò ad assicurargli ax3co-glienza quasi incontrastata. Le ultime resistenze furono agevolmente superate mediante la concessione dei famigerati temperamenti dei voti preferenziali e aggiunti.

4. — Ma l'esperienza doveva una volta ancora pronunciare l'i­nesorabile suo verdetto. Lo scrutinio di lista eliminò, in gran parte, dalla rappresentanza i valori individuali; potenziò l'efficienza delle masse inconscie, digiune d'ogni educazione politica, schiave di cie­chi impulsi pass'ionali ; fomentò le coalizioni impure, a base di meri interessi elettorali; allontanò, per disgxisto e per scoramento, dalla competizione elettorale gli clementi migliori; indusse — e si po­trebbe dire costrinse — a cercare la via della salute fuor dei con­fini delle istituzioni costituzionali.

Ciò che accadde poi, per necessaria conseguenza, non vuole es­sere qui enunciato. Ognuno intende che un apprezzamento dei cri­teri informatori e degli effetti della legge elettorale del 13 dicembre 1923, morta in fascie, sarebbe assolutamente fuor di luogo in uno scritto, rivolto ad approfondire i dati essenziali del problema elet­torale, e non a registrare le fuggevoli apparizioni della politica espe-dienziale. Dopo tutto non si tratta che d'una fantasia, dirò cosi, sul tema dello scnitinio di lista, ben poco interessante dal punto di vista dottrinale e priva, ormai, d'ogni rilevanza dal punto di vista pratico.

Oggi ì più — se lasciamo stare gli ostinati paladini, troppo manifestamente interessati, della legge del 1919 — ricantano le lodi del collegio uninominale, dimenticandone i vizi risaputi. Pochi altri riversano sul principio della rappresentanza proporzionale la respon­sabilità di tutti i malanni venuti a gialla dal 1919 in poi e patroci­nano lo scrutinio di lista puro e semplice, col poverissimo conten­tino del voto limitato, tanto per scolorire la manifesta odiosità del dispotismo della maggioranza. E nessuno pensa alla risoluzione dei

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termini essenziali del problema; a trovar modo, cioè, che l'elettore non sia condotto alle urne per far numero, tome pecora nel branco; che non sia, in certe circostanze, sconfortato dalia previa certezza di votare inutilmente; che non vegga, in altri, casi, Fincombente ineluttabilità del trionfo della clientela, della corruzione, o della pressione governativa; che non sia messo mai nell'odiosa alterna­tiva di votare contro coscienza, o di disertare le urne.

5. — Il suffragio universale — qui sta il nodo del problana — è, bensì, frutto immediato d'una infantile idea demagogica, che dà peso esclusivo al numero e ostenta il disconoscimento dei valori individuali; ma è, anche, frutto mediato d'una più profonda e sag­gia visione della vita sociale e della natura umana, che conduce ad apprezzare la partecipazione elementare all'attività politica come un eccellente mezzo di educazione della coscienza civica, come uno strumento di elevazione del gregge umano a popolo. Perchè, però, questa profonda concezione riesca ad avverarsi in concreto occorre, che ia partecipazione in discorso sia sentita dal singolo come un effettivo diritto proprio, come sicura possibilità d'efficace manife­stazione d'una volontà propria. Se l'elettore si sente stretto nelle maglie d'un congegno, che sopprime la sua libertà di scelta, che consente ogni maniera di sopraffazioni, che prefìgge alla manife­stazione del suo volere determinate direzioni, sotto sanzione d'ina­nità, il mezzo di educazione si converte in strumento d'umiliazione della volontà, di deformazione della coscienza. Lo scrutinio di lista fu, precisamente, dipinto e salutato — ricordiamolo! — da molti conservatori, nel 1882 (annuente, pur con qualche abile circonlocu­zione, lo stesso Depretis), come un correttivo dell'allargamento del suffragio, attuato con la legge del 22 gennaio di quell'anno, che elevò la cifra degli elettori da poco più di 600.000 a oltre due mi­lioni (2). Sì spalancava l'accesso alle urne, ma si apprestavano, tosto, le chiudende, per asserragliare in esse il gregge elettorale. E la massa, fatta gregge, continuò a comportarsi da gregge, anche quando si trovò suddivisa, col ritorno al sistema uninominale, in più ristretti manipoli. Era materia guasta, e la riforma del 1919 non la trovò disadatta ad essere colata nel suo pesisimo stampo. Il caso, ricordato, ora è qualche tempo, dal senatore Francesco D'Ovi­dio (3), del falegname di Campobasso, che, sollecitato a partecipare alle elezioni del 1921, gli dichiarava fieramente la propria ripu­gnanza a votare per la lista della lavandaia, se non può dirsi asso­lutamente isolato, può ben dirsi, però, singolarissimo. Elementi di questo genere sono, certo, estremamente scarsi nel nostro corpo elettorale. La diseducazione compiutasi nel decennio della prima applicazione dello scrutinio di lista diede alla mentalità politica

(2) Vedi su questo punto, come sui ricordati dibattiti parlamentari del W^ e del 1891 il mio scritto : Collegio uniti orninole, o scrutinio di listar nella Bivista giuridica e sociale di Napoli, anno I, 1904, n. 11.

(3) In ima lettera al Giornale d'Italia, del 10 febbraio 1923.

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delle masse unia stabile impronta, cihe si propa^, nel trenteimio suc­cessivo, nonostante il rimutato sistema di 'scrutinio, alle nuove schiere del corpo elettorale, fatto sempre più pletorico. La riforma del 1919, ripeto, non fece che fornire comici più perfezionate, per inquadrare coscienze defonnate, volontà toipide, propositi incon­sìstenti, indigeriii e, spasso, impuri (4). Si assumeva la valoriz­zazione di programmili e di partiti, dove non erano che larve e cari­cature di quelli e di questi; si proclamava l'eqiia distribuzione della rappresentanza, dove mancava il substrato essenziale delle schiette correnti di pensiiero politico da rappresentare. Non si poteva riu­scire «che al potenziamento della disgregazione, airintensificazione delle manovre d'artificiosa contrapposizione di figurate tendenise, al finale depa'ui>eramento della coscienza elettorale. Il barlume di sin­cerità, che poteva ancora sopravvivere nell'adesione a singole per­sonalità, esponenti d'aspirazioni ingenue e limitate, ma vivamente sentite, affogò nella necessità d'imibrancansi in copiose schiere di ignoti. La consapevolezza d'essere destinato esclusivamente a far numero per la conquista del quoziente, speose nell'elettore riiltinio senso della propria dignità, gli sottrasse ogni residua percezione della propria indipendenza, ogni superstite idea del proprio decoro civico. Da questo punto deve prendere le mosse qualsiasi tentativo di ricostruzione, se non vuole condannarsi, a priori^ al sicuro in-S'uccesiso.

6. — Non bisc^na, però, illudersi, che sia data piena libertà di movenze, nel procedere alla ricostruzione. E' stato detto autore­volmente, da un insigne Maestro, il Raffini, che il sistema di rap­presentanza proporzionale è diventato una conquista dei popoli, non meno ferma che il suo oraiai immancabile presupposto, il suffragio universale (5). Ritengo incontrastabilmente vera l'affermazione. Suf­fragio universale e rappresentaima proporzionale rispondono, iden­ticamente, a uno di quei criteri elementari dì giustizia, che, una volta pervenuti aila realizzazione, non si possono più rinnegare. Si potranno escogitare temperamenti, si potrà anche riuscire, tempo­raneamente, a far macchina indietro, in circostanze ecceadonali; ma non sarà mai possibile tradurre in atto una durevole riforma, ba­sata sul disconoscimento di principii, nei quali le masse ravvisano, istintivamente, le più salde garanzie della propria elevazione, nella

(4) Tratteggia assai bene questo peggioramento l'egregio avv. OLIVIERO ZuccARiNi, nel seguente periodb d'un suo articolo, comparso nella Rivi­sta La critica politica, del 25 aprile 1924, pag. 147: (t IPoliticamente disedu­cativo — e non si può non imputargli la mancata valorizzazione delFistì-tuto parlamentare come organo rappresentativo degli interessi (generali -— il collegio uninominale d'ava per lo meno all'elettore Tillusione di con­tare per qualche cosa nella scelta del deputato e di compiere in certo modo un atto di sovranità. Colla rappresentanza proporzionale per col-l e 0 vasti iquanto la regione si tolse all'elettore andhe questa illusione, mentre il suffragio universale immetteva nel corpo elettorale una massa nuova, ignorante, diseducata, incapace di ogni autonomia ».

(5) V. Guerra, e riforme costituzionali, Torino, Paravia, 19S0, p. 40.

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gerarcMà dei valori politici e sociali. Come non si ritoglie, dopo averlo largito, sia pure con riconosciuta larghezza eccessiva, il di­ritto di swflfragio così non lo si mortifica, col ripristinamento dei sistema magigioritario nudo e crudo, o comunque annacquato, dopo avergli consentito, potenzialmente, con l'adozione del sistema pro­porzionale, di spiegare la piena sua efficienza. La soffocazione del diritto dell'elettore nelle spire dello scrutinio di lista fu vendicata dai fatti, che mostrarono a qual livello potesse essere degradata la vita pubblica, falsando la così detta consiultazione del paese. Ben peggior vendetta trarrebbero i fatti dall'applicazione d'un sistema, che alle menzogne dello scrutinio di lista accoppiasse la brutale sva­lutazione delle minoranze, o, per imitazione pedissequa del mo­dello inglese consegnasse al capriccio della sorte la determinazione della maggioranza.

7. — Ripeto qui ciò che scrissi diversi anni or sono, analiz­zando la natura intrinseca del diritto elettorale. L'elezione non è mero meccanismo per la formazione d'un organo dello Stato, secondo i dettami d'una accreditata dottrina tedesca; è altresì, e non in minor grado, non in seconda linea, esplorazione delle tendenze, dei propositi, delle aspirazioni, che si agitano in paese e della rispet­tiva loro entità; è incanalamento di esse iiell'ordine costituzionale, giusta la forza d'attrazione che posseggono, sottraendole al virus deirattività settaria, col metterle in grado di contare per ciò che valgiono e col sottoporie all'attrito smusisante dei triboli, insepfttra-bili da qualsiasi partecipazione airamministrazione della cosa pub­blica (6). Questa superiore concezione dell'elettorato, che decenni e decenni di laboriosi contrasti contro la elementare brutalità del principio maggioritario iaissoluto hanno elaborato, non andrà mai più perduta, seppure debba cedere, in circostanze eccezionali, al riflusso delle tendenze dispotiche, sia demagogiche, sia oligarchiche, assommanti nei periodi di acuta crisi politica. Può prescinderne la dittatura, ohe è parentesi nella storia; non può prescìnderne lin qualsivoglia modo di governo, che miri ad inserirsi nella trama pro­fonda dell'ordine storico.

Chiaro è, pertanto, che dal punto di vista d'un intimo riassetto della nostra vita pubblica, implicante il ripristino delle edoicatrici modalità superiori della competizione politica, il nuovo regime elet­torale ha da rispondere alla fondamentale esigenza, deirabolizione dello scnitinio di lista, con la conservazione della rappresentanza proporzionale.

Il difetto essenziale di tutti i sistemi elettorali, sin qui prati­cati, sta nel disconoscimento dell'incanceUable dtiplicìtà d'intenti,

(6) V. Interesse generale e Interesse individuale nell'elettorato poli­tico, oiel voi. Il degli Scritti in onore di G, P. Chironi, Torino, Bocca, 1904.

Gfr. anche Le riforme del reginriÀe elettorale e le dottrine della nxppre-sentanza politica e dell'elettorato nel secolo xx, Roma, Athenaeum, 191^, pag. 90 € segg.

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cui s'indirizza, secondo naturali impulsi del carattere umano la vo­lontà molteplice del corpo elettorale. Fra gli elettori, chi aspetta la salute dall'opera illuminata d'una data persona, cui si affida in vis tu della ritenuta sua superiorità intellettuale e morale, poco o punto curandosi della sua appartenenza a un gruppo, piuttosto che a un altro; chi, invece, si ripromette ogni bene dal prevalere di un gruppo, costituito in base a una determinata corrente d'idee, o d'in­teressi, senza dar peso alla cernita delle persone, che risulta sen­z'altro dall'attività spiegata in seno al gruppo. Tutti i corpi elet­torali contengono, a frotte, elettori di questi due tipi ben distili ti; tutti i sistemi elettorali siacriflcano, o un tipo, o l'altro. 0 danno, con le vittorie esclusive nei coUegii uninominali, prevalenza schiai-ciante all'elemento personale, consentendo l'annientamento di grup­pi cospicui, largamente diffusi nel paese, ma non concentrati in un notevole numero di circoscrizioni sìngole; o assicurano, con lo scru­tìnio di lista, il trionfo del gruppo, escludendo, quaM affatto, la va-lorìzzaziofie dell'elemento perssonale. Così costringono gran parte degU elettori a votare contro coscienza, per non vedere inutilizzato irremissibilmente il proprio suffragio, oppure a disertare, sdegnosi e sconfortati, le urne, In tutti i casi disamorano gran numero di cit­tadini dalla vita politica, li diseducano, li inaspriscono, e coltivano lo scetticismo, o, secondo le varie tendenze e le circostanze, ali­mentano lo spirito di ribellione.

La sensazione appagante, pacificatrice ed eminentemente edu­catrice della giustizia nella distribuzione deirìnfliienza politica con­creta, della possibilità di esercitare utilmente il diritto elettorale, seguendo gl'inGupulsi genuini del proprio animo, non può esser data da sistemi siffatti. Gli amminicoli correttivi, che sono stati intro­dotti nella nostra legge del 2 settembre 1919 e, peggio, in quell'in­forme mostriciattolo che è la legge francese del 12 luglio dello stesso anno (7), non sfiorano, neppure nella più modesta misura, la so­stanza del problema; sono poverissimi artifici, buoni soltanto ad assicurare qualche maggior vantaggio agli abili manovratori, che conoscono 11 mestiere a fondo e sanno destreggiarsi fra le compli­cazioni delle regole composite e dei calcoli raflSnati. L'elettore in­genuamente onesto ci si sente più che mai a disagio e prova più che mai la sensazione, d'essere ridotto alla mercè d'un ordigno, co­struito, per frodargli in qualche modo l'efiBcacia della sua manife­stazione di volontà. Libero respiro, fiducia, serietà e sincerità nel­l'azione darà all'elettore solamente il sistema, che lo lascerà vera­mente intiero padrone della scelta, guarentendogli, in pani tempo, una ragionevole probabilità di spendere utilmente il proprio voto'.

8. — Il problema, posto in questi termini, è sembrato, sino agli ultimi anni del secolo scorso insolubile, vedendosi chiaramente,

(7) Vedine una piana esposizione in AMBROSTNT, La riforina elettorale, Palermo, Sandron, 19^, pag. 19 e seguenti.

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da un luinto, ohe l'autonomia dell'elettore non era possibile, se uoii col collegio uninominale o ritenendosi, d'altro canto, impossibile Faltuazione della rappresentanza proporzionale, senza lo scrutinio di lista. Ma un giovane studioso austriaco, mosso dalle condizioni del proprio paese (8) a riesaminare a fondo la iquestione, riusci ad abbattere il dogma dell'inconciliabilità del sistema uninominale col principio della rappresentanza proporzionale, escogitando un me­todo affatto nuovo, che, se rimase ignorato, per la ninna autorità del proponente e per la generale riluttanza a discostarsi troppo da­gli schemi consueti, non è iperciò meno il solo che, senza ricorrere a complicazioni artificiose e perturbatrici, risponda nel miglior mo­do possibile alle tratteggiate esigenze essenziali d'una sana attività elettorale. Più volte mi è già occorso di segnalare, invano, i pregi singolari di questo metodo originale (9); torno, oggi, alla carica, perchè sono convinto, che le idee buone debbano sempre riuscire, alla lunga, a farsi strada, se trovino qualche tenace patrocinatore, fermo nell'ostinato proposito di non lasciarle cadere.

I criteri direttivi del sistema si riassumono in questi semplici termini : Costituzione di un numero di collegi uninominali, inferiore al numero dei seggi da ricoprire mediante l'elezione; assegnazione d'ima prima serie di seggi, secondo i risultati dell'elezione, com­piuta, nei consueti modi, a scrutinio uninominale; distribuzione pro­porzionale successiva dei seggi rimasti, fra i gruppi partecipanti alla lotta elettorale, tenuto conto dell'entità loro in tutto il paese e del numero di voti riportati, nei singoli collegi, dai rispettivi can­didati soccombenti.

Un esempio farà chiara la semplice modalità d'applicazione dei sistema, che a prima vista può sembrare piuttosto complicato.

Suppongasi una cifra totale di 3 milioni di elettori e un'Assem­blea elettiva di 300 membri. Si costituiranno, non 300, bensì solamente 150 collegi uninominali, con 20.000 elettori per ciascuno. I candidati, presentando ufficialmente la propria candidatura, do­vranno dichiarare a quale partito, o gruppo appartengano, oppure assumere la qualifica di indipendenti. A ogni gruppo sarà assegnato un emblema, unico per tutto il paese (considerandosi anche gli

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(8) Nessun paese era travagliato, come l'Austria, dia profonde sci3-sioni etniche, religiose, economiche e politiche, dalFinstabilità dtelle mag­gioranze parlam^entari, dall'implacabile sopraffazione delle minoranze. In nessun paese, come in quello, il regime parlamentare si era ridotto a nna mera parvenza, sbugiardata dai periodico ricorso alla dittatura^ più o meno larvata

(9) Vedi, in iqaiesta Rivista, A. i n , 191Ì1', Parte T, pag. 386 e seguenti il mio articolo: Estensione del suffragio e distribuzione della rappresen­tanza. Poi il cit. mio libro: Le riforme del regiìne elettorale ecc., pac^. 125 e seguenti. Poi FaHicolo: Collegio uninominale e proporzionalità,- nel Messaggero giudiziario (Roma),, A. I, n. 9 (16 marzo 191i9). Poi, nella Bivista di Milano^ A. IV, »192!l, n. 712 (20 ottobre), pa^. 89, Farticolo: TI prolasso del parlamento, i partiti politici e il regime elettorale. Poi, nel Giornale d'Italia, A. XXIilil, n. 127 (30 maggio 1923) l'articolo : Sul conge^ gno elettorale; una via iiuotm.

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indipendenti, come formanti un gruppo) e accanto al nome di cia­scun candidiato si stamperà, nella scheda unica di ciascun collegio Temblema del gruppo rispettivo (10). L'elettore voterrà coprendo con una croce l'emblema, stampato accanto al nome, da lui pre­ferito. Sarà dichiarato eletto il candidato, che avrà riportato la maggiioranza assoluta dei voti espressi nel collegio, e si registrerà, in un elenco apposito, il numero dei voti riportati dai singoli can­didati presentatisi. Si procederà al ballottaggio nei collegi, nei quali nessun candidato abbia riportato la maggioranza assoluta, ma si registreranno solamente i risultati dei primo scrutinio.

Così saranno assegmati i primi 150 seggi. Ecco, per maggior chiarezza, uh esempio numerico :

Siano in lotta i gruppi A, B, C, D, E, F. I 20.000 voti di un collegio risxdtino così distribuiti:

A\ Aa B^ B« C D E F 10050 250 2800 700 2900 1150 1100 1050

Risulterà eletto il primo candidato del gruppo A, che ha ripor­ta to p iù della metà dei voti espressi. Dei voti riportati dagli altri candidat i s i prenderà nota, nell 'apposito elenco.

In un al tro collegio, dove la lotta si svolga fra i medesimi grup­pi , si abbia la seguènte distribuzione dei voti :

A B C^ C® D E^ E^ F 4400 3000 3500 2500 1500 2350 1750 1000

Nessuni candidato sarà dichiarato eletto. Si registreranno i voti riportati da ciascuno di essi e si procederà al ballottaggio, fra A e C \ che determinerà l'eletto, in questo collegio. Resterà, però, inalterata la registrazione dei risultati del primo scrutinio.

Ck>nipiuta, in questo modo l'assegnazione dei seggi corrispon­denti ai 150 collegi, si abbia la seguente distribuzione della totalità degli eletti, fra i gruppi partecipanti alla lotta :

A B C D E F 17 27 31 18 25 32

Si proceda, poi, al calcolo dei voti riportati, complessivamen­te dai candidati di ciascun gruppo, nell'intiero paese, e si abbia il seguent^e riLsiiltato:

A B C D E F 350000 600000 410000 270000 720000 650000

Di qui si scongie, a colpo d'occhio, che la distribuzione dei primi 150 seggi non corrisponde alla forza totale rispettiva dei gruppi. Il gruppo F, per esempio, ha coniqxiistato il maggior nu­mero di seggi, pur avendo raccolto, complessivamente, 70000 voti meno che il gruppo E. Così pure il gruppo C è assai avvantaggiato, in confronto al gruppo B, che ba raccolto un mimerò di gran lunga superiore di voti.

{W) Presentandosi più candlidati, appartenenti al medesimo gruppo, sì contraddistingueranno con un numero progressivo, apposto allato al­l'emblema.

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Ma i-eistano da distribuire gli altri 150 seggi, a complemento dei numero dei membri componenti TAssemblea. E appunto mediante la distribuzione di questi seggi si correggeranno le sproporzioni, emerse dal risultato complessivo della vitazioine. Così, p. es., ai gruppo A, cui spetterebbero, proporzionalmente, a5 seggi, sul tota­le di 300, avendo esso raccolto 350000 voti su 3 milioni, se ne asse­gneranno 18, da aiggiungersi ai 17 conquistali. Al gruppo B, cui ne spetterebbero 60 e che ne ha conquistati 27, se ne assegneranno 33 e così di seguito. Si procederà all'assegnazione, consultando l'elen­co dei voti toccati ai singoli candidati nel primo scrutinio e dicha-rando eletti, nell'ordine numerico dei voti riportati, tanti candidati soccombenti di oiascun gruppo, quanti devono assegnarsene, per ristabilre la distribuzione proporzioale dei seggi, secondo la forza effettiva totale dei gruppi.

9. — Lo schema tracciato è stato ridotto, come ognuno intende, alla più semplice espressione, peir amor di chiarezza. E potrà de­stare, in questa forma rigidamente lineare, l'impressione d'un pui o artificio meccanico. Ma questa prima impressione si dileguerà to-stochè si rifletta, che la realtà delle cose non ^potrà non essere ben diversa dal quadro, senza luci e senz'ombre, disegnato per comodo di esposizione. S'intuisce subito, p. es., la verosimiglianza della ipotesi, che un gruppo forte e ben disciplinato realizzi, o nel primo stcmtinio, addirittura, o nelle votazioni di ballottaggio un numero di vittorie superiore al numero di seggi, che gli spetterebbero secon­do il calcolo proporzionale. E' chiaro, che in tal caso dovrà di­stribuirsi, proporzionalmente, fra gli altri gruppi la minorazione, cui dovranno soggiacere, essendo stato rotto irrimediabilmente l'e­quilibrio. Un puro proporzionalista troverà, ohe questo è un difetto tanto grave, da far condannare senz'altro il sistema. Io ritengo, invece, che sia un pregio singolarissimo. L'assurda pretesa della rigida precisione matematica ha, invero, pregiudicato sempre, nel­lo spirito della gionte dotata di sano senso politico l'idea, pur così giusta, della rappresentanza proporzionale. A vedere gli acrobati­smi, cui certi proporzionalisti ricorrono, per tener conto persino delle infinitesimali frazioni di voti (11), non ci si può sottrarre alla impressione, d'essere in presenza d'un vero fenomeno d'aberrazio­ne. Basta affidarsi all'elementare buon senso per intendere, che non sì tratta già, in questa materia, di realizzare l'esatta proporzio­nalità matematica, bensì di dare ai gruppi politici un tal quale giu­sto peso, compatibilmente con le risultanze della piii immediata manifestazione di volontà degli elettori. Nel caso, testé ipotizzato, ad esempio, il gruppo che avrebbe riportato, aritmeticamente par­lando, un numero eccessivo di vittorie, doveva, politicamente par­lando, stravincere, perchè, astrazion fatta dal numero totale dei

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(11) Vedine alcuni caratteristici esempi in E. KLÒTI, Die proportio^ nalwahl in der Schweiz, Berna, 1901, pag. 324 e seguenti. €fr- ancfhe B. EBICH, nel Jahrhuch des óffentlichen Eechts, voi. ii,' 1908, pag. 434-438.

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voti riportati neirintiero paese, si è mostrato di gran lunga supe­riore agli altri per l'educazione politica degli aderenti, per la pro­pria forza d'attrazione, per il valore degli uomini che lo hanno rappresentato nella lotta elettorale. L'attuaziione meccanica della proporzione numerica farebbe qui, evidentemente, violenza a una realtà politica d'ordine superiore. E questo non si può e non si deve volere, mentre si ha ben ragione di esigere, che sussista la possibi­lità d'nn tal quale conguaglio, che dia la sensazione d'una ragio-nevole giustizia distribuiva., senza far correre il rischio di valoriz­zare — come accade col grossolano spediente del voto limitato, o con la famosa utilizzazione dei resti — minoranze assohitamente insignificanti.

A questo proposito non deve essere pretermesso l'ulteriore ri­lievo, che il s»istema proposto consente, anzi, esige logicamente la determinazione d'un quantitativo minrnio di voti riportati nel pri­mo scrutinio, perchè un candidato possa essere dichiarato eletto (12). nella distribuzione successiva dei seggi. Potrebbe darsi, per conse­guenza, che un gruppo si trovasse a non avere un numero suffi­ciente di candidati, onorati di questa minima quantità di isaiffragi, per poter godere deU'ass^nazione dei seggi, che, secondo il calcolo proporzionale gli spetterebbero. Qui pure è chiaro, ohe l'astratto principio dovrebbe cedere; il gruppo in discorso dovrebbe, cioè, acconciarsi a non fruire d'una raippresentanza, proporzionale al numero complessivo dei voti raccolti. Ma una volta ancora non si tratta d'un vizio, bensì d'nn pregio del sistema, che non tende, ripeto, a realizzare una esatta corrispondenza numerica, cui la materia è, per natura sua, affatto refrattaria (non è ammissibile, evidentemente, la valorizzazione politica di correnti troppo fram­mentarie), ma tende a eliminare gli sconci più lamentevoli, cui può dar luogo il sistema maggioritario puro e semplice, a consentire e ad incoraggiare una sincera costituzione di gruppi, senza la devia-trice preoccupazione di correre incontro a un sicuro insuccesso as­soluto, e finalmente e soprattutto, a guarentire l'autonomia dell'e­lettore, fatto padrone della propria determinazione, mercè la pro­spettiva d'una possibile e probabile rivalutazione del proprio voto, pur essendone, in date circostanze, esclusa l'utilizzazione im­mediata.

10. — Allo scrutinio uninominale, che molti ritengono, ndn a torto, il meglio adatto alla mentalità del nostro popolo potremmo ritornare, adottando il congegno proposto, con tranquilla fiducia di non vedere riprodursi i malanni del passato. I collegi, senza subire l'iperbolico ampliamento attuale, ohe li riduce a mere unità stru-

(12) La "mancanza di questa determinazione è uno dei più sorpren-dienti difotti della legge ééi 13 dicembre ili923. Con l'erronea interpreta-xione, che si è pur voluta accogliere, dell'art. 82, potevano nascerne con­seguenze addirittura sbalorditive! Vedi, in proposito, il mio articolo nel giornale La Tribuna^ A. XLII, n. 97 (quarta ediz. .diel 2t aprile 1924).

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nientali, prive di fisionomia propria e di coerenza intrinseca, sareb­bero ingranditi abbastanza, per non lasciare più campo troppo libe­ro al dsf renarsi del campanilismo, ma non a segno, da rendere impossibile la conoscenza dei candidati e la valorÌ2;zazione dell'e­lemento personale. La competizione dei gruppi sarebbe meno acre, d)ata la possibilità dei compensi ; la dignità dell'elettore sarebbe ri­sollevata; raccaparramento dei voti e la corruzione, non potendo condurre a risultati troppo rimunerativi, si ridurrebbero alla misura minima; alla coscienza politica sarebbe dato agio di maturare, non costringendola in rigidi schemi, predisposti da comitati dispotici, fatti, a priori, padroni del campo.

Non credo — mi piace di ripetere, conchiudendo, questa saggia riserva — alle virtù mirifiche di alcun congegno elettorale. Ma se è vero, che, quando si sta male bisogna decidersi, per trovare il meglio, a tentare vie nuove ; se è vero, che i sistemi sin qui praticati hanno fatto cattiva prova, rivelandosi fomiti di profonda diseduca­zione del corpo elettorale e strumenti di potenziamento delle meno raccomandabili tendenze delFambiente politico nsuzionale, non può essere contestata la ragionevolezza dell'augurio ch'io formulo, di vedere il nostro paese, troppo dedito sinora all'imitazione di abu­sati modelli, prendere una buona volta l'iniziativa d'una vera rifor­ma sostanziale attuando, primo fra tutti gli Stati del mondo, la congiunzione dei pregi essenziali dello scrutinio uninominale e di una bene intesa rappresentanza proporzionale.