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Pazienti con IAP: strategie emergenti per ridurre i ricoveri ospedalieri e migliorare gli esitiwww.medscape.org/spotlight/pah-strategies-italian
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Dott. Channick: È un immenso onore avere oggi con noi un gruppo di stimati esperti internazionali. Sono qui il Professor Sean Gaine, che è il responsabile del Centro nazionale per l’ipertensione polmonare del Mater Misericordiae University Hospital presso lo University College di Dublino, in Irlanda; il Professor Marius Hoeper del Dipartimento di medicina respiratoria della Hannover Medical School di Hannover, in Germania, che è il direttore dell’unità di terapia intensiva e del programma per l’ipertensione polmonare; e il Professor Marc Humbert dell’Université Paris-Sud, Centro nazionale di riferimento per l’ipertensione polmonare, del Dipartimento di medicina respiratoria e terapia intensiva dell’Hôpital Antoine Béclère di Clampert, in Francia.
Dott. Channick: Gli scopi di questo programma sono discutere dell’importanza, dell’impatto e dei costi del ricovero ospedaliero correlato all’ipertensione arteriosa polmonare (IAP), analizzare i dati clinici più recenti relativi alle terapie emergenti e i loro effetti sulla morbilità e sulla mortalità nei pazienti affetti da IAP, nonché identificare le strategie di gestione attuali ed emergenti per ridurre i ricoveri ospedalieri correlati alla IAP. Questo programma è stato motivato dalla disponibilità di nuovi dati che sono emersi e stanno ancora emergendo relativamente alla IAP e alle nuove strategie.
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Pazien' con IAP Nuove strategie per ridurre i ricoveri
ospedalieri e migliorare gli esi' Moderatore Richard N. Channick, MD Professore associato di medicina Harvard Medical School Dire6ore Programma per l'ipertensione polmonare e la tromboendoarteriectomia Massachuse6s General Hospital Boston, Massachuse6s
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Sean Gaine, MD, PhD Responsabile Centro nazionale per l'ipertensione polmonare Mater Hospital Dublino, Irlanda Marius M. Hoeper, MD DiparCmento di medicina respiratoria Hannover Medical School Hannover, Germania
Marc Humbert, MD, PhD Professore, Université Paris-‐Sud Le Kremlin-‐Bicêtre, Francia Primario e specialista Centro nazionale di riferimento per l'ipertensione polmonare DiparCmento di medicina respiratoria e terapia intensiva Hôpital Antoine Béclère Clamart, Francia
Partecipan'
Vorrei iniziare parlando della rilevanza del ricovero ospedaliero. Esistono molti endpoint e fattori che esaminiamo negli studi clinici e, soprattutto, quando trattiamo i pazienti, che ci permettono di valutare l’efficacia di una terapia.[1] Il ricovero ospedaliero correlato alla IAP è certamente uno di questi. Comincerei con il Dott. Humbert. Qual è la rilevanza del ricovero ospedaliero, quanto è comune questo problema e quanto incide sui nostri pazienti?
Marc Humbert, MD, PhD: Grazie. È effettivamente molto importante. Si tratta di un endpoint molto significativo dal punto di vista clinico e nella gestione del paziente. Quando avviene è un evento preciso e importante. I dati dei registri, che sono estremamente interessanti, mostrano che gli individui che vengono ricoverati avranno un esito peggiore. Questi pazienti avranno una maggiore probabilità di riospedalizzazione e una maggiore probabilità di morire nei 3 anni successivi al primo ricovero. Questi dati provengono dal REVEAL Registry,[2] un registro statunitense molto importante, ma questa tendenza si osserva anche nella maggior parte dei registri europei e nella pratica clinica.
Endpoint negli studi clinici sulla IAP
• 6MWD
• Peggioramento della classe funzionale e della capacità di svolgere esercizio fisico
• Peggioramento dei sintomi
• Ricovero ospedaliero per il peggioramento della IAP
• Necessità di terapia avanzata
• Mortalità
Gomberg-‐Maitland M, et al. J Am Coll Cardiol. 2013;62(25 Suppl):D82-‐D91.[1]
REVEAL Registry™ Il ricovero ospedaliero peggiora gli esi/ a lungo termine
Burger CD, et al. Chest. 2014;146:1263-‐1273.[2]
46,3
22,2
74,6
43,2
69
32,2
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Ricovero ospedaliero Decesso
Pazi
en',
%
Even' a 3 anni*
Tassi di even' a 3 anni* in pazien' con e senza primo ricovero entro 1 anno dall'arruolamento
Nessun ricovero ospedaliero
Primo ricovero ospedaliero correlato alla IAP
Primo ricovero ospedaliero non correlato alla IAP
*3 anni dopo la dimissione in pazienC con primo ricovero ospedaliero; 3 anni dal follow-‐up a 1 anno in pazienC senza ricovero ospedaliero.
Dott. Channick: È una fortuna avere con noi esperti di diversi paesi perché potrebbe essere interessante esaminare la questione del ricovero ospedaliero in termini di differenze tra un paese e l'altro. Negli Stati Uniti, per esempio, adottiamo determinati criteri generali per stabilire quando è necessario ricoverare i pazienti per il peggioramento della IAP, e questi criteri potrebbero differire da quelli di altri sistemi sanitari. Dott. Hoeper, in termini molto generali, quali sarebbero le sue indicazioni abituali per il ricovero e cosa comporta in genere il ricovero ospedaliero per questi pazienti?
Dott. Hoeper: Per i ricoveri correlati alla IAP, le 2 indicazioni principali sono: insufficienza cardiaca destra refrattaria alle terapie orali, soprattutto se il paziente necessita di diuretici per via endovenosa (EV), e necessità di trattamento con prostacicline per via parenterale (EV o sottocutanea).
Dott. Gaine: Sono d’accordo. L’insufficienza cardiaca destra e la necessità di terapie per via parenterale sono i motivi abituali per il ricovero ospedaliero. I pazienti potrebbero essere inoltre ricoverati alla diagnosi iniziale quando vengono sottoposti alle prime indagini diagnostiche. Talvolta è più difficile ricoverare un paziente in alcuni sistemi sanitari che in altri. Alcuni pazienti, per esempio, si presentano al pronto soccorso e i medici dedicati all’ipertensione polmonare non ne vengono a conoscenza. Oppure provengono da un ambulatorio e vengono visitati da uno specialista di ipertensione polmonare che decide che il paziente necessita di ulteriori indagini diagnostiche. Nell’intera nozione di ricovero ospedaliero sono coinvolti molti fattori, ma si tratta senz’altro di un marcatore di esito sfavorevole.
Dott. Channick: Sì, e questo è vero anche per altri endpoint, che possono essere marcatori dell’esito, ma sono anche clinicamente importanti, servendo così a 2 scopi. Nel mio centro e nel nostro sistema, è molto comune ricoverare i pazienti semplicemente per la somministrazione di diuretici EV. Questi sono pazienti che, per esempio, non stanno bene, ma non presentano insufficienza cardiaca destra conclamata. Hanno solo difficoltà di gestione dei liquidi. Se dopo aver titolato i diuretici orali non si ottiene comunque un calo ponderale, si decide di ricoverare il paziente, perché i diuretici EV saranno più efficaci in quanto non presentano problemi di assorbimento. Lo considerereste un ricovero ospedaliero per IAP e trattereste questo paziente in modo analogo?
Criteri per il ricovero ospedaliero correlato alla IAP
• Insufficienza cardiaca destra refra6aria alle terapie orali (per es. necessità di diureCci EV)
• Necessità di tra6amento con prostacicline per via parenterale
• Ulteriori indagini al momento della diagnosi iniziale
• Necessità di diureCci EV, anche senza insufficienza cardiaca destra conclamata
Dott. Humbert: Certamente. È davvero importante perché i ricoveri ospedalieri correlati alla IAP sono molto più significativi di quelli non correlati alla IAP. Considererei qualsiasi tipo di intervento come correlato alla IAP, per esempio, la necessità di epoprostenolo EV o diuretici EV oppure la necessità di trattare l’insufficienza cardiaca destra con dobutamina. I ricoveri ospedalieri correlati alla IAP sono estremamente significativi, soprattutto in termini di esiti a lungo termine.[2] Quelli non correlati alla IAP sono più discutibili. Alcuni non sono veramente significativi, ed è qualcosa che va messo in evidenza nel disegno degli studi randomizzati controllati (questi eventi devono essere opportunamente validati), ma nella pratica clinica, i ricoveri ospedalieri correlati alla IAP sono estremamente importanti.
Dott. Channick: Penso che su questo siamo tutti d’accordo. Certamente alcune delle altre implicazioni dei ricoveri ospedalieri, a parte la loro importanza come marcatore, vanno al di là del fatto che il paziente si trova in ospedale. Ci sono per esempio gli effetti psicologici e i costi,[3] che sicuramente differiscono da paese a paese, ma quando un paziente deve essere ricoverato, e lavora, in genere come reagisce? È una questione complessa.
Dott. Gaine: Per alcuni pazienti che soffrono di IAP e vogliono continuare a lavorare potrebbe essere l’ultima goccia. Fanno del loro meglio per mantenere la loro occupazione e per soddisfare le aspettative del datore di lavoro. Sanno di soffrire forse di una malattia grave, anche se non sanno quanto, e improvvisamente si trovano di nuovo in ospedale. I ricoveri ospedalieri possono avere davvero implicazioni molto serie per i pazienti, perché possono anche portare la malattia all’attenzione del datore di lavoro, dei vicini, degli amici e di chiunque altro. Hanno veramente un impatto molto personale anche per i pazienti.
Dott. Channick: Sì, siamo tutti d’accordo, credo. Quindi, una terapia che determini effetti positivi sui ricoveri ospedalieri potrebbe essere molto importante in termini di impatto sui pazienti.
Dott. Gaine: Ritengo che i pazienti siano in grado di comprendere il concetto che si tratta di una terapia che ha mostrato di ridurre la necessità di ricovero ospedaliero. Penso che sia più facile da capire di un farmaco che permette di migliorare i risultati nel test della distanza percorsa a piedi in 6 minuti (6MWD).
REVEAL Il ricovero ospedaliero correlato alla IAP peggiora l'esito a lungo termine
Burger CD, et al. Chest. 2014;146:1263-‐1273.[2]
Sopravvivenza a 3 anni in pazien' con primo ricovero entro 1 anno dall'arruolamento
0
50
100
150
200
250
300
0 6 12 18 24 30 36
Correlato alla IAP Non correlato alla IAP
Tempo dalla data di dimissione, mesi
N. a
risc
hio
n = 257 n = 214 P = 0,037
ImpaWo del ricovero ospedaliero
• Effei psicologici
• CosC
• Giorni di lavoro saltaC
• A6enzione rivolta alla malaia
Burke JP, et al. Am J Manag Care. 2015;21(3 Suppl):s47-‐s58.[3]
Le terapie che diminuiscono i ricoveri ospedalieri sono importan' per ridurre l'impaWo psicologico,
economico e sociale sul paziente
Dott. Channick: Tenendo presente questo endpoint, parliamo di alcuni degli studi specifici. Sicuramente nel campo della IAP il paradigma degli studi clinici è cambiato drasticamente dagli studi a breve termine che valutavano principalmente le capacità di compiere attività fisica agli studi a lungo termine, basati sugli eventi, in cui uno degli eventi che vengono valutati è il ricovero ospedaliero. Prima di parlarne più dettagliatamente, Dott. Hoeper, Lei è stato tra i primi a trasformare il modo in cui pensiamo alla risposta al trattamento e agli obiettivi della terapia. In un certo senso, stiamo cambiando gli obiettivi, o perlomeno ne stiamo cambiando i concetti, che prima consistevano nel raggiungere un obiettivo del trattamento e passare poi a quello successivo, mentre ora consistono nel prevenire la progressione. Come conciliamo o mettiamo insieme tutti questi aspetti?
Dott. Hoeper: Sono totalmente d’accordo. La strategia di trattamento orientata all’obiettivo è stata lo standard negli ultimi 5-10 anni e continua a essere ancora molto importante. I risultati dei recenti studi a lungo termine, in particolare SERAPHIN,[4] AMBITION[5]
e GRIPHON,[6] hanno mostrato che mettere in pratica concetti di trattamento indipendenti dagli obiettivi può migliorare gli esiti.
Dott. Hoeper: È piuttosto chiaro, specialmente esaminando i risultati dello studio SERAPHIN su macitentan,[4] che si osservano esiti migliori non solo per i pazienti naϊve al trattamento o in terapia con un antagonista del recettore dell’endotelina (ERA), ma anche per quelli già trattati in precedenza, prevalentemente con inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5) in questo studio, e questi pazienti erano stabili.
Cambiamento di paradigma nel traWamento della IAP
Studi a breve termine con esi' orienta'
all'obieXvo (6MWD)
Studi a lungo termine con esi' basa' sugli even' (morbilità/mortalità)
• SERAPHINa
• AMBITIONb
• GRIPHONc
a. Pulido T, et al. N Engl J Med. 2013;369:809-‐818.[4] b. Galie N. Eur Respir J. 2014;44 Suppl 58:2916.[5] c. McLaughlin VV, et al. J Am Coll Cardiol. 2015;65(10_S).[6]
Pulido T, et al. N Engl J Med. 2013;369:809-‐818.[4]
SERAPHIN
Macitentan riduce gli even/ di morbilità e mortalità in pazien/ con IAP
Endpoint
Placebo (N = 250)
Macitentan 3 mg (N = 250)
Macitentan 10 mg (N = 242)
Macitentan 3 mg vs. placebo
Macitentan 10 mg vs. placebo
Numero di pazienti (%) Hazard ratio Valore P Hazard ratio Valore P
Evento correlato a IAP o decesso come primo evento [tutti gli eventi]
116 (46,4)
95 (38,0) 76 (31,4) 0,70 (0,52-0,96)
0,01 0,55 (0,32-0,76)
<0,001
Decesso dovuto a IAP o ricovero ospedaliero per IAP come primo evento [tutti gli eventi]
84 (33,6)
65 (26,0) 50 (20,7) 0,67 (0,46-0,97)
0,01 0,50 (0,34-0,75)
<0,001
Dott. Hoeper: Alla presentazione, i pazienti erano in classe funzionale III o anche II dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ciononostante, quelli in terapia con un ERA hanno mostrato un esito migliore nel lungo periodo. In passato, in una strategia di trattamento orientata all’obiettivo, questi pazienti sarebbero stati considerati come trattati in modo sufficientemente adeguato con la monoterapia. Ora, sempre più dati suggeriscono che l’esito a lungo termine sia migliore e possa essere conseguito con determinate terapie di associazione. Questo è un approccio fondamentale e probabilmente rappresenta un passaggio da una strategia di trattamento orientata all’obiettivo a una strategia di trattamento orientata all’esito.
Dott. Channick: A volte è complicato stabilire il modo migliore in cui pensare a questi aspetti o in cui metterli in pratica oppure il modo in cui comunicare questi concetti ai nostri pazienti. Spiegare che l’obiettivo è aumentare la 6MWD fino a 400 m o migliorare la classe funzionale e far tornare il paziente al lavoro è semplice, ma spiegare gli hazard ratio e gli esiti ai pazienti a volte non è così facile.
Dott. Hoeper: Quando parlo ai miei pazienti, uso come concetto principale la progressione della malattia. Il ricovero ospedaliero è semplicemente un indicatore di questa progressione, così come lo sono il peggioramento della classe funzionale e il peggioramento della 6MWD, perché mostrano che non è stato raggiunto un controllo della malattia nel paziente. Nella maggior parte dei casi oggi non possiamo curare la IAP, ma almeno possiamo controllarla in modo che non progredisca. Spiego ai miei pazienti che ora è questo l’obiettivo più importante, in particolare per chi è così fortunato da aver ricevuto la diagnosi a uno stadio relativamente iniziale della malattia, quando era in classe funzionale II. Se questi pazienti rimanessero nella stessa classe funzionale per i prossimi 10 anni, sarebbe un gran successo.
Dott. Humbert: Sono completamente d’accordo con quanto ha appena affermato il Dott. Hoeper. Dobbiamo collaborare con i pazienti. Dobbiamo condividere gli stessi obiettivi e riuscire a far vedere loro che siamo interessati all’esito; sarebbe veramente una cosa positiva. L’esito, naturalmente, è la sopravvivenza, ma è anche la qualità della vita, così come il mantenimento di una buona classe funzionale. Questo è molto più facile da far capire ai pazienti, che saranno molto contenti di vedere che abbiamo le stesse preoccupazioni.
Dott. Hoeper: Gli obiettivi del trattamento non sono cambiati. L’obiettivo del trattamento è sempre una buona classe funzionale, ovvero una classe funzionale I o II, perché ciò ha 2 implicazioni. Innanzitutto, il paziente sta bene e, in secondo luogo, ha un esito favorevole. Come ho detto prima, non possiamo curare la IAP, ma dobbiamo far sì che il paziente abbia una buona funzionalità ventricolare destra e che sia stabile. La funzionalità ventricolare destra deve
SERAPHIN -‐ con'nua Popolazione con IAP
• Naϊve al tra6amento (37%) o in terapia di base (63%) – Inibitori della PDE5 – Prostanoidi orali o inalatori – Altro
• PazienC stabili – Prevalentemente classe funzionale OMS II o III – ConsideraC tra6aC a sufficienza secondo la strategia terapeuCca
precedente orientata all'obieivo
Pulido T, et al. N Engl J Med. 2013;369:809-‐818.[4]
Classe funzionale OMS % I 0
II 52
III 46
IV 2
ObieXvi del traWamento
• Prevenire la progressione della malaia
• Migliorare la sopravvivenza
• Migliorare la qualità della vita
• Migliorare la classe funzionale a I o II
• Mantenere una buona funzionalità ventricolare destra
Considerare l'uso dei farmaci disponibili in prima linea per stabilizzare il paziente e prevenire la progressione della malaXa
essere buona perché è il principale fattore predittivo dell’esito nei nostri pazienti e questo obiettivo rimane immutato; tuttavia, gli studi a lungo termine più recenti hanno mostrato che con nuove strategie di trattamento, anche utilizzando gli stessi farmaci, è possibile ottenere questi esiti per una percentuale maggiore di pazienti.
Dott. Gaine: Quello che è cambiato per noi nella pratica clinica è la maggiore probabilità di utilizzare i farmaci più precocemente. In passato, un paziente sarebbe stato seguito per determinare se gli obiettivi venivano soddisfatti, quindi altri farmaci sarebbero stati aggiunti oppure tenuti come opzione successiva. Ora, dobbiamo abituarci a non rimandare l’uso di determinati farmaci e a procedere alla stabilizzazione effettiva del paziente prevenendone la progressione mediante l’impiego precoce dei farmaci a disposizione.
Dott. Channick: In effetti questo è un ottimo spunto per passare all’argomento successivo. Abbiamo 3 studi che hanno valutato la morbilità e la mortalità, ovvero endpoint basati sugli eventi, con varie terapie.[4-6] Lo studio SERAPHIN[4] ha valutato macitentan come terapia aggiuntiva o in pazienti naϊve al trattamento. Questo si è rivelato un approccio molto efficace per migliorare il tempo al primo evento.
Studi clinici sulla IAP che hanno valutato endpoint di morbilità e mortalità
a. Pulido T, et al. N Engl J Med. 2013;369:809-‐818.[4] b. Galie N. Eur Respir J. 2014;44 Suppl 58:2916.[5] c. McLaughlin VV, et al. J Am Coll Cardiol. 2015;65(10_S).[6]
Studio Gruppi di traWamento Endpoint primario
SERAPHINa Macitentan vs placebo Tempo al primo
evento di morbilità/mortalità
AMBITIONb Ambrisentan/tadalafil vs ambrisentan o tadalafil
Tempo all'insuccesso clinico
GRIPHONc Selexipag vs placebo Tempo al peggioramento clinico
Dott. Channick: Gli endpoint di questo studio erano molto solidi perché comprendevano, tra gli altri, il peggioramento della IAP, la necessità di terapia EV, il decesso e il trapianto.[4]
Dott. Channick: Il ricovero ospedaliero non era un endpoint primario dello studio SERAPHIN, ma, come endpoint secondario, ha mostrato una chiara riduzione del 50% della necessità di ricovero. [4] Due terzi dei pazienti erano sottoposti a terapia di base con sildenafil, il che suggerisce che, anche con questo approccio di trattamento aggiuntivo, la probabilità di ricovero ospedaliero può essere ridotta in modo significativo.
Dott. Gaine: Questo è probabilmente uno dei risultati più significativi dello studio SERAPHIN. Pazienti che erano considerati stabili in monoterapia, per esempio con un inibitore della PDE5, hanno mostrato un miglioramento dell’endpoint primario quando è stato aggiunto macitentan. Il messaggio dello studio è che i pazienti trattati in monoterapia, ma che non mostrano necessariamente una risposta tanto soddisfacente quanto si desidera, possono essere comunque aiutati, anche se sono stabili.
SERAPHIN Endpoint primario
Pulido T, et al. N Engl J Med. 2013;369:809-‐818.[4]
Tempo al primo evento di morbilità o mortalità
Decesso
Se6oplasCca atriale
Trapianto di polmone
Necessità di terapia EV
Altro peggioramento della IAP
Pulido T, et al. N Engl J Med. 2013;369:809-‐818.[4]
SERAPHIN -‐ con'nua
Endpoint secondario: decesso per IAP o ricovero ospedaliero per IAP come primo evento (vs placebo)
Macitentan 3 mg: HR = 0,67; P = 0,01
Macitentan 10 mg: HR = 0,50; P < 0,001
Dott. Humbert: Sì. Infatti, quando si analizzano dettagliatamente l’endpoint primario e quelli secondari, si vede che gli endpoint secondari sono i principali fattori determinanti di quello primario.[8]
Tra gli endpoint secondari, la riduzione dei ricoveri ospedalieri è ora un aspetto molto importante per il futuro dei pazienti. Il Dott. Hoeper ha citato gli esiti; un ricovero ospedaliero è senz’altro un marcatore di esito sfavorevole nel futuro. I dati degli studi randomizzati controllati e le nostre conoscenze della pratica clinica e dei registri suggeriscono che una riduzione dei ricoveri ospedalieri sia estremamente importante.
Dott. Hoeper: Inoltre, abbiamo appreso molto da questi studi perché disponiamo di dati a lungo termine relativi a popolazioni di pazienti ben definite e ben caratterizzate. In questi studi, perlomeno nello studio SERAPHIN, sono stati inclusi pazienti prevalenti e incidenti.[7] Tra i pazienti incidenti, circa la metà presenterà un evento di peggioramento entro i 3 anni successivi, anche con un trattamento in monoterapia, il che ci ricorda che abbiamo a che fare con una malattia molto aggressiva, e lo sappiamo da anni, ma ora disponiamo di evidenze che supportano l’uso di un approccio più aggressivo, ovvero la terapia di associazione iniziale, precoce o in prima linea.
Dott. Channick: In altre parole, per un paziente trattato con un inibitore della PDE5, che sia in una qualsiasi classe funzionale diversa dalla I, potenzialmente raccomanderebbe l’aggiunta precoce di un secondo farmaco?
Dott. Hoeper: Personalmente, raccomanderei questo trattamento anche per i pazienti in classe funzionale I. Talvolta i pazienti più giovani stanno bene; la loro 6MWD è 500 m o 600 m. Sarebbero inclusi nella classe funzionale I, ma presentano comunque una compromissione abbastanza grave dell’emodinamica e sappiamo che questa è una malattia aggressiva, negli uomini più che nelle donne. A questi pazienti ora consiglio una terapia aggiuntiva con un ERA. SERAPHIN[4] e AMBITION[5] sono 2 studi a lungo termine ben disegnati che suggeriscono entrambi molto chiaramente che l’aggiunta o l’associazione di un ERA a un inibitore della PDE5 determina un esito migliore nel lungo periodo (3, 5, 10 anni a partire da ora) e possiamo veramente fare la differenza se procediamo in questo modo.
SERAPHIN Effe=o sui ricoveri ospedalieri • Riduzione del tasso di ricoveri ospedalieri correlaC a IAP per 100 anni-‐paziente (vs placebo) − Macitentan 3 mg: 44,5%; P = 0,0004 − Macitentan 10 mg: 49,8%; P < 0,0001
• Riduzione nel numero di giorni di degenza ospedaliera correlata alla IAP (vs placebo) − Macitentan 3 mg: 53,3%; P = 0,0001 − Macitentan 10 mg: 52,3%; P = 0,0003
Channick RN, et al. JACC Heart Fail. 2015;3:1-‐8.[8]
SERAPHIN -‐ con'nua
Popolazione naϊve al traWamento
Evento di morbilità/mortalità, %
Placebo Macitentan
3 mg Macitentan
10 mg
Incidente, IAP ≤ 6 mesi (n = 108) 63,9 40,0 38,2
Prevalente, IAP > 6 mesi (n = 157) 42,4 28,9 24,5
Simonneau G, et al. Chest. 2013;144(4_MeeCngAbstracts):876A.[7]
Rischio più elevato di morbilità/mortalità in pazien/ inciden/
Dott. Gaine: In particolare, con terapie orali ben tollerate, lo si può fare per i pazienti in classe funzionale I o II. Si auspica che con un approccio di prima linea aggressivo, le terapie parenterali, che sono gestibili meno facilmente, potrebbero non essere necessarie così presto come lo sarebbero altrimenti. Esistono molti motivi per adottare questo approccio.
Dott. Channick: Lo studio AMBITION,[5] che non è stato ancora pubblicato ma è stato presentato, aveva un disegno piuttosto diverso, con farmaci differenti ed endpoint diversi, che tra quelli primari comprendevano il ricovero ospedaliero come uno dei fattori determinanti e il tempo all’insuccesso clinico. Potete parlarcene brevemente?
Dott. Gaine: Si è trattato di una svolta positiva e innovativa negli endpoint per lo studio AMBITION. I pazienti venivano trattati per 6 mesi. Se non miglioravano, si considerava che non avessero raggiunto l’endpoint primario. Lo studio AMBITION era interessante anche perché sottolineava l’importanza di non valutare i pazienti solo in termini di endpoint, ma anche giudicando l’approccio al trattamento per determinare se dovessero essere in terapia di associazione già in prima linea o se la monoterapia fosse sufficiente. Come ha detto, non abbiamo la pubblicazione completa, ma sappiamo che i risultati dello studio sono stati molto positivi. L’uso della terapia di associazione in prima linea è risultata sostanzialmente migliore di qualsiasi altra monoterapia con un inibitore della PDE5 o un ERA.[9]
Dott. Hoeper: Assolutamente. L’aspetto molto positivo del disegno dello studio AMBITION è l’aggiunta di un braccio di trattamento orientato all’obiettivo. Se non si raggiungeva una risposta soddisfacente al trattamento entro 6 mesi di monoterapia o terapia di associazione, si passava a un altro trattamento o a un’intensificazione del trattamento. Il braccio della monoterapia dello studio AMBITION è il trattamento standard precedente, mentre la terapia di associazione iniziale è un nuovo approccio e il risultato è piuttosto chiaro.
Dott. Channick: C’è una riduzione significativa del rischio di ricovero ospedaliero. Con questi 2 studi, come vanno interpretati i dati in termini di effetti di classe e di farmaci specifici? Non abbiamo risposte a questa domanda perché non esistono studi comparativi diretti. Esito quasi a chiederlo perché so che è una domanda difficile a cui rispondere. In quale misura possiamo estrapolare i dati da uno studio all’altro? Sta diventando sempre più complicato.
Dott. Humbert: Questo è esattamente il nostro ruolo, interpretare i dati e applicarli al contesto clinico. In Francia, stiamo adottando questo approccio già da un po’ di tempo; iniziamo con qualsiasi tipo di ERA, un inibitore della PDE5 e a volte anche epoprostenolo EV come terapia di associazione in prima linea per i
Galie N. Eur Respir J. 2014;44 Suppl 58:2916.[5] Vachiery JL, et al. Am J Respir Crit Care Med. 2015;191:A2197.[9]
AMBITION
Pazien' con IAP Naïve al
tra6amento (N = 500)
Ambrisentan (dose target: 10 mg) Tadalafil (dose target: 40 mg)
(n = 253)
Tadalafil (dose target: 40 mg) (n = 121)
Ambrisentan (dose target: 10 mg) (n = 126)
24 seXmane
Endpoint primario: Tempo all'insuccesso clinico • Decesso • Ricovero
ospedaliero per il peggioramento della IAP
• Progressione della malaia
• Risposta a lungo termine insoddisfacente
• L'associazione ambrisentan/tadalafil ha rido6o il rischio di evenC di insuccesso clinico (ricoveri ospedalieri) del 63% rispe6o ad ambrisentan o tadalafil in monoterapia (HR = 0,372; IC al 95% 0,217-‐0,639; P = 0,0002)
pazienti più gravi, e questa strategia si è dimostrata piuttosto efficace. Abbiamo dati solidi per farmaci di marca, ma nella comunità abbiamo anche dati di registro, dati monocentrici e dati di centri specializzati che mostrano che con farmaci diversi arriviamo allo stesso tipo di risultati. Naturalmente a volte i farmaci possono presentare interazioni, il che non è ottimale in termini di esiti; tuttavia non abbiamo studi comparativi diretti di questi trattamenti, anche se i dati dello studio randomizzato controllato e della nostra stessa esperienza suggeriscono ampiamente che l’associazione di un ERA con un inibitore della PDE5 sembra essere abbastanza vantaggiosa.
Dott. Hoeper: Sono totalmente d’accordo. Per quanto riguarda gli ERA, sono un po’ riluttante a confrontare i dati di cui disponiamo per bosentan, ambrisentan e macitentan. Parliamo di 3 studi a lungo termine, ma in effetti ce ne sono 4.
Dott. Hoeper: COMPASS-2 era uno studio a lungo termine condotto con bosentan e sildenafil, che non ha mostrato un miglioramento degli esiti.[10] Lo studio può avere molti punti dubbi, ma in sostanza abbiamo dati a lungo termine che mostrano miglioramenti con ambrisentan e macitentan, ma non con bosentan. Allo stesso tempo, abbiamo i problemi che ha citato il Dott. Humbert. Le interazioni farmacologiche sono rilevanti per bosentan, ma non per ambrisentan e macitentan. L’epatotossicità è ancora un problema, anche se ben gestito nella maggioranza dei pazienti, ma riguarda bosentan, non ambrisentan e macitentan. Credo che, almeno nei paesi in cui tutti questi farmaci sono rimborsati, vedremo una diminuzione dell’uso di bosentan e un aumento dell’uso di macitentan e ambrisentan, e questo è il concetto di medicina basata sull’evidenza.
Dott. Channick: Negli Stati Uniti questo sta già succedendo in modo evidente. Nella mia pratica personale, la grande maggioranza dei pazienti che sono passati da bosentan a macitentan ha ottenuto buoni risultati. La decisione di cambiare il trattamento è basata su molti aspetti, come per esempio la praticità e l’assenza di necessità di monitoraggio della funzionalità. È una di quelle argomentazioni in cui riesco a capire entrambe le parti. Tendo a essere più d’accordo con il Dott. Hoeper sul fatto che i dati relativi a un farmaco specifico debbano essere interpretati solo per tale farmaco fino a quando non viene dimostrato che possono essere estrapolati a qualsiasi agente della stessa classe. Questi farmaci sono diversi e hanno attività diverse, anche se possono appartenere alla stessa classe farmacologica.
Dott. Gaine: Per i pazienti è positivo avere una scelta. Valutiamo tutti i dati e ne parliamo con il paziente. Il paziente sta assumendo un ruolo sempre più attivo nel partecipare, in base ai fatti, al processo decisionale sul trattamento. Per alcune persone, un regime di monosomministrazione giornaliera, per esempio, è
COMPASS-‐2 Endpoint primario: Tempo al primo evento di morbilità/mortalità • Decesso • Ricovero ospedaliero per il
peggioramento della IAP • Inizio di prostanoidi EV • Se6oplasCca atriale • Trapianto di polmone • Peggioramento della IAP
McLaughlin V, et al. Chest. 2014;146(4_MeeCngAbstracts):860A.[10]
• Endpoint primario non soddisfaWo: riduzione del rischio del 17% con bosentan rispe6o al placebo (P = 0,25)
• Aumento degli enzimi epaCci (> 3 x ULN) − Placebo: 6,4% − Bosentan: 21,8%
Pazien' con IAP sintoma'ca Tra6aC con sildenafil ≥ 12 seimane (N = 334)
Placebo (n = 175)
Bosentan 125 mg BID (n = 159)
molto importante, mentre per altre non lo è. Per alcuni pazienti, l’interazione farmacologica è un problema, in particolare per quelli che hanno presentato reazioni a un farmaco precedente. Il fatto di avere più farmaci con una maggiore quantità di dati è essenziale per i pazienti.
Dott. Humbert: Dal punto di vista scientifico, sono completamente d’accordo con quello che è appena stato detto; tuttavia, quando parliamo di COMPASS-2, non possiamo ignorare l’evidenza. Il disegno dello studio non ha la stessa qualità di quello degli altri studi randomizzati controllati. Va molto bene per uno studio di lunga durata, ma se vogliamo dati solidi, abbiamo farmaci di marca la cui efficacia è stata valutata in modo molto valido, e non dobbiamo ignorare i dati dei registri. Tuttavia, verranno pubblicati a breve dati piuttosto interessanti ottenuti in Italia e in Francia su altri ERA e inibitori della PDE5.
Dott. Channick: Sarà tutto molto più complicato quando parleremo dell’ultimo studio perché ora abbiamo potenzialmente un farmaco nuovo. Lo studio GRIPHON ha valutato un agonista del recettore della prostaciclina somministrato per via orale, che non è ancora approvato.[11] Il rapporto non è ancora stato pubblicato, ma è stato presentato. Lo studio era, per certi versi, uno studio di tripla associazione.
Dott. Gaine: Questi sono tempi veramente interessanti per la IAP. Nello studio GRIPHON, che è stato presentato prima all’American College of Cardiology[6] e successivamente all’American Thoracic Society,[11]
circa il 30% dei pazienti era già in terapia di base con due farmaci e l’80% dei pazienti assumeva già un altro farmaco. Lo studio prevedeva un endpoint composito, su grandissima scala, a lungo termine, di morbilità e mortalità nei pazienti, il 30% dei quali era trattato con un inibitore della PDE5 e un ERA, e sono stati osservati miglioramenti nell’endpoint primario. Questi dati hanno davvero cambiato drasticamente il trattamento della IAP e ora dobbiamo iniziare a prendere in considerazione la terapia di associazione orale in prima linea come opzione di trattamento. In un certo senso, è veramente un cambiamento di paradigma.
GRIPHON Endpoint primario: Tempo al primo evento di morbilità/mortalità • Progressione della
malaia • Ricovero ospedaliero per
il peggioramento della IAP • Peggioramento della IAP • Decesso per tu6e le cause
• 47% di pazienC in monoterapia; 33% in terapia di associazione • 40% di riduzione del rischio di evenC di morbilità/mortalità rispe6o al placebo (HR = 0,60; IC al 99% 0,46-‐0,78, P < 0,0001)
• Effe6o del tra6amento uniforme in più so6ogruppi, compresi quelli straCficaC per Cpo di terapia di base
• Profilo di sicurezza compaCbile con gli effei delle prostacicline
McLaughlin VV, et al. J Am Coll Cardiol. 2015;65(10_S).[6] Chin KM, et al. Am J Respir Crit Care Med. 2015;191:A2199.[11]
Pazien' con IAP Naïve al tra6amento o in terapia di base con ERA o inibitore
della PDE5 (N = 1.156)
Placebo (n = 582)
Selexipag 200 µg -‐ 1600 µg bid
(n = 574)
Dott. Channick: Questo conferma proprio quello che diceva prima il Dott. Hoeper: ci stiamo illudendo se pensiamo che i nostri pazienti siano stabili. Certo, un paziente potrebbe occasionalmente rimanere nello stato di salute attuale per anni, ma è solo un’ipotesi. È come lanciare una moneta, e non è certo una cosa da fare con i pazienti. Avere varie opzioni e disporre di dati che mostrano questi miglioramenti negli esiti è un enorme vantaggio.
Dott. Gaine: Inoltre, dai dati disponibili, sembra emergere che questi farmaci orali siano ben tollerati quando usati in monoterapia, in associazione doppia e in associazione tripla. Sono state segnalate reazioni avverse da lievi a moderate.
Dott. Channick: Vorrei ringraziare i professori Humbert, Hoeper e Gaine per essere stati con noi oggi. Grazie per aver partecipato a questa attività. Non dimenticate di fare clic sul link “Ottenere crediti CME” per rivedere le domande presentate all’inizio dell’attività e verificare cosa avete appreso. Seguiranno il post-test CME e la valutazione.
Questa trascrizione è stata modificata per ragioni di stile e chiarezza.
Conclusioni
• I pazienC con IAP stabile potrebbero effeivamente trarre beneficio da una terapia di prima linea più aggressiva
• Le nuove terapie sono ben tollerate quando usate in monoterapia e in associazione doppia o tripla
Grazie per aver partecipato a questa aXvità.
Può ora rispondere a un breve quesConario di post-‐valutazione facendo clic sul link OWenere credi' CME. Seguirà il post-‐test CME. Dedichi qualche momento anche al completamento della valutazione del programma alla fine.
Abbreviazioni
6MWD = distanza percorsa a piedi in 6 minuti
AMBITION = studio sulla terapia di associazione di prima linea con ambrisentan e tadalafil in soggetti affetti da ipertensione arteriosa polmonare (IAP)
Compass-2 = effetti dell’associazione di bosentan e sildenafil rispetto a sildenafil in monoterapia sull’ipertensione arteriosa polmonare (IAP)
ERA = antagonista del recettore dell’endotelina
EV = endovenoso
GRIPHON = selaxipag (ACT-293987) nell’ipertensione arteriosa polmonare
IAP = ipertensione arteriosa polmonare
IC = intervallo di confidenza
HR = hazard ratio
PDI5 = fosfodiesterasi 5
REVEAL Registry™ = registro per la valutazione della gestione precoce e a lungo termine della IAP
SERAPHIN = studio con macitentan (ACT-064992) sulla morbilità e la mortalità in pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare sintomatica
ULN = limite superiore della norma
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