PEPPINO IMPASTATO - WordPress.comin un carcere del New Jersey (Usa), dove era rinchiuso dal 1984. g....

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PEPPINO IMPASTATO QUANDO: 9 maggio 1978. DOVE: a Cinisi (Palermo), sulla linea ferrata Palermo-Trapani. VITTIMA: Giuseppe “Peppino” Impastato, 30 anni, proviene da una famiglia legata alla criminalità organizzata; il padre Luigi è stato confinato durante il fascismo, lo zio e altri parenti sono mafiosi, il cognato del padre era il boss Cesare Manzella, ucciso con una Giulietta al tritolo nel 1963. Il corpo di Peppino, adagiato sui binari, viene fatto esplodere con una carica di tritolo. MOVENTE: non è suicidio, come forze dell’ordine e magistratura tentano di dimostrare. Impastato, ancora ragazzo, rompe col padre e se ne va di casa. Avvia un’attività politico-culturale antimafiosa. Lotta coi contadini espropriati delle terre per l’ampliamento dell’aeroporto di Punta Raisi; nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura; l’anno dopo apre Radio Aut, per denunciare gli affari di Cosa nostra e in particolare quelli del boss Tano Badalamenti. Nel 1978, è candidato alle comunali, nelle liste di Democrazia proletaria. Viene sequestrato e ucciso, prima delle elezioni. IL CASO È: chiuso. Anche grazie al fratello Giovanni e alla madre Felicia Bortolotta Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto. Nel 2002 Badalamenti è condannato all’ergastolo; l’anno prima il suo vice, Vito Palazzolo, ha ricevuto una condanna a 30 anni di carcere. Don Tano muore nel 2004 in un carcere del New Jersey (Usa), dove era rinchiuso dal 1984.

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PEPPINO IMPASTATO

QUANDO: 9 maggio 1978.

DOVE: a Cinisi (Palermo), sulla lineaferrata Palermo-Trapani.

VITTIMA: Giuseppe “Peppino” Impastato,30 anni, proviene da una famiglia legataalla criminalità organizzata; il padreLuigi è stato confinato durante ilfascismo, lo zio e altri parenti sonomafiosi, il cognato del padre era il bossCesare Manzella, ucciso con una Giuliettaal tritolo nel 1963. Il corpo di Peppino,adagiato sui binari, viene fattoesplodere con una carica di tritolo.

MOVENTE: non è suicidio, come forzedell’ordine e magistratura tentano didimostrare. Impastato, ancora ragazzo,rompe col padre e se ne va di casa. Avvia un’attività politico-culturaleantimafiosa. Lotta coi contadiniespropriati delle terre per l’ampliamentodell’aeroporto di Punta Raisi; nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura; l’anno dopo apre Radio Aut, per denunciare gli affari di Cosanostra e in particolare quelli del boss Tano Badalamenti. Nel 1978, è candidato alle comunali, nelle liste diDemocrazia proletaria. Viene sequestratoe ucciso, prima delle elezioni.

IL CASO È: chiuso. Anche grazie al fratelloGiovanni e alla madre FeliciaBortolotta Impastato, viene individuatala matrice mafiosa del delitto. Nel 2002 Badalamenti è condannatoall’ergastolo; l’anno prima il suo vice,Vito Palazzolo, ha ricevuto una condanna a 30 anni di carcere. Don Tano muore nel 2004 in un carcere del New Jersey (Usa), dove era rinchiuso dal 1984.

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PEPPINO IMPASTATO

QUANDO: 9 maggio 1978.

DOVE: a Cinisi (Palermo), sulla lineaferrata Palermo-Trapani.

VITTIMA: Giuseppe “Peppino” Impastato,30 anni, proviene da una famiglia legataalla criminalità organizzata; il padreLuigi è stato confinato durante ilfascismo, lo zio e altri parenti sonomafiosi, il cognato del padre era il bossCesare Manzella, ucciso con una Giuliettaal tritolo nel 1963. Il corpo di Peppino,adagiato sui binari, viene fattoesplodere con una carica di tritolo.

MOVENTE: non è suicidio, come forzedell’ordine e magistratura tentano didimostrare. Impastato, ancora ragazzo,rompe col padre e se ne va di casa. Avvia un’attività politico-culturaleantimafiosa. Lotta coi contadiniespropriati delle terre per l’ampliamentodell’aeroporto di Punta Raisi; nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura; l’anno dopo apre Radio Aut, per denunciare gli affari di Cosanostra e in particolare quelli del boss Tano Badalamenti. Nel 1978, è candidato alle comunali, nelle liste diDemocrazia proletaria. Viene sequestratoe ucciso, prima delle elezioni.

IL CASO È: chiuso. Anche grazie al fratelloGiovanni e alla madre FeliciaBortolotta Impastato, viene individuatala matrice mafiosa del delitto. Nel 2002 Badalamenti è condannatoall’ergastolo; l’anno prima il suo vice,Vito Palazzolo, ha ricevuto una condanna a 30 anni di carcere. Don Tano muore nel 2004 in un carcere del New Jersey (Usa), dove era rinchiuso dal 1984.

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Non toccate Tano Seduto

di Tiziano Marelli - L’Europeo 2006 n. 4

Festa di paese a Cinisi(Palermo) all’iniziodegli anni Cinquanta.Il primo bambino, dasinistra, è GiuseppeImpastato, con il papà,Luigi. Al centro, con gliocchiali scuri, c’è ilboss mafioso Gaetano(Tano) Badalamenti.

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Non toccate Tano Seduto

di Tiziano Marelli - L’Europeo 2006 n. 4

Festa di paese a Cinisi(Palermo) all’iniziodegli anni Cinquanta.Il primo bambino, dasinistra, è GiuseppeImpastato, con il papà,Luigi. Al centro, con gliocchiali scuri, c’è ilboss mafioso Gaetano(Tano) Badalamenti.

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chiudere subito un’antipatica partita giudi-ziaria, iniziata appena poco prima del ritro-vamento di un altro cadavere eccellente,quello di Aldo Moro all’interno di una Re-nault rossa: successe il pomeriggio dellostesso giorno, in via Caetani a Roma. Acca-dimento, quest’ultimo, di impatto scon-volgente per la storia della nostra Repubbli-ca, e capace nell’immediato di relegare insecondo piano, per tanto e troppo tempo,un omicidio di mafia camuffato da attenta-to maldestro, in cui la vittima “deve essere”per forza anche l’esecutore.

UN CONTESTO TUTTO MAFIOSOPersonaggio e interpreti di una trama che,

del resto, ha ben saputo comunicare il regi-sta Marco Tullio Giordana, nel 2000, gra-zie a uno splendido film, protagonista unesordiente Luigi Lo Cascio: per chi cono-sceva Peppino, la scelta dell’attore risulteràazzeccata anche per l’impressionante somi-glianza fisica fra i due. Il titolo della pellico-la è quello della distanza che intercorre fra lacasa della famiglia Impastato e quella delboss Gaetano (Tano) Badalamenti: sol-tanto “cento passi”. Una distanza minimaper il padre di Peppino, Luigi; inconcepibi-

le invece per uno come il figlio che avrebbevoluto frapporre tutta la distanza possibilefra sé e quel mondo di omertà rappresenta-to dal boss. La famiglia – ci sono anche lamamma Felicia (che diventerà un’iconadella lotta per la verità sulla morte del figlio)e il fratello Giovanni – respira mafia a pienipolmoni, da generazioni.

Mafioso di piccolo cabotaggio il padre(piccolo commerciante); mafioso di grossocalibro invece lo zio Cesare Manzella (perquesto al confino durante il fascismo, e poisaltato in aria nel 1963 per lo scoppio diun’autobomba); mafioso praticamente tut-to il contesto d’attorno, centrato sulla figuradi Badalamenti, criminale che assurgerà alruolo di boss della zona (lo dichiarerà annidopo Tommaso Buscetta a Giovanni Fal-cone) proprio in quel periodo. Destinato,quindi, quasi “naturalmente” a essere uomod’onore anche lui, Peppino invece si ribellaappena raggiunge l’età della ragione. E lo fanella maniera che secondo quei codici è for-se considerata la peggiore: diventando co-munista e militando nei gruppi della sinistraextraparlamentare. Naturalmente ribelle,negli atteggiamenti e nel look, Peppino si ri-vela ben presto un grande animatore, in unazona dove solo questo è sufficiente a susci-tare sospetti. Fonda un circolo, Musica ecultura, dove si proiettano film, si tengonoconcerti e si organizzano dibattiti; con l’av-vento delle radio libere (siamo all’inizio del1976, ha appena 28 anni) si mette a com-battere via etere contro tutto il sistema cheregola la vita di quella parte di Sicilia, a Ci-nisi, paesone stretto fra Palermo e l’aero-porto di Punta Raisi. Uno dei cavalli di bat-taglia della sua Radio Aut sarà proprio quel-lo contro la costruzione della terza pista del-

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“Verso le ore 0,30-1,00del 9 maggio 1978,persona allo statoignota, presumibil-mente identificantesi

in tale Impastato Giuseppe, si recava abordo della propria autovettura Fiat 850 al-l’altezza del Km 30-180 della strada ferrataTrapani-Palermo, per ivi collocare un ordi-gno dinamitardo che, esplodendo, dilania-va lo stesso attentatore”. Al di là del tono bu-rocratico-inquisitorio, quelle appena ripor-tate sembrano le certezze di un’inchiesta giàconclusa. La sicumera con cui sono vergatequeste poche righe, invece, è frutto delle“conclusioni” a cui è velocissimamentegiunto – con l’ausilio delle indagini dei ca-rabinieri giunti sul posto – il procuratore ag-giunto Gaetano Martorana, solo poche oredopo l’episodio in questione, la mattina dimartedì 9 maggio 1978. E corrispondonoper intero al testo del fonogramma inviatosul caso al procuratore generale di Palermo,accompagnate dal titolo: “Attentato alla si-curezza dei trasporti mediante esplosionedinamitarda”. Rappresentano anche il ten-tativo di archiviare subito il caso di “tale Im-pastato Giuseppe”. Un “tale” che invece tut-ti chiamavano Peppino: gli amici e i com-pagni di fede politica che lo conoscevano etutti quelli che impareranno a conoscerloda quel giorno. Fu vittima prima della ma-fia poi di uno Stato interessato a tentare di

Nonostante venisse da una famiglia legata alla mafia, sinda ragazzo non aveva avuto remore nel denunciare Cosanostra e il boss Tano Badalamenti. Punizione: PeppinoImpastato fu fatto saltare in aria. I carabinieri provaronoa celare la traccia mafiosa. Vent’anni dopo, grazie allabattaglia della madre e del fratello, è stata fatta giustizia

PEPPINO IMPASTATO

Naturalmente ribelle, negli atteggiamenti e nel vestire,Peppino si rivela ben presto un grande animatore, in unazona dove solo questo è sufficiente a suscitare sospetti

Peppino Impastato(il primo da destra),

davanti a uno dei pannelli della

mostra Mafia eterritorio, nella qualeil fondatore di Radio

Aut denunciava lespeculazioni edilizie

realizzate da Cosa nostra.

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chiudere subito un’antipatica partita giudi-ziaria, iniziata appena poco prima del ritro-vamento di un altro cadavere eccellente,quello di Aldo Moro all’interno di una Re-nault rossa: successe il pomeriggio dellostesso giorno, in via Caetani a Roma. Acca-dimento, quest’ultimo, di impatto scon-volgente per la storia della nostra Repubbli-ca, e capace nell’immediato di relegare insecondo piano, per tanto e troppo tempo,un omicidio di mafia camuffato da attenta-to maldestro, in cui la vittima “deve essere”per forza anche l’esecutore.

UN CONTESTO TUTTO MAFIOSOPersonaggio e interpreti di una trama che,

del resto, ha ben saputo comunicare il regi-sta Marco Tullio Giordana, nel 2000, gra-zie a uno splendido film, protagonista unesordiente Luigi Lo Cascio: per chi cono-sceva Peppino, la scelta dell’attore risulteràazzeccata anche per l’impressionante somi-glianza fisica fra i due. Il titolo della pellico-la è quello della distanza che intercorre fra lacasa della famiglia Impastato e quella delboss Gaetano (Tano) Badalamenti: sol-tanto “cento passi”. Una distanza minimaper il padre di Peppino, Luigi; inconcepibi-

le invece per uno come il figlio che avrebbevoluto frapporre tutta la distanza possibilefra sé e quel mondo di omertà rappresenta-to dal boss. La famiglia – ci sono anche lamamma Felicia (che diventerà un’iconadella lotta per la verità sulla morte del figlio)e il fratello Giovanni – respira mafia a pienipolmoni, da generazioni.

Mafioso di piccolo cabotaggio il padre(piccolo commerciante); mafioso di grossocalibro invece lo zio Cesare Manzella (perquesto al confino durante il fascismo, e poisaltato in aria nel 1963 per lo scoppio diun’autobomba); mafioso praticamente tut-to il contesto d’attorno, centrato sulla figuradi Badalamenti, criminale che assurgerà alruolo di boss della zona (lo dichiarerà annidopo Tommaso Buscetta a Giovanni Fal-cone) proprio in quel periodo. Destinato,quindi, quasi “naturalmente” a essere uomod’onore anche lui, Peppino invece si ribellaappena raggiunge l’età della ragione. E lo fanella maniera che secondo quei codici è for-se considerata la peggiore: diventando co-munista e militando nei gruppi della sinistraextraparlamentare. Naturalmente ribelle,negli atteggiamenti e nel look, Peppino si ri-vela ben presto un grande animatore, in unazona dove solo questo è sufficiente a susci-tare sospetti. Fonda un circolo, Musica ecultura, dove si proiettano film, si tengonoconcerti e si organizzano dibattiti; con l’av-vento delle radio libere (siamo all’inizio del1976, ha appena 28 anni) si mette a com-battere via etere contro tutto il sistema cheregola la vita di quella parte di Sicilia, a Ci-nisi, paesone stretto fra Palermo e l’aero-porto di Punta Raisi. Uno dei cavalli di bat-taglia della sua Radio Aut sarà proprio quel-lo contro la costruzione della terza pista del-

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“Verso le ore 0,30-1,00del 9 maggio 1978,persona allo statoignota, presumibil-mente identificantesi

in tale Impastato Giuseppe, si recava abordo della propria autovettura Fiat 850 al-l’altezza del Km 30-180 della strada ferrataTrapani-Palermo, per ivi collocare un ordi-gno dinamitardo che, esplodendo, dilania-va lo stesso attentatore”. Al di là del tono bu-rocratico-inquisitorio, quelle appena ripor-tate sembrano le certezze di un’inchiesta giàconclusa. La sicumera con cui sono vergatequeste poche righe, invece, è frutto delle“conclusioni” a cui è velocissimamentegiunto – con l’ausilio delle indagini dei ca-rabinieri giunti sul posto – il procuratore ag-giunto Gaetano Martorana, solo poche oredopo l’episodio in questione, la mattina dimartedì 9 maggio 1978. E corrispondonoper intero al testo del fonogramma inviatosul caso al procuratore generale di Palermo,accompagnate dal titolo: “Attentato alla si-curezza dei trasporti mediante esplosionedinamitarda”. Rappresentano anche il ten-tativo di archiviare subito il caso di “tale Im-pastato Giuseppe”. Un “tale” che invece tut-ti chiamavano Peppino: gli amici e i com-pagni di fede politica che lo conoscevano etutti quelli che impareranno a conoscerloda quel giorno. Fu vittima prima della ma-fia poi di uno Stato interessato a tentare di

Nonostante venisse da una famiglia legata alla mafia, sinda ragazzo non aveva avuto remore nel denunciare Cosanostra e il boss Tano Badalamenti. Punizione: PeppinoImpastato fu fatto saltare in aria. I carabinieri provaronoa celare la traccia mafiosa. Vent’anni dopo, grazie allabattaglia della madre e del fratello, è stata fatta giustizia

PEPPINO IMPASTATO

Naturalmente ribelle, negli atteggiamenti e nel vestire,Peppino si rivela ben presto un grande animatore, in unazona dove solo questo è sufficiente a suscitare sospetti

Peppino Impastato(il primo da destra),

davanti a uno dei pannelli della

mostra Mafia eterritorio, nella qualeil fondatore di Radio

Aut denunciava lespeculazioni edilizie

realizzate da Cosa nostra.

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Prima era la strada del TeatroStabile di Catania, poi è diventatavia Giuseppe Fava, il giornalista,scrittore, scenografo, pittore,drammaturgo, saggista nato aPalazzolo Acreide (Ct) che propriolì, il 5 gennaio 1985, venne uccisodagli uomini della cosca di NittoSantapaola, superboss della mafialocale, insieme con Alfio Ferlito.Pippo, a 59 anni, nel 1984, fondò ediresse I siciliani, un giornale che

faceva nomi e cognomi dei mafiosie descriveva gli intrecci tra Cosanostra e Stato. Fu ucciso perquesto: la Cassazione nel 2003 ha condannato all’ergastolo il mandante Nitto Santapaola e suo nipote Aldo Ercolano, cheaveva organizzato l’omicidio. Pena di nove anni con il rito alternativodi patteggiamento, invece, per il pentito Maurizio Avola, chesparò, ma collaborò alle indagini.

i due paesi, e lui trascinato da più personenel casolare poco distante dal punto in cui ilcorpo è stato trovato dilaniato. Qui, proba-bilmente, è stato ucciso per essere poi diste-so sui binari e fatto letteralmente a pezzi daltritolo. All’1.40 di quella notte, il macchini-sta del treno Trapani-Palermo, GaetanoSdegno, all’altezza della località Feudo – interritorio di Cinisi – avverte un forte scosso-ne; ferma subito la locomotiva e scende aosservare il binario, scoprendo che è tran-ciato. A quel punto avverte il dirigente dellastazione ferroviaria che a sua volta avvisa altelefono i carabinieri; quando questi arriva-no sul posto si accorgono immediatamenteche la linea è divelta per un tratto di circamezzo metro e che nel raggio di altri 300 so-no sparsi resti umani.

Immediatamente cominciano quelli chegli animatori del futuro Centro di docu-mentazione Peppino Impastato chiame-ranno, senza nessun giro di parole, depi-staggi. Vediamone alcuni. I resti umani ven-gono immediatamente raccolti in un saccodi plastica e portati via. Le tracce di sanguecancellate. I binari subito riparati e ripristi-nati. All’interno della macchina di Peppino,distante un centinaio di metri, morsetti diun cavo lungo solo 20 metri attaccati allabatteria diventano “prova principe” dell’i-deazione ed esecuzione dell’attentato, as-sieme a un biglietto (solo due righe, scritteanni prima: “Voglio abbandonare la politicae la vita…”) trovato nella perquisizione ef-fettuata nella casa materna in cui Peppino,sempre secondo i carabinieri, manifesta“chiari propositi suicidi”. Una pietra insan-guinata trovata nel casolare vicino – fraquelle mura sono visibili anche tracce disangue, ma non sono prese in considera-

l’aerostazione, eventualità appetita natural-mente dalle cosche, per ragioni di appalti edi possibile ulteriore smistamento dei cari-chi di stupefacenti spediti dai “fratelli” dellefamiglie americane. Le sue trasmissioni ra-diofoniche, caratterizzate da un palinsestotutto votato alla controinformazione, noncessano praticamente mai di picchiare du-ro sui personaggi malavitosi del luogo, arri-vando addirittura a osare l’inosabile: la pre-sa per i fondelli tout court – il “contenitorequotidiano” (così diremmo oggi) da lui ge-stito si chiama “Onda Pazza” – di Badala-menti, che nelle sue vere e proprie jam ses-sion al microfono Peppino chiama “TanoSeduto”, senza preoccuparsi di celare l’iden-tità del protagonista dei suoi attacchi e ditutti i suoi più stretti accoliti.

In breve tempo il padre lo caccia di casa eil paese gli fa terra bruciata intorno; vicini glirestano la madre, il fratello e gli amici ecompagni della nuova sinistra, che sono an-che quelli che gravitano intorno alla radio.Poco tempo prima del suo assassinio muo-re anche il padre, appena tornato da unviaggio negli Stati Uniti dove avrebbe tenta-to di salvargli la vita incontrando affiliati del-la mafia in grado di intercedere per lui: ave-va capito che il destino di Peppino era se-gnato. Ma a Luigi Impastato capita qualco-sa di strano: viene investito, di notte, da

un’auto pirata che si dilegua. Nessuno ha vi-sto nulla. Intanto, al culmine del suo impe-gno sociale, Peppino si è presentato candi-dato alle elezioni comunali di Cinisi nelle fi-le di Democrazia proletaria; viene ancheeletto, ma “alla memoria”. La consultazioneè fissata per il 14 maggio, la domenica suc-cessiva alla scoperta del suo corpo dilania-to. Prende 260 preferenze “post-mortem” eil suo partito il 6%: un exploit per la zona,analogo a quello registrato dalla Democra-zia cristiana di Cinisi, che raggiunge il suomassimo storico e sfiora la maggioranza as-soluta con il 49% dei consensi.

SUBITO I DEPISTAGGILa sera di quel martedì 9 maggio 1978, al-

l’uscita dalla radio Peppino saluta gli amicie dice loro che deve andare a Terrasini, uncentro poco lontano da Cinisi. Da quel mo-mento di lui si perdono completamente letracce, nessuno sa più nulla. Le indagininon sono riuscite a ricostruire l’esatta dina-mica dei fatti: sono mancate, del tutto, le te-stimonianze dirette. Quello che si presumeè che l’auto di Peppino sia stata bloccata fra

Peppino scompare la sera del 9 maggio 1978. Le indagininon sono riuscite a ricostruire l’esatta dinamica dei fatti:sono mancate del tutto le testimonianze dirette

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PEPPINO IMPASTATO

1 giugno 1977 – Vittorio Bruno, vicedirettore del SecoloXIX, è il primo di 12 giornalisti “gambizzati”nel corso del mese di giugno. Tra gli altri, vengonocolpiti Indro Montanelli (nella foto), del Giornale Nuovo,ed Emilio Rossi, direttore del Tg3. Gli attentati sono rivendicati dalle Br del gruppo Walter Alasia.

GIUSEPPE FAVA, L’INTELLETTUALE SENZA PAURA

Nella foto sopra, al centro, Impastato mentre legge un foglio, assieme ad alcuni giovani del circolo Che Guevara, che raccoglieva i militanti dei movimenti di sinistra.In basso, a destra, i funerali di Peppino, sequestrato e ucciso il 9 maggio 1978. Dietro la bara, da destra: la zia Fara, il fratello Giovanni, la madre Felicia e FelicettaVitale, moglie di Giovanni. A sinistra, don Tano Badalamenti, ai ferri. Il boss di Cinisi, morto nel 2004, venne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Impastato.

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Prima era la strada del TeatroStabile di Catania, poi è diventatavia Giuseppe Fava, il giornalista,scrittore, scenografo, pittore,drammaturgo, saggista nato aPalazzolo Acreide (Ct) che propriolì, il 5 gennaio 1985, venne uccisodagli uomini della cosca di NittoSantapaola, superboss della mafialocale, insieme con Alfio Ferlito.Pippo, a 59 anni, nel 1984, fondò ediresse I siciliani, un giornale che

faceva nomi e cognomi dei mafiosie descriveva gli intrecci tra Cosanostra e Stato. Fu ucciso perquesto: la Cassazione nel 2003 ha condannato all’ergastolo il mandante Nitto Santapaola e suo nipote Aldo Ercolano, cheaveva organizzato l’omicidio. Pena di nove anni con il rito alternativodi patteggiamento, invece, per il pentito Maurizio Avola, chesparò, ma collaborò alle indagini.

i due paesi, e lui trascinato da più personenel casolare poco distante dal punto in cui ilcorpo è stato trovato dilaniato. Qui, proba-bilmente, è stato ucciso per essere poi diste-so sui binari e fatto letteralmente a pezzi daltritolo. All’1.40 di quella notte, il macchini-sta del treno Trapani-Palermo, GaetanoSdegno, all’altezza della località Feudo – interritorio di Cinisi – avverte un forte scosso-ne; ferma subito la locomotiva e scende aosservare il binario, scoprendo che è tran-ciato. A quel punto avverte il dirigente dellastazione ferroviaria che a sua volta avvisa altelefono i carabinieri; quando questi arriva-no sul posto si accorgono immediatamenteche la linea è divelta per un tratto di circamezzo metro e che nel raggio di altri 300 so-no sparsi resti umani.

Immediatamente cominciano quelli chegli animatori del futuro Centro di docu-mentazione Peppino Impastato chiame-ranno, senza nessun giro di parole, depi-staggi. Vediamone alcuni. I resti umani ven-gono immediatamente raccolti in un saccodi plastica e portati via. Le tracce di sanguecancellate. I binari subito riparati e ripristi-nati. All’interno della macchina di Peppino,distante un centinaio di metri, morsetti diun cavo lungo solo 20 metri attaccati allabatteria diventano “prova principe” dell’i-deazione ed esecuzione dell’attentato, as-sieme a un biglietto (solo due righe, scritteanni prima: “Voglio abbandonare la politicae la vita…”) trovato nella perquisizione ef-fettuata nella casa materna in cui Peppino,sempre secondo i carabinieri, manifesta“chiari propositi suicidi”. Una pietra insan-guinata trovata nel casolare vicino – fraquelle mura sono visibili anche tracce disangue, ma non sono prese in considera-

l’aerostazione, eventualità appetita natural-mente dalle cosche, per ragioni di appalti edi possibile ulteriore smistamento dei cari-chi di stupefacenti spediti dai “fratelli” dellefamiglie americane. Le sue trasmissioni ra-diofoniche, caratterizzate da un palinsestotutto votato alla controinformazione, noncessano praticamente mai di picchiare du-ro sui personaggi malavitosi del luogo, arri-vando addirittura a osare l’inosabile: la pre-sa per i fondelli tout court – il “contenitorequotidiano” (così diremmo oggi) da lui ge-stito si chiama “Onda Pazza” – di Badala-menti, che nelle sue vere e proprie jam ses-sion al microfono Peppino chiama “TanoSeduto”, senza preoccuparsi di celare l’iden-tità del protagonista dei suoi attacchi e ditutti i suoi più stretti accoliti.

In breve tempo il padre lo caccia di casa eil paese gli fa terra bruciata intorno; vicini glirestano la madre, il fratello e gli amici ecompagni della nuova sinistra, che sono an-che quelli che gravitano intorno alla radio.Poco tempo prima del suo assassinio muo-re anche il padre, appena tornato da unviaggio negli Stati Uniti dove avrebbe tenta-to di salvargli la vita incontrando affiliati del-la mafia in grado di intercedere per lui: ave-va capito che il destino di Peppino era se-gnato. Ma a Luigi Impastato capita qualco-sa di strano: viene investito, di notte, da

un’auto pirata che si dilegua. Nessuno ha vi-sto nulla. Intanto, al culmine del suo impe-gno sociale, Peppino si è presentato candi-dato alle elezioni comunali di Cinisi nelle fi-le di Democrazia proletaria; viene ancheeletto, ma “alla memoria”. La consultazioneè fissata per il 14 maggio, la domenica suc-cessiva alla scoperta del suo corpo dilania-to. Prende 260 preferenze “post-mortem” eil suo partito il 6%: un exploit per la zona,analogo a quello registrato dalla Democra-zia cristiana di Cinisi, che raggiunge il suomassimo storico e sfiora la maggioranza as-soluta con il 49% dei consensi.

SUBITO I DEPISTAGGILa sera di quel martedì 9 maggio 1978, al-

l’uscita dalla radio Peppino saluta gli amicie dice loro che deve andare a Terrasini, uncentro poco lontano da Cinisi. Da quel mo-mento di lui si perdono completamente letracce, nessuno sa più nulla. Le indagininon sono riuscite a ricostruire l’esatta dina-mica dei fatti: sono mancate, del tutto, le te-stimonianze dirette. Quello che si presumeè che l’auto di Peppino sia stata bloccata fra

Peppino scompare la sera del 9 maggio 1978. Le indagininon sono riuscite a ricostruire l’esatta dinamica dei fatti:sono mancate del tutto le testimonianze dirette

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PEPPINO IMPASTATO

1 giugno 1977 – Vittorio Bruno, vicedirettore del SecoloXIX, è il primo di 12 giornalisti “gambizzati”nel corso del mese di giugno. Tra gli altri, vengonocolpiti Indro Montanelli (nella foto), del Giornale Nuovo,ed Emilio Rossi, direttore del Tg3. Gli attentati sono rivendicati dalle Br del gruppo Walter Alasia.

GIUSEPPE FAVA, L’INTELLETTUALE SENZA PAURA

Nella foto sopra, al centro, Impastato mentre legge un foglio, assieme ad alcuni giovani del circolo Che Guevara, che raccoglieva i militanti dei movimenti di sinistra.In basso, a destra, i funerali di Peppino, sequestrato e ucciso il 9 maggio 1978. Dietro la bara, da destra: la zia Fara, il fratello Giovanni, la madre Felicia e FelicettaVitale, moglie di Giovanni. A sinistra, don Tano Badalamenti, ai ferri. Il boss di Cinisi, morto nel 2004, venne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Impastato.

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Page 9: PEPPINO IMPASTATO - WordPress.comin un carcere del New Jersey (Usa), dove era rinchiuso dal 1984. g. Non toccate Tano Seduto di Tiziano Marelli - L Europeo 2006 n. 4 Festa di paese

lo. È, finalmente, la mossa vincente: Palaz-zolo parla e indica in Badalamenti il man-dante dell’omicidio. L’udienza preliminarecontro quello che viene indicato come unodegli esecutori, Vito Palazzolo (parente delpentito), si apre il 10 marzo 1999, mentre laposizione di Badalamenti viene stralciata.Vito Palazzolo è riconosciuto colpevole del-l’omicidio e condannato, il 5 marzo 2001, a30 anni di prigione. Tano Badalamenti, l’11aprile del 2002, viene condannato all’erga-stolo come mandante; nella motivazionedella sentenza si legge: “Grazie alle dichia-razioni dei collaboratori, non solo si è potu-to restringere il cerchio della responsabilitàalla cosca di Cinisi, ma anche è rimasto ac-certato che Badalamenti Gaetano, avvalen-dosi delle prerogative di capo di detta fami-glia, decise l’omicidio e la sua esecuzionecon quelle particolari modalità, essendo ilmaggiore interessato sia all’eliminazionedel Giuseppe Impastato, che alla successivamessa in scena dell’attentato; cosicché ilcomposito quadro indiziario, per la sua gra-vità, precisione e univocità, impedisce ognialtra lettura alternativa”.

Solo due anni dopo, il 29 aprile 2004, “Ta-no Seduto” morirà in un carcere di massimasicurezza Usa: formalmente non ha sconta-to un solo giorno di prigione per l’assassiniocommesso al suo compaesano di Cinisi. Po-co tempo dopo muore anche Felicia Barto-lotta Impastato, il 7 dicembre, a 88 anni. Neha passati 24 anni e mezzo a combattereperché si arrivasse alla verità sulla morte delsuo Peppino. Nel maggio 1989, al funerale diquesta “mamma coraggio” partecipanobuona parte di Cinisi, una fetta della Siciliasana e migliaia di persone da ogni parte d’I-talia. Nell’occasione, sulla facciata della casaviene collocata una lapide mai più rimossa:“A Giuseppe Impastato, assassinato dallamafia il 9 maggio 1978. Il Centro Impastatoricorda il suo contributo di idee e di espe-rienze nella lotta contro il dominio mafioso”.

zione – e consegnata dagli amici di Impa-stato agli inquirenti sparirà immediatamen-te, senza mai più essere ritrovata. Il metodomafioso classico per eccellenza, in occasio-ne di un omicidio, contempla la sparizionedel corpo, ma il periodo storico-politico fa-vorisce una messinscena quasi raffinata perCosa nostra: le Brigate rosse imperversano,Peppino è comunista, il rapimento Moro èin pieno svolgimento. Inscenare un attenta-to che costa la vita all’esecutore serve a farpassare la tesi dell’azione terroristica e in-fangare la memoria di un paesano scomo-do e irriverente, non concedendogli nem-meno quella sorta di “onore delle armi” –l’omicidio di stampo mafioso – che viene ri-servato ai nemici “regolari”. In più, l’avverti-mento è chiaro, per chi lo deve intendere.

LA STRADA PER LA VERITÀIn effetti molti capiscono subito come

possano essere andate le cose e, a differen-za di quanto pensavano Tano & compari,cominciano anche a dirlo. All’inizio piano,poi sempre più forte, anche quando le in-dagini vanno avanti a senso unico. Negli an-ni, nei tanti anni a venire, saranno diversi icolpi di scena. Il primo è pochi giorni dopol’omicidio, il 16 maggio, quando mammaFelicia e il fratello presentano un espostocontro ignoti per l’assassinio di Giuseppe.Sembra un gesto scontato, ma non è così, èmolto di più: la prova di una rottura pubbli-ca con il mondo omertoso della mafia. Il 6novembre di quell’anno la prima svolta: lamagistratura non crede alle tesi dei carabi-nieri, e il sostituto procuratore trasmette gliatti all’Ufficio istruzione di Palermo, che facapo a Rocco Chinnici, per aprire un pro-cedimento per omicidio premeditato. Ci

vogliono sei anni di indagini (nel frattempoChinnici è ucciso dalla mafia) perché – è il1984 – venga emessa una sentenza checambia per il corso di questa storia: nellemotivazioni viene riconosciuta la matricemafiosa dell’assassinio, attribuito però aignoti. La firma in calce al provvedimento èquella di Antonino Caponnetto. I primi amettere nero su bianco il nome di Badala-menti sono gli animatori del Centro Impa-stato, sostenuti dalla madre: succede con lapubblicazione del dossier Notissimi ignoti,nel 1986. A quel punto Giovanni Falconeprende l’aereo e va a interrogare il boss, re-cluso nelle carceri americane e condannatoa 45 anni per l’affare “Pizza Connection”:Badalamenti tace, ma dopo altri due anni sivede comunque recapitare una comunica-zione giudiziaria per l’assassinio di PeppinoImpastato. Sembra la via giusta, ma per farluce sull’episodio ci vorrà ancora tempo; sidovrà passare per un’altra archiviazione(succede nel 1992, quando il sostituto pro-curatore Ignazio De Francisci esclude laresponsabilità di Badalamenti e ipotizzaquella dei corleonesi suoi avversari), decinedi audizioni parlamentari della Commissio-ne antimafia e interpellanze di alcuni parla-mentari di Democrazia proletaria, GuidoPollice e Giovanni Russo Spena in testa. Èsoprattutto grazie a quest’ultimo se, nel2000, la Commissione antimafia – RussoSpena nell’occasione ne è il relatore – ap-prova all’unanimità la relazione sul “casoImpastato”, in cui si riconoscono le respon-sabilità di rappresentanti delle istituzioninel depistaggio delle indagini sul delitto.Passa altro tempo ed è ancora il Centro Im-pastato a chiedere formalmente che vengainterrogato un pentito, Salvatore Palazzo-

Il 16 maggio, la mamma Felicia, e il fratello di Peppino,Giovanni, presentano un esposto contro ignoti per il suoassassinio. È tutt’altro che un gesto scontato200

PEPPINO IMPASTATO

16 ottobre 1978 – Karol Wojtyla (nella foto) è elettoPapa col nome di Giovanni Paolo II. Polacco, giàarcivescovo di Cracovia, è il primo pontefice nonitaliano dopo 455 anni (da Adriano VI, fiammingo, mortonel 1523), il primo polacco in assoluto nella storiadella Chiesa, il 254esimo dell’elenco ufficiale.

Cinisi. La sede della radio fondata daImpastato, per denunciare gli affari

mafiosi di Badalamenti, sbeffeggiatocon l’appellativo di “Tano Seduto”.

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lo. È, finalmente, la mossa vincente: Palaz-zolo parla e indica in Badalamenti il man-dante dell’omicidio. L’udienza preliminarecontro quello che viene indicato come unodegli esecutori, Vito Palazzolo (parente delpentito), si apre il 10 marzo 1999, mentre laposizione di Badalamenti viene stralciata.Vito Palazzolo è riconosciuto colpevole del-l’omicidio e condannato, il 5 marzo 2001, a30 anni di prigione. Tano Badalamenti, l’11aprile del 2002, viene condannato all’erga-stolo come mandante; nella motivazionedella sentenza si legge: “Grazie alle dichia-razioni dei collaboratori, non solo si è potu-to restringere il cerchio della responsabilitàalla cosca di Cinisi, ma anche è rimasto ac-certato che Badalamenti Gaetano, avvalen-dosi delle prerogative di capo di detta fami-glia, decise l’omicidio e la sua esecuzionecon quelle particolari modalità, essendo ilmaggiore interessato sia all’eliminazionedel Giuseppe Impastato, che alla successivamessa in scena dell’attentato; cosicché ilcomposito quadro indiziario, per la sua gra-vità, precisione e univocità, impedisce ognialtra lettura alternativa”.

Solo due anni dopo, il 29 aprile 2004, “Ta-no Seduto” morirà in un carcere di massimasicurezza Usa: formalmente non ha sconta-to un solo giorno di prigione per l’assassiniocommesso al suo compaesano di Cinisi. Po-co tempo dopo muore anche Felicia Barto-lotta Impastato, il 7 dicembre, a 88 anni. Neha passati 24 anni e mezzo a combattereperché si arrivasse alla verità sulla morte delsuo Peppino. Nel maggio 1989, al funerale diquesta “mamma coraggio” partecipanobuona parte di Cinisi, una fetta della Siciliasana e migliaia di persone da ogni parte d’I-talia. Nell’occasione, sulla facciata della casaviene collocata una lapide mai più rimossa:“A Giuseppe Impastato, assassinato dallamafia il 9 maggio 1978. Il Centro Impastatoricorda il suo contributo di idee e di espe-rienze nella lotta contro il dominio mafioso”.

zione – e consegnata dagli amici di Impa-stato agli inquirenti sparirà immediatamen-te, senza mai più essere ritrovata. Il metodomafioso classico per eccellenza, in occasio-ne di un omicidio, contempla la sparizionedel corpo, ma il periodo storico-politico fa-vorisce una messinscena quasi raffinata perCosa nostra: le Brigate rosse imperversano,Peppino è comunista, il rapimento Moro èin pieno svolgimento. Inscenare un attenta-to che costa la vita all’esecutore serve a farpassare la tesi dell’azione terroristica e in-fangare la memoria di un paesano scomo-do e irriverente, non concedendogli nem-meno quella sorta di “onore delle armi” –l’omicidio di stampo mafioso – che viene ri-servato ai nemici “regolari”. In più, l’avverti-mento è chiaro, per chi lo deve intendere.

LA STRADA PER LA VERITÀIn effetti molti capiscono subito come

possano essere andate le cose e, a differen-za di quanto pensavano Tano & compari,cominciano anche a dirlo. All’inizio piano,poi sempre più forte, anche quando le in-dagini vanno avanti a senso unico. Negli an-ni, nei tanti anni a venire, saranno diversi icolpi di scena. Il primo è pochi giorni dopol’omicidio, il 16 maggio, quando mammaFelicia e il fratello presentano un espostocontro ignoti per l’assassinio di Giuseppe.Sembra un gesto scontato, ma non è così, èmolto di più: la prova di una rottura pubbli-ca con il mondo omertoso della mafia. Il 6novembre di quell’anno la prima svolta: lamagistratura non crede alle tesi dei carabi-nieri, e il sostituto procuratore trasmette gliatti all’Ufficio istruzione di Palermo, che facapo a Rocco Chinnici, per aprire un pro-cedimento per omicidio premeditato. Ci

vogliono sei anni di indagini (nel frattempoChinnici è ucciso dalla mafia) perché – è il1984 – venga emessa una sentenza checambia per il corso di questa storia: nellemotivazioni viene riconosciuta la matricemafiosa dell’assassinio, attribuito però aignoti. La firma in calce al provvedimento èquella di Antonino Caponnetto. I primi amettere nero su bianco il nome di Badala-menti sono gli animatori del Centro Impa-stato, sostenuti dalla madre: succede con lapubblicazione del dossier Notissimi ignoti,nel 1986. A quel punto Giovanni Falconeprende l’aereo e va a interrogare il boss, re-cluso nelle carceri americane e condannatoa 45 anni per l’affare “Pizza Connection”:Badalamenti tace, ma dopo altri due anni sivede comunque recapitare una comunica-zione giudiziaria per l’assassinio di PeppinoImpastato. Sembra la via giusta, ma per farluce sull’episodio ci vorrà ancora tempo; sidovrà passare per un’altra archiviazione(succede nel 1992, quando il sostituto pro-curatore Ignazio De Francisci esclude laresponsabilità di Badalamenti e ipotizzaquella dei corleonesi suoi avversari), decinedi audizioni parlamentari della Commissio-ne antimafia e interpellanze di alcuni parla-mentari di Democrazia proletaria, GuidoPollice e Giovanni Russo Spena in testa. Èsoprattutto grazie a quest’ultimo se, nel2000, la Commissione antimafia – RussoSpena nell’occasione ne è il relatore – ap-prova all’unanimità la relazione sul “casoImpastato”, in cui si riconoscono le respon-sabilità di rappresentanti delle istituzioninel depistaggio delle indagini sul delitto.Passa altro tempo ed è ancora il Centro Im-pastato a chiedere formalmente che vengainterrogato un pentito, Salvatore Palazzo-

Il 16 maggio, la mamma Felicia, e il fratello di Peppino,Giovanni, presentano un esposto contro ignoti per il suoassassinio. È tutt’altro che un gesto scontato200

PEPPINO IMPASTATO

16 ottobre 1978 – Karol Wojtyla (nella foto) è elettoPapa col nome di Giovanni Paolo II. Polacco, giàarcivescovo di Cracovia, è il primo pontefice nonitaliano dopo 455 anni (da Adriano VI, fiammingo, mortonel 1523), il primo polacco in assoluto nella storiadella Chiesa, il 254esimo dell’elenco ufficiale.

Cinisi. La sede della radio fondata daImpastato, per denunciare gli affari

mafiosi di Badalamenti, sbeffeggiatocon l’appellativo di “Tano Seduto”.

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