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1 PONTE APPOGGIATO SU SCAFO IMMERSO PER L’ATTRAVERSAMENTO GOMMA-FERRO DELLO STRETTO DI MESSINA° Prof. Ennio FORTE Già ordinario di Economia dei Trasporti e della Logistica presso l?università Federico II di Napoli, attualmente straordinario di Economia Applicata presso l’Università Telematica Pegaso. ° Il presente lavoro è stato revisionato dal Dott. Achille Battista e, per la parte strutturale, dal Prof. Pasquale Malangone e dall’Ing. Gerardo Borgogna. Pur essendo mia la responsabilità dello scritto, a loro esprimo profonda riconoscenza. [email protected] 1. L’idea del progetto L’idea progetto di un Ponte Natante su scafo immerso parte dalla visione di una superpetroliera a doppio scafo la cui superficie viene immaginata come un ponte senza sovrastrutture (tiranti ad arpa), tranne i sostegni centrali della linea aerea per alimentazione treni (H m 3,50) e le laterali vetrate con copertura per belvedere protetto (H m 3,00). Il Ponte navigabile, o natante, è un’idea perseguita fin dai tempi più remoti e forse anche realizzata illo tempore. All’altezza del ponte (35 m sul livello del mare) in corrispondenza delle strutture di sostegno, con distanziamento di 250 m e con impalcati verticali laterali a X, verranno fissati dei tiranti su boe galleggianti laterali ancorate al fondo in corrispondenza delle strutture metalliche portanti per la stabilizzazione superiore del ponte. L’effetto estetico di un’arpa capovolta, tipo fila di remi immersi di una lunga imbarcazione, potrà avere una sua valenza paesaggistica. La larghezza fuori tutto del ponte è di m 30,25. Questa sezione consente l’attraversamento stradale con due corsie laterali per senso di marcia, tre linee ferroviarie centrali, due per senso di marcia e una di servizio, e due corsie laterali di sosta veicolare con accesso finale ad un belvedere coperto con vetrate per vision paesaggistica dello Stretto.

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PONTE APPOGGIATO SU SCAFO IMMERSO

PER L’ATTRAVERSAMENTO GOMMA-FERRO

DELLO STRETTO DI MESSINA°

Prof. Ennio FORTE

Già ordinario di Economia dei Trasporti e della Logistica presso l?università Federico II di Napoli, attualmente

straordinario di Economia Applicata presso l’Università Telematica Pegaso.

° Il presente lavoro è stato revisionato dal Dott. Achille Battista e, per la parte strutturale, dal Prof. Pasquale Malangone

e dall’Ing. Gerardo Borgogna. Pur essendo mia la responsabilità dello scritto, a loro esprimo profonda riconoscenza.

[email protected]

1. L’idea del progetto

L’idea progetto di un Ponte Natante su scafo immerso parte dalla visione di una superpetroliera a doppio

scafo la cui superficie viene immaginata come un ponte senza sovrastrutture (tiranti ad arpa), tranne i

sostegni centrali della linea aerea per alimentazione treni (H m 3,50) e le laterali vetrate con copertura per

belvedere protetto (H m 3,00). Il Ponte navigabile, o natante, è un’idea perseguita fin dai tempi più remoti e

forse anche realizzata illo tempore.

All’altezza del ponte (35 m sul livello del mare) in corrispondenza delle strutture di sostegno, con

distanziamento di 250 m e con impalcati verticali laterali a X, verranno fissati dei tiranti su boe galleggianti

laterali ancorate al fondo in corrispondenza delle strutture metalliche portanti per la stabilizzazione superiore

del ponte. L’effetto estetico di un’arpa capovolta, tipo fila di remi immersi di una lunga imbarcazione, potrà

avere una sua valenza paesaggistica.

La larghezza fuori tutto del ponte è di m 30,25. Questa sezione consente l’attraversamento stradale con due

corsie laterali per senso di marcia, tre linee ferroviarie centrali, due per senso di marcia e una di servizio, e

due corsie laterali di sosta veicolare con accesso finale ad un belvedere coperto con vetrate per vision

paesaggistica dello Stretto.

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Gli attraversamenti del naviglio verranno garantiti dal distanziamento di m 250 tra le campate con 12 varchi

di attraversamento nei due sensi con controllo regolamentato dei passaggi per tipologia di nave.

Normalmente la larghezza delle navi mercantili è al di sotto di m 30, così come l’altezza al di sotto di m 35 e

ciò consente il passaggio della gran parte del naviglio esistente nelle diverse tipologie con transito delle navi

nei due sensi in attraversamento e in condizioni meteo marine compatibili.

Il ponte è lungo m 3.333 (come da progetti esistenti), posizionato in corrispondenza della c.d. Valle del

Fondo dello Stretto per una maggiore protezione statica, e si compone di 14 campate portanti quali strutture

metalliche verticali di sostegno possibilmente incorniciati intorno a una forma a X costituendo 12 impalcati

intermedi quali varchi di attraversamento, con due portanti finali su terraferma quali terminali sulle due

spondei. Alle due estremità del Ponte termineranno le due rampe d’accesso e deflusso su gomma e su ferro

rivolte a sostenere, con ulteriore duplice funzione strutturale, la parte finale delle rampe e i due tronchi

terminali del Ponte.

Le 12 strutture intermedie di appoggio alte m 60 tra parte immersa (m 25) e parte emersa (m 35), potranno

realizzarsi con acciai speciali, su rettangoli verticali a X alloggiati sulla struttura con recipiente tipo container

tank con all’interno un cilindro unico oscillante con asse giroscopico per rotazione di contrasto alle opposte

correnti, il cui contenitore rettangolare verrà fissato al fondo marino con funzione di controllo delle correnti

contrarie che salgono dallo Ionio e scendono dal Tirreno. In definitiva, 12 impalcati verticali poggianti su

una struttura metallica immersa e sospesa a 25 mt di profondità dal livello del mare, e ancorata sul fondo a

diverse profondità come dalla morfologia del fondo marino. In alternativa una serie di impalcati dove i

cilindri potranno essere posizionati orizzontalmente o verticalmente nei “container tank” speciali che

avranno una funzione di attenuazione del contrasto delle due correnti avverse quali forze trasversali tramite

l’effetto giroscopico come negli stabilizzatori delle navi. La soluzione del posizionamento verticale dei tank

consentirebbe una maggiore efficienza delle operazioni di assemblaggio nelle fasi di cantiere ottimizzando la

logistica esecutiva nei tempi di costruzione.

DESCRIZIONE E MISURE DELLA SEZIONE TRASVERSALE

La struttura del Ponte sospeso su scafo immerso dello Stretto di Messina sarà in acciaio (sovrastruttura)

somigliante a uno scafo a remi laterali dando l’idea di un natante, come detto: 4 corsie per gommati,due

corsie laterali per sosta emergenza e belvedere protetto rialzato di uno scalino rispetto al piano stradale con

vetrate e copertura e al centro, eventualmente su incavo di un metro, 3 linee ferrate, due di transito e una di

soccorso e servizio. L’incavo potrebbe rafforzare la struttura centrale del Ponte (si può immaginare

facilmente la sezione del Ponte).

In particolare, nella idea progettuale, si avranno le seguenti dimensioni:

Corsia di emergenza e sosta per belvedere di m 3,50 oltre marciapiede laterale con ringhiera per belvedere a vetrate protettive eventualmente coperte di m 1 per un totale di…… m 7,00

Quattro corsie stradali da 3,75, due per senso di marcia per un tot di ……………………….m 15,00

Tre corsie centrali (due di corsa e una di servizio) di 2,75 mt per 3 su eventuale incavo rafforzato nella struttura tipo grande trave centrale con linea aerea convenzionale e rafforzamento longitudinale della struttura per tot. di ………………………………………………………………….. m 8,25

larghezza fuori tutto ………………………………………………………………………………………………m 30,25

altezza dalla superficie del mare…………………………………………………………………………….. m 35,00

pescaggio (distanza da natante immerso per spinta)………………………………………………..m 25,00

distanza netta ponte-natante………………………………………………………………………………….m 60,00

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CARATTERISTICHE DEGLI APPOGGI SOMMERSI DEL PONTE

Per lo scafo immerso a meno 25 m, avranno la stessa funzione stabilizzatrice una serie di ancoraggi al fondo,

con eventuale minore distanziamento per la stabilità dello scafo immerso.Potranno installarsi in aggiunta dei

sostegni tra lo scafo immerso e le boe galleggianti per una forma virtuale più vicina alla sezione di una nave.

a) parallelepipedo unico contenente cilindro ruotante interno lungo m 3.000, con due bulbi oscillanti di fissaggio per contrasto giroscopico delle correnti avverse

b) in alternativa insieme di container tank da m 250 a volume equivalente al caso a). I tank a cilindri ruotanti potranno posizionarsi orizzontalmente o verticalmente

Come detto, entrambe le soluzioni saranno ancorate al fondo marino (vedi dopo immagini) e la

stabilizzazione superiore del ponte potrà essere garantita da una serie di tiranti laterali visibili in

corrispondenza dei montanti di sostegno ancorati a boe, a loro volta ancorate al fondo. Pertanto una duplice

azione stabilizzatrice superiore emersa e inferiore immersa volta a bilanciare e a stabilizzare il Ponte

natante. Il doppio ancoraggio potrà avvenire negli stessi punti su appositi blocchi di cemento armato sul

fondo.

Altezza sotto il livello del mare m 25 in funzione della dimensione del recipiente immerso e quindi del peso

sopportabile. All’interno dell’impalcato, o degli impalcati, i cilindri potrebbero oscillare tramite bulbi

orizzontali lasciando la struttura di sostegno assolutamente ferma nel ruolo di sostegno del ponte.

MISURE DA OTTIMIZZARE TRAMITE CALCOLO E VERIFICHE CON SIMULAZIONE E

MODELLI IN VASCA

Altezza dell’involucro in m H=5m x Larg. =30m e lunghezza 3.333 per una spinta di circa 450.000

tonnellate, oppure calcolata in rapporto al peso sopportabile con ampio margine di sicurezza. La superficie

del ponte risulta di circa mq 100.000 e il carico, in tonnellate metriche per mq, di 45 tonnellate. In media un

container TEU, o un veicolo pesante, ha una portata di 25 tonn ed un volume di 12 m cubi su una superficie

di mq 12. Il peso a mq risulta di circa 2 tonn a pieno carco, assolutamente al di sotto delle 45 tonn

sopportabili dall’idea progetto. Inoltre in piena burrasca una nave full container da 25.000 unità a pieno

carico, o una superpetroliera da m 500 di lunghezza a pieno carico mantiene un assetto assolutamente stabile

rispetto agli eventi meteo climatici.

Struttura superiore metallica tipo Ponte di Genova

Pompe di sentina per controllare l’equilibrio dell’involucro immerso con tolleranza compatibile con il peso del flusso veicolare

Dimensioni del tank (o della serie dei container tank) con funzione di contrasto alle correnti marine opposte per la forma cilindrica giroscopica per adeguamento al contrasto delle due correnti opposte Ionio-Tirreno

Sistemi di controllo del flusso navale a pedaggio digitalizzato

Sistemi di controllo pedaggi stradali convenzionali con imposizione telepass a distanza funzionale dall’accesso al ponte

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Regolazione tariffaria per passaggio treni

Trattandosi di un ponte natante dovranno risultare molto meno invasivi e impattanti terremoti e maremoti, viceversa ad alto rischio per le altre soluzioni progettuali proposte.

La velocità di treni e mezzi gommati per i 3.333 m del ponte non dovrà superare i 50 km ora.

Il tempo di attraversamento fino a 4 minuti, oltre i tempi rampe d’accesso e pedaggio

Profilo cilindrico del recipiente alloggiato nella struttura, o altra soluzione di file di container tank di pari

efficienza per peso sopportabile. I cilindri potranno oscillare per contrastare le correnti opposte tra Ionio e

Tirreno che incrociano nello Stretto.

CONSIDERAZIONI ESSENZIALI SUGLI IMPATTI SISMICI E ATMOSFERICI.

Questa soluzione appare in prima analisi più sicura delle soluzioni sospese a campata unica o anche a più

campate.

Ricordiamo che il terremoto di Reggio Calabria e Messina del 1908 non è stato solo il più violento che abbia

colpito l’Italia, ma addirittura il più forte del Mediterraneo negli ultimi secoli; eppure ancora oggi non c’è

accordo neanche sull’ordine di grandezza del numero delle vittime, che va da 60.000 a oltre 200.000. Su un

fatto però si concorda, che Reggio Calabria e Messina furono praticamente rase al suolo; al riguardo ci si

chiede se possa considerarsi una buona idea quella di costruire proprio lì il ponte a campata unica più lungo

del mondo

Infatti, il livello di affidabilità del complessivo scenario di impatto prefigurato per la pericolosità sismica

appare inadeguato alla gravità degli effetti sismici registrati negli ultimi 500 anni nell’area, interessata da

numerosi terremoti di intensità compresa tra 9 e 11 gradi MCS, con periodo di ritorno variabile da alcuni

anni a 170 anni.

Dal catalogo dei maremoti italiani elaborato da S. Tinti, si evince che nell’area si sono avuti eventi di

tsunami in concomitanza dei terremoti più forti, con altezza d’onda che ha raggiunto i 9m di altezza nel 1783

ed i 13m nel 1908.Dai dati di catalogo, in corrispondenza a quattro siti (Messina, Torre Faro, Villa, Scilla)

vengono definite le altezze massime delle onde di maremoto per gli eventi già avvenuti, seguendo procedure

che, descritte solo qualitativamente, non possono essere ripetute al fine di verificare la bontà del dato fornito.

Per gli stessi siti vengono stimate, utilizzando procedure non adatte all’esiguità dei campioni disponibili, le

massime altezze prevedibili.

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Sulla base dei risultati ottenuti gli estensori concludono che il pericolo associato a tsunami è significativo,

ma limitato ad una fascia costiera di estensione ristretta, interessando il sistema di attraversamento

unicamente in corrispondenza delle pile di sostegno del ponte e l’intervento mitigativo proposto è la

realizzazione di protezioni costiere, ossia, una categoria di opere di mitigazione a grande impatto ambientale.

Le suddette considerazioni portano a una diversa valutazione della sopportabilità sismica e dei maremoti di

un ponte sospeso (a una o più campate) alla quale si aggiunge la maggiore vulnerabilità ai forti venti che

caratterizzano lo stretto di Messina.

La soluzione proposta, al contrario, presenta alti livelli di flessibilità e contemporanea stabilità oltre a

eccezionale resistenza ai maremoti originati dalle scosse telluriche. Mentre sono alquanto trascurabili gli

effetti sulla stabilità della struttura ai venti che spesso nello stretto di Messina sono di ampia portata.

Con riferimento al rischio terremoto e maremoto, la soluzione Ponte proposta, tipo superpetroliera con

separazione della portante subacquea, essendo strutturata come natante eccezionale, lo riduce di gran lunga

predisponendo con idonei sensori appositi avvisi e chiudendo il transito veicolare gomma-ferro in tali

eccezionali eventi. La struttura del ponte natante o galleggiante, in quanto tale, resisterà agli eventi meglio di

qualsiasi struttura fissa.

Notoriamente, terremoti, maremoti e grandi eventi climatici risultano tollerati dai natanti di medio-grandi

dimensioni che possono adeguarsi agli eventi con lievi modifiche di rotta. Comunque il Ponte senza flusso

veicolare in transito, dovrebbe essere in grado di reggere essendo elasticamente predisposto all’adeguamento

tramite previste e programmate oscillazioni. Terminato l’evento, potrà rientrare nella stabilizzazione

funzionale senza danno alle strutture metalliche ancorate.

Come descritto in precedenza, la soluzione proposta è riconducibile a strutture natanti e, quindi, sono

assimilabili gli effetti dei maremoti sulle imbarcazioni di grossa stazza. In pratica, mentre è possibile che una

nave senta l’impatto di un terremoto, è estremamente raro che si verifichino danni, secondo il Dottor Thomas

Heaton, (sismologo e professore di geofisica e ingegneria civile presso il California Institute of Technology)

le navi in mare sentono i terremoti e, se si trovano direttamente sopra un terremoto, si sente molto rumore. È

stato riportato che marinai e navigatori pensavano di essersi incagliati e cercavano di capire cosa avessero

colpito, mentre in realtà si trattava di un terremoto.

Si sa che i terremoti possono generare tsunami, creando un altro potenziale pericolo; tuttavia, il pericolo per

una nave dipende soprattutto dalla sua posizione. Gli esperti concordano che una nave che sta salpando su

una massa d’acqua probabilmente non sentirà alcun impatto proveniente dalle onde di uno tsunami. Heaton

dichiara che, generalmente, se ci si trova nell’oceano profondo, non c’è modo di percepire uno tsunami da

una nave.

La lunghezza d’onda di uno tsunami in mare è poco profonda poiché viaggia per centinaia di chilometri

all’ora e probabilmente è lunga decine di chilometri, secondo il Dottor Scott Miller, professore associato di

ricerca della State University di New York presso l’Atmospheric Sciences Research Center di Albany,

l’ampiezza dell’onda in mare sarà solo di pochi centimetri, quindi se una nave da crociera viene sollevata di

pochi centimetri, sarà impossibile notarlo a bordo.

Questa forte analogia porta a concludere che il tipo di struttura proposto risente degli effetti di un maremoto

in misura sensibilmente minore rispetto a soluzioni di ponti a campate.

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Ovviamente, nelle situazioni estreme di forte pericolo, il ponte verrà chiuso al traffico nelle emergenze

meteo o di altro genere e sarà in grado di riprendere l’attività nel post evento in tempi accettabili e

compatibili con la manutenzione e verifica straordinaria.

STRUTTURA UNICA DI APPOGGIO DELLE CAMPATE CON CILINDRO RUOTANTE E

ANCORAGGI DI STABILITA’ .

STRUTTURA ASSEMBLATA CON STESSA FUNZIONE, progettabile anche con tank verticali o

orizzontali ruotanti e ancorati.

CARATTERISTICHE DESCRITTIVE IN SINTESI

Struttura con natante immerso e sospeso con bulbi di fissaggio laterali (oscillanti e ancorati al fondo

possibilmente in corrispondenza della c.d.VALLE sul fondo dello Stretto).

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Altezza (pescaggio) tra superficie del mare e struttura con cilindro m 25

Possibile altezza cilindro ponte 30 mt. da calcolare per sicurezza rispetto alla sopportabilità del peso. In linea

di massima si può stimare in 450.000 tonnellate di peso il carico totale in transito e sosta. La superficie totale

del ponte potrà risultare pari a m 3.333 di lunghezza x m di 30,25 larghezza per un totale di circa mq

100.000. Il carico unitario sopportabile per mq sarà di circa 45 tonnellate, assicuramente compatibile con

pesi e dimensioni dei mezzi del c.d. automobilismo industriale (autocarri, autotreni, autoarticolati,

autosnodati, casse mobili, trailers gommati, furgonati, tank gommati, ecc.)

Il Ponte poggia su piloni in acciaio di altezza proposta funzionalmente al naviglio di m 35 emersi aggiunti a

m 25 immersi), pari a un’altezza totale di m 60, con strutture verticali laterali a forma di X all’interno di

cornici metalliche o altre soluzioni con strutture metalliche. Nelle fasi di cantiere, la logistica di

assemblaggio delle parti metalliche, che via mare raggiungeranno il cantiere, si dovrà prevedere la ottimale

posizione delle strutture portanti alloggiate a loro volta sul natante immerso ( ad es. posizionare il portante al

centro della struttura composta da container tank a loro volta connessi orizzontamente per pervenire a una

struttura unica.

Per tutte le strutture, dalle catene di ancoraggio e fissaggio su blocchi di cemento ai bulbi laterali per le

oscillazioni compatibili, ai tiranti emersi e ancorati a boe laterali in corrispondenza dei portanti di

stabilizzazione, e a tutte le strutture metalliche di progetto, si potrà far ricorso ad acciai speciali resistenti alla

corrosione delle acque marine. Per le rampe d’accesso al ponte si tratterà di raggiungere l’altezza di m 35, di

facile realizzazione e costo contenuto. I montanti estremi del ponte dovranno reggere e alloggiare le due

rampe e i terminali del ponte. Il peso dell’intera struttura del ponte dovrà aumentarne la stabilità.

MISURE DA OTTIMIZZARE IN FUNZIONE DEL PESO DEL PONTE SOVRAPPOSTO.

Le campate laterali sono in parte sommerse (m 25,00) per supportare il pescaggio per il transito del naviglio.

Le strutture di sostegno con funzione di pilastro, hanno un distanziamento di m 250 per consentire il

passaggio di più navi nella stesso valico, o negli altri 12, nei due sensi e ventualmente controllati

dall’autorità di gestione.

La lunghezza del container tank immaginato (parallelepipedo sospeso) è di 3 km. ripartendo la presunta

lunghezza dei residui m 333 sui du estremi del ponte con distanza dal fondo mare (vedi la c.d. valle del

fondo marino dello Stretto) con ancoraggi composti da un sistema di catene opportunamente distanzaite.

L’alternativa logisticamente più valida consiste nell’assemblaggio di container tank con cilindri ruotanti

disposti in orizzontale o in verticale per il sostegno del Ponte.

L’altezza del ponte, con profilo tipo Ponte di Genova-scafo a U- potrebbe eventualmente avere fino a 70 mt.

di altezza sul livello mare (la più alta nave da crociera del mondo arriva a 62 mt) ma il pescaggio delle

superpetroliere potrà essere da 18 a 22 mt, sebbene per questi giganti del mare che si contano in poche unità

allo stato, si dovrebbe vietare il transito nello Stretto. Si tratta di naviglio eccezionale e, come è noto, le

grandi petroliere sostano in rada presso i terminal di stoccaggio e scaricano e caricano tramite manichette e

condotte.

Il transito delle navi dovrà essere consentito solo a naviglio a trazione green/carbon e dimensioni medie in

tonnellate di stazza/volume ( 1 tonn stazza è pari a circa 3 metri cubi) compatibili alle dimensioni funzionali

del ponte.

L’atraversamento dello stretto dei carichi eccezionali si avvarrà di traghetti che potranno convivere con il

ponte e pertanto non vedere troppo ridotta la necessaria, propria e storica, funzione portuale.

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Il tempo medio di percorrenza tra rampe e ponte dovrà essere di 5/7 minuti con risparmi medi di oltre un ora

attuale. In sintesi, immaginando dall’alto una serie di 6 superpetroliere in fila da 500 mt pari a 3 km, due

rampe laterali di accesso e deflusso che fanno da incastro e blocco al ponte sospeso con i 3 km della

lunghezza dello scafo. un taglio della coperta fino a 60 mt divisi tra parte visibile alta 35 m e parte sommersa

pari a 25 m poggiante su una serie di cilindri, o su uno solo incastrato in una struttura rettangolare, o più

strutture legate, volte a sostenere il peso del ponte, ed una progettazione logistica di assemblaggio che

raggiungono il cantiere via mare.

IL NUOVO PONTE DI GENOVA

Per concludere si propone un’idea progettuale immaginando la coperta di una super petroliera le cui strutture

potranno avvalersi della progettazione statica e modellistica di Fincantieri. Lo scafo della stessa nave o più

scafi logisticamente assemblati lo immaginiamo staccato dalla coperta.

LIVELLI DI PROFONDITA DEL FONDO DELLO STRETTO

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LA PROGETTAZIONE LOGISTICA

E’ evidente che la progettazione logistica della rapida costruzione nei tempi previsti dovrà guidare in

parallelo la realizzazione di tutte le fasi dell’economia della progettazione: dallo studio di fattibilità, alla

progettazione di massima, con annessa analisi economico-finanziaria se necessaria e, infine al progetto

esecutivo nella sua articolazione di fasi logistiche di assemblaggio e fissaggio e di un crono programma

operativo corrispondente.

L’assemblaggio delle strutture potrebbe configurarsi logisticamente e in crono programma: cassone container

tank assemblati di 250 m con al centro la portante verticale a X su cui poggerà il ponte. Le strutture

potrebbero raggiungere il cantiere da Castellammare o Palermo per venire assemblate in galleggiamento e

poi ancorate. In parallelo, verranno posizionati le parti del ponte viadotto in metallo tramite gru galleggianti

alte almeno 40 m. I pezzi di ponte potranno raggiungere il cantiere via mare trainati da rimorchiatori idonei

per modulo di 250 m.

La struttura verticale del ponte a natante sommerso parte dagli ancoraggi sul fondo, raggiunge l’impalcato a

tank nella soluzione ottimale di progetto che stabilizza il natante sommerso con tiranti e catene legate al

fondo permettendo una compatibile oscillazione di adeguamento ad eventi climatici. Lo stesso Ponte, in

presenza di eventi meteo climatici straordinari, con divieto di transito, dovrebbe consentire un possibile

adeguamento strutturale.

COPERTA DI UNA SUPERPETROLIERA DA IMMAGINARE COME PONTE

fonte:https://c7.alamy.com/compit/dxkpw3/ponte-della-piu-grande-del-mondo-petroliera-dxkpw3.jpg

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A livello del ponte, in corrispondenza dei portanti sostenuti dal natante immerso, ogni 250 m, vi saranno dei

tiranti laterali legati a boe per creare un sistema di stabilizzazione aerea del ponte. Le 24 boe laterali

verranno ancorate anch’ esse al fondo come gli ancoraggi dei tank immersi.

In definitiva si può proporre al Governo la soluzione dello scafo immerso per uso Ricovery Fund destinati al

Mezzogiorno, ricorrendo possibilmente a Fincantieri per progettazione, costruzione e manutenzione dello

stesso. Tutta la struttura finanziaria potrebbe far capo a Cassa Depositi e Prestiti.

2.IL PONTE NATANTE NEL CONFRONTO TRA I RISCHI DELLE PIÙ NOTE

PROPOSTE PROGETTUALI RISPETTO AL PONTE NATANTE

La seconda parte è tratta dalla tesi del Dott. Gianluca Palumbo dal titolo: “Il caso del ponte ed

il trasporto marittimo sullo Stretto di Messina”, relatore Prof. Ennio Forte.

Premessa

Il contesto naturalistico dello Stretto, il paesaggio, i fondali marini, la fauna e l’ecosistema nel suo complesso

ne fanno un ambito esclusivo nel Mediterraneo. Da ambo i lati, gli altopiani interni sono pieni di boschi,

geologicamente saldi e ricchi d’acqua. L’equilibrio mare-monti è garantito dai sottosistemi morfologici e

territoriali che il Prof. Manlio Rossi Doria, economista agrario e fondatore della Scuola di Portici, ha

individuato insieme alle fiumare, con i centri urbani sulle coste e un fondo marino particolare e articolato nei

dislivelli. Lo studioso Pieroni afferma: “Le particolarità morfologiche tipiche ed esclusive di questi fondali

risultano del tutto assenti in altre aree del Mediterraneo. Uno dei principali fattori che ha contribuito alla

creazione e allo sviluppo del particolare ecosistema dello Stretto è la presenza di forti correnti che

pervadono periodicamente, con velocità e direzioni diverse le acque. Questo sistema è conosciuto fin

dall’antichità e su di esso è stata costruita notevole parte della mitologia e della cultura Mediterranea”.

La presenza di queste correnti – montanti e scendenti – è dovuta a diversi fattori, tra cui la differenza di

temperatura tra le acque del Mar Tirreno e quelle dello Jonio che nello Stretto si vengono a mescolare; la

differenza batimetrica tra i due fondali ed il differente grado di salinità dei due mari ne genera il contrasto. A

causa di tali peculiarità nelle acque dello Stretto di Messina si è creato e continua a svilupparsi un ambiente

marino unico. L’area dello Stretto è nota perché ad un livello geologicamente più profondo si confrontano

placca egea e placca adriatica, in area di attività vulcanica.

FATTIBILITA’ TECNICA, ECONOMICO-FINANZIARIA E AMBIENTALE

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Con riferimento al legame pubblico-privato, il Project financing, un esempio importante è rappresentato dal

porto di Voltri. Questo porto, connesso al porto di Genova, è nato nel 1994 grazie a una partecipazione di

capitali privati maggiore rispetto agli investimenti pubblici1. La presenza di investitori privati ha contratto i

tempi di realizzazione (il fattore tempo infatti, che per il pubblico è inconsistente, è in realtà determinante nei

progetti infrastrutturali) permettendo al porto di Voltri di aumentare il suo throughput2 di traffico merci, di

circa un milione in appena quattro anni (un tasso di crescita maggiore dei porti Nord europei). Questo

esempio di produttività e successo italiani, dimostra che partecipazioni di capitale privato o privatizzazioni3

(l’Authority portuale di Shangai è una società per azioni, di cui solo quote minoritarie sono detenute dallo

Stato), rappresentano un’ottima soluzione alle carenze delle infrastrutture sia italiane che mediterranee.

E’ questo un modello da valutare sul mercato finanziario in relazione alla credibilità della Società, ad es.

Fincantieri, che appare come calamita di finanziamenti pubblico privati. Una stima di massima conduce a un

costo dell’investimento dai 3 ai 5 MLD. Un effetto da non sottovalutare è poi l’impatto di lavoro delle

acciaierie di Taranto allo stato in palese affanno.

1 Da un’intervista all’ex Presidente e amministratore delegato di Sinport, gruppo Fiat-­‐PSA (Singapore Authority Port),

Cirillo Orlandi. 2 Per throughput si intende la somma degli input e degli output, in questo caso in riferimento al traffico merci in entrata

e in uscita dal porto. 3 Il primo porto italiano che ha stimolato la partecipazione di investimenti privati nella costruzione di infrastrutture

portuali è stato il porto di La Spezia.

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STORIA DEL PONTE PRIMA

L'idea del ponte si è concretizzata in ogni epoca storica e in ogni continente: dai ponti di pietra dell'era antica

ai ponti di legno del medioevo, dai ponti dalla caratteristica arcata costruiti dai Romani a quelli esteticamente

eleganti costruiti in Svizzera. Gli studi per i ponti sospesi presero avvio nel XIX secolo e la tecnologia allora

disponibile rese possibile nel 1834 la costruzione del Grande ponte sospeso di Fribourg e nel 1883, il ponte

di Brooklyn, con una luce di 486 mt. Luci di gran lunga maggiori sono state realizzate nei primi decenni del

XX secolo con i ponti George Washington (USA, 1931 - 1.067 mt.) e Golden Gate (S. Francisco, 1937 -

1.280 mt.).

Il progresso raggiunto negli ultimi cinquant'anni dalle tecniche di costruzione, nonché l'uso del ferro e del

cemento armato e la disponibilità di mezzi di calcolo, oltre ad aver dato ai ponti una fisionomia più moderna,

sono riusciti ad unire distanze sempre più elevate e a far fronte alle esigenze poste, nell'era moderna, dallo

sviluppo dei trasporti. Per citare alcuni esempi, si è passati dai ponti di Verrazzano (USA, 1964 - 1.298 mt.),

del Firth of Forth (Gran Bretagna, 1964 - 1.006 mt.) e del Severn (Gran Bretagna,1966 – 988 mt.) ai ponti di

Humber (Gran Bretagna, 1981), del Great Belt (Danimarca, 1988), dell'Akashi Kaikyo (Giappone, 1998),

con una luce centrale rispettivamente di 1.410 mt., 1.624 mt., 1.990 mt., oltre ai lunghi ponti a più campate

in Portogallo, il '25 de abril' (1966 – 18 Km.) e il Vasco De Gama (1998 – 17 Km.).

E recentemente sono stati costruiti altri ponti in Turchia, in Cina, in Gran Bretagna, in Giappone, in Svezia,

ad Hong Kong (dove l'Akashi Kaikyo giapponese detiene oggi il primato mondiale come ponte sospeso più

lungo). L'approfondimento degli studi, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista della conoscenza

dell'ambiente fisico e dei metodi di calcolo, ha permesso di progettare ponti sospesi che possono raggiungere

oggi la lunghezza di 4.000 metri. Ci riferiamo al progetto elaborato e proposto dalla Stretto di Messina

S.p.A., costituita nel 1981, in seguito all'incarico da parte delle FS e dell'ANAS, per l'approfondimento degli

studi di fattibilità tecnica, economica e ambientale relativamente al collegamento stabile tra la Sicilia e il

continente.

Ma l'interesse per il Ponte sullo Stretto di Messina non si è mai esaurito; esso fu manifestato nel 1866 dal

Ministro dei Lavori Pubblici Jacini, che incaricò Alfredo Cottrau - costruttore di ponti e di strade ferrate e

progettista del ponte girevole di Taranto - di effettuare degli studi sulla possibilità di realizzare un

attraversamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. Cottrau propose un ponte a più campate e pubblicò sul

"Monitore delle strade ferrate" nel maggio 1883 gli scoraggianti risultati dei suoi studi, che mettevano in

evidenza la difficoltà di realizzare dei piloni in acqua a causa della profondità dei fondali (154-300 m.),

dell'accidentata morfologia degli stessi e delle correnti marine. Nel 1870 l'ing. Carlo Navone proponeva, già

nella sua tesi di laurea, la costruzione di un tunnel sottomarino. Intanto, alla fine del secolo, nel 1895 fu

realizzata l'alternativa del collegamento via mare con l'istituzione del servizio dei ferry boats. Bisogna

aspettare fino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso per un rinnovato interesse per il Ponte sullo

Stretto di Messina.

In attuazione della legge n. 384 del 28 marzo 1968, nel 1969 l'ANAS, in collaborazione con le Ferrovie dello

Stato, sentito il parere del Consiglio Nazionale delle Ricerche, bandì il "Concorso Internazionale di Idee" per

un collegamento stabile tra la Sicilia e il continente. Insperabilmente furono presentati 154 progetti (di cui

125 italiani), dei quali una Commissione di esperti internazionali ne scelse 12. Di questi, uno prevedeva la

realizzazione di un tunnel sottomarino, mentre tutti gli altri proponevano un attraversamento aereo.

L'interesse politico si concretizzò con la legge n. 1158 del 1971, votata all'unanimità dal Parlamento, che

affermava il prevalente interesse nazionale dell'opera. L'importanza del collegamento stabile fu peraltro

riconosciuta anche dal Parlamento europeo, che lo definì di primario interesse per il riequilibrio degli

scompensi regionali nell'ambito della CEE.

In base alla legge n. 1158/71, nel 1981 fu costituita la società Stretto di Messina S.p.A., concessionaria di

Stato, i cui azionisti erano l'IRI (51%) e le FS, l'ANAS, la Regione Siciliana e la Regione Calabria (con

quote paritetiche del 12,25%). La Società analizzò tre diverse tipologie di collegamento tra le due sponde

dello Stretto, giungendo a tre diverse alternative: la tipologia subalvea (gallerie interrate nel fondo marino),

la tipologia alvea (tunnel sottomarino) e la tipologia aerea (ponte sospeso).

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La maggiore affidabilità e sicurezza, la non interferenza con la navigazione e con il fragile ecosistema

marino dello Stretto, i minori costi, il minor tempo di esecuzione e una più facile ed economica

manutenzione rispetto alle altre tipologie, furono determinanti per preferire la tipologia aerea, supportata dal

parere di una Commissione internazionale (International Consulting Board), confermata dagli Enti

committenti (ANAS e FS) e sentito il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, riunito in

assemblea generale con la partecipazione dei ministeri della Difesa e dell'Ambiente. Dopo approfonditi studi

di fattibilità, la Stretto di Messina S.p.A. ha consegnato il Progetto di massima definitivo nel 1992,

accompagnato da numerose e dettagliate relazioni tecniche, dall'Analisi Costi-Benefici (ACB) e dallo Studio

di Impatto Ambientale (SIA), cioè da un insieme di ricerche e studi dettagliati effettuati da esperti di

ciascuna componente dell'ambiente (geologi, sismologi, urbanisti, economisti, sociologi, ecc.).

Il Progetto ha ottenuto l'approvazione degli Enti committenti e del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici,

nonché il pieno consenso di numerosi studiosi e commissioni scientifiche nazionali e internazionali. La

mancata realizzazione negli anni seguenti riconducibile a fattori politici, economici ed ambientali, hanno

fatto si chè il Progetto venisse ripresentato nel 2011 in una versione più approfondita e aggiornata. Il know-

how del progetto ha destato inoltre il concreto interesse di alcuni paesi, come il Venezuela per la

progettazione di un ponte sulla laguna di Maracaibo, il Giappone per un ponte di grande luce all'ingresso

della baia di Tokyo, l'Indonesia per collegare stabilmente le isole di Sumatra e Giava.

IL PONTE SULLO STRETTO, STATO DELLA PROGETTUALITÀ

Nell’Europa del ventunesimo secolo, un attraversamento stabile dello Stretto tra Scilla e Cariddi   sarebbe più

che opportuno, a patto che sia un progetto realizzabile in tempi umani e a costi sostenibili, accompagnato da

una serie di miglioramenti delle reti viarie e ferroviarie sia sull’isola che sul continente, come coronamento a

Sud dell’ambizioso corridoio scandinavo-mediterraneo che dovrebbe essere ultimato entro il 2030 nella rete

TEN-T del progetto infrastrutturale paneuropeo CORE. E in tal senso il ponte natante sembra rientrare di

certo nei tempi.

Tuttavia le statistiche evidenziano che Italia, il Paese con la più bassa percentuale di opere pubbliche

completate nei tempi e nei budget stabiliti in zona Euro, e anche la più alta incidenza di varianti in corso

d’opera e di incompiute. I principali problemi sono riconducibili alla intesa burocratizzazione dei nostri

sistemi sia in termini di studi, di commissioni, di gare, di subappalti, di penali o cambiali elettorali da

incassare o far incassare.

Uno degli aspetti più inquietanti emersi per la realizzazione del Ponte è di carattere prevalentemente tecnico.

Infatti, qualsiasi scelta tecnica è condizionata da una serie di fattori di carattere sia politico che

economico.L’impegno di realizzare il Ponte sullo Stretto  nasce cinquant’anni fa, nel 1969: ancora non era in

voga accettare progetti gratuiti per grandi opere come questa, per cui si invitarono i migliori strutturisti

internazionali in un concorso di idee bandito dal Ministero dei Lavori Pubblici.

In tanti intuirono già allora che la soluzione a campata unica sospesa era da evitare per le particolari

condizioni geologiche e dinamiche che caratterizzano lo Stretto, che a dispetto del nome, è un tratto di mare

dalle dimensioni ragguardevoli – 3,2/3,3 km di ampiezza – per cui servono accorgimenti tecnici e strutturali

particolari che tengano conto della dinamica dei fenomeni e dell’adeguamento strutturale compatibili come

solo un ponte natante può offrire. La società all’uopo allora costituita e ora sciolta ??, ossia Stretto di

Messina S.p.A. (concessionaria avviata nel 1981 con capitali Italstat (IRI) al 51% e Ferrovie dello Stato,

ANAS, Regione Sicilia e Regione Calabria con il 12,25%) affidava al Gruppo Ponte di Messina S.p.A. – uno

dei vincitori del primo premio che non si era certo distinto per innovazione presentando una banale soluzione

a tre campate – un “rapporto di fattibilità” per il futuro ponte.

Questo gruppo è stato costituito già nel 1955, quattordici anni prima del concorso, da Finsider (gruppo IRI),

Italstrade (controllata al 100% da Iritecna SpA, holding del Gruppo IRI), Fiat, Italcementi, Pirelli, e caso

volle che nel frattempo IRI aveva in dote il 51% della società concessionaria e committente. A quei tempi

non venne sollevato alcun conflitto d’interesse, e dopo svariati governi il ponte riaffiora in un

convegno organizzato nel luglio 1978 dall’Accademia dei Lincei, nel frattempo il progetto ha subìto una

metamorfosi, e rispetto a quello firmato per il concorso dallo stesso gruppo sfoggia una ipertrofica campata

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unica di 3.300 mt., una lunghezza ancora oggi insuperata. Nel frattempo ENI sponsorizzava una opzione

alternativa, anch’essa tra i primi premi ex-aequo nel concorso del 1969: firmata dagli inglesi

Grant&Partners, la quale propone una sezione di tre tubi incamiciati in cemento (ferroviario al centro e

stradale ai lati), sommersa a circa 20 metri dalla superficie, strallata sul fondo marino e sostenuta per

contrasto dalla spinta di Archimede.

È il primo esempio di soluzione Submerged Floating Tunnel (SFT) nella storia dell’ingegneria, un vero e

proprio uovo di Colombo che usa a proprio vantaggio forze fisiche gratuite mantenendosi invisibile in

superficie. Tuttavia, ricorreva un problema di carattere politico, in quanto, la società ENI, al tempo, aveva

una minore rilevanza rispetto a IRI. Il susseguirsi di vari governi ha determinato il protrarsi della questione

ponte sino al 1988 anno in cui la soluzione a ponte sospeso viene confermata, costituendo la base tecnica per

tutta la successiva storia – e mancata realizzazione – di questa grande opera. Nel 1992 viene presentato con

modifiche marginali il “Progetto di massima definitivo” con opere per circa sei miliardi delle vecchie lire

(oggi circa tre miliardi di euro). La crisi degli anni ’90, determinata da Tangentopoli, ha fatto si che

venissero istituite delle Delegazioni di Alta Sorveglianza all’interno degli enti interessati – ANAS, Ferrovie

dello Stato e Ministero dei Lavori Pubblici – le quali analizzarono il corredo documentale giungendo a severi

dubbi sulla soluzione.

Soltanto nell’ottobre 1997 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (primo Governo Prodi) riuscì ad

approvare all’unanimità il progetto di massima, autorizzando a procedere. Nel febbraio 1999 il CIPE affidò

una serie di consulenze tecniche e finanziarie sull’opera ad advisor indipendenti per gli aspetti territoriali,

ambientali, economici e finanziari. E nel frattempo Silvio Berlusconi, in campagna elettorale nel dicembre

del 2000, tracciò sulla cartina d’Italia le grandi opere da realizzare, tra le quali il ponte sullo Stretto. Il 2003

vede ulteriori affinamenti al progetto preliminare – sempre lo stesso, con campata unica sospesa di 3.300 mt.

– per l’appalto imminente.

Nell’aprile 2004 viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando internazionale per la selezione del General

Contractor cui sarà affidata dallo Stato la progettazione definitiva e la successiva costruzione del Ponte. Le

cordate finaliste furono cinque, tra cui l’ATI guidata dalla Astaldi, il consorzio Eurolink e il consorzio

Risalto, accomunate dalla partecipazione nell’IGI (Istituto Grandi Infrastrutture), un ente che raccoglie i più

grandi costruttori italiani e alcuni istituti bancari, presieduto da Giuseppe Zamberletti – che era anche

presidente della Stretto di Messina S.p.A.

La gara venne aggiudicata dalla società Eurolink ai tempi di Impregilo, la quale si impegnò nella

realizzazione dell’opera in un arco temporale stimato in settanta mesi. L’iniziativa venne tuttavia sospesa dal

governo all’ora vigente e fu nuovamente incentivata dal premier Berlusconi che aveva proiettato l’avvio dei

lavori nel 2010 con termine nel 2016. Ed infatti, il 23 dicembre 2009 vengono inaugurati i primi cantieri

sulla costa calabrese, e l’anno seguente la concessionaria riceve da Eurolink il progetto definitivo del ponte

sullo Stretto e delle opere accessorie e compensative, con la firma di fior di consulenti privati e istituzionali a

suffragare la causa.

In conclusione, appare opportuno evidenziare che durante la presentazione del bilancio del gruppo, avvenuta

nel marzo 2010, venne affermato che il progetto definitivo era da considerarsi concluso in quanto

comprendeva già non solo il piano di espropri ma anche tutte le opere di mitigazione ambientale. E’ il caso

di dire che i fatti hanno invalidato la teoria, prova ne è che nel 2020 i lavori per la costruzione del ponte non

sono stati avviati e ciò è l’evidente segno che il problema tecnico sotteso alla sua costruzione rappresenta un

limite conclamato alla sua realizzazione.

IL PERCORSO PROGETTUALE

Esistono due scuole di pensiero per la realizzazione dei ponti a grande luce:

- quella dell’impalcato aerodinamicamente trasparente, a sezione alare, più efficiente contro le raffiche

trasversali del vento, come il ponte Store Belt in Danimarca, completato nel 1998 con luce di 1.624 mt.;

- quella dell’impalcato ad elevatissima rigidezza, come il ponte Akashi Kaikyo in Giappone, sempre del

1998, con luce di 1.990 mt.

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Questi due ponti vennero presentati in anteprima nel 1992 all’ISALB (International Symposium on

Aerodynamics of Large Bridges), in cui tra gli altri c’era anche il Ponte sullo Stretto. Il progetto è apparso

ardito per la sua conclamata inverosimiglianza: il ponte applicava il concetto di sezione alare aerodinamica

dello Store Belt (1.624 mt.) su una luce libera più che doppia, peraltro più lunga di 1,3 km rispetto al primato

dell’Akashi Kaikyo (1.990 mt.). Ma il termine di paragone più appropriato sarebbe un altro. Ad oggi, il ponte

stradale e ferroviario come quello che dovrà essere sullo Stretto   più lungo mai costruito si trova sul Bosforo:

è il Yavuz Sultan Selim Bridge, completato nel 2016, con una luce pari a 1.408 metri. Con le stesse

condizioni di carico, il Ponte sullo Stretto con i suoi 3.300 metri sarebbe 2 volte più esteso del ponte

carrabile e ferroviario più lungo del mondo.

Ponte ad arpa portante

È chiaro che l’Italia ha investito sul fronte del progetto  e non dei presupposti tecnici per la sua concreta

realizzazione. Le condizioni tecniche ed economiche c’erano fin dal concorso del 1969. Le nostre aziende –

magari le stesse che nel Sistema Italia vengono coinvolte in infiniti arabeschi burocratici e clientelari, in

corsie preferenziali contrattate sottobanco o in più che sospetti conflitti d’interesse tra controllori e

controllati – all’estero sono in prima linea nella realizzazione nei tempi e nei costi stabiliti di infrastrutture

all’avanguardia.

Saremmo stati capacissimi, con un progetto diverso da quello ostinatamente finanziato per cinque decenni,

più concreto, o anche più rivoluzionario, come quello a tunnel di Archimede4. Ma l’idea di un ponte natante

con spinta di Archimede e attraversamento interno sommerso mostra un elevato livello di rischio. Le opere

straordinarie – e le grandi infrastrutture lo sono – non nascono per caso: sono sì il frutto di un progetto

eccezionale, ma ancor prima nascono nell’idea di futuro e di interesse pubblico di una committenza

competente, responsabile e con le mani libere da qualsiasi conflitto d’interesse. L’Italia dovrebbe impegnarsi

a ricostruire una sua visione del futuro, oltre che le infrastrutture e gli edifici in rovina5.

FATTIBILITÀ TECNICA

Il Progetto di collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria costituisce senza dubbio la maggiore sfida

tecnologica nel campo dei ponti sospesi a campata unica mai lanciata fino ad ora. Il Ponte sullo Stretto di

Messina è destinato ad essere considerato l'ottava meraviglia del mondo, sia per l'ampiezza della luce (3.300

mt.), che gli conferirà il primato in quanto ponte più lungo del mondo, sia per le caratteristiche tecniche, che

4 BIANCHI A., Vendittelli M. (1982) L’attraversamento dello Stretto, Casa del Libro, Reggio Calabria.

5 BETTINI V., GUERZONI M., Ziparo A. eds. (2002) Il Ponte insostenibile, Alinea. Firenze

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inaugurano la terza generazione dei ponti sospesi, in contrapposizione ai ponti della "prima generazione"

(ponti americani) e ai ponti della "seconda generazione" (progettati in Europa e in Giappone) caratterizzati

da impalcati molto rigidi e da cassoni singoli.

Sono proprio i cassoni multipli destinati al traffico autostradale e ferroviario, nonché le interposte aperture

grigliate che migliorano l'aeroelastica, che rispondono all'efficienza strutturale di una così grande opera

infrastrutturale. Il notevole e rigoroso impegno profuso dalla Stretto di Messina S.p.A. nel condurre gli studi

di fattibilità tecnica e l'applicazione delle più evolute tecniche di costruzione e dei più sofisticati metodi di

calcolo hanno permesso di elaborare un progetto altamente d'avanguardia e tale da permettere di lasciare

orgogliosamente ai posteri un'imponente e straordinaria opera di ingegneria italiana. Il parere favorevole

sulla fattibilità tecnica è stato espresso dall'ANAS nel 1994, dalle FS nel 1995 e dal Consiglio Superiore dei

Lavori Pubblici nel 19976.

Le caratteristiche tecniche che qualificano il Ponte sullo Stretto di Messina sono state individuate tenendo

costante la rigidità degli obiettivi progettuali, in riferimento agli aspetti critici riguardanti:

a) l'impalcato (azione del vento trasversale, peso proprio, peso dei carichi, sia permanenti che di utenza

stradale e ferroviaria);

b) le torri (azione del vento trasversale e azione sismica);

c) le fondazioni e gli ancoraggi (risposta statica e dinamica dei terreni di fondazione).

Per la definizione delle fondamentali caratteristiche dimensionali, tipologiche, funzionali e tecnologiche

della struttura dell'opera sono stati necessari studi preliminari estremamente approfonditi sull'ambiente

fisico. Gli aspetti che sono stati esaminati sono quelli relativi a:

- il vento.

L'importanza dell'effetto del vento sul Ponte ha reso particolarmente approfonditi gli studi "per il controllo

degli stati di deformazione e sollecitazione" e per la "prevenzione di possibili fenomeni di instabilità

dinamica indotti dalle azioni aerodinamiche, primo fra tutti quello da instabilità da flutter.

In tale contesto ha assunto quindi un'importanza fondamentale minimizzare la resistenza al vento delle

strutture e ottimizzare la stabilità aeroelastica, con particolare riguardo per l'impalcato, che costituisce

l'elemento chiave di tutta la progettazione aerodinamica". La soluzione proposta tipo Genova, senza l’arpa

gigantesca (una sorta di immensa vela) riduce al minimo il rischio vento. A tal fine è stata condotta al

Politecnico di Milano una specifica ricerca, che si colloca scientificamente ai più alti livelli dello stato

dell'arte.

Gli studi si sono basati su differenti metodologie di indagine (modelli sezionali e globali in diverse gallerie

del vento, modelli matematici collaudati con sperimentazioni al vero su ponti esistenti, quali l'Humber

(ricordiamo che l'Humber, il Bosforo, il Severn, il Great Belt, l'Akashi Kaikyo sono ponti sospesi situati in

zone a più alta ventosità rispetto al Ponte sullo Stretto di Messina)7. Riguardo i dati anemometrici dello

Stretto, sono stati osservati e comparati sia i dati raccolti dalla stazione meteorologica della Stretto di

Messina S.p.A. - in funzione a Punta Faro dal 1985 - sia quelli rilevati da altre fonti, quali le Stazioni del

Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare, le Stazioni dell'Enel, le Stazioni dell'Istituto Geofisico di

Messina, la Stazione di Forte Spuria. Questi dati hanno rilevato che in media in un anno si possono avere 50

giorni di vento con velocità di 50 km/h (6° della scala Beaufort), di cui 12 con velocità superiore a 70 km/h;

- la geologia. Per la conoscenza delle unità litostratigrafiche dell'Area dello Stretto, utile per gli allacci

stradali e ferroviari, sono state effettuate campagne di sondaggi, che hanno permesso inoltre di delimitare

l'area sismogenetica da utilizzare come input sismico nei modelli per la determinazione del terremoto di

progetto;

6 GAMBINO G. (1996) Progetti per l’Ambiente, Utet, Torino Gattuso D., (2010), Proposta progettuale per il

collegamento marittimo metropolitano nello Stretto di Messina, Bozzastampa, Reggio Calabria

7 La storia temporale degli spostamenti orizzontali dell'impalcato (in mezzeria) sottoposto a vento turbolento "estremo"

di 223 km/h, ricavata dalle misure in galleria del vento presso il Danish Maritime Institute, conferma come l'efficienza

aerodinamica e l'eccezionalità di masse e rigidezza delle strutture conferiscano al ponte una eccellente stabilità

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- la geofisica. Le indagini gravimetriche, magnetometriche, geoelettriche e sismiche hanno evidenziato lo

scarso potenziale sismogenetico delle faglie, per cui è molto improbabile che si sprigioni un'energia pari a

quella del terremoto del 1908;

- la geotecnica. Approfondite indagini geotecniche sono state eseguite nei luoghi dove devono essere ubicati

le torri e i blocchi di ancoraggio. L'analisi dei molteplici studi specifici, l'utilizzo di numerosi modelli

matematici analitici (locali e globali), alcuni dei quali significativamente innovativi, e la sperimentazione

fisica al vero e su modelli in scala, hanno dato risposte globali statiche e dinamiche positive;

- la sismica. Il ricordo del disastroso terremoto del 1908, di magnitudo Richter pari a 7,1, rende ancora più

critica la problematica del rischio sismico della zona. Questo aspetto è stato pertanto studiato con molta

accuratezza al fine di raggiungere "un'elevata affidabilità nella modellizzazione numerica della risposta al

sisma della struttura", i cui risultati si basano fondamentalmente "sulle scelte effettuate in termini della

schematizzazione del moto sismico di progetto e dall'interazione con il suolo nei sei punti di contatto della

struttura con il terreno".

Tale problematica di fatto non sussiste per l’idea proposta. Allo scopo di definire il terremoto di progetto è

stata osservata la serie storica degli eventi sismici registrati in Sicilia e in Calabria a partire dall'anno 1000

a.C., e in maniera particolarmente critica l'evento sismico del 1908. Particolare attenzione è stata data "allo

studio delle leggi di attenuazione con la distanza e di occorrenza nel tempo degli eventi sismici all'interno

dell'arco calabro-peloritano, oltre che alla definizione di un'accelerazione massima al suolo di circa 0,6 g.,

che corrisponde a 5 volte l'accelerazione prevista dalla normativa italiana per i progetti di nuove strutture

nella zona".

Il terremoto di progetto per il Ponte sullo Stretto di Messina ha magnitudo 7,1 e una distanza ipocentrale di

15 Km. Dalla verifica delle fondazioni delle torri e dei blocchi di ancoraggio è risultato che l'azione del

sisma riesce a "mantenere tutta la struttura in campo elastico anche sotto l'azione del

sisma estremo bimillenario"8. E a ciò contribuiscono "le straordinarie caratteristiche del Ponte (massa e

flessibilità)" che "hanno senz'altro giocato in modo determinante nel rendere il problema di più agevole

soluzione".

- la forma dell'impalcato. L'impalcato - in acciaio e con cassoni multipli e interposte aperture grigliate che

assicurino un'ottima aeroelastica - rappresenta la chiave individuata per rispondere ai requisiti di funzionalità

e di leggerezza, al fine di assicurare stabilità sotto l'azione del vento attraverso la sua forte funzione

aeroelastica. Fino agli anni Sessanta una elevata rigidezza torsionale veniva raggiunta tramite le grandi

travature reticolari dell'impalcato. Ne sono esempi i ponti della prima generazione: il Verrazzano (USA,

1964), il Tago (P, 1966), il Firth of Forth (GB, 1964).

Le stesse funzioni si trovano nella idea proposta del ponte-natante.

Pur soddisfacendo il requisito della resistenza, questo tipo di struttura necessita di elevate quantità di

materiale e pone problemi di ispezione e manutenzione. Dagli anni Sessanta in poi si è cercato di eliminare

questi inconvenienti individuando nella forma alare dell'impalcato il modo per ridurre all'origine le azioni

aerodinamiche. Con questo sistema sono stati costruiti impalcati aerodinamici a cassone singolo chiuso,

come quelli dei ponti Humber (GB, 1981), e Great Bealt (DK, 1988), che rappresentano la seconda

generazione dei ponti sospesi.

L'impalcato a cassone singolo è risultato inadattabile per unire distanze superiori ai 1.800 metri. L'audace

luce del Ponte sullo Stretto di Messina ha costretto quindi i progettisti ad inaugurare una nuova fase di studi

perché un ponte ad unica campata di 3.300 mt. rispondesse ai requisiti della stabilità, della leggerezza, della

facilità di costruzione, ispezione e manutenzione. Il sistema a cassone multiplo risponde a tutti questi

requisiti; esso permette, infatti, una riduzione dell'altezza delle sezioni, e quindi una riduzione dei pesi, dei

tempi di fabbricazione, oltre che dei costi.

L'impalcato del Ponte sullo Stretto di Messina, interamente in acciaio, è formato da tre cassoni longitudinali

indipendenti (due stradali e uno ferroviario centrale), sorretti da travi cassoni trasversali. È largo 60,4 mt.,

alto 4,5 mt. e lungo 3.660 mt., cioè 180 mt. oltre le torri e fino ai giunti di dilatazione.

8 MISITI A. S."Il ponte sullo Stretto", in Le Scienze, n. 362, ottobre 1998 (edizione italiana di Scientific American

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Il suo peso è di circa 27 t/m ed è formato da 6 corsie autostradali, 2 di emergenza, e due corsie ferroviarie (i

ponti sospesi dotati di corsie ferroviarie sono recenti; nel mondo solo i ponti giapponesi di Ohnaruto (1985),

Shimotsui (1988), Kita Bisan Seto (1988) e Minami Bisan Seto (1988) hanno due corsie ferroviarie

ciascuno), oltre due strade di servizio per la ferrovia e due per la manutenzione. È fornito di schermi

frangivento con profili aerodinamici stabilizzatori, che assicurano la stabilità aeroelastica anche con venti

della velocità di 270 Km/h. L'impalcato ha la capacità di accogliere un transito di 6.000 automezzi ogni ora e

di 200 treni al giorno.

Anche riguardo le torri (alte 376 m), l'originalità progettuale sta nell'aver considerato di fondamentale

importanza la loro "forma". Le torri "devono assorbire le azioni trasversali dovute al vento o al sisma, e

devono essere flessibili nel senso longitudinale, dove l'azione resistente è affidata ai cavi. Il sistema portante

del Ponte, che avrà una vita di 200 anni(???), deve avere particolari caratteristiche per una ordinata

distribuzione dei fili componenti il cavo, in particolare sulle selle delle torri e negli ancoraggi; si eviteranno

così fenomeni di fatica; i pendini devono essere facilmente sostituibili senza interruzione del traffico ed

assicurare una difesa dai sabotaggi".Ogni torre è formata da due gambe, in ognuna delle quali si trovano due

ascensori.

Per i blocchi di ancoraggio, dovendo essi assorbire il grandissimo tiro dei cavi, gli studi sono stati molto

attenti per assicurare un buon inserimento nel terreno (solo il 17% è costruito fuori terra), minimizzando al

massimo il loro impatto.Infine, l'importantissimo ruolo dei cavi portanti ha richiesto studi particolari che, dal

punto di vista tecnologico, sono stati un vero balzo in avanti. Infatti, "man mano che la luce aumenta,

diminuisce il contributo dell'impalcato nella risposta globale" e aumenta quello dei cavi, che devono avere

una maggiore rigidezza acquisibile dal "valore elevatissimo del peso proprio e quindi del tiro".L'intera

struttura dell'opera, con torri in acciaio e basamenti in calcestruzzo interamente interrati (solo il 14% è

costruito fuori terra), sarà in grado di resistere a un sisma di 7,1 gradi della scala Richter e a venti con

velocità superiore a 216 Km/h.

Un altro aspetto fondamentale degli studi progettuali, affrontato a monte, è stato quello di individuare il

posizionamento del Ponte. Per la localizzazione dell'opera di attraversamento sono state individuate cinque

zone in Sicilia e tre in Calabria. Accurati studi sulla compatibilità fisica, morfologica e territoriale hanno

orientato la scelta sulla zona tra i laghi di Ganzirri, in Sicilia, e sulla località Cannitello, a nord di Punta

Pezzo, in Calabria9. L'individuazione della zona siciliana corrisponde inoltre a quella che il Piano Regolatore

Generale di Messina aveva individuato in previsione della realizzazione del Ponte. Il collegamento viario

con la città di Messina prevede un sistema di penetrazione a "pettine", formato da sette svincoli che,

raggiungendo diverse zone della città, contribuiscono a risolvere il problema del congestionamento del

centro urbano.

Le zone individuate assicurano una minore distanza (3.300 mt.) tra le coste siciliana e calabrese rispetto alle

altre, permettono di situare i blocchi di ancoraggio in zone disabitate e permettono ai tratti iniziali degli

svincoli di entrare in galleria, in Calabria rapidamente, e, in Sicilia, dopo un tratto ad ampia curva del

viadotto di accesso. Oltre all'opera di attraversamento il progetto comprende anche tutti i collegamenti

stradali e ferroviari con le reti infrastrutturali esistenti in Sicilia e in Calabria.

Nel versante siciliano è prevista la costruzione del viadotto Pantano - passante tra i due laghi, il Pantano

Grande (lago di Ganzirri) e il Pantano piccolo (lago di Faro) - nel quale si inseriscono l'autostrada e la linea

ferroviaria per raggiungere l'area di esazione, prima di congiungersi rispettivamente con le autostrade A18

(ME-CT) e A20 (ME-PA) e con la stazione ferroviaria di Messina. Nel versante Calabria, la ridotta distanza

dal Ponte, sia dell'autostrada A3 (Salerno-Reggio Calabria) che della struttura ferroviaria esistente, riduce le

opere di collegamento "a vista" rispetto a quelle siciliane. In questo versante è previsto invece un innesto alla

futura linea ferroviaria ad Alta Velocità (???) Salerno-Reggio Calabria, oltre che "la sede del Centro

Direzionale dell'opera, nella quale confluiscono tutte le reti di monitoraggio collegate alle strutture del Ponte,

9 PIERONI O., ZIPARO A. (2011) “Il conflitto dell’expertise nella vicenda del Ponte”, in Pellizzoni L. ed., Conflitti

Ambientali, Il Mulino, Bologna.

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alle fondazioni, ai terreni di fondazione, alle reti dei sismografi, agli impianti meteorologici, ai controlli del

traffico sia autostradale che ferroviario".

Nella progettazione del manufatto "Ponte" non sono stati tralasciati inoltre altri aspetti molto importanti,

quali:

a) la "distanza dal livello del mare", pari a 70 mt., per consentire agevolmente il transito delle navi;

b) una "facile ispezionabilità e manutenzione" del Ponte, attraverso percorsi interni alla struttura per le

ispezioni delle superfici interne, e attraverso semplici ponti mobili per le ispezioni delle superfici esterne;

c) la "minimizzazione del rumore". La problematica del rumore è stata affrontata tenendo presente la

classificazione in zone fatta dal DPCM del 1 marzo 1991 sull'inquinamento acustico, che inserisce la zona

siciliana nella II classe e quella calabrese nella IV classe. Al fine di verificare la risposta del Ponte, in termini

acustici, all'azione del vento sono stati eseguiti dei rilievi specifici su un generatore eolico di notevoli

dimensioni. Sono previste comunque opere di mitigazione dell'inquinamento acustico, come le barriere

artificiali alte tre metri dalla strada;

d) la previsione di un "sistema di monitoraggio", allo scopo di sorvegliare costantemente la struttura, il

traffico e l'ambiente (situazione meteorologica, vento, sisma, ecc.). Il sistema integrale di controllo

comprende anche l'impianto di illuminazione e segnalazione, oltre la rete di trasporto delle informazioni, per

la quale è previsto un largo impiego di fibre ottiche;

e) la realizzazione di "aree di parcheggio e di ristoro, nonché di centri commerciali", nelle aree di

esazione;

f) "la salvaguardia degli ambiti naturalistici ancora integri e la riqualificazione delle aree attualmente

degradate, attraverso criteri di restauro naturalistico e l'utilizzo di tecniche di bioingegneria".Gli studi non si

sono limitati all'ambiente fisico ma sono stati estesi anche all'ambiente marino10. Si è studiata la morfologia

dei fondali, la formazione delle maree, che, essendo in opposizione di fase nel Tirreno e nello Jonio, causano

le forti correnti, le quali a loro volta influenzano il moto ondoso. L'acqua del Tirreno e dello Jonio è stata

osservata dal punto di vista fisico, chimico e idrobiologico. Ciò che sembra interessante sottolineare è che,

da un lato, dal punto di vista batteriologico, esistono nella microflora marina batteri che potrebbero corrodere

opere cementizie e altri che potrebbero ossidare il ferro (infatti, sulle carene dei traghetti e delle navi si

trovano attaccati organismi bentonici), dall'altro, dal punto di vista biologico, esiste nello Stretto una ricca e

variegata ittiofauna, per la presenza di innumerevoli pesci abissali, varie specie di pesci e cetacei, comunità

bentoniche particolarissime e alcune specie di pesci che vivono solamente nell'Area dello Stretto, tanto da

formare un "oasi" nel Mediterraneo, che ha destato un notevole interesse scientifico a partire dai primi

decenni del XX secolo e che merita di essere salvaguardata11. Anche da questo lato l’idea proposta appare

del tutto compatibile in quanto molto meno invasiva.

FATTIBILITÀ ECONOMICO-FINANZIARIA

Le motivazioni più frequenti che vengono richiamate a sfavore della realizzazione del Ponte sullo Stretto di

Messina sono di natura economica e finanziaria e sottolineano che i benefici economici di un

attraversamento stabile sarebbero molto inferiori ai costi12. Secondo questa visione il Ponte sarebbe una

grande infrastruttura con limitate ricadute positive per due regioni sottosviluppate come la Sicilia e la

Calabria. Dall'altro, la scarsità delle risorse finanziarie pubbliche fa ritenere non prioritaria la realizzazione

dell'opera. Viceversa, nel 2022, se inserita come opera strategica nei Fondi Ricovery, l’aspetto finanziario

dell’investimento risulta meno rilevante rientrando nel debito verso l’UE e da questa garantito. Ma il Ponte si

ripagherà da solo con i rientri finanziari della gestione. E poi il prevedibile costo dell’investimento dovrebbe

risultare tra il tre e i cinque MLD di euro, molto meno delle altre alternative progettuali proposte.

L'infondatezza di queste due motivazioni è stata dimostrata sia dagli estensori del Progetto, le cui analisi

dettagliate e approfondite ne hanno verificato i vantaggi economici ed occupazionali, sia da statisti ed

economisti che, attraverso pubblicazioni e comunicazioni a numerosi convegni, hanno ribadito l'importanza

che un collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria riveste per l'economia delle due regioni, i cui

10 MANCOSU C. (ed.), 2010, Il ponte sullo Stretto. Rischi, dubbi, danni e verità nascoste, Mancosu, Roma 11 GIOFFRÈ FLORIO A., 1980, Studi sull’ambiente naturale dello Stretto di Messina 1965-1980, Reggio Calabria, bozza

stampa INEDITA. Il territorio e il paesaggio 107 12 BIANCHI A., VENDITTELLI M. (1982) L’attraversamento dello Stretto, Casa del Libro, Reggio Calabria.

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indicatori economici, relativamente al Pil pro-capite, all'occupazione e alla dotazione di infrastrutture, sono

notevolmente inferiori rispetto alla media nazionale.

Riguardo la valutazione economica dell'investimento, l'Analisi Costi-Benefici (ACB) effettuata dalla Società

Stretto di Messina S.p.A. e l'analisi di diverse ipotesi evolutive della domanda di trasporto, sia merci che

passeggeri, ha fornito dati soddisfacenti del tutto prevedibili. Nell'Analisi Costi-Benefici, il ricorso ai prezzi

di mercato o ai prezzi ombra elimina i problemi di valutazione dal lato dei costi, mentre è più problematica la

valutazione dei benefici, sia perché non sempre sono monetizzabili adeguatamente, sia perché alcune

esternalità sfuggono all’analisi economica in quanto si esprimono come benefici qualitativi più che

quantitativi; essi andrebbero valutati con indagini 'ad hoc' e con metodologie di valutazione che integrino

l'Analisi Costi-Benefici13.

Da questo punto di vista l'ACB presenta dei limiti che giustificano l'introduzione della Direttiva CEE 337/85

sulla Valutazione di Impatto ambientale (VIA), che richiede che un progetto di investimento sia

accompagnato da studi specifici di impatto su tutti gli elementi che compongono l'ambiente (fisico, socio-

economico, culturale, paesaggistico, territoriale, ecc.), in modo tale che le autorità politiche competenti

abbiano un ulteriore strumento di decisione. Dall'analisi Costi-benefici è emerso che i costi dell'investimento

saranno ammortizzati dai ricavi derivanti dal pagamento dei pedaggi e del canone di concessione di transito

della rete ferroviaria, oltre che dall'aumento delle entrate fiscali. Dalla stima della redditività è risultato un

tasso di rendimento economico intorno al 9%.

I vantaggi, "monetizzabili e non", derivanti dalla realizzazione del Ponte sullo Stretto sono comunque

numerosi e, direttamente o indirettamente, influiscono positivamente sulla domanda aggregata, e quindi sul

Pil. Essi riguardano, durante la fase di costruzione:

- un aumento dell'occupazione, sia direttamente nei cantieri che nell'indotto, che si stima

complessivamente intorno alle 40 mila unità/anno;

- un aumento della produzione di beni e servizi intermedi da parte delle imprese locali e nazionali, stimato

in sei miliardi di euro, e il relativo aumento di occupazione;

- un aumento dei consumi derivante dall'aumento del reddito di chi partecipa alla costruzione dell'opera;

- un incremento del gettito fiscale, derivante da un insieme di imposte, di contributi sociali, di oneri

tributari di vario genere collegati alla realizzazione dell'investimento, che, riducendo la parte di spesa che

grava sulla finanza pubblica, realizzano una mera partita di giro.

- il mantenimento di un alto livello di occupazione;

- una riduzione dei costi di trasporto, sia riguardo il trasporto merci privato, che contribuisce ad un

aumento della produttività dei fattori produttivi, e quindi un aumento di competitività delle imprese, sia

riguardo i costi di trasporto pubblico, la cui riduzione è connessa con una consistente diminuzione dei costi

di esercizio che le FS sostengono per la gestione del traghettamento;

- la totale capacità di assorbimento della domanda di attraversamento, anche nei periodi di punta

aumentando il numero di carrozze e carri ferroviari, senza compromettere la qualità del servizio offerto, a

differenza della capacità del traghettamento, che può essere sufficiente nei periodi ordinari, mentre l'aumento

delle carrozze ferroviarie per far fronte all'aumento della domanda, prevalentemente passeggeri, nei periodi

di punta incide sul prolungamento dei tempi di attesa per l'imbarco e penalizza il trasporto merci;

- un risparmio medio di tempo rispetto all'attraversamento via mare, pari a due ore per i treni e un'ora per

i mezzi gommati, e di svariate ore per il traffico merci ferroviario, considerando sia il tempo di puro

attraversamento che il tempo necessario per le operazioni di imbarco e sbarco, particolarmente lunghe e

laboriose per i treni;

- una maggiore facilità nella mobilità urbana tra le due sponde, corrispondente ad una domanda di

migliaia di spostamenti giornalieri per motivi di studio o di lavoro;

- l'aumento del comfort, derivante dalla non interruzione del viaggio;

- una riduzione dei livelli di inquinamento acustico e atmosferico, notevolmente superiori agli standard

previsti, nelle città di Messina, Villa S. Giovanni e Reggio Calabria, oppresse dal passaggio di automezzi e

Tir che ostacolano una efficiente organizzazione urbana;

13 GAMBINO G. (1996) Progetti per l’Ambiente, Utet, Torino Gattuso D., (2010), Proposta progettuale per il

collegamento marittimo metropolitano nello Stretto di Messina, Bozzastampa, Reggio Calabria

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- i vantaggi derivanti dalla riduzione del servizio traghetti, in termini di disinquinamento delle acque e di

protezione delle coste e dell'ecosistema marino.

Non è da trascurare inoltre la sicurezza della navigazione, compromessa, oltre che dalle forti correnti marine,

dal numero elevatissimo di attraversamenti in verticale (navi mercantili che trasportano spesso materiali

pericolosi) e in orizzontale (traghetti), sicurezza richiamata dall'Ipsema (Istituto di previdenza per il settore

marittimo), in particolare nel 2008 in seguito alla tragedia del Segesta Jet14.

Riguardo l'aspetto del finanziamento dell'opera, c'è da dire che il Ponte sullo Stretto ha sempre suscitato

l'interesse di investitori privati da tutte le parti del mondo (americani, francesi, giapponesi). Oggi c'è da

considerare che gli stringenti vincoli alla spesa pubblica stanno spingendo verso una maggiore e concreta

collaborazione tra pubblico e privato, attraverso lo strumento del Project financing (Finanza di progetto),

poco applicato in passato per problematiche legislative e per la poca cultura del Project Management.

Queste lacune sono state recentemente colmate con decreti attuativi, che forniscono un quadro normativo

chiaro e semplificano le procedure; inoltre, l'introduzione di agevolazioni e incentivi fiscali, rende più

appetibile la partecipazione del capitale privato nella realizzazione delle grandi infrastrutture, come dimostra

il recente interesse di molti investitori stranieri per il Project financing.

La spesa per l'investimento nella costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina pertanto potrà essere

finanziata dalla disponibilità di capitali privati anche a carattere internazionale, che non creerà particolari

problemi per la finanza pubblica. Lo Stato sarà, quindi, esonerato da qualsiasi impegno finanziario, eccetto la

spesa per i collegamenti con le infrastrutture viarie e ferroviarie esistenti. Una delle trenta raccomandazioni

che un pool di economisti, guidati dal francese Jean Paul Fitoussi, rivolge all'Italia per uscire dalla crisi è

proprio il rilancio delle infrastrutture attraverso la collaborazione tra pubblico e privato.

Non bisogna sottovalutare inoltre il contributo finanziario dell'Unione europea, la quale, nell'ambito del

programma obiettivo convergenza, volto a rendere omogeneo lo sviluppo dei paesi membri, ha disponibili

ingenti risorse finanziarie non utilizzate dall'Italia nel settennio 2007-2013. Un esempio della fattibilità

finanziaria ci viene dato dal ponte "Vasco de Gama" in Portogallo, inaugurato nel 1998 e costruito in 35

mesi, nonostante il Paese avesse allora seri problemi di bilancio pubblico per rientrare nei parametri di

Maastricht.

Un finanziamento del Fondo di coesione europeo, un credito della BEI ai concessionari, l'appello al Project

financing hanno permesso la costruzione dell'infrastruttura senza incidere sul bilancio del governo

portoghese, che, alla scadenza dei 33 anni di concessione, avrà un aumento del patrimonio pubblico e la

disponibilità d'uso dell'opera con il conseguente aumento delle entrate derivanti dal pagamento dei pedaggi.

Essendo il Ponte sullo Stretto una infrastruttura pubblica, la decisione definitiva per la sua realizzazione

spetta alle autorità politiche, per cui la valutazione che determina la convenienza economica della Pubblica

Amministrazione riguarda la parte di spesa pubblica che grava sulla collettività, che si aggira a circa un terzo

dell'importo totale. Dal punto di vista economico il finanziamento pubblico non solo è ammortizzabile con le

tariffe di attraversamento, con l'aumento delle entrate fiscali e con la riduzione della spesa del traghettamento

delle ferrovie, i cui bilanci presentano deficit cronici, ma nel medio-lungo periodo la finanza pubblica ne

trarrà notevoli benefici economici15.

FATTIBILITÀ AMBIENTALE

Il problema della fattibilità ambientale di un progetto nasce dall'evolversi dei danni subìti dall'ambiente

naturale negli ultimi decenni, che ha dato al concetto di ambiente una dimensione molto riduttiva. È opinione

diffusa, infatti, che per ambiente si intende l'ambiente fisico su cui si scaricano gli effetti negativi della

produzione e dei consumi, effetti che hanno cominciato a destare preoccupazione a partire dalla metà degli

14 Mancosu C. (ed.), 2010, Il ponte sullo Stretto. Rischi, dubbi, danni e verità nascoste, Mancosu, Roma

15 Fondazione di Comunità di Messina ed. (2014) Sviluppo è coesione e libertà. Il caso del distretto sociale evoluto di

Messina, Horcynus d.e., Messina

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anni Ottanta, tanto che la tutela dell'ambiente è diventato un obiettivo di politica economica, come dimostra

la legislazione italiana ed europea in materia.

Con il passaggio della considerazione dell'ambiente da vincolo ad obiettivo si sono accentuate le situazioni

di conflitto tra ambiente e attività umane, che resteranno tali fino a quando non si affermerà una cultura eco-

compatibile, cioè l'uso di nuove tecnologie che permetterà un'adeguata compatibilità tra sviluppo e ambiente.

(es., l'uso di auto elettriche, l'assenza di fertilizzanti chimici nella produzione agricola, una maggiore

diffusione del fotovoltaico e dell'eolico, ecc.).

Nonostante esistano aiuti comunitari per promuovere le tecnologie pulite, tuttavia la loro diffusione è ancora

piuttosto lenta. La domanda di infrastrutture entra così in conflitto con la domanda di tutela ambientale. Il

conflitto diventa particolarmente acceso quando la domanda di infrastrutture proviene dalle aree svantaggiate

economicamente, che basano le loro richieste sulla necessità di un riequilibrio economico territoriale,

nell'ambito del quale lo sviluppo dei trasporti e il livello di dotazione infrastrutturale ne costituiscono una

essenziale e necessaria condizione per superare il gap degli indicatori economici (Pil pro-capite, tasso di

disoccupazione, attrattività degli investimenti), nonché per la possibilità di esternare le potenzialità

produttive che potrebbero mettere in moto uno sviluppo più autonomo e contribuire alla crescita del paese,

soprattutto in questo momento di crisi.

La presa di coscienza che i due obiettivi macroeconomici - crescita economica e tutela ambientale - hanno la

medesima importanza, ha portato oggi all'arricchimento del concetto di ambiente, nel senso che l'ambiente

viene concepito come territorio, i cui elementi distintivi sono di natura naturale e di natura antropica. Per cui

per ambiente non si intende solo l'ambiente fisico ma anche l'ambiente socio-economico, nell'ambito del

quale è importante considerare il modello culturale che il meccanismo ha delineato e inserire tra i beni da

tutelare anche ciò che è stato prodotto dall'uomo16.

Tale concetto di ambiente è peraltro quello riconosciuto dall'UE, che richiama l'art. 3 della Direttiva CEE

377/85 sulla Valutazione di Impatto ambientale (VIA), che tra le componenti dell'ambiente include anche i

beni materiali e i beni culturali, nei quali si possono far rientrare tutte le opere costruite dall'uomo, come le

infrastrutture, gli insediamenti, le opere d'arte, i monumenti, le scoperte scientifiche e tecnologiche, i sistemi

produttivi, l'organizzazione delle città, cioè tutto ciò che riflette l'aspetto culturale della sfera umana e che

costituisce lo spazio in cui è inserita la vita dell'uomo.

Sulla base del nuovo concetto di ambiente, ogni scelta macroeconomica non può, e non deve, pertanto

trascurare la possibilità di raggiungere più obiettivi, così come nella valutazione di impatto ambientale

occorre evitare di porre l'enfasi su un singolo impatto, ma cercare di confrontare ed equilibrare impatti

positivi e impatti negativi relativamente a tutte le componenti dell'ambiente17.Tra queste, oltre all'ambiente

fisico, alla flora, alla fauna, vi è l'uomo, l'essere vivente che deve misurarsi sul fronte ambientale e sul fronte

economico, in quanto l'uomo vive inserito nell'ambiente naturale e nell'ambiente organizzato ed è capace col

suo agire di influenzare l'ambiente e da questo esserne influenzato.

L'analisi degli impatti deve quindi tendere verso l'elaborazione di un Bilancio di Impatto Ambientale (BIA),

che tenga conto degli effetti sull'ambiente naturale e degli effetti indotti sull'ambiente socio-economico,

dando un peso il più possibile omogeneo a tutte le componenti dell'ambiente. Ma risulta evidente che

l'omogeneità dei pesi è una caratteristica che difficilmente può adattarsi ad ogni singolo caso concreto, dove

l'esigenza di dare priorità a specifici obiettivi porta al ricorso a compromessi e all'assegnazione di pesi

differenti all'uno o all'altro elemento dell'ambiente.

La caratteristica fondamentale del BIA deve essere pertanto quella di tener conto degli indici costruiti dai

diversi professionisti che hanno contribuito all'elaborazione di un progetto. Il nuovo concetto di ambiente e

gli sviluppi interdisciplinari della ricerca sulla risoluzione dei problemi ambientali conducono alla ormai

consolidata convinzione che la valutazione di impatto ambientale non è campo esclusivo dei naturalisti o

degli ingegneri ma un ruolo fondamentale spetta anche agli economisti, ai sociologi, agli urbanisti. In altri

16 MISITI A."Il ponte sullo Stretto", in Le Scienze, n. 362, ottobre 1998 (edizione italiana di Scientific American) 17 MISITI A., Fondamenti di ingegneria ambientale, Carocci, 1994, pag. 33 e ss.

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termini, accanto agli indicatori fisici, chimici, biologici vanno presi in considerazione anche quelli sociali,

economici, culturali, paesaggistici, al fine di costruire un BIA rispondente il più possibile ai bisogni della

collettività da diversi punti di vista e favorire una mediazione tra obiettivi diversi: la tutela dell'ambiente

naturale, da un lato, e la crescita economica e la qualità della vita, dall'altro.

La diversa importanza assegnata ai vari obiettivi non elimina tuttavia la necessità di tenere rigida una soglia

di tollerabilità del degrado ambientale, sia naturale che socio-economico. Il Ponte sullo stretto di Messina si

colloca in un'area, il Mezzogiorno d'Italia, che politicamente è europea ma geograficamente ed

economicamente mediterranea, nel senso che è un'area debole che si inserisce nell'ancora irrisolta questione

degli squilibri regionali, sia a livello nazionale che comunitario.

Un'area debole che si porta dietro il cronico ritardo economico, che, nella valutazione di impatto ambientale,

assume un peso maggiore rispetto a quello delle aree economicamente più avanzate. La fattibilità ambientale

del Ponte sullo Stretto deve pertanto tener presente le "peculiarità del territorio" di ricezione

dell'infrastruttura, sia dal punto di vista fisico che economico e sociale18.La decisione di realizzare un

collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria non può tener conto solo dell'Analisi Costi-Benefici, che dà

una visione puramente quantitativa e aziendalistica circoscritta alla costruzione dell'opera, ma deve basarsi

su una "corretta valutazione ambientale", così come ci suggerisce il nuovo approccio metodologico e

scientifico, basato su un'analisi specialistica ma equilibrata di tutti i fattori dell'ecosistema e delle loro

interazioni.

Si tratta cioè di analizzare e confrontare, in una valutazione integrale, gli aspetti positivi e gli aspetti negativi

degli impatti su tutti gli elementi dell'ambiente, oltre che gli aspetti positivi e gli aspetti negativi delle due

tipologie di trasporto, quella "con ponte" e quella "via mare", al fine di rendere più completo il Bilancio di

impatto ambientale e più facile l'analisi di valutazione per gli organi politici competenti a cui è affidato il

processo di decisione, che devono ampliare gli ambiti di riflessione in quanto devono tener conto del

raggiungimento di più obiettivi e di un'ottima ed equa allocazione delle risorse.

Del resto è questa l'indicazione della Direttiva CEE 337/85 sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA),

uno strumento che si caratterizza proprio per gli indici qualitativi con cui deve essere espresso l'impatto

ambientale e per i diversi aspetti che si devono prendere in considerazione: da quelli fisici a quelli culturali,

sociali, economici, paesaggistici, territoriali. Tuttavia è importante sottolineare che proprio le indicazioni

qualitative per valutare un progetto implicano inevitabilmente un giudizio di valore più o meno soggettivo,

che lascia ampi margini di decisione alla volontà delle autorità politiche, che hanno il compito di stabilire

una scala di valori che deve rispecchiare il più possibile l'interesse della collettività.

Dall'altro, una pratica poco diffusa è quella dei sondaggi di opinione pubblica, probabilmente perché le

opinioni delle comunità territoriali interessate contengono una ponderazione dei pesi dei diversi fattori che

scaturisce da una visione di breve periodo, mentre le decisioni pubbliche, dovendo affiancare VIA e

pianificazione, devono tener conto degli effetti di lungo periodo. Senza dubbio Sicilia e Calabria sarebbero

già collegate dalla rete autostradale se fossero divise da un confine terrestre anziché dalle acque. Se

confrontiamo però l'uso del suolo e l'impatto sull'ambiente naturale delle autostrade, delle ferrovie e dell'Alta

Velocità con l'attraversamento aereo dello Stretto, l'impatto ambientale del Ponte risulta notevolmente

limitato.

Nell'ambito della soluzione "con ponte" gli studi sulle "interferenze con le diverse componenti dell'ambiente

naturale (suolo, sottosuolo, ambiente idrico, aspetti naturalistici, rumore, territorio, paesaggio) hanno messo

in evidenza che gli impatti sono complessivamente controllabili per via della quasi totale assenza di

interazioni con aree di pregio naturalistico, del minore uso del territorio, della maggiore capacità di

inserimento negli andamenti morfologici del territorio e nei campi visivi"19. Si evince che l'impatto

18 GAMBINO G. (1996) Progetti per l’Ambiente, Utet, Torino. GATTUSO D., (2010), Proposta progettuale per il

collegamento marittimo metropolitano nello Stretto di Messina, Bozzastampa, Reggio Calabria

19 GAMBINO G. (1996) Progetti per l’Ambiente, Utet, Torino GATTUSO D., (2010), Proposta progettuale per il

collegamento marittimo metropolitano nello Stretto di Messina, Bozzastampa, Reggio Calabria

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ambientale del Ponte sullo Stretto di Messina non ha effetti totalmente incompatibili con le diverse

componenti ambientali naturali, ma rientra nella "gamma degli effetti controllabili o comunque mitigabili

con idonei accorgimenti tecnici", che sono stati previsti nel Progetto. Dal punto di vista della compatibilità

ambientale il ministero dell'Ambiente ha espresso il suo parere favorevole nel giugno del 2003.

Sembra evidente che la controllabilità degli impatti sull'ambiente naturale, la necessità di superare il ritardo

economico strutturale del Mezzogiorno d'Italia e gli svantaggi che presenta il trasporto marittimo dello

Stretto (in termini di costi, di insufficienza dell'offerta nei periodi di punta, di congestione dei centri abitati e

di notevole impatto negativo sull'ecosistema marino) conducono ad un Bilancio di impatto ambientale dove

gli aspetti positivi giocano a favore della realizzazione del Ponte. Dal punto di vista ambientale,

l'opposizione alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina da parte degli ambientalisti e dei movimenti

"no ponte" sembra allora dettata, oltre che da una disinformazione (nel senso di rifiuto preconcetto

all'informazione), da una visione strettamente ideologica della difesa dell'ambiente, che offusca la reale

portata strutturante dell'opera e l'effettivo impatto sull'ambiente naturale, ponendolo sullo stesso piano dei

veri, grandi, significativi, e spesso vergognosi, impatti degradanti della produzione e dei consumi di

inestimabile danno all'ambiente (esaurimento delle risorse naturali, deforestazione, inquinamento, discariche,

costruzioni edilizie, sbancamenti, degrado dei monumenti e delle opere d'arte, precarietà della salute dei

cittadini, nonché, a livello planetario, l'effetto serra, il "buco nell'ozono", le piogge acide, i disastri nucleari),

sui quali dovrebbero concentrarsi gli impegni e dove l'ideologia trova fondamento di rispetto20.

CONCLUSIONI

Il recente dibattito sulle aree metropolitane e, più in generale, sul futuro dell’area dello Stretto di Messina,

così come i recenti disagi dovuti alla riduzione del servizio di traghettamento passeggeri tra la costa siciliana

e quella calabra, impongono un serio approfondimento della questione dell’attraversamento dello Stretto che

sia volto all’individuazione di soluzioni sostenibili, efficienti e durature nel tempo. Con l’accantonamento –

temporaneo o permanente che sia – del progetto di costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina (o

dell’eventuale tunnel di raccordo sottomarino), il territorio ed i soggetti che lo animano hanno l’obbligo di

ripensare in maniera radicale ruoli e funzioni di questa regione, ed al contempo assicurare che le esigenze di

mobilità che caratterizzano lo Stretto – e che sono molteplici e spesso difficilmente conciliabili – trovino una

risposta adeguata.

In altri termini, lo Stretto di Messina – prima ancora dei governi locali e regionali che di esso fanno parte –

ha la necessità di dotarsi di un vero e proprio Piano della Mobilità, dal quale far discendere le misure di

attuazione, siano esse infrastrutturali o di mera governance.

Il compito è difficile per molte ragioni, non ultime un dibattitto che negli ultimi 35 anni è rimasto ancorato

alla sola opzione ponte, e la mancanza di un quadro istituzionale coeso ed unitario. Se il tema Ponte rimane

in essere solo nel dibattito politico e mediatico, più complesso è invece il quadro delle responsabilità (intese

qui come scelte da compiere) istituzionali, politiche ed economiche che fa da sfondo alla ricerca di una

soluzione (o più soluzioni) per la mobilità nello Stretto.

La nostra opinione è che si debba individuare un’azione sistemica, complessa ed integrata che poggi su

un’analisi condivisa e, soprattutto, sulla sinergia delle diverse componenti (enti locali, autorità portuali,

associazioni di categoria, università, etc.) che a vario titolo giocano un ruolo nella governance e nei processi

economici che interessano lo Stretto di Messina.

Probabilmente, la sfida maggiore nella composizione di un sistema di mobilità integrato per l’area dello

Stretto è rappresentata dall’atavica arretratezza dei sistemi di trasporto nel Mezzogiorno, ferroviario, stradale

e marittimo, sia di corta che di media percorrenza. Qualsiasi tentativo di produrre un piano della mobilità

deve quindi partire dal riconoscere una condizione di deficit infrastrutturale che non ha permesso di

rispondere in maniera efficiente alla crescente domanda di mobilità, ma che l’ha anzi mortificata riducendo

sensibilmente la qualità della vita per i residenti e le opportunità di investimento e sviluppo per le imprese.

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Ammettere questa condizione di partenza svantaggiosa è la precondizione necessaria per ancorare il futuro

Piano della Mobilità dello Stretto a delle radici di sano realismo che permettano sin dall’inizio di questo

processo di guardare in maniera scrupolosa ai problemi, alle esigenze, agli ostacoli ed alle opportunità che i

policy makers si troveranno di fronte. Di fronte ai temi quali: la crescente richiesta di mobilità, esigenze

insediative ed ambientali, rapporto tra mobilità e territorio, ed inadeguatezza dell’esistente rete dei trasporti,

la risposta non può che essere un Piano integrato ed organico della Mobilità per lo Stretto di Messina. Un

piano che non si fermi alle soluzioni ingegneristiche o trasportistiche, ma che metta in relazione tali

soluzioni con l’assetto del territorio, con le sue domande e le sue criticità., rispondendo alla domanda di

mobilità ed in grado di dare nuova linfa al sistema produttivo della Regione.

Occorre un piano previsionale che, da una parte, tenga conto di un orizzonte temporale ampio e di lunga

durata, e dall’altra, permetta la realizzazione degli interventi di programmazione e la verifica della propria

efficienza in relazione alle esigenze che vuole soddisfare.

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