GLI ACCORDI INTEGRATIVI E SOSTITUTIVI DI ... è il “senso” dell'istituto degli accordi? -...

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GLI ACCORDI INTEGRATIVI E SOSTITUTIVI DI PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO Avv. Giuseppe Bergonzini Problematiche principali: 1) Tipologia e “senso” degli accordi, ambito applicativo 2) Formalità; in particolare, la determinazione preliminare 3) Disciplina essenziale, regime di impugnazione e diritti dei terzi 4) Recesso della pubblica amministrazione e diritti del contraente. Autotutela

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GLI ACCORDI INTEGRATIVI E SOSTITUTIVI DI PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Avv. Giuseppe Bergonzini

Problematiche principali:

1) Tipologia e “senso” degli accordi, ambito applicativo

2) Formalità; in particolare, la determinazione preliminare

3) Disciplina essenziale, regime di impugnazione e diritti dei terzi

4) Recesso della pubblica amministrazione e diritti del contraente. Autotutela

1. TIPOLOGIA E “SENSO” DEGLI ACCORDI, AMBITO APPLICATIVO

Art. 11 l. n. 241/1990, comma 1:

“In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo”.

Il 1 comma delinea chiaramente due tipologie di accordi:

a) accordi integrativi (o procedimentali): privati e PA concordano, nel corso del procedimento, il contenuto discrezionale del provvedimento.

b) accordi sostitutivi: privati e PA concludono un accordo che prende il posto del provvedimento finale.

Qual è il “senso” dell'istituto degli accordi?

- Superamento della vecchia concezione dell'attività amministrativa come esercizio esclusivamente unilaterale di potere autoritativo.

- Accoglimento di una concezione favorevole alla collaborazione tra chi esercita il potere pubblico e chi ad esso è soggetto.

L'interesse pubblico può essere, in determinate circostanze, perseguito in modo migliore attraverso meccanismi collaborativi/consensuali, piuttosto che autoritativi/unilaterali.

Secondo il Consiglio di Stato, sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2636:

“L'accordo si deve rivelare essenziale al fine di raggiungere un equilibrio sull'assetto degli interessi altrimenti non raggiungibile per via autoritativa”.

Le ragioni che giustificano il ricorso agli accordi potrebbero essere, in sintesi:

- semplificazione e accelerazione del procedimento;

- prevenzione del contenzioso;

- conseguenti risparmi di tempo e risorse pubbliche, certezza dei rapporti giuridici, “agevole” raggiungimento dei risultati;

- in breve, maggiore efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa.

N.B.: Il problema del “senso” (ratio) degli accordi ex art. 11, NON èmeramente teorico.

Infatti, il presupposto primo e fondamentale di ogni accordo consiste, ai sensi del citato art. 11, “nel perseguimento del pubblico interesse”.

Esempi:(contemporanea soddisfazione di interessi pubblici e privati grazie all'accordo)

A) Cessione volontaria (o bonaria) in caso di esproprio:

- il privato lucra un corrispettivo per la cessione “maggiorato”;

- la PA apprende velocemente l'area dove eseguire l'opera pubblica e si mette al riparo da future impugnazioni.

B) Utilizzo degli strumenti consensuali in ambito urbanistico (caso classico e noto: convenzione di lottizzazione):

- la PA garantisce ai privati la possibilità di edificare su una certa area;

- i privati cedono alla PA le aree interessate dall'intervento e si assumono gli oneri delle opere di urbanizzazione primaria (più quota di quelle secondarie);

Ambito applicativo degli accordi

A) Esistono ambiti materiali sottratti all'applicazione dell'art. 11?

Sì, perché in base all'art. 13 l. n. 241/1990 le disposizioni in materia di partecipazione al procedimento “non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme leparticolari norme che ne regolano la formazione”.

Quindi, in presenza di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione la conclusione di accordi èpossibile, ma solo ove espressamente prevista dalle relative discipline di settore.

In queste ipotesi, si applicano comunque i principi di cui all'art. 11.

N.B.: Ciò vale in particolare nell'ambito della disciplina urbanistica, in cui la conclusione di accordi è molto frequente.

In tal senso, con specifico riferimento alle convenzioni di lottizzazione, Cassazione civile, sez. un., 15 dicembre 2000, n. 1262:

“Una corretta interpretazione del riferito art. 13 impone di ritenere che lo sbarramento dell'art. 13 operi solo con riferimento a provvedimenti di pianificazione generale programmatica espressione di scelte politiche; e non quindi anche con riguardo ai piani di lottizzazione (che hanno costituito uno dei settori elettivi per l'emersione delle problematiche degli accordi sostitutivi), atteso che questi ultimi (cui ineriscono le convenzioni di lottizzazione) costituiscono strumenti di pianificazione di tipo attuativo e di carattere servente del P.R.G. e,come tali, non implicano scelte politiche di pianificazione”.

B) Gli accordi sono utilizzabili solo in caso di attivitàdiscrezionale, o anche di attività vincolata?

Anche in caso di attività vincolata, nei limiti in cui esistano elementi di discrezionalità.

Consiglio di Stato, sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2636 e Consiglio di Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6344:

“Anche nel caso di procedimenti finalizzati alla adozione di provvedimenti di natura sostanzialmente vincolata, come le autorizzazioni in materia edilizia, sussistono fasi in cui l'Amministrazione deve esercitare poteri chiaramente discrezionali (...) quanto meno sotto il profilo tecnico, attinenti al "quantum", al "quomodo" ed al "quando" degli adempimenti da eseguire, e quindi risulta pienamente configurabile la stipulazione di un opportuno accordo procedimentale, trattandosi di un vero e proprio strumento di semplificazione, idoneo a far conseguire a tutte le parti un'utilità ulteriore rispetto a quella che sarebbe consentita dal provvedimento finale”.

C) Gli accordi sostitutivi sono utilizzabili solo nei casi previstidalla legge oppure no?

L'originario testo dell'art. 11 prevedeva questa limitazione, ora scomparsa in virtù delle modifiche apportate dalla l. 15/2005.

- (tesi 1) ciò starebbe a significare che la PA potrebbe concludere accordi sostitutivi nella generalità dei casi, salvo regole espresse di segno opposto;

- (tesi 2) no, lo strumento dell'accordo non potrebbe ritenersi pienamente sostitutivo del provvedimento, specialmente nelle fattispecie dimaggiore rilevanza. Gli accordi sarebbero utilizzabili solo ove siano in gioco interessi particolari, o generali ma di basso grado.

2) FORMALITA'; IN PARTICOLARE, LA DETERMINAZIONE PRELIMINARE

A) A chi spetta l'iniziativa degli accordi?

Formalmente al privato, ma nulla esclude che l'iniziativa possa venire dalla stessa PA.

N.B.: un momento in cui può sorgere l'iniziativa è la fase procedimentale ex art. 10-bis l. 241/1990:

- la PA comunica i motivi che ostacolano l'accoglimento di un'istanza avanzata dal privato;

- il privato (o la PA medesima) propongono un accordo capace di soddisfare sia l'interesse pubblico che quello privato.

B) E' necessario che penda già un determinato procedimento?

- secondo parte della giurisprudenza NO.

Cassazione civile, sez. un., 15 dicembre 2000, n. 1262: ciò che qualifica gli accordi ex art. 11 non è “rappresentato dal dato cronologico (di per sè non qualificante) di succedaneità dell'accordo ad un atto di iniziativa o di attivazione di un procedimento amministrativo da parte della P.A., bensì propriamente da un nesso funzionale di inerenza dell'accordo aduna potestà pubblicistica, della quale concorrono appunto a determinare il modo e l'esito dell'esercizio”.

- secondo altra parte SI'.

Consiglio di Stato, sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2636: “l'accordo rivela un nesso strettissimo con la partecipazione procedimentale, tanto che puòdirsi che non vi può essere accordo senza che vi sia stato avvio del procedimento, per cui può senz'altro dirsi che non possono concludersi accordi al di fuori e prima dell'avvio del procedimento e che non siano espressione della partecipazione procedimentale tesa a stabilire nel caso concreto quale sia l'interesse pubblico”.

C) Determinazione preliminare (comma 4-bis dell'art. 11).

“A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma l, la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento”.

La determinazione preliminare deve contenere l'indicazione dei motiviper cui la PA intende procedere tramite accordi.

La mancanza o l'invalidità della determinazione preliminare comporta l'invalidità derivata dell'accordo successivo. L'accordo è viziato e quindi annullabile.

In caso di inerzia della PA nell'adottare la determinazione preliminare, il privato che ha interesse alla conclusione dell'accordo può ricorrere contro il silenzio.

D) Fondamentale è anche l'art. 11, comma 2:

“Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti”.

L'accordo orale è radicalmente nullo, e non produce alcun effetto.

E) Art. 11, comma 3):

“Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.

3) DISCIPLINA ESSENZIALE, REGIME DI IMPUGNAZIONE E DIRITTI DEI TERZI

Art. 11, comma 2: agli accordi “si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”.

A) Secondo una prima impostazione (c.d. privatistica), ciòsignificherebbe che l'accordo tra privati e PA è assimilabile in tutto e per tutto ad un contratto vero e proprio.

Conseguenze:

- applicazione regole sulla patologia del contratto (annullabilità, nullità, rescissione);

- risoluzione per inadempimento, salvo il risarcimento del danno;

- esecuzione in forma specifica (2932 c.c.) in caso di mancata conclusione dell'accordo sostitutivo;

- in caso di mancata/difforme emanazione del provvedimento (quindi dopo un accordo procedimentale), azione di esatto adempimento seguita da ottemperanza;

- nel caso in cui l'accordo violi i diritti dei terzi (ricordare il comma 1 dell'art. 11 – “senza pregiudizio dei diritti dei terzi” – ), l'accordo sostitutivo è inefficace. Nel caso di accordo procedimentale, il provvedimento finale sarà nullo per difetto di attribuzione ex art. 21-septies l. n. 241/1990;

- nei rapporti determinazione preliminare-accordo, gli eventuali vizi della determinazione preliminare vanno fatti valere come ipotesi di annullabilità / nullità dell'accordo;

- ovviamente valgono, in tutte queste ipotesi, i termini di prescrizione delle varie azioni definiti dal codice civile (nullità: non si prescrive; annullabilità: si prescrive in 5 anni)

B) In base ad una seconda impostazione (c.d. pubblicistica), l'accordo è il frutto di una particolare modalità – consensuale – di esercizio del potere amministrativo.

Conseguenze (applicazione in linea di massima delle regole del diritto amministrativo, integrate da quelle del diritto civile ove possibile):

- ordinario regime d'impugnazione dei provvedimenti amministrativi exart. 21-octies l. 241/1990;

- no azione di esatto adempimento;

- quindi qualora la PA violi l'obbligo di emanare un provvedimento con un certo contenuto, il provvedimento difforme è impugnabile per eccesso di potere;

- no esecuzione in forma specifica ex 2932 c.c.;

- quindi nel caso di mancata emanazione del provvedimento o di mancata conclusione dell'accordo va utilizzata la procedura del silenzio-rifiuto;

- nel caso in cui l'accordo violi i diritti dei terzi l'accordo è: illegittimo per violazione di legge / nullo per carenza di potere / nullo per difetto di attribuzione ex art. 21-septies l. n. 241/1990;

- nei rapporti determinazione preliminare-accordo, gli eventuali vizi della determinazione preliminare vanno fatti valere subito se ladeterminazione preliminare è immediatamente lesiva;

- valgono i termini ed il regime d'impugnazione propri del diritto amministrativo (60 gg. / procedura avverso il silenzio: 1 anno dalla scadenza dei termini di conclusione del procedimento).

Quale delle due impostazioni trova effettivo accoglimento nel nostro ordinamento?

Forse la seconda impostazione (tesi pubblicistica), perché:

- Il GA è e tendenzialmente più portato ad utilizzare metodologie pubblicistiche di ragionamento e decisione;

- Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204, ha precisato che la facoltà della PA “di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo (...) presuppone l'esistenza del potere autoritativo”;

- Consiglio di Stato, sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2636, che così conclude: “1) è inammissibile l'azione ex art. 2932 cod. civ.; 2) è ammissibile l'azione contra silentium in caso di inerzia; 3) è ammissibile l'impugnativa dell'atto difforme dall'accordo deducendo come vizio di legittimitàdell'atto la contrarietà all'accordo; 4) il risarcimento danni può essere chiesto in via normale come conseguenza dell'annullamento del silenzio o del provvedimento difforme dall'accordo; 5) l'azione di accertamento mero dell'inadempimento e l'azione risarcitoria diretta sono ammissibili solo quando con la conclusione dell'accordo la p.a. abbia esaurito il suo potere discrezionale”.

N.B.: A prescindere dalla soluzione del problema della natura privatistica o pubblicistica dell'accordo, va ricordato che:

A) la posizione del privato è comunque assistita da tutela risarcitoria per i danni subiti a causa della violazione degli accordi da parte della PA (o a causa dell'inerzia della PA), senza che rilevi la qualificazione della sua posizione come di diritto soggettivo, piuttosto che come interesse legittimo.

B) Rimane salva, in ogni caso, la responsabilità precontrattuale della PA per ingiustificata rottura delle trattative (1337 c.c.), a tutela della buona fede del privato.

4) RECESSO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DIRITTI DEL CONTRAENTE. AUTOTUTELA.

Art. 11, comma 4: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato”.

La facoltà di recesso della PA costituisce espressione di un potere pubblicistico / autoritativo.

Il potere amministrativo è inesauribile, quindi è possibile che sopravvengano all'accordo ragioni di interesse pubblico che richiedono il suo superamento.

Il recesso consiste, pertanto, in una ipotesi particolare di revoca dell'accordo.

La classificazione del recesso come revoca ha conseguenze importanti:

- in quanto atto di natura provvedimentale, il recesso va anticipato con la comunicazione di avvio del procedimento;

- il provvedimento di recesso deve essere esaurientemente motivato in ordine alle ragioni di interesse pubblico che lo giustificano;

- il provvedimento di recesso va redatto in forma scritta a pena di nullità;

- il provvedimento di recesso può essere impugnato dal privato leso:

- il provvedimento di recesso può a sua volta essere annullato in autotutela, con possibile reviviscenza dell'originario accordo.

N.B. In caso di esercizio del recesso da parte della PA, va corrisposto al privato un indennizzo.

- ciò vale sia in caso di accordo procedimentale che sostitutivo (Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2004, n. 390);

- l'indennizzo spetta nel caso in cui l'accordo venga meno per la nuova valutazione di pubblico interesse fatta ex post dalla PA, e non se viene meno per una sua causa interna (Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2004, n. 390);

- la misura dell'indennizzo è quella definita dall'art. 21-quinquies della l. 241/1990 per i provvedimenti unilaterali: solo danno emergente;

- l'indennizzo è dovuto in questa misura se il recesso è legittimo per sopravvenute esigenze di interesse pubblico; ma se il recesso èillegittimo, la PA è tenuta – e può essere condannata – all'integrale ristoro del danno subito.

E' ammissibile l'esercizio dell'autotutela nei confronti della determinazione preliminare? Quali sono i suoi effetti?

A) Non c'è ancora l'accordo

- annullamento d'ufficio sì: il privato non può giovarsi di un provvedimento originariamente illegittimo della P.A.;

- revoca sì, a patto che essa si basi sugli stessi motivi che giustificherebbero il recesso; va ovviamente corrisposto al privato un indennizzo ai sensi dell'art. 11, comma 4.

B) C'è già anche l'accordo:

- annullamento d'ufficio sì; l'annullamento della determinazione preliminare travolge il successivo accordo, che viene meno;

- revoca: se in questa fase sopravviene un interesse pubblico contrario alla definizione consensuale della fattispecie, si ricade nel “normale”recesso disciplinato dall'art. 11, comma 4.

Problema della “revocabilità” degli strumenti urbanistici consensuali per sopravvenienza di diversa disciplina di piano.

La giurisprudenza è pressoché concorde nel delineare questa ipotesi come un esempio di revoca, che va puntualmente motivata.

Consiglio di stato, sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 173: “il principio della non necessità di una specifica motivazione [per i provvedimenti di pianificazione] incontra una deroga, in conformità ai principi generali dell'ordinamento giuridico ed ai canoni in punto di buona amministrazione e di tutela dell'affidamento” quando “l'esercizio dello jus variandi vada ad incidere in senso sacrificativo su aspettative assistite da una peculiare tutela o da uno speciale affidamento, quali quelle derivanti da un piano di lottizzazione debitamente approvato e convenzionato; in tali ultime ipotesi l'incisione sulla posizione giuridica del privato - costituitasi con l'avallo e la collaborazione dell'amministrazione - assume nella sostanza le fattezze della revoca unilaterale della pregressa convenzione ed abbisogna, per conseguenza, di una circostanziata motivazione sulle particolari ragioni di pubblico interesse, arricchita da una congrua comparazione tra gli interessi in conflitto”.

In caso di esercizio di tale potestas variandi, è dovuto o non èdovuto indennizzo ai sensi dell'art. 11 l. 241/1990?

Probabilmente SI', in virtù del principio chiaramente esposto dall'attuale formulazione della l. 241/1990 (sia all'art. 11 che all'art. 21-quinquies).

Tale conclusione trova conforto in Consiglio di Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477: “va ricordato che per costante giurisprudenza le convenzioni di lottizzazione costituiscono strumenti di attuazione del piano regolatore generale, rivestono carattere negoziale e, in particolare, di accordi sostituivi del provvedimento e che, pertanto, le stesse restano soggette alla disciplina dettata dall'art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

L'indennizzo sarà dovuto nella “solita” misura: danno emergente patito dal privato.

Salvo, comunque, il risarcimento del danno nel caso in cui la potestas variandi sia stata esercitata illegittimamente.

Esempio di sindacato del GA circa la rispondenza all'interesse pubblico di un accordo PA / privati in tema di urbanistica consensuale.

Il caso è stato deciso dal T.A.R. Veneto, sez. II, 5 ottobre 2006, n. 3293, e riguardava un Programma Integrato di Riqualificazione Urbanistica di iniziativa privata, i cui tratti essenziali consistevano in:

- cessione aree per costruzione di piscina comunale e parcheggi;

- lottizzazione e concessione di edificabilità sui terreni attigui;

Il ricorrente, tra i vari motivi di censura, aveva contestato l'insufficiente grado di tutela dell'interesse pubblico rispetto a quello privato.

Così ha risposto il Tar Veneto:

“a fronte dei progetti di riqualificazione urbanistica, presentati come previsto dalla legge regionale anche da soggetti privati, l'amministrazione gode di un'ampia discrezionalità, che le consente di valutare con ampio margine i vantaggi economici derivanti dall'attuazione dell'intervento di recupero di aree degradate.

Ciò che rileva è che il rapporto tra le risorse pubbliche coinvolte ed i vantaggi economici conseguiti dai privati promotori siano esplicitate nella documentazione allegata, senza tuttavia ricondurre tale rapporto ad un computo meramente matematico, bensì piuttosto ad una valutazione complessiva dei vantaggi derivanti alla collettività per effetto del recupero delle aree degradate.

Considerato quanto conseguito dal Comune per effetto dell'accordo con la proprietà privata, la quale si è accollata la maggior parte degli oneri, rinunciando alla richiesta di indennizzo per le aree con vincolodecaduto, cedendo gratuitamente una porzione di aree, realizzando parcheggi ed opere di urbanizzazione, oltre alla realizzazione dell'impianto natatorio, tenuto sempre presente il carattere discrezionale delle scelte operate dall'amministrazione, che peraltro, per le ragioni sopra descritte, non appaiono illogiche o irrazionali, non si ravvisano al riguardo i vizi denunciati da parte ricorrente”.