Pazienti con IAP: strategie emergenti per ridurre i...

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Pazienti con IAP: strategie emergenti per ridurre i ricoveri ospedalieri e migliorare gli esiti www.medscape.org/spotlight/pah-strategies-italian Contenuto Dott. Channick: È un immenso onore avere oggi con noi un gruppo di stimati esperti internazionali. Sono qui il Professor Sean Gaine, che è il responsabile del Centro nazionale per l’ipertensione polmonare del Mater Misericordiae University Hospital presso lo University College di Dublino, in Irlanda; il Professor Marius Hoeper del Dipartimento di medicina respiratoria della Hannover Medical School di Hannover, in Germania, che è il direttore dell’unità di terapia intensiva e del programma per l’ipertensione polmonare; e il Professor Marc Humbert dell’Université Paris-Sud, Centro nazionale di riferimento per l’ipertensione polmonare, del Dipartimento di medicina respiratoria e terapia intensiva dell’Hôpital Antoine Béclère di Clampert, in Francia. Dott. Channick: Gli scopi di questo programma sono discutere dell’importanza, dell’impatto e dei costi del ricovero ospedaliero correlato all’ipertensione arteriosa polmonare (IAP), analizzare i dati clinici più recenti relativi alle terapie emergenti e i loro effetti sulla morbilità e sulla mortalità nei pazienti affetti da IAP, nonché identificare le strategie di gestione attuali ed emergenti per ridurre i ricoveri ospedalieri correlati alla IAP. Questo programma è stato motivato dalla disponibilità di nuovi dati che sono emersi e stanno ancora emergendo relativamente alla IAP e alle nuove strategie. Prima di iniziare la nostra conversazione, dedicate qualche momento a mettere alla prova le vostre conoscenze sull’argomento rispondendo ad alcune domande. Avrete un’altra possibilità di rispondere alle domande al termine dell’attività per verificare quanto appreso. Sfida dell’impatto formativo Metta alla prova le sue conoscenze cliniche completando questo breve questionario. Rispondendo di nuovo alle domande al termine dell’attività, potrà verificare quanto appreso e confrontare le sue risposte con quelle dei colleghi. Pazien' con IAP Nuove strategie per ridurre i ricoveri ospedalieri e migliorare gli esi' Moderatore Richard N. Channick, MD Professore associato di medicina Harvard Medical School Dire6ore Programma per l'ipertensione polmonare e la tromboendoarteriectomia Massachuse6s General Hospital Boston, Massachuse6s Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing Sean Gaine, MD, PhD Responsabile Centro nazionale per l'ipertensione polmonare Mater Hospital Dublino, Irlanda Marius M. Hoeper, MD DiparCmento di medicina respiratoria Hannover Medical School Hannover, Germania Marc Humbert, MD, PhD Professore, Université ParisSud Le KremlinBicêtre, Francia Primario e specialista Centro nazionale di riferimento per l'ipertensione polmonare DiparCmento di medicina respiratoria e terapia intensiva Hôpital Antoine Béclère Clamart, Francia Partecipan'

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Pazienti con IAP: strategie emergenti per ridurre i ricoveri ospedalieri e migliorare gli esitiwww.medscape.org/spotlight/pah-strategies-italian

Contenuto

Dott. Channick: È un immenso onore avere oggi con noi un gruppo di stimati esperti internazionali. Sono qui il Professor Sean Gaine, che è il responsabile del Centro nazionale per l’ipertensione polmonare del Mater Misericordiae University Hospital presso lo University College di Dublino, in Irlanda; il Professor Marius Hoeper del Dipartimento di medicina respiratoria della Hannover Medical School di Hannover, in Germania, che è il direttore dell’unità di terapia intensiva e del programma per l’ipertensione polmonare; e il Professor Marc Humbert dell’Université Paris-Sud, Centro nazionale di riferimento per l’ipertensione polmonare, del Dipartimento di medicina respiratoria e terapia intensiva dell’Hôpital Antoine Béclère di Clampert, in Francia.

Dott. Channick: Gli scopi di questo programma sono discutere dell’importanza, dell’impatto e dei costi del ricovero ospedaliero correlato all’ipertensione arteriosa polmonare (IAP), analizzare i dati clinici più recenti relativi alle terapie emergenti e i loro effetti sulla morbilità e sulla mortalità nei pazienti affetti da IAP, nonché identificare le strategie di gestione attuali ed emergenti per ridurre i ricoveri ospedalieri correlati alla IAP. Questo programma è stato motivato dalla disponibilità di nuovi dati che sono emersi e stanno ancora emergendo relativamente alla IAP e alle nuove strategie.

Prima di iniziare la nostra conversazione, dedicate qualche momento a mettere alla prova le vostre conoscenze sull’argomento rispondendo ad alcune domande. Avrete un’altra possibilità di rispondere alle domande al termine dell’attività per verificare quanto appreso.

Sfida dell’impatto formativo

Metta alla prova le sue conoscenze cliniche completando questo breve questionario. Rispondendo di nuovo alle domande al termine dell’attività, potrà verificare quanto appreso e confrontare le sue risposte con quelle dei colleghi.

Pazien'  con  IAP  Nuove  strategie  per  ridurre  i  ricoveri  

ospedalieri  e  migliorare  gli  esi'  Moderatore  Richard  N.  Channick,  MD  Professore  associato  di  medicina  Harvard  Medical  School  Dire6ore  Programma  per  l'ipertensione  polmonare  e  la  tromboendoarteriectomia  Massachuse6s  General  Hospital  Boston,  Massachuse6s  

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing

Sean  Gaine,  MD,  PhD  Responsabile  Centro  nazionale  per  l'ipertensione  polmonare  Mater  Hospital  Dublino,  Irlanda     Marius  M.  Hoeper,  MD  DiparCmento  di  medicina  respiratoria  Hannover  Medical  School  Hannover,  Germania  

Marc  Humbert,  MD,  PhD  Professore,  Université  Paris-­‐Sud  Le  Kremlin-­‐Bicêtre,  Francia  Primario  e  specialista  Centro  nazionale  di  riferimento  per  l'ipertensione  polmonare  DiparCmento  di  medicina  respiratoria  e  terapia  intensiva  Hôpital  Antoine  Béclère    Clamart,  Francia  

Partecipan'  

Vorrei iniziare parlando della rilevanza del ricovero ospedaliero. Esistono molti endpoint e fattori che esaminiamo negli studi clinici e, soprattutto, quando trattiamo i pazienti, che ci permettono di valutare l’efficacia di una terapia.[1] Il ricovero ospedaliero correlato alla IAP è certamente uno di questi. Comincerei con il Dott. Humbert. Qual è la rilevanza del ricovero ospedaliero, quanto è comune questo problema e quanto incide sui nostri pazienti?

Marc Humbert, MD, PhD: Grazie. È effettivamente molto importante. Si tratta di un endpoint molto significativo dal punto di vista clinico e nella gestione del paziente. Quando avviene è un evento preciso e importante. I dati dei registri, che sono estremamente interessanti, mostrano che gli individui che vengono ricoverati avranno un esito peggiore. Questi pazienti avranno una maggiore probabilità di riospedalizzazione e una maggiore probabilità di morire nei 3 anni successivi al primo ricovero. Questi dati provengono dal REVEAL Registry,[2] un registro statunitense molto importante, ma questa tendenza si osserva anche nella maggior parte dei registri europei e nella pratica clinica.

Endpoint  negli  studi  clinici  sulla  IAP  

•  6MWD  

•  Peggioramento  della  classe  funzionale  e  della  capacità  di  svolgere  esercizio  fisico  

•  Peggioramento  dei  sintomi  

•  Ricovero  ospedaliero  per  il  peggioramento  della  IAP  

• Necessità  di  terapia  avanzata  

• Mortalità  

Gomberg-­‐Maitland  M,  et  al.  J  Am  Coll  Cardiol.  2013;62(25  Suppl):D82-­‐D91.[1]  

REVEAL  Registry™    Il  ricovero  ospedaliero  peggiora  gli  esi/  a  lungo  termine  

Burger  CD,  et  al.  Chest.  2014;146:1263-­‐1273.[2]  

46,3  

22,2  

74,6  

43,2  

69  

32,2  

0  10  20  30  40  50  60  70  80  

Ricovero  ospedaliero   Decesso  

Pazi

en',

 %  

Even'  a  3  anni*  

Tassi  di  even'  a  3  anni*  in  pazien'  con  e  senza  primo  ricovero  entro  1  anno  dall'arruolamento      

Nessun  ricovero  ospedaliero  

Primo  ricovero  ospedaliero  correlato  alla  IAP  

Primo  ricovero  ospedaliero  non  correlato  alla  IAP  

*3  anni  dopo  la  dimissione  in  pazienC  con  primo  ricovero  ospedaliero;  3  anni  dal  follow-­‐up  a  1  anno  in  pazienC  senza  ricovero  ospedaliero.    

Dott. Channick: È una fortuna avere con noi esperti di diversi paesi perché potrebbe essere interessante esaminare la questione del ricovero ospedaliero in termini di differenze tra un paese e l'altro. Negli Stati Uniti, per esempio, adottiamo determinati criteri generali per stabilire quando è necessario ricoverare i pazienti per il peggioramento della IAP, e questi criteri potrebbero differire da quelli di altri sistemi sanitari. Dott. Hoeper, in termini molto generali, quali sarebbero le sue indicazioni abituali per il ricovero e cosa comporta in genere il ricovero ospedaliero per questi pazienti?

Dott. Hoeper: Per i ricoveri correlati alla IAP, le 2 indicazioni principali sono: insufficienza cardiaca destra refrattaria alle terapie orali, soprattutto se il paziente necessita di diuretici per via endovenosa (EV), e necessità di trattamento con prostacicline per via parenterale (EV o sottocutanea).

Dott. Gaine: Sono d’accordo. L’insufficienza cardiaca destra e la necessità di terapie per via parenterale sono i motivi abituali per il ricovero ospedaliero. I pazienti potrebbero essere inoltre ricoverati alla diagnosi iniziale quando vengono sottoposti alle prime indagini diagnostiche. Talvolta è più difficile ricoverare un paziente in alcuni sistemi sanitari che in altri. Alcuni pazienti, per esempio, si presentano al pronto soccorso e i medici dedicati all’ipertensione polmonare non ne vengono a conoscenza. Oppure provengono da un ambulatorio e vengono visitati da uno specialista di ipertensione polmonare che decide che il paziente necessita di ulteriori indagini diagnostiche. Nell’intera nozione di ricovero ospedaliero sono coinvolti molti fattori, ma si tratta senz’altro di un marcatore di esito sfavorevole.

Dott. Channick: Sì, e questo è vero anche per altri endpoint, che possono essere marcatori dell’esito, ma sono anche clinicamente importanti, servendo così a 2 scopi. Nel mio centro e nel nostro sistema, è molto comune ricoverare i pazienti semplicemente per la somministrazione di diuretici EV. Questi sono pazienti che, per esempio, non stanno bene, ma non presentano insufficienza cardiaca destra conclamata. Hanno solo difficoltà di gestione dei liquidi. Se dopo aver titolato i diuretici orali non si ottiene comunque un calo ponderale, si decide di ricoverare il paziente, perché i diuretici EV saranno più efficaci in quanto non presentano problemi di assorbimento. Lo considerereste un ricovero ospedaliero per IAP e trattereste questo paziente in modo analogo?

Criteri  per  il  ricovero  ospedaliero  correlato  alla  IAP  

•  Insufficienza  cardiaca  destra  refra6aria  alle  terapie  orali  (per  es.  necessità  di  diureCci  EV)  

• Necessità  di  tra6amento  con  prostacicline  per  via  parenterale  

• Ulteriori  indagini  al  momento  della  diagnosi  iniziale  

• Necessità  di  diureCci  EV,  anche  senza  insufficienza  cardiaca  destra  conclamata  

Dott. Humbert: Certamente. È davvero importante perché i ricoveri ospedalieri correlati alla IAP sono molto più significativi di quelli non correlati alla IAP. Considererei qualsiasi tipo di intervento come correlato alla IAP, per esempio, la necessità di epoprostenolo EV o diuretici EV oppure la necessità di trattare l’insufficienza cardiaca destra con dobutamina. I ricoveri ospedalieri correlati alla IAP sono estremamente significativi, soprattutto in termini di esiti a lungo termine.[2] Quelli non correlati alla IAP sono più discutibili. Alcuni non sono veramente significativi, ed è qualcosa che va messo in evidenza nel disegno degli studi randomizzati controllati (questi eventi devono essere opportunamente validati), ma nella pratica clinica, i ricoveri ospedalieri correlati alla IAP sono estremamente importanti.

Dott. Channick: Penso che su questo siamo tutti d’accordo. Certamente alcune delle altre implicazioni dei ricoveri ospedalieri, a parte la loro importanza come marcatore, vanno al di là del fatto che il paziente si trova in ospedale. Ci sono per esempio gli effetti psicologici e i costi,[3] che sicuramente differiscono da paese a paese, ma quando un paziente deve essere ricoverato, e lavora, in genere come reagisce? È una questione complessa.

Dott. Gaine: Per alcuni pazienti che soffrono di IAP e vogliono continuare a lavorare potrebbe essere l’ultima goccia. Fanno del loro meglio per mantenere la loro occupazione e per soddisfare le aspettative del datore di lavoro. Sanno di soffrire forse di una malattia grave, anche se non sanno quanto, e improvvisamente si trovano di nuovo in ospedale. I ricoveri ospedalieri possono avere davvero implicazioni molto serie per i pazienti, perché possono anche portare la malattia all’attenzione del datore di lavoro, dei vicini, degli amici e di chiunque altro. Hanno veramente un impatto molto personale anche per i pazienti.

Dott. Channick: Sì, siamo tutti d’accordo, credo. Quindi, una terapia che determini effetti positivi sui ricoveri ospedalieri potrebbe essere molto importante in termini di impatto sui pazienti.

Dott. Gaine: Ritengo che i pazienti siano in grado di comprendere il concetto che si tratta di una terapia che ha mostrato di ridurre la necessità di ricovero ospedaliero. Penso che sia più facile da capire di un farmaco che permette di migliorare i risultati nel test della distanza percorsa a piedi in 6 minuti (6MWD).

REVEAL  Il  ricovero  ospedaliero  correlato  alla  IAP    peggiora  l'esito  a  lungo  termine  

Burger  CD,  et  al.  Chest.  2014;146:1263-­‐1273.[2]  

Sopravvivenza  a  3  anni  in  pazien'  con  primo  ricovero  entro  1  anno  dall'arruolamento  

0  

50  

100  

150  

200  

250  

300  

0   6   12   18   24   30   36  

Correlato  alla  IAP  Non  correlato  alla  IAP  

Tempo  dalla  data  di  dimissione,  mesi  

N.  a

 risc

hio  

n  =  257   n  =  214  P  =  0,037  

ImpaWo  del  ricovero  ospedaliero  

• Effei  psicologici  

• CosC  

• Giorni  di  lavoro  saltaC  

• A6enzione  rivolta  alla  malaia  

Burke  JP,  et  al.  Am  J  Manag  Care.  2015;21(3  Suppl):s47-­‐s58.[3]  

Le  terapie  che  diminuiscono  i  ricoveri  ospedalieri  sono  importan'  per  ridurre  l'impaWo  psicologico,  

economico  e  sociale  sul  paziente  

Dott. Channick: Tenendo presente questo endpoint, parliamo di alcuni degli studi specifici. Sicuramente nel campo della IAP il paradigma degli studi clinici è cambiato drasticamente dagli studi a breve termine che valutavano principalmente le capacità di compiere attività fisica agli studi a lungo termine, basati sugli eventi, in cui uno degli eventi che vengono valutati è il ricovero ospedaliero. Prima di parlarne più dettagliatamente, Dott. Hoeper, Lei è stato tra i primi a trasformare il modo in cui pensiamo alla risposta al trattamento e agli obiettivi della terapia. In un certo senso, stiamo cambiando gli obiettivi, o perlomeno ne stiamo cambiando i concetti, che prima consistevano nel raggiungere un obiettivo del trattamento e passare poi a quello successivo, mentre ora consistono nel prevenire la progressione. Come conciliamo o mettiamo insieme tutti questi aspetti?

Dott. Hoeper: Sono totalmente d’accordo. La strategia di trattamento orientata all’obiettivo è stata lo standard negli ultimi 5-10 anni e continua a essere ancora molto importante. I risultati dei recenti studi a lungo termine, in particolare SERAPHIN,[4] AMBITION[5]

e GRIPHON,[6] hanno mostrato che mettere in pratica concetti di trattamento indipendenti dagli obiettivi può migliorare gli esiti.

Dott. Hoeper: È piuttosto chiaro, specialmente esaminando i risultati dello studio SERAPHIN su macitentan,[4] che si osservano esiti migliori non solo per i pazienti naϊve al trattamento o in terapia con un antagonista del recettore dell’endotelina (ERA), ma anche per quelli già trattati in precedenza, prevalentemente con inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5) in questo studio, e questi pazienti erano stabili.

Cambiamento  di  paradigma  nel  traWamento  della  IAP  

Studi  a  breve  termine  con  esi'  orienta'  

all'obieXvo  (6MWD)  

Studi  a  lungo  termine  con  esi'  basa'  sugli  even'  (morbilità/mortalità)  

•  SERAPHINa  

•  AMBITIONb  

•  GRIPHONc  

a.  Pulido  T,  et  al.  N  Engl  J  Med.  2013;369:809-­‐818.[4]  b.  Galie  N.  Eur  Respir  J.  2014;44  Suppl  58:2916.[5]  c.  McLaughlin  VV,  et  al.  J  Am  Coll  Cardiol.  2015;65(10_S).[6]  

Pulido  T,  et  al.  N  Engl  J  Med.  2013;369:809-­‐818.[4]  

SERAPHIN  

Macitentan  riduce  gli  even/  di  morbilità  e  mortalità  in  pazien/  con  IAP  

Endpoint

Placebo (N = 250)

Macitentan 3 mg (N = 250)

Macitentan 10 mg (N = 242)

Macitentan 3 mg vs. placebo

Macitentan 10 mg vs. placebo

Numero di pazienti (%) Hazard ratio Valore P Hazard ratio Valore P

Evento correlato a IAP o decesso come primo evento [tutti gli eventi]

116 (46,4)

95 (38,0) 76 (31,4) 0,70 (0,52-0,96)

0,01 0,55 (0,32-0,76)

<0,001

Decesso dovuto a IAP o ricovero ospedaliero per IAP come primo evento [tutti gli eventi]

84 (33,6)

65 (26,0) 50 (20,7) 0,67 (0,46-0,97)

0,01 0,50 (0,34-0,75)

<0,001

Dott. Hoeper: Alla presentazione, i pazienti erano in classe funzionale III o anche II dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ciononostante, quelli in terapia con un ERA hanno mostrato un esito migliore nel lungo periodo. In passato, in una strategia di trattamento orientata all’obiettivo, questi pazienti sarebbero stati considerati come trattati in modo sufficientemente adeguato con la monoterapia. Ora, sempre più dati suggeriscono che l’esito a lungo termine sia migliore e possa essere conseguito con determinate terapie di associazione. Questo è un approccio fondamentale e probabilmente rappresenta un passaggio da una strategia di trattamento orientata all’obiettivo a una strategia di trattamento orientata all’esito.

Dott. Channick: A volte è complicato stabilire il modo migliore in cui pensare a questi aspetti o in cui metterli in pratica oppure il modo in cui comunicare questi concetti ai nostri pazienti. Spiegare che l’obiettivo è aumentare la 6MWD fino a 400 m o migliorare la classe funzionale e far tornare il paziente al lavoro è semplice, ma spiegare gli hazard ratio e gli esiti ai pazienti a volte non è così facile.

Dott. Hoeper: Quando parlo ai miei pazienti, uso come concetto principale la progressione della malattia. Il ricovero ospedaliero è semplicemente un indicatore di questa progressione, così come lo sono il peggioramento della classe funzionale e il peggioramento della 6MWD, perché mostrano che non è stato raggiunto un controllo della malattia nel paziente. Nella maggior parte dei casi oggi non possiamo curare la IAP, ma almeno possiamo controllarla in modo che non progredisca. Spiego ai miei pazienti che ora è questo l’obiettivo più importante, in particolare per chi è così fortunato da aver ricevuto la diagnosi a uno stadio relativamente iniziale della malattia, quando era in classe funzionale II. Se questi pazienti rimanessero nella stessa classe funzionale per i prossimi 10 anni, sarebbe un gran successo.

Dott. Humbert: Sono completamente d’accordo con quanto ha appena affermato il Dott. Hoeper. Dobbiamo collaborare con i pazienti. Dobbiamo condividere gli stessi obiettivi e riuscire a far vedere loro che siamo interessati all’esito; sarebbe veramente una cosa positiva. L’esito, naturalmente, è la sopravvivenza, ma è anche la qualità della vita, così come il mantenimento di una buona classe funzionale. Questo è molto più facile da far capire ai pazienti, che saranno molto contenti di vedere che abbiamo le stesse preoccupazioni.

Dott. Hoeper: Gli obiettivi del trattamento non sono cambiati. L’obiettivo del trattamento è sempre una buona classe funzionale, ovvero una classe funzionale I o II, perché ciò ha 2 implicazioni. Innanzitutto, il paziente sta bene e, in secondo luogo, ha un esito favorevole. Come ho detto prima, non possiamo curare la IAP, ma dobbiamo far sì che il paziente abbia una buona funzionalità ventricolare destra e che sia stabile. La funzionalità ventricolare destra deve

SERAPHIN  -­‐  con'nua    Popolazione  con  IAP    

•  Naϊve  al  tra6amento  (37%)  o  in  terapia  di  base  (63%)  –  Inibitori  della  PDE5  –  Prostanoidi  orali  o  inalatori  –  Altro  

•  PazienC  stabili  –  Prevalentemente  classe  funzionale  OMS  II  o  III  –  ConsideraC  tra6aC  a  sufficienza  secondo  la  strategia  terapeuCca  

precedente  orientata  all'obieivo  

Pulido  T,  et  al.  N  Engl  J  Med.  2013;369:809-­‐818.[4]  

Classe  funzionale  OMS   %  I   0  

II   52  

III   46  

IV   2  

ObieXvi  del  traWamento  

• Prevenire  la  progressione  della  malaia  

• Migliorare  la  sopravvivenza  

• Migliorare  la  qualità  della  vita  

• Migliorare  la  classe  funzionale  a  I  o  II  

• Mantenere  una  buona  funzionalità  ventricolare  destra  

Considerare  l'uso  dei  farmaci  disponibili  in  prima  linea  per  stabilizzare  il  paziente  e  prevenire  la  progressione  della  malaXa  

essere buona perché è il principale fattore predittivo dell’esito nei nostri pazienti e questo obiettivo rimane immutato; tuttavia, gli studi a lungo termine più recenti hanno mostrato che con nuove strategie di trattamento, anche utilizzando gli stessi farmaci, è possibile ottenere questi esiti per una percentuale maggiore di pazienti.

Dott. Gaine: Quello che è cambiato per noi nella pratica clinica è la maggiore probabilità di utilizzare i farmaci più precocemente. In passato, un paziente sarebbe stato seguito per determinare se gli obiettivi venivano soddisfatti, quindi altri farmaci sarebbero stati aggiunti oppure tenuti come opzione successiva. Ora, dobbiamo abituarci a non rimandare l’uso di determinati farmaci e a procedere alla stabilizzazione effettiva del paziente prevenendone la progressione mediante l’impiego precoce dei farmaci a disposizione.

Dott. Channick: In effetti questo è un ottimo spunto per passare all’argomento successivo. Abbiamo 3 studi che hanno valutato la morbilità e la mortalità, ovvero endpoint basati sugli eventi, con varie terapie.[4-6] Lo studio SERAPHIN[4] ha valutato macitentan come terapia aggiuntiva o in pazienti naϊve al trattamento. Questo si è rivelato un approccio molto efficace per migliorare il tempo al primo evento.

Studi  clinici  sulla  IAP  che  hanno  valutato  endpoint  di  morbilità  e  mortalità  

a.  Pulido  T,  et  al.  N  Engl  J  Med.  2013;369:809-­‐818.[4]  b.  Galie  N.  Eur  Respir  J.  2014;44  Suppl  58:2916.[5]  c.  McLaughlin  VV,  et  al.  J  Am  Coll  Cardiol.  2015;65(10_S).[6]  

Studio   Gruppi  di  traWamento   Endpoint  primario  

SERAPHINa   Macitentan  vs  placebo  Tempo  al  primo  

evento  di  morbilità/mortalità  

AMBITIONb   Ambrisentan/tadalafil  vs  ambrisentan  o  tadalafil    

Tempo  all'insuccesso  clinico  

GRIPHONc   Selexipag  vs  placebo   Tempo  al  peggioramento  clinico  

Dott. Channick: Gli endpoint di questo studio erano molto solidi perché comprendevano, tra gli altri, il peggioramento della IAP, la necessità di terapia EV, il decesso e il trapianto.[4]

Dott. Channick: Il ricovero ospedaliero non era un endpoint primario dello studio SERAPHIN, ma, come endpoint secondario, ha mostrato una chiara riduzione del 50% della necessità di ricovero. [4] Due terzi dei pazienti erano sottoposti a terapia di base con sildenafil, il che suggerisce che, anche con questo approccio di trattamento aggiuntivo, la probabilità di ricovero ospedaliero può essere ridotta in modo significativo.

Dott. Gaine: Questo è probabilmente uno dei risultati più significativi dello studio SERAPHIN. Pazienti che erano considerati stabili in monoterapia, per esempio con un inibitore della PDE5, hanno mostrato un miglioramento dell’endpoint primario quando è stato aggiunto macitentan. Il messaggio dello studio è che i pazienti trattati in monoterapia, ma che non mostrano necessariamente una risposta tanto soddisfacente quanto si desidera, possono essere comunque aiutati, anche se sono stabili.

SERAPHIN  Endpoint  primario  

Pulido  T,  et  al.  N  Engl  J  Med.  2013;369:809-­‐818.[4]  

Tempo  al  primo  evento  di  morbilità  o  mortalità  

Decesso  

Se6oplasCca  atriale  

Trapianto  di  polmone  

Necessità  di  terapia  EV  

Altro  peggioramento  della  IAP  

Pulido  T,  et  al.  N  Engl  J  Med.  2013;369:809-­‐818.[4]  

SERAPHIN  -­‐  con'nua    

Endpoint  secondario:  decesso  per  IAP  o  ricovero  ospedaliero  per  IAP  come  primo  evento  (vs  placebo)  

Macitentan  3  mg:  HR  =  0,67;  P  =  0,01  

Macitentan  10  mg:  HR  =  0,50;  P  <  0,001  

Dott. Humbert: Sì. Infatti, quando si analizzano dettagliatamente l’endpoint primario e quelli secondari, si vede che gli endpoint secondari sono i principali fattori determinanti di quello primario.[8]

Tra gli endpoint secondari, la riduzione dei ricoveri ospedalieri è ora un aspetto molto importante per il futuro dei pazienti. Il Dott. Hoeper ha citato gli esiti; un ricovero ospedaliero è senz’altro un marcatore di esito sfavorevole nel futuro. I dati degli studi randomizzati controllati e le nostre conoscenze della pratica clinica e dei registri suggeriscono che una riduzione dei ricoveri ospedalieri sia estremamente importante.

Dott. Hoeper: Inoltre, abbiamo appreso molto da questi studi perché disponiamo di dati a lungo termine relativi a popolazioni di pazienti ben definite e ben caratterizzate. In questi studi, perlomeno nello studio SERAPHIN, sono stati inclusi pazienti prevalenti e incidenti.[7] Tra i pazienti incidenti, circa la metà presenterà un evento di peggioramento entro i 3 anni successivi, anche con un trattamento in monoterapia, il che ci ricorda che abbiamo a che fare con una malattia molto aggressiva, e lo sappiamo da anni, ma ora disponiamo di evidenze che supportano l’uso di un approccio più aggressivo, ovvero la terapia di associazione iniziale, precoce o in prima linea.

Dott. Channick: In altre parole, per un paziente trattato con un inibitore della PDE5, che sia in una qualsiasi classe funzionale diversa dalla I, potenzialmente raccomanderebbe l’aggiunta precoce di un secondo farmaco?

Dott. Hoeper: Personalmente, raccomanderei questo trattamento anche per i pazienti in classe funzionale I. Talvolta i pazienti più giovani stanno bene; la loro 6MWD è 500 m o 600 m. Sarebbero inclusi nella classe funzionale I, ma presentano comunque una compromissione abbastanza grave dell’emodinamica e sappiamo che questa è una malattia aggressiva, negli uomini più che nelle donne. A questi pazienti ora consiglio una terapia aggiuntiva con un ERA. SERAPHIN[4] e AMBITION[5] sono 2 studi a lungo termine ben disegnati che suggeriscono entrambi molto chiaramente che l’aggiunta o l’associazione di un ERA a un inibitore della PDE5 determina un esito migliore nel lungo periodo (3, 5, 10 anni a partire da ora) e possiamo veramente fare la differenza se procediamo in questo modo.

SERAPHIN    Effe=o  sui  ricoveri  ospedalieri  •  Riduzione  del  tasso  di  ricoveri  ospedalieri  correlaC  a  IAP  per  100  anni-­‐paziente  (vs  placebo)  − Macitentan  3  mg:  44,5%;  P  =  0,0004  − Macitentan  10  mg:  49,8%;  P  <  0,0001  

•  Riduzione  nel  numero  di  giorni  di  degenza  ospedaliera  correlata  alla  IAP  (vs  placebo)  − Macitentan  3  mg:  53,3%;  P  =  0,0001  − Macitentan  10  mg:  52,3%;  P  =  0,0003  

 

Channick  RN,  et  al.  JACC  Heart  Fail.  2015;3:1-­‐8.[8]  

SERAPHIN  -­‐  con'nua      

Popolazione  naϊve  al  traWamento  

Evento  di  morbilità/mortalità,  %  

Placebo  Macitentan  

3  mg  Macitentan  

10  mg  

Incidente,    IAP  ≤  6  mesi  (n  =  108)     63,9   40,0   38,2  

Prevalente,    IAP  >  6  mesi  (n  =  157)   42,4   28,9   24,5  

Simonneau  G,  et  al.  Chest.  2013;144(4_MeeCngAbstracts):876A.[7]  

Rischio  più  elevato  di  morbilità/mortalità  in  pazien/  inciden/  

Dott. Gaine: In particolare, con terapie orali ben tollerate, lo si può fare per i pazienti in classe funzionale I o II. Si auspica che con un approccio di prima linea aggressivo, le terapie parenterali, che sono gestibili meno facilmente, potrebbero non essere necessarie così presto come lo sarebbero altrimenti. Esistono molti motivi per adottare questo approccio.

Dott. Channick: Lo studio AMBITION,[5] che non è stato ancora pubblicato ma è stato presentato, aveva un disegno piuttosto diverso, con farmaci differenti ed endpoint diversi, che tra quelli primari comprendevano il ricovero ospedaliero come uno dei fattori determinanti e il tempo all’insuccesso clinico. Potete parlarcene brevemente?

Dott. Gaine: Si è trattato di una svolta positiva e innovativa negli endpoint per lo studio AMBITION. I pazienti venivano trattati per 6 mesi. Se non miglioravano, si considerava che non avessero raggiunto l’endpoint primario. Lo studio AMBITION era interessante anche perché sottolineava l’importanza di non valutare i pazienti solo in termini di endpoint, ma anche giudicando l’approccio al trattamento per determinare se dovessero essere in terapia di associazione già in prima linea o se la monoterapia fosse sufficiente. Come ha detto, non abbiamo la pubblicazione completa, ma sappiamo che i risultati dello studio sono stati molto positivi. L’uso della terapia di associazione in prima linea è risultata sostanzialmente migliore di qualsiasi altra monoterapia con un inibitore della PDE5 o un ERA.[9]

Dott. Hoeper: Assolutamente. L’aspetto molto positivo del disegno dello studio AMBITION è l’aggiunta di un braccio di trattamento orientato all’obiettivo. Se non si raggiungeva una risposta soddisfacente al trattamento entro 6 mesi di monoterapia o terapia di associazione, si passava a un altro trattamento o a un’intensificazione del trattamento. Il braccio della monoterapia dello studio AMBITION è il trattamento standard precedente, mentre la terapia di associazione iniziale è un nuovo approccio e il risultato è piuttosto chiaro.

Dott. Channick: C’è una riduzione significativa del rischio di ricovero ospedaliero. Con questi 2 studi, come vanno interpretati i dati in termini di effetti di classe e di farmaci specifici? Non abbiamo risposte a questa domanda perché non esistono studi comparativi diretti. Esito quasi a chiederlo perché so che è una domanda difficile a cui rispondere. In quale misura possiamo estrapolare i dati da uno studio all’altro? Sta diventando sempre più complicato.

Dott. Humbert: Questo è esattamente il nostro ruolo, interpretare i dati e applicarli al contesto clinico. In Francia, stiamo adottando questo approccio già da un po’ di tempo; iniziamo con qualsiasi tipo di ERA, un inibitore della PDE5 e a volte anche epoprostenolo EV come terapia di associazione in prima linea per i

Galie  N.  Eur  Respir  J.  2014;44  Suppl  58:2916.[5]  Vachiery  JL,  et  al.  Am  J  Respir  Crit  Care  Med.  2015;191:A2197.[9]  

AMBITION    

Pazien'  con  IAP  Naïve  al  

tra6amento    (N  =  500)  

Ambrisentan  (dose  target:  10  mg)  Tadalafil  (dose  target:  40  mg)  

(n  =  253)  

Tadalafil  (dose  target:  40  mg)  (n  =  121)  

Ambrisentan  (dose  target:  10  mg)  (n  =  126)  

24  seXmane  

Endpoint  primario:    Tempo  all'insuccesso  clinico  •  Decesso  •  Ricovero  

ospedaliero  per  il  peggioramento  della  IAP  

•  Progressione  della  malaia  

•  Risposta  a  lungo  termine  insoddisfacente  

•  L'associazione  ambrisentan/tadalafil  ha  rido6o  il  rischio  di  evenC  di  insuccesso  clinico  (ricoveri  ospedalieri)  del  63%  rispe6o  ad  ambrisentan  o  tadalafil  in  monoterapia  (HR  =  0,372;  IC  al  95%  0,217-­‐0,639;  P  =  0,0002)  

pazienti più gravi, e questa strategia si è dimostrata piuttosto efficace. Abbiamo dati solidi per farmaci di marca, ma nella comunità abbiamo anche dati di registro, dati monocentrici e dati di centri specializzati che mostrano che con farmaci diversi arriviamo allo stesso tipo di risultati. Naturalmente a volte i farmaci possono presentare interazioni, il che non è ottimale in termini di esiti; tuttavia non abbiamo studi comparativi diretti di questi trattamenti, anche se i dati dello studio randomizzato controllato e della nostra stessa esperienza suggeriscono ampiamente che l’associazione di un ERA con un inibitore della PDE5 sembra essere abbastanza vantaggiosa.

Dott. Hoeper: Sono totalmente d’accordo. Per quanto riguarda gli ERA, sono un po’ riluttante a confrontare i dati di cui disponiamo per bosentan, ambrisentan e macitentan. Parliamo di 3 studi a lungo termine, ma in effetti ce ne sono 4.

Dott. Hoeper: COMPASS-2 era uno studio a lungo termine condotto con bosentan e sildenafil, che non ha mostrato un miglioramento degli esiti.[10] Lo studio può avere molti punti dubbi, ma in sostanza abbiamo dati a lungo termine che mostrano miglioramenti con ambrisentan e macitentan, ma non con bosentan. Allo stesso tempo, abbiamo i problemi che ha citato il Dott. Humbert. Le interazioni farmacologiche sono rilevanti per bosentan, ma non per ambrisentan e macitentan. L’epatotossicità è ancora un problema, anche se ben gestito nella maggioranza dei pazienti, ma riguarda bosentan, non ambrisentan e macitentan. Credo che, almeno nei paesi in cui tutti questi farmaci sono rimborsati, vedremo una diminuzione dell’uso di bosentan e un aumento dell’uso di macitentan e ambrisentan, e questo è il concetto di medicina basata sull’evidenza.

Dott. Channick: Negli Stati Uniti questo sta già succedendo in modo evidente. Nella mia pratica personale, la grande maggioranza dei pazienti che sono passati da bosentan a macitentan ha ottenuto buoni risultati. La decisione di cambiare il trattamento è basata su molti aspetti, come per esempio la praticità e l’assenza di necessità di monitoraggio della funzionalità. È una di quelle argomentazioni in cui riesco a capire entrambe le parti. Tendo a essere più d’accordo con il Dott. Hoeper sul fatto che i dati relativi a un farmaco specifico debbano essere interpretati solo per tale farmaco fino a quando non viene dimostrato che possono essere estrapolati a qualsiasi agente della stessa classe. Questi farmaci sono diversi e hanno attività diverse, anche se possono appartenere alla stessa classe farmacologica.

Dott. Gaine: Per i pazienti è positivo avere una scelta. Valutiamo tutti i dati e ne parliamo con il paziente. Il paziente sta assumendo un ruolo sempre più attivo nel partecipare, in base ai fatti, al processo decisionale sul trattamento. Per alcune persone, un regime di monosomministrazione giornaliera, per esempio, è

COMPASS-­‐2    Endpoint  primario:    Tempo  al  primo  evento  di  morbilità/mortalità  •  Decesso  •  Ricovero  ospedaliero  per  il  

peggioramento  della  IAP  •  Inizio  di  prostanoidi  EV  •  Se6oplasCca  atriale  •  Trapianto  di  polmone  •  Peggioramento  della  IAP  

McLaughlin  V,  et  al.  Chest.  2014;146(4_MeeCngAbstracts):860A.[10]  

•  Endpoint  primario  non  soddisfaWo:  riduzione  del  rischio  del  17%  con  bosentan  rispe6o  al  placebo  (P  =  0,25)  

•  Aumento  degli  enzimi  epaCci  (>  3  x  ULN)  −  Placebo:  6,4%  −  Bosentan:  21,8%  

Pazien'  con  IAP  sintoma'ca  Tra6aC  con  sildenafil  ≥  12  seimane    (N  =  334)  

Placebo  (n  =  175)  

Bosentan  125    mg  BID  (n  =  159)  

molto importante, mentre per altre non lo è. Per alcuni pazienti, l’interazione farmacologica è un problema, in particolare per quelli che hanno presentato reazioni a un farmaco precedente. Il fatto di avere più farmaci con una maggiore quantità di dati è essenziale per i pazienti.

Dott. Humbert: Dal punto di vista scientifico, sono completamente d’accordo con quello che è appena stato detto; tuttavia, quando parliamo di COMPASS-2, non possiamo ignorare l’evidenza. Il disegno dello studio non ha la stessa qualità di quello degli altri studi randomizzati controllati. Va molto bene per uno studio di lunga durata, ma se vogliamo dati solidi, abbiamo farmaci di marca la cui efficacia è stata valutata in modo molto valido, e non dobbiamo ignorare i dati dei registri. Tuttavia, verranno pubblicati a breve dati piuttosto interessanti ottenuti in Italia e in Francia su altri ERA e inibitori della PDE5.

Dott. Channick: Sarà tutto molto più complicato quando parleremo dell’ultimo studio perché ora abbiamo potenzialmente un farmaco nuovo. Lo studio GRIPHON ha valutato un agonista del recettore della prostaciclina somministrato per via orale, che non è ancora approvato.[11] Il rapporto non è ancora stato pubblicato, ma è stato presentato. Lo studio era, per certi versi, uno studio di tripla associazione.

Dott. Gaine: Questi sono tempi veramente interessanti per la IAP. Nello studio GRIPHON, che è stato presentato prima all’American College of Cardiology[6] e successivamente all’American Thoracic Society,[11]

circa il 30% dei pazienti era già in terapia di base con due farmaci e l’80% dei pazienti assumeva già un altro farmaco. Lo studio prevedeva un endpoint composito, su grandissima scala, a lungo termine, di morbilità e mortalità nei pazienti, il 30% dei quali era trattato con un inibitore della PDE5 e un ERA, e sono stati osservati miglioramenti nell’endpoint primario. Questi dati hanno davvero cambiato drasticamente il trattamento della IAP e ora dobbiamo iniziare a prendere in considerazione la terapia di associazione orale in prima linea come opzione di trattamento. In un certo senso, è veramente un cambiamento di paradigma.

GRIPHON  Endpoint  primario:    Tempo  al  primo  evento  di  morbilità/mortalità  •  Progressione  della  

malaia  •  Ricovero  ospedaliero  per  

il  peggioramento  della  IAP  •  Peggioramento  della  IAP  •  Decesso  per  tu6e  le  cause  

•  47%  di  pazienC  in  monoterapia;  33%  in  terapia  di  associazione  •  40%  di  riduzione  del  rischio  di  evenC  di  morbilità/mortalità  rispe6o  al  placebo  (HR  =  0,60;  IC  al  99%  0,46-­‐0,78,  P  <  0,0001)  

•  Effe6o  del  tra6amento  uniforme  in  più  so6ogruppi,  compresi  quelli  straCficaC  per  Cpo  di  terapia  di  base  

•  Profilo  di  sicurezza  compaCbile  con  gli  effei  delle  prostacicline  

McLaughlin  VV,  et  al.  J  Am  Coll  Cardiol.  2015;65(10_S).[6]  Chin  KM,  et  al.  Am  J  Respir  Crit  Care  Med.  2015;191:A2199.[11]  

Pazien'  con  IAP    Naïve  al  tra6amento  o  in  terapia  di  base  con  ERA  o  inibitore  

della  PDE5  (N  =  1.156)  

Placebo  (n  =  582)  

Selexipag    200  µg  -­‐  1600  µg  bid  

(n  =  574)  

Dott. Channick: Questo conferma proprio quello che diceva prima il Dott. Hoeper: ci stiamo illudendo se pensiamo che i nostri pazienti siano stabili. Certo, un paziente potrebbe occasionalmente rimanere nello stato di salute attuale per anni, ma è solo un’ipotesi. È come lanciare una moneta, e non è certo una cosa da fare con i pazienti. Avere varie opzioni e disporre di dati che mostrano questi miglioramenti negli esiti è un enorme vantaggio.

Dott. Gaine: Inoltre, dai dati disponibili, sembra emergere che questi farmaci orali siano ben tollerati quando usati in monoterapia, in associazione doppia e in associazione tripla. Sono state segnalate reazioni avverse da lievi a moderate.

Dott. Channick: Vorrei ringraziare i professori Humbert, Hoeper e Gaine per essere stati con noi oggi. Grazie per aver partecipato a questa attività. Non dimenticate di fare clic sul link “Ottenere crediti CME” per rivedere le domande presentate all’inizio dell’attività e verificare cosa avete appreso. Seguiranno il post-test CME e la valutazione.

Questa trascrizione è stata modificata per ragioni di stile e chiarezza.

Conclusioni  

•  I  pazienC  con  IAP  stabile  potrebbero  effeivamente  trarre  beneficio  da  una  terapia  di  prima  linea  più  aggressiva  

• Le  nuove  terapie  sono  ben  tollerate  quando  usate  in  monoterapia  e  in  associazione  doppia  o  tripla  

Grazie  per  aver  partecipato  a  questa  aXvità.  

Può  ora  rispondere  a  un  breve  quesConario  di  post-­‐valutazione  facendo  clic  sul  link  OWenere  credi'  CME.  Seguirà  il  post-­‐test  CME.  Dedichi  qualche  momento  anche  al  completamento  della  valutazione  del  programma  alla  fine.  

Abbreviazioni

6MWD = distanza percorsa a piedi in 6 minuti

AMBITION = studio sulla terapia di associazione di prima linea con ambrisentan e tadalafil in soggetti affetti da ipertensione arteriosa polmonare (IAP)

Compass-2 = effetti dell’associazione di bosentan e sildenafil rispetto a sildenafil in monoterapia sull’ipertensione arteriosa polmonare (IAP)

ERA = antagonista del recettore dell’endotelina

EV = endovenoso

GRIPHON = selaxipag (ACT-293987) nell’ipertensione arteriosa polmonare

IAP = ipertensione arteriosa polmonare

IC = intervallo di confidenza

HR = hazard ratio

PDI5 = fosfodiesterasi 5

REVEAL Registry™ = registro per la valutazione della gestione precoce e a lungo termine della IAP

SERAPHIN = studio con macitentan (ACT-064992) sulla morbilità e la mortalità in pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare sintomatica

ULN = limite superiore della norma

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Bibliografia

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7. Simonneau G, Channick R, Delcroix M, et al. Effect of macitentan on long-term outcomes in patients with pulmonary arterial hypertension (PAH): subanalysis of SERAPHIN comparing incident and prevalent patient populations not treated with background PAH-specific therapy. Chest. 2013;144(4_MeetingAbstracts):876A.

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9. 9. Vachiery JL, Galie N, Barbera JA, et al. Initial combination therapy of ambrisentan and tadalafil reduced pulmonary arterial hypertension (PAH) related hospitalizations: secondary analysis from the AMBITION trial. Paper presented at: 2015 American Thoracic Society annual meeting; May 15-20, 2015; Denver, CO. Abstract A98.

10. McLaughlin V, Channick R; Ghofrani H-A, et al. Effect of bosentan and sildenafil combination therapy on morbidity and mortality in pulmonary arterial hypertension (PAH): results from the COMPASS-2 study. Chest. 2014;146(4_MeetingAbstracts):860A.

11. Chin KM, Channick R, Freyet A, et al. Selexipag prolongs the time to morbidity/mortality events in key subgroup populations: results from GRIPHON, a randomized controlled study in pulmonary arterial hypertension Am J Respir Crit Care Med. 2015;191:A2199.