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PENSIERI INTORNO AI BES PROF.SSA ANTONELLA GIANNELLINI REFERENTE PROVINCIALE INCLUSIONE UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE AMBITO DI BERGAMO LALLIO 14 OTTOBRE 2019

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PENSIERI INTORNO AI BESPROF.SSA ANTONELLA GIANNELLINI

REFERENTE PROVINCIALE INCLUSIONE UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE AMBITO DI BERGAMO

LALLIO 14 OTTOBRE 2019

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PARLEREMO DI…

Dove nasce il termine BES

L’Educazione inclusiva

L’insegnante inclusivo

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I BESA Livello Internazionale

• Rapporto Warnock del 1978.

• Special Educational Needs and Disability Act del 2001

• ICF (International Classification of Functioning,

dell’Organizzazione Mondiale della Sanita 2002-2007)

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I BES A Livello nazionale

• L 5/02/1992 n°104 «Legge-quadro per

l’assistenza, l’integrazione sociale e i

diritti delle persone con handicap»

• L 8/10/2010 N. 170 «Nuove norme in

materia di disturbi specifici di

apprendimento in ambito scolastico» e

Linee Guida del 12/07/2011

• Dir. Min. 27/12/2012 (C.M. 8/2013)

«Strumenti d’intervento per alunni con

bisogni educativi speciali e

organizzazione per l’inclusione

scolastica territoriale»

• «La riuscita scolastica di tutti gli alunni,

nell’ambito della piena formazione della

persona umana e delle sue potenzialità, è

compito di una società democratica. La

dispersione e l’abbandono della scuola

comportano costi personali e sociali molto

gravi la Repubblica italiana vuol

garantire ad ognuno il pieno diritto

allo studio come diritto

all’educazione e alla riuscita

scolastica.»

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D’ALONZO SOSTIENE CHE…

Gli alunni sono sempre più

• Difficili• Tormentati• Fragili• Urlanti• Mancanza di LIMITI

Cosa fare?Una scuola capace e competente

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Il pericolo è che la scuola “si ritiridall’educativo…con insegnanti• che non investono nella relazione con gli alunni• che evitano la relazione con i colleghi• che si “defilano” dal coinvolgimento• che assumano un atteggiamento formale

burocratico• che non credono più nella bellezza dell’impegno

educativo

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Con insegnanti…che si allontanano dall’innovazione didattica rifugiandosi in una didattica “stantia”

• Lezioni frontali• La cattedra come “bastione”• Riti didattici inefficaci: interrogazioni nella prima parte della• lezione, lettura del testo nella seconda• Strane idee sull’insegnamento: l’apprendimento solo a casa e• non a scuola• Ciò che importa è solo il programma• I ragazzi con disabilità sono un problema non mio• Gli alunni con DSA sono una seccatura• Io sono pagato per insegnare e non per educare

Una scuola che annoia

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Il coraggio dell’innovazione didattica•Uscire dalla monotonia delle consuetudini•No ad una scuola noiosa con proposteformative di basso livello

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Howard Gardner

<Il più grande errore fatto nell'insegnamento nel passato è stato quello di trattare tutti i ragazzi come se essi fossero varianti di uno stesso individuo, e così sentirsi giustificati nell'insegnare loro lo stesso argomento nello stesso modo>.

H. Gardner in C.A. Tomlinson, The differentiated Classroom: responding to the needs of all learners, ASCD, Pearson education,NJ, 2005, p.9. 42

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PER CAMBIARE

Per cambiare dobbiamo percepire la necessità del cambiamento

(consapevolezza)

Per cambiare dobbiamo condividere il cambiamento (partecipazione)

Per cambiare dobbiamo comprenderne il beneficio (convenienza)

Paul Watzlawick, Jon H. Wekland, Richard Fisch: Change. Ed. Astrolabio

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DUE SISTEMI A CONFRONTO

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Cosa è cambiato nella sanità?

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COSA È CAMBIATO NELLA SCUOLA?

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OGGI…

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OGGI…

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MA …

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IL SISTEMA ORGANIZZATIVO INCLUSIVO

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L’EDUCAZIONE INCLUSIVAIncludere Significa

✓ Costruire identità a partire dalle fragilità (la fragilità al centro e non al

limite)

✓ la centralità della fragilità all’interno della convivenza .

✓ Insegnare che le fragilità sono “sopportabili”

✓ Costruire politiche a partire dal diritto del fragile

✓ Evitare la trappola degli specialismi che ci fanno prendere le distanze

attraverso la separazione (c’è un dovere del sapere)

✓ Coltivare i legami tra le parti

✓ Il “merito” è un debito nei confronti degli altri (se sei più bravo hai la

fortuna di poter fare qualcosa di più per gli altri )

prof. Ivo Lizzola

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L’EDUCAZIONE INCLUSIVACosa fa la differenza

Considerare l'inclusione scolastica elemento

costitutivo dell'identità di un istituto

✓ Condividendone il significato e il valori

✓ Non dare per scontato che la condivisione sia per sempre e non

vada invece rinnovata ogni volta che cambiano le persone (dirigente,

docenti, studenti, genitori, personale Ata)

✓ Presidiare che quanto dichiariamo nei documenti della scuola sia

agito quotidianamente in ogni ambito scolastico( classe, segreterie,

ufficio di dirigenza, aula docenti..)

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L’EDUCAZIONE INCLUSIVACosa fa la differenza

Considerare l’inclusione come dimensione che

riguarda direttamente tutti: studenti, docenti,

personale ATA, genitori

✓ Uscendo dalla logica dell’etichettamento

✓ Uscendo dalla convinzione che l’inclusione riguardi solo i

dirigenti e i docenti

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L’EDUCAZIONE INCLUSIVACosa fa la differenza

Saper rileggere il ruolo del docente e del dirigente in

chiave inclusiva

Sono richieste competenze che necessitano una formazione specifica per tutti

Il dirigente deve essere davvero il garante del processo formativo degli studenti

Il docente deve saper coniugare il diritto all’istruzione per tutti con il massimo

apprendimento possibile per ciascuno, attraverso l’intenzionalità educativa

Saper armonizzare l’anima pedagogica della scuola con

quella più squisitamente amministrativa

Significa ricercare soluzioni che sappiano tener dentro e non escludere di fronte

alla difficoltà normativa

C’è sempre una soluzione…

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L’INSEGNANTE INCLUSIVO

✓ Dare importanza alla relazione

✓ Personalizzare, individualizzare e differenziazione

✓ Non abbassare mai gli obiettivi di apprendimento, ma saperli modulare per ciascuno studente

✓ Lavorare sugli ambienti di apprendimento

✓ Attivare strategie didattiche efficaci per il

superamento degli ostacoli nell’apprendimento

✓ Scegliere strumenti efficaci per ciascuno studente

✓ Educare alla resilienza

✓ Adottare un’organizzazione flessibile✓ Sapersi raccordare con il territorio

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LA RELAZIONE EDUCATIVA

“non c’è apprendimento se non c’è relazione educativa”

“Essendo la persona il centro attorno a cui si costruisce, la relazione

porta al riconoscimento della comune umanità e della diversità individuale

e culturale, e quindi ad accogliere l’identità e la differenza…Nella scuola-

comunità si presta attenzione non solo ai risultati ottenuti, all’efficacia e

all’efficienza, ma principalmente alla qualità delle relazioni e pertanto si

praticano collaborazione, corresponsabilità, dialogo e rispetto

reciproco.”

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La base di una relazione che si definisce educativa è dunque costituita dalla: disponibilità ad uscire

dalla propria singolarità per incontrare l’altro in nome della comune umanità; accettazione della

diversità riconoscendola come valore inestimabile; com-prensione di tale differenza e messa in atto

di una ricerca continua di strategie e percorsi migliori, sostenuti dall’impegno e dalla passione per

aiutare gli allievi ad intraprendere il percorso verso la conquista della propria umanità. Per la

funzione docente sono perciò necessari un sapere pedagogico, metodologico-didattico,

culturale e relazionale, e competenze comunicative”.

Salvina Lipani è stata insegnante nella scuola primaria, attualmente insegna nella scuola dell’infanzia del 2° Circolo Didattico di San Cataldo (CL), dove svolge

anche la funzione strumentale di coordinamento delle attività di integrazione, recupero e potenziamento a favore degli alunni e di consulenza

psicopedagogica, effettuando un’azione di osservazione pedagogica degli alunni segnalati dai docenti e coordinando la produzione dei documenti degli alunni

diversamente abili. Si è laureata in Scienze dell’Educazione con una tesi sulla relazione educativa, presso l’Università di Enna “Kore”.

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QUINDI..

L’insegnante inclusivo deve essere capace di superare la tradizionale didattica

trasmissiva ( lezione frontale, libro di testo da studiare, interrogazioni individuali ecc.) e

orientarsi verso una pluralità di approcci diversificati, che tengano conto di molteplici

variabili quali: i tempi della lezione e della relazione, gli spazi, le modalità d’indagine sui

contenuti della conoscenza ( apprendimento significativo per scoperta ed elaborazione),

il rispetto dei diversi stili di apprendimento, l’utilizzo di diversi stili d’insegnamento, le

diverse tipologie di relazione e gli atteggiamenti dei docenti, i modi di aggregazione

degli alunni, i mezzi, gli strumenti e i mediatori didattici utilizzati.

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COME?

NO AD UNA PROGRAMMAZIONE

PER CIASCUN ALUNNO

MA…

ORGANIZZAZIONE DELLA

CLASSE, DELLA DIDATTICA E

DEGLI APPRENDIMENTI IN CUI

TUTTI POSSONO TROVARE UNO

SPAZIO DI ESPRESSIONE E

CONTRIBUIRE AL LAVORO

COMUNE, CON LE PROPRIE

CAPACITA’ E POSSIBILITA’

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Ambienti di apprendimento

ripensare la didattica…

Luogo

fisicoLuogo

virtuale

Spazio

mentale e

culturale

Spazio

organizzativo

Spazio

emotivo/relazionale

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PUNTI “FORTI”

Risorse umane:Disponibilità dei docenti

Interessi degli alunni

Struttura oraria: contemporaneità di discipline in uno stesso orario settimanale

PUNTI “DEBOLI”

Mancanza di risorse umane

Non disponibilità di riorganizzare l’attività didattica

“Problema Supplenze”

Per organizzare queste attività in modo inclusivo è necessario conoscere … Per organizzare queste attività in

modo inclusivo è necessario porre attenzione …

Apertura delle classi

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Una grande risorsa: la classe

«La strada per l’eliminazione delle disuguaglianze non si

fonda solo su una distribuzione più equa di risorse

economiche o di altro genere: occorre anche assicurarsi

che venga pienamente soddisfatta la richiesta di

riconoscimento e rispetto di cui è portatrice ogni persona

in quanto membro di un gruppo o di una minoranza.»

Taylor, filosofo canadese

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PROPONI UNO SCOPO MA CHE SIA GRANDE (DON MILANI)

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QUALE INCLUSIONE?

“Mi permetto di proporre alcune riflessioni in riferimento al dibattito in

corso nel mondo della scuola e degli ambienti pedagogici sulla

questione dei cosiddetti ‘bisogni educativi speciali’ che ha trovato una

sua esplicita formalizzazione nei documenti del Miur di dicembre 2012 e

marzo 2013. Considero la questione estremamente delicata e complessa

ma anche importante poiché è il riflesso di una concezione della scuola e

di una visione della gestione delle differenze in termini di

apprendimento, crescita individuale e collettiva. In sostanza ne va del

modello di società che vogliamo costruire formando le future

generazioni e quindi della nostra idea di democrazia…”

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QUALE INCLUSIONE?

…v’è il rischio di una identificazione rapida tra difficoltà di

apprendimento e disturbi specifici? Non v’è anche il rischio di

accentuare lo sguardo clinico-diagnostico a scapito dello sguardo

pedagogico che dovrebbe essere quello dell’insegnante?

Insomma la logica differenzialistica delle categorizzazioni

continue risponde effettivamente al riconoscimento delle

differenze?

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QUALE INCLUSIONE?

…Produrre esperienze di apprendimento mediato per favorire lo

sviluppo delle potenzialità di tutti gli alunni, appunto in una

prospettiva d’integrazione e/o d’inclusione. Ma sorge un dubbio: se il

concetto d’inclusione è strettamente connesso agli indirizzi proposti

sui cosiddetti Bes si muove nella direzione del differenzialismo, allora

cosa vuol dire includere? Un concetto chiave rimane quello di

adattamento funzionale. Quindi si tratta di adattare, per il bene

dell’alunno ‘Bes’ , di ‘normalizzare’, di ‘curare’. di ‘riparare’. Ma a

questo punto non si rischia di riprodurre le diseguaglianze che si

dichiara di volere combattere?

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QUALE INCLUSIONE

La gestione del gruppo classe e l’organizzazione degli

apprendimenti sono due aspetti fondamentali dell’attività

docente. La tendenza va sempre di più (lo si vede nella

formazione stessa del personale docente) nella direzione

delle procedure didattiche, della tecnologia didattica, dell’uso

degli strumenti; si sostituisce la didattica come processo vivo

(che implica la relazione complessa tra docente, alunni, metodi

, strumenti, comunità scolastica) con il didatticismo inteso

come procedura.

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QUALE INCLUSIONE

Interessante notare che la figura dell’alunno come soggetto

significante del processo d’insegnamento/apprendimento è

assente. Se è presente lo è solo come fonte di problema. Il

rischio è di vedere l’insegnante diventare un operatore della

diagnosi e della procedura tecnica per valutare la

performance dell’alunno in termini stretti d’istruzione (come

se istruzione e educazione non fossero interconnesse in

modo vivo nell’esperienza in classe).

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QUALE INCLUSIONE?

La pedagogia (quindi la formazione pedagogica dell’insegnante

che dovrebbe andare a caccia di risorse, capacità, potenzialità

e non di ‘comportamenti problema’) viene marginalizzata nella

cultura scolastica e colonizzata dallo sguardo di una certa

psicologia clinica. Non a caso i documenti ministeriali non

fanno praticamente mai riferimento alla lunga e ricca

esperienza delle pedagogie attive e dell’educazione nuova;

ancora meno di quelle prodotte dalla pedagogia speciale.

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QUALE INCLUSIONE?

…V’è bisogno del contributo degli insegnanti che ogni giorno attivano delle

esperienze pedagogiche e didattiche nelle loro classi, che ogni giorno

affrontano la complessità e le difficoltà del mestiere dell’insegnante in una

società sempre più atomizzata e individualistica. Gli alunni portano a scuola le

contraddizioni che vivono nelle loro famiglia e che produce una società che fa

di ognuno un consumatore-spettatore e non un soggetto responsabile

consapevole del legame tra individualità e comunità, tra diritti e doveri, tra

desideri personali e bene comune. Gli insegnanti vanno coinvolti non come

destinatari di indagini predisposte da pool di esperti, non come mere

esecutori di direttive ministeriali o di tecniche specializzate ma come

attori/autori in grado di produrre senso e di fornire, tramite la loro pratica,

proposte e indicazioni per un rinnovamento della nostra scuola repubblicana.

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QUALE INCLUSIONE?

Sono solo alcuni spunti di riflessione; sono convinto che occorre rimettere al centro

l’azione pedagogica e promuovere un autentico confronto dando voce agli operatori

della scuola, agli insegnanti, agli educatori, ma anche agli alunni e ai genitori che spesso si

trovano a dovere fare delle scelte senza capire di cosa si sta parlando. Ne va del futuro

dei nostri figli, della scuola della Repubblica e anche del futuro della democrazia in

questo paese.

Alain Goussot

Docente di pedagogia speciale presso il dipartimento di psicologia di Cesena e la scuola

di psicologia e scienze della formazione

Ha praticato una pedagogia attiva, militante, accanto ai più deboli ai più vulnerabili ai

disabili migranti, poveri e socio-culturalmente deprivati