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Per memorizzare rapidamente la storia della filosofia: le teorie dei filosofi e gli orientamenti delle scuole di pensiero. Comprendere concetti e termini di morale, metafisica, epistemologia, estetica, filosofia della politica. FILOSOFIA SCHEMI RIASSUNTIVI, PAROLE CHIAVE, GLOSSARI LO STUDIO LA STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO DAL SUO SORGERE AL DIBATTITO ATTUALE - GLI AMBITI PRINCIPALI DELLA FILOSOFIA: METAFISICA, MORALE, POLITICA, SCIENZA, ESTETICA, RELIGIONE - SCHEDE DI APPROFONDIMENTO INDICE ANALITICO LA SINTESI INTRODUZIONI AI CAPITOLI PER INQUADRARE GLI ARGOMENTI GLOSSARI DEI TERMINI TECNICI - LE PAROLE CHIAVE DEI PRINCIPALI AUTORI - SCHEMI RIASSUNTIVI E TEST PER L’AUTOVERIFICA DEI LIVELLI DI APPRENDIMENTO TUTTO Studio Riepilogo Sintesi

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Per memorizzare rapidamente la storia de l la f i l oso f ia : le teor ie de i f i l oso f i e g l i o r i en tament i de l l e scuo le d i pens ie ro. Comprendere concett i e termini di morale, metafisica, epistemologia, estetica, f i losofia della polit ica.

FILOSOFIAS C H E M I R I A S S U N T I V I , P A R O L E C H I A V E , G L O S S A R I

LO STUDIOLA STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO DAL SUO SORGERE AL DIBATTITO ATTUALE - GLI AMBITI PRINCIPALI DELLA FILOSOFIA: METAFISICA, MORALE, POLITICA, SCIENZA, ESTETICA, RELIGIONE - SCHEDE DI APPROFONDIMENTO INDICE ANALITICO LA SINTESIINTRODUZIONI AI CAPITOLI PER INQUADRARE GLI ARGOMENTI GLOSSARI DEI TERMINI TECNICI - LE PAROLE CHIAVE DEI PRINCIPALI AUTORI - SCHEMI RIASSUNTIVI E TEST PER L’AUTOVERIFICA DEI LIVELLI DI APPRENDIMENTO

T U T T OStudio Riepilogo Sintesi

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SETTORE DIZIONARI E OPERE DI BASECaporedattore: Valeria CamaschellaArt director: Marco SantiniCoordinamento produzione: Alberto Nava

Testi: Carla Lunghi Rizzi; Guido Boffi; Banca dati Opere De AgostiniRealizzazione editoriale: Studio Tre, Milano

Copertina: Marco Santini

ISBN 978-88-418-6702-0

© Istituto Geografico De Agostini, Novara 1997, 2004, 2009Prima edizione elettronica: Dicembre 2010www.deagostini.itRedazione: corso della Vittoria 91, 28100 Novara

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzatao trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo, elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco oin altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell’Editore. Leriproduzioni per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascunvolume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68,commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattereprofessionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personalepossono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, corso diPorta Romana n. 108, Milano 20122

e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org

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G li straordinari sviluppi delle scienze applicate e della tecnicahanno portato con sé la proliferazione degli specialismi,spesso inadeguati – o non interessati – a dialogare tra loro e a tendere verso una visione unitaria. Viviamo in un mondo in cui le innovazioni tecnologiche e le trasformazioni socialisi accavallano tumultuosamente mutando incessantemente i nostri orizzonti. Di fronte a questa frammentazione e provvisorietà dei saperi si fa sempre più forte la domandadi percorsi formativi che privilegino una visione generale e l’acquisizione di un metodo rigoroso di pensiero. Anche da queste considerazioni è scaturita l’esigenza di estendere a tutte le scuole medie superioril’insegnamento della filosofia.Tutto Filosofia è uno strumento agile e di grande respiro concepito per rispondere a questa richiesta di formazioneculturale, in forma sintetica e aggiornata, e permettere a chi studia una rapida ricapitolazione degli argomenti e una verifica dei livelli di apprendimento.In apertura una sezione definisce la filosofia come ricercae ricostruisce gli ambiti principali dell’indagine filosofica:dalla metafisica all’estetica, dall’etica alla filosofia della scienza, dalla filosofia politica a quella della religione.La sezione dedicata alla storia del pensiero filosofico si caratterizza per l’ampia attenzione al dibattito attuale. Così – accanto a Platone e Aristotele, a Tommaso e Cartesio, a Kant e Hegel, a Heidegger e Wittgenstein – il lettore potrà ritrovare gli esiti più recentidella filosofia della scienza da Popper a Feyerabend,l’ermeneutica di Gadamer e Ricoeur, l’etica del discorso di Habermas e Apel, la teoria della giustizia di Rawls, la decostruzione metafisica di Derrida, il poststrutturalismo di Foucault e Deleuze.

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Guida alla consultazione

Testo con le parole e i concetti chiaveevidenziati in nero

Note a margine per la rapidaindividuazione e memorizzazione dei temi principali

Sintesi introduttiva al capitolo

Glossario con le parole chiavedi un autore e i termini tecnicidi un capitolo

Il volume è diviso in tre sezioni. Una prima sezione è dedicata ai grandi problemi della filosofia: articolata in sette capitoli, definisce il concetto stesso di filosofia e delimita gli ambiti principali della ricerca filosofica. La seconda è composta da 57 capitoli, che delineano la storia del pensiero filosoficooccidentale dal suo sorgere nella Grecia classica agli esiti più recenti del dibattitofilosofico nei vari campi. La terza sezione è costituita dall’indice analiticoper ritrovare rapidamente autori, scuole, temi, concetti.

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Riquadro di approfondimento e curiosità

Linea ideale che divide in due parti la pagina; nella parte superiore si trovano le risposte indicate nelle domande di verifica con la lettera a; in quella inferiore le risposte suggerite con la lettera b

Domande di verifica della preparazione

Schema riassuntivo

Il testo è articolato in modo da favorire l’inquadramento generale dei temi e la memorizzazione rapida delle strutture portanti dell’argomentazione filosofica. I singoli capitoli sono sempre aperti da un cappello introduttivo, che fornisce un rapido inquadramento generale dell’argomento trattato, nelle sue connessionistoriche e nei suoi collegamenti interni. Sono conclusi da schemi riassuntivi che espongono in sintesi i passaggi chiave del pensiero di un autore o di una scuola, utilizzando per lo più espressioni desunte dal testo del capitolo

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così da facilitare la memorizzazione. Le domande di verifica consentono, con il riferimento alle pagine in cui si trovano gli argomenti della domanda, di controllare autonomamente la propria preparazione. Le frequenti note a margine hanno il duplice scopo di permettere la rapida individuazione dei temiprincipali e di agevolare la loro ricapitolazione per il ripasso. All’interno del testosono evidenziati in carattere nero più marcato i concetti e le parole su cui si regge l’argomentazione e che è particolarmente utile ricordare.

All’interno di numerosi capitoli sono presenti riquadri di approfondimentoin cui sono trattati argomenti collaterali alla linea di pensiero principale, ma importanti per la sua comprensione e collocazione storica. Gli autori principalisono arricchiti da riquadri delle parole chiave che costituiscono la trama del loro pensiero e che è necessario conoscere per comprenderli. Molti glossarichiariscono il significato e l’uso dei più importanti termini del linguaggio filosofico.

L’indice analitico riporta tutti gli autori citati, le scuole e gli orientamenti di pensiero, e inoltre i termini, i concetti e le questioni trattati in modo da costituire un’unità informativa autonoma. Esso rende possibile ritrovare con facilità le informazioni cercate, ma anche di ricostruire la storia di un concetto o di un ambito tematico.

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GRANDI PROBLEMI DELLA FILOSOFIA

1 La filosofia come ricerca 102 Il problema metafisico 163 Il problema morale 214 Il problema politico 255 Il problema scientifico 306 Il problema religioso 367 Il problema estetico 41

STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO

8 La nascita della filosofia in Grecia 489 I filosofi ionici: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito 5310 Pitagora e i pitagorici 5911 La scuola di Elea: Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso 6312 I fisici pluralisti: Empedocle e Anassagora 6813 L’atomismo: Leucippo e Democrito 7114 I sofisti 7415 Socrate e le scuole socratiche 7916 Platone 8317 Aristotele 9018 Le filosofie ellenistiche: epicureismo, stoicismo, scetticismo 10019 La filosofia a Roma 10720 Plotino e il neoplatonismo 11021 Il cristianesimo e la filosofia 11522 Agostino 12023 Gli esordi della scolastica 12424 La filosofia araba ed ebraica 13125 L’aristotelismo medievale e Tommaso d’Aquino 13526 L’esaurirsi della scolastica: Duns Scoto e Guglielmo di Ockham 14027 Umanesimo e Rinascimento 14628 Il platonismo e l’aristotelismo rinascimentali 14929 La riflessione politica nel ‘500-’600 15430 La riforma protestante e il rinnovamento cattolico 15831 Il naturalismo rinascimentale 16232 La rivoluzione scientifica 168

Indice

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33 La filosofia del metodo: Bacone e Descartes 17334 Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz 17835 Il problema etico nel ’600 e la riflessione di Pascal 18536 Dal meccanicismo all’empirismo 18937 Giambattista Vico 19738 I percorsi della morale nel secolo XVIII 20039 L’illuminismo 20440 Immanuel Kant 20941 Il romanticismo 21542 L’idealismo di Fichte e Schelling 21843 Georg Wilhelm Friedrich Hegel 22344 Karl Marx 23045 L’opposizione all’idealismo: Schopenhauer e Kierkegaard 23646 La filosofia spiritualistica italiana dell’800 24147 Il positivismo 24548 Friedrich Nietzsche 25149 La filosofia dell’azione e lo spiritualismo francese 25750 Storicismo e neokantismo 26151 Il pragmatismo americano: Peirce, Dewey, James 26952 Il neoidealismo italiano: Croce e Gentile 27453 La nascita della psicoanalisi: Freud e Jung 27854 Husserl e la fenomenologia 28455 Heidegger e l’esistenzialismo 29056 Wittgenstein e il neopositivismo 29957 La filosofia analitica 30458 Marxismo e Scuola di Francoforte 31259 Filosofia politica del ’900: Schmitt, Arendt, Rawls 32060 Lo strutturalismo e i suoi sviluppi 32461 Orientamenti dell’epistemologia contemporanea:

Popper, Kuhn, Feyerabend 32962 L’ermeneutica: Gadames, Ricoeur e Rorty 33563 Etica del discorso ed etica della responsabilità:

Apel, Habermas e Jonas 34064 Il postmoderno 34465 Il pensiero postmetafisico d Lévinas, Derridas e Deleuze 34866 L’intelligenza artificiale 353

Indice analitico 358

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GRANDI PROBLEMI DELLA FILOSOFIA

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La specificità della filosofia rispetto ad altre forme di sapere

Il termine proviene dal greco e va tradotto alla lettera come“amore della sapienza” (philêin: amare, e sophía: sapien-za). Nel Convito, Platone parlando del mito di Eros, dio del-l’amore figlio di Penia (povertà) e di Poros (ricchezza), lo de-finisce “filosofo, amante di sapienza per tutta la vita”. In-fatti la ricerca della sapienza, come ogni amore, non po-trebbe mai nascere né da un’assoluta pienezza, né da un’as-soluta mancanza: il sapiente non cerca ciò che già sa e l’i-gnorante non sa di dover cercare quel che non conosce. Pla-tone riesce, con questa immagine, a mettere ben in evidenzail senso di tensione alla verità e di ricerca, sempre inquietae inappagata, che caratterizza il discorso filosofico fin dallesue origini. In senso generale la filosofia può essere intesacome lo studio del tutto, cioè di tutte le cose, di tutto ciò cheè, a livello sia reale sia ideale. Di tutte le cose vuole indagarel’origine, la natura e il fine, a differenza delle scienze parti-colari, che studiano settori specifici e circoscritti della realtàcon obiettivi pratico-conoscitivi. A livello metodologico la ri-cerca filosofica si caratterizza per l’uso di procedimenti ra-zionali e rigorosi, fondati su evidenze logico-concettuali, adifferenza delle scienze della natura, logico-matematiche equelle dell’uomo, che utilizzano in modo privilegiato, oltre aquesti metodi, anche l’esperimento per verificare o confuta-re ipotesi. Inoltre il sapere o la verità (dimostrata razional-mente, e non fondata su credenze o tradizioni non vagliatecriticamente) a cui tende la filosofia deve avere un senso perl’uomo e per la sua vita. Anche la religione si pone il pro-

La filosofia, “amoredella sapienza”

Filosofia e scienze

Filosofia e religione

1La filosofia come ricercaTutte le prospettive filosofiche del pensiero occidentale, pur oscillando fra una pretesa massimalistica di rappresentare un sapere assoluto e il minimalismo di essere una pura ricerca sui metodi del sapere(metodologismo), presentano l’esigenza comune e ineludibile della questionedel senso (sia della vita, sia dell’esistente) e di una possibile costituzione di una comprensione unitaria del mondo. Questa indicazione fondamentaleè già presente in Platone, che parla della filosofia non come di una forma di sapienza posseduta e certa, ma come amore della sapienza, nella prospettiva di una tensione e di una ricerca continua della verità.

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blema del significato della vita dell’uomo, della sua originee della sua finalità, ma la risposta viene cercata ed elaboratasulla base di credenze o verità accettate per fede e non rag-giunte o dimostrate razionalmente.

La filosofia come scienza e come saggezzaGià Platone, nell’Eutidemo, osserva che la filosofia è l’uni-ca scienza in cui il fare coincide con il sapersi servire di ciòche si fa; è, quindi, un tipo di conoscenza stabile utilizza-ta a vantaggio dell’uomo, della sua vita e del senso dellasua esistenza. La filosofia esige un sapere che vuol esse-re scienza, cioè conoscenza vera, non opinabile, ma aun tempo anche saggezza, regola che coinvolge l’interaesistenza. In questa duplice direzione, Platone, ancora,nella Repubblica dice che filosofo è chi aspira “all’intero ealla totalità sia nella sfera del divino che dell’umano”: in talmodo precisa anche il carattere più propriamente scien-tifico della filosofia, che come tale si dà soprattutto nellatradizione dell’Occidente, prescindendo da contesti a ca-rattere sapienziale e/o mitico-religioso. La filosofia è co-noscenza della vera realtà di tutte le cose. Di fatto, nel cor-so della storia della cultura la scientificità della filosofia siè andata via via definendo in modi diversi, soprattutto perquanto riguarda il riferimento all’“intero” o alla “totalità”.L’indicazione platonica permette comunque di cogliere unduplice significato basilare: la filosofia come ricerca di unsenso universale dell’essere e per questo anche comecostituzione di una possibile saggezza.

La filosofia come scienza del fondamentoQuesti due aspetti si precisano ulteriormente: il passo ci-tato dalla Repubblica sull’aspirazione “all’intero e alla to-talità” continua definendo il filosofo “mente in cui al-berga la possibilità straordinaria di vedere tutto il tempoe tutto l’essere”: in questo modo si richiama alla voca-zione originaria del pensiero greco. Aristotele, nella Me-tafisica, parlando degli inizi, dice che il passaggio dalpensiero mitico a quello filosofico si era verificato conl’affermazione di un “principio unico, causa di tutte lecose che sono”. È quello che fa Talete, il primo nella lun-ga serie dei filosofi, ma che emerge più consapevolmen-te con Eraclito, il quale a un tempo connette il tema del-l’intero con quello della saggezza. Sempre Aristotele di-stingue la filosofia da ogni scienza che si occupi di una

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1 - La filosofia come ricerca

Il carattere scientificodella ricercafilosofica

La filosofia come ricerca del fondamento o principio

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determinata parte dell’essere, definendola come la ri-cerca delle cause prime e come quella contemplazionedel divino che in se stessa è anche principio di vita. Que-sta prospettiva e quella platonica che le resta sottesa sa-ranno riprese per diverse vie nel Medioevo, quando peròil divino viene primariamente incontrato nella rivelazio-ne cristiana. In quanto scienza del divino, la filosofia saràallora intesa come disposizione e come riflessione in-terna alla vita di fede, e quindi “ancella della teologia”,per chiarire quello che nelle verità di fede è accessibilealla ragione. Nella scolastica medievale, questa definizio-ne si articola diversamente, nel modo di una maggiore ominore dipendenza dai contenuti di fede. La sistemazio-ne più influente del nesso filosofia-fede si trova in Tom-maso d’Aquino, per il quale la filosofia esercita una fun-zione di ancella ma nell’autonomia e nella proprietà delsuo metodo.

La filosofia come sapere assolutoL’idea platonico-aristotelica della filosofia come ricerca delprincipio primo attraversa largamente la storia del pensie-ro occidentale per raggiungere la sua enfasi maggiore nel-l’ambito dell’idealismo romantico, per il quale l'indaginesul fondamento deve mirare a un vero e proprio sapere as-soluto. Per G. Fichte la filosofia diviene in tal modo “scien-za della scienza in generale”, sistema compiuto e unico diogni sapere. Nel Sistema dell’idealismo trascendentaleF.W.J. Schelling vede nella filosofia il compimento di tuttele scienze. Infine G.W.F. Hegel dice che le diverse scienzedevono scomparire nella “necessità del concetto”, nella fi-losofia intesa appunto come unico vero sapere. Questaprospettiva verrà ripresa anche nell’ambito dell’idealismoitaliano che con B. Croce e G. Gentile porta all’estremaconseguenza il dettato hegeliano: le scienze positive han-no una funzione meramente strumentale e pratica, poichésolo la filosofia è un vero e proprio sapere in quantoraggiunge la dimensione assoluta del reale.

La filosofia come dottrina generale della conoscenza In epoca moderna lo sviluppo delle scienze positive e iloro successi portano alla convinzione che il vero sapereè accessibile solo nel campo delle scienze particolari e,inevitabilmente, a una revisione del concetto di filosofia.

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1 - La filosofia come ricerca

La filosofia comescienza del divino

La filosofia come “scienza della scienza”

Il senso della filosofia nellafilosofia moderna

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Così per Francesco Bacone il fine della scienza consiste“nell’arricchire la vita umana di nuove scoperte e di nuo-vi poteri”. Di conseguenza, pur distinguendosi dallescienze particolari, la filosofia non si propone altro obiet-tivo se non quello di incrementarne la capacità e il rigo-re: vale in tal senso come “madre delle altre scienze”con il compito di raccogliere “gli assiomi che non sonopropri delle scienze particolari ma comuni a più scienze”.Non dissimile è la prospettiva del positivismo: in parti-colare A. Comte afferma che compito della filosofia èquello di scoprire le relazioni e il concatenamento frale scienze e riassumere possibilmente tutti i loro princi-pi particolari nel minimo numero di principi comuni. Il neoempirismo, in modi diversi ma analogamente, par-la della filosofia come “scienza unificata”, nel senso dicombinare in un unico sistema gli esiti delle scienze par-ticolari (O. Neurath), o come funzione unificante nel me-todo delle scienze (B. Russell). In altri autori contemporanei, come W.M. Wundt, E. Mach,W. Dilthey, la ricapitolazione operata dalla filosofia sitraduce più marcatamente anche in una intuizione o vi-sione del mondo con l’esigenza di interrogarsi sul va-lore, sul senso, sull’ultimo fondamento delle stessescienze. Questa ammissione sembra dar ragione alla critica di He-gel al concetto moderno di filosofia: il rinvio ai princi-pi comuni delle scienze deve comunque sboccare nellaricerca dell’universale e, in definitiva, dell’assoluto fon-damento dell’essere. La stessa considerazione potrebbeessere ripresa a riguardo di quelle prospettive, non lon-tane da quelle appena menzionate, che nella filosofia ve-dono una funzione critica del sapere, in definitiva unadottrina generale della conoscenza. È il caso di J. Locke, che sottolinea come, alla base di ogniricerca, debba porsi il problema delle “nostre capacità,per vedere quali oggetti il nostro intelletto fosse o nonfosse in grado di trattare”. Questa impostazione, attra-verso D. Hume, passa nell’opera critica di I. Kant, per ilquale compito fondamentale della filosofia resta ap-punto quello di indagare sulle possibilità e sui limiti diogni sapere. Compito che viene ripreso, in seguito, dal-le diverse scuole neocriticiste, in particolare dalle scuo-le di Baden (W. Windelband, H. Rickert) e di Marburgo(H. Cohen, P. Natorp, E. Cassirer) per le quali la filosofiadeve valere appunto come teoria del sapere e delle no-stre risorse conoscitive.

La filosofia come“madre delle altrescienze”

La filosofia comedomanda sui valori

La critica hegelianaal concetto modernodi filosofia

La filosofia comeanalisi critica delleconoscenze umane

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1 - La filosofia come ricerca

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I problemi indagati dalla filosofiaNella storia della cultura, come si è visto, il compito e lascientificità della filosofia sono stati diversamente inter-pretati e perseguiti. Ma al di là di ogni interpretazione, èpossibile rintracciare alcune problematiche fondamenta-li e ricorrenti, che hanno dato vita ad alcune partizionitradizionali della filosofia:1. il problema metafisico (oggetto della filosofia teore-tica), incentrato sulla determinazione della natura del-l’essere e sull’indagine dei principi primi della realtà;2. il problema morale (oggetto della filosofia morale oetica), che si occupa in particolare dell’analisi e della de-terminazione della natura dell’uomo, della finalità delleattività umane e dei mezzi usati per conseguirla;3. il problema politico (oggetto della filosofia del dirit-to e della filosofia della politica), caratterizzato dallo stu-dio dei fondamenti generali del diritto, dei rapporti fradiritto e strutture giuridiche, fra individuo e Stato, fra li-bertà e potere;4. il problema scientifico (oggetto della filosofia dellascienza o epistemologia), che ha per tema le struttureconcettuali e gli apparati metodologici delle scienze (in-dipendentemente dagli oggetti specifici delle singole di-scipline), la verità e l’ipoteticità del discorso scientifico;5. il problema religioso (oggetto della filosofia dellareligione), incentrato sul tentativo di determinare ra-zionalmente le principali caratteristiche del fenomenoreligioso;6. il problema estetico (oggetto dell’estetica), che vertesul sentire, sul bello e sull'arte.

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1 - La filosofia come ricerca

Metafisica→filosofiateoretica

Morale→Etica

Politica→filosofiapolitica e filosofia del diritto

Scienza→epistemologia

Religione→filosofiadella religione

Conoscenzasensibile, bellezza,arte→estetica

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1 - La filosofia come ricerca

1. Che cos’è la filosofia? 10a2. In che cosa si differenzia la filosofia dalle scien-ze particolari? 10b

3. Perché la filosofia è a un tempo scienza e sag-gezza? 11a

4. Quale tradizione filosofica interpreta la filosofiacome sapere assoluto? 12b

5. In che senso la filosofia è “madre di tutte lescienze”? 13a

6. Come può la filosofia svolgere una funzione cri-tica del sapere? 13a

7. Quali sono i principali problemi indagati dalla fi-losofia? 14

La filosofia può essere definita come la scienza del tutto, di tutto l’essere e di tuttal’esistenza, mentre le scienze particolari studiano settori circoscritti e determinatidella realtà.Dal punto di vista metodologico, la filosofia utilizza procedimenti razionali e rigorosi,fondati su evidenze logico-concettuali, laddove le scienze della natura, quelle logico-matematiche e quelle dell’uomo, oltre a questi metodi, ricorrono all’esperimento.Se le discipline scientifiche hanno, sostanzialmente, obiettivi pratico-conoscitivi, lafilosofia ricerca un sapere che abbia un senso per l’uomo e per la sua vita.

Anche la religione si pone il problema del senso della vita dell’uomo, ma la rispostaviene cercata ed elaborata sulla base di credenze o verità accettate per fede e nonraggiunte o dimostrate razionalmente.

Platone, che per primo sottolinea il duplice aspetto della ricerca filosofica (un sa-pere che vuol essere scienza, ma a un tempo anche saggezza), precisa il caratterepiù propriamente scientifico della filosofia, affermando che il filosofo aspira “all’in-tero e alla totalità sia nella sfera del divino che dell’umano”.

La filosofia come ricerca di un senso universale dell’essere, del fondamento e quin-di, in ultima istanza, come scienza del divino attraversa largamente tutta la storiadel pensiero occidentale, trovando il suo apice nell’idealismo romantico.

Nella filosofia moderna, in coincidenza con la nascita della scienza, si trova ancheun’altra interpretazione del ruolo e della funzione della filosofia, che a partire da F.Bacone, passa nel positivismo e poi nel neoempirismo: la filosofia come “madre ditutte le scienze”, con il compito di unificare e vagliare gli esiti e i metodi delle scien-ze particolari.

Non lontano da questa prospettiva si pone quella interpretazione che da J. Locke,attraverso D. Hume, giunge a I. Kant, della filosofia come dottrina generale della co-noscenza, come indagine critica dei limiti e delle possibilità del sapere umano.

Ma al di là delle diverse interpretazioni, è possibile rintracciare alcune problemati-che fondamentali, di cui la filosofia si è sempre occupata: il problema metafisico, ilproblema morale, il problema politico, il problema scientifico, il problema religioso,il problema artistico.

SCHEMA RIASSUNTIVO

DOMANDE DI VERIFICA

FILOSOFIA E SCIENZE

FILOSOFIA E RELIGIONE

SCIENZA E SAGGEZZA

FILOSOFIA, SCIENZADEL DIVINO

LA MADRE DI TUTTELE SCIENZE

FILOSOFIA COMEDOTTRINA GENERALEDELLA CONOSCENZA

GLI AMBITIDELLA FILOSOFIA

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Che cos’è la metafisicaIl termine metafisica (in greco metà tà physikà: oltre le cosesensibili) viene coniato da Andronico di Rodi, curatore nelsec. I d.C. delle opere aristoteliche, per indicare l’insieme ditesti che hanno per oggetto le realtà oltre il mondo della natu-ra sensibile e sono perciò collocati dopo (metà) i libri di fisicasulla natura: essi costituiscono così la Metafisica di Aristotele.Ben presto l’analogia tra la collocazione materiale dei libri ari-stotelici (dopo la fisica) e la collocazione teorica del mondoche è al di là della natura (greco: ph�ysis), fa sì che per metafisi-ca si intenda non più una sezione delle opere di Aristotele,bensì il loro oggetto, che per Aristotele è la scienza dell’entein quanto ente o “filosofia prima”. Nella storia della filosofiala metafisica si presenta prevalentemente in tre accezioni fon-damentali: 1. come teologia razionale: l’essere in sé è pensa-to come una totalità esistente e autonoma, che viene a coinci-dere con il Motore immobile, l’Assoluto, cioè Dio; 2. comeontologia: l’essere è inteso come la struttura e il senso dellecose e la metafisica ne studia i caratteri e i significati fonda-mentali; 3. come gnoseologia: partendo dalla constatazionedell’inconoscibilità dell’essere in sè, la metafisica si occupa deilimiti e delle caratteristiche della conoscenza umana.

La metafisica nell’età antica e medievaleLa prima netta distinzione fra realtà fisica e realtà metafisi-ca si deve a Platone. I primi pensatori, i cosiddetti “preso-cratici”, erano, infatti, fisici e metafisici nello stesso tempo,perché trattavano la ph�ysis (natura) come la totalità delle

L’origine del terminemetafisica

La metafisica cometeologia razionale

come ontologia

come gnoseologia

La metafisicanell’età antica

2Il problema metafisicoIl problema della definizione dell’essere – sia sul piano sensibile, sia su quellosoprasensibile – e delle sue caratteristiche ha da sempre affascinato i filosofi.La prima netta distinzione fra questi due piani della realtà è operata da Platone. Ma è ad Aristotele che si deve la costituzione di una disciplina, la “filosofia prima”,che indaga esplicitamente l’ente in quanto ente. Nella successivasistemazione del corpus aristotelico questi scritti vengono denominati “meta”(oltre) “fisica” (il mondo sensibile) e il termine passa a indicare quella partizionedella filosofia che ha per oggetto l’essere e le sue determinazioni fondamentali.Nel corso della storia del pensiero la metafisica è stata, volta a volta,interpretata come teologia razionale, come ontologia, come gnoseologia.

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cose visibili e invisibili, reali e ideali, e quindi come sefosse anche una realtà sovrasensibile. Platone con grandelucidità distingue nettamente il mondo naturale, corrutti-bile e in cui si dà una mescolanza di essere e di non esse-re, dall’incorruttibile mondo delle Idee, considerato ilmondo della purezza dell’essere. Il secondo passo, nellastoria della metafisica, è compiuto da Aristotele, per ilquale la scienza dell’ente in quanto ente, o “filosofiaprima”, finisce per ricoprire la duplice valenza di ontolo-gia (infatti la metafisica studia i caratteri fondamentali del-l’essere, distinguendone gli attributi necessari da quellicontingenti) e di teologia razionale (la metafisica ha peroggetto l’essere eterno, incorruttibile e trascendente, ilMotore immobile o Dio). La grande stagione del Medioevo interpreta la metafisicacome teologia razionale (cioè come riflessione razionalesu Dio, sui suoi attributi e sui rapporti tra il mondo fisico eil mondo metafisico), sostenendone la superiorità rispettoalla altre discipline in nome dell’eccellenza incommensu-rabile dell’oggetto studiato.

La metafisica nell’età modernaLa filosofia moderna affronta il sapere metafisico a partiredallo statuto epistemologico (cioè dall’elaborazione dei cri-teri di validità) delle “scienze esatte”, individuato nell’appli-cazione di un principio di causalità concepito meccanicisti-camente. Nei moderni, inoltre, si diffonde la convinzioneche l’essere reale è oltre la sfera della conoscenza soggetti-va e dunque inconoscibile nella sua immediatezza. Di quigli sforzi metodologici di tutti i filosofi moderni per tentaredi giustificare il passaggio dal dato “fenomenico” (dall’“idea”o dalla “sensazione”) alla misteriosa realtà “noumenica” (o“intelligibile”), oggetto proprio della metafisica. Gli sforzi finiscono quando Kant con la sua critica “dimo-stra” l’impossibilità di oltrepassare il mondo dei fenomeni econ ciò dimostra anche l’impossibilità della metafisica, cheè la scienza dell’essere in quanto essere, al di là dei feno-meni. In Kant la metafisica finisce per svolgere il ruolo dignoseologia: infatti il suo compito è quello di costituire “unascienza di concetti puri”, cioè una scienza che indaga tuttoquanto può essere conosciuto a priori, indipendentementedall’esperienza e che finisce quindi per indagare le caratte-ristiche e i limiti della conoscenza umana. Dopo Kant, protagonista di un generoso tentativo di ricostru-zione della metafisica, in senso però immanentistico (cioè che

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La metafisicanel Medioevo

Inconoscibilitàdell’essere

La metafisicaper I. Kant

La metafisica per Hegel

2 - Il problema metafisico

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2 - Il problema metafisico

risolve il senso del tutto nell’esperienza e nella storia), è G.W.F.Hegel, che le attribuisce come oggettoproprio l’infinito, chesi esplica nella storia come necessità dialettica totalizzante.

La metafisica nel dibattito contemporaneoIl ’900 è ricco di sostenitori (J. Maritain, E. Gilson, G. Marcel, G.Bontadini ecc.) e di oppositori (R. Carnap, J. Habermas, J. Derri-da, G. Vattimo ecc.) della metafisica. Nel variegato panorama teo-rico del ’900 ha avuto grande risonanza la riflessione ontologico-fenomenologica di M. Heidegger, che insiste nel proclamare l’“ol-trepassamento” della metafisica, in nome di un pensiero “me-ditativo” e “poetante”. Heidegger rifiuta una dottrina naturalisti-ca, o “cosalistica”, del senso dell’essere e intende l’essere essen-zialmente come “presenza” che si disvela in un movimento di “ap-propriazione”degli enti finiti. Il dibattito contemporaneo sullametafisica è diventato un dibattito tendenzialmente epistemo-logico, anziché ontologico: si questiona cioè su come dire l’es-sere. Certamente l’essere non può esser detto con il linguaggiodelle “scienze esatte”, come volevano i moderni, perché quel lin-guaggio è un linguaggio “quantitativo”, mentre l’essere è soprat-tutto “qualitativo”; ma dell’essere non si può parlare neppure con

Il ’900

L’”oltrepassamento”della metafisicasecondo Heidegger

EpistemologiaSettore della filosofia che si oc-cupa della conoscenza scientifi-ca e dei suoi fondamenti.FenomenoCiò che appare o che si manife-sta immediatamente.GnoseologiaTermine con cui si indica, nellapartizione sistematica della filo-sofia, la teoria della conoscenza,cioè del modo con cui cono-sciamo la realtà, distinta dal-l’ontologia e dalla metafisica,anche se spesso strettamenteintrecciata con esse. La gnoseo-logia esamina la natura, la defi-nizione della conoscenza e lasua giustificazione; in particola-re indaga l’estensione e i limitidella conoscenza, la strutturaontologica di quanto conoscia-

mo (individui o essenze, ogget-ti o fatti, l’attuale, il possibile oil necessario), le fonti del cono-scere e se ci sia un metodo peracquisire la conoscenza.OntologiaIn senso filosofico generale,dottrina che studia l’essere e isuoi significati fondamentali. Iltermine, di uso moderno, è ve-nuto a sostituire l’espressionearistotelica di “filosofia prima”eviene consacrato da C. Wolff,che intitola Philosophia primasive Ontologia (1729) una del-le sue opere latine sistematichepiù importanti. Di fatto i mo-derni utilizzano tale termineper distinguere la scienza del-l’essere in generale (o metafisi-ca) dalla scienza di Dio (o teo-logia razionale).

GLOSSARIO

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il linguaggio della necessità dialettica totalizzante, come volevaHegel, perché l’essere è in ultima istanza inesauribile e inafferra-bile; l’essere non può infine esser definito con il solo linguaggio“meditante” o “poetante”, perché questo linguaggio non può sta-bilire la sua verità. L’essere dovrebbe esser detto con un linguag-gio che sia insieme qualitativo e incontrovertibi le, che contengain sé le istanze del rigore delle scienze esatte e, tuttavia, possiedala qualità spirituale della vita simbolica.Un’altra serie di critiche ha avuto origine in età contempora-nea dal neopositivismo, e la loro formulazione più nitida è sta-ta data in primo luogo da R. Carnap, il quale ha parlato a suavolta di un “superamento della metafisica attraverso l’analisilogica del linguaggio”. Movendo dal presupposto che unica-mente gli asserti empiricamente verificabili sono dotati di sen-so, i tradizionali termini (“assoluto”, “Dio”, “eterno” ecc.) ri-correnti nel discorso metafisico vengono così svuotati di si-gnificato e dichiarati del tutto inconsistenti a causa della loroobiettiva non verificabilità entro l’ambito dell’esperienza. Suc-cessivamente alla crisi della filosofia di matrice neopositivi-stica, i suoi eredi nell’ambito della filosofia analitica inaugu-rata dal “secondo” Wittgenstein si sono risolti ad assegnare sìun significato alla metafisica, ma extraconoscitivo, valido alpiù come espressione di una visione del mondo non argo-mentata, dunque né fondata né, in definitiva, razionale.

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2 - Il problema metafisico

Il termine metafisica, coniato da Andronico di Rodi nel sec. I d.C. per indicare nel-l’edizione delle opere aristoteliche gli scritti posti dopo la Fisica e aventi per og-getto le realtà sovrasensibili, è passato per analogia a indicare quella disciplina cheha per tema esplicitamente l’ente in quanto ente, studiandone le caratteristiche ei significati fondamentali.

Nella storia della filosofia la metafisica è stata interpretata come teologia raziona-le, come ontologia e come gnoseologia.

Platone è artefice della prima netta distinzione fra realtà fisica, caratterizzata da unamescolanza di essere e non essere, e realtà soprasensibile, costituita dalla purez-za d’essere.

Aristotele è invece il primo filosofo che fa dell’essere in quanto essere l’oggetto diuna disciplina precisa: la “filosofia prima” con la duplice valenza di ontologia, cheindaga i caratteri fondamentali dell’essere e ne distingue gli attributi necessari daquelli contingenti, e di teologia razionale, che studia l’essere eterno, incorruttibilee trascendente, il Motore immobile, o Dio.

I filosofi medievali intendono la metafisica sostanzialmente come teologia raziona-le, cioè come riflessione razionale su Dio, sui suoi attributi e sui rapporti tra il mon-do fisico e il mondo metafisico.

SCHEMA RIASSUNTIVOL’ORIGINE DEL TERMINEMETAFISICA

LE INTERPRETAZIONIDELLA METAFISICA

PLATONE

ARISTOTELE

MEDIOEVO

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2 - Il problema metafisico

1. Come si possono definire i significati letterale eanalogico del termine metafisica? 16a

2. Come è stata interpretata la metafisica nellastoria della filosofia? 17

3. Che cosa intende Aristotele per “filosofia pri-ma”? 17a

4. Perché per Kant la metafisica ha soprattutto lavalenza di gnoseologia? 17b

5. Perché Heidegger parla di “oltrepassamentodella metafisica”? 18b

6. Come si definiscono le linee essenziali del dibat-tito contemporaneo sulla metafisica? 18b-19a

DOMANDE DI VERIFICA

La filosofia moderna, oltre al tentativo di affrontare il sapere metafisico a partiredallo statuto epistemologico delle “scienze esatte”, diffonde la convinzione che l’es-sere reale è di là dal pensare e dunque inconoscibile nella sua immediatezza.

Kant, in particolare, “dimostra” l’impossibilità di oltrepassare il mondo dei fenome-ni e anche della metafisica, poiché essa è la scienza dell’essere in quanto essere,e la riduce a gnoseologia con il compito di indagare le caratteristiche e i limiti del-la conoscenza umana.

Una metafisica in senso teologico venne elaborata da G.W.F. Hegel, che le attri-buisce come oggetto proprio l’infinito (cioè Dio), che si esplica nella storia comenecessità dialettica totalizzante.

Nel ‘900 particolarmente interessante è la riflessione ontologico-fenomenologicadi M. Heidegger, per la sua insistita proclamazione dell’”oltrepassamento” dellametafisica, in nome di un pensiero “meditativo” e “poetante”.

Il dibattito contemporaneo sulla metafisica è diventato un dibattito tendenzialmenteepistemologico, anzichè ontologico. Ci si interroga, cioè, non su che cosa sia l’es-sere ma su come dirlo.

segue

FILOSOFIA MODERNA

KANT

HEGEL

HEIDEGGER

IL DIBATTITOCONTEMPORANEO

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Etica e morale

In senso generale la morale può essere definita come quel-l’insieme di valori e di regole, su cui vengono elaborate nor-me di carattere generale a guida dei comportamenti umani,condivise da un gruppo sociale in una determinata epoca sto-rica. L’etica, o filosofia morale, invece è la dottrina filosoficache ha per oggetto queste regole e questi valori e unisce unaspetto descrittivo, della condotta morale e dei valori di fat-to a cui si ispira, a un aspetto normativo con l’indicazione deivalori e dei criteri che dovrebbero essere seguiti. Nella storiadella filosofia i due aspetti si presentano strettamente intrec-ciati, nonostante l’esistenza di teorie etiche prevalentementedescrittive, come quella di Aristotele, o prevalentemente nor-mative, come quelle di Platone, degli stoici e di Kant.

I due modelli dell’eticaLe teorie etiche sono numerose, tuttavia si può ritenere suf-ficientemente condivisa la convinzione che esse possono ri-condursi a due modelli fondamentali: un modello teleolo-gico (dal greco télos: fine), fondato sui fini da perseguire; unmodello deontologico (dal greco déon: dovere), che inten-de stabilire le regole universali del corretto agire. Il modello teleologico concepisce l’etica come la scienzadei fini a cui deve conformarsi l’agire dell’uomo e dei mez-zi da utilizzare per conseguire tali fini. Concretamente sia i

La morale

L’etica, o filosofiamorale

I due modelli eticifondamentali

Il modelloteleologico

3 Il problema moraleIl problema dell’agire umano, dei valori e delle motivazioni a cui si ispira, ha da sempre interessato la riflessione filosofica, che ne ha fatto oggetto di una vera e propria disciplina, l’etica o filosofia morale. L’etica presenta un aspetto descrittivo (della condotta morale e dei valori ai quali si ispira) e un aspetto normativo (l’indicazione dei valori e dei criteri che devono essere seguiti). Nella storia della filosofia le teorie etiche sono state numerose ma possono ricondursi a due modelli fondamentali: uno di natura teleologica (cioè fondato sul “fine”, in greco: télos), che viene esemplarmente elaborato da Aristotele e domina indiscusso sino a I. Kant; l’altro di natura deontologica (cioè fondato sul “dovere”,in greco: déon), inaugurato da Kant.

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fini, sia i mezzi vengono dedotti dalla natura, cioè la vera es-senza (razionalità), dell’uomo, la cui realizzazione rappresen-ta l’ideale a cui tende la condotta umana. Questa impostazio-ne è caratterizzata dalla conoscibilità del fine dell’azione, il qua-le, a sua volta, è conoscibile, se intelligibili sono le cose (e l’uo-mo in particolare) almeno in alcune loro costanti. Il bene, tra-dizionalmente considerato il fine dell’azione umana, è conce-pito come una realtà perfetta e realmente esistente e comepiena e necessaria realizzazione della natura umana. Per esem-pio, Aristotele, che storicamente è il primo a inaugurare unatrattazione sistematica e complessiva della condotta umana, in-dividua nella felicità il fine dell’azione umana, deducendolodalla natura razionale dell’uomo: infatti la felicità consiste nel-l’attività razionale, poiché l’anima razionale è la facoltà più ele-vata dell’uomo. Definito il fine, Aristotele procede poi a deter-minare le virtù, che sono la condizione della felicità. Nel mo-dello teleologico non solo la riflessione etica cerca di stabilirequal è l’oggetto vero, e dunque reale, del desiderio, ma se-condariamente essa si incarica di indicare i modi più propri perpoterlo raggiungere. La “legge morale” altro non è che questomodo, cioè una via al conseguimento del fine del desiderio.Il modello deontologico ritiene che il fine del desiderio uma-no, cioè il suo oggetto dedotto dalla natura dell’uomo, sia al dilà della nostra possibilità di conoscenza e perciò fonda l’etica el’universalità delle regole, o norme di comportamento, nel sog-getto. L’etica, di fatto, diviene la scienza delle motivazioni del-la condotta umana e il bene è la regola o il motivo della con-dotta di fatto. L’esempio più illustre di modello deontologico èrappresentato dalla dottrina morale di I. Kant. Lo sforzo kantia-no è quello di mostrare che l’universalità della regola moraleè la stessa universalità della ragione, tanto che la legge fonda-mentale della vita morale è “il dovere per il dovere”. L’etica kan-tiana è un’etica “formale” e non “contenutistica”, perché l’azio-ne morale non è condotta per ottenere il bene (supposto inco-noscibile), ma si impone come dovere. Inoltre non potrebbe esi-stere una legge morale come doverosità se non ci fosse possi-bilità di trasgressione: il che dimostra l’esistenza della libertà del-l’uomo, da Kant considerata un indubitabile “fatto della ragio-ne”. Seguire la legge morale, cioè agire secondo il dovere e peril dovere, è la vera virtù, la quale sarà un giorno premiata.

Il dibattito contemporaneoIl dibattito contemporaneo intorno all’etica si organizza se-condo i due modelli ora disegnati, ma spesso privilegia leetiche speciali, cioè applicate a specifici problemi, per rea-

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3 - Il problema morale

L’etica teleologica di Aristotele

Il modellodeontologico

L’etica deontologicadi Kant

Le etiche speciali

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lizzare concretamente il loro confronto. L’etica pubblica (J.Rawls, R. Nozick ecc.) analizza i problemi morali implicatidalla sfera politica. La bioetica (H.T. Engelhardt, D. Graciaecc.) esamina le questioni morali e normative che si pon-gono in campo medico e in biologia, con particolare riferi-mento alla manipolazione genetica. L’etica dell’ambiente (F.Capra, J. Passmore, H. Jonas) si pone come riflessione sullereponsabilità dell’uomo per contenere i pericoli insiti nellaciviltà tecnologica. L’etica della differenza sessuale (L. Iri-garay, C. Gilligan ecc.) è incentrata sulla rivalutazione dellaspecificità dei sessi. Non mancano tuttavia gli interventi di natura più “fondati-va”: l’etica della comunicazione è stata elaborata da K.O.Apel e J. Habermas sulla base dell’ideale di una “comunitàillimitata della comunicazione”; l’etica del desiderio di E.Lévinas fa coincidere la moralità dell’azione con l’attenzio-ne all’altro; l’etica comunitaria di A. MacIntyre è incentratasull’ideale della comunità. Non di rado però sia nelle etiche speciali, sia nei discorsidi etica generale, si avverte l’intenzione di considerare l’e-tica come l’ambito in cui la filosofia possa finalmente rea-lizzare quell’accordo tra gli uomini che le teorie metafisi-che intorno al senso della totalità dell’essere non riesconopiù a conseguire.

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3 - Il problema morale

Tendenze“fondative”

L’etica, punto di incontro tra prospettivefilosofiche

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3 - Il problema morale

Il problema della condotta umana, dei valori e delle motivazioni a cui si ispira, ha dasempre interessato la riflessione filosofica, che ne ha fatto oggetto di una vera epropria disciplina, l’etica, o filosofia morale, che si differenzia dalla morale, che èinvece l’insieme dei valori e delle regole condivise da un gruppo sociale in una de-terminata epoca storica.

L’etica, o filosofia morale è quindi la dottrina filosofica che ha per oggetto questeregole storicamente condivise e unisce alla loro descrizione (aspetto descrittivo)una trattazione di tipo normativo (aspetto normativo) che indica i valori e i criteriideali che devono essere seguiti.

Le teorie etiche sono numerose, ma nel corso della storia della filosofia si posso-no rintracciare due modelli fondamentali: uno di tipo teleologico (cioè fondato sul“fine”: télos in greco) e uno di tipo deontologico (cioè fondato sul “dovere”: déonin greco).

L’etica teleologica può essere definita come la scienza dei fini a cui deve confor-marsi l’agire dell’uomo e dei mezzi da utilizzare per conseguirli. Sia i fini, sia i mez-zi vengono dedotti dalla natura o essenza dell’uomo, che rappresenta l’ideale a cuitende la condotta umana. Il bene è concepito come una realtà perfetta e realmen-te esistente e come piena e necessaria realizzazione della natura umana. L’etica diAristotele è l’esempio più famoso di questa impostazione.

L’etica deontologica parte dal presupposto che la natura umana e il fine della suacondotta siano inconoscibili ma, al tempo stesso, non vuole rinunciare a costruireun’universalità delle regole, o norme di comportamento, il cui fondamento è postonel soggetto. L’etica, di fatto, diviene la scienza dei moventi della condotta umanae il bene è la regola o il motivo della condotta di fatto. L’esempio più illustre è ladottrina morale di I. Kant.

Nel dibattito contemporaneo si assiste al confronto fra etiche speciali, cioè appli-cate a specifici problemi, e approcci di natura più “fondativa”. In entrambi i set-tori è spesso presente l’intenzione di considerare l’etica come l’ambito in cui la fi-losofia possa finalmente realizzare quell’accordo tra gli uomini che le teorie intornoal senso della totalità dell’essere non riescono più a conseguire.

SCHEMA RIASSUNTIVOETICA E MORALE

ASPETTO DESCRITTIVOE ASPETTO NORMATIVO

I DUE MODELLIFONDAMENTALI

L’ETICA TELEOLOGICA

L’ETICA DEONTOLOGICA

IL DIBATTITOCONTEMPORANEO

1. Qual è la differenza fra morale ed etica? 21a2. Che cosa significano aspetto descrittivo easpetto normativo all’interno della riflessioneetica? 21b

3. Quanti e quali sono i modelli etici fondamenta-li nella storia della filosofia? 21b/22

4. Come si possono enucleare le differenze fon-damentali fra la dottrina etica aristotelica equella kantiana? 22

5. Quali sono le linee di tendenza che caratteriz-zano l’attuale dibattito etico? 22b-23a

DOMANDE DI VERIFICA

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Che cos’è la politica

Il termine politica deriva dal greco pólis (città-Stato) per in-dicare l’insieme delle cose della “città”, gli affari pubblici (respublica) e, insieme, la conoscenza della cosa pubblica e l’ar-te del loro governo. Quindi originariamente e in senso pro-prio la politica non indica l’esercizio di un potere qualsiasisugli uomini, ma, già con Aristotele, solo quel tipo di pote-re che esercitandosi su uomini liberi e uguali si fonda sul lo-ro consenso e ha per fine il bene non solo dei governanti,ma anche dei governati. La politica è stata considerata (peresempio, da Aristotele e Tommaso d’Aquino) come una di-mensione naturale dell’uomo, la sola che garantisce le con-dizioni entro cui può realizzarsi la pienezza della vita uma-na. Secondo altri autori (per esempio, T. Hobbes), è inveceuna costruzione artificiale dell’uomo per garantire la sicu-rezza della sua vita. Nella politica si possono distinguere: 1. un aspetto teorico,che studia criticamente le forme di governo, le regole concui di fatto si esercita il potere, i rapporti e le strutture di au-torità all’interno dello Stato, le ideologie e le dottrine poli-tiche; 2. un aspetto pratico, che sulla base dell’analisi teo-rica punta al conseguimento del potere politico e al cam-biamento dei fini e delle strutture di questo.

La filosofia politicaLa filosofia politica è quella specifica riflessione filosoficasul vivere in comune e sull’arte di governare tale convi-venza, che sottopone a indagine critica razionale le istitu-

Significato del termine politica

Politica, dimensionenaturale dell’uomo

Politica, costruzioneartificiale dell’uomo

La filosofia politica

4 Il problema politicoLa dimensione politica dell’uomo (da alcuni filosofi considerata naturale e da altri costruzione artificiale) è costituita dall’ambito degli affari e della cosa pubblica e dall’arte del loro governo. Da sempre ha interessatoprofondamente la riflessione filosofica, che se ne è occupata sia a livello di filosofia politica (come indagine critica razionale sulle istituzioni e sullepratiche sociali esistenti), sia a livello di filosofia del diritto (come analisi del diritto cioè di quell’insieme di regole, relative al comportamentointersoggettivo, che rendono possibile la coesistenza degli uomini).

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zioni e le pratiche sociali esistenti e giustifica razionalmen-te le alternative proposte. Pur senza rinunciare all’esigenza del rigore razionale, la ri-flessione della filosofia politica contemporanea ha tuttaviamesso in luce come il fenomeno politico sia per sua naturaun fenomeno complesso, che comprende in sé non solola componente razionale dell’uomo, ma anche il peso de-gli interessi materiali, delle pulsioni istintuali, delle pas-sioni, delle convinzioni morali e religiose, che si espri-mono attraverso idee, comportamenti rituali, simboli, me-tafore, miti. Una comprensione critica del fenomeno politi-co richiede perciò necessariamente che esso venga messoin connessione con gli altri ambiti dell’esperienza umana.

Gli indirizzi della filosofia politicaDall’antica Grecia a oggi la riflessione sulla politica ha ac-compagnato, costituendone una parte fondamentale, l’in-tero sviluppo storico della filosofia, dove è possibile distin-guere quattro indirizzi fondamentali. 1. La filosofia politica come teoria dello Stato ideale o delpolitico ideale: fin dalle origini si polarizza fra la descrizioneutopistica dello Stato ideale (come fa Platone nella Repub-blica) e la determinazione realistica dei modi e delle strate-gie per migliorare lo Stato (come Aristotele nella Politica).Questa impostazione passa, attraverso la trattatistica medie-vale, all’età moderna con le riflessioni degli utopisti e degli“ideologi” nel ’700, per giungere alle contemporanee elabo-razioni di progetti di società ideale che caratterizzano i mo-vimenti riformatori e rivoluzionari dell’800 e ’900.2. La filosofia politica come ricerca del criterio di legitti-mità del potere: in questo senso la filosofia politica si in-terroga sul perché dello Stato, i motivi che spiegano l’ob-bedienza che gli uomini prestano o rifiutano al potere. Lacapacità che il potere politico ha di imporsi sugli uomini nonè infatti riducibile alla forza di coercizione di cui esso di-spone, ma chiama in causa anche un principio di legittimitàin grado di giustificare agli occhi di chi obbedisce il “diritto”di chi comanda. Tale principio di legittimità è stato rinve-nuto in elementi diversi: nell’età antica nella natura (co-me sostenevano Platone e Aristotele), nella convenzioneimposta con la forza o con la legge (come nella sofistica) enel consenso (come nello stoicismo e nella repubblica ro-mana. In età medievale si diffonde una concezione “teolo-gica” del potere,mentre in età moderna prevale l’idea di un“patto” originario tra gli uomini (come nelle teorie con-

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4 - Il problema politico

La complessità delfenomeno politico

Teoria dello Statoideale

Ricerca del criteriodi legittimità del potere

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trattualistiche di T. Hobbes, J. Locke e J.-J. Rousseau). 3. La filosofia politica quale ricerca dell’essenza della poli-tica o della “categoria del politico”: si cerca di individuarel’elemento specifico che distingue l’ambito politico dagli al-tri ambiti dell’esperienza umana. In contrasto con il primoapproccio, che mette in stretta connessione la sfera politicacon quella etica e ricerca la politica ideale, questo indirizzotende a privilegiare una considerazione fortemente reali-stica della politica (la politica come “è”, non come “deveessere”), esaltandone l’“autonomia” rispetto alla religione,all’etica e alla stessa economia e riconducendola a leggi edinamiche proprie (come nelle indagini di N. Machiavelli e,nel ’900, di C. Schmitt).4. La filosofia politica quale metodologia delle scienze po-litiche e come analisi del linguaggio politico: sorta nel ’900per influenza sia del neopositivismo e della filosofia analiti-ca, sia del nascere di una scienza politica autonoma dall’e-conomia e dalla morale, questa prospettiva è caratterizzatadall’impiego di metodologie empiriche e concepisce la filo-sofia politica come disciplina rigorosamente descrittiva e ava-lutativa, volta a rendere chiari i concetti, i tipi di discorso, leprocedure che caratterizzano il linguaggio politico e forniremetodiche rigorose da utilizzare nella ricerca empirica.

La filosofia del dirittoL’ambito della convivenza sociale e politica è caratterizzatoanche da un altro importante fenomeno: l’esistenza del di-ritto, cioè di quell’insieme di regole relative al comporta-mento intersoggettivo, con lo scopo di rendere possibile lacoesistenza degli uomini. La filosofia del diritto indaga pro-prio questo ambito e nel corso della storia del pensiero oc-cidentale ha manifestato alcune modalità ricorrenti.1. La ricerca dei principi primi e delle finalità ultime deldiritto: a partire dalla filosofia greca, la filosofia del diritto siè originariamente caratterizzata come indagine attorno alfondamento e allo scopo ultimo del diritto, individuati nel-la giustizia. Questo indirizzo, definito “teoria della giusti-zia”, è impegnato da un lato a individuare l’ideale del dirit-to (come il diritto dovrebbe essere), dall’altro a valutare larazionalità e la conformità etica del diritto concretamenteesistente rispetto all’ideale. Questa impostazione è condi-visa da tutte le posizioni giusnaturalistiche, che oltre al di-ritto positivo (l’insieme delle norme poste dalla volontàumana in un determinato contesto storico-sociale) ammet-tono l’esistenza di un diritto naturale, cioè un insieme di

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4 - Il problema politico

Ricerca dell’essenzadel politico

Metodologia dellescienze politiche

Il diritto

Ricerca dei principiprimi e delle finalitàdel diritto (teoriadella giustizia)

Il giusnaturalismo

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leggi derivanti dalla stessa natura dell’uomo, valide univer-salmente, conoscibili con l’aiuto della sola ragione, a cui de-ve sempre ispirarsi la norma positiva.2. Lo studio del concreto manifestarsi del diritto: si ponecome indagine attorno alla natura del diritto nel suo con-creto manifestarsi, alla ricerca di quei tratti distintivi dell’e-sperienza giuridica che la differenziano e, al tempo stesso,la intersecano con gli altri ambiti dell’esperienza umana(morale, politica, economia ecc.). Questa indagine si è ca-ratterizzata in forme diverse, che si sono definite spesso inpolemica con il giusnaturalismo. Una prima forma è lo sto-ricismo giuridico (da G. Vico a F.C. Savigny a G.W.F. Hegelfino all’istituzionalismo novecentesco di T. Veblen, e J.K.Galbraith, che studia il rapporto dialettico tra tecnologia eistituzioni politiche), in cui il diritto è concepito come unprodotto della storia umana (nella quale trova la propria ori-gine e giustificazione) e si esprime nelle istituzioni che lospirito di ogni popolo crea. Una seconda reazione è costi-tuita dal positivismo giuridico, che delimita rigorosamen-te l’ambito del diritto alla realtà dei fatti e vuole adottarenella considerazione di questa un metodo esclusivamente“scientifico”. Ne deriva, da un lato, una considerazione so-ciologica del diritto, che analizza le diverse fonti sociali del-le norme e la loro efficacia concreta sui comportamentiumani e, dall’altro, il cosiddetto “formalismo giuridico”, checonsidera come proprie del diritto solo le norme “formal-mente valide”, cioè quelle poste dall’autorità legittima se-condo procedure legali, indipentemente dalla loro effetti-va osservanza.3. L’analisi della metodologia giuridica o “del linguaggiogiuridico”: nata in ambiente anglosassone (Austin, Ross,Hart), si è sviluppata anche in Italia, incontrandosi con filo-ni del neopositivismo giuridico (Bobbio, Scarpelli). Suo sco-po è la chiarificazione del linguaggio e dei metodi utilizzatidalla scienza giuridica al fine di conferire rigore al linguag-gio del legislatore e di ordinarlo in un sistema coerente.

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4 - Il problema politico

Studio del concretomanifestarsi del diritto

Lo storicismogiuridico

Il positivismogiuridico

Analisi della metodologiagiuridica

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4 - Il problema politico

Il termine politica fin dalle origini ha indicato propriamente quel tipo di potere chesi esercita su uomini liberi e uguali, si fonda sul loro consenso e ha per fine il benedei governanti e dei governati.

La problematica politica è stata considerata da alcuni filosofi – come, per esem-pio, Aristotele e Tommaso d’Aquino – una dimensione naturale dell’uomo; da altri– per esempio, T. Hobbes – una costruzione artificiale dell’uomo.

La politica intreccia un aspetto teorico, che studia criticamente le forme di go-verno e le regole su cui di fatto si esercita il potere, a un aspetto pratico, che sul-la base dell’analisi teorica punta al conseguimento e al cambiamento del poterepolitico.

La filosofia politica, invece, concerne la convivenza sociale e l’arte di governare ta-le convivenza, sottoponendo a indagine critica razionale le istituzioni e le pratichesociali esistenti.

La filosofia politica contemporanea ha messo in luce la complessità del fenomenopolitico, la cui comprensione critica richiede il collegamento con altri ambiti dell’e-sperienza umana.

Nella storia della filosofia si possono distinguere quattro indirizzi fondamentali re-lativi alla filosofia politica: 1. come teoria dello Stato ideale o del politico ideale; 2. come ricerca del criterio di legittimità del potere; 3. come ricerca dell’essenza della politica o della “categoria del politico”; 4. come metodologia delle scienze politiche e analisi del linguaggio politico.

La convivenza sociale e politica è caratterizzata anche da un altro importante fe-nomeno: il diritto cioè quell’insieme di regole, relative al comportamento intersog-gettivo, con lo scopo di rendere possibile la coesistenza degli uomini.

La filosofia del diritto indaga proprio questo ambito e nella storia del pensiero oc-cidentale ha manifestato tre modalità ricorrenti: 1. la ricerca dei principi primi e delle finalità ultime del diritto;2. lo studio del concreto manifestarsi del diritto; 3. l’analisi della metodologia giuridica o” del linguaggio giuridico”.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA POLITICA

DIMENSIONE NATURALEO ARTIFICIALE DELL’UOMO?

ASPETTO TEORICO E ASPETTOPRATICO DELLA POLITICA

LA FILOSOFIA POLITICA

LA COMPLESSITÀDEL FENOMENO POLITICO

I QUATTRO INDIRIZZIDELLA FILOSOFIA POLITICA

IL DIRITTO

LA FILOSOFIA DEL DIRITTO

1. Quali discipline filosofiche indagano la dimensio-ne politica dell’uomo? 26-27

2. Che cos’è la politica? 25b3. In che cosa si definisce la specificità della filo-sofia politica rispetto alla politica in senso stret-to? 25b

4. Perché il fenomeno politico viene considerato“complesso”? 26a

5. Quali sono i filoni fondamentali della filosofia po-litica e che caratteristiche hanno? 26-27a

6. Perché la filosofia del diritto si occupa della di-mensione politica? 27b

DOMANDE DI VERIFICA

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Il concetto di scienza

Nella nostra cultura il termine scienza è, di fatto, diventatosinonimo di scienza sperimentale, cioè di quella prassi co-noscitiva fondata sull’uso sistematico della verifica e dell’e-sperimento, finalizzata ad applicazioni tecnico-pratiche, ca-ratterizzata dall’obiettività della ricerca, dalla riproducibilitàdegli esperimenti e dal carattere operativo e non puramen-te speculativo delle ipotesi. In senso più ampio e tradizio-nale, però, per scienza si intende un insieme di conoscen-ze che includono in sé una garanzia della propria validità,più o meno assoluta. In quest’ultima accezione per scienzasi intendono non solo le scienze sperimentali, ma ancheogni disciplina organizzata e strutturata sistematicamente,che riesca a dimostrare la propria efficacia e verità.

La filosofia e la scienzaQuesta accezione di scienza in senso lato è stata da semprerivendicata dalla filosofia, che, dalle sue origini fino all’ini-zio dell’età moderna, si presenta come un sapere che com-prende anche le discipline scientifiche in senso stretto e ri-vendica nei loro confronti un ruolo di superiorità. Con G. Galilei e I. Newton si apre quel dibattito metodo-logico che porterà alla nascita della scienza moderna sul-la base dei grandi successi ottenuti dalla ricerca sperimen-tale e dei presupposti antimetafisici della filosofia moder-na. Galileo mostra la corrispondenza fra fenomeni naturalie loro espressione matematica, mentre Newton sottolinea,in particolare, il carattere puramente descrittivo e non espli-

Scienza e metodosperimentale

Filosofia e scienzesperimentali

La nascita dellascienza moderna

5Il problema scientificoIn epoca antica e medievale la filosofia e le discipline scientifiche in sensostretto fanno tutt’uno e non sono concepite come differenti campi del sapere. È solo all’inizio dell’età moderna che si apre un dibattitometodologico che porterà alla nascita della scienza moderna e alla suadifferenziazione dalla ricerca filosofica. La filosofia si è sempre interrogata sui problemi generali della scienza, tuttavia è solo dall’800 che all’interno della filosofia si è costituita una disciplina specialistica autonoma che studia lo statuto delle teorie scientifiche, la filosofia della scienza,detta anche epistemologia.

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cativo della scienza. I. Kant, poi, con la sua indagine gno-seologica, mostra che le leggi scientifiche non sono univer-sali in sé, ma a partire dal soggetto che le conosce (fonda-mento trascendentale).

La filosofia della scienza, o epistemologiaSe nel corso della sua storia la filosofia si è sempre interro-gata sui problemi generali della ricerca scientifica, è solodall’800, parallelamente alle profonde trasformazioni speri-mentali e concettuali delle scienze fisiche e logico-matema-tiche, che si è venuta costituendo una disciplina specialisti-ca autonoma – la filosofia della scienza, o epistemologia (di-scorso sulla scienza; dal greco lógos: discorso, ed epistéme:scienza), che studia lo statuto delle teorie scientifiche. L’og-getto dell’epistemologia è stato inteso in modi diversi: ai tem-pi del circolo di Vienna il primo R. Carnap la identifica conla “logica applicata” (cioè con lo studio della sintassi logicadelle teorie ossia dei rapporti formali fra gli enunciati scien-tifici) e la scienza presa in considerazione è prevalentemen-te la fisica. A partire dagli anni ’60 il dibattito si è concentra-to intorno alla semantica (cioè il significato) dei terminiscientifici, mentre gli sviluppi più recenti si sono rivolti ai pro-blemi della pragmatica (cioè gli usi degli asserti delle teorie).

Le origini e gli sviluppi dell’epistemologiaLa filosofia della scienza diviene campo disciplinare piena-mente autonomo intorno al 1920-30 per opera dei neopo-sitivisti del circolo di Vienna e del circolo di Berlino (M.Schlick, H. Reichenbach e O. Neurath). A dare grande im-pulso a questo campo di studi contribuisce l’esistenza di unmovimento organizzato con una forte motivazione a privile-giare questo ambito, attribuendogli una funzione centralenella battaglia contro la metafisica. Il neopositivismo spicca anche per il taglio fortemente rifor-matore e unilaterale delle sue tesi rispetto alla filosofia tra-dizionale. Oltre alle eredità più lontane del positivismo, del-l’empiriocriticismo, del convenzionalismo di H. Poincaré(che riduce la scienza a un sistema di convenzioni sulla basedi criteri economici e funzionali), dell’induttivismo di J.S.Mill, i fondatori neopositivisti dell’epistemologia mettono afrutto l’eredità delle riflessioni metodologiche convenziona-listiche dei fisici P. Duhem e N.R. Campbell (v. “teorie scien-tifiche” nel Glossario a p. 33). Il primo grande dibattito del-la nuova disciplina è intorno al processo di “liberalizzazio-

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Kant

La filosofia della scienza, o epistemologia

L’oggettodell’epistemologia

La nascita dell’epistemologia

Il neopositivismo

La “liberalizzazionedell’empirismo”

5 - Il problema scientifico

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5 - Il problema scientifico

ne dell’empirismo” che negli anni ’30 con R. Carnap, H. Fei-gl, E. Nagel, segna il passaggio dalla fase del positivismo lo-gico a quella dell’empirismo logico e l’allargamento del cri-terio empirico di significanza alla verificabilità empirica indi-retta (v. “verificazione” nel Glossario a p. 33). Un indirizzo parzialmente diverso da quello logico-empirista(o verificazionista) è il falsificazionismo di K.R. Popper(v. a pp.314-317), la cui tesi centrale è che ogni teoria nonpuò avere una convalida una volta per tutte, ma è sempreuna ipotesi “azzardata”, il cui carattere scientifico è dato dalfatto di contenere un asserto base che possa essere smenti-to dall’osservazione (il cosiddetto falsificatore potenziale). Un indirizzo parallelo a questi è l’epistemologia storicafrancese, iniziata da G. Bachelard, J. Cavaillés e G. Can-guilhem, che si concentra sulla trasformazione dei concet-ti nella storia delle scienze, temi che saranno scoperti dal-l’epistemologia anglosassone a partire dagli anni ’60. Emblematicamente la svolta più importante può essere fat-ta coincidere con la pubblicazione del saggio La strutturadelle rivoluzioni scientifiche (1962) di T. Kuhn (v. a p. 317),che apre una prospettiva relativistica, ripresa ed estremiz-zata dall’anarchismo metodologico di P.K. Feyerabend (v. app. 317-318). La critica del “postempirismo” all’empirismologico e a Popper è radicale: non si tratta di accertare la ve-rità e la falsità delle teorie, poiché nel loro sviluppo si hauna “variazione di significato” dei termini e perciò non esi-ste un linguaggio osservativo indipendente dalla teoria.

Il falsificazionismodi Popper

L’epistemologiastorica francese

Il relativismo di Kuhn

L’anarchismometodologico di Feyerabend

È una corrente filosofica sorta in Austria nella prima metà del ‘900, lega-ta agli esponenti del circolo di Vienna e del successivo circolo di Berli-no. Nella prima fase di questo movimento, dagli inizi sino agli anni ‘30(quando si ha la liberalizzazione del criterio empirico di significanza), pre-vale la denominazione di neopositivismo o positivismo logico, succes-sivamente predomina la dizione empirismo logico o neoempirismo. Daun lato, si collega al positivismo ottocentesco per la primaria attenzionerivolta alla scienza, vista come modello e culmine della conoscenza uma-na nella sua evoluzione storica; d’altro lato, abbandona ogni pretesa dipronunciarsi sulla totalità del reale e utilizza ampiamente gli strumenti e irisultati della logica simbolica, sviluppata tra ‘800 e ‘900 da G. Frege, G.Peano, A.N. Whitehead e B. Russell. I capisaldi della concezione neoem-pirista sono: il principio di verificazione (v. nel Glossario a p. 33) come cri-terio di significanza delle proposizioni, il rifiuto della metafisica, l’unità del-la scienza, la costruzione del linguaggio come un calcolo, l’interpretazio-ne convenzionalista (v. “teoria scientifica” nel Glossario a p. 33) della lo-gica e della matematica e la convizione che la filosofia equivalga a un’a-nalisi logica di tipo particolare.

CHE COS’ÈL’EMPIRISMO

LOGICO

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Due teorie diverse quindi “guardano mondi diversi” e, poi-ché vi è “incommensurabilità” fra le teorie, non esistono cri-teri per scegliere razionalmente fra teorie concorrenti.

I problemi dell’epistemologia attualeI problemi attualmente più discussi sono tre: i criteri di scien-tificità, la scelta fra teorie scientifiche, la struttura della spie-gazione scientifica.1. Il problema dei criteri di scientificità: tre sono i criteridi demarcazione fra scienza e pseudoscienza sui quali esisteun certo consenso:1.1 la consistenza interna di una teoria: cioè l’assenza dicontraddizioni; 1.2 la testabilità di una teoria: che, dopo la critica di Pop-

I criteri di scientificità

Teoria scientificaCon la nascita della scienza mo-derna il termine teoria, che nel-l’antichità era sinonimo dicontemplazione, assume il si-gnificato di ipotesi, deduzioneed esperimento. Per la dottrina“convenzionalista” di P. Duhemuna teoria scientifica consiste inun’insieme di ipotesi e ha il suounico criterio di verità nell’ac-cordo con l’esperienza, ossianella conferma delle ipotesi,che a loro volta condizionanol’osservazione dei fenomeni.Secondo K.R. Popper, il con-venzionalismo di P. Duhem ha“contribuito a chiarificare le re-lazioni tra teoria ed esperimen-to”. Popper sostituisce al princi-pio di verificazione dei neopo-sitivisti il criterio di falsificabi-lità, ossia un criterio di demar-cazione tra asserti scientifici easserti non scientifici: una teo-ria è scientifica solo se è falsifi-cabile, cioè se può essere con-futata dall’esperienza.

VerificazioneÈ un processo di definizione del-la verità o falsità di una determi-nata proposizione. Il processo diverificazione implica solitamen-te il reperimento di una “prova”che sancisca il contenuto dellaproposizione. Tale prova può es-sere di tipo empirico (ricorso aifatti, sia dell’esperienza esterna,sia dell’esperienza interna), di ti-po intuitivo (ricorso all’eviden-za immediata) o di tipo dimo-strativo (ricorso all’argomenta-zione rigorosamente fondata). Ilprincipio di verificazione è di-venuto un principio filosoficofondamentale col neopositivi-smo, che lega alla verificazionedi tipo empirico di un enuncia-to non solo il valore di verità, maanche il significato dell’enuncia-to stesso. Il principio di verifica-zione, per i neopositivisti, per-mette di distinguere gli enun-ciati di carattere scientifico dal-le proposizioni “vaghe” e quindiprive di significato conoscitivo.

GLOSSARIO

5 - Il problema scientifico

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per al verificazionismo, va intesa come l’esistenza, per ogniteoria, di asserti che siano suoi falsificatori potenziali (v. ap. 32 “Il falsificazionismo di Popper”);1.3 la fecondità di una teoria: cioè la sua capacità di risol-vere tutti o gran parte dei problemi risolti dalle teorie con-correnti.2. Il problema della scelta fra teorie: i criteri per sceglierela migliore fra due teorie diverse che rendono conto deglistessi fenomeni sono la compatibilità con altre teorie ac-cettate, la semplicità delle ipotesi, la qualità estetica (coe-renza, simmetria, essenzialità della spiegazione).3. Il problema della struttura della spiegazione scientifica:la spiegazione scientifica sia per gli empiristi logici (verifica-zionisti), sia per Popper (falsificazionista) consiste nel ricon-durre enunciati particolari sotto enunciati generali in una ca-tena deduttiva, in cui l’enunciato di base è deducibile da unalegge generale; verificazionisti e falsificazionisti si dividonopoi sul procedimento per l’accettazione della legge genera-le. Con la critica del “postempirismo” questo modello dellaspiegazione viene rifiutato: Feyerabend propone un olismo(concezione secondo cui i sistemi complessi hanno caratte-ristiche non riducibili alla somma dei loro elementi primaricostitutivi) estremo nella concezione delle teorie, secondo ilquale non vi è alcuna differenza fra enunciazione di fatti edenunciazioni di credenze non verificabili; M. Hesse proponeun “modello della rete” per il quale non vi è differenza distatus fra enunciati teorici ed enunciati osservativi; Lakatosavanza una distinzione fra un “nocciolo metafisico” di as-serti non direttamente falsificabili e una “fascia protettiva”di asserti che, se falsificati, possono venire abbandonati.

34

5 - Il problema scientifico

La scelta fra teorie

La struttura della spiegazionescientifica

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5 - Il problema scientifico

Il termine scienza, sebbene nel linguaggio attuale sia diventato sinonimo di scien-za sperimentale, può essere intenso in senso lato come un insieme di conoscen-ze che includono in sé una garanzia della propria validità. In questa accezione laqualifica di scienza è stata rivendicata da sempre dalla filosofia.

Con Galilei e Newton si apre un dibattito metodologico che porta alla nascita del-la scienza moderna e alla sua differenziazione dalla filosofia sulla base dei grandisuccessi ottenuti dalla ricerca sperimentale e dei presupposti antimetafisici dellafilosofia moderna.

È solo dall’800 che si è costituita una disciplina specialistica autonoma, la filoso-fia della scienza, o epistemologia, che studia lo statuto delle teorie scientifiche.Come campo disciplinare autonomo essa nasce intorno al 1920-30 per opera delneopositivismo.

Il primo grande dibattito si scatena intorno al processo di liberalizzazione dell’em-pirismo, che negli anni ‘30 segna il passaggio dalla fase del positivismo logico aquella dell’empirismo logico e l’affermazione del principio di verificazione empiricaquale criterio di verità delle teorie scientifiche.

Un indirizzo parzialmente diverso è il falsificazionismo di Popper, la cui tesi centra-le è che ogni teoria è accettabile soltanto fino a che un asserto di base implicatoda quella ipotesi sarà stato smentito dall’osservazione.

Un indirizzo parallelo al falsificazionismo è l’epistemologia storica francese, che siconcentra sulla trasformazione dei concetti nella storia delle scienze.

Il saggio La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Kuhn (1962) apre una prospet-tiva relativistica, estremizzata dall’anarchismo metodologico di Feyerabend.

I criteri di scientificità utilizzati per demarcare la scienza dalla pseudoscienza sono tre: 1. la consistenza interna di una teoria, cioè l’assenza di contraddizioni; 2. la testabilità di una teoria, che dopo la critica di Popper al verificazionismova intesa come l’esistenza, per ogni teoria, di asserti che siano suoi falsifica-tori potenziali; 3. la fecondità di una teoria, cioè la sua capacità di risolvere tutti o gran parte deiproblemi risolti dalle teorie concorrenti.

La compatibilità con altre teorie accettate, la semplicità e la qualità estetica sonoi criteri per scegliere la migliore fra due teorie diverse che rendono conto degli stes-si fenomeni.

Sia per gli empiristi logici (verificazionisti), sia per Popper (falsificazionista) la spie-gazione scientifica consiste nel ricondurre enunciati particolari sotto enunciati ge-nerali in una catena deduttiva, in cui l’enunciato di base è deducibile da una leggegenerale. Questo modello della spiegazione viene messo in crisi dall’emergere dinuove prospettive, come l’olismo di Feyerabend, il modello della rete di Hesse, ilnocciolo metafisico di asserti non direttamente falsificabili di Lakatos.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA DEFINIZIONE DI SCIENZA

LA NASCITA DELLA SCIENZAMODERNA

LA FILOSOFIA DELLA SCIENZAO EPISTEMOLOGIA

IL PROCESSODI LIBERALIZZAZIONEDELL’EMPIRISMO

IL FALSIFICAZIONISMODI POPPER

L’EPISTEMOLOGIA STORICAFRANCESE

IL RELATIVISMO DI KUHN

CRITERI DI SCIENTIFICITÀ

LA SCELTA FRA TEORIE

LA STRUTTURA DELLASPIEGAZIONE SCIENTIFICA

1. Che cos’è la scienza? 30a2. Perché la filosofia può essere considerata unascienza? 30b

3. Quali autori contribuirono alla nascita della scien-za moderna? 30b

4. Che cos’è l’epistemologia? 31a5. Quali sono le correnti e gli ambiti più importantidella ricerca epistemologica? 31-32

6. Quali sono i problemi oggi più dibattuti dall’epi-stemologia? 33-34

DOMANDE DI VERIFICA

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Che cos’è la religione

Per religione si intende un insieme di credenze e di atti diculto che esprimono il rapporto dell’uomo con il divino.Più specificatamente la religione è un rapporto istituito en-tro una differenza radicale, un legame dinamico che oriental’esperienza e il senso dell’esistenza umana. Nella sfera reli-giosa prendono corpo due atteggiamenti: un atteggiamentointeriore o privato, relativo alla credenza nella salvezza, checonfluisce nella religione naturale; un atteggiamento pub-blico e istituzionalizzato, in cui confluiscono tutti gli atti e lepratiche di culto, oggettive e pubbliche, che dà vita alla reli-gione positiva.

La filosofia e la religioneLa filosofia, nel corso della sua storia, ha sempre affrontatoil problema del significato e del valore di verità della re-ligione, cercando, in particolare, di dimostrare l’esistenzadella divinità e di mostrarne i caratteri e le funzioni in rap-porto all’uomo e al mondo. La ricerca filosofica, infatti, na-sce come interpretazione e codificazione delle verità conte-nute nei miti religiosi. Ma è dal 1793, anno di pubblicazionedell’opera di Kant La religione nei limiti della pura ragio-ne, che si può far nascere la filosofia della religione in sen-so proprio. In generale, le diverse interpretazioni filosofichedel fenomeno religioso prima e dopo la nascita della filoso-fia della religione sono state elaborate essenzialmente sullabase dell’origine della religione e della sua funzione.Il problema dell’origine della religione si definisce in base al ti-po di validità riconosciuta alla religione; due sono le imposta-

Religione naturale

Religione positiva

Filosofia e religione

La filosofiadella religione

L’origine della religione

6Il problema religiosoLa filosofia fin dalle sue origini si è interessata all’ambito religioso,volendone indagare le caratteristiche e il contenuto di verità. Anche la teologia ha come suo oggetto specifico la religione e la divinità; in particolare, in ambito cristiano, si pone l’obiettivo di indagarne il fondamento, cioè la rivelazione che Dio ha fatto di sé agli uomini. Il rapportofra queste due discipline, inizialmente conglobate in un’unica forma di sapere, ha assunto, nel corso della storia, varie modalità, a volte di contrapposizione, a volte di condizionamento reciproco.

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zioni principali: l’origine per rivelazione divina e l’origine umana.1. L’origine divina: è il riconoscimento del valore assolutoperché la religione è interpretata come rivelazione (questatesi viene sostenuta fra gli altri, da G.W.F. Hegel, F. Schleier-macher, H. Bergson).2. L’origine umana: corrisponde alla negazione di qualsiasivalore intrinseco della religione, considerata semplicemen-te come frutto dello spirito umano, codificato nella societàe nel tempo, per appagare bisogni di conoscenza (comesostengono, per esempio, gli epicurei) o necessità pratiche,legate al senso di precarietà e di incertezza del futuro, alleesperienze del dolore e della morte (come sostengono, fragli altri, T. Hobbes, D. Hume, Voltaire, J. Dewey, R. Otto, S.Freud e gli antropologi W. Robertson Smith, J.G. Frazer, B.Malinowski). Una variante di questa tesi è quella che indivi-dua un’origine politica del fenomeno religioso letto comeuna forma di prevaricazione delle classi dominanti sui de-boli (il primo a elaborarla è il sofista Crizia, uno dei trentatiranni di Atene, poi è ripresa da alcune tendenze del liber-tinismo, dell’illuminismo, del marxismo e da F. Nietzsche).La funzione della religione è stata intesa secondo tre mo-dalità principali: sociale, veritativa e morale.1. La funzione sociale: la religione è interpretata come una for-ma di integrazione e di rafforzamento dei vincoli sociali (fragli altri, E. Durkheim e l’antropologo A.R. Radcliffe-Brown).2. La funzione veritativa: la religione ha la verità come suooggetto specifico, e, quindi, una funzione analoga a quelladella filosofia. Questa correlazione da alcuni pensatori è in-tesa nel senso di una superiorità della religione rispetto al-la filosofia, perché avrebbe in sé la garanzia delle proprie ri-velazioni (J.G. Hamann, J.G. Herder, F.H. Jacobi); da altri,nel senso di una sua inferiorità, perché religione e filosofiahanno identità di oggetto ma differenze formali nelle mo-dalità di rappresentarlo: la religione esprime in maniera di-retta e sentimentale ciò che la filosofia espone in maniera ri-flessa e concettuale (Hegel, G. Gentile).3. La funzione morale: la religione è vista sostanzialmentecome moralità, il cui scopo principale è offrire un fonda-mento assoluto e incontrovertibile ai valori e alle leggi mo-rali, su cui è fondata la vita associata (Kant).

La filosofia e la teologiaIn senso generale per teologia si intende il complesso del-le conoscenze, o ancor meglio, la scienza che ha per ogget-to la divinità o gli dei, la religione, il culto e i miti. In senso

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Rivelazione divina

Frutto dello spiritoumano

Funzione socialedella religione

Funzione di verità

Funzione morale

La teologia

6 - Il problema religioso

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più ristretto, relativamente alla tradizione cristiana, il ter-mine indica il sapere speculativo e il sistema dottrinale inordine al mistero di Dio, al dato rivelato e in generale al-le verità di fede.Nella Grecia classica la teologia (etimologicamente: “di-scorso intorno a Dio”) si contrappone alla filosofia perchédesigna lo stadio mitologico precedente il sapere scientifi-co. Nella Repubblica Platone riconosce alla teologia un va-lore pedagogico: i miti, le leggende e le storie degli dei rac-chiudono in forma intuitiva e narrativa le verità che la filo-sofia ha il compito di interpretare criticamente. Per Aristo-tele, invece, la teologia coincide con la “scienza prima”, cioècon la metafisica perché si occupa dell’essere in quanto es-sere e delle sostanze immobili ed eterne cioè di Dio. In am-bito cristiano è Clemente Alessandrino a inaugurare l’usodel termine come “dottrina della fede”, contrapposta allamitologia, ma né per i Padri della Chiesa (i grandi pensato-ri cristiani dei primi secoli), né per la filosofia medievale de-gli inizi esiste una netta distinzione fra teologia e filosofia.Nel sec. XII Abelardo è il primo autore ad attuare il passag-gio a una teologia considerata come “scienza”. La teologiadella scolastica rivendica per sé non soltanto un caratteresistematico e uno statuto scientifico, ma anche un ruolo ege-mone nello scenario delle scienze. Alla base delle Summaeteologiche diffuse in epoca medievale è la convinzione dinon potersi sottrarre al compito di istituire un raccordo trafede e ragione, seppure con accentuazioni diverse fra le di-verse scuole: le une in forma dialogica (tendenza domeni-cana), che più direttamente si rifanno ad Aristotele e cul-minano nel pensiero di Tommaso d’Aquino; le altre in for-ma più conflittuale (tendenza agostiniana) e improntata almisticismo, culminanti nel pensiero di Bonaventura da Ba-gnoregio e Duns Scoto. L’aspirazione luterana di proclamare la fede pura e noncontaminata da astratte speculazioni produce la separazio-ne di filosofia e teologia. In ambito cattolico l’impulso delconcilio di Trento a una reazione al protestantesimo e a unnuovo disciplinamento della vita ecclesiastica sono alla ba-se dello sviluppo di una teologia controversistica (v. ap. 160) di tipo positivo, cioè finalizzata a stabilire la veradottrina rivelata contenuta nella Bibbia indipendentementedall’aspetto speculativo e razionale, che ha valore solo con-seguentemente al dato rivelato. Nel ’700 e nell’800 si assiste alla critica illuministica, materia-listica e immanentistica del fenomeno religioso, ma anche al-la sua rivalutazione da parte del romanticismo e dello storici-

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6 - Il problema religioso

La teologia nell’etàclassica

La teologia in epocamedievale

La separazione frateologia e filosofia

Religione e teologia nel ‘700 e nell’800

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smo. In ambito teologico, protestante e cattolico, si imponela complessa questione di superare la frattura fra cristianesi-mo e cultura moderna, che vede impegnati autori quali F.D.E.Schleiermacher, H.J. Newman, A. Rosmini e correnti come ilprotestantesimo liberale e il modernismo. L’acquisizione de-cisiva di questa stagione teologica consiste nel recupero del-la centralità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, propu-gnata in modo magistrale dal teologo protestante K. Barth erilanciata in ambito cattolico dal concilio Vaticano II. Nel ’900 oltre alla contestazione filosofica del fenomenoreligioso, sottoposto a lettura critica per smascherarne lanatura mistificante da K. Marx, F. Nietzsche e S. Freud, siassiste alla sua riabilitazione in virtù del ruolo fondamen-tale svolto nella costruzione sociale (E. Durkheim, M. Mauss,R. Girard, la scuola di Francoforte).

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6 - Il problema religioso

Religione e teologia nel ‘900

Per religione si intende un insieme di credenze e di atti di culto che esprimono ilrapporto dell’uomo con il divino. Nella sfera religiosa è possibile distinguere due at-teggiamenti: 1. atteggiamento interiore o privato, relativo alla credenza della salvezza, di cui lareligione offre una garanzia soprannaturale (religione naturale); 2. atteggiamento pubblico e istituzionalizzato, perché la religione indica anche letecniche per poter raggiungere la salvezza, che coincidono con gli atti e le pratichedi culto, oggettive e pubbliche (religione positiva).

La filosofia ha sempre affrontato il problema del significato e del valore di veritàdella religione. Le diverse interpretazioni filosofiche sono state elaborate sulla que-stione dell’origine e della funzione della religione.

Origine della religione Corrisponde al tipo di validità riconosciuta alla religione. 1. Origine divina: è il riconoscimento del valore assoluto della religione rivelata(G.W.F. Hegel, F. Schleiermacher, H. Bergson);2. Origine umana: è la negazione di qualsiasi valore intrinseco della religione, ela-borata dall’uomo per appagare o bisogni di conoscenza (epicurei) o necessità pra-tiche, legate al senso di precarietà, di incertezza del futuro, del dolore e della mor-te (T. Hobbes, D. Hume, Voltaire, J. Dewey, R. Otto, S. Freud e gli antropologi W.Robertson Smith, J.G. Frazer, B. Malinowski). 3. Origine politica: il fenomeno religioso è letto come una forma codificata di pre-varicazione delle classi dominanti sui deboli (Crizia nell’antichità, alcune tendenzedel libertinismo e dell’illuminismo nel ‘700, marxismo e F. Nietzsche nell’800).

Funzione della religione Alla religione sono riconosciute tre modalità principali.1. Funzione sociale: la religione è una forma di integrazione e di rafforzamento deivincoli sociali (E. Durkheim, A.R. Radcliffe-Brown).2. Funzione veritativa: la religione ha la verità come suo oggetto specifico, e, quin-di, una funzione analoga a quella della filosofia. Alcuni pensatori hanno sostenutola superiorità della religione rispetto alla filosofia (J.G. Hamann, J.G. Herder, F.H. Ja-cobi), altri la sua inferiorità (Hegel, G. Gentile).3. Funzione morale: lo scopo principale della religione è offrire un fondamento as-soluto ai valori e alle leggi morali, su cui è fondata la vita associata.

SCHEMA RIASSUNTIVODEFINIZIONE DI RELIGIONE

LE INTERPRETAZIONIFILOSOFICHE DELLA RELIGIONE

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6 - Il problema religioso

1. Che cos’è la religione in senso generale e per ilcristianesimo? 36a

2. Di quali aspetti del fenomeno religioso si occu-pa la ricerca filosofica? 36a

3. Sulla base di quali problemi la filosofia ha inter-pretato la sfera religiosa? 37

4. Che cos’è la teologia? 38a5. Quando viene elaborata per la prima volta unanetta distinzione fra filosofia e teologia? 38b

6. Nei secoli XVIII e XIX che correlazione esiste frafilosofia e teologia? 38b-39a

DOMANDE DI VERIFICA

In senso generale per teologia si intende il complesso delle conoscenze che ha peroggetto la divinità o gli dei, la religione, il culto e i miti.

Nella Grecia classica la teologia si contrappone alla filosofia perché designa lo sta-dio mitologico precedente il sapere scientifico.

Per Aristotele, invece, la teologia coincide con la “scienza prima”, cioè con la me-tafisica, perché si occupa dell’essere in quanto essere e delle sostanze immobilied eterne, cioè di Dio.

In ambito cristiano è Clemente Alessandrino a inaugurare l’uso del termine come“dottrina della fede”, contrapposta alla mitologia, ma né i Padri della Chiesa né i pri-mi filosofi medievali stabiliscono una netta distinzione fra teologia e filosofia.

Solo in epoca medievale la teologia vuole essere una riflessione scientifica sulla fe-de cristiana: la teologia scolastica rivendica per sé un carattere sistematico, unostatuto scientifico e un ruolo egemone nello scenario delle scienze.

La teologia della pura fede di Lutero, con il conseguente primato delle Scrittu-re sulla speculazione teologica, sono tra i fattori principali che concorrono a san-cire la fine della sintesi teologica medioevale e a produrre la separazione di fi-losofia e teologia.In ambito cattolico, dopo il concilio di Trento, si sviluppa una teologia controversi-stica di tipo positivo, finalizzata a stabilire la vera dottrina rivelata indipendente-mente dall’aspetto speculativo e razionale.

Nel ‘700 e nell’800 si assiste da un lato alla critica illuministica, materialistica e im-manentistica del fenomeno religioso, ma dall’altro alla sua rivalutazione da partedel romanticismo e dello storicismo, mentre in ambito teologico si impone la com-plessa questione di superare la frattura fra cristianesimo e cultura (F.D.E. Schleier-macher, H.J. Newman, A. Rosmini, il protestantesimo liberale, il modernismo), sul-la base della centralità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo.

Nel ‘900 oltre alla contestazione filosofica del fenomeno religioso (K. Marx, F.Nietzsche e S. Freud) si assiste alla sua riabilitazione in virtù del ruolo fonda-mentale svolto nella costruzione sociale (E. Durkheim, M. Mauss, R. Girard, lascuola di Francoforte).

segue

LA TEOLOGIA

LA TEOLOGIANELL’ETÀ ANTICA

ARISTOTELE

LA PRIMA TEOLOGIACRISTIANA

LA TEOLOGIA NEL MEDIOEVO

SEPARAZIONE TRA TEOLOGIAE FILOSOFIA

TEOLOGIA E FILOSOFIANEI SECOLI XVIII E XIX

TEOLOGIA E FILOSOFIANEL SECOLO XX

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L’arte e la filosofiaNella nostra cultura il termine arte indica la produzione dicose belle, ma prima del sec. XVIII manca la nozione di artibelle, cioè di un insieme di esperienze e di produzioni ac-comunate da un riferimento unitario alla bellezza. Nell’anti-chità il concetto di arte era strettamente correlato con lapratica e la fattualità: l’arte, o techné, per i greci è un’in-sieme di regole e principi che dirigono un’attività umana, fi-nalizzata a una realizzazione pratica. A partire dal sec. I d.C.si chiamano “arti liberali”, cioè degne di essere praticate dal-l’uomo libero, sette discipline, distinte da Marciano Capellain trivium (grammatica, retorica, logica) e quadrivium(aritmetica, geometria, astronomia, musica), che struttura-no per più di un millenio il curriculum di studi. Tommasod’Aquino, fondandosi sul nono libro della Metafisica di Ari-stotele, chiarisce la differenza tra il facere dell’ars, che com-pie un’azione transitiva, con conseguenze esterne al sog-getto, e l’agere dell’azione morale, quale azione che rimanenell’intimo del soggetto che agisce. Il termine ars continuaa indicare non solo le arti liberali, ma anche i mestieri chenoi oggi definiamo “artigianali”. I. Kant introduce nella Cri-tica del giudizio la differenza fra arte bella, il cui scopo èun piacere disinteressato, e arte piacevole, che mira al so-lo godimento. Nell’800 e nel ’900 si è consolidato il riferi-mento dell’arte alla bellezza, riservando i termini di artigia-nato, mestiere, tecnica per gli altri significati.

La bellezzaLa riflessione sulla bellezza ha assunto, nel corso dei seco-li, molteplici valenze e significati e soltanto a partire dal sec.XVIII è stata sistematicamente collegata con l’estetica.

Il concetto di artenell’antichità

Il concetto di artenel Medioevo

Kant e l’introduzionedel giudizio estetico

7Il problema esteticoL’esperienza estetica intesa sia come vissuto e atteggiamento interioredell’artista e del fruitore, sia come determinazione delle caratteristiche e dei valori a cui fa riferimento (il bello, il sublime, il tragico, il brutto, il comico)è stata analizzata, fin dalle origini, dalla riflessione filosofica, trattando peròseparatamente i vari aspetti. Infatti è solo nel ’700 che nasce l’estetica comedisciplina filosofica autonoma che ha per oggetto, prima ancora del bello e edell’arte, la capacità umana di sentire.

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Già nell’antica Grecia viene elaborata una dottrina della bel-lezza, tuttavia non connessa organicamente all’esperienzaartistica, ma a una concezione oggettivistica, che la fa di-pendere da criteri esterni (bene, armonia ecc.). I pitagori-ci, per esempio, identificano il bello con la simmetria e laproporzione. Platone lo inserisce in un contesto metafisico:nel Fedro e nel Simposio, la bellezza è collegata all’eros, ingrado di portare l’uomo all’idea di bene e di manifestare sen-sibilmente l’assoluto. Plotino ne dà una visione ancor piùintellettualistica e teologica: la bellezza è l’unica idea “visi-bile”, capace di guidare l’anima nel suo “metafisico cammi-no di ritorno” all’Uno, “fonte di ogni bellezza”. Il Medioevo ha una concezione del bello ancora più unilate-ralmente oggettivistica: la bellezza è opera di Dio ed è uno deicaratteri generalissimi degli enti in quanto enti. L’idea di ar-monia è un punto nodale del pensiero rinascimentale sul bel-lo, che viene ancora identificato in una caratteristica obiettiva,ottenibile artisticamente e conoscibile criticamente. Propriola ribellione contro le regole formali in nome della perce-zione del soggetto porta, nel sec. XVIII, alla fondazione del-l’estetica come disciplina autonoma e alla connessione siste-matica di bellezza e arte. Il bello viene identificato dapprimacon la perfezione sensibile della rappresentazione artistica(A.G. Baumgarten) e successivamente con il piacere da essasuscitato (E. Burke). I. Kant unifica nella Critica del giudizioqueste concezioni, legando la bellezza al piacere estetico e in-serendola in un ambito autonomo e distinto dai valori moralie conoscitivi, la facoltà del sentimento. L’estetica romanticaidentifica definitivamente l’arte con il bello, interpretandolocome manifestazione di verità. Dopo Hegel si giunge a un ro-vesciamento fondamentale: l’estetica da “scienza del bello”diventa prevalentemente “scienza dell’arte”, nella quale il bel-lo non occupa più un posto centrale, sopraffatto dalla storiadell’arte e dallo studio storico, antropologico, empirico delleforme e delle produzioni artistiche. Nell’estetica contempo-ranea è stata rimarcata la distinzione fra la bellezza come si-nonimo di valore estetico in generale (che segnala l’eccellen-za di un oggetto in riferimento a molteplici e rilevanti criteridi valore) e la bellezza come un valore fra altri (che indica unalto ma relativo grado di valore, distinto da altre forme).

L’esteticaIl termine estetica (dal greco aisthesis: sensazione) indica siala riflessione filosofica sull’esperienza del sentire, sia la ri-flessione filosofica sulle opere d’arte e sul fare artistico.

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7 - Il problema estetico

La bellezzanell’antica Grecia

La bellezzanel Medioevo

La bellezza nel Rinascimento

La bellezza in epocamoderna

L’esteticadel romanticismo

L’esteticacontemporanea

La definizione di estetica

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7 - Il problema estetico

L’intreccio tra le due definizioni si trova già in A.G. Baum-garten, fondatore dell’estetica come disciplina filosoficaspecifica. È verso la fine del ’700 che l’ambito dell’esteticada quello vasto di “scienza della conoscenza sensitiva” si spo-sta a quello più limitato di “filosofia dell’arte”, intendendoper arte l’insieme di arti belle. I. Kant, rielaborando la no-zione di Baumgarten, presenta l’estetica, da un lato, cometeoria delle condizioni a priori della conoscenza sensibilenella Critica della ragion pura, e dall’altro come teoria delsentimento, del gusto, della bellezza, del genio nella Criti-ca del giudizio. È in definitiva il movimento romantico e quindi l’idealismoa intendere l’estetica come filosofia dell’arte, che però all’i-nizio dell’800 non si configura ancora come disciplina auto-noma dal punto di vista metodologico e tematico, data l’i-dentificazione romantica di arte, bellezza e verità. È nel ’900 che l’estetica tenta di conquistare la sua autono-mia. Tra le dottrine estetiche di derivazione hegeliana, quel-le di B. Croce e di G. Gentile, considerano l’estetica comefilosofia dell’arte ma la riducono a momento di un più am-

L’estetica nel ‘700

L’estetica nell’800

L’estetica nel ‘900

CreazioneIn senso filosofico generale èl’atto del porre in essere, delprodurre materia, del dare for-ma e ordine a un qualcosa privodi identità. L’azione dell’uomosi configura più correttamentecome produzione, cioè comepotenza non creatrice ma pla-smatrice di ciò che è già. La crea-zione umana, intesa allora co-me la messa in opera di un og-getto da parte di un agente in-dividuale o collettivo, si caratte-rizza per la contemporanea pre-senza di tre elementi: 1. l’unicità dell’oggetto che vie-ne prodotto; 2. l’espressività, cioè la traspo-sizione di interiorità o spiritua-lità in un’azione effettuale; 3. la rottura, più o meno netta,con le modalità espressive ti-

piche di un’epoca. Questo con-cetto generale di creazione puòapplicarsi a svariati domini spi-rituali, ma certamente nell’artetrova la sua resa concreta piùesplicita, come l’ambito privile-giato dell’espressività dell’ioche ricostruisce, in una nuovaproduzione, un essere trattonon dalla natura ma dalla pro-pria interiorità.

Percezione esteticaIn ambito estetico, la percezio-ne s’intende radicata in criteridotati di valore proprio, deter-minato dalla cultura e dall’epo-ca, e legati, come voleva Kant,alla facoltà d’immaginazione.Questa forma di percezionenon riflette solo un passato, matende essa stessa a diventarecreazione di valori.

GLOSSARIO

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7 - Il problema estetico

pio sistema, mentre quelle della scuola di Francoforte (T.W.Adorno, H. Marcuse e in parte W. Benjamin, che uniscono al-l’influenza di Hegel l’ispirazione marxista) tendono a con-servare l’autonomia della dimensione estetica soltanto a li-vello di ideale regolativo o di riscatto utopico dall’alienazio-ne borghese. La prima opera che apre all’estetica spazi di autonomia è l’E-stetica e scienza generale dell’arte (1906) di M. Dessoir, incui i campi dell’estetico e dell’artistico vengono distinti perpoi coglierne le intersezioni. L’estetica rinvia all’ambito va-stissimo del vissuto a livello sensibile, che insieme ad altreesperienze include quella della bellezza, ma nel quale non siesauriscono funzioni e finalità delle opere d’arte, ambitocomplesso che va compreso anche alla luce dei processi sto-rici, culturali, sociali, economici dei quali dovrà tener contouna “scienza generale dell’arte”. Il tentativo di evidenziare la distinzione e il rapporto tra l’e-stetica intesa come scienza del sentire e l’estetica come fi-losofia dell’arte viene proseguito dalla corrente fenome-nologica che si sviluppa con gli allievi di E. Husserl (T. Con-rad, M. Geiger, R.W. Ingarden), con le ricerche di M. Mer-leau-Ponty e M. Dufrenne in Francia, con gli allievi di A. Ban-fi in Italia (E. Paci, L. Anceschi, D. Formaggio). Comune aquesti autori è l’attenzione alla corporeità e alle sue valen-ze conoscitive e comunicative, che costituisce la connes-sione tra le due intenzioni dell’estetica, concepita soprat-tutto come analisi del gesto corporeo che nell’opera d’artecomunica un senso del mondo. Una strategia completamente differente, ma che comunqueconnette le due definizioni dell’estetica trasferendole su unnuovo terreno, viene elaborata da M. Heidegger, che inter-preta l’arte come “la messa in opera della verità”, perché èin essa che si manifesta il senso del rapporto dell’uomo conil mondo. La filosofia contemporanea, con la crisi della no-zione classica di verità, tende a cogliere nell’interpretazionedelle opere d’arte un luogo privilegiato per la riflessione sulsenso del mondo e dell’esistenza umana, spesso in alterna-tiva alle certezze fornite dalla scienza.

La distinzione fraestetico e artistico

L’estetica per Heidegger

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7 - Il problema estetico

L’esperienza artistica è stata oggetto, fin dalle origini, della riflessione filosofica, in-globata, però, in ambiti e in trattazioni diverse: solo nel ‘700, infatti, nasce l’este-tica come disciplina filosofica autonoma che ha per oggetto il bello e l’arte.

Nell’antichità il concetto di arte era strettamente correlato con la pratica e la fat-tualità, era tutt’uno con la tecnica.

A partire dal sec. I d.C. si chiamano arti liberali sette discipline, distinte da Mar-ciano Capella in trivium (grammatica, retorica, logica) e quadrivium (aritmetica,geometria, astronomia, musica), che strutturano per più di un millenio il curriculumdi studi. Il termine ars continua a indicare non solo le arti liberali, ma anche i me-stieri che noi oggi definiamo “artigianali”.

Nell’800 e nel ‘900 si è consolidato il riferimento dell’arte alla bellezza, riservandoi termini di artigianato, mestiere, tecnica per gli altri significati.

Solo a partire dal sec. XVIII la riflessione sulla bellezza è stata sistematicamentecollegata con l’estetica.

Nell’antica Grecia viene elaborata una dottrina della bellezza, che però non è con-nessa organicamente con l’esperienza artistica. I pitagorici identificano il bello conla simmetria e la proporzione. Platone collega la bellezza all’eros quale forza in gra-do di portare l’uomo all’idea di bene e di manifestare sensibilmente l’assoluto. PerPlotino la bellezza è l’unica idea “visibile”, capace di guidare l’anima nel suo “me-tafisico cammino di ritorno” all’Uno, “fonte di ogni bellezza”.

Il Medioevo ha in generale una concezione del bello ancora più unilateralmente og-gettivistica dell’antichità. Il Rinascimento identifica il bello in una caratteristicaobiettiva, ottenibile artisticamente e conoscibile criticamente.

La ribellione contro le regole formali in nome della percezione del soggetto portanel sec. XVIII alla fondazione dell’estetica come disciplina autonoma e alla con-nessione sistematica di bellezza e arte.

Il bello viene identificato dapprima con la perfezione sensibile della rappresenta-zione artistica (A.G. Baumgarten) e successivamente con il piacere da essa su-scitato (E. Burke). I. Kant lega la bellezza al piacere estetico, inserendola in un am-bito autonomo e distinto dai valori morali e conoscitivi: la facoltà del sentimento.

L’estetica romantica identifica definitivamente l’arte con il bello, interpretandolo co-me manifestazione di verità. In generale, dopo Hegel si giunge a un rovesciamen-to fondamentale: l’estetica da “scienza del bello” diventa prevalentemente “scien-za dell’arte”, nella quale il bello non occupa più un posto centrale.

Nell’estetica contemporanea è stata rimarcata la distinzione fra la bellezza comesinonimo di valore estetico in generale e la bellezza come un valore fra altri.

Il termine estetica indica sia la riflessione filosofica sull’esperienza del sentire, siala riflessione filosofica sulle opere d’arte e sul fare artistico (fondatore dell’esteticacome disciplina filosofica specifica è A.G. Baumgarten).

SCHEMA RIASSUNTIVOFILOSOFIA E ARTE

IL CONCETTO DI ARTENELL’ANTICHITÀ

IL CONCETTO DI ARTENEL MEDIOEVO

IL CONCETTO DI ARTENELL’800 E NEL ‘900

IL BELLO E L’ESTETICA

LA DOTTRINA DELLA BELLEZZANELL’ANTICA GRECIA

IL BELLO NEL MEDIOEVOE NEL RINASCIMENTO

LA FONDAZIONEDELL’ESTETICA

IL BELLO NEL ‘700

IL BELLO NELL’800

IL BELLO NELL’ESTETICACONTEMPORANEA

DEFINIZIONE DI ESTETICA

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7 - Il problema estetico

Nel sec. XVIII l’ambito dell’estetica da quello vasto di “scienza della conoscenzasensitiva” si sposta a quello più limitato di “filosofia dell’arte”. Per Kant l’esteticasi presenta, da un lato, come teoria delle condizioni a priori della conoscenza sen-sibile e dall’altro come teoria del sentimento, del gusto, della bellezza, del genio.

È il movimento romantico e quindi l’idealismo a intendere l’estetica come filoso-fia dell’arte, che però all’inizio dell’800 non si configura ancora come disciplinaautonoma.

Nel ‘900 l’estetica tenta di conquistare la sua autonomia. B. Croce e G. Gentile con-siderano l’estetica come filosofia dell’arte ma la riducono a momento di un più am-pio sistema. La scuola di Francoforte conserva l’autonomia della dimensione este-tica soltanto a livello di ideale regolativo o di riscatto utopico dall’alienazione bor-ghese. M. De soir distingue i campi dell’estetico e dell’artistico per poi coglierne leintersezioni.

Un’impostazione particolare dell’estetica è elaborata da M. Heidegger, che inter-preta l’arte come “la messa in opera della verità”, perché è in essa che si manife-sta il senso del rapporto dell’uomo con il mondo.

La filosofia contemporanea tende a cogliere nell’interpretazione delle opere d’arteun luogo privilegiato per la riflessione sul senso del mondo e dell’esistenza umana.

segue

L’ESTETICA NEL ‘700

L’ESTETICA NELL’800

L’ESTETICA NEL ‘900

L’ARTE “MESSA IN OPERADELLA VERITÀ”

ESTETICA E SENSODEL MONDO

1. Che cos’è l’arte? 41a2. Che valore ha la bellezza nella filosofia antica? 42a3. Quando la riflessione sulla bellezza si collega aquella sull’arte? 42b

4. Che cos’è l’estetica? 42b5. Quali sono le tappe principali dell’estetica con-temporanea? 43b

DOMANDE DI VERIFICA

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STORIA DEL PENSIEROFILOSOFICO

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La filosofia: creazione originale dello spirito greco

Secondo Diogene Laerzio la parola “filosofia” viene coniata daPitagora, che la utilizza per indicare quell’amore per la sapien-za, quella ricerca-tensione alla verità, che si costituisce comescienza e come saggezza e permea in modo originale, da Tale-te in poi, tutta la civiltà greca. La tesi di un’origine orientaledel-la filosofia greca, fondata su alcune affinità fra i primi pensatorie alcune tesi della sapienza dell’Oriente asiatico e sull’indaginedi comuni campi scientifici (matematica, geometria, astrono-mia, medicina), non trova oggi più sostenitori. La filosofia, in-fatti, in Grecia, fin dalle origini assume significati molteplici, cheevidenziano un’assoluta originalità. Innanzitutto la filosofia è ri-cerca autonoma e razionale accessibile a ogni uomo in quan-to essere pensante, mentre la sapienza orientale è depositariadi una tradizione, più o meno intoccabile, appannaggio della so-la casta sacerdotale. Inoltre la filosofia è contemplazione, cioèun vedere disinteressato, privo di scopi pratici, mentre la scien-za orientale è mossa soprattutto da problemi concreti. Infine èun sapere che deve guidare l’uomo nel suo agire, ponendosiliberamente e criticamente di fronte ai costumi e alle tradizio-ni, senza costituire alcuna verità rivelata o assoluta.

Le condizioni socio-politicheLa maturazione di precise situazioni storiche e socio-politi-che ha contribuito alla nascita della filosofia nella Grecia clas-sica, nei secc. VII-VI a.C., quando si assiste al passaggio da

La filosofia, “amoreper la sapienza”

Differenze fra lafilosofia greca e lasapienza orientale

La filosofia comecontemplazione

8 La nascita della filosofia in Grecia

La filosofia (parola che in greco significa amore per la sapienza) nasce in Grecia verso il VII secolo a. C. come riflessione sull’origine delle cose e del pensiero e come ricerca critica della verità nell’uomoe nella sua vita. Rispetto alle precedenti o contemporanee culture dell’Orienteasiatico, il pensiero greco, sollecitato da una particolare situazione socio-politica e da una peculiare tradizione poetico-letteraria, mostra unamaggiore inclinazione alla ricerca conoscitiva e una più attiva e duttile determinazione a interrogarsi sulle cause e i principi delle cose.

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un’economia rurale a una artigianale e commerciale, checonsente, almeno a una parte di popolazione (gli uomini li-beri), una certa agiatezza e la possibilità di dedicarsi ad atti-vità non immediatamente pratiche o retribuite. In partico-lare è bene tener presenti due ordini di fatti.1. L’emergere, all’interno della pólis (la città-stato), di or-dinamenti repubblicani, che maggiormente rinsaldano nelcittadino il senso di appartenenza allo Stato e al bene comu-ne e lo sollecitano a una partecipazione attiva, portando a unamaggiore richiesta di istruzione e di elaborazioni teorico-con-cettuali, esigenze che vengono accolte dai primi filosofi.2. La fondazione delle colonie greche: la filosofia, infatti,nasce prima nelle colonie orientali dell’Asia minore, poi inquelle occidentali dell’Italia meridionale (la Magna Grecia),per giungere infine nella madre patria. Le colonie godonodi un regime di maggior libertà e di maggior benessere eco-nomico, oltre che di una maggiore apertura culturale peril contatto con tradizioni e costumi molto diversi da quellidella madre patria. Queste condizioni permettono la nasci-ta di una ricerca autonoma e critica di tipo razionale.

La cultura prefilosoficaLa cultura greca prefilosofica presenta alcuni aspetti che, siapure in forma mitico-religiosa, anticipano tematiche carat-teristiche della successiva rielaborazione dei primi filosofi.In questa prospettiva sono di particolare rilievo tre ambiti.1. La poesia epica. In Grecia assume la forma di una sapienzaquasi divina e, soprattutto, ha valenza educativa, conden-sando i costumi, i valori e le credenze più diffusi. In parti-colare, i poemi di Omero e di Esiodo vengono consideratifonti di principi e di verità necessari a tutti gli uomini. Nel-l’Iliade e nell’Odissea non solo è contenuta un’interpreta-zione della genesi del mondo, ma anche una concezione an-tropomorfica (v. “antropomorfismo” nel Glossario a p. 51)della divinità, per cui gli dei sono presentati come uominiidealizzati o ingigantiti, con passioni e difetti tipicamente ter-reni, e l’uomo, a livello personale, può confidare ben pocoin essi. Tuttavia esiste una legge di giustizia (impersonatanella dea Dike), di cui gli dei sono garanti e che determinaun ordine nelle vicende umane e un destino che sovrasta eaccomuna tutti gli uomini. Nei poemi omerici, inoltre, lavirtù (areté), come insieme di valore, merito, abilità vieneincarnata da alcuni personaggi (Achille, Ettore, Odisseo ecc.)che rimarranno come modelli per tutta la successiva civiltàgreca. Anche ne Le opere e i giorni di Esiodo ritorna il te-

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La pólis

Le colonie greche

La poesia epica

I poemi di Omero

Le opere di Esiodo

8 - La nascita della filosofia in Grecia

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ma della giustizia, che pone un limite alla tracotanza(h�ybris) delle passioni umane. L’uomo, inoltre, viene esor-tato alla virtù e a un ideale di parsimonia e giusta modera-zione. Nella Teogonia, invece, Esiodo, riorganizzando insenso cronologico e causale il patrimonio tradizionale miti-co-cosmologico, narra la nascita degli dei e del mondo esi pone il problema di un’origine e di un principio di tuttele cose, che sarà poi comune ai primi filosofi naturalisti.2. La riflessione morale. Importante per la sua abbondan-za di massime, precetti, consigli morali. In particolare la ri-flessione dei cosiddetti Sette Sapienti (Talete, Biante, Pitta-co, Solone, Cleobulo, Misone, Chilone), in cui spicca l’ope-ra di Solone, è ricca di riferimenti, sia pure in forma episo-dica e frammentaria, all’ideale della giustizia e della giustamisura come fondamento della vita associata.3. La religione. Se ne possono distinguere due indirizzi fon-damentali. La religione pubblica, politeista e naturalista, co-difica e trasmette determinati sentimenti e valori umani; que-sta religione è priva di una dimensione trascendente e perso-nale e chiede all’uomo, non tanto un’adesione di fede, quan-to semplicemente di venerare certe divinità con offerte e cul-ti sacrali. La religione dei misteri comprende un insieme va-riegato di miti e riti diversi, che hanno in comune una forte va-lorizzazione degli istinti umani e naturali e un’adesione a even-ti e cicli ritmici e vitali, rispondendo a un’esigenza più profon-da di spiritualità. In particolare, per la loro influenza sui primifilosofi occorre ricordare l’orfismo e i culti dionisiaci. L’orfismo (v. anche riquadro a p. 61) è caratterizzato da unavisione dualistica dell’uomo nella quale l’anima viene con-trapposta nettamente al corpo, di cui è prigioniera a causadi una qualche colpa originaria e da cui deve liberarsi; nel-l’anima infatti vive un principio divino, un demone immor-tale, destinato, attraverso una serie di riti iniziatici e purifi-catori, a espiare le proprie colpe e a porre fine al ciclo del-le reincarnazioni (metempsicosi, v. nel Glossario a p. 51). Iculti dionisiaci sono incentrati sulla liberazione da forme diautocontrollo intellettuale ed etico-sociale attraverso espe-rienze di ebbrezza e di esaltazione psicofisica.

Il rapporto fra mito e filosofiaIlmito, che caratterizza fortemente tutta la cultura della Gre-cia arcaica, non va inteso semplicemente come un insiemedi invenzioni fantastiche o un non-sapere contrapposto allariflessione razionale della filosofia: mito e filosofia hanno incomune la volontà di conoscere e spiegare il mondo. Di fat-

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8 - La nascita della filosofia in Grecia

La riflessione morale

La religione pubblica

La religione dei misteri

L’orfismo

I culti dionisiaci

Affinità e differenzefra mito e discorsofilosofico

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8 - La nascita della filosofia in Grecia

to, però, il mito presenta alcune caratteristiche che lo diffe-renziano nettamente dal discorso filosofico: 1. esprime in maniera diretta e in forma di narrazione l’og-getto della sua ricerca, laddove la filosofia è sostanzialmen-te un sapere riflessivo che agisce per astrazione; 2. è sostanzialmente un corpus di conoscenze fisse e se-dimentate senza possibilità di libere e autonome rielabora-zioni, tipiche, invece, della tradizione filosofica;3. non contempla i momenti dell’analisi critica e della ve-rifica, centrali nella ricerca filosofica, protesa costantemen-te a vagliare e perfezionare il possesso della verità e delleproprie certezze.

AntropomorfismoAttribuzione di sembianze fisi-che umane, di caratteri perso-nali, di comportamenti morali afenomeni naturali, ad animali edivinità. Concezioni antropo-morfiche della divinità sono te-stimoniate fin dalla remota anti-chità da reperti archeologici, acui si affiancano successiva-mente opere letterarie, come ipoemi di Omero ed Esiodo.Contro la tendenza all’antropo-morfismo insorge fin dai suoiinizi la filosofia: con Senofane,poi con i filosofi posteriori (a ec-cezione degli epicurei) e, in par-ticolare, con il cristianesimo. In epoca moderna il problemadell’antropomorfismo nella re-ligione verrà affrontato con de-cisione da B. Spinoza, dagli il-luminist i e, nell ’800, da L.Feuerbach. MetempsicosiCredenza nella trasmigrazionedell’anima da un corpo all’altroin esistenze che si succedononel tempo. Il termine, coniatonei primi secoli dell’era cristia-na, significa letteralmente “pas-saggio dell’anima” e designa

una dottrina assai diffusa nel-l’antichità sia greca, sia orienta-le e tramandata nel pensieroesoterico sino all’età moderna.La metempsicosi è elemento es-senziale dell’orfismo ed è og-getto dell’insegnamento di Pi-tagora. Anche Empedocle neparla nelle Purificazioni, men-tre in Platone se ne trovano duediverse interpretazioni comedestino dell’anima per eccessod’attaccamento alla vita corpo-rea (nel Fedone) e come pro-spettiva propria di tutte le ani-me che, terminato il ciclo mil-lenario della vita ultraterrena,devono tornare a incarnarsi(nella Repubblica). In linea conla duplice interpretazione pla-tonica lo gnosticismo (vedi a p.113) la interpreta quale via diespiazione e di iniziazione allavisione della sapienza vera. Inetà rinascimentale, sulla scia diG. Bruno e B. Telesio, moltipensatori reinterpretano la me-tempsicosi come principio del-la filosofia naturale. La metem-psicosi è parte fondante delleconcezioni religiose induiste ebuddiste.

GLOSSARIO

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8 - La nascita della filosofia in Grecia

La filosofia, intesa come particolare amore per la sapienza, è creazione originaledella Grecia classica a partire dai secc. VII-VI a.C. e si differenzia nettamente daprecedenti e/o contemporanee culture orientali.

L’indagine filosofica si caratterizza fin dalle origini per tre aspetti fondamentali: 1. è ricerca autonoma e razionale; 2. è “contemplazione” cioè vedere disinteressato; 3. è un sapere che deve guidare l’uomo nel suo agire.

La nascita della filosofia in Grecia viene favorita dalla maturazione di due precisesituazioni socio-politiche: 1. l’emergere di ordinamenti repubblicani all’interno della pólis (città-stato), che,rinsaldando ulteriormente il legame fra Stato e cittadino, portano a una maggior ri-chiesta di istruzione;2. la fondazione delle colonie, nelle quali la filosofia trova un terreno più favorevo-le grazie a un clima di maggior libertà e apertura culturale.

Nella cultura della Grecia arcaica è possibile individuare tre ambiti che in parte an-ticipano, almeno come esigenza ma non nelle procedure di indagine, le problema-tiche filosofiche:1. la poesia epica: in particolare i poemi di Omero e di Esiodo, che delineano im-portanti valori e modelli morali e, rivisitando il tradizionale patrimonio mitologico,elaborano le prime cosmologie (spiegazioni dell’origine del mondo);2. la riflessione morale: ricca di massime, precetti, consigli morali, in cui Solone ei cosiddetti Sette Saggi rivestono un ruolo fondamentale;3. la religione, che a sua volta si divide in: a) religione pubblica, politeista e natu-ralista, legata a pratiche cultuali esteriori; b) la religione dei misteri, articolata inmolteplici riti iniziatici e purificatori, che risponde a esigenze più profonde di spiri-tualità e in cui particolarmente significativi sono l’orfismo e i culti dionisiaci.

Il mito, che caratterizza tutte queste espressioni culturali, ha in comune, con il di-scorso filosofico, la volontà di conoscere e spiegare il mondo ma se ne differenziaper il linguaggio e i metodi di indagine utilizzati, di tipo fantastico-immediato e nar-rativo e non razionale-astratto.

SCHEMA RIASSUNTIVOL’AMORE PER LA SAPIENZA

LE CARATTERISTICHEFONDAMENTALI

IL CONTESTO SOCIO-POLITICO

IL CONTESTO CULTURALE

FILOSOFIA E MITO

1. Perché la filosofia può essere considerata unacreazione originale della cultura greca? 48b

2. Che cos’è la filosofia? 48a3. Quali particolari condizioni socio-politiche han-no favorito la nascita della filosofia? 48b-49a

4. Quali interrogativi filosofici sono già presenti nel-la cultura della Grecia arcaica prima del sorge-re della filosofia? 49b-50

5. Come si pone il mito nei confronti del discorsofilosofico? 50b-51b

DOMANDE DI VERIFICA

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La filosofia della natura

La riflessione filosofica prima di Socrate (dei presocratici) è ca-ratterizzata dal problema cosmologico, cioè dalla ricerca diun principio che, al di là delle apparenze molteplici e mul-tiformi, faccia della natura un mondo unitario e renda pos-sibile la conoscenza umana. Questa unità si configura comela materia da cui tutte le cose sono composte, come la forzache spiega il perenne mutare delle cose, come il principio chespiega l’origine del mondo e lo rende intellegibile. La natura(in greco: ph�ysis) indagata dai presocratici ha, dunque, un ca-rattere attivo e dinamico, non coincidendo semplicementecon la realtà sensibile. La grande conquista della filosofia pre-socratica, al di là della semplicità dei temi trattati e dell’inge-nuità di alcune concezioni, è aver concepito per la prima vol-ta la natura come mondo ordinato, al cui fondamento vi è lasostanza come principio dell’essere e del divenire. A Mileto nasce la prima scuola filosofica dove il problemadella ph�ysis è affrontato secondo un tipico procedimento: laricerca dell’arché, (in greco: principio originario), che è la“sostanza” o “elemento” primo e generatore a fondamento ditutto ciò che esiste, individuato non in un mito, ma nella na-tura stessa indagata razionalmente.

TaleteVive a Mileto nella prima metà del sec. VI a.C.; non ha la-sciato nulla di scritto. Le testimonianze di Aristotele e Dio-

Il problemacosmologico

La natura-ph�ysis

La scuola filosoficadi Mileto

Il primo filosofo della storia

9 I filosofi ionici: Talete, Anassimandro,Anassimene, Eraclito

La filosofia nasce in Asia Minore, a Mileto, una colonia ionica: per la prima voltadegli uomini si pongono in termini razionali, e non più mitico-fantastici, il problema dell’origine di tutte le cose e della loro unità. Questa unità,identificata come il fondamento e la sostanza di tutti i fenomeni naturali, è ricercata non al di fuori, ma all’interno della natura stessa e coincide con alcuni suoi elementi: per Talete è l’acqua, per Anassimandro l’ápeiron(infinito/indefinito), per Anassimene è l’aria, per Eraclito il fuoco.

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gene Laerzio lo fanno considerare l’iniziatore della filoso-fia della natura, o ph�ysis, e più in generale della filosofia insenso lato, perché è il primo a porsi un problema di por-tata universale: si chiede qual è l’origine del tutto e dà unarisposta di tipo esclusivamente razionale e non mitico-reli-giosa, ricercando un unico principio generale da cui dedur-re induttivamente la spiegazione di tutti i fenomeni natura-li. All’origine del tutto egli pone l’acqua, constatando chel’umidità, poiché è presente in tutte le cose, si presta a es-sere considerata sia come il costituente, sia come il fonda-mento di tutte le realtà. Talete attribuisce al principio-acquacarattere divino, affermando, per esempio, che “tutto è pie-no di dei”, ribadendo il concetto della sua ubiquità e origi-narietà. Inoltre se tutto è costituito dall’acqua, tutta la na-tura è intrinsecamente animata (ilozoismo), non esistendodistinzione fra esseri animati e inanimati.

AnassimandroDiscepolo di Talete, vive a Mileto a cavallo fra i secc. VII e VIa.C. e redige un’opera dal titolo Sulla natura. Secondo latradizione è il primo a introdurre nell’uso filosofico il ter-mine arché, che identifica con l’ápeiron ossia con una sor-ta di infinito (quantitativo)/indefinito (qualitativo) da cuitutte le cose scaturiscono in virtù di una separazione deicontrari (caldo/freddo, secco/umido ecc.). L’ápeiron, purrappresentando uno sforzo di astrazione notevole, perchénon si identifica con nessun elemento sensibile ed è qual-cosa di indeterminato che precede tutte le determinazioni,viene pensato ancora in modo sostanzialmente fisico. Il pro-cesso di derivazione è chiamato da Anassimandro “ingiusti-zia”, per indicare che ogni nascita equivale a una colpevoleseparazione dal tutto primigenio. Alla nascita segue, secon-do un ordine cosmico fissato dal tempo, l’espiazione, cioèla morte vista come un ritorno alla condizione primitiva eun ripristino dell’equilibrio originario. L’ápeiron è elemen-to divino, una forza “immortale e indistruttibile” che “ab-braccia” e “regge” l’universo, il quale, proprio per l’infinitu-dine del principio da cui scaturisce, sarebbe formato da in-finiti mondi.

AnassimeneVive a Mileto nel sec. VI a.C., è discepolo di Anassimandro eautore di un’opera dal titolo Sulla natura. Ritiene che ilprincipio di tutte le cose sia l’aria, che, per la sua natura

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9 - I filosofi ionici: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito

La ricercadell’origine del tutto

L’acqua, origine del tutto

L’ilozoismo

L’ápeiron come arché

La derivazione di tutte le cosedall’ápeiron

L’aria è l’arché

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9 - I filosofi ionici: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito

“vicina all’incorporeo” (in quanto invisibile e intangibile) eper la sua universale diffusione può fungere da sostrato diogni generazione e trasformazione meglio di ogni altro ele-mento. Anassimene cerca inoltre di spiegare dinamica-mente la derivazione delle cose dall’aria: infatti l’aria si tra-sforma, con un processo di condensazione, in acqua e poi

La spiegazionedinamica dell’originedelle cose dall’aria

ArchéTraducibile con “principio” in-teso come la fonte (ciò da cui),la foce (ciò verso cui) e il soste-gno (la sostanza) della realtà;poiché nei filosofi naturalisti larealtà si riduce a quella sensibi-le, l’arché/principio finisce peridentificarsi con la natura. Dalmomento che l’arché si confi-gura come il fondamento delTutto, che tutto abbraccia e tut-to governa, viene a coinciderecon il divino.LógosIl termine deriva dal greco lé-ghein, che significa “raccoglie-re”, “contare” e anche “trasce-gliere” e in greco classico “rac-contare”, “parlare”. Lógos, indi-ca il mondo dell’intelligenza odella conoscenza intellettiva: è,infatti, sia l’intelligenza (nellasua valenza intuitiva, cioè comeintelletto, e nella sua valenza di-scorsiva, cioè come ragione), sial’oggetto dell’intelligenza (ilconcetto, il giudizio e il ragio-namento), sia l’espressione del-l’oggetto dell’intelligenza (laparola o il termine, la proposi-zione, l’argomentazione e, ingenerale, il discorso). Ph�ysisComunemente tradotto con“natura” nel pensiero anticodesigna l’originaria totalità del-

le cose nella loro originaria ge-nerazione. I presocratici creanoil concetto filosofico di ph�ysis eper questo son detti anche “fisi-ci”. Per essi la ph�ysis è il princi-pio vitale della totalità, delle co-se che si generano e crescono.Con gli eleati l’orizzonte dellaphysis subisce una determina-zione di tipo ontologico: il prin-cipio è l’essere. Con Eraclito,Anassagora e Diogene di Apol-lonia la problematica dellaph�ysis si apre alle questioni con-nesse ai temi del lógos, dell’in-telligenza e della legalità del rea-le. Platone parla di ph�ysis rife-rendosi alle Idee, cioè all’essereintellegibile e metaempirico.Aristotele, fissando la distinzio-ne tra “filosofia prima” e “filo-sofia seconda”, definisce la dif-ferenza tra l’ambito metafisico equello fisico: la ph�ysis non de-signa più la totalità del reale, mal’ambito circoscritto della natu-ra sensibile. Per gli stoici laph�ysis è anche lógos secondouna triplice valenza: è principiofisico-teologico, fondamentodell’etica e principio di crescita.Per Plotino la ph�ysis rientra nel-la produzione del mondo fisicoda parte dell’Anima: deriva dal-la contemplazione produttivadell’Anima ed è essa stessa con-templazione.

GLOSSARIO

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in terra e, con uno di rarefazione, in fuoco. In questo modola molteplicità delle cose viene spiegata come effetto di unadiversa aggregazione del medesimo principio. Anassimeneassimila all’aria anche il principio psichico e vitale degli uo-mini e in quanto arché la ritiene divina.

EraclitoVive a Efeso fra il VI e il V sec. a.C., scrive un’opera intitola-ta Sulla natura, di difficile interpretazione per lo stile den-so e allusivo, tanto che gli vale il soprannome di “Oscuro”.Il suo merito, e il suo tratto di originalità, consiste nell’averportato in primo piano il dinamismo della natura, che già isuoi predecessori Talete, Anassimandro e Anassimene ave-vano notato, ma non evidenziato nel modo dovuto.

� La filosofia del divenireIl suo pensiero, passato alla storia nella forma della celebremassima “tutto scorre”, nasce certamente dalla constatazio-ne empirica del mutare di tutte le cose, ma si eleva a una vi-sione organica e coerente della realtà. Secondo Eraclito il di-venire della natura non è caotico, ma è ordinato secondo lalegge dei contrari per cui ogni realtà passa da un opposto al-l’altro. Questa “guerra”(come afferma in un celebre fram-mento) è sì “madre di tutte le cose”, ma a un livello superio-re si compone in una unità armoniosa, per cui “ciò che è op-posizione si concilia e dalle cose nasce l’armonia più bella”. Icontrari, infatti, non sono che due aspetti indissolubili del-la stessa realtà e questa superiore unità dei contrari ne èl’essenza più vera. L’armonia dei contrari e il contatto degliopposti costituiscono la ph�ysis (natura) della realtà e si con-cretizzano nel fuoco, il quale è sempre in moto, si manifestain una forma unitaria (la forma della fiamma) e vive della mor-te del combustibile (ovvero sussiste in quanto passa da uncontrario all’altro), realizzando pienamente i principi del di-venire. Il fuoco è il principio cosmico e la sua potenza gene-rativa è la ph�ysis, la quale è percorsa dal lógos, la legge delcosmo. Perciò il fuoco di cui parla Eraclito è dotato di unaforma di intelligenza (lógos) – ossia di una razionalità intrin-seca, trascendente e immanente alle cose che fa sì che esse simanifestino in una forma regolare e ordinata – e, inoltre, inquanto è il principio del mondo, ha anche carattere divino.

� La gnoseologiaDa questi principi fisici dipende la natura della gnoseologia(dottrina della conoscenza) di Eraclito, che è principalmen-

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9 - I filosofi ionici: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito

Vita e opere

“Tutto scorre”

La legge dei contrarie del conflitto

Il fuoco è l’arché

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te diretta alla conoscenza del lógos-fuoco e privilegia net-tamente il sapere razionale su quello dei sensi, che al mas-simo può cogliere l’opporsi delle cose nel particolare, manon l’armonia che si manifesta nei contrari che si alternanonel cosmico fluire del tutto. La verità, infatti, non può esse-re colta con i sensi o interrogando direttamente la natura,come avevano fatto i filosofi di Mileto, ma soltanto con losguardo dell’inteletto, vale a dire con la riflessione raziona-le, che è “pensiero” ma anche “discorso” (in greco: lógos),eternamente e assolutamente valido indipendentemente dachi lo ricerca.

� La psicologia e l’eticaSempre dall’arché-fuoco deriva la psicologia, che conside-ra l’anima di natura ignea e dotata di lógos, cioè di ragio-ne. Dalla psicologia deriva a sua volta un’etica per cui l’uo-mo, nel suo agire, non deve lasciarsi guidare dalle passioni,ma dal lógos e dal nómos (legge), che rappresentano la giu-sta misura e l’unico valido criterio di giudizio.

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9 - I filosofi ionici: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito

La superiorità del sapere razionalesu quello dei sensi

Il lógos

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9 - I filosofi ionici: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito

La filosofia nasce come indagine razionale sul mondo della natura. La riflessionedei presocratici, infatti, è dominata dal problema cosmologico cioè dalla volontà diricercare un’unità al di là dell’apparente molteplicità dei fenomeni, che ne costitui-sca il fondamento e l’origine.

Questa unità, che si configura come materia da cui sono costituiti tutti i fenomeni,come forza che li anima, come principio da cui provengono e che li rende intelle-gibili, è la natura, in greco ph�ysis, che viene indagata dalla prima scuola filosoficadi Mileto.

Il problema della ph�ysis viene affrontato dai primi filosofi con un procedimento si-mile: la ricerca dell’arché, ossia della sostanza o elemento primo e generatore chesta a fondamento di tutto ciò che esiste e che viene identificato razionalmente inun aspetto della natura stessa e non mitologicamente al di fuori di essa.

Talete è considerato il fondatore della filosofia, perché per primo si pone razional-mente un problema di portata universale, domandandosi qual è l’origine (arché) deltutto: egli la identifica nell’acqua, che per la sua universale presenza si presta a es-sere considerata il fondamento e la costituente di tutte le realtà.

Anassimandro, discepolo di Talete, compiendo un notevole sforzo di astrazione,identifica l’arché con l’ápeiron, ossia con una sorta di infinito (quantitativo)/indefi-nito (qualitativo) da cui scaturiscono tutte le cose per un processo di separazionedei contrari.

Anassimene, discepolo di Anassimandro, ritiene che l’aria, per la sua universale dif-fusione e per la sua particolare consistenza, sia l’arché di tutte le cose, che vi de-riverebbero per un processo di rarefazione e di condensazione.

Eraclito riprende la speculazione dei predecessori e l’arricchisce sottolineando inparticolare il carattere di dinamismo della natura (espresso nella celebre frase “tut-to scorre”), che diviene un principio di portata generale. Il divenire della natura, in-fatti, è ordinato secondo la legge dei contrari (ogni realtà passa da un opposto al-l’altro), che a un livello superiore si compongono in una sintesi armoniosa.Il fuoco, per il suo intimo dinamismo e per il suo continuo passare da un contrarioall’altro, è per Eraclito l’arché del mondo. Il fuoco, inoltre, è dotato di una forma diintelligenza (lógos), di cui partecipa anche l’anima umana.

SCHEMA RIASSUNTIVOIL PROBLEMA COSMOLOGICO

LA NATURA O PH�YSIS

LA RICERCA DELL’ARCHÉ

TALETE

ANASSIMANDRO

ANASSIMENE

ERACLITO

1. Che cosa indagano i primi filosofi? 53a2. Che cos’è l’arché? 53b3. Perché Talete è considerato il fondatore della fi-losofia? 54a

4. Come si spiega il processo di derivazione dellarealtà dall’arché in Anassimandro? 54b

5. Che cos’è l’ingiustizia per Anassimandro? 54b6. Qual è la novità della filosofia di Anassimene ri-spetto ai suoi predecessori? 55b

7. Perché Eraclito sceglie il fuoco come l’arché delmondo? 56b

8. Che cos’è il lógos per Eraclito? 57a

DOMANDE DI VERIFICA

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La scuola pitagoricaFin dalle sue origini la filosofia in Grecia ha il carattere di ri-cerca associata: i “compagni” o filosofi si riuniscono per cer-care insieme la verità e condividere la propria esistenza inuna solidarietà di pensiero, di costume e di intenti. Infatti èla stessa ricerca filosofica che spinge il singolo pensatore al-la comunicazione e alla messa in comune dei propri risulta-ti. Questo aspetto della filosofia greca non è accidentale espiega l’interesse costante dei filosofi per la politica. Uncaso particolare ed emblematico è rappresentato dalla scuo-la pitagorica, dove la comunione di vita e di ricerca assumeanche il carattere di associazione politica e religiosa. Infattidi Pitagora di Samo (Samo 570 - Metaponto circa 490 a.C.)come figura storica e del suo specifico pensiero conoscia-mo poco, sia perché egli non scrive nulla, sia perché dopola sua morte i discepoli lo divinizzano e gli sono attribuitetutte le loro scoperte successive. I più importanti sono Fi-lolao, Archita, Alcmeone, Epicarmo; essi si organizzano inuna sorta di casta e lavorano in équipe, il patrimonio di co-noscenze accumulato viene mantenuto segreto ed è ritenu-to patrimonio comune. Inizialmente, nei secc. VI-V a.C., ilpitagorismo si sviluppa nelle colonie greche dell’Italia me-ridionale (la “Magna Grecia”) e ha carattere esoterico e co-munitario. Il maestro parla da dietro una tenda, come unsacerdote e all’inizio il discepolo deve solo tacere e ascolta-re. Pitagora viene considerato come un nume detentore del-

La filosofia come“ricerca associata”

Pitagora e il pitagorismo

Il carattere esotericodel pitagorismo

10 Pitagora e i pitagoriciLa scuola pitagorica rappresenta emblematicamente il carattere di ricercaassociata che la filosofia ebbe in Grecia fin dalle origini. In particolare,il pitagorismo si costituisce come un’élite di iniziati a carattere anche politico e religioso. Continuando la speculazione della ph �ysis, i pitagoriciidentificano nel numero il principio di tutte le cose, deducendonel’interpretazione del mondo come “cosmo”(ordine): è così possibile proporsidi indagare l’intima struttura razionale del mondo e non semplicemente la sostanza di cui è fatto. L’interesse per la matematica emerge in manierapreponderante anche nella loro visione religiosa e antropologica: infatti la purificazione e la salvezza individuale sono conseguibili con la conoscenza e la pratica delle scienze matematiche.

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la assoluta verità, tant’è vero che proprio a Pitagora e alla suaassoluta infallibilità è riferita per la prima volta l’espressio-ne latina “ipse dixit” (egli in persona disse) che ancor oggidesigna l’atteggiamento tipico del dogmatismo. Solo con Fi-lolao, all’epoca di Socrate, il pitagorismo viene diffuso al-l’esterno della scuola, influenzando in maniera profonda ilpensiero di Platone, soprattutto per ciò che concerne la dot-trina dei principi e le tesi di fondo della morale e della vi-sione dell’uomo. Nei primi decenni del sec. IV la scuola pi-tagorica della Magna Grecia entra in crisi. Tuttavia, non scom-pare, ma si trasforma in una filosofia nella sostanza ecletti-ca con elementi aristotelici e platonici, che ci è stata tra-mandata nella forma dei cosiddetti Pseudopythagorica, os-sia di scritti (falsamente) attribuiti a grandi pitagorici del pas-sato (per esempio, ad Archita) nell’intento di dimostrare cheil pensiero dei maggiori filosofi era originariamente di Pita-gora.

Il numero principio di tutte le coseLa filosofia pitagorica identifica nel numero il principio ditutte le cose e giunge a questa conclusione dalla constata-zione che tutti i fenomeni naturali (le stagioni, l’incubazio-ne degli animali, gli accordi musicali ecc.) si realizzano conuna certa regolarità, secondo rapporti calcolabili che fannopensare a una loro dipendenza da principi numerici insiti inessi. Notando che esiste una differenza strutturale fra i nu-meri pari e i numeri dispari (differenza che risulta partico-larmente evidente dalla loro visualizzazione geometrica) ipitagorici sono indotti a ricercare degli elementi ancor piùprimitivi del numero, che identificano nel principio illi-mitante e nel principio limitato; in tal modo ciascun nu-mero risulta dalla sintesi dell’uno e dell’altro principio. Ilpassaggio dal numero alle cose avviene poi in modo diret-to: i filosofi pitagorici non hanno un chiara concezione del-la natura astratta dei numeri, ma piuttosto un’idea fisico-geometrica (concepiscono, cioè, i numeri come un insiemedi punti disposti nello spazio, raffigurati concretamente condei sassolini); inoltre connettendo l’uno al punto, il due al-la linea, il tre alla superficie e il quattro al solido, possonofacilmente costruire con questi elementi geometrici le fi-gure solide legandole ai quattro elementi (il cubo alla ter-ra, la piramide al fuoco, l’ottaedro all’aria e l’icosaedro al-l’acqua). Su questa base i pitagorici possono definire il mon-do come cosmo, cioè come un tutto ordinato, regolato darapporti matematici, decifrabili solo dagli iniziati. La specu-

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10 - Pitagora e i pitagorici

Filolao e la diffusione del pitagorismo

Il numero è l’arché

L’idea fisico-geometricadel numero

Geometria ed elementi naturali

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10 - Pitagora e i pitagorici

lazione pitagorica si presenta per certi aspetti più matura esofisticata di quella dei filosofi ionici: infatti se è vero che an-che il numero è un arché di tipo fisico-naturale, di fattoesprime non semplicemente la sostanza di cui sono fattele cose ma la loro struttura logica. Si fa strada l’idea che ilprincipio ultimo delle cose non può essere trovato isolandouna sostanza privilegiata, ma penetrando la struttura dellarealtà per trovarne le leggi razionali.

La fede e la moraleI pitagorici elaborano anche una visione religiosa e antro-pologica, desunta in gran parte dall’orfismo, di cui condivi-dono la visione dualistica dell’uomo, la credenza nella me-tempsicosi (reincarnazione) dell’anima e il raggiungimen-to della salvezza individuale mediante rituali di purifica-zione. Proprio relativamente ai mezzi di purificazione i pita-gorici si allontanano dalle pratiche orfiche, affidate soprat-tutto alla passiva osservanza di riti, regole e precetti: infattiper i pitagorici la via della purificazione si identifica nellascienza matematica, per la sua capacità di strappare l’uomodal particolare e dal sensibile elevandolo alla dimensionedell’eterno e del divino

La visione dualisticadell’uomo

Ispiratore di questa corrente spirituale fiorita in Grecia a partiredal sec. IV a.C. è, secondo la tradizione, il leggendario poeta tra-cio Orfeo. Dalle testimonianze più antiche si deduce che il con-tenuto originario della poesia orfica è mitico: incorpora narrazionidella vita e della morte di Dioniso-Zagreus, legate ai misteri diEleusi e di Delfi. I temi dell’arsura di un’anima indistruttibile, se-parata dal corpo che l’ha mantenuta prigioniera, in attesa di rein-carnarsi nuovamente in altri corpi o di abbeverarsi alle acque del-la dea Memoria, per recuperare dall’oblio il ricordo dell’integra-zione con il divino, hanno alimentato la tradizione filosofica, af-fiorando in Eraclito, Parmenide, Empedocle, nel pitagorismo e ne-gli scritti di Platone, perpetuandosi in epoca cristiana nello gno-sticismo. L’orfismo ha condizionato la storia dell’etica occidenta-le con teorie e pratiche di vita non violenta, conformi al principiodella distinzione ontologica dell’anima dal corpo (dualismo).

CHE COS’ÈL’ORFISMO

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10 - Pitagora e i pitagorici

La scuola pitagorica, che ha anche carattere politico e religioso, rappresenta uncaso emblematico del carattere di ricerca associata proprio della filosofia greca.

Infatti si parla più propriamente di pitagorismo che di Pitagora di Samo, perché delsuo specifico pensiero conosciamo poco, dal momento che egli non scrive nulla eche gli sono attribuite tutte le scoperte successive dei suoi discepoli.

Inizialmente, (secc. VI-V a.C., il pitagorismo si sviluppa nella Magna Grecia e hacarattere esoterico e comunitario. I nuovi adepti, infatti, vengono iniziati secon-do rituali pedagogici segreti in cui vige la consegna del silenzio nei confronti deinon affiliati.

Solo con Filolao, all’epoca di Socrate, il pitagorismo si diffonde all’esterno dellascuola, influenzando in maniera profonda il pensiero di Platone. Nei primi decennidel sec. IV la scuola pitagorica della Magna Grecia entra in crisi, trasformandosi inuna filosofia eclettica con elementi aristotelici e platonici.

Per i pitagorici il numero è il principio di tutte le cose, sulla base della constatazio-ne che tutti i fenomeni naturali si realizzano con una certa regolarità secondo rap-porti numerici. Notando che esiste una differenza strutturale fra i numeri pari e inumeri dispari, i pitagorici sono indotti a ricercare degli elementi ancor più primiti-vi del numero, che identificano nel principio illimitante e in quello limitato.

I numeri sono concepiti secondo una visione fisico-geometrica come un insieme dipunti disposti nello spazio e raffigurati concretamente con dei sassolini. I pitagori-ci possono così definire il mondo come cosmo cioè come un tutto ordinato, rego-lato da rapporti matematici, decifrabili solo dagli iniziati.

La speculazione pitagorica si presenta per certi aspetti più matura e sofisticata diquella dei filosofi ionici, perché il numero è un arché di tipo fisico-naturale, che espri-me non solo la sostanza di cui sono fatte le cose, ma la loro struttura logica.

La visione religiosa e antropologica pitagorica presenta alcune tesi mutuate dal-l’orfismo, come la visione dualistica dell’uomo, la credenza nella metempsicosi (rein-carnazione) dell’anima e il raggiungimento della salvezza individuale mediante ri-tuali di purificazione.

È proprio sui mezzi di purificazione che i pitagorici si allontanano dalle pratiche orfi-che: la matematica è la via della purificazione, perché in grado di strappare l’uomodal particolare e dal sensibile elevandolo alla dimensione dell’eterno e del divino.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA SCUOLA PITAGORICA

IL PITAGORISMO E PITAGORA

CARATTERE ESOTERICODEL PRIMO PITAGORISMO

DIFFUSIONEDEL PITAGORISMO

IL NUMERO PRINCIPIODI TUTTE LE COSE

LA NATURAFISICO-GEOMETRICADEI NUMERI

IL PITAGORISMO RISPETTOALLA SCUOLA IONICA

FEDE E MORALE PITAGORICA

LA MATEMATICA COMEVIA DI PURIFICAZIONE

1. Perché in Grecia la filosofia presenta il caratte-re di ricerca associata? 59a

2. Che cosa si intende con “pitagorismo”? 59b3. Perché i pitagorici identificano l’arché nel nu-mero? 60b

4. Perché i pitagorici interpretano il mondo come

“cosmo”? 61a5. Per quali motivi la speculazione pitagorica è piùmatura di quella dei filosofi ionici? 61a

6. Che cosa accomuna l’orfismo e i pitagorici? 61b7. In che cosa, invece, l’orfismo e i pitagorici si dif-ferenziano? 61b

DOMANDE DI VERIFICA

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SenofaneSenofane nasce a Colofone, in Asia Minore, verso il 570 a.C.Viaggia molto facendo il rapsodo, cioè il poeta girovago chevive cantando le proprie composizioni poetiche. È stato tra-dizionalmente ritenuto il fondatore della scuola eleatica, maalla luce di alcuni dati storici irrefutabili si può solo confer-mare un certo rapporto di ordine teoretico con Parmenidee la sua scuola. Di notevole importanza è la sua critica filo-sofica alla concezione antropomorfica (v. “antropomorfi-smo” nel Glossario a p. 51) degli dei, giudicata una fuor-viante costruzione fatta dagli uomini, che in essa proiettanoi propri difetti e vizi. La sua teoria, sviluppata secondo le esi-genze della ragione (lógos), identifica Dio con il cosmo ededuce da ciò una serie di caratteri: l’unità, la superioritàrispetto agli altri dei, l’onniscienza, l’onnipotenza. Non èperò una forma di monoteismo che crede in un Dio perso-nale, Senofane non esce dai limiti naturalistici e i suoi ter-mini sono metafore filosofiche di ciò che si può concepiredell’Universo-Tutto. Senofane ha anche una dottrina fisica,che riconosce come principio la Terra.

La criticaall’antropomorfismo

Gli attributi del Dio-cosmo

La Terra come arché

11La scuola di Elea:Senofane, Parmenide,Zenone, Melisso

Una tradizione, oggi non più attendibile, attribuisce a Senofanela fondazione della scuola di Elea, da cui però il suo pensiero si distinguenettamente per la centralità delle questioni morali e religiose, mentre la speculazione eleatica è rivolta essenzialmente all’essere (e in questo sta la sua novità). Parmenide e i suoi successori, Zenone e Melisso, con nuova sottigliezza teorica e raffinate modalità logico-concettuali, fissano i caratteri generali dell’essere e del lógos (v. a p. 55) in senso assolutamenteopposto al non-essere e arrivano a negare l’esistenza stessa del divenire. In tal modo costruiscono un sistema in sé rigoroso, ma assolutamenteparadossale, in quanto contrario a ogni evidenza: per questo la storia dellafilosofia successiva, fino ad Aristotele, può considerarsi come un tentativo disoluzione delle contraddizioni della teoria della scuola eleatica (aporia di Elea).

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Formula pure principi etici che danno rilievo alla dimen-sione interiore e intellettiva dell’uomo, in grado di cercareautonomamente la verità contro miti e superstizioni.

ParmenideNasce e vive a Elea, l’odierna Velia, in Campania (a cavallo trai secc. VI e V a.C.); scrive una sola opera, un poema Sulla na-tura. Parmenide ha un grande influsso sul pensiero greco,perché per la prima volta introduce e sviluppa il problemadell’essere. Nel suo poema la filosofia è intesa come rivela-zione e ricerca razionale: infatti la protagonista del poemaè la dea della Verità, che si svela a Parmenide e mostra l’esi-stenza di due vie: la via della verità e la via della falsità.La via della verità ha per principio: “L’essere è e non può nonessere, il non essere non è e non può in alcun modo essere”;la via dell’opinione, o dell’errore, nega tale principio. Ma so-lo la via della verità è percorribile: infatti solo ciò che esistepuò essere pensato e detto; la via dell’opinione, invece, si ri-ferisce alla negazione dell’essere, al non essere delle cose, chedi per sè non può né essere pensato né essere detto, pur es-sendo attestato dai sensi. Allora essere e pensare sono la me-desima cosa. Per Parmenide l’essere è “ingenerato”(se si ge-nerasse dovrebbe derivare dal non essere, che non c’è), e “in-corruttibile”(se si corrompesse andrebbe nel non essere, chenon c’è); non ha un passato (che implicherebbe non esserepiù) né un futuro (che implicherebbe il non essere ancora);non è soggetto ad alcun mutamento ed è immobile (in quan-to mutamento e movimento implicano alterità e non essere);è indivisibile (perché ogni divisione implica alterità e non es-sere) e dunque è assolutamente uguale in ogni sua parte (“si-mile a una massa di ben rotonda sfera”); è perciò finito (peri greci solo ciò che è finito è perfetto, mentre l’infinito vienepercepito come imperfezione). Se la verità coincide con questo essere di assoluta integralità,ne viene di conseguenza che tutte le cose di cui parlano i mor-tali sono mere apparenze, perché non si riferiscono all’esserein quanto essere ma ammettono il divenire e il mutamento, cheimplicano il passaggio dall’essere al non essere e viceversa. Diqueste realtà, che sono attestate dai sensi, non è possibile ave-re scienza, ma soltanto opinione, in greco dóxa.Parmenide, neltentativo di conciliare le caratteristiche dell’essere con la realtàesperita dagli uomini, parla di un’opinione plausibile delle co-se, percorribile come terza via, in cui la molteplicità e il dive-nire, attestati dai sensi, sono ammessi non come puro essere opuro non essere, ma solo come apparenza fenomenica.

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11 - La scuola di Elea: Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso

L’etica

Vita

La via della verità e la via dell’opinione

Le caratteristichedell’essere

I fenomeni sensibili

La terza via:l’opinione plausibiledelle cose

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Zenone

Discepolo di Parmenide, Zenone vive a Elea fra i secc. VI eV a.C. Per difenderne le teorie paradossali inventa il meto-do della dimostrazione dialettica, la quale prova la verità diuna tesi dimostrando la falsità del suo contrario (antitesi).Gli otto argomenti che egli produce per dimostrare l’asso-luta immobilità e unità dell’essere sono dunque rivolti con-tro il movimento e la molteplicità. L’argomentazione contro il movimento si fonda sul co-siddetto argomento della dicotomia (in greco: tagliare indue), il quale sostiene che il movimento è impossibile per-ché un corpo per raggiungere la meta dovrebbe attraversa-re infiniti intervalli, per i quali occorrerebbe un tempo infi-nito. Gli esempi più celebri sono quello di Achille e la tar-taruga (per cui il velocissimo Achille non riuscirà mai a rag-giungere il lento animale), e l’argomento della freccia (lafreccia occupa in ogni istante del volo un punto fermo, equindi la somma di punti fermi non può dare origine a unmovimento) si basa su principi analoghi.Il gruppo di argomenti contro la molteplicità si basa in-vece su questo ragionamento: perché esista una molte-plicità devono esistere molteplici unità. Ora, siccome nonè possibile fissare un limite alla divisibilità di un oggetto,queste molteplici unità sono di numero infinito. Se poi cia-scuna di queste infinite unità ha un’estensione, per quan-to minima, l’oggetto/molteplice che compongono risul-terà spazialmente infinito, in quanto somma di infiniteestensioni. Se invece le unità costitutive non fossero do-tate di estensione (e d’altra parte un’unità estesa non sa-rebbe una vera unità, perché sarebbe divisibile in altreunità), se insomma la loro estensione fosse uguale a zero,il corpo composto equivarrebbe alla somma di infiniti ze-ri, e dunque scomparirebbe nel nulla. Questo argomento(detto dell’infinitamente grande e dell’infinitamentepiccolo) è il fondamento dell’argomentazione contro lamolteplicità.Alla base delle argomentazioni di Zenone vi è un’indebi-ta identificazione fra realtà logica e realtà empirica, che,però, ha avuto il merito di portare la filosofia successivaad affrontare il confronto fra il piano dell’essere e dellogós-pensiero e quello della realtà sensibile. Il pensierodello stesso Parmenide veniva però così radicalizzato, inquanto la via dell’opinione plausibile, che lasciava unaqualche parvenza di verità anche al mondo dell’opinione,era in tal modo cancellata.

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11 - La scuola di Elea: Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso

L’invenzione delladialettica

Gli argomenti controil movimento

Gli argomenti controla molteplicità

L’indebitaidentificazionefra realtà logicae realtà empirica

Zenone estremizzaParmenide

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11 - La scuola di Elea: Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso

MelissoNasce a Samo fra il VI e il V sec. a.C. È l’ultimo rappresen-tante e il sistematore della scuola eleatica. Descrive l’eter-nità dell’essere, che Parmenide aveva presentato come istan-te senza svolgimento nel tempo, con la formula della du-rata infinita: “sempre era e sempre sarà”. Corregge la con-cezione parmenidea della finitudine dell’essere (che impli-citamente introduceva la nozione di non-essere o vuoto co-me limite), affermandone l’infinitudine e l’assoluta unicità.In nome della asserita unità e infinità nega la divisibilità del-l’essere e la sua corporeità: essere corpo infatti significaavere parti e limiti. Con ciò non intende affermare la spiri-tualità dell’essere, ma trarre tutte le conseguenze dalle pre-messe assunte. Al pari di Zenone Melisso elimina la via dell’opinione plau-sibile di Parmenide, attestata dai sensi, e riduce la cono-scenza alla via della assoluta verità. Melisso tenta quindi didelineare una concezione positiva dell’essere, laddoveParmenide aveva soprattutto espresso che cosa l’esserenon può essere.

La durata infinitadell’essere

L’essere infinito,unico e indivisibile

L’eliminazione della “terza via”

La concezionepositiva dell’essere

Senofane elabora una critica razionalistica della concezione antropomorfica deglidei: identifica Dio con il cosmo e gli attribuisce caratteri di unità, superiorità rispettoagli altri dei, onniscienza, onnipotenza.Senofane ha anche una dottrina fisica, che riconosce la Terra come arché.Formula anche dei principi etici, incentrati sulla superiorità della dimensione inte-riore e intellettiva dell’uomo.

Parmenide ha un grande influsso sul pensiero greco, perché per la prima volta in-troduce e sviluppa il problema dell’essere.

Parla di una via della verità, (“L’essere è e non può non essere, il non essere non èe non può in alcun modo essere”) e di una via della falsità che nega il principio del-l’essere come unica realtà.Solo la via della verità è percorribile: infatti solo ciò che esiste può essere pen-sato e detto.

Essere e pensare sono la medesima cosa: l’essere ha una serie di caratteri (inge-nerato, incorruttibile, non ha un passato né un futuro, immobile, indivisibile, asso-lutamente uguale) che escludono qualunque forma di non essere.

Sebbene delle realtà mutevoli attestate dai sensi non sia possibile avere scienzama soltanto opinione, esiste anche una terza via, dell’opinione plausibile delle co-se, in cui la molteplicità e il divenire, attestati dai sensi, sono ammessi non comepuro essere o puro non essere ma solo come apparenza fenomenica.

SCHEMA RIASSUNTIVOSENOFANE

PARMENIDE E IL PROBLEMADELL’ESSERE

Le viedella veritàe della falsità

Identità di esseree pensare

La terza via

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11 - La scuola di Elea: Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso

1. Come critica Senofane la concezione antropo-morfica della divinità? 63a

2. Quale concezione di Dio ha Senofane? 63b3. Secondo Parmenide quante vie sono percorribi-li dalla ricerca filosofica? 64a

4. Quali sono le caratteristiche dell’essere secon-do Parmenide? 64b

5. Quali guadagni speculativi apporta la filosofia diParmenide? 64b

6. Come difende Zenone le tesi del maestro? 65a7. Su quali presupposti si basano gli argomenti di Ze-none contro il movimento e la molteplicità? 65b

8. Sotto quali aspetti Melisso arricchisce la spe-culazione di Parmenide sull’essere? 66a

DOMANDE DI VERIFICA

Zenone difende la dottrina di Parmenide dal paradosso che nega contro ogni evi-denza il molteplice e il movimento; anzi la radicalizza eliminando la terza via che la-scia una parvenza di verità al mondo sensibile. Il metodo elaborato da Zenone è la dimostrazione dialettica, la quale prova la ve-rità di una tesi dimostrando la falsità dell’antitesi.Le argomentazioni contro il movimento si fondano sul cosiddetto argomento del-la dicotomia (ogni tratto di spazio può essere suddiviso in due tratti e così via al-l’infinito).Le argomentazioni contro la molteplicità si basano sull’argomento dell’infinitamen-te grande e dell’infinitamente piccolo (ogni corpo può essere diviso in infinite par-ti: se queste hanno una dimensione, il corpo sarà infinitamente grande; se le par-ti non hanno dimensione, sarà infinitamente piccolo).

Melisso descrive l’eternità dell’essere con la formula della durata infinita (“sempreera e sempre sarà”).Melisso corregge la concezione parmenidea della finitudine dell’essere (che im-plicitamente introduceva la nozione di non-essere o vuoto come limite), affer-mandone l’infinitudine e l’assoluta unicità. Nega la divisibilità dell’essere e la suacorporeità.Anche Melisso elimina la via dell’opinione plausibile e riduce la conoscenza alla viadella assoluta verità, delineando una concezione tutta positiva dell’essere, laddoveParmenide aveva soprattutto espresso che cosa l’essere non può essere.

segue

ZENONE

La dimostrazionedialetticaContro il movimento

Contro la molteplicità

MELISSO

Le caratteristichedell’essere

L’eliminazione della terza via

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I fisici pluralisti

Dopo la riflessione di Parmenide sull’essere non è più pos-sibile individuare un solo principio che, attraverso il muta-mento, conduca alla molteplicità. Del resto, però, non è ac-cettabile neanche la tesi della scuola eleatica (la cosiddetta“aporia eleatica”, cioè contraddizione) che interpreta il mon-do sensibile, diveniente e mutevole, come assoluto non es-sere, dal momento che ciò è in contrasto con quanto atte-stano i sensi. Il problema di fondo della speculazione dei fi-sici pluralisti è, quindi, quello di tener fermo il principioparmenideo sull’essere (“l’essere è e non può non essere”)e, al tempo stesso, “salvare i fenomeni” nella loro molte-plicità e nella loro possibilità di essere oggetto di una cono-scenza rigorosa. Pertanto i pluralisti postulano l’esistenza dipiù principi, che in sé mantengono le caratteristiche del-l’essere parmenideo, ma mescolandosi danno luogo allamolteplicità delle cose; il che equivale a dire che l’essereè costitutivamente e originariamente molteplice.

EmpedocleNato ad Agrigento nel sec. V a.C., è il primo dei filosofi plura-listi, autore di un poema Sulla natura e di un Carme lustra-le. Si dedica al problema di risolvere l’aporia eleatica e, co-me tutti i filosofi pluralisti, concepisce il nascere e il morirenon più alla stregua di un passaggio dall’essere al non essere,come pretendevano gli eleati, ma come un aggregarsi o di-sgregarsi delle quattro radici, o elementi (l’aria, l’acqua, laterra e il fuoco), ciascuno dei quali è considerato indistrutti-

Le contraddizionidella scuola di Elea

Il problema di fondodei fisici pluralisti

La molteplicità dei principi

I quattro principi-elementi

12 I fisici pluralisti:Empedocle e Anassagora

Si chiamano pluralisti quei filosofi che, a differenza degli autori della scuola di Mileto, ritengono insufficiente un unico principio per spiegare la realtà e ricorrono a una molteplicità di principi, che unendosi e separandosi, ma non modificandosi nella propria natura, danno vita al divenire delle cose sensibili. Empedocle parla di quattro radici, o elementi, e Anassagora di un’infinità di semi o principi, detti omeomerie.

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bile, eterno e inalterabile, allo stesso modo dell’essere di Par-menide. Questi elementi sono messi in moto da due forzecosmiche antagoniste – l’amore, o amicizia, e la contesa, odiscordia – che tendono rispettivamente a unire e separaregli elementi. Si crea così un movimento ciclico, regolato daldestino, che si evolve dallo sfero (fase in cui prevale in ma-niera totale l’amore) al caos (fase in cui prevale assolutamentela contesa), passando attraverso la tappa intermedia del co-smo (fase di relativo predominio della contesa). In Empedocle si trovano anche tracce di una teoria della co-noscenza, concepita come un processo di tipo fisico-na-turale: nell’uomo essa si fonda sull’impatto degli effluvi, pro-venienti dalle cose, sugli organi di senso e sul successivo ri-conoscimento degli elementi presenti in questi effluvi daparte degli elementi consimili presenti in noi, secondo ilprincipio che il simile conosce il simile proprio di tutti gliesseri (ai quali si estende così la capacità di conoscere).

AnassagoraNasce a Clazomene (Ionia) nel 500 circa a.C. e muore nel 428circa a.C. a Lampsaco (Asia Minore), dove si era rifugiato do-po essere stato espulso da Atene con l’accusa di empietà. Nel-la sua opera, scritta in prosa e probabilmente intitolata Sullanatura, cerca la soluzione all’aporia eleatica prospettando l’e-sistenza di un infinito numero di principi (detti “semi”) aven-ti “forme colori e gusti di ogni genere”, chiamati in seguitoomeomerie (letteralmente: realtà che nella suddivisione dan-no sempre parti qualitativamente identiche). Questa conce-zione ammette che in ogni cosa sono comprese tutte le qua-lità (da cui la celebre formula: “tutto è in tutto”) allo scopo dispiegare in maniera non contraddittoria il divenire, e in parti-colare il nascere e il morire, come sviluppo di qualità intrin-seche agli enti e non come il crearsi o l’annichilirsi di qualitànuove o vecchie. A dare movimento alle omeomerie e a de-terminarne la composizione e la scomposizione, Anassagorapone un’intelligenza divina separata dal cosmo: il Nôus (“lapiù sottile e la più pura di tutte le cose”), che, nonostante lasua essenza razionale ed eminente, non avrebbe avuto altrocompito che imprimere un movimento di rotazione al mon-do, da cui sarebbe meccanicamente derivato il processo di for-mazione dell’universo. Anassagora elabora anche una teoriadella conoscenza, che considera, al pari di Empedocle, un pro-cesso fisico-naturale, ma guidata dal principio della differen-za (e non della somiglianza) fra qualità contrarie (o semi) deicorpi che vengono a contatto negli organi di senso.

69

Le forze cosmicheantagoniste: amore e contesa

Lo sferoe il caos

Il cosmo

La teoria della conoscenza

Le omeomerie

“Tutto è in tutto”

Il Nôus, o intelletto

La teoria della conoscenza

12 - I fisici pluralisti: Empedocle e Anassagora

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12 - I fisici pluralisti: Empedocle e Anassagora

Il problema fondamentale della speculazione dei fisici pluralisti è quello di tenerfermo il principio parmenideo sull’essere e, al tempo stesso, salvare i fenome-ni. Postulano perciò l’esistenza di più principi, che in sé mantengono le caratte-ristiche dell’essere parmenideo, ma mescolandosi danno luogo alla molteplicitàdelle cose.

Empedocle concepisce il nascere e il morire non come un passaggio dall’essere alnon essere (come fanno Parmenide e la scuola di Elea), ma come un aggregarsi odisgregarsi di quattro principi-elementi (l’aria, l’acqua, la terra e il fuoco). Ogni ele-mento è considerato indistruttibile, eterno e inalterabile, allo stesso modo dell’es-sere di Parmenide.

I principi-elementi sono messi in moto da due forze cosmiche antagoniste, l’amo-re (o amicizia) e l’odio (o discordia), che tendono rispettivamente a unire e sepa-rare gli elementi.

Lo sfero è la fase in cui prevale in maniera totale l’amore, il caos quella in cui pre-vale assolutamente l’odio; il cosmo è la tappa intermedia, caratterizzata da un re-lativo predominio dell’odio.

Empedocle elabora anche una teoria della conoscenza, intesa come un processodi tipo fisico-naturale e guidata dal principio che il simile conosce il simile.

Anassagora cerca la soluzione all’aporia eleatica prospettando l’esistenza di un in-finito numero di principi (detti “semi”), chiamati in seguito omeomerie. In ogni co-sa sono comprese tutte le qualità (“tutto è in tutto”): in questo modo si può spie-gare il divenire come sviluppo di qualità intrinseche agli enti e non come il crearsio l’annichilirsi di qualità nuove o vecchie.

A determinare la composizione e la scomposizione delle omeomerie è un’intelli-genza divina separata dal cosmo, il Nôus, in greco intelletto. Anassagora elaboraanche una teoria della conoscenza, considerata un processo fisico-naturale, maguidata dal principio della differenza.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA MOLTEPLICITÀDEI PRINCIPI

EMPEDOCLE E I QUATTROPRINCIPI-ELEMENTI

Le forze che muovono il mondo: amore e odio

Le fasi della storia del mondo

La teoria della conoscenza

ANASSAGORAE LE INFINITE OMEOMERIE

Il Nôus

1. Qual è il problema di fondo affrontato dai fisicipluralisti? 68a

2. Come Empedocle risolve l’aporia eleatica? 68b3. Come Anassagora risolve l’aporia eleatica? 69a

4. Che cos’è il Nôus di Anassagora? 69b5. Come è spiegata la conoscenza umana da Em-pedocle e da Anassagora? 69

DOMANDE DI VERIFICA

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Leucippo e Democrito

Di Leucippo, vissuto nel sec. V a.C., ritenuto fondatore del-la scuola atomista abbiamo scarse notizie, al punto che qual-cuno ha messo persino in dubbio la sua esistenza. Il suo pen-siero, tuttavia, può essere assimilato a quello del suo disce-polo Democrito (Abdera circa 460-370 a.C.): di lui ci sonopervenute più sostanziose testimonianze e la sua dottrina sidistingue a malapena da quella del maestro. Sotto il nomedi Democrito, infatti, sono finiti numerosissimi scritti – giun-ti a noi solo per frammenti – che probabilmente raccoglie-vano l’intero corpus di opere degli atomisti, comprese quel-le di Leucippo. Per superare il monismo (la realtà spiegatacon un unico principio) della scuola eleatica, Democrito at-tribuisce a principi infiniti di numero le caratteristiche del-l’essere eleatico, e in particolare l’immutabilità, l’omoge-neità e l’indivisibilità: proprio per la loro indivisibilità que-sti infiniti principi sono chiamati atomi (che in greco signi-fica indivisibili). Gli atomi costituiscono il pieno e, insiemeal vuoto, sono il fondamento del cosmo e sono caratteriz-zati solo da connotazioni quantitative (estensione, figura,ordine, posizione), essendo di per sé privi di qualità (da cuila loro omogeneità): per la loro struttura, perciò, non pos-sono essere percepiti con i sensi, ma colti solo con l’intel-letto. Invece le differenze qualitative, riscontrabili nelle co-se sensibili, sono il risultato delle diverse combinazioni diqueste connotazioni quantitative. Proprio questa indiffe-

Leucippo, fondatoredell’atomismo

Democrito

Gli atomi

Gli atomi hanno solo caratteristichequantitative

Le differenzequalitative delle cose sensibili

13 L’atomismo: Leucippo e Democrito

L’atomismo rappresenta un ulteriore e originale tentativo di soluzione dell’aporia eleatica. Partendo dal riconoscimento di un fondamento molteplice di tutte le cose, gli atomisti elaborano una interpretazione meccanicistica e quantitativa della realtà. Infatti gli elementi primi e “indivisibili”, gli atomi, si muovono a caso e si distinguono solo per la quantità e la forma geometrica,non possedendo in alcun modo delle qualità. L’antichità ha conosciuto due versioni dell’atomismo: quella formulata da Leucippo e Democrito e quella, di un secolo e mezzo posteriore, che costituisce la fisica di Epicuro.

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13 - L’atomismo: Leucippo e Democrito

renziazione qualitativa rende gli atomi, rispetto ai princi-pi degli altri fisici pluralisti, più vicini all’essere parmeni-deo, in sé indifferenziato e omogeneo. Gli atomi sono ori-ginariamente dotati di movimento vorticoso e, di conse-guenza, non hanno alcuna causa sovraordinata che li muo-va. È proprio il movimento degli atomi a causarne l’aggre-gazione e la disgregazione e quindi a determinare il nasce-re e morire delle cose: viene dunque esclusa qualunque fi-nalità, interna o esterna alla natura, e affermato un radicalemeccanicismo. Democrito formula inoltre una dottrina dell’anima che, puressendo anch’essa di natura atomica, viene concepita comeprincipio di vita, preminente rispetto al corpo; una gno-seologia, che afferma la superiorità della conoscenza intel-ligibile rispetto a quella sensibile e la spiega in termini mec-canicisti, sulla base del contatto degli effluvi atomici sui sen-si e sul riconoscimento degli atomi simili da parte degli ato-mi simili che sono in noi; un’etica, che privilegia i piaceridell’anima rispetto a quelli del corpo e la ricerca della tran-quillità interiore, moderando le passioni ed esercitando lavirtù della temperanza. Politicamente Democrito nutrì sen-timenti democratici e cosmopolitici.

Il movimento degli atomi e il meccanicismo

La dottrinadell’anima, la gnoseologia,l’etica

In senso filosofico generale è una concezione che spiega la realtà,intesa in senso materiale, soltanto tramite il movimento locale deicorpi. Una spiegazione di tipo meccanicistico della totalità del rea-le è già presente nell’atomismo di Democrito e degli epicurei.Esteso anche alla componente psichica dell’essere umano (l’ani-ma), il meccanicismo veniva a essere una forma di materialismo,volta anche a negare qualsiasi spiegazione che ponga un fine al-la realtà. È però molto più tardi, con la rivoluzione scientifica del‘600, che il meccanicismo diviene programmaticamente la teoriaesplicativa della natura, intesa come un ordine oggettivo e un in-sieme di relazioni di fatti, comprensibili soltanto in senso deter-ministico, cioè in base al principio di causalità (per il quale, in unaconnessione fra due fatti, uno viene considerato causa dell’altro).In età contemporanea gli sviluppi delle scienze, la fisica elettro-magnetica, la teoria del “campo” e la fisica quantistica hanno lar-gamente dimostrato l’insostenibilità del modello meccanicisticodi spiegazione della realtà.

CHE COS’ÈIL MECCANICISMO

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Anche l’atomismo rappresenta un tentativo di soluzione dell’aporia eleatica: par-tendo dall’individuazione di infiniti principi senza differenze qualitative, ma solo quan-titative, propone una interpretazione meccanicistica e quantitativa della realtà.

Di Leucippo abbiamo scarse notizie: il suo pensiero, tuttavia, può essere assimila-to a quello di Democrito, suo discepolo, sotto il cui nome sono finiti numerosissimiscritti, che probabilmente raccoglievano tutte le opere scritte dagli atomisti.

Democrito attribuisce a principi infiniti di numero, gli atomi, le caratteristiche del-l’essere eleatico: l’immutabilità, l’omogeneità e l’indivisibilità (in greco, atomo signi-fica indivisibile).

Gli atomi, che insieme al vuoto costituiscono il fondamento del cosmo, sono carat-terizzati solo da connotazioni quantitative (estensione, figura, ordine, posizione). Ledifferenze qualitative riscontrabili nelle cose sensibili sono il risultato delle diversecombinazioni di queste connotazioni quantitative. Gli atomi, perciò, possono essereconosciuti solo dall’intelletto e non dai sensi.

Gli atomi sono dotati di movimento per loro origine e non hanno così bisogno di al-cuna causa sovraordinata che li muova.

È il movimento degli atomi a causarne l’aggregazione e la disgregazione e quindi adeterminare il nascere e morire delle cose.

Democrito formula una dottrina dell’anima, di natura atomica, concepita come prin-cipio di vita, preminente rispetto al corpo.

Elabora anche una gnoseologia – fondata sulla superiorità della conoscenza intelli-gibile rispetto a quella sensibile e spiegata in termini meccanicisti – e un’etica, cheprivilegia i piaceri dell’anima rispetto a quelli del corpo.

SCHEMA RIASSUNTIVOL’ATOMISMO COMESUPERAMENTO DELL’APORIAELEATICA

LEUCIPPO E DEMOCRITO

GLI ATOMI COME PRINCIPIO

LA NATURA QUANTITATIVADEGLI ATOMI E LE DIFFERENZEQUALITATIVE DELLE COSESENSIBILI

IL MOVIMENTO DEGLI ATOMI

IL MECCANICISMO

LA DOTTRINA DELL’ANIMA

LA GNOSEOLOGIA E L’ETICA

1. Come risolvono gli atomisti l’aporia eleatica?71b

2. Che cosa sono gli atomi? 71b3. Come vengono spiegate le differenze qualita-tive dei fenomeni? 71b

4. Quali sono le differenze fra gli atomi e i princi-pi postulati dai fisici pluralisti precedenti l’ato-mismo? 72a

5. Come viene spiegata la conoscenza umana?72b

DOMANDE DI VERIFICA

13 - L’atomismo: Leucippo e Democrito

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La sofistica

Si possono individuare sette caratteri dominanti della sofi-stica (il nome deriva da sophía: sapienza, in quanto coloroche la professano si proclamano “sapienti”).1. I sofisti colgono il momento di crisi della filosofia della na-tura, che non trova alcun accordo sui principi di fondo, espostano l’asse tematico della filosofia dallo studio del co-smo a quello dell’uomo, come essere individuale e comemembro della società (interpretando così l’evoluzione sto-rica di molte città-stato, e in particolare di Atene, con l’a-scesa della classe popolare).2. Dal punto di vista metodologico sostituiscono il metododeduttivo (che da una proposizione generale “deduce” gliaspetti particolari) con quello induttivo (che costruisce laproposizione generale a partire dagli aspetti particolari),prestando una particolare attenzione all’esperienza e all’os-servazione dei fatti umani.3. Alla conoscenza, pertanto, attribuiscono finalità prati-che, di conoscenza morale, e non più teoretiche, di specu-lazione sulla natura e sull’essere.4. Questa prospettiva pratica si traduce per lo più in un im-pegno educativo e pedagogico, rivoluzionario perché tesoa insegnare la virtù (areté), che fino ad allora era ritenutaereditaria e non insegnabile.5. I sofisti si qualificano come educatori professionisti,maestri di virtù, che pretendono un compenso per le loroprestazioni.6. I sofisti sono portatori di un ideale panellenico, di per sé

Sette caratteridominanti

1. Il problemadell’uomo

2. Il metodoinduttivo

3. Le finalitàpratiche

4. L’impegnoeducativo e pedagogico

5. Educatoriprofessionisti

6. L’ideale panellenico

14 I sofistiLa sofistica è una corrente di maestri di retorica, filosofia e politica,sviluppatasi in Grecia nel V secolo a.C. Essa portò a una radicale modificadel concetto tradizionale di filosofia, che divenne una professionee il cui oggetto non fu più il vero sapere, ma la capacità espressiva e argomentativa di far prevalere certe tesi rispetto ad altre. Il movimento sofistasi divide in tre fasi: quella dei padri fondatori (Protagora, Gorgia, Prodico),quella dei sofisti politici (Crizia, Trasimaco, Callicle), che fecero uso della dialettica per costruirsi nella Atene democratica un potere personale e assoluto, e quella dell’eristica (l’arte di vincere le controversie).

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innovativo, perché non si sentono legati a una data pólis eviaggiano di città in città in tutto il mondo greco.7. Infine, il decisivo carattere della sofistica può essere iden-tificato nell’uso spregiudicato della ragione, rivolto alla cri-tica di ogni istituzione, convenzione e anche dogma filosofi-co che non sia completamente fondato. Il risultato di questaloro attitudine è un prevalente relativismo in ambito etico,conoscitivo e culturale (il bene e il male, il vero e il falso nonsono ritenuti assoluti, poiché i valori che presiedono alle di-verse civiltà umane sono i più disparati) e un’attitudine uti-litaristica (solo la ricerca dell’utile per sé e per la pólis puòragionevolmente guidare l’azione umana).

ProtagoraNasce ad Abdera agli inizi del sec. V a.C.; viaggia a lungo, fer-mandosi soprattutto ad Atene, dove è amico dello statistaPericle e del tragediografo Euripide. La sua attività suscita leantipatie dei conservatori ateniesi e un’accusa di empietà edi ateismo che lo costringe all’esilio. È il fondatore della so-fistica e il suo nome è legato al principio del relativismo,che egli formula in questi termini: “l’uomo è misura di tut-te le cose, di quelle che sono per ciò che sono e di quel-le che non sono per ciò che non sono”. Con questo Pro-tagora intende dire che ogni singolo uomo è il criterio pergiudicare le cose e che, pertanto, non esiste alcun principioassoluto e autonomo a cui rapportare la realtà, come ave-vano creduto tutti filosofi prima di lui. Così al sapiente – cioèal sofista – non tocca il compito di scoprire i fondamenti sta-bili delle cose (sui quali non è lecito pronunciarsi), bensìquello di rendere “più forte il discorso più debole”, ossiadi rendere più vero (o più buono o più bello) ciò che al mo-mento appare meno vero, esattamente come fanno gli av-vocati nei processi. Questa arte, di cui Protagora è maestro,è detta “antilogia”. Tuttavia, il suo uso non è lasciato al ca-priccio di chi se ne serve, ma trova sostanzialmente un li-mite nel fatto che essa ha come fine l’utile, che, in quantotale, non viene ritenuto relativo, ma è considerato razional-mente e oggettivamente determinabile in modo assoluto inrelazione alle circostanze date. In questo senso Protagoranon rinuncia al concetto virtù, ma l’intende in una accezio-ne nuova, fondata sull’utile e non sul bene: il sofista è ap-punto colui che possiede e insegna la virtù dell’accortezza,cioè del saper scegliere ciò che è utile per sé e per la pólisin dati momenti. Perciò anche la sapienza cambia di segnoperché può essere appresa e insegnata: appartiene a tutti

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7. L’usospregiudicato dellaragione (relativismo e utilitarismo)

Vita

“L’uomo è misura di tutte le cose”

L’arte dell’antilogia

L’utile come virtù

La nuova sapienza

14 - I sofisti

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quelli che sanno riconoscere ciò che è utile e ciò che è dan-noso nei vari campi, ma in grado sommo essa tocca al sofi-sta, in quanto conosce l’utile di tutti, cioè della pólis. Prota-gora applica il relativismo anche in teologia, esponendo unaforma di agnosticismo che non ha precedenti nella filoso-fia greca: riguardo agli dei, infatti, l’uomo non ha la possibi-lità di accertare “né che sono né che non sono”.

GorgiaNasce a Lentini (Sicilia) nel sec. V a.C. e, inviato ambascia-tore ad Atene, fa fortuna come maestro di retorica. Sofista,è considerato il fondatore del nichilismo. In senso genera-le il suo obiettivo polemico è l’ontologia della scuola di Elea,come dimostrano le tre proposizioni che caratterizzano ilsuo pensiero: 1. nulla esiste; 2. se anche esistesse non sa-rebbe conoscibile; 3. e se anche fosse conoscibile non sa-rebbe esprimibile. Gorgia dimostra che nulla può esistere a partire dalla con-statazione che se l’essere, in quanto principio, si manifestanelle forme antitetiche elaborate dai filosofi precedenti, si-gnifica che non esiste. La non conoscibilità dell’essere siprova semplicemente mostrando che si possono pensare co-se non esistenti e poi generalizzando questa constatazione atutti i contenuti di pensiero. La non esprimibilità dell’esse-re si regge sul fatto che, per Gorgia, la parola non ha la ca-pacità di significare qualcosa che sia altro da sé. Da questeposizioni derivano le seguenti conseguenze:1. non c’è possibilità di fondare un’etica assoluta, e dunqueci si deve accontentare di un’etica della situazione, in cuile norme e i doveri variano secondo le condizioni sociali ecronologiche;2. la parola non è più veicolo di verità (poiché è altro dallarealtà e dal pensiero) ma di suggestione e di persuasione:in tal senso cresce il valore della retorica, che sostituisce intoto la filosofia;3. l’arte acquista una piena autonomia rispetto alla filosofiae persegue finalità proprie (la mozione dei sentimenti).

ProdicoProdico di Ceo (sec. V a.C.) conquista fama in Atene per l’in-venzione della “sinonimica”, arte che insegna a individuareed esprimere tutte le sfumature dei termini e farne un profi-cuo uso nelle assemblee e nei tribunali. In filosofia sostieneuna forma di utilitarismo che non si limita all’etica (la virtù è

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14 - I sofisti

Il relativismoteologico

Fondatore del nichilismo

Nulla esiste, nulla sipuò conoscere, nullasi può esprimere

L’etica della situazione

La parola strumentodi persuasione

L’autonomia dell’arte

L’arte della sinonimica

L’utilitarismo

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più utile al conseguimento del bene-felicità rispetto al piace-re), ma coinvolge anche la teologia, perché gli dei vengonoconcepiti come una proiezione di fenomeni utili all’uomo.

La corrente naturalisticaIppia di Elide (fine sec. V a.C.) è il fondatore della corren-te naturalistica, che introduce per la prima volta in filosofiail problema dell’essenza della legge. Infatti contrappone ilnómos, la legge positiva stabilita dagli uomini associati, allaph�ysis, la legge naturale che riguarda ogni essere umano inquanto tale: più importante è la legge naturale perché ca-pace di promuovere l’unità e la solidarietà fra gli uomini. Lalegge positiva è invece puramente convenzionale e tende adividere e contrapporre gli uomini e gli Stati. Antifonte (sec. V a.C.) radicalizza ulteriormente questa op-posizione, deducendone una concezione ugualitaria (è lanatura, nell’unico criterio dell’utile e del piacere, che rendegli uomini uguali) e cosmopolita.

I sofisti politici e l’eristicaI sofisti politici, appartenenti alla seconda generazione del-la sofistica, riprendono la tematica etico-politica sgancian-dola da qualunque riferimento morale e proponendo solu-zioni estreme e radicali. Crizia (sec. V a.C.) interpreta la re-ligione come strumento di controllo, elaborato dai primilegislatori per meglio dominare le masse ignoranti. Trasi-maco di Calcedonia (seconda metà del sec. V a.C.) consi-dera la forza come l’unico criterio dell’agire sociale, dal mo-mento che la virtù è intesa come l’utile del più forte. Estre-mizzando ulteriormente, Callicle arriva a sostenere che ègiusto che i più forti opprimano i più deboli e si conce-dano il soddisfacimento di ogni piacere.Con l’eristica (arte di vincere le controversie riuscendo a so-stenere qualsiasi tesi a prescindere da ogni criterio di verità),tipica dell’ultima fase, la sofistica perde ogni spessore filoso-fico e si riduce a pura arte dialettica e confutatoria con l’u-nico scopo di attrarre l’attenzione e la lode di un pubblicoamante delle contese e dei confronti verbali. Lo strumentodell’erista è soprattutto il dilemma che mette l’interlocutore,in qualsiasi modo si esprima, in condizione di scacco matto.In queste due ultime correnti, che portano alle estreme con-seguenze l’autonomia del lógos criticando valori e creden-ze, si manifesta la debolezza della sofistica, incapace di ela-borare nuove regole di convivenza e nuovi valori.

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14 - I sofisti

Ippia di Elide

Antifonte

Crizia

Trasimaco di Calcedonia

Callicle

L’eristica

La debolezza della sofistica

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14 - I sofisti

I sofisti spostano l’asse tematico della filosofia dallo studio del cosmo a quello del-l’uomo.Sostituiscono il metodo deduttivo con quello induttivo con particolare attenzioneall’esperienza e all’osservazione dei fatti umani.Si pongono finalità pratiche, impegnandosi a livello educativo e pedagogico, inse-gnando la virtù (areté), fino ad allora ritenuta ereditaria e non insegnabile. Pertan-to si qualificano come educatori professionisti, pretendendo un compenso per leloro prestazioni.Con un uso spregiudicato della ragione, criticano ogni istituzione, convenzione edogma filosofico, ottenendo una prospettiva relativistica in ambito etico, conosci-tivo e culturale e un’attitudine utilitaristica.Protagora è il fondatore della sofistica e il suo nome è legato al principio del rela-tivismo etico, che egli formula così: “L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle chesono per ciò che sono e di quelle che non sono per ciò che non sono”. Al sapiente(sofista) non tocca quindi il compito di scoprire i fondamenti stabili delle cose, maquello di rendere “più forte il discorso più debole”.La virtù è fondata sull’utile e non sul bene: il sofista è colui che possiede e insegna lavirtù dell’accortezza, di saper scegliere ciò che è utile per sé e per la pólis in determi-nati momenti.Gorgia è considerato il fondatore del nichilismo. Il suo obiettivo polemico è l’onto-logia della scuola di Elea come dimostrano le sue tre proposizioni: 1. nulla esiste;2. se anche esistesse non sarebbe conoscibile; 3. e se anche fosse conoscibile nonsarebbe esprimibile. Da queste posizioni derivano tre conseguenze: 1. non c’è possibilità di fondare un’e-tica assoluta; 2. la parola non è più veicolo di verità ma di suggestione e di per-suasione; 3. l’arte acquista una piena autonomia, perseguendo finalità proprie (lamozione dei sentimenti).Prodico inventa la sinonimica, arte che insegna a individuare ed esprimere tutte lesfumature dei termini e a farne un proficuo uso nelle assemblee e nei tribunali.Ippia il fondatore della corrente naturalistica, contrappone il nómos, la legge posi-tiva stabilita dall’uomo, alla ph�ysis, la legge naturale, ritenendo quest’ultima piùimportante. Antifonte radicalizza ulteriormente questa opposizione e ne deduce una concezio-ne ugualitaria e cosmopolita degli uomini.I sofisti politici, appartenenti alla seconda generazione della sofistica, riprendonola tematica etico-politica sganciandola da qualunque riferimento morale.Con l’eristica, tipica dell’ultima fase, la sofistica perde ogni spessore filosofico e siriduce a pura arte dialettica e confutatoria, a prescindere dal contenuto di veritàdelle tesi sostenute.

SCHEMA RIASSUNTIVOFILOSOFIA DELL’UOMO, NON DELLA NATURA

METODO INDUTTIVO

IL SOFISTA, EDUCATOREPROFESSIONISTA

USO SPREGIUDICATODELLA RAGIONE

PROTAGORAE IL RELATIVISMO ETICO

L’utile come virtù

GORGIA E IL NICHILISMO

PRODICO E L’ARTEDELLA SINONIMICA

IPPIA E LA CORRENTENATURALISTICA

ANTIFONTE

I SOFISTI POLITICI

L’ERISTICA

1. Come si modifica la filosofia con la sofistica?74a

2. Qual è la tesi principale di Protagora? 75a3. Perché Gorgia è considerato il fondatore del ni-

chilismo? 76a4. Qual è la novità della corrente naturalistica? 77a5. Perché con i sofisti politici e l’eristica si parla di

debolezza della sofistica? 77b

DOMANDE DI VERIFICA

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La vita e la “questione socratica”

Socrate nasce ad Atene nel 470 a.C. Trascorre tutta la vita adAtene (al contrario dei sofisti che si spostavano di città incittà), dedicandosi alla filosofia e frequentando ogni generedi persona, dai popolani ai potenti. Sempre integerrimo neisuoi interventi politici, si inimica le fazioni che si contendo-no il potere ad Atene e nel 399 a.C. viene processato conl’accusa di empietà e di corruzione dei costumi dei giovani.Condannato a morte, rifiuta ogni proposta di fuga per ri-manere fedele alle leggi della città. Affronta la morte per av-velenamento parlando di filosofia con gli amici più cari.Con il termine “questione socratica” si designa il problemadi determinare il contenuto del pensiero di Socrate, che sce-glie di non scrivere nulla, ritenendo la filosofia una ricercaincessante, legata al dialogo con diversi interlocutori, e nonun’esposizione sistematica di una dottrina o di una teoria.Prendendo in considerazione tutte le fonti disponibili (Ari-stofane, Platone, Senofonte, Aristotele, socratici minori) emettendole in reciproca relazione si può tracciare un profi-lo della sua dottrina, secondo la prospettiva etico-antropo-logica, teologica e dialettico-metodologica.

Antropologia ed eticaL’interesse di Socrate è rivolto, come per i sofisti, all’uomoe al suo comportamento e assume un atteggiamento anti-tradizionalista e razionalista che pone nel soggetto il crite-rio di verità. Diversamente dai sofisti, però, la filosofia perSocrate non è semplicemente una tecnica al servizio dell’u-tile, ma deve perseguire la verità, ponendosi finalità etichedi tipo universale, cioè valevoli per tutti gli uomini. Pertan-

La vita

La questionesocratica

La scelta dell’oralità

Le fonti indirette

15 Socrate e le scuole socraticheL’insegnamento di Socrate ha inciso a tal punto sul pensiero filosofico da guadagnargli un posto di prim’ordine nella storia della filosofia.D’altra parte, proprio il carattere innovativo e provocatorio del suo pensiero gli causa una tale ostilità, all’interno della società ateniese, da costargli una condanna a morte per ateismo e corruzione dei giovani. Anche questafine drammatica, quasi fosse una testimonianza estrema alla sua fede nella filosofia, contribuisce ad accrescerne la fama e a farne quasi un mito.

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to Socrate ricerca, fin dall’inizio, un aspetto della natura del-l’uomo (fondamento antropologico) che giustifichi ognipossibile etica e politica. Questo fondamento Socrate lo tro-va nel concetto di anima (psyché), intesa come l’io consa-pevole e la personalità morale e intellettuale. Da ciò deriva tutta la morale socratica e innanzitutto l’impe-gno dell’uomo a riconoscere con esattezza quale sia la propriaessenza (cioè a “conoscere se stesso”), per curarla e poten-ziarla. La morale socratica, allora, si riduce a una cura dell’a-nima-intelligenza attuata attraverso la conoscenza. Conse-quenzialmente Socrate riduce tutte le virtù alla sola cono-scenza e al sapere: l’autodominio è concepito come il domi-nio della ragione sugli istinti; la libertà come una fuga dallepassioni; l’autarchia come l’affermazione che la ragione e lavirtù bastano da sole a guidare l’uomo e, in una nuova di-mensione interiore, a dare la felicità (in greco: eudaimonía).Certamente, questo privilegio concesso alla ragione finiscecon l’attenuare il ruolo della volontà, vincolando l’agire uma-no a una sorta di determinismo logico, che porta a conclusio-ni paradossali, come quella che afferma che nessuno pecca vo-lontariamente, o che basta conoscere il bene per metterlo inatto. Questa forma di intellettualismo dipende dall’identifica-zione dell’anima con l’intelligenza e della virtù con la scienza.

La teologiaSenofonte nei Detti memorabili di Socrate riassume la pro-va dell’esistenza di Dio formulata da Socrate in questi ter-mini: ciò che non è opera del caso postula una causa intel-ligente, con particolare riguardo al corpo umano che ha unastruttura organizzata non casuale. Per questa sua originel’uomo è ritenuto superiore a tutti gli altri animali ed è og-getto dell’interesse di Dio, come si deduce anche dalla pos-sibilità di conoscere i suoi progetti sull’uomo ricorrendo al-l’arte della divinazione. Va notato che il Dio socratico (in-teso come intelligenza finalizzatrice) è una sorta di eleva-zione a entità assoluta della psyché umana. Il “demone”socratico, invece, è quella voce interiore che gli suggeriscetutto ciò che va evitato per realizzare la propria missione.

La dialetticaIl metodo di ricerca di Socrate è detto ironico-maieutico esi basa sul dialogo che tende a “mettere a nudo” l’anima,per poi farle partorire il sapere. Proclamandosi ignorante,Socrate finge di assumere le posizioni dell’avversario e poi

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15 - Socrate e le scuole socratiche

Il fondamentoantropologico:l’anima

La morale socratica

L’intellettualismo

Il ruolo della volontà

La provadell’esistenza di Dio

Il Dio e il “demone”di Socrate

L’ironia

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con una ferrea confutazione le riduce all’assurdo. A tal pun-to, se l’interlocutore riconosce il proprio errore ed è dispo-nibile ad apprendere, Socrate, attraverso la maieutica (let-teralmente, arte ostetricia), fa emergere le conoscenze la-tenti in ogni uomo e lo rende virtuoso. Socrate, quindi, nonpretende di essere detentore di un sapere definito, ma siritiene un ostetrico dell’anima, capace di far partorire leanime gravide di scienza.

Le scuole socraticheSono le scuole fondate dagli immediati discepoli di Socra-te, detti anche “socratici minori”, per sottolineare la pro-spettiva unilaterale secondo cui rendono il messaggio delmaestro. La scuola cinica è fondata da Antistene (Atene secc. V-IVa.C.), che del messaggio di Socrate coglie soprattutto l’invi-to alla libertà, intesa come liberazione dell’anima da tutte leforme di dipendenza dalla realtà esterna e dalla soggezioneagli appetiti e ai piaceri che legano l’anima al corpo. Questolo porta a un’etica nella sostanza asociale e individualisti-ca e a proporre uno stile di vita che rinuncia a ogni mollez-za, propugnando il valore formativo della fatica.La scuola cirenaica, fondata da Aristippo (Cirene secc. V-IVa.C.), è caratterizzata da una forte coloritura edonistica. Ari-stippo trasforma la non-condanna del piacere del maestro inuna sua totale rivalutazione, al punto da fare del piacere le-gato al corpo e all’istante il fine dell’etica. Il sapiente, allora,deve ricercare un giusto dosaggio dei piaceri e una corri-spondente fuga dai dolori e dalle responsabilità, fonti di af-fanno, non ultima la responsabilità nei confronti della propriacittà, in nome di un ideale cosmopolitico.La scuola megarica è fondata da Euclide (secc. V-IV a.C.),che tenta una sintesi originale fra l’ontologia eleatica, iden-tificando il sommo bene con l’Uno e negando il divenire ela molteplicità, e la morale socratica. Infatti, trasportandoin campo etico il monismo della posizione eleatica, nega l’e-sistenza del male, che non è una realtà indipendente ma èsolo ignoranza del bene, e proclama l’assolutezza del Bene.Il sapiente, allora, conduce una vita libera dalle occupazio-ni per i beni contingenti e tende esclusivamente alla realiz-zazione del Bene-Uno.La scuola di Elide è fondata da Fedone, uno dei più celebrima meno originali discepoli di Socrate, di cui radicalizza l’in-tellettualismo, sottolineando l’onnipotenza dell’intelletto edella conoscenza in ambito morale.

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15 - Socrate e le scuole socratiche

La maieutica

I “socratici minori”

La scuola cinica

La scuola cirenaica

La scuola megarica

La scuola di Elide

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15 - Socrate e le scuole socratiche

1. Perché si parla di “questione socratica”? 79a2. Quali sono le analogie e le differenze fra Socra-

te e i sofisti? 79b3. Qual è il fondamento dell’antropologia di So-

crate? 80a

4. In che cosa consiste la morale socratica? 80a5. Qual è la concezione teologica di Socrate? 80b6. Che cos’è il metodo ironico-maieutico? 80b7. Come i discepoli di Socrate rielaborano il pen-

siero del maestro? 81

DOMANDE DI VERIFICA

La questione socratica consiste nel problema di determinare il contenuto del pen-siero di Socrate, che sceglie di non scrivere nulla; uniche fonti sono quanto ripor-tato da Aristofane, Platone, Senofonte, Aristotele e dai socratici minori.

Come per i sofisti, l’interesse di Socrate è rivolto all’uomo e al suo comportamen-to ma, diversamente dai sofisti, la filosofia per Socrate non è una tecnica al servi-zio dell’utile, deve perseguire la verità e porsi fini etici universali.

Socrate trova un fondamento antropologico dell’etica e della politica nel concettodi anima (psyché: l’io consapevole e la personalità morale e intellettuale).

Tutte le virtù vengono ridotte alla sola conoscenza e al sapere con un’attenuazio-ne del ruolo della volontà che porta a conclusioni paradossali (come “nessuno pec-ca volontariamente” o “basta conoscere il bene per attuarlo”).

Per Socrate la prova dell’esistenza di Dio si basa sull’esistenza di un evidente fina-lismo nel mondo; Socrate concepisce perciò Dio come intelligenza finalizzatrice delmondo.

Il demone socratico è quella voce interiore che suggerisce a Socrate tutto ciò cheva evitato per realizzare la propria missione.

Il metodo socratico è detto ironico-maieutico e si basa sul dialogo, in cui Socrate,fingendosi ignorante, “mette a nudo” l’anima dell’avversario, per poi farle partori-re il sapere, proprio come un “ostetrico dell’anima”.

La scuola cinica, fondata da Antistene, radicalizza l’invito socratico alla libertà, in-tesa come liberazione dell’anima dalla realtà esterna, dagli appetiti e dai piaceri.La scuola cirenaica, fondata da Aristippo, è caratterizzata da una forte colorituraedonistica perché la non-condanna socratica del piacere si trasforma in una suatotale rivalutazione, al punto da farne il fine dell’etica.La scuola megarica, fondata da Euclide, tenta una sintesi originale fra l’ontologiaeleatica e la morale socratica.La scuola di Elide, fondata da Fedone, radicalizza l’intellettualismo socratico, sot-tolinenando l’onnipotenza dell’intelletto e della conoscenza in ambito morale.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA “QUESTIONE SOCRATICA”

SOCRATE E I SOFISTI

IL FONDAMENTO ANTROPOLOGICODELL’ETICA E DELLA POLITICA

LA MORALEINTELLETTUALISTICADI SOCRATE

LA TEOLOGIA SOCRATICA

IL “DEMONE” SOCRATICO

L’IRONIA E LA MAIEUTICA

LE SCUOLE SOCRATICHEMINORI

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Vita e opere

Platone nasce ad Atene nel 427 a.C. Della sua vita con cer-tezza sappiamo poco. Nel 399 a.C., dopo la morte di So-crate, suo maestro, si reca con altri socratici a Megara. Nel388 a.C. si reca in Sicilia, ospite di Dionigi I a Siracusa. Nel367 a.C. e poi ancora nel 361 torna a Siracusa, dove regnaDionigi II. I rapporti con questi tiranni sono pessimi, han-no momenti addirittura drammatici, e i suoi intenti di rea-lizzare un progetto politico che rispecchi le sue concezio-ni filosofiche falliscono per intero. Al ritorno dal primoviaggio in Italia fonda ad Atene l’Accademia, dove si radu-nano gli ingegni più brillanti dell’epoca (filosofi, matema-tici, astronomi e medici) e le cui finalità sono quelle dicreare i futuri reggitori della Città, sulla base della cono-scenza del Bene supremo. Tutte le opere di Platone ci sono pervenute e sono sta-te ordinate già dai grammatici antichi in nove tetralo-gie, ossia in nove gruppi di quattro sulla base degli ar-gomenti in essi trattati: I) Eutifrone, Apologia di So-crate, Critone, Fedone; II) Cratilo, Teeteto, Sofista, Po-litico; III) Parmenide, Filebo, Simposio, Fedro; IV) Al-cibiade maggiore, Alcibiade minore, Ipparco, Aman-ti; V) Teagete, Carmide, Lachete, Liside; VI) Eutidemo,Protagora, Gorgia, Fedone; VII) Ippia maggiore, Ip-pia minore, Ione, Menesseno; VIII) Clitofonte, Repub-blica, Timeo, Criza; IX) Minosse, Leggi, Epinomide,Lettere.

La vita

Le opere

16 PlatonePlatone è uno dei massimi rappresentanti della filosofia. A lui, infatti, si deve la scoperta del mondo soprasensibile, o mondo delle Idee, che per la prima volta viene indagato e messo a fuoco in maniera esclusivamenterazionale. Platone, come Socrate, di cui fu l’allievo più brillante, concepiscela filosofia come ricerca da svilupparsi mediante la discussione razionalefra più interlocutori: di fatto tutte le sue opere sono in forma di dialoghi, nel tentativo di riprodurre per iscritto le dinamiche della dialettica orale, ma le scoperte speculative più importanti e definitive sono affidate oralmente al dialogo con i suoi allievi più dotati. Queste ultime costituiscono le “dottrine non scritte”, recentemente riscoperte e rivalutate dagli interpreti.

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Oralità e scritturaLa comprensione del pensiero di Platone non è facile, perquanto i suoi scritti sembrino in larga misura comprensi-bili, perché egli non affida alla scrittura i suoi messaggifilosofici nella loro interezza. Platone vive in un momen-to in cui si sta compiendo una rivoluzione culturale se-gnata dalla vittoria della scrittura nel suo conflitto con laparola detta, l’oralità. Nella tradizione antica era l’oralità ilmezzo di comunicazione preminente rispetto alla scrittu-ra. Socrate, maestro di Platone, aveva affidato esclusiva-mente alla relazione personale e dialettica il suo messag-gio e in lui l’oralità raggiunge i suoi vertici conclusivi. Platone tenta una mediazione fra le due culture: si con-vince che la scrittura può avere un ruolo di rilievo, ma inogni caso non decisivo e non ultimativo. Il filosofo puòmettere molte cose per iscritto, ma non quelle che perlui sono “di maggior valore”. Queste non le scrive nei ro-toli di carta, ma nelle anime dei discepoli opportunamen-te scelti. Lo scritto da solo non sa scegliere i suoi interlo-cutori, non sa difendersi da chi lo attacca e quindi ha sem-pre bisogno del soccorso del suo autore, che nella di-mensione dell’oralità porta quei supporti concettuali chelo scritto non può da solo avere. Nella Lettera VII Platone,inoltre, ribadisce in modo categorico che un suo scrittosui principi primi e supremi (ossia su quelle cose che perlui sono “di maggior valore”) non c’è e non ci sarà mai.

La teoria delle IdeeÈ anche agli scritti, comunque, che Platone affida in largamisura la propria scoperta speculativa centrale: la teoriadelle Idee. La scoperta del mondo delle Idee è in sostan-za la scoperta della dimensione dell’essere intelligibilesoprasensibile. Da sempre gli uomini hanno creduto checi sia o che ci possa essere qualcosa al di là del sensibile,ma Platone per la prima volta imposta e risolve il proble-ma in modo rigorosamente razionale. I concetti elaboratidai filosofi presocratici, i “fisici”, non risolvono affatto i pro-blemi che si sono posti (per quale motivo le cose si pro-ducono, esistono e si dissolvono) e quindi non sanno spie-gare il “perché” delle cose. Gli elementi fisici ai quali fan-no appello non sono la vera causa delle cose, ma la con-causa, ossia lo strumento di cui si avvale la vera causa, chedunque deve stare al di là del fisico. Se, per esempio, sivuole spiegare la ragione per cui una cosa è bella, non ci

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16 - Platone

Il conflittofra scritturae oralità

La mediazioneplatonica

La scoperta del soprasensibile

La vera causa è al di là del fisico

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16 - Platone

si può limitare alle componenti fisiche (bellezza del colo-re, della forma e così via,) ma si deve risalire all’Idea delBello, che quella cosa in vario modo attua e le cui conno-tazioni corrispondono a quelle del Bene stesso.

I principi primi e l’intelligenza suprema: Uno, Diade e DemiurgoLe molteplici cose sensibili si possono spiegare solo ri-portandole all’unità di un’Idea corrispondente, che perpartecipazione le fa essere appunto ciò che sono. Ma leIdee stesse sono molteplici, sia pure a un livello del tut-to differente dalle cose sensibili; e per Platone il moltepli-ce non spiega mai se stesso e ha bisogno perciò struttu-ralmente di essere riportato all’unità. Di conseguenza di-venta necessaria quella teoria dei principi primi e supre-mi che Platone ha sviluppato nelle sue dottrine non scrit-te, ossia nella dimensione dell’oralità dialettica. I principiprimi e supremi sono l’Uno (che coincide con il Bene) ela Diade indefinita di grande e piccolo. La Diade è prin-cipio di molteplicità: ciò da cui deriva la differente realtàdelle cose e, a livello sensibile, il divenire, compreso il ma-le. Di conseguenza tutta la realtà a tutti i livelli ha una strut-tura bipolare, ossia è una “mescolanza” di due principi, l’U-no e la Diade secondo giusta misura. Nel Filebo, l’Uno vie-ne presentato nella sua funzione di limite e la Diade co-

La molteplicitàdelle Idee

Le dottrine non scritte

L’Uno e la Diade

Il termine “idea”è già presente in Democrito, per il quale è la for-ma geometrica indivisibile e invisibile, ma intelligibile, dell’atomo.A partire da Platone passa a indicare l’oggetto di una visione o in-tuizione intellettuale, perché indica l’interiore forma qualitativae la struttura metafisica, o essenza, delle cose. Le Idee in Pla-tone sono l’essere nella sua intelligibilità, pienezza, immutabilità,unità. Nei dialoghi della giovinezza, il termine è strettamente le-gato al metodo dialettico di Socrate; nei dialoghi della maturità,l’idea è invece concepita come un’essenza separabile dalla co-sa sensibile, una realtà soprasensibile indipendente anche dal-lo spirito che la pensa. Per Plotino le Idee sono la sostanza pen-sante in cui oggetto dell’intelligenza e intelligenza coincidono. Es-se costituiscono la molteplicità degli esseri intelligibili e la molte-plicità di spiriti (intelletti). Nel pensiero cristiano le Idee rimango-no in Dio come oggetti eterni del suo pensiero, ma assumono al-tresì la funzione di paradigmi della creazione: con Agostino, il luo-go delle Idee è ormai la ragione o l’intelligenza divina e più pre-cisamente il Verbo di Dio, mediante il quale egli crea e conoscese stesso. Sarà solo a partire da Cartesio che il termine assumeràl’odierno significato di “contenuto di pensiero”.

I SIGNIFICATIDEL TERMINE IDEANELLA FILOSOFIA

ANTICA

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me illimite: l’essere è dunque un misto di limite e illi-mite. Le Idee sono tali da sempre e per sempre. Invece ilmondo fisico in generale è tale solo per l’intervento di unacausa efficiente, ossia dell’intelligenza suprema del De-miurgo, una figura mitologica che simbolizza la funzionerazionale ordinatrice della realtà. In altri termini, il De-miurgo cerca di calare nella realtà fisica i modelli del mon-do ideale, in funzione delle figure geometriche e dei nu-meri. Gli enti matematici sono perciò gli enti intermedi-mediatori che permettono all’intelligenza demiurgica ditrasformare il principio caotico del mondo sensibile in co-smo ordinato; essi dispiegano l’unità nella molteplicità infunzione dei numeri e quindi producono ordine e porta-no all’essere tutte le cose come immagini dei modelli idea-li. Siccome il Demiurgo è la migliore delle cause possibili,questo cosmo non può che essere il migliore possibile.

Dottrina dell’amore, politica ed eticaIn Platone la dottrina dell’amore è strettamente collega-ta alla ricerca dell’Uno, che a livello sensibile si manifestacome Bello: la figura mitologica di Eros è un demone me-diatore, intermedio tra bruttezza e bellezza, tra sapienza eignoranza, figlio di Penia (Povertà) e di Poros (Espedien-te): Penia è un’immagine della Diade, in quanto mancan-za e privazione del Bene e del Bello; Poros è invece un’im-magine della tensione verso il Bene e il Bello che coinci-dono con l’Uno. Platone afferma nel Simposio che amare(a tutti i livelli) consiste nel “fare, da due, uno”. Dato checi sono vari livelli di unità (fisica, spirituale, assoluta), Pla-tone instaura una scala di amore, i cui gradini (amore perun corpo, amore per tutti i corpi, amore per l’anima, amo-re per tutte le anime, amore per le leggi, amore per le scien-ze, amore per le Idee) corrispondono a una progressivaascesa verso la metempirica Idea del Bello che coincidecon l’Uno-Bene. Analogamente, il vero politico deve fare ordine il più pos-sibile nello Stato, riducendo a tutti i livelli la molteplicità aunità: la città buona sarà quindi quella in cui prevale l’u-nità; la città cattiva sarà invece quella in cui predominanola molteplicità e il disordine a essa connesso. Anche dal punto di vista morale individuale il bene e lavirtù consistono, in ultima analisi, nel fare ordine inte-riore, ossia portare unità nelle molteplici e disordinate for-ze del nostro animo. Nella Repubblica questa coinciden-za fra dimensione individuale della morale e quella collet-

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16 - Platone

Il Demiurgo

Gli enti matematici

Il mito di Eros

La scala dell’amore

Il vero politico

Il bene e la virtù

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tiva della politica trova la sua massima espressione nel di-segno della città-stato ideale, articolata in tre classi distin-te (i governanti-filosofi, i guardiani, i produttori-artigiani)a cui corrispondono le tre parti dell’anima razionale, ira-scibile e concupiscibile.

Reminiscenza e sorti dell’animaSul problema della conoscenza Platone elabora due nuo-vi concetti:1. la conoscenza come “reminiscenza”, ossia come ricor-do che, partendo dalle percezioni sensibili che sono im-magini delle Idee, ci permette di riavvicinarci alle Idee me-desime, che da sempre la nostra anima possiede avendo-le contemplate prima di venire sulla Terra e poi dimenti-cate entrando nel corpo;2. la formulazione del concetto di dialettica come meto-do che procede secondo due vie in parte parallele e in par-te convergenti: la via “sinottica” (che guarda insieme), chepartendo dalla molteplicità delle cose sensibili sa perveni-re all’unità dell’Idea che le raccoglie insieme; la via “diai-retica” (in greco: divisiva), che divide l’Idea generale nel-le sue articolazioni particolari fino a giungere all’ultimaIdea non ulteriormente divisibile. L’essenza delle cose e laconoscenza del Bene si raggiungono proprio proseguen-do per queste vie in modo sistematico. Platone cerca altresì di dimostrare, per primo, l’immorta-lità dell’anima, mostrando, nel Fedone, come essa debbaessere dello stesso genere delle Idee, dal momento che leconosce; e se è simile alle Idee, come le Idee dovrà essereincorruttibile. Le sorti dell’anima sono cicliche: essa vie-ne premiata o punita a seconda della vita condotta sulla ter-ra; e in tempi determinati si reincarna (metempsicosi). L’a-nima che ha conosciuto la Verità non solo ha vantaggi inquesta vita, ma anche nella scelta del modello di vita chedovrà fare quando giungerà il tempo di reincarnarsi. E dun-que la conoscenza della Verità salva per sempre.

Gli sviluppi del pensiero di PlatoneL’Accademia, fondata da Platone e i suoi discepoli e suc-cessori, Speusippo e Senocrate, continua sulla scia del suopensiero fino al 268-64 a.C., data in cui Arcesilao (v. a p.105) inaugura il periodo degli accademici scettici, che du-ra fino alla fine del sec. II a.C. Successivamente, con An-tioco di Ascalona la scuola assume un indirizzo eclettico

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16 - Platone

La città-stato ideale

La conoscenzacome reminiscenza

La dialettica

L’immortalitàdell’anima

L’Accademiascettica

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16 - Platone

(v. a p. 107), tentando una conciliazione con l’aristotelismoe lo stoicismo. In seguito all’impatto con la cultura giudai-co-alessandrina (Filone d’Alessandria, v. a p. 118), fra lametà del sec. I a.C. e l’inizio del sec. III d.C., fiorisce il me-dioplatonismo (Albino, Attico, Plutarco di Cheronea, Nu-menio di Apamea, Massimo di Tiro e Celso), che accentuala componente religiosa dell’Accademia antica: l’Uno èDio, le Idee sono i “Pensieri di Dio” e il Demiurgo è Dioche plasma la materia preesistente. Il pensiero platonicoviene poi ripreso nei secc. III-IV d.C. dalle scuole neo-platoniche (v. cap. 20), che elaborano una sistematizza-zione del platonismo in una visione gerarchica del reale,utilizzando anche elementi della logica aristotelica, con-siderata propedeutica alla teologia platonica.

Il medioplatonismo

Il neoplatonismo

Platone non ha affidato alla scrittura i suoi messaggi filosofici nella loro interez-za e ha tentato una mediazione fra la cultura della scrittura e quella della tradi-zione orale. Il filosofo può mettere molte cose per iscritto, ma non quelle coseche per lui sono “di maggior valore”, che vengono trasmesse solo a discepoliopportunamente scelti.

Platone affida anche agli scritti la propria scoperta speculativa centrale: la teo-ria delle Idee.Con la scoperta del mondo delle Idee per la prima volta è identificata e impostatain modo rigorosamente razionale la dimensione dell’essere soprasensibile.L’Idea è l’oggetto di una visione intellettuale e indica l’interiore forma qualitativae la struttura metafisica, o essenza, delle cose: le molteplici cose sensibili si pos-sono spiegare solo riportandole all’unità di un’Idea corrispondente, che per par-tecipazione le fa essere ciò che sono (per esempio, le molte cose belle sono ta-li perché partecipano dell’Idea del Bello).

Ma anche le Idee stesse sono molteplici e vengono giustificate dalla teoria deiprincipi primi e supremi, che Platone sviluppa nelle sue dottrine non scritte.I principi primi e supremi sono due: l’Uno, (coincidente con il Bene), e la Diadedi grande e piccolo, che è principio di molteplicità da cui derivano la differenterealtà delle cose e, a livello sensibile, il divenire.

L’essere è un misto di limite e illimite: le Idee sono tali da sempre, mentre il mon-do fisico è tale solo per l’intervento di una causa efficiente, ossia dell’intelligen-za suprema della figura mitologica del Demiurgo.

La dottrina dell’amore è strettamente collegata alla ricerca dell’Uno, che a livel-lo sensibile si manifesta come Bello.

SCHEMA RIASSUNTIVOSCRITTURA E ORALITÀ

LA TEORIA DELLE IDEEE IL MONDO SOPRASENSIBILE

LA TEORIA DEI PRINCIPIPRIMI E SUPREMI

IL DEMIURGO

L’AMORE

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16 - Platone

Analogamente, il vero politico deve fare ordine il più possibile nello Stato, ripor-tando a tutti i livelli la molteplicità a unità.

Anche dal punto di vista morale individuale il bene e la virtù consistono nel fareordine interiore.

Nella Repubblica la città-stato ideale, articolata in tre classi distinte (i governan-ti-filosofi, i guardiani, i produttori-artigiani) corrisponde alla tripartizione dell’ani-ma in razionale, irascibile e concupiscibile.

La conoscenza è una forma di reminiscenza ossia è un ricordo stimolato dalle per-cezioni sensibili, immagini delle Idee, che ci permette di riavvicinarci alle Ideemedesime, da sempre nella nostra anima.

La dialettica è quel metodo che procede secondo la via sinottica (che componeinsieme) e la via diairetica (che divide), le quali insieme permettono di raggiun-gere l’essenza delle cose e la conoscenza del Bene.

Platone dimostra l’immortalità dell’anima, poiché è dello stesso genere delle Idee,dal momento che le conosce.

Le sorti dell’anima sono cicliche: viene premiata o punita a seconda della vitacondotta sulla terra e in tempi determinati si reincarna (metempsicosi).

L’Accademia scettica L’Accademia continua con i discepoli e successori di Platone, Speusippo e Se-nocrate, fino al 268-64 a.C., quando Arcesilao inaugura il periodo degli accade-mici scettici. Successivamente con Antioco di Ascalona la scuola assume un in-dirizzo eclettico.

Il medioplatonismo L’impatto con la cultura giudaico-alessandrina (sec. I a.C.-sec. III d.C.) porta almedioplatonismo, che accentua la componente religiosa dell’Accademia antica.

Il neoplatonismo Il pensiero platonico viene poi ripreso nei secc. II-IV d.C. dalle scuole neoplato-niche, che elaborano una sistematizzazione del platonismo in una visione ge-rarchica del reale.

szgue

IL VERO POLITICO

IL BENE E LA VIRTÙ

LA CITTÀ-STATO IDEALE

LA CONOSCENZACOME REMINISCENZA

LA DIALETTICA

L’IMMORTALITÀ DELL’ANIMA

IL CICLO DI REINCARNAZIONIDELL’ANIMA

IL PLATONISMO

1. Che rapporto instaura Platone fra parola dettae scrittura? 84a

2. Che cos’è la teoria delle Idee? 84b3. Cosa sono le Idee per Platone? 85a4. Perché Platone introduce la teoria dei principi

primi? 85b5. Che funzione ha il Demiurgo? 86a

6. Che ruolo ha nella filosofia platonica l’Eros?86b

8. Come è concepita la conoscenza umana? 87a9. Che cos’è la dialettica? 87a10. Come viene dimostrata da Platone l’immorta-

lità dell’anima? 87b

DOMANDE DI VERIFICA

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Vita e opere

Aristotele nasce a Stagira nel 384 a.C. A diciassette anni en-tra nell’Accademia di Platone, ad Atene, dove rimane pervent’anni, cioè sino alla morte del maestro. Indi trascorre al-cuni anni ad Asso, poi a Mitilene e a Pella, sede della cortedi Macedonia, dove è precettore di Alessandro Magno sinoalla sua salita al trono. Tornato ad Atene nel 335, vi fonda una scuola nel Liceo (giar-dino dedicato ad Apollo), luogo noto perché comprendeuna passeggiata (in greco Perípato, da cui il nome di scuo-la peripatetica attribuito alla scuola aristotelica), dove tienecorsi di lezioni in tutte le discipline. Nel 323, morto Ales-sandro Magno, lascia Atene per mettersi al riparo da una ri-volta antimacedone e si reca a Calcide, nell’isola di Eubea,dove muore nel 322 a.C. Le sue opere sono divise tra quelle destinate alla pubblica-zione (essoteriche), che sono andate perdute (i dialoghi Eu-demo, Sulla filosofia, Sulla giustizia e altri), e i trattati auso esclusivo dei suoi scolari (le opere esoteriche). Questisono stati intitolati dall’editore Andronico di Rodi (sec. Ia.C.) che li ha pubblicati: Órganon (raccolta degli scritti dilogica: Categorie, Sull’interpretazione, Analitici primi,Analitici secondi, Topici, Elenchi sofistici); Fisica, Sul cie-lo, Sulla generazione e la corruzione, Meteorologia, Sul-l’anima, Piccoli trattati naturali, Storia degli animali,Sulle parti degli animali, Sulla generazione degli anima-li; Metafisica; Etica Nicomachea, Etica Eudemea, Grande

Discepolo di Platone

Fondazione del Liceo

Le opere

17 AristoteleAristotele è il più grande discepolo di Platone, con cui condivide il ruolo di massimo esponente del pensiero classico. Il pensiero aristotelico hainfluenzato in vario modo la storia della filosofia fino ai nostri giorni. A differenzadel maestro, che concentra i propri sforzi speculativi nell’indagine della realtàsoprasensibile, Aristotele si dimostra più fortemente interessato alla realtàsensibile, a cui dedica gran parte delle sue ricerche e dei suoi studi. Il punto di partenza della sua riflessione, infatti, può essere individuato nella critica alla concezione platonica delle Idee proprio per il carattere di astrattezza e di separatezza dal mondo reale di queste ultime: l’obiettivo di Aristotele è quello di “calare” il mondo soprasensibile nel mondo sensibile.

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etica, Politica; Retorica, Poetica. Aristotele è autore anchedi una raccolta di costituzioni, di cui è rimasta solo la Co-stituzione degli Ateniesi.

La logicaAristotele è considerato l’inventore della logica, concepi-ta come studio scientifico del pensiero quale si manifestanel linguaggio (lógos), inteso nei suoi elementi (termini,proposizioni e argomentazioni) e nelle leggi che ne regola-no l’uso. In continuità con Parmenide e Platone, Aristotelepresuppone una piena corrispondenza fra pensiero e realtà,per cui la sua riflessione sul linguaggio, naturalmente in con-tatto con le cose, è anche una riflessione sulle diverse for-me dell’esperienza. Nelle Categorie egli mostra che tutti i termini si ricondu-cono a dieci concetti generalissimi, non ulteriormente de-finibili, detti appunto “categorie” (predicati), ai quali cor-rispondono i dieci generi supremi degli enti: sostanza,quantità, qualità, relazione, luogo, tempo, stare, avere, fa-re, patire. La prima delle categorie, la sostanza indica ciòche è in sé, ossia ciò che sussiste indipendentemente da al-tro, mentre le altre categorie indicano ciò che è in altro,cioè gli aspetti che le sostanze possono avere o non averesenza, con ciò, modificare la propria identità e per questosono detti anche “accidenti”. Sia le sostanze sia gli accidentipossono essere individuali o universali: le sostanze indivi-duali sono dette “sostanze prime”, mentre quelle univer-sali sono dette “sostanze seconde”. Negli Analitici primi Aristotele illustra il sillogismo, defini-to come il ragionamento, o l’argomentazione, che, poste dueproposizioni (premesse), ne deduce una terza (conclusio-ne), diversa da esse e derivante necessariamente da esse. Af-finché si abbia un autentico sillogismo, è necessario che lepremesse abbiano in comune un termine, detto medio, ilquale funge da soggetto nell’una e da predicato nell’altra eche la conclusione congiunga gli altri due termini, detti estre-mi: per esempio, tutti gli uomini (medio) sono mortali (pri-ma premessa), gli ateniesi sono uomini (seconda premes-sa), dunque gli ateniesi sono mortali (conclusione). Negli Analitici secondi Aristotele espone la sua teoria del-la scienza, cioè della conoscenza fondata su dimostrazio-ni, e spiega che la dimostrazione è un sillogismo le cuipremesse sono vere, o perché sono principi evidenti diper se stessi, o perché sono la conclusione di precedentidimostrazioni.

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Le categorie

La sostanza e gli accidenti

Il sillogismo

La teoriadella scienza

17 - Aristotele

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Nelle altre opere di logica (Topici ed Elenchi sofistici) egliillustra la dialettica, che non coincide più con il metodo stes-so del filosofare, come in Platone, ma è la tecnica di argo-mentare in una discussione e di vagliare le opinioni corren-ti per mezzo di confutazioni. La confutazione è l’argomen-tazione con cui, da premesse concesse dal proprio interlo-cutore, si deduce una conclusione contraddittoria rispettoalla tesi da lui sostenuta.

La fisica e la cosmologiaNel sistema aristotelico la logica ha uno scopo introduttivoe funzionale allo studio della realtà, che si articola in tregruppi di discipline: 1. le scienze poietiche, cioè l’insiemedelle arti e delle tecniche finalizzate alla produzione di og-getti; 2. le scienze pratiche, etica e politica, relative al com-portamento umano e al suo fine, cioè il bene; 3. le scienzeteoretiche, le uniche propriamente scientifiche, che hannoper oggetto un sapere disinteressato e che, a loro volta, sisuddividono in scienze della natura, matematica e “filoso-fia prima” o metafisica.Nella Fisica Aristotele definisce la natura come l’insieme ditutte le realtà mutevoli che hanno in se stesse, o nella lorospecie, la causa del proprio mutamento. Il mutamento, ca-ratteristica fondamentale della natura, implica tre condizio-ni o elementi: qualcosa che muta, cioè che passa da uno sta-to all’altro, detto “sostrato” o “materia”; qualcosa in cui il so-strato muta, cioè la “forma”, o configurazione o struttura,che esso assume in seguito al mutamento; e qualcosa a par-tire da cui esso muta, cioè l’iniziale mancanza di tale forma,detta “privazione”. La materia, prima di assumere la forma,è in “potenza” rispetto a essa, nel senso che ha la possibilitàdi assumerla e anche di non assumerla; la forma invece,quando viene assunta dalla materia, ne costituisce l’“atto”,cioè la piena realizzazione delle sue possibilità. Ogni muta-mento, pertanto, è un passaggio dalla potenza all’atto. Ilmutamento naturale, che le realtà appartenenti alla naturacompiono di per se stesse, è sempre diretto verso un fine(teleologismo), il quale consiste per le sostanze non viven-ti nel raggiungimento del loro “luogo naturale” e per le so-stanze viventi nella loro crescita e riproduzione. Ogni mu-tamento infine, sia naturale sia artificiale, richiede una cau-sa motrice, cioè un agente, un fattore che lo produca, il qua-le deve essere già in atto: per esempio, la generazione di unnuovo essere vivente richiede un genitore già adulto. Si dan-no così quattro tipi di cause, cioè di condizioni del muta-

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17 - Aristotele

La dialettica

La confutazione

La classificazionedelle scienze

La natura

La materia e la forma

L’atto e la potenza

Il mutamento

Le causedel mutamento

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mento: la materia, la forma, il fine e la causa motrice. L’universo, come risulta dai trattati Sul cielo e Sulla genera-zione e la corruzione, è formato dalla Terra (che è un corpodi forma sferica, contenente acqua, aria, terra e fuoco), col-locata al centro e immobile, e dai cieli, che sono sfere di ete-re (materia incorruttibile) e ruotano intorno alla Terra recan-do infissi gli astri ed è in se stesso finito, eterno e perfetto. Tutti i mutamenti che si verificano sulla Terra dipendono an-che dai mutamenti che si verificano nei cieli, cioè dai motidegli astri, i quali determinano l’alternarsi del caldo e delfreddo, del secco e dell’umido. I moti degli astri sono a lo-ro volta influenzati dal moto della sfera estrema delle stel-le fisse, quella che reca infisse le stelle e contiene l’interouniverso. Ogni sfera celeste deve essere mossa da una realtàimmobile, e quindi immateriale, perché non si può rinviareall’infinito la causa del suo movimento.

La psicologiaNel trattato Sull’anima Aristotele spiega che tutti gli esseriviventi hanno come forma e causa del loro movimento un’a-nima (psyché): nelle piante essa è principio delle funzioni ve-getative (nutrizione e riproduzione) e si chiama anima ve-getativa; negli animali è principio anche delle funzioni sen-sitive (percezione, desiderio e movimento locale) ed è l’ani-ma sensitiva; negli uomini è principio anche delle funzioniintellettive (pensiero e volontà) ed è l’anima intellettiva. La conoscenza umana ha inizio sempre dalla percezionedelle forme sensibili: all’interno di queste l’intelletto sco-pre le forme, cioè le essenze, le strutture intelligibili dei va-ri enti, mediante un processo complesso dal particolare algenerale, chiamato “induzione”. L’intelletto prima di ap-prendere le forme è in potenza rispetto a esse, ma nel mo-mento in cui le apprende si identifica in atto con esse. Chifa passare l’intelletto umano dalla potenza all’atto è un “in-telletto attivo”, in atto da sempre, che Aristotele dichiaraimmortale, anzi eterno, ma non identifica ulteriormente.

La metafisicaDopo aver scoperto che la natura richiede anche cause im-mobili, cioè immateriali (v. più sopra “I moti degli astri”), Ari-stotele concepisce il disegno di una scienza superiore alla fi-sica, la quale ricerchi le cause dell’intero essere, cioèdell’“ente in quanto ente”, e la chiama “filosofia prima”,esponendola nell’opera intitolata dagli editori Metafisica

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17 - Aristotele

L’universo

I moti degli astri

Anima vegetativa,sensitiva, intellettiva

La conoscenzaumana

L’intelletto attivo

La “filosofia prima”

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17 - Aristotele

(che significa “dopo la Fisica”). Aristotele anzitutto mostrache esistono dei principi logici, cioè delle leggi del pensie-ro, che sono anche leggi dell’essere, cioè valgono per tut-ti gli enti: il principio di non-contraddizione e quello delterzo escluso. Il primo afferma che è impossibile l’esistenza di enti con-traddittori, ossia aventi contemporaneamente e sotto lostesso aspetto caratteri opposti, e il secondo afferma che cia-scun ente deve avere o non avere un certo carattere, e nonsi dà una terza possibilità. Poi Aristotele esclude dalla sua in-dagine l’essere per accidente, cioè il verbo essere usato so-lo per indicare l’accadere di qualcosa a qualcos’altro, e con-centra la sua attenzione sull’essere per sé, cioè sul verbo es-sere usato per eprimere l’effettiva esistenza di una cosa. Egliscopre che quest’ultimo si dice in molti sensi, cioè significatanti modi di essere, o tanti generi di enti, quante sono lecategorie e scopre che tra queste la sostanza è la prima, per-ché è la condizione dell’essere di tutte le altre. Indagandoanzitutto la sostanza sensibile, oggetto della percezioneumana, Aristotele sostiene che è sempre composta da ma-teria e forma, anzi è l’unione inscindibile di entrambe (si-nolo), ma ciò che la fa essere sostanza, e quindi la sostanzanel senso primario, è la sua forma. Egli poi vede che la po-tenza e l’atto abbracciano tutti gli enti, e quindi sono i duemodi fondamentali dell’essere, ma l’atto precede la poten-za e quindi è l’essere nel senso primario. Un ultimo significato dell’essere che Aristotele studia è quel-lo in cui si usa il verbo essere per dire “è vero” e il verbo non

Le leggi del pensieroe dell’essere

Il significatodell’essere

La sostanzasensibile

Materia-formaSi tratta di una coppia di concetticorrelativi, perché la materia èil principio di indeterminazione,il sostrato comune che viene or-ganizzato e strutturato dal prin-cipio di determinatezza, o for-ma. La forma non è una sostan-za separata (come le Idee plato-niche), ma è l’essenza intrinse-ca, la sostanza fondamentaledelle cose sensibili. La coppiamateria-forma traduce, a livellofisico, la dottrina metafisica del-la potenza e dell’atto.

Potenza-attoÈ una coppia di concetti correla-tivi, perché la potenza è l’esserenella sua condizione imperfetta,cioè come possibilità non anco-ra realizzata, che tende all’attocome al suo fine specifico. L’attoè la forma perfetta di un ente cheha realizzato pienamente la pro-pria potenza.

SinoloÈ il composto di materia e forma,da cui risulta l’individuo concre-to o la sostanza individuale.

GLOSSARIO

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essere per dire “è falso”. A questo proposito egli distinguedue tipi di vero: la verità del discorso enunciativo, che con-siste nell’unire nel discorso ciò che è unito nella realtà, onel dividere con il discorso ciò che è diviso nella realtà (peresempio: il cane ha quattro zampe; i pesci non hanno lezampe); e la verità del concetto, che consiste nel coglieresolo con l’intelletto la forma, o l’essenza, di una cosa (peresempio: l’essenza dell’uomo è la razionalità). Mentre il di-scorso enunciativo può essere vero o falso, il concetto sec’è è vero, e se non c’è non si può dire che sia falso, ma so-lo che si ignora l’essenza della cosa.Infine nella Metafisica Aristotele dimostra che i motori del-le sfere celesti, per poterle muovere eternamente devonoessere sempre in atto, cioè devono essere puro atto, e quin-di immobili, e li identifica con l’atto del pensiero intuitivo,che è l’unico non implicante movimento. Poiché il pensareè una forma di vita, i motori immobili sono realtà viventi e,poiché sono puro atto, cioè sono pienamente realizzati enon mancano di nulla, sono beati; dunque, in quanto viventieterni e beati, sono veri e propri dei. Il primo tra essi è ilmotore della sfera estrema, cioè della sfera delle stelle fisse,che pensa anzitutto se stesso, perciò è “pensiero di pen-siero”, e ha diritto al titolo di Dio supremo.

L’etica e la politicaLa filosofia pratica è chiamata da Aristotele complessiva-mente “scienza politica”, in quanto il bene della pólis com-prende quello del singolo individuo. Essa contiene dunqueanche l’etica, che è la parte dedicata al bene del singolo. Nel-la sua maggiore opera di etica, l’Etica nicomachea, Aristo-tele mostra che il bene ultimo dell’uomo, cioè la felicità,consiste nell’esercizio abituale e perfetto della funzione chegli è propria, ossia consiste nella virtù. Ci sono tuttavia virtùetiche, che riguardano le funzioni della parte non razionaledell’anima e consistono nel giusto mezzo tra due vizi oppo-sti (per esempio: il coraggio, giusto mezzo tra viltà e teme-rarietà; la generosità, giusto mezzo tra avarizia e prodigalità),e virtù dianoetiche (dal greco dianóesis: pensiero), che ri-guardano le funzioni della parte razionale e sono fonda-mentalmente la saggezza e la sapienza. La saggezza (o pru-denza), è la virtù dianoetica che rende possibili le virtù eti-che, individuando nelle situazioni particolari il giusto mez-zo, ossia ciò che si deve fare; la sapienza invece consiste nel-l’esercizio della conoscenza come fine a se stessa e in essaè riposta la felicità suprema.

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17 - Aristotele

La verità enunciativa

La verità del concetto

I motori delle sferecelesti

Dio, “pensierodi pensiero”

L’etica

Virtù etiche

Virtù dianoetiche

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Nella Politica Aristotele definisce la pólis come la societàperfetta, cioè autosufficiente, nella quale l’uomo può rea-lizzare il vivere bene, la felicità. Essa è l’unione di più fami-glie e villaggi ed è una società naturale, come la famiglia, per-ché l’uomo è per natura un animale politico, cioè fatto pervivere nella pólis. La famiglia comprende, oltre ai genitori eai figli, anche gli schiavi, che a volte sono tali per natura, cioèperché non sanno governarsi da sé: essa perciò è una so-cietà di disuguali. La pólis invece è una società di liberi euguali (i capifamiglia), perciò deve avere un tipo di governodiverso da quello che è proprio della famiglia. L’ordine delle funzioni interne alla pólis, compresa quelladel governo supremo, è stabilito dalla costituzione, che puòessere monarchica (governo di uno), oligarchica (governodi pochi meritevoli) o democratica (governo del popolo,cioè degli uomini liberi). La costituzione migliore è quellaintermedia fra aristocrazia (governo dei migliori) e demo-crazia, detta politéia (cioè costituzione per eccellenza), incui la maggior parte dei cittadini sono in una situazione me-dia, cioè non sono né troppo ricchi né troppo poveri. Nellacostituzione migliore i cittadini governano a turno, per es-sere poi liberi di dedicarsi alle attività fini a se stesse in cuiconsiste la felicità.

La retorica e la poeticaAristotele ha studiato anche le arti, che secondo l’uso gre-co chiama “tecniche”.La retorica, o arte del fare discorsi persuasivi, di importan-za fondamentale nella vita sociale, comprende la capacità diben argomentare (dialettica), la conoscenza delle passioniumane, al fine di persuadere più efficacemente, e la rettitu-dine del carattere dell’oratore, che lo rende più credibile.La poetica, o arte di fare poesia, è superiore alla storia, per-ché tratta di casi non particolari ma universali e perciò si av-vicina alla filosofia. La poesia è definita come mimesi (imi-tazione) della vita e Aristotele ne distingue i vari generi, in-dicando il supremo nella tragedia, in grado suscitare pietà eterrore e, di conseguenza, di operare la catarsi, cioè la pu-rificazione dell’anima dalle passioni.

Gli sviluppi della scuola aristotelicaLa scuola aristotelica nella sua fase più antica è compostadai discepoli diretti di Aristotele: Teofrasto (suo successo-re nella direzione del Liceo), Eudemo di Rodi, Aristosse-

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17 - Aristotele

La politica

La costituzione

La retorica

La poetica

La fase più anticadel Liceo

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17 - Aristotele

no di Taranto, Dicearco di Messina, Clearco di Soli. A Teo-frasto succede Stratone di Lampsaco, il quale però ri-prende solo la fisica e dà origine a una fase di decadenzadella scuola. La scuola aristotelica si riprende nel sec. I a.C. a opera di An-dronico di Rodi, che pubblica per la prima volta i trattatiscolastici di Aristotele e rende possibile la nascita dei com-menti. Il più importante commentatore di Aristotele è Ales-sandro di Afrodisia (secc. II-III d.C.). Molte dottrine di Aristotele sono riprese dai neoplatoniciPlotino, Giamblico, Proclo e Porfirio (v. cap. 20), che cerca-no di conciliare Aristotele con Platone. In particolare, Porfi-rio scrive una famosa Isagoge (“introduzione”) e un com-mento alle Categorie di Aristotele, in cui pone per la primavolta il problema degli universali (v. a p. 125), su cui tantoavrebbe discusso la filosofia medievale cristiana.

I commenti alle opere di Aristotele

I neoplatonici

Aristotele è considerato l’inventore della logica, concepita come studio scientifico delpensiero quale si manifesta nel linguaggio (lógos), inteso nei suoi elementi (termini,proposizioni e argomentazioni) e nelle leggi che ne regolano l’uso.

Tutti i termini si riconducono a dieci concetti generalissimi, le categorie (predicati), acui corrispondono i dieci generi supremi degli enti: sostanza, quantità, qualità, rela-zione, luogo, tempo, stare, avere, fare, patire.

La sostanza indica ciò che è in sé, ossia ciò che sussiste indipendentemente da al-tro, mentre le altre categorie indicano ciò che è in altro e sono dette anche accidenti.

Il sillogismo è l’argomentazione in cui, poste due proposizioni (premesse), se ne de-duce una terza (conclusione), diversa da esse e derivante necessariamente da esse.

La teoria della scienza riguarda la conoscenza fondata su dimostrazioni: la dimostra-zione è un sillogismo le cui premesse sono vere, o perché sono principi evidenti di perse stessi, o perché sono la conclusione di precedenti dimostrazioni.

SCHEMA RIASSUNTIVO

ARISTOTELE E LA LOGICA

LE CATEGORIE

LA SOSTANZAE GLI ACCIDENTI

IL SILLOGISMO

LA TEORIA DELLA SCIENZA

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17 - Aristotele

Accanto alla logica Aristotele pone tre gruppi di discipline: 1. le scienze poietiche; 2.le scienze pratiche; 3. le scienze teoretiche, che si suddividono nelle scienze della na-tura, nella matematica e nella filosofia prima o metafisica.

La natura è l’insieme di tutte le realtà mutevoli che hanno in se stesse, o nella lorospecie, la causa del proprio mutamento.

Il mutamento implica tre condizioni o elementi: 1. qualcosa che muta, detto sostratoo materia; 2. qualcosa in cui il sostrato muta, cioè la forma o configurazione; 3. qual-cosa a partire da cui esso muta, detta privazione.

Ogni mutamento, pertanto, è un passaggio dalla potenza all’atto: la materia, prima diassumere la forma, è in potenza rispetto a essa; la forma invece, quando viene assun-ta dalla materia, ne costituisce l’atto, cioè la piena realizzazione delle sue possibilità.

Ogni mutamento richiede una causa motrice, cioè un agente che lo produca, il qua-le deve essere già in atto.Si danno quattro tipi di cause, cioè di condizioni del mutamento: la materia, la forma,il fine e la causa motrice.

Tutti i mutamenti che si verificano sulla Terra dipendono dai moti degli astri, e questi,a loro volta, dal moto della sfera estrema, quella che reca infisse le stelle e contienel’intero universo.

Aristotele spiega che le realtà viventi hanno come forma e causa del loro movimen-to un’anima (psyché): un’anima vegetativa nelle piante, principio delle funzioni vege-tative (nutrizione e riproduzione); un’anima sensitiva negli animali, principio anche del-le funzioni sensitive (percezione, desiderio e movimento locale); un’anima intelletti-va negli uomini, principio anche delle funzioni intellettive (pensiero e volontà).

La conoscenza umana ha inizio sempre dalla percezione delle forme sensibili: all’in-terno di queste l’intelletto scopre le forme, cioè le essenze, le strutture intelligibili deivari enti, mediante un processo complesso di induzione.

L’intelletto, a sua volta, prima di apprendere le forme, è in potenza rispetto a esse e chifa passare l’intelletto umano dalla potenza è un intelletto attivo, da sempre in atto.

La filosofia prima cerca le cause dell’intero essere, cioè dell’ente in quanto ente edè esposta nell’opera intitolata dagli editori Metafisica (che significa “dopo la Fisica”).

Esistono due principi logici, cioè delle leggi del pensiero che valgono per tutti gli enti,cioè sono anche leggi dell’essere: il principio di non-contraddizione e quello del terzoescluso.

Aristotele scopre che l’essere si dice in molti sensi quante sono le categorie, di cuila sostanza è la prima, perché è la condizione dell’essere di tutte le altre.La sostanza sensibile è l’unione inscindibile di materia e forma (sinolo), ma ciò che lafa essere sostanza è la sua forma.Anche la potenza e l’atto sono due modi fondamentali dell’essere, ma l’atto precedela potenza e quindi è l’essere nel senso primario.Un ultimo significato dell’essere è quello in cui si usa il verbo essere per dire “è ve-ro”: Aristotele distingue la verità del discorso enunciativo dalla verità del concetto.

segue

LA CLASSIFICAZIONEDELLE SCIENZE

LA NATURA

IL MUTAMENTO

L’ATTO E LA POTENZA

LA CAUSA DEL MUTAMENTO

I MOTI DEGLI ASTRI

L’ANIMA

LA CONOSCENZA UMANA

L’INTELLETTO ATTIVO

LA “FILOSOFIA PRIMA”

LE LEGGI DEL PENSIEROE DELL’ESSERE

I SIGNIFICATI DELL’ESSERE

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I motori delle sfere celesti, per poterle muovere eternamente, devono essere sem-pre in atto, cioè devono essere puro atto, e quindi immobili, e sono identificati conl’atto del pensiero intuitivo, che è l’unico non implicante movimento.

Il primo tra essi è il motore della sfera delle stelle fisse, che pensa anzitutto se stes-so, perciò è pensiero di pensiero, e ha diritto al titolo di Dio supremo.

L’etica ha come fine la felicità, che consiste nell’esercizio abituale e perfetto dellafunzione che è propria dell’uomo, ossia della virtù.

Ci sono virtù etiche, che riguardano le funzioni della parte non razionale dell’anima econsistono nel giusto mezzo tra due vizi opposti, e virtù dianoetiche, che riguardanole funzioni della parte razionale e sono fondamentalmente la saggezza e la sapienza.

La pólis è la società perfetta, cioè autosufficiente, nella quale l’uomo può realizzarela felicità, perchè l’uomo è per natura un animale politico.

L’ordine delle funzioni interne alla pólis è stabilito dalla costituzione, che può esseremonarchica (governo di uno), oligarchica (governo di pochi meritevoli) o democrati-ca (governo degli uomini liberi).La costituzione migliore è quella intermedia fra aristocrazia e democrazia, detta po-litéia (cioè costituzione per eccellenza), in cui la maggior parte dei cittadini sono inuna situazione media, cioè non sono né troppo ricchi né troppo poveri.

La retorica comprende l’arte di ben argomentare (dialettica), la conoscenza delle pas-sioni umane e la rettitudine del carattere dell’oratore, che lo rende più credibile.

La poesia è definita come mimesi, cioè imitazione, della vita ed è distinta in vari ge-neri, di cui la tragedia è il supremo.

segue

L’ATTO PURO

DIO “PENSIERO DI PENSIERO”

L’ETICA

LE VIRTÙ

LA POLITICA

MONARCHIA, OLIGARCHIA,DEMOCRAZIA

LA RETORICA

LA POESIA

1. Che cos’è la logica? 91a2. Che rapporto sussiste fra logica e “filosofia pri-

ma”? 94a3. Come si articola la ripartizione delle scienze

operata da Aristotele ? 92a4. Qual è la definizione di natura? 92a5. Che relazione intercorre fra la materia e la for-

ma e fra la potenza e l’atto? 92b

6. Da che cosa è costituito l’universo? 93a7. Che cosa indaga la “filosofia prima”? 93b8. Qual è la concezione di Dio di Aristotele? 95a9. Che differenza sussiste fra le virtù etiche e le

virtù dianoetiche? 95b10. Di che cosa si occupa la retorica? 96b

DOMANDE DI VERIFICA

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17 - Aristotele

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Epicuro e il compito della filosofia

Epicuro nasce a Samo nel 341 a.C. e nel 306-7 si trasferiscead Atene, dove rimane fino alla morte (270 a.C.) e dove fon-da la sua scuola, il Giardino, molto frequentata nonostantela contemporanea presenza dell’Accademia e del Liceo. Ilsuccesso del Giardino viene dalla concezione della filosofiadi Epicuro come ricerca della felicità e come “farmaco”contro la paura degli dei, della morte, del dolore. Dopola morte di Epicuro, il suo pensiero non viene più messo indiscussione o modificato e si organizza in una disciplina fer-missima, che non conosce un’evoluzione altrettanto varia econtrastata quanto quella delle altre due scuole ellenistichedello stoicismo e dello scetticismo.Il pensiero epicureo è sostanzialmente finalizzato alla mo-rale e si articola in tre sezioni specifiche: logica (detta “ca-nonica”); fisica; etica.

La vita

La filosofiacome ricercadella felicità

18 Le filosofie ellenistiche:epicureismo, stoicismo, scetticismo

L’età ellenistica, così definita perché caratterizzata da una diffusione pressoché universale della cultura greca, inizia con la morte di AlessandroMagno (323 a.C.), a cui segue, rapidamente, la sgretolazione dell’impero in realtà politiche diverse e, soprattutto in Grecia, caotiche, che portano definitivamente alla dissoluzione della pólis. L’uomo greco perde il suo senso di appartenenza alla vita pubblica, apparentemente dominata dal caso e dalla cattiveria degli uomini. Da cittadino, fortemente coinvolto nella gestione del bene pubblico, diventa individuo che, di fronte a un universo culturale sempre più instabile, si ripiega in se stesso alla ricerca di una felicità non minacciabile dai rivolgimenti esterni. Le filosofieellenistiche cercano di dare una risposta a queste esigenze elaborandospeculazioni di carattere pratico, che consentano al saggio di raggiungere la serenità e l’imperturbabilità in ogni circostanza, abbandonando la granderiflessione metafisica dell’età classica, perché troppo lontana dalla vitaquotidiana e inefficace dal punto di vista etico.

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� La logica epicureaLo strumento principale della conoscenza, e nel contempoil criterio della verità, è per Epicuro la sensazione, che è diper sé irrefutabile, sempre vera e oggettiva. L’oggettività di-pende dalla sua genesi fisica e cioè dal fatto che è il risulta-to dell’impressione sui sensi di flussi di atomi, che riprodu-cono le forme degli oggetti. Altri strumenti della conoscen-za sono le anticipazioni, o prolessi, consistenti nel ricordodi sensazioni passate, usate per anticipare sensazioni futuree nella sostanza corrispondenti ai concetti. Un terzo strumento è costituito dai sentimenti di piacere edi dolore, che possono intendersi come la risonanza inte-riore delle sensazioni e che stanno anche a fondamento del-l’etica. Epicuro nega alla conoscenza razionale (opinione)l’evidenza immediata propria della sensazione e quindi le ac-costa un criterio di valutazione coincidente con la ricercadella diretta verifica empirica, o almeno con la compatibilitàcon l’esperienza.

� La fisica epicurea Il mondo per Epicuro è formato di atomi e di vuoto.Gli ato-mi sono corpi indivisibili, infiniti di numero, connotati da fi-gura geometrica, peso e grandezza – e quindi privi di qua-lità –, strutturalmente dotati di moto. Il vuoto è invece dinatura incorporea e intangibile: la sua presenza serve solo agiustificare l’esistenza del moto. Il moto degli atomi è ver-ticale, dall’alto in basso, con una leggera deviazione dallaperpendicolare (detta clinamen) che permette agli atomidi incontrarsi fra loro e di generare il mondo, seguendo unalegge di aggregazione strettamente dipendente dalle loroforme geometriche e dalle masse. Il cosmo è formato da in-finiti mondi che si fanno e si disfano infinite volte. Per Epi-curo anche gli dei e l’anima sono costituiti di atomi, di na-tura speciale. Gli dei hanno forma analoga a quella degli uo-mini, ma si disinteressano alle vicende umane; l’anima ra-zionale viene privilegiata rispetto all’anima sensibile.

� L’etica epicureaEpicuro professa un’etica edonistica, cioè fondata sul pia-cere. Ma con ciò egli intende soprattutto quel genere di pia-cere in quiete (piacere catastematico) che trova la sua mas-sima espressione nell’assenza di dolore rispetto al corpo(aponia) e all’anima (atarassia). Non nega che anche ognialtro piacere sia un bene, ma fissa una gerarchia dei piace-ri fondata sulla maggiore o minore fatica che si dovrebbespendere per realizzarli. Il piacere dell’anima è ritenuto

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La sensazione

Le prolessi

Piacere e dolore

La conoscenzarazionale

Gli atomi

Il vuoto

Il moto degli atomi

Il cosmo, l’anima,gli dei

L’edonismo

Il piacerecatastematico

Il piacere dell’anima

18 - Le filosofie ellenistiche: epicureismo, stoicismo, scetticismo

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un’amplificazione di quello del corpo, quindi superiore aesso, ma non eterogeneo. È necessario ricercare una virtù(saggezza) capace di valutare e soppesare i singoli piacerie scegliere fra essi tenendo conto del grado di autarchia (ilnon-aver-bisogno-di-nulla per alimentarsi) e di assolutez-za (non essere suscettibile di aumento o diminuzione neltempo) di ciascun piacere. Questo criterio evidenzia la su-periorità del piacere catastematico, cioè della gioia cheviene dal sentirsi esenti da dolori: esso è appunto in som-mo grado autarchico e assoluto. La gerarchia dei piaceri pone così al vertice i piaceri na-turali e necessari (mangiare quando si ha fame, bere quan-do si ha sete), i quali vanno sempre perseguiti perché tol-gono il dolore del corpo. Al secondo posto pone i piacerinaturali e non necessari (per esempio, il mangiar bene) iquali sono concessi solo talvolta. Al terzo e ultimo posto sicollocano i piaceri non naturali e non necessari (per esem-pio, il desiderio di fama, ricchezza e potere), i quali non so-no mai leciti per il fatto che turbano la serenità (atarassia)dell’uomo e, non avendo in sé alcun limite e misura, sonoinsaziabili e lasciano l’uomo perennemente insoddisfatto.Su questi presupposti Epicuro sconsiglia l’impegno politi-co e invita a una vita nascosta e nella sostanza asociale (fat-ta eccezione per il vincolo dell’amicizia): egli considera lagiustizia e le istituzioni politiche, infatti, come forme inna-turali, fondate sulla ricerca del terzo tipo di piaceri, in as-soluto i più dannosi.

Lo stoicismoÈ la scuola filosofica ellenistica fondata ad Atene da Zenonedi Cizio (333-263 a.C.), sviluppata da Cleante (330-233 a.C.),portata a piena maturazione e sistematizzata da Crisippo(281-208 a.C.). Nei secc. II e I a.C. si parla di mediostoicismoperché lo stoicismo rinasce grazie a Panezio (185-110 a.C.)e Posidonio (135-51 a.C.), che attenuano certe asperità del-l’etica e assumono su molti punti posizioni eclettiche.La filosofia stoica si occupa di logica, di fisica e soprattuttodi etica e si fonda complessivamente sul concetto di lógos(ragione insita nelle cose), inteso come principio veritativoin logica, cosmologico in fisica e normativo in etica.

� La logica stoicaLa logica per gli stoici è divisa in dialettica e retorica; la dia-lettica si occupa sia dei modi in cui si forma la conoscenza,sia delle regole formali secondo cui si sviluppa il ragiona-

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18 - Le filosofie ellenistiche: epicureismo, stoicismo, scetticismo

La gerarchiadei piaceri

“Vivi nascosto”

I fondatori

Il mediostoicismo

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mento. L’anima è una tabula rasa che acquista le cono-scenze per l’impulso originario della sensazione, la quale siimprime sugli organi di senso e poi passa all’anima sotto for-ma di alterazione, o impronta materiale, dando luogo a unarappresentazione. L’anima giudica con la sua parte razio-nale ogni singola rappresentazione e dà il suo assenso soloa quelle che sono particolarmente chiare ed evidenti: si han-no così quelle che gli stoici chiamano rappresentazioni ca-talettiche (letteralmente: comprensive), le quali servono dabase per il processo intellettivo, che ha carattere universa-le. Gli stoici ammettono anche l’esistenza di anticipazioni,o “prolessi”, concepite come naturali concezioni degli uni-versali, innate nell’uomo.

� La fisica stoicaLa fisica stoica è materialista e si basa sull’ammissione di dueprincipi: uno attivo, il lógos, e uno passivo, la materia. Il ló-gos è inteso come fuoco, o pneuma (soffio caldo), ossia co-me principio naturale vivificatore del mondo (essendo la vi-ta legata al calore), ma anche come la forma delle cose, cioècome il principio che rende conoscibili, e dunque in sé ra-zionali, le cose. Questa doppia valenza del lógos determinaalcune conseguenze importanti:1. il mondo, poiché è costituito e retto dal fuoco-lógos, su-birà ciclicamente una distruzione per conflagrazione, e poisi riformerà sempre identico infinite volte;2. il cosmo è paragonabile a un grande vivente in cui tuttele parti sono solidali;3. il lógos (ragione), in quanto insito nelle cose, domina ogniavvenimento, sicché da un lato tutto è razionale, dall’altrotutto è rigidamente determinato;4. il lógos stesso si configura come principio divino e quin-di determina una chiara concezione panteistica.

� L’etica stoica Il principio su cui si basa la morale stoica è detto “primoistinto” e corrisponde all’istinto di autoconservazione, percui ogni vivente ricerca ciò che giova alla sua natura e fuggeciò che le nuoce. Siccome l’uomo è essenzialmente lógos,cioè ragione, egli dovrà ricercare quello che incrementa lapropria ragione, e cioè la scienza, e fuggire quello che la dan-neggia, cioè l’ignoranza. Il bene e il male, la virtù e il viziovengono pertanto definiti in termini di scienza e ignoranza(intellettualismo etico), riproponendo così quella che eral’essenza del pensiero di Socrate. Inoltre gli stoici riduconoil piacere a una pura eventuale manifestazione della virtù;

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18 - Le filosofie ellenistiche: epicureismo, stoicismo, scetticismo

L’anima e la sensazione

La rappresentazione

Le rappresentazionicatalettiche

Le prolessi

Il lógos-fuoco

Il “primo istinto”

Il bene è scienza,il male ignoranza

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18 - Le filosofie ellenistiche: epicureismo, stoicismo, scetticismo

condannano senza appelli la passione, propugnando l’apatia(assenza di passioni); negano valore etico a ogni realtà chenon sia la virtù-scienza, dichiarando vita, salute, bellezza in-differenti dal punto di vista morale (cioè né beni, né mali) e“preferibili” solo da un punto di vista fisico e biologico. Tuttele virtù sono ridotte a una, la scienza dei beni e dei mali, ela virtù viene ritenuta sempre identica in tutti gli esseri razio-nali, uomini e dei. Gli stoici inoltre, a differenza degli epicu-rei, rivalutano la legge positiva dello Stato, in quanto la ri-tengono una diretta espressione del lógos-principio.

Lo scetticismo di PirroneL’iniziatore dello scetticismo è Pirrone di Elide (circa 365-circa 275 a.C.), che insieme al discepolo Timone di Fliunte(320-230 a.C.) elabora il pirronismo, caratterizzato da un at-teggiamento radicale e conseguente di epoché, o sospen-sione del giudizio, perché l’uomo non ha la possibilità di mo-tivare i propri giudizi sia in ambito conoscitivo, sia in ambi-to etico. Questo atteggiamento conduce Pirrone sino all’a-fasia, da intendersi non banalmente come assenza di paro-la, bensì nel senso di non attribuire né verità né falsità alle

L’apatia

La scienza dei benie dei mali

Il pirronismo

L’epoché

L’afasia

EdonismoÈ una dottrina che afferma cheil bene è il piacere e che il pia-cere è criterio della scelta mo-rale. Può essere attribuito, percerti aspetti, ai sofisti e in mo-do più compiuto ai cirenaici (v.a p. 81) e agli epicurei. La dot-trina viene ripresa da autorineoepicurei della prima età mo-derna, quali L. Valla, P. Gassen-di, M. Montaigne. Un presup-posto psicologico edonista staalla base di dottrine etiche piùcomplesse, come il convenzio-nalismo di T. Hobbes o certeforme di utilitarismo, in primoluogo quello di J. Bentham.

EpochéTermine greco con cui si indica

la sospensione dell’assenso. Èusato dagli scettici antichi perdesignare la condizione di dub-bio o incertezza, derivante dal“peso uguale delle tesi” che sicontrappongono in una discus-sione, in opposizione all’atteg-giamento assertorio dei dogma-tici. Nel pensiero contempora-neo il termine viene ripreso daE. Husserl: l’epoché o “riduzio-ne” consiste nel “sospendere” o“mettere tra parentesi” le cre-denze quotidiane per poter co-gliere i modi essenziali del reale.A differenza di quella scettica,l’epoché fenomenologica nonintende mettere in dubbio ilmondo esterno, semplicementenon vuole farne alcun uso in se-de di ricerca speculativa.

GLOSSARIO

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sensazioni e alle opinioni in rapporto all’autentica natura de-gli oggetti. Il risultato etico dello scetticismo pirroniano de-ve ricercarsi essenzialmente nell’atarassia, cioè nella libera-zione dai turbamenti dell’animo (passioni) che derivano so-prattutto dall’adesione a opinioni dogmatiche.

Lo scetticismo accademicoIn una seconda fase, legata agli sviluppi dell’Accademia pla-tonica e rappresentata da Arcesilao di Pitane (315-241 a.C.)e Carneade (213-132 a.C.), lo scetticismo si contrappone inprimo luogo alle dottrine dello stoicismo. Arcesilao attacca il criterio dogmatico della rappresentazio-ne catalettica elaborata dagli stoici, sostenendo che intornoalle cose non si può affermare o negare nulla. Elabora ancheuna dottrina del ragionevole, frutto di un naturale istintodell’uomo in grado di guidarlo in sede pratica. Anche Carneade critica a fondo le certezze conoscitive de-gli stoici, ammettendo però una rappresentazione persua-siva come criterio di probabilità o di verosimiglianza che puòservire come guida all’azione, senza ricadere nel dogmati-smo tipico del saggio stoico.

L’atarassia

Lo scetticismo e l’Accademiaplatonica

Arcesilao

Carneade

La dissoluzione della pólis conseguente all’impero di Alessandro Magno porta l’uo-mo greco a sentirsi non più cittadino ma individuo alla ricerca di una felicità interio-re, a cui le filosofie ellenistiche cercano di dare una risposta elaborando speculazio-ni di carattere pratico.

Epicuro concepisce la filosofia come ricerca della felicità e come “farmaco” controla paura degli dei, della morte, del dolore.

Per Epicuro la sensazione è irrefutabile e sempre vera; è lo strumento principale del-la conoscenza e criterio di verità, superiore anche alla conoscenza razionale.

Altri strumenti della conoscenza sono: le anticipazioni o prolessi (ricordo di sensa-zioni passate per anticipare sensazioni future) e i sentimenti di piacere e di dolore.

Il mondo è formato da atomi, infiniti e strutturalmente dotati di moto, e dal vuoto.Il moto degli atomi è verticale, con una leggera deviazione dalla perpendicolare (det-ta clinamen) che permette agli atomi di incontrarsi fra loro e di generare il mondo.

Epicuro professa un’etica edonistica, cioè fondata sul piacere, intendendo soprattuttoquel genere di piacere in quiete (piacere catastematico), che trova la sua massimaespressione nell’assenza di dolore rispetto al corpo (aponia) e all’anima (atarassia).

SCHEMA RIASSUNTIVOLE FILOSOFIE ELLENISTICHE

EPICUREISMO

La sensazione

Le prolessi e i sentimentidi piacere e di dolore

Gli atomi e il vuoto

L’etica edonistica

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18 - Le filosofie ellenistiche: epicureismo, stoicismo, scetticismo

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18 - Le filosofie ellenistiche: epicureismo, stoicismo, scetticismo

La gerarchia dei piaceri, elaborata sulla base del loro grado di assolutezza e di au-tarchia, pone al vertice i piaceri naturali e necessari, al secondo posto i piaceri na-turali e non necessari, al terzo posto i piaceri non naturali e non necessari.

Lo stoicismo è fondato ad Atene da Zenone di Cizio e sviluppato da Cleante e Crisip-po. Nei secc. II e I a.C. si parla di mediostoicismo grazie a Panezio e Posidonio, cheattenuano certe asperità dell’etica e assumono posizioni eclettiche.

La logica per gli stoici è divisa in dialettica, che si occupa dei modi in cui si formala conoscenza, nonché delle regole formali secondo cui si sviluppa il ragionamen-to, e retorica.

L’anima è una tabula rasa che acquista le conoscenze per l’impulso originario dellasensazione, la quale passa, attraverso gli organi di senso, all’anima sotto forma di al-terazione o impronta materiale dando luogo a una rappresentazione.

Le rappresentazioni catalettiche servono da base per il processo intellettivo, sono par-ticolarmente chiare ed evidenti e hanno carattere universale.

La fisica stoica è materialista e si basa sull’ammissione di due principi, uno attivo, illógos, inteso come fuoco o pneuma, e uno passivo, la materia.

L’etica stoica si basa sul principio del primo istinto, che corrisponde all’istinto di au-toconservazione.Il bene e il male, la virtù e il vizio vengono definiti in termini di scienza e ignoranza.

La passione è condannata senza appelli, propugnando l’apatia (assenza di passioni);negano valore etico a ogni realtà che non sia la virtù-scienza e riducono tutte le virtùa una, la scienza dei beni e dei mali.

Pirrone di Elide e il suo discepolo Timone di Fliunte elaborano lo scetticismo, carat-terizzato da un atteggiamento radicale di epoché o sospensione del giudizio.Questo atteggiamento porta all’afasía, nel senso di non attribuire né verità né falsitàalle sensazioni e alle opinioni, e all’atarassia, cioè alla liberazione dai turbamenti del-l’animo (passioni).

In una seconda fase, legata agli sviluppi dell’Accademia platonica e rappresentata daArcesilao di Pitane e Carneade lo scetticismo si contrappone in primo luogo alle dot-trine dello stoicismo, giudicate dogmatiche.

segue

La gerarchia dei piaceri

STOICISMO

La logica

L’anima e le sensazioni

Le rappresentazionicatalettiche

La fisica

L’etica: scienza dei beni e dei mali

SCETTICISMO

Lo scetticismoaccademico

1. Che cosa caratterizza le filosofie ellenistiche?100a

2. Qual è il compito della filosofia secondo Epi-curo? 100b

3. Perché l’etica epicurea è detta edonistica? 101a

4. Qual è il ruolo del lógos nella speculazione deglistoici? 103a

5. Come si può definire l’etica stoica? 103b6. Che cos’è l’epoché degli scettici? 104b

DOMANDE DI VERIFICA

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Cicerone e la diffusione della cultura greca

Il più grande diffusore della cultura greca in Roma è sicu-ramente Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.), filosofo, re-tore e uomo politico. La sua attenzione si appunta sui temietici assai più che su quelli cosmologici e ontologici, assu-mendo una posizione eclettica, che riprende la morale stoi-ca, ma ne mitiga l’astrattezza e il rigore con una maggior at-tenzione alla vita pratica e biologica.

Il neostoicismoIl neostoicismo è l’indirizzo filosofico più diffuso in Roma,perché offre una risposta all’esigenza di senso e di feli-cità, molto avvertita dalla società romana. Gli autori neo-stoici più importanti, che riducono ai minimi termini i te-mi logici e fisici a vantaggio di un diffuso senso religioso,sono Seneca, Epitteto e l’imperatore Marco Aurelio.Lucio Anneo Seneca (circa 4 a.C.-65 d.C.) elabora e di-stingue il concetto di coscienza (la strutturale consapevo-lezza del bene e del male implicita in ogni uomo) da quel-lo di volontà, intesa per la prima volta, esplicitamente, co-me una facoltà autonoma, distinta dalla ragione. Ha inol-tre un vivo senso del peccato, non comune nella filosofia

Seneca

19 La filosofia a RomaAlla fine del I secolo a.C. Roma è la padrona indiscussa di tutto il bacino del Mediterraneo. In particolare è la cultura greca, sia pur già in fasedecadente, ad affascinare il mondo romano, di per sé essenzialmentepratico e poco incline alla riflessione filosofica. La filosofia greca viene apprezzata soprattutto per la sua ricchezza e sensibilità culturale, in grado di ben preparare e formare i giovani per la carriera politica e forense.

L’eclettismo è una dottrina filosofica formata scegliendo i mi-gliori principi delle dottrine anteriori. In età ellenistica e roma-na l’eclettismo caratterizza i tentativi di raggiungere una sintesiconciliatoria fra gli orientamenti rivali. Cicerone è il massimo rap-presentante dell’atteggiamento eclettico: sostenitore di una visio-ne non dogmatica, stempera la dottrina stoica dell’universo in unaconcezione morale aperta ai contributi delle altre scuole e soste-nuta dall’idea di un consenso universale.

CHE COS’ÈL’ECLETTISMO

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greca, uno spiccato senso dell’uguaglianza fra tutti gli uo-mini, compresi gli schiavi, e addirittura un senso dell’a-more scambievole.Il greco Epitteto (circa 60-circa 138 d.C.) critica la divisionestoica della sfera morale in beni, mali e cose indifferenti e lariduce alla distinzione fra le cose che sono in nostro pote-re e le cose che non lo sono. Ogni vizio, ogni errore e tur-bamento nasce dalla confusione dei due piani. In tal sensol’azione del saggio che ha di mira solo le cose che sono insuo potere è in sommo grado libera, perché dipende da uncriterio interiore e solo da quello. Nella sua filosofia è pre-sente anche una forte componente religiosa e solidaristicanei confronti di tutti gli altri uomini come membri di un’u-nica società umana, senza distinzioni.L’imperatore Marco Aurelio (121-180) parte da posizionipessimiste che sottolineano la precarietà e la monotoniadel tutto, ma giunge ad ammettere un riscatto del cosmo,considerandolo come una manifestazione dell’eterno tra-sformarsi del principio materiale, secondo la legge inde-rogabile e perfetta del lógos divino: il divenire non portaal nulla, ma a un’altra forma di essere. Nel mondo l’uomoha una posizione di rilievo, che lo innalza fino all’altezzadegli dei, quando si ritira in sé, nella parte razionale del-l’anima, per vivere un’intensa vita religiosa e praticare l’a-more per il prossimo.

L’epicureismo

Anche l’epicureismo, avversario storico dello stoicismo, co-nosce notevole fortuna a Roma. Il suo più illustre rappre-sentante è Tito Lucrezio Caro (circa 98-circa 54 a.C.), auto-re di un importante e famosissimo poema filosofico, il Dererum natura (La natura). Il punto di partenza di Lucrezio è il riconoscimento delmale quale dimensione dominante nel mondo nel qua-dro epicureo di una concezione antifinalistica della natu-ra, per cui cioè il divenire non ha alcun fine. Il supera-mento del pessimismo avviene tramite la scienza e lasapienza predicate da Epicuro, che hanno il potere di li-berare dall’ignoranza, dal male e soprattutto dal timoredella morte. Ciò che Lucrezio aggiunge di proprio alla fi-losofia di Epicuro non è tanto da ricercarsi in ambito dot-trinale, quanto nel profondo pathos che pervade il suopoema e nella viva partecipazione al dolore umano, anzial dolore cosmico.

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19 - La filosofia a Roma

Epitteto

Marco Aurelio

Lucrezio

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Il neoscetticismo

Assai diffuso è anche il neoscettismo, che con Enesidemo(sec. I a.C.) e Agrippa (secc. II-I a.C.) torna alla posizionepirroniana (v. a p. 104), portata a compimento con la vastasistemazione di Sesto Empirico (secc. II-III d.C.). Il neo-scetticismo si caratterizza per il fatto di mantenere sempreaperta la ricerca al di là di ogni affermazione conclusiva (edunque anche di quella rappresentata dal dogmatismo ne-gativo di chi nega la possibilità di conoscere) in conformitàcon l’originaria intenzione “indagatrice” dello scetticismo.L’ideale della “vita senza dogmi” permette di raggiungereuna condizione di pace e di imperturbabilità interiore, findalle origini l’ideale del saggio

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19 - La filosofia a Roma

Sesto Empirico

Marco Tullio Cicerone è il più grande diffusore della cultura greca in Roma. Si interes-sa soprattutto di etica, assumendo una posizione eclettica, che ripropone la morale stoi-ca in forma mitigata.

Il neostoicismo è l’indirizzo filosofico più diffuso in Roma con una riduzione dei temi lo-gici e fisici a vantaggio di un diffuso senso religioso.

Lucio Anneo Seneca elabora il concetto di volontà e lo distingue da quello di co-scienza, ha un vivo senso del peccato e uno spiccato senso dell’uguaglianza fra tut-ti gli uomini.

Epitteto distingue fra le cose che sono in nostro potere e le cose che non lo sono e af-ferma che ogni vizio, errore e turbamento nasce dalla confusione dei due piani. Solol’azione del saggio, che ha di mira le cose che sono in suo potere, è in sommo grado li-bera, perché dipende unicamente da un criterio interiore.

Marco Aurelio afferma che l’uomo nel mondo ha una posizione di rilievo, simile agli dei,se si ritira in sé per vivere un’intensa vita religiosa e praticare l’amore per il prossimo.

Anche l’epicureismo ha notevole fortuna a Roma: il più illustre rappresentante è il poe-ta Tito Lucrezio Caro, che, partendo dalla constatazione che il male è la dimensione do-minante nel mondo, la supera con la scienza e la sapienza epicurea.

Assai diffuso è anche il neoscettismo, di Enesidemo, Agrippa e Sesto Empirico, che man-tengono sempre aperta la ricerca, propugnando l’ideale della vita senza dogmi.

SCHEMA RIASSUNTIVOCICERONE

IL NEOSTOICISMO

SENECA

EPITTETO

MARCO AURELIO

LUCREZIO E L’EPICUREISMO

IL NEOSCETTICISMO

1. Perché la filosofia greca si diffonde nel mondoromano? 107a

2. Come si può definire la posizione filosofica di Ci-cerone? 107a

3. Che cosa caratterizza la riflessione dei principa-

li autori neostoici? 107b4. Quali sono le novità del pensiero di Lucrezio ri-

spetto a quello di Epicuro? 108b5. Che cos’è l’ideale neoscettico di una “vita sen-

za dogmi”? 109a

DOMANDE DI VERIFICA

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Vita e opere di PlotinoPlotino nasce a Licopoli (Egitto) nel 205 d.C. Dal 232 si dedi-ca alla filosofia ad Alessandria e frequenta le lezioni di Am-monio Sacca, tradizionalmente considerato il fondatore delneoplatonismo. Nel 243 segue l’imperatore Gordiano nellasua sfortunata spedizione in Oriente. Nel 244 giunge a Roma,dove fonda una scuola filosofica di notevole successo, che at-tira anche nobili e politici. La scuola di Plotino mira a inse-gnare agli uomini come sciogliersi spiritualmente dalla vitaterrena al fine di riunirsi al divino, per contemplarlo e fruirlofino a giungere a una trascendente unione estatica.Plotino compone 54 trattati, che il discepolo Porfirio racco-glie e sistema in sei gruppi di nove con il titolo Enneadi.

La rifondazione della metafisicaPlotino compie un’autentica rivoluzione nella storia del pla-tonismo: egli opera una rifondazione sistematica della me-tafisica, portando alle estreme conseguenze il pensiero diPlatone. Ogni cosa, per poter essere, deve avere una unità,se viene privata della quale perisce. L’essere stesso dipendedall’unità. Ai differenti livelli di realtà l’Uno è in forme dif-ferenziate, ma tutte dipendono dall’Uno supremo, infinitapotenza produttrice, “al di sopra dell’essere” e “al di sopradell’intelligenza” e perciò ineffabile, di cui cioè non si puòdire nulla. Infatti, qualsiasi parola si pronunci sull’Uno pre-suppone il riferimento ad alcunché di determinato, che ècomunque inadeguato, oppure ha significato solo per ana-logia e allusione. Il termine che si attaglia all’Uno in modopreminente, anche se non si può dire totalmente, è quellodi Bene come potenza e ricchezza infinita e quindi originedi tutte le cose.

Le “Enneadi”

La rifondazionedel platonismo

L’Uno

20 Plotino e il neoplatonismoCon Plotino si giunge ai vertici del pensiero metafisico classico, che per la prima volta pone la domanda fondamentale: “Perché esiste il Principio o Uno-Bene?”. Il neoplatonismo, di cui Plotino è il principalerappresentante, avrà molta fortuna, in particolare nella filosofia medievale e rinascimentale perché si mostrerà in grado di mediare le esigenze razionalidella filosofia con un’interpretazione spirituale dell’uomo e della sua vita.

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Perché l’Uno?

La rifondazione della metafisica in Plotino tocca vertici mairaggiunti dal pensiero greco: infatti il primo e supremo pro-blema non è quello tradizionale “come dall’Uno derivano imolti”, ma addirittura “perché c’è l’Uno-Bene, ossia per-ché c’è l’Assoluto?”. È questo il problema veramente più ar-dito, che Platone e Aristotele avrebbero respinto, perché ilPrincipio primo si pone, come tale, al di là di ogni possibi-lità di essere messo a problema. La risposta di Plotino è chel’Uno si “autopone”, il Bene “crea se stesso”, e dunque ilPrincipio primo e supremo va inteso come attività autopro-duttrice. Il Principio primo inoltre è assoluta libertà, che havoluto essere come è. L’Uno è dunque la prima ipostasi, li-bertà autoproduttrice.

La processione di tutte le cose dall’UnoAnche al secondo dei grandi problemi metafisici “perché ecome dall’Uno sono derivate le molte cose che sono?” Plo-tino dà una risposta che costituisce uno dei guadagni più co-spicui del pensiero antico. Le forze operanti che derivanodall’Uno e poi dalle altre ipostasi sono due: 1. la forza ope-rante originaria dell’Uno stesso, che coincide con la sua at-tività autoproduttrice ed è libertà per eccellenza; 2. l’atti-vità o forza che procede dall’Uno: è una “necessità” chedipende da un atto di “libertà” (quella per cui l’Uno è ciòche ha voluto essere). La storiografia filosofica più recen-te, alla luce di queste chiarificazioni, ha messo in evidenzacome la processione delle cose dall’Uno non possa più es-sere interpretata né come emanazione, né come necessità,come fino a qualche tempo fa si è ritenuto. L’Uno infatti noncrea liberamente le cose, ma crea sé liberamente come infi-nita potenza che deve espandersi infinitamente producen-do l’altro da sé. Insomma: Dio ha liberamente voluto sé co-me necessariamente producente le cose.

Il problema supremodella metafisica

L’Uno, come libertàautoproduttrice, è la prima ipostasi

Le forze operantiche derivanodall’Uno

La nuovainterpretazione del pensiero di Plotino

Il termine ipostasi in greco letteralmente significa “sostanza”, ma nelvocabolario tecnico del neoplatonismo indica solo quelle realtà me-tafisiche che procedono secondo una gradazione discendente dal Prin-cipio (l’Uno) e che al Principio tendono a ritornare. Le tre ipostasi fon-damentali del neoplatonismo fissate da Plotino sono: l’Uno, l’Intel-letto, o Nôus, e l’Anima, quest’ultima distinta in Anima del Tutto, Ani-ma cosmica e anime particolari. Nei successivi filosofi neoplatoniciciascuna di queste ipostasi tende a suddividersi in numerose altre.

CHE COSA SONOLE IPOSTASI

20 - Plotino e il neoplatonismo

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Dialettica circolare e contemplazione creatrice Il carattere della processione delle ipostasi dall’Uno non èperciò lineare, ma è un processo “circolare”, che termina inun momento contemplativo che fa essere l’ipostasi ciò cheè. Ciò che procede dall’Uno è una sorta di potenza informe:per sussistere deve rivolgersi a contemplare l’Uno stesso, co-sì da fecondarsi e riempirsi di esso, e poi deve rivolgersi su sestesso fecondato dall’Uno. Nel primo momento si producel’essere, nel secondo il pensiero che lo pensa. Si produce intal modo la seconda ipostasi, il Nôus (in greco è l’Intelli-genza), che è l’ipostasi dell’Essere del Pensiero e della Vitaper eccellenza. La terza ipostasi, l’Anima, deriva da una po-tenza che procede dal Nôus, la quale trae la propria sussi-stenza rivolgendosi a contemplare il Nôus stesso; mediantela contemplazione del Nôus entra in contatto con l’Uno-Be-ne, da cui si deriva la conseguente possibilità di un ritorno fi-nale all’Uno. Con il contemplare ciò che è prima di lei, l’Ani-ma pensa; contemplando sé che pensa, si conserva nel suoessere; infine, guardando ciò che viene dopo di lei, ordina eregge il cosmo sensibile che da lei procede. Con il cosmo fi-sico termina la scala degli esseri. Infatti la materia è l’affievo-lirsi estremo della forza produttrice, ormai priva di capacitàdi quel rivolgersi a contemplare che crea le cose. È quindi iltermine conclusivo e informe di un processo. In tal modo Plo-tino spinge la spiritualizzazione del cosmo ai limiti estremi.L’uomo è essenzialmente la sua anima, da cui dipendono tut-te le attività: la conoscenza intellettiva, le sensazioni, le voli-zioni, i sentimenti e le passioni. Il destino ultimo dell’animadell’uomoconsiste nel ricongiungimento all’Uno-Bene, cheè possibile anticipare anche su questa terra se si toglie tuttociò che da lui ci divide per conseguire la visione dell’Uno stes-so (estasi) e la partecipazione a esso.

Gli sviluppi del neoplatonismoIl pensiero di Plotino viene ordinato e diffuso da Porfirio (233-305). Il neoplatonismo si articola in varie scuole: la scuola diSiria, fondata da Giamblico, scolaro di Porfirio, dopo il 300;la scuola di Pergamo, fondata da Edesio, discepolo di Giam-blico; la scuola di Atene, fondata da Plutarco di Atene fra isecc. IV e V, che ha come principale rappresentante Proclo;la seconda scuola di Alessandria, contemporanea a quella diAtene, a carattere erudito. I capisaldi dottrinali del neopla-tonismo in generale sono i seguenti:

112

20 - Plotino e il neoplatonismo

La processione delle ipostasi comecircolarità

La seconda ipostasi:il Nôus

La terza ipostasi:l’Anima

Il cosmo

La materia

L’uomo è la suaanima

Le scuoleneoplatoniche

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20 - Plotino e il neoplatonismo

1. il riconoscimento definitivo della dimensione soprasensi-bile come di ordine superiore rispetto a quella sensibile;2. l’adesione alla teoria della processione delle ipostasi;3. la totale deduzione del mondo fisico da quello sopra-sensibile, attraverso la deduzione dal principio primo (Uno)della stessa materia;4. un forte senso dell’unità di tutte le cose, concepite comemanifestazioni dell’unica sostanza del Principio-Uno;5. la risoluzione della morale nella mistica e del concetto diassimilazione a Dio a estasi;6. la funzione teologica della filosofia intesa come giustifica-zione razionale del politeismo (con particolare riguardo aProclo e Giamblico);7. l’assunzione della fede teurgica (una pratica magico-esote-rica per evocare gli dei e agire con simboli o riti medianici)come parte integrante e culminante della sapienza filosofica

I capisaldi dottrinali

In epoca tardoellenistica si diffonde un sistema di filosofia reli-giosa, destinata a un ristretto gruppo di individui “illuminati”, cherivendicano una particolare conoscenza dei misteri divini che per-metta di raggiungere una sostanziale identità dello gnostico (dalgreco gnósis: conoscenza), cioè il conoscente (la cui realtà inte-riore è divina), e del conosciuto (la scintilla divina) e che assurgea esperienza salvifica. Non esiste un unico gnosticismo ma tantee diverse forme sviluppatesi in ambiti religiosi cristiani (sia di tipoeterodosso – come quelle fondate, fra gli altri, da Simon Mago,Basilide, Carpocrate, Valentino –, sia di tipo ortodosso, legata aOrigene), ebraici (Filone d’Alessandria – v. a p. 118 –, la cabbalà– v. a p. 152) e pagani (l’ermetismo, v. a p. 151). Tutte le sette gno-stiche sono, comunque, contraddistinte dalla contrapposizionedualistica dell’elemento divino al mondo-materia e dalla creden-za della presenza nell’uomo, nonostante il vincolo oppressivo delcorpo, della scintilla divina, che deve essere ridestata dalla gno-si, o conoscenza religiosa, mediata da un rivelatore-salvatore egarantita da una particolare tradizione esoterica.

LO GNOSTICISMO

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20 - Plotino e il neoplatonismo

Plotino opera una vera e propria rifondazione della metafisica, portando alle estremeconseguenze le dottrine non scritte di Platone.

Ai differenti livelli di realtà (o ipostasi) l’Uno è in forme differenziate, ma tutte dipendo-no dall’Uno supremo, che è al di sopra dell’essere e al di sopra dell’intelligenza.

La rifondazione della metafisica raggiunge il vertice massimo con la domanda che Plo-tino si pone: perché c’è l’Uno-Bene, ossia perché c’è l’Assoluto?La risposta plotiniana è che l’Uno si autopone e, poiché è assoluta libertà, è libertà au-toproduttrice.

Le forze operanti che derivano dall’Uno sono due: la forza operante originaria dell’Unostesso, che è libertà per eccellenza; l’attività o forza che procede dall’Uno: è una ne-cessità che dipende da un atto di libertà.

La processione delle ipostasi dall’Uno, prima ipostasi, non è lineare ma è un processocircolare che termina in un momento contemplativo che fa essere l’ipostasi ciò che è.

Nel primo momento si produce l’essere, nel secondo il pensiero che pensa l’essere. Inquesto modo si produce la seconda ipostasi, il Nôus o Intelligenza.

La terza ipostasi, l’Anima, deriva da una potenza che procede dal Nôus. Con il contem-plare il Nôus, che è prima di lei, l’Anima pensa; contemplando sé che pensa, si con-serva nel suo essere; infine, guardando ciò che viene dopo di lei, ordina e regge il co-smo sensibile che da lei procede.

Con il cosmo fisico termina la scala degli esseri: infatti la materia è l’affievolirsi estre-mo della forza produttrice.

L’uomo è essenzialmente la sua anima, da cui dipendono tutte le attività e il cui desti-no ultimo è il ricongiungimento all’Uno-Bene.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA RIFONDAZIONEDELLA METAFISICA

L’UNO

IL VERTICE DELLA METAFISICA

LE FORZE OPERANTIDELL’UNO

LA PROCESSIONEDELLE IPOSTASI

IL NÔUS

L’ANIMAE IL COSMO SENSIBILE

LA MATERIA

L’UOMO

1. Come Plotino rifonda la metafisica platonica?110b

2. In che senso Plotino raggiunge i vertici del pen-siero greco? 111a

3. Cosa sono le ipostasi? 111a4. Come procedono le ipostasi dall’Uno? 112a5. Perché la processione delle ipostasi è circolare?

112a

DOMANDE DI VERIFICA

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L’annuncio cristiano

Il cristianesimo è quel vasto e complesso fenomeno storico-religioso che prende origine dalla predicazione di Gesù ilCristo, ossia l’“Unto”, il Messia atteso dal popolo di Israeleper compiere le promesse di Dio. Il cristianesimo, infatti, èlegato profondamente all’ebraismo, con cui condivide co-me testo sacro l’Antico Testamento e il quadro etico-spiri-tuale. Tuttavia, mentre i cristiani riconoscono a Gesù una re-lazione assolutamente unica con Dio, tanto da esserne il Fi-glio, incarnazione di Dio nella storia, gli ebrei non ne accet-tano il valore divino-messianico e lo considerano alla streguadi uno dei maestri, un rabbi. Nella predicazione di Cristo emergono soprattutto l’an-nuncio della venuta del Regno di Dio, l’amore di Dio versotutti gli uomini, compresi i peccatori, e un forte richiamo eti-co-spirituale a uno stile di vita improntato all’amore, all’u-miltà, alla fratellanza universale. È alla predicazione di Paolo di Tarso che si deve l’elabora-zione del primo nucleo della teologia cristiana e la sua dif-ferenziazione rispetto a quella ebraica. Per Paolo la nuovareligione è rivolta indistintamente a tutti i popoli, non so-lo agli ebrei, ed è incentrata sulla incarnazione di Gesù, lacui vicenda storica indica la strada per la salvezza e la re-denzione individuale, che non passa più soltanto per l’os-sequio alle prescrizioni della legge mosaica, ma si fonda sulsul dono gratuito della grazia divina. Paolo, inoltre, avviauna compenetrazione fra il messaggio cristiano e la cultu-ra greco-ellenistica che influenzerà sensibilmente gli svi-luppi religiosi dei secoli successivi.

Il legame con l‘ebraismo

La predicazionedi Cristo

La predicazionedi Paolo

21 Il cristianesimo e la filosofia

Nell’imporsi come nuova religione, il cristianesimo influenza profondamenteanche la filosofia, introducendo concetti originali e nuovi impulsi per giungere a una definizione, anche razionale, delle principali verità di fede. I primi scrittori cristiani che si cimentano in quest’opera sono chiamati Padri della Chiesa. A essi, con il passare del tempo, viene riconosciuta un’autorità dottrinale e normativa a un livello appena inferiore a quello della stessa Bibbia.

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Influssi del cristianesimo sulla culturaInnegabilmente la religione cristiana, pur avendo primaria-mente obiettivi spirituali, esercita un impatto notevole sullacultura e sulla filosofia tardoellenista, introducendo (o per-lomeno rimodellando completamente) nuovi concetti, inparte mutuati dalla tradizione giudaica, come:1. l’affermazione del monoteismo, del tutto sconosciuto almondo greco;2. la creazione del mondo dal nulla, tesi ritenuta impossi-bile dalla filosofia classica;3. la centralità dell’uomo, depositario di un principio divi-no – la sua somiglianza con Dio – e non semplicemente ra-zionale, che lo rende superiore a tutti gli esseri. Dei quattro Vangeli, sicuramente quello di Giovanni è il piùricco di spunti filosofici: egli parla di Cristo in termini di Ló-gos, concetto centrale nella speculazione greco-ellenistica,ma al contrario di questa gli conferisce un aspetto umano estorico e non un carattere atemporale e simbolico. Giovan-ni sottolinea l’identità fra la persona storica di Gesù, che èLógos capace di provocare risposte e miracoli, e il Lógos cheè la parola stessa di Dio, creatrice e autorivelatrice. Nella suc-cessiva speculazione dei Padri della Chiesa sarà proprio ilconcetto di Lógos che permetterà di compenetrare piùprofondamente la filosofia greca con il messaggio cristiano.

La dottrina cristiana e i Padri della ChiesaL’elaborazione teorica della dottrina cristiana è moltocomplessa per una duplice serie di problemi:1. la determinazione esatta del canone dei testi sacri: ini-zialmente il contenuto della predicazione di Cristo è affida-to alle dirette testimonianze degli apostoli; quando questapredicazione viene raccolta in testi scritti, si presenta il pro-blema di vagliarli e di stabilire i testi ispirati, espungendo gliscritti apocrifi, cioè quei testi a cui non è attribuita autoritàdi rivelazione divina;2. l’edificazione di una visione unitaria e coerente dellafede cristiana per definire e approfondire i contenuti dellaverità di fede, così da poterli comunicare al mondo greco-romano, la cui cultura è profondamente diversa da quellaebraica, e difenderli dagli attacchi di studiosi e filosofi pa-gani e dalle eresie.Un gruppo di scrittori cristiani dei primi secoli, in seguitodenominati i Padri della Chiesa, concentra i propri sforzi inquest’opera di chiarificazione e definizione del contenu-

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21 - Il cristianesimo e la filosofia

Il Vangelo di Giovanni

La determinazionedel canone biblico

L’elaborazione delladottrina cristiana

I Padri della Chiesa

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to dottrinale del cristianesimo, in particolare sulla naturaumana e divina di Gesù Cristo. Già a partire dalla fine delsec. II i cristiani sentono il bisogno di distinguere dalla pro-pria generazione i maestri autorevoli di un’età precedente,reputata qualitativamente superiore. Ai Padri viene ricono-sciuta un’autorità dottrinale e normativa a un livello appe-na inferiore a quello della stessa Bibbia. Nel corso dei seco-li la citazione dei Padri si consolida come prova teologica as-sai probante.

Le tre fasi della storia dei Padri della ChiesaTradizionalmente la storia dei Padri della Chiesa viene di-stinta in tre fasi principali: quella dei padri apostolici, quel-la dei padri apologisti e quella patristica.1. I padri apostolici (sec. I) sono i primi Padri della Chiesain rapporto, diretto o indiretto, con alcuni degli apostoli. Èil caso di Clemente di Roma, di Ignazio di Antiochia, di Po-licarpo di Smirne, i cui scritti hanno per oggetto soprattut-to tematiche ecclesiali e morali. Affrontano problematicheconnesse all’evoluzione del cristianesimo e al controversodistacco della Chiesa dall’originario ambiente giudaico, peraprirsi a una dimensione universale che comprenda il mon-do greco-romano.2. I padri apologisti (sec. II) sono impegnati soprattutto inuno sforzo apologetico, cioè di difesa delle verità fonda-mentali della fede cristiana dalle critiche dei pagani e delgiudaismo, utilizzando anche concetti filosofici. Per esem-pio, Giustino (sec. II) rinviene una profonda analogia fra ledottrine cristiane dell’esistenza di Dio, della creazione delmondo e dell’immortalità dell’anima e la filosofia platoni-ca. In tutt’altra prospettiva si pone invece Tertulliano (155-200), il più famoso apologista latino: egli sostiene la supe-riorità della fede rispetto a ogni tipo di prova o argomen-tazione razionale, che non la possono in alcun modo giu-stificare, e per definire questa dimensione a-razionale del-la fede conia l’espressione latina “credo quia absurdum”(credo poiché è assurdo).3. La patristica (secc. III-VIII) sistema e razionalizza le ve-rità di fede, utilizzando soprattutto l’apparato concettua-le del platonismo. Trova il suo primo centro propulsore nel-la scuola di Alessandria, luogo di incontro di culture diffe-renti, in cui spiccano le personalità di Clemente (secc. II-III)e di Origene (185-253). Clemente sostiene la superiorità del-la sapienza cristiana rispetto a ogni altra forma di sapienzae considera il cristianesimo come il naturale coronamento

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21 - Il cristianesimo e la filosofia

I padri apostolici

I padri apologisti

La patristica

Clemente

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21 - Il cristianesimo e la filosofia

e sbocco della filosofia greca. Origene riprende l’interpre-tazione di tipo allegorico delle Scritture, inaugurata dall’e-breo Filone di Alessandria, e conduce un’esegesi biblicaanalitica, negando validità al senso puramente letterale. A li-vello teologico tende a interpretare la Trinità come una ge-rarchia discendente, di chiara impronta neoplatonica, in cuiil Padre è superiore al Figlio e questi allo Spirito Santo. Suc-cessivamente, nei secc. IV e V, i Padri della Chiesa e i primiconcili ecumenici sono sempre più impegnati nella defini-zione delle verità di fede ortodosse in riferimento alla dif-fusione di eresie (cioè concezioni cristiane non conformi)che negano la duplice natura, umana e divina, di Cristo, so-stenendo o il prevalere della natura umana sulla divina (aria-nesimo) o l’assorbimento dell’umana in quella divina (mo-nofisimo) o la divisione completa delle due nature (nesto-rianesimo). In quest’opera di definizione della fede cristia-na si distinguono i padri della Cappadocia, Gregorio di Nis-sa (335-394) e Gregorio di Nazianzo (330-390). Gregorio diNissa mutua da Platone le categorie concettuali con cui in-dagare gli argomenti di fede. Riconosce allo Spirito Santo lanatura divina e la stessa sostanza del Padre, da cui procedeper la mediazione del Figlio, nel quale sono nettamente di-stinte la natura umana e quella divina, pur ribadendo pie-namente l’unità di persona. Gregorio di Nazianzo, per di-mostrare l’unità di sostanza delle tre persone della Trinità,avvia lo studio delle loro relazioni: i termini “Padre” e “Fi-glio” indicano un rapporto preciso, anche se per l’uomo in-conoscibile, tra due ipostasi della stessa sostanza.

Origene

Le eresiecristologiche

Gregorio di Nissa

Gregorio di Nazianzo

Filone di Alessandria è un filosofo ebreo (sec. I a.C.-sec. I d.C.), cheper primo applica sistematicamente il metodo allegorico-filosoficonell’interpretazione della Bibbia, traendone tutte le conseguenze an-che in campo filosofico: egli concepisce la filosofia come “ancel-la” della teologia e modifica le dottrine filosofiche in ragione dei va-lori religiosi. In ambito teologico modifica profondamente la dottri-na platonica per quanto concerne i rapporti fra Dio e le Idee, con-siderando queste ultime come pensieri di Dio.

CHI È FILONEDI ALESSANDRIA

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21 - Il cristianesimo e la filosofia

La religione cristiana esercita un impatto notevole sulla filosofia tardoellenista,introducendo nuovi concetti quali il monoteismo, la creazione del mondo dal nul-la, la centralità dell’uomo, l’imperscrutabilità della grazia divina, il ruolo fonda-mentale della volontà umana.

L’elaborazione teorica della dottrina cristiana è molto complessa sia per la de-terminazione esatta dei testi sacri sia per l’edificazione di una visione unitaria ecoerente della fede cristiana.

I Padri della Chiesa chiarificano e definiscono il contenuto dottrinale del cristia-nesimo. A essi viene riconosciuta un’autorità dottrinale e normativa a un livelloappena inferiore a quello della stessa Bibbia.

Le tre fasi La storia dei Padri della Chiesa viene distinta in tre fasi principali: 1. i padri apostolici (sec. I) come Clemente di Roma, Ignazio di Antiochia, Poli-carpo di Smirne, in cui prevalgono interessi ecclesiali e morali; 2. i padri apologisti (sec. II) come Giustino e Tertulliano, impegnati soprattutto inuno sforzo apologetico; 3. la patristica (secc.III-VIII), che sistema e razionalizza le verità di fede utilizzan-do soprattutto l’apparato concettuale del platonismo, come Clemente Alessan-drino, che considera il cristianesimo come il naturale sbocco della filosofia gre-ca, e Origene, che interpreta la Trinità come una gerarchia discendente di chia-ra impronta neoplatonica.

Le eresie cristologiche Nei secc. IV e V, i Padri della Chiesa e i primi concili ecumenici sono sempre piùimpegnati nella definizione delle verità di fede ortodosse in riferimento alla diffu-sione di eresie (cioè concezioni cristiane non conformi), che negano la duplicenatura, umana e divina, di Cristo, sostenendo il prevalere della natura umana suquella divina.

I padri della Cappadocia In quest’opera di definizione della fede cristiana si distinguono i padri della Cap-padocia. Gregorio di Nissa riconosce in Cristo la natura umana e divina, ribaden-do però l’unità di persona. Gregorio di Nazianzo, per dimostrare l’unità di sostanzadelle tre persone della Trinità, avvia lo studio delle loro relazioni.

SCHEMA RIASSUNTIVOIL CRISTIANESIMOE LA FILOSOFIA

L’ELABORAZIONEDELLA DOTTRINA CRISTIANA

I PADRI DELLA CHIESA

1. Che cosa differenzia il cristianesimo dall’ebrai-smo? 115a

2. Quali concetti immette il cristianesimo nellaspeculazione filosofica? 116a

3. Per quali motivi l’elaborazione teorica della dot-trina cristiana è complessa? 116b

4. Chi sono i Padri della Chiesa? 116b5. Di che cosa si occupa principalmente la scuoladi Alessandria? 117b

6. Chi sono e in che cosa si distinguono i padri del-la Cappadocia? 118b

DOMANDE DI VERIFICA

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La vitaAurelio Agostino (354-430) studia a Madaura, Tagaste e Car-tagine, seguendo il curriculum classico preparatorio allacarriera di retore. Giovanissimo, ha un figlio, Adeodato,dalla donna con cui convivrà fino alla conversione. A di-ciannove anni la lettura dell’Hortensius di Cicerone, ope-ra oggi perduta, lo convince a cercare la sapienza. Delusodal linguaggio poco raffinato delle Scritture, aderisce allasetta dei manichei. Insegna retorica a Tagaste e a Cartagi-ne (373-383), finché ne ottiene la cattedra a Roma e subi-to dopo a Milano.Durante il soggiorno milanese (384-387) Agostino matural’abbandono del manicheismo e la conversione al cristia-nesimo. La predicazione del vescovo Ambrogio e la lettu-ra di alcuni “libri di platonici”, tra i quali Plotino e Porfirio,lo aiutano a comprendere la lettura allegorica della Bibbiae l’esistenza di un mondo intelligibile, quindi a superare ladiffidenza per le Scritture e le riduzioni materialistiche escettiche. Subito dopo la decisione di convertirsi, abban-dona la professione di retore e intrattiene dibattiti filoso-fici con alcuni discepoli, pubblicati in forma di dialoghi:

Le prime esperienze

La conversione

22 AgostinoAgostino sa indagare i problemi teologico-speculativi ed etico-antropologiciconnessi al cristianesimo con tale originalità e profondità da influenzare gran parte del pensiero medievale. Dalle sue opere emerge una strutturadell’universo unitaria, un colossale impianto appoggiato filosoficamente alle colonne del pitagorismo e del platonismo, costruito armonicamente con i materiali della Scrittura e della classicità, a cui i suoi contemporaneiattingono soprattutto idee e forza per combattere le eresie. Nei secoli immediatamente successivi, Agostino viene proclamato Padre della Chiesa e diviene l’auctoritas in teologia come in filosofia.

Il manicheismo è una religione sorta in Persia nel sec. III, fondata dalre persiano Mani (216-277), che concepisce l’essere diviso da un dua-lismo che oppone due principi, Luce e Tenebre, bene e male. L’eticadel manicheismo conduce l’anima attraverso dure e rigorose praticheascetiche, perché si liberi dal principio materiale che si è impadronitodi lei fino a farle incontrare nuovamente la Luce.

CHI SONOI MANICHEI

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Contra Academicos (confutazione dello scetticismo attra-verso la certezza dell’autocoscienza anche nel dubbio, poi-ché “se sbaglio, sono”); De beata vita (sulla ricerca dellaverità che conduce alla felicità); De ordine (sull’ordineprovvidenziale che tutto governa); Soliloquia (sull’animae su Dio). Ritornato a Milano per ricevere dalle mani di Am-brogio il battesimo (aprile 387), nel 388 Agostino scrive ilDe magistro, dialogo che analizza le possibilità di comuni-cazione del linguaggio e conclude sulla necessità di segui-re il maestro interiore per apprendere la verità.Nel 390 torna in Africa, riceve l’investitura sacerdotale(391) e viene eletto vescovo di Ippona (395).

Le indagini filosoficheNel De libero arbitrio Agostino riflette sul male e sulla li-bertà e giunge alla soluzione che il male esiste, ma è privodi una sua consistenza ontologica (come sostenevano i ma-nichei) perché è semplicemente assenza di bene. Il male fi-sico è una diretta conseguenza del peccato originale mentreil male morale è un allontanamento dall’Essere supremo.L’uomo, inoltre, è libero, perché possedendo il libero arbi-trio può scegliere fra bene e male, ma la libertà autentica siha solo scegliendo ciò che realizza pienamente il bene. Nel390 scrive il De vera religione, in cui afferma la sostanzialecoincidenza fra vera filosofia e vera religione, dal momen-to che la filosofia è il miglior strumento per indagare la ve-rità e quest’ultima è una luce spirituale donata direttamenteda Dio. Particolarmente significative sono le Confessioni(397), in cui accanto a episodi autobiografici affronta il temadella memoria, concepita platonicamente come il ricettaco-lo dei primi principi della scienza e del desiderio di felicità,e del tempo come “distensione dell’animo”, rilevazione delsoggetto che coglie il passato tramite la memoria, il presen-te con l’attenzione e il futuro con l’attesa.Agostino sostiene una dottrina gnoseologica di stampo pla-tonico: la sensazione è l’azione dell’anima sul corpo, da cuil’anima trae le rappresentazioni degli oggetti, poi giudicatesulla base di criteri innati che le derivano da una Verità su-periore, accessibile grazie a un’illuminazione divina.

La lotta contro le eresieLa necessità di difendere l’ortodossia cristiana dalle eresiescandisce la soluzione dei maggiori problemi teologici. Lapolemica contro i manichei e la loro visione dualistica del

I primi dialoghi

Il male

La libertà

Filosofia e religione

La memoria

Il tempo

La gnoseologia

Contro i manichei

22 - Agostino

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mondo porta Agostino a sottolineare la bontà della creazio-ne, la trascendenza di Dio e la superiorità dello spirito sul-la carne, che diventa la base della sua gnoseologia. Contro il donatismo, movimento africano sostenitore di unaChiesa “pura”, Agostino afferma che la Chiesa è una societàvisibile, composta di santi e di peccatori, e che l’efficacia deisacramenti non dipende dalla vita morale di chi li ammini-stra, ma dalla grazia divina che opera in essi. Contro ilpelagianesimo (dottrina elaborata dal monaco bre-tone Pelagio, che sosteneva la capacità dell’uomo di fare escegliere il bene nonostante il peccato originale e quindi disalvarsi con le sue sole forze) Agostino ribadisce la presen-za del peccato originale e la necessità della grazia per otte-nere la salvezza (De natura et gratia). Il De Trinitate (399-426) è la vetta della speculazione deiprimi secoli cristiani sulla Trinità: per spiegare il misterodelle persone divine, Agostino ricorre ad analogie con le crea-ture e con l’animo umano, chiarendo come le tre personesussistono in un’unica natura distinguendosi per le diverserelazioni. Dio padre genera la sua sapienza, il Verbo, che è fi-glio; la relazione d’amore tra Padre e Figlio è lo Spirito San-to. Analogamente, in ogni uomo pensiero, conoscenza eamore, pur potendosi distinguere, sono strettamente con-giunti nell’unità della coscienza; Agostino rintraccia la pre-senza di triadi unificate in tutto l’universo, che riporta l’im-pronta del creatore. Nel De civitate Dei (La città di Dio), in-fine, delinea una teologia della storia che vede contrapporsidue città, una terrena e una divina: la prima cerca il benes-sere, la seconda la pace eterna. Nel corso della storia le duecittà si mescolano, la separazione tra buoni e cattivi avvienenell’aldilà e si conclude con il giudizio universale.

L’agostinismoLe dottrine di Agostino ispirano una corrente di pensieroteologico, filosofico e politico (agostinismo), che influenzaprofondamente tutto il pensiero medievale. Il nucleo origi-nario delle teorie di Agostino si arricchisce di interpretazio-ni e si mescola con dottrine dei pensatori ebrei e arabi. Nelsec. XIII il primato dell’agostinismo deve confrontarsi conl’avvento in Occidente della filosofia aristotelica. Le proble-matiche caratteristiche dell’agostinismo sono: l’ansia e l’a-more per la verità; la conciliabilità tra fede e ragione; il pri-mato della teologia sulla filosofia; la teoria dell’illuminazio-ne divina; l’importanza della volontà; il profondo senso del-la storia; la necessità della grazia per la salvezza.

122

22 - Agostino

Contro il donatismo

Contro ilpelagianesimo

La Trinità

La città terrestree la citta divina

Le problematichedell’agostinismo

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L’agostinismo politico sostiene l’indirizzo teocratico, chepostula la sottomissione del potere civile a quello spiritua-le, e quindi dello Stato alla Chiesa, perché la sovranità deri-va e viene conferita unicamente da Dio.

123

22 - Agostino

L’agostinismopolitico

Agostino, dopo una giovinezza inquieta sempre alla ricerca della verità, maturasotto la spinta di Sant’Ambrogio l’abbandono del manicheismo e la conversioneal cristianesimo.

Nel De libero arbitrio Agostino affronta il problema del male, spiegato come as-senza di bene, e quello della libertà, concessa all’uomo con il libero arbitrio.

Nel De Vera religione afferma la sostanziale coincidenza fra vera filosofia e verareligione.

Nelle Confessioni, accanto a episodi autobiografici, affronta il tema della memo-ria, ricettacolo dei primi principi della scienza e del desiderio di felicità, e del tem-po come “distensione dell’animo”.

La polemica contro i manichei lo porta a sottolineare la bontà della creazione, latrascendenza di Dio e quella superiorità dello spirito sulla carne fonte di una dot-trina gnoseologica di stampo platonico.

Contro il donatismo afferma che la Chiesa è una società visibile, composta di san-ti e di peccatori, e che l’efficacia dei sacramenti non dipende dalla vita morale dichi li amministra, ma dalla grazia divina che opera in essi.

Contro il pelagianesimo ribadisce la presenza del peccato originale e la necessitàdella grazia per ottenere la salvezza.

Nel De Trinitate, per spiegare il mistero delle persone divine, chiarisce come letre persone sussistono in un’unica natura distinguendosi per le diverse relazioni.

Nel De civitate Dei traccia le linee di una teologia della storia che vede contrap-porsi due città, quella terrena e quella divina, mescolate nella storia ma separa-te nell’aldilà con il giudizio universale.

Le dottrine di Agostino ispirano una corrente di pensiero teologico, filosofico epolitico, detta agostinismo, che influenza profondamente il pensiero medievale.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA CONVERSIONE

IL MALE E LA LIBERTÀ

LA VERA FILOSOFIA

LA MEMORIA E IL TEMPO

LA POLEMICA CONTROI MANICHEI

LA POLEMICA CONTROIL DONATISMO

LA POLEMICA CONTROIL PELAGIANESIMO

LA TRINITÀ

IL “DE CIVITATE DEI”

L’AGOSTINISMO

1. Quali elementi influiscono sulla conversione diAgostino? 120b

2. Come risolve Agostino la questione del male?121a

3. Che cos’è il tempo per Agostino? 121b

4. Come difende Agostino la fede cristiana con-tro le eresie più diffuse del tempo? 121b-122a

5. Come viene interpretato il mistero della Trinità?122a

6. Che rapporto intercorre fra città terrestre ecittà divina? 122b

DOMANDE DI VERIFICA

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Severino BoezioAll’inizio del Medioevo, Anicio Manlio Torquato SeverinoBoezio (circa 480-circa 524) ha un ruolo di primo piano nel-la trasmissione del pensiero classico. Egli svolge un’intensaattività politica nella convinzione di poter realizzare un rap-porto armonico tra i romani e i dominatori goti del re Teo-dorico, ma viene fatto giustiziare da quest’ultimo con l’ac-cusa infondata di tradimento. In carcere, prima di morire,scrive il celebre trattato De consolatione philosophiae (Laconsolazione della filosofia), dove, in un’ottica neoplatoni-ca, sostiene l’esistenza di un Dio come “sommo Bene” e diuna provvidenza che regge le sorti umane, le cui alterne vi-cende possono essere spiegate dalla filosofia, che ha una po-sizione preminente su tutte le scienze e le arti. Si dedica an-che a un’intensa attività di traduzione e commento dei testilogici di Aristotele e Porfirio, assicurando la continuità fra ilpensiero antico e quello medievale e introducendo nell’uni-verso culturale cristiano la filosofia, di cui rispetta il metodo,l’indipendenza e la peculiarità. In logica tratta diffusamentedel problema degli universali (v. riquadro di approfondi-mento a p. 125), assumendo una posizione di realismo mo-derato cioè pensando che gli universali sono solo nell’intel-letto per via di astrazione, e quindi sono incorporei.

La scolasticaComplessivamente, il sapere filosofico, teologico e scienti-fico elaborato in età medievale (secc. VI-XIV) viene designatocon scolastica. Il termine deriva dal fatto che nel Medioevola produzione intellettuale è legata alle scuole: nell’altoMedioevo alle scuole monastiche e a quelle delle cattedra-li, in cui vengono trascritti molti codici latini e greci, che fa-

Il “De consolationephilosophiae”

La traduzione di Aristotele

La logica: il problema degliuniversali

Le scuole medievali

23 Gli esordi della scolasticaIl Medioevo è stato un periodo estremamente complesso e travagliato,anche dal punto di vista intellettuale. Infatti la filosofia medievale (che prendecomplessivamente il nome di scolastica perché si sviluppa nelle scuole dei monasteri e delle cattedrali e nelle università) porta, da un lato, alla piena e completa affermazione del pensiero cristiano e, dall’altro, alla definitivatrasformazione e disgregazione del pensiero classico, mediato e filtrato alla luce della fede cristiana.

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voriscono la conoscenza del mondo classico. A partire dalsec. XIII la ricerca intellettuale si concentra nelle univer-sità, libere corporazioni di studenti e insegnanti, dove la fi-losofia ha un ruolo centrale per la dimostrazione razionaledei contenuti di fede e coincide sostanzialmente con la let-tura e il commento dei testi aristotelici. Il termine ”scolasti-ca”, più che rimandare a contenuti di pensiero, ha un valo-re di riferimento prevalentemente cronologico.Solitamente si distinguono tre fasi storiche della scolastica.1. Primo periodo (secc.VI-XI): caratterizzato dall’indaginerazionale sulla fede con l’ausilio della filosofia neoplatonicamediata attraverso Agostino, Boezio e Dionigi Areopagita.Scoto Eriugena, Anselmo d’Aosta e Abelardo sono tra imaggiori pensatori di questo periodo.2. Secondo periodo (sec. XIII): segnato dall’ingresso dellafilosofia di Aristotele e dal conseguente confronto tra teo-logia cristiana e metafisica aristotelica. Ne derivano tre lineeinterpretative: Bonaventura da Bagnoregio e la sua scuo-la respingono l’aristotelismo in favore dell’agostinismo e delneoplatonismo cristiano tradizionale; i pensatori noti come“averroisti latini” (Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia)seguono un aristotelismo radicale, attribuendo piena vali-dità alle dottrine aristoteliche sul piano razionale, e dislo-cando le verità rivelate su un piano superiore; Tommaso d’A-quino propone una linea intermedia: il cristiano deve avva-lersi della filosofia di Aristotele, dopo averne corretto le te-si contrastanti con la rivelazione (v. a pp. 136-138).

Le università

I periodo

II periodo

L’universale in filosofia è il termine che definisce ciò che è co-mune a più oggetti particolari. L’analisi sulla sua natura e sul suorapporto con gli oggetti particolari costituisce uno dei grandi te-mi filosofici, ripreso e dibattuto in ogni epoca. Aristotele definiscecosì l’universale: “il termine predicabile di più cose particolari” (peresempio: il bello, il bianco, il bene possono essere attribuiti a di-verse cose individuali, che sono perciò dette belle, o bianche, obuone). Di fatto anche nel linguaggio si utilizzano parole che nonsi riferiscono a dati particolari. La disputa filosofica si apre su checosa indicano tali termini. Le soluzioni proposte sono innume-revoli. In epoca classica l’indagine è di tipo prevalentemente on-tologico, rivolta a cogliere la natura degli universali (sono ogget-ti? sono idee? sono solo parole?). In epoca contemporanea haacquistato un taglio logico-semantico, e la domanda a cui ri-spondere diventa se si tratti di un problema di classificazione ditermini del linguaggio o di un problema originato dalla struttura dellinguaggio, che va risolto a partire dalla relazione linguaggio-realtà,dal momento che il filosofo si chiede quale sia la ragione per cuidenominiamo diversi oggetti particolari con lo stesso nome.

COSA SONOGLI UNIVERSALI

23 - Gli esordi della scolastica

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23 - Gli esordi della scolastica

3. Terzo periodo (sec. XIV): cerca nuovi equilibri con lo stu-dio rigoroso dei metodi e dei linguaggi propri delle singole di-scipline, in particolare conDuns Scoto, Guglielmo diOckham,Marsilio da Padova e Giovanni Buridano (v. cap. 26).

Giovanni Scoto EriugenaGiovanni Scoto Eriugena (circa 810-circa 870) insegna arti li-berali (retorica, grammatica, dialettica, artimetica e geome-tria, musica e astronomia) alla Scuola Palatina di Parigi. Tra-duce dal greco le opere di Massimo il Confessore, di altri au-tori greci neoplatonici e di Dionigi Areopagita (pseudonimodi un misterioso autore di opere di teologia del V-VI sec.),che gli ispirano una teologia di tipo negativo (che sottoli-nea cioè l’inconoscibilità da parte dell’uomo dell’essenza di-vina, di cui possiamo dire meglio ciò che non è piuttosto diciò che è). L’impostazione neoplatonica è presente nella suaopera più famosa, De divisione naturae (La divisione dellanatura), scritta in forma dialogica, in cui giunge a evidenzia-re l’esistenza di quattro nature o divisioni: la natura che creae non è creata cioè Dio; la natura che è creata e crea ossiale idee di Dio, causa di tutte le cose visibili e invisibili; la na-tura che è creata e non crea cioè le creature; la natura chenon è creata e non crea: è Dio come fine di tutta la crea-zione. Questa divisione da un lato sottolinea la distinzionefra Dio e la creazione, ma dall’altro suggerisce l’intima unitàfra il Creatore e le sue creature.

Anselmo d’AostaAnselmo d’Aosta (1033-1109) è abate dell’abbazia norman-na del Bec e diviene arcivescovo di Canterbury. Punto di par-tenza della sua riflessione è la necessità dell’opera della ra-gioneper individuare un metodo incontrovertibile per chia-rificare i dati della fede anche ai non cristiani. Nel Mono-logion elabora delle prove a posteriori (basate sui dati ri-cavati dall’esperienza) per dimostrare l’esistenza di Dio: igradi delle perfezioni presenti nelle cose sensibili (bontà,grandezza, essere) rimandano a bontà, grandezza, essere insommo grado, cioè a Dio. Queste prove si reggono in virtùdi una concezione realistica degli universali, in base allaquale le nozioni di bontà, grandezza ed essere, oltre che con-cetti dell’intelletto sono anche realmente esistenti. Nel Pro-slogion Anselmo propone un unico argomento, che diven-terà noto come argomento ontologico, per dimostrare apriori l’esistenza di Dio. Tale prova parte dalla definizione di

III periodo

La teologia negativa

Le quattro nature

Le prove a posterioridell’esistenza di Dio

L’argomentoontologico

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Dio come “ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore”,comprensibile a tutti gli uomini, anche allo stolto che negal’esistenza di Dio. Tale essere esiste quindi nella mente ditutti gli uomini. È però assurdo pensare che esista solo nel-la mente, perché altrimenti sarebbe possibile pensare l’esi-stenza di un secondo essere di cui non si può pensare nul-la di maggiore, che esista nella realtà oltre che nella mente.Per evitare la contraddizione occorre quindi sostenere chel’essere di cui non si può pensare nulla di maggiore esisteanche nella realtà, oltre che nell’intelletto. All’obiezione sol-levata dal monaco Gaunilone per cui dall’idea di Dio nonsi può ricavare l’esistenza di Dio, Anselmo risponde che so-lo nel caso dell’essere perfettissimo è lecito affermare chel’esistenza è una perfezione che gli compete.

Pietro AbelardoPietro Abelardo (1079-1142), allievo dei più illustri maestri dilogica, come Guglielmo di Champeaux e Roscellino di Com-piègne, insegna in numerose scuole francesi (Laon, Melun, Pa-rigi). Compone molti scritti di logica, che concepisce come lascienza che assicura la verità o scientificità del discorso. Essa sipresenta sia come metodo generale per qualsiasi indagine, per-ché comprende le regole del discorso vero, sia come analisi delsignificato dei termini generali, o universali, e del loro rappor-to con il mondo delle cose. È quest’ultimo il problema degliuniversali che Abelardo risolve in modo innovativo, conside-rando gli universali come parole significanti, ossia rappresen-tazioni mentali della realtà extramentale, che però non esisto-no come enti o cose. L’universalità è frutto di un’operazionementale con cui si prendono in considerazione gli aspetti neiquali le cose singolari coincidono, prescindendo dai caratteriindividuali. A livello teologico (De Trinitate; Teologia cristia-na) Abelardo utilizza argomentazioni filosofiche e, pur riba-dendo la superiorità della rivelazione biblica, invoca la dialetti-ca e un sistema di similitudini razionali e filosofiche per defini-re le questioni non chiaramente stabilite dalle Sacre Scritture. Nell’Etica o Conosci te stesso Abelardo sostiene rivoluziona-riamente che ciò che fissa il criterio della moralità degli at-ti non è la norma esteriore, ma l’intenzione con cui si com-pie un’azione: buono è l’atto voluto come tale.

Il problema degli universaliNella filosofia medievale il problema degli universali è unodei temi più dibattuti: riguarda l’essere dei concetti gene-

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23 - Gli esordi della scolastica

L’obiezione di Gaunilone

La logica

Gli universali

L’etica

La disputasugli universali

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rali che possono essere predicati di più individui. Questo di-battito pone il problema del rapporto fra pensiero, lin-guaggio e realtà: i concetti e i termini con cui li esprimiamosono in grado di rispecchiare l’essere e la struttura dellarealtà? Esiste l’uomo in generale o esistono solo i singoli in-dividui? I maestri medievali si chiedono se gli universali esi-stono solo come concetti della mente o se esistono anchenella realtà. In questo caso, se esistono separati dalle cose,come le Idee platoniche, oppure sono nelle cose stesse, co-me le forme aristoteliche. Le numerose soluzioni propostesi possono ricondurre a due tipi fondamentali: quella rea-listica (che afferma l’esistenza degli universali nella realtà) equella nominalistica (che li ritiene esistenti solo nell’intel-letto umano, per cui ciò che esiste realmente è solo singola-re). Realismo e nominalismo possono a loro volta distinguersiin due tendenze, una estrema e una moderata. Il realismo estremo, professato, fra gli altri, da Gugliemo diChampeaux (1070-1122), afferma la realtà sostanziale del-l’universale prima e separatamente da ciascun individuo,come idea perfetta o modello eterno nella mente divina.Ogni universale è presente interamente in ciascun individuo(per esempio: l’universale “umanità” rimane uno e identicoin tutti gli individui, a cui si aggiungono in un secondo tem-po qualità accidentali diverse in ogni singolo individuo). Il realismo moderato, professato da Boezio e sostenuto an-che da Tommaso d’Aquino, è una soluzione di tipo aristo-telico, in base alla quale gli universali esistono negli indi-vidui come forma intrinseca. Essi esistono, ma non comesono pensati, ossia come universali; sono incorporei, mauniti alle cose corporee, sebbene siano concepiti separata-mente dalle cose sensibili. Il nominalismo estremo, solitamente attribuito a Roscel-lino di Compiègne (1050-1120), sostiene non solo chenessun universale può esistere nelle cose, ma anche chenessun universale esiste nella mente dell’uomo. L’univer-sale si riduce così a flatus vocis, a una pura emissione divoce, senza alcun corrispettivo nella realtà. Il nominalismo moderato, o concettualismo, afferma la nonesistenza dell’universale nelle cose, ma solo nella mente.Secondo Abelardo, gli universali sono dei segni mentali,dei sermones (discorsi, parole), ossia delle parole con si-gnificato. L’universale è un nome che designa l’immagineconfusa estratta dal pensiero da una pluralità di individuidi natura simile. Gugliemo di Ockham (v. a pp. 142-143)arriva a identificare l’universale con il nostro stesso atto diintendere la realtà

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23 - Gli esordi della scolastica

Realismo estremo

Realismo moderato

Nominalismoestremo

Nominalismomoderato

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23 - Gli esordi della scolastica

Severino Boezio scrive il De consolatione philosophiae e traduce e commenta i te-sti logici di Aristotele e Porfirio, assicurando la continuità fra il pensiero antico equello medievale.In logica tratta diffusamente del problema degli universali, assumendo una posi-zione di realismo moderato.

Con il termine scolastica si designa il sapere filosofico, teologico e scientifico ela-borato in età medievale (secc. VI-XIV), perché nel Medioevo la produzione intel-lettuale è legata alle scuole.

Primo periodo (secc.VI-XI): caratterizzato dall’indagine razionale sulla fede, con l’au-silio della filosofia neoplatonica (G. Scoto Eriugena, Anselmo d’Aosta, P. Abelardo).

Secondo periodo (sec. XIII), segnato dal confronto tra teologia cristiana e meta-fisica aristotelica, con tre direzioni interpretative: a. Bonaventura da Bagnoregioe la sua scuola respingono l’aristotelismo in favore dell’agostinismo e del neo-platonismo cristiano tradizionale; b. gli averroisti latini (Sigieri di Brabante e Boe-zio di Dacia) segono un aristotelismo radicale; c. Tommaso d’Aquino propone unalinea intermedia.

Terzo periodo (sec. XIV): cerca nuovi equilibri con lo studio rigoroso dei metodi edei linguaggi propri delle singole discipline (Guglielmo di Ockham, Marsilio da Pa-dova e Giovanni Buridano).

Giovanni Scoto Eriugena dà un’impostazione neoplatonica alla sua opera più fa-mosa, De divisione naturae, in cui evidenzia l’esistenza di quattro nature o divisio-ni. Per escludere antropomorfismi, Scoto Eriugena precisa che di Dio possiamo co-noscere e dire ciò che non è più che ciò che è.

Anselmo d’Aosta elabora prove a posteriori per dimostrare l’esistenza di Dio, chesi reggono su una concezione realistica degli universali. Nel Proslogion propone ununico argomento (l’argomento ontologico) per dimostrare a priori l’esistenza di Dio,“ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore”.

Pietro Abelardo studia la logica e affronta il problema degli universali, a cui dà unasoluzione innovativa, considerando gli universali come parole dotate di significato;applica la logica e la filosofia anche nell’ambito della teologia.In etica sostiene rivoluzionariamente che la moralità degli atti non è la norma este-riore, ma l’intenzione con cui si compie un’azione.

La disputa sugli universali, cioè l’essere dei concetti generali, è uno dei temi piùdibattuti perché pone il problema del rapporto fra pensiero, linguaggio e realtà.I maestri medievali si chiedono se gli universali esistono come concetti della men-te o se esistono anche nella realtà (in quest’ultimo caso, se esistono separati dal-le cose o sono nelle cose stesse).

Il realismo estremo (Gugliemo di Champeaux) afferma la realtà sostanziale dell’u-niversale prima e separatamente da ciascun individuo.

Il realismo moderato (Boezio, Tommaso d’Aquino) ritiene che gli universali esista-no solo negli individui come forma intrinseca.

SCHEMA RIASSUNTIVOSEVERINO BOEZIO

LA SCOLASTICA

I fase della scolastica

II fase della scolastica

III fase della scolastica

SCOTO ERIUGENA

ANSELMO D’AOSTAE LE PROVE DELL’ESISTENZADI DIO

ABELARDO E IL PROBLEMADEGLI UNIVERSALI

LA DISPUTASUGLI UNIVERSALI

Il realismo estremo

Il realismo moderato

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23 - Gli esordi della scolastica

1. Boezio come riesce ad assicurare la continuitàfra pensiero antico e medievale? 124a

2. Che cos’è la scolastica? 124b3. Quali sono le fasi della scolastica? 125b4. Anselmo d’Aosta come dimostra l’esistenza diDio? 126b-127a

5. Come risolve Abelardo il problema degli univer-sali? 127b

6. In che cosa consiste la soluzione realista al pro-blema degli universali? 128a

DOMANDE DI VERIFICA

Il nominalismo estremo (Roscellino di Compiègne), sostiene che l’universale nonpuò esistere né nelle cose né nella mente dell’uomo, essendo una pura emissionedi voce, senza alcun corrispettivo nella realtà.

Il nominalismo moderato, o concettualismo (Abelardo, Gugliemo di Ockham), af-ferma l’esistenza dell’universale solo nella mente ma non nelle cose.

segue

Il nominalismo estremo

Il nominalismomoderato

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La filosofia arabaLa filosofia araba influenza profondamente l’Occidente, svol-gendo una funzione di legame e di transizione feconda frail pensiero antico e moderno. Gli arabi infatti, all’epoca del-la loro conquista dei territori bizantini nel Mediterraneoorientale, acquisiscono gran parte del patrimonio filoso-fico e scientifico del mondo antico, che attraverso com-plessi itinerari di traduzioni (dal greco al siriaco e all’ara-bo, e quindi al latino, spesso con la mediazione dell’ebrai-co) giunge in Europa. In particolare, dal sec. XI si diffon-dono in Europa sia le opere di Aristotele, sconosciute nel-la loro interezza, sia i testi dei principali pensatori arabi, chea partire dalle traduzioni di Aristotele, spesso inserite in con-testi neoplatonici, hanno elaborato prospettive filosofichediverse, di tipo mistico o naturalistico o materialistico.

� AvicennaAvicenna, filosofo e medico persiano (circa 980-1037), espo-ne la sua filosofia, influenzata da Aristotele e Plotino, ne Il li-bro della guarigione. In ogni cosa si può distinguere l’es-senza, che è l’identità di una cosa espressa da un concetto, el’essere, che indica invece il fatto che la cosa esista. Nel mon-do nessuna cosa esiste in modo necessario, perché l’esisten-za è indifferente a questa o a quella essenza: perciò se nien-te è necessario, niente si è fatto da solo. Il mondo ha quin-di bisogno di una causa prima che dia esistenza a tutto ciòche è, e questa causa prima è Dio. Dio è uno e semplice (in-fatti in lui l’essenza e l’essere sono inseparabili) ed è ancheeterno, perché esiste da sempre e per sempre. In quanto pro-dotto da un Dio eterno, anche il mondo è eterno. La crea-zione è pensata come emanazione e nella decima e ultimasfera celeste compare un intelletto attivo (o agente), che reg-ge il mondo terrestre e suscita nell’uomo, che ha un’animaimmortale, la conoscenza delle idee universali.

Gli arabi: mediatorifra il pensiero anticoe moderno

Le traduzioni delleopere classiche

La distinzione fraessenza ed essere

Dio, causa primadel mondo

L’intelletto attivo

24 La filosofia araba ed ebraicaNella filosofia e, più in generale, nella cultura cristiana medievale gli arabi e gli ebrei, pur essendo fedeli di due religioni estranee al cristianesimo, svolgono un ruolo fondamentale di mediazione e di scambio culturale,introducendo in Occidente i tesori della scienza e della cultura classiche, andati perduti nella crisi seguita al crollo dell’impero romano.

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� AverroèAverroè, filosofo arabo spagnolo (1126-1198), dal ’200 al ’600è considerato “il” commentatore di Aristotele per eccel-lenza. Oltre agli importanti Commenti ad Aristotele (tra cuiMetafisica, Fisica, Etica Nicomachea), scrive trattati teolo-gici e La distruzione della distruzione in difesa della filo-sofia. Secondo Averroè il Corano contiene la religione per-fetta, che dovrebbe essere la guida dell’umanità. Mentre ilpopolo deve attenersi al senso letterale, gli intellettuali pos-sono decifrare i simboli poetici del Corano, seguendone le“suggestioni”. Ci sono perciò molti modi per raggiungerela verità, che pure è una sola (non la “doppia verità” un tem-po a lui attribuita). Influenzato dall’islamismo, da Aristotelee da Plotino, Averroè concepisce tutto ciò che esiste secon-do un rigoroso ordine gerarchico, al cui vertice si trova Dio.Dio però non crea il mondo: il mondo, il suo movimentoe la materia sono eterni. L’ordine della realtà si rispecchianelle scienze, organizzate da Averroè in un insieme armoni-co. L’ordine della scienza è prodotto nella luce di un’intel-ligenza originaria ed eterna, quella che Aristotele indica nel-la figura dell’intelletto agente. All’azione di questo intellet-to risponde nell’uomo un intelletto possibile, quale capa-cità di trascendere la conoscenza sensibile per giungere al-l’universalità della scienza. Ma, a differenza di Aristotele, perAverroè anche l’intelletto possibile è eterno e separato dal-l’individualità di ogni uomo: non è che la disposizione tra-smessa dall’intelletto agente. L’anima propriamente indivi-duale (solitamente distinta in vegetativa, sensitiva e intel-lettiva) è pertanto mortale e scompare con il corpo.

La filosofia ebraicaLa mediazione fra la lingua araba e quella latina nel Medioe-vo viene spesso svolta da pensatori ebrei, conoscitori di en-trambe le lingue, che svolgono quindi un ruolo intermediofra cristianesimo e Islam. Duramente perseguitati nell’Occi-dente cristiano, perché ritenuti i responsabili della morte diCristo, nei paesi musulmani gli ebrei sono trattati con tolle-ranza e qui sviluppano una riflessione filosofica in strettaaderenza e fedeltà alla tradizione biblica.

� AvicebronAvicebron, poeta e filosofo ebreo (1020-circa 1070), scrive inarabo la sua opera più importante, la Fonte della vita (suc-cessivamente tradotta in latino), in cui compie il tentativo diripensare la filosofia aristotelica e neoplatonica allo scopo di

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24 - La filosofia araba ed ebraica

“Il” commentatoredi Aristotele

Il Corano contienela religione perfetta

L’ordine gerarchicodella realtà

Intelletto agente e intelletto possibile

La mediazione fra il mondo arabo e l’Europa

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24 - La filosofia araba ed ebraica

fondare una nuova fisica. Dio è l’essenza assoluta al di sopradi tutto l’essere creato; è semplicissimo, libero. Dalla sua li-bera volontà derivano tutti gli esseri spirituali e materiali, chesono composti di materia e forma (teoria ilemorfica) e le for-me si moltiplicano in ogni essere secondo i suoi livelli di per-fezione. Questa teoria ha una vasta risonanza nella scolasticaoccidentale e influenza, in particolare, l’agostinismo. L’intel-letto umano possiede tutta la scienza, ma nella sua fisicità diessere creato questa conoscenza rimane obnubilata. L’uomoraggiunge la felicità nella contemplazione di Dio, liberandosicon lo sforzo meditativo dai legami con le cose materiali.

� Mosè MaimonideMosè Maimonide (1135-1204), medico e filosofo ebreo diSpagna, scrive in arabo e traduce poi in ebraico la Guida deiperplessi, che ha vasta influenza sul pensiero occidentale delsec. XIII e rimane una delle opere fondamentali del pensieroebraico fino a oggi. I destinatari dell’opera sono coloro cheesitano tra l’obbedire soltanto alla fede o l’affidarsi anche al-la ragione, con il possibile contrasto che può nascere tra i duepunti di vista. Convinto della conciliabilità tra ragione e fe-de, Maimonide pensa che la filosofia sia indispensabile per in-terpretare la rivelazione biblica e su talune questioni possaconfermarla razionalmente. Privilegia la filosofia di Aristotele,filtrata attraverso la riflessione araba (Avicenna) ed ebraica esfumata di neoplatonismo. Dimostra l’unicità di Dio fondan-dola sull’esistenza di un primo motore, principio di attualità

La teoria ilemorfica

La pluralità delle forme

Il rapportoragione/fede

L’unicità di Dio

Nella filosofia di Aristotele l’intelletto agente indica la funzioneattiva dell’intelletto. Per Aristotele l’intelletto dipende dalla sen-sibilità quanto alla sua possibilità di conoscere, ma contempo-raneamente esso è conoscenza dell’universale che è di naturaaffatto diversa dalla sensazione. Si pone allora il problema dispiegare il divenire della vita intellettuale, che non può deri-vare da un’azione corporea delle cose. Aristotele parla di unaluce intellettuale capace di illuminare l’intelligibile universalepresente nelle forme sensibili, così come la luce fa sì che i co-lori, visibili in potenza, siano visibili in atto. Questa funzione at-tiva dell’intelletto attua la capacità che l’intelletto stesso possie-de di ricevere le forme intelligibili, cioè fa passare all’atto l’in-telletto possibile, vale a dire l’intelletto in quanto è in potenzaa ricevere tutte le forme. In questo modo Aristotele avvia unaprofonda riflessione sull’intelligenza come dinamismo dotato divita interiore, di relazione dialogica e di produzione espressiva.Questa concezione sta alla base delle teorie e delle controver-sie della filosofia araba e scolastica medievale sulla natura e im-mortalità dell’anima e sul rapporto tra anima e corpo.

CHE COS’ÈL’INTELLETTO

AGENTE

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24 - La filosofia araba ed ebraica

esente da ogni potenzialità e perciò necessario. Se accanto aDio vi fosse il mondo ed esso fosse eterno, come vuole Ari-stotele, Dio sarebbe legato alla necessità del mondo stesso, ilche va contro il principio della creazione, che è avvenuta neltempo. Da Dio hanno origine le intelligenze che presiedonoal moto dell’universo e anche l’intelletto agente che fa pas-sare all’atto la nostra intelligenza. Colui che meglio di tutti co-glie quest’influsso divino è il profeta, il quale contemplandol’amore divino è guida per gli altri uomini.

La filosofia araba, attraverso anche la mediazione dei pensatori ebrei, influenzaprofondamente la filosofia cristiana medievale e, in particolare, diffonde in Europail pensiero di Aristotele.

Avicenna distingue in ogni cosa l’essenza, che è l’identità espressa da un concet-to, e l’essere, che indica l’esistenza della cosa.

Il mondo ha bisogno di una causa prima che dia esistenza a tutto ciò che è, e questacausa prima è Dio, che è eterno perché in lui l’essenza e l’essere sono inseparabili.

La creazione è pensata come emanazione e nella decima e ultima sfera celestecompare un intelletto attivo, che regge il mondo terrestre e assiste l’uomo nella co-noscenza delle idee universali.

Averroè, influenzato dall’islamismo, da Aristotele e da Plotino, concepisce tutto ciòche esiste secondo un rigoroso ordine gerarchico, al cui vertice si trova Dio.

L’intelletto agente, originario ed eterno, ordina la realtà e le scienze e suscita nel-l’uomo un intelletto possibile, che è eterno e separato dall’individualità di ogni uo-mo ed è la capacità di trascendere la conoscenza sensibile.

Avicebron nella Fonte della vita concepisce Dio come l’essenza assoluta al di so-pra di tutto l’essere creato, dalla cui libera volontà derivano tutti gli esseri, com-posti di materia e forma; le forme, inoltre, si moltiplicano in ogni essere secondo isuoi livelli di perfezione.

Mosè Maimonide sostiene la conciliabilità tra ragione e fede, nella convinzione chela filosofia sia indispensabile per interpretare la rivelazione biblica.

Dimostra razionalmente l’unicità di Dio, da cui hanno origine le intelligenze che pre-siedono al moto dell’universo e anche l’intelletto agente che fa passare all’atto lanostra intelligenza.

SCHEMA RIASSUNTIVORUOLO DELLA FILOSOFIAARABA ED EBRAICA

AVICENNA

La causa prima

La creazione e l’intelletto attivo

AVERROÈ

L’intelletto agente e l’intelletto possibile

AVICEBRONE LA TEORIA ILEMORFICA

MOSÈ MAIMONIDE EIL RAPPORTO FEDE/RAGIONE

L’intelletto agente

1. Che ruolo svolgono i filosofi arabi nella culturamedievale? 131a

2. Come viene concepito l’intelletto agente da Avi-cenna e da Averroè? 131b-132b

3. Quali tesi di Avicebron influenzano il pensierocristiano medievale? 133a

4. Come concepisce il rapporto filosofia-fede Mo-sè Maimonide? 133b

DOMANDE DI VERIFICA

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Alberto MagnoDi origine tedesca (circa 1206-1280), domenicano, AlbertoMagno è maestro di teologia all’Università di Parigi dove hacome allievo Tommaso d’Aquino. Insegna poi a Colonia e inaltre città. Nel 1260 è nominato vescovo e svolge missionicome nunzio papale. La sua produzione è assai vasta: opere teologiche (Tratta-to sulla natura del bene, Summa sulle creature, commen-to alle Sententiae di Pier Lombardo, Summa di teologia ecommenti biblici); opere filosofiche, come i commenti alleopere di Dionigi Areopagita e le parafrasi di quasi tutte leopere di Aristotele e di alcune opere di Boezio. Alberto Magno accoglie e assimila nella cultura cristiana ilpensiero di Aristotele, le scienze e i risultati conseguiti dal-la filosofia dell’età classica. Metodologicamente afferma l’au-tonomia delle scienze profane e della sperimentazione, co-me anche la differenza tra teologia e filosofia, con la premi-nenza della prima, ma anche con i diritti della seconda: es-se si incontrano in una sintesi superiore.Tutto deve tenderea Dio, che è il bene supremo.Intervenendo sul problema degli universali, assume unaposizione di realismo moderato, per cui gli universali pos-siedono una realtà sia antecedente alle cose, sia nelle cosestesse, sia derivata per astrazione dalle cose. L’anima è per-sonale e immortale e l’intelletto agente (v. riquadro a p. 131)ne fa parte, rendendo possibile la conoscenza dei concettiuniversali in noi come riflesso delle idee nella mente di Dio,il quale nella creazione le unisce alla materia come formedelle cose. In campo etico Alberto Magno insiste sul liberoarbitrio e sulla coscienza come giudice nell’applicazione deiprincipi ai casi concreti.

La vita

Le opere

Il problema degli universali

L’intelletto agente

25 L’aristotelismo medievale e Tommaso d’Aquino

Il secolo XIII, tradizionalmente considerato l’apogeo della scolastica, è caratterizzato dalla riscoperta del pensiero aristotelico, che suscita reazionicontrastanti in quanto si passa dalla sua accettazione piena e completa, come nell’averroismo, all’opposizione netta, come nell’agostinismo, finoalla sua sintesi equilibrata con le verità rivelate di Tommaso d’Aquino.

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25 - L’aristotelismo medievale e Tommaso d’Aquino

Tommaso d’AquinoNasce a Roccasecca, presso Aquino (Frosinone), intorno al1221, studia filosofia a Napoli, dove entra nell’ordine do-menicano; completa gli studi di teologia a Parigi, alla scuo-la di Alberto Magno, che segue poi a Colonia. Maestro di teo-logia a Parigi e a Napoli, diviene reggente dello studio teo-logico pontificio a Roma. Muore nell’abbazia di Fossanova,presso Terracina, nel 1274. Scrive numerose opere: di ca-rattere teologico sono la Summa contra Gentiles, la gran-de Summa theologiae, le raccolte di Quaestiones disputa-tae; di natura filosofica sono invece i Commentari alle prin-cipali opere di Aristotele, di Dionigi Areopagita, di SeverinoBoezio, dell’anonimo autore arabo del Libro delle cause, ol-tre ad alcuni Opuscola (De ente et essentia, De unitate in-tellectus contra Averroistas, De substantiis separatis).

� Il rapporto fra la ragione e la rivelazioneTommaso ritiene che tra la ragione e la rivelazione non esi-sta conflitto, poiché si tratta di due modalità di accesso allaverità, la quale è intrinsecamente una, come afferma in pole-mica con i sostenitori della “doppia verità” (v. a p. 139). La fi-losofia possiede un’autonomia di oggetto e di metodo e de-ve esplorare in modo rigoroso l’universo fisico, la strutturadell’uomo e, al suo vertice metafisico, la totalità dell’essere edelle perfezioni trascendentali. L’oggetto della teologia, di cuiTommaso difende il carattere scientifico, è costituito dai con-tenuti specifici della rivelazione offerta all’uomo per suppor-tarlo nella conoscenza di verità indispensabili per la sua com-pleta realizzazione, ma irraggiungibili con la sola ragione.

� Le prove dell’esistenza di DioTommaso propone una dimostrazione dell’esistenza di Dioa posteriori, partendo da cinque vie (modalità) diverse del da-to empirico, che rinviano, come condizione ultima della loropossibilità, alla necessità dell’esistenza di un Principio Primo. Nella prima via si parte dal divenire delle cose sensibili pergiungere all’esistenza di un Primo Motore immobile. La se-conda via analizza i rapporti di causalità per arrivare a una Cau-sa Prima. La terza via, sulla base del carattere di contingenzadel mondo, giunge all’affermazione di un Essere necessario,anteriore a ogni essere possibile. La quarta via, considerandola distribuzione per gradi delle perfezioni più universali pos-sedute dalle cose, conclude all’esistenza di un Essere perfet-tissimo, che è causa delle perfezioni parziali dei singoli enti.La quinta via, sulla base delle regolarità dei comportamenti

La vita

Le opere

L’autonomia della filosofia

Il caratterescientifico della teologia

Le cinque vie delladimostrazionedell’esistenza di Dio

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25 - L’aristotelismo medievale e Tommaso d’Aquino

degli agenti privi di conoscenza, riconosce l’esistenza di unFine ultimo e unitario. Il primo essere così dimostrato, to-talmente perfetto e sottratto ai limiti del contingente, corri-sponde a ciò che filosofi e teologi chiamano Dio. L’attributo divino più importante per Tommaso è quello del-l’onnipotenza creatrice, che crea dal nulla tutti gli enti finiti,i quali, come risultato di un libero atto creativo, contraggonoun intrinseco ordinamento a Dio come al proprio fine ultimo.

� La teoria della conoscenza e l’antropologiaTommaso accoglie da Aristotele l’istanza della teoria della co-noscenza, secondo la quale tutti i concetti presenti nella men-te dell’uomo derivano dall’esperienza sensibile, medianteun processo di astrazione, con cui l’intelletto umano libera lerappresentazioni degli oggetti dai riferimenti spazio-tempora-li. Dai concetti universali l’uomo può partire per costruire del-le proposizioni che, sottomesse ai principi primi della cono-scenza (in particolare al principio di non contraddizione), con-sentono di elaborare conclusioni scientifiche, nell’ottica dellascienza deduttiva aristotelica. Sempre di provenienza aristo-telica è la dottrina dell’anima umana come forma sostanzia-le del corpo: in quanto unica forma dell’uomo, l’anima intel-lettiva svolge anche le funzioni di forma vegetativa e sensitiva.Siccome dispone di operazioni a cui non partecipano i sensi(come l’autocoscienza e la conoscenza dell’universale), l’ani-madell’uomopossiede un suo essere autonomo, per cui nondeve necessariamente corrompersi con la corruzione del cor-po. In questo modo l’aristotelismo viene accordato con la dot-trina cristiana tradizionale dell’immortalità dell’anima, senzaammettere l’esistenza nell’anima di conoscenze provenientidirettamente dal divino, come aveva fatto Agostino con la teo-ria dell’illuminazione. L’aristotelismo di Tommaso tuttavia èrielaborato in modo personale e nel campo della metafisicaaccoglie importanti dottrine neoplatoniche, come quella del-la partecipazione dell’essere e quella dell’esistenza di una ge-rarchia nelle sostanze intellettive, costituenti il cosmo spiri-tuale, o noetico, situato tra Dio e il mondo sensibile.

� Etica e politicaTommaso giudica incompleta l’etica di Aristotele, ripro-posta dai seguaci dell’aristotelismo radicale, che riconducela felicità dell’uomo alla massima attivazione della cono-scenza intellettiva. Questa attività intellettiva non può rap-presentare il fine ultimo beatificante di tutti gli uomini, per-ché si tratta di una conoscenza astratta ed, essendo prero-gativa dell’uomo composto di anima e corpo, cessa con la

L’onnipotenzacreatrice di Dio

La teoria della conoscenza

La dottrinadell’anima

La metafisica

Critica all’eticaaristotelica

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25 - L’aristotelismo medievale e Tommaso d’Aquino

morte del corpo. Invece la vera felicità attinge il proprio og-getto in modo esaustivo e incessante ed è perciò appan-naggio della vita eterna, attraverso la visione beatifica diDio. L’impegno politico deve mirare alla costruzione di unapacifica convivenza tra gli uomini, perché tutti possano vi-vere in modo soddisfacente e ordinato la destinazione al fi-ne ultimo ultraterreno. Per questo l’autorità politica è li-mitata dalla necessaria subordinazione delle finalità terrenealla vita eterna e deve sintonizzarsi con l’autorità religiosa.

L’agostinismo e Bonaventura da BagnoregioNel sec. XIII in antitesi all’aristotelismo di Tommaso si ponel’agostinismo, che, sulla linea di pensiero di sant’Agostino,rimprovera ad Aristotele l’eternità del mondo, inconciliabilecon il concetto biblico di creazione, e il riconoscimento di Diosolo come causa finale e non come persona. Bonaventura da Bagnoregio (circa 1217-1274), sommo espo-nente della scuola francescana, svolge un ruolo di primo pia-no in questa polemica. Studia all’università di Parigi sotto laguida di Alessandro di Hales e nel 1248 inizia l’insegnamen-to. Interviene contro il dilagante averroismo e spende gli ul-timi suoi anni nella preparazione del concilio di Lione (1274)per promuovere l’unione con le Chiese ortodosse. Il suo pensiero è caratterizzato da una profonda dimensioneunitaria nella quale filosofia, teologia e mistica si trovano siste-maticamente fuse. Riprendendo tematiche filosofiche e teolo-giche di Agostino e Anselmo d’Aosta, Bonaventura si inseriscenella tradizione del neoplatonismo cristiano. La sua specula-zione è interamente volta alla ricerca costante di Dio, di cui ilmondo è improntato secondo rinvii analogici che occorre de-cifrarenel loro graduale avvicinarsi alla realtà eterna. Qui si col-loca il compito del viaggio mistico che porta a pienezza “l’iti-nerario della mente in Dio” (Itinerarium mentis in Deum,1259), quell’itinerario che è reso possibile soltanto dall’origi-naria presenza illuminante di Dio nella stessa anima dell’uomo.

L’aristotelismo radicale o averroismo latinoAnche l’averroismo (v. Averroè a p. 132), che si afferma a par-tire dalla seconda metà del sec. XIII soprattutto per opera diSigieri di Brabante, Boezio di Dacia e Giovanni di Jandun,contesta la sintesi tomista in nome di un aristotelismo radica-le. Gli averroisti, infatti, rivendicano la validità filosofica di tesiin contrasto con la dottrina rivelata, quali l’unicità dell’intellet-to per tutto il genere umano, e quindi la negazione dell’im-

La vera felicità

La politica

La polemicaagostinismo-aristotelismo

Bonaventura da Bagnoregio

Circolarità trafilosofia, teologia e mistica

La ricerca di Dio

Il viaggio mistico

Il movimentoaverroista

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25 - L’aristotelismo medievale e Tommaso d’Aquino

mortalità dell’anima individuale; l’eternità del mondo; l’auto-sufficienza della filosofia in ordine alla felicità terrena dell’uo-mo. Sono perciò accusati di sostenere la teoria della “doppiaverità” per la quale le verità di fede e le verità di ragione, tra lo-ro indipendenti, possono arrivare a conclusioni contrastanti.

La teoria della“doppia verità”

Alberto Magno assimila nella cultura cristiana il pensiero di Aristotele e afferma l’auto-nomia delle scienze profane e della sperimentazione e la sostanziale differenza tra teo-logia e filosofia.Nel dibattito sugli universali, assume una posizione di realismo moderato: considera l’a-nima personale e immortale come l’intelletto attivo, che ne fa parte.

Tommaso d’Aquino ritiene che tra ragione e rivelazione non esista conflitto e che la fi-losofia possieda un’autonomia di oggetto e di metodo rispetto alla teologia, che ha peròun proprio carattere scientifico.

Propone una dimostrazione dell’esistenza di Dio a posteriori, partendo da cinque vie di-verse del dato empirico, che rinviano alla necessità dell’esistenza di un Principio Primo,come condizione ultima della loro possibilità.

Riprende da Aristotele la teoria della conoscenza e la dottrina dell’anima umana co-me forma sostanziale del corpo, che non muore con esso poiché possiede un esse-re autonomo.

Giudica incompleta l’etica filosofica di Aristotele, ritenendo la vera felicità appannag-gio della vita eterna, attraverso la visione beatifica di Dio.

L’impegno politico deve mirare alla costruzione di una pacifica convivenza tra gli uomi-ni e l’autonomia dell’autorità politica è limitata dall’autorità religiosa.

In opposizione all’aristotelismo di Tommaso si pone l’agostinismo. Bonaventura da Ba-gnoregio, sostenitore della dimensione unitaria di filosofia, teologia e mistica, è rivoltoalla ricerca costante di Dio secondo rinvii analogici presenti nel mondo, che guidano ilviaggio mistico dell’”itinerario della mente in Dio”.

Anche il movimento averroista, che si afferma soprattutto per opera di Sigieri di Bra-bante, Boezio di Dacia e Giovanni di Jandun, contesta la sintesi tomista in nome di unaristotelismo radicale.

Gli averroisti rivendicano la validità filosofica di tesi in contrasto con la dottrina rivelatae sono perciò accusati di sostenere la teoria della “doppia verità”.

SCHEMA RIASSUNTIVOALBERTO MAGNO

TOMMASO D’AQUINO

Le cinque vie per la dimostrazionedell’esistenza di Dio

La gnoseologia e l’antropologia

La vera felicità

La politica

L’AGOSTINISMOE BONAVENTURADA BAGNOREGIO

L’AVERROISMO

La teoria della “doppia verità”

1. Che rapporto c’è fra filosofia e teologia per Al-berto Magno? 135a

2. Tommaso d’Aquino in che modo dimostra l’esi-stenza di Dio? 136b-137a

3. Tommaso come interpreta l’etica aristotelica?137b

4. Perché l’agostinismo si oppone all’aristotelismotomista? 138a

5. Che cos’è “l’itinerario della mente in Dio” di Bo-naventura? 138b

6. Che cos’è la teoria della “doppia verità”? 139a

DOMANDE DI VERIFICA

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L’università di Oxford e Ruggero BaconeI maestri di Oxford, in contrapposizione polemica con l’ari-stotelismo di Tommaso, sostengono la completa indipen-denza della fede dalla ragione, ribadendo sia l’importanzadella ragione nella chiarificazione e dimostrazione dei dog-mi di fede, sia la sua leggittimità nello sviluppare autono-mamente la propria ricerca. In questo modo le scienze, svin-colate dalla teologia, sono libere di indagare i propri ambiticon i propri specifici strumenti. Ecco perché proprio aOxford si sviluppa particolarmente l’interesse per le disci-pline scientifiche, già a partire dalla riflessione di RuggeroBacone (circa 1214-1292). Bacone, pur riconoscendo nellarivelazione cristiana la base dei principi di tutte le disciplinescientifiche, sottolinea l’importanza, come fonte di cono-scenza, oltre che della ragione, che mai arriva a sciogliere ildubbio, dell’esperienza, che può essere di due tipi: ester-na, data attraverso i sensi e che fornisce le verità naturali, ointerna, detta anche “via mistica”, data attraverso l’illumi-nazione divina e che fornisce le verità soprannaturali.

Giovanni Duns ScotoIl francescano Duns Scoto (circa 1265-1308) insegna teolo-gia nelle università di Oxford e di Parigi e nello studio teo-logico francescano di Colonia. Le sue opere più importanti

I maestri di Oxford

Ruggero Bacone

Ragione ed esperienza

26 L’esaurirsi della scolastica:Duns Scoto e Guglielmo di Ockham

Nel XIV secolo la terza fase della scolastica si caratterizza per la vivacepresenza della scuola francescana, particolarmente influente nell’universitàdi Oxford. I maestri di Oxford privilegiano, fin dai tempi di Ruggero Bacone,un orientamento scientifico-empirista, che viene portato alle estremeconseguenze da Giovanni Duns Scoto e, soprattutto, da Gugliemo diOckham e contribuisce alla messa in crisi e al superamento dell’unità culturalemedievale, anticipando prospettive caratteristiche del pensiero moderno,anche sul piano politico con Marsilio da Padova.

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sono l’Opus oxoniense (denominato anche Ordinatio Sco-ti) e i Reportata parisiensia; significativi sono anche il trat-tato De primo principio e il Quodlibet.

� Rivelazione e filosofiaDiscostandosi dalla tesi di Tommaso d’Aquino, che ritienela teologia una scienza rigorosa, Duns Scoto distingue lateologia in sé, ossia la conoscenza dei caratteri peculiaridell’essenza divina propria solo dell’intelletto di Dio, e lateologia nostra, che si avvale delle notizie fornite dalla ri-velazione e non dispone della conoscenza diretta dell’es-senza divina. Lametafisica possiede un ambito distinto dalla teologia; es-sa studia la realtà attraverso il filtro delle categorie ontolo-giche, rispettando le quattro condizioni della piena scien-tificità: si tratta di una conoscenza certa, relativa a un og-getto necessario, le cui conclusioni godono di evidenza esono ottenute per via di argomentazione sillogistica. Il con-cetto di ente infinito è la nozione più perfetta che il me-tafisico può raggiungere nell’analisi dell’ente; l’infinitàesprime invece la più alta perfezione di Dio che il teologopuò formarsi in base alla rivelazione, non essendo possibi-le all’intelletto cogliere direttamente le perfezioni divine. Duns Scoto ritiene quindi che la dimostrazione dell’esi-stenza di Dio debba consistere nella dimostrazione del-l’esistenza in atto dell’ente infinito, secondo un percorsoche fonde in sé istanze a posteriori e istanze a priori. L’ana-lisi della causalità degli enti finiti, oggetto di esperienza, por-ta all’ammissione della possibilità di una causa efficiente pri-ma, di una causa finale suprema e di un ente perfettissi-mo. Queste perfezioni risultano convergenti, sino a coinci-dere con l’infinità, in cui sono comprese tanto le perfezio-ni attuali, quanto quelle possibili. A questo punto Duns Sco-to riprende l’istanza a priori: se un ente infinito primo è pos-sibile, deve esistere necessariamente nella realtà; se non esi-stesse, dovrebbe dipendere da altro per esistere, e non sa-rebbe perciò né l’ente primo, né l’ente infinito.

� L’individuazione e la volontàLa conoscenza intellettiva dell’uomo si esplica mediante iconcetti universali; l’intelletto dispone tuttavia anche di unaconoscenza intuitiva del particolare. Il passaggio dalla natu-ra universale specifica a quella individuale avviene attraver-so una perfezione della forma, che rende la natura univer-sale “questa” forma particolare, denominata “ecceità”. In-telletto e volontà, che sono le potenze dell’anima, si distin-

La teologia in sé

La teologia nostra

La metafisica

Il concetto di enteinfinito

La dimostrazionedell’esistenza di Dio

I concetti universali

L’ecceità

26 - L’esaurirsi della scolastica: Duns Scoto e Guglielmo di Ockham

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26 - L’esaurirsi della scolastica: Duns Scoto e Guglielmo di Ockham

guono, poiché la volontà è autonoma nei confronti dell’in-telletto, anche se non al punto da poter decidere della mo-ralità degli atti senza un continuo confronto con la valuta-zione dell’intelletto (volontarismo).

Guglielmo di OckhamAnch’egli francescano, Gugliemo di Ockham, o di Occam,(circa 1280-1347), insegna teologia a Oxford. Scrive operedi teologia (Commento alle Sentenze, Quodlibeta), di logi-ca (Summa logicae), ecclesiologiche, polemico-politiche(Breviloquium de potestate papae).

� Logica e filosofia del linguaggioLa qualifica tradizionale di nominalismo attribuita alla pro-duzione logico-linguistica di Gugliemo di Ockham va intesacome rigoroso vaglio del significato dei termini del linguag-gio. All’interno della logica è centrale l’applicazione dellateoria della supposizione, cioè l’analisi del potere signifi-cativo dei termini, che sono in grado di supporre per (cioèstare al posto di) una qualsiasi cosa distinta da essi. Guglielmo di Ockham esclude che esistano realtà o essen-ze universali; il concetto esiste solo nell’intelletto, ma nonè convenzionale: per natura propria esso è capace di far co-noscere le cose individuali.

� Metafisica e teologiaPropone una rielaborazione delle prove a posteriori dell’e-sistenza di Dio, focalizzata sulla causa “conservante”, chia-mata a rendere ragione della “conservazione”, cioè del per-manere nell’essere degli enti finiti. Nega tuttavia che con lasola ragione si possa “rigorosamente” provare che Dio siaunico, infinito e onnipotente, poiché nessuna verità rivela-ta può, in quanto tale, essere oggetto di dimostrazione. Que-sta sua posizione radicale mette fino in fondo in crisi la pre-tesa scolastica di dimostrare razionalmente le verità di fedee crea le premesse per l’emancipazione della filosofia dallateologia, poiché quest’ultima non è più concepibile comescienza rigorosa.

� Filosofia della natura e “rasoio” di Ockham Richiamandosi all’onnipotenza divina e alle sue implicazio-ni sul piano filosofico, Guglielmo di Ockham asserisce la ra-dicale relatività del mondo, contro la tesi aristotelica delmondo chiuso e in sé perfetto. Inoltre rivendica a Dio la pos-sibilità di creare altri mondi, anche più perfetti di quello at-

Il nominalismo

La teoria della supposizione

La dimostrazionedell’esistenza di Dio

I limiti della ragionenella conoscenza di Dio

La relatività del mondo

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26 - L’esaurirsi della scolastica: Duns Scoto e Guglielmo di Ockham

tuale. Nella filosofia della natura applica il principio meto-dologico secondo cui “si fa inutilmente con molte cose ciòche si può fare con poche cose” (detto anche “rasoio diOckham”): non si devono cioè moltiplicare gli “enti” natu-rali, senza necessità. Su queste basi, per esempio, non c’èbisogno di postulare nei corpi celesti una materia diversa, oquintessenza, rispetto alla materia dei corpi sublunari.

� Etica e pensiero politicoConvinto che la volontà umana è libera perché dispone diautonomia ripetto all’intelletto, e che tale libertà si mantie-ne anche di fronte al fine ultimo universale, sostiene che nonsi può fondare un’etica filosofica autonoma, dal momentoche solo dalla rivelazione sappiamo con certezza che esi-ste un bene infinito, fine ultimo della volontà. Secondo Guglielmo di Ockham il diritto non va collegato aciò che è giusto in sé, ma al potere che l’individuo eserci-ta su di un bene, a una precisa facoltà attribuita da una leg-ge positiva. Contro i papi avignonesi, sostenitori di una Chie-sa-Stato, Guglielmo di Ockham dichiara “eretica” la tesi del-la “pienezza dei poteri” (che cumulerebbe il potere civile equello religioso) del papa, lesiva della distinzione degli am-biti e contraria alla legge evangelica. Storicamente l’Imperoha preceduto il papato e l’autorità civile è sorta autonoma-mente, prima dell’intervento papale.

Giovanni BuridanoMaestro all’università di Parigi (circa 1290-circa 1358), è au-tore di numerosi commenti alle principali opere di Aristo-tele. Nel campo della logica e della gnoseologia segue i nuo-vi sviluppi di Guglielmo di Ockham, del quale accoglie la so-luzione del problema degli universali: l’universalità è pre-rogativa dei concetti nella mente, mentre la realtà è costi-tuita interamente da entità individuali. Nelle opere di filosofia della natura Buridano ripropone fon-damentalmente la fisica e la cosmologia aristoteliche e cer-ca di farle coincidere con il punto di vista teologico, distin-guendo tra l’indagine fisica e l’ordine delle possibilità con-nesso all’onnipotenza di Dio. Dio infatti può intervenire nelcreato, sospendendo con un miracolo le leggi fisiche. Bu-ridano critica anche la soluzione aristotelica del problemadel moto violento: il proiettile compie la sua traiettoria tra-sversale non sotto la spinta dell’aria circostante, bensì perun impetus, ossia per una forza impressagli dal lanciatore,la quale agisce da motore intrinseco. Tale impetus è visto co-

Il “rasoio di Ockham”

Impossibilità di un’etica filosoficaautonoma

Il diritto

Il rapportoImpero-Chiesa

Il problemadegli universali

La fisica e la cosmologia

La teoriadell’impetus

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26 - L’esaurirsi della scolastica: Duns Scoto e Guglielmo di Ockham

me valida ipotesi anche per spiegare l’accelerazione dei gra-vi in caduta libera e il movimento delle sfere celesti. Conquesta dottrina Buridano offre un’anticipazione del moder-no principio d’inerzia, che verrà formulato compiutamente,per la prima volta, da Galileo (v. a pp.169-170).

Marsilio da PadovaPrincipale pensatore politico dell’epoca (1275-circa 1343), èrettore all’università di Parigi (1312-13). Lavora con Giovan-ni di Jandun alla redazione del trattato politico Defensor pa-cis (1324). Colpito dalla censura, si unisce a Guglielmo diOckham e ad altri francescani in dissidio con la linea papale.Ritenendo che la pace, fine e ragione di esistenza dello Sta-to, in quel momento storico sia minacciata dalle pretese teo-cratiche del papa, sostiene che la pace e la partecipazionenello Stato si identificano, così come nell’organismo viventela salute e l’armonia delle operazioni. In quanto membri diuna città terrena anche i sacerdoti devono essere subordi-nati allo Stato, di cui la comunità dei fedeli è parte integran-te. Detentore primo e assoluto del potere di istituire i go-vernanti e di approvare le leggi è il popolo, che normalmentedelega la gestione della cosa politica a rappresentanti che ga-rantiscano la vita ordinata e pacifica. La Chiesa è soggetta al-lo Stato per le regole della convivenza civile, ma è sottomes-sa solo a Dio in quanto maestra di morale.

La pace

Il popolo

Il ruolo della Chiesa

I maestri di Oxford privilegiano un orientamento scientifico-empirista e sostengonola completa indipendenza della fede dalla ragione.

L’interesse per le discipline scientifiche si sviluppa già con Ruggero Bacone, che sot-tolinea l’importanza, come fonte di conoscenza, dell’esperienza oltre che della ra-gione, che mai arriva a sciogliere il dubbio.

Giovanni Duns Scoto distingue la teologia in sé (conoscenza dell’essenza divina, pro-pria solo dell’intelletto di Dio) dalla teologia nostra (fondata sulla rivelazione, non di-spone della conoscenza diretta dell’essenza divina).

La metafisica si distingue dalla teologia e studia la realtà attraverso il filtro dellecategorie ontologiche, riconoscendo nel concetto di ente infinito la nozione più perfettaraggiungibile nell’analisi dell’ente.

L’infinità esprime la più alta perfezione di Dio, conoscibile sulla base della rivelazione;la dimostrazione dell’esistenza di Dio consiste, quindi, nella dimostrazionedell’esistenza in atto dell’ente infinito.

SCHEMA RIASSUNTIVOI MAESTRI DI OXFORD

RUGGERO BACONE

DUNS SCOTO

La metafisica

L’infinità

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26 - L’esaurirsi della scolastica: Duns Scoto e Guglielmo di Ockham

1. Qual è la caratteristica dell’università di Oxford?140a

2. Come è inteso da Duns Scoto il rapporto fra teo-logia e filosofia? 141a

3. Come risolvono il problema degli universali Gu-gliemo di Ockham e Giovanni Buridano? 142a-143b

4. Che cos’è il “rasoio di Ockham”? 142b5. Quali analogie esistono fra il pensiero politicodi Guglielmo di Ockham e le tesi di Marsilio daPadova? 143a-144

DOMANDE DI VERIFICA

La conoscenza intellettiva dell’uomo si esplica mediante i concetti universali, anchese l’intelletto dispone di una conoscenza intuitiva del particolare.

Il passaggio dalla natura universale specifica a quella individuale avviene attraversol’ecceità, che la rende “questa” forma particolare, realmente esistente.

Guglielmo di Ockham vaglia rigorosamente il significato dei termini del linguaggio edelabora la teoria della supposizione, cioè l’analisi del potere significativo dei termini.Esclude l’esistenza di realtà, o essenze, universali e considera il concetto capace persua natura di far conoscere le cose individuali.

Propone una rielaborazione delle prove a posteriori dell’esistenza di Dio, focalizzatasulla causa “conservante”, ma nega che con la sola ragione si possa “rigorosamen-te” provare l’unicità, l’infinità e l’onnipotenza di Dio.

Nella filosofia della natura applica il principio metodologico, noto come rasoio diOckham, secondo il quale “non si devono moltiplicare i percorsi (gli enti) senza ne-cessità”.

Sostiene che non si può fondare un’etica filosofica autonoma, poiché solo dalla rive-lazione sappiamo che esiste un bene infinito, fine ultimo della volontà.

Propone una concezione originale del diritto e dichiara “eretica” la tesi della “pienez-za dei poteri”, civile e religioso, del papa.

Giovanni Buridano condivide la soluzione di Guglielmo di Ockham al problema degliuniversali: l’universalità è prerogativa dei concetti nella mente, mentre la realtà è co-stituita interamente da entità individuali.

Critica la soluzione aristotelica del problema del moto violento, elabora la teoria del-l’impetus, considerata un’anticipazione del moderno principio d’inerzia.

Marsilio da Padova scrive con Giovanni di Jandun il trattato Defensor pacis, in cui lapace, fine e ragione di esistenza dello Stato, si identifica con la partecipazione nelloStato.

Detentore primo e assoluto del potere di istituire i governanti e di approvare le leggiè il popolo, che normalmente delega la gestione della cosa politica a rappresentan-ti che garantiscano la vita ordinata e pacifica.

La Chiesa è soggetta allo Stato per le regole della convivenza civile, ma è sottomes-sa solo a Dio in quanto maestra di morale

segue

I concetti universali

L’ecceità

GUGLIELMO DI OCKHAM

La dimostrazionedell’esistenza di Dio

Il “rasoio di Ockham”

Impossibilità di un’eticafilosofica

Il diritto

BURIDANO E IL PROBLEMADEGLI UNIVERSALI

La teoria dell’impetus

MARSILIO DA PADOVA

Il popolo detentore del potere

La Chiesa

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L’umanesimoCon il termine umanesimo si è soliti indicare la cultura del’300 e del ’400, legata alle humanae litterae, vale a dire lediscipline che si occupano del recupero e dell’interpreta-zione dei testi classici dell’antichità greca e romana. L’uma-nesimo connota l’età nuova caratterizzata da un modo in-novativo di fare cultura e da un marcato interesse per la vi-ta attiva. In generale gli autori umanisti concentrano la loroattenzione sull’impegno dell’uomo nelle relazioni pubbli-che e nelle funzioni civili. In questo senso lo studio e la pre-parazione dottrinale vengono concepiti non come fini a sestessi, ma come subordinati e indirizzati all’esercizio di atti-vità di interesse comune. Così Coluccio Salutati, Bernardino da Siena, LeonardoBruni, traducendo in pratica le istanze prevalentementecontemplative del Medioevo, si adoperano per costruire unasocietà nuova, che in una città di nuova concezione, nonpiù feudale, possa esprimere, attraverso l’esercizio di tuttele arti, il rinnovamento del pensiero e della vita dovuto al-la riscoperta e alla rilettura dei classici. Il rinnovato interesse per la letteratura e per la filologiadetermina nell’umanesimo un mutamento dell’idea e deicriteri della verità. Mentre infatti la tradizione scolastica pre-cedente li individua nella coerenza interna, logica e forma-le, delle singole dottrine, l’umanesimo li sostituisce con lenorme della retorica, che permettono l’uso persuasivo dei

Le “humanaelitterae”

L’attenzione allerelazioni pubbliche e alle funzioni civili

La riscoperta dei classici

Il mutamento dei criteri di verità

27 Umanesimo e Rinascimento

Il fenomeno culturale dell’umanesimo e del Rinascimento è difficilmentedefinibile in modo univoco, perché presenta sia elementi di continuità, sia elementi di novità rispetto all’epoca medievale precedente, ponendosi più propriamente come un momento di transizione verso l’età moderna.Proprio questa sua intrinseca ambiguità ha portato gli storici a oltrepassare la classica interpretazione, avanzata per la prima volta da J. Burckhardt, di una radicale frattura fra Medioevo e Rinascimento, favorendo la ricercadei tratti comuni alle due epoche e rinunciando alle grandi sintesi sul Rinascimento; viene privilegiata piuttosto l’analisi delle molteplici e a voltecontraddittorie componenti di questa importante stagione culturale.

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luoghi comuni del discorso. Autori come Petrarca e Valla sibattono per sostituire al modello aristotelico di scienza, ba-sato sulla stringatezza della deduzione logica, l’autorità cul-turale degli oratori antichi, Cicerone e Quintiliano, additaticome i migliori rappresentanti dell’indole più nobile dellaclassicità. A fianco dei luoghi tradizionali di studio, soprat-tutto in Italia fioriscono centri indipendenti di ricerca let-teraria, artistica e filosofica costituiti da gruppi di specialisti,che si organizzano in accademie, come nel caso fiorentinodell’Accademia platonica (v. a p. 151), talvolta facendo ca-po alle corti di principi e magnati. In autori come Alberti,Pontano, Pico della Mirandola, Bembo, Castelvetro, Fra-castoro le personalità dell’artista e dell’erudito, accostate aquella del pensatore puramente contemplativo, permetto-no la produzione di opere aperte all’interdisciplinarietà incui si intrecciano la dimensione speculativa e quella affetti-va e pratica, legata in maggior misura al mondo propria-mente “umano” della civiltà e della politica. Dignità, mise-ria e fortuna dell’uomo diventano temi ricorrenti, come neilavori di Machiavelli, Guicciardini e Sarpi.

Il RinascimentoSe con il termine umanesimo si fa riferimento più specifi-catamente alla cultura del ’300 e del ’400, con la nozione diRinascimento si indica più in generale il periodo compresofra i secc. XIV e XVI, caratterizzato da un programma e daun progetto di “rinnovamento” spirituale, religioso, cultu-rale e politico. Il Rinascimento è innanzitutto un fatto di cul-tura, una concezione della vita e della realtà che opera nel-le arti, nelle lettere, nelle scienze, nel costume con l’inten-zione di riproporre i modi e le forme di vita intellettuale eartistica dell’età classica.

� Le arti e il nuovo ruolo degli intellettualiIl mondo che si riflette nelle arti figurative, nella letteraturae negli ideali educativi del Rinascimento è un mondo piùspesso enigmatico e inquieto che limpido e armonioso. Tut-tavia l’espressione delle arti figurative trova nel Rinasci-mento uno spazio straordinariamente ampio di manifesta-zione in una nuova sintesi di natura e di proporzione concui si raffigura l’armonico rapporto tra l’uomo e le cose. Laletteratura stenta a raggiungere un risultato analogo, perchéparzialmente impedita dal divario esistente tra il primato cul-turale del latino, l’idioma dei modelli letterari, e l’imporsidel volgare come forma linguistica predominante. La circo-

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La nascita di nuovicentri di studio:le accademie

Dignità, miseria e fortuna dell’uomo

Il concetto di Rinascimento

Le arti figurative

La letteratura

27 - Umanesimo e Rinascimento

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27 - Umanesimo e Rinascimento

lazione degli intellettuali e degli artisti nelle diverse città del-la penisola italiana è favorita dalla crescente pratica del me-cenatismo: il mecenate si presenta non solo come benevo-lo protettore della cultura, ma come soggetto capace di pro-gettare gli investimenti nel campo delle lettere, delle arti edelle città per dare espressione ai valori dell’umanesimo.

Il mecenatismo

Il periodo umanistico-rinascimentale, per molto tempo inteso in una radicale frat-tura rispetto al Medioevo, è attualmente interpretato più propriamente come unmomento di transizione verso l’età moderna.

Il termine umanesimo indica la cultura del ‘300 e del ‘400, legata alle humanae lit-terae, cioè alle discipline che si occupano del recupero e dell’interpretazione deitesti classici dell’antichità greca e romana.

Gli umanisti concentrano la loro attenzione sull’impegno dell’uomo nelle relazionipubbliche e nelle funzioni civili e si adoperano per costruire una società nuova gra-zie alla riscoperta e alla rilettura dei classici.

Il rinnovato interesse per la letteratura e per la filologia determina nell’umanesimoun mutamento dell’idea e dei criteri della verità, che vengono fatti coincidere conle norme della retorica.

Si verifica un parziale rinnovamento dei luoghi tradizionali di studio: gli intellettualisi riuniscono o in accademie, o facendo capo alle corti di principi e magnati. Di-gnità, miseria e fortuna dell’uomo divengono temi ricorrenti.

Con la nozione di Rinascimento si indica più in generale il periodo compreso fra isecc. XIV e XVI, caratterizzati da un programma e da un progetto di “rinnovamen-to” spirituale, religioso, culturale e politico, ispirato ai modi e alle forme di vita in-tellettuale e artistica dell’età classica.

Le arti figurative elaborano una nuova sintesi di natura e di proporzione, mentre laletteratura stenta a raggiungere un risultato analogo, perché parzialmente impedi-ta dal divario tra il primato culturale del latino e l’imporsi del volgare.La centralità dell’uomo diviene il criterio teorico e il modello formale per eccellen-za ed è affiancata dalla consapevolezza della sua determinazione storica.

La circolazione degli intellettuali e degli artisti è favorita dalla crescente pratica delmecenatismo.

SCHEMA RIASSUNTIVOIL RAPPORTOMEDIOEVO-RINASCIMENTO

IL CONCETTO DI UMANESIMO

L’attenzione alla dimensione pubblicae politica della vita

Il mutamento dei criteri di verità

La nascita di nuovi centri di studio

IL CONCETTODI RINASCIMENTO

Le arti figurative e la letteratura

Il mecenatismo

1. Che cosa si intende con il termine umanesimo?146a

2. Quali sono gli interessi predominanti degli auto-ri umanisti? 147a

3. Che cosa si intende essenzialmente con il ter-mine Rinascimento? 147b

4. Che cos’è la pratica del mecenatismo? 148a

DOMANDE DI VERIFICA

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L’aristotelismo rinascimentaleL’aristotelismo rimane la corrente filosofica dominante nelleuniversità europee per tutto il Rinascimento. Grazie all’in-flusso dell’umanesimo gli intellettuali abbandonano le tradu-zioni medievali di Aristotele e ne leggono e traducono diret-tamente i testi originali, alla luce anche degli antichi com-mentatori greci riscoperti. Infatti parallelamente alla tradizio-nale interpretazione scolastica, fiorente nelle università fran-cesi e tedesche, Aristotele viene letto soprattutto alla luce deicommenti di Alessandro di Afrodisia (v. a p. 97) e di Averroè(v. a p. 132), che in generale propugnano un’interpretazionepiù laica del pensiero aristotelico, con una maggiore atten-zione alle problematiche logico-gnoseologiche e fisiche,prediligendo l’esperienza diretta alla pura speculazione.

Pietro PomponazziPietro Pomponazzi (Mantova 1462 - Bologna 1525) studia me-dicina a Padova e insegna filosofia a Padova, a Ferrara e a Bo-logna. Il suo commento delle opere di filosofia naturale di Ari-stotele culmina con la pubblicazione del trattato sull’Immor-talità dell’anima (1516), in cui, pur non rinnegando i prin-cipi della fede cristiana, afferma l’impossibilità di dimostra-re l’immortalità personale sulla base di argomenti naturali,sostenendo che all’individuo non può appartenere un’animaassolutamente indipendente dai sensi. L’intelletto dell’uomosi configura infatti come capace di cogliere l’universale attra-verso i sensi; l’immortalità allora si riferisce in sé all’intellettounico e solo relativamente all’individuo singolo. L’opera vie-ne condannata e bruciata dall’Inquisizione veneziana.

I testi originali di Aristotele

Le correntialessandriste e averroiste

Il problemadell’immortalitàdell’anima

28 Il platonismo e l’aristotelismorinascimentali

La cultura in generale, e quella filosofica in particolare, subiscono, durante tutto il Rinascimento, un processo di laicizzazione che si concluderà nell’etàmoderna. Infatti di Aristotele, principale autore studiato nelle università,vengono privilegiate le problematiche logico-gnoseologiche e fisiche, e di Platone, vera novità filosofica dell’epoca, vengono accentuati soprattuttol’antropocentrismo e una concezione naturale della divinità.

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Il platonismo rinascimentaleLa novità più rilevante del pensiero filosofico rinascimentaleè data, però, dalla riscoperta di Platone, che si diffonde innuovi centri culturali (come l’Accademia platonica di Firen-ze) al di fuori delle tradizionali istituzioni universitarie, dovepredomina l’aristotelismo. Di Platone innanzitutto vengonoletti in originale un maggior numero di dialoghi rispetto aquelli conosciuti nel Medioevo; inoltre si tratta di un Platonefortemente mediato dall’interpretazione neoplatonica, chevalorizza soprattutto il tema della spiritualità del cosmoe del-la bellezza come manifestazione di un ordine metafisico eteologico del mondo. Il pensiero platonico viene letto comeuna forma di “filosofia rivelata” direttamente dal Verbo di-vino, meno perfetta ma più antica e originaria, che si poneaccanto alla rivelazione cristiana come unico possibile fonda-mento di un’autentica “filosofia cristiana”.

Niccolò CusanoNiccolò Cusano (Kues, Germania, circa 1400 - Todi 1464) stu-dia diritto e scienze matematiche a Padova e approfondiscela filosofia e la teologia a Colonia; diviene vescovo di Bressa-none. La sua opera maggiore è De docta ignorantia (1440). Secondo Cusano si può conoscere con la ragione oppure conl’intelletto, ma né l’una né l’altro possono conseguire una co-noscenza che voglia essere “vera e precisa”. La conoscenza di ragione consiste, da un lato, nel ricondur-re attraverso una serie finita di operazioni mentali una gran-dezza a un’altra, un concetto a un altro concetto; dall’altro la-to, nel presupporre una qualche unità di misura. È semprepossibile presupporre una misura più precisa di quella in uso,cosicché ogni conoscenza di ragione è perfettibile. Inoltrealla ragione resta incomprensibile il concetto di infinito. Del concetto di infinito è possibile una “visione intellet-tuale”, ovvero un’intuizione intellettiva, vera ma non preci-sa. Nell’infinità l’intelletto “vede” e intuisce la “coincidenzadegli opposti”, cioè l’unità di tutte le conoscenze, anche diquelle contrapposte tra loro. Il principio della coincidenzapone come apice della conoscenza la “dotta ignoranza”, ilsapere di non sapere. Cusano definisce l’uomo come lo sco-po dell’intera creazione, creato per riconoscere il “valore di-vino” della creazione, in grado di raggiungere una genuinaperfezione naturale, definita filiatio Dei (discendenza filialedi Dio) e deificazione. Cusano afferma che di Dio si dà una duplice possibilità di co-

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28 - Il platonismo e l’aristotelismo rinascimentali

La riscoperta di Platone

Il pensiero platonicocome “filosofia rivelata”

La conoscenza di ragione e i suoi limiti

La “coincidenzadegli opposti”

La “dotta ignoranza”

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28 - Il platonismo e l’aristotelismo rinascimentali

noscenza: la teologia negativa dice ciò che Dio non è; la teo-logia positiva afferma che Dio si manifesta nell’infinità dellacreazione. Infine, il terzo modo di manifestazione divina è laparola di Cristo, che rivela la realtà presente della redenzio-ne di ogni uomo e di tutta la natura creata. Per conoscere ladivinità di Cristo bisogna imitare l’umanità perfetta e divinadi Cristo e favorire, sul piano civile e della storia dell’uomo,una teologia del dialogo tra uomini.

Marsilio FicinoMarsilio Ficino (Figline Valdarno, 1433 - Careggi, Firenze,1499) studia filosofia a Firenze e con l’appoggio di Cosimo de’Medici costituisce una scuola platonica a Firenze. Intrapren-de la lettura di Platone e ne inizia la traduzione, raccogliendoattorno a sé dotti di varia estrazione, che danno vita all’Acca-demia platonica fiorentina. Ordinato prete nel 1473, traduceanche Plotino e gli altri neoplatonici, Dionigi Areopagita e ilCorpo ermetico. In opposizione all’impostazione della scola-stica e all’aristotelismo rinascimentale, esprime l’idea di unaprogressiva rivelazione di Dio nel tempo attraverso l’opera disapienti pagani, fra i quali svetta Platone, e cristiani. Elaborail concetto di una gerarchia universale di perfezioni organiz-zata finalisticamente nell’articolazione di cinque sostanze:Dio, angeli, anima razionale, qualità e corpo. L’anima è il ca-posaldo dell’intero sistema e l’argomento decisivo della di-

Teologia negativae teologia positiva

La teologia del dialogo

L’Accademiaplatonica

La rivelazioneprogressiva di Dio

L’ermetismo è una corrente di pensiero religioso, mistico e filo-sofico diffusasi a partire dal sec. II d.C. e portatrice di una dottri-na esoterica. Si parla di ermetismo popolare, imperniato princi-palmente sulle scienze occulte, e di ermetismo dotto, noto so-prattutto attraverso due scritti (il Corpo ermetico e l’Asclepio) dicarattere mistico-teologico. Il tratto comune a queste due formedell’ermetismo è il tono esoterico dei contenuti proposti, fondatinon su una dimostrazione razionale, ma su un’adesione fideisticaa ciò che si presenta nella forma di una rivelazione diretta a po-chi iniziati dal leggendario Ermete Trismegisto, figura mitologicanata dalla contaminazione fra il dio egiziano Thoth e il dio grecoErmete. Da un punto di vista filosofico, l’ermetismo esaspera ildualismo Dio-mondo, fino a elevare Dio a una dimensione in so-stanza inconoscibile, sprofondando il mondo nell’abisso della ne-gatività. Il collegamento fra le due realtà risulta allora affidato auna gerarchia di esseri, o potenze, che vede l’intelletto umano al-l’ultimo posto. Tale ordine decrescente della creazione può esse-re ripercorso a ritroso dall’uomo attraverso l’esercizio della sa-pienza per liberarsi dalla materia e giungere al completo abban-dono del corporeo (estasi) e alla riunificazione con Dio.

CHE COS’ÈL’ERMETISMO

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gnità dell’uomo: essa è il fondamento di ogni creatura e il prin-cipio dell’unità dinamica dell’universo. Nel pensiero, che haun’influenza attiva sopra i suoi oggetti, e nell’amore, forza at-tiva che salda il legame tra le cose, l’anima appare come co-pula mundi (legame del mondo), centro dell’intera realtàcome microcosmo di universale connessione. L’ascesa a Diosi compie, con l’ausilio dell’intelletto e della volontà, lungoun percorso graduale e parallelo di conoscenza e di amore.Nella Teologia platonica sull’immortalità delle anime(1482), sua opera principale, il platonismo è assunto come ilfondamento di una teologia razionale, coincidente con le ve-rità del cristianesimo.

Pico della MirandolaGiovanni Pico della Mirandola (Mirandola 1463 - Firenze 1494)a Firenze si lega in amicizia con i membri dell’Accademia pla-tonica e approfondisce la conoscenza del platonismo e dellelingue ebraica, araba e caldaica. Nelle Conclusioni filosofiche,cabalistiche e teologiche (1486) espone una raccolta di tesi,teoriche e storiche, che trae frutto dalla lettura dei filosofi,dalla cabbalà ebraica (la corrente mistica dell’ebraismo basa-ta anche su una tecnica di interpretazione simbolica delle sin-gole parole della Bibbia), dal Corano e dagli Oracoli caldai-ci (che si rifanno all’antica sapienza babilonese e presentanodottrine affini a quelle del Corpo ermetico). Pensata come ba-se di discussione per un ecumenico consesso di dotti da riu-nire a Roma, l’opera viene condannata (1487) sotto Innocen-zo VIII. Nella celebre orazione De dignitate hominis (La di-gnità dell’uomo) celebra il valore della libertà umana: collo-cato da Dio al centro della realtà, l’uomo si manifesta capacedi scegliere i termini del suo vivere, di ammirare l’universo eanche di determinarlo attraverso la pratica della magia e nel-la libertà è superiore anche agli angeli, fissi a un grado dellagerarchia degli esseri.

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28 - Il platonismo e l’aristotelismo rinascimentali

L’anima, copulamundi

Il platonismo cometeologia razionale

Rapporti con ebraismo,Islam ed ermetismo

La “Dignitàdell’uomo”

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28 - Il platonismo e l’aristotelismo rinascimentali

L’aristotelismo è la corrente filosofica dominante nel Rinascimento, soprattutto lecorrenti alessandriste e averroiste, che in generale prestano maggiore attenzionealle problematiche logico-gnoseologiche e fisiche.

Pietro Pomponazzi nel suo trattato sull’Immortalità dell’anima afferma l’impossibi-lità di dimostrare l’immortalità personale, giacché questa si riferisce all’intellettounico e solo relativamente all’individuo singolo.

La novità più rilevante del pensiero rinascimentale è data dalla riscoperta di Plato-ne, letto alla luce dell’interpretazione neoplatonica. Il pensiero platonico viene con-siderato come una forma di “filosofia rivelata” di origine divina e viene valorizzatosoprattutto il tema della spiritualità del cosmo e della bellezza.

Niccolò Cusano, nella sua opera maggiore, De docta ignorantia, afferma che allaconoscenza di ragione, in sé sempre ulteriormente perfettibile, resta incomprensi-bile il concetto di infinito, di cui è possibile solo una visione intellettuale.Nell’infinità l’intelletto intuisce la coincidenza degli opposti (cioè l’unità di tutte leconoscenze, anche di quelle contrapposte tra loro), che pone come apice della co-noscenza la dotta ignoranza, il sapere di non sapere.

L’uomo è definito come “dio creato”, scopo dell’intera creazione, che grazie allapropria partecipazione all’umanità raggiunge una genuina perfezione naturale, de-finita filiatio Dei (discendenza filiale di Dio).

Di Dio si dà una duplice possibilità di conoscenza: la teologia negativa dice ciò cheDio non è, mentre la teologia positiva afferma che Dio si manifesta nell’infinità del-la creazione.Altro modo di manifestazione divina è la parola di Cristo, che rivela la realtà pre-sente della redenzione di ogni uomo e di tutta la natura creata.

Marsilio Ficino elabora il concetto di una gerarchia universale di perfezioni, in cuil’anima è il caposaldo dell’intero sistema e l’argomento decisivo della dignità del-l’uomo. Essa è copula mundi (legame del mondo), centro dell’intera realtà comemicrocosmo di universale connessione.Ficino assume il platonismo come il fondamento di una teologia razionale, coinci-dente con le verità del cristianesimo.

Giovanni Pico della Mirandola espone un programma di conciliazione ecumenicatra cristianesimo, ebraismo e islamismo nelle Conclusioni filosofiche, cabalistichee teologiche.Nella celebre orazione De dignitate hominis celebra il valore della libertà umana:collocato da Dio al centro della realtà, l’uomo è capace di scegliere i termini delsuo vivere e nella libertà è superiore anche agli angeli.

SCHEMA RIASSUNTIVOL’ARISTOTELISMO

POMPONAZZI E IL PROBLEMADELL’IMMORTALITÀDELL’ANIMA

IL PLATONISMO

CUSANOE LA “DOTTA IGNORANZA”

L’uomo

Dio

FICINO E L’ANIMA COME“COPULA MUNDI”

PICO DELLA MIRANDOLA

1. Quali sono le più importanti interpretazioni rina-scimentali del pensiero di Aristotele? 149a

2. Qual è la novità filosofica più rilevante del Rina-scimento? 150a

3. Che cos’è la “dotta ignoranza” per Cusano? 150b4. Che cos’è l’anima per Marsilio Ficino? 152a5. In che cosa consiste la dignità dell’uomo per Pi-co della Mirandola? 152b

DOMANDE DI VERIFICA

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Niccolò Machiavelli

Niccolò Machiavelli (Firenze 1469-1527) entra al servizio del-la Repubblica di Firenze e nel 1498 viene nominato segreta-rio della Seconda Cancelleria. Tale incarico gli consente diconoscere a fondo e dall’interno la realtà della politica deltempo, anche grazie a numerose “missioni” presso varie cor-ti d’Italia e d’Europa. Caduta nel 1512 la Repubblica e tor-nati i Medici, Machiavelli viene sospettato di congiura anti-medicea e costretto all’esilio, dove compone le sue due prin-cipali opere di politica: Il principe (scritto nel 1513) e i Di-scorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1513-18). Smor-zatosi progressivamente il rigore dell’esilio, Machiavelli puòrientrare e lavorare come storico ufficiale di Firenze con leIstorie fiorentine. Nonostante i suoi sentimenti repubblicani, Machiavelli con-densa magistralmente il suo pensiero ne Il Principe, un trat-tato sulla costituzione e sul mantenimento del principato;vi trovano espressione le sue tesi più tipiche: realismo me-todologico, autonomia della politica, pessimismo antropo-logico, dialettica virtù-fortuna. In polemica con l’immagineidealizzata dell’uomo propria del platonismo umanistico,

La vita e le opere

“Il Principe”

29 La riflessione politica nel ’500-’600

L’età rinascimentale è caratterizzata dal fenomeno della formazione e del consolidamento dello Stato moderno, che, in contrapposizioneall’anarchia comunale e feudale e all’universalismo del papato e dell’impero del Medioevo, porta a una centralizzazione e laicizzazione del potere monarchico, detenuto saldamente dal sovrano, che si dota di nuovistrumenti di potere, come gli eserciti permanenti, un prelievo fiscale sistematicoe un personale politico specializzato. La riflessione politica diventa così unacomponente centrale del pensiero filosofico. Vengono affrontati quelli che saranno i grandi temi della modernità: la difesa dei principi della libertà e del sistema repubblicano, richiamandosi alla tradizione classica, comenell’umanesimo civile, che con Machiavelli delinea una concezione della politica come scienza razionale e autonoma; il problema dell’origine e della legittimità della sovranità (come in Bodin e Botero); il rapporto fra diritto naturale e positivo (come in Grozio e nel giusnaturalismo).

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Machiavelli si fa sostenitore dell’esigenza di considerare levicende umane con assoluto realismo, per coglierne la “ve-rità effettuale” più che il dover essere. Sulla scorta di questorealismo metodologico, descrive la politica quale pura tec-nica del conseguimento, del mantenimento e della difesadel potere sovrano. Le regole non definiscono un modello dicomportamento morale, ma lo stile di coloro che aspirano alpotere, lo esercitano e lo conservano. In questo contesto ogniiniziativa va giudicata in relazione al successo raggiunto, allasua efficacia nel mondo dei fatti. I processi politici di indebo-limento o rafforzamento del potere sono processi naturali, re-golati da leggi inesorabili. Di qui la totale autonomia dellapolitica dai criteri di giudizio morali o religiosi. Le virtù delpolitico non sono certo le virtù cristiane dell’amore e dell’u-miltà, sono piuttosto l’astuzia della volpe e la forza del leo-ne. Ma anche la più audace iniziativa umana (“virtù”) è spes-so costretta e vinta dalla forza delle circostanze (“fortuna”).

Tommaso MoroContro il realismo di Machiavelli si pone la prospettiva eti-co-religiosa dell’arcivescovo di Canterbury Tommaso Moro(Londra 1478-1535). In seguito al suo rifiuto di riconoscereil sovrano come capo della Chiesa d’Inghilterra, dopo lo sci-sma anglicano, Tommaso Moro viene condannato a morte egiustiziato. Nel dibattito religioso porta l’intimo desiderio di un rinno-vamento profondo della Chiesa cattolica, ma è la teoria poli-tica il centro del suo interesse di scrittore e di filosofo: nellasua opera più conosciuta, Utopia (1516), descrive la vita diuna società ideale organizzata secondo un modello co-munistico, in cui denaro e proprietà privata sono istituzionibandite. Gli abitanti dell’isola di Utopia (letteralmente: luo-go che non c’è) osservano ritmi di lavoro la cui ripartizioneassicura la soddisfazione dei bisogni ed evita l’insorgere del-le ingiustizie; basata sul nucleo familiare, la vita sociale pre-vede importanti momenti comunitari finalizzati al consoli-damento delle relazioni civili; la massima libertà, infine, è ga-rantita a tutte le espressioni di fede, ritenute convergenti inuna religiosità naturale che esclude soltanto l’ateismo.

Jean BodinL’autonomia della politica e dello Stato da qualunque pre-supposto metafisico o teologico è sostenuta dal franceseJean Bodin (Angers 1530 - Laon 1596). Nei Sei libri sulla re-

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Il realismometodologico

La politica, tecnicadel potere

L’autonomia della politica

La dialettica virtù-fortuna

L’”Utopia”

29 - La riflessione politica nel ’500-’600

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29 - La riflessione politica nel ’500-’600

pubblica (1576) afferma l’assoluta indipendenza dello Sta-to da qualunque entità e si propone di costruire razional-mente il concetto di sovranità, descrivendone i limiti eti-co-giuridici e costituzionali. Secondo questa teoria i diversimodi di esercizio della sovranità danno origine alle diverseforme di regime politico: lo Stato popolare, lo Stato aristo-cratico, lo Stato monarchico. Sviluppa inoltre una teoria dei fattori climatici secondo laquale non esiste regime politico indipendente dal tempera-mento dei diversi popoli.

Giovanni BoteroIl gesuita Giovanni Botero (Bene Vagienna, Cuneo 1540 -Torino 1617) con Della ragion di stato (1583) continua l’o-pera di J. Bodin nello studio dei fattori geografici ed eco-nomici che influenzano la vita politica, svolgendo inoltre unampio esame degli aspetti organizzativi che il nascente Sta-to moderno viene affrontando: sistema fiscale, politichecommerciali, annona, urbanistica. Si contrappone a Ma-chiavelli e al suo realismo in nome di una fondazione etico-religiosa della politica.

Ugo GrozioIl giurista Ugo Grozio (Delft, Fiandre, 1583 - Rostock, Ger-mania, 1645) è autore del Diritto di guerra e di pace(1625), opera che, oltre a essere considerata il punto dipartenza del giusnaturalismo, segna anche la nascita deldiritto internazionale. Innanzitutto Grozio pone la questione delle basi della vali-dità del diritto. L’obbligatorietà delle norme del diritto in-

Il concetto di sovranità

La teoria dei fattoriclimatici

L’analisi dei problemidello Stato moderno

L’obbligatorietà del diritto

Il giusnaturalismo indica, nella filosofia del diritto, ogni dottrina chesostiene l’esistenza di una legge naturale nel senso che le suenorme precedono logicamente le leggi o i diritti positivi, cioèemanati da una autorità politica (o eventualmente anche religio-sa). In senso proprio si chiama giusnaturalismo classico un filonedi pensiero politico del ‘600 e del ‘700, che viene iniziato da U.Grozio e ha tra i suoi esponenti J. Locke, S. von Pufendorf, J.-J.Rousseau fino a I. Kant e G. Fichte. Il problema che questi autoriintendono risolvere è quello di legittimare le istituzioni politiche ei sistemi di norme di una società particolare su basi universali erazionali, tali da prescindere dal ricorso ad autorità di natura po-litica (l’impero) o religiosa (la Chiesa) che nell’Europa del ‘600 ave-vano perso l’unanimità dei consensi.

IL GIUSNATURALISMO

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29 - La riflessione politica nel ’500-’600

ternazionale deve essere fatta risalire a un principio di di-ritto naturale logicamente anteriore a queste norme, cioèche “i patti vanno mantenuti”. Il diritto naturale secondo Grozio è tale in quanto discen-de dai caratteri essenziali e specifici della natura umana,alla cui conservazione è rivolto, e comprende il principio pri-mario (“stare ai patti)” e principi secondari: il rispetto dellecose altrui, la restituzione della proprietà altrui, l’obbligo dimantenere le promesse.

Il diritto naturale

Niccolò Machiavelli ne Il principe espone le sue tesi più tipiche: la politica è la di-mensione di colui che vuole diventare o mantenersi “principe” e le sue regole nondefiniscono un modello di comportamento etico, ma lo stile di coloro che aspiranoal potere, lo esercitano e lo conservano. Viene affermata così la totale autonomiadella politica dai criteri di giudizio morali o religiosi. Le virtù del politico non sono levirtù dell’amore e dell’umiltà, ma piuttosto l’astuzia della volpe e la forza del leone.

Diversa è la prospettiva etico-religiosa di Tommaso Moro: nella sua opera più co-nosciuta, Utopia (letteralmente: luogo che non c’è), descrive la vita di una societàideale organizzata secondo un modello comunistico, basato sul nucleo familiare etollerante nei confronti di tutte le espressioni di fede.

Jean Bodin cerca di costruire razionalmente il concetto di sovranità, descrivendo-ne i limiti etico-giuridici e costituzionali.

Giovanni Botero si contrappone a Machiavelli e al suo realismo in nome di una fon-dazione etico-religiosa della politica.

Ugo Grozio è autore del Diritto di guerra e di pace, opera che, oltre a essere con-siderata il punto di partenza del giusnaturalismo, segna anche la nascita del dirittointernazionale.Egli fa risalire l’obbligatorietà delle norme del diritto internazionale a un principio didiritto naturale logicamente anteriore a queste norme: “i patti vanno mantenuti”.Il diritto naturale è tale in quanto discende dai caratteri essenziali della natura uma-na, alla cui conservazione è rivolto, e comprende un principio primario (“stare aipatti”) e principi secondari: il rispetto delle cose altrui; la restituzione della proprietàaltrui; l’obbligo di mantenere le promesse.

SCHEMA RIASSUNTIVOMACHIAVELLI

MORO E L’”UTOPIA”

BODIN E IL CONCETTODI SOVRANITÀ

BOTERO

GROZIO

1. Quali sono i problemi tipici della riflessione po-litica rinascimentale? 154a

2. Qual è la novità metodologica della riflessionedi Machiavelli? 155a

3. Che cos’è l’Utopia di Tommaso Moro? 155b4. Su che cosa si fonda la validità del diritto perGrozio? 157a

5. Che cos’è il giusnaturalismo? 156a

DOMANDE DI VERIFICA

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La riforma cattolica

Il termine “riforma cattolica” designa il rinnovamento ini-ziato prima del comparire del protestantesimo all’internodella Chiesa cattolica al fine di eliminare gli abusi in nomedella fedeltà ai principi evangelici. La corrente riformatricesi afferma nel ’500 interessando la spiritualità, la devozione,l’apostolato, la teologia, la disciplina e le strutture ecclesia-stiche, la letteratura e le arti. L’aspirazione a una più profon-da interiorità cristiana e una più radicale dedizione ai pove-ri era già stata manifestata da movimenti di ritorno all’os-servanza delle regole originarie nel francescanesimo e nelsorgere di nuove confraternite di clero e laici nel ’400. An-cor più sentita diviene poi la preoccupazione della “riformapersonale” attraverso cui correggere nella propria personae con il proprio impegno i mali lamentati nella Chiesa e rea-gire al disimpegno religioso e morale. Una personalità che svolge un ruolo fondamentale nell’am-bito della riforma cattolica è l’umanista olandese Erasmo daRotterdam (Rotterdam circa 1466 - Basilea 1536). Cresciutosotto l’influenza della corrente di riforma spirituale della de-votio moderna, monaco agostiniano e sacerdote, entra incontatto con l’umanesimo cristiano di Tommaso Moro, chegli indica la strada della Bibbia e dei Padri della Chiesa. Nel-l’Enchiridion militis christiani (Manuale del soldato cri-stiano) propone la perfezione cristiana come ideale comu-ne e non esclusiva prerogativa di clero e monaci e ap-profondisce la sua concezione del cristianesimo come fe-deltà allo spirito del Vangelo, interiorità, chiarezza e sem-plicità nell’espressione delle verità di fede così che tutti pos-

Correnti rinnovatriciin ambito cattolico

La “riformapersonale”

Erasmo da Rotterdam

La fedeltà allo spiritodel Vangelo

30 La riforma protestante e il rinnovamento cattolico

Fin dall’inizio dell’età umanistica la religione è interessata da un fenomeno di rinnovamento teorico-pratico, che culmina nel ’500 con la riforma cattolica e la riforma protestante. La prima sottolinea soprattutto l’esigenza di una riforma di tipo morale, in nome di un ritorno allo spirito originale del Vangelo, mentre la seconda avvia anche un profondo ripensamento di tipo teologico, che porterà alla rottura dell’unità cristiana dell’Europa con il sorgere delle Chiese protestanti.

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sano accedere a Cristo. Nell’Elogio della pazzia (1511), lasua opera più celebre, a una società ingabbiata nelle con-venzioni e dai valori effimeri contrappone la “superiore” fol-lia della vita cristiana. Pur essendo in sintonia con molte delle nuove idee di Lute-ro, Erasmo nel De libero arbitrio (1524) polemizza con lui,sostenendo il valore delle opere della libera volontà umanache insieme alla grazia conducono alla salvezza.

Martin Lutero e la riforma protestanteIl monaco tedesco Martin Lutero (Eisleben 1483-1546) av-via un movimento teologico e politico che si ripropone larestaurazione dell’autentico annuncio evangelico e del ve-ro cristianesimo, la riforma della vita della Chiesa compro-messa da abusi e da errate interpretazioni della rivelazionecristiana. La rottura con la Chiesa di Roma avviene nel 1517quando Lutero pubblica le sue tesi contro la vendita delleindulgenze per raccogliere i fondi necessari alla costruzio-ne della Basilica di S. Pietro in Roma denunciandola comeuna sorta di mercificazione della grazia divina. In realtà, però,il suo pensiero teologico era già sostanzialmente maturato:elabora una teologia della “pura grazia”, basata sui princi-pi della salvezza per “sola fede” e della autorità della “solaScrittura”. Il peccato radicale e universale è la mancanza difede, vale a dire l’incredulità. Da tale situazione non si escese non mediante la fede. L’uomo non si libera da sé, nem-meno compiendo le opere buone, le quali non meritano af-fatto la salvezza, cioè non lo rendono giusto davanti a Dio.Solo chi dà ragione alla parola di Dio, cioè ha fede il lui, vie-ne giustificato, cioè considerato giusto. Sulla base di que-ste premesse Lutero ammette come autorità unicamente laparola di dio, cioè la Bibbia (che traduce in tedesco per far-la conoscere a tutti i fedeli), rifiuta l’autorità del papa e cri-tica l’impianto sacramentale cattolico.

Giovanni CalvinoLa riforma protestante riceve notevole impulso dal france-se Giovanni Calvino (Noyon, Piccardia 1509 - Ginevra 1564),che con l’Istituzione della religione cristiana (1536) ponela base dottrinale del calvinismo, centrata sull’idea della so-vranità assoluta di Dio, il quale concede la grazia e la sal-vezza ai prescelti al di là dei loro meriti e secondo criteri in-sondabili dall’uomo (dottrina della predestinazione); iprescelti si riconoscono per la fede assoluta e fiduciosa in

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30 - La riforma protestante e il rinnovamento cattolico

L’”Elogio della pazzia”

La libertà dell’uomo

La disputa sulle indulgenze

La teologia della “pura grazia”

La dottrina dellapredestinazione

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Dio e nella sua provvidenza e per la severa integrità di vita. A Ginevra, dove si trasferisce, istituisce una teocrazia pergarantire una rigorosa coerenza tra i principi religiosi e lacondotta morale, la cui osservanza deve essere controllatada membri scelti dalla comunità tra i fedeli di onesta con-dotta. La Chiesa è la comunità degli eletti, che riunisce i pre-destinati di Dio alla salvezza e vi sono riconosciuti quattroministeri (i pastori, i dottori, gli anziani e i diaconi), ai qua-li è affidato il governo della comunità ecclesiale e civile.

La controriformaDopo la rottura con il protestantesimo la Chiesa cattolicamette in atto un insieme di iniziative per la riconquista del-la centralità politico-religiosa e la riaffermazione della pro-pria autorità. Le nuove congregazioni di chierici regolariche vengono fondate perseguono il rinnovamento interio-re dello stato sacerdotale (teatini, somaschi, barnabiti,ecc.) attraverso la preghiera, lo studio, la predicazione. Fi-gure femminili diventano protagoniste nell’assistenza enell’educazione cristiana (per esempio, Angela Merici e leorsoline). Laici irrequieti ma risoluti organizzano ospedaliper i malati (Giovanni della Misericordia e i fatebenefratel-li). In questo contesto la Compagnia di Gesù, fondata daIgnazio di Loyola nel 1539, rappresenta una proposta di au-tenticità cristiana di enorme successo e diffusione attra-verso il rigore personale, lo studio teologico approfondi-to, l’introspezione spirituale (esercizi spirituali), la vita dipovertà e il servizio al pontefice. Il momento culminante della volontà di riorganizzare e di-sciplinare la Chiesa cattolica è rappresentato dal conciliodi Trento (1545-63), i cui decreti condannano le tesi pro-testanti ed espongono la dottrina cattolica sulla Scrittura, ilpeccato originale, la giustificazione e i sacramenti. La vitaecclesiale viene riorganizzata con la promulgazione del Ca-techismo romano (1566), con l’istituzione di seminari(1563) per la formazione del clero, con l’unificazione dellepratiche liturgiche (Breviario e Messale romano). La cu-stodia della dottrina è affidata più all’autorità di un magi-stero centrale infallibile e a una rigida disciplina che alla li-bera ricerca della verità, come indicano la costituzione del-la Congregazione dell’Inquisizione (o Sant’Ufficio) e del-l’Indice dei Libri proibiti. Dal punto di vista teologico unostraordinario sviluppo ha la teologia controversistica, fon-data sulla convinzione che l’interpretazione della Bibbia va-da fatta alla luce della tradizione dei papi, dei Padri della

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30 - La riforma protestante e il rinnovamento cattolico

Il progettoteocratico

Le nuovecongregazionireligiose

L’assistenza e l’educazione

I gesuiti

Il concilio di Trento

L’Inquisizione e l’Indice dei libri proibiti

La teologiacontroversistica

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30 - La riforma protestante e il rinnovamento cattolico

Chiesa e dei concili, con lo scopo di contestare le tesi pro-testanti. Si assiste anche a una ripresa della scolastica, attra-verso un “tomismo moderno” di scuola domenicana e la ri-flessione casistica sulla morale da parte dei gesuiti.

La ”riforma cattolica” è il rinnovamento operato all’interno della Chiesa cattolica alfine di eliminare gli abusi, in nome di una fedeltà e di un ritorno alla purezza evan-gelica.

Figura centrale della “riforma cattolica” è l’umanista olandese Erasmo da Rotter-dam, che propone la perfezione cristiana come ideale comune, il ritorno allo spiri-to del Vangelo, e nell’Elogio della pazzia contrappone la “superiore” follia della vi-ta cristiana a una società ingabbiata nelle convenzioni e dai valori effimeri.

Nel 1517 il monaco tedesco Martin Lutero avvia la riforma protestante, ripropo-nendosi la restaurazione dell’autentico annuncio evangelico e del vero cristianesi-mo e la riforma della vita della Chiesa.

Lutero elabora una teologia della “pura grazia”, basata sui principi della salvezzaper la “sola fede” e non per le opere e dell’autorità della “sola Scrittura” senza me-diazioni del magistero ecclesiale.

Anche Giovanni Calvino dà notevole impulso alla Riforma, sostenendo la dottrinadella predestinazione, secondo la quale Dio concede la grazia e la salvezza ai pre-scelti, al di là dei loro meriti e secondo criteri insondabili dall’uomo.

Con la controriforma la Chiesa cattolica mette in atto un insieme di iniziative perriconquistare la centralità politico-religiosa e riaffermare la propria autorità, culmi-nanti nel concilio di Trento (1545-1563). La vita ecclesiale viene riorganizzata e lacustodia della dottrina è affidata più all’autorità di un magistero infallibile e a unarigida disciplina che alla libera ricerca della verità.

La Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola, rappresenta una proposta diautenticità cristiana di enorme successo e diffusione attraverso il rigore persona-le, lo studio teologico approfondito, l’introspezione spirituale (esercizi spirituali), lavita di povertà e il servizio al pontefice.

Dal punto di vista teologico ha uno straordinario sviluppo la teologia controversisti-ca per contestare le dottrine protestanti e stabilire le regole dell’ortodossia dellafede; si ha anche una ripresa della scolastica.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA RIFORMA CATTOLICA

ERASMO DA ROTTERDAM

LUTERO E LA RIFORMAPROTESTANTE

La teologia della “pura grazia”

CALVINO E LA DOTTRINADELLA PREDESTINAZIONE

LA CONTRORIFORMA

I GESUITI

LA TEOLOGIA

1. Che cos’è la riforma cattolica? 158a2. Qual è la concezione religiosa di Erasmo da Rot-terdam? 158b

3. Quali critiche muove Martin Lutero alla Chiesadi Roma? 159a

4. In che cosa consiste la “teologia della pura gra-zia” di Lutero? 159b

5. Che cos’è la dottrina della predestinazione diCalvino? 159b

DOMANDE DI VERIFICA

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La concezione della natura nel ’500Nel corso del ’500 emergono nuove esigenze di interpretare larealtà naturale, a lungo sottovalutata dal pensiero medievale.La natura viene interpretata come il principio di vita e di mo-vimento di tutte le cose esistenti; essa stessa viene concepitaun tutto vivente, organicamente e necessariamente ordinato.Nella filosofia rinascimentale si delineano varie prospettive na-turalistiche che hanno in comune un’aperta polemica con l’a-ristotelismo (v. cap. 17) e la sua immagine della natura gerar-chicamente ordinata sulla base di leggi fisiche immutabili; il fat-

La natura, un tutto vivente

La polemica con l’aristotelismo

31 Il naturalismo rinascimentale

Se nella cultura umanistica la problematica sulla natura dell’uomo e sul suo destino è centrale, nel Rinascimento si assiste a un ampliamento di orizzonti e di interessi culturali, che portano a privilegiare un nuovo tipo di indagine sulla realtà: vengono indagati non solo le strutture e gli attributi della natura, ma anche i metodi e principi usati per studiarla e per trasformarla a vantaggio dell’uomo.

L’alchimia è l’insieme delle concezioni filosofico-esoteriche, dellepratiche magiche e delle ricerche naturalistiche miranti allatrasmutazione dei metalli vili in metalli nobili, soprattutto in oro. La suanascita si colloca attorno alla fine del sec. I d.C. ad Alessandria.Rapidamente l’alchimia attrae l’attenzione di correnti filosofichemistiche, che in una visione prevalentemente religiosa concepisconola purificazione dei metalli come un’allegoria della ricerca dellaperfezione da parte dell’uomo. Con la mediazione degli arabi l’alchimiapenetra in profondità nella cultura europea e nel corso del Rinascimentoincontra un successo crescente, perdendo progressivamente il proprioinvolucro misticheggiante e arricchendosi di conoscenze pratico-empiriche.L’astrologia inizia a diffondersi largamente nel tardo mondo antico,concepita come forma di sapere e insieme di pratiche fondate sullaconvinzione che gli astri e i loro movimenti possano influire sulla vitaumana e che da essi è possibile trarre formule e regole per prevedereil futuro o per interpretare il presente. L’astrologia riaffiora nelRinascimento assumendo da un lato un aspetto magico-religioso,venato di esoterismo ed ermetismo (v. a p. 151), mentre dall’altro vieneintesa come quadro cosmologico di impronta materialistica.

ALCHIMIAE ASTROLOGIA

NELRINASCIMENTO

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to di affidare ai sensi e all’esperienza diretta il compito di in-dagare e comprendere la natura nella sua intima struttura vi-vente e senziente. La natura è studiata con l’ausilio di pratichemagiche, alchemiche e astrologiche (v. riquadro di approfon-dimento) nell’intento di scoprire e di dominare l’intima con-nessione fra i fenomeni, permettendo all’uomo, centro dell’u-niverso, di raggiungere un pieno potere sulla realtà.

Bernardino TelesioBernardino Telesio (Cosenza 1509-1588) studia fisica, filo-sofia e medicina a Padova; tra il 1544 e il 1553 scrive il suocapolavoro De rerum natura iuxta propria principia(Della natura secondo i suoi principi), in cui si palesa il suoantiaristotelismo.

� La fonte della conoscenza: i sensiPrincipale oggetto della polemica è la pretesa di Aristoteledi ricavare i principi della natura dalla ragione e non dallanatura stessa attraverso l’esperienza sensibile. Le indicazio-ni dei sensi consentono infatti di ricavare dai fenomeni iprincipi stessi che li regolano. L’indagine conoscitiva devedunque partire dal senso, che attesta l’esistenza in natura didue “forze agenti”: il caldo, forza dilatante e principio delmovimento, e il freddo, forza condensante e principio di im-mobilità. Tali forze, incorporee, agiscono su un substrato,la Terra, immobile al centro dell’universo. L’azione eser-citata sulla Terra, pur essendo meccanicistica (v. “meccani-cismo” a p. 72), risulta però finalisticamente diretta alla ge-nerazione degli esseri, le cui differenze sono riconducibili avariazioni di quantità, cioè alla diversa intensità dell’azionedelle forze agenti e al prevalere alterno dell’una sull’altra. Lasensazione altro non è che la percezione con cui lo spirito-calore avverte i movimenti in lui suscitati dalle nature agentiesterne; è il contatto con le cose che provoca i diversi atti co-noscitivi. Alla sensibilità si riduce l’intelligenza; poiché nonsempre tutte le qualità di una cosa sono presenti alla sensibi-lità, ma accade che qualcuna rimanga nascosta, il percepirequest’ultima pur nell’assenza è atto proprio dell’intelligenza(o inferenza). In questo modo Telesio finisce per ammetterela sostanza spirituale, definita forma aggiunta, testimonia-ta dalla rivelazione divina, ma anche deducibile dal bisognoinnato che l’uomo ha del divino e dalla sua esigenza di giu-stizia ultraterrena. La sostanza spirituale si differenzia dalle al-tre per il fatto che può conservare i movimenti che vengonoin essa impressi e riprodurli (memoria).

163

L’esperienza

La magia, l’alchimiae l’astrologia

I sensi

Il caldo e il freddo

La Terra

La sensazione

L’intelligenza

La sostanzaspirituale

31 - Il naturalismo rinascimentale

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� La moraleAnche la morale si fonda sul senso: se il contatto delle cosecon l’anima-calore la modifica, il piacere e il dolore che ven-gono dal contatto sono i principi di bene e male che fonda-no l’etica. Bene è ciò che conserva lo spirito-calore, maleè ciò che lo distrugge.Telesio aggiunge che non tutte le azio-ni che producono immediatamente piacere sono veramen-te in grado di contribuire alla conservazione dello spirito; vadunque distinto il piacere dalla virtù, intesa a valutare leazioni rispetto al fine della conservazione. Tale virtù ha co-munque un connotato naturalistico: essa è ispirata dal finedell’autoconservazione e rivolta interamente ai fatti delmondo umano nella sua naturalità; è calcolo per garantireal soggetto il massimo di piacere, cioè di conservazione disé, in termini naturalistici e terreni.

Giordano BrunoGiordano Bruno (Nola in Campania 1548 - Roma 1600) di-venta frate domenicano, ma nel 1576 smette l’abito e inse-gna come filosofo in vari paesi europei. Le opere (De umbris idearum, L’ombra delle idee; De im-menso et innumerabilibus, L’immenso e gli innumerabili;De l’infinito universo et mondi) documentano i suoi mol-teplici interessi: per la filosofia e la teologia; per le dottrinescientifiche e matematiche; per l’arte della memoria, con-cepita come tecnica di apprendimento; per la magia, intesacome tecnica di dominio della natura e dei rapporti umani.Nel 1592 viene incarcerato a Venezia e inquisito per eresia;è quindi trasferito a Roma, dove rifiuta di abiurare e vienearso vivo a Campo de’ Fiori in seguito alla condanna del-l’Inquisizione romana.

� Filosofia dell’infinitoBruno celebra la capacità dell’uomo di riconoscere la veritàdivina, la cui definizione perfetta richiede il concetto d’in-finità. In questa verità divina la possibilità illimitata di co-municazione tra uomini tende a coincidere con la trasfor-mazione infinita della natura e delle cose e insieme con lastabilità eterna, l’essere “infinitamente infinito” e l’indefini-bilità di Dio. La filosofia indica l’unità originaria del pen-siero divino col termine “monade delle monadi” (sommaunità) ed esprime l’infinità divina come apertura e disponi-bilità all’accordo “armonioso”, cioè vero, delle conoscenzeumane. La filosofia dell’infinità prepara l’animo del perfettosapiente alla trasformazione infinita della realtà, grazie all’a-

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31 - Il naturalismo rinascimentale

Il bene e il male

La virtù

Vita e opere

Il concetto di infinità

La “monade delle monadi”

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31 - Il naturalismo rinascimentale

zione magica che lega i fatti particolari alle leggi universalidell’uno infinito. Bruno descrive con l’attributo “uno infi-nito” sia Dio, sia la realtà naturale che coinvolge l’uomo,le cose e i mondi astronomici.

� Filosofia della civiltàCon la commedia Il Candelaio Bruno avvia una riflessionegenerale sulla civiltà umana. Come ciascun mondo nell’uni-verso è centro e circonferenza, così per similitudine ogni uo-mo è strumento di un unico infinito che lo condiziona, mache è a sua volta condizionato dalla realizzazione all’infinitodi ciascuna potenzialità umana. L’uomo cosciente di ciò rea-lizza con successo le sue capacità infinite nella creazione ar-tistica, o nell’azione finalizzata al bene comune. Nell’idea diciviltà umana guidata da Dio, sono infiniti anche i possibilisviluppi di ciascun uomo verso una rinnovata convivenza pa-cifica ed è “infinitamente infinito” il bene che l’uomo puòraggiungere imitando nel mondo le operazioni di Dio nellanatura.

Tommaso CampanellaIl frate domenicano Tommaso Campanella (Stilo di Calabria1568 - Parigi 1639) organizza nel 1599 una congiura per scac-ciare gli spagnoli dal Meridione e riformare la Chiesa. Per sal-varsi dal capestro si finge pazzo e rimane fino al 1629 in car-cere, dove scrive quasi tutte le sue opere e un volume di Poe-

L’uomo strumentodell’infinito

Vita e opere

Il termine magia ha una vastissima applicazione designante l’a-zione di ricerca, scoperta e assimilazione di energie concentra-te in luoghi nascosti e dispersi oltre i confini dello spazio per-cepibile del cosmo e del corpo. La magia è quindi creazione ecomunicazione di effetti che sovvertono i rapporti di concate-nazione e temporalità propri dell’esistenza del reale. Già la tar-da antichità con il neoplatonismo, il neopitagorismo, l’ermetismoe lo gnosticismo aveva accordato all’azione magica un’impor-tante funzione mediatrice tra le potenze disposte nei diversi pia-ni dell’essere, percorsi da correnti di energie simpatiche. Pro-prio la riscoperta del pensiero filosofico tardo antico deter-mina il sorgere in età rinascimentale di un rigoglioso interes-se per la magia, che si cementa saldamente con gli studi diastrologia, alchimia, medicina. Pico della Mirandola, Reuchlin, Agrippa, Paracelso, Fracastoro,Cardano giungono a considerare la magia come dimensione fon-damentale della filosofia della natura, pratica di dominio in cuisi compie e si realizza la conoscenza speculativa.

LA MAGIA NELRINASCIMENTO

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31 - Il naturalismo rinascimentale

sie, che ne fanno uno dei maggiori poeti del ’600 italiano.Nella Metaphysica Campanella dichiara di voler trattare “iprincipi del sapere, dell’essere e dell’agire”: fondamentocerto del sapere è l’autocoscienza di ciascuno; l’essere è co-stituito da “tre primalità”, “possanza, senno e amore”, inte-se come virtù divine; l’agire morale, che mira al bene, con-serva l’essere naturale dell’uomo che compartecipa all’es-sere perfetto di Dio. Imitare Dio è il compito dell’uomo,che legge i segni divini in due libri che narrano entrambi lagloria di Dio: la Bibbia e la natura. Nella Theologia Campanella afferma la superiorità del cri-stianesimo rispetto a ogni altra religione positiva, poiché Cri-sto è capace di rinnovare lo spirito religioso innato nell’uo-mo e ricondurlo ai comandamenti di Dio. Circa la natura,Campanella identifica il conoscere con l’essere così come sipresenta nell’immediatezza dell’esperienza sensibile: anchele “minutezze” in natura rivelano al filosofo l’essere perfet-to di Dio. Nella Città del Sole presenta un’utopia politico-re-ligiosa basata sull’organizzazione razionale della vita socia-le. La ragione, concepita come “sole metafisico”, è frutto disapienza, potenza e amore

La metafisica

Il compito dell’uomo

La superioritàdel cristianesimo

La “Città del Sole”

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31 - Il naturalismo rinascimentale

Nel corso del ‘500 la natura viene interpretata come il principio di vita e di movi-mento di tutte le cose esistenti e come un tutto vivente, organicamente e ne-cessariamente ordinato.La natura, inoltre, è studiata con l’ausilio di pratiche magiche, astrologiche e dell’al-chimia nell’intento di scoprire e di dominare l’intima connessione fra i fenomeni.

Per Bernardino Telesio l’indagine conoscitiva deve partire dal senso, che attestal’esistenza in natura di due forze agenti: il caldo, forza dilatante e principio del mo-vimento, e il freddo, forza condensante e principio di immobilità.

La sensazione è la percezione con cui lo spirito-calore avverte i movimenti in luisuscitati dalle nature agenti esterne e la sensibilità è alla base dell’intelligenza.

Il piacere e il dolore che vengono dal contatto delle cose con l’anima-calore sonoi principi di bene e male che fondano l’etica. Bene è ciò che conserva lo spirito-calore, male è ciò che lo distrugge.

Giordano Bruno dimostra la capacità dell’uomo di riconoscere la verità divina, lacui definizione perfetta richiede il concetto d’infinità.La filosofia dell’infinità prepara l’animo del perfetto sapiente alla trasformazioneinfinita della realtà, grazie all’azione magica che lega i fatti particolari alle leggi uni-versali dell’uno infinito.

Ne Il Candelaio afferma che ogni uomo è strumento di un unico infinito che lo con-diziona, ma che è, a sua volta, condizionato dalla realizzazione all’infinito di cia-scuna potenzialità umana.

Tommaso Campanella afferma che imitare Dio è il compito dell’uomo, che legge isegni divini in due libri: la Bibbia e la natura.Identifica il conoscere con l’essere così come si presenta nell’immediatezza del-l’esperienza sensibile, che rivela al filosofo l’essere perfetto di Dio.Nella Città del Sole presenta un’utopia politico-religiosa basata sull’organizzazio-ne razionale della vita sociale.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA CONCEZIONEDELLA NATURANEL RINASCIMENTO

TELESIO

La sensazione

L’etica naturalistica

GIORDANO BRUNO

La filosofia della civiltà

CAMPANELLA

1. Che cosa hanno in comune le prospettive na-turalistiche rinascimentali? 162a

2. Perché sono così importanti l’alchimia, l’a-strologia e la magia nel Rinascimento? 162b-163a

3. Qual è la fonte della conoscenza per Telesio?163a

4. Che cos’è l’infinito per Bruno? 164b5. Qual è il compito dell’uomo per Campanella?

166a

DOMANDE DI VERIFICA

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La nascita della scienza modernaLa nascita della scienza moderna è un fenomeno complesso,che affonda le proprie radici nel Rinascimento, di cui ereditala fiducia nelle capacità conoscitive dell’uomo, l’abbandonodi principi trascendenti per spiegare la realtà naturale, la ri-valutazione dei sensi e dell’esperienza diretta, la pretesa di unsapere che non sia solo contemplativo, ma pratico e operati-vo, il rifiuto del principio di autorità come criterio di verità.Tuttavia se nel ’500 il concetto di scienza è ancora legato a unavisione del mondo di tipo qualitativo, in cui la natura è vistacome un essere vivente, ordinata con suoi propri fini comeun organismo, nel ’600 si afferma una concezione della scien-za come un sapere oggettivamente verificabile e pubblica-mente controllabile. La scienza moderna respinge dal proprioambito conoscitivo qualunque problematica di tipo metafisi-co, relativa alle essenze o all’intima struttura delle cose, peranalizzare solo le cause dei fenomeni, alla ricerca di leggi,elaborate sulla base di ipotesi vagliate da esperimenti,espresse in termini matematici. In particolare, questa mate-matizzazione della natura porta a una riforma del metodo(v. a p. 173) d’indagine e all’adozione di modelli meccanicinella spiegazione della realtà naturale, concepita come un’in-sieme di corpi in movimento, che porterà all’affermazione delmeccanicismo (v. a p. 72).

La rivoluzione copernicanaLa rivoluzione copernicana, elaborata dall’astronomo polac-co Niccolò Copernico (Torun 1473 - Frombork 1543) nel Lerivoluzioni dei mondi celesti, nasce come revisione dellateoria astronomica tolemaica, fondata sulla centralità e im-

Le eredità del Rinascimento

La scienza comesapere verificabile

La matematizzazionedella natura

La revisione dellateoria tolemaica

32 La rivoluzione scientificaIl concetto di rivoluzione scientifica è tradizionalmente riferito all’arco di tempo compreso fra il 1543, anno di pubblicazione de Le rivoluzioni dei mondi celesti di Copernico, e il 1687, in cui appaiono i Principi matematicidi filosofia naturale di Newton. Si tratta di un periodo caratterizzato da un profondo cambiamento culturale, che vede la nascita della modernascienza sperimentale e la sua definitiva emancipazione dalla filosofia, con il contributo decisivo di Galilei.

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mobilità della Terra nell’universo e sulla circolarità dei motidei pianeti, a favore della teoria eliocentrica, che pone il So-le come unico punto di riferimento dei moti dei pianeti. Lebasi dell’ipotesi di Copernico sono strettamente astronomi-che: il desiderio di stabilire rapporti determinati tra le variesfere del sistema planetario (ampiamente sconnessi nella teo-ria di Tolomeo) e quello di eliminare alcuni artificiosi metodidi calcolo. Tuttavia la sua riforma astronomica, ponendo laTerra in movimento, apre enormi problemi di ordine fisico,cosmologico e filosofico e avvia una riforma di gran parte del-la cultura. La Terra perde la sua centralità, non solo astro-nomica ma anche metafisica, proiettando l’uomo in un uni-verso non più chiuso e limitato, ma infinito, privo di centro edi periferia, omogeneo e soggetto alle stesse leggi fisico-ma-tematiche. Costringe così a ripensare non solo l’immagine del-la natura, ma anche le questioni dell’origine e del destino del-l’uomo e del suo rapporto con la divinità, com’era delineatodalla lettura tradizionale del testo biblico.

Galileo GalileiGalileo Galilei (Pisa 1564 - Arcetri 1642) è con Newton, Fran-cesco Bacone e Cartesio (v. cap. 33) uno dei grandi promo-tori della rivoluzione scientifica del ’600. Matematico, fisico eastronomo, la sua figura ha avuto anche una grande rilevan-za filosofica. Eccezionale diffusione ha avuto, tra i suoi scrit-ti, il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.La fama di Galileo tra i suoi contemporanei viene dalle sue os-servazioni astronomiche, che impiegano una versione perfe-zionata del telescopio, già noto da alcuni anni, e mettono indiscussione alcuni punti fermi della cosmologia aristotelica.Già da tempo convinto copernicano, Galileo sostiene la su-periorità del sistema eliocentrico con varie argomentazioni.Fondamentale a questo proposito è l’elaborazione del prin-cipio d’inerzia (per cui un oggetto in moto non sottopostoa forze esterne continua a muoversi con velocità costante),grazie al quale Galileo riesce a vanificare quasi tutte le obie-zioni di tipo fisico che da secoli venivano sollevate control’idea di una Terra in movimento. L’idea di movimento iner-ziale, movimento privo di cause, rappresenta una rottura dienorme portata rispetto al pensiero precedente, non solo perle sue implicazioni a favore delle teorie copernicane, ma an-che perché inaugura una nuova forma di rapporto conosciti-vo tra il soggetto e l’esperienza: il principio non trae la suavalidità dall’esperienza comune, quotidiana, ma richiede unosforzo di astrazione che liberi l’esperienza da tutti i fattori

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La teoria eliocentrica

La rivoluzioneastronomica e culturale

Le osservazioniastronomiche

Il principio d’inerzia

32 - La rivoluzione scientifica

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perturbatori (in primo luogo l’attrito) che impediscono alprincipio di manifestarsi in tutta la sua purezza. Il principio d’inerzia costituisce il primo principio della scien-za moderna, fondando la dinamica. Galileo contribuisce al-l’edificazione della dinamica anche con le sue ricerche sullacaduta dei gravi, con cui inaugura il moderno approccio spe-rimentale. Per Galileo l’esperimento assume forme artificialiprecise e determinate, che permettono un controllo nume-rico di ipotesi quantitative, consente la misurazione dei fe-nomeni: è la via con cui l’esperienza può essere matema-tizzata. L’esperimento ha anche la funzione di portare alla lu-ce comportamenti naturali che altrimenti rimarrebbero na-scosti, occultati dalla complessità dei fenomeni perturbatorisempre presenti nell’esperienza quotidiana. Galileo è convinto che il copernicanesimo sia compatibile conle Sacre Scritture, purché queste siano interpretate allegori-camente, e tenta di far accettare questa posizione alla Chiesa.Le autorità ecclesiastiche sono però disposte ad ammettere ilsistema copernicano solo come ipotesi di calcolo e reagisco-no ai suoi tentativi dapprima ammonendolo (1616) e poi con-dannandolo definitivamente e costringendolo alla ritrattazio-ne pubblica (1632).

Isaac NewtonL’inglese Isaac Newton (Woolsthorpe 1642 - Kensington1727) è astronomo, matematico e fisico e la sua influenzasul corso del pensiero filosofico-scientifico è stata molto va-sta e articolata. Newton diviene famoso per i suoi studi spe-rimentali, in particolare di ottica, con cui dimostra che la lu-ce solare non è bianca, ma è una mescolanza di raggi colo-rati. In questo modo diventa possibile trattare in forma quan-titativa i colori, sino ad allora pensati esclusivamente conconcetti qualitativi. Newton si convince che gli esperimentiforniscono conoscenze evidenti, oggettive, del tutto svin-colate da qualsiasi ipotesi teorica.Nei Philosophiae naturalis principia mathematica (Princi-pi matematici di filosofia naturale, 1687) Newton dà una si-stemazione teorica complessiva dei concetti della meccanica,la scienza del movimento, fornendo una teoria che sarà a fon-damento della fisica nei due secoli successivi. Egli dimostrache molti fenomeni terrestri e, soprattutto, astronomici sonospiegabili supponendo validi universalmente i principi dellameccanica e ammettendo l’ipotesi che tra due corpi qualsia-si dell’universo agisca una forza attrattiva, detta forza gravi-tazionale, responsabile tanto dei grandiosi movimenti dei pia-

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32 - La rivoluzione scientifica

La dinamica

L’esperimento

Galileo e la Chiesacattolica

Gli studi di ottica

La teoriaastronomica

La forza di gravità

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32 - La rivoluzione scientifica

neti, quanto dei più umili eventi terrestri. Grazie a questa teo-ria il mondo appare una macchina il cui comportamento ècomprensibile unitariamente in base ai pochi, sempliciprincipi della meccanica uniti alla legge di gravitazione uni-versale. Il metodo seguito nei Principia è molto diverso dal-l’empirismo evidenziato dalle sue ricerche ottiche: la teoriaastronomica di Newton è organizzata come teoria assiomati-

Il metodo dei “Principia”

IpotesiIn epistemologia, indica la pre-messa non necessariamente ve-ra di una dimostrazione. Newton usa dapprima il termineipotesi per designare sia i “prin-cipi”, cioè gli enunciati riguardoalle “vere cause” dei fenomeniancora bisognosi di prova, siacongetture assai dubitabili scam-biate per verità incontestabili. Ilsuo famoso detto “hypothesesnon fingo” (“non invento ipote-si”) vuole escludere, in quantoprematura, l’introduzione dicongetture sulle proprietà ulti-me che stanno alla base della gra-vitazione. La rinuncia alle “ipote-si” non vuole quindi rappresen-tare la scienza come accumula-zione di fatti empirici senza for-mulazione “ipotetica” di leggi ge-nerali, ma intende respingeretutte quelle costruzioni arbitra-rie, prive di rapporti con i feno-meni reali.

EsperimentoEvento ripetibile messo in attoda un osservatore allo scopo dicontrollare una teoria o un’ipo-tesi scientifica. Nel pensiero an-tico e medievale gli esperimentisono rarissimi. La sperimenta-zione inizia a svolgere una fun-zione importante nella costru-zione del sapere solo alla fine del

sec. XVI. Francesco Bacone nel-la sua filosofia esalta il ruolo del-l’esperimento nella produzionedi conoscenza. Decisiva è l’azio-ne di Galilei, per il quale l’espe-rimento assume procedure ri-gorose e predeterminate chepermettono un controllo nu-merico di ipotesi quantitative.Quando tutti i fattori di disturbonon possono essere eliminaticoncretamente, Galilei ricorre a“ideali”, pratiche di laboratorioimmaginate, i cui risultati sonoottenuti attraverso il ragiona-mento. Dalle ricerche sperimen-tali di Newton sulla natura dellaluce in poi lo sperimentalismodiviene un indirizzo di enormerilievo, da molti identificato conil metodo scientifico nel suocomplesso. Nel positivismo l’e-sperimento diviene la sola fontelecita di conoscenza, in quantofondamento oggettivo e indubi-tabile per la scienza: i “fatti spe-rimentali” sono contrapposti al-le ipotesi, alle teorizzazioni, con-siderate incerte e soggettive. Lacritica del convenzionalismo (v.a p. 33) ha tuttavia dimostratoche in ogni esperimento inter-vengono inevitabilmente pre-supposti ipotetici, convinzioniteoriche, e dunque è sbagliatoconsiderare l’esperimento comecontrapposto alla teorizzazione.

GLOSSARIO

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32 - La rivoluzione scientifica

ca sul modello della geometria di Euclide, i suoi principi nonsono proposizioni ricavabili direttamente dall’osservazione,la loro garanzia sta nelle conseguenze che da essi si possonodedurre e che risultano in accordo con l’esperienza. Profondamente interessato alle questioni religiose, Newtondedica molte energie agli studi biblici, convinto che la propriascienza sia perfettamente compatibile con la religione e offraanzi nuovi e validi argomenti a sostegno dell’idea dell’esi-stenza di Dio, il quale ha costruito un mondo secondo prin-cipi semplici, che le teorie di Newton hanno scoperto e rive-lato agli uomini.

Il rapporto con la religione

Solo nel ‘600 si afferma una concezione della scienza come un sapere oggettiva-mente verificabile e pubblicamente controllabile.

La rivoluzione operata daNiccolò Copernico nasce come revisione della teoria astro-nomica tolemaica geocentrica a favore della teoria eliocentrica. La Terra perde lapropria centralità, non solo astronomica ma anche metafisica, proiettando l’uomoin un universo infinito, costringendolo a ripensare la propria immagine della natu-ra, la propria origine e il rapporto con la divinità.

Galileo Galilei sostiene la superiorità del sistema eliocentrico con varie argomenta-zioni, in cui un ruolo fondamentale è svolto dal principio d’inerzia.

Galileo inaugura il moderno approccio sperimentalista: l’esperimento assume for-me artificiali precise e determinate, consentendo la misurazione dei fenomeni.

Galileo è convinto che il copernicanesimo sia compatibile con le Sacre Scritture,purché queste siano interpretate allegoricamente.

Isaac Newton diviene famoso per i suoi studi sperimentali di ottica e soprattut-to per la sua teoria astronomica, con cui spiega molti fenomeni terrestri e astro-nomici sulla base dei principi della meccanica, ritenuti validi universalmente, edell’ipotesi che tra i corpi dell’universo agisca una forza attrattiva, detta forza gra-vitazionale.

Anche Newton è convinto che la propria scienza sia perfettamente compatibile conla religione.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA NASCITA DELLA SCIENZAMODERNA

LA RIVOLUZIONECOPERNICANA

GALILEO GALILEI

Il metodo sperimentale

Galileo e la religione

NEWTON

Newton e la religione

1. Quali elementi di continuità esistono fra il Rina-scimento e la “rivoluzione scientifica”? 168a

2. Che cosa si intende con il termine “scienza”?168b

3. Perché la rivoluzione copernicana non può es-

sere considerata solo di tipo astronomico?169a

4. Che cos’è l’esperimento per Galileo? 170a5. Come concepisce il mondo naturale Newton?

171b

DOMANDE DI VERIFICA

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Francesco BaconeImportante uomo politico, Francesco Bacone, nome italia-nizzato di Francis Bacon (Londra 1561-1626), parallela-mente lavora a un vasto progetto di riorganizzazione del sa-pere filosofico. Nel 1620 pubblica la sua opera più impor-tante, il Novum Organum. Caduto in disgrazia in seguito aun’accusa di corruzione, Bacone delinea infine nella NuovaAtlantide (1627, postumo) il progetto utopico di una società(la mitica Bensalem) modellata sull’ideale di una fraternacollaborazione scientifica.

� La riforma del sapereAnimato da una profonda insoddisfazione per la sterilità del-la filosofia aristotelica (che non produce una conoscenza del-le cose, ma solo dei modi del discorso sulle cose) e anche delpensiero rinascimentale, Bacone imputa ai classici e ai pen-satori moderni di aver sostituito la pratica e l’invenzione li-bresche alla diretta consultazione del gran libro della natura.Questi atteggiamenti hanno il grave limite di dimenticare lafinalità pratica e operativa a cui va indirizzato il sapere. Pertanto Bacone propone nel Novum organum un nuovometodo di indagine, articolato in quattro fasi:1. La liberazione dai fantasmi illusori degli “idoli”, cioè daifalsi concetti che ottenebrano la mente umana. Essi sono:gli idoli della tribù, che hanno origine dalla stessa natura

Vita e opere

La polemica controla tradizione

Le quattro fasi del metodo

1. La liberazione dagli idoli

33 La filosofia del metodo:Bacone e Descartes

Se la problematica relativa alla natura e al metodo del conoscerenon è una novità per la tradizione filosofica, è solo con la filosofia modernache acquista un’assoluta centralità per l’emergere di nuove esigenzeconoscitive, legate agli sviluppi tecnici e scientifici del sapere.È questo il problema del metodo, cioè di un insieme di criteri e di regoleche permettano un uso corretto delle facoltà conoscitive dell’uomo al fine di raggiungere un elevato grado di certezza, che si afferma prepotentementenel pensiero moderno a partire dalla riflessione di Francesco Bacone e di Descartes. In particolare sono le matematiche e la geometria, per la loro chiarezza e rigorosità, il modello metodologico privilegiato a cui ispirarsi per una riforma del metodo del conoscere.

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33 - La filosofia del metodo: Bacone e Descartes

umana e dalle sue facoltà; gli idoli della caverna, che varia-no da individuo a individuo e sono prodotti dal tempera-mento, dall’educazione, dalle amicizie, dalle letture, dalleabitudini, dalle diversità delle circostanze; gli idoli dellapiazza, che nascono dalla necessità di comunicare con le pa-role e riflettono l’uso improprio del linguaggio; gli idoli delteatro, che si diffondono con i falsi sistemi filosofici.2. La stesura e l’elaborazione delle tavole, che sono lo stru-mento di classificazione dei dati osservativi in vista dell’in-terpretazione dell’intelletto. Si distinguono in “tavola dipresenza”, che registra tutti i casi in cui la natura, o cosa, dicui si ricerca la forma è presente; “tavola dell’assenza”, cheregistra i casi in cui si osserva l’assenza della cosa di cui si ri-cerca la forma; “tavola dei gradi”, che registra i casi in cuila natura studiata è presente in gradi differenziati.3. La formulazione di un’ipotesi provvisoria: una volta con-clusa l’elaborazione delle tavole, è possibile formulare un’i-potesi provvisoria sulla “forma” di un fenomeno, ossia sullasua struttura immanente e sulla legge del suo prodursi.4. La deduzione e le “istanze prerogative”: si deve dapprimadedurre dall’ipotesi provvisoria quel che dovrebbe accadere nel-la realtà se l’ipotesi fosse vera e poi “interrogare”, cioè speri-mentare, con adeguate procedure la natura stessa. Le “istanzeprerogative” sono gli strumenti che servono per convalidareo falsificare le ipotesi e si distinguono in: istanze informative,distinte a seconda che supportino i sensi o l’intelletto, e istan-ze pratiche, distinte in istanze del potere che indicano cosa sipossa intraprendere, istanze della misura che valutano quanti-tativamente l’opera intrapresa, istanze di facilitazione dell’o-pera che comprendono le tecniche e le operazioni magiche.Il metodo baconiano ha il merito di riabilitare la dimensio-ne empirica e fattuale della scienza, ma non avrà un grandeseguito, perché è sostanzialmente ancora un approccio ditipo qualitativo, senza un’adeguata valorizzazione degliaspetti quantitativi del reale e una loro matematizzazione,che sarà invece la chiave di volta della scienza moderna.

Renato CartesioRenato Cartesio, nome italianizzato di René Descartes (LaHaye, Touraine 1596 - Stoccolma 1650), studia diritto all’uni-versità di Poitiers, ma preferisce poi intraprendere la vita mi-litare in Germania. È in questo periodo che si appassiona al-la nascente scienza meccanica, intravedendo nell’algebra geo-metrica il modello di una “scienza totalmente nuova”. Ab-bandonata la vita militare e si dedica alla ricerca filosofica.

2. La stesura delletavole di presenza,di assenza, dei gradi

3. La formulazionedell’ipotesiprovvisoria

4. La deduzione e le “istanzeprerogative”

Limiti e meriti delmetodo baconiano

La vita

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� Unità della mente e del sapereNel trattato metodologico Regulae ad directionem ingenii(Regole per la direzione dell’ingegno, 1628) Cartesio defini-sce 21 norme per sviluppare la “retta mente” in vista del con-seguimento della “sapienza universale”. Intuito e deduzione costituiscono gli atti “naturali” dellamente: il primo non si confonde con l’apprensione sensibi-le, ma indica “un concetto della mente pura e attenta” carat-terizzato dalla “semplicità”. Descartes imposta il problemadel metodo della ricerca scientifica nei termini della “mathe-sis universalis”, una sorta di “scienza generale” che riguar-da tutte le questioni concernenti “l’ordine e la misura”, aprescindere dalle differenti materie a cui si applica. Questaidea deriva dall’osservazione che tutte le scienze matemati-che studiano solo i rapporti di quantità e di proporzionalitàfra gli “oggetti” (numeri, figure ecc.) del proprio ambito di-sciplinare e proprio per questa loro caratteristica possonoessere assunte a modello della ricerca scientifica.

� Il programma metodologicoNel celebre Discorso sul metodo (1637) Descartes illustra, sot-to forma di un’autobiografia intellettuale, le prerogative delnuovo metodo, articolato in quattro regole fondamentali: 1. la regola dell’evidenza: devono essere accolte come ve-re solo quelle idee che si presentano chiare e distinte allanostra mente; 2. la regola dell’analisi: è la scomposizionedelle questioni complesse in parti elementari; 3. la regoladella sintesi: è la ricomposizione della questione secondoun ordine compositivo che proceda da una minore a unamaggiore complessità; 4. la regola dell’enumerazione com-pleta: per evitare errori od omissioni è necessario, infine,enumerare tutti i passaggi effettuati.

� La fondazione di una metafisica certaLa pubblicazione delleMeditazioni metafisiche (1641) ha l’o-biettivo di mostrare come sia possibile anche in metafisicapervenire a una conoscenza “certa e indubitabile”. Il primopasso è il superamento del dubbio scettico (v. a p. 104), cheriguarda innanzitutto la conoscenza sensibile. La strategiacartesiana radicalizza ulteriormente il dubbio scettico me-diante l’ipotesi del Dio ingannatore: immagina infatti cheDio sia così onnipotente da trarci in inganno anche nel con-cepire le verità più chiare ed evidenti, come quelle delle ma-tematiche, che pure prescindono dalla fallibilità dei sensi. Aquesta totale sospensione del giudizio si sottrae però la ve-rità dell’esistenza di colui stesso che, dubitando, pensa (“Co-

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33 - La filosofia del metodo: Bacone e Descartes

Le norme per sviluppare la retta mente

Intuito e deduzione

La scienzauniversale

Il “Discorso sul metodo”

Evidenza

Analisi

Sintesi

Enumerazione

Le “Meditazionimetafisiche”

Il dubbio scettico

L’ipotesi di un Dioingannatore

Il “Cogito”

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33 - La filosofia del metodo: Bacone e Descartes

gito, ergo sum”: penso, dunque sono). Ma per passare dal-la certezza isolata della propria esistenza, come essere pen-sante, alla certezza del mondo esterno e di tutte le altre ve-rità (comprese quelle della matematica) è necessario perve-nire preliminarmente all’idea di Dio e attribuirle un valorefondativo. Distinguendo fra “idee avventizie” (quelle che alsoggetto sembrano “venute dal di fuori”), “fattizie” (quelleformate o trovate dal soggetto stesso) e “innate” (quelle chesembrano nate col e nel soggetto), Cartesio scopre che la no-zione di Dio come essere perfetto, eterno, immutabile nonpuò trarre origine né da alcuna cosa finita, né da noi stessi inquanto enti imperfetti: essa si rivela dunque “innata” e nonpotrà derivare se non da un essere che esista realmente co-sì come è pensato. Ma in questo modo cade anche il dubbiosul Dio ingannatore: la veracità rientra infatti nella perfezio-ne dell’ente infinito. Ne consegue che Dio non farà mai in mo-do che ci inganniamo, almeno finché ci serviamo di cono-scenze evidenti assunte per quel che esse realmente signifi-cano (l’errore trae origine non dall’intelletto, bensì da un at-to di volontà che ci porta a pronunciare giudizi errati sullecose). A partire da questa “garanzia” fornita dalla veracità di-vina, Descartes procede a dipanare i nodi della sua ontologia:sotto il segno delle idee chiare e distinte, non riconosce nel-le cose materiali null’altro che res extensa (sostanza estesa)e le separa in modo netto dall’altro tipo di sostanza, la res co-gitans (sostanza pensante), il pensiero. Da ciò deriva anchela conoscenza della distinzione reale di anima e corpo. Ultima viene la dimostrazione dell’esistenza reale dei corpi.In quanto effetto involontario, la facoltà passiva di riceverele idee sensibili implica fuori di noi una causa attiva che pro-duca queste idee. Questa causa avrà una realtà effettiva (realtàformale) uguale o superiore alla realtà ideale (realtà oggetti-va) di tali idee. Nel primo caso, si tratterà direttamente deicorpi; nel secondo caso, si potrebbe ipotizzare che l’autoresia Dio o una creatura più nobile del corpo. Ma Dio stesso ciha dato una grande inclinazione a credere che tali idee deri-vino dai corpi e, poiché non possiamo ritenerlo ingannato-re, neppure immagineremo che ci abbia instillato una con-vinzione da cui saremmo tratti sistematicamente in errore.

� La moraleIn attesa di riformare radicalmente il metodo del sapere e diapplicarlo anche all’etica, Cartesio espone tre regole di mo-rale provvisoria: 1. obbedire alle leggi e ai costumi del pro-prio paese; 2. perseverare con fermezza e risolutezza nelleazioni intraprese; 3. cercare di vincere e modificare più se stes-

Idee avventizie,fattizie, innate

La nozioneinnata di Dio

L’errore

Res extensa e res cogitans

L’esistenza reale dei corpi

Le regole di moraleprovvisoria

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33 - La filosofia del metodo: Bacone e Descartes

si che la fortuna. Il tema dell’unione dell’anima con il corpo,problematico in un quadro dualistico, porta successivamen-te Cartesio, nel trattato Le passioni dell’anima (1649), a de-lineare un’interpretazione fisiologica delle passioni, che pos-sono essere moderate e ben indirizzate dalla volontà.

Le passionidell’anima

1. Quali sono le fasi del metodo baconiano? 173a-174

2. Quali sono i principali limiti e i pregi del metodobaconiano? 174b

3. Quali sono le regole del metodo cartesiano?175b

4. Nella filosofia cartesiana in che cosa consiste laradicalizzazione del dubbio scettico? 175b

DOMANDE DI VERIFICA

Francesco Bacone, insodisfatto dei metodi tradizionali di indagine, ne proponeuno nuovo articolato in quattro fasi: 1. la liberazione dai fantasmi illusori degli ido-li; 2. la stesura e l’elaborazione delle tavole; 3. la formulazione di un’ipotesi prov-visoria; 4. la deduzione e le istanze prerogative.

Renato Cartesio nelle Regulae ad directionem ingenii imposta il problema del me-todo della ricerca scientifica nei termini della mathesis universalis, una “scienzagenerale” su tutte le questioni relative all’ordine e alla misura.

Nel Discorso sul metodo (1637) illustra le prerogative del nuovo metodo, artico-lato in quattro regole fondamentali: 1. l’evidenza, 2. l’analisi; 3. la sintesi; 4. l’e-numerazione completa.

Nelle Meditazioni metafisiche (1641) mostra come sia possibile anche in meta-fisica pervenire a una conoscenza “certa e indubitabile”, in cui il primo passo èil superamento del dubbio scettico.

Radicalizzato ulteriormente il dubbio scettico mediante l’ipotesi del Dio inganna-tore, l’unica verità che si sottrae è quella dell’esistenza di colui stesso che dubi-ta (“Cogito, ergo sum”: penso, dunque esisto).

Per passare dalla certezza isolata della propria esistenza alla certezza del mon-do esterno e di tutte le altre verità, è necessario pervenire preliminarmente all’i-dea di Dio, che Cartesio scopre essere innata e derivante solo da un essere in-finito, garante di queste certezze.

Cartesio separa nettamente la res extensa, caratteristica delle cose materiali,dalla res cogitans, tipica delle sostanze pensanti, come l’anima.

Espone tre regole di morale provvisoria: 1. obbedire alle leggi e ai costumi delproprio paese; 2. perseverare con fermezza e risolutezza nelle azioni intraprese;3. cercare di vincere e modificare più se stessi che la fortuna.

Nel trattato Le passioni dell’anima (1649) delinea un’interpretazione fisiologicadelle passioni, moderate e ben indirizzate dalla volontà.

SCHEMA RIASSUNTIVOIL METODODI FRANCESCO BACONE

CARTESIO

Le regole del metodo

Il dubbio scettico

Il “cogito”

L’idea di Dio

Res extensa e res cogitans

Le regole della moraleprovvisoria

Le “passioni dell’anima”

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L’occasionalismo e MalebrancheDalla seconda metà del ’600 il dibattito filosofico si accentrasugli aspetti problematici del pensiero cartesiano: in parti-colare, la dimostrazione dell’esistenza delle idee innate, lapossibilità di conoscere la realtà esterna al pensiero e gli al-tri uomini a partire dall’unica certezza del cogito (penso), ilrapporto anima-corpo. L’occasionalismo nasceproprio dal-l’esigenza di spiegare il rapporto tra anime e corpi. PerDescartes, infatti, le anime e i corpi appartengono a generidi sostanze assolutamente eterogenee e prive di comunica-zione fra di loro: ma se per Cartesio l’interazione è un fattodel quale abbiamo certezza, anche se non possiamo darneadeguata esplicazione, per gli occasionalisti il rapporto frale due sostanze può spiegarsi unicamente con l’azione diDio, il quale produce nell’anima una determinata sensazio-ne o pensiero, allorché il corpo è modificato in una certamaniera: le creature forniscono dunque una causalità cheè soltanto “occasionale”, non sono la causa né delle modi-ficazioni corporee né degli avvenimenti materiali. L’occa-sionalismo trova la sistemazione più coerente nell’opera diNicolas Malebranche (Parigi 1638-1715), che da questa im-postazione trae la nozione della conoscenza come “visionedelle idee in Dio”. Infatti Dio illumina le nostre menti e noileggiamo in Lui le idee, che sono gli archetipi delle cose

L’occasionalismo

Malebranche

34 Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz

In senso generale il termine razionalismo indica tutte quelle dottrine che riconoscono nella realtà un principio intelligibile, la cui evidenza e conoscenza, però, non è di tipo empirico (cioè basata sull’esperienza), ma razionale (ossia coglibile solo col pensiero). La critica filosofica attribuisce a Cartesio la paternità di questo filone di pensiero, che nella filosofiamoderna raggruppa pensatori diversi, fra cui spiccano l’occasionalismo di Malebranche, Spinoza e Leibniz, che attribuiscono al sapere umano i caratteri dell’universalità e della necessità a partire dalla garanzia di verità offerta dal patrimonio originario delle idee innate.

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reali. Le idee sono le caratteristiche geometriche dei cor-pi, la loro estensione, e ciò è tutto quello che c’è di ogget-tivo; sensazioni e qualità non sono che modificazioni dell’a-nima prive di oggettività, sono cioè i diversi modi in cui l’a-nima è modificata dall’idea di estensione. A rigore, quindi,il mondo oggettivo non è necessario e la nostra certezzadella sua esistenza ha come fondamento solo la fede nellabontà e veracità di Dio.

Baruch SpinozaBaruch Spinoza (Amsterdam 1632 - L’Aia 1677) è uno deigrandi protagonisti del dibattito sui problemi metafisici su-scitati dalla filosofia cartesiana. Di famiglia ebrea portoghe-se costretta a emigrare in Olanda, perfeziona la sua educa-zione ebraica studiando la matematica e il latino, che gli per-mettono l’incontro decisivo con le opere di Francesco Ba-cone, Descartes e Hobbes. Nel 1670 pubblica, anonimo, ilTractatus theologico-politicus, che viene proibito dal go-verno nel 1674. Nel 1675, per timore dell’odio dei teologi,Spinoza ritira la stampa dell’Ethica more geometrico de-monstrata (L’etica dimostrata secondo l’ordine geometri-co), già consegnata al proprio editore.

� L’orizzonte della filosofia spinozianaNel Breve trattato su Dio, l’uomo e la sua beatitudine (1862,postumo) Spinoza espone la sua visione panteistica. Dio,ossia la Natura, è l’unica Sostanza di tutte le cose, prodot-te non mediante intelletto e volontà ma per sola necessitàdella natura divina; le cose non costituiscono sostanze a sé,ma permangono nell’unica Sostanza divina come suoi “mo-di” o manifestazioni. I modi si distinguono dalla Sostanzacome ciascuna onda del mare si distingue dall’intero mare,pur essendo costituita dalla medesima acqua. La Sostanzaunica è causa di sé ed è la forza costitutiva di tutto ciò cheesiste, in se stessa neutra e indeterminata e dunque tale daesprimersi indifferentemente e simultaneamente secondotutte le caratteristiche dell’essere, da Spinoza chiamate “at-tributi”. Alla Sostanza assolutamente infinita competonodunque infiniti attributi, ciascuno dei quali è infinito nel suogenere, ma l’uomo può conoscerne solo due, pensiero edestensione, poiché egli stesso è espresso nelle loro moda-lità, che sono mente e corpo. In natura non si danno né be-ne né male in senso assoluto: sono questi concetti relativi aciò che l’uomo giudica come utile o nocivo per sé. Da quideriva l’assoluta importanza che Spinoza assegna alla cono-

179

Le idee

Vita e opere

La Sostanza

I modi della Sostanza

Gli attributidella Sostanza

34 - Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz

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34 - Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz

scenza adeguata, unico mezzo di libertà e beatitudine: in-fatti la perfezione umana si fonda sulla conoscenza dell’in-telletto, che oltrepassa sia l’opinione, legata ai sensi, sia laragione, che coglie i nessi tra gli oggetti e le idee. La cono-scenza intellettiva è intuitiva e permette di sentire e vedereche tutto in Dio si muove e si svolge dal momento che l’in-telletto umano è parte dell’intelletto infinito di Dio, a cuipuò unirsi con amore stabile.

� L’“Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico”Gli argomenti del Breve Trattato sono riformulati nell’Eti-ca dimostrata secondo l’ordine geometrico, divisa in cin-que parti, aventi per oggetto Dio, la mente umana, la natu-ra e l’origine degli affetti, la schiavitù dell’uomo rispetto al-le passioni, la libertà. L’opera adotta un nuovo metodoespositivo, che deduce e concatena le proposizioni con-seguenti in ordine geometrico, cioè su principi assunti inbase alla regola dell’evidenza. Una delle conquiste fonda-mentali è la dottrina dell’immaginazione, concepita comeforma di rappresentazione regolata da leggi e pertanto pos-sibile oggetto di scienza. È su tale nuova dottrina che vienefondata la possibilità di una indagine scientifica degli af-fetti, considerati come forze neutre determinate, parti del-la forza infinita costituente la Sostanza, che si esprimono si-multaneamente sotto gli attributi del pensiero e dell’e-stensione. Pertanto gli affetti possono essere assunti nonsolo come essenza dell’uomo, ma propriamente come larealtà stessa dell’uomo.

� Teoria del diritto e dottrina politicaDall’assunto generale del diritto come espressione dellaforza (“ognuno ha tanto di diritto quanto ha di forza”), sitratti del diritto naturale o di quello positivo, deriva l’im-possibilità per la società di rinunciare completamente al di-ritto naturale. Vi sono alcuni diritti naturali a tal punto co-

La dottrina della conoscenza

Gli argomenti

Il metodogeometrico

La dottrinadell’immaginazione

Gli affetti

Il diritto come espressionedella forza

In senso filosofico generale il panteismo è la dottrina che sostiene l’i-dentità di Dio con il mondo naturale, in cui Dio è immanente. Il termi-ne è stato coniato in età moderna, ma il concetto è già presente nel-lo stoicismo e nel neoplatonismo. Il panteismo neoplatonico rifluiscein seguito nella filosofia rinascimentale, in cui viene accentuata la di-vinità della natura, in particolar modo nella filosofia di Giordano Bru-no. È a Spinoza che si deve, tuttavia, la concezione più sistematica delpanteismo. Spinoza identifica Dio con l’ordine geometrico-strutturaledel mondo, di cui è causa immanente.

IL PANTEISMO

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stitutivi della natura umana che rinunciare a essi è impossi-bile senza rinunciare alla stessa umanità: tra questi, il dirit-to alla libertà di pensiero e di parola. Dimostrare che la salvaguardia di tali diritti è condizionedell’ordine e della pace dello Stato è uno dei fini principa-li del Tractatus theologico-politicus, oltre a quello di mo-strare, attraverso l’elaborazione di un metodo razionale diinterpretazione della Sacra Scrittura, che la verità rivelatanon è affatto difforme dalla verità che l’intelletto naturalepuò conquistare con le sole sue forze. Spinoza dedica le sue ultime energie a una rinnovata medi-tazione intorno alla politica. Il Tractatus politicus (1677),con un metodo di indagine realistico che considera gli uo-mini “come sono” e non “come devono essere”, analizza itre principali regimi di governo che la storia ha prodotto: lamonarchia, l’aristocrazia e la democrazia. Nessuno di questiè, astrattamente e per sé, migliore degli altri, ma convenientea ciascun paese in diversi momenti storici. Tuttavia, la pre-ferenza di Spinoza va al regime democratico, perché espri-me meglio la natura dello Stato come potere collettivo ed èpiù vicino alla condizione naturale degli uomini.

Gottfried Wilhelm LeibnizAnche Gottfried Wilhelm Leibniz (Lipsia 1646 - Hannover1716) può essere considerato uno dei maggiori pensatoridella sua epoca anche per il tentativo di edificare una nuo-va metafisica sulle fondamenta logiche e metodologichedella rivoluzione scientifica. Dopo gli studi di filosofia e di-ritto, inizia un’intensa attività diplomatica, a cui unisce quel-la di storiografo ufficiale e di teologo, impegnato nel tenta-tivo ecumenico di riconciliazione fra cattolici e protestanti. Le opere più significative sono: Discorso di metafisica(1686); Nuovo sistema della natura, della comunicazio-ne tra le sostanze e dell’unione tra l’anima e il corpo(1695); Saggi di teodicea (1710); Principi della natura edella grazia fondati sulla ragione (1714); Monadologia(1714); Nuovi saggi sull’intelletto umano (pubblicati po-stumi nel 1765).

� Una nuova concezione della sostanzaLeibniz critica la concezione cartesiana della materia co-me semplice estensione, partendo dalla confutazione del-la legge (anch’essa cartesiana) della conservazione nell’uni-verso della quantità di moto. A conservarsi, secondo Leib-niz, non è il movimento, bensì la quantità complessiva del-

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34 - Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz

Il “Tractatustheologico-politicus”

Il “Tractatuspoliticus”

Il regimedemocratico

Vita e opere

La critica alla concezione della materia comepura estensione

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la forza viva (prodotto della massa per il quadrato della ve-locità). Ciò consente di affermare il primato, metafisico enon solo fisico, della forza rispetto al moto e al corpo. Inluogo della materia inerte dei cartesiani, riducibile a meraestensione geometrica, Leibniz afferma una concezione del-la realtà come penetrata di centri di forza, di tipo energeti-co-vitalista, in cui tutto è vita, movimento e trasformazione.

� Le monadiQuesti principi dinamici e attivi sono propriamente le “mo-nadi” (termine, derivato dal greco, che significa unità), ine-stese e immateriali, le quali assicurano l’unità sostanziale aldi sotto dell’apparenza fenomenica di molteplicità indottadall’estensione. Le monadi vengono create e distrutte di-rettamente da Dio, hanno caratteri di pienezza e di sempli-cità: sono veri e propri “atomi di natura”; non comunicanofra di loro (le monadi “non hanno finestre attraverso le qua-li qualche cosa possa entrare o uscire”) e differiscono uni-camente per il diverso grado di chiarezza e distinzione del-le rappresentazioni, con cui “esprimono” da un punto di vi-sta particolare l’intero universo. In tutte le monadi create èsempre presente un grado di oscurità e passività; solo Dioè perfetta chiarezza e attività. In questa limitazione dellafacoltà di rappresentare consiste la “materia”. Ogni monade è in rapporto con tutte le altre e “percepisce”tutto il creato, sia pure in modo imperfetto e oscuro (don-de il nome di “piccole percezioni”, quasi un rumore di fon-do che accompagna le percezioni più chiare). Reca in sé me-moria di tutto il passato ed è gravida dell’intero suo avve-nire. Ne deriva una correzione fondamentale dell’occasio-nalismo nella direzione dell’“armonia prestabilita”: Dio èil supremo architetto, il quale crea “automi” tanto perfettida non aver bisogno di influire reciprocamente gli uni su-gli altri per condurre le loro operazioni in modo regolato edel tutto sincrono. L’armonia prestabilita rimanda, quin-di, a quell’accordo di necessità e contingenza, voluto daDio all’atto della creazione, che regola razionalmente lastruttura del mondo, anche nei suoi fenomeni infinitesi-mali. Dio crea senz’altro il migliore dei mondi possibili,sceglie cioè la combinazione di possibilità che sono in gra-do di coesistere (“compossibili”) e nella quale tuttavia si rea-lizzi il grado maggiore di perfezione. La sua decisione nondipende da un arbitrio (Dio non crea le verità eterne – co-me dice Cartesio – ma si conforma al principio di non con-traddizione), né da una necessità metafisica incontroverti-bile – come dice Spinoza –, giacché una scelta diversa da

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34 - Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz

Il concetto di forza

La realtà come forzaenergetico-vitalista

Le monadi

La materia

L’armoniaprestabilita

Il migliore dei mondipossibili

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quella praticata resta pur sempre logicamente possibile, an-che se non è conforme a quel criterio del “meglio” che infor-ma la creazione divina.

� Conoscenza ed esperienzaFra razionalismo ed empirismo (v. cap. 36) Leibniz tenta diindicare una via mediana, sostituendo all’innatismo attuale(cioè fatto di idee sempre universalmente in atto nell’uomo)elaborato da Cartesio una sorta di innatismo “virtuale”, inquanto le verità universali e necessarie (che non sono ridu-cibili all’esperienza) sono possedute in forma originaria dal-l’intelletto, ma devono essere attivate con l’esercizio dellaragione e lo stimolo dell’esperienza. Leibniz distingue fraverità di ragione, che dipendono unicamente dal principiodi non contraddizione e valgono in tutti i mondi possibili,prescindendo da esperienze determinate, e verità di fatto,che invece hanno un carattere contingente e come tali so-no sottoposte ad accertamento empirico

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34 - Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz

L’innatismo virtuale

Verità di ragione e verità di fatto

L’occasionalismo è una dottrina filosofica che nasce dall’esigenza di spiegare il rap-porto tra anime e corpi, tra le due sostanze poste da Cartesio come assolutamen-te eterogenee.

Se per Cartesio l’interazione fra corpo e anima è un fatto del quale abbiamo cer-tezza, per gli occasionalisti richiede l’azione di Dio, il quale produce nell’anima unadeterminata sensazione o pensiero, allorché il corpo è modificato in una certa ma-niera: le creature perciò forniscono una causalità che è soltanto occasionale.

Nicolas Malebranche è il più coerente teorizzatore dell’occasionalismo, da cui traela nozione della conoscenza come visione delle idee in Dio.

Baruch Spinoza afferma che Dio, ossia la Natura, è l’unica Sostanza di tutte le co-se particolari, in cui esse permangono come suoi modi, o manifestazioni.

L’unica Sostanza divina si esprime indifferentemente e simultaneamente secondotutte le caratteristiche dell’essere (o attributi), che sono infiniti.

L’uomo può conoscere solo due attributi della Sostanza, pensiero ed estensione,poiché egli stesso è espresso nelle loro modalità, che sono mente e corpo.

La perfezione umana si fonda sulla conoscenza dell’intelletto, che permette di sen-tire e vedere intuitivamente che tutto in Dio si muove e si svolge.

L’Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico contiene inoltre la dottrina dell’im-maginazione, su cui si fonda la possibilità di una indagine scientifica degli affetti,considerati parti della forza infinita della Sostanza. Gli affetti si esprimono simulta-neamente sotto gli attributi del pensiero e dell’estensione e, perciò, possono es-sere assunti come l’essenza e la realtà stessa dell’uomo.

SCHEMA RIASSUNTIVOL’OCCASIONALISMO

La dottrina delle causeoccasionali

Malebranche

SPINOZA

Gli attributi della Sostanza

Pensiero ed estensione

La conoscenza adeguata

L’”Etica” e gli affetti

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34 - Il razionalismo: occasionalismo, Spinoza e Leibniz

Nel Tractatus theologico-politicus Spinoza concepisce il diritto come espressionedella forza e ritiene impossibile rinunciare al diritto naturale (per esempio, la libertàdi pensiero), condizione dell’ordine e della pace dello Stato.

Nel Tractatus politicus (1677) analizza i regimi di governo (monarchia, aristocrazia,democrazia) affermandone una bontà o convenienza non assoluta ma relativa allesingole situazioni storiche.

Leibniz critica la concezione cartesiana della materia come semplice estensioneaffermando una concezione della realtà come penetrata di centri di forza, di tipoenergetico-vitalista.

Questi principi dinamici e attivi sono propriamente le monadi, che hanno caratte-re di pienezza e di semplicità, non comunicano fra di loro e differiscono unicamen-te per il diverso grado di chiarezza e distinzione delle rappresentazioni. Infatti ognimonade è in rapporto con tutte le altre e “percepisce”, sia pure in modo imperfet-to e oscuro, tutto il creato.

Ne deriva una correzione fondamentale dell’occasionalismo nella direzione dell’ar-monia prestabilita, cioè quell’accordo di necessità e contingenza, voluto da Dio al-l’atto della creazione, che regola razionalmente la struttura del mondo.

Dio crea senz’altro il migliore dei mondi possibili, e la sua decisione non dipendené da un arbitrio, come sostiene Cartesio, né da una necessità metafisica, comeafferma Spinoza.

Leibniz sostituisce all’innatismo di Cartesio una sorta di innatismo virtuale, in quan-to le verità universali e necessarie sono possedute in forma originaria dall’intellet-to, ma sono attivate dalla ragione e dall’esperienza.

Leibniz distingue fra verità di ragione, che dipendono unicamente dal principio dinon contraddizione e prescindono da esperienze determinate, e verità di fatto, con-tingenti e sottoposte ad accertamento empirico.

segue

La concezione del diritto

L’analisi dei regimi di governo

LEIBNIZ

Le monadi

L’armonia prestabilita

Il migliore dei mondipossibili

L’innatismo virtuale

Le verità di ragione e le verità di fatto

1. Come risolve l’occasionalismo il dualismo car-tesiano fra anima e corpo? 178b

2. Che cos’è la Sostanza per Spinoza? 179b3. Che cosa sono gli affetti per Spinoza ? 180b

4. Come concepisce il diritto naturale Spinoza?180b-181a

5. Che cos’è la monade per Leibniz? 182a6. Che distinzione sussiste fra le verità di ragione

e le verità di fatto per Leibniz? 183a

DOMANDE DI VERIFICA

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Il libertinismo

L’accentuazione del valore e dell’autonomia dell’individuoporta, soprattutto in Francia, alla diffusione di unamentalitàlaica, non dichiaratamente anticristiana ma indifferente neiconfronti degli aspetti dogmatici della religione. Contem-poraneamente si assiste alla riaffermazione del piacere, dellacorporeità e della libertà di pensiero. Queste istanze vengo-no incarnate dal movimento dei libertini, cioè i liberi pen-satori, impegnati in una critica radicale ai conformismi e aidogmi etico-religiosi e nella riproposizione dell’atomismo edell’edonismo epicureo, del dubbio scettico, del naturalismorinascimentale, del materialismo di Hobbes, della scienza ga-lileiana. La loro origine aristocratica o altoborghese li portaad assumere un atteggiamento di doppiezza nei confrontidella politica e della religione, profondamente criticate esmascherate nei loro meccanismi psicologici e storici, ma con-siderate indispensabili per il controllo delle masse e della vi-ta pubblica. Pubblicamente, infatti, si proclamano obbedien-ti all’autorità ecclesiastica e monarchica, mentre affidano lecritiche alle conversazioni private e alla letteratura clandesti-na o anonima. Tra i libertini si riconoscono una corrente dei“naturalisti” (de Viau, Vanini, de Bergerac), caratterizzata dauna ripresa del naturalismo rinascimentale e dell’epicurei-smo, e una corrente degli “eruditi” (Gassendi, de La MotheLe Vayer, Naudé), per i quali lo scetticismo si abbina con unadifesa appassionata della libertà personale del filosofo e di unraffinato godimento della vita.

La diffusione dellamentalità laica

L’atteggiamentoverso la politica e la religione

I “naturalisti”

Gli “eruditi”

35 Il problema etico nel ’600e la riflessione di Pascal

Tutta la filosofia del ’600 è attraversata da una riflessione attentasull’individuo, che, a partire dall’originaria certezza del cogito cartesiano,scopre in se stesso un fondamento incontrovertibile al proprio sapere e al proprio sistema di valori. A questa significativa scoperta dell’uomo comeportatore di una ragione autonoma si accompagna lo sviluppo di un filone di pensiero concentrato sull’interiorità e sulla meditazione su se stessi sia laica,come nel caso del libertinismo, sia religiosa, che trova la sua massimaespressione nel giansenismo e nella riflessione di Pascal.

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35 - Il problema etico nel ‘600 e la riflessione di Pascal

Il giansenismo e la scuola di Port-Royal

Anche in ambito religioso la riflessione sull’uomo porta a unripensamento significativo sulle sue capacità, che trova unargomento privilegiato nella tematica della libertà umana (illibero arbitrio) in riferimento alla salvezza e alla grazia di-vina, dando origine a una polemica fra gesuiti, domenicanie giansenisti. In seno al cattolicesimo, nei secc. XVII e XVIII,si sviluppa il movimento del giansenismo a partire dalle dot-trine del vescovo di Ypres Giansenio (Ackoy, Olanda, 1585 -Ypres 1638), che cerca nella tradizione cattolica, a suo pa-rere tutta raccolta in Agostino, i testi e le tesi che intendo-no la grazia come iniziativa primaria di Dio e immeritata dal-l’uomo in vista della salvezza. In polemica con le tesi dei se-guaci del domenicano Bañez e del gesuita de Molina, i qua-li, seppur con motivazioni diverse, affermano che Dio con-cede a tutti gli uomini la grazia sufficiente per osservare i co-mandamenti e in definitiva per salvarsi, Giansenio sostieneche la grazia non può essere né meritata né resa vana dalcomportamento umano e non viene concessa a tutti, il chemanifesta la predestinazione, indipendente da ogni consi-derazione di merito, di alcuni al paradiso e di altri all’infer-no. Queste tesi vengono ripetutamente condannate dalle ge-rarchie. Nel corso di una sorda polemica con Roma, i gian-senisti allargano la contestazione teologica alla conduzionedella Chiesa, mettendo in discussione il primato del papa ela sua autorità assoluta nel dirimere questioni in materia didottrina e morale. La battaglia antiromana viene condotta,cercando di non arrivare a rotture, dalla comunità di laici edecclesiastici riuniti nel monastero cistercense di Port-Royal,vicino a Versailles. Il monastero è guidato dall’abate Saint-Cy-ran (1581-1643), collaboratore di Giansenio, della cui dottri-na sottolinea, più che le implicazioni teologiche, le conse-guenze pratiche e morali sostenendo un cristianesimo mol-to austero ed esigente. Nella comunità, che si dedica alla me-ditazione e all’insegnamento, spiccano Arnauld e Nicole (au-tori della famosa Logica di Port-Royal) e Pascal.

Blaise PascalBlaise Pascal (Clermont-Ferrand 1623 - Parigi 1662) abbina astudi matematici e fisici la ricerca in campo filosofico e teo-logico. A diciassette anni pubblica il Saggio sulle coniche e adiciannove realizza la prima macchina calcolatrice della storia(la Pascalina). Spirito profondamente religioso, entra in con-tatto con i giansenisti di Port-Royal, di cui condivide la tesi che

La dottrina di Giansenio

La polemicagrazia-libertàdell’uomo

Il monastero di Port-Royal

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35 - Il problema etico nel ‘600 e la riflessione di Pascal

solo la grazia può riportare l’uomo dalla concupiscenza, dal-l’amor sui (amore di sé), frutti del peccato originale, all’a-more del Dio salvifico e alla volontà del bene (Scritti sulla gra-zia, 1658). Il momento di maggior collaborazione con i gian-senisti si ha quando Pascal ingaggia la sua battaglia contro lamorale dei gesuiti, giudicati pericolosamente “lassisti” nelleLettere provinciali (1657).Nei confronti delle prospettive razionalistiche o “libertine”,Pascal si impegna a provare la verità del cristianesimo mo-strando la debolezza della ragione umana se abbandonata ase stessa. In particolare, allo spirito geometrico (esprit degéométrie), lo spirito deduttivo e analitico della scienza car-tesiana, contrappone lo spirito di finezza (esprit de fines-se), intuitivo e sintetico, intreccio di ragione e sentimento,in grado di cogliere la complessità dei comportamenti uma-ni. Pascal svolge la sua apologetica del cristianesimo in unaserie di frammenti raccolti nei Pensieri (composti nel 1657-60), in cui descrive l’uomo nella sua realtà esistenziale con-creta, rinunciando alla pretesa di una filosofia sistematica suesso. L’intento di Pascal non è fornire prove razionali dell’e-sistenza di Dio, ma presentare il cristianesimo come l’uni-ca risposta coerente all’enigma dell’uomo, facendo appel-lo non alla ragione ma al cuore, quale facoltà dell’infinito. In-fatti miseria e grandezza sono le caratteristiche essenzialied essenzialmente irriducibili dell’uomo, che è continua-mente conteso fra l’infinitamente piccolo e l’infinitamentegrande, stretto in una duplicità enigmatica e tragica. Così ca-rico di limitazioni, di difetti, di frustrazioni, l’uomo cerca unavia di uscita nel divertissement (divertimento), nella distra-zione e nella ricerca di piaceri, in cui però sprofonda in unamiseria ancora maggiore perché inconsapevole. Tuttavia l’uo-mo neppure si sentirebbe misero, se insieme con la miserianon avvertisse in sé i segni della grandezza, che risiedono nelsuo pensiero, aperto all’infinito, e nell’aspirazione a una vi-ta infinita, a una infinita felicità, quale si ha in una vita più cheumana (in una vita divina). La vera concezione dell’uomo edell’universo (la vera religione) dovrà tener conto di taleduplicità e spiegarla con una caduta, di cui dovrà dare anchepositiva notizia se si tratta di religione. Tale religione dovràspiegare il paradosso dell’uomo, e indicare anche la via peruscire da esso. Solo il cristianesimo dà tali risposte, la cui ga-ranzia di verità è costituita dai miracoli, dalle profezie, dal-l’autorità delle Scritture, prove storiche che convincono piùil cuore che la ragione. Pascal arriva a proporre una scom-messa per il Dio dei cristiani a quanti restino, nonostantele molte ragioni apologetiche ascoltate, ancora dubbiosi: se

La battaglia contro i gesuiti

L’apologia del cristianesimo

Lo spiritogeometrico

Lo spirito di finezza

I “Pensieri”

Miseria e grandezzadell’uomo

Il “divertissement”

La vera religione

La scommessa per Dio

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35 - Il problema etico nel ‘600 e la riflessione di Pascal

non ci si sente persuasi né dell’esistenza, né della non esi-stenza di Dio, non è irrazionale “decidere” di vivere come seil Dio dei cristiani ci fosse (scommettendo sulla sua esisten-za) in virtù della promessa divina del paradiso, cioè di una vi-ta infinitamente beata per un infinito tempo, per chi avrà scel-to la vita cristiana.

Nel ‘600 l’accentuazione del valore e dell’autonomia dell’individuo porta alla diffu-sione di una mentalità laica, indifferente ai dogmi religiosi, e alla riaffermazionedel piacere, della corporeità e della libertà di pensiero, istanze incarnate dalmovimento del libertinismo, che si diffonde soprattutto in Francia.

In ambito religioso la riflessione sull’uomo porta a un ripensamento del ruolodella libertà umana in riferimento alla salvezza e alla grazia divina.

Il giansenismo, sviluppatosi dalle dottrine di Giansenio, intende la grazia comeiniziativa primaria di Dio e immeritata dall’uomo, che non viene concessa a tutti,in polemica con le tesi del domenicano Bañez e del gesuita de Molina.

Le tesi gianseniste, ripetutamente condannate dalla Chiesa di Roma, vengonodifese dal gruppo di intellettuali laici ed ecclesiastici che si riuniscono nel mona-stero cistercense di Port-Royal.

Pascal collabora con i giansenisti di Port-Royal, soprattutto in occasione della suabattaglia contro la morale dei gesuiti, contenuta nelle Lettere provinciali.

Nei Pensieri vuole provare la verità del cristianesimo non fornendo prove razionalidell’esistenza di Dio, ma presentando il cristianesimo come l’unica risposta coe-rente all’enigma dell’uomo.

L’uomo è in se stesso duplice, caratterizzato da miseria e grandezza e continua-mente conteso fra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande.

L’uomo cerca una via di uscita nel divertissement (divertimento), ma tuttavia nonsi sentirebbe misero, se insieme con la miseria non avvertisse in sé i segni dellagrandezza.

La vera religione deve tener conto della duplicità dell’uomo e spiegarla con unacaduta, indicando anche una via di uscita da essa. Solo il cristianesimo dà talirisposte e la sua verità è garantita dalle prove storiche dei miracoli, delle profe-zie, dell’autorità delle Scritture.

Pascal arriva a proporre una scommessa per il Dio dei cristiani a quanti restino,nonostante le molte ragioni apologetiche ascoltate, ancora dubbiosi.

SCHEMA RIASSUNTIVOIL LIBERTINISMO

IL GIANSENISMO

La polemica grazia-libertà

Il monastero di Port-Royal

PASCAL

I “Pensieri”

La duplicità dell’uomo

Il divertissement

La vera religione

La scommessa per Dio

1. Quali sono le caratteristiche del movimento li-bertino? 185a

2. Come affronta Giansenio il problema del rap-porto grazia-libertà dell’uomo? 186a

3. Che cos’è la scuola di Port-Royal? 186b

4. Come elabora Pascal la sua apologetica del cri-stianesimo? 187a

5. In che cosa consiste la “scommessa” di Pascal?187b-188a

DOMANDE DI VERIFICA

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Thomas HobbesL’inglese Thomas Hobbes (Malmesbury 1588 - Hardwick1679), in seguito allo scontro fra la corona e il parlamentoall’origine della prima rivoluzione inglese, decide di trasfe-rirsi a Parigi, dove lavora alla costruzione di un vasto siste-ma filosofico, articolato in tre parti: De cive (Il cittadino,1642), De corpore (Il corpo, 1655), De homine (L’uomo,1658). Al partito parlamentare e antimonarchico della rivo-luzione inglese Hobbes oppone nel Leviatano (1651) la piùcoerente e radicale teoria della sovranità assoluta.

� Materialismo e convenzionalismoHobbes definisce con precisione l’ambito della “filosofia pri-ma”, che è il corpo materiale ed esteso, facendo tabula ra-sa del mondo qualitativo dell’esperienza comune, con tuttii suoi vizi di soggettività e illusorietà. Vuole così spezzare ilrapporto da copia a originale che nella tradizione unisce l’i-dea all’oggetto e fa dell’idea l’effetto finale di una serie diazioni meccaniche, prodotte da corpi in movimento. Men-tre toglie così realtà al mondo della rappresentazione, spo-glia contemporaneamente il mondo reale di ogni connota-to qualitativo e finalistico per ricondurlo alle nude qualitàprimarie, geometriche e cinetiche, di cui Galilei già avevamostrato l’efficacia. Se i concetti sono sempre individuali e

Vita e opere

L’ambito della“filosofia prima”

L’idea, effetto di azioni meccaniche

36 Dal meccanicismoall’empirismo

Con il termine empirismo si indicano quelle correnti filosofiche che ravvisano l’origine e il fondamento della conoscenza nell’esperienza sensibile. Nella filosofia moderna l’orientamento empiristico, che ha in Locke, Berkeley e Hume i suoi maggiori rappresentanti, accomuna pensatori e a volte prospettive differenti. Inoltre il raggruppamento dei filosofi moderni nei due indirizzi dell’empirismo e del razionalismo,ampiamente utilizzato dalla storiografia filosofica, non deve essere inteso nel senso di una rigida opposizione: sono infatti presenti affinità e analogie fra i vari pensatori dei due indirizzi, in particolare per il lessico utilizzato e per la matematizzazione del metodo scientifico.

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singoli e consistono in immagini della mente, l’universalenon è altro che nome, frutto di un’imposizione arbitraria alivello fonetico e semantico, poiché non esistono nelle co-se specie o essenze universali che gli corrispondano. Lascienza viene allora ricondotta a uno scheletro di nomen-clatura, con la sua base nelle definizioni “prime” da cui di-scendono deduttivamente tutte le altre “verità”.

� Il “corpo artificiale” e la politica come scienzaSe il principio generale della filosofia di Hobbes richiede cheogni conoscenza vera si eserciti mediante l’individuazione delprocesso causale e dei suoi effetti, la politica è oggetto di“scienza” in quanto consiste nella costruzione, quasi geome-trica, di quel “corpo artificiale” che è lo Stato, a partire dalle“cause” reperibili nelle proprietà di un particolare tipo di cor-po, l’uomo. Ne consegue che la politica, ma anche la morale,ha un imprescindibile fondamento nello studio dell’antropo-logia e della psicologia. A partire da una rappresentazione rea-listica del soggetto umano, tutto teso all’autoconservazione ea incrementare i mezzi che la favoriscono (in definitiva, il “po-tere”), Hobbes formula l’ipotesi logica dello stato di natura,inteso come quella condizione di uguaglianza originaria e diillimitato diritto di tutti a tutto la cui inevitabile conseguenzaè il bellum omnium contra omnes (la guerra di tutti controtutti), in cui ciascuno finisce per essere il nemico dell’altro (ho-mo homini lupus: l’uomo è lupo per l’uomo). È vero che la“legge naturale” consiglia di cercare la pace, finché è possibi-le, di rendersi utili agli altri, di rispettare l’uguaglianza, di es-sere moderati, ma nello stato di natura non vi è alcuna auto-rità che abbia il potere di costringere a rispettarla. Occorreper-tanto che gli uomini si sottomettano a un potere in grado diobbligarli a rispettare le norme: ciò avviene mediante un pat-to, con il quale i contraenti rinunciano al diritto illimitato ori-ginario, in favore di un altro uomo, o di un gruppo di uomini,i quali assumono in questo modo il potere sovrano. Si assistecosì alla nascita, del tutto “artificiale”, dello Stato, il grandeLeviatano, o mostro biblico. Soltanto una sovranità assolutapuò porre fine al conflitto tipico dello stato di natura o impe-dire che il corpo politico si disgreghi sotto la spinta delle ten-denze anarchiche sempre latenti.

John LockeL’inglese John Locke (Wrington 1632 - Oates 1704) è il se-gretario privato del conte di Shaftesbury, importante figurapolitica. I contrasti fra il conte di Shaftesbury e la corona lo

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36 - Dal meccanicismo all’empirismo

L’universale

La scienza

La scienza della politica

Lo stato di natura

“Homo homini lupus”

Il patto

Lo Stato, il grandeLeviatano

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costringono nel 1683 a seguire il conte nell’esilio in Olandafino all’avvento al trono di Guglielmo d’Orange nel 1689,quando entrambi ritornano in Inghilterra.

� La dottrina della tolleranza religiosaNel Saggio sulla tolleranza (1667) Locke riduce l’ambito dicompetenza del magistrato civile nelle questioni religiose,che sono di stretta competenza personale e completamen-te estranee alla giurisdizione dell’autorità civile. Nell’Episto-la sulla tolleranza (1689) condanna nel modo più esplici-to ogni forma di costrizione sulla coscienza dell’uomo inmateria di credenze e pratiche religiose. Solo la convin-zione deve guidare l’uomo nelle scelte in campo religioso equeste devono essere rispettate sia dall’autorità politica, siadall’autorità religiosa ufficiale, purché non si rivelino in con-trasto con i fondamenti costitutivi della società o con gli stes-si principi della reciproca tolleranza.

� La concezione politicaIl passaggio da uno stato di natura, in cui tutti gli uominisono liberi, uguali e indipendenti, a una condizione di sot-tomissione all’autorità politica, per Locke è determinato siadal desiderio degli uomini di vivere in comunità per pro-curarsi un’esistenza “più confortevole, sicura, pacifica”, siadalla convinzione di potere in questo modo evitare lo sta-to di guerra, che l’abuso della libertà originaria poteva com-portare. Questa sottomissione all’autorità, avvenuta perlibero e volontario consenso, non è concepita come sog-gezione a un potere arbitrario, ma come sottomissione “al-le determinazioni della maggioranza”, che sola detiene ilpotere in forza dell’adesione degli uomini a questa societàe che lo può esercitare nelle forme più diverse (democra-zia, oligarchia, monarchia). Sebbene la maggioranza affidiil compito di stabilire le leggi a singole persone, non ce-de a nessuno il potere. Per evitare il pericolo di una trop-po ampia concentrazione di potere e la tentazione di per-sonali vantaggi, come nella tirannia, Locke ritiene necessa-rio che il potere legislativo e il potere esecutivo siano nel-le mani di persone diverse.

� La teoria della conoscenzaIl progetto di affrontare in modo organico il problema del-le possibilità e dei limiti della conoscenza umana è conte-nuto nel Saggio sull’intelletto umano (1690). Le idee su cuisi fonda la nostra conoscenza non sono innate ma ci pro-vengono tutte da due fonti: la sensazione e la riflessione.

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36 - Dal meccanicismo all’empirismo

La libertà di coscienza

Lo stato di natura

La sottomissioneall’autorità politica

La maggioranza

La divisione dei poteri

Idee, sensazione e riflessione

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36 - Dal meccanicismo all’empirismo

Questa derivazione appare chiaramente per le idee sem-plici, ma anche le idee più complesse (per esempio, leidee di uomo, di somiglianza e di bello) non sono altro checombinazione di idee semplici, operate dal nostro intel-letto. La conoscenza umana, infatti, è la percezione dellaconcordanza o della discordanza tra le nostre idee che,benché possa essere soggetta a gradi diversi di chiarezzaed evidenza, non può rinunciare a una fondamentale cer-tezza. Seppure in grado diverso, l’intelletto umano è cer-to sia quando afferma l’esistenza del proprio essere, co-gliendola per intuizione, sia quando asserisce l’esistenzadi Dio, tramite la dimostrazione, sia quando afferma l’esi-stenza dei corpi sensibili circostanti, per mezzo dell’espe-rienza sensoriale. L’ambito della vera conoscenza è molto ristretto: oltre aesso si estendono le larghe fasce dell’opinione, che non sifonda più sulla certezza, ma sulla probabilità ed è di estre-ma importanza per l’uomo, poiché la maggior parte delleconoscenze di cui ci serviamo nella vita è di questo genere.Locke affronta in particolare quel tipo di conoscenza che of-fre la fede, la cui certezza non viene dall’evidenza dell’og-getto, ma deriva dall’autorità del soggetto rivelatore, cioèdi Dio. La fede, pur avendo in comune con la conoscenzaprobabile la derivazione per testimonianza, la supera e la tra-scende proprio per il particolare genere di questa testimo-nianza, che è testimonianza divina.

George BerkeleyLe opere principali del vescovo anglicano irlandese GeorgeBerkeley (Thomastown, Irlanda 1685 - Oxford 1753) sono ilTrattato sui principi della conoscenza umana (1710); il Demotu (1721); la Difesa del libero pensiero in matematica(1735).

� L’ immaterialismoBerkeley sviluppa la dottrina della conoscenza di Locke,giungendo ad affermare che gli atti cognitivi umani si iden-tificano con le sole percezioni dei sensi. Infatti la sua tesicentrale, riassunta dalla celebre formula esse est percipi(essere è essere percepito), è che per esistere una cosadeve o essere percepita oppure essere l’ente attivo chepercepisce. Questa impostazione viene definita dallo stes-so Berkeley “immaterialismo”, nel senso che non esistedistinzione fra cose reali e cose percepite dal momentoche esse coincidono.

Idee semplici e idee complesse

La conoscenzaumana

L’opinione

La fede

“Esse est percipi”

L’immaterialismo

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36 - Dal meccanicismo all’empirismo

� La critica della scienzaFatta eccezione per Newton, la cui opera ritiene si presti aisuoi fini di difesa della religione, secondo Berkeley mate-matici e fisici dell’epoca aprono la strada all’ateismo e al-l’irreligiosità. Infatti la matematica professa assurdità comel’infinita divisibilità delle linee, che contrasta con quanto at-testato dai sensi. La fisica si basa su nozioni come quelle diattrazione e forza, che sono finzioni verbali. La scienza del-la natura è descrittiva e non esplicativa, limitandosi a stabi-lire correlazioni senza cogliere le cause.

� Le qualità sensibili come segni diviniL’ordine dei fenomeni in sé è stato stabilito da Dio per il no-stro bene. Decifrare le successioni presentate dalla nostraesperienza sensibile equivale a decifrare il linguaggio con cuiDio ci ha comunicato i suoi decreti. Gli oggetti della vista,per esempio, sono un linguaggio visivo con cui Dio ci inse-gna quali cose ci sono utili e quali cose ci sono dannose.Dunque la filosofia di Berkeley ha una funzione apologeti-ca: i limiti della nostra conoscenza sono prova che l’on-nipotenza divina ha stabilito l’ordine del mondo secondola propria superiore volontà.

David HumeLo scozzese David Hume (Edimburgo 1711-1776) dopo glistudi di legge a Edimburgo viaggia in Francia, dove entra incontatto con i circoli illuministici. Le sue opere principali so-no il Trattato sulla natura umana (1739-40); i Saggi mo-rali e politici (1741); la Ricerca sull’intelletto umano (1748)e la Ricerca sui principi della morale (1751). Negli ultimianni è il fenomeno religioso ad attrarre la sua attenzione:Storia naturale della religione (1757); Dialoghi sulla reli-gione naturale (1779, postumi).

� La scienza della natura umanaIl Trattato sulla natura umana nasce dall’ambizione diestendere anche alla conoscenza della natura umana ilmetodo sperimentale applicato da Newton alla scienza del-la natura. All’interno delle percezioni Hume distingue fra“impressioni” (passioni e immagini direttamente presentialla mente) e “idee”, che sono soltanto copie illanguiditedelle impressioni. Il rapporto di copia e la relazione crono-logica che sussistono fra le une e le altre consentono l’ela-borazione di un metodo rigoroso di critica delle idee, alla ri-cerca delle impressioni da cui queste ultime derivano.

I limiti di matematicae fisica

La scienza della natura

La funzioneapologetica dellafilosofia

Impressioni e idee

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� Causa ed effettoTutte le relazioni si inquadrano in due grandi gruppi: 1. lerelazioni tra idee, che dipendono unicamente dal confron-to fra le idee (per esempio, le verità matematiche) e pre-scindono dalle connessioni di tali idee con le impressionicorrispondenti; 2. le questioni di fatto, che derivano inve-ce dal confronto con l’esperienza e sono perciò fornite dicertezza solo probabile. A questo secondo tipo è ascrivibile anche la relazione di cau-sa ed effetto; essa trae origine dalla congiunzione costantefra due oggetti vicini nello spazio e nel tempo in base all’ideadi “connessione necessaria”, che contraddistingue la rela-zione causale rispetto a una più debole coincidenza occa-sionale. Se ogni idea deriva da un’impressione, la relazionecausa-effetto non può derivare da un’impressione esterna,poiché nel mondo degli oggetti si danno solo connessioniparticolari – e non necessarie e universali – e quindi deve de-rivare da un’impressione interna, data cioè dal facile corsodell’immaginazione con cui la mente, sotto l’impulso dell’a-bitudine, trascorre dall’idea della causa a quella dell’effettoe viceversa. Il fondamento della relazione causale è dun-que soltanto psicologico e consiste in una “credenza” sullaquale poggia la vasta costruzione per associazioni della co-noscenza umana. Ad analoga riduzione scettica vanno in-contro sia l’idea di esistenza e permanenza di oggetti ester-ni (in cui il flusso dell’immaginazione interviene a “colmare”gli intervalli di tempo interposti fra le percezioni, non iden-tiche né continue, che sono le sole rappresentazioni menta-li degli oggetti), sia l’idea della sostanza pensante, o “io”,che si riduce nei fatti a un “fascio di impressioni”.

� L’eticaLe passioni e il tradursi del volere in azioni non derivano dalgiudizio razionale (poiché “la ragione non può avere altroruolo che quello di servire e di obbedire alle passioni”). Ilsenso morale è affine al “gusto” e il metodo più giusto perindagare la morale è il “metodo sperimentale”, che scoprele circostanze per cui attribuiamo il “merito” o il “biasimo”a determinate azioni. Con questo metodo Hume si pone ingrado di correggere l’eccessiva accentuazione dei temi egoi-stici condotta da Hobbes e di riportare in primo piano lavirtù della “simpatia”, che è il sentimento e il fondamentonaturale della condivisione delle passioni altrui, e spezza gliinteressi egoistici fondati sul sentire individuale mediante“il generoso interesse per il genere umano”. Anche l’atteg-giamento nei confronti del fenomeno religioso è impronta-

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36 - Dal meccanicismo all’empirismo

Le relazioni tra idee

Le questioni di fatto

La criticadella relazionecausa-effetto

L’abitudinee la credenza

La critica dell’idea di esistenzadi oggetti esterni

La critica dell’idea di sostanza pensante

La ragione e le passioni

La simpatia

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36 - Dal meccanicismo all’empirismo

to al metodo empiristico, che suggerisce di ritrovare in unacostante della natura umana il fondamento psicologico dicredenze che non possono essere ricondotte a evidenza diragione nonostante gli sforzi della teologia razionale. Basedella credenza religiosa sarà semmai il sentimento dellapaura dinnanzi alla natura ignota.

Il fondamentopsicologicodella religione

Hobbes ritiene che l’oggetto della “filosofia prima” sia il corpo materiale ed este-so e fa dell’idea l’effetto finale di una serie di azioni meccaniche, prodotte dacorpi in movimento.

I concetti sono sempre individuali e singoli mentre gli universali sono i nomi datiai concetti, frutto di un’imposizione arbitraria a livello fonetico e semantico.

Hobbes formula l’ipotesi dello stato di natura, inteso come quella condizione diuguaglianza originaria e di illimitato diritto di tutti a tutto la cui inevitabile conse-guenza è la guerra di tutti contro tutti.

La nascita dello Stato è del tutto “artificiale”, perché gli uomini mediante un pattosi sottomettono a un potere in grado di obbligarli a rispettare le norme.

John Locke nel Saggio sulla tolleranza ritiene le questioni religiose di strettacompetenza personale e completamente estranee alla giurisdizione dell’autoritàcivile. Condanna ogni forma di coazione sulla coscienza dell’uomo in materia dicredenze e pratiche religiose.

Il passaggio dallo stato di natura alla società politica è determinato sia dal desi-derio degli uomini di vivere in comunità, sia dalla convinzione di poter evitare lostato di guerra, che l’abuso della libertà originaria poteva comportare. Solo la “maggioranza” detiene il potere in forza dell’adesione degli uomini allasocietà e lo può esercitare nelle forme più diverse (democrazia, oligarchia,monarchia). Per evitare il pericolo di una troppo ampia concentrazione di potere,come nella tirannia, il potere legislativo e il potere esecutivo devono essere inmani di persone diverse.

Il Saggio sull’intelletto umano afferma che le idee, sia semplici sia complesse, sucui si fonda la nostra conoscenza, non sono innate, ma ci provengono da duefonti, la sensazione e la riflessione.

La conoscenza umana è la percezione della concordanza o della discordanza trale nostre idee, che non può rinunciare alle fondamentali certezze dell’esistenzadel proprio essere, di Dio e dei corpi sensibili.

L’ambito della vera conoscenza è molto ristretto: oltre a esso si estendono le lar-ghe fasce dell’opinione, che si fonda sulla probabilità e caratterizza la maggiorparte delle conoscenze di cui ci serviamo nella vita quotidiana.

La fede è un tipo particolare di conoscenza, la cui certezza deriva non dall’evi-denza dell’oggetto, ma dall’autorità del soggetto rivelatore, cioè di Dio.

SCHEMA RIASSUNTIVOHOBBES

I concetti e gli universali

Lo stato di natura

Il patto e lo Stato

LOCKE

La dottrina politica

Le fonti della conoscienza

L’opinione

La fede

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36 - Dal meccanicismo all’empirismo

George Berkeley afferma che gli atti cognitivi si identificano con le sole percezio-ni dei sensi: per esistere una cosa deve o essere percepita o essere l’ente attivoche percepisce (esse est percipi: essere è essere percepito).

Le scienze non conoscono veramente la realtà, perché attestano cose contrarieai sensi, si basano su finzioni verbali o sono solo classificatorie.

La filosofia di Berkeley ha una funzione apologetica: decifrare le successioni pre-sentate dalla nostra esperienza sensibile equivale a decifrare il linguaggio con cuiDio ci ha comunicato i suoi decreti.

David Hume nel Trattato sulla natura umana all’interno delle percezioni distinguefra impressioni (passioni e immagini direttamente presenti alla mente) e idee,che sono soltanto copie illanguidite delle impressioni.

Hume distingue fra le relazioni tra idee (che dipendono unicamente dal confrontofra le idee) e le questioni di fatto (che derivano invece dal confronto con l’espe-rienza e sono perciò fornite di certezza solo probabile).

La relazione di causa ed effetto trae origine dalla congiunzione costante fra dueoggetti contigui nello spazio e nel tempo, ha un fondamento soltanto psicologicoe consiste in una “credenza” sulla quale poggia la vasta costruzione per associa-zioni della conoscenza umana.

Il senso morale è affine al “gusto” e il metodo più giusto per indagare la morale èil “metodo sperimentale”.

Hume riporta in primo piano la virtù della simpatia, che è il sentimento e il fonda-mento naturale della condivisione delle passioni altrui.

Il sentimento della paura dinnanzi alla natura ignota è il fondamento psicologicodel fenomeno religioso che, nonostante gli sforzi della teologia razionale, non puòessere ricondotto a evidenza di ragione.

segue

BERKELEY:

La critica alle scienze

La funzione apologetica

HUME

Le relazioni tra idee e le questioni di fatto

La relazione causa-effettoè una “credenza”

Il senso morale

La simpatia

Il fondamento del fenomeno religioso

1. Che cos’è lo stato di natura per Hobbes? 190a2. Come avviene il passaggio dallo stato di natura

alla società politica per Locke? 191a3. Che cos’è la vera conoscenza per Locke? 192a4. Perché la filosofia di Berkeley può essere defi-

nita “immaterialismo”? 192b5. Hume come critica la relazione causa-effetto?

194a6. Qual è il fondamento del fenomeno religioso per

Hume? 194b-195a

DOMANDE DI VERIFICA

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La dottrina del verum-factum

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La polemica contro il razionalismo cartesianoGiambattista Vico (Napoli 1668-1744) studia diritto e filoso-fia all’università di Napoli, ma è soprattutto un autodidatta.Nel 1699 vince all’università la modesta cattedra di retorica,che tiene fino alla morte. Fin dai primi scritti mette in luce i limiti del metodo carte-siano: se applicato in maniera esclusiva, esso bloccherebbeogni possibilità di sviluppo per le scienze morali (storia, di-ritto, politica). Alla ragione, alla critica e alla dimostrazio-ne, caratteristiche del metodo cartesiano, contrappone l’in-gegno, l’arte retorica, l’invenzione, cioè quegli aspetti del-l’atteggiamento umanistico in cui individuerà il carattere di-stintivo del sapere storico.

Il vero e il fattoIl fondamento filosofico di queste critiche è esposto nel Deantiquissima Italorum sapientia (Dell’antichissima sapien-za italica, 1710). Esso è dato dalla dottrina del verum-factum:“Norma del vero è l’averlo fatto”. Vico è convinto che il vero sia la stessa cosa del fatto e chequindi sia possibile aver scienza solo di ciò che si è in gra-do di fare o rifare. Posto questo principio, la conoscenza au-tentica della natura e dell’essere umano può essere soltantodi Dio, che ne è il creatore. In questi campi perfino il meto-do cartesiano non può portare l’uomo a un sapere vero, masolo a una conoscenza del “verisimile”. Chiarezza e distin-zione possono essere raggiunte dall’uomo solo nella geome-tria e nella matematica, i cui oggetti sono opera sua.

37 Giambattista VicoVico è un pensatore controcorrente: in epoca di cartesianismo imperante individua nel razionalismo di Cartesio l’antagonista del proprio pensiero; non riconosce la portata epocale della rivoluzionescientifica, restando così legato al vecchio ideale umanistico del sapere; inoltre le tematiche della Scienza nuova si rivelano in parteestranee anche alla cultura dell’illuminismo. Per questi motivi viene ignorato dai suoi contemporanei e sottovalutato nelle epoche successive fino al ’900, quando viene riabilitato e considerato tra i fondatoridella filosofia della storia e della scienza del mito.

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37 - Giambattista Vico

La scienza nuovaOltre alla geometria e alla matematica, una tipica produzio-ne umana è la storia. Del mondo della storia si può dare dun-que anche una vera scienza. Si tratta di quella “scienza nuo-va” che Vico presenta nel suo capolavoro, i Principi di unascienza nuova dintorno alla natura delle nazioni (tre di-verse edizioni: 1725, 1730, 1744). Tale scienza si basa sulla sin-tesi fondamentale di astratto e concreto, universale e parti-colare. La “filosofia” è la scienza dell’universale, la “filolo-gia” quella del particolare. Esse non vanno intese come at-tività separate, perché non è concepibile la filosofia senza lafilologia, né questa senza quella. L’idea, di cui si occupa la fi-losofia, è il vero; il fatto, di cui si occupa la filologia, è il cer-to. La nuova scienza dovrà preoccuparsi di accertare il veroe inverare il certo. Essa sarà scienza dell’universale applica-to al concreto e del particolare spiegato attraverso l’idea.

La filosofia della storiaStudiata nell’ottica di questa nuova scienza, la storia non èun succedersi di avvenimenti slegati gli uni dagli altri, madeve avere in sé un ordine fondamentale e delle leggi che lagovernano. La storia si muove nel tempo, ma sul fondamentodi un ordine universale ed eterno, trascendente rispetto al-la storia particolare delle nazioni. Questa “storia ideale eter-na” costituisce la norma verso cui la storia concreta deve ele-varsi. Essa è tripartita: a un’età degli dei, caratterizzata dai“bestioni” o uomini primitivi privi di capacità riflessiva ma do-tati di forti sensi, seguono l’età degli eroi, caratterizzata dalpredominio della fantasia sulla riflessione razionale, e l’età de-gli uomini, o della ragione dispiegata. La scansione di questetre età rappresenta il ciclo dell’incivilimento dell’uomo. Maquesto risultato di incivilimento è del tutto sproporzionato al-la modestia dei fini e dei mezzi umani. Vico ritiene che l’in-civilimento sia l’esito di una “eterogenesi dei fini”, cioè del-la collaborazione di due menti, l’umana e la divina (sottoforma di Provvidenza), i cui fini diversi conducono al mede-simo risultato. La ragione dispiegata propria della terza etàstorica è capace di chiudersi e ribellarsi alla Provvidenza,ma in tal modo provoca l’arresto dell’incivilimento e la cadu-ta nella “barbarie della ragione”. Il processo di incivilimentopuò assumere così un carattere ciclico, perché, quando unaciviltà riprecipita nella barbarie, le forme mentali delle tre etàstoriche si ripresentano secondo la loro scansione. Questadottrina dei “ricorsi storici” indica solo come la civiltà rag-giunta non sia mai una conquista definitiva.

La storia comescienza nuova

La storia idealeeterna

Le tre età: degli dei,degli eroi, degli uomini

L’eterogenesi dei fini

L’arrestodell’incivilimento

I ricorsi storici

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37 - Giambattista Vico

Vico critica il metodo cartesiano e le sue caratteristiche (ragione, critica e dimo-strazione) a cui contrappone l’ingegno, l’arte retorica, l’invenzione, aspetti distin-tivi del sapere storico.

“Norma del vero è l’averlo fatto”: infatti il vero è la stessa cosa del fatto e quindiè possibile aver scienza solo di ciò che si è in grado di fare o rifare (dottrina delverum-factum).

Pertanto la conoscenza autentica della natura e dell’essere umano può esseresoltanto di Dio, che ne è il creatore. L’uomo può raggiungere la chiarezza e ladistinzione solo nella geometria, nella matematica e nella storia, i cui oggettisono opera sua.

La storia è la “scienza nuova” e si basa sulla sintesi di astratto e concreto, uni-versale e particolare. Infatti mentre la “filosofia” è la scienza dell’universale, e la“filologia” del particolare, la storia è scienza dell’universale applicato al concretoe del particolare spiegato attraverso l’idea.

La storia si muove nel tempo, ma sul fondamento di un ordine universale ed eter-no, che costituisce la norma verso cui la storia concreta deve elevarsi. Questa“storia ideale eterna” è tripartita (l’età degli dei, l’età degli eroi, l’età degli uominio della ragione dispiegata).

Questa scansione rappresenta il ciclo dell’incivilimento dell’uomo, che è l’esitodella collaborazione di due menti, l’umana e la divina (sotto forma diProvvidenza), i cui fini diversi conducono al medesimo risultato.La ragione dispiegata della terza età storica è capace di chiudersi e ribellarsi allaProvvidenza, provocando in tal modo l’arresto dell’incivilimento e la caduta nellabarbarie della ragione.

Il processo di incivilimento può assumere un carattere ciclico, perché quando unaciviltà riprecipita nella barbarie le forme mentali delle tre età storiche si ripresen-tano secondo la loro scansione (dottrina dei ricorsi storici).

SCHEMA RIASSUNTIVOLA CRITICA DEL METODOCARTESIANO

LA DOTTRINADEL VERUM-FACTUM

LA CONOSCENZADELLA NATURA E DELL’UOMO

LA STORIA, “SCIENZA NUOVA”

LE TRE ETÀDELLA “STORIA IDEALE”

IL CICLO DELL’INCIVILIMENTO

LA DOTTRINADEI RICORSI STORICI

1. Di che cosa si può avere conoscenza autenticasecondo Vico? 197b

2. Di che cosa si occupa la storia? 198a

3. Che cos’è la “storia ideale eterna”? 198a4. Che cosa sono i “ricorsi storici”? 198b

DOMANDE DI VERIFICA

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Anthony ShaftesburyL’importante uomo politico inglese Anthony Ashley Cooperconte di Shaftesbury (Londra 1671 - Napoli 1713) con le Carat-teristiche di uomini, costumi, opinioni, tempi (1711) contri-buisce alla formazione dello spirito illuministico. Sostiene conforza l’autonomia della morale dalla religione, individuando nel-l’esistenza di un “senso” o “gusto” morale naturale il fonda-mento dell’etica, che rende possibile la percezione immediatadi bene e male quale criterio del giudizio morale. Percepire ilbene o il male significa avere sentore di un’armonia o di unadisarmoniaproprio come avviene nel giudizio estetico. La virtùnon si fonda sulla rivelazione divina: al contrario, poiché l’uo-mo è naturalmente virtuoso è la retta coscienza a ispirare la fe-de in Dio. Shaftesbury afferma il ruolo dell’ironia, emozioneretta dalla ragione, cioè percezione della disarmonia delle azio-ni malvage, come antitesi all’entusiasmo, o fanatismo, mani-festazioni irrazionali di credenze religiose. Allontanandosi dalpessimismo sulla natura umana avanzato da Hobbes (v. a p. 190),sostiene che gli uomini possiedono una socievolezza innata equindi una disposizione naturale a vivere in società.

Francis HutchesonIl pastore della Chiesa presbiteriana (calvinista) scozzeseFrancis Hutcheson (Drumalig, Irlanda, 1694 - Glasgow 1746)sostiene l’autonomia dell’etica contro i conservatori che in-

L’autonomia della morale dallareligione

Il gusto morale

Il ruolo dell’ironia

L’entusiasmo

38 I percorsi della morale nel secolo XVIII

La filosofia del ’700 è particolarmente interessata al problema morale nel tentativo di costruire un’etica libera da qualsiasi fondamento religioso o metafisico e come risultante dalla libertà umana. In risposta a questeesigenze nasce la corrente del “sentimentalismo etico” di Shaftesbury e Hutcheson, in cui l’etica è fondata sul senso morale, ossia su una facoltàinnata che permetterebbe di riconoscere il bene dal male. Prospettiva che gli altri sentimentalisti etici, come Hume (v. a pp. 193-195) e Smith,integrano con un’analisi di tipo empirico fondando la morale sul meccanismo della simpatia. Questo processo di laicizzazione dell’etica viene concluso e radicalizzato dall’utilitarismo di Bentham.

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sistono sulla necessità della religione positiva per dare unaguida morale agli esseri umani. Il giudizio morale, per lui, de-riva da facoltà di cui la natura umana è già dotata prima del-l’intervento della Rivelazione. Nella Ricerca sull’origine del-le nostre idee di bellezza e virtù (1725) riprende l’idea diShaftesbury di senso morale, che consiste nella “determi-nazione della mente a ricevere” approvazione e condan-na: tutte le altre idee morali derivano da queste due idee ba-silari. Il Sistema di filosofia morale (1755, postumo) propo-ne un’elaborazione molto più sistematica dell’etica del sen-so morale con sviluppi nel campo del diritto e dell’economiapolitica: tutte le virtù sono presentate come manifestazionidella “benevolenza” e viene esposto il principio della “mas-sima felicità” del maggior numero di uomini, che sarà ri-preso da Bentham come cardine del suo utilitarismo.

Adam SmithLo scozzese Adam Smith (Kircaldy 1723 - Edimburgo 1790) èprofessore di filosofia morale a Glasgow e si dedica anche allostudio dell’economia (è considerato il fondatore dell’econo-mia classica) e del diritto. La sua dottrina etica, esposta nellaTeoria dei sentimenti morali (1759, 1790), si basa sul mecca-nismo della simpatia (la capacità di immedesimarsi nel pun-to di vista dell’altro) come criterio per definire l’appropria-tezza o meno dell’agire altrui. La simpatia agisce attraverso lapresenza immaginaria degli stimoli fisici del piacere e del do-lore, che l’immaginazione amplifica e sposta su oggetti diversida quelli originari, ed è moderata dallo spettatore imparzia-le, un terzo ipotetico osservatore fra i due individui implicatinella relazione simpatetica, il quale valuta l’adeguatezza dellareazione simpatetica dell’uno e dell’altro. La corruzione dei sen-timenti morali nasce dall’onnipresente autoinganno che ci fapercepire più desiderabile ciò di cui non disponiamo. Que-sta corruzione si manifesta sia nel simpatizzare con il più riccoe potente, sia nel “desiderio di migliorare la nostra condi-zione”: infatti noi sopravvalutiamo i piaceri portati da ricchez-za e potere e quindi desideriamo un miglioramento delle no-stre condizioni economiche in modo sproporzionato rispettoai vantaggi reali che la ricchezza porta. Questo desiderio puòcontribuire al bene della specie: infatti attraverso meccanisminon intenzionali (che Smith definisce “la mano invisibile”, cioèquell’immaginario meccanismo delle relazioni umane per cuigli individui, senza saperlo e senza averne intenzione, contri-buiscono a promuovere fini diversi da quelli che ognuno di lo-ro persegue) fa da molla al progresso economico e rende pos-

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Il senso morale

La benevolenza

Il meccanismo della simpatia

Lo spettatoreimparziale

La corruzione deisentimenti morali

La mano invisibile

38 - I percorsi della morale nel secolo XVIII

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38 - I percorsi della morale nel secolo XVIII

sibili istituzioni politiche non dispotiche, ma non contribui-sce in realtà alla realizzazione della felicità e della perfezionedell’individuo.

� EconomiaNella Indagine sulla natura e le cause della ricchezza del-le nazioni (1776) Smith rinuncia alla speculazione sui prin-cipi di fondo della natura umana che stanno alla base delleleggi economiche e si limita (seguendo l’esempio di New-ton) ad assumere come ipotesi esplicative alcune caratteri-stiche sufficientemente corroborate dall’osservazione, comela propensione al baratto e allo scambio, forma semplifica-ta di interazione linguistica originata dalla predisposizioneumana a persuadere, e il desiderio di migliorare la propriacondizione. Smith propone l’instaurazione del “sistema del-la libertà naturale”, incentrato sulla libera iniziativa degli in-dividui che, in presenza di un quadro di norme di giustizia edi diritti, pur perseguendo il proprio interesse egoistico so-no portati dalla legge degli effetti non intenzionali (la “ma-no invisibile”) a promuovere l’interesse della società.

Jeremy BenthamIl giurista e uomo politico inglese Jeremy Bentham (Londra1748-1832) propugna ampie riforme politiche e sociali. Perfondare teoricamente la sua azione politica elabora una teo-ria del linguaggio, ispirata a Locke (v. a p. 190-192), volta a ri-durre ogni discorso a termini che fanno riferimento a entità“reali”, cioè fisicamente osservabili. In particolare il discorsosu leggi e diritti è illusorio se non si rifà a espressioni verba-li della volontà di legislatori riconosciuti. Sulla base di que-sta teoria del linguaggio Bentham formula una “scienza del-la legislazione” basata su due principi fondamentali: il “prin-cipio di utilità”, che è il principio normativo fondamentale;il “principio della preferenza per se stessi”, che è la gene-ralizzazione fondamentale sulla natura umana. Il principio diutilità (poi chiamato “principio della massima felicità del mag-gior numero” e infine “principio della massima felicità”) è labase dell’utilitarismo, in cui la morale diventa una sorta di“calcolo del piacere e del dolore” (un’analisi concreta deivantaggi che gli individui possono ottenere seguendo o nonseguendo determinate regole) e prescinde da qualunque de-terminazione in senso altruistico o egoistico della natura mo-rale dell’uomo: il termine “utilità” designa il rapporto fraun’azione, o una regola, e le sue conseguenze, intese in ter-mini di somme di quantità di felicità, cioè di piacere.

La propensione a baratto e scambio

Il desiderio di migliorare

Il liberismo

La teoria del linguaggio

La scienza della legislazione

L’utilitarismo

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38 - I percorsi della morale nel secolo XVIII

La deontologiaL’opera postuma Deontologia o scienza della moralità (1834)è rivolta a elaborare un’etica, chiamata deontologia, distintadal diritto in quanto si occupa della vita privata. Lo scopo ul-timo di questa scienza non è diverso da quello della scienzadella legislazione: motivare comportamenti che producano lamassima felicità nella collettività. La differenza sta nel fatto che,in luogo dell’intervento sugli interessi privati con la minacciadella punizione giuridica, la deontologia vuole suscitare moti-vazioni basate sull’interesse privato.

Shaftesbury sostiene l’autonomia della morale dalla religione, individuando il fon-damento dell’etica nell’esistenza di un senso o gusto morale naturale: la virtù nonsi fonda sulla rivelazione divina, perché l’uomo è naturalmente virtuoso.Allontanandosi dal pessimismo sulla natura umana di Hobbes, sostiene che gli uo-mini possiedono una disposizione naturale a vivere in società.

Francis Hutcheson sostiene l’autonomia dell’etica: il giudizio morale deriva da fa-coltà di cui la natura umana è già dotata prima dell’intervento della rivelazione di-vina; un senso morale che consiste nella determinazione della mente a ricevere ap-provazione e condanna.

Adam Smith basa la sua dottrina etica sul meccanismo della simpatia, che è la ca-pacità di immedesimarsi nel punto di vista dell’altro ed è moderata dallo spettato-re imparziale.

Sull’autoinganno che ci fa desiderare ciò che non abbiamo si basa la corruzione deisentimenti morali (come, per esempio, il simpatizzare maggiormente con il più ric-co e potente).

Smith assume come ipotesi esplicative in ambito economico alcune caratteristi-che osservate, come la propensione al baratto e allo scambio e il desiderio di mi-gliorare la propria condizione.

Ipotizza l’instaurazione del sistema della libertà naturale, incentrato sulla libera ini-ziativa degli individui che, pur perseguendo il proprio interesse egoistico, sono por-tati dalla legge degli effetti non intenzionali (la mano invisibile) a promuovere l’in-teresse della società.

Jeremy Bentham elabora una scienza della legislazione basata sul principio di uti-lità e il principio della preferenza per se stessi.

Il principio di utilità sta alla base dell’utilitarismo, per cui la morale è una sorta di“calcolo del piacere e del dolore”.

SCHEMA RIASSUNTIVOSHAFTESBURY

HUTCHESON

SMITH

La corruzione dei sentimenti morali

L’economia

Il liberismo

BENTHAM

L’utilitarismo

1. Che cos’è il “senso morale” per Shaftesbury eHutcheson? 200b-201a

2. Che cos’è la simpatia per Smith? 201b3. Che cos’è la “mano invisibile” per Smith? 201b

4. Su che cosa si fonda la “scienza della legisla-zione” di Bentham? 202b

5. Che cos’è l’utilitarismo? 202b

DOMANDE DI VERIFICA

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I caratteri essenziali dell’illumismoRispetto alla razionalità moderna, impegnata nei grandi pro-blemi metafisici, la ragione illuministica è soprattutto rivoltaallo studio della realtà terrena e quotidiana, con un’attenzio-ne particolare alle dimensioni della felicità e dell’utilità. L’af-fermarsi di questa razionalità mondana e pragmatica si con-giunge a una tendenza polemica contro le religioni tradi-zionali e la Chiesa, considerate frutto di imposizione autori-taria, strumento di dominio politico, di superstizione e intol-leranza. Insieme alla libertà e all’eguaglianza, trova enormediffusione la parola d’ordine della tolleranza. Non solo vieneaffermata vigorosamente l’autonomia della coscienza mo-rale, ma vi si ravvisa il criterio e la garanzia dell’efficacia e va-lidità della religione stessa. La divinità viene concepita comeun “ente supremo”, in un senso deistico più che teistico espogliata di molti degli attributi assegnati da secoli di teolo-gia e metafisica. Prevale inoltre l’attenzione verso i risultatidelle scienze e il loro legame con le tecniche. Questa atten-zione è alla base del progetto dell’Enciclopedia, o diziona-rio ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri (1751-72) diretta da Jean Le Rond D’Alembert e da Denis Diderot:

La ragioneilluminista

La polemica controla religione

Il deismo

L’attenzione verso lascienza e le tecniche

39 L’illuminismoL’illuminismo è un movimento che pone al centro del suo programmal’obiettivo di condurre sotto i “lumi” della ragione l’intera vita dell’uomo,con un intento polemico contro tutte le forze accusate di voler trattenere le menti in stato di “minorità”, avvolte dalle “tenebre” dell’errore, del pregiudizioe della superstizione. Il periodo aureo della sua fioritura è il secolo XVIII e il centro principale d’irradiazione è la Francia. Si distingue una prima fase,dominata dal pensiero di Voltaire e Montesquieu, e una secondacaratterizzata dalla pubblicazione dell’Encyclopédie, intorno al cui progetto si coalizza il partito dei philosophes, fra cui spicca Rousseau. Il movimentoilluminista ha grande sviluppo anche in Europa, pur differenziandosi a secondadelle tradizioni storiche, politiche e religiose con cui si confronta. In Italiaassume un carattere più moderato, concentrandosi prevalentemente sulproblema del rinnovamento civile e giuridico della società, come nelle opere diPietro Verri e Cesare Beccaria. Anche in Germania l’illuminismo si presentamoderato, confluendo in una concezione più complessa della ragione, capace di accogliere in sé le dimensioni della sensibilità e del sentimento.

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essa si propone di offrire un inventario “critico” delle cono-scenze umane per propagare la cultura, “rischiarare” le co-scienze e combattere l’intolleranza e le superstizioni. Nel-l’Enciclopedia prevale l’interesse per la ricerca concreta e unsenso del sapere progressivo, sottoposto a continue verifichesperimentali e a continui ampliamenti.

� La fondazione dell’esteticaNella considerazione delle opere d’arte l’illuminismo man-tiene un grande interesse per le regole tradizionali di com-posizione, ma opera anche un significativo spostamento ver-so il problema del gusto, cioè verso l’ottica di chi fruisce del-l’opera d’arte. Si spiega così come proprio nel ’700 si può par-lare con Alexander Gottfried Baumgarten di fondazione del-l’estetica come scienza autonoma, sia pur definita quale for-ma inferiore di conoscenza.

� La filosofia della storia illuministicaL’illuminismo dedica grande attenzione anche alla pedagogia,nella convinzione che proprio l’educazione sia uno stru-mento primario di progresso, la cui nozione è centrale nel-la concezione illuministica della storia perché viene assuntacome criterio di giudizio e di valutazione dei fatti e delle epo-che. Da una parte l’illuminismo identifica il progresso comeun processo destinato a portare tutti i popoli al livello di ra-zionalità raggiunto a quel tempo, dall’altra esso viene intesocome un compito illimitato e inesauribile della ragione. Conl’illuminismo si diffonde una concezione cosmopolitica, cheprende in considerazione anche le civiltà extraeuropee, e lai-ca della storia, che ne amplia l’orizzonte rispetto a quella cri-stianocentrica e di ispirazione teologica.

VoltaireVoltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet, (Parigi 1694-1778), è l’emblema dell’illuminismo francese. Nelle Lettere fi-losofiche (1733) si scaglia contro il fanatismo e l’intolleranzareligiosa in Francia, identificata con il cristianesimo e con laChiesa. Nel Candido o l’ottimismo (1759) critica la filosofiaottimistica, in particolare di Leibniz, che per voler giustifica-re tutto impedisce di capire qualsiasi cosa: non bisogna cer-care la giustificazione universale del mondo, ma accettare ilmondo così com’è, col bene e col male che lo abitano, cer-cando di migliorarlo almeno per quella parte che è alla nostraportata. Questa visione di Voltaire si basa su una concezionedeistica: Dio esiste, ma non prende parte alle vicende stori-

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Il problema del gusto

Il ruolodell’educazionee il concetto di progresso

La concezione della storia

La polemica contro il cristianesimo

La critica dellafilosofia ottimistica

Il deismo

39 - L’illuminismo

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che dell’uomo, e la sua esistenza non è un dato di fede, madi ragione. Inoltre il bene e il male dell’uomo non sono co-mandi divini, ma attributi storici che esprimono ciò che è uti-le o dannoso per la società. Voltaire si dedica anche al progetto di una storiografia illu-minata dallo spirito critico della filosofia. Oggetto della ri-cerca storica è l’evolversi dello spirito umano colto attra-verso i fatti bruti, le vicende belliche e, soprattutto, i dati dicostume e di cultura. Dalla storia emerge allora il progressodell’umanità, cioè il progressivo rischiararsi della ragione at-traverso i suoi continui tentativi di affrancarsi dai pregiudi-zi e dalla superstizione.

Charles-Louis de MontesquieuCharles-Louis de Secondat, barone di La Brède e Montesquieu(La Brède, Bordeaux, 1689 - Parigi 1755) nella sua opera piùfamosa, lo Spirito delle leggi (1748), individua la “natura” (lastruttura istituzionale) e lo “spirito” (l’insieme degli atteggia-menti e dei criteri etici che stanno alla base delle forme di go-verno) di tre diversi assetti politici: il dispotismo si basa sul-la paura, la monarchia sull’onore, la repubblica sulla virtù.La preferenza per la repubblica rispetto alle altre forme di go-verno, la persuasione che la libertà politica rappresenti il nu-cleo dello Stato di diritto, la convinzione che la vita associatadebba essere fondata sulla libertà esercitata nel contesto del-le leggi portano Montesquieu alla formulazione della famosateoria della separazione dei poteri. La divisione del poterestatale in legislativo, esecutivo e giudiziario permette un mag-gior controllo sul potere stesso, toglie legittimità a pretese ir-razionali e a giustificazioni puramente metafisiche definen-done limiti e compiti.

Jean-Jacques RousseauAnche Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712 - Ermenonville1778) è un esponente di punta dell’illuminismo, tuttavia an-ticipa alcune tematiche (come il valore del sentimento, la “vo-ce del cuore” che non sbaglia mai e ama solo il bene) che sa-ranno care al romanticismo. Nel Discorso sull’origine delladisuguaglianza (1755) descrive lo stato di natura come quel-la condizione in cui l’uomo è libero e vive in assoluta solitu-dine, dipendendo solo da se stesso. Il passaggio allo stato so-ciale è causato da fattori esterni e contingenti (quali muta-menti di clima e difficoltà di procurarsi il cibo), che portanol’uomo a sviluppare le proprie capacità razionali. Ma con lo

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39 - L’illuminismo

La storiografia

Lo “Spirito delle leggi”

La teoria della separazione dei poteri

Lo stato di natura

Lo stato sociale

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39 - L’illuminismo

stabilirsi dei rapporti sociali si compie anche il primo pas-so verso la disuguaglianza: emergono le differenze fra le ca-pacità dei singoli, la ricerca della ricchezza e della proprietàprivata porta poi alla guerra di tutti contro tutti. Per porre ri-medio a questo stato di guerra continua, viene proposta l’i-stituzione di un contratto sociale che proclama di unire tut-te le forze dei contraenti in un potere supremo che con sag-ge leggi protegga i deboli e assicuri a ciascuno il possesso diciò che gli appartiene. Tuttavia, questo contratto sociale si ri-vela iniquo, dal momento che di fatto conferma la disugua-glianza e l’oppressione sociale. Rousseau non propone peròun ritorno allo stato di natura: questo è solo lo stato iniziale,potenziale dell’essere umano, mentre è nel passaggio allostato sociale che l’uomo raggiunge la sua maturità. Il suo pro-gramma (esposto nel romanzo pedagogico Emilio e nel sag-gio sul Contratto sociale, entrambi del 1762) è piuttosto diliberare l’uomo dalla corruzione della vita sociale e costi-tuire una società di uomini liberi. Nell’Emilio mira a co-gliere la piena esplicazione dell’essere umano nell’unità dia-lettica di volontà e ragione così come si dà nella vita morale,a sua volta fondata su una religione naturale e razionale nonfrutto di una rivelazione divina, ma espressione della ragio-ne e della coscienza umana. Infatti solo conoscendo il benelo si può amare, ma l’amore dell’ordine, e cioè la coscienza,è guida infallibile della ragione e dell’intelletto e ha il suo cen-tro in Dio. Nel Contratto sociale propone la costituzionedello Stato, come corpo morale e collettivo composto da tut-ti i cittadini e in cui ciascun membro esercita la propria li-bertà mediante la volontà generale, che è la volontà di tut-ti i singoli cittadini in funzione del bene comune.

La disuguaglianzafrutto dei rapportisociali

Il programma di Rousseau

Il “Contratto sociale”

AteismoÈ la negazione dell’esistenza edi ogni forma di conoscenza diDio.DeismoCredenza nell’esistenza di Diofondata su basi esclusivamenterazionali. Rifiutando ogni forma di rivela-zione, di autorità divina, di cul-to e di mistero, ammette soloquei principi religiosi e morali

cui l’uomo può giungere con laragione e attraverso lo studiodella natura.TeismoIn generale, indica ogni dottri-na religiosa o filosofica che am-mette un Dio unico personale etrascendente e, in quanto tale,si contrappone ad ateismo. È ti-pico delle tre grandi religionimonoteistiche: ebraismo, cri-stianesimo, Islam.

GLOSSARIO

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39 - L’illuminismo

La ragione illuministica è rivolta allo studio della realtà terrena e quotidiana, conun’attenzione particolare alle dimensioni della felicità e dell’utilità.L’illuminismo presenta una tendenza polemica contro le religioni tradizionali e laChiesa, considerate strumento di dominio politico, di superstizione e intolleranza.Viene affermata vigorosamente l’autonomia della coscienza morale, criterio e ga-ranzia dell’efficacia e validità della religione stessa. La divinità è concepita come unente supremo, in un senso deistico più che teistico.Prevale l’attenzione verso i risultati delle scienze e il loro legame con le tecniche,come testimonia l’Enciclopedia.Nella considerazione dell’opera d’arte si assiste all’emergere del problema del gu-sto e alla fondazione dell’estetica come scienza autonoma con Baumgarten.La nozione di progresso è centrale perché viene assunta come criterio di giudizioe di valutazione dei fatti e delle epoche.Con l’illuminismo si diffonde anche una concezione cosmopolita e laica della storia.

Voltaire si scaglia contro il fanatismo e l’intolleranza religiosa in Francia, identifica-ta con il cristianesimo.Nel Candido o l’ottimismo critica la filosofia ottimistica di Leibniz, che vuole giusti-ficare tutto e impedisce così di capire qualsiasi cosa.Lavora anche al progetto di una storiografia illuminata dallo spirito critico dellafilosofia.

Charles-Louis Montesquieu nello Spirito delle leggi individua la “natura” e lo “spi-rito” di tre diversi assetti politici: il dispotismo si basa sulla paura, la monarchia sul-l’onore, la repubblica sulla virtù.Elabora la teoria della separazione dei poteri in legislativo, esecutivo, giudiziario chepermette un maggior controllo sul potere statale.

Rousseau parla dello stato di natura, in cui l’uomo è libero e vive in assoluta solitudi-ne, dipendendo solo da se stesso, e dal quale passa allo stato sociale.Con lo stabilirsi dei rapporti sociali si compie anche il primo passo verso la disu-guaglianza: infatti emergono le differenze fra le capacità dei singoli e la ricerca del-la ricchezza e della proprietà privata porta poi alla guerra di tutti contro tutti. Persuperare questo stato di guerra continua si arriva all’istituzione di un contratto so-ciale, che tuttavia si rivela iniquo perché mantiene comunque le disuguaglianze.Nell’Emilio mira a cogliere la piena esplicazione dell’essere umano nell’unità dia-lettica di coscienza e ragione nell’esercizio della vita morale, che trova fondamen-to nella religione naturale e razionale.Nel Contratto sociale propone la costituzione dello Stato, come corpo morale e col-lettivo, in cui ciascun membro esercita la propria libertà mediante la volontà ge-nerale di tutti i singoli cittadini in funzione del bene comune.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA RAGIONE ILLUMINISTICA

La polemica contro la religione

L’”Enciclopedia”

L’estetica illuministica

Il progresso

La concezione della storia

VOLTAIRE

La polemica contro la filosofia ottimisticaLa storiografia

MONTESQUIEU

La teoria dellaseparazione dei poteri

ROUSSEAU

L’“Emilio”

Il “Contratto sociale”

1. Che cos’è l’Enciclopedia o dizionario ragionatodelle scienze, delle arti e dei mestieri? 204b-205a

2. Che cosa intende l’illuminismo con la nozione di“progresso”? 205a

3. Perché Voltaire critica la filosofia ottimistica? 205b4. Che cos’è la teoria della separazione dei poteridi Montesquieu? 206b

5. Come è possibile per Rousseau costruire una so-cietà di uomini liberi? 207b

DOMANDE DI VERIFICA

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La vita e l’ambienteAll’università Immanuel Kant (Königsberg 1724-1804) stu-dia filosofia, fisica e matematica. È precettore privato, poi li-bero docente e dal 1770 diviene professore ordinario di lo-gica e ontologia. Cresce in un ambiente intellettuale varie-gato e non privo di contrasti. Nella cultura filosofica di Kö-nigsberg esistono ancora i rappresentanti dell’aristotelismo;permangono i problemi aperti dal cartesianismo; comincia-no ad avvertirsi gli influssi dell’empirismo inglese; si affer-ma il pensiero di Leibniz (v. a p. 181).

Il periodo precriticoNella prima fase della sua attività (1746-59), Kant mostrainteresse per le scienze e la filosofia naturale nel tentativodi descrivere i fenomeni senza dover ricorrere a cause pu-ramente ipotetiche. Nella Storia naturale universale(1755), sotto l’influsso di Newton, applica le forze di attra-zione e repulsione per elaborare una teoria meccanicisticariguardante il formarsi dell’universo senza ricorrere ad ar-gomenti teologici nella spiegazione dei fenomeni naturali. Dagli scritti del secondo periodo precritico (1762-68) emer-ge l’esigenza di una rigorizzazione della filosofia e comin-cia a delinearsi la formazione della filosofia trascendentale(v. “trascendentale” in Parole chiave a p. 211). Nella Ricercasull’evidenza dei principi della teologia naturale e dellamorale (1762) Kant si propone di cercare un metodo filo-sofico rigoroso per approdare a una certezza metafisica pa-ragonabile a quella della fisica e della matematica. Egli criti-ca la metafisica tradizionale contrapponendo una metafisi-ca intesa come “scienza dei limiti della ragione umana”.

La cultura filosoficadi Königsberg

Il primo periodo:l’interesse per le scienze

Il secondo periodo:la formazione della filosofiatrascendentale

40 Immanuel KantIl problema filosofico fondamentale della riflessione di Kant, il massimorappresentante dell’illuminismo tedesco, è determinare i fini supremi della ragione attraverso i quali formare il sistema del sapere e della cultura nel suo complesso. Proprio per questo suo sforzo speculativo Kant rimane un punto di riferimentoimprescindibile per la filosofia successiva e offre un esempio di grande rigore, testimoniando il valore della filosofia come costruzione e interpretazione dell’esperienza.

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40 - Immanuel Kant

La Critica della ragion pura

Nella Critica della ragion pura (1781) Kant si propone disottoporre a giudizio la ragione umana. Per critica della ra-gion pura intende l’indagine rigorosa della “facoltà della ra-gione riguardo a tutte le conoscenze a cui può aspirare in-dipendentemente da ogni esperienza” per stabilire la possi-bilità o meno di una metafisica come scienza. La conoscen-za derivante dall’esperienza è detta “a posteriori”,mentrequella indipendente dall’esperienza è chiamata “a priori”e solo essa è universale e necessaria. La conoscenza è com-posta da una materia (le impressioni sensibili che derivanodall’esperienza) e da una forma (l’ordine e l’unità che le no-stre facoltà conferiscono alla materia). La conoscenza scien-tifica, come opera nella matematica e nella fisica, è una “sin-tesi a priori”, contiene cioè “giudizi sintetici a priori”: “sin-tetico” significa che il predicato aggiunge qualcosa di nuo-vo al soggetto, e “a priori” vuol dire universale e necessarioe perciò non derivante dall’esperienza (per esempio, la som-ma degli angoli interni di un triangolo è 180°). L’opera in-tende dunque rispondere alla domanda come siano possi-bili giudizi sintetici a priori, ovvero come è possibile la scien-za, poiché opera con simili giudizi. Queste “condizioni dipossibilità” della scienza e della conoscenza risiedono neglielementi a priori che ordinano le impressioni: l’oggettodell’esperienza risulta da una sintesi tra un dato della sensi-bilità e un elemento a priori: Kant chiama tale oggetto “fe-nomeno”. La Critica della ragion pura vuole indagare glielementi formali, o trascendentali, della conoscenza; per tra-scendentale si intende una conoscenza “che si occupa nondi oggetti, ma del nostro modo di conoscenza degli ogget-ti”. Questa inversione nel rapporto conoscitivo per cui èl’oggetto ricevuto dalla sensibilità e pensato dall’intellettoche si adegua al soggetto conoscente e non viceversa vienedefinita da Kant la rivoluzione copernicana del pensiero. La Critica della ragion pura si divide nell’estetica trascen-dentale e nella logica trascendentale, che a sua volta si divi-de in analitica trascendentale (analitica dei concetti e anali-tica dei principi) e dialettica trascendentale. L’estetica trascendentale determina le forme pure dellasensibilità, entro cui le sensazioni sono ordinate: sono le in-tuizioni pure di spazio e di tempo, che possiedono una“realtà empirica” e una “idealità trascendentale” e condizio-nano il modo delle cose di apparire a noi. Se la sensibilità èrecettività, l’intelletto è spontaneità e la sua attività è il giu-dizio: dunque pensare significa giudicare.

La conoscenza a posteriorie quella a priori

I giudizi sintetici a priori

Come è possibile la scienza?

Il fenomeno

Il trascendentale

La rivoluzionecopernicana del pensiero

L’esteticatrascendentale

Spazio e tempo

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40 - Immanuel Kant

La logica trascendentale astrae dal contenuto empirico etratta dei concetti puri, o categorie dell’intelletto. L’atti-vità dell’intelletto si esplica nel giudicare secondo classi(quantità, qualità, relazione, modalità) che si articolano infunzioni intellettuali (le 12 categorie: per esempio, unità,molteplicità; realtà, negazione; causalità, azione reciproca).Per applicare le categorie agli oggetti dell’esperienza oc-corre il passaggio della “deduzione trascendentale”. Se in-fatti nella sensibilità il molteplice dell’esperienza viene or-dinato secondo le intuizioni di spazio e tempo, nell’intel-letto il molteplice dato dalla sensibilità deve sottostare “al-le condizioni dell’unità sintetica originaria dell’appercezio-ne”: l’io penso. Il pensiero di un oggetto mediante i con-cetti dell’intelletto può diventare conoscenza solo se rela-zionato agli oggetti dei sensi. Ciò significa che pensare econoscere non sono la stessa cosa: un oggetto può esse-re pensato tramite le categorie, ma tale oggetto pensato puòessere conosciuto solo mediante le intuizioni sensibili dispazio e tempo.

La logicatrascendentale

Le categoriedell’intelletto

La deduzionetrascendentale

L’io penso

DovereNecessità di un’azione non permotivi contingenti, ma secondol’obbligo della legge morale.FenomenoL’oggetto dell’esperienza sensi-bile, conosciuto mediante le for-me a priori della sensibilità (spa-zio e tempo) e dell’intelletto (le12 categorie).GiudizioLa facoltà del giudizio è la forzache pensa il particolare qualecontenuto dell’universale e cosìfacendo giudica. Il giudizio puòessere determinante, sussumen-do il particolare sotto una legge apriori (giudizio conoscitivo o mo-rale), o riflettente, se dal partico-lare accede all’universale (giudi-zio estetico o finalistico).ImperativoEspressione della necessità og-gettiva di un’azione. L’imperati-

vo categorico è il comando in-condizionato della legge moraleche ha in se stesso il proprio fi-ne. L’imperativo ipotetico è uncomando relativo ai mezzi da uti-lizzare per ottenere un determi-nato scopo.Io penso È la funzione trascendentale ingrado di unificare i dati della sen-sibilità e dell’intelletto.Noumeno, cosa in séL’oggetto com’è nella sua inte-gralità e come tale inconoscibiledall’intelletto umano, struttural-mente vincolato all’apparenza fe-nomenica dell’oggetto nella rap-presentazione intellettuale.TrascendentaleCiò che riguarda le condizioni diconoscibilità a priori degli og-getti e dunque è condizione dipossibilità dell’esperienza e del-la conoscenza.

KANT: PAROLE CHIAVE

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40 - Immanuel Kant

L’analitica dei principi insegna ad applicare ai fenomeni iconcetti, e ciò implica che sia trovata una mediazione trasensibilità e intelletto, tra intuizione e concetto. Occorrecioè un terzo termine, omogeneo con il concetto, che è in-tellettuale, e con il fenomeno, che è sensibile: si tratta del-lo “schema trascendentale”, un prodotto dell’immagina-zione. L’immaginazione configura nel tempo (che è a prioricome le categorie dell’intelletto e intuibile come le formepure della sensibilità), secondo le varie categorie, il mate-riale fornito dalla sensibilità.La dialettica trascendentale intende dimostrare che i giudizisintetici a priori valgono solo per le cose come appaiono, os-sia per i fenomeni. I giudizi sintetici a priori risultano illegitti-mi applicati alle cose in sé, che Kant definisce noumeni e giu-dica inconoscibili. Pertanto se le categorie hanno una funzio-ne costitutiva nella conoscenza, le tre idee dell’anima, del mon-do e di Dio, fondamento del sapere metafisico, hanno solo unafunzione regolativa e sono pensate dalla ragione, che a diffe-renza dell’intelletto non opera sui dati sensibili, gli unici vera-mente conoscibili. La ragione tende a unificare i dati interniattraverso l’idea di anima, i dati esterni attraverso l’idea dimondo e a fondare tutto l’esistente nell’idea di Dio. L’errore nasce quando la ragione “entifica”, trasforma cioèin enti reali, queste idee di cui non abbiamo alcuna espe-rienza, traendone una conoscenza, la metafisica tradizio-nale, che è illusoria perché pretende di andare oltre i limitidell’esperienza sensibile. Negativa è quindi la risposta alquesito iniziale, ossia se sia possibile una metafisica comescienza.

La Critica della ragion praticaLa Critica della ragion pratica (1788) si propone la ricercadelle condizioni della morale. Nell’uomo è presente una leg-ge morale (definita un “fatto della ragione”) che comandacome un imperativo categorico, ossia incondizionatamen-te. Questa legge del dovere comanda per la sua forma dilegge, come norma che prescrive di obbedire alla ragione,e perciò a differenza della “massima” (la regola di condottaindividuale) deve essere universale, principio oggettivo va-lido per tutti: indica come fine il rispetto della persona uma-na e afferma l’indipendenza della volontà come pure l’au-tonomia della ragione. “Il dovere per il dovere” indirizzacosì a quell’ordine morale, “regno dei fini”, in cui il valoredi un’azione dipende dalla conformità della volontà alla pre-scrizione della legge morale. Postulati della legge sono in-

L’analitica dei principi

Lo schematrascendentale

La dialetticatrascendentale

I noumeni

Le idee della ragione:anima, mondo, Dio

La metafisicatradizionalenon è una scienza

L’imperativo categorico

Il regno dei fini

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nanzitutto e fondamentalmente la libertà (se l’uomo nonfosse libero non ci sarebbe moralità), l’immortalità dell’a-nima (perché nel nostro mondo non si realizza mai la pie-na concordanza della volontà alla legge che rende degni delsommo bene) e l’esistenza di Dio (che fa corrispondere lafelicità al merito acquisito). Così le idee della ragione (ani-ma e Dio), solo pensabili nella Critica della ragion pura,ora si presentano come “postulati” della moralità.

La Critica del giudizioTra il mondo fenomenico, di cui si dà scienza, e il regno deifini, sottratto al determinismo e del tutto libero, c’è etero-geneità, eppure il mondo noumenico (cioè “pensato qualedeve essere secondo i dettami della legge morale”) deve ave-re qualche riflesso su quello sensibile affinché la libertà pos-sa attuarvisi. L’attività del giudizio, argomento della Critica del giudizio(1790), deve proprio scorgere questo riflesso del regno deifini sul mondo fenomenico e lo può fare in due modi: o co-me “giudizio determinante”, o come “giudizio riflettente”.Il caso del giudizio determinante è quello del giudizio gno-seologico e morale, in cui è già data una norma universaleche permette all’intelletto e alla volontà di “determinare” ilparticolare, ossia il dato della scienza o l’azione della mora-le, “sussumendolo” sotto le categorie dell’intelletto o sottola legge morale (per esempio: la trasformazione dell’acquain ghiaccio è causata dal freddo; questa azione è giusta). L’e-sigenza del giudizio riflettente consiste nel fatto che, datoil molteplice empirico, bisogna trovare il suo principio uni-tario, la finalità della natura, formulato dalla facoltà di giu-dizio “riflettendo” su se stessa e sulla propria esigenza diunità. Il giudizio riflettente può essere estetico, riguar-dante la bellezza, e teleologico, o finalistico, riguardante gliscopi della natura: entrambi si fondano sulla finalità, ossiasu un rapporto di armonia e di accordo reciproco fra parti,e non sono conoscitivi.

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40 - Immanuel Kant

Libertà, immortalitàdell’animaed esistenza di Dio

Il mondo noumenico

Il giudiziodeterminante

Il giudizio riflettente

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40 - Immanuel Kant

Nel periodo precritico Kant mostra interesse per le scienze e la filosofia naturale eper l’esigenza di una rigorizzazione della filosofia.

Con la Critica della ragion pura indaga i limiti e le condizioni della conoscenza uma-na per stabilire la possibilità o meno di una metafisica come scienza. Intende ri-spondere alla domanda come siano possibili giudizi sintetici a priori, ovvero comeè possibile la scienza, che opera con simili giudizi.

Le condizioni di possibilità della scienza e della conoscenza risiedono negli elementia priori che ordinano le impressioni: infatti l’oggetto dell’esperienza (chiamato fe-nomeno) risulta da una sintesi tra un dato della sensibilità e un elemento a priori.

L’estetica trascendentale studia le forme pure della sensibilità (spazio e tempo) checondizionano il modo delle cose di apparire a noi.

La logica trascendentale tratta dei concetti puri, o categorie dell’intelletto, e sidivide in analitica trascendentale (dei concetti e dei principi) e in dialettica tra-scendentale.

L’analitica dei principi applica ai fenomeni i concetti; ciò implica un terzo termine,omogeneo a entrambi, lo schema trascendentale, un prodotto dell’immaginazione,la quale configura nel tempo, secondo le varie categorie, il materiale fornito dallasensibilità.

La dialettica trascendentale intende dimostrare che i giudizi sintetici a priori val-gono solo per i fenomeni, mentre risulta illegittimo applicarli alle cose in sé, o nou-meni, come fa la metafisica tradizionale.

Le tre idee dell’anima, del mondo e di Dio, fondamento del sapere metafisico, han-no solo una funzione regolativa e sono pensate dalla ragione.

L’errore nasce quando la ragione attribuisce esistenza reale a queste sue idee, dicui non abbiamo alcuna esperienza, traendone una conoscenza, la metafisica tra-dizionale, che è illusoria.

La Critica della ragion pratica (1788) si propone la ricerca delle condizioni della mo-rale, constatando la presenza nell’uomo di una legge morale, che comanda comeun imperativo categorico.

La legge morale, ossia il dovere per il dovere, è universale e indica come fine il ri-spetto della persona umana. La legge morale presuppone, come propri postulati,la libertà, l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio.

L’attività del giudizio, argomento della Critica del giudizio (1790), deve scorgere ilriflesso del regno dei fini nel mondo fenomenico attraverso il giudizio determinan-te (gnoseologico e morale) e il giudizio riflettente (estetico e finalistico).

SCHEMA RIASSUNTIVOIL PERIODO PRECRITICO

LA “CRITICADELLA RAGION PURA”

Le condizioni di possibilitàdella scienza

L’estetica trascendentale

La logica trascendentale

L’analitica dei principi

La dialetticatrascendentale

Le idee della ragione

Il sapere metafisico

LA “CRITICADELLA RAGION PRATICA”

La legge morale

LA “CRITICADEL GIUDIZIO”

1. Qual è il principale problema della Critica dellaragion pura? 210a

2. Di che cosa si occupa l’estetica trascendentale?210b

3. Che cosa studia la logica trascendentale? 211b4. Che cos’è la legge morale? 212b5. Qual è lo scopo dell’attività del giudizio? 213b

DOMANDE DI VERIFICA

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I caratteri essenziali del romanticismo

Nonostante la continuità con aspetti dell’epoca illuministi-ca, è possibile individuare nel romanticismo un nuovo at-teggiamento spirituale che si attua in alcune costanti: 1. il privilegio del sentimento e dell’intuizione rispetto al-la ragione (fortemente valorizzata dall’illuminismo), intesocome dissidio interiore e tensione verso l’infinito;2. la valorizzazione della soggettività, vista negli aspettipiù nascosti e irrazionali dell’io e nella rivalutazione degliambiti della fantasia, dell’immaginazione, della sensibilità edelle passioni;3. una visione tragica della vita, segnata dalla colpa e dalmale, in cui l’uomo si sente straniero e in fuga perenne alla“ricerca dell’infinito”, in contrapposizione alla convinzioneilluministica della positività del reale;4. una concezione antimeccanicistica della natura, di tipoenergetico-organicistico, basata sull’esistenza di un princi-pio dinamico immanente, a cui alcuni pensatori attribuisco-no carattere di divinità;5. una rivalutazione dell’arte e della religione, considera-te in grado di cogliere aspetti infiniti e trascendenti dellarealtà, che si contrappongono alla fiducia illuministica nelsapere scientifico;6. una attenzione particolare alla storia, che viene consi-derata degna di essere compresa e studiata in ogni sua epo-ca, perché vista come un processo graduale di accresci-mento e di maturità, superando le astrattezze del concettoilluministico di progresso.

Il sentimento e l’intuizione

La soggettività

La visione tragicadella vita

La concezioneantimeccanicistica della natura

L’arte e la religione

La storia

41 Il romanticismoCon il termine romanticismo si indica un vasto movimento intellettuale e artistico, che si sviluppa a cavallo fra ’700 e ’800 in Germania, per poi propagarsi rapidamente in tutta Europa. Si è soliti distinguere fra un primo e un secondo romanticismo. Il primo romanticismo si delinea nei circoli di Jena e di Berlino e cerca una soluzione alla radicaleeterogenità fra finito e infinito, fra uomo e mondo nella funzionedell’immaginazione e della religione. Il secondo romanticismo si sviluppa nei circoli di Heidelberg e di Monaco, elaborando una concezione della realtà con la sottolineatura dei valori del mito,della tradizione, della religione.

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41 - Il romanticismo

Il primo romanticismo:la scuola di Jena e il circolo di BerlinoIl primo cenacolo romantico si forma a Jena intorno al 1796,là dove, attraverso l’insegnamento di Fichte (v. a pp. 218-220), si fa sentire la grande influenza della filosofia di Kant,componente determinante per la nascita del romanticismo.La funzione della immaginazione – che in Kant è il luogo diintersezione tra spirito e natura, coscienza e inconscio – di-viene preminente in Fichte, assumendo il ruolo di una crea-tività spontanea e originaria, precedente la distinzione kan-tiana tra fenomeni e cose in sé. Il poeta Novalis (1772-1801) riprende da Fichte la conce-zione di un io trascendentale e ne proclama l’unità con l’uni-verso: un’unica forza opera in entrambi, l’immaginazione in-conscia, o natura, e l’immaginazione conscia, o spirito, cheemblematicamente si esprime nell’arte e nella poesia. Sonocosì poste le premesse dell’idealismo trascendentale diSchelling (v. a pp. 220-222) che del gruppo di Jena fu il teo-rico filosoficamente più profondo, accanto ai fratelli Auguste Friedrich Schlegel. Dopo la morte di Novalis il gruppo diJena si scioglie, ma le idee romantiche si diffondono nellecapitali della Germania e dell’Europa. Esponente principa-le della scuola romantica di Berlino è il filosofo FriedrichSchleiermacher (1768-1834), autore dei Discorsi sulla re-ligione (1799), nei quali la religione è posta decisamenteal di sopra della metafisica e della morale. A suo fonda-mento sta il sentimento umano dell’infinito e del tutto. Itradizionali argomenti razionali della teologia, o gli argo-menti morali con i quali Kant aveva inteso avvalorare la re-ligione, sono superati in Schleiermacher dall’intuizione im-maginativa che vede nella natura e nella storia una conti-nua rivelazione del divino, di cui tutte le religioni sono aloro modo manifestazioni.

Il secondo romanticismo: i circoli di Heidelberg e di MonacoMolto particolare è il clima del romanticismo a Heidelberg,i cui esponenti puntano a un ritorno al passato con la riva-lutazione del Medioevo, della classicità idealizzata a voltecon sfumature di esotismo, dei valori storico-religiosi e di li-bertà e soprattutto della tradizione popolare, vista nel mi-to e nella poesia come una verità metafisica. Oltre all’amo-re per la poesia popolare (von Arnim), per le saghe germa-niche e per le fiabe (i fratelli Grimm), per il mondo simbo-

La scuola di Jena

La funzionedell’immaginazione

Novalis

L’idealismotrascendentale

Il circolo di Berlinoe Schleiermacher

Il circolo di Heidelberg

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41 - Il romanticismo

La scuola di Monaco

Si possono individuare sei costanti nel romanticismo: 1. il privilegio del sentimen-to e dell’intuizione; 2. la valorizzazione della soggettività; 3. una visione tragica del-la vita; 4. una concezione della natura di tipo energetico-organicistico; 5. una riva-lutazione dell’arte e della religione; 6. una attenzione particolare alla storia.

Il gruppo di Jena rivaluta la funzione dell’immaginazione, di ascendenza kantia-na, che diviene l’espressione di una creatività spontanea e originaria.

Nella scuola romantica di Berlino, con Schleiermacher, la religione è posta al disopra della metafisica e della morale e ha come fondamento il sentimento uma-no dell’infinito e del tutto.

I letterati romantici di Heidelberg puntano a un ritorno al passato con la rivaluta-zione del Medioevo e della tradizione popolare, vista nel mito e nella poesia co-me una verità metafisica.

Il romanticismo di Monaco è caratterizzato dalla conciliazione tra romanticismoe cattolicesimo.

SCHEMA RIASSUNTIVOLE CARATTERISTICHEDEL ROMANTICISMO

Il gruppo di Jena

La scuola di Berlinoe Schleiermacher

La scuola di Heidelberg

La scuola di Monaco

1. Quali novità presenta il romanticismo rispettoall’illuminismo? 215

2. Come si caratterizza il primo romanticismo? 216a3. Come si sviluppa il romanticismo a Heidelberg?

216b-217a

DOMANDE DI VERIFICA

lico arcaico, si diffonde a Heidelberg lo studio della naturain opposizione al newtonianesimo e al meccanicismo set-tecentesco. Già a Jena aveva preso avvio una interpretazio-ne teleologica spiritualistica e qualitativa della natura, che va-gheggiava la nascita di una “biosofia” come scienza unitariadella vita soggettiva e oggettiva. Queste tendenze fantasiosee mistiche si accentuano a Heidelberg, soprattutto con Gör-res, mettendo capo a intuizioni analogiche che riprendonola sapienza magica e alchemica precedente la nascita dellescienze moderne. Il romanticismo di Monaco (von Baader, Carus) è caratte-rizzato dalla conciliazione tra romanticismo e cattolicesimo,con la conversione nel 1808 di Schlegel, che diffonde questesue nuove concezioni anche a Vienna. Nel 1836-37 Schelling tiene le celebri Lezioni monacensi ilcui bersaglio critico è il razionalismo di Hegel, sin dall’iniziocritico severo del movimento romantico. A Monaco Schel-ling accentua la sua inclinazione teosofica e irrazionalistica,a cui si accompagna una revisione in senso conservatore erestauratore delle idee politiche, che all’inizio del movi-mento romantico inclinavano maggiormente verso il radi-calismo rivoluzionario francese.

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Johann Gottlieb FichteIl pensiero di Johann Gottlieb Fichte (Rammenau 1764 - Ber-lino 1814), professore nelle università di Jena e di Berlino,parte dal proposito di rielaborare in maniera sistematica lafilosofia di Kant ponendo l’idea pratica della libertà comeunico fondamento di un sistema unitario della filosofia (chediviene perciò “sistema della libertà”). Per Fichte il principio del sapere non può essere un fattodella coscienza (come è l’esistenza della legge morale perKant), ma un atto, una azione spirituale originaria, che vie-ne colta nell’intuizione intellettuale e fonda il sapere de-duttivo. La coscienza immediata della legge morale è unamanifestazione di questa intuizione intellettuale e ne ga-rantisce la validità. La filosofia deve portare alla luce le “azioni originarie” cherendono possibile il sapere della coscienza, deve chiarifica-re gli atti precoscienziali che fondano e accompagnano il fat-to di sapere questa o quella cosa. Nel realizzare ciò la filo-sofia deve essere consapevole del suo stesso modo di pro-cedere, deve riflettere e giustificare le asserzioni che avan-za. È questa l’idea del capolavoro di Fichte, la Dottrina del-la scienza (1794-95): una teoria della costituzione del sa-pere della coscienza condotta attraverso una concomitan-te riflessione giudicativa sui passi propri della coscienza. Sitratta perciò di una filosofia di tipo trascendentale.

Il principio delsapere è un’azionespirituale

42 L’idealismo di Fichtee Schelling

L’ idealismo si sviluppa in Germania all’inizio dell’800. I suoi esponenti piùimportanti, Fichte, Schelling e Hegel (per il quale v. cap. 43), partendo dallacontestazione del presupposto kantiano dell’esteriorità dell’essereal pensiero, tendono a ricondurre ogni esistenza al pensiero.In Fichte prevale un’istanza etica che intende promuovere la libertà dell’io e ne afferma l’infinità e creatività. A esso si oppone Schelling,che rivendica per la natura una posizione non subordinata rispetto allo spirito e afferma un’originaria identità fra i due termini, accessibile nella sua pienezza non alla discorsività logica, ma solo all’intuizione dell’artista.

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42 - L’idealismo di Fichte e Schelling

� Dottrina della scienzaPer Fichte l’espressione “dottrina della scienza” corrispon-de fondamentalmente a quella di filosofia. In un primo mo-mento, che coincide con gli anni di insegnamento a Jena(1794-99), Fichte enuclea un circolo di principi trascenden-tali: il primo principio (“l’io originariamente pone assoluta-mente il suo proprio essere”) dice che non è concepibile co-scienza senza l’agire dell’io spirituale, senza l’essere in attodell’intelligenza; il secondo principio (“all’io è opposto as-solutamente un non-io”) afferma che il sapere richiede peresistere che all’io spirituale si presenti una alterità da rappre-sentare e da configurare, una alterità che nella sua concre-tezza non si può dedurre logicamente dalla posizione origi-naria dell’io; il terzo principio (“io oppongo nell’io all’io di-visibile un non-io divisibile”) dice che il sapere effettivo èsempre distinzione e sintesi di io e alterità, cioè di una sfe-ra soggettiva e di una oggettiva. Fichte vede che nella costituzione della coscienza nonoperano soltanto fattori teoretici (immaginazione, intel-letto, giudizio, ragione), ma anche e insieme fattori pratici(sentimento, impulso, volontà). D’altra parte la spiegazionedella coscienza non può essere data soltanto dal fatto che inessa agisce l’io spirituale, ma richiede una azione (un “ur-to”) dall’esterno. Questa azione è per Fichte, radicalmente,un “invito”, un “appello” alla libertà che proviene da un al-tro essere libero. La “nascita” della coscienza rinvia all’es-serci di almeno un’altra coscienza, ossia accade in un oriz-zonte intersoggettivo. La Dottrina della scienza contiene eavanza perciò una teoria intersoggettiva. Dopo il suo trasferimento a Berlino, nel 1799, Fichte ap-profondisce un nuovo livello della “dottrina della scienza”ed evolve da una posizione di umanesimo, in cui l’io èl’uomo, a una sorta di misticismo, in cui l’essere è Dio ela dottrina della libertà dell’uomo si trasforma in una teo-ria della grazia. Fichte affronta il problema del rapporto fra ilprincipio del sapere (cioè l’io, la ragione, che è sempre l’u-nità organica di una dualità) e la radice ultima, l’unità pura so-pra ogni distinzione e mediazione, cioè l’assoluto. Individuadue movimenti fondamentali: l’uno ascendente, nel quale ilsapere si autoapprofondisce fino a “deporsi”, sospendersicome sapere, e a riconoscere l’unità originaria di “essere evita”; l’altro discendente e “fenomenologico” nel quale il sa-pere, alla luce della evidenza conseguita, si conosce comemanifestazione originaria, “immagine”, “esistenza”, “sche-ma” dell’assoluto. La compiuta “dottrina della scienza”, la fi-losofia, è il sistema dell’immagine dell’assoluto.

Il primo principio

Il secondo principio

Il terzo principio

L’orizzonteintersoggettivodella coscienza

Il periodo berlinese:dall’umanesimo al misticismo

Il movimentoascendente

Il movimentodiscendente

La filosofia immaginedell’assoluto

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� Discipline particolariLa coscienza originaria esiste in quattro “visioni del mon-do” (la sensibilità, la legalità, la moralità, la religione), formefondamentali che corrispondono alle discipline filosofichespecifiche della dottrina della natura, del diritto, dell’etica,della religione. La dottrina della natura enuclea i principi at-traverso i quali la natura può essere concepita a partire dallariflessione intellettuale e vede il senso della natura nel suo es-sere sede e ambiente del rendersi visibile della vita spiritua-le. La dottrina del diritto elabora quella manifestazione del-la vita razionale che consiste nella limitazione reciproca del-le libertà degli individui e ne concepisce le forme giuridico-politiche di attuazione. L’etica prende in considerazione iprincipi della vita morale come consapevolezza e pratica deldovere. La dottrina della religione enuclea il rapporto uniti-vo di amore che collega la vita divina originaria e ciò che esi-ste nel tempo. Oltre alle discipline particolari Fichte elaborauna filosofia della storia: storia è edificare le relazioni fra gliesseri umani in modo razionale e mediante la libertà. La filo-sofia politica di Fichte in un primo momento esalta la libertàdell’individuo in connessione con gli ideali della rivoluzionefrancese, mai in fondo ripudiati; successivamente sottolineail ruolo dello Stato, ma sempre in funzione della creazione diuno spazio per superiori attuazioni etiche.

Friedrich Wilhelm Joseph SchellingFriedrich Wilhelm Joseph Schelling (Leonberg 1775 - Bad Ra-gaz, Svizzera, 1854) diviene a soli 23 anni professore straor-dinario dell’università di Jena, dove frequenta il circolo ro-mantico e ne costituisce uno dei rappresentanti più illustri.Gli scritti più importanti di questo periodo sono: Idee peruna filosofia della natura (1797), Sistema dell’idealismotrascendentale (1800). Successivamente si trasferisce a Mo-naco. Tutti i suoi ultimi lavori tendono al superamento del ra-zionalismo metafisico individuato nel pensiero di Hegel, e nel1841 Schelling succede proprio a Hegel all’università di Ber-lino, ma le sue lezioni vengono progressivamente disertate.

� Natura, spirito, arteIl pensiero di Schelling si caratterizza per lo slancio verso l’u-nità ultima e indivisa del sapere e dell’essere e si presentacomposto di “filosofia dello spirito” e “filosofia della natura”.Io, o spirito, e natura sono originariamente complementarie opposti. Insieme rappresentano due strutture coinciden-ti in un organismo che si autoproduce e si autoorganizza se-

220

42 - L’idealismo di Fichte e Schelling

La filosofia della natura

La filosofia del diritto

L’etica

La filosofia della religione

La filosofia della storia

La filosofia politica

Vita e opere

Io e natura

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condo meccanicità e finalità, libero caso e necessità. Nelle Ideeper una filosofia della natura Schelling sostiene che la na-tura è un “organismo senziente”, che si autoproduce razio-nalmente in una sequenza di gradi sempre più complessa, purin assenza di finalità razionali esplicite. In natura l’uomo è cer-to una forza tra le forze naturali, ma il suo agire introduceun finalismo nel mondo della necessità e casualità naturali.Le forze di attrazione e repulsione operanti negli enti dellanatura sono gli stessi principi attivi nell’intuizione dello spiri-to umano: in natura appaiono dal punto di vista oggettivodell’“inconscio”, nell’intuizione viceversa da quello spiritua-le-soggettivo della coscienza. Necessità e casualità della natura si riflettono nella necessitàe casualità dell’arte, sicché il linguaggio del mito e della poe-sia si presenta come il più idoneo a esprimere e pensare lanatura stessa. Nel Sistema dell’idealismo trascendentale l’ar-te, che permette di cogliere l’unione e l’identità originarie delsoggettivo e dell’oggettivo, dello “spirituale” e del “naturale”,viene intesa come culmine extrafilosofico del sapere e pras-si realizzativo-comunicativa della filosofia. L’“intuizione este-tica” coglie nell’opera artistica, seppure istantaneamente e im-prevedibilmente, il fondamento ontologico in cui lo spiritua-le e il naturale sono l’Uno-Tutto originario.

� Metafisica della “identità assoluta” La speculazione immediatamente posteriore (Esposizione delmio sistema di filosofia, 1801; Sistema di tutta la filosofia edella filosofia della natura in particolare, 1804) tenta di at-tribuire permanentemente alla teoria filosofica ciò che primaera stato determinato quale proprio dell’opera artistica: la vi-sione dell’“identità assoluta”. Questa identità ultima vieneripensata però come “abisso di quiete e di inattività”, comesuprema “indifferenza”. L’identità del fondamento comune sitraduce nell’originario annullamento delle determinazionipolarmente contrapposte (conscio-inconscio, soggettività-oggettività, idealità-realtà, libertà-necessità), prima pensatecostitutive della filosofia trascendentale. Questa fase del pen-siero di Schelling viene comunemente definita filosofia del-l’identità.

� Gli esiti misticiA partire dalle Conferenze di Erlangen del 1820-21 la filoso-fia di Schelling si afferma definitivamente come rammemo-razione di un immemorabile “soggetto assoluto” – una “Ol-tredivinità” che richiama la tradizione mistica neoplatonica –e come esercizio razionalmente “estatico”. La ragione si

La filosofia della natura

L’uomo

La filosofia dell’arte

L’intuizione estetica

L’identità assoluta

La “filosofiadell’identità”

221

42 - L’idealismo di Fichte e Schelling

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42 - L’idealismo di Fichte e Schelling

arresta stupefatta di fronte al dato puro e semplice del rea-le, al fatto che questo si presenti a essa, che pure ne puòcogliere le articolazioni, in modo inassimilabile, cioè inde-ducibile a priori.

La filosofia di Fichte parte dal proposito di porre l’idea pratica della libertà comeunico fondamento di un sistema unitario della filosofia.Nella Dottrina della scienza elabora una filosofia di tipo trascendentale, studian-do i passi di autoconsapevolezza con cui si costituisce il sapere della coscienza.In un primo momento Fichte si preoccupa di mettere a fuoco i dinamismi costi-tuenti del sapere, enucleando un circolo di principi trascendentali: 1. “l’io origina-riamente pone assolutamente il suo proprio essere”; 2. “all’io è opposto assoluta-mente un non-io”; 3. “io oppongo nell’io all’io divisibile un non-io divisibile”.Fichte evolve da una posizione di umanesimo, in cui l’io è l’uomo, a una sorta dimisticismo, in cui l’essere è Dio e la dottrina della libertà dell’uomo si trasformain una teoria della grazia. Affronta, infatti, il problema del rapporto fra il principiodel sapere, cioè l’io, la ragione, e la radice ultima, cioè l’assoluto.Fichte individua quattro visioni del mondo, che corrispondono ad altrettante di-scipline filosofiche specifiche: dottrina della natura, del diritto, dell’etica, dellareligione.Elabora anche una filosofia politica, passando da una iniziale esaltazione della li-bertà dell’individuo, in connessione con gli ideali della rivoluzione francese, a unasottolineatura del ruolo dello Stato.

Schelling sostiene che la natura è un organismo senziente che si autoproduce ra-zionalmente in una sequenza di gradi sempre più complessa. Le forze di attra-zione e repulsione che operano nella natura sono gli stessi principi attivi nell’in-tuizione dello spirito umano, che introduce il finalismo nel mondo della natura.Necessità e casualità della natura si riflettono nella necessita e casualità del-l’arte, sicché il linguaggio del mito e della poesia si presenta come il più idoneoa esprimere e pensare la natura stessa. L’arte rappresenta il culmine extrafiloso-fico del sapere ed è la prassi realizzativo-comunicativa della filosofia.Successivamente Schelling attribuisce alla filosofia ciò che è il “proprio” dell’o-pera artistica: la visione dell’“identità assoluta”, ripensata però come suprema“indifferenza”, originario annullamento delle determinazioni contrapposte di con-scio-inconscio, soggettività-oggettività, idealità-realtà, libertà-necessità.La filosofia di Schelling si afferma come rammemorazione di un immemorabile“soggetto assoluto” e come esercizio razionalmente “estatico”.

SCHEMA RIASSUNTIVOFICHTE

La “Dottrina della scienza”Il circolo di principitrascendentali

L’evoluzione del pensiero di Fichte

Le discipline filosoficheparticolari

La filosofia politica

SCHELLING

La filosofia dell’arte

La filosofia dell’identità

L’ultima fase

1. Qual è il compito della filosofia per Fichte? 218b2. Quali sono i principi trascendentali della filoso-fia di Fichte? 219a

3. Quali sono le forme fondamentali di esistere del-

la coscienza originaria per Fichte? 220a4. Che cos’è la natura per Schelling? 220b-221a5. Che cos’è la “filosofia dell’identità” nel pensie-ro di Schelling? 221b

DOMANDE DI VERIFICA

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La vita e le opere

Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda 1770 - Berlino1831) studia teologia, svolge dapprima attività di precetto-re privato e nel 1801 viene nominato libero docente all’u-niversità di Jena; nel 1816 ottiene la cattedra all’universitàdi Heidelberg e nel 1818 si trasferisce definitivamente al-l’università di Berlino. Le sue opere principali sono: Fenomenologia dello spirito(1807); Scienza della logica (1812-16); Enciclopedia dellescienze filosofiche in compendio (1817, 1827, 1830); Li-neamenti di filosofia del diritto (1821). Oltre che a questilavori, la conoscenza del pensiero hegeliano è consegnataanche ai risultati del suo insegnamento universitario: le ce-lebri Lezioni (di Storia della filosofia, di Filosofia della re-ligione, di Filosofia della storia e di Estetica), redatte a cu-ra degli allievi e pubblicate dopo la sua morte.

Fenomenologia e conoscenzaLa Fenomenologia dello spirito vuole essere “scienza del-l’esperienza della coscienza”, cioè vuole mostrare il cammi-no della coscienza verso il sapere assoluto (v. Parole chiavea p. 225), a partire dalle prime e più semplici manifestazionidell’essere determinato (la “coscienza immediata”). Hegelsuddivide l’itinerario fenomenologico in sei “momenti” (Co-scienza, Autocoscienza, Ragione, Spirito, Religione, Sapereassoluto), ciascuno dei quali raccoglie forme omogenee dirapporto fra coscienza e oggetto. I momenti si traducononella storia in “figure”, che esprimono una forma cultural-mente determinata di tale rapporto (per esempio, la “co-scienza infelice” del Medioevo, che tende all’assoluto senza

La vita

Le opere

Il compito della“Fenomenologiadello spirito”

Momenti e figuredell’itinerariofenomenologico

223

43 Georg Wilhelm Friedrich HegelL’idealismo hegeliano viene tradizionalmente definito “assoluto” perché concepisce la realtà come un organismo o sistema integralmenterazionale, che ha il proprio centro nella “scienza della logica”. Dopo la morte di Hegel i suoi allievi si dividono nelle due correnti della destra e della sinistra hegeliane. La destra accentua il carattere sistematico e conclusivo della filosofia hegeliana, mentre la sinistra ne sottolinea soprattuttol’aspetto dinamico e dialettico e la dimensione storica.

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raggiungerlo). La dialettica fenomenologica procede per-ciò, attraverso modi sempre più complessi di relazione, dal-le forme più elementari di rapporto, che esprimono al con-tempo il massimo di alterità tra soggetto e oggetto (la “cer-tezza sensibile”) al “sapere assoluto”, che rappresenta il mas-simo di unità in cui ogni forma di alterità è tolta. Nella versione matura del sistema hegeliano, corrisponden-te all’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio,la fenomenologia dello spirito viene limitata ai primi tre mo-menti (Coscienza, Autocoscienza, Ragione) e viene ridi-mensionato il suo ruolo speculativo, non essendo più con-siderata la porta di accesso al “sistema della scienza”.

Il sistema hegelianoNella sua opera più famosa, l’Enciclopedia delle scienze fi-losofiche in compendio, Hegel afferma che la “filosofia ènecessariamente sistema”: ciò significa innanzitutto che ilsapere filosofico si sviluppa nei suoi vari ambiti secondo unaconcatenazione rigorosa, garantita dal procedimento meto-dico unitario della dialettica. L’articolazione del sistema com-prende tre parti fondamentali: la logica, la filosofia dellanatura, la filosofia dello spirito. Particolare rilievo acquista la concezione della logica: le ca-tegorie (per esempio, “causalità”, “azione reciproca”) nonhanno un valore soltanto formale, cioè non indicano sem-plici rapporti del pensiero con se stesso, ma costituisconola struttura sulla cui base si costruisce la realtà concreta. In-fatti il mondo reale è sorretto da una impalcatura di nes-si logici che sono essi stessi parte integrante di quella realtàche contribuiscono a porre in essere. Il sistema hegeliano si qualifica e si realizza come “enciclo-pedia delle scienze”: ciò significa che la filosofia guarda al-la realtà non in modo diretto, ma grazie all’aiuto delle scien-ze positive, sia per quanto riguarda il mondo della natura,sia per quanto riguarda il mondo dello spirito. La filosofiadella natura, è quindi sostanzialmente una filosofia dellescienze della natura; la filosofia della storia una filosofia del-le scienze storiche. Ciò implica una fondamentale conse-guenza: dal momento che le singole discipline scientificheesprimono un livello di sapere che è relativo allo specificogrado del loro sviluppo storico, la filosofia in quanto enci-clopedia delle scienze non può non riflettere questa relati-vità. Il sistema non è perciò una gabbia rigida, fissata una vol-ta per sempre, ma per sua natura è impregnato di storicitàe quindi destinato a evolversi.

La dialetticafenomenologica

Il ruolo dellafenomenologia nel successivopensiero hegeliano

La filosofia come sistema

La logica

L’”enciclopedia delle scienze”

La “relatività storica”della filosofia

224

43 - Georg Wilhelm Friedrich Hegel

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La razionalità del reale e la storiaNei Lineamenti di filosofia del diritto Hegel afferma che “lafilosofia è il proprio tempo appreso in pensieri”. Non soloviene così ribadita la stretta correlazione esistente tra mon-do storico e filosofia, ma quest’ultima viene al contempo

225

43 - Georg Wilhelm Friedrich Hegel

AssolutoÈ l’unità di soggettivo e oggetti-vo mediata dal processo dialet-tico; è lo Spirito (v.), o intero,che ritorna a sé nelle forme del-l’arte, della religione e della fi-losofia.ContraddizioneÈ il momento negativo-razionaledella dialettica (v.), quello in cuiviene in luce l’impossibilità perogni singola determinazione disussistere separatamente dallealtre.DialetticaÈ la legge della ragione umana, laquale riproduce nel pensiero leopposizioni che si danno nellarealtà, e insieme il principio im-manente di sviluppo della realtàstessa. In senso specifico, è il mo-mento della negazione della de-terminazione immediata, cioèastratta e separata dello Spirito.Ma in senso ampio è il processologico-ontologico in cui la deter-minazione astratta viene dappri-ma posta (la cosiddetta “tesi”),poi negata nella sua separatezza(la cosiddetta “antitesi”) e infinepositivamente ricompresa in unaunità più profonda (la cosiddet-ta “sintesi”). EticitàÈ la realizzazione concreta del-l’idea di libertà nel mondo del-le istituzioni storiche oggettive,culminanti nello Stato.

IdeaÈ il processo del pensiero nel-la sua interezza soggettiva eoggettiva, che coincide con ilreale.IntellettoÈ il pensiero quando separa e di-stingue, producendo determi-nazioni astratte e separate.MoralitàÈ la libertà soggettiva della co-scienza nella sua interiorità.RagioneÈ il pensiero quando nega l’a-strattezza dell ’ intelletto inun’unità più profonda, in cui siattua l’idea (v.), considerando ilreale come razionale, il razio-nale come reale ed entrambi co-me necessari. SpiritoÈ l’assoluto (v.),presente nellevarie manifestazioni storichedella vita. Non è un ente a séstante, trascendente, ma il prin-cipio della razionalità delle coseo, in altri termini, il graduale au-to-comprendersi della realtà dicui fa parte e costituisce la co-scienza.SuperamentoOperazione tipica della ragioneche, riconosciuta la dialetticitàintrinseca del pensiero e dellarealtà, non annulla le loro op-posizioni costitutive, ma, men-tre le “toglie”, le “mantiene” inuna superiore unità.

HEGEL: PAROLE CHIAVE

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sottratta a ogni tentazione di prospettare soluzioni ideali aiproblemi. Secondo Hegel, la filosofia arriva sempre troppotardi; essa svolge piuttosto la sua funzione specifica essen-zialmente come coscienza critica della propria epoca, giu-stificazione razionale dell’esistente. Da qui il fondamentaleprincipio hegeliano per cui ciò che è reale è razionale e ciòche è razionale è reale. Per comprendere questo principio bisogna ricordare chela “realtà” è il mondo concreto in cui l’uomo deve vivere:la natura come mondo già formato, che l’uomo incontradinanzi a sé e la cui razionalità viene espressa dalle leggidelle scienze naturali; ma realtà – e in un senso più alto –è soprattutto quella “seconda natura”, che l’uomo produ-ce da se stesso, costituita dai suoi desideri, azioni, bisognie che forma “il sistema razionale delle determinazionidella volontà”. Questo ambito del reale comprende innanzi tutto il diritto,inteso come sfera dei rapporti propriamente giuridico-for-mali, in cui l’individuo si comporta come persona astratta;in secondo luogo la moralità, vale a dire la sfera d’azione delsoggetto inteso come singola coscienza morale; infine l’eti-cità, che si articola nelle sfere della famiglia, della società ci-vile e dello Stato e forma il mondo delle relazioni intersog-gettive, della politica e della storia, che costituiscono il ter-reno concreto dove l’uomo è chiamato a vivere. Compitodella filosofia, secondo Hegel, è portare in luce la razio-nalità immanente a questo mondo, ossia determinare lecause, trovare le leggi che regolano i comportamenti uma-ni nella realtà effettuale.

L’idea di libertà e la filosofiaL’origine della filosofia secondo Hegel si ricollega alla ma-turazione di precise condizioni storiche. Come è ripetutonelle Lezioni sulla storia della filosofia e nelle Lezioni sul-la filosofia della storia, la filosofia compare storicamentesoltanto là dove si formano libere costituzioni. Se la filo-sofia è sorta per la prima volta nel tempo presso il popologreco, ciò è dovuto al fatto che in Grecia si assiste per la pri-ma volta al fiorire della libertà politica. Ma l’idea di libertà,secondo Hegel, si realizza pienamente soltanto nel mondocristiano-germanico, ossia nell’epoca moderna, perché conil cristianesimo si afferma nella storia il principio che l’uo-mo è libero per natura, cioè semplicemente in quanto è uo-mo. Il rilievo dato alla religione cristiana non ha come risul-tato una connotazione religiosa del sistema hegeliano, ma

La funzione criticadella filosofia

Il reale è razionale,il razionale è reale

La natura e la “secondanatura”

Il diritto

Moralità ed eticità

L’idea di libertà e l’epoca moderna

226

43 - Georg Wilhelm Friedrich Hegel

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piuttosto la completa secolarizzazione del cristianesimo. Ilprincipio della libertà di tutti enunciato dalla riforma prote-stante trova infatti il proprio compimento con la rivoluzio-ne francese: alla filosofia e non più alla religione è affidato ilcompito di portare a piena consapevolezza il contenuto dilibertà espresso dall’epoca moderna. Peraltro, il senso di questa consapevolezza comporta anchela coscienza di essere cittadini di una comunità politica,cioè della necessità di agire eticamente, secondo un profi-lo di condotta morale e giuridica in cui si compie gradual-mente la libertà dell’individuo. Ma è nello Stato che si rea-lizza l’essenza dell’eticità, la quale deve realizzarsi consa-pevolmente in istituzioni oggettive. La libertà giunge così aessere volontà razionale, che supera la prospettiva indivi-dualistica, agisce nelle istituzioni politiche e le orienta allarealizzazione dello Spirito lungo l’intero svolgimento del di-venire storico.

La destra e la sinistra hegelianeDopo la morte di Hegel i contrasti sorti sulla possibilità diconciliare la filosofia del maestro con l’ortodossia cristianaprotestante e con i fondamenti dello Stato uscito dalla Re-staurazione dividono gli hegeliani nelle due correnti: la de-stra e la sinistra hegeliane, secondo la definizione di D.F.Strauss nel 1837. Ad aprire la polemica è la tesi di Strauss(Vita di Gesù, 1835) che le narrazioni evangeliche hannocarattere puramente simbolico e mitico e che ciò può es-sere affermato sulla base della filosofia hegeliana. La destra hegeliana (detta anche dei “vecchi hegeliani”) hai suoi maggiori esponenti in Goschel, Gabler, Conradi e so-prattutto in Erdmann (1805-1892). Essi rifiutano l’interpre-tazione di Strauss: persuasi dell’intrinseca concordanza trahegelismo e cristianesimo, ravvisano anzi nell’hegelismo lostrumento più idoneo per giustificare sul piano filosofico leverità essenziali della religione cristiana. La sinistra hegeliana (o “giovani hegeliani”) è di gran lun-ga più importante dal punto di vista storico; anch’essa si in-teressa alla problematica religiosa, ma in termini più criticie razionali. Accanto a Strauss ha tra i suoi rappresentantiBauer, Ruge, Stirner, oltre che Feuerbach, Marx ed Engels,almeno nella prima fase del loro pensiero. Particolarmente importante è la critica alla religione diLudwig Feuerbach (1804-1872), che nel 1830, ancora vi-vente Hegel, pubblica anonimi i Pensieri sulla morte e l’im-mortalità, in cui dichiara l’immortalità individuale incom-

La secolarizzazionedel cristianesimo

La coscienza politica

Eticità e Stato

La destra hegeliana

La sinistra hegeliana

La critica alla religione di Feuerbach

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43 - Georg Wilhelm Friedrich Hegel

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patibile con il pensiero hegeliano, data la sua indole schiet-tamente panteistica: immortale è solo l’umanità storica indivenire. Nella sua opera più famosa, l’Essenza del cristia-nesimo (1841), interpreta la coscienza religiosa in terminidi alienazione. Ciò che costituisce il carattere positivo del-l’essere divino è preso a prestito alla natura umana. Per que-sto l’alienazione è il processo in forza del quale ciò che co-stituisce la ricchezza di Dio è il frutto di impoverimento del-l’uomo: compito della critica sarà quello di restituire all’uo-mo il suo essere perduto, alienato in Dio.In linea di massima i difensori e critici della religione tradi-zionale assumono posizioni rispettivamente conservatrici einnovatrici anche in campo politico.

La religione come alienazione

228

43 - Georg Wilhelm Friedrich Hegel

Il compito della Fenomenologia dello spirito è presentare il cammino dalle piùsemplici manifestazioni dello spirito (la “coscienza immediata”) fino al punto divista del “sapere assoluto” per ottenere “il concetto della scienza”.

La fenomenologia dello spirito ha una funzione introduttiva all’intero sistema del sa-pere ed è suddivisa in sei momenti (Coscienza, Autocoscienza, Ragione, Spirito, Re-ligione, Sapere assoluto), ciascuno dei quali è articolato in figure.Nella versione matura del sistema hegeliano il contenuto della fenomenologia vie-ne limitato ai primi tre momenti (Coscienza, Autocoscienza, Ragione) e questa nonviene più considerata come la porta di accesso al “sistema della scienza”.

Nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio Hegel afferma che la filoso-fia è necessariamente sistema, la cui articolazione comprende la logica, la filosofiadella natura, la filosofia dello spirito.

Particolare rilievo ha la logica: infatti il mondo reale è sorretto da una impalcatu-ra di nessi logici i quali sono essi stessi parte integrante di quella realtà che con-tribuiscono a porre in essere.

La filosofia guarda alla realtà non in modo diretto, ma con l’aiuto delle scienzepositive, che esprimono un livello di sapere relativo allo specifico grado del lorosviluppo storico: conseguentemente la filosofia, in quanto enciclopedia dellescienze positive particolari, non può non riflettere questa relatività.

La filosofia ha come propria funzione specifica quella di essere la coscienza cri-tica della propria epoca.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA “FENOMENOLOGIADELLO SPIRITO”

I momenti della fenomenologia dello spirito

LA FILOSOFIA COME SISTEMA

LA LOGICA

LA RELATIVITÀ STORICADELLA FILOSOFIA

LA FILOSOFIA COMECOSCIENZA CRITICA

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43 - Georg Wilhelm Friedrich Hegel

1. Qual è il compito della Fenomenologia dello spi-rito? 223b

2. Qual è la concezione hegeliana della logica?224b

3. Che cos’è “il sistema razionale delle determina-zioni della volontà”? 226a

4. Qual è l’essenza dell’eticità? 227a5. Che cosa si intende con le espressioni “destra”e “sinistra” hegeliana? 227b

DOMANDE DI VERIFICA

Il principio hegeliano secondo cui ciò che è reale è razionale è ciò che è razionale èreale implica che per realtà si intenda il mondo concreto in cui l’uomo deve vivere,cioè la natura e la cosiddetta seconda natura, che comprende l’ambito del diritto, del-la moralità e dell’eticità.

L’idea di libertà si realizza pienamente nell’epoca moderna, perché solo con il cri-stianesimo si afferma il principio che l’uomo è libero per sua natura.Ma è alla filosofia, e non più alla religione, che è affidato il compito di portare apiena consapevolezza il contenuto di libertà dell’epoca moderna.

Dopo la morte di Hegel i suoi seguaci si dividono nelle due correnti della destrae della sinistra, che interpretano diversamente il rapporto fra filosofia hegelianae cristianesimo, traendone conseguenze anche politiche.

segue

“SOLO IL REALEÈ RAZIONALE E SOLOIL RAZIONALE È REALE”

L’IDEA DI LIBERTÀ

LA DESTRA E LA SINISTRAHEGELIANE

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230

La critica a Hegel e a FeuerbachKarl Marx (Treviri 1818 - Londra 1883) consegue il dottoratoin filosofia a Jena e si lega agli esponenti della sinistra hegelia-na. Dal 1842 al 1844 si dedica all’attività pubblicistica, va in esi-lio a Parigi, dove incontra personaggi importanti del sociali-smo francese e inizia la collaborazione intellettuale con En-gels, con il quale pubblica nel febbraio 1848 il Manifesto delPartito Comunista e partecipa ai moti rivoluzionari del 1848.Nel 1849 si trasferisce a Londra e, grazie all’aiuto finanziario diEngels, può dedicarsi per circa un decennio quasi esclusiva-mente allo studio e alla redazione della sua opera maggiore, Ilcapitale (nel 1867 pubblica il I vol.). Ritorna all’attività politi-ca promuovendo la fondazione della Prima Internazionale so-cialista (1864). Con la Critica al programma di Gotha (1875)si schiera contro il riformismo della socialdemocrazia tedesca.La formazione filosofica di Marx è segnata soprattutto da He-gel e da Feuerbach. Il primo è sottoposto a un’analisi serratanella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico(probabilmente 1841-43, ma pubblicata postuma nel 1927),nella quale, insieme alla denuncia della pretesa subordinazio-ne della “società civile” allo “Stato politico”, si smaschera l’er-rore logico che ha portato Hegel a spiegare la realtà partico-lare deducendola da un principio assoluto, considerando og-getto del sapere non i fatti e gli individui concreti, ma le cate-

La vita

La critica a Hegel

44 Karl MarxIl pensiero di Karl Marx ha esercitato un notevole influsso sulla filosofia e sulle scienze sociali dell’800 e del ’900. Egli opera un rovesciamento della funzione della filosofia: compito della ricerca filosofica non è quellodi fornire una giustificazione razionale dell’esistente, ma di sottoporlo a una critica serrata in vista della sua trasformazione, fornendo teoria e coscienza alle forze rivoluzionarie. Elabora inoltre una concezione materialistica della storia che interpreta le dottrine filosofiche, etiche,giuridiche, religiose ed estetiche come espressione della base economica di una società e degli interessi che vi entrano in conflitto. Può così smascherarecome ideologie quelle dottrine che si presentano come universali e assolute,indicandone gli interessi materiali e sociali che esprimono. Alla attenta analisi dell’economia capitalistica e alle dottrine di Marx, diffuse largamenteda Engels, si rifarà la maggioranza del movimento operaio e socialista.

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gorie e i principi astratti. Se l’insistenza sulprincipio “positivo”dell’esperienza e la rivendicazione di una dialettica del con-creto evidenziano l’influsso di Feuerbach sulla critica antideali-stica di Marx, bisogna precisare che Marx considera l’essere in-dividuale, contrapposto all’astratta idea hegeliana, sempre nel-la relazione sociale. Così riprende da Feuerbach il concetto dialienazione religiosa e lo interpreta come conseguenza di unaalienazione più ampia nella società e nello Stato. Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 (editi nel 1927)Marx individua la radice di ogni “autoestraneazione uma-na” nell’effettiva contraddizione storico-sociale tra le clas-si e interpreta la divisione della società in classi antagonistecome il risultato di una divisione diseguale del lavoro. L’indi-vidualismo capitalistico-borghese e la proprietà privata sono,perciò, la “conseguenza necessaria” dell’“alienazione” del la-voro dell’operaio, che si vede espropriato sia dei prodotti dalui realizzati, sia della possibilità di determinare la propria at-tività. Invece il lavoro dovrebbe essere espressione dell’“atti-vità libera e consapevole” di ogni essere umano in un conte-sto di appartenenza sociale e quindi realizzare la sintesi tra ifini individuali e quelli collettivi della specie. Questa condi-zione di lavoro può essere conseguita solo nella società co-munista, che si prefigge anche la piena integrazione di uomoe natura, sebbene in realtà Marx, avverso a ogni forma di co-struzione utopica, non la descriva dettagliatamente in nessu-na sua opera.

La concezione materialistica della storiaQueste tesi vengono approfondite in una più ampia pro-spettiva storico-teorica nella Ideologia tedesca (1845-46), re-datta con Engels, in cui alla astrattezza filosofica della sini-stra hegeliana e di Feuerbach, tacciati di voler cambiare larealtà con la semplice critica delle idee, si contrappone laconcezione materialistica della storia. La storia è vista co-me un processo materiale (e non spirituale come voleva He-gel), in cui “ciò che gli individui sono coincide immediata-mente con la loro produzione, tanto con ciò che produconoquanto col modo come producono” ovvero “ciò che gli in-dividui sono dipende dalle condizioni materiali della loroproduzione”. Il motore della trasformazione storica risiedeallora nello sviluppo delle forze produttive (struttura) e nelfatto che esse entrano in contraddizione con i rapporti so-ciali già costituiti, con l’assetto di potere e con le idee do-minanti (sovrastruttura). L’opera si chiude con la teoria del-la rivoluzione comunista, vista non come l’iniziativa di un

231

L’influsso di Feuerbach

I “Manoscrittieconomico-filosofici”

L’alienazione del lavoro operaio

La societàcomunista

La critica allasinistra hegeliana

La concezionematerialistica della storia

44 - Karl Marx

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232

44 - Karl Marx

AlienazioneÈ la riduzione a oggetto del la-voratore salariato nell’ambitodella società capitalistica. Se-condo i Manoscritti l’operaio èalienato rispetto: 1. al prodottodella sua attività; 2. alla sua stes-sa attività orientata a fini estra-nei; 3. alla sua essenza libera ecreativa; 4. al prossimo col qua-le entra in rapporti di conflitto.CapitalismoÈ la formazione economico-so-ciale contraddistinta dal rap-porto capitalista-salariato: laclasse detentrice dei capitalimantiene la proprietà privatadei mezzi di produzione e uti-lizza a proprio profitto la forza-lavoro dei salariati.Comunismo“Non è uno stato di cose chedebba essere instaurato, unideale al quale la realtà dovràconformarsi. Chiamiamo comu-nismo il movimento reale cheabolisce lo stato di cose presen-ti”, dimettendo il regime delconsumo e del possesso e su-perando così l’ambito della pro-prietà privata.Forze produttiveSono costituite dai lavoratoriche producono, il modo nelquale producono e i mezzi di cuisi servono. Nella società capita-listica i lavoratori sono i salaria-ti, il modo di produzione è in-dustriale e i mezzi di produzio-ne sono prevalentemente i nuo-vi macchinari resi disponibili al-l’interno delle fabbriche.PlusvaloreAll’interno del ciclo economicodel capitalismo, in cui la produ-zione è finalizzata essenzial-

mente all’accumulazione di de-naro, il valore delle merci pro-dotte dal lavoratore è superiorea quello che gli viene corrispo-sto in salario. Questa differenzadi cui si appropria il capitalistacome profitto costituisce il plu-svalore.ProletariatoÈ la classe dei lavoratori, tipicadel modo di produzione capita-listico; i proletari non posseg-gono i mezzi di produzione, masoltanto la propria forza-lavoro,che il capitalista compera pa-gandola con il salario. Rapporti di produzioneÈ l’insieme dei rapporti che co-stituiscono la struttura econo-mica della società e “corrispon-dono a un determinato grado disviluppo delle loro forze pro-duttive materiali”. I rapporti diproduzione determinano an-che le rappresentazioni che gliuomini, inseriti necessariamen-te in quei rapporti, si fanno del-la realtà.SovrastrutturaÈ costituita dai rapporti giuridi-ci e dalle dottrine politiche – maanche dalle dottrine filosofiche,etiche, religiose, estetiche –che si sviluppano in una strut-tura economica, di cui espri-mono i rapporti di produzionee le corrispondenti forme dellacoscienza sociale.StrutturaÈ costituita insieme dalle forzeproduttive e dai rapporti di pro-duzione da cui dipende la so-vrastruttura ideale. È il fattoredeterminate della trasforma-zione storica.

MARX: PAROLE CHIAVE

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gruppo di individui, ma come il necessario esito di un pre-ciso processo storico: l’esasperazione della sua condizionedi sfruttamento nella società capitalistica porterà il proleta-riato a organizzarsi politicamente e a opporsi in modo rivo-luzionario contro il sistema capitalistico per realizzare l’av-vento finale della società comunista.Nella Miseria della filosofia (1847), in polemica con il socia-lista riformista Proudhon, che fa dei rapporti reali di produ-zione le incarnazioni di “categorie immutabili”, si afferma lanecessità di una rigorosa scienza dell’economia e l’esigenzadi una trasformazione reale della società. Nel Manifesto delPartito Comunista (1848) si afferma che le posizioni teori-che dei comunisti non poggiano sopra idee o principi astrat-ti, ma sono espressioni di un movimento storico che già esi-ste, caratterizzato dalla lotta di classe fra borghesia e prole-tariato.

L’analisi economica del CapitaleLo sforzo teorico successivo di Marx trova la sua più altaespressione nel Capitale. Critica dell’economia politica (Ivol., 1867; postumi: II vol., 1885 e III vol., 1894). Esso si fo-calizza dapprima sull’analisi dell’economia politica classicaper realizzare una vera e propria “anatomia” del sistema ca-pitalistico. La forma capitalistico-borghese della produzionedella ricchezza è caratterizzata dal fatto che il mezzo per crear-la è diventato il “lavoro in generale”, cioè il lavoro che pre-scinde da ogni sua caratteristica particolare e si presta a es-sere impiegato come pura forza-lavoro da offrire e acqui-stare come merce. Marx concorda con gli economisti classi-ci (A. Smith, D. Ricardo) nel ritenere la società borghese co-me la più complessa organizzazione di produzione. Tuttaviaciò che non accetta degli economisti classici, e critica come“ideologia”, è l’attribuzione di una validità assoluta ed eter-na a questi caratteri della società capitalistico-borghese, laquale altro non è che il risultato di un processo storico, diper sé mai definitivo. Questa sottolineatura del carattere sto-rico del modo borghese di produzione apre la strada a un’e-conomia di tipo diverso e a una compiuta teoria della rivo-luzione proletaria. Infatti dalla trattazione “scientifica” dellamerce – del suo valore come derivante dallo scambio dei be-ni secondo le astratte quantità di lavoro in essi contenute, delplusvalore come porzione del valore prodotto eccedenteil salario corrisposto al lavoratore per riprodursi come for-za-lavoro e incamerata come profitto, dei prezzi – Marx giun-ge a formulare la previsione del crollo del capitalismo sot-

La rivoluzionecomunista

La “Miseria della filosofia”

Il “Manifesto delPartito Comunista”

L’”anatomia” delsistema capitalistico

Il lavoro come merce

La critica aglieconomisti classici

Merce, valore,plusvalore

233

44 - Karl Marx

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to la pressione della crisi economica (diminuzione del tas-so di profitto e sovrapproduzione) e della crisi sociale (po-vertà crescente e proletarizzazione generalizzata), grazie al-la presa di coscienza e all’attiva azione rivoluzionaria deglisfruttati.

Friedrich EngelsFriedrich Engels (Barmen 1820 - Londra 1895) dal 1844 iniziauna lunga solidarietà politica e di pensiero con Marx, che af-fianca nella stesura di opere come La sacra famiglia (1845),L’ideologia tedesca (1845-46) e il Manifesto del Partito Co-munista (1848). Dopo il fallimento della rivoluzione tedescadel 1848, riprende l’attività politica nel 1869 per indirizzare,adoperandosi con Marx, l’Internazionale socialista e il movi-mento della socialdemocrazia tedesca. Morto Marx, Engelsprovvede alla revisione e pubblicazione del Capitale, portan-do a termine la stesura del secondo e terzo volume (1885,1894), e si pone come termine di riferimento privilegiatodell’“ortodossia” marxista basata sulla concezione materialisti-ca della storia e sul “socialismo scientifico”. Egli concepisce leleggi della dialettica non come categorie del pensiero, ma co-me le leggi reali dell’evoluzione della natura (materialismodialettico). La sua è un’opera di sistemazione teorica a cui sirivolgono diversi esponenti della Seconda Internazionale so-cialista di fronte a un rinnovamento del capitalismo che, an-ziché “crollare” come era stato ottimisticamente profetizzato,veniva accrescendo le proprie capacità produttive. Notevoleimportanza riveste in questo periodo l’Anti-Dühring (1878),in cui difende la dialettica quale istanza di contraddizione in-dispensabile per l’“estinzione dello Stato” e l’avvento del “go-verno degli uomini”.

Il crollo del capitalismo

Il materialismodialettico

234

44 - Karl Marx

Marx intende smascherare l’errore logico di Hegel, che spiega la realtà partico-lare deducendola da un principio assoluto.

Da Feuerbach riprende il concetto di alienazione religiosa, interpretandola comeconseguenza di un’alienazione più ampia nella società e nello stato.

Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 l’individualismo capitalistico-bor-ghese e la proprietà privata sono la “conseguenza necessaria” dell’alienazionedel lavoro dell’operaio.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA CRITICA A HEGEL

L’INFLUSSO DI FEUERBACH

L’ALIENAZIONE DELL’OPERAIO

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44 - Karl Marx

Per realizzare la sintesi tra i fini individuali e quelli collettivi, negata nella so-cietà capitalistica, è necessario giungere all’instaurazione della società comu-nista.

Nella Ideologia tedesca viene esposta la concezione materialistica della storia,in cui “ciò che gli individui sono dipende dalle condizioni materiali della loroproduzione”.Il motore della trasformazione storica risiede nello sviluppo delle forze produttive(struttura) che entrano in contraddizione con i rapporti sociali già costituiti e conl’assetto di potere (sovrastruttura).

La rivoluzione comunista non è l’iniziativa di un gruppo di individui ma è il neces-sario esito di un preciso processo storico.

Nel Manifesto del Partito Comunista le posizioni teoriche dei comunisti sono pre-sentate come espressioni di un movimento storico esistente, caratterizzato dal-la lotta di classe fra borghesia e proletariato.

Nel Capitale Marx utilizza le categorie dell’economia politica classica per realiz-zare una vera e propria “anatomia” del sistema capitalistico, nel quale la ricchezzaè creata dal “lavoro in generale”, che si presta, in quanto tale, a essere impie-gato come pura forza-lavoro da offrire e acquistare come merce.

Ciò che Marx contesta agli economisti è l’”ideologia” che attribuisce una validitàassoluta ed eterna ai caratteri della società capitalistico-borghese, che al con-trario sono di natura storica e non definitiva.Questi caratteri storici aprono la strada a un’economia di tipo diverso e a unacompiuta teoria della rivoluzione proletaria.

Dalla trattazione “scientifica” della merce, del plusvalore e dei prezzi, Marx giun-ge a formulare la previsione del crollo del capitalismo sotto la pressione della cri-si economica e della crisi sociale.

Engels si fa il garante dell’ortodossia marxista nel movimento operaio. Il suo ma-terialismo dialettico considera la dialettica non come categoria del pensiero, macome legge reale dell’evoluzione della natura.

segue

L’AVVENTO DELLA SOCIETÀCOMUNISTA

LA CONCEZIONEMATERIALISTICADELLA STORIA

LA RIVOLUZIONE COMUNISTA

IL “MANIFESTODEL PARTITO COMUNISTA”

IL “CAPITALE”

LA CRITICA ALL’ECONOMIACLASSICA

IL CROLLO DEL CAPITALISMO

ENGELS E IL MATERIALISMODIALETTICO

1. Quale critica rivolge Marx al pensiero filosoficohegeliano? 230b

2. Che cos’è l’alienazione dell’operaio per Marx?231a

3. Che cos’è la concezione materialistica dellastoria? 231b

4. Perché Marx critica l’economia politica classi-ca? 233b

5. Che cos’è il plusvalore per Marx? 233b6. Che cosa intende Engels per materialismo dia-lettico? 234b

DOMANDE DI VERIFICA

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Arthur SchopenhauerIl tedesco Arthur Schopenhauer (Danzica 1788 - Francofortesul Meno 1860) insegna saltuariamente a Berlino negli anni trail 1820 e il 1831. La sua opera maggiore, Il mondo come vo-lontà e rappresentazione (1819), influenza in modo significa-tivo il pensiero di Nietzsche e di Freud ed è ritenuta una delleopere più importanti del romanticismo antidealistico.

� Il mondo come rappresentazionePartendo dalla distinzione di Kant tra fenomeno e noumeno,Schopenhauer assegna al fenomeno il significato di rappre-sentazione e al noumeno il significato di volontà. A differenzadi Kant, però, per Schopenhauer la rappresentazione non ècostruita con le forme a priori, ma le precede, ponendosi co-me fenomeno originario a partire dal quale si danno spazio,tempo e causalità. La rappresentazione è il rapporto tra sog-getto e oggetto, in cui l’oggetto esiste per il soggetto grazie al-l’azione che esso esercita nello spazio e nel tempo. Essa è re-golata dal principio di ragion sufficiente (v. Glossario a p. 237)in cui la causalità si manifesta nelle sue quattro radici che re-golano: il divenire, come causalità fisica nelle cose naturali; ilconoscere, come nesso logico tra premessa e conclusioni; l’es-sere, come concatenazione degli enti matematici; l’agire, co-me rapporto tra azione e motivazione. Questi modi del prin-cipio di ragione non appartengono solo al soggetto (come

La vita

La rappresentazione

Le radici della causalità

45 L’opposizione all’idealismo: Schopenhauer e Kierkegaard

La filosofia hegeliana, per la sua pretesa di spiegare e giustificarerazionalmente tutti gli aspetti del reale e dell’esistente, considerandoli comemomenti necessari dello sviluppo dello spirito, si pone come un sistemarazionalistico e ottimistico, che nella filosofia dell’800 suscita varie reazionipolemiche. In particolare due pensatori, Schopenhauer e Kierkegaard,criticano duramente la filosofia hegeliana, accusandola di eccessivaastrattezza e distacco dal mondo reale e concreto dell’individuo e dellanatura: Schopenhauer la respinge per affermare una visione irrazionalistica e pessimistica della realtà; Kierkegaard ne è il critico più risoluto in nomedell’irriducibilità della specificità della realtà umana alle leggi della ragione.

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vuole l’idealismo) e neppure solo all’oggetto (come vuole ilmaterialismo) ma alla rappresentazione quale rapporto trasoggetto e oggetto: nella rappresentazione la realtà non siesprime nella sua verità, ma nella sua apparenza, che la na-sconde come un velo.

� Il mondo come volontàSottesa all’apparenza fenomenica c’è la realtà noumenica,che per Schopenhauer è espressa dalla volontà, a cui si ac-cede attraverso il corpo. Il corpo, infatti, è la conoscenza aposteriori della volontà, che in esso si annuncia come “cie-ca pulsione” e irrazionale attaccamento alla vita. Unica è lavolontà che si manifesta in tutti gli esseri come una sorta di“volontà cosmica” possente e irrazionale, che alimenta ogniforma di vita, ma anche il conflitto e la sofferenza. Comeespressione della natura e delle specie che nella natura siesprimono, la volontà è in perenne conflitto con le esigenzedegli individui, e in questa lotta, in cui la soggettività della spe-cie contrasta la soggettività individuale, a esser sacrificato èsempre l’individuo, mero strumento ed espressione dellavolontà di vita della natura. Solo l’uomo comprende l’as-surdità e la tragicità di tutto ciò, vivendo in perenne oscil-lazione fra il dolore, prodotto da una tensione infinita ver-so un’impossibile liberazione da questa condizione, e lanoia,derivante da qualche appagamento effimero. Da qui derivauna concezione radicalmente pessimista sul senso e il de-stino dell’uomo, individualmente, socialmente e storicamen-te considerato.

� Le vie di liberazioneLe vie di liberazione dalla volontà di vita sono tutte quelle chesottraggono l’uomo all’illusione del principio di individua-zione (v. Glossario) che domina il mondo della rappresenta-zione. Una via è l’arte, in cui la coscienza, liberatasi da ognivolontà e da ogni interesse, si fa assoluta nel suo atto con-templativo. Un’altra via è la moralità, e specialmente la com-

237

La volontà

Il conflitto fraindividuo e volontà

La condizionedell’uomo

Il dolore e la noia

Il pessimismo

L’arte

Principio di individuazioneÈ ciò che determina l’individua-lità di un ente e lo rende distin-to da ogni altro ente, anche ap-partenente a una natura comu-ne.

Principio di ragion sufficientePrincipio logico fondamentale se-condo cui nulla può essere rico-nosciuto per vero se non sulla ba-se di una ragione sufficiente per-ché sia così e non diversamente.

GLOSSARIO

45 - L’opposizione all’idealismo: Schopenhauer e Kierkegaard

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passione universale, in cui gli interessi individuali vengonoannullati nella consapevolezza del comune patire. Una terzavia è l’ascesi, che si sottrae alla catena infinita del bisogno –soddisfazione e risorgenza del bisogno – e può così conge-darsi dalla volontà desiderante per esprimersi in quella no-luntas (nolontà) che è anzitutto rinuncia alla propria indivi-dualità e alle sue esigenze. In questo modo estetica ed etica li-berano dal dolore metafisico iscritto nella volontà di vita, sucui si basa l’affermazione della specie e che inganna gli indi-vidui, i quali, al di là di come si rappresentano il mondo, so-no meri strumenti della sua vitalità.

Søren KierkegaardSøren Aabye Kierkegaard (Copenaghen 1813-1855) vive com-pletamente dedito alla sua attività di scrittore, in crescente po-lemica con il “sistema” (l’hegelismo) e con la “cristianità sta-bilita” nella Chiesa luterana danese. La sua vita, per quantoscarna d’eventi, è quanto mai decisiva per la formazione delsuo pensiero. L’esperienza di non poter comprendere il se-greto di una misteriosa colpa in cui il padre si riconosceva equella di non sapersi spiegare con la fidanzata sulle ragioni del-la rottura del fidanzamento, si traducono nel grande tema del-la comunicazione umana e in quello della singolarità dell’e-sistente, mai riducibile in termini “oggettivi”, mai comunica-bile se non in forma indiretta, nel modo delle pure possibilitào delle mere ipotesi. Di qui anche l’abitudine di nascondere ipropri scritti filosofici (Enten-Eller, conosciuto anche comeAut Aut, 1843; La ripresa, 1843; Briciole di filosofia, 1844; Ti-more e tremore, 1844; Postilla conclusiva non scientifica,1846) nella maschera degli pseudonimi, intesi come offertadi scelte possibili o prospettive percorribili. Solo la parola cheviene da Dio, qual è poi la rivelazione del Cristo, può infattidarsi nella forma della comunicazione diretta: essa valeugualmente per ogni uomo.

� La verità soggettivaKierkegaard accoglie la concezione hegeliana della dialettica,ma ne contesta la portata universale: la dialettica non può es-sere predicata né di Dio, inteso aristotelicamente come eter-no e indivenibile; né della natura, che è pur sempre priva dicapacità riflessiva e non può costituire una sintesi dei propristati. Solo l’uomo, che può appunto ritornare riflessivamentesu di sé, è in grado di “riprendere” i propri stati e di portarli asintesi nella progressione dell’esistenza. Hegel dunque avreb-be edificato il proprio sistema rimuovendo il carattere antro-

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45 - L’opposizione all’idealismo: Schopenhauer e Kierkegaard

La compassione

L’ascesi

La nolontà

La vita

La singolaritàdell’esistente

La parola di Dio sola comunicazionediretta

La critica alladialettica hegeliana

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pologico dei propri dati: avrebbe tentato di raggiungere un pun-to di vista assoluto e infinito, astraendo da ogni connotazionefinita, ivi compresa la finitezza dell’uomo. Nella stessa direzio-ne può esser letta la polemica kierkegaardiana contro la teolo-gia filosofica. In termini generali la prova dell’esistenza di Dio,almeno nel modo della prova ontologica (v. Anselmo d’Aosta,a pp. 126-127), ha una sua indiscutibile validità e tuttavia nonpuò avere alcun peso se non sa delinearsi in relazione all’esi-stenza del singolo. Il compito affrontato da Kierkegaard è il pas-saggio dal campo della “verità oggettiva” a quello della “ve-rità soggettiva”, dove per soggettivo si intende non un attri-buto relativistico, bensì l’indicazione di un’appropriazione del-la verità in termini esistenziali, la “verità per me” o il “come”della verità. Kierkegaard definisce la ricerca religiosa come una“passione del pensiero”: passione perché l’uomo è intima-mente attraversato dal riferimento a un assoluto, da cui è an-che continuamente tormentato perché mai riesce a coglierloin se stesso. Inoltre nella prospettiva della religiosità cristianal’assoluto diventa “contraddizione”: l’eterno, infatti, contro lasua natura, si fa del tutto identico con una determinata figurastorica, quella dell’uomo di Nazareth, Gesù.

� Il salto della fedeNelle forme che sono date alla singolarità del suo esistere, l’uo-mo è sempre nella situazione che esige una scelta. La categoriadella scelta presiede ai diversi stadi dell’esistenza, che Kierke-gaard indica nella sequenza:estetica, etica, religione. Nella scel-ta dell’esteta, siamo nella contraddizione di chi sceglie di nonscegliere, di chi vive restando nella pura possibilità, così comeesemplarmente si comporta il don Giovanni di Mozart. Nellostadio più propriamente eticoquesta contraddizione viene vin-ta nella scelta che si lega alla pratica di valori universali: se donGiovanni si convertisse, opererebbe la scelta della fedeltà e delmatrimonio. Ma è nello stadio religioso che si raggiunge il ver-tice del proprio nesso con l’universale: l’universale per ec-cellenza, l’infinito, si manifesta con la sua paradossalità sino aesigere la stessa sospensione della più consueta ragione: è il ca-so drammatico di Abramo, che si appresta a sacrificare il figlioIsacco solo per obbedire a Dio. La scelta deve in definitiva vin-cere la paradossalità del nesso finito-infinitodando fede al “ri-cordo dell’eterno” e saltando al di là dei limiti denunciati dallariflessione: salto della fede appunto, o abbandono nel misteroche ci costituisce. Dove poi il paradosso religioso si fa più alto,nell’orizzonte della rivelazione cristiana, il salto sembra darsi per-sino contro ragione.

La polemica controla teologia filosofica

La “veritàsoggettiva”

La “contraddizione”cristiana

La categoriadella scelta

Lo stadio estetico

Lo stadio etico

Lo stadio religioso

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45 - L’opposizione all’idealismo: Schopenhauer e Kierkegaard

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45 - L’opposizione all’idealismo: Schopenhauer e Kierkegaard

Schopenhauer riprende la distinzione di derivazione kantiana fra fenomeno (perSchopenhauer la rappresentazione) e noumeno (la volontà).

La rappresentazione è il rapporto tra soggetto e oggetto ed è regolata dal princi-pio di ragion sufficiente: in essa la realtà non si esprime nella sua verità, ma so-lo nella sua apparenza.

La realtà noumenica è espressa dalla volontà a cui l’uomo accede attraverso lacorporeità.La volontà, che si manifesta in tutti gli esseri, è unica, irrazionale, alimenta ogni for-ma di vita, di conflitto e di sofferenza ed è in perenne conflitto con le esigenze de-gli individui.

Solo l’uomo comprende l’assurdità e la tragicità della sua condizione e vive in pe-renne oscillazione fra il dolore e la noia.

Le vie di liberazione (l’arte, la compassione, l’ascesi) sottraggono l’uomo all’illusio-ne del principio di individuazione del mondo della rappresentazione.

Alcuni episodi della vita di Kierkegaard (come il rapporto con il padre e la fidanza-ta) sono decisivi per la formazione del suo pensiero, caratterizzato dal tema dellacomunicazione umana e della singolarità dell’esistente.

Accoglie la concezione hegeliana della dialettica, ma ne contesta la portata uni-versale: solo l’uomo è in grado di portare a sintesi i propri stati nella progressionedell’esistenza.

Anche la prova dell’esistenza di Dio ha una sua indiscutibile validità, ma non puòavere alcun peso se non si relaziona all’esistenza del singolo.Kierkegaard vuole passare dalla “verità oggettiva” alla “verità soggettiva”, cioè al-l’indicazione di una appropriazione esistenziale della verità.

La ricerca religiosa è una “passione del pensiero”, perché l’assoluto a cui l’uomotende intimamente non è mai colto in se stesso e nella prospettiva cristiana divie-ne contraddizione.

L’uomo nei tre stadi (estetico, etico, religioso) dell’esistenza, è sempre in una si-tuazione che esige una scelta.La scelta dell’esteta è la contraddizione di chi sceglie di non scegliere, di chi viverestando nella pura possibilità.Nello stadio etico questa contraddizione viene vinta nella decisione che si lega al-la pratica di valori universali.Nello stadio religioso la scelta deve vincere la paradossalità del nesso finito-infini-to, dando fede al “ricordo dell’eterno” e saltando al di là dei limiti denunciati dallariflessione: è il salto della fede.

SCHEMA RIASSUNTIVOSCHOPENHAUER

La rappresentazione

La volontà

La condizione dell’uomo

Le vie di liberazione

KIERKEGAARD

La critica alla dialetticahegeliana

La polemica contro la teologia razionale

La ricerca religiosa come“passione del pensiero”

I tre stadi dell’esistenza

1. Che cos’è la rappresentazione per Scho-penhauer? 236b

2. Quali forme di liberazione dalla volontà individuaSchopenhauer? 237b-238a

3. Che cosa intende Kierkegaard con l’espressio-ne “verità soggettiva”? 239a

4. Quali sono e che cosa significano gli stadi del-l’esistenza per Kierkegaard? 239b

DOMANDE DI VERIFICA

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Pasquale GalluppiPasquale Galluppi (Tropea 1770 - Napoli 1846) con le sue Let-tere filosofiche sulle vicende della filosofia da Cartesio a Kant(1827) contribuisce a far conoscere in Italia la filosofia mo-derna, di cui riprende la centralità del problema della cono-scenza. In polemica con lo scetticismo e con il sensismo (v.Glossario a p. 243) di Condillac, a suo parere caratteristico del-la filosofia moderna, cerca di formulare una “filosofia dell’e-sperienza”, intesa come fondamento dell’oggettività del sa-pere. L’esperienza interna (la coscienza) attesta alcune “veritàprimitive”, cioè immediatamente evidenti: l’esistenza dell’ioe della realtà esterna, che è l’oggetto immediato delle sen-sazioni. Facendo leva sulle idee oggettive di sostanza e di cau-sa, le quali sono il frutto dell’analisi e della sintesi che l’intel-letto compie nei confronti dei dati sensibili, Galluppi intendedimostrare poi l’esistenza di Dio. Su queste basi, nella sua ri-flessione etica congiunge l’asserto di stampo kantiano, circal’originarietà e l’immediata evidenza di una legge moraleuni-versalmente valida, con la tesi che tale legge è posta nella na-tura umana da Dio.

Antonio RosminiIl sacerdote trentino Antonio Rosmini (Rovereto 1797 - Stre-sa 1855) si dedica alla filosofia con opere come il Nuovo sag-gio sull’origine delle idee (1830), i Principi della scienza mo-rale (1831), la Filosofia della politica (1839), la Teosofia(1859-74, postuma). Impegnato diplomaticamente nel tenta-tivo di conciliare le aspirazioni risorgimentali del Piemontecon le posizioni del papato, traccia le linee di un vasto pro-

La “filosofiadell’esperienza”

Le “verità primitive”

L’etica

La vita e le opere

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46 La filosofia spiritualistica italiana dell’800

Il panorama filosofico italiano, notevolmente impoveritosi nei secoli della dominazione straniera (’600 e ’700), vede nel ’700 sotto l’influenzafrancese il prevalere dell’indirizzo sensista. Nella prima metà dell’800 contro questo indirizzo si schiera l’orientamento spiritualista di pensatori come Galluppi, Rosmini e Gioberti, che rivendicano l’esistenza di una realtàoggettiva, distinta e irriducibile al pensiero, e il principio dell’individualitàdell’anima spirituale quale presupposto della ricerca filosofica.

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getto di riforma religiosa e politica nelle Cinque piaghe dellaChiesa (1848) e nella Costituzione secondo la giustizia so-ciale (1848), messe all’Indice nel 1849.

� Idea dell’essere e forme dell’essereAnche Rosmini accoglie dalla modernità la centralità del pro-blema della conoscenza. Si pone il problema dell’esistenza diidee universali, senza le quali non sarebbe possibile nessunsapere, ritenendo che esse non possano derivare dalla solaesperienza (come vogliono empiristi e sensisti), che in quan-to tale non contiene nulla di universale. Rosmini ammette unasola idea innata, l’idea dell’essere, intesa non come una sem-plice struttura della nostra mente, ma come dotata di un suocontenuto oggettivo. L’idea dell’essere ci è nota per intuizio-ne, è presupposto di qualsiasi conoscenza e condizione diogni verità e proviene da Dio. Dalla sola idea dell’essere de-rivano le idee pure (unità, numero, possibilità, necessità, im-mutabilità, assolutezza) e i principi primi del conoscere (dicognizione, secondo cui l’oggetto del pensiero è l’essere; dinon contraddizione; di sostanza; di causa). Tutte le altre ideesono frutto della “percezione intellettiva”, cioè dell’atto concui, coniugando l’idea dell’essere con i dati sensibili, giudi-chiamo esistente il sentito. Le sensazioni implicano l’imme-diata coscienza della nostra corporeità, di cui non sono altroche le modificazioni. L’idea dell’essere non è una realtà puramente psicologica e sidistingue in tre forme: 1. l’essere ideale, che è l’essere in quan-to oggetto dell’intuizione della mente, indeterminato e pura-mente possibile; 2. l’essere reale, che è l’essere che si attuaconcretamente nella molteplicità degli enti e di cui abbiamoesperienza; 3. l’essere morale, che è l’essere in quanto ogget-to della volontà, cioè il bene. Ma perché l’essere ideale possaesistere secondo l’infinita virtualità che gli è propria, tra le suemolteplici attuazioni dovrà esserci un essere reale infinito,un’intelligenza infinita, il quale non può essere che Dio.

� Persona, moralità, politicaL’uomo è definito come un essere composito, nel quale con-fluiscono molteplici elementi ordinati e unificati da quel “prin-cipio supremo” (in forza del quale l’uomo può dirsi propria-mente persona) che è la sua volontà intelligente. L’etica ro-sminiana si riassume nella formula “ama l’essere, ovunque loconosci, in quell’ordine che presenta alla tua intelligenza” esi completa nella morale teologica, che consente, con il dog-ma del peccato originale, di spiegare come l’uomo possa vol-gersi al male, dopo averlo chiaramente riconosciuto per tale.

L’esistenza delle idee universali

L’idea dell’essere

Le idee pure e i principi primi del conoscere

L’essere ideale

L’essere reale

L’essere morale

L’esistenza di Dio

L’uomo e la volontàintelligente

La morale

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46 - La filosofia spiritualistica italiana dell’800

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Nella difesa e nella promozione della persona e dei suoi di-ritti risiede il compito fondamentale della comunità politica.La persona, infatti, in quanto costitutivamente relazionata al-la verità, possiede una dignità per cui mai può essere consi-derata un mezzo ma sempre fine a se stessa. La libertà è il di-ritto primario da cui discendono tutti gli altri e la proprietàne costituisce una sorta di concreto prolungamento. In cam-po politico sostiene il costituzionalismo e il programma fe-deralistico di Gioberti e auspica anche una riforma radicaledella Chiesa, proponendo la separazione del potere tempo-rale da quello spirituale e la valorizzazione della sua vocazio-ne morale e spirituale.

Vincenzo GiobertiIl sacerdote e uomo di Stato piemontese Vincenzo Gioberti (To-rino 1801 - Parigi 1852) nella sua opera politica più famosa, IlPrimato morale e civile degli Italiani (1843), prospetta la crea-zione di una confederazione di Stati sotto la guida del Papa co-me soluzione politica al problema italiano. Nel Rinnovamentod’Italia (1851) si avvicina a posizioni più laiche e liberali: attri-buisce infatti il ruolo di guida verso l’indipendenza e l’unifica-zione non più al Papa ma al Piemonte, Stato moderno più avan-zato e organizzato dello Stato della Chiesa.Negli scritti filosofici Teorica del sovrannaturale (1838), In-troduzione allo studio della filosofia (1840), Degli errori fi-losofici di A. Rosmini (1841-43), elabora un rigoroso ontolo-gismo (v. Glossario) nella prospettiva di fondare una filosofiaoggettiva, aliena dal soggettivismo e dallo psicologismo di cuiè inficiata tutta la filosofia moderna. Per Gioberti i fondamen-

La comunità politica

Costituzionalismo,federalismo,riforma della Chiesa

Il federalismo

Il liberalismo

L’ontologismo

243

46 - La filosofia spiritualistica italiana dell’800

OntologismoDottrina che sostiene l’intuizioneimmediata e diretta dell’essere odi Dio.SensismoDottrina filosofica che riducetutti i contenuti e gli atti del co-noscere alla sensazione, o piùpropriamente a trasformazionidel sentire. Il maggior rappre-sentante del sensismo è il fran-cese E.B. de Condillac (1715-1780), che riprende il pensiero

di Locke (questi fa nascere dal-l’esperienza tutti i contenuti delconoscere senza però fornire al-cuna spiegazione della genesidelle operazioni dell’intelletto),prefiggendosi il compito di farnascere dalla stessa sensazioneopportunamente “trasformata”anche tutte le altre “facoltà” checaratterizzano l’azione del sog-getto (memoria, attenzione,giudizio, valutazione, deside-rio, volontà).

GLOSSARIO

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ti della filosofia vanno infatti cercati in una originaria intuizio-ne di Dio, l’“Ente reale” che “crea l’esistente”: formula meta-fisica che ha il suo contrappunto etico nell’altra formula “l’e-sistente ritorna all’Ente”.

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46 - La filosofia spiritualistica italiana dell’800

Galluppi formula una filosofia dell’esperienza, intesa come fondamento dell’og-gettività del sapere. L’esperienza interna (la coscienza) attesta alcune verità im-mediatamente evidenti: l’esistenza dell’io e della realtà esterna. Dimostra, poi,l’esistenza di Dio sulla base delle idee oggettive di sostanza e di causa.Inoltre ritiene che la legge morale, intesa kantianamente come immediatamen-te evidente e universalmente valida, sia stata posta nella natura umana diretta-mente da Dio.

Rosmini ammette una sola idea innata, l’idea dell’essere: dotata di un suo con-tenuto oggettivo, ci è nota per intuizione ed è il presupposto di qualsiasi cono-scenza e verità. Dalla sola idea dell’essere, proveniente direttamente da Dio, de-rivano le idee pure e i principi primi del conoscere: tutte le altre idee sono fruttodella “percezione intellettiva”.Rosmini distingue tre forme dell’essere (ideale, reale, morale), che presuppon-gono l’esistenza di un essere reale infinito, il quale non può essere che Dio.L’uomo è un essere composito, ordinato e unificato dalla sua volontà intelligente.L’etica rosminiana si riassume nella formula “ama l’essere, ovunque lo conosci,in quell’ordine che presenta alla tua intelligenza” e si completa nella morale teo-logica del peccato originale.Il compito fondamentale della comunità politica risiede nella difesa e nella pro-mozione della persona, costitutivamente relazionata alla verità, e dei suoi diritti.In campo politico sostiene il costituzionalismo e il programma federalistico di Gio-berti, auspicando anche una riforma radicale della Chiesa.

Nel Primato morale e civile degli Italiani (1843) Gioberti prospetta la creazione diuna confederazione di Stati sotto la guida del Papa come soluzione politica al pro-blema italiano.Nel Rinnovamento d’Italia si avvicina a posizioni più laiche e liberali, attribuendoil ruolo di guida verso l’indipendenza e l’unificazione italiana non più al Papa maal Piemonte.Negli scritti filosofici elabora un rigoroso ontologismo nella prospettiva di fonda-re una filosofia oggettiva: i fondamenti della filosofia vanno cercati in una origi-naria intuizione di Dio.

SCHEMA RIASSUNTIVOGALLUPPI E LA FILOSOFIADELL’ESPERIENZA

L’etica

ROSMINI E L’IDEADELL’ESSERE

Le tre forme dell’essere

L’uomoLa morale

La comunità politica

Le posizioni politiche

GIOBERTI E IL FEDERALISMO

Il liberalismo

L’ontologismo

1. Che cosa intende per filosofia dell’esperienzaGalluppi? 241b

2. Qual è per Rosmini l’unica idea innata? Da dovederiva? 242a

3. In che cosa si riassume la morale filosofica perRosmini? 242b

4. Qual è il fondamento della filosofia per Gioberti?243b-244a

5. Qual è il progetto politico giobertiano? 243b

DOMANDE DI VERIFICA

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Caratteristiche generali del positivismoIl positivismo si basa sull’esigenza di attenersi ai fatti e sul-l’esaltazione della scienza, l’unico sapere in grado di com-prenderli, misurarli e controllarli. Secondo il positivismola realtà sottostà a leggi precise, che le danno omogeneitàe regolarità e vengono studiate dalle singole disciplinescientifiche. La scienza è ritenuta l’unico metodo di co-noscenza valido. Le conoscenze che ricorrono a spiega-zioni non controllabili dalla scienza, come la metafisica, so-no considerate prive di valore e sottoposte a critica. Lascienza impiega un metodo descrittivo, che pone al cen-tro la descrizione dei fatti e l’individuazione delle leggi chespiegano le relazioni costanti tra i fatti stessi. Il metododella scienza deve essere esteso a tutti gli ambiti del sa-pere. È tipico del positivismo sia un atteggiamento laiconei confronti della realtà, che può essere spiegata senzail bisogno di ricorrere a Dio o a principi metafisici, siauna grande fiducia nel progresso del sapere scientifico, ri-tenuto in grado di riformare la società e migliorare in ge-nerale la vita dell’umanità.

Auguste ComteIl francese Auguste Comte (Montpellier 1798 - Parigi 1857)è considerato il fondatore del positivismo. Si forma all’E-

L’esaltazione della scienza

L’atteggiamentolaico nei confrontidella realtà

La fiducia nel progresso

245

47 Il positivismoIl positivismo è quel movimento filosofico, scientifico e culturale del sec. XIXche privilegia lo studio della realtà concreta, sperimentabile, in tal senso“positiva”, dichiarando priva di valore ogni conoscenza astratta e metafisica. Si sviluppa parallelamente all’affermazione della prima rivoluzione industriale, di cui appoggia la convinzione ottimistica in un progresso sociale frutto dellariorganizzazione tecnica e industriale della società. Il positivismo si diffondeparticolarmente in Francia (Comte), Inghilterra (J.S. Mill, Spencer), Germania(Haeckel) e Italia (Ardigò). A seconda degli interessi principali, si possonodistinguere un positivismo sociale (Comte), che pone la scienza a base di un nuovo ordine sociale; un positivismo evoluzionistico, influenzato dalle teorie di Darwin, che assume come scienza-base la biologia ed estendela nozione di progresso e di evoluzione a tutto l’universo; un positivismologico (Mill), che tenta di elaborare una nuova logica sulla base dell’induzione.

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cole Polytecnique di Parigi, nella quale riceve una solida pre-parazione scientifica, secondo una prospettiva decisamen-te avversa allo spiritualismo francese (v. cap. 49). Divienefamoso in Francia con la Politica positiva (1824) e poi intutta Europa con la pubblicazione, nel 1830, del primo deisei volumi della sua opera principale, il Corso di filosofia po-sitiva, a cui lavora fino al 1842. Il nucleo della sua conce-zione della storia è la “legge dei tre stadi”. L’umanità dallo“stadio teologico”, nel quale ricorre al mito e al sopranna-turale per spiegare i fenomeni, passa allo “stadio metafisi-co”, che ricerca la causa dei fenomeni in entità astratte, perculminare infine nello “stadio positivo”, in cui la scienza ri-cerca i rapporti costanti, ossia le leggi che connettono i fe-nomeni dell’esperienza. In questo stadio, alla filosofia spet-ta la classificazione delle scienze, di cui le principali sonosei: matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia e so-ciologia. Nel Discorso sullo spirito positivo (1844) Comtepropone di limitarsi alla ricerca del “positivo”, ossia alleaffermazioni controllabili sulla base dei “fatti”, metten-dosi in una diversa prospettiva rispetto alla religione e allafilosofia. Né Dio né le cause filosofiche sono sperimentabi-li; per spiegare i fatti, bisogna andare invece alla ricerca diqualcosa di verificabile, e queste sono le leggi, che col-gono le relazioni costanti e i comportamenti dei feno-meni, comprensibili esclusivamente con strumenti scien-tifici. Il sapere scientifico non è però fine a se stesso, ma èfunzionale a rispondere ai bisogni dell’umanità. La socio-logia, o fisica sociale, elaborata nel Sistema di politica po-sitiva (1852-54), si articola in statica, studio delle condi-zioni dell’ordine sociale, e in dinamica, volta a delineare ilprogresso della società attraverso i suoi tre stadi. Mentrenello stadio teologico il dominio è esercitato dai militari enel secondo stadio, metafisico, dai giuristi, nel terzo stadio,quello positivo, il potere deve passare agli scienziati. Pergiungere al terzo stadio Comte ritiene necessario fondareuna nuova religione positiva, incentrata con toni misticisul valore dell’umanità, il “Grande Essere”.

John Stuart MillFiglio del filosofo inglese James, John Stuart Mill (Londra1806 - Avignone 1873) studia in Francia e in Inghilterra, as-similando il pensiero del padre e di J. Bentham. Nel Sistemadi logica (1843) indaga la validità delle proposizioni scienti-fiche e individua due tipi di ragionamento: il ragionamen-to induttivo, che va dal particolare all’universale, e il ra-

La “legge dei tre stadi”:teologico,metafisico, positivo

La ricerca del “positivo”

La sociologia

Una nuova religionepositiva

246

47 - Il positivismo

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gionamento deduttivo, che passa dal generale al partico-lare. Mill ritiene il metodo deduttivo utile per organizza-re conoscenze già acquisite sulla base dell’esperienza,ma non per ricavare nuove conoscenze. La scienza deve es-sere modellata sull’esperienza e la forma tipica delle con-clusioni scientifiche dev’essere quella induttiva. L’induzio-ne viene concepita come la generalizzazione delle molte-plici esperienze fatte. Che sia possibile la generalizzazionedell’esperienza è garantito a sua volta dalla fiducia nell’u-niformità e nella regolarità della natura.

� Il pensiero etico e politicoMill cerca anche di fondare le scienze morali su basi scien-tifiche, persuaso che ciò sia possibile solo concependo l’uo-mo come essere naturale, di cui si può studiare l’uniformitàe la regolarità dei comportamenti. Sul piano della teoriaeconomica, sostiene che mentre le leggi della produzio-ne non si possono modificare, si possono però cambiarele leggi della distribuzione delle ricchezze, in modo dagarantire condizioni di vita più eque ai cittadini. In politicanel saggio Sulla libertà (1859) rifiuta il socialismo e sostie-ne la difesa dei diritti individuali, che si esplica in tre di-rezioni fondamentali: la libertà di coscienza, pensiero e pa-rola; la libertà dei gusti e dei desideri; la libertà di associa-zione.

Herbert SpencerL’inglese Herbert Spencer (Derby 1820 - Brighton 1903) èconsiderato uno dei principali esponenti del positivismoevoluzionista. Non ha una formazione universitaria, ma sot-to la guida del padre e per suo conto studia matematica escienze naturali pur lavorando come tecnico delle ferroviefino al 1846. Poi si dedica all’attività filosofica e scrive, tral’altro: Primi principi (1860-62); Principi di biologia(1864-67); Principi di psicologia (1870-72); Principi di so-ciologia (1876-96); Principi di etica (1879-93).

� Evoluzionismo filosoficoPur ispirandosi alla dottrina di Darwin, Spencer non fon-da il suo pensiero su puntuali ricerche di scienze naturali,ma delinea piuttosto una visione generale della realtà cheapplica le concezioni scientifiche evoluzionistiche ai di-versi settori dell’indagine filosofica. La legge generale del-l’universo determina il passaggio da uno stadio diffuso e im-percettibile a uno stadio concentrato e percettibile, attra-

Il metodo deduttivo

L’induzione

La morale

L’economia

La politica

L’influsso di Darwin

247

47 - Il positivismo

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verso un’integrazione di materia e una concomitante di-spersione di movimento: si realizza così un passaggio dal-l’omogeneo all’eterogeneo. Questo processo si verifica an-che nelle società umane che si evolvono differenziando icompiti dei loro membri e organizzandosi in forme semprepiù complesse, anche di produzione. L’eterogeneo, a cui l’e-voluzione tende, è anche il più definito, il più esatto e il piùperfetto: ciò vuol dire che tutto spontaneamente procedeverso il meglio.

� Scienza e religioneTutte le religioni ritengono che il mondo sia un mistero bi-sognoso di spiegazione; la scienza, d’altro lato, lascia moltiproblemi insoluti e insolubili e sa fondatamente che nullapuò essere conosciuto nella sua intima essenza. Compitodella conoscenza e della spiegazione è solo quello di classi-ficare il nuovo entro una serie di fenomeni già noti, facen-do salva la coerenza dell’insieme. La nostra conoscenza èsempre relativa, perché arriva a limiti non ulteriormentespiegabili. Al di là di quanto è comprensibile, e che ap-partiene al campo della scienza e della filosofia, c’è l’Inco-noscibile, al quale si riferisce la religione. La filosofia devepurificare la religione dalle sue forme più grossolane diespressione e inoltre deve offrire una conoscenza più ge-nerale di quella scientifica, perché tende a fondere le va-rie conoscenze scientifiche. L’esperienza è un sapere nonunificato; la scienza è un sapere parzialmente unificato, men-tre la filosofia è sapere completamente unificato. Il criteriodi verità è la salvaguardia della coerenza tra i vari elemen-ti. Si deve perciò presupporre come fondamentale l’atte-stazione della coscienza, che coglie la coerenza delle affer-mazioni: pensare non significa, infatti, avere solo dei fatti dicoscienza, ma vuol dire metterli in relazione tra loro. Ogniverità è frutto del processo di adattamento tra le relazio-ni interne all’individuo cosciente (l’insieme delle sue co-noscenze, persuasioni, convinzioni) e quelle tipiche del-l’ambiente circostante.

Roberto ArdigòIl sacerdote Roberto Ardigò (Casteldidone, Cremona, 1828 -Mantova 1920) nel 1871 rinuncia al sacerdozio per aderirealla filosofia naturalistica e positivistica, di cui diviene il rap-presentante più significativo in Italia. Riprende l’evoluzioni-smo di Spencer, ma se ne distingue perché nega la possi-bilità di un incondizionato inconoscibile, che egli ridu-

Il passaggiodall’omogeneoall’eterogeneo

L’Inconoscibile:filosofia e religione

Il criterio di verità

L’evoluzionismo

248

47 - Il positivismo

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ce a una forma di conoscenza ancora indistinta. Nella Psi-cologia come scienza positiva (1870) insiste sul valore ori-ginale del fatto reale, sottratto al determinismo con la dot-trina del “caso”, per cui gli avvenimenti naturali e le azio-ni umane risultano imprevedibili e indeterminati. La mo-rale dei positivisti (1885), in polemica con lo spiritualismoe il razionalismo, propone l’ideale sociale come miglioregaranzia della morale. La scienza dell’educazione (1893)intende l’opera educativa come principio dello sviluppodell’individuo.

La morale

La pedagogia

249

47 - Il positivismo

Charles Robert Darwin (Shrewsbury, 1809 - Downe, 1882) rivolu-ziona la biologia con la sua teoria dell’evoluzione delle specie perselezione naturale. Nella prima metà dell’800 l’ipotesi evoluzioni-stica era già sostenuta da altri studiosi, ma Darwin riesce a dimo-strare come in base a essa sia possibile coordinare e spiegare un’e-norme mole di dati e di osservazioni. Il meccanismo evolutivo re-sponsabile della modificazione delle specie è la selezione natura-le, cioè la selezione degli individui più adatti alla sopravvivenza ope-rata dalla dura lotta per l’esistenza che caratterizza tutta la natura.Gli individui di una specie presentano piccole variazioni casuali:quelli che più si adattano alle condizioni ambientali sopravvivonopiù facilmente, e le generazioni successive cumulano tali caratteriin modo sempre più rilevante, sino a perfezionare il loro adatta-mento all’ambiente. Questa visione del mondo della vita si scontracon quella religiosa tradizionale secondo cui le specie viventi sonostate create da un Dio benevolente all’inizio del mondo secondo unpiano di perfezione e quindi non possono essere il risultato di unprocesso naturale di adattamento tramite il sacrificio di milioni di in-dividui poco fortunati. Anche l’uomo (ma su questo punto Darwinè molto prudente) va visto, piuttosto che come il signore del crea-to, quale discendente di specie animali meno evolute. Nell’evoluzionismo filosofico le teorie filosofiche riprendono il con-cetto di evoluzione, inteso genericamente come sviluppo gradualee continuo da una forma inferiore di realtà a un’altra superiore,per spiegare la realtà intera. Esso presuppone una visione metafisi-ca in cui l’evoluzione assume il senso di un progresso universale enecessario. L’idea di evoluzione viene applicata per la prima voltada Spencer a un’interpretazione globale della realtà. In Germania ilbiologo E. Haeckel (1834-1919), coniugando il positivismo con lateoria di Darwin, dà vita alla corrente dell’evoluzionismo materiali-stico, caratterizzata da una visione meccanicistica e casuale dell’in-tero processo evolutivo; formula la legge biogenetica fondamen-tale, nota con il suo nome, secondo cui l’ontogenesi (o sviluppodell’individuo) è una ricapitolazione della filogenesi (o sviluppo del-la specie). Parallelamente si sviluppa anche un’interpretazione spi-ritualistica dell’evoluzione, come in Bergson (v. a pp. 258-259), cheintroduce nell’evoluzione un senso finalistico e riconosce esplicita-mente che essa è mossa da una realtà o forza spirituale.

DALL’EVOLUZIONISMOBIOLOGICO

ALL’EVOLUZIONISMOFILOSOFICO

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47 - Il positivismo

Il positivismo si basa sull’esigenza di attenersi ai fatti e sull’esaltazione della scien-za, l’unico sapere in grado di comprenderli, misurarli e controllarli.Secondo il positivismo la realtà sottostà a leggi precise, che le danno omogeneitàe regolarità e vengono studiate dalle singole discipline scientifiche.Le conoscenze che ricorrono a spiegazioni non controllabili dalla scienza, come lametafisica e la religione, sono considerate prive di valore e sottoposte a critica.Il positivismo ha un atteggiamento laico nei confronti della realtà e una grande fi-ducia nel progresso del sapere scientifico.

Comte applica alla storia la legge dei tre stadi (teologico, metafisico, positivo) eclassifica le scienze in: matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia e socio-logia (o fisica sociale, articolata in statica e dinamica).Nei suoi scritti finali Comte ritiene necessario fondare una nuova religione positi-va, incentrata sul valore dell’umanità.

J.S. Mill individua, nell’ambito della scienza, due tipi di ragionamento, quello in-duttivo e quello deduttivo, e concepisce l’induzione come la generalizzazione diesperienze.Cerca anche di fondare su basi scientifiche le scienze morali, concependo l’uomocome essere naturale.Sul piano dell’economia sostiene l’immodificabilità delle leggi della produzione e lamodificabilità delle leggi della distribuzione delle ricchezze.In politica sostiene la difesa dei diritti individuali e la libertà degli individui.

Spencer, ispirandosi alla dottrina della evoluzione delle specie di Darwin, applica leconcezioni scientifiche evoluzionistiche ai diversi settori dell’indagine filosofica.La legge generale dell’universo, che si verifica anche nelle società e nelle attivitàumane, determina il passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo, che è il più definito,il più esatto e il più perfetto.Compito della conoscenza e della spiegazione è solo quello di classificare il nuovoentro una serie di fenomeni già noti.La nostra conoscenza è sempre relativa, perché arriva a limiti non ulteriormentespiegabili, e al di là di quanto è comprensibile c’è l’Inconoscibile, al quale si riferi-sce la religione.Il criterio di verità è la salvaguardia della coerenza tra i vari elementi e pensare si-gnifica mettere in relazione tra loro i fatti della coscienza.

Ardigò riprende il pensiero di Spencer, ma se ne distingue perché nega la possi-bilità di un incondizionato inconoscibile. Insiste sul valore originale del fatto rea-le e propone l’ideale sociale come migliore garanzia della morale.

SCHEMA RIASSUNTIVOIL POSITIVISMOE L’ESALTAZIONEDELLA SCIENZA

L’atteggiamento laico nei confronti della realtà

COMTE

Una nuova religionepositiva

J.S. MILL

La morale

L’economia

La politica

SPENCER E L’EVOLUZIONISMO

Il passaggiodall’omogeneoall’eterogeneoIl compito della conoscenza

Il criterio di verità

ARDIGÒ

1. Come concepisce la scienza il positivismo?245b

2. Che cos’è la “legge dei tre stadi” di Comte?246a

3. Che cos’è l’induzione per Mill? 247a

4. In che cosa consiste l’evoluzione per Spencer?247b-248a

5. Quali analogie e differenze esistono fra il pen-siero di Spencer e quello di Ardigò? 248-249b

DOMANDE DI VERIFICA

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La vitaFiglio di un pastore protestante, Friedrich Wilhelm Nietz-sche (Roecken, Luetzen, 1844 - Weimar 1900) studia all’u-niversità di Bonn e di Lipsia. Giovanissimo, vince la catte-dra di filologia classica all’università di Basilea. La nuovadestinazione gli permette di frequentare Richard e Cosi-ma Wagner con un rapporto di intenso scambio cultura-le e affettivo nei loro confronti, rotto più tardi quandoNietzsche percepisce in Wagner le componenti decaden-ti e antisemite. Nel 1879 per problemi di salute è costret-to a lasciare l’insegnamento e trascorre circa un decennioin varie peregrinazioni culturali in diversi paesi europei,dedicandosi a un’intensa attività di studio e di scrittura,mentre la sua malattia si aggrava fino a culminare nella paz-zia.

La critica della cultura e della storiaCon La nascita della tragedia dallo spirito della musica(1872) Nietzsche critica sostanzialmente il carattere uni-laterale e riduttivo della cultura tedesca del suo tempo, incui predomina l’uomo teoretico. Questi corrisponde almondo della scienza e della divisione tecnica dei com-piti; esso è caratterizzato dalla fiducia nella possibilità dicorreggere il mondo per mezzo del sapere, in una vita gui-data dalla sola scienza. Il prototipo e il capostipite di ta-

La “Nascita della tragedia”

L’uomo teoreticodella cultura tedesca

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48 Friedrich NietzscheNietzsche è il filosofo che, in nome della vita, si propone una trasvalutazionedi tutti i valori, non volendo restare nel nichilismo, che aveva implacabilmentesmascherato assieme ai valori tradizionali. Il suo compito costruttivo non è stato però eseguito oppure è stato male inteso: ha dovuto, pertanto, subire tutta una serie di interpretazioni che non gli hanno reso giustizia. Forse è più opportuno lasciare a Nietzsche la sua provocante e insoddisfatta inattualità. Il suo pensiero ha influenzato,oltre che quasi tutti gli orientamenti filosofici del ’900, gli ambiti più disparati,dalla letteratura alla musica, dalla pittura e arte espressionistica alla riflessionesociologica, fino a veder travisata in senso politico-ideologico la sua teoria della volontà di potenza.

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le modello culturale è Socrate, che inaugura il metododella comprensione della realtà mediante concetti. Con ciòl’arte stessa viene subordinata al concetto e si stemperanella visione delle forme apollinee, di cui non si coglie laradice profonda nel dolore e nella durezza della vita. L’im-pulso apollineo, che corrisponde al mondo del sogno eall’arte dello scultore, deve essere invece posto in rela-

L’impulso apollineo

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48 - Friedrich Nietzsche

Apollineo-dionisiacoImpulsi dualistici che caratteriz-zano radicalmente lo spirito del-la grecità antica e poi attraversa-no con il loro gioco dialetticol’intera cultura umana: l’apolli-neo è l’impulso solare della for-ma armoniosa, il dionisiaco èl’impulso vitale e caotico del-l’ebbrezza creativa. Si manifesta-no inoltre quali impulsi alla basedell’esperienza artistica.Eterno ritornoIdea che nega il procedere deltempo in modo lineare verso unfine, per affermarne invece lapienezza di ogni suo attimo, cheè in sé carico di senso: questaidea porta l’uomo a “dire di sì al-la vita” così com’è, in eterna ri-petizione.NichilismoIl “nichilismo europeo” è la sva-lutazione di tutti i valori operatadalla morale cristiana, che si èproposta e diffusa per secoli co-me l’unica interpretazione delmondo, terminando con il pri-varlo di ogni fine e di ogni valo-re vitali, riducendolo a nulla edecadenza. A questo nichilismopassivo e decadente Nietzschecontrappone il nichilismo attivoche smaschera i valori della tra-dizione e ne annuncia di nuovi(v. trasvalutazione di tutti i valo-ri).

RisentimentoStato d’animo dell’uomo che,impotente a creare nuovi valorie ad affermarsi sulle sofferenzedella vita, “dice di no” alla vitastessa asservendosi alla “moraledegli schiavi”, odiando ciò chenon può essere o non può averee limitandosi, utilitaristicamen-te, a difendere le qualità del“gregge”.OltreuomoÈ l’uomo che, accettato il giocodi forze dell’essere, si fa capacedi costruire un’esistenza colmadi vita e di senso, attimo per at-timo. È figura della nuova uma-nità e dell’“affermazione della vi-ta” che stanno “oltre” il nichili-smo passivo, in fedeltà alla terrae allo spirito dionisiaco.Trasvalutazione di tutti i valoriÈ l’attività dell’oltreuomo che su-pera il nichilismo della morale edella religione cristiane, affer-mando i valori che derivano dal-l’accettazione entusiastica dellavita così com’è, anche nei suoi la-ti crudeli.Volontà di potenzaImpulso fondamentale, privo dirazionalità e di univocità di sen-so, che muove la vita e coincidecon essa. È volontà che vuole sestessa o, in altri termini, volontàdell’individuo che si vuole affer-mare quale volontà.

NIETZSCHE: PAROLE CHIAVE

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zione con l’impulso dionisiaco, che corrisponde al mon-do dell’ebbrezza e all’arte non figurativa della musica. Seper la loro diversità i due impulsi “procedono l’uno ac-canto all’altro”, anzi “per lo più in aperto dissidio fra lo-ro”, finalmente “per un miracoloso atto metafisico della‘volontà’ ellenica, appaiono accoppiati l’uno all’altro e inquesto accoppiamento producono l’opera d’arte altret-tanto dionisiaca che apollinea della tragedia attica”. Inquesta fase Nietzsche è influenzato sia dalla metafisica diSchopenhauer, con la distinzione tra mondo della rap-presentazione e mondo della volontà, sia dal dramma mu-sicale wagneriano, che intende essere opera d’arte tota-le, con la fusione di musica, mito, azione dell’eroe, testopoetico e plasticità scenica. In tutto ciò Nietzsche vede lapossibilità di una ripresa dello spirito tragico, intesa co-me sapienza che “si volge con immobile sguardo all’im-magine totale del mondo, cercando di cogliere in essa l’e-terna sofferenza come sofferenza propria”. Si tratta così diandare oltre i limiti della cultura teoretica, incapace “dipoter scrutare, sulla base della causalità, l’intima essenzadelle cose”, e di superare lo “spirito storico-critico” del-la cultura presente, che si riduce a raccattare elementi di-sgregati dietro la spinta di una “eccessiva brama di sape-re”, e riannodare il legame tra vita e mito. Questi temivengono sviluppati nelle quattro Considerazioni inat-tuali, e in particolare dalla seconda, Sull’utilità e il dan-no della storia per la vita (1874), in cui denuncia i dan-ni provocati dalla mentalità storicistica, quali la ridu-zione delle verità a eventi effimeri, la passività dell’uo-mo nei confronti della tradizione e del passato, l’iden-tificazione del divenire della storia con un progressounivoco. Nietzsche oppone, a favore della felicità e dellavita, la capacità di dimenticare o di sentire “in modo nonstorico”. Per essere veramente storici, cioè creatori di sto-ria nuova e non ripetitiva del passato, bisogna guadagnareun atteggiamento antistorico e sovrastorico.

Il metodo genealogicoCon Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi(1878) Nietzsche prende le distanze sia da Schopenhauer,sia da Wagner e imbocca la via del rischiaramento logico-scientifico, inteso come “storia della genesi del pensiero”.Indagando la nascita delle rappresentazioni di questomondopropugna “una chimica delle idee e dei sentimentimorali, religiosi ed estetici”, per mostrare che “anche in

L’impulso dionisiaco

La tragedia attica

La ripresa dello spirito tragico

La critica allo storicismo

“Umano,troppo umano”

La “storia dellagenesi del pensiero”

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48 - Friedrich Nietzsche

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questo campo i colori più magnifici si ottengono da ma-teriali molto bassi e persino spregiati” (per esempio, il ra-zionale dall’irrazionale, la logica dall’illogicità, il disin-teresse dalla brama, l’altruismo dall’egoismo e la veritàdagli errori). Egli inoltre si propone di sostituire al pathosdel possesso di verità assolute “quel pathos, certo piùmite e meno altisonante, della ricerca della verità”. Vi-sta nel suo insieme, quest’opera di Nietzsche (la cui de-dica a Voltaire testimonia della simpatia per l’illuminismoe la cultura filosofica francese) si presenta come un ag-giornato discorso sul metodo. Tale metodo consiste nelsaper rendere “giustizia” alla conoscenza disdegnando“tutto ciò che acceca e confonde il giudizio sulle cose”,per conoscerle invece “in modo puro” ponendole “nellaluce migliore” ed esaminandole “con occhio attento”. In Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali (1881) si dedi-ca a scavare nei presupposti della morale, che vengonoricondotti principalmente alla pressione della paura edel conformismo sociale (“spirito del gregge”). D’altrocanto in tutte le forme della morale, anche quelle del sa-crificio e dell’ascetismo proprie del cristianesimo, si cercadi soddisfare comunque il senso della potenza, che è ilconnotato di ogni agire umano. Ne La gaia scienza (pri-mi quattro libri, 1882) critica radicalmente il sapere scien-tifico, rimproverandogli di spiegare tutto col nesso di cau-sa ed effetto. Questo tipo di spiegazione ci consente di de-scrivere meglio il divenire nella successione delle sue im-magini, ma non ce lo fa comprendere nei suoi aspetti qua-litativi e per di più frammenta il flusso dell’accadere in ele-menti isolati.

Eterno ritorno, oltreuomo, volontà di potenzaIn Così parlò Zarathustra (1883-85) Nietzsche affronta ilcompito di pensare l’uomo e il mondo dopo che, con lasecolarizzazione della cultura e della società, “Dio è mor-to” o dopo che noi l’abbiamo ucciso, senza essere consa-pevoli della “grandezza di quest’azione” e senza trarne leconseguenze in ordine all’annullamento delle “vecchie ta-vole” di valore. Dopo il nichilismo nel quale si sono dis-solti i valori della tradizione platonico-cristiana, abituata aporre un altro mondo dietro questo mondo, Zarathustrainsegna a essere “fedeli alla terra” servendone il senso innovità di spirito, di virtù e di valore. Stabilire il senso dellaterra in modo nuovo non vuol dire però assegnargli uno

Il discorso sul metodo

“Aurora”: lo smascheramentodella morale

“La gaia scienza”

“Così parlòZarathustra”

“Dio è morto”

“Fedeltà alla terra”

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48 - Friedrich Nietzsche

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scopo o una meta centrale. Sotto questo profilo Zarathu-stra dichiara la razionalità “impossibile” ed esalta le pro-spettive affrancate da ogni asservimento a una volontàestrinseca: piuttosto, le cose preferiscono danzare “sui pie-di del caso”. Ma in Nietzsche si dà un’altra volontà, intrin-seca alle cose, chiamata a trasformare ogni “così fu” in un“così volli che fosse”, compreso l’atto stesso del volere. Perquesto motivo il caso viene trasfigurato da una decisioneche lo vuole come necessità, e a sua volta la necessità sidà solo nel caso. Lo sviluppo della dottrina dell’eterno ri-torno dell’identico vuole attribuire un fondamento di sen-so a ciò che non s’intende lasciare nella condizione di ca-sualità assoluta. Sulle ceneri del nichilismo portato alle sueestreme conseguenze, ciò mette in luce l’intento costrutti-vo di Nietzsche: il divenire concepito come “eterno anel-lo dell’essere”, nella circolarità di piacere e dolore, con-sente di amare il mondo (amor fati) e di riscattarlo in mo-do immanente. Questo riscatto esige il tramonto della vi-sione tradizionale dell’uomo, il quale deve sapersi sma-scherare mantenendo intatta la capacità creativa “per co-struire la casa all’oltreuomo” (v. “oltreuomo” in Parole chia-ve a p. 252). Zarathustra parla quindi da guaritore e da edu-catore e delinea anche le tavole di una nuova convivenzapolitica. In Al di là del bene e del male (1886) e Genealogia del-la morale (1887) Nietzsche s’impegna con una nuovaprofondità a rovesciare tutti gli apprezzamenti di valo-re già dati nella tradizione europea. In particolare nellaGenealogia della morale, la morale platonico-cristiana,con i suoi valori di compassione, umiltà, rassegnazione eeguaglianza appiattita sul livello dei più deboli e rinun-ciatari, viene stigmatizzata come morale degli schiavi, chedicono no alla vita, e del risentimento contro le virtù pra-ticate positivamente dagli aristocratici (magnanimità, co-raggio, capacità di eccedere e di donare). Molti frammentisuccessivi di Nietzsche sono stati raccolti dalla sorella Eli-sabeth, in modo arbitrario e condizionato dalle sue sim-patie razziste e autoritarie, sotto il titolo di Volontà di po-tenza (1901) e hanno non poco contribuito al travisa-mento del pensiero nietzscheano.

La dottrinadell’eterno ritorno

L’intento costruttivodi Nietzsche

L’oltreuomo

La “Genealogia della morale”

La morale degli schiavi

La “volontà di potenza”

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48 - Friedrich Nietzsche

Con La nascita della tragedia dallo spirito della musica Nietzsche critica il caratte-re unilaterale e riduttivo della cultura tedesca del suo tempo, che è “teoretica”, su-bordina l’arte al concetto, senza che l’impulso apollineo sia posto in relazione conl’impulso dionisiaco.

I due impulsi, per un miracoloso atto metafisico della “volontà” ellenica, appaionoaccoppiati solo nella produzione dei grandi tragici greci.

Vi è però la possibilità di una ripresa dello spirito tragico e di un superamento del-la cultura teoretica e dello “spirito storico-critico” della cultura presente. Denunciai danni provocati dalla mentalità storicistica, a cui si oppone la capacità di dimen-ticare o di sentire “in modo non storico”.

Con Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi propugna “una chimica delleidee e dei sentimenti morali, religiosi ed estetici”, ponendosi come un aggiornatodiscorso sul metodo, che sappia rendere “giustizia” alla conoscenza, disdegnando“tutto ciò che acceca e confonde il giudizio sulle cose”.

In Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali (1881) si dedica al lavoro di scavo nei pre-supposti della morale, che vengono ricondotti principalmente alla pressione dellapaura e del conformismo sociale.

Ne La gaia scienza critica radicalmente il sapere scientifico, rimproverandogli dispiegare tutto col nesso di causa ed effetto, che, se da una parte permette di de-scrivere meglio il divenire, dall’altra non ce lo fa comprendere nei suoi aspettiqualitativi.

In Così parlò Zarathustra affronta il compito di pensare l’uomo e il mondo dopo che“Dio è morto”.

Dopo il nichilismo nel quale si sono dissolti i valori della tradizione platonico-cri-stiana, Zarathustra insegna a essere “fedeli alla terra”, dichiarando la razionalità“impossibile” e sviluppando la dottrina dell’eterno ritorno dell’identico, come attri-buzione di un fondamento di senso a ciò che non s’intende lasciare nella condizio-ne di casualità assoluta.

Ciò mette in luce l’intento costruttivo di Nietzsche sulle ceneri del nichilismo: il di-venire concepito nella circolarità di piacere e dolore, consente di amare il mondo(amor fati) e di riscattarlo in modo immanente.

Questo riscatto esige il tramonto dell’idea tradizionale di uomo “per costruire la ca-sa all’oltreuomo”, capace di costruire autonomamente un’esistenza colma di vitae di senso.

Nella Genealogia della morale, la morale platonico-cristiana, appiattita sul livellodei più deboli e rinunciatari, viene stigmatizzata come morale degli schiavi e del ri-sentimento contro le virtù generose praticate positivamente dagli aristocratici.

SCHEMA RIASSUNTIVO

1. Qual è lo scopo della Nascita della tragedia?251b

2. Che cos’è il metodo genealogico? 253b-254a

3. Perché Nietzsche critica la scienza? 254b4. Che cos’è la morale del risentimento? 255b5. Chi è il superuomo? 255b

DOMANDE DI VERIFICA

“LA NASCITADELLA TRAGEDIA”

La tragedia greca

La critica allo storicismo

“UMANO TROPPO UMANO”:IL NUOVO METODODEL CONOSCERE

“AURORA”: LO SCAVODELLA MORALE

“LA GAIA SCIENZA”: CRITICADEL SAPERE SCIENTIFICO

“COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA”:LA MORTE DI DIO

La fedeltà alla terra e la dottrina dell’eterno ritorno

Lo scopo costruttivo della filosofia di Nietzsche

Il superuomo

LA “GENEALOGIADELLA MORALE”

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Maurice BlondelIl filosofo francese Maurice Blondel (Digione 1861 - Aix-en-Provence 1949) esordisce nel 1893 con le due tesi per il dot-torato (L’azione. Saggio di una critica e di una scienza del-la prassi; Sul vincolo sostanziale e sulla sostanza compo-sta secondo Leibniz), in cui già annuncia l’intento di tutta lasua ricerca: combattere l’intellettualismo e lo scientismo po-sitivistici e porre l’azione come centro della realtà e quindidella filosofia. Considerato iniziatore della filosofia dell’azione, Blondel af-ferma che l’atto del filosofare non si esaurisce nel pensiero,ma deve inserirsi, in quanto “essere” stesso, nella realtà,

La polemica contro il positivismo

“L’azione”

257

49 La filosofia dell’azione e lo spiritualismo francese

In senso generale con il termine spiritualismo si indicano gli orientamentifilosofici che assumono lo spirito, cioè la coscienza, quale presupposto della ricerca. Storicamente lo spiritualismo si è sviluppato in opposizione al materialismo, al positivismo e all’idealismo e si diffondesoprattutto in Francia grazie al pensiero di Blondel e Bergson, per quanto la filosofia bergsoniana non sia affatto semplicemente riducibile a una forma di spiritualismo. Nonostante la varietà delle prospettive filosofiche legate allo spiritualismo, è possibile fissarne alcuni punti fondamentali: la specificità dell’uomo nei confronti della natura, per il suo carattere spirituale e coscienziale e per la sua attività e libertà; l’esperienza interiore, nel senso di ascolto della voce della coscienza come metodo proprio della filosofia;l’irriducibilità della filosofia alla scienza.

Con il termine filosofia dell’azione si fa riferimento a ogni corrente dipensiero che tenda a contrastare l’intellettualismo e a individuare nell’a-zione come prassi una via di accesso alle verità morali e metafisiche. Unapiù precisa accezione rimanda a un gruppo di pensatori francesi comeOllé-Laprune, Blondel, Laberthonnière, accomunati dal medesimo rifiutodel positivismo, dalla forte sottolineatura della problematica religiosa edal tentativo di approdare a una filosofia cristiana al di fuori delle classi-che scuole ispirate al pensiero di Agostino e Tommaso d’Aquino. L’azio-ne a cui si fa riferimento non è prima di tutto e soltanto l’operazione con-creta e visibile del fare, ma è l’intero atto umano dell’agire, che quindi im-plica anche il conoscere e rimanda al primato della coscienza.

LA FILOSOFIADELL’AZIONE

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nell’“agire” in cui l’essere si manifesta e da cui è concreta-mente arricchito. Nella celebre Lettera sulle esigenze del pen-siero contemporaneo in materia di apologetica (1896) ri-vendica alla filosofia un compito apologetico: la realtà del so-prannaturale e la verità del cristianesimo possono essere pro-vate facendo leva sulla sproporzione che l’uomo sperimen-ta tra le sue aspirazioni e le sue realizzazioni; è il cosiddetto“metodo dell’immanenza”.

Henri BergsonHenri Louis Bergson (Parigi 1859-1941) sviluppa i suoi inte-ressi per le scienze e per i fondamenti della meccanica, masuccessivamente matura il distacco dal positivismo di Spen-cer e nel 1889, per ottenere il dottorato in filosofia, presentaalla Sorbona la dissertazione Saggio sui dati immediati del-la coscienza. Il Saggio ha grande successo e lo introduce neldibattito filosofico dell’epoca. Nel 1928 riceve il Nobel per laletteratura.

� Dalla psicologia alla metafisicaBergson difende l’esperienza della libertà umana discutendoi presupposti del determinismo scientifico, che basandosi sul-l’indebita traduzione della qualità (i dati della coscienza) inquantità e del moto in fasi statiche, non può accedere agliaspetti qualitativamente dinamici della vita psichica. Al con-cetto di “tempo cronologico” della fisica, che esprime il muta-mento come una somma di istanti immobili ricadendo nella

Il compitoapologetico della filosofia

La vita

La polemica contro il determinismoscientifico

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49 - La filosofia dell’azione e lo spiritualismo francese

Durata Forma del tempo qualitativo delvissuto, irreversibile, eteroge-neo, multiplo, composto di “rit-mi differenti”, in cui nessunistante è uguale a un altro.Slancio vitale Impulso formativo-evolutivoche muove ogni aspetto e ogniforma di realtà, introducendovi“la maggior somma possibiled’indeterminazione e di libertà”.Corrisponde a un’esigenza crea-tiva e, seppure unica e indivisi-

bile, procede in modo divergen-te, discontinuo, sviluppandosiper scissioni.Tempo cronologicoAppartiene alla scienza e alla vi-ta pratica: quantitativo, unico,reversibile, omogeneo, lineare,ignaro di ogni differenza qualita-tiva. È il tempo spazializzato e di-visibile in parti uguali di cui si ser-ve la scienza per misurare e pre-vedere, ma di cui si serve anchel’uomo comune per ordinare ipropri stati di coscienza.

BERGSON: PAROLE CHIAVE

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rappresentazione spaziale, Bergson oppone la durata, nozio-ne che esprime la dinamicità del vissuto. La durata è una continuità irreversibile, nella quale il passatofa corpo con il presente e in cui il presente fa confluire ele-menti sempre nuovi, che mutano incessantemente la naturadell’insieme. Ogni fenomeno contraddistinto da durata, dun-que tutto ciò che è vita, è caratterizzato da molteplicità vir-tuali, irriducibili al numero, le quali dividendosi cambiano na-tura e comprendono un’interazione fra il soggetto conoscentee l’oggetto conosciuto (come avviene nei sentimenti): dannocioè luogo a una produzione del fenomeno da osservare, cal-colare, sperimentare da parte di colui che lo osserva, calcola,sperimenta. Il tempo omogeneo e spazializzato, invece, com-porta molteplicità attuali, numeriche, che possono essere di-vise senza che la divisione cambi la loro natura, come, peresempio, un qualsiasi insieme dato, ricco di elementi che esi-stono in sé anche prima e indipendentemente dall’eventua-le enumerazione.In Materia e memoria (1896), sulla base di ricerche neuro-logiche e fisiologiche, Bergson affronta il tema della relazio-ne tra la mente e il cervello, lo spirito e il corpo. Egli nega chesia possibile spiegare l’attività psichica attraverso il corpo.L’eccedenza dello spirito sul corpo garantisce il valore dellaconoscenza e permette una ricerca sul senso della vita chenon sia condizionata dalla vita stessa. Ma non v’è, però, alcuna forma di dualismo post-cartesianoin Materia e memoria. L’essere stesso, come tale, nella suauniversalità, è durata creatrice e memoria: a qualsiasi livellodi concreta determinazione gli appartengono sia spiritualità-coscienzialità sia materialità-cosalità. Tanto l’uomo è spiritoma anche materia, quanto le cose sono materia ma anche vi-brazione e annuncio dello spirito.Nell’Introduzione alla metafisica (1903) contrappone l’in-tuizione, sapere assoluto che prescinde dalle mediazioni del-le categorie, all’intelligenza geometrica, o analitica, propriadella conoscenza scientifica, tuttavia funzionale alle esigenzevitali dell’uomo. Questa tesi viene suffragata dall’Evoluzionecreatrice (1907), in cui si delinea la genesi ideale della mate-ria e dell’intelligenza. L’evoluzione termina nell’uomo ed èopera dello slancio vitale (v. Parole chiave), che è la modalitàcon cui Dio si rende visibile nella storia. Nell’ultima opera, Le due fonti della morale e della religio-ne (1932), Bergson indica nel misticismo, e in particolare inquello cristiano, una ripresa dello slancio vitale da parte del-l’uomo, chiamato ad attuare lo scopo dell’universo, che è “unamacchina per fare degli dei”.

La durata

La relazione spirito-corpo

L’intuizione

Lo slancio vitale

Il misticismo

259

49 - La filosofia dell’azione e lo spiritualismo francese

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49 - La filosofia dell’azione e lo spiritualismo francese

Blondel combatte il positivismo, ponendo l’azione come centro della realtà edella filosofia.

L’atto del filosofare non si esaurisce nel pensiero, ma deve inserirsi nellarealtà, nell’“agire” in cui l’essere si manifesta e da cui è concretamente arric-chito.

Rivendica alla filosofia un compito apologetico: la realtà del soprannaturale e laverità del cristianesimo possono essere provate facendo leva sulla sproporzionetra le aspirazioni e le realizzazioni dell’uomo.

Bergson nel Saggio sui dati immediati della coscienza difende l’esperienza dellalibertà umana, contrapponendo al “tempo cronologico” della fisica la nozione didurata.

In Materia e memoria affronta il tema della relazione tra lo spirito e il corpo,affermando che l’eccedenza dello spirito sul corpo garantisce il valore dellaconoscenza e permette una ricerca sul senso della vita.

Nell’Introduzione alla metafisica (1903) contrappone l’intuizione all’intelligenzageometrica o analitica, propria della conoscenza scientifica.

Nell’Evoluzione creatrice afferma che l’evoluzione, che termina nell’uomo, èopera dello slancio vitale che è l’aspetto visibile di Dio.

In Le due fonti della morale e della religione indica nel misticismo, e in partico-lare in quello cristiano, una ripresa dello slancio vitale da parte dell’uomo, chia-mato ad attuare lo scopo dell’universo.

SCHEMA RIASSUNTIVOBLONDEL

La filosofia dell’azione

Il compito apologeticodella filosofia

BERGSON

La relazione spirito-corpo

L’intuizione

Lo slancio vitale

Il misticismo

1. Quali sono i punti fondamentali dello spirituali-smo? 257a

2. Che cos’è “il metodo dell’immanenza” di Blon-del? 258a

3. Che cos’è la filosofia dell’azione di Blondel?257b

4. Perché Bergson contrappone la durata al tem-po? 258b-259a

5. Come concepisce Bergson la relazione spirito-corpo? 259a

6. Che cos’è lo slancio vitale di Bergson? 259b

DOMANDE DI VERIFICA

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Wilhelm DiltheyWilhelm Dilthey (Biebrich, Renania, 1833 - Siusi, Bolzano,1911), professore in diverse università della Germania, fondein una sintesi originale, che ne fa il caposcuola dello storici-smotedesco, l’eredità del pensiero romantico-idealistico e del-la scuola storica. La sua opera rappresenta un prezioso contri-buto per un’ampia e approfondita storia dello spirito tedesco(L’analisi dell’uomo e l’intuizione della natura, 1894; Espe-rienza vissuta e poesia, 1895). Cosciente della carenza meto-dologica della storiografia tedesca, Dilthey si propone di ela-borare una fondazione filosofica della conoscenza storica,realizzando per la storia, e in generale per le scienze dello spi-rito, quanto era stato fatto per le scienze della natura. Nella In-troduzione alle scienze dello spirito (1833) offre gli elemen-ti essenziali di questa “critica della ragione storica”. Mentrenelle scienze naturali il rigore del metodo si fonda sulla di-stinzione fra il soggetto e l’oggetto della sua ricerca, il mondodella storia vive in quanto c’è un soggetto che lo pensa e lo ri-costruisce, e questa operazione è possibile sulla base dell’affi-nità essenziale tra il soggetto e l’oggetto della storia, in quel-l’unità della vita che è data nell’“esperienza vissuta” (Erleb-nis). La ricchezza del vasto mondo storico-sociale, in cui si con-

La fondazionefilosofica dellaconoscenza storica

L’affinità tra ilsoggetto e l’oggettodella storia

261

50 Storicismo e neokantismoLo storicismo è quella corrente composita della filosofia contemporaneasecondo cui la realtà è intrinsecamente storica e può quindi esserecompresa solo storicamente. Autori come Dilthey, Simmel e Spenglerrinunciano tuttavia a una filosofia della storia globale e si impegnano a indagarein vario modo le condizioni dell’accadere storico e il valore della suaconoscenza, nella consapevolezza che essa non è una tra le molte attivitàumane, ma quella qualificante l’umano. Contemporaneamente allo storicismo vi fu una rinascita della filosofia trascendentale kantiana in cui prese forma il movimento del neokantismo, che ripropose il problema generale dellafondazione e della giustificazione del sapere. Polemico nei confronti sia dellemetafisiche post-idealistiche sia del positivismo naturalistico, si raggruppòprincipalmente attorno a due Scuole, delle quali l’una, a Marburgo (con Cohen,Natorp e Cassirer), volta complessivamente allo studio della conoscenzanell’ambito delle scienze naturali, e l’altra, nel Baden (con Windelbande Rickert), generalmente propugnatrice di una filosofia della cultura.

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densa la determinazione concreta della storicità della vita del-l’individuo, può essere colta da un comprendere di tipo psi-cologico-ermeneutico (cioè interpretativo) e non causale-esplicativo. Questa interpretazione si basa sulla connessionedinamica tra “esperienza vissuta”, la sua “espressione” è l’“in-tendere”, laddove la categoria delle scienze della natura è lospiegare. Nelle opere Idee per una psicologia descrittiva eanalitica (1894) e Sulla psicologia comparata. Contributi al-lo studio dell’individualità (1896) individua nella psicolo-gia il fondamento delle scienze dello spirito. Nell’ultima fa-se della sua riflessione, l’interesse per la psicologia è ripreso eapprofondito in quello per l’ermeneutica, o arte dell’inter-pretazione, applicabile non solo al significato dei testi storiciin senso stretto, ma all’intero universo umano (Le origini del-l’ermeneutica, 1900). Egli infine perviene alla formulazionedi una filosofia che indaga lo strutturarsi delle differenti “vi-sioni del mondo” nel loro contesto storico, senza però giun-gere a esiti relativistici, perché l’evoluzione dei significati edei valori coincide con l’oggettiva crescita delle esperienzespirituali dell’umanità.

Georg SimmelIl filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel (Berlino 1858 -Strasburgo 1918) percorre una carriera universitaria sempreosteggiata per le sue origini ebraiche e per la natura del suopensiero, asistematico e difficilmente circoscrivibile a una so-la disciplina. Nella Filosofia del denaro (1900) applica il prin-

Il comprendere

L’ermeneutica

La filosofia comeindagine delledifferenti “visioni del mondo”

La “Filosofia del denaro”

262

50 - Storicismo e neokantismo

ComprendereÈ la modalità conoscitiva tipicadelle scienze dello spirito che èresa possibile dal patrimonio co-mune delle esperienze vissute(Erlebnis) del singolo e degli al-tri individui.Scienze della naturaHanno per oggetto la realtà ester-na, che l’uomo non ha prodottoma trova come un dato di fatto acui applicare la spiegazione cau-sale. Gli oggetti delle scienze del-la natura hanno un costante con-tenuto di verità sottratta al dive-

nire del tempo e alla fluidità del-le attribuzioni di senso.Scienze dello spiritoOffrono la conoscenza dellarealtà storico-sociale, cioè dellavita, di ogni struttura sociale e diogni valore e così universalizza-no l’individuo, rendendolo par-tecipe di infinite esperienze nel-le “connessioni dinamiche” delmondo storico.SpiegareLo spiegare in senso causale è lamodalità conoscitiva tipica dellescienze della natura.

DILTHEY: PAROLE CHIAVE

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cipio secondo cui ogni fenomeno può essere definito e ac-quistare significato solo per mezzo della rete delle sue inte-razioni con gli altri fenomeni. Il denaro assume una funzio-ne privilegiata nella descrizione della realtà perché è persuo mezzo che uomini e cose entrano in rapporto tra loro.Non solo gli oggetti sono ridotti a merci, ma anche i valo-ri umani: il denaro domina sulla vita sociale, la quantità sullaqualità. Questo è anche il processo di trasformazione socialeverso la modernità, un processo che non ha senso voler ri-baltare.Per Simmel il divenire storico è divenire dello spirito nel flus-so continuo della vita. Le forme storiche sono però cristalliz-zazioni della vita fluente e quindi sue manifestazioni essen-zialmente insufficienti. La vita esige forma per manifestarsi,ma insieme è anche un costante superamento della forma:si esprime solo nella forma, ma non può esaurirsi nella forma.È in questo senso che nell’Intuizione della vita (1918) Sim-mel definisce la vita “più che vita”: la sua essenza è di trascen-dere se stessa. Ciò implica che in filosofia non esistono veritàassolute, perché la vita stessa di volta in volta crea e distruggela verità in cui si esprime.La categoria sociologica fondamentale è per Simmel quelladi “forma”, infatti egli è considerato il fondatore della cosid-detta sociologia formale, che si occupa di quelle relazioni equelle condizioni all’interno dei gruppi umani che manife-stano un’uguaglianza formale costante attraverso tutti i mu-tamenti del divenire storico. Tali forme invarianti del diveni-re non coincidono con strutture o comportamenti sociali, macon la stessa predisposizione dell’uomo a stabilire con gli al-tri uomini delle relazioni sociali, cioè ciò che Simmel chiama“sociabilità”.

Oswald SpenglerFilosofo non accademico, Oswald Spengler (Blankenburg1880 - Monaco di Baviera 1936) nel 1918 e 1922 pubblica i duevolumi dell’opera Il tramonto dell’Occidente, che conqui-sta un grande successo internazionale e lo rende famoso. For-temente conservatore, non aderisce mai apertamente al na-zismo, anche se inizialmente lo valuta positivamente. Tuttaviale sue idee contribuiscono indubbiamente alla maturazioneideologica del regime nazista.Il suo pensiero è uno degli esempi più tipici di naturalismostorico, cioè di una teoria che interpreta la storia comeespressione di leggi biologiche. Per Spengler “le civiltà sonoorganismi e la storia universale è la loro biografia complessiva”.

La filosofia della vita

La vita è “più che vita”

La sociologiaformale

La sociabilità

“Il tramontodell’Occidente”

Il naturalismo storico

263

50 - Storicismo e neokantismo

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Il carattere organico è ciò che distingue la storia dalla natura.Natura è tutto ciò che è dominato da una necessità meccani-ca, storia ciò che è dominato da una necessità organica. Per-ciò le civiltà, cioè i maggiori fenomeni storici, vanno conce-pite come organismi che nascono, crescono e muoiono. Co-me gli organismi, esse sono realtà uniche e irripetibili. Ogniciviltà è caratterizzata da un proprio sistema di valori che ladistingue dalle altre ed è, per quella civiltà, assoluto: i valorisono assoluti all’interno di una civiltà, ma relativi a essa se vi-sti nel complesso di tutte le civiltà. La storia non va dunqueinterpretata secondo lo schema illuminista del progresso, macome il succedersi di grandi civiltà millenarie indipendentil’una dall’altra.Nella sua evoluzione organica ogni civiltà (Kultur) attraver-sa diversi stadi che dall’iniziale slancio creativo la conduco-no alla maturità e quindi all’irrigidimento della vecchiaia eall’inevitabile tramonto. L’Occidente è solo l’ultima delle ci-viltà storiche. Anch’esso ha però fatto il suo corso ed è orain pieno declino. In esso domina infatti attualmente la so-cietà civilizzata (Zivilisation), caratterizzata da norme e va-lori meramente esteriori e convenzionali, da un diffuso scet-ticismo e dal materialismo. I sintomi della sua decadenza so-no la crisi della morale e della religione, il prevalere del-la democrazia e del socialismo e l’equiparazione tra dena-ro e potere politico nei regimi democratici. Il tutto porteràinfine alla dittatura politica e quindi alla barbarie da cui na-scerà la prossima civiltà.

La Scuola di MarburgoDifferenziate da tendenze e ambiti d’indagine diversi, le dueScuole del neokantismo hanno in comune un’ispirazione difondo data da questi elementi: l’idea della filosofia come teo-ria della conoscenza che giunge a negare valore alla metafisi-ca; la distinzione fra logica e psicologia, come ambiti e comemetodi; una ricerca delle condizioni di possibilità della scien-za e anche delle strutture della coscienza.Il primo centro di elaborazione e diffusione del neokantismosi consolidò presso l’università di Marburgo. La Scuolaneokantiana marburghese si caratterizza fondamentalmenteper l’indagine accurata delle condizioni logiche, gnoseologi-che ed epistemologiche della riflessione filosofica. Secondoquest’orientamento filosofico, tali condizioni possono veniregarantite distinguendo la sfera logica da quella psicologica: ilproblema della genesi del sapere non coincide con quello del-la giustificazione della sua validità. Privilegiando le scienze ma-

Natura e storia

Civiltà comeorganismi

I valori

La civiltà (Kultur)

L’Occidente comesocietà civilizzata(Zivilisation)

La decadenzadell’Occidente

I due centri del neokantismo

L‘orientamentodi Marburgo

264

50 - Storicismo e neokantismo

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tematiche, Hermann Cohen (Coswig 1842 - Berlino 1918), ilfondatore stesso della Scuola di Marburgo, intese realizzareun’epistemologia dei modi di esperienza (La teoria kantia-na dell’esperienza, 1871). In polemica con il positivismo,Cohen riprendeva la teoria kantiana delle condizioni di pos-sibilità del conoscere, affermando che la scientificità del sa-pere consiste nella validità logica a priori delle sue funzioniconoscitive.Paul Natorp (Düsseldorf 1854 - Marburgo 1924) considerò lafilosofia determinata dal rinvenimento dei principi che ren-dono possibile la metodologia scientifica, la costituzione del-le scienze e la conoscenza del reale (I fondamenti logici del-le scienze esatte, 1910). Negli anni più maturi, Natorp estesemaggiormente l’ambito della propria indagine, non concen-trandosi più soltanto sulla questione della fondazione a prio-ri di un sapere scientificamente valido e volgendosi a una piùampia considerazione dei prodotti oggettivi e delle esperien-ze dello spirito.Fra i maggiori esponenti del neokantismo, o “neocriticismo”,marburghese va poi annoverato Ernst Cassirer (Breslavia 1874- New York 1945). Interessato alla filosofia della cultura uma-na nella sua ricchezza, Cassirer non si applicò esclusivamenteall’ambito gnoseologico ed epistemologico: a suo giudizio, l’a-nalisi delle funzioni conoscitive doveva rivolgersi a tutte le pro-duzioni dello spirito. Per Cassirer il sapere ruota intorno al con-cetto di funzione, che esprime mediante simboli i rapporti trale cose e che più tardi si allarga alla considerazione delle for-me simboliche che governano la vita dello spirito. La sua “cri-tica della cultura” muove infatti dall’attività di rappresentazio-ne simbolica – esplicata nelle funzioni: espressiva, intuitiva esignificante – quale attività costituente fondamentalmenteumana (Filosofia delle forme simboliche, 3 voll.: 1923, ’25,’29). Attraverso l’attività raffigurativa e schematizzante dellasimbolicità, l’uomo si struttura come l’“animale simbolico” ca-pace di sottrarsi alla sfera dell’animalità per elevarsi al mondospirituale della cultura.

La Scuola del BadenIl secondo centro ideale di elaborazione e irradiamento delneokantismo si raggruppò nelle università del Baden, Fribur-go e Heidelberg. Indagando i fondamenti logico-trascenden-tali della cultura, giunse di fatto ad affiancare la propria pro-blematica a quella storicistica inerente la fondazione dellescienze dello spirito. Primo esponente di maggior spicco ditale orientamento fu Wilhelm Windelband (Postdam 1848 -

Cohen

Natorp

Cassirer

Filosofia delle formesimboliche

L‘orientamento del Baden

Windelband

265

50 - Storicismo e neokantismo

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Heidelberg 1915). Sollecitato dalla scuola storiografica di L.von Ranke e G. Droysen, Windelband, accanto alle esigenzedi conseguire un rigore fondativo, fece emergere un accen-tuato interesse per la scienza storica e per la problematica del-l’autonomia e dell’oggettività dei valori. Il suo neokantismo ènoto, infatti, quale filosofia dei valori, un pensiero caratte-rizzato da una forte impronta etica e dall’assunzione della va-lidità normativa dei giudizi valutativi. Con Windelband si espri-me pienamente l’istanza di un allargamento del sapere filo-sofico oltre i confini epistemologici: ne è segno la sua presadi posizione sulla distinzione fra scienze della natura e scien-ze dello spirito. Sollecitato dal dibattito iniziato con J.S. Mill econtinuato da W. Dilthey, che aveva distinto radicalmente i fe-nomeni naturali da quelli umani, ossia storici, Windelband, inStoria e scienza naturale (1894), distinse le scienze della na-tura da quelle dello spirito non tanto per il loro oggetto, maper il loro metodo: le prime conferiscono e impongono del-le leggi ai fenomeni (scienze nomotetiche), le seconde de-scrivono e raffigurano il particolare (scienze idiografiche). Allievo di Windelband fu Heinrich Rickert (Danzica 1863 -Heidelberg 1936), il quale configurò la filosofia come rifles-sione sistematica, come un’attività che valuta e giudica in ba-se a valori. Nel primo volume, l’unico redatto dei tre previ-sti, del suo Sistema di filosofia (1921), egli distingue tremondi (quello degli oggetti, quello dei valori e quello dellerealizzazioni di sintesi fra valori e realtà) e classifica siste-maticamente sei ordini di valori (verità, bellezza, santità im-personale, moralità, comunione della felicità, santità perso-nale) ai quali fanno riscontro altrettanti visioni del mondo econdotte di vita degli individui.

Altre correnti neokantiane Da questa base unitaria, pur nella duplicità degli indirizzi del-le due Scuole, si svilupparono correnti eterogenee. Occorrealmeno ricordare la posizione realistica di Alois Riehl (Bolza-no 1844-1924); l’orientamento metafisico di Otto Liebmann(Löwenberg 1840 - Jena 1912) e quello fisiologico dello scien-ziato Hermann Helmholtz (Postdam 1821 - Charlottenburg1894); il materialismo proposto da Friedrich Albert Lange(1828 - 1875). Un capitolo a parte del neokantismo è quelloriguardante la cosiddetta “Kant-filologia” che si è esplicato indiverse e accurate edizioni delle opere di Kant, culminate inquella dell’Accademia di Berlino. C’è infine un neokantismoregionale: in Francia (C. Renouvier), in Inghilterra (B. Bosan-quet, F.H. Bradley, T.H. Green, J. Caird), in Italia (C. Cantoni,

La filosofia dei valori

Scienze della naturae scienze dello spirito

Rickert

Mondi e valori

266

50 - Storicismo e neokantismo

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F. Masci, G. Barzellotti e F. Tocco). Alcuni storici hanno sug-gerito di limitare l’uso del termine neokantismo fin verso il1920, data assurta a indicare la fine di un’epoca culturale. Difatto però l’attività dei neokantiani più giovani va oltre una fis-sazione così rigorosa di periodi. Inoltre W. Cramer, H. Wagner,R. Zocher, H. Holz, H. Holzhey hanno esteso la problematicaneokantiana dopo la seconda guerra mondiale e ancora oggisi assiste a una ripresa dei temi del neokantismo nella ripro-posizione consistente, una vera “rinascita”, della “filosofia tra-scendentale”.

267

50 - Storicismo e neokantismo

Dilthey si propone di elaborare una fondazione filosofica della conoscenza stori-ca: il mondo della storia vive in quanto ripensato e ricostruito dal soggetto sto-rico sulla base dell’affinità essenziale dell’“esperienza vissuta” (Erlebnis).

La ricchezza del mondo storico-sociale può essere colta da un comprendere ditipo psicologico-ermeneutico e non causale-esplicativo.

Il fondamento delle scienze dello spirito è posto nella psicologia e successiva-mente viene individuato nell’ermeneutica, o arte dell’interpretazione.

Nell’ultima fase della sua riflessione Dilthey formula una filosofia che indaga lostrutturarsi delle differenti “visioni del mondo” nel loro contesto storico, senzaperò giungere a esiti relativistici.

Il filosofo e sociologo Georg Simmel nella Filosofia del denaro analizza come il de-naro assuma una funzione privilegiata nella descrizione della realtà perché è persuo mezzo che uomini e cose entrano in rapporto tra loro. Non solo gli oggettisono ridotti a merci, ma anche i valori umani: il denaro domina sulla vita sociale,la quantità sulla qualità.

Il divenire storico è divenire dello spirito nel flusso continuo della vita: la vita simanifesta in forme storiche, ma insieme è anche un costante superamento del-le forme. Ciò implica che in filosofia non esistono verità assolute, perché la vitastessa di volta in volta crea e distrugge la verità in cui si esprime.

Simmel è il fondatore della cosiddetta sociologia formale, che si occupa delle for-me invarianti del divenire storico, che coincidono con la stessa predisposizionedell’uomo a stabilire con gli altri uomini delle relazioni sociali.

Spengler interpreta la storia come espressione di leggi biologiche (naturalismostorico). Natura è tutto ciò che è dominato da una necessità meccanica, storiaciò che è dominato da una necessità organica.

Perciò le civiltà, cioè i maggiori fenomeni storici, vanno concepite come organi-smi che nascono, crescono e muoiono.

Ogni civiltà è caratterizzata da un proprio sistema di valori che la distingue dallealtre ed è assoluto in quella civiltà, ma relativo se visto nel complesso di tutte leciviltà.

SCHEMA RIASSUNTIVODILTHEY

La comprensione del mondo storico

La psicologia e l’ermeneutica

La filosofia comeindagine delle visioni del mondo

SIMMEL E LA FILOSOFIADEL DENARO

La filosofia della vita

La sociologia formale

SPENGLERE IL NATURALISMO STORICO

Le civiltà sono organismi

I valori e la civiltà

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L’Occidente è solo l’ultima delle civiltà storiche ed è ora in pieno declino: in es-so domina la società civilizzata (Zivilisation), i cui sintomi di decadenza sono lacrisi della morale e della religione, il prevalere della democrazia e del socialismoe l’equiparazione tra denaro e potere politico nei regimi democratici. Il tutto por-terà infine alla dittatura politica e quindi alla barbarie da cui nascerà la prossi-ma civiltà.

Indaga le condizioni di possibilità di conoscenza, assunta quasi esclusivamentequale conoscenza scientifica imperniata sulle funzioni del pensiero puro e i con-cetti matematici.

Si volse a elaborare un’epistemologia dei modi di esperienza, sostenendo chela scientificità del sapere consiste nella validità logica a priori delle sue funzio-ni conoscitive.

Nelle sue prime opere la filosofia deve rinvenire i principi che rendono possibi-le la metodologia e la costituzione delle scienze e la conoscenza del reale; inquelle più mature considera più ampiamente tutti i prodotti oggettivi e le espe-rienze dello spirito.

Analizzando tutte le produzioni dello spirito, vede il sapere imperniarsi sul con-cetto di funzione, che esprime mediante simboli i rapporti tra le cose, mentrepiù tardi allarga la propria considerazione alle forme simboliche che governanola vita della cultura.

Ha fatto oggetto della propria indagine la fondazione logico-trascendentale dellescienze della cultura, orientandosi prevalentemente in relazione alla problematicadei valori.

Il suo neokantismo si è caratterizzato per una forte impronta etica e l’assunzio-ne della validità normativa dei giudizi valutativi: perciò ha preso la denomina-zione di “filosofia dei valori”. Assumendo un criterio di ordine metodologico, hadistinto le scienze dello spirito, in quanto descrivono e raffigurano il particolare(scienze idiografiche), dalle scienze della natura, che invece conferiscono e im-pongono leggi ai fenomeni (scienze nomotetiche).

Dopo aver a sua volta approfondito la base metodologica delle scienze della cul-tura, ha elaborato una classificazione sistematica dei valori e delle visioni delmondo.

Il declino dell’Occidente

SCUOLA DI MARBURGO

Cohen

Natorp

Cassirer

SCUOLA DEL BADEN

Windelband

Rickert

268

50 - Storicismo e neokantismo

segue

1. Qual è il metodo delle “scienze dello spirito” perDilthey? 261b-262a

2. Da che cosa sono caratterizzate le “scienze del-la natura” per Dilthey? 262a

3. Che cos’è il denaro per Simmel? 262b-263a

4. Come si manifesta la vita per Simmel? 263a5. Come si può definire la concezione della storiadi Spengler? 263b

6. Perché per Spengler la civiltà occidentale è altramonto? 264a

DOMANDE DI VERIFICA

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Charles Sanders PeirceIl filosofo, logico e scienziato Charles Sanders Peirce (Cam-bridge, Massachusetts, 1839 - Milford 1914) è promotore diun “circolo metafisico” al cui interno nascono le idee base delpragmatismo. Non riesce a ottenere una cattedra universita-ria, ma solo brevi incarichi presso varie università statuniten-si. Vive gli ultimi anni in isolamento e povertà. Peirce è il padre del pragmatismo, da lui inteso come dot-trina del significato logico e denominato in seguito pragma-ticismo, per distinguersi dalla versione di James. Il significa-to di una cosa o di un concetto non è altro che l’insiemedelle azioni, definito da Peirce “abiti”, di risposta che siamopronti a mettere in atto. Questi abiti possono essere deter-minati secondo tre metodi. Il primo è il “metodo della te-nacia”, che consiste nel rifiutare tutto ciò che ci è estraneo;l’esperienza però lo smentisce di continuo e le credenze co-sì fissate non possono mantenersi a lungo. Il secondo è il“metodo dell’autorità”, al quale si devono le grandi istitu-zioni storiche, laiche e religiose, e ne è parte la stessa meta-fisica, con la sua pretesa di spiegare a priori la realtà. Il suolimite è il dogmatismo, sicché le credenze che ne derivanonon possono mantenersi indefinitamente. L’unico metodo

Gli “abiti” e il significato delle cose

Il metodo della tenacia

Il metododell’autorità

51 Il pragmatismo americano:Peirce, Dewey, James

Il pragmatismo è un movimento filosofico largamente diffuso negli Stati Unititra la fine del sec. XIX e l’inizio del XX. Il termine “pragmatismo” mette in rilievo la tesi fondamentale secondo cui il significato di qualsiasi cosa è determinato dalla sua rilevanza pratica. Originariamente nella definizionedi Peirce, considerato il fondatore del movimento, il pragmatismo è un metodo per ottenere chiarezza linguistica e concettuale quando gli uominiaffrontano problemi intellettuali. Sotto l’impulso di James, che rielaboraampiamente le tesi di Peirce, estendendone il significato in direzione etica e metafisica, il movimento si diffonde a tal punto da non poter più essere considerato una scuola unitaria. Rientra nella prospettiva pragmatistaanche il pensiero di Dewey, che considera l’azione razionalizzantedell’intelligenza come meramente strumentale per rassicurare e consolarel’uomo di fronte al carattere incerto e minaccioso del mondo.

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in accordo con la realtà è il “metodo della scienza”, per cuile credenze sono sottoposte alla verifica tra diversi soggetti.Ogni singola credenza non è in sé che pregiudizio ed erro-re; ma, in quanto contribuisce a formare l’abito comune ditutti, è in cammino con la verità, cioè quell’“accordo dellementi infinitamente lontano” che rispecchierà pienamentela realtà. Su questa base Peirce sviluppa anche una teoria co-smologica e teologica di stampo evoluzionistico. L’univer-so evolve dal caos alla legge, da abiti effimeri e casuali alla rea-lizzazione ultima della verità, cioè del Dio rivelato e compiu-to. Il motore dell’evoluzione è l’amore cosmico, che tra-sforma l’esistenza casuale, cioè il Dio implicito, nell’armoniaesplicita della forma eterna realizzata.

� La semioticaPeirce è uno degli iniziatori della logica formale contempo-ranea, ma soprattutto è il fondatore della semiotica (o scien-za dei segni, che comprende lo studio dei linguaggi non ver-bali e dei testi, verbali e non). Alla semiotica riconduce sia l’on-tologia, sia la logica comune. Ogni cosa è un segno in quan-to il suo essere coincide con gli effetti che essa produce.Tutte le cose sono dunque connesse in una catena di riman-di e vivono solo in quanto stimolano reazioni e interpretazio-

Il metodo della scienza

La verità

L’amore cosmico,motoredell’evoluzione

La semiotica

270

51 - Il pragmatismo americano: Peirce, Dewey, James

AbitiDisposizioni ad agire, non com-portamenti effettivi, che si deter-minano tramite l’adozione deli-berata di una regola di condotta.ComunitàÈ anzitutto la comunità di scien-ziati, in cui il singolo ricercatorediviene membro di una colletti-vità illimitata di individui checooperano al progredire dellaconoscenza; è comunità del di-scorso e del confronto, dell’in-terpretazione e della comunica-zione.CredenzaÈ lo stabilirsi in noi degli abiti chedetermineranno le nostre azio-ni; la credenza si fissa in noi se-condo i modi della tenacia, del-

l’autorità, della scienza.IconaÈ ciò che, essendo quel che è, co-me tale ha anche una somiglianzacon qualcos’altro.IndiceÈ il segno realmente modificato,toccato, affetto dall’oggetto concui ha una qualche qualità in co-mune.SegnoÈ una relazione triadica tra il se-gno stesso, il suo oggetto e l’in-terpretante; ogni pensiero è se-gno. In rapporto all’oggetto il se-gno si suddivide in icona (v.), in-dice (v.) e simbolo (v.).SimboloÈ il segno unito all’oggetto invirtù di una legge.

PEIRCE: PAROLE CHIAVE

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ni. La logica è la scienza della interpretazione dei segni, iquali vanno concepiti come relazioni triadiche, in quanto pos-siedono una “qualità materiale” (per esempio, la stoffa di cuiè fatta la bandierina che segna il vento), una “connessione difatto” con l’oggetto che significano (il movimento della ban-dierina in relazione alla direzione del vento) e infine un “si-gnificato”. Il significato emerge nell’abito dell’“interpretan-te”, cioè in quel comportamento che pone in relazione i pri-mi due caratteri del segno e dice che il primo (la bandierina)“significa” appunto il secondo (la direzione del vento). Cosìsi sviluppa l’abito logico nell’uomo, attraverso una interpre-tazione illimitata, e l’uomo è a sua volta un segno in un uni-verso di segni; egli coincide infine col suo linguaggio.

John DeweyIl filosofo e pedagogista statunitense John Dewey (Burling-ton, Vermont, 1859 - New York 1952) è docente universitarioe apre scuole elementari sperimentali. Dopo il 1929 si dedi-ca a viaggi e all’impegno politico, arrivando a fondare un par-tito di democrazia radicale.La teoria dell’indagine e l’etica sono i due ambiti in cui si svol-ge la riflessione filosofica di Dewey. La realtà non ha struttu-ra e fini rigidamente fissati e immutabili, ma è interazione trauomo e natura, che in tale rapporto si costituiscono e si de-terminano. L’esperienza è il luogo di questo incontro, in cuila dimensione logica si fonde con quella pratica. Conoscereequivale ad agire per mutare una situazione indeterminata eincerta in un sistema ordinato, garante di maggior sicurezzae stabilità. L’indagine regola tale trasformazione e la teoria an-ticipa le operazioni sulle condizioni esistenti e sarà vera serestaurerà quell’equilibrio la cui frattura ha fatto nascere ilproblema e la ricerca. Nell’etica Dewey nega la distinzione tra mezzi e fini: l’uomonon ha un fine ultimo, ma trova soddisfazione solo nella con-tinua attività, libera e intelligente, perché i fini vengono giu-dicati dagli effetti che producono, come afferma nella Teoriadella valutazione (1939).

� PedagogiaCome l’intelligenza ha il compito di riorganizzare senza posal’esperienza, così l’educazione svolge la medesima funzionenell’avvicendamento delle generazioni, consentendo così siala continuità sia il cambiamento. Infatti per Dewey l’educa-zione è “ricostruzione e riorganizzazione dell’esperienzache accresce il significato dell’esperienza stessa e aumenta l’a-

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51 - Il pragmatismo americano: Peirce, Dewey, James

La logica e i segni

Il significato

L’uomo è il suo linguaggio

La teoriadell’indagine

Conoscere = agire

L’etica

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bilità di dirigere il corso dell’esperienza stessa”. Nessun mo-dello determinato o esterno deve essere prescritto, il criteriopedagogico del buon educatore consiste nel verificare sel’apprendimento o l’intervento favoriscono altri apprendi-menti o ulteriore educazione. In tutte le sue opere pedago-giche Dewey critica la scuola nozionistica, verbalistica, libre-sca e ripetitiva mentre sostiene una scuola pubblica e aper-ta, democratica e libertaria, collegata con la vita.

William JamesWilliam James (New York 1842 - Chocorua, New Hampshire1910) dopo la laurea in medicina si occupa di psicologia, dicui è docente dal 1873 ad Harvard, dove fonda un laborato-rio di psicologia sperimentale. Con il pragmatismo James sipropone un metodo per cogliere il significato delle idee edelle teorie attraverso un esame della loro portata prati-ca: se hanno le stesse conseguenze pratiche, esse hanno unidentico significato. Conseguentemente la veritànon è la cor-rispondenza tra l’idea e la cosa, ma consiste nel processocon cui una proposizione viene verificata, allorché è mes-sa a confronto con fatti concreti, che essa può prevedere, con-trollare o spiegare. La verificazione rende vera un’idea e sod-disfa l’esigenza di chiarire una certa situazione, alla luce di in-teressi pratici. Anche la volontà produce convinzioni e cre-denze, laddove l’esperienza non soccorra e la questione ri-manga aperta dal punto di vista teorico. È il caso delle deci-sioni sul senso ultimo della vita, sull’esistenza di un’intelli-genza ordinatrice, sulla libertà umana. Dio collabora conl’uomo al miglioramento del mondo, ma non è onnipoten-te e infinito, perché se così fosse non permetterebbe il malee non sarebbe compatibile con l’azione libera ed efficace del-l’uomo. Il “migliorismo” di James è la tesi per cui la salvezzadell’universo può venire attuata solo dalla collaborazione ditutte le sue componenti.

272

51 - Il pragmatismo americano: Peirce, Dewey, James

L’educazioneriorganizzazionedell’esperienza

La critica alla scuolanozionistica

Le teorie e la loroportata pratica

La verità

La volontà

Dio e l’uomo

Il migliorismo

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51 - Il pragmatismo americano: Peirce, Dewey, James

Peirce è considerato il padre del pragmatismo, da lui inteso come dottrina del si-gnificato logico: il significato di una cosa o di un concetto non è altro che l’insiemedelle azioni di risposta che siamo pronti a mettere in atto.Queste azioni sono definite abiti e sono segni del significato che attribuiamo allecose; gli abiti vengono acquisiti secondo il metodo della tenacia, il metodo dell’au-torità, il metodo della scienza (l’unico in accordo con la realtà).L’universo evolve da abiti effimeri e casuali alla realizzazione ultima della verità,cioè del Dio rivelato e compiuto.Peirce è anche il fondatore della semiotica, a cui riconduce sia l’ontologia sia la lo-gica comune. Ogni cosa è un segno in quanto il suo essere coincide con gli effet-ti che essa produce.La logica è la scienza della interpretazione dei segni, che sono relazioni triadichefra una “qualità materiale”, una “connessione di fatto” e un “significato”.Anche l’uomo è a sua volta un segno in un universo di segni e coincide con il suolinguaggio.

Per Dewey la realtà non ha struttura e fini fissi e immutabili, ma è interazione trauomo e natura, che si incontrano nell’esperienza.Conoscere equivale ad agire per mutare una situazione indeterminata e incerta inun sistema ordinato, garante di maggior sicurezza e stabilità.Nell’etica nega la distinzione tra mezzi e fini: l’uomo non ha un fine ultimo, ma tro-va soddisfazione solo nella continua attività, libera e intelligente, perché i fini ven-gono giudicati dagli effetti che producono.Come l’intelligenza ha il compito di riorganizzare senza posa l’esperienza, così l’e-ducazione svolge la medesima funzione nell’avvicendamento delle generazioni, as-sicurando sia la continuità, sia il cambiamento.Dewey critica la scuola nozionistica, libresca e ripetitiva, sostenendo una scuolapubblica e aperta, democratica e libertaria, collegata con la vita.

Con il pragmatismo James si propone un metodo per cogliere il significato delleidee e delle teorie attraverso un esame della loro portata pratica: se hanno le stes-se conseguenze pratiche, le idee e le teorie hanno un identico significato.Conseguentemente la verità consiste nel processo con cui una proposizione vieneverificata.Anche la volontà produce convinzioni e credenze, quando l’esperienza non soccor-re e la questione rimane aperta dal punto di vista teorico.Il migliorismo è la tesi per cui la salvezza dell’universo può venire attuata solo dal-la collaborazione di tutte le sue componenti, di Dio e l’uomo.

SCHEMA RIASSUNTIVOPEIRCE

Gli “abiti”

L’evoluzione dell’universo

La semiotica

La logica

L’uomo è il suo linguaggio

DEWEY

Conoscere = agire

L’etica

L’educazione

La critica alla scuolanozionistica

JAMES

La verità

La volontà

Il migliorismo

1. Che cos’è il pragmatismo di Peirce? 266a2. Come si determinano i nostri abiti o credenzesecondo Peirce? 266b

3. Che cos’è la teoria dell’indagine di Dewey?268b

4. In che cosa consiste l’educazione per Dewey?268b-269a

5. Che cos’è il pragmatismo per James? 269a6. Che cos’è il migliorismo di James? 269b

DOMANDE DI VERIFICA

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Benedetto CroceIl filosofo, storico e critico letterario Benedetto Croce (Pe-scasseroli, L’Aquila 1866 - Napoli 1952) intreccia l’attività distudioso con l’impegno politico: figura di spicco del liberali-smo conservatore, dopo il delitto Matteotti (1924) è espo-nente autorevole dell’antifascismo; dopo la caduta del fasci-smo è presidente del Partito Liberale. Croce prende le mossedalla storia e dalla letteratura per costruire le sue vedute filo-sofiche, alle quali dà il nome di “filosofia dello spirito”. Espo-ne sistematicamente il suo pensiero in quattro opere: Esteti-ca come scienza dell’espressione e linguistica generale(1902); Logica come scienza del concetto puro (1909); Filo-sofia della pratica. Economica ed etica (1909); Teoria e sto-ria della storiografia (1917).

� Lo spirito e le sue categorieLo spirito per Croce corrisponde alla storia del mondo, incui l’individuale è ciò che effettivamente esiste, come sintesioriginaria di particolare e universale. Questa sintesi è sempreespressa quando pensiamo: infatti quando pensiamo pro-nunciamo dei giudizi, e i giudizi sono l’unità di un soggettoparticolare e di un predicato universale. Secondo Croce i pre-dicati universali si possono tutti ricondurre a quattro fonda-mentali, che sono le “categorie” dello spirito (estetica, lo-gica, economia, etica). Lo spirito è anzitutto da considerare co-me distinto in due grandi forme, quella teoretica e quella pra-

La vita e le opere

Lo spirito

I giudizi

Le categorie:estetica, logica,economia, etica

52 Il neoidealismo italiano: Croce e Gentile

Il neoidealismo è quel movimento di rinascita del pensiero hegeliano che in Italia, a cavallo dell’800 e del ’900, si caratterizza per un intentofortemente polemico nei riguardi del positivismo. Il neoidealismo italiano ha in Croce e Gentile i suoi principali esponenti. Croce sviluppa un idealismo più propriamente storicistico, vedendo nella storia lo svolgimento della vita dello spirito secondo le forme distinte dell’economia e dell’etica, dell’arte e della filosofia. Gentile, invece, elabora un idealismopiù di tipo soggettivistico, mettendo a punto la “riforma della dialetticahegeliana”con l’identificazione del divenire con l’atto puro del pensiero intesocome principio creatore di ogni realtà.

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52 - Il neoidealismo italiano: Croce e Gentile

tica. Quando lo spirito conosce il particolare, dà luogo alla ca-tegoria del bello (estetica); quando conosce l’universale, dàluogo alla categoria del vero (logica); quando fa il particola-re, attiva la categoria dell’utile (economia); quando fa l’uni-versale si innalza al rapporto con il bene (etica). L’attività del-lo spirito ha un ordine: le categorie che si volgono al partico-lare precedono idealmente quelle che si volgono all’universa-le. E tutte stanno tra loro come “distinte” l’una dall’altra, macome tali si compongono tuttavia secondo una circolarità per-manente: ciò che l’azione produce, la conoscenza determinacome sapere mentre, viceversa, il sapere acquisito prepara l’a-zione. Lo spirito in totalità deve dunque essere rappresentatocome sinergia vivente di teoria e prassi. Non tutto nello spiri-to sta secondo distinzione: lo spirito vive anche di opposi-zioni o di contrarietà e dove c’è contrarietà, c’è inevitabil-mente dialettica. La contrarietà è interna a ognuna delle quat-tro categorie: al bello si oppone il brutto, al vero il falso, al-l’utile l’inutile, al bene il male. Per questo aspetto della vitaspirituale Croce si richiama alla lezione di Hegel, che però cri-tica perché non avrebbe colto la distinzione nella vita dello spi-rito, riducendo tutta la vita spirituale all’opposizione dialetti-ca.

� L’estetica e la concezione della storiaPer Croce l’arte è per un verso “materiata” di sentimento, cheè qualcosa di particolare, e per altro verso “formata” dalla rap-presentazione, o intuizione, che è qualcosa di universale. Orapoiché l’arte è un’intuizione, o rappresentazione lirica, checoincide con l’espressione, essa è anche identica al linguaggio,in quanto il linguaggio è l’espressione universale dell’imme-diatezza dell’intuizione. Quanto alla storiografia, celebre è la tesi crociana dell’identitàdi storia e di filosofia. Per Croce la filosofia è la storia consi-derata nella sua universalità e la storia è la filosofia consideratanella sua concretezza: entrambe non sono che modi di riflette-re l’esistenza individuale, l’unica reale, e non possono che es-sere attualmente presenti allo spirito. Ne segue che ogni storiaè storia contemporanea e si esprime nella narrazione, cioè nel-la storiografia. Di qui anche l’identità speculativa di storia e sto-riografia.

Giovanni GentileIl filosofo e pedagogista Giovanni Gentile (Castelvetrano, Tra-pani, 1975 - Firenze 1944) è il massimo esponente del neoi-dealismo italiano. In alleanza con Croce egli inizia una strenua

La circolaritàdei “distinti”

La dialettica

L’arte comerappresentazionelirica

La storia

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battaglia contro il positivismo dominante tra la fine dell’800 egli inizi del ’900. Il sodalizio tra i due filosofi, dopo varie pole-miche, cessa di fronte all’instaurazione del regime fascista,quando Gentile continua ad appoggiare il fascismo, mentreCroce passa all’opposizione. Ministro della pubblica istruzio-ne, Gentile ristruttura la scuola in Italia con la riforma che por-ta il suo nome. Viene ucciso da un commando partigiano du-rante la Resistenza. Tra le sue opere di filosofia: Teoria gene-rale dello spirito come atto puro (1916); Sistema di logica co-me teoria del conoscere (1917-22); Storia della filosofia ita-liana (1969). Tra le opere di pedagogia: Sommario di peda-gogia (1913-14).

� L’attualismoIl pensiero di Gentile è noto con il nome di idealismo attua-le, o attualismo. Con questa formula egli intende difendereuna concezione della filosofia come pensare vivente, capa-ce di risolvere in sé dialetticamente ogni contenuto. La cri-tica da lui mossa a tutte le filosofie precedenti, e soprattuttoalla filosofia di Hegel, è quella di essere delle dottrine del “pen-siero pensato”, ossia di una concettualità astratta e priva divita, perché separata dall’attualità del “pensiero pensante” odall’“atto in atto”. Solo il pensiero pensante è dialettico, per-ché produttore dell’oggetto, che è propriamente il soggettostesso in quanto diventa altro da sé. Il pensiero, quando si au-toproduce (autoconcetto, o autoctisi), sulle prime tratta ilprodotto come assolutamente opposto a sé, come alcunchédi estraneo, poi riconosce che l’oggetto nella sua alterità è ilsoggetto stesso oggettivato, e lo risolve in sé, cioè lo fa iden-tico a sé. Il risultato dell’identificazione di soggetto e oggetto,però, rende di nuovo il soggetto privo dell’oggetto, cioè lorende astratto. Allora il soggetto, dovendo superare la sua con-dizione astratta, fuoriesce nuovamente da sé. Ricomincia, per-ciò, una situazione oppositiva di natura dialettica, la quale sti-mola al trapasso in un altro momento sintetico, e così via al-l’infinito. Tre sono, dunque, i momenti della vita del pensa-re: 1. il soggetto nella sua iniziale separazione, o astrazione,dall’oggetto; 2. l’oggetto nella sua opposizione al soggetto;3. la sintesi di soggetto e oggetto, come finale identificazio-ne, o risoluzione, nel soggetto dell’estraneità dell’oggetto.Questi tre momenti della dialettica dell’atto sono anche i treatteggiamenti fondamentali o le tre “forme” dello spirito, cuicorrispondono, rispettivamente, l’arte, la religione e la filo-sofia. Collocazione incerta finisce per avere in Gentile la scien-za, a volte assimilata all’arte, a volte alla religione.

La vita e le opere

La filosofia come“pensare vivente”

Il “pensieropensante”

L’autoconcetto

I tre momenti dellavita del pensaree le forme dello spirito

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52 - Il neoidealismo italiano: Croce e Gentile

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52 - Il neoidealismo italiano: Croce e Gentile

1. Quali solo le categorie dello spirito per Croce?271b

2. Che cos’è l’arte per Croce? 272b3. Che rapporto c’è fra filosofia e storia per Croce?

272b

4. Perché Gentile definisce il suo pensiero “attua-lismo”? 273a

5. Come si articola, per Gentile, la vita del pensie-ro? 273b

DOMANDE DI VERIFICA

Nella filosofia dello spirito di Croce lo spirito corrisponde alla storia del mondo, incui l’individuale è ciò che effettivamente esiste, come sintesi originaria di partico-lare e universale, espressa, quando pensiamo, nei giudizi, che sono l’unità di unsoggetto particolare e di un predicato universale.

I predicati universali possono essere ricondotti a quattro fondamentali, che sonole “categorie” dello spirito (estetica, logica, economia, etica).

Le categorie che si volgono al particolare precedono idealmente quelle che si vol-gono all’universale e stanno tra loro come “distinte” in una circolarità permanente.

Lo spirito vive però anche di opposizioni (al bello si oppone il brutto, al vero ilfalso, all’utile l’inutile, al bene il male) e dove c’è contrarietà c’è inevitabilmen-te dialettica.

L’arte è per un verso “materiata” di sentimento, che è qualcosa di particolare, e peraltro verso “formata” dalla rappresentazione o dall’intuizione, che è qualcosa di uni-versale. L’espressione artistica coincide con l’intuizione, o rappresentazione lirica,ed è perciò identica al linguaggio.

Croce sostiene l’identità di storia e filosofia: la filosofia è la storia considerata nel-la sua universalità, la storia è la filosofia considerata nella sua concretezza.

L’idealismo attuale, o attualismo, di Gentile concepisce la filosofia come pensarevivente, capace di risolvere in sé dialetticamente ogni contenuto.

Solo il pensiero pensante è dialettico, perché produttore dell’oggetto, che è pro-priamente il soggetto stesso in quanto diventa altro da sé.

Tre sono i momenti della vita del pensare: 1. il soggetto nella sua iniziale separa-zione, o astrazione, dall’oggetto; 2. l’oggetto nella sua opposizione al soggetto; 3.la sintesi di soggetto e oggetto, come finale identificazione, o risoluzione, nel sog-getto dell’estraneità dell’oggetto.

Questi tre momenti della dialettica dell’atto sono anche i tre atteggiamenti fonda-mentali, o le tre “forme”, dello spirito (l’arte, la religione e la filosofia).

SCHEMA RIASSUNTIVOCROCE E LA FILOSOFIADELLO SPIRITO

Le categorie dello spirito

La distinzione delle categorie

Le opposizioni all’interno dello spirito

L’estetica

La storia

GENTILE E L’ATTUALISMO

Il pensiero pensante

I tre momenti della vitadel pensiero

Le forme dello spirito

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Sigmund FreudIl medico neurologo austriaco Sigmund Freud (Freiberg, Mo-ravia, oggi Pribor, 1856 - Londra 1939) lavora nell’ospedale ge-nerale di Vienna con lo psichiatra T. Meynert, e a Parigi studiapsichiatria con J.-M. Charcot. Apre poi uno studio privato, oc-cupandosi in particolare di malati di nevrosi e collaborando conJ. Breuer agli Studi sull’isteria (1892-95). Con L’interpretazio-ne dei sogni (1900) rende nota a un più vasto pubblico la teo-ria dell’inconscio. Nel 1910 fonda con i discepoli l’Associazio-ne Psicoanalitica Internazionale. Nel dopoguerra elabora filo-soficamente le linee di una visione psico-cosmica (imperniatasulla lotta tra vita e morte) della personalità umana. Si misuracon i grandi temi della cultura, della società, della religione,confrontandosi in particolare, lui ateo, con le sue origini ebrai-che nell’Uomo Mosè e la religione monoteista (1938). Coll’av-vento del nazismo le sue opere sono bandite e nel 1938 è co-stretto a riparare a Londra.

� La scoperta dell’inconscioLa ricerca di Freud parte dalla critica delle concezioni tradizio-nali sulle nevrosi, che le interpretavano come malattie organi-che dovute a difetti di funzionamento del sistema nervoso. Se-condo Freud le nevrosi sono invece causate da rappresenta-zioni mentali, sentite come inaccettabili: con esse il soggetto è

La vita

Le nevrosi

53 La nascita della psicoanalisi: Freud e Jung

Con il termine psicoanalisi si indica il metodo di indagine dei processi psichici,la tecnica di cura delle malattie mentali e la teoria della struttura e delfunzionamento della mente, elaborati da Freud. L’importanza e il significatodella psicoanalisi trascende, fin dalla sua prima comparsa, l’ambitopropriamente psicologico e medico, provocando una rivoluzione culturale e,più specificatamente, filosofica, perché Freud contrappone all’idea dell’uomo,tipica della filosofia moderna, fatto di razionalità e coscienza, l’esistenza di forze e manifestazioni irrazionali – l’inconscio – analizzabili scientificamente.La teoria freudiana suscita fin dall’inizio polemiche e contrasti, anche all’internodegli stessi collaboratori di Freud: particolarmente significativa è la secessionedi Jung (1913), che interpreta l’energia psichica, o libido, non solo in terminisessuali e pulsionali, ma estesa anche alle espressioni culturali e creative.

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53 - La nascita della psicoanalisi: Freud e Jung

L’inconscio

Il sogno

I meccanismi dideformazione dellerappresentazioniinconsce

L’interpretazione: via d’accessoall’inconscio

La sessualità

Il complesso di Edipo

La prima teoria sulla composizionedella psiche

La libido

Il conflitto fra le pulsioni

in conflitto e le respinge (rimozione) nell’inconscio, da doveriemergono sotto forma di sintomi nevrotici. Freud guadagna così tre dei pilastri della psicoanalisi: la causa-lità psichica; il carattere conflittuale della psiche, che con l’o-perazione inconscia della rimozione allontana dalla coscienzarappresentazioni inaccettabili; l’esistenza di una parte incon-scia. Tra il 1897 e il 1905 si volge a spiegare coi nuovi concettiuna serie di fenomeni normali. L’interpretazione dei sogni, ol-tre a mostrare che il sogno esprime desideri censurati, per-mette di cogliere i meccanismi attraverso cui si deformano lerappresentazioni inconsce, prima di apparire alla coscienza:principalmente la condensazione (processo per cui una rap-presentazione psichica può riassumere più immagini e cateneassociative) e lo spostamento (meccanismo per il quale il de-siderio o la pulsione, anziché mirare direttamente all’oggettoo alla rappresentazione che possono soddisfarlo, mira ad altrooggetto o rappresentazione, collegato col precedente per qual-che nesso associativo). Sono gli stessi meccanismi che Freudmostra all’opera nella formazione dei lapsus e deimotti di spi-rito (Psicopatologia della vita quotidiana, 1901; Il motto dispirito, 1905). Il lavoro di interpretazione del sogno median-te libere associazioni di pensiero e del rapporto paziente-ana-lista (transfert) costituisce la via d’accesso all’inconscio. Infine l’importanza della sessualità nelle cause della nevrosilo porta a studiarne metodicamente le tappe di sviluppo a par-tire dalla prima infanzia, distinguendo le forme di piacere au-toerotico e pregenitale dalla sessualità genitale dell’adulto (Tresaggi sulla teoria sessuale, 1905) e individuando la centralitàdel “complesso di Edipo”, con cui si organizza dal punto di vi-sta del bambino la relazione tra bambino, padre e madre; nelbambino maschio indica l’amore sessuale per la madre e la con-seguente rivalità con il padre.

� La fondazione teoricaNegli anni tra il 1911 e il 1925 Freud distingue nella psiche un’a-rea inconscia, una conscia e una preconscia: tra queste areeavvengono i processi dinamici propri delle pulsioni (le eccita-zioni di origine somatica che promuovono le energie psichi-che) e della rimozione, promossi in prima istanza dalla libido,cioè l’energia della sessualità (Metapsicologia, 1915). La sco-perta di nuovi fenomeni caratterizzati dalla coazione a ripeteresituazioni spiacevoli (il che contrasta con l’idea che la psiche siamessa in moto solo dalla libido e dal principio di piacere) lo in-duce dopo il 1920 a formulare una nuova teoria delle pulsioni,basata sul conflitto tra pulsioni di vita e pulsioni di morte (Aldi là del principio di piacere, 1920). Di conseguenza con L’Io

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Il medico e psicologo austriaco Alfred Adler (Vienna 1870 - Aberdeen1937) si distacca polemicamente da Freud nel 1911. Per Adler l’indi-viduo debole e insicuro nei confronti del mondo tende all’ipercom-pensazione del proprio “senso di inferiorità” attraverso una forte spin-ta alla autoaffermazione. Alla base di questa spinta sta la pulsione ag-gressiva, che si esprime pure come “volontà di potenza” ed è prima-ria nell’uomo. Rispetto a Freud, in Adler la pulsione sessuale perde diimportanza, mentre acquistano peso le determinazioni storico-sociali.Le formulazioni più mature della sua teoria, da lui chiamata “psicolo-gia individuale”, si trovano nella Conoscenza dell’uomo (1927), doveinsiste sull’unità della persona, la sua irripetibilità e creatività, il suo in-terno dinamismo e finalismo, sottolineando il peso del fattore socialeed educativo nella costituzione del carattere.

ADLERE LA PSICOLOGIA

INDIVIDUALE

e l’Es (1923) propone una nuova, e definitiva, partizione dellapsiche in Es (sede delle pulsioni, coincidente parzialmente conl’inconscio, perché anche l’Io e il Super-Io sono in parte incon-sci), Io (sede della percezione e della coscienza, che però ope-ra inconsciamente la difesa dalle pulsioni) e Super-Io (sede de-gli ideali e della coscienza morale con funzione di censura suicomportamenti, in cui si annidano a livello inconscio sensi dicolpa a volte patologici).

� Psicoanalisi e culturaFreud cerca successivamente di fornire un’interpretazione psi-coanalitica di fenomeni culturali, traendone una conferma in-diretta alle tesi sui processi inconsci e sulla loro influenza sul-le attività coscienti. La religione è letta come espressione diun’umanità che proietta in Dio il bisogno infantile di un padreche protegga e rassicuri (L’avvenire di un’illusione, 1927).La società “civile” risulta dalla repressione delle tendenze ag-gressive e dall’elaborazione del senso di colpa (Il disagio del-la civiltà, 1929). Il rapporto col capo, che fonda la coesionedel gruppo, si regge sul processo libidico per cui lo si identifi-ca col proprio Io ideale (Psicologia delle masse e analisi del-l’Io, 1921).

Carl Gustav JungLo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung (Kesswil 1875 - Kü-snacht 1961) lavora come medico nell’ospedale psichiatricodi Zurigo. Nel 1906 entra in contatto con Freud e aderisce al-l’Associazione Psicoanalitica Internazionale. Nel 1913 rompecon Freud, dalle cui teorie psicoanalitiche si discosta nell’in-terpretazione dell’inconscio e della libido. Anche per con-trassegnare il proprio rispetto, comunque mantenuto, nei

La partizione della psiche: Es, Io, Super-Io

La religione

La società civile

Il rapporto col capo

La rottura con Freud

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53 - La nascita della psicoanalisi: Freud e Jung

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confronti di Freud, Jung chiama la propria teoria psicologiaanalitica. Jung ritiene che l’inconscio preceda la coscienza co-me sua radice, piuttosto che seguirla come conseguenza di unarimozione. Tra le sue opere: Simboli della trasformazione(1912, 1952); Psicologia dell’inconscio (1917, 1943); Energe-tica psichica (1928); Il concetto di inconscio collettivo(1936); Aion. Ricerche sul simbolismo del Sé (1951).

� L’inconscio e le sue figurePer Jung “inconscio” non è un luogo psichico come per Freud,ma un aggettivo che designa un insieme di “complessi” (cioègruppi di rappresentazioni a tonalità affettiva molto elevata, rap-presentazioni che l’Io può controllare o non controllare). Al-l’inconscio si accede attraverso approcci metaforici, o figure,quali l’anima (la parte femminile nel maschio), l’animus (laparte maschile nella femmina), l’ombra (la parte negativa del-la personalità, che il soggetto tende a nascondere), la perso-na, o maschera (che l’Io assume nelle sue relazioni sociali fi-no a identificarvisi quando non è sicuro di sé). Oltre all’in-conscio personale, dove sedimentano le tracce delle espe-rienze dimenticate o rimosse, si dà per Jung anche un in-conscio collettivo, in cui resta depositato il patrimonio psi-cologico dell’umanità. Per inconscio collettivo non si deveperò intendere un particolare contenuto comune a tutti gliuomini, ma archetipi, “forme a priori” dell’immaginazione,disposizioni a fare esperienza in un modo piuttosto che in unaltro.

� Il Sé e l’IoLa dinamica psichica è concepita da Jung come relazione tra ilSé e l’Io: il Sé è l’unità complessiva della personalità, che ab-braccia coscienza e inconscio, mentre l’Io è il centro della men-te cosciente. Del Sé Jung parla in due accezioni: come momentoiniziale della vita psichica e come sua realizzazione o meta. Co-me antecedente dell’Io, il Sé è l’espressione indifferenziata ditutte le possibilità umane: una indifferenziazione mitologica-mente espressa dalla divinità rispetto alla quale un giorno l’uo-mo si era emancipato, inaugurando con la ragione identità edifferenze. Questa emancipazione ha consentito all’uomo diuscire dalla notte dell’indifferenziato, dove appunto abita la fol-lia. Come istanza che va al di là dell’ambito circoscritto della co-scienza razionale, il Sé rappresenta poi il riferimento per unanuova ricerca di senso volta al recupero di motivi esistenzialirimossi per una adeguata costruzione dell’Io. Così, se il Sé cheantecede la nascita della coscienza mostra il volto pericolosodella non riuscita emancipazione dalla follia, il Sé inteso come

La psicologiaanalitica

L’inconscio

Le figuredell’inconscio:anima, animus,ombra, persona

Inconscio personalee inconscio collettivo

Il Sé e l’Io

Il Sé comeantecedente dell’Io

Il Sé comerealizzazione dell’Io

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53 - La nascita della psicoanalisi: Freud e Jung

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ampliamento della coscienza rappresenta il luogo da cui si at-tiva la creatività e da cui si sviluppano le possibilità del futuro.

� Il simbolo e il processo di individuazioneDal punto di vista psichico l’autorealizzazione dell’uomo pre-vede una prima fase di adattamento alla realtà, volta alla co-struzione dell’Io, e una seconda fase di individuazione che siarticola attraverso le due operazioni della differenziazione e del-l’integrazione, sia a livello interiore (intrapsichico), sia nella re-lazione con altri uomini (interpsichico). A livello intrapsichico“individuarsi” significa realizzare la differenziazione dell’Io dal-le istanze psichiche inconsce, per passare successivamente aun’integrazione delle parti rimosse che possono concorrerealla crescita dell’Io ormai consolidato. A livello interpsichico in-dividuarsi significa differenziarsi dall’adesione acritica alle for-me collettive d’esistenza, per passare poi all’integrazione criti-ca di forme e modelli culturali esistenti, da sostituire a quelliche hanno presieduto per il passato alla crescita e che ora si ri-velano insufficienti. Il processo di individuazione avviene mediante la produzionedi simboli che, a differenza di quanto ritiene Freud, non sonosegni che rinviano a cose note (campanile = fallo; caverna =contenitore materno ecc.), ma rimandano a qualcosa di fon-damentalmente sconosciuto e per il quale non c’è un’espres-sione razionale adeguata. Il simbolo non è un significato, maun’azione che mantiene in tensione gli opposti, in cui si svol-ge la vita psichica. Jung scorge nella produzione simbolica in-dividuale e collettiva delle eccedenze di senso rispetto all’in-sieme dei significati codificati, nelle quali si esprime il senso diogni biografia individuale e della storia collettiva. In tal modoJung amplia il concetto di psiche rispetto allo sfondo natura-listico in cui Freud lo identifica con le pulsioni dell’uomo inquanto organismo biologico, e in definitiva lo integra con lanozione di storia: la storia come modificabilità della psiche inbase alle trasformazioni epocali.

L’individuazione e le sue fasi:differenziazione e integrazione

Il simbolo

La produzionesimbolica e la suanatura storica

282

53 - La nascita della psicoanalisi: Freud e Jung

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53 - La nascita della psicoanalisi: Freud e Jung

1. Che rapporto esiste fra nevrosi e inconscio perFreud? 275b-276a

2. Quali impulsi muovono la psiche secondo Freud?276b

3. Come interpreta Freud i principali fenomeni cul-turali? 277b

4. Qual è il motivo della rottura fra Freud e Jung?277b-278a

5. Che cos’è l’inconscio per Jung? 278a6. Che relazione esiste fra il Sé e l’Io per Jung? 278b7. Come si esplica per Jung il processo di indivi-duazione? 279a

DOMANDE DI VERIFICA

Freud arriva alla formulazione del suo concetto di inconscio attraverso lo studio del-le nevrosi, di cui individua la causa in rappresentazioni mentali, sentite come inac-cettabili e con cui il soggetto è in conflitto tanto da respingerle nell’inconscio.

Freud approfondisce la nozione di inconscio mediante lo studio di fenomeni normalicome il sogno, i lapsus e i motti di spirito, attraverso i quali l’inconscio esprime de-sideri censurati.

L’importanza della sessualità nelle cause della nevrosi lo porta a studiare metodi-camente le tappe con cui la sessualità si sviluppa a partire dalla prima infanzia.Centrale è il complesso di Edipo, per cui il bambino ama il genitore dell’altro sessoin rivalità con il genitore del proprio sesso.

Freud distingue nella psiche un’area inconscia, una conscia e una preconscia, fra cuiavvengono i processi delle pulsioni mosse dalla libido, l’energia della sessualità.

Infine la scoperta di nuovi fenomeni lo induce a formulare una nuova teoria dellepulsioni (accanto alla libido individua una pulsione autodistruttiva, o di morte) e unanuova, e definitiva, partizione della mente in Es, Io e Super-Io.

Freud si impegna a fornire anche un’interpretazione psicoanalitica dei fenomeni cul-turali, analizzando la religione, la società, il rapporto col capo.

Jung chiama la propria teoria psicologia analitica: l’“inconscio” non è un luogo psi-chico come per Freud, ma un aggettivo che designa un insieme di “complessi”, chel’Io può controllare o non controllare.

All’inconscio si accede attraverso approcci metaforici o figure quali l’anima, l’ani-mus, l’ombra, la persona.Oltre all’inconscio personale Jung individua anche un inconscio collettivo, in cui re-sta depositato il patrimonio psicologico dell’umanità.

La dinamica psichica è una relazione tra il Sé e l’Io: l’Io è il centro della mente co-sciente, il Sé è l’unità complessiva della personalità sia come momento iniziale del-la vita psichica, sia come sua realizzazione.

L’autorealizzazione prevede una prima fase di adattamento alla realtà e una se-conda fase di individuazione, articolata nelle due operazioni della differenziazionee dell’integrazione.

Operatore del processo di individuazione è il simbolo, un’azione che tiene insiemegli opposti in cui si svolge la vita psichica e rimanda a qualcosa di fondamentalmentesconosciuto e per il quale non c’è un’espressione razionale adeguata. Per Jung laproduzione simbolica crea un’eccedenza di senso rispetto all’esistente nella qualesi esprime la capacità di trasformarsi della vita individuale e della storia collettiva.

SCHEMA RIASSUNTIVOFREUD E LA PSICOANALISI

L’inconscio

La sessualità e il complesso di Edipo

La struttura della personalità

Le istanze della personalità

L’interpretazione dei fenomeni culturali

JUNG E LA PSICOLOGIAANALITICA

L’inconscio personalee l’inconscio collettivo

Il Sé e l’Io

L’autorealizzazione

Il simbolo

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Edmund HusserlIl fondatore e pricipale ispiratore della fenomenologia è il fi-losofo tedesco Edmund Husserl (Prossnitz, Moravia, 1859 - Fri-burgo in Brisgovia 1938), uno dei più importanti pensatori del’900. Si laurea in matematica e successivamente si dedica allafilosofia. Con le Ricerche logiche (1901) delinea i tratti fonda-mentali del nuovo metodo fenomenologico. Nel 1901 vienenominato professore a Gottinga e raccoglie intorno a sé unbuon numero di discepoli, che danno poi vita ai circoli feno-menologici di Gottinga e di Monaco. Dopo La filosofia comescienza rigorosa (1911), nel 1913 pubblica il primo libro del-le Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fe-nomenologica. Nel 1916 viene chiamato a Friburgo. Negli an-ni successivi pubblica la Logica formale e trascendentale(1929), le Meditazioni cartesiane (1931), la prima parte del-la Crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascen-dentale (1936). Con l’avvento del nazismo al potere Husserl,di origine ebraica, viene radiato dal corpo accademico del-l’università di Friburgo.

� Critica allo psicologismo: essenze, intenzionalitàLe prime ricerche di Husserl sono dedicate ai concetti di mol-teplicità e di numero: la legittimità di un concetto matemati-co va trovata nell’esperienza psicologica attraverso cui esso sicostituisce. In particolare, il concetto di numero sorge dallacapacità di pensare insieme più cose, dall’atto del collegare,ed è quindi colto mediante la riflessione sull’atto psichico concui si costituisce l’insieme.

La vita e le opere

Il concetto di numero

54 Husserl e la fenomenologiaLa fenomenologia, fondata da Husserl, è una delle correnti filosofiche più importanti del ’900, che si propone l’approfondimento del rapporto fra il soggetto e il reale, concepito come insieme di “fenomeni”, così come si manifesta immediatamente alla coscienza. Husserl intende la fenomenologia come la scienza descrittiva di quanto appare all’evidenzaimmediata. Al movimento fenomenologico si ispirano, fra gli altri, Scheler, che ne utilizza il metodo per indagare in particolare il mondo dei valori in vista di una fondazione dell’etica, e Hartmann, che attraverso la fenomenologia riesce a rilanciare la necessità di un’ontologia.

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54 - Husserl e la fenomenologia

La svolta critica nei confronti dello psicologismo

La logica

Il compitodella filosofia

La fenomenologia

L’intenzionalità

La fenomenologiadell’esperienza

Una svolta netta rispetto alle sue concezioni sul numero è im-pressa da Husserl nelle Ricerche logiche, in cui critica lo psi-cologismo, cioè la pretesa di fondare la logica sulla psicolo-gia. Husserl afferma che la logica ha una natura teoretica, fon-data sull’oggettività e sull’autonomia ontologica del suo cam-po di applicazione. Mentre i principi logici sono necessarie la loro negazione è contraddittoria, le leggi psicologichedipendono dalla natura umana, quale storicamente si è evo-luta, e potrebbero essere diverse da come sono. Fondando iprincipi logici sulle leggi psicologiche si compie un’opera-zione illegittima, che porta a negare la possibilità stessa di ogniteoria. La logica si occupa delle connessioni tra oggetti idea-li, indipendenti dalla soggettività psichica; essa non è unascienza naturale, ma una disciplina a priori, conoscitivamen-te feconda. Compito della filosofia sarà, allora, quello di chia-rificare nell’esperienza immediatamente evidente i concet-ti logici fondamentali. Le sei Ricerche sviluppano le basi diuna teoria della conoscenza per delineare le condizioni di pos-sibilità anche per un tale tipo di esperienza. Nasce così la fe-nomenologia, che descrive gli atti e i vissuti di coscienza, concui facciamo esperienza di ogni sorta di oggetti, sofferman-dosi esclusivamente sulle strutture invarianti ed essenziali. Lacapacità di afferrare intuitivamente le essenze (cioè le strut-ture invarianti) consente di pervenire a conclusioni che sonorigorose, universali e necessarie, pur essendo frutto di de-scrizione. In ogni atto di coscienza e in ogni espressione lin-guistica un oggetto o un fatto vengono intesi attraverso un si-gnificato, un ente ideale, che rende presente alla coscienza(“intenziona”) l’oggetto o il fatto per un loro aspetto deter-minato. Nella percezione viene poi afferrato e intuito, in mo-do più o meno adeguato, quanto nel pensiero è soltanto in-teso e alluso. La coscienza si caratterizza per quel suo riferir-si al reale, ad altro da sé, che Husserl chiama intenzionalità:noi non cogliamo solo le nostre modificazioni soggettive, mapossiamo conoscere la realtà nel suo manifestarsi immediatoed evidente e possiamo così pervenire alla verità.

� Dall’analisi dell’esperienza alla svolta trascendentale

Proseguendo le sue ricerche, Husserl cerca di delineare unafenomenologia dell’esperienza, per mettere in luce le con-dizioni di possibilità dell’esperienza. Il flusso temporale col-lega in una struttura unitaria i diversi istanti, mentre le varieforme di percezione rivelano forme di unificazione che con-sentono di afferrare, nel mutare delle prospettive, certi og-getti come identici. Inoltre, gli ambiti delle varie scienze confi-

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gurano regioni del reale (la cosa materiale, il vivente, i prodot-ti dello spirito) che la fenomenologia dovrebbe descrivere ne-gli aspetti essenziali. Queste indagini rimangono quasi tutte ine-dite, mentre le Idee per una fenomenologia pura e per unafilosofia fenomenologica iniziano la cosiddetta “svolta tra-scendentale”, che utilizza l’epoché (o dubbio metodologico, v.a p. 104) per compiere la riduzione fenomenologica in gradodi cogliere le “forme pure” dell’esperienza, mettendo da partequanto non è dato con evidenza immediata: pregiudizi, mereabitudini e, soprattutto, la convinzione che esista una realtà in-dipendente dalla coscienza. Con la epoché si arriva a cogliere lacoscienza come il punto di partenza primario, perché solo il co-gito (v. a p. 175) garantisce un’evidenza indubitabile. Gli oggettisono delle unità di senso che si costituiscono nell’esperienzaattraverso processi descritti dalle indagini miranti ad afferrarela genesi dei diversi strati di realtà (materiale, animale, spiri-tuale). L’intenzionalità diventa il rapporto tra il noéma, cioèl’oggetto visto come il senso correlato agli atti, e la noési, cioèla soggettività cosciente, che è trascendentale, perché non èuna cosa nel mondo ma sta all’origine del senso del mondo.

� Fenomenologia e razionalitàPer Husserl l’atteggiamento fenomenologico è il vero atteg-giamento filosofico: dinanzi alla crisi del sapere che lo scien-tismo naturalista rivela, assolutizzando la realtà quantificabi-le, va ricercato un senso globale, che solo la ragione filoso-fica può additare alla storia umana, senza cedere ai dogma-tismi, ma insistendo sul valore del rigore critico e delle scel-te responsabili.

Max SchelerIl filosofo tedesco Max Scheler (Monaco 1874 - Francoforte1928) interpreta la fenomenologia come un atteggiamentoculturale generale di rinuncia alla volontà di dominare e or-ganizzare il mondo per fini pratico-soggettivi, per aprirsi allacontemplazione disinteressata delle dimensioni essenzialie oggettive dell’essere.

� Intuizione emozionale dei valoriA differenza di Husserl, come campo di analisi Scheler privile-gia il mondo dei valori e gli atti emozionali, o sentimenti, chece lo dischiudono. Nel Formalismo nell’etica e l’etica mate-riale dei valori (1916) elabora una concezione etica fondatasu queste due tesi: 1. i sentimenti sono dotati di una loro spe-cifica “intenzionalità”, non sono cioè dei semplici “stati affetti-

286

54 - Husserl e la fenomenologia

La svoltatrascendentale

La riduzionefenomenologica

La coscienza

Il noéma e la noési

La ricerca di un senso globale

La fenomenologiacomecontemplazionedisinteressata

L’etica

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vi” soggettivi ma hanno la capacità di intuire degli oggetti spe-cifici, i valori; 2. il mondo dei valori si presenta gerarchizzatoin valori inferiori e superiori, negativi e positivi, che hanno alloro culmine i valori spirituali e religiosi. Il valore morale ri-guarda propriamente gli atti della persona, che sono moral-mente positivi se tendono a valori positivi e moralmente ne-gativi in caso contrario. Diversamente da Kant, l’etica non sifonda quindi su un comando “formale”, bensì su contenuti ve-ri e propri, i valori (etica materiale dei valori).

� Personalismo eticoPer Scheler la persona è il centro unitario e individuo di at-ti intenzionali di ogni tipo, cioè non solo teoretico-razio-nali, ma anche emotivo-affettivi e volitivi. Essa possiede un“corpo fisico”, un “corpo vivente proprio”, un “io psichico”,una dimensione comunitaria e aperta al mondo molteplicee gerarchizzato dell’essere, fino all’essere personale assolu-to e supremo, Dio. In quanto i suoi atti sono l’unica sede deivalori morali, la persona è il valore più alto, superiore a tuttii valori di semplici “cose”. In Essenza e forme della simpa-tia (1923) la persona è considerata inoggettivabile in quan-to centro di atti spirituali, come tali non riducibili a oggettiutilizzabili. Potrà quindi essere conosciuta solo tramite gli at-ti della “simpatia”, con cui si partecipa ai suoi stessi atti. Trale varie forme della “simpatia” un posto particolare spetta al-l’amore e all’odio. L’amore è per sua natura l’atto intenzio-nale che apre ai valori più alti.

Nicolai HartmannIl filosofo tedesco Nicolai Hartmann (Riga 1882 - Gottinga1950), di formazione fenomenologica, rilancia la necessitàdi un’ontologia. Nei Fondamenti di una metafisica dellaconoscenza (1921) sostiene che la filosofia non può pre-scindere da “una descrizione fedele dei fenomeni”, devesvelare le contraddizioni interne del reale (funzione chia-mata “aporetica”: da aporia, che in filosofia designa una scel-ta tra due argomenti parimenti possibili) e risolvere questeaporie (funzione chiamata “teoria”). Pertanto in filosofia lagnoseologia (l’indagine sulla conoscenza) svolge un com-pito determinante: la conoscenza si configura come “rela-zione trascendente” tra soggetto e oggetto, per cui l’ogget-to esiste indipendentemente dal soggetto e non è mai deltutto conoscibile.� L’ontologia criticaDa una tale forma di conoscenza Hartmann nelle opere suc-

287

54 - Husserl e la fenomenologia

L’intenzionalità dei sentimenti

La gerarchia dei valori

L’etica materiale dei valori

La persona

La simpatia

L’amore

La fenomenologia

La gnoseologia

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54 - Husserl e la fenomenologia

È il fondatore della fenomenologia, che studia il rapporto tra il soggetto e il reale.

Critica lo psicologismo, sostenendo che la logica si occupa delle connessioni traoggetti ideali, indipendenti dalla soggettività psichica.

Il compito della filosofia è quello di chiarificare nell’esperienza immediatamente evi-dente i concetti logici fondamentali.

Nasce così la fenomenologia, che descrive gli atti e i vissuti di coscienza, nei loroaspetti invarianti ed essenziali.

La coscienza si caratterizza per il suo riferirsi al reale (intenzionalità), per il qualenon cogliamo solo le nostre modificazioni soggettive, ma anche la realtà nel suomanifestarsi immediato ed evidente.

SCHEMA RIASSUNTIVOHUSSERL

La critica allo psicologismo

Il compito della filosofia

La fenomenologia

L’intenzionalità

cessive (La fondazione dell’ontologia, 1935; Il problemadell’essere spirituale, 1933; Possibilità e attualità, 1938) faderivare la sua “ontologia critica”, in cui la sfera del pensie-ro va distinta da quella dell’essere reale e dell’essere ideale.La realtà o il mondo (La costruzione del mondo reale, 1940)risulta stratificata in una serie di piani (fisico, organico, psi-chico, spirituale) tra loro autonomi e dotati di categorie eprincipi specifici. In definitiva l’ontologia deve giustificarel’oggettività degli enti esterni alla coscienza, cogliendo illoro fondamento nell’essere, descrivendolo nelle sue diver-se sfere. Sempre a proposito dell’ontologia, Hartmann sta-bilisce (Possibilità e realtà, 1938) che la realtà è possibile enecessaria nella misura in cui è “effettuale”: il modo fonda-mentale dell’essere è l’effettualità, ossia una assoluta e ne-cessaria capacità di determinare il reale.

� L’eticaLa stessa posizione è rinvenibile anche in ambito morale. Poi-ché la realtà è necessaria per il fatto stesso di darsi in un mo-do determinato, la libertà di scelta risulta impossibile. Il mon-do dei valori è dunque un insieme di entità ontologiche idea-li e indipendenti dal soggetto, che ne diventa consapevoleattraverso un sentimento immediato. Nella sua Etica (1926)afferma la necessità di fondare l’etica sullo spirito oggettivo(il diritto, la moralità, l’eticità) operante nella storia, di deri-vazione hegeliana.

I piani della realtà

L’effettualità

Il mondo dei valori

L’etica

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54 - Husserl e la fenomenologia

1. Perché per Husserl la logica non può fondarsisulla psicologia? 282a

2. Che cos’è la fenomenologia per Husserl? 282b3. Che cos’è la “svolta trascendentale” di Husserl?

283a

4. Qual è la concezione etica di Scheler? 283b-284a

5. Che ruolo attribuisce Scheler alla simpatia?284b

6. Che cos’è l’ontologia critica di Hartmann? 285a

DOMANDE DI VERIFICA

La cosiddetta svolta trascendentale utilizza l’epoché per compiere la riduzionefenomenologica, che coglie le “forme pure” dell’esperienza, mettendo da partequanto non è dato con evidenza immediata.

Gli oggetti sono delle unità di senso che si costituiscono nell’esperienza e l’inten-zionalità diventa il rapporto tra il noéma (l’oggetto visto come il senso correlato agliatti) e la noési (la soggettività cosciente).

Per Husserl l’atteggiamento fenomenologico è il vero atteggiamento filosofico: di-nanzi alla crisi del sapere va ricercato un senso globale, che solo la ragione filoso-fica può additare alla storia umana.

Scheler interpreta la fenomenologia come un procedimento di rinuncia alla volontàdi dominare il mondo per fini pratico-soggettivi, per aprirsi alla contemplazione di-sinteressata dell’essere.

In particolare, analizza il mondo dei valori e gli atti emozionali, o sentimenti, che celo dischiudono.

Elabora una concezione etica fondata su due tesi: 1. i sentimenti sono dotati di unaloro specifica “intenzionalità”; 2. il mondo dei valori si presenta gerarchizzato in va-lori inferiori e superiori, negativi e positivi.

La persona è il centro unitario e individuo di atti intenzionali di ogni tipo, è l’unicasede dei valori morali ed è essa stessa il valore più alto.

In quanto centro di atti spirituali, come tali inoggettivabili, la persona è inoggetti-vabile e può essere conosciuta solo tramite gli atti della simpatia.

Hartmann rilancia la necessità di un’ontologia, sostenendo che la filosofia non puòprescindere da “una descrizione fedele dei fenomeni”, svelando e risolvendo le con-traddizioni interne del reale.La gnoseologia ha pertanto un compito determinante, configurandosi come “rela-zione trascendente” tra soggetto e oggetto.

Da ciò Hartmann fa derivare la sua ontologia critica (in cui la sfera del pensiero vadistinta da quella dell’essere reale e dell’essere ideale), che deve giustificare l’og-gettività degli enti esterni alla coscienza.Inoltre stabilisce che la realtà è possibile e necessaria nella misura in cui è “ef-fettuale”, cioè è capace di determinare il reale. Poiché la realtà è necessaria peril fatto stesso di darsi in un modo determinato, anche la libertà di scelta risultaimpossibile.

Il mondo dei valori è dunque un insieme di entità ontologiche che stanno in sé, in-dipendenti dal soggetto, che ne diventa consapevole attraverso un sentimento im-mediato.

segue

La svolta trascendentale

Il noéma e la noési

Il vero atteggiamentofilosofico

SCHELER

L’analisi del mondo dei valori

L’etica

La persona

La simpatia

HARTMANN

L’ontologia critica

Il mondo dei valori

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Martin HeideggerMartin Heidegger (Messkirch 1889-1976) studia a Friburgo, col-labora con Husserl e insegna prima a Marburgo e poi a Fribur-go, dove nel 1933 diviene rettore dell’università, ma poi si di-mette per divergenze con il regime nazista, che pure aveva ap-poggiato. Dal 1945 al 1951 viene sospeso dall’insegnamentodalle autorità alleate, ma viene poi reintegrato nelle sue fun-zioni di professore.

� La filosofia dell’esistenzaIn Essere e tempo (1927) Heidegger si propone di rifonda-re il problema ontologico, affrontandolo non più con l’o-biettivo tradizionale di afferrare concettualmente l’essere,ma nell’ottica fenomenologica rivolta a esplorare “il sensodell’essere”, così come si manifesta nell’esistente. Ora perHeidegger il luogo privilegiato di disvelamento del sensodell’essere è l’uomo, che è quell’ente in grado di porsi il pro-blema dell’essere. L’uomo è chiamato Esserci, o Dasein, per-ché è fondamentalmente un’esistenza gettata nel mondo.Quindi per l’ontologia risulta essenziale l’analisi del “mododi essere” dell’uomo che è l’esistenza: l’ontologia sarà innanzitutto “analitica dell’esistenza”. L’esistenza è caratterizzataessenzialmente dall’oltrepassamento, dalla capacità dell’uo-mo di andare oltre se stesso verso il mondo e perciò l’uomoè anche un “essere-nel-mondo”. Il mondo diventa l’ambitodei progetti e delle azioni dell’uomo, il luogo in cui si “pren-de cura” delle cose (utilizzandole, comprendendole, inter-pretandole) e “ha cura” degli altri uomini. L’uomo può deci-

La vita

“Essere e tempo”

La fenomenologiacome ermeneutica

L’esserci

L’analiticadell’esistenza

L’”essere-nel-mondo”

55 Heidegger e l’esistenzialismoL’esistenzialismo è un movimento filosofico e culturale, sviluppatosinell’Europa occidentale tra le due guerre mondiali, che pone in primo piano la riscoperta dell’esistenza, intesa come il modo di essere tipico eproblematico dell’uomo nella sua vita individuale e particolare. L’esistenzialismosi diffonde in tutta Europa e assume in alcune aree tematiche differenziate. In ambito tedesco, Heidegger e Jaspers riprendono la problematicaontologica e del tema kierkegaardiano della singolarità vissuta, in connessionecon la lezione della fenomenologia. In area francese, Sartre, Merleau-Pontye Marcel delineano l’esistenzialismo soprattutto come filosofia dell’esistenza e della libertà in un mondo assurdo, dove l’uomo è messo in discussione dalle questioni della responsabilità, dell’impegno politico e della felicità.

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55 - Heidegger e l’esistenzialismo

dere per una forma inautentica dell’esistenza, governata dal-l’anonimato del “si dice”, “si fa”, lasciata alla “chiacchiera”, alla“curiosità”, all’“equivoco”. Oppure può scegliere una forma au-tentica dell’esistenza, in cui “coesiste” con gli altri e decide leproprie possibilità e in primo luogo quella “incondizionata ecerta”: la possibilità della morte, di fronte a cui l’uomo si sen-te nell’angoscia, esposto alla presenza del nulla, radicato nellanullità dell’esistenza. Proprio perché è possibilità, l’esistenza sidetermina e progetta nella dimensione temporale del futu-ro: perciò l’orizzonte in cui si inscrive l’ontologia, ossia il pro-blema che l’analitica dell’esistenza deve risolvere, è la tempo-ralità. Il tempo si rivela allora come l’orizzonte, il “senso”, del-l’essere.

� La crisi dell’analitica dell’esistenzaUna serie di opere successive a Essere e tempo ratifica la cri-si dell’analitica dell’esistenza, perché questa non riesce difatto a impostare il rapporto fra tempo ed essere e perché l’es-sere di cui si ricerca il senso non è l’essere dell’ente e quindinon lo si può raggiungere interrogando un ente, neppurequell’ente privilegiato che è l’uomo. Soprattutto La dottrinaplatonica della verità (1942) e la Lettera sull’“umanismo”(1947) attestano l’insufficienza del linguaggio razionale neldeterminare la “differenza ontologica”, ossia la differenza traente ed essere. La metafisica occidentale ha infatti ridottol’essere a semplice presenza, a ente tra enti, a oggetto. L’im-postazione metafisica va perciò sostituita da un itinerario dipensiero in cui l’essere non è più pensato a partire dall’entee alla stregua di ente, ma a partire dal luogo d’origine dellostesso essere, che mentre si rivela si nasconde nell’ente. Ilproblema della differenza ontologica è ora collocato in un“evento appropriante” (Ereignis), la cui caratteristica consi-ste nel sottrarsi in se stesso mentre dona essere e tempo, nelnascondersi nello stesso tempo che rivela le cose nella loroverità.

� La tecnicaLa metafisica ha dunque il suo esito in questa storia del di-svelamento e del ritrarsi dell’essere. In tale contesto Heideg-ger denuncia (Saggi e discorsi, 1954; La tecnica e la svolta,1962) il modo in cui l’uomo occidentale ha esercitato il pro-prio primato sugli enti naturali. Si è occupato delle cose tra-sformandole, impiegandole sistematicamente a proprio van-taggio. La tecnica esprime l’essenza del mondo moderno,dove l’uomo, dimentico dell’essere, si occupa solo delle co-se e il suo stesso pensiero è tecnicizzato. Si devono allora cer-

Esistenzainautenticaed esistenzaautentica

La morte e l’angoscia

La temporalità

La crisi dell’analiticadell’esistenza

La “differenzaontologica” e la critica alla metafisicatradizionale

L’”eventoappropriante”

La tecnica, essenzadel mondo moderno

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care criteri di giudizio non tecnici e mettere in discussioneanche la riduzione del linguaggio a strumento di comunica-zione e di espressione del pensiero. Alla forma meramentetecnica di applicazione della scienza Heidegger oppone ilpensiero meditante, per cui l’uomo può parlare solo in quan-to ascolta il linguaggio dell’essere: in ogni nostro dire “c’èsempre un lasciarsi mostrare che precede questo nostro mo-strare come additare e rilevare”.

� Il linguaggioLe ultime opere (In cammino verso il linguaggio, 1959; Laquestione del pensiero, 1969; Segnavia, 1976) sottolineanol’importanza della riflessione sull’arte e sul linguaggio. Il lin-guaggio, definito “la casa dell’essere”, non è solo uno stru-mento di cui l’uomo può disporre a piacimento per indicareed esprimere qualcosa. Ben più a fondo, soprattutto nel lin-guaggio poetico, vi traspare un’eccedenza di senso, ven-gono alla luce i significati, i valori di un’intera epoca storica.Pertanto Heidegger insiste sul duplice rapporto della paro-la con la cosa e con l’essere. In primo luogo la parola portala cosa ad apparire nel suo aspetto ontologico in quanto co-sa, come l’orizzonte di manifestazione dell’essere. In secon-do luogo la parola si pone sulle tracce dell’essere, che per ladifferenza ontologica non compare mai nella sua pienezza,ma via via si mostra in un gioco di presenza e assenza, comealterità insondabile e sconosciuta. Ma la “differenza” è unacontinua manifestazione di senso mai definitiva, sempre “incammino”: per questo la filosofia può essere solo erme-neutica, ossia interpretazione della parola e dei luoghi stori-ci in cui l’essere si mostra e si riserva.

Karl JaspersLo psichiatra e filosofo tedesco Karl Jaspers (Oldenburg 1883 -Basilea 1969) si laurea in legge e medicina, insegna filosofia aHeidelberg dal 1916 al 1937, quando gli viene tolta la cattedraper la sua opposizione al nazismo. Si trasferisce allora in Sviz-zera, dove insegna all’università di Basilea. Tra le opere: Filoso-fia (1933); Sulla verità (1948).Secondo Jaspers si può riguardare la totalità dell’essere sot-to due profili: “oggettivamente”, come fa la scienza, che ar-ticola la totalità nei vari saperi; oppure “trasversalmente” co-me fa la filosofia: in quelli che la scienza intende come “da-ti”, la filosofia coglie le “cifre” di un’ulteriorità, di un “abbrac-ciante” senso dell’essere che sempre ci supera, mai del tutto“compreso” e che però sempre ci “richiama”.

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55 - Heidegger e l’esistenzialismo

Il pensieromeditante

Il linguaggio

Il linguaggio poetico

Il rapporto dellaparola con la cosa e con l’essere

La filosofia comeermeneutica

La vita

La filosofia coglie le “cifre” di un’ulteriorità

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Ciò dipende dal fatto che l’esistenza umana è sempre “si-tuata” e, come tale, può aprirsi all’essere solo da un punto divista, in una prospettiva che richiama un’ulteriorità comecompletamento di senso, sebbene non sia possibile giunge-re a un definitivo possesso di questo senso. Jaspers chiama“fede filosofica” questo rinvio, che rimane come un’irrag-giungibile trascendenza, annunciata come irrevocabile nellamodalità dello scacco esistenziale (il limite estremo dell’esi-stenza) o in quelle che Jaspers chiama “situazioni limite”, pri-ma fra tutte la morte. La cognizione dello scacco non devetuttavia darsi come una resa, perché la trascendenza, pur nonessendo colta in se stessa, viene però avvistata nell’imma-nenza. Nella via del tempo può darsi il pensiero della tra-scendenza: un pensare metafisico che, quando è autentico,non si traduce in rappresentazioni oggettivanti, bensì informe simboliche, in immagini di ciò che può essere rag-giunto non in se stesso, ma per trasparenza nella realtà del fi-nito.

Jean-Paul SartreIl francese Jean-Paul Sartre (Parigi 1905-1980) dopo gli studidi filosofia e psicologia conosce il pensiero di Husserl e di Hei-degger, che lo influenzano in modo determinante. Pubblicaanche numerosi lavori teatrali e narrativi (La nausea, 1938; Ilmuro, 1939; I cammini della libertà, 1945-49), che diffon-dono i temi esistenzialistici presso un vasto pubblico. All’atti-vità filosofica e letteraria associa un costante impegno politi-co militante, in collegamento sempre critico con il marxismo,dal quale alla fine si stacca nettamente, proponendo un’eticadella solidarietà e della fratellanza.

� Dalla fenomenologia all’esistenzialismoIn Immagine e coscienza (1940) Sartre applica il metodo fe-nomenologico allo studio delle emozioni e dell’immagina-zione, considerate non come fatti psichici, ma modi parti-colari con cui la coscienza si rapporta al mondo, trasfor-mandone il senso globale. Nell’Essere e il nulla (1943) que-sto tema viene sviluppato in una prospettiva sistematica: lacoscienza, sempre proiettata intenzionalmente fuori di sé, sipone di fronte al mondo. Nella sua realtà massiccia e opaca ilmondo costituisce l’in sé, mentre la coscienza, sempre con-sapevole del mondo e di se stessa, è il per sé e, contrappo-nendosi all’essere, è il nulla. Questo vuol dire che la co-scienza non è mai definita, assorbita o determinata dal -la realtà, ma è libera, perché sempre capace di trascendere la

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55 - Heidegger e l’esistenzialismo

L’esistenza umana

La “fede filosofica”

Le “situazioni limite”

La trascendenzaimmanente

Il pensare metafisicoautentico

La vita

Lo studio delle emozioni e dell’immaginazione

Il mondo = l’in séLa coscienza = ilper sé, il nulla

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realtà fattuale, progettando scopi o valori in cui autonoma-mente decide di realizzarsi. Nell’uomo la coscienza è sempre“situata”, cioè la corporeità è una dimensione intrinseca del-la coscienza. Gli altri uomini appaiono quando ci si sente guar-dati, cioè ci si sente trattati come oggetti e privati della libertà.Il rapporto con l’altro è perciò essenzialmente conflittuale.

� Esistenzialismo e marxismoL’avvicinamento al marxismo suggerisce a Sartre una revisio-ne della propria prospettiva, nel tentativo di accogliere l’i-stanza rivoluzionaria di cui il marxismo è portatore, pur ri-fiutandone il materialismo e il determinismo. Nella Criticadella ragione dialettica (1985) l’uomo è capacità di trasfor-mare con la prassi la situazione che lo condiziona, alla lu-ce di un progetto di liberazione. Egli è legato agli altri uomi-ni da una relazione dialettica, che si attua soprattutto nel la-voro. La sproporzione tra risorse e bisogni causa la conflit-tualità nei rapporti umani e l’alienazione. Solo l’attività rivoluzionaria di quello che vien detto “gruppoin fusione” realizza la liberazione di ciascuno attraverso lacontemporanea liberazione di tutti, senza più conflitti inter-personali. Ma quando si avvicina alla meta perseguita, il grup-po diventa una istituzione e riproduce nuovamente la divi-sione tra chi comanda e chi è oppresso.

Maurice Merleau-PontyDocente universitario di filosofia, Maurice Merleau-Ponty (Ro-chefort-sur-Mer 1908 - Parigi 1961) è insieme a Sartre (da cuisi distacca per divergenze politiche) il principale esponentedell’esistenzialismo francese.

� L’ambiguità dell’esistenzaIl motivo di fondo del suo pensiero, anche se la riflessionepolitica ne è una componente importante, è l’esistenza qua-le essenza dell’uomo. L’esistenza è concepita dialetticamen-te come l’incessante ripresa della situazione di fatto (caratte-riale, familiare, sociale ecc.) che la condiziona senza però pre-determinarne lo svolgimento. L’esistenza infatti è libera, sisvolge cioè sotto il segno della possibilità anziché della ne-cessità, perché può sempre modificare il suo punto di par-tenza, riassumendolo entro un progetto inaugurato da un at-to di appropriazione della propria vita che le dà il suggellodella “autenticità”. La realizzazione della libertà esige quindil’impegno e la prassi, giacché il senso dell’esistenza, ovvero ilsignificato della condizione umana, si rivela solo nel suo es-

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55 - Heidegger e l’esistenzialismo

La corporeità

Gli altri

La “Critica dellaragione dialettica”

Il “gruppo in fusione”

L’esistenza

La possibilità

La libertà umana

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sere nel mondo. Ma il suo costitutivo radicarsi nel mondo fasì che il senso dell’esistenza sia opaco, e che la misura uma-na della libertà non sia un incondizionato potere della co-scienza sulle cose, bensì si esplichi entro un limitato campodi possibilità. La libertà non può impedire che il mondo im-prima anche all’esistenza il carattere proprio di tutto quantosta nel suo orizzonte, che è la precarietà e la contingenza: pro-prio per questo il senso non può mai esorcizzare il non-sen-so. L’ambiguità dell’esistenzanasce dal fatto che la sua libertàsi rivela in effetti l’altro lato del suo essere conficcata nella vi-ta sensibile della percezione. Lungo questa via la fenomeno-logia esistenzialista e dialettica di Merleau-Ponty incontra lapsicoanalisi nella convinzione che l’inconscio non è solouna struttura antropologica, ma anche una fonte di verità.L’analisi della base sensibile dell’esistenza, ossia della sua di-mensione originaria e percettiva è svolta nella sua opera piùfamosa, Fenomenologia della percezione (1945).

� Il corpo vissutoMerleau-Ponty elabora una fenomenologia dell’esperienza delcorpo animato e parlante che sempre ci accompagna: inter-rogato direttamente, esso appare come “sempre altro da ciòche è”, inoggettivabile. Sperimentato come attivo, il corpo sitramuta subito in passivo e si rivela così uno spazio mobile eparadossale, dove il dentro e il fuori si incrociano e si rove-sciano uno nell’altro. I gesti muti della percezione, così comei fenomeni originari della vita sensibile, con la loro fede pri-mordiale nella sensatezza del mondo, dischiudono allo sguar-do fenomenologico la fonte spontanea del senso, di cui il lin-guaggio è il prolungamento.

� Strutturalismo e ontologiaNegli anni ’50 Merleau-Ponty approfondisce la sua interpre-tazione fenomenologica del linguaggio aprendosi allo strut-turalismo (v. cap. 62). Il senso che promana dai segni lin-guistici non è solo frutto dell’intenzione consapevole delsoggetto, e non è neppure solo il prolungamento della ge-stualità corporea, ma ha anche un’origine intrinseca al lin-guaggio stesso, giacché si trova pure nell’intervallo tra unsegno e l’altro, incastonato negli interstizi tra le parole. Ilconcetto di struttura insegna così a Merleau-Ponty un nuo-vo modo di vedere l’essere, come un “sistema a più en-trate”, in cui il centro è “ovunque e in nessun luogo”. Il lin-guaggio è pensato, con una certa sintonia con l’ultimo Hei-degger, come parola dell’essere (Il visibile e l’invisibile, in-compiuto, 1964).

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55 - Heidegger e l’esistenzialismo

L’ambiguitàdell’esistenza

L’inconscio

La fenomenologiadel corpo animato e parlante

L’interpretazionestrutturalista del linguaggio

L’essere “sistema a più entrate”

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Gabriel MarcelGabriel-Honoré Marcel (Parigi 1889-1973) nel 1929 si con-verte al cattolicesimo, quando ha già elaborato una rifles-sione sull’esistenza umana, che lo porta a leggere Jaspers.Marcel polemizza con le filosofie razionalistiche per le quali èpossibile comprendere la realtà tutta e l’uomo stesso attra-verso concetti e definizioni logiche. All’origine di questo at-teggiamento sta, per Marcel, la scissione operata da Cartesiotra il soggetto (il cogito, v. a p. 175), fonte di chiarezza e prin-cipio di razionalità, e l’oggetto: il soggetto detta le regole del-la comprensione delle cose, come fosse una luce che illumi-na il mondo. La distinzione tra soggetto e oggetto corri-sponde tuttavia a una finzione, utile nell’ambito scientifico,ma assai pericolosa se non ricorda di continuo di essere il frut-to di una originaria e illegittima separazione. Bisogna invecerecuperare la profonda unità di soggetto e oggetto, a par-tire da ciò che è più vicino a me, dal mio corpo. Il rapportodi coinvolgimento tra me e il mio corpo è il segno della “si-tuazione fondamentale” dell’uomo, l’esistenza o “incarnazio-ne”, a partire dalla quale ci si pone la domanda sul significa-to dell’essere.

� Il mistero dell’essereNel Mistero dell’essere (1951) l’essere è presentato non co-me un problema da risolvere a tavolino, ma come un “mi-stero” non definibile concettualmente, che non si può pos-sedere o controllare e che richiede di essere riconosciuto co-me qualcosa che ci supera e a cui dobbiamo prestare ascol-to. Ascoltare l’essere non è una forma di passività, ma di atti-vità, che si traduce in azioni concrete di unione, come la fi-ducia e l’amore, anziché di rottura e di separazione. L’atteggiamento contrario è la tendenza ad “avere”, a posse-dere (le cose, gli altri e la mia stessa vita), così che l’esistenzadell’uomo è drammaticamente in conflitto tra l’essere e l’a-vere, e richiede una scelta (Essere o avere, 1935).

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55 - Heidegger e l’esistenzialismo

La polemica con le filosofierazionalistiche e la scissione frasoggetto e oggetto

La corporeitàrecupero dell’unitàsoggetto-oggetto

Il mistero dell’essere

L’ascolto dell’essere

Il conflitto tra esseree avere

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55 - Heidegger e l’esistenzialismo

In Essere e tempo Heidegger si propone di elaborare il problema ontologico a par-tire dall’interrogazione delle modalità fondamentali dell’esserci (il modo di essereproprio dell’uomo): l’ontologia sarà innanzi tutto un’analitica dell’esistenza.

L’esistenza è caratterizzata essenzialmente dalla capacità dell’uomo di andare ol-tre se stesso verso il mondo, che è il luogo in cui egli si “prende cura” delle cose edegli altri uomini.

L’uomo può così decidere per una forma inautentica o autentica dell’esistenza, incui decide le proprie possibilità, a partire da quella “incondizionata e certa” del-la morte.

Proprio perché l’esistenza è possibilità, si determina e progetta nella dimensionetemporale, cosicché l’orizzonte in cui si inscrive l’ontologia è il tempo.

Il pensiero successivo di Heidegger mette in crisi l’analitica dell’esistenza: l’esserenon coincide con gli enti e non lo si può raggiungere neppure interrogando quel-l’ente privilegiato che è l’uomo.

Infatti il linguaggio razionale della metafisica occidentale è insufficiente nel deter-minare la differenza ontologica, ossia la differenza tra ente ed essere.

Il problema della differenza è collocato in un evento appropriante, in un itinerario dipensiero che pensa l’essere a partire dal suo stesso luogo d’origine, che mentre sirivela si nasconde nell’ente.

Heidegger denuncia il modo in cui l’uomo occidentale ha esercitato il proprio pri-mato sugli enti naturali, trasformandoli e impiegandoli sistematicamente a propriovantaggio (la tecnica).

Alla forma meramente tecnica di applicazione della scienza Heidegger oppone ilpensiero meditante, per cui l’uomo può parlare solo in quanto ascolta il linguaggiodell’essere.

Le ultime opere di Heidegger sottolineano l’importanza della riflessione sull’arte esul linguaggio, definito “la casa dell’essere”.

Secondo Jaspers si può riguardare la totalità dell’essere sotto due profili: “ogget-tivamente”, come fa la scienza, e “trasversalmente”, come fa la filosofia.

In quelli che la scienza intende come “dati”, la filosofia coglie le “cifre” di un’ulte-riorità, che sempre ci supera e sempre ci “richiama”.

Ciò dipende dal fatto che l’esistenza umana è sempre “situata” e come tale puòaprirsi all’essere da un solo punto di vista, senza mai poter giungere a un comple-tamento di senso.

Jaspers chiama fede filosofica questa apertura all’essere, che è annunciata comeirrevocabile nella modalità dello scacco esistenziale, nelle situazioni limite, primafra tutte la morte.

La cognizione dello scacco non deve tuttavia essere una resa: la trascendenza, purnon essendo colta in se stessa, viene però avvistata nell’immanenza.

Sartre considera il mondo come l’in sé e la coscienza come il per sé, mai definita,sempre libera, perché capace di trascendere la realtà fattuale, progettando scopio valori.

SCHEMA RIASSUNTIVOHEIDEGGER

L’analitica dell’esistenza

L’esistenza autentica o inautentica

La temporalità

La crisi dell’analiticadell’esistenza

La differenza ontologica

L’evento appropriante

La critica della tecnica

Il pensiero meditante

Il linguaggio “casa dell’essere”

JASPERS

Le “cifre” di un’ulteriorità

L’esistenza umana

La fede filosofica

La trascendenzaimmanente

SARTRE

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1. Perché, per Heidegger, l’ontologia è innanzitut-to un’analitica dell’esistenza? 287b

2. Quale rapporto esiste, per Heidegger, fra lin-guaggio ed essere? 289a

3. Che differenza esiste fra scienza e filosofia per

Jaspers? 289b4. Che cos’è la coscienza per Sartre? 290b5. Qual è il senso dell’esistenza per Merleau-Ponty? 291b-292a

6. Che cos’è l’essere per Marcel? 293b

DOMANDE DI VERIFICA

Nell’uomo la coscienza è sempre “situata” nella corporeità. Il rapporto con gli altriè essenzialmente conflittuale.

L’avvicinamento al marxismo suggerisce a Sartre una revisione della sua prospet-tiva: l’uomo è capacità di trasformare con la prassi la situazione che lo condiziona,alla luce di un progetto di liberazione.

Il motivo di fondo del pensiero di Merleau-Ponty è l’esistenza quale essenza del-l’uomo, concepita dialetticamente come l’incessante ripresa della situazione di fat-to, che può essere però sempre modificata dalla libertà umana.

Il senso dell’esistenza si rivela solo nell’essere nel mondo dell’uomo, che è tutta-via opaco perché la libertà umana si esplica in un limitato campo di possibilità.

L’ambiguità dell’esistenza nasce dal fatto che la libertà dell’uomo si rivela l’altro la-to del suo essere conficcata nella vita sensibile della percezione.

Merleau-Ponty elabora una fenomenologia dell’esperienza del corpo animato e par-lante: i gesti muti della percezione, così come i fenomeni originari della vita sensi-bile dischiudono la fonte spontanea del senso.

Approfondisce la sua interpretazione fenomenologica del linguaggio aprendosi al-lo strutturalismo: il senso che promana dai segni linguistici non è solo frutto del-l’intenzione consapevole del soggetto ma ha anche un’origine intrinseca al lin-guaggio stesso.

Marcel polemizza con le filosofie razionalistiche, per le quali è possibile compren-dere la realtà tutta e l’uomo stesso attraverso concetti e definizioni logiche.

All’origine di questo atteggiamento sta la scissione illegittima tra soggetto e og-getto, dei quali deve essere invece recuperata la profonda unità, a partire da ciòche è più vicino a me, dal mio corpo.

Il rapporto di coinvolgimento tra me e il mio corpo è il segno della situazione fon-damentale dell’uomo, l’esistenza o “incarnazione”, a partire dalla quale ci si ponela domanda sul significato dell’essere.

L’essere non è un problema ma un mistero, che richiede di essere riconosciuto co-me qualcosa che ci supera e a cui dobbiamo prestare ascolto.

segue

La coscienza e la corporeità

L’avvicinamento al marxismo

MERLEAU-PONTY

La libertà umana

L’ambiguità dell’esistenza

La fenomenologiadell’esperienza del corpo

Lo strutturalismo

MARCEL

La scissione fra soggetto e oggetto

L’esistenza

Il mistero dell’essere

55 - Heidegger e l’esistenzialismo

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Ludwig Wittgenstein

L’austriaco Ludwig Wittgenstein (Vienna 1889 - Cambridge1951) studia ingegneria e si dedica in seguito alla matemati-ca e alla logica. Dopo aver elaborato il Tractatus logico-phi-losophicus (1918), opera fondamentale nella filosofia del’900, nel 1920-26 insegna come maestro elementare in pae-si montani dell’Austria. Tornato a Vienna entra in contatto colcircolo di Vienna, i cui esponenti si ritengono vicini al per-corso di pensiero del Tractatus. Wittgenstein si rende alloraconto della necessità di correggere la sua opera e nel 1929 silaurea in filosofia a Cambridge, dove insegna dal 1930 al 1947.Alla sua morte lascia una mole di manoscritti, fra cui le Ri-cerche filosofiche (1953) e le Osservazioni filosofiche (1964).

� Il “Tractatus logico-philosophicus”Composto di brevi aforismi, numerati in ordine di importanzacome commento a sette proposizioni principali, il Tractatusviene letto dai neopositivisti come la critica radicale di ognimetafisica e la riduzione della filosofia a due tipi di proposi-

La vita e le opere

La letturaneopositivistica

56 Wittgensteine il neopositivismo

Il neopositivismo, o empirismo logico (v. anche a p. 32) rappresenta un orientamento teorico, che tende a impostare la filosofia in direzioneempirico-scientifica. Presso l’università di Vienna Schlick dà vita nel 1922 al “circolo di Vienna”, che per quasi vent’anni diffonde la propostaneopositivista. In una prima fase si caratterizza per lo studio dell’empirismo e del pensiero logico-epistemologico, con un’attenzione particolare al pensiero di Russell (v. a pp. 296-297) e al Tractatus logico-philosophicusdi Wittgenstein, che inaugura la questione dei requisiti di senso delle proposizioni filosofiche. Schlick formula il principio di verificazionee fa della filosofia un’attività di chiarificazione concettuale. Con Carnap iniziauna seconda fase, caratterizzata dall’attenuazione del principio di verificazione (che, se rigidamente inteso, rischia di rendere insensate anche le proposizioni scientifiche) così da considerare sensate tutte le proposizioniconfermabili, dalle quali, cioè, si possono dedurre proposizioni empiricamentevere. Negli anni ’30 il circolo progressivamente si dissolve per l’avvento del nazismo, che costringe i più a emigrare in Inghilterra e negli Stati Uniti.

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56 - Wittgenstein e il neopositivismo

L’interpretazione di Wittgenstein

Il fraintendimentodella logica delnostro linguaggio

La settimaproposizionee l’ineffabile

I limiti del linguaggio

La revisione delletesi del “Tractatus”

L’abito analiticodel secondoWittgenstein

zioni: le proposizioni formalmente corrette della logica (chesi riducono in fondo a tautologie) e le proposizioni di fatto,o intuitivamente verificabili. Wittgenstein non condivide questa interpretazione ed èespressamente critico della riduzione della filosofia alla logi-ca. Il suo intento è piuttosto quello di mostrare che la for-mulazione dei problemi filosofici “si fonda sul frainten-dimento della logica del nostro linguaggio”. Tale logicaconsiste essenzialmente nella raffigurazione degli stati di co-se, o “fatti atomici”, concatenazioni di oggetti in connessioniimmediate, che sono nel mondo. Ne deriva che la pretesa diesprimere i valori dell’estetica e della morale mette capoa proposizioni prive di senso: nel mondo infatti “non v’è al-cun valore, né, se vi fosse, avrebbe un valore”. L’estetica e l’e-tica sono perciò “trascendentali”, come il linguaggio, che nonpuò essere detto come una “cosa” del mondo. Ciò non com-porta una svalutazione nichilistica della metafisica e della mo-rale: Wittgenstein intende il Tractatus come un’opera com-posta di due parti: la prima effettivamente scritta e la secon-da lasciata nel silenzio. Infatti la settima e ultima proposizio-ne (“su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”) è l’u-nica priva di commento: solo superando le proposizioni delTractatus e sporgendosi “oltre” il linguaggio si “vede retta-mente il mondo”, si mostra l’“ineffabile” o “il mistico”. Il per-corso del Tractatus deve perciò “curare” quella malattia dellinguaggio che è tradizionalmente la metafisica. Ma ciò nonsignifica che le proposizioni di fatto della scienza, pur essen-do sensate, abbiano “valore”. La posizione di Wittgenstein èche ciò che più importa non si può dire, perché i limiti dellinguaggio sono i limiti stessi del mondo e non è sensata-mente ipotizzabile un metalinguaggio che possa parlare delmondo, del linguaggio e della loro relazione.

� Il “secondo” WittgensteinProprio la riflessione sul linguaggio induce Wittgenstein a unarevisione delle tesi del Tractatus. La pretesa di teorizzare lalogica raffigurativa del linguaggio come qualcosa di monoliti-co e unitario, nonché la pretesa di ridurre il linguaggio a pro-posizioni elementari rispecchianti stati di cose si rivelano in-sostenibili. Il linguaggio è in realtà intessuto di pratiche e disensi eterogenei, e il “secondo” Wittgenstein abbandonaogni intento normativo e assume piuttosto un abito analiti-co di tipo descrittivo, che ispirerà la filosofia analitica del lin-guaggio ordinario. Wittgenstein procede qui con suggestiviesempi, analogie, ipotesi interpretative, come colui che, os-servando un gioco di carte sconosciuto, cerchi di ricavarne le

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regole in base alle mosse dei giocatori. Egli chiama infatti “giochi linguistici” quelle famiglie diespressioni che governano il parlare degli uomini. Quella“sensatezza” che il Tractatus ravvisava nelle proposizioni ri-specchianti i fatti del mondo è ora estesa ai vari giochi lin-guistici che gli uomini praticano: le proposizioni di un giocolinguistico hanno senso entro di esso, ma non possono esten-derlo ad altri giochi. Così, ciò che ha senso per la teologia nonpuò aver senso alcuno entro i giochi linguistici della scienzanaturale e così via. Se il compito del filosofo nel Tractatus eraquello di inibire le proposizioni prive di senso logico-fattua-le, nelle Ricerche filosofiche esso diviene quello di render-si conto delle condizioni e delle avventure del senso e didescriverle.

Moritz SchlickIl tedesco Moritz Schlick (Berlino 1882 - Vienna 1936) inse-gna filosofia delle scienze induttive a Vienna ed è uno dei fon-datori del circolo di Vienna. In una prima serie di opere (L’es-senza della verità nella logica moderna, 1910; Il significa-to filosofico del principio di relatività, 1915; Teoria gene-rale della conoscenza, 1918) il significato di un enunciatoviene fatto consistere nel suo essere riferito a un fatto o a undato empirico. Dopo la lettura del Tractatus di Wittgenstein,si orienta verso la questione delle condizioni di significanzaper gli enunciati e il problema della struttura e del fonda-mento della conoscenza scientifica (Positivismo e realismo,1932). Egli enuncia il principio di verificazione, per cui il significa-to di una proposizione coincide con la sua verifica empirica,effettivamente attuata o almeno possibile in linea di princi-pio. Gran parte delle proposizioni della filosofia tradizionalerisulta perciò priva di senso. La filosofia si risolve quindi nel-l’analisi del linguaggio, per chiarire gli enunciati scientifi-ci e ricondurre le proposizioni scientifiche agli asserti di ba-se, che sono proposizioni di osservazione immediatamenteevidenti, non frutto di convenzioni, che mettono a contattodiretto con il reale, offrendo il fondamento della conoscen-za. In Questioni di etica (1930) procede alla chiarificazione deiconcetti etici, ritenuta più importante di qualunque proble-ma teorico, per liberare il mondo morale da espressioni equestioni senza senso. Propone così un’etica basata sull’e-saltazione del libero gioco della creatività, dell’azione vi-tale e gioiosa, senza richiami al dovere.

I giochi linguistici

Il compito del filosofo

Il significato di un enunciatocome riferimento al dato empirico

Il principio di verificazione

La filosofia comeanalisi del linguaggio

L’etica

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56 - Wittgenstein e il neopositivismo

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Rudolf CarnapIl filosofo tedesco Rudolf Carnap (Ronsdoorf, 1891 - Santa Mo-nica, California, 1970) partecipa al circolo di Vienna, insegnaa Vienna e Praga e nel 1935, dopo l’avvento del nazismo, emi-gra negli Stati Uniti. Nella Costruzione logica del mondo(1928) Carnap affronta l’ambizioso progetto di “ricostruire”razionalmente la realtà a partire da alcuni concetti fonda-mentali, che corrispondono ai dati immediati, elementi vis-suti ed elementari dell’esperienza, organizzati in modo lo-gico-formale. Nella Sintassi logica del linguaggio (1934) ab-bandona il riferimento a questi dati elementari, affermandoche ciò da cui parte la scienza sono gli “enunciati protocol-lari”, cioè le proposizioni elementari la cui validità è garan-tita dalla registrazione di dati immediatamente sottoponibi-li a un rigoroso controllo intersoggettivo. Il sapere scienti-fico, quindi, è un insieme logicamente strutturato dienunciati linguistici, costruiti in modo formale-conven-zionale. Non esiste più un unico linguaggio valido, ma tantiquanti se ne vogliono elaborare in base a determinate rego-le sintattiche (principio di tolleranza della sintassi, o prin-cipio di convenzionalità). Carnap abbandona la verificabi-lità come unico criterio di significanza degli enunciati e lasostituisce con un requisito più debole: la confermabilità,cioè una verifica empirica incompleta che rende legittimala credenza razionale nella verità di una certa proposizio-ne. Successivamente (Introduzione alla semantica, 1942;Significato e necessità, 1947), Carnap liberalizza ancora dipiù le proprie posizioni, affermando che il linguaggio nonpuò essere considerato solo a livello formale, come nella sin-tassi, perché è un sistema di atti e comportamenti finalizzatoalla comunicazione, il cui significato si determina in relazionea ciò che i soggetti intendono esprimere (semantica).

La “Costruzionelogica del mondo”

Gli enunciatiprotocollari

Il principio di convenzionalità

La confermabilità

Dalla sintassialla semantica

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56 - Wittgenstein e il neopositivismo

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56 - Wittgenstein e il neopositivismo

1. Perché per Wittgenstein la metafisica è una“malattia del linguaggio”? 302b

2. Che cosa sono i “giochi linguistici” di cui parlaWittgenstein? 303a

3. Che cos’è il principio di verificazione elaboratoda Schlick? 303b

4. Che cos’è il principio di convenzionalità enun-ciato da Carnap? 304b

DOMANDE DI VERIFICA

Wittgenstein non condivide l’interpretazione neopositivista del suo Tractatus logi-co-philosophicus, letto come la riduzione della filosofia alla logica.Il suo intento è piuttosto quello di mostrare che la formulazione dei problemi fi-losofici “si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio”. Allora lapretesa di esprimere i valori dell’estetica e della morale mette capo a proposi-zioni prive di senso.Ciò non comporta una svalutazione nichilistica della metafisica e della morale: perWittgenstein ciò che più importa non si può dire, perché i limiti del linguaggio so-no i limiti stessi del mondo.Proprio la riflessione sul linguaggio induce Wittgenstein a una revisione delle tesidel Tractatus.Il linguaggio è in realtà intessuto di pratiche e di sensi eterogenei: Wittgensteinchiama giochi linguistici quelle famiglie di espressioni che governano il parlare de-gli uomini. La “sensatezza” che il Tractatus ravvisava nelle proposizioni rispecchiantii fatti del mondo è ora estesa ai vari giochi linguistici che gli uomini praticano.

Inizialmente per Schlick il significato di un enunciato consiste nel suo riferimento aun fatto o a un dato empirico.Dopo la lettura del Tractatus di Wittgenstein si orienta verso la questione delle con-dizioni di significanza per gli enunciati e verso il problema della struttura e del fon-damento della conoscenza scientifica.Egli enuncia il principio di verificazione empirica degli enunciati, che porta a rico-noscere come prive di senso gran parte delle proposizioni della filosofia tradiziona-le e risolve la filosofia nell’analisi del linguaggio delle proposizioni scientifiche.Procede, inoltre, alla chiarificazione dei concetti etici per liberare anche il mondomorale da espressioni e questioni senza senso.

Nella Costruzione logica del mondo Carnap vuole ricostruire razionalmente la realtàa partire da alcuni concetti fondamentali, che corrispondono ai dati immediati, ele-menti vissuti ed elementari dell’esperienza.In seguito abbandona il riferimento a questi dati elementari, affermando che ciò dacui parte la scienza sono gli enunciati protocollari, proposizioni convalidate da datisottoponibili a un rigoroso controllo intersoggettivo.Non esiste un unico linguaggio valido, ma tanti quanti se ne vogliono elaborare inbase a determinate regole sintattiche (principio di convenzionalità).Carnap abbandona la verificabilità come unico criterio di significanza degli enun-ciati, sostituendola con un requisito più debole: la confermabilità.Nelle opere successive liberalizza ancora di più le proprie posizioni, affermando cheil linguaggio è un sistema di atti e comportamenti, il cui significato si determina inrelazione a ciò che i soggetti intendono esprimere (semantica).

SCHEMA RIASSUNTIVOWITTGENSTEIN

Lo scopo del “Tractatus”

I limiti del linguaggio

Il “secondo” Wittgenstein

I giochi linguistici

SCHLICK

Il principio di verificazione

L’etica

CARNAP

Gli “enunciatiprotocollari”

Il principio di convenzionalitàLa confermabilità

Dalla sintassi alla semantica

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Tratti generali della filosofia analiticaStoricamente la corrente di pensiero denominata “filosofiaanalitica” si è diffusa nella prima metà del ’900 in Inghilterra,Stati Uniti e paesi scandinavi, per poi affermarsi, dagli anni’70, nel resto d’Europa. Essa si è sviluppata grazie ai contri-buti di L. Wittgenstein, del positivismo logico centro-europeoe delle analisi del linguaggio ordinario. Se ha dei precursori,costoro vanno identificati, proprio per il loro metodo d’inda-gine, in Hume e nell’empirismo inglese, nella scuola scozze-se del senso comune, in Frege, Bolzano, Brentano, Meinonge, per certi versi, anche in Husserl e nei primi esponenti del-la fenomenologia. Gli autori che si rifanno a questo indirizzonon costituiscono una “scuola” in senso proprio, ma hannoin comune uno stile, sia di indagine sia di scrittura, e un at-teggiamento metodologico generale: preferiscono le chiarifi-cazioni minuziose piuttosto che l’invenzione di teorie, inquanto risultano più stimolanti i problemi delle soluzioni; mi-rano alla chiarezza e al rigore, utilizzando, se necessario manon in modo esclusivo o privilegiato, gli strumenti e i risulta-ti della logica formale; argomentano sempre in modo serra-to e controllabile, con stile sobrio e uso di esempi tratti dallavita quotidiana, ricorrendo frequentemente al senso comune

Le origini

I precursori

Stile e metodo

57 La filosofia analiticaLa filosofia analitica è una corrente di pensiero secondo cui i tradizionaliproblemi filosofici possono essere affrontati solo analizzando il linguaggio con il quale sono stati formulati: si pone così una stretta connessione tra pensiero e linguaggio, in quanto solo attraverso il linguaggio si puòconseguire un’esauriente chiarificazione del pensiero. Il movimento analitico si sviluppa a Cambridge agli inizi degli anni ’30 per opera di filosofi, come Russell e Moore, nei quali prevale il cosiddetto atomismo logico, che interpreta l’attività filosofica come tentativo di tradurre le unità linguistichecomplesse in unità semplici e basilari del discorso, al fine di giungere ai costituenti ultimi della realtà. Verso la metà degli anni ’50 è Oxfordche ospita i pensatori più originali, come Ryle e Austin, che elaborano la filosofia del linguaggio ordinario, partendo dalla consapevolezza che il linguaggio ha una struttura molto complessa, di cui gli elementi descrittivie logico-formali costituiscono solo una parte, e che vanno analizzati molti altri tipi di discorso (etico, metafisico, teologico, giuridico).

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mirano per evitare le forme auliche di molta filosofia specu-lativa, accusata di confondere l’oscurità del testo con laprofondità e l’originalità del pensiero; tendono a perseguireun fine “terapeutico”, per eliminare i falsi problemi o le con-fusioni tra regole linguistiche di livello o ambito diversi. A par-tire dagli anni ’70 gli indirizzi di ricerca della filosofia si sonomolto diversificati, senza la chiara prevalenza di alcuno. Si èapprofondito il legame con il pensiero di Frege (M. Dummett)e non sfuggono più le connessioni con la prospettiva di Bren-tano e di Husserl; si cerca anche di mostrare come l’approc-cio analitico possa affrontare i problemi della filosofia classi-ca (E. Tugendhat). Dalle analisi puramente linguistiche si èpassati anche a questioni di contenuto, soprattutto nell’etica,dove si è avuto un rinnovato interesse per il tema delle virtù(P. Foot, P.T. Geach, G.E.M. Anscombe, I. Murdoch). Le teoriedel significato sono divenute più attente alla dimensione prag-matica e al contesto concreto in cui la conversazione si svol-ge, con le sue presupposizioni e le sue implicazioni (P. Grice);mentre il tema della verità ha spinto a inserire il discorso en-tro la cornice globale dell’agire razionale e della sua inter-pretazione (D. Davidson). Questi sviluppi tendono a supera-re le astrattezze di un tecnicismo eccessivo e a permettere al-la filosofia analitica di coniugarsi con altre prospettive affini.

� Tra i precursori: FregeIl logico, matematico e filosofo tedesco Friedrich Ludwig Got-tlob Frege (Wismar 1848 - Bad Kleinen 1925) insegnò mate-matica a Jena e visse in solitudine fra le varie difficoltà prove-nientigli dal mancato apprezzamento del suo giusto valore edai contrasti con i colleghi accademici che gli ostacolarono lacarriera. Eppure fu in vario modo maestro e interlocutoreprincipale di filosofi quali B. Russell, G. Peano, E. Husserl e L.Wittgenstein. Il suo programma di ricerca di una fondazionerigorosa e definitiva della matematica, di cui affermò la com-ponente linguistica, e le opere che lo attuarono e lo divulga-rono furono poi, postumamente, al centro di un ampio di-battito e di un’adeguata, piena rivalutazione. Tra i principalitemi che Frege lasciò in eredità alla filosofia del linguaggio tro-viamo: l’irriducibilità della logica alla psicologia; l’idea che unaparola abbia significato solo nel contesto di un enunciato; ladefinizione di pensiero come senso di un enunciato; e so-prattutto la distinzione tra senso (Sinn) e significato intesocome riferimento (Bedeutung). Ogni espressione del lin-guaggio simbolico si riferisce a una entità: i nomi si riferisco-no a oggetti, i predicati a concetti e relazioni, gli enunciati avalori di verità. Il senso è il modo in cui queste entità vengo-

La voltadegli anni ’70

Gli indirizzi

La fondanzionedella matematica

Senso e significato

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57 - La filosofia analitica

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no date nel linguaggio. Un discorso analogo vale per gli enun-ciati: il loro riferimento è un valore di verità e il loro senso èil pensiero che l’enunciato è vero. La visione di Frege circa ilsenso degli enunciati come condizione di verità venne svi-luppata nel Tractatus logico-philosophicus di L. Wittgenstein.

� La filosofia del linguaggio ordinario Ispirandosi anche alla concezione dei “giochi linguistici”, de-lineata da Wittgenstein negli anni di Cambridge, ci si accorgeche il linguaggio ha una struttura molto complessa, della qua-le l’elemento descrittivo e quello logico-formale costituisco-no solo una parte, e nemmeno quella principale. Molti altri ti-pi di discorso vanno analizzati, come quello etico, metafisico,teologico, giuridico, prescrittivo: se ne devono scoprire re-gole interne e relazioni reciproche, oltre che i rapporti con idiversi contesti di vita in cui sono usati. Pur attribuendo soloall’uso descrittivo la possibilità di informare sulla realtà, di ac-crescere la conoscenza e di essere vero o falso, gli analisti ri-tengono che il linguaggio ordinario sia molto spesso usatonon per descrivere, ma secondo regole e convenzioni atte aconferire un preciso significato ai rispettivi termini: propriodi tali regole d’uso dovrebbe occuparsi l’analisi. Rimane poiil compito di evitare gli “errori categoriali” (Ryle), cioè la con-fusione tra forma logica e forma grammaticale e tra regole ap-partenenti a giochi linguistici diversi. L’analisi, soprattutto coni lavori di Austin, diventa sempre di più una fenomenologiadel linguaggio ordinario: ci si basa su di esso, poiché possie-de la ricchezza, complessità e duttilità, sedimentate in unalunga tradizione. Le indagini si applicano a campi assai vari:si precisano le categorie fondamentali del pensiero; ci si in-terroga sul senso del discorso religioso; si riformula il dibat-tito tra nominalisti e realisti circa l’esistenza degli universali;si indaga il rapporto tra fatti e valori in etica; ci si interrogasulla natura della verità.

Bertrand RussellL’eminente logico, filosofo, pubblicista Bertrand Russell (Trel-leck, Galles, 1872 - Plas Penrhyn, Galles, 1970) nei Principidella matematica (1903), scritti in collaborazione con il ma-tematico e filosofo A. N. Whitehead, tenta di derivare tutta lamatematica pura da un piccolissimo numero di concetti logi-ci fondamentali ed elabora in modo sistematico la teoria deitipi, come soluzione ai paradossi logici derivanti dal concet-to di classe (per esempio, quello classico del cretese Epime-nide che afferma “tutti i cretesi sono bugiardi”).Tale teoria sta-

Tipi di discorso econtesti di vita

Regole d’uso

I campi d’indagine

“Principi della matematica”

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57 - La filosofia analitica

Page 308: Per memorizzare rapidamente la storia della filosofia: le ... · a Tommaso e Cartesio, a Kant e Hegel, a Heidegger e Wittgenstein – il lettore potrà ritrovare gli esiti più recenti

bilisce una gerarchia di livelli logici tra gli enunciati e ammet-te come legittimo solamente un enunciato che si riferisce aun tipo logico inferiore.

� Teoria delle descrizioniCon l’articolo Sulla denotazione (1905) Russell enuncia unanuova teoria della descrizione, dimostrando come ogni pro-posizione che contiene una descrizione può essere ricon-dotta a un’altra equivalente che non contiene più la de-scrizione. Ciò permette di esaminare tutte le proposizioniesclusivamente sotto il profilo linguistico, prescindendo daqualunque riferimento ontologico. Armati di tale strumen-tazione teorica è possibile costruire quella lingua perfetta incui gli enunciati complessi sono costruzioni di funzioni e co-stituenti elementari (costruzionismo logico).

� Senso comune, scienza, filosofiaNella sua prima opera propriamente filosofica, I problemidella filosofia (1912), Russell considera la scienza, in parti-colare la fisica, il modello della conoscenza certa, a cui sicontrappone la conoscenza vaga e contraddittoria del sensocomune. La filosofia non può che partire dal senso comune,ma deve elaborare i risultati conseguiti dalla scienza per sfug-gire alle trappole dello scetticismo e del solipsismo (dottri-na che considera l’io del soggetto l’unica realtà esistente). Intale processo di chiarimento Russell individua dei postulati(l’induzione, la causalità, l’esistenza del mondo esterno e del-le menti altrui, l’affidabilità della memoria ecc.) che sono im-plicitamente accettati sia dalla scienza sia dal senso comune,ma di cui è impossibile una dimostrazione filosofica certa.Anche in ontologia il problema di Russell è di collegare glioggetti del senso comune e quelli della fisica. Una prima ri-sposta (La filosofia dell’atomismo logico, 1918) è quella del-l’atomismo logico per il quale il mondo è costituito da fattiatomici, fatti cioè descritti in una proposizione atomica (nonulteriormente scomponibile): per esempio, “Socrate è ate-niese”. Mediante le leggi della logica si uniscono proposizio-ni atomiche ottenendo proposizioni complesse, che rifletto-no le strutture complesse della realtà. I fatti atomici sono co-stituiti da una sostanza neutrale primitiva, né spirituale, némateriale, che sta alla base sia della psicologia, sia della fisi-ca.George Edward MooreIl professore di Cambridge George Edward Moore (Londra1873 - Cambrige 1958) contribuisce insieme a Russell a crea-

La teoria dei tipi

La scienzacome modello

La filosofia collega il senso comune alla scienza

L’atomismo logico

307

57 - La filosofia analitica

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re l’orizzonte di pensiero della filosofia analitica. Tra i suoiscritti va ricordato La confutazione dell’idealismo (1903), incui propone un metodo di ricerca incentrato sull’“analisi”,cioè sul processo che individua e dà un nome ai componen-ti essenziali di oggetti complessi.

� L’etica e la fallacia naturalisticaLa sua opera principale è Principia ethica (1903), nella qualeMoore afferma che il compito dell’etica è solo di tipo de-scrittivo (non prescrittivo o normativo) e si esplica nell’analisidei significati delle proposizioni etiche, in particolare del con-cetto di bene. In questo contesto elabora la nozione di “falla-cia naturalistica”, che designa l’errore fondamentale di tutti i“naturalismi etici” (sia l’utilitarismo, sia le etiche della virtù, co-me quella di Aristotele e di Tommaso), che pretendono di de-finire la nozione di bene enumerando le qualità che le cosebuone devono possedere e quindi riducono la nozione di be-ne, di per sé indefinibile, ad altre nozioni, che designano en-tità facenti parte del mondo della natura.

� L’utilitarismo non edonistaL’etica che Moore difende in positivo si presenta come una for-ma di cognitivismo non naturalistico: gli asserti etici sono ve-ri o falsi, ma non si riferiscono a realtà conoscibili empirica-mente. Il giudizio sulla bontà intrinseca di qualcosa non ammettel’adduzione di prove a favore o contro: bisogna solo chiedersi selo stato di cose considerato sarebbe buono se fosse la sola cosaesistente. Accanto ai giudizi di bontà intrinseca, vi sono giudizidi giustezza: giusto non può significare altro che “causa di unbuon risultato”. Tuttavia le conseguenze moralmente rilevantidelle nostre azioni possono protrarsi indefinitamente nel futu-ro e quindi noi non possiamo sapere quali azioni sono giustee quali sono sbagliate. Per sapere come dobbiamo agire nondobbiamo chiederci quali regole dobbiamo seguire, ma invecedobbiamo concentrarci sui prevedibili effetti immediati che lenostre azioni probabilmente avranno su noi stessi e sulle per-sone che più ci stanno a cuore.

Gilbert RyleIl professore di filosofia di Oxford Gilbert Ryle (Brighton 1900- Oxford 1976) è uno dei fondatori della filosofia analitica dellinguaggio ordinario. Nell’articolo Espressioni sistematica-mente fuorvianti (1931) propone la revisione e la chiarifica-zione di certe espressioni del linguaggio ordinario, la cui formagrammaticale non corrisponde alla struttura dei fatti descritti e

Il compitodescrittivo dell’etica

La “fallacianaturalistica”

L’etica cognitivistanon naturalistica

I giudizi di bontà e quelli di giustezza

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57 - La filosofia analitica

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tende quindi a generare errori anche filosofici. Per esempio,un’espressione (di quelle dette da Ryle “quasi-ontologiche”) co-me “le vacche carnivore non esistono” induce l’interpretazio-ne erronea che ci siano vacche carnivore e che a esse vada at-tribuita la non esistenza. Tale enunciato va invece riformulatonella forma grammaticale fedele ai fatti “nulla è insieme vaccae carnivoro” da cui non nasceranno errori metafisici. Ryle pro-segue il suo lavoro di demistificazione nello Spirito come com-portamento (1949), in cui intende smantellare la concezionedualistica dell’uomo di origine cartesiana per cui da un latoc’è il corpo fisico esteso, governato da leggi meccaniche, os-servabile e misurabile pubblicamente, e dall’altro un fanta-smatico spirito, governato da leggi alla cui osservazione il sog-getto conoscente ha accesso esclusivo e privilegiato. Alla basedi tale insostenibile dualismo si può scorgere un errore cate-goriale, che consiste in genere nel classificare un concetto sot-to una categoria a cui non appartiene. L’errore di Cartesio fu diconsiderare “mente” (o “spirito”) e “corpo” come sostanze se-parate da registrare in categorie ontologiche diverse, laddovevanno entrambi registrati in un’unica categoria, del “compor-tamento umano”. Compito della filosofia è tracciare la mappacorretta delle categorie a cui i concetti appartengono, in uncostante impegno di chiarificazione e precisazione della geo-grafia logica e concettuale con cui operiamo con il linguaggio.

John Langshaw AustinAnche il professore di filosofia morale a Oxford John LangshawAustin (Lancaster 1911 - Oxford 1960) è uno dei fondatori del-la filosofia analitica del linguaggio ordinario. In Senso e sensibi-lia (1962) esamina la teoria filosofica secondo cui non perce-piamo mai le cose materiali (per esempio, il bastone nell’acqua),ma solo il loro riflesso mentale (l’immagine del bastone spez-zato nell’acqua), e mostra come essa nasca da confusioni ed er-rori nell’uso di parole quali “sembrare” o “apparire”. Nell’operaCome fare cose con le parole (1962) riconosce nel linguaggioordinario l’esistenza di espressioni esecutive, o performative

La chiarificazione dellinguaggio ordinario

Lo smascheramentodell’errore logico deldualismo cartesiano

L’errore categorialedel dualismo

Il compito della filosofia

L’analisi degli errorinell’uso delle parole

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57 - La filosofia analitica

Atto linguisticoSecondo Austin è l’enunciato inquanto costituisce una particola-re forma di azione del soggetto.Si caratterizza per l’aspetto locu-torio, illocutorio e perlocutorio.

Cognitivismo eticoIndirizzo etico secondo il quale igiudizi morali vertono su “fatti”,non sono espressioni di atteg-giamenti o di scelte, e quindipossono essere veri o falsi.

GLOSSARIO

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(quali “ti battezzo” o “ti prometto”), accanto alle espressioni de-scrittive, o constatative. Tale distinzione non regge all’ulteriorevaglio critico di Austin, che nota come molte espressioni de-scrittive sono anche esecutive (“conosco” o “so” è sia una de-scrizione sia un impegno a sostenere qualcosa). Austin si con-centra allora sul singolo atto linguistico nel quale individua va-ri aspetti: 1. locutorio: l’atto linguistico ha senso e riferimento(“la porta è aperta”); 2. illocutorio: nell’ atto linguistico eseguoun’azione (compio un richiamo: “la porta è aperta !”); 3. per-locutorio: con l’atto linguistico ottengo un risultato (qualcunochiude la porta).

Espressioniesecutive, o performative

L’atto linguistico

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57 - La filosofia analitica

Si diffonde nella prima metà del ’900 in Inghilterra, Stati Uniti e paesi scandinavi,e, a partire dagli anni 70, nel resto d’Europa.

La filosofia analitica non ha costituito una scuola, ma si è raggruppata attorno auno stile di indagine e di scrittura, a un generale atteggiamento metodologico.

Con I principi della matematica Russell tenta di derivare tutta la matematica purada un piccolissimo numero di concetti logici fondamentali.

Enuncia una nuova teoria della descrizione, che gli permette di esaminare tutte leproposizioni esclusivamente sotto il profilo linguistico, in vista della costruzione diuna lingua perfetta.

Considera la scienza il modello della conoscenza certa, a cui si contrappone la co-noscenza vaga e contraddittoria del senso comune.Individua dei postulati, implicitamente accettati dalla scienza e dal senso comune,ma di cui è impossibile una dimostrazione filosofica certa.

Secondo la sua teoria dell’atomismo logico il mondo è costituito da fatti atomici,descritti cioè in proposizioni atomiche non ulteriormente scomponibili, le quali, a lo-ro volta, mediante le leggi della logica, vengono unite in proposizioni complesse,che riflettono le strutture complesse della realtà.

Moore afferma il carattere descrittivo dell’etica, che si esplica nell’analisi dei signi-ficati delle proposizioni etiche, in particolare del concetto di bene.

La fallacia naturalistica è l’errore fondamentale di tutti i “naturalismi etici”, che ri-ducono la nozione di bene, di per sé indefinibile, ad altre nozioni.

Gli asserti etici sono veri o falsi, ma non si riferiscono però a realtà conoscibili em-piricamente. Per sapere come dobbiamo agire non dobbiamo chiederci quali regole dobbiamoseguire, ma concentrarci sui prevedibili effetti immediati delle nostre azioni.

SCHEMA RIASSUNTIVOLA FILOSOFIA ANALITICA

Stile e metodo

RUSSELL

La teoria della descrizione

La scienza e il sensocomune

L’atomismo logico

MOORE

La fallacia naturalistica

L’etica cognitivista

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57 - La filosofia analitica

Ryle propone la revisione e chiarificazione di certe espressioni del linguaggio ordina-rio, la cui forma grammaticale non corrisponde alla struttura dei fatti che descrive.

Il compito della filosofia è tracciare la mappa corretta delle categorie a cui i con-cetti appartengono, in un costante impegno di chiarificazione e precisazione.

Austin in Quando dire è fare riconosce nel linguaggio ordinario l’esistenza di espres-sioni esecutive, o performative, accanto alle espressioni descrittive o constatative.

Successivamente si concentra sul singolo atto linguistico nel quale individua l’a-spetto locutorio, illocutorio e perlocutorio.

Diffusa inizialmente nella prima metà del ‘900 in Inghilterra, Stati Uniti e paesiscandinavi, la filosofia si è sviluppata grazie ai contributi di L. Wittgenstein, delpositivismo logico centro-europeo e delle analisi del linguaggio ordinario. Gli au-tori che si rifanno a questo indirizzo non costituiscono una “scuola” in senso pro-prio, ma hanno in comune uno stile, sia di indagine sia di scrittura, e un atteg-giamento metodologico generale: preferiscono le chiarificazioni minuziose piut-tosto che teorie generali, mirano alla chiarezza e al rigore, argomentano semprein modo serrato e controllabile, con stile sobrio e uso di esempi tratti dalla vitaquotidiana

Frege fu in vario modo maestro e interlocutore principale di filosofi quali B. Rus-sell, G. Peano, E. Husserl e L. Wittgenstein. Il suo programma di ricerca consi-stette in una fondazione rigorosa e definitiva della matematica, di cui affermò lacomponente linguistica. Suoi principali temi: l’irriducibilità della logica alla psi-cologia; l’idea che una parola abbia significato solo nel contesto di un enuncia-to; la definizione di pensiero come senso di un enunciato; e soprattutto la di-stinzione tra senso (Sinn) e significato inteso come riferimento (Bedeutung).

Alla luce anche dei “giochi linguistici” chiarificati da Wittgenstein, si considera lastruttura molto complessa del linguaggio, della quale l’elemento descrittivo equello logico-formale costituiscono solo una parte, e nemmeno quella principa-le. Gli analisti ritengono che il linguaggio ordinario sia molto spesso usato nonper descrivere, ma secondo regole e convenzioni atte a conferire un preciso si-gnificato ai rispettivi termini: a tali regole d’uso dovrebbe rivolgersi l’analisi filo-sofica.

RYLE E LA CHIARIFICAZIONEDEL LINGUAGGIO ORDINARIO

Il compito della filosofia

AUSTIN E L’ANALISIDEL LINGUAGGIO ORDINARIO

L’atto linguistico

TRATTI GENERALI

Tra i precursori: Frege

La filosofia del linguaggioordinario

1. In quale rapporto stanno per Russell scienza,senso comune e filosofia? 297a

2. Che cos’è l’atomismo logico? 297b3. Qual è la concezione etica di Moore? 298a

4. Qual è il compito della filosofia per Ryle? 298b-299a

5. Quali aspetti individua Austin nell’atto linguisti-co? 299b-300a

DOMANDE DI VERIFICA

segue

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Il dibattito interno al marxismo: revisionismo e ortodossia

A cavallo fra ’800 e ’900 si accende, all’interno del marxismo,un vivace dibattito teorico fra i sostenitori delle tesi riformi-ste, o revisioniste, e i cosiddetti ortodossi. Esponente di spic-co del revisionismo è il tedesco Eduard Bernstein (1850-1932), amico e collaboratore di Engels, che respinge la previ-sione di Marx, ormai ampiamente smentita dai fatti, del crol-lo del sistema capitalistico sotto il peso della crescente pau-perizzazione del proletariato e della proletarizzazione dellapiccola borghesia. Dal punto di vista politico sostiene, in al-ternativa alla lotta di classe rivoluzionaria, una strategia diriforma sociale all’interno delle istituzioni dello Stato demo-cratico-borghese. Questa impostazione revisionista viene criticata duramente inparticolare da Karl Kautsky (1854-1938), il massimo teoricodella dottrina marxista ortodossa, che si pone in modo radi-calmente diverso rispetto alle teorie di Bernstein, sostenendoche la struttura classista della società capitalistica rende im-possibile la fine dello sfruttamento del proletariato, e che per-ciò il passaggio dal capitalismo al socialismo deve attuarsi me-

Il revisionismo

L’ortodossiamarxista

58 Marxismoe Scuola di Francoforte

Il marxismo rappresenta un filone di grande visibilità della cultura filosofica del ’900. Il pensiero marxista tuttavia si articola in correnti anche assai distantitra loro. Il secolo si apre con la polemica tra i prosecutori della cosiddettaortodossia marxista (Kautsky e il marxismo sovietico di Lenin e Stalin) e i revisionisti, che propugnano strumenti di lotta parlamentari al posto della rivoluzionaria lotta di classe (Bernstein). Il neomarxismo italiano ha il massimo rappresentante in Gramsci, con la sua concezione del marxismocome “filosofia della prassi”. Gli esponenti del “marxismo occidentale”, a partire da Lukács e Bloch, criticano l’estensione della dialettica marxista(nata come strumento di lettura della storia umana) anche alla natura,denunciando l’appiattimento dell’iniziativa dei soggetti in una logica oggettivante.Gli esponenti della Scuola di Francoforte, Horkheimer, Adorno e Marcuse,elaborano la “teoria critica” della società, che estende le categorie di Marxall’analisi della cultura di massa e dell’alienazione capitalistico-borghese..

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diante la dittatura del proletariato (La dittatura del prole-tariato, 1918), concepita, però, all’interno delle strutture del-lo stato democratico.

Antonio GramsciAntonio Gramsci (Ales, Cagliari, 1891 - Roma 1937) è tra i fon-datori del Partito Comunista d’Italia e dal 1924 il suo segre-tario generale. Arrestato nel 1926, passa il resto della sua vi-ta in carcere, dove scrive i Quaderni del carcere, un insiemedi saggi, spunti e abbozzi frammentario, ma rigoroso nel suoimpianto metodologico e organico. Gramsci interpreta ilmarxismo come una “filosofia della prassi”. Contro la ten-denza oggettivistica a fare della dialettica un principio espli-cativo sia della natura sia della storia, Gramsci rivendica l’ir-riducibilità del sapere sociale a quello naturale. La prassi com-prende sia la globalità dell’azione umana nel mondo storico,sia la trasformazione rivoluzionaria della realtà. Proprio la ten-sione rivoluzionaria consente la comprensione dei meccani-smi di dominio e dei rapporti tra le classi sociali, nella cui in-dagine si delinea il pensiero storico e politico di Gramsci. Que-sto si incentra sulla concezione del partito operaio come “in-tellettuale collettivo”, erede del compito di unificazione so-ciale rimasto inadempiuto nel Risorgimento. Nella società in-dustriale occidentale, così complessa e fittamente articolata,l’azione del partito rivoluzionario del proletariato deve pro-porsi come compito essenziale di affermare un’egemoniaculturale sulle forze della società civile insieme a cui costrui-

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La “filosofia della prassi”

Il partito operaiocome “intellettualecollettivo”

58 - Marxismo e Scuola di Francoforte

Il protagonista della rivoluzione sovietica del 1917, Nikolaj Lenin (1870-1924), critica le concezioni positivistiche e fatalistiche del marxismo:la coscienza rivoluzionaria (cioè la capacità di porsi la questione del-la politica e del potere statale) non sorge “spontaneamente” nella clas-se operaia, ma deve essere elaborata dal partito comunista, avan-guardia disciplinata di “rivoluzionari di professione”. Concepisce il nuo-vo Stato sovietico come “dittatura del proletariato”, momento di pas-saggio dallo Stato borghese all’eliminazione della funzione dello Statonel comunismo. Dopo la sua morte la leadership dell’URSS e del movimento comunistamondiale passa a Stalin (1879-1953), che accentua al massimo l’impor-tanza della sovrastruttura politica e ideologica (che si traduce concreta-mente nel Partito Comunista), a cui assegna un ruolo propulsivo nello svi-luppo della società. Ciò si traduce sul piano storico-politico nell’osses-sione del monolitismo e ortodossia ideologici e politici e nella trasposi-zione della lotta di classe in tutti i campi del sapere, dove un “punto di vi-sta proletario” viene contrapposto a quello “imperialistico-borghese”.

IL MARXISMONELL’UNIONE

SOVIETICA:LENIN

E STALIN

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re un “blocco storico” intorno alla classe operaia, necessarioalla trasformazione socialista.

György LukácsIl filosofo ungherese György Lukács (Budapest 1885-1971) nel1918 aderisce al partito comunista e si coinvolge attivamentenella vita politica. Va in esilio a Berlino, da dove si trasferiscea Mosca all’avvento del nazismo, nel 1933. Nel dopoguerrarientra in Ungheria, ma in seguito alla sua adesione all’insur-rezione anticomunista del 1956, viene deportato in Romania;riammesso in patria, si dedica quasi esclusivamente alla ste-sura delle sue ultime opere.

� Coscienza di classe e totalitàIn Storia e coscienza di classe (1923) Lukács respinge l’inter-pretazione scientista ed economicista del marxismo, riportan-do l’attenzione sul problema della dialettica marxista, giun-gendo a sostenere la radicale diversità della realtà umana daquella naturale. Per essere comprese, la realtà e la storia uma-na, con al centro gli uomini in quanto soggetti coscienti, com-portano l’utilizzo di strumenti più filosofici che scientifici, ingrado di connettere i fenomeni del mondo storico-umano e glieventi particolari ai processi a cui appartengono, vale a dire al-la “totalità”. Dal punto di vista politico, il proletariato grazie al-la mediazione del partito raggiunge la coscienza di sé come co-scienza di classe e può così accedere dialetticamente alla vi-sione della totalità dei rapporti sociali e quindi al rovesciamentodel dominio della classe borghese.

� EsteticaNel suo saggio sull’Estetica (1963) riconosce all’arte un ca-rattere di liberazione, perché umanizza il mondo attraverso ilrispecchiamento dell’essenza di una certa realtà e crea cosìun mondo che corrisponde alle aspirazioni dell’uomo, chefa accedere a un punto di vista universale in cui si vede la pos-sibile salvezza immanente dell’umanità.

� OntologiaLa sua ultima opera è Ontologia dell’essere sociale (1971-73,postuma), in cui tenta la costruzione di un’ontologia – ispi-rata a Hegel, Marx e Hartmann – come fondamento di unarinnovata etica marxista. Il rapporto fondamentale tra il sog-getto e l’essere estraneo alla coscienza è costituito dal lavo-ro, che distingue l’essere sociale dall’essere della natura e in-scrive l’uomo nella dialettica storica della libertà.

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58 - Marxismo e Scuola di Francoforte

Il recupero della dialettica

La coscienza di classe

Il carattere diliberazione dell’arte

La funzione del lavoro

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Ernst Bloch

Il filosofo tedesco Ernst Bloch (Ludwigshafen 1885 - Tubinga1977) si avvicina al marxismo e nel 1938 ripara negli Stati Uni-ti per sfuggire alla persecuzione nazista contro gli ebrei. Rien-tra nella Germania Orientale nel 1949, ma viene estromessodall’insegnamento universitario per le critiche mosse all’or-todossia marxista. Nel 1961 sceglie di passare nella GermaniaOccidentale e insegna all’università di Tubinga.

� L’essere come utopiaFin dalla sua prima opera, Lo spirito dell’utopia (1918; 1923),Bloch delinea il suo percorso teorico di fondo: dall’oscuritàdell’attimo vissuto comincia – per l’irresistibile impulso dellavita a diventare sapere – il viaggio alla ricerca del sé, attraver-so un rapporto autentico con gli oggetti dell’esperienza, pri-mi fra tutti gli eventi artistici e musicali. Sotto l’influenza del-la dialettica di Hegel e del suo rovesciamento operato da Marx,che la congiunge con la vita del mondo e la storia degli uo-mini, emerge una definizione dell’essere come utopia, ossiaquale impulso etico verso un “regno dell’uomo”, in cui leaspirazioni socialiste sono mediate con una forte tensionemessianica di origine biblico-ebraica.

� La dialettica della speranzaNel Principio speranza (1954-59) Bloch conduce un’indagi-ne fenomenologica della vita umana, realizzando una vera epropria enciclopedia dei sogni umani (dai miti collettivi del-la società di massa alla cinematografia e alla musica leggera):un modo per disvelare la struttura costitutiva dell’uomoquale “coscienza anticipante” nell’orizzonte dell’utopia, co-scienza di uno scompenso tra anima e mondo, inquietudi-ne di fondo che spinge a trasgredire il presente. L’“altro”dal presente è articolato nelle categorie della possibilità rea-le, del novum, dell’ultimume dell’orizzonte. Il possibilenonè qualcosa di formale e astratto, ma è “obiettivo-reale”, inquanto ha conseguenze nella realtà stessa che lo porta ingrembo: in questo modo la materia del materialismo dialet-tico diventa il terreno dell’anticipazione e della speranza.

Max Horkheimer e la Scuola di FrancoforteLa Scuola di Francoforte è la denominazione di un gruppodi intellettuali di varia formazione (economisti, sociologi, sto-rici, filosofi, psicoanalisti) che negli anni ’20 collaborano conl’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte. Nel 1931 il filo-

La ricerca del sé

Essere come utopia

La “coscienzaanticipante”dell’uomo

Il possibile

La Scuola di Francoforte

315

58 - Marxismo e Scuola di Francoforte

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sofo Max Horkheimer (Stoccarda 1895 - Norimberga 1973),viene nominato direttore dell’Istituto. All’avvento del nazismoHorkheimer riorganizza l’Istituto presso la Columbia Univer-sity di New York. Le vicende storiche che caratterizzano l’epoca contempora-nea (l’avvento del fascismo e del nazismo, l’esito repressivodel comunismo sovietico e del capitalismo, lo sviluppo dellasocietà industriale avanzata) sono i temi costanti della ricer-ca sociale della Scuola di Francoforte, che utilizza in modocritico e antidogmatico i contributi della filosofia di Hegel, diMarx e della psicoanalisi di Freud. Il contributo fondamenta-le della scuola è una teoria critica della società contempo-ranea (Horkheimer e Marcuse, Teoria tradizionale e teoriacritica, 1937) insieme dialettica e totalizzante, nel senso cheevidenzia le contraddizioni della società con l’intento di tra-sformarla in base all’ideale di una “comunità di uomini li-beri”. Nell’Eclisse della ragione (1947) Horkheimer denun-cia lo smarrimento della ragione “oggettiva o classica”, chevoleva giungere alla natura delle cose, e l’avvento della ra-gione “strumentale”, d’origine empiristica e illuministica, laquale ha tradito l’originaria istanza emancipativa e si è ro-vesciata in strumento di dominio dell’uomo sull’uomo. InTeoria critica della società (1968), indaga con gli strumen-ti della psicologia e della psicoanalisi i meccanismi del con-senso e della formazione dell’opinione pubblica manipolatadai sistemi di propaganda. Il fascismo è indicato come for-ma implicita del capitalismo moderno e della civiltà tec-nologica, che ha prodotto una società amministrativa, go-vernata dalla burocrazia, senza autonomia per il singolo. Ve-dendo venir meno la possibilità di una reazione all’integra-zione capitalistica nella società opulenta postbellica, Horkhei-mer assume un atteggiamento di pessimismo metafisico, puraprendo uno spazio critico al rinvio alla trascendenza (La no-stalgia del totalmente altro, 1970; La società di transizio-ne, 1972).

Theodor Wiesengrund AdornoIl musicologo e filosofo Theodor Wiesengrund Adorno (Fran-coforte 1903 - Visp, Svizzera, 1969) dopo aver studiato musi-ca e composizione con A. Berg a Vienna, si laurea in filosofiae diviene uno degli esponenti di spicco della scuola di Fran-coforte. Nel 1933 deve abbandonare la Germania a causa del-le leggi antisemite, si reca in esilio negli Stati Uniti e nel 1949torna in Germania.

� Società, dialettica dell’illuminismo e arte

Horkheimer

I temi della riflessionefrancofortese

La “teoria critica”

L’avvento dellaragione strumentale

Il fascismo

Il pessimismometafisico

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58 - Marxismo e Scuola di Francoforte

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Adorno contesta la società esistente in quanto caratterizzata dalprimato del profitto, eretto a fine supremo dell’azione socialecon la conseguente trasformazione degli uomini in concorrentie nemici, dal dominio dei mass media, attraverso i quali il po-tere impone modelli di comportamento e determina i bisognidegli individui. È soprattutto nella Dialettica dell’illuminismo(1947), scritta in collaborazione con Horkheimer, che sviluppail tema dell’asservimento dell’uomo alla società industriale.L’illuminismo è inteso in senso ampio come l’attività della ra-gione che, fin dalle origini della civiltà occidentale, domina lanatura. Proprio lo stretto nesso tra razionalità e dominio fini-rebbe per rendere la ragione priva di una propria finalità, tra-sformandola in un puro strumento di calcolo, tale da soggio-gare l’uomo stesso. Con la sua Teoria estetica (1970, postuma)attribuisce all’arte un ruolo di contestazione della società esi-stente: l’arte contemporanea, sottraendosi ai canoni classicidella bellezza, raffigurerebbe in pieno le disarmonie e l’infeli-cità della società, favorendo il sorgere della speranza in un’ar-monia del mondo.

� La dialettica negativaAdorno assume la dialettica come strumento di comprensio-ne del reale: in Dialettica negativa (1966) insiste sull’irra-zionalità e le contraddizioni della realtà e, in opposizione aHegel, nega l’identità di ragione e realtà e le pretese della fi-losofia di ridurre il mondo a una totalità di concetti che fini-rebbero per giustificare l’esistente.

Herbert MarcuseAllievo di Heidegger, il filosofo Herbert Marcuse (Berlino 1898- Starnbern, Baviera, 1979) dal 1932 collabora all’Istituto perla ricerca sociale di Francoforte. Dopo l’avvento del nazismosi trasferisce negli Stati Uniti. Inizialmente si dedica a un ri-pensamento della filosofia hegeliana alla luce della critica diMarx e della lezione di Heidegger (L’ontologia di Hegel e lafondazione di una teoria della storicità, 1932; Ragione e ri-voluzione, 1941). Successivamente in Eros e civiltà (1955) si rivolge alla psi-coanalisi per analizzare le cause della “repressione” del-l’uomo contemporaneo. Alla dialettica fra “principio del pia-cere” e “principio della realtà”, individuata da Freud come ori-gine della rimozione di pulsioni e istinti individuali, Marcuseaggiunge come caratteristica della società capitalistica il“principio della prestazione”, che impegna tutte le energiedell’individuo al rendimento lavorativo. La prospettiva di una

La “Dialetticadell’illuminismo”

Razionalità e dominio

Il ruolo di contestazionedell’arte

“Eros e civiltà”

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58 - Marxismo e Scuola di Francoforte

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nuova società e di una cultura non repressiva può essere, per-tanto, affidata soltanto a un recupero della dimensione sen-sitivo-corporea ed estetica dell’uomo. La critica radicale del-la società esistente viene ripresa nel saggio L’uomo a una di-mensione (1964): la caratteristica della civiltà industrialeavanzata è una forma di autoritarismo in cui apparentemen-te tutto è possibile e a tutti è concessa la massima libertà,svuotata però di ogni effettivo contenuto (“tolleranza re-pressiva”).

“L’uomo a una dimensione”

318

58 - Marxismo e Scuola di Francoforte

Bernstein respinge la previsione di Marx del crollo del sistema capitalistico, so-stenendo l’opportunità di una strategia di riforma sociale non rivoluzionaria (re-visionismo).

Kautsky, il massimo teorico della dottrina marxista ortodossa, sostiene la neces-sità del passaggio dal capitalismo al socialismo da attuarsi mediante la dittaturadel proletariato.

Gramsci interpreta il marxismo come una filosofia della prassi, rivendicando l’irri-ducibilità del sapere sociale a quello naturale. La prassi comprende sia la globalitàdell’azione umana nel mondo storico, sia la trasformazione rivoluzionaria della realtà,mediante l’egemonia politica e culturale del partito operaio.

In Storia e coscienza di classe Lukács recupera la dialettica marxista e sostiene laradicale diversità della realtà umana da quella naturale. Grazie alla mediazione delpartito, il proletariato raggiunge la coscienza di sé come coscienza di classe e puòaccedere dialetticamente alla visione della totalità dei rapporti sociali.

Riconosce all’arte un carattere di liberazione, perché crea un mondo che corri-sponde alle aspirazioni dell’uomo.

In Ontologia dell’essere sociale tenta la costruzione di un’ontologia come fonda-mento a una rinnovata etica marxista.

Bloch delinea il suo percorso teorico di fondo come viaggio alla ricerca del sé at-traverso un rapporto autentico con gli oggetti dell’esperienza, primi fra tutti gli even-ti artistici e musicali.Ne emerge una definizione dell’essere come utopia, quale impulso etico verso un“regno dell’uomo” in cui le aspirazioni socialiste sono mediate con una forte im-pronta messianica.

Nel Principio speranza mette in atto il suo metodo di indagine fenomenologica del-la vita umana per disvelare la struttura costitutiva dell’uomo quale “coscienza anti-cipante” nell’orizzonte dell’utopia.

SCHEMA RIASSUNTIVOIL REVISIONISMO

L’ORTODOSSIA

GRAMSCI E LA FILOSOFIADELLA PRASSI

LUKÁCS E LA COSCIENZADI CLASSE

L’arte

L’ontologia

BLOCH E L’UTOPIA

La dialettica della speranza

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58 - Marxismo e Scuola di Francoforte

1. Che cos’è la filosofia della prassi di Gramsci?307b

2. Quali sono le caratteristiche della coscienza diclasse per Lukács? 308b

3. Qual è il percorso teorico di fondo di Bloch? 309a

4. Che cos’è l’illuminismo per Adorno e Horkhei-mer? 311a

5. Quali sono per Marcuse le cause della repres-sione dell’uomo contemporaneo? 311b-312a

DOMANDE DI VERIFICA

La scuola di Francoforte è la denominazione di un gruppo di intellettuali legati al-l’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, di cui il filosofo Horkheimer è il di-rettore.L’avvento del fascismo e del nazismo, l’esito repressivo del comunismo sovieticoe del capitalismo odierno, lo sviluppo della società industriale avanzata sono temicostanti della riflessione della scuola di Francoforte.

Il contributo fondamentale della scuola è una teoria critica della società contem-poranea, tale da evidenziare le contraddizioni della società in vista di una sua tra-sformazione.

Horkheimer in Eclisse della ragione denuncia lo smarrimento della ragione “ogget-tiva o classica”, a favore della ragione “strumentale”, che si è rovesciata in stru-mento di dominio dell’uomo sull’uomo.In Teoria critica della società indaga i meccanismi del consenso e della formazionedell’opinione pubblica manipolata dai sistemi di propaganda con gli strumenti del-la psicologia e della psicoanalisi.

Adorno contesta la società esistente in quanto caratterizzata dal primato del pro-fitto come fine supremo, dalla conseguente trasformazione degli uomini in con-correnti e nemici, dal dominio dei mass media.

In Dialettica dell’illuminismo (in collaborazione con Horkheimer) sviluppa il tema del-l’asservimento dell’uomo alla società industriale, individuando nella razionalità fi-nalizzata al controllo della natura l’origine dei rapporti sociali di dominio.

Per Adorno l’arte assume un ruolo di contestazione della società esistente.

In Dialettica negativa insiste sull’irrazionalità e le contraddizioni della realtà, ne-gando l’identità di ragione e realtà e le pretese della filosofia di giustificare l’e-sistente.

In Eros e civiltà analizza le cause della repressione dell’uomo contemporaneo: la di-namica conflittuale soggettiva, individuata da Freud fra “principio del piacere” e“principio della realtà”, viene esasperata e addizionata dalla repressione sociale edal “principio della prestazione”.

Nell’Uomo a una dimensione analizza la civiltà industriale avanzata, riconoscendola sua caratteristica principale nella forma di autoritarismo in cui apparentementetutto è possibile e a tutti è concessa la massima libertà, svuotata però di ogni ef-fettivo contenuto (tolleranza repressiva).

segue

LA SCUOLA DI FRANCOFORTE

La teoria critica

HORKHEIMER

ADORNO

La critica della razionalitàilluministica

L’arte

La dialettica negativa

MARCUSE E LA REPRESSIONEDELL’UOMO CONTEMPORANEO

“L’uomo a una dimensione”

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Carl SchmittIl giurista e filosofo tedesco Carl Schmitt, (Plettenberg 1888-1985) con le sue teorie ha influenzato il diritto pubblico sta-tale e internazionale, ma anche la filosofia del diritto (I tre ti-pi di pensiero giuridico, 1933) e della politica (Il concettodel politico, 1927). Nel 1933 aderisce al regime nazista, e perquesto dopo la seconda guerra mondiale gli viene tolta la cat-tedra universitaria.Schmitt propone una concezione del diritto come processostorico attraverso il quale la razionalità e la decisione umanariescono a dar forma e ordine alla realtà. La centralità da luiattribuita al momento della “decisione” quale fattore costi-tutivo dell’ordine sociale e giuridico ne fa il rappresentante pereccellenza del decisionismo giuridico, anche se il momentodella decisione è sempre in relazione a un ordine da ripristi-nare o da istituire. Il suo contributo più significativo sta nel-l’aver per primo individuato la categoria del rapporto “ami-co-nemico” come criterio di identità del politico (così comeil rapporto “buono-cattivo” caratterizza l’etico e quello “bello-brutto” l’estetico). La politica non indica infatti una sfera del-l’esistenza umana accanto alle altre, ma un tipo di relazioneche si instaura fra gli uomini nel momento in cui insorge lapossibilità di un conflitto non risolvibile pacificamente, cheporta perciò con sé un rischio di morte e induce gli uomini araggrupparsi in amici e nemici. La relazione politica origina-ria è dunque una relazione di associazione e dissociazioneche deriva essenzialmente da motivi di difesa dell’esistenza edell’identità. Per questo la categoria “amico-nemico” è ineli-

La vita e le opere

Il decisionismogiuridico

La categoria “amico-nemico”

59 Filosofia politica del ’900: Schmitt, Arendt, Rawls

La filosofia politica contemporanea pone un’attenzione particolare alla questione del rapporto tra etica e politica, giungendo a prospettive e soluzioni anche divergenti. Schmitt individua lo specifico del politico nella categoria amico-nemico, giustificata da motivi di difesa dell’esistenza e dell’identità. Hannah Arendt dall’analisi del totalitarismo contemporaneo giunge a proporre una nuova concezione dell’azione e del giudizio, qualefondamento dell’etica e della politica. Più recentemente Rawls elabora una nuova concezionedel contratto sociale per legittimare i principi della giustizia, ottenuti attraverso trattative fra “persone morali”.

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minabile dall’orizzonte umano ed è connessa alla possibilitàdella guerra, che la politica e il diritto non possono eliminarema solo regolamentare.

Hannah ArendtLa filosofa tedesca Hannah Arendt, (Hannover 1906 - NewYork 1975), di famiglia ebraica, studia filosofia e teologia. Persfuggire al nazismo si trasferisce dapprima in Francia e poinegli Stati Uniti. L’orientamento di fondo del suo pensiero èil tentativo di rifondare la politica, partendo da un’analisi del-la modernità e da uno dei suoi esiti più disastrosi, il totalita-rismo. Nelle Origini del totalitarismo (1951) Arendt lo iden-tifica come una forma di dominio completamente nuova, cheattraverso la deresponsabilizzazione morale e il rigido in-quadramento degli individui ha come scopo ultimo la tra-sformazione dell’uomo in “automa” e dei gruppi sociali in“masse”. In Vita attiva (1958) questa problematica viene in-serita in un contesto più ampio: alle caratteristiche del mon-do moderno (tecnica, automazione, separazione fra cono-scenza e pensiero), che hanno portato alla spoliticizzazionedell’agire e a una sottomissione alla razionalità astratta, con-trappone il modello ideale della pólis greca, dove gli uomi-ni entrano in relazione fra loro attraverso l’azione, che sidistingue dal lavoro (finalizzato ai bisogni) e dalla produzio-ne (di strumenti utili) e si qualifica come il dedicarsi degli uo-mini al bene pubblico. Il compito urgente e principale dellafilosofia è ripensare il concetto di agire per restituire al pen-siero il legame con il mondo. Nella sua ultima produzione,La vita della mente (1978, postumo) e Teoria del giudiziopolitico (1982, postumo), Arendt indica come indispensa-bile, oltre all’azione, anche il giudizio, quale momento di sin-tesi fra pensiero e azione, capacità di leggere la situazionestorico-politica e apertura di un dialogo con se stessi, il so-lo che allontana dal conformismo e dalla massificazione.

Il neocontrattualismo di RawlsIl filosofo statunitense John Rawls (Baltimora 1921) è l’ini-ziatore del neocontrattualismo (La teoria della giustizia,1971), che rielabora l’idea di contratto sociale, intendendo-lo non solo come strumento di legittimazione dello Stato,ma anche di giustificazione dei principi di giustizia.Rawls elabora una teoria della giustizia come equità, cheha il compito di identificare una concezione accettabile del-la giustizia chiedendosi su quali principi i membri della so-

Il totalitarismo

La modernaspoliticizzazionedell’agire

L’azione

Il giudizio

La giustizia comeequità

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59 - Filosofia politica del ’900: Schmitt, Arendt, Rawls

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cietà potrebbero ragionevolmente accordarsi per regolarela “struttura di base”, cioè le istituzioni politiche, economichee sociali della società. Il procedimento attraverso cui la teoriaè costruita è quello dell’“equilibrio riflessivo”: individuate leconvinzioni più radicate nella comunità su ciò che è giusto,si tratta di mettere in accordo con queste i principi politici difondo, in modo da poterne poi derivare giudizi su casi me-no elementari. La giustizia come equità vuole essere un cri-terio di giustizia non sostanziale ma procedurale. È costruitaattraverso una finzione: la “tavola delle trattative” fra particontraenti, per stabilire principi di giustizia adeguati a rego-lare la convivenza presente e futura. Le parti contraenti sa-rebbero egoisti razionali e non invidiosi, e Rawls accentua lacaratteristica di “persone morali”, più che di calcolatori ra-zionali, che connota le parti contraenti. Si suppone che sianoprotetti dal “velo dell’ignoranza”, che impedisce loro di pre-vedere la ripartizione dei ruoli sociali e anche quale conce-zione del “bene” sarà prevalente. Devono perciò accordarsisolo su una concezione del “giusto” che permetta la convi-venza di diverse nozioni di bene e di diversi progetti di vita.Le regole sulle quali i contraenti devono accordarsi sarebbe-ro: 1. l’uguale (e non scambiabile) ammontare di libertà; 2.una distribuzione degli altri beni diversa da una del tutto ugua-litaria soltanto a patto che la posizione che assicura una mag-giore dotazione sia accessibile a ognuno per merito e che i ri-sultati della distribuzione conducano a una migliore condi-zione del più svantaggiato (non a una migliore condizione me-dia).Il compito dell’etica secondo il “costruttivismo” professatoda Rawls è rendere esplicite concezioni che già condividiamo,cioè costruire una articolata concezione dei principi fonda-mentali ai quali ispirare i nostri giudizi, non scoprire verità tra-scendenti su un ordine morale indipendente.Dopo un processo di revisione durato vent’anni nel saggio Li-beralismo politico (1993) Rawls riformula la sua concezionedella giustizia come liberalismo “politico”, che trae la sua giu-stificazione dal “consenso per intersezione” fra diverse con-cezioni morali complessive, che hanno in comune una con-cezione della giustizia comprendente tolleranza, pluralismo,uguale rispetto. A favore di questa concezione gioca l’argo-mento della “stabilità”, cioè la sua capacità di generare con-dizioni che garantiscono che si continui a condividerla.

L’equilibrio riflessivo

La “tavola delle trattative”

Le regole della giustizia

Il costruttivismoetico

Il liberalismo politico

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59 - Filosofia politica del ’900: Schmitt, Arendt, Rawls

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59 - Filosofia politica del ’900: Schmitt, Arendt, Rawls

Schmitt propone una concezione del diritto in cui il momento della “decisione”è il fattore centrale e costitutivo dell’ordine sociale e giuridico (decisionismogiuridico).

La categoria del rapporto “amico-nemico” è il criterio di individuazione del politi-co, perché la relazione politica originaria è una relazione di associazione e disso-ciazione basata su motivi di difesa dell’esistenza e dell’identità.

L’orientamento di fondo del pensiero di Hannah Arendt è il tentativo di rifondarela politica, partendo da un’analisi del totalitarismo.Il totalitarismo è una forma di dominio completamente nuova, che attraverso laderesponsabilizzazione e l’irregimentazione dell’individuo, ha come scopo la tra-sformazione dell’uomo in “automa” e dei gruppi sociali in “masse”.

Alla spoliticizzazione dell’agire nel mondo moderno contrappone il modello idea-le della pólis greca, dove gli uomini entrano in relazione fra loro attraverso l’a-zione, che è il dedicarsi degli uomini al bene pubblico. Il compito principale del-la filosofia è ripensare il concetto di agire per restituire al pensiero il legame conil mondo.

Nella sua ultima produzione indica come indispensabile anche il giudizio, qualemomento di sintesi fra pensiero e azione e dialogo con se stessi.

Rawls è l’iniziatore del neocontrattualismo, dottrina con cui rielabora l’idea di con-tratto sociale per giustificare i principi di giustizia.

Elabora una teoria della giustizia come equità, che identifica i principi su cui imembri della società potrebbero ragionevolmente accordarsi per regolare la“struttura di base” della società.

La giustizia come equità è costruita attraverso la procedura ipotetica della “ta-vola delle trattative” fra parti contraenti per stabilire principi di giustizia adegua-ti a regolare la convivenza: 1. l’uguale ammontare di libertà; 2. una distribuzionedegli altri beni non totalmente ugualitaria, ma accessibile a tutti per merito.

Il compito dell’etica è costruire una articolata concezione dei principi fondamen-tali a cui ispirare i nostri giudizi, non scoprire verità trascendenti su un ordine mo-rale indipendente (“costruttivismo”).

Rawls riformula la sua concezione della giustizia come liberalismo politico, chetrae la sua giustificazione dal “consenso per intersezione” fra diverse concezio-ni morali.

SCHEMA RIASSUNTIVOSCHMITT E IL DECISIONISMO

La categoria “amico-nemico”

ARENDT E L’ANALISIDEL TOTALITARISMO

L’azione

Il giudizio

RAWLSE IL NEOCONTRATTUALISMO

La giustizia come equità

La tavola delle trattative

L’etica costruttivistica

Il liberalismo

1. Qual è la categoria politica originaria secondoSchmitt? 337b

2. Qual è il compito della filosofia per la Arendt?338b

3. Che cos’è la giustizia come equità di cui parlaRawls? 338b-339a

DOMANDE DI VERIFICA

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Claude Lévi-StraussL’etnologo e antropologo francese Claude Lévi-Strauss(Bruxelles 1908), laureatosi in filosofia, compie due impor-tanti spedizioni etnografiche in Brasile (raccontate in Tristitropici, 1955). Dall’applicazione della metodologia struttura-lista nascono la sua opera principale, Le strutture elementa-ri della parentela (1947), e altri importanti saggi, fra cui An-tropologia strutturale (1966) e Mitologica (1966-74).

� Il metodo strutturale Lévi-Strauss assume come guida della sua indagine antropo-logica il concetto di struttura, quale “sistema di relazioni la-tenti nell’oggetto”, con la convinzione che questo sistema direlazioni sia diffuso in ogni civiltà umana, come una sorta dimatrice logica inconscia. Scopo delle scienze umane e socialiè appunto elaborare modelli idonei a svelare queste regole

La vita

Il concetto di struttura

60 Lo strutturalismo e i suoi sviluppi

Allo strutturalismo – nato in Francia negli anni ’50 come metodologia delle scienze umane indirizzata a fissare relazioni costanti e sistematiche(strutturali, appunto) tra gli elementi fondamentali dei fenomeni presi in oggetto – si richiama in filosofia un’impostazione antiumanista (critica dell’immagine di uomo quale soggetto cosciente e libero) e antistoricista (rifiuto della storia come percorso lineare e continuo). Lévi-Strauss elabora l’idea di struttura nello studio delle popolazioni primitive.Althusser pone lo strutturalismo al servizio di una interpretazione scientifica del marxismo. Lacan rilegge in termini di linguistica strutturale la psicoanalisi freudiana. Altri autori, rileggendo alcune tematiche strutturaliste alla luce del pensiero di Nietzsche e Heidegger, si sono in definitiva distaccati dallo strutturalismo elaborando la prospettiva delpoststrutturalismo, che mette in questione alcune acquisizioni fondamentalidello strutturalismo, in particolare il ruolo di fondamento esercitato dall’idea di struttura. Foucault, studioso delle forme dell’antropologia moderna(ragione-follia, etica-sessualità) giunge a porre in crisi ogni ricerca di fondamento, anche quello costituito dall’idea stessa di struttura.

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60 - Lo strutturalismo e i suoi sviluppi

inconsce che condizionano il comportamento umano. A talfine, l’antropologia si deve ispirare alla linguistica, nel pre-supposto che si dia una stretta corrispondenza tra sistemi so-ciali e sistemi linguistici. Nelle Strutture elementari della pa-rentela Lévi-Strauss mette a frutto questa ipotesi: approfon-dendo le relazioni della parentela nei primitivi da lui osser-vati in Brasile, riesce a ridurle a poche e ricorrenti forme discambio di donne. Lévi-Strauss scopre, in particolare, la re-lazione occulta che lega il pensiero simbolico alla proibizio-ne dell’incesto, rilevando come le popolazioni amerinde ac-comunino gli abusi del linguaggio all’incesto. Egli, inoltre, ri-fiuta l’idea di un’evoluzione lineare della cultura: non esi-ste un progresso qualitativo dello spirito umano nella storia,perché ogni civiltà è fondata su criteri diversi dalle altre, e lastessa idea di società “primitiva” è falsa, in quanto presup-pone arbitrariamente la verità esclusiva dei valori propri del-la civiltà occidentale.

� Lo studio dei miti primitiviL’applicazione della linguistica strutturale conduce Lévi-Strauss a enucleare una grammatica generale dei miti. Ri-prendendo la lezione di de Saussure sul fonema (l’unità mi-nima del suono linguistico, non ulteriormente scomponibi-le), elabora la nozione di “mitema”, entità minima significati-va del mito, interpretato come una forma di pensiero dotatadi una struttura interna invariante. Il senso delle figure miti-che non proviene dalle figure narrate o dalla presenza in es-so di archetipi, nell’accezione di Jung (v. a p. 278), ma dallaloro natura formale, che si configura come una struttura, ocategoria universale, dello spirito umano, a cui può corri-spondere un gran numero di prodotti mentali e culturali dif-ferenti.

L’antropologia e la linguistica

La critica all’ideadi evoluzionedella cultura

Il “mitema”

L’origine del sensodelle figure mitiche

Con linguistica strutturale si indica la teoria linguistica di Ferdi-nand de Saussure (1857-1913), rivolta all’individuazione di ciòche è essenziale nel funzionamento del linguaggio. Per de Saus-sure la lingua è una forma, in quanto i vari segni che la costitui-scono sono totalmente arbitrari. Arbitraria è la scelta che associauna particolare immagine acustica (il significante) a una partico-lare idea (il significato); ma arbitraria è anche l’articolazione deisingoli significanti e significati, che si differenziano da tutti gli altrinella solidarietà del sistema, o lingua. L’arbitrarietà del segno facapire perché solo il fatto sociale può creare un sistema linguisti-co: la collettività è necessaria per stabilire dei valori, la cui unicaragione d’essere è nell’uso e nel consenso sociale.

LA LINGUISTICASTRUTTURALE

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60 - Lo strutturalismo e i suoi sviluppi

Louis AlthusserIl filosofo francese Louis Althusser (Birmandreis, Algeria,1918 - Parigi 1990), allievo di Bachelard, docente all’ÉcoleNormale Supérieure, per molti anni dirigente del partito co-munista francese, cerca di far emergere la novità del pensie-ro di Marx rispetto alle interpretazioni tradizionali. Influen-zato dallo strutturalismo, rifiuta ogni lettura “umanistica” e“storicistica” della filosofia di Marx. La teoria di Marx non èuna filosofia dell’uomo come soggetto protagonista della sto-ria, intesa come sviluppo lineare e continuo verso una metaprestabilita, ma uno strumento di analisi scientifica della sto-ria. In questa prospettiva è rilevante la questione della pe-riodizzazione delle opere di Marx. Con l’espressione “rottu-ra epistemologica” Althusser indica la svolta che dal 1845(l’anno delle Tesi su Feuerbach e dell’Ideologia tedesca) siverifica nel pensiero di Marx: le categorie impiegate nelleopere giovanili (uomo, essenza dell’uomo, alienazione) ven-gono abbandonate e sostituite da nuove categorie (rappor-ti di produzione, sovrastruttura, ideologia ecc.), che rendo-no possibile una conoscenza scientifica della storia. In se-guito, dalla fine degli anni ’60, Althusser rettifica le proprieposizioni, rifiutandosi di intendere la filosofia come una pu-ra teoria e affermandone l’ispirazione politica. Tra le sue ope-re: Per Marx (1965); Leggere il Capitale (1965); Elementi diautocritica (1974).

Jacques LacanLo psicoanalista francese Jacques Lacan (Parigi 1901-1981),accostatosi allo strutturalismo linguistico di de Saussure e an-tropologico di Lévi-Strauss, rompe con l’ortodossia freudia-na e inaugura un nuovo modello psicoanalitico, con una for-te valorizzazione dell’inconscio, a cui attribuisce una naturaessenzialmente linguistica (“l’inconscio è strutturato come

Il rifiutodell’interpretazioneumanista e storicista di Marx

La “rotturaepistemologica” di Marx

Il marxismo“interpretazionescientifica” della storia

La natura linguisticadell’inconscio

L’epistemologia di Gaston Bachelard (1884-1962) ha rilievo comepassaggio tra il positivismo e lo strutturalismo. Per Bachelard la scien-za non è descrizione di fatti, ma conosce la realtà attraverso le strut-ture teoriche che essa stessa costruisce e che definiscono i suoi og-getti. Essenziale alla scienza è la sua storia: ogni teoria scientifica at-tualizza in sé tutta la storia del pensiero che è stato necessario per ar-rivare al presente. I progressi più rilevanti delle scienze avvengono tra-mite le rotture epistemologiche, cioè i distacchi fra una teoria e un’al-tra, che comportano la rottura di abitudini di pensiero e di atteggia-menti psicologici ormai culturalmente consolidati.

L’EPISTEMOLOGIADI BACHELARD

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un linguaggio”), che può essere analizzata in termini strut-turali. In particolare, Lacan sottolinea il rapporto arbitrariofra significante e significato: il significante è un segno qual-siasi, privo di contenuto proprio, che prende valore solo nel-la relazione con altri significanti, nel contesto della catenastrutturata dei significanti (che è l’ordine simbolico). Il sen-so si dà in siffatta catena e non nella corrispondenza puntualesignificante/significato. Le immagini, i contenuti mentali so-no rilevanti in quanto sono ripresi nella trama propria del-l’ordine simbolico. Pertanto l’ingresso dell’uomo nella so-cietà e nella cultura è sempre alienante, perché i significanticulturali sono sempre arbitrariamente in rapporto con i lorooriginari significati biologici e pulsionali. Con questi concet-ti Lacan rilegge anzitutto i meccanismi con cui l’inconscio,deformando le rappresentazioni, produce i sogni, i sintomi,i lapsus: in particolare la condensazione (processo per cuiuna singola rappresentazione può riassumere più immaginie catene associative) è equiparata alla figura retorica della me-tafora e lo spostamento alla metonimia.

Michel FoucaultLo storico e filosofo francese Michel Foucault (Poitiers 1926 -Parigi 1984), collegando l’antiumanesimo e l’antistoricismodello strutturalismo alla prospettiva ispirata a Nietzsche e aHeidegger, propone una destrutturazione dei sistemi di sa-pere della modernità. In un primo momento, sotto l’influenzadi Bachelard, svolge un’indagine di tipo archeologico, ossiauna ricerca “che tende a ritrovare ciò a partire da cui cono-scenze e teorie sono state possibili”, vale a dire le disconti-nuità e le “rotture epistemologiche” che trasformano lestrutture teoriche profonde della cultura. Interrogatosi, in particolare, sulle condizioni attraverso cuifollia e malattia sono divenute oggetto di un sapere scientifi-co (Storia della follia nell’età classica, 1961; Nascita dellaclinica, 1963), giunge ad affermare che le scienze struttura-liste (tra cui pone la psicoanalisi, l’etnologia e la linguistica)implicano la scomparsa dell’uomo quale soggetto e oggettodel sapere: esse, infatti, non si occupano dell’uomo, ma di uninsieme di strutture di cui l’uomo non è il soggetto (Le pa-role e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, 1966).Egli s’interessa poi al tema del potere, indagando le modalitàcon cui s’intreccia al sapere (Microfisica del potere, 1977).L’ultima fase della sua ricerca è invece consacrata al tema del-la sessualità e al tentativo – assai problematico alla luce degliesiti precedenti del suo pensiero – di individuare una nuova

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60 - Lo strutturalismo e i suoi sviluppi

L’ordine simbolico

I meccanismi con cui l’inconsciodeforma le rappresentazioni

L’indaginearcheologica delle teorie

La scomparsadell’uomo nellescienze strutturaliste

Il potere

La sessualità

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idea di soggettività (Storia della sessualità: La cura di sé,1984).

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60 - Lo strutturalismo e i suoi sviluppi

1. In che modo per Lévi-Strauss il concetto di strut-tura può guidare l’antropologia? 331b-332a

2. Althusser, come interpreta la filosofia di Marx?333b

3. Come è strutturato l’inconscio per Lacan?333b-334a

4. Che cos’è l’indagine archeologica delle teorieper Foucault? 334b

DOMANDE DI VERIFICA

Lévi-Strauss assume come guida della sua indagine antropologica il concetto distruttura, quale “sistema di relazioni latenti nell’oggetto”.

L’antropologia si deve ispirare alla linguistica, nel presupposto che si dia una stret-ta corrispondenza tra sistemi sociali e sistemi linguistici.

Rifiuta l’idea di un’evoluzione lineare della cultura e la stessa idea di società “pri-mitiva”, perché presuppone arbitrariamente la verità esclusiva dei valori occi-dentali.

Applicando la linguistica strutturale allo studio dei miti, enuclea una grammaticagenerale dei miti, in cui centrale è la nozione di mitema, quale entità minima signi-ficativa del mito.

Althusser cerca di cogliere la specificità del pensiero di Marx e ne rifiuta ogni let-tura “umanistica” e “storicistica”.

Con l’espressione rottura epistemologica indica la svolta con cui Marx avrebbe ab-bandonato le categorie, centrate sull’uomo, delle opere giovanili, sostituendole conaltre (struttura, rapporti di produzione ecc.), che rendono possibile una conoscen-za scientifica della storia.

Lacan inaugura un nuovo modello psicoanalitico influenzato dallo strutturalismo,che valorizza l’inconscio, a cui attribuisce una natura essenzialmente linguistica,che può essere analizzata in termini di linguistica strutturale.

Sottolinea il rapporto arbitrario fra significante e significato, che rende alienantel’ingresso dell’uomo nella società e nella cultura, perché i significanti culturali so-no lontani dai loro originari significati biologici e pulsionali.

Foucault propone una destrutturazione dei sistemi di sapere della modernità e,mediante un’indagine sull’“archeologia” delle teorie, giunge ad affermare che lescienze strutturaliste implicano la scomparsa dell’uomo quale soggetto e ogget-to del sapere.

In un secondo momento s’interessa al tema del potere, indagando le modalità concui questo s’intreccia al sapere.

Infine si dedica al tema della sessualità e al tentativo di individuare una nuova ideadi soggettività.

SCHEMA RIASSUNTIVOLÉVI-STRAUSS

Antropologia e linguistica

La critica all’idea di evoluzione della cultura

La grammatica generaledei miti

ALTHUSSER E LA LETTURA“SCIENTIFICA” DI MARX

La “rotturaepistemologica” nel pensiero di Marx

LACAN

L’analisi strutturale e linguisticadell’inconscio

FOUCAULT

Il potere

La sessualità

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Karl PopperCittadino britannico di origine austriaca, Karl Popper (Him-melhof, Vienna, 1902 - Londra 1994) si occupa anche di fi-losofia politica (La società aperta e i suoi nemici, 1945) edel rapporto mente-corpo (L’io e il suo cervello, 1977, conJ. Eccles), ma dedica la parte più rilevante del suo impegnoteorico (Logica della scoperta scientifica, 1935; Congettu-re e confutazioni, 1963; Conoscenza oggettiva, 1972) al pro-blema della conoscenza, assunto fondamentalmente nellasua valenza non fattuale ma logica, e cioè come problema ri-guardante non la genesi delle nostre conoscenze ma il lorovalore.

� La fallibilitàLa tesi centrale di Popper è che la conoscenza umana è in-certa, poiché non vi sono verità evidenti – principi validi apriori o proposizioni osservative indubitabili – su cui poterlafondare. Egli perciò respinge l’idea secondo cui le teoriescientifiche sono sistemi di proposizioni vere e anche quel-la secondo cui sono semplici strumenti per la previsione deifenomeni, e afferma invece che sono ipotesi, congetture,tentativi di descrizione vera del mondo, la cui pretesa di ve-rità non può però in alcun modo essere provata. Con ciò Pop-

La conoscenzaumana è incerta

61 Orientamenti dell’epistemologiacontemporanea: Popper, Kuhn, Feyerabend

L’epistemologia contemporanea si delinea innanzitutto a partire dalfalsificazionismo di Popper, che al principio di verificazione del neopositivismo (v. a p. 33) oppone come principio di scientificità delle teorie scientifiche la loro possibilità di essere riconosciute false(falsificabilità). Dopo Popper particolarmente significative sono le due prospettive dell’epistemologia dei paradigmi di Kuhn, che mette in relazione l’epistemologia con la storia della scienza e formula un modello “rivoluzionario” e non cumulativo dello sviluppo scientifico, e dell’anarchismo metodologico di Feyerabend, che nega l’esistenza di qualsiasi regola metodologica universalmente valida.

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per propone un profondo mutamento della concezione del-la razionalità. Deve essere abbandonata l’idea della raziona-lità come ricerca della certezza, come tentativo di giustifica-zione delle teorie. Al contrario, l’autentico atteggiamento ra-zionale consiste nella critica delle teorie, nel cercare di in-dividuarne i limiti, le difficoltà e possibilmente gli errori, la lo-ro “fallibilità”. In questa prospettiva, la logica deduttiva svol-ge un ruolo essenziale: essa infatti ci permette di cogliere leimplicazioni più remote delle teorie e ci aiuta perciò a indivi-duarne i punti deboli. In tal senso Popper considera la logicacome lo strumento fondamentale di questa razionalità da luidefinita critica.

� La falsificabilitàTutte le teorie sono fallibili e criticabili. Ma le teorie scientifi-che (e questo le distingue da quelle non scientifiche, sianoesse pseudoscientifiche, metafisiche o appartenenti al domi-nio della logica e della matematica) possono anche essereempiricamente falsificate. La falsificazione, che costituisce ilmotore del mutamento e del progresso scientifico, si haquando nell’effettivo controllo di una teoria accade che leasserzioni osservativeda essa dedotte sono in contrasto conasserzioni osservative di base accettate dalla comunitàscientifica. Se non vi è tale contrasto, allora la teoria viene“corroborata”. La caratteristica delle teorie scientifiche di es-sere non solo fallibili e criticabili ma anche falsificabili signifi-ca che nella conoscenza scientifica, a differenza di quel che ac-cade nelle altre forme di conoscenza, la razionalità critica, gra-zie all’uso congiunto della logica e dell’esperienza, riesce aesplicarsi nel modo più completo. E ciò per Popper fa sì chela conoscenza scientifica possa essere considerata la migliorforma di conoscenza, e la razionalità scientifica il miglioresempio di razionalità umana. Egli quindi, se da un lato in-debolisce l’immagine tradizionale della scienza come cono-scenza vera, dall’altro le assegna l’importante ruolo di para-digma del sapere.

� La società apertaFallibilismo e razionalismo critico costituiscono la base teo-rica su cui Popper elabora la sua filosofia politica. Egli si op-pone sia allo storicismo (Miseria dello storicismo, 1957), siaa ogni forma di utopia, in quanto caratterizzati dal modo dipensare olistico, cioè da un atteggiamento che considera lasocietà come un “tutto unico”, che trascende la somma del-le sue componenti empirico-individuali, e ritiene possibilecoglierne i “veri fini” sui quali elaborare piani per “il control-

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61 - Orientamenti dell’epistemologia contemporanea: Popper, Kuhn, Feyerabend

Il mutamento della concezionedella razionalità

La “fallibilità”

La falsificazionedelle teoriescientifiche

La scienza come paradigma del sapere

La critica allo storicismo e all’olismo

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61 - Orientamenti dell’epistemologia contemporanea: Popper, Kuhn, Feyerabend

lo e la ricostruzione della società intera”, finendo per costi-tuire un forte supporto per le ideologie totalitarie. Controquesto modo olistico di pensare, Popper propone una “so-cietà aperta” in cui la politica faccia proprio l’atteggiamento La “società aperta”

Asserto-baseProposizione affermativa che de-ve risultare controllabile da sog-getti diversi sulla base dell’os-servazione di oggetti rilevabili.Ogni teoria stabilisce una distin-zione fra gli asserti-base per-messi e quelli non permessi, chedivengono i potenziali falsifica-tori della teoria stessa.Base empiricaL’insieme di proposizioni deriva-bili all’interno di una teoriascientifica che ne consentono ilcontrollo sperimentale. In un’e-poca determinata c’è general-mente accordo tra i ricercatorisulla base empirica, benché que-sta possa sempre essere rivistaconformemente a un nuovo ac-cordo tra i ricercatori.FalsificabilitàLa caratteristica per cui le teoriesono valide solo fino alla lorosmentita, devono essere cioè fal-sificabili. “Le teorie non sono maiverificate empiricamente”, giac-ché non è possibile desumere as-serzioni universali dall’osserva-zione di singoli fatti. Per essereprovata scientificamente, unateoria deve essere controllabiledi principio, cioè deve essere ta-le che si possano derivare da es-sa asserti che si possono con-trollare nei fatti, cioè che si pos-sono dimostrare falsi.Miseria dello storicismoTitolo di un’opera di Popper edespressione-chiave della sua fi-

losofia della storia: la storicismonasconde una metafisica infon-data, che presuppone un sensounivoco e oggettivo delle vicen-de storiche e implica una con-cezione deterministica e totali-taria della realtà umana, comefosse governata da leggi fisse einvariabili, mentre si danno sol-tanto tendenze storiche inter-pretabili esclusivamente in basea ipotesi soggettive e variabili.OlismoNell’interpretazione di Popperè la concezione, da lui respintanettamente, per la quale larealtà storico-sociale viene inte-sa come un insieme che tra-scende la mera somma dellesue componenti empirico-indi-viduali.Programma di ricerca metafisicoNell’ultima filosofia di Popper,programma che indica “la dire-zione in cui si possono trovareteorie della scienza adeguata-mente esplicative e rende possi-bile una valutazione dellaprofondità di una teoria”.Società aperta - società chiusaI due modelli alternativi di con-vivenza umana: la prima è unasocietà di tipo liberale e demo-cratico, in cui sono “aperte” le di-rezioni di ricerca intellettuale esociale; la seconda è una societàdi tipo autoritario e totalitario,governata da una legge o un po-tere assoluto.

POPPER: PAROLE CHIAVE

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razionale della scienza, abbandonando il sogno di un mondoperfetto e adottando la pratica di interventi sempre limitatie parziali, come tentativi fallibili di risolvere singoli problemidella società. Allora il problema politico fondamentale è quel-lo di garantire, attraverso istituzioni democratiche, il con-trollo di chi governa.

Thomas KuhnLo storico e filosofo della scienza statunitense Thomas Kuhn(Cincinnati 1922) ha posto a base dell’epistemologia l’anali-si dei modi in cui di fatto la scienza procede, in radicale op-posizione con l’impostazione logicista propria delle due prin-cipali tradizioni epistemologiche del ’900 (il neopositivismoe il razionalismo critico di Popper), secondo cui la storia del-la scienza è irrilevante per l’epistemologia. Nella Struttura del-le rivoluzioni scientifiche (1962) delinea un modello non “cu-mulativo” ma “rivoluzionario” dello sviluppo scientifico. Se-condo tale modello lo sviluppo della scienza avviene attra-verso il passaggio da un “paradigma” (ossia una “solida strut-tura di assunti concettuali, teorici, strumentali e metodologi-ci” che governa la ricerca di una comunità scientifica in un de-terminato campo di fenomeni), a un altro paradigma. Tale pas-saggio si ha quando il paradigma accettato accumula una no-tevole serie di “anomalie” nel suo tentativo di dar conto delcomportamento della natura. E poiché paradigmi diversi so-nomodi di vedere il mondo e di praticare la ricerca scientifi-ca incommensurabili fra loro, il mutamento di paradigma, ilpassaggio della comunità scientifica a un nuovo paradigma, èun processo rivoluzionario. Processo che per Kuhn è certa-mente caratterizzato da una “sempre più dettagliata e raffi-nata” comprensione della natura, ma che non può in alcunmodo essere considerato come un progresso verso una “com-pleta, oggettiva, vera spiegazione della natura”.

Paul FeyerabendL’epistemologo austriaco Paul Feyerabend (Vienna 1924 - Ge-nolier, Svizzera, 1994) incentra la riflessione sulla nozione di“metodo scientifico”, sviluppandola attraverso il confrontocritico con le teorie metodologiche del neopositivismo e delrazionalismo critico. Sulla base di un’analisi prevalentementestorica della scienza, si propone di dimostrare non solo che leregole metodologiche proposte da queste teorie epistemo-logiche sono state ripetutamente violate dalla prassi scienti-fica, ma anche che tali violazioni sono state essenziali per lo

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61 - Orientamenti dell’epistemologia contemporanea: Popper, Kuhn, Feyerabend

L’importanza dellastoria della scienza

Il modello“rivoluzionario” dellosviluppo scientifico

Il “paradigma”

Il mutamentodei paradigmi

La riflessione sulla nozione di“metodo scientifico”

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61 - Orientamenti dell’epistemologia contemporanea: Popper, Kuhn, Feyerabend

stesso sviluppo della scienza. Dalla critica delle metodologieprese in esame Feyerabend non perviene all’elaborazione diuna nuova proposta metodologica, bensì a una radicale posi-zione contrometodologica, l’anarchismo metodologico(Contro il metodo, 1975), secondo cui non vi è alcun meto-do generale, alcun “sistema” di regole che governa la costru-zione e lo sviluppo dell’impresa scientifica. Ciò tuttavia nonsignifica che la scienza proceda senza regole, ma semplice-mente che essa si avvale di volta in volta delle regole che ri-tiene più opportuneper il conseguimento dei suoi scopi, sen-za seguire un metodo generale e prestabilito. Rigettata l’i-dentificazione di razionalità e metodo, Feyerabend sostienel’impossibilità di distinguere rigorosamente fra scienza e nonscienza; di affermare che la scienza, grazie al suo speciale me-todo, è la miglior forma di conoscenza; e, infine, di giustifica-re la posizione preminente che la scienza ha nel sistema cul-turale e sociale contemporaneo (La scienza in una societàlibera, 1978).

L’anarchismometodologico

L’impossibilità di unarigorosa distinzionefra scienza e non scienza

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61 - Orientamenti dell’epistemologia contemporanea: Popper, Kuhn, Feyerabend

La tesi centrale di Popper è che la conoscenza umana è incerta, poiché non visono verità evidenti su cui poterla fondare.

Le teorie scientifiche sono quindi solo dei tentativi di descrizione vera del mondo,la cui pretesa di verità non può però in alcun modo essere provata.

La razionalità, pertanto, non è più alla ricerca della certezza ma diviene criticacon il compito di individuare i limiti e gli errori delle teorie.

Tutte le teorie sono fallibili e criticabili, ma solo le teorie scientifiche possonoanche essere empiricamente falsificate.

Perciò solo nella conoscenza scientifica la razionalità critica, grazie all’uso con-giunto della logica e dell’esperienza, riesce a esplicarsi nel modo più completo: laconoscenza scientifica è la miglior forma di conoscenza e la razionalità scientificail miglior esempio di razionalità umana.

In ambito politico Popper rifiuta il modo di pensare olistico, che considera lasocietà come un “tutto unico” e finisce per costituire un forte supporto per leideologie totalitarie; propone l’estensione alla politica dell’atteggiamento raziona-le della scienza, adottando la pratica di interventi sempre limitati e fallibili.

Kuhn delinea un modello non “cumulativo”, ma “rivoluzionario” dello svilupposcientifico, che avviene attraverso il passaggio da un paradigma a un altro, allor-ché il paradigma accettato accumula una serie di “anomalie” nel suo tentativo didar conto del comportamento della natura.

Paul Feyerabend critica le metodologie delle teorie epistemologiche giungendo auna radicale posizione contrometodologica, detta anarchismo metodologico.Egli sostiene che non vi è alcun metodo generale a governare la costruzione e losviluppo della scienza, perché essa si avvale di volta in volta delle regole cheritiene più opportune. È quindi impossibile distinguere fra scienza e non scienza eaffermare che la scienza è la miglior forma di conoscenza.

SCHEMA RIASSUNTIVOPOPPERE IL FALSIFICAZIONISMO

Le teorie scientifiche

La razionalità critica

La falsificazione

La scienza modello di razionalità

La politica e la criticaall’olismo

KUHN E IL MODELLO“RIVOLUZIONARIO” DELLO SVILUPPO SCIENTIFICO

FEYERABENDE L’ANARCHISMOMETODOLOGICO

1. Che cos’è la razionalità critica di Popper? 315a2. Che cos’è la falsificazione per Popper? 315a3. Come avviene lo sviluppo scientifico secondo

Kuhn? 317a4. Che cos’è l’anarchismo metodologico di Feye-

rabend? 318a

DOMANDE DI VERIFICA

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Hans Georg Gadamer

Il filosofo tedesco Hans Georg Gadamer (Marburgo 1900-2002) è l’ultimo grande rappresentante dell’ontologia er-meneutica iniziata da Heidegger, suo maestro. Fra le sue ope-re: Verità e metodo (1960); Hegel e la dialettica antica(1961); La dialettica dell’autocoscienza (1973).

� Verità, comprensione, interpretazioneL’intento della sua opera più importante, Verità e metodo,è quello di stabilire se la verità appartenga esclusivamenteall’indagine della metodologia scientifica, oppure se esistaun’esperienza di verità che oltrepassi tale ambito. Filoso-fia, arte e storia possiedono un peculiare contenuto diverità, un preciso senso di verità che nessuna metodolo-gia può cogliere. Riprendendo l’idea di Heidegger che laverità è un evento, Gadamer afferma che nell’esperienzastorica, filosofica e artistica, l’uomo è direttamente coin-volto (non può restare spettatore disin teressato e neutrocome nelle scienze della natura) perché è esso stesso par-te dell’evento rivelativo della ve -rità e, per essere se stesso, deve prendere posizione, af-fermarsi come identità specifica nei confronti dell’accade-

I contenuti di veritàdi filosofia, arte e storia

62 L’ermeneutica contemporanea: Gadamer, Ricoeur, Rorty

L’ermeneutica, in senso molto generale, è l’arte e la filosofiadell’interpretazione e fin dalle origini del pensiero greco è stata oggetto di riflessione filosofica. Tuttavia solo in epoca contemporanea l’ermeneuticaacquista spessore ontologico: nella filosofia di Heidegger, infatti, il comprendere non è solo un modo del pensiero umano accanto ad altri, ma coincide con l’esistere stesso. Secondo l’ontologia ermeneuticadi Gadamer, il maggior rappresentante dell’ermeneutica contemporanea,l’essere che può essere compreso è solo il linguaggio: viene così sottolineato il carattere sempre storico e situato della comprensione, sulla base di una tradizione culturale. Dopo Gadamer si aprono diverse vie all’ermeneuticafilosofica: quella di Ricoeur si pone propriamente come ermeneutica dei testi aperta al dialogo con le scienze umane.

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62 - L’ermeneutica contemporanea: Gadamer, Ricoeur, Rorty

re. L’esperienza è qui intesa come apertura ad altre espe-rienze, è quella “in cui l’uomo diventa cosciente della pro-pria finitezza”. La verità dell’esperienza consiste allora nel“fare nuove esperienze”. In realtà non esistono soggettistorici puri davanti a oggetti storici puri: soggetto e oggettosono modificati e decisi da una tradizione. L’ermeneuticaopera quindi nella continua mediazione tra storia e ve-rità, ma questa dialettica, a differenza di quella hegeliana,non giunge mai al compimento assoluto e si risolve in un’a-nalisi continua.Il sapere diventa così una costruzione dialogica che mettein crisi la ragione centrata sul soggetto e privilegia la “fusio-ne degli orizzonti”: questa ermeneutica del sapere parzialetende alla comprensione e, dato che si è sempre in una de-terminata situazione e in un punto di vista prospettico, èun’interpretazione legata al processo storico. Ma se la com-prensione è sempre radicata in una situazione storico-tem-porale determinata, essa non esiste come interpretazioneastratta, ma avviene solo come “applicazione” ed è costituitaessenzialmente dal legame con la prassi, la concretezza e lasingola situazione.

� Ermeneutica e ontologiaIl luogo privilegiato entro il quale opera l’ermeneutica è il lin-guaggio: la comprensione ha sempre luogo nel linguaggio epossiede il carattere della “linguisticità”. La linguisticità delcomprendere è definita come l’unica modalità in cui la co-scienza può manifestarsi e sedimentarsi. Ciò significa chel’oggetto dell’ermeneutica, come pure l’atto ermeneutico,può essere determinato unicamente grazie al carattere dellalinguisticità. Per questo motivo l’ontologia può essere solo ermeneu-tica e il suo carattere distintivo consiste nel ritenere gli stes-si enti e la totalità dell’ente riconoscibili solo a partire dal-la linguisticità dell’esperienza del mondo. La linguisticità del comprendere comporta che ogni inter-pretazione, anche quella del presente, si evolve in un pro-cesso linguistico in atto, che prende forma nella “storia de-gli effetti”, cioè nella storia dell’incidenza e insieme delladistanza che il fenomeno storico ha rispetto al soggetto chene tenta l’interpretazione. L’interpretazione deve perciòesaminare i propri pregiudizi e rendersi conto che appar-tiene a una storia costituita dalla cosa stessa da inter-pretare. In tal modo l’orizzonte del presente implica l’o-rizzonte del passato, non potrebbe mai costituirsi separa-tamente da esso.

L’esperienza comeapertura ad altre esperienze

La “fusione degli orizzonti”

La comprensionecome “applicazione”

La linguisticità del comprendere

L’ontologia può essere soloermeneutica

La “storia degli effetti”

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62 - L’ermeneutica contemporanea: Gadamer, Ricoeur, Rorty

Paul RicoeurIl filosofo Paul Ricoeur (Valence 1913) muove dal personali-smo di Mounier, dalla fenomenologia di Husserl e dall’esi-stenzialismo di Jaspers e Marcel. Egli si rivolge al linguaggiodi tipo simbolico, mitico, religioso (Finitudine e colpa, 1960)ed elabora un progetto di una filosofia guidata dal lin-guaggio simbolico nel confronto con la psicoanalisi di Freud(Dell’interpretazione. Saggio su Freud, 1965). Al centro del-la sua riflessione ermeneutica sta la nozione di “conflitto del-le interpretazioni” (cioè del carattere non cumulabile delsapere ermeneutico) mediata con le istanze metodologichedello strutturalismo (v. cap. 62), che permettono di nonproiettare acriticamente sul testo pregiudizi banali e luoghicomuni interpretativi. Successivamente si dedica all’erme-neutica del testo metaforico e narrativo. Infatti la metaforaè considerata la principale procedura per valorizzare la pro-prietà di avere più significati e il potenziale creativo dei se-gni linguistici, facendone luogo di produzione di un lin-guaggio creativo e veritativo (La metafora viva, 1975). Co-struire buone metafore equivale a far scaturire una relazio-ne di senso nuovo tra termini che sembravano non perti-nenti. La metafora creativa scavalca le convenzioni linguisti-che, le pertinenze abituali, al fine di avvicinare ciò che sem-brava distante. Passando da quello metaforico al linguaggio narrativo (Tem-po e racconto, 1983-85) la successiva fase della ricerca di Ri-coeur è dedicata congiuntamente al fare storia e al racconta-

Il conflitto delle interpretazioni

La metafora

Linguaggio narrativoe storiografia

Il personalismo è una dottrina filosofica che riporta la visionedell’uomo al concetto di persona. Si sviluppa soprattutto in Fran-cia e ha il massimo esponente in Emmanuel Mounier (Greno-ble 1905 - Parigi 1950). Sviluppando la critica dell’individuali-smo borghese, senza allinearsi all’alternativa marxista, Mounierpropone la prospettiva di una società a un tempo personalistae comunitaria, dove la “persona” è intesa come centro di unapresenza spirituale, come apertura al trascendente in senso re-ligioso e in vista di un impegno storico per il regno delle libertà.La persona non è il semplice individuo, ma porta in se stessa ladimensione della vita comunitaria, che è insieme compito pro-fetico e riferimento costante per l’impegno politico. In concretoMounier cerca di individuare sia le linee di un nuovo assetto so-ciale, sia le linee interiori della rivoluzione personalista, che puòal limite tradursi anche in rivolta, ma in ogni caso deve darsi co-me testimonianza, come dissociazione costante dal “disordinestabilito” della società borghese.

IL PERSONALISMODI MOUNIER

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re le storie. Storiografia e narratività non si contrappongonoe non si escludono in modo assoluto, perché il lavoro sto-riografico non è del tutto estraneo al lavoro narrativo, dal mo-mento che nel lavoro di chi scrive storia vi è una parte di ri-costruzione immaginativa. Il motivo dominante dell’intera ri-cerca di Ricoeur è, quindi, l’ermeneutica dei testi (simbolici,metaforici, narrativi): il testo parla grazie alla sua struttura, chel’ermeneutica è chiamata a riconoscere e decifrare e in cui tro-va una “soglia oggettiva”. Il testo infatti parla attraverso la sualogica: di qui l’attenzione costante alla dimensione linguisticadel soggetto. Al soggetto, o meglio alla persona, Ricoeur ritorna, sotto l’in-flusso del personalismo (v. Riquadro a p. 322), nella sua ul-tima opera, Sé come un altro (1990): il Sé dell’uomo è al-tro da se stesso, è alterità, differenza, mistero.

Richard RortyIl filosofo statunitense Richard Rorty (New York 1931) fon-da la sua forte reazione contro la filosofia analitica sulla ri-presa del pragmatismo e dell’ermeneutica, che hanno in co-mune la sottolineatura della situazionalità del processo dicomprensione e quindi della relatività storico-culturale diogni concezione della verità. Sia il pragmatismo, sia l’erme-neutica affermano, contro le certezze della metafisica tradi-zionale, la parzialità del punto di vista umano in rapporto alsuo mondo, la limitatezza e la correggibilità di fondo dei suoistrumenti intellettivi. L’oltrepassamento della metafisica,compito consegnato da Heidegger all’ermeneutica, avvienequando la filosofia e la cultura rinunciano al loro compitofondativo e si limitano al dibattito sul senso dell’esperien-za, che deve coinvolgere tutti i punti di vista e i metodi di ana-lisi. Pertanto alla filosofia “normale”, cioè quella ufficiale econdivisa dagli ambienti accademici e sempre più incapace diaffrontare i veri problemi degli uomini, Rorty contrapponeuna filosofia “rivoluzionaria”, che rifugge le pretese fonda-zionali e sistematiche, e si limita a far riflettere il lettore anzi-ché a convincerlo. Ne deriva una filosofia “postfilosofica”,che non ricerca la verità ultima, ma si accontenta di essereconversazione, saggezza pratica, utopia solidaristica. Ope-re principali: La filosofia e lo specchio della natura (1979);Conseguenze del pragmatismo (1982); La filosofia dopo lafilosofia (1989).

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62 - L’ermeneutica contemporanea: Gadamer, Ricoeur, Rorty

L’ermeneutica dei testi

La persona

Il pragmatismo e l’ermeneutica

L’oltrepassamentodella metafisica

Filosofia “normale”e filosofia“rivoluzionaria”

La filosofia“postfilosofica”

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62 - L’ermeneutica contemporanea: Gadamer, Ricoeur, Rorty

L’intento di Verità e metodo di Gadamer è quello di stabilire se la verità apparten-ga esclusivamente all’indagine scientifica oppure se ne esistano altri ambiti di ap-partenenza.

È nell’esperienza storica, filosofica e artistica che l’uomo è direttamente coinvoltoed entra a far parte dell’evento rivelativo della verità.

L’ermeneutica opera nella continua mediazione tra storia e verità, non giungendomai al compimento assoluto e risolvendosi in un’analisi continua.La comprensione non esiste come interpretazione astratta, è sempre legata al pro-cesso storico e avviene solo come applicazione.

La comprensione ha sempre luogo nel linguaggio e possiede il carattere della lin-guisticità.

Ogni interpretazione si evolve in un processo linguistico in atto che prende formanella storia degli effetti della cosa da interpretare su chi interpreta.

Ricoeur si rivolge al linguaggio simbolico, mitico, religioso, elaborando un proget-to di una filosofia guidata dal linguaggio simbolico, nel confronto con la psicoana-lisi di Freud.

Al centro della sua riflessione ermeneutica sta la nozione di conflitto delle inter-pretazioni, mediata con le istanze metodologiche dello strutturalismo.

Si dedica poi all’ermeneutica del testo metaforico, considerando la metafora comeil luogo di produzione di un linguaggio creativo e veritativo.

Infine analizza il linguaggio narrativo, considerato nella prospettiva del fare storia edel raccontare le storie, della convergenza di storiografia e narratività.

Al soggetto, o meglio alla persona, ritorna nella sua ultima opera, in cui considerail Sé dell’uomo come altro da se stesso, come differenza e mistero.

Per Rorty il pragmatismo e l’ermeneutica hanno in comune la sottolineatura dellasituazionalità del processo di comprensione e della relatività storico-culturale di ogniconcezione della verità.

L’oltrepassamento della metafisica avviene quando la filosofia e la cultura rinun-ciano al loro compito fondativo e si limitano al dibattito sul senso dell’esperienza.

Pertanto alla filosofia “normale” si contrappone una filosofia “rivoluzionaria”, nonfondativa e sistematica, tesa a offrire spunti di riflessione.

Ne deriva una filosofia “postfilosofica”, che si accontenta di essere conversazione,saggezza pratica, utopia solidaristica.

SCHEMA RIASSUNTIVOGADAMER

La storia, la filosofia e l’arte

L’ermeneutica comeanalisi continua

La linguisticità della comprensione

La “storia degli effetti”

RICOEUR

Il “conflitto delle interpretazioni”

La metafora

Il linguaggio narrativo

La persona

RORTY

L’oltrepassamento della metafisica

La filosofia “normale” e la filosofia “rivoluzionaria”

La filosofia“postfilosofica”

1. Qual è l’obiettivo di Verità e metodo di Gadamer?320b

2. Che cos’è per Gadamer la “linguisticità” delcomprendere? 321b

3. Che cos’è la metafora per Ricoeur? 322b4. Che cos’è la filosofia “postfilosofica” di Rorty?

323b

DOMANDE DI VERIFICA

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Karl Otto ApelIl filosofo tedesco Karl Otto Apel (Düsseldorf 1922) ha comeinteresse principale il linguaggio, ripensato alla luce della tra-dizione ermeneutico-esistenzialistica e della filosofia analiticaanglosassone, ed elabora una prospettiva teorica affine a quel-la di Habermas. Apel individua le condizioni universali e ne-cessarie della comunicazione: 1. la comprensibilità gram-maticale del discorso; 2. la verità (cioè il riferimento all’espe-rienza); 3. la veridicità delle intenzioni del parlante; 4. laconformità alle regole della comunità dei parlanti. Queste re-

Le condizioniuniversali della comunicazione

63 Etica del discorso ed etica della responsabilità:Apel, Habermas e Jonas

Lo sviluppo della concezione strumentale e funzionale del pensiero harappresentato uno dei fattori decisivi della razionalizzazione del mondo in etàmoderna. Ma la crescita parossistica ed esclusiva proprio di questo modello di razionalità ha comportato conseguenze impreviste, sino a profilare, dallaseconda metà del secolo scorso ai giorni nostri, i rischi di alterazioni irreversibili:dal piano della distruzione ambientale e planetaria a quella della manipolazionedei codici genetici naturali degli individui. A fronte della conseguente crisi di questo paradigma razionale su cui si è schiacciato il tragitto dominante dellafilosofia, si sono levate voci in grado di aprire dibattiti di scottante attualità sul ruolo della ragione e il modello scientifico del sapere. Per aspetti diversi,l’etica del discorso (Apel e Habermas) e l’etica della responsabilità (Jonas) si sono delineate parallelamente quali tentativi di ridefinire i compiti dellarazionalità e le assunzioni di responsabilità della scienza di fronte alla societàcivile e al destino globale dell’umanità e dell’ambiente.

L’etica del discorso è una scuola di pensiero etico, avviata da Haber-mas e Apel, che sostiene la possibilità di giustificare razionalmente al-meno il principio normativo fondamentale secondo cui tutti gli esseri ca-paci di comunicazione linguistica devono essere riconosciuti come per-sone, poiché essi sono in tutte le loro azioni e manifestazioni partnervirtuali della discussione.

CHE COS’ÈL’ETICA DEL

DISCORSO

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gole logiche hanno anche una valenza etica perché impli-cano il riconoscimento dell’uguaglianza degli interlocutori. Ilrispetto di queste istanze contraddistingue quella che Apelchiama la “comunità illimitata della comunicazione”, in cuivengono superate l’opacità e la finitezza dell’esperienza deisoggetti parlanti nella comunità linguistica. Questo supera-mento è possibile sia con la critica dell’ideologia (sulla sciadalla scuola di Francoforte), sia con l’applicazione del mo-dello psicoanalitico alle distorsioni inconsce dei messaggitestuali; esso coincide con l’emancipazione sociale, politica,morale.

Jürgen Habermas

Il filosofo e sociologo tedesco Jürgen Habermas (Gummer-sbach 1929), assistente di Adorno ed esponente della secon-da fase della scuola di Francoforte, insegna alle università diHeidelberg e Francoforte sul Meno.Al paradigma della produzione, caratteristico della societàcontemporanea, Habermas contrappone il più comprensivoparadigma dell’agire comunicativo, che esclude intenzionidi dominio e si traduce in un’etica del discorso (v. riquadro).Nella comunicazione un identico senso può essere parteci-pato senza discriminazioni ed esclusioni da “una comunitàdi parlanti e di agenti” disposti ad assumere regole valideper tutti e di reciproco riconoscimento. Le condizioni che ren-dono possibile la comunicazione sono le stesse che possonoguidare l’agire. Il nesso tra razionalità sociale e razionalità co-municativa viene indagato da Habermas nella sua opera prin-cipale, Teoria dell’agire comunicativo (1981; 1986), in cui nelconcetto globale di società distingue “mondo della vita” e “si-stema di azioni”. Il mondo della vita corrisponde alla pro-spettiva di soggetti partecipanti a processi di interpretazioneche si svolgono a partire dalle certezze della vita quotidiana edai valori condivisi in generale da tutta la comunità. Quandoperò queste diventano problematiche nel loro significato perl’azione, possono essere giudicate nelle loro pretese di validitàsotto un triplice profilo: sotto l’aspetto della verità, quando so-no in questione contenuti del mondo oggettivo; della giustez-za o correttezza, quando sono implicate norme e valori; dellaveridicità o sincerità, quando è coinvolta la coerenza dei par-lanti rispetto a ciò che dicono. Il sistema di azioni risponde al-l’esigenza di far funzionare in modo continuativo e produttivola società; si articola in sottosistemi, quali il settore economicoe il settore politico-amministrativo. Habermas vede la causa del-le deviazioni patologiche della razionalità nella tendenza – ti-

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63 - Etica del discorso ed etica della responsabilità

La “comunitàillimitata dellacomunicazione”

L’agire comunicativo

La comunità di parlanti e agenti

Il mondo della vita

Il sistema delle azioni

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pica dell’età moderna – di questi settori funzionali della so-cietà a “colonizzare” il mondo vitale. Le procedure comuni-cative volte all’intesa sono così sostituite dalla coazione degliimperativi derivanti dall’economia e dal potere burocratizzato,che riducono gli attori sociali al ruolo di membri dell’organiz-zazione produttiva o di clienti dell’amministrazione. Il rimedioconsiste nell’efficacia delle relazioni tra i soggetti rese auto-nome dai condizionamenti funzionali. Infine Habermas cer-ca di connettere l’orizzonte di valore presente nella sua impo-stazione con il contesto dell’attività pratica (Fatticità e valore,1992) e ravvisa un proficuo terreno di mediazione nei proces-si di “giuridificazione”, cioè di regolamentazione giuridica, neiquali le istituzioni politiche democratiche non possono sot-trarsi a vincoli di giustizia e di solidarietà.

Hans JonasIl filosofo tedesco Hans Jonas (Mönchengladbach 1903 – NewYork 1993), allievo di Heidegger a Marburgo e amico di H.Arendt, poi emigrato in Inghilterra, Palestina, Canada e StatiUniti per sfuggire la persecuzione antiebraica nazista, è inter-venuto originalmente nel dibattito sulla razionalità apertosi inarea tedesca alla luce soprattutto del confronto con le filoso-fie morali di Aristotele e Kant. Dopo aver studiato lo gnostici-smo antico, affrontato sulla scia di Bultmann (La religione gno-stica, 1958) ed aver elaborato una filosofia della biologia subasi neoaristoteliche (Il fenomeno della vita, 1966), con la suaopera di maggior risonanza (Il principio di responsabilità.Saggio di un’etica per la civiltà tecnologica, 1979) è appro-dato infine a una riflessione etica e bioetica sulla libertà e leresponsabilità dell’agire nel mondo tecnologico, in relazionesia ai destini dell’umanità sia alla salvaguardia del "non-uma-no" naturale. Il filo conduttore del suo itinerario è la convin-zione che nel rapporto alienato dell’uomo con la natura vadaricercata una delle prime cause della crisi della civiltà occi-dentale. Con l’avvento della tecnologia si creano le condizio-ni affinché tale conflitto possa sfociare sia nell’irreversibile al-terazione della condizione umana, attraverso l’ingegneria ge-netica, sia nella distruzione dell’equilibrio della biosfera. Diqui la necessità di assumersi nuove responsabilità, modellan-dole sull’archetipo della relazione naturale e non-reciproca pa-dre-figlio. Il bambino è l’essere naturale più vulnerabile e pro-prio perciò rappresenta il polo di riferimento primario del prin-cipio che intende regolare ed estendere la responsabilità mo-rale, per un verso, nei confronti delle future generazioni, la cuipossibilità di un’esistenza autentica è minacciata dalle odier-

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63 - Etica del discorso ed etica della responsabilità

La “colonizzazione”del mondo vitale

I processi di “giuridificazione”

“Il principiodi responsabilità”

Il rapporto con la natura

La responsabilitàmorale

Page 344: Per memorizzare rapidamente la storia della filosofia: le ... · a Tommaso e Cartesio, a Kant e Hegel, a Heidegger e Wittgenstein – il lettore potrà ritrovare gli esiti più recenti

ne potenzialità nichilistiche della tecnica, e per l’altro verso inrapporto alla sfera del non-umano, incapace di difendersi dal-l’opera di distruzione sistematica messa in atto nei suoi con-fronti. Contro l’irrazionalismo e il nichilismo morale, il “prin-cipio responsabilità” di Jonas intende porsi come la riformu-lazione dell’imperativo categorico di I. Kant in termini attua-li: "Agisci in modo che le conseguenze della tua azione sianocompatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sul-la terra". Esso segna così, nel contempo, il punto teorico piùavanzato raggiunto dalla recente etica ambientalistica.

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63 - Etica del discorso ed etica della responsabilità

La riformulazionedell’imperativocategorico

Apel individua le condizioni universali e necessarie della comunicazione: la com-prensibilità grammaticale del discorso, la verità, la veridicità delle intenzioni del par-lante, la conformità alle regole della comunità dei parlanti. Queste regole logichehanno anche una valenza etica, perché implicano il riconoscimento dell’uguaglian-za degli interlocutori.

La comunità illimitata della comunicazione permette il superamento della finitezzadell’esperienza dei soggetti parlanti.

Al paradigma della produzione Habermas contrappone il paradigma dell’agire co-municativo, che si traduce in un’etica del discorso.

Precisa la differenziazione tra mondo della vita (i valori della quotidianità condivisidalla comunità) e sistema di azioni (i settori che fanno funzionare la società) e vedela causa delle deviazioni patologiche della razionalità nella tendenza dei settori fun-zionali della società a “colonizzare” il mondo vitale. Il rimedio consiste nell’efficaciadelle relazioni intersoggettive rese autonome dai condizionamenti funzionali.

Infine Habermas cerca di connettere l’orizzonte di valore presente nella sua impo-stazione con il contesto dell’attività pratica.

Mettendo in questione il ruolo della tecnica nel mondo contemporaneo, ha volu-to rispondere agli interrogativi più inquietanti sollevati dagli sviluppi estremi e di-struttivi della razionalità strumentale.

Attestata l’inadeguatezza delle etiche tradizionali nel rispondere ai nuovi compi-ti imposti dalle minacce di distruzione dell’ecosfera e di manipolazione del patri-monio genetico degli individui, con la sua "etica della responsabilità" ha intesoproporre un modello di sapere in cui salvaguardia dell’uomo e salvaguardia del-la natura si intrecciano indissolubilmente.

SCHEMA RIASSUNTIVOAPEL

La comunità illimitatadella comunicazione

HABERMAS

Il mondo della vita e il sistema di azioni

Il contesto dell’attività pratica

JONAS

Il principio responsabilità

1. Che cos’è il “paradigma dell’agire comunicati-vo” di Habermas? 325b

2. Che cos’è la “comunità illimitata della comuni-cazione” di Apel? 327a

3. Perché per Lévinas il “volto” altrui contiene unappello etico? 327b

4. Che cos’è la différance per Derrida? 329b

DOMANDE DI VERIFICA

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Tratti filosofici della postmodernità

Il termine “postmodernità”, o “postmoderno”, è stato impie-gato in diversi campi disciplinari (architettura, letteratura, ar-te, sociologia, filosofia) secondo accezioni differenti. In am-bito filosofico la sua fortuna è legata al testo di J.-F. LyotardLa condizione postmoderna (1979) e la sua diffusione si èimposta grosso modo lungo tutti gli anni Ottanta del XX se-colo. Per Lyotard il termine postmoderno, nonostante dia l’i-dea di una periodizzazione storica, non indica propriamenteuna fase della storia che venga dopo l’epoca moderna, ma unacondizione che fa già parte della modernità. Ai suoi occhifra moderno e postmoderno non vi s’inserisce tanto una di-scontinuità quanto piuttosto un rapporto di complessità,quasi che il secondo in certo modo si trovi già incluso nel pri-mo. La condizione postmoderna consiste nel venir meno dei“grandi racconti” dell’età moderna (illuminismo, idealismo,marxismo), i quali, illusoriamente, intendevano offrire unaspiegazione unitaria del reale, stabilendo una comunicazionetra estetica, etica e teoria. Questi “racconti”, compreso quel-lo del capitalismo, perdono di credibilità e il progetto di eman-cipazione universale dell’umanità (maggiore libertà, egua-glianza, razionalità e ricchezza) che li caratterizza è stato di-strutto. Il sapere, svincolato dalla sua tradizionale funzione diformazione umanistica, è trasformato dall’informatica e dai

Il postmoderno ècondizione dellamodernità

La crisi dei“grandi racconti”

344

64 Il postmodernoPostmodernità è termine introdotto in filosofia da Lyotard per descrivere il collasso delle forme di interpretazione e di legittimazione universalistiche che avevano caratterizzato lo sviluppo della società occidentale a partire dal sec. XVII. Il postmoderno sottolinea la presenza di unamolteplicità di giochi linguistici mutuamente alternativi e incommensurabili,ognuno capace di garantire al proprio interno le condizioni della propriariproduzione ma in nessun modo in grado di rivendicare la portatauniversalistica che era invece caratteristica dei discorsi dell’età moderna.Ciò ha determinato, fra l’altro, l’impossibilità di una fondazione noncontingente di categorie quali giustizia, verità, morale, che vengono per contro sostituite da criteri di operatività la cui applicabilità può essererealizzata solo a livello locale e contingente.

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mass-media in mero oggetto di scambio e di informazione.J. Habermas ha criticato, in Il discorso filosofico della mo-dernità (1985), questa prospettiva come una forma di neo-conservatorismo, sostenendo la necessità di riprendere ilprogetto moderno (illuminista) e di affermare l’unità del sa-pere.

Jean-François LyotardProfessore di filosofia all’università di Paris VIII-Vincennes, esuccessivamente negli Stati Uniti, in una prima fase del suopensiero il filosofo francese Jean-François Lyotard (Versailles1924 - Parigi 1998) ha individuato uno spazio differente daldiscorso e irriducibile a esso. In Discorso, figura (1971), at-traverso un esame degli sviluppi delle arti e delle teorie del-l’arte a partire dal ‘400, ha messo in questione il primato chela tradizione filosofica occidentale ha attribuito al discorso,che è in realtà sovvertito dal “figurale” (l’immagine, il cor-po e le pulsioni), il quale non può essere tradotto in termi-ni linguistici e assoggettato a una funzione comunicativa. Haapprofondito tale prospettiva in Economia libidinale(1974), in cui accanto all’apporto della psicoanalisi freudia-na vi è anche un confronto critico con il pensiero di K. Marx:non si deve protestare contro lo sfruttamento del capitalismo,ma scorgere dietro a quest’ultimo la dimensione delle pul-sioni, in una prospettiva critica di emancipazione tesa a far va-lere il desiderio come forza affermativa. Nel “rapporto sul sa-pere” intitolato La condizione postmoderna (1979), dive-nuto poi vero e proprio manifesto del pensiero della post-modernità, Lyotard ha superato questa sua posizione, quali-ficandola come “una metafisica romantica del desiderio”: l’etàpostmoderna è caratterizzata dal venir meno della forza dicoesione e di inquadramento dei tre “grandi meta-racconti”,o “meta-narrazioni” (illuminismo, idealismo, storicismomarxista), e da una molteplicità di linguaggi incommensu-rabili fra loro. Si è aperta così la seconda fase della riflessio-ne di Lyotard, all’insegna non tanto della nostalgia per l’unitàe l’intero perduti, quanto della diversificazione, della plura-lità e instabilità come aspetti intrinseci e costitutivi del reale.In questa prospettiva egli ha ripreso in considerazione il di-scorso stesso, in quanto caratterizzato da famiglie di frasi ete-rogenee (descrittive, prescrittive ecc.), e ha centrato il suo in-teresse verso l’etica. In Il dissidio (1983), la sua summa filo-sofica, Lyotard ha sostenuto la necessità di una razionalità “pa-ralogica”, “paratatti

La critica di Habermas

“Discorso, figura”

Il figurale

“La condizionepostmoderna”

Pluralità e instabilitàdel reale

Razionalitàparalogica

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64 - Il postmoderno

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ca” e “trasversale”, cioè non subordinante e gerarchizzantema adeguata ai differenti e rispettivi campi di applicazione. Inun’ottica di relativizzazione del sapere si è richiamato anchead Aristotele, riconoscendovi il primo pensatore che ha ope-rato un’esplicita differenziazione delle scienze in base alleloro rispettive finalità, alla struttura del loro oggetto e alle lo-ro specifiche forme di ragionamento. Ha rivalutato alcuniaspetti dell’etica aristotelica e ripreso il modello kantiano delgiudizio riflettente, cercando di stabilire un criterio di giu-stizia svincolato da enunciati veri e universali.

Gianni VattimoPortavoce in Italia del pensiero del postmoderno è statoprincipalmente Gianni Vattimo (Torino 1936), allievo di L.Pareyson, interprete della critica alla metafisica intrapre-sa da F. Nietzsche e sviluppata da M. Heidegger, divulga-tore dell’ermeneutica di H.G. Gadamer che egli stesso ha in-trodotto nel dibattito filosofico italiano curando la tradu-zione di Verità e metodo. Ha insegnato estetica e filosofiateoretica all’università di Torino. Dopo Essere storia e lin-guaggio in Heidegger (1963), Il soggetto e la maschera(1974), Le avventure della differenza (1980), Al di là delsoggetto (1981), nella raccolta Il pensiero debole (con P.A.Rovatti, 1983) ha configurato la filosofia come “pensiero de-bole”, chiamandola ad abbandonare il suo ruolo fondativo ead intendere la verità non come adeguazione del pensieroalla realtà, ma quale interpretazione. Il “pensiero debole”,la corrente filosofica che si è raccolta attorno a tale propo-sta – alla quale hanno aderito, a varia stregua e in vari mo-menti, P.A. Rovatti, A.G. Gargani, M. Ferraris e altri –, si è pre-sentata come un tentativo di radicalizzare al massimo la “crisidella ragione” che pervade gran parte della filosofia contem-poranea dopo F. Nietzsche e M. Heidegger. Con questo stiledi pensiero postmoderno Vattimo ha avanzato un’”ontologiadebole”, o “ontologia del declino”, per la quale l’essere vapensato sotto il segno della mortalità: la caducità è ciò chefa l’essere . In tale prospettiva il pensie-ro dell’essere (la filosofia) deve diventare a sua volta debolee caduco: non cercare di comprendere l’essere attraverso unaspiegazione logica o metafisica, ma limitarsi a prendere attodella sua mortalità e a ripercorrere le tappe del suo declina-re. Un tipo di filosofia puramente rammemorante, da indica-re e praticare come pietas. Nella sua opera di maggior fortu-na e influenza, da titolo programmatico: La fine della

Il richiamoad Aristotelee a Kant

Da Nietzsche aHeidegger

Il “pensiero debole”

Essere e mortalità

Filosofia e pietas

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64 - Il postmoderno

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modernità (1985), Vattimo ha insistito sui tratti postmo-derni del “pensiero debole”, relativi alla frammentazione epluralità del reale, alla molteplicità dei giochi linguistici edelle forme del sapere, alle differenze e contaminazioni deigeneri, invitando ad accettare remissivamente e permissi-vamente l’effimericità e instabilità del divenire delle co-se. Per questa via ha tratteggiato la possibilità di un “nichili-smo gaio”, nel senso della “gaia scienza” nietzschiana, un ni-chilismo che accetta consapevolmente la finitudine cosìcom’essa è e viene, senza aspirare in modo nostalgico a im-proponibili unità perdute e valori ormai definitivamente en-trati in crisi.

Il “nichilismo gaio”

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64 - Il postmoderno

Stagione del pensiero (letterario, architettonico, filosofico, sociologico) degli an-ni ‘80 del ‘900 caratterizzata da un complesso rapporto con la modernità basa-to sulla presenza di una molteplicità di forme di sapere e di giochi linguistici, tut-ti mutuamente alternativi e incommensurabili, ma nessuno dalla portata univer-salistica. La società moderna è la società totalmente frammentata e basata suvalori puramente contingenti, orientati a criteri di mera operatività.

Autore, con La condizione postmoderna (1979), del vero e proprio manifesto delpensiero della postmodernità, Lyotard ha caratterizzato l’età postmoderna in ba-se al venir meno della forza di coesione e di inquadramento dei tre “grandi me-ta-racconti”, o “meta-narrazioni” (illuminismo, idealismo, storicismo marxista) sucui si era sviluppata l’età immediatamente precedente. Secondo Lyotard la filo-sofia contemporanea è chiamata ad adattarsi alla diversificazione, alla pluralitàe instabilità come aspetti ineliminabili e costitutivi del reale. In tal senso, con Ildissidio (1983), ha sostenuto la necessità di una razionalità non subordinante egerarchizzante ma adeguata ai differenti e rispettivi campi di applicazione fun-zionale.

Portavoce in Italia del pensiero del postmoderno, interprete della critica alla me-tafisica intrapresa da F. Nietzsche e sviluppata da M. Heidegger, Vattimo, pub-blicando la raccolta Il pensiero debole (con P.A. Rovatti, 1983), ha configurato lafilosofia come “pensiero debole”, chiamandola ad accettare la perdita del suoruolo fondativo e a declinarsi quale interpretazione. In questa prospettiva, attor-no alla quale è nata una vera e propria corrente filosofica, lo stile di pensiero “de-bole” deve limitarsi a prendere atto della mortalità dell’essere e a ripercorrere letappe del suo declinare. Con La fine della modernità (1985), Vattimo ha insistitosulla frammentazione e pluralità del reale, invitando ad accettare remissivamen-te l’effimericità e instabilità del divenire delle cose e dei valori. Ha così delinea-to la possibilità di un “nichilismo gaio”, consapevole dell’intera finitudine del sen-so, rimesso senza nostalgia alla perdita di assolutezza, unitarietà e universalità.

SCHEMA RIASSUNTIVO

POSTMODERNO

LYOTARD

VATTIMO

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Emmanuel Lévinas

Di famiglia ebraica lituana, Emmanuel Lévinas (Kaunas, Litua-nia, 1906 - Parigi 1995) compie gli studi universitari in Francia eprende la nazionalità francese nel 1930. È professore universi-tario a Poitiers, a Parigi-Nanterre e infine alla Sorbona.

� La critica al pensiero della totalitàIn Totalità e infinito (1961) sostiene che il pensiero della tota-lità ha dominato la filosofia occidentale, fino a portare ai tota-litarismi politici del ’900 e alla considerazione della guerra co-me prova di forza risolutiva tra totalità contrapposte. Caratteri-stica del pensiero della totalità è ritenere di poter ricondurreogni cosa entro l’orizzonte ultimo dell’essere, come ha fattol’ontologia classica, oentro l’orizzonte ultimo del soggettoqua-le momento della storia dell’essere, come ha fatto la filosofiamoderna culminante in Hegel. Al pensiero della totalità, che siestende anche all’ermeneutica (la quale, omologando l’essereal linguaggio, riconduce l’Altro, il Diverso al noto e all’identico),Lévinas contrappone la tesi della rottura della totalità su basietiche, in virtù dell’appello etico che mi proviene dalla alterità

Pensiero della totalitàe totalitarismi

La rottura della totalità su basietiche

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65 Il pensiero postmetafisico di Lévinas, Derrida e Deleuze

Il pensiero contemporaneo non è percorso soltanto dalle correnti che in vario modo decretano l’estinzione o l’improponibilità delle anticheproblematiche filosofiche dalla pretesa universalistica. Non si assisteesclusivamente allo svuotamento di ogni domanda “forte” o “alta”, peresempio, prima fra tutte le questioni, di quella che vorrebbe “corrispondere” al senso di ciò che è e non è. Nel caso di Lévinas, Derrida e Deleuzeè anzi nitido il tentativo, pur perseguito secondo metodi d’indagine, stili di pensiero e di scrittura affatto diversi, di elaborare una filosofiapostmetafisica. Una filosofia cioè che, mentre prende nettamente le distanze,soprattutto alla luce di Heidegger, dalla metafisica occidentale, nonrinuncia ad interrogare e ricreare la questione dell’essere.

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radicale del “volto” altrui. Per “volto” Lévinas non intende lefattezze esteriori dell’altro, come tali riportabili nell’ambito del-le mie possibilità conoscitive, bensì il suo rivolgersi a me conuna richiesta impellente di aiuto derivante innanzitutto dalla suafragilità esistenziale. Si tratta di un vero e proprio comando eti-co originario del tutto esteriore all’io, che ribalta sia il mio at-teggiamento conoscitivo, sia il mio più profondo attaccamentoegoistico all’essere e mi rende soggetto responsabile, non piùaccentrato su di sé ma decentrato verso altri, in relazione eticacon essi.

� Disinteresse e traccia del voltoRadicalizzando la sua critica all’ontologia quale pensierodella totalità, nell’opera Altrimenti che essere (1974) Lévinassostiene che l’essere (e con esso tutto ciò che può essere fat-to oggetto di pensiero contemplativo, o detto in parole) nonè l’origine ultima del senso. Per trovare l’origine del senso,è necessario trascendere del tutto il piano dell’essere, del pen-siero, del “detto”, per risalire a quel “dire” originario con cuiil soggetto responsabile si espone all’altro, si fa suo prossi-mo, lo assume su di sé, giungendo fino a espiare per le suecolpe, a sostituirsi a lui nella sua stessa responsabilità. La ve-ra identità del soggetto responsabile non si ha quindi nelsuo essere, bensì nel suo “dis-inter-esse” (l’atteggiamentoetico del disinteresse comporta il trascendimento del pianodell’essere, pone il soggetto al di là del gioco degli esseri, nonpiù “tra gli esseri”). Ciò che impedisce all’alterità altrui e allatrascendenza del soggetto responsabile possano essere ri-portati all’interno del piano totalizzante dell’essere e del pen-siero è il loro particolare radicarsi nell’infinito. Il volto altruiè “traccia” dell’infinito, perché l’infinito vi si annuncia comeun passato non riportabile in alcun modo alla presenza del-l’essere e del pensiero. Il soggetto responsabile è “gloria” del-l’infinito, perché lo testimonia in modo profetico con il suostesso dis-inter-esse. Dio “viene all’idea” non come un esse-re, sia pure come l’essere sommo, bensì tramite l’atteggia-mento etico del soggetto disponibile senza riserve verso ilprossimo.

Jacques DerridaIl filosofo francese Jacques Derrida (El-Biar, Algeria, 1930) èdal 1983 direttore di studi all’École des Hautes Études enSciences Sociales di Parigi. Tra le sue opere: La scrittura ela differenza (1967); Della grammatologia (1967).

Il “volto” altrui,comando eticooriginario

L’origine del sensoè nel farsi prossimo

Il “dis-inter-esse”

Il volto altrui come“traccia dell’infinito”

Dio

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65 - Il pennsiero postmetafisico di Lévinas, Derida e Deleuze

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� Parola, scrittura e metafisicaDerrida sostiene che l’intera tradizione filosofica occidenta-le, coincidente con la storia della metafisica da Platone fino aHeidegger, svaluta il segno scritto e privilegia il segno orale:secondo tale tradizione la parola è legata alla presenza, men-tre la scrittura è legata all’assenza. La parola parlata è presen-te a colui che la pronuncia e si rivolge sempre a una personapresente. Un testo scritto invece esiste anche in assenza delsuo autore e si rivolge sempre a una persona assente. Secon-do Derrida la metafisica privilegia la parola, considerando-la l’espressione diretta della verità: questa, intesa come la pre-senza immediata di qualcosa alla coscienza, sarebbe presen-te solo nel discorso parlato. Il segno scritto invece è svaluta-to dalla metafisica, poiché è inteso come assenza, ossia co-me una negazione della presenza e quindi della verità. In de-finitiva, la metafisica confinerebbe la scrittura in un ruolo se-condario, di traduzione e rappresentazione grafica della pa-rola: il segno orale è il segno della cosa, il segno scritto è il se-gno del segno orale, nel senso che sta al posto della parolaparlata e rinvia a essa.

� La decostruzione della metafisicaSulla base di queste distinzioni Derrida contesta lo stesso con-cetto di “presenza” su cui sarebbe fondata la tradizione me-tafisica: l’idea di presenza è di per sé già un’illusione. Sullascia di Heidegger Derrida giunge così al progetto di una de-costruzione della metafisica. In primo luogo essa mette inquestione le opposizioni concettuali classiche (per esempio,l’opposizione fra parola e scrittura), rovesciando la gerarchiache le comanda, ossia il predominio di un termine sull’altro.In secondo luogo, la decostruzione fa emergere una nuovaprospettiva concettuale irriducibile al sistema di tali opposi-zioni. Derrida mostra poi che la definizione del segno scrittoè in realtà la definizione di ogni segno: infatti ogni segno, an-che quello orale, non significa mai la cosa stessa ma rinvia a unaltro segno, il quale rinvia a sua volta a un altro segno, e que-sto processo di rinvio è interminabile. A questo funziona-mento del segno Derrida dà il nome di différance: si trattadella differenza fra segno e segno (ogni segno rinvia a un se-gno differente da esso) e del differimento, o rinvio incessan-te, a cui è sottoposta la presenza della cosa. Sia nel discorsoparlato, sia in quello scritto è impossibile risalire a una verità, auna presenza originaria, poiché ogni presenza è già presa nel-la rete infinita dei rimandi da segno a segno. Allo scopo didecostruire la metafisica Derrida trasforma la filosofia in una

Parolae scrittura

La metafisicaprivilegia la parola comeespressione di verità

La critica all’ideadi “presenza”

Il segno rinviasempre a un altrosegno

La “différance”

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65 - Il pennsiero postmetafisico di Lévinas, Derida e Deleuze

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pratica di scrittura, o grammatologia, aperta alle influenze del-la letteratura e della psicoanalisi e nella quale la verità si dà pro-prio nella scrittura (che è ripetizione e differenza fra signifi-cante e significato) come differimento continuo e traccia.

Gilles DeleuzeIl filosofo della Sorbona Gilles Deleuze (Parigi 1925 - 1995)elabora lo strutturalismo nel senso di un’ontologia che eli-mina le idee di unità e di totalità a vantaggio di quelle di dif-ferenza e di molteplicità. Contesta la figura tradizionale del-la ragione che opera in termini di identità, somiglianza,analogia. Obiettivo polemico principale è il pensiero dialet-tico di Hegel, in cui positivo e negativo sono ricompresi nel-la superiore identità della sintesi. Nietzsche e Spinoza sonogli autori a cui Deleuze fa riferimento per un superamentodella dialettica e dell’analogia, forme fondamentali di unifi-cazione del molteplice, a favore di un’affermazione del dif-ferente senza totalizzazioni o gerarchie possibili. Le analisi antropologiche di Deleuze sono coerentementeincentrate sul desiderio come flusso energetico nomade,non riducibile ad alcuna figura normativa. Tra le sue opere:Differenza e ripetizione (1968); Logica del senso (1969);L’Anti-Edipo (1972).

La filosofia comepratica di scrittura

L’ontologiadella differenzae della molteplicità

La critica alladialettica di Hegel

L’antropologiae il desiderio

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65 - Il pennsiero postmetafisico di Lévinas, Derida e Deleuze

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65 - Il pennsiero postmetafisico di Lévinas, Derida e Deleuze

Lévinas contrappone al pensiero della totalità ontologica, che ha dominato la filo-sofia occidentale, la tesi della rottura della totalità su basi etiche, in virtù dell’ap-pello etico che mi proviene dalla alterità radicale del “volto” altrui.

Il volto è il rivolgersi a me dell’altro con una richiesta impellente di aiuto: è un veroe proprio comando etico originario, che mi rende soggetto responsabile.

Per trovare l’origine ultima del senso è necessario trascendere il piano dell’essere,del pensiero, del “detto”, per risalire a quel “dire” originario con cui il soggetto re-sponsabile si fa prossimo all’altro.

Il volto altrui è traccia dell’infinito, perché Dio “viene all’idea” tramite l’atteggia-mento etico del soggetto.

Per Derrida l’intera tradizione filosofica occidentale svaluta il segno scritto, legatoall’assenza dell’autore, e privilegia il segno orale, legato alla sua presenza.

La metafisica privilegia la parola perché la considera l’espressione diretta della ve-rità, mentre il segno scritto è inteso come assenza, ossia come una negazione del-la presenza e quindi della verità.

Convinto che l’idea di presenza sia di per sé già un’illusione, Derrida progetta unadecostruzione della metafisica, mettendo in questione le opposizioni concettualiclassiche e facendo emergere una nuova prospettiva concettuale irriducibile al si-stema di tali opposizioni.

Mostra poi che la definizione del segno scritto è in realtà la definizione di ogni se-gno, in cui il processo di rinvio è interminabile.

A questo funzionamento del segno dà il nome di différance, che intende la diffe-renza fra segno e segno e il rinvio incessante a cui è sottoposta la presenza del-la cosa.

Allo scopo di decostruire la metafisica Derrida trasforma la filosofia in una praticadi scrittura aperta alla letteratura e alla psicoanalisi.

Deleuze elabora lo strutturalismo nel senso di un’ontologia che elimina le idee diunità e di totalità a vantaggio di quelle di differenza e di molteplicità.

Contesta la figura tradizionale della ragione che opera in termini di identità a favo-re di un’affermazione del differente senza totalizzazioni o gerarchie possibili.

Le sue analisi antropologiche sono incentrate sul desiderio come flusso energeticonomade.

LÉVINAS E L’ETICA DEL VOLTO

Il volto altrui

L’origine ultima del senso

Il volto altrui come traccia dell’infinito

DERRIDA

La parola e lo scrittosecondo la metafisica

Il progetto di una decostruzionedella metafisica

La definizione di segno

La différance

La filosofia come scrittura

DELEUZE E L’ONTOLOGIADELLA DIFFERENZA

La critica alla figuratradizionale della ragione

L’antropologia

SCHEMA RIASSUNTIVO

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Cibernetica e origini dell’intelligenza artificialeL’intelligenza artificiale (d’ora in poi: IA) può essere defi-nita come il settore di studi e l’insieme di tecniche, deri-vati dall’informatica, che tendono a realizzare sistemi elet-tronici di elaborazione in grado di simulare il comporta-mento intelligente dell’uomo, vale a dire capaci di risolve-re problemi che comunemente rientrano nel dominio del-l’intelligenza umana. L’espressione IA è stata coniata nel 1956nell’ambito di un seminario tenutosi a Dartmouth, negli Sta-ti Uniti, da Marvin Minsky, uno dei fondatori della disciplina,che la caratterizzò come quella “scienza che fa fare alle mac-chine cose che richiederebbero intelligenza se fossero statefatte dagli uomini”. Tra i suoi settori d’indagine più rilevantitroviamo i metodi per risolvere problemi in situazione di dub-bio (problem solving), la capacità per il computer di com-prendere il linguaggio comune non codificato, la traduzioneautomatica, la visione artificiale, la costruzione di programmicapaci di apprendere dalle proprie esperienze e correggeregli errori. Alle origini remote dell’IA possono essere ideal-mente collocati la stessa concezione meccanicistica del cor-

Una definizione

Minsky

I settori d’indagine

Le origini remote

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66 L’intelligenza artificialeIl progresso tecnico-scientifico novecentesco ha portato, non meno del pensiero postmetafisico, varie sfide alla filosofia tradizionale e ai suoi modelli di razionalità tradizionalmente postulati come veri e indiscutibilmentevalidi. Informatica, logica, matematica, linguistica, psicologia cognitiva,epistemologia e scienze neurologiche sono confluite in un ambito di ricerca,l’intelligenza artificiale, che ha acutamente interpretato il ruolo di questa sfidasollevando una continua pioggia di problemi. Di fronte a questa sfida scientifica i filosofi hanno variamente reagito, ora prendendo partito per l’intelligenzaartificiale, chi (per esempio Putnam) sostenendo persino l’ipotesi di una “vitaartificiale”, ora, al contrario, criticandola recisamente, impugnandone (peresempio con Searle) la capacità di comprendere e parlare in modo intenzionale.Il dibattito, ben lungi dal potersi dire concluso in un senso o nell’altro, ha in ognicaso mostrato ulteriormente l’insufficienza dell’intelligenza umana adautocomprendersi pienamente ed univocamente.

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po umano elaborata da Descartes e la costruzione di automiidraulici da giardino in voga nel Seicento, nonché i primi cal-colatori manuali, completamente meccanici, inventati, fra glialtri, da Pascal e Leibniz. Ma l’effettiva nascita dell’IA avvienein tempi ben più recenti, soltanto nel XX secolo, con l’inven-zione degli elaboratori elettronici e l’affermazione della ci-bernetica, cioè precisamente di quella scienza che, sfruttan-do tecniche matematiche sofisticate, studia le analogie tra lemacchine e gli organismi viventi, con particolare riferimentoalle tecniche di controllo, di comunicazione e di regolazionee alle loro applicazioni tecnologiche.

� Reti neurali e pensiero artificialeTale primario settore di ricerca venne inaugurato dal ricerca-tore americano Norbert Wiener (1894-1964) che ne mise a fuo-co l’assetto teorico nel suo studio La cibernetica: controlloe comunicazione nell’animale e nella macchina (1948). Iprimi studiosi nel settore del pensiero artificiale si proposerocosì di simulare l’attività logica del cervello umano riprodu-cendo artificialmente con reti neurali, cioè costruite tramitecomponenti elettroniche, la struttura cerebrale delle reti dineuroni. Parallelamente a queste indagini, altri ricercatori si ser-virono di elaboratori per simulare il procedimento dell’intel-ligenza umanae presero quale caratteristica distintiva del pen-siero la capacità decisionale (come esempio tipico e campodi verifica di questa attitudine venne adottato il gioco degli scac-chi). Con questi primi sviluppi della cibernetica, le ricerche sul-l’IA si sono via via indirizzate al rinvenimento di programmi peri giochi e in seguito all’individuazione di procedure euristi-che che evitassero l’analisi di tutte le possibili situazioni (lacosiddetta “esplosione combinatoria”: nell’esempio degli scac-chi, tutte le mosse possibili secondo un numero di alternativepari a 10120, cioè un ordine di probabilità incalcolabile per l’in-telligenza umana), cercando invece di implementare strategiedi scelta che imitassero quelle degli esperti umani. Ciò che gra-dualmente diversificò e separò le ricerche sulle reti neurali daquelle sull’IA fu il livello di confronto fra la macchina “intelli-gente” e la mente dell’uomo: un confronto condotto, in am-bito cibernetico, a livello fisico, assumendo che le operazionilogiche siano un prodotto della struttura fisica, e invece nel se-condo caso, l’IA appunto, a livello funzionale, prevedendo disimulare i processi mentali senza dover riprodurre nell’elabo-ratore elettronico la struttura fisica del cervello.

La macchina e il test di Turing

La nascita dell’IA

Wiener

La cibernetica

Le reti neurali

L’“esplosione combinatoria”

Il confronto tra la macchina intelligente e lamente umana

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66 - L’intelligenza artificiale

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Il matematico e logico inglese Alan Mathison Turing (Londra1912 - Wilmslow 1954) è noto soprattutto per aver ideato ne-gli anni ‘30 un computer teorico, la cosiddetta “macchina diTuring”, che simula l’attività di calcolo di un essere umano,in quanto dotata di capacità di leggere simboli di un alfabe-to finito e di operare con essi (cancellare, stampare). La mac-china di Turing, in sostanza, si identifica con un insieme di istru-zioni volte a modificare i simboli in ingresso per pervenire al ri-sultato finale e può calcolare le funzioni ricorsive. Ciò significache, dimostrando come un problema può essere risolto da unamacchina di questo tipo, si dimostra che esso può essere ri-solto in generale mediante metodi computazionali. Con la suamacchina, dalle caratteristiche non dissimili da quelle di un at-tuale computer digitale, Turing intervenne anche nel dibattitosull’IA, inteso ad accertare se il comportamento umano pos-sa essere spiegato in termini computazionali e se a un ela-boratore possa essere attribuita la capacità di “pensare”. Nel-l’articolo Calcolatori e intelligenza (1950), pubblicato sulla ri-vista “Mind”, egli stabilì in tal senso un criterio di verifica attra-verso una prova, poi detta il “test di Turing”. Un individuo èposto di fronte a due terminali, collegati l’uno a un elaborato-re elettronico l’altro a un interlocutore umano: se l’operatoreche interroga non riesce a distinguere le risposte (gli outpouts)della macchina da quelle umane, allora la macchina sottopostaal test ha un comportamento intelligente, “pensa”. Mentre Tu-ring e con lui molti teorici dell’IA si sono sentiti di poter con-cludere affermativamente al duplice quesito, sostenendo cosìche sia il comportamento umano è spiegabile in termini com-putazionali sia il comportamento di una macchina può es-sere definito intelligente, parecchi filosofi si sono pronuncia-ti secondo l’opinione contraria. L’obiezione filosofica più co-mune a questo criterio, che in definitiva verifica l’intelligenzadi una macchina senza dover fornire una definizione dell’in-telligenza stessa, consiste nell’affermare che il pensiero uma-no è tuttavia sempre caratterizzato dall’intenzionalità, pro-prietà non riscontrabile nella macchina di Turing.

I filosofi di fronte all’IAL’enorme e inarrestabile sviluppo tecnologico ha condottoal perfezionamento di elaboratori elettronici sempre più so-fisticati: dalla prima generazione (1946-58) alla quarta(1972), basata sui circuiti a elevato livello di integrazione chepermettono di concentrare in un microprocessore (un’uni-

Turing

La “macchina di Turing”

Il “test di Turing”

La macchinache pensa

L‘assenzadi intenzionalità

Le generazionidegli elaboratorielettronici

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66 - L’intelligenza artificiale

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ca piastrina di silicio contenente il circuito altamente inte-grato, il chip) l’unità di elaborazione centrale. Le prestazionidi questa generazione avanzata di elaboratori ha reso possi-bile non soltanto l’esecuzione di procedure algoritmiche e ladimostrazione automatica dei teoremi, ma anche la risolu-zione di problemi formalizzati simulando funzioni cogni-tive di apprendimento e operazioni inferenziali, quali l’in-duzione e la deduzione. La ricerca in questo settore ha cosìreso possibile la realizzazione di macchine capaci di ricono-scere e sintetizzare informazioni e forme attraverso specificisensori: dall’elaborazione della voce e della visione a quelladel linguaggio naturale che mira a costruire sistemi capaci dicomunicare in forma scritta con l’essere umano. Tutti questiprogressi, dall’indiscussa ricaduta anche nel possibile miglio-ramento della vita sociale, hanno sempre più riproposto allariflessione sull’IA il duplice problema impostato grazie a Tu-ring, cioè se l’intelligenza umana sia riconducibile a una seriedi operazioni algoritmico-computazionali, e se gli elaboratorielettronici, costantemente in progresso sia per potenza sia perversatilità di prestazioni, possiedano un’intelligenza isomorfaa quella umana. Tra gli studiosi più accreditati e convinti del-l’IA va ricordato lo statunitense Marvin L. Minsky (New York1927), fondatore del Laboratorio di intelligenza artificiale delMassachusetts Institute of Technology (MIT), che in La so-cietà della mente (1986) ha sostenuto una teoria di tipoconnessionistico, secondo la quale la mente sarebbe da con-cepire come costituita da una rete di unità semplici di ela-borazione, chiamate “agenti”, dalle cui interrelazioni scatu-rirebbero i processi psichici. Accanto a lui, oltre agli specia-listi fautori dell’IA, anche il filosofo statunitense Hilary Put-nam (Chicago 1926) che in una prima fase della sua riflessio-ne, e precisamente in Menti e macchine (1960), ha sostenu-to che gli stati mentali, assimilabili agli stati di una macchinadi Turing, possono essere realizzati su sostrati fisico-ma-teriali diversi, organici ed inorganici: tipi differenti di hardwa-re possono realizzare il medesimo software. Una voce criticache ha contestato l’assimilazione dei due tipi di intelligenza,artificiale e umana, in base alle diverse modalità di funzionee di operatività si è levata soprattutto dal filosofo statunitensedel linguaggio John R. Searle (Denver 1932). Nell’articoloMenti, cervelli e programmi (1980) Searle ha asserito che lemacchine decifrano, calcolano e organizzano sintetica-mente catene di simboli con cui può essere formalizzato illinguaggio naturale senza però essere in grado di com-prenderne il significato, cioè di dare luogo a un’interpreta-

La simulazionedell‘apprendimentoe dell‘inferenza

Minsky

“La società dellamente”

Putnam

“Menti e macchine”

Searle “cervellie programmi”

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66 - L’intelligenza artificiale

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zione, in quanto questa non richiede soltanto la correttezzaformale e grammaticale ma anche la determinazione di pre-cisi riferimenti semantici all’oggetto di cui si sta parlando.Egli ha così ritenuto dimostrare che una macchina, anchequalora fosse in grado di esibire abilità e fornire prestazioniintelligenti, non per ciò sarebbe comunque possibile defi-nirla intelligente.

Limiti di intelligenzadella macchina

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66 - L’intelligenza artificiale

Con “intelligenza artificiale” (IA) s’intende l’insieme di studi e tecniche, derivatidall’informatica, che tendono a realizzare sistemi elettronici di elaborazione ca-paci di risolvere problemi che comunemente rientrano nel dominio dell’intelli-genza umana. Gli inizi dell’IA risalgono all’avvento della cibernetica, verso la metàdel XX secolo, alle indagini matematiche sulle analogie tra le macchine e gli or-ganismi viventi.

I primi ricercatori intesero simulare l’attività logica del cervello umano riprodu-cendo artificialmente con reti neurali, cioè costruite tramite componenti elettro-niche, la struttura cerebrale delle reti di neuroni. Successivamente le ricerchesull’IA si distanziarono da quelle sulle reti neurali: nel caso dell’IA i processi men-tali venivano simulati senza riprodurre nell’elaboratore elettronico la struttura fi-sica del cervello, come invece avveniva nel caso delle ricerche cibernetiche sul-le reti neurali.

Il matematico e logico inglese Alan Mathison Turing ideò un computer teorico,la cosiddetta “macchina di Turing”, che simula l’attività di calcolo di un essereumano, in quanto dotata di capacità di leggere simboli di un alfabeto finito e dioperare ricorsivamente con essi. Inoltre, grazie alla messa a punto di un test spe-cifico, Turing, e poi con lui molti teorici dell’IA, sostenne che il comportamentointelligente umano è spiegabile in termini computazionali come, inversamente, ilcomportamento di una macchina può essere definito intelligente.

Tra i sostenitori dell’IA vanno ricordati: Marvin L. Minsky, che in La società dellamente (1986) ha sostenuto una teoria della mente di tipo connessionistico, e ilfilosofo Hilary Putnam che in Menti e macchine (1960) ha sostenuto che gli sta-ti mentali possono essere realizzati su sostrati fisico-materiali diversi, organicied inorganici. Critico in merito all’assimilazione dei due tipi di intelligenza, artifi-ciale e umana, John R. Searle ha inteso dimostrare l’insufficienza di abilità e pre-stazioni intelligenti per poter definire intelligente una macchina.

ORIGINI DELL’IA

Reti neurali e pensieroartificiale

LA MACCHINA E IL TESTDI TURING

I FILOSOFI DI FRONTE ALL’IA

SCHEMA RIASSUNTIVO

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358

AAbelardo 38, 125, 127, 128abiti (in Peirce) 269, 270abitudine (in Hume) 194Accademia 83, 87, 100, 105Accademia platonica 105,147, 150, 151, 152

accidenti 91accortezza, virtù della 75Achille e la tartaruga, argo-mento di 65

acqua (principio) 53, 54, 68Adler, Alfred, 280Adorno, Theodor Wiesengrund44, 312, 316-317, 341afasia 104affetti (in Spinoza) 180agire comunicativo, paradigmadeIl’ 341agnosticismo 76agostinismo 122, 135, 138agostinismo politico 123Agostino 85, 120-123, 125,138,186,257Agrippa 109Alberto Magno 135Albino 88alchimia 162Alcmeone 59Aiessandria, scuola di 117Alessandria,seconda scuola di, 112

Alessandro di Afrodisia 97,149

Alessandro di Hales 138Alessandro Magno 90, 100alienazione 228, 231, 232,294, 312

Althusser, Louis 324, 326amicizia 69

amico-nemico (in Schmitt)320

Ammonio Sacca 110amor fati 255amore 69, 287amore per la sapienza 10, 48analisi economica (in Marx)233-234

analitica dell’esistenza 290-291

analitica trascendentale 210anarchismo metodologico 32,329, 333

Anassagora 55, 68, 69Anassimandro 53, 54, 56Anassimene 53, 54-56Anceschi, Luciano 44Andronico di Rodi 16, 90, 97angoscia 291anima (in Jung) 281anima 57, 72, 80, 81, 87, 93,101,111, 112, 135, 137,149, 151, 176, 178, 179,212, 213

animus 281Anselmo d’Aosta 125, 126-

127, 138, 239anticipazione, o prolessi 101,103

Antifonte 77antilogia 75Antioco di Ascalona 87Antistene 81antitesi 65, 225antropologia socratica 79-80antropomorfismo 49, 51, 63apatia 104ápeiron 54Apel, Karl Otto 23, 340-341apollineo-dionisiaco 252, 253aponia 101

aporia eleatica 63, 68, 69, 71a posteriori 210a priori 210, 236araba, filosofia 131-132Arcesilao di Pitane 87, 105arché 53, 54, 55, 56Archita 59, 60Ardigò, Roberto 245, 248-

249Arendt, Hannah 320, 321areté 49, 74aria (principio) 53, 54, 68arianesimo 118Aristippo 81Aristofane 79Aristosseno di Taranto 96Aristotele 11, 16, 17, 21, 22,25, 26, 53, 55, 63, 79, 90-99, 124, 125, 131, 132,133, 134, 135,136,137,138, 149,163

– etica 95-96– fisica 92-93– logica 91, 92– metafisica 93-95aristotelismo 88, 135-139,162, 209

aristotelismo rinascimentale149, 150, 151

armonia 42armonia prestabilita (in Leibniz)182

Arnauld, Antoine 186arte 41, 76, 215, 221, 237,252, 253, 275, 276, 314,317

arte e filosofia 41arti liberali 41asserto-base 331assoluto (in Hegel) 225astrologia 162

Indice analiticoSono indicate in neretto le pagine in cui l’autore o il concetto sono trattati in modo più esteso e diretto

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atarassia 101, 102, 105ateismo 207Atene, scuola di 112atomismo 71-73atomismo logico 304, 305atomo 71, 72, 101, 182Attico 88atto 92, 94, 95atto linguistico 309-310atto puro 95attualismo 276Austin, John Langsham 28,304, 309

autarchia 80, 102autoconcetto, o autoctisi 276autodominio 80Averroè 132, 149averroismo 135, 138-139Avicebron 132Avicenna 131, 133azione, filosofia dell’ 257, 258

BBachelard, Gaston 32, 326,327

Bacone, Francesco 13, 169,171, 173-174, 179

Bacone, Ruggero 140Baden, scuola di 13Banez, Domingo 186Banfi, Antonio 44Barth, Karl 39base empirica 331Basilide 113Baumgarten, AlexanderGottIieb 42, 43, 205

Beccaria, Cesare 204bellezza 41-42, 150bellum omnium contra omnes190

bene 22, 81, 85, 86benevolenza (in Hutcheson)201

Bentham, Jeremy 104, 200,201, 202-203, 246

Bergson, Henri Louis 37, 249,257, 258-259

Berkeley, George 189, 192-193Berlino, circolo di 31, 32, 215,216

Bernardino da Siena 146Bernstein, Eduard 312Biante 50bioetica 23biosofia 217Bloch, Ernst 312, 315Blondel, Maurice 257-258Bobbio, Norberto 28Bodin, Jean 154, 155-156Boezio di Dacia 125, 138Boezio, Severino 124, 125,128, 135, 136

Bonaventura da Bagnoregio38, 125, 138

Bontadini, Gustavo 18Botero, Giovanni 154, 156Bruni, Leonardo 146Bruno, Giordano 51, 164-

165, 180Burckhardt, Jacob 146Buridano, Giovanni 126, 143Burke, Edmund 42

Ccabbalà 113, 152Callicle 74, 77Calvino, Giovanni 159-160Campanella, Tommaso 165-

166CampbelI, Norman Robert 31Canguilhem, Georges 32caos 69capitalismo 230, 232, 233,234

Carnap, Rudolf 18, 19, 31, 32,299, 302

Carneade 105Carpocrate 113Cartesio, Renato 85, 169,

174-177, 178, 179, 182,183, 197, 296, 309

casa dell’essere 292Cassirer, Ernest 13catalettica, rappresentazione103, 105

catarsi 96catastematico, piacere 101,102

categoria 91, 211, 224, 271,275, 309

causa-effetto, relazione di 194causalità, principio di 72, 236Cavaillés, Jean 32Celso 88Chilone 50Cicerone, Marco Tullio 107,147,

cinica, scuola 81cirenaica, scuola 81, 82città-stato ideale (in Platone)87

Cleante 102Clearco di Soli 97Clemente 117Clemente Alessandrino 38Clemente di Roma 117Cleobulo 50clinamen 101cogito (cogito ergo sum) 175-176, 286, 296

cognitivismo etico 308, 309Cohen, Hermann, 13Compagnia di Gesù 160complesso (in Jung) 281comprendere (in Dilthey) 261,

262Comte, Auguste 13, 245-246comunicazione, comunità illi-mitata della 341

comunicazione, condizionidella 340

comunismo 232comunità (in Peirce) 267concetto 211, 212condensazione (in psicoanalisi)279, 327

Condillac, Etienne Bonnot de241, 243

confermabilità 302confutazione 92connessione di fatto 271conoscenza 69, 175-176, 210-211, 243, 248, 287

contemplazione 48contraddizione (in Hegel) 225contraddizione (in Kierkegaard)239

contratto sociale 207, 208controriforma 160convenzionalismo 31, 33convenzionalità, principio di302

Indice analitico

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360

Copernico, Niccolò 168-169copula mundi 152corpo 176, 178-179, 237, 259,295, 296, 309

Corpo ermetico 151, 152corporeità 44, 66, 242, 294cosa in sé 211, 212coscienza 223, 224, 257, 293,294

coscienza anticipante 315coscienza di classe 314cosmo 59, 61, 63, 69, 86, 101,103, 108, 112, 137, 150

costruttivismo 322costruzionismo logico 307creazione 43, 116, 131credenza 194, 270Crisippo 102cristianesimo 115-119critica del giudizio 213critica dell’ideologia 341critica della ragion pratica212-213

critica della ragion pura 210-212

Crizia 37, 74, 77Croce, Benedetto 12, 43,

274-275, 276cultura e storicismo, critica di(in Nietzsche) 251-253

Cusano, Niccolò 150-151

DD’Alembert, Jean Le Rond 204Darwin, Charles Robert 245,247, 249

Dasein, o esserci 290decisionismo giuridico 320decostruzionismo 350deduzione 175, 247deduzione trascendentale 211deismo 204, 205, 207Deleuze, Gilles 348, 351Demiurgo 86, 88Democrito 71-72, 85denaro 262, 263deontologia (in Bentham) 203Derrida, Jacques 18, 348-349descrizione, teoria della 296Dessoir, Max 44

destra hegeliana 223, 227Dewey, John 269, 271-272diade 85dialettica 87, 92, 96, 102,234, 274, 314, 317

dialettica hegeliana 238, 274dialettica socratica 80-81, 84,85

dialettica trascendentale 210,212

dianoetiche, virtù, 95Dicearco di Messina 97dicotomia, argomento della,65

Diderot, Denis 204différance 350differenza ontologica 291differenza, filosofia della 351,352

differenziazione (in Jung) 282dignità dell’uomo 147, 152Dilthey, Wilhelm 13, 261-262dimostrazione dialettica 65“Dio è morto” 254Diogene di Apollonia 55Diogene Laerzio 48, 54Dionigi Areopagita 125, 126,135, 136, 151

dionisiaci, culti 50diritto 25, 143, 156, 180, 220,226, 320

diritto internazionale 156, 157diritto naturale 27, 156, 157,180

diritto positivo 27, 156disuguaglianza sociale 207dis-inter-esse (in Lévinas) 349distinti, circolarità dei 275divenire 64divertissement (in Pascal) 187dolore 237, 238donatismo 122doppia verità, teoria della 139dotta ignoranza 150dovere 211, 212dubbio 121, 175Dufrenne, Mikel 44Duhem, Pierre 31, 33Duns Scoto, Giovanni 38, 126,

140-141durata 258, 259Durkheim, Emile 37, 39

Eebraica, filosofia 132-134ecceità 141eclettismo 107economia politica classica 233Edesio 112Edipo, complesso di 279edonismo 81, 101, 104educazione 205, 272effettualità 288Elea, scuola di 63-67, 68, 76Elide, scuola di 81eliocentrica, teoria 169ellenistica, filosofia 100-106Empedocle 51, 61, 68, 69empirismo 183, 189-196,209, 299

empirismo logico 32, 299-303enciclopedia delle scienze (inHegel) 224

Enciclopedia o dizionarioragionato delle scienze, dellearti e dei mestieri 204, 205Enesidemo 109Engels, Friedrich 227, 230,231, 234, 312

entusiasmo (in Shaftesbury)200

Epicarmo 59epicureismo 51, 72, 104, 108Epicuro 71, 100-108epistemologia 14, 30-35,

329-334– criteri di scientificità 33-34– criteri di scelta fra teorie 34– filosofia e scienza 30– struttura della spiegazionescientifica 34

– origini dell’epistemologia31

– sviluppi dell’epistemologia32

epistemologia storica 32Epitteto 107, 108epoché 104, 286Eraclito 11, 53, 56-57, 61Erasmo da Hotterdam 158,159

eresia 118, 121eristica 74, 77

Indice analitico

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361

Erlebnis, o esperienza vissuta261, 262

ermeneutica 262, 335-339,346, 348

ermeneutica dei testi 335,337-338

Ermete Trimegisto 151ermetismo 151Eros 10, 42, 86errore 176Es 280Esiodo 49, 50, 51esistenza 290, 291, 294-296esistenza di Dio, dimostrazionedell’ 80, 126, 136-137, 141,142, 213

esistenzialismo 290-298esoterismo 59-60esperienza 140, 241, 271,272, 285, 286

esperimento 10, 30, 170, 171esprit de finesse 187esprit de géométrie 187essenza 93, 131, 284, 285esserci, o Dasein 290essere 16, 17, 19, 64, 65, 66,68, 76, 242, 288, 290, 293,296, 315

essere-nel-mondo 290estetica 14, 41-46, 205– arte e filosofia 41– bellezza 41-42– estetica contemporanea42-43

– nascita dell’estetica 43estetica trascendentale 210eterno ritorno, dottrina dell’252, 255

eterogenesi dei fini 198etica 14, 21-24, 95-96– etica e morale 21– etiche speciali 23– modello deontologico 21-22

– modello teleologico 21- 22etica comunitaria 23etica del desiderio 23etica del discorso 340etica dell’ambiente 23etica della comunicazione 23etica della differenza sessuale23

etica della situazione 76etica deontologica 21-22etica formale 22etica pubblica 23etica teleologica 21-22etiche speciali 22etiche, virtù, 95eticità 225, 226, 227Euclide 81, 172eudaimonía 80, 95Eudemo di Rodi 96Euripide 75evento appropriante 291evidenza 175evoluzione 247, 248, 249, 270evoluzionismo biologico 249evoluzionismo filosofico 247,

249

Ffallacia naturalistica 308falsificabilità 329, 330, 331falsificazionismo 32, 34, 329,330

famiglia 96fanatismo 200, 205fascismo 316fedeltà alla terra 254federalismo 243Fedone 81Feigl, Herbert 32felicità 22, 80, 95, 137, 138fenomeno 18, 210, 211, 214fenomenologia 284-289fenomenologia dello spirito (inHegel) 223, 224

Feuerbach, Ludwig Andreas51, 227, 230, 231

Feyerabend, Paul Kail 32, 34,329, 332-333

Fichte, Johann Gottlieb 12,156, 216, 218-220

Filolao 59, 60Filone d’Alessandria 113, 118filosofia 10-15,– amore della sapienza 10– dottrina generaledella conoscenza 12-13

– problemi della filosofia 14– saggezza 11

– sapere assoluto 12– scienza del fondamento11-12

– studio del tutto 10filosofia analitica 304-311,338

filosofia analiticadel l inguaggio ordinario300, 304, 306, 307

filosofia del diritto 14, 27-28filosofia dell’arte 14, 43filosofia della natura 53-58,74

filosofia della politica 14, 25-27, 320-323

fi losof ia del la prassi 312,313

filosofia della religione 14,36

filosofia della scienza 14, 30-35, 329-334

filosofia dell’azione 257, 258filosofia dello spirito 274filosofia e religione 36-37filosofia e teologia 37-39filosofia morale 14, 21, 93filosofia normale 338filosofia prima 16, 17, 18filosofia rivoluzionaria 338filosofia teoretica 14fisica 92-93, 101, 103fisici pluralisti 68-69forma 92, 93, 94, 133, 210,211, 263

forma aggiunta (in Telesio)163

Formaggio, Dino 44formalismo giuridico 28forza 77, 182forza-lavoro 233forze produttive 232Foucault, Michel 324, 327-

328Fracastoro, Girolamo 147, 165Francoforte, scuola di 39, 44,312, 315-318, 341

Frazer, Jannes George 37freccia, argomento della 65Freud, Sigmund 37, 39, 236,

278-280, 281, 282, 316,317, 337

fuoco (principio) 53, 56, 57

Indice analitico

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362

GGadamer, Hans Georg 335-336

Galbraith, John Kenneth 28Galilei, Galileo 30, 168, 169-

170, 171, 189Galluppi, Pasquale 241Gassendi, Pierre 104Gaunilone 127Geiger, Moritz Alfred 44genealogico, metodo (inNietzsche) 253-254

Gentile, Giovanni 12, 37, 274,275-276

geometria 60Giamblico 97, 112, 113giansenismo 185, 186Giardino 100Gilson, Etienne 18Gioberti, Vincenzo 241, 243-

244gioco linguistico 301Giovanni di Jandun 138, 144Girard, René 39giudizi sintetici a priori 210giudizio 211, 213giudizio determinante 211,213

giudizio riflettente 211, 213giuridificazione 342giusnaturalismo 27, 154, 156Giustino 117giustizia 49, 50, 321giustizia, teoria della 27gnoseologia 16, 18, 56(v. anche conoscenza)gnosticismo 61, 113Gorgia 74, 76Gramsci, Antonio 312, 313-

314grazia 115, 122, 159, 186, 187Gregorio di Nazianzo 118Gregorio di Nissa 118Grozio, Ugo 154, 156-157gruppo in fusione 294Guglielmo di Champeaux 127,128

Guglielmo di Ockham 126,128, 140, 142-143, 144gusto 200, 205

HHabermas, Jurgen 18, 23,

340-341Haeckel, Ernst Heinrich 245,249

Haeckel, legge di 249Hamann, Johann Georg 37Hart, Herbert Lionel Adolphus28

Hartmann, Nicolai, 284, 287-288, 314

Hegel, Georg WilhelmFriedrich 12, 18, 19, 37, 42,44, 217, 218, 220, 223-228, 230, 231, 236, 238,274, 275, 276, 314, 315,316, 317– enciclopedia delle scienze224- 226

– fenomenologia dello spiri-to 223-224

– moralità ed eticità 226-227

Heidegger, Martin 18, 44,290-291, 292, 293, 296,317, 324, 327, 335, 338,342, 376, 348, 350

Heidelberg, circolo di 215, 216Herder, Johann Gottfried 37Hesse, Mary Brenda 34Hobbes, Thomas 25, 27, 37,104, 179, 185, 189-190,200

homo homini Iupus 190Horkheimer, Max 312, 315-316, 317

Hume, David 13, 37, 189,193-195, 200

HusserI, Edmund 44, 104,284-285, 286, 293, 304,305

Hutcheson, Francis 200-201

Iicona (in Peirce) 270idea 17, 84, 85, 87, 88, 118,176, 179, 189, 226, 194,198, 212, 213, 225, 242

idealismo 12, 43, 216, 218-229, 236, 257

idealismo italiano, o neoideali-smo 12, 274-277

identità assoluta 221ideologia 230, 233Ignazio da Loyola 160Ignazio di Antiochia 117ilemorfismo 133illuminismo 37, 197, 204-

208, 215, 254, 317ilozoismo 54immaginazione 180, 212, 216immanenza, metodo dell’ 258immaterialismo 192immortalità dell ’anima 87,137, 149, 213

imperativo categorico 211,212imperativo ipotetico 211impetus, teoria dell’ 143impressione 194Inconoscibile 248, 249inconscio 221, 278, 279, 280,281, 285, 326, 327, 328

individuazione, principio di 237individuazione (in Jung) 282induzione 93, 247inerzia, principio di 144, 169infinità/infinito 141, 164, 165infinitamente grande e infinita-mente piccolo, argomentodell’ 65

Ingarden, Roman Witold 44innatismo 176, 183intelletto 211, 212, 213, 225intelletto attivo, o agente 93,131, 132, 133, 134, 135

intelletto possibile 132, 133intellettuale collettivo 313intellettualismo 80, 81, 103intenzionalità (in Husserl) 284,285, 286, 287

intero 11interpretazioni, conflitto delle337

intuito/intuizione 175, 259io 219, 220lo (in psicoanalisi) 280, 281io penso 194, 211ipostasi 111, 112, 113ipotesi 171lppia di Elide 77

Indice analitico

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363

ipse dixt 60lrigaray, luce 23ironia 80-81, 200

JJacobi, Friedrich Heinrich 37Jaspers, Karl 290, 292-293,296, 337

Jena, circolo di 215, 216Jonas, Hans 23Jung, Cari Gustav 340, 342-

343

KKant, Immanuel 13, 17, 21,22, 31, 36, 37, 41, 42, 43,156, 209-214, 216, 218,236, 241, 287– critica dei giudizio 213– critica della ragion pratica212-213

– critica della ragion pura210-212

Kautsky, Karl 312Kierkegaard, Soren 236, 238-239

Kuhn, Thomas 32, 329, 332KuItur 264

LLaberthonnière, Lucien 257Lacan, Jacques 324, 326-

327Lakatos, lmre 34lapsus 279legge dei contrari 56legge morale 22, 212, 213,241

legge naturale 77, 190legge positiva 77legittimità del potere, principiodi 26

Leibniz, Wilheinn Gottfried178, 181-183, 205, 209

Lenin 312, 313Leucippo 71

Leviatano in 190Lévinas, Emmanuel 23, 348-

349Lévi-Strauss, Claude 324-

325, 326liberalismo politico 322liberazione, vie di ( inSchopenhauer) 237, 238

liberismo 202libertà 80, 81, 111, 121, 206,213, 218, 226, 227, 243,247, 294, 295

libertinismo 37, 185libido 278, 279, 280Liceo 90, 96, 100linguaggio 271, 275, 292, 295,300, 301, 302, 304, 305,309, 310, 325, 327, 336,337, 348, 353, 357

linguistica strutturale 325Locke, John 13, 27, 156, 189,

190-192, 202, 243logica 91-92, 101, 102, 270,271, 274, 275, 285, 300,301, 304, 305, 306, 307,309

logica hegeliana 224logica trascendentale 210,211

lógos 55, 56, 57, 63, 65, 77,102, 103, 104, 108, 116

lotta di classe 233, 312Lukács, György 312, 314Lutero, Martin 159

MMach, Ernest 13Machiavelli, Niccolò 27, 147,

154-155MacIntyre, Alasdair Chalmers23

magia 163, 164, 165maieutica 80-81male 81, 103, 108, 121, 242Malebranche, Nicolas 178-179Malinowski, Bronislavv Kaspar37

Mani 120manicheismo 120, 121mano invisibile 201, 202

Marburgo, scuola di 13Marcel, Gabriel 18, 290, 296,337

Marciano Capella 41Marco Aurelio 107, 108Marcuse, Herbert 44, 312,316, 317, 318

Maritain, Jacques 18Marsilio da Padova 126, 140,144

Marx, Karl 39, 230-235,312, 314, 315, 316, 317,326– analisi economica delCapitale 233-234

– concezione materialisticadella storia 231-233

marxismo 293, 294, 312-319, 324, 326

Massimo di Tiro 88Massimo il Confessore 126matematizzazione 168materia 92, 93, 94, 112, 181,210

materialismo 72, 257materialismo dialettico 234,315

materialismo storico 230, 231-233

mathesis universalis 175Mauss, Marcel 39meccanicismo 72, 163,168,209

mecenatismo 148medioplatonismo 88mediostoicismo 102megarica, scuola, 81Melisso di Samo 63, 66memoria 121merce 233Merleau-Ponty, Maurice 44,290, 294-296

metafisica 14, 16-19, 93-95,141, 142– filosofia prima 16, 17, 18– gnoseologia 16, 17, 18– nell’età antica emedioevale 16-17

– nell’età contemporanea18-19

– nell’età moderna 17-18– ontologia 16, 17, 18

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364

– teologia razionale 16, 17,18

metafisica, oltrepassamentodella 18, 338

metafora 337metempsicosi 50, 51, 61, 87metodo 173, 174, 175metodo deduttivo 74metodo induttivo 74metodo sperimentale 193, 194migliorismo 272Mileto, scuola di 53, 68Mill, John Stuart 31, 245,

246-247mimesi 96Misone 50mistero dell’essere 296mitema 332mito 50, 51, 215modello deontologico dell’eti-ca 21-22

modello teleologico dell’etica21-22

Molina, Luis de 186Monaco, circolo di 215, 217monade 164, 182mondo dei valori 286, 287, 288mondo della vita 341monofisismo 118Montaigne, Michel Eyquem de104

Montesquieu, Charles-Louisde 204, 206

Moore George Edward 304,308

morale 14 (v. anche etica)morale teologica 242moralità 225, 226Moro, Tommaso 155, 158morte 291, 293Mosè Maimonide 133-134motore immobile 16, 17, 95,136

Mounier, Emmanuel 337

NNatorp, Paul 13natura 16, 53, 54, 55, 56, 64,162, 163, 179, 220, 221,226, 263

natura, scienze della 262naturalismo rinascimentale

162-167, 185naturalismo storico 263neocontrattualismo 321neoempirismo 32neoidealismo 274-277neopitagorismo 165neoplatonismo 88, 110-114,138, 165, 180

neopositivismo 31, 32, 299-303, 329, 332

neoscetticismo 109neostoicismo 107-108nestorianesimo 118Neurath, Otto 13, 31nevrosi 278, 279Newman, John Henry 39Newton, lsaac 30, 168, 169,

170-172, 193, 202, 209nichilismo 76, 251, 252, 254Nicole, Pierre 186Nietzsche, Friedrich 37, 39, 236,

251-256, 324, 327, 346– critica della cultura e dellostoricismo 251-253

– metodo genealogico 253,254

– superuomo e volontà dipotenza 254-255

noéma 286noési 286noia (in Schopenhauer) 237nolontà 238nominalismo 128, 142nómos 57, 77non-contraddizione, principiodi 94

non-essere 63, 64, 66, 68noumeno 211, 212, 213, 236,237

Nôus 69, 111, 112Nozick, Robert 23nulla 291Numenio di Apamea 88numero (principio) 59, 60-61

OOccam, Guglielmo di v.Guglielmo di Ockham

Ockham, rasoio di 142occasionalismo 178odio 70olismo 34, 330, 331Ollé-Laprune, Léon 257ombra (in Jung) 281omeomerie 68, 69Omero 49, 51ontologia 16, 17, 18, 314, 349ontologia critica 288ontologia ermeneutica 335ontologico, argomento 126ontologismo 243oralità 84, 85Orfeo 61orfismo 50, 51, 61Origene 117, 118ortodossia marxista 235, 312,315

Otto Rudolf 37Oxford, maestri di 140,

PPaci, Enzo 44padri apologisti 117padri apostolici 117padri della Cappadocia 118Padri della Chiesa 38, 115-

118, 120, 158, 161Panezio 102panteismo 180Paolo di Tarso 115paradigma (in Kuhn) 332paradigmi, epistemologia dei326, 329

paradosso 239Parmenide 61, 63, 64, 65, 66,68, 69, 91

parola (in Derrida) 350, 351Pascal, Blaise 185, 186-188Passmore, John 23patristica 117patto (in Hobbes) 190peccato originale 122, 242Peirce, Charles Sanders 269-

271pelagianesimo 122Pelagio 122percezione estetica 43Pergamo, scuola di 112

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365

Pericle 75persona 242, 281, 287, 338personalismo 337, 338personalismo etico 287persone morali 320, 322persuasione 76pessimismo 108, 236, 237Petrarca, Francesco 147phy‘sis 16, 17, 53, 54, 55, 56, 77piacere 81, 101, 102, 104Pico della Mirandola 147, 165Pietro Albelardo 125, 127, 128Pirrone di Elide 104pirronismo 104Pitagora di Samo 48, 51, 59-

62pitagorici 42, 59-62Pittaco 50Platone 10, 11, 16, 17, 21, 26,38, 42, 51, 55, 60, 61, 79,83-89, 90, 91, 92, 97, 110,111, 118, 150, 151, 350– dottrina dell’amore 86– dottrine non scritte 83-85– politica ed etica 86-87– teoria delle Idee 84-85

platonismo rinascimentale150, 152

Plotino 42, 55, 85, 97, 110-114, 120, 131, 132, 151

plusvalore 232, 233Plutarco di Atene 112Plutarco di Cheronea 88poetica (in Aristotele) 96Poincaré, JuIes-Henri 31Policarpo di Smirne 117pólis 25, 96, 100politica 14, 25-29, 155– definizione della politica 25– filosofia del diritto 27– filosofia politica 25-26, 320, 329, 330

– indirizzi della filosofia politi-ca 26-27

Pomponazzi, Piero 149Popper, Karl Raimund 32, 33,34, 329-334

Porfirio 97, 110, 112, 120, 124Port-Royal, monastero di 186Posidonio 102positivismo 171, 245-250,257, 274, 276, 326

positivismo evoluzionistico245, 247-249

positivismo giuridico 28positivismo logico 32, 245,

246-247positivismo sociale 245-246possibile 315possibilità 294poststrutturalismo 324, 327-

328potenza 92, 94pragmatica 31pragmatismo 269-273, 338prassi v. filosofia della prassipredestinazione, dottrina della159, 186

preferenza per se stessi, prin-cipio della 202

pregiudizio 204presocratici 16, 53, 55prestazione, principio della 317principio illimitante 60principio limitato 60Proclo 97, 112, 113Prodico di Ceo 74, 76-77progresso 205, 215, 245prolessi, o anticipazione 101,103

proletariato 232, 233, 312,313, 314

proletariato, dittatura dei 313proprietà privata 207, 231Protagora 74, 75-76protocollo (in Carnap) 302Proudhon, Pierre-Joseph 233psicoanalisi 278-283, 295,315, 324, 326, 337

psicologia analitica 281psicologia individuale 280psicologismo 284, 285psyché 80, 93Pufendorf, Sannuel von 156pulsione 279, 280

Qquadrivium 41qualità materiale (in Peirce)271

questione socratica 79Quintiliano 147

RRadcliffe-Brown, Alfred Regi-nald 37

ragione 204, 210, 212, 225,316, 317

ragion sufficiente, principio di236, 237

rapporti di produzione 232rappresentazione 236, 237rappresentazione lirica 275rasoio di Ockam 142RawIs, John 23, 320, 321-

322razionalismo 178-184, 189,249

razionalità critica 330, 332razionalità scientifica 330realismo 126, 128, 135regno dei fini 212, 213Reichenbach, Hans 31relativismo 75relativismo epistemologico 32religione 10, 14, 36-39, 77,215, 216– filosofia e religione 36-37– filosofia e teologia 37-39– funzione della religione 37– origine della religione 36-37

– religione naturale e positi-va 36

– religione dei misteri 50– religione naturale 36– religione positiva 36– religione pubblica 50

reminiscenza (in Platone) 87repressione 280, 317res cogitans 176res extensa 176retorica 76, 96Ricardo, David 233ricerca associata 59Rickert, Heinrich 13ricorsi storici 198Ricouer, Paul 335, 337riduzione fenomenologica 286riforma cattolica 158riforma protestante 158, 159-

160rimozione 279, 281

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366

Rinascimento 146, 147-148risentimento, morale del 252,255

rivoluzione copernicana 168-169

rivoluzione proletaria 233rivoluzione scientifica 168-

172romanticismo 28, 42, 43,

215-217, 236Rorty, Richard 335, 338Roscellino di Compiègne 128Rosmini, Antonio 39, 241-243Ross, William David 28rottura epistemologica 326,328

Rousseau, Jean-Jacques 27,156, 204, 206-207

Russell, Bertrand 13, 306-307Ryle, Gilbert 296, 308-309

Ssaggezza 11, 48, 95, 102Salutati, Coluccio 146sapere assoluto 12, 223, 224sapienza 10, 11, 95Sartre, Jean-Paul 290, 293-

294Saussure, Ferdinand de 325,326

Savigny, Friedrich Karl von 28scacco esistenziale 293scelta (in Kierkegaard) 239scetticismo 104-105, 121,241, 307

Scheler, Max 284, 286-287Schelling, Friedrich WilhelmJoseph 12, 216, 217, 218,220-222

schema trascendentale 212Schlegel, August 216Schlegel, Friedrich 216SchIeiermacher, Friedrich 37,39, 216

Schlick, Moritz 31, 301, 301-302

Schmitt, Carl 27, 320-321Schopenhauer, Arthur 236-

238, 253scienza 30, 219, 248

– filosofia della scienza 14,30-35, 329-334

– scienza moderna 30, 168– scienza sperimentale 30– scienze particolari 10– storia della scienza 329,332

scolastica 124-130, 140, 151scommessa per Dio (in Pascal)187

Scoto Eriugena 125, 126scrittura 84, 350, 351Sé 281segno 270, 271, 351selezione naturale 249semantica 31, 302semi, o principi 68, 69semiotica 270Seneca, Lucio Anneo 107Senocrate 87Senofane 51, 63Senofonte 79, 80sensazione 101, 103, 121,163, 191, 243

sensismo 241, 243senso comune 307senso morale 200, 201sentimentalismo etico 200-

201separazione dei poteri, 191,206

sessualità 279, 327Sesto Empirico 109Sette sapienti 50sfero (in Empedocle) 69Shaftesbury, Anthony 200-

201Sigieri di Bramante 125, 138significante 325, 327significato 271, 325, 327sillogismo 91simbolo 270, 282Simmel, Georg 261, 262-263Simon Mago 113simpatia 194, 200, 201, 287singolarità dell’esistente 238sinistra hegeliana 223, 227,231

sinolo 94sinonimica 76sintassi 31, 302sintesi 225

sistema 224, 226sistema delle azioni 341situazione-limite 293slancio vitale 258, 259Smith, Adam 200, 201-202,233

società aperta-società chiusa331

società comunista 231, 233Socrate 60, 79-82, 83, 84,85, 252– antropologia 79-80– dialettica 80, 81– questione socratica 79– scuole socratiche 81

socratici minori 81sofisti 74-78, 79sofisti politici 74, 77sofistica 74-78soggetto 236, 237sogno 279solipsismo 307Solone 50somiglianza, principio della 69sostanza 91, 94, 179sovrastruttura 231, 232spazio 210, 211, 236Spencer, Herbert 245, 247-

248, 249Spengler, Oswald 261, 263-

264spettatore imparziale 201Speusippo 87Spinoza, Banuch 51, 178,

179-181, 182spirito 223, 225, 257, 262,274, 275, 276

spirito del gregge 254spirito, scienze dello 261, 262spiritualismo francese 246,

257-259spiritualismo italiano 241-

244spostamento 279stadio estetico 239stadio etico 239stadio religioso 239Stalin 312, 313Stato 190, 207, 226, 227Stato di diritto 206stato di natura 190, 191, 206,207

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367

Stato ideale, teoria dello 26stato sociale 206, 207Stirner, Max 227stoicismo 21, 55, 88, 102-

104, 105, 180storia 198, 205, 206, 215,216, 226, 231,246, 253,261, 262, 263, 264, 265,274, 275, 276, 326, 336

storia degli effetti 336storia della scienza 329, 332storicismo 38, 253, 261-

265, 330, 331storicismo giuridico 28storiografia 206, 275, 337Stratone di Lampsaco 97Strauss, David Friedrich 227struttura 231, 232, 295, 324strutturalismo 295, 324-328suggestione 76superamento (in Hegel) 225super-Io 380superstizione 204, 206superuomo, o oltreuomo 252,254, 255

Ttabula rasa 103, 189Talete 11, 48, 50, 53-54techné 41tecnica (in Heidegger) 291teismo 207teleologismo 92Telesio, Bernardino 51, 163-

164tempo 121, 210, 211, 212,258, 290

Teofrasto 96teologia 36, 37-38, 76, 77teologia controversistica 38,160

teologia della pura grazia 159teologia negativa 126, 151teologia positiva 151teologia razionale 16, 17, 18, 195teoria 33-34teoria critica 312, 316teoria scientifica 33, 34, 326,331

terra (principio) 63, 68

Tertulliano 117terzo escluso, principio del 94tesi 225Timone di Fliunte 104tipi, teoria dei 307Lucrezio, Tito Caro 108tolemaica, teoria 168tolleranza 191, 204tolleranza della sintassi, princi-pio di 302

tolleranza repressiva 318Tommaso d’Aquino 12, 25, 38,41, 125, 128, 135, 136-138, 140, 141, 257

totalità 11totalità, pensiero della 348, 349totalitarismo 320, 321tragedia 253transfert 279trascendentale 31, 210, 211,218, 220, 221

Trasimaco di Calcedonia 74,77

trasmutazione di tutti i valori251, 252

tre stadi, legge dei 246trinità 118, 122trivium 41tutto è in tutto 69tutto scorre 56

Uumanesimo 146-147umanesimo civile 154universali, problema degli 124,125, 126, 127-128, 135,141, 142, 143, 190, 242

Uno-Bene 86, 110, 111, 112,113

uomo teoretico 251, 253utile 75, 76, 77, 79utilità, principio di 202utilitarismo 75, 76, 200, 201,202

utopia 155, 315, 330, 338

VValentino 113Valla, Lorenzo 104, 147

valori 284, 286, 287Vattimo, Gianni 18Velblen, Thorstein 28verificazione, principio di 33,299, 301

verità 64, 79, 95, 197, 270,272, 335, 338, 350

verità di fatto 183verità di ragione 183verità oggettiva 239verità soggettiva 238, 239Verri, Pietro 204verum-factum, dottrina dei 197via dell’opinione plausibile 64,65, 66

via della falsità 64via della verità 64Vico Gianbattista 28, 197-

199Vienna, circolo di 31, 32, 299,301, 302

virtù 74, 75, 77, 80, 95, 102volontà 80, 107, 143, 212,213, 236, 237, 238, 242

volontà di potenza 252, 254,255, 280

volontarismo 142Voltaire 37, 204, 205-206, 254volto (in Lévinas) 349vuoto 71, 101

WWagner, Richard 251, 253Whitehead, Alfred North 306

Windelband, Wilhelm 13Wittgenstein, Ludwig 299-

301Wolff, Christian 18Wundt, Wilhelm Max 13

ZZarathustra 254, 255Zenone di Cizio 102Zenone di Elea 63, 65, 66Zivilisation 264

Indice analitico

Page 369: Per memorizzare rapidamente la storia della filosofia: le ... · a Tommaso e Cartesio, a Kant e Hegel, a Heidegger e Wittgenstein – il lettore potrà ritrovare gli esiti più recenti

TITOLI DELLA COLLANA

FILOSOFIAS C H E M I R I A S S U N T I V I , P A R O L E C H I A V E , G L O S S A R I

T U T T OStudio • Riepilogo • Sintesi

BIOLOGIA - CHIMICA - DIRITTO - ECONOMIA AZIENDALE

ECONOMIA POLITICA E SCIENZA DELLE FINANZE

FILOSOFIA - FISICA - FRANCESE - GEOGRAFIA ECONOMICA

INGLESE - LETTERATURA FRANCESE - LETTERATURA

G R E C A - L E T T E R AT U R A I N G L E S E - L E T T E R AT U R A

ITALIANA - LETTERATURA LATINA - LETTERATURA

S PA G N O L A - L E T T E R AT U R A T E D E S C A - M U S I C A

NOVECENTO - PSICOLOGIA E PEDAGOGIA - SCIENZE DELLA

TERRA - SOCIOLOGIA - SPAGNOLO - STORIA - STORIA

DELL’ARTE - TEDESCO