Pastiche #37 online

16
versicontroversi mensile gratuito Francesco Capocci - Eclaire\ spappola l’arte e la poesia 11/2014 PASTICHE n.37

description

Ma che cos’è questo lampo di felicità che mi fa tremare, che mi dà forza, vita? Vi domando scusa dolcissime creature. Non avevo capito. Non sapevo. Com’è giusto accettarvi, amarvi. E come è semplice. Luisa, mi sento come liberato. Tutto mi sembra buono, tutto ha un senso. Tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare. Ma non so dire. Ecco tutto ritorna come prima. Tutto confuso. Ma questa confusione…sono io. Io come sono, non come vorrei essere. E non mi fa più paura, dire la verità. Quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo. e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita, viviamola insieme. Non so dirti altro Luisa, né a te né a gli altri, accettami così come sono, se puoi. E’ l’unico modo per tentare di trovarci. Federico Fellini, 8 e mezzo

Transcript of Pastiche #37 online

Page 1: Pastiche #37 online

versicontroversimensile gratuito

Francesco Capocci - Eclaire\

spappola l’arte e la poesia11/2014

PASTICHEn.37

Page 2: Pastiche #37 online

Pastiche

a

Collaboratori: Chiara Fornesi, Fara Peluso.

Per ricevere a casa Pastiche in abbonamento ( costo 12 euro ) scriveteci a:[email protected],indicando nome e recapito.Per inviare il vostro materiale ( poesie, racconti – lunghezza da concordare -, disegni, racconti per immagini, fotogra-fie b/n, stencil e quant’altro ) scrivete a: [email protected].

Chi collabora con Pastiche lo fa senza ricevere compensi. La proprietà intellettuale resta chiaramente agli autori.

PASTICHE pensata e redatta da Paolo Battista.

Grafica e impaginazione a cura di Moodifwww.facebook.com/pasticherivista

http://issuu.com/pasticherivista

Ma che cos’è questo lampo di felicità che mi fa tremare, che mi dà forza, vita?Vi domando scusa dolcissime creature. Non avevo capito. Non sapevo.Com’è giusto accettarvi, amarvi. E come è semplice.Luisa, mi sento come liberato. Tutto mi sembra buono, tutto ha un senso. Tutto è vero.Ah, come vorrei sapermi spiegare. Ma non so dire.Ecco tutto ritorna come prima. Tutto confuso. Ma questa confusione…sono io.Io come sono, non come vorrei essere. E non mi fa più paura, dire la verità. Quel-lo che non so,che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo. e posso guarda-re i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita, viviamola insieme.Non so dirti altro Luisa, né a te né a gli altri, accettami così come sono, se puoi. E’ l’unico modo per tentare di trovarci.

Federico Fellini |||| 8 e mezzo

Page 3: Pastiche #37 online

Pastiche

b

Sono stato a un passo dalla pioggia, dal vento, dal terremoto, dal matrimonio, dall’avere un figlio, un

cane, un gatto, un coniglio, un porcellino d’india, un fico d’india, una fica d’india e un viaggio in india

– sono stato a un passo dalla morte, dalle lacrime, dal fumarmi anche l’anima, dal bucarmi anche l’a-

nima, dalla speranza, dai muri, dall’amoreterno, dalla paura, dalla verità, dalla malinconia, dalla

depressione, dall’avere una bici nera con le marce e le ruote bucate, dalla giusta alternativa che alla

fine non sai qual è, dai rischi, dalla crisi perma-nente, dall’arroganza, dal momento sbagliato e da

quello giusto, dall’odio e dalla rabbia per aver avuto rabbia – sono stato a un passo dall’ammazzare il

vigile dai capelli rossi, a un passo dal suicidio, a un passo dalla luna, dalla guerra, dalla mischia, dal

cancello, dai tuoi baci, dal gioco, dal nongioco, dal nonsense, dal nonrompermiicoglioni, dal mare,

dal cielo, dall’atrocità del mare e del cielo, dal mangiare merda, dal mangiare cuori, dal mangiare

merda e cuori insieme, dalla distruzione, dalla rina-scita, dal finire spiaccicato sotto un copertone di

un autocarro, di un auto, di un taxi, di un motorino – sono stato a un passo dall’ingoiare un’ape mentre

viaggiavo sul motorino con te, a un passo dalla fol-lia, dalla bellezza, dalla brezza dei muri di mattoni,

dai muretti della villa, dagli scalini di mattoni della villa, dall’asfalto, dall’infarto, dai limiti che sono

sempre difficili da superare, dal superare i limiti, dal cagarli con un po’ di sforzo, sono stato a un

passo dall’essere un perfetto superuomo senza la volontà di essere un uomo – sono stato a un pas-

so dalla pozzanghera enorme dietro casa mia, a un passo dal rompermi i denti, a un passo dal finale,

dal vagone, dall’ambulanza, a un passo dall’accet-tare un lavoro come schiavo, a un passo dal freddo

A un passo

Page 4: Pastiche #37 online

Pastiche

c

cane che poi s’insinua nelle ossa anche a primavera – sono stato a un passo dalla primavera, dall’esta-te, dall’autunno, dall’inferno, dalla poesia vissuta,

dalla poesia vissuta in malomodo, dall’essere uo-mopipistrello, dall’essere uomouccello, uomoalbe-ro, uomosterpaglia, a un passo dal prenderlo in culo e aun passo dalle tenebre radioattive – sono stato a un passo dalla ragione, dalla prigione, dall’anar-chia, dall’essere zombi, dall’essere bambi, dall’es-sere un barbone, dall’essere un coglione, dal non-salutare nessuno, dalla nausea, dallo stordimento,

dalle donne migliori, da quelle peggiori e da quelle che odiano donne e uomini – sono stato a un passo da niente di particolare, a un passo dal mancarmi, a un passo dal mancarti, a un passo dal perderti fino a quando ti ho persa, a un passo dalla trage-dia, dalle solite cose, dall’universo, dal fuoco che brucia come acido muriatico, a un passo dal fare il grando passo, a un passo dalle lacrime blu, aun

passo dal niente – sono stato a un passo dallo stor-dire un prete di provincia, uno sbirro in pensione di provincia, un politico di provincia, un avvocato di provincia, un piccione di provincia, un desolatore di provincia, un poeta di provincia, un topomorto di provincia – sono stato a un passo dall’essere cristo, l’anticristo, un puffo, un antipuffo, una iena, un orso, una vecchia ciabatta, un calzino bucato, un

coglione svuotato, un ginocchio sbucciato, un frigo vuoto, un addio che non avresti voluto dire addio, un torrente secco trasformato in un parcheggio – sono stato a un passo dal cortile, dall’infamia, dal burrone, dal blocco dello scrittore, dal blocco inte-stinale, da quello emozionale e da quello della mia auto – sono stato a un passo dalla soluzione peggio-re, a un passo dall’essere soldato, a un passo dall’i-

scrivermi in palestra, a un passo dall’essere cieco, sordo, muto, pesto, nero, frocio, ebreo, cinese, palestinese, crepato come un palestinese, acca-sciato, prosciugato, amato, vivo, vivo come non mai, sbronzo come non mai, stronzo come non mai, felice come non mai, morto come non mai – sono stato a un passo dal dimenticarmi chi sono e forse avrei dovuto, dico dimenticarmi chi sono, per poi ricominciare tutto dall’inizio, a un passo da tutto,

a un passo dal lutto, a un passo da me stesso che ricomincio tutto dall’inizio –

Paolo Battista

Page 5: Pastiche #37 online

Pastiche

d

NELLA ZUPPA C’era tutto nella zuppa di colori dell’autunno collinare

per seguirti con le anime bisbetichesulle tracce d’uva dei poeti

architettando itinerari tra fantasmi partigianinelle blande langhe di mammelle

e i fianchi rossi che mescolano i tuoi capelli grigi di lanugginee coriandoli di foglie sul nostro album da disegno- ventaglio della gazza per l’adagio del momento.

C’era tutto nella zuppa e nel tuo amore spaventatonello sbavo del ringhiare o accucciato su zerbini

Oh Shantiananda delle case di ringhiera!Nativo universale in che forma tornerai

a farmi visita?

C’era tutto nella zuppa, c’era Cecile e anche noia domandarci un movimento per uscire dall’ apnea

ad indagarti per un solo cennodi conferma nel cammino

le mani nelle manitrincerati dalla morsa del mondo addormentato.

SE CI PENSO ANCORA

O NOSi ingombrae allora l'affronto comportandomi come quel macchinarioe le immagini liquidedi fuori, sullo strapiombo- ma mi hanno spiegato l'ideadella curvatura dello spazio e come vola un aereo

e perché ci scontriamopotendo vagare all'infinito

è così semplice poterlo vivere all'istante?

le cose in comune hanno un risveglio diversole rocce erano secche e durema con buchi pieni d'acquasenza vergognarmi di quello che potevano vedere- un tracciato impraticabileche portava all'esserci più in frettae mai il coraggio di iniziarlo

poi ci tradimmo dalla finestra

fino al punto in cui dipende da come ami quando il mondo piove e non ha voglia di uscirsene.

Page 6: Pastiche #37 online

Pastiche

e

I pirati di ieri e di oggi (per fausto e iaio- antifascisti)

Non un'anima che si muovesse non un suonocolpa di un male delicatamente profumatos'insinua nella tua cieca noncuranza.

-oggi avrebbero 53 anni, un passeggino straziatoche vuole un lavoro- 53 per insegnarci qualcosa di vero

Effettivamente creano un'atmosfera di distruzioneper farci lasciare l'azionenon un'anima che si muovessee fuori sono i malvagi e gli assassini che non chiedono permesso.

La tua piccola bocca-non saper dirvi dove sto andando mi rende spaesatoStanno cospirando anche adesso.La chiaroveggenza vicino alla fontana limpidami suggerisce di una forza più antica.Sarete capaci di vincere tutti i demoni?Due come me, più di trent'anni fa- sigarette, qualche scopataun amore più leggero nelle tasche, sempre pronto alla fuga.Mi sembra così semplice guardarsi per fermare quella mano-pistola fumante. addio mamma.

Dicono che gli assassini siano ancora vivi e morti.

Domani e san giuseppe

e non sarebbe andata diversamente-quando incontro la tua morte anche nel sonnoma non c'era più niente di umano da toccare

per questo non l'ho fatto.Di tutte le negazioni, di un pianto o due

come un macigno aridoma anche il dolore è un'intimità

che non voglio mostrare.Di nuovo la pioggia sporca che ci fece addormentare

come due amici silenziosi

ANDREA LABATE

Page 7: Pastiche #37 online

Pastiche

f

Lastrico. Lapide. Liquido impassibile, muto apparente, istintivo se-rafico astringente affastelli rapido le tue abitudini dentro lanterne illuminate, contornate da proiettili di gomma, ricordo dell'odore di la-crimogeni, AK-47 della mia incoscienza, NIKON più rapida dei tuoi pro-iettili: andata, ritorno, andata: elicoidale contorsione di due campi conservativi ortogonali, non gravitazionali, più veloci del suono e del tuo pensiero, di fronte alla morte, corrono veloci le onde elettroma-gnetiche, come la luce, come me raccolto in ginocchio, bocconi, sul mio pericolo imminente, istante limaccioso di nuda consapevolezza, di asfalto che si spacca sotto i colpi dei miei sguardi, sotto i colpi di mortaio, o di una bomba inesplosa; non mi prenderete mai, sovraespo-

sto agli attacchi della prima pagina di cronaca, chissà che cosa dirà domani; di me, del mio peshmerga interiore, del mio muto traduttore, degli artificieri, armati di memoria, di filo spinato e di idealismo mate-rialista. Passiva consapevolezza di inutile retroattività, protetti da un elemetto corazzato, da una giacca antiproiettili, inutile dimostrazione di forza, di un ricatto assolto dal-la mia consapevolezza di essere un connazionale della coalescenza in-

vasa da piramidi colloidali, sinuosi dervisci arrotolati dentro stelle di neutroni generate dentro altre dimensioni, silenziosi sacerdoti assiri, assorti nei loro contratti cuneiformi, limite indelebile oltrepassato da un soldato babilonese, a cavallo della notte assorta nell'osservazio-ne delle stelle, di tutte le stelle, incurante dell'errore di parallasse, nell'esplosione senza suono, ieratica assuefazione, solo una spirale di luce, di detriti, di nuvole che non cadranno mai nei sobborghi di Gaza.

PESHGAMER

ATTILIO SCATAMACCHIA

Page 8: Pastiche #37 online

Pastiche

g

Page 9: Pastiche #37 online

Pastiche

h

Pastiche

MATTIA RIAMI ||| face

Page 10: Pastiche #37 online

Pastiche

i

“Dai , dai, cazzo, falla bene, cos’è quella merda?”“Dai non cagare il cazzo che si fuma lo stesso”“Sì minchia, ma se il filtro è storto io non la fumo”“Ma non sparare cazzate”“Passa qua, comincia il capo”“Ma quindi, tu e la tua signora ve ne andate a Parigi?”“Sì, cazzo s씓Cazzo, guardalo qua, uno stronzo innamorato”“Sì, ma a me della Torre Eiffel me ne frega un cazzo”“E che andate a fare”“Ma sì, per farla felice, cose così, io voglio andare al Museo del sesso”Risate stupide.“Che coglione”“Oh, ho visto che ci sono certi quadri, magari poi le viene voglia, cazzo ne sai, ma-gari poi in albergo, bam!”“Magari un cazzo, sarete lì a dormire o a guardare la tv francese, ad ammazzarvi di bombe”“E tu con la tua non t’ammazzi di bombe”“Sì, ma poi ci scopo da paura”“Ma vaffanculo”“Oh, non dico che non sei bravo, magari è lei cazzo ne sai, magari a lei non piace scopare”

“Ma cazzo ne so”“Ma te la da’ ogni tanto o vi guardate ne-gli occhi e vi dite quanto vi amate?”“Ma fuma e non rompere il cazzo”“Preso male”Eravamo a metà ormai. In quattro stronzi, come sempre.“Dai, fai su l’altra”“Di già? ‘spetta che ci riprendiamo, min-chia questa m’ha aperto lo stomaco”“Dai falla su che oggi devo fumare”“E minchia stai tranquillo, cazzo c’hai?”“Cazzi miei”“Dai, falla su”“Come volete”Il procedimento lo conoscete già. So che lo conoscete. Quindi non mi metto a scrivere nel dettaglio come si fa su, ricordatevi di quando ve le facevate e se non vi ricordate più chiedete a qualche vostro collega, sì, bravi, proprio quello che torna dalla pausa pranzo rilassato, ecco, lui. Finimmo la prima. Non ci aveva dato un granché in al-legria, era tutta fame sullo stomaco. Tempo di finire l’altra, la accendemmo subito.“Ma quindi da chi l’hai presa?”“Dal mio compagno di classe”“Luchino?”

“No, il marocchino”“Ah”“C’ho una fame cazzo”“Sì, minchia questa te ne mette un cifro, infatti me l’ha fatta provare oggi, ho speso dieci euro alla macchinetta”“Però oh, dai, ti fa stare bene, non è male”“Di sapore ci sta”“Cosa?”“Di sapore ci sta, cioè serio”“Sì, vero”“Secondo me c’è meglio, tipo l’altro giorno me ne sono fatta una con Ciccio, sapeva tipo di mango”“E cazzo portacela”“L’ha finita”“Raga, ma soldi per mangiare ce li abbiamo?”“Io ho finito tutto”“Magari, minchia un pacchetto di patatine dai cinesi”“Involtini primavera”“Ravioli”“Riso alla cantonese”“Con una coca”

La prima pappa

Jaime De Castro

Page 11: Pastiche #37 online

Pastiche

l

“Ma va, una birra”“No, la birra mi dà fastidio ora”“Oh, ma neanche un euro”“Niente”“Nada de nada”“Un cazzo”“Minchia che tirchi del cazzo”“Tu? Non ne hai?”“No, ho fatto benzina oggi e ho finito tutto”“Che merda”“Andiamo a casa?”“No, non fare la merda dai”“Ma c’ho ‘na fame che mi mangerei tuo nonno”“È morto da due giorni, coglione, dai”“Cazzo, appunto, carne fresca, ancora buona”“Ma che coglione”“Dai, lo dissotterriamo, poi io ciò gli attrezzi di mio padre in macchina, ho una pala, le cesoie da giardiniere, con quelle gli tagliamo la carne, togliamo la pelle, robe cos씓Oh, ma smettila cazzo, tu sei malato”“Dai oh voi che dite ragazzi?”“Per me ci sta, oh vediamo com’è ridotto e lo mettiamo dentro, senza mangiarlo”“E come la tiri su la bara?”“Ma ci buttiamo noi nella fossa”“Ma che sbatti ti fai?”“Ma sono tre metri, siamo in quattro, non ci mettiamo un cazzo, mio padre lo faceva da solo”“Tuo padre scavava le fosse?”“Ha fatto anche quello”“Dai andiamo”“No, raga serio, siete pazzi”In cinque minuti ci trovavamo tutti davanti al cancello del cimitero. Questo era cir-condato da mura alte cinque metri, invalicabili, se non fosse che dei piccoli cimiteri di provincia, non se ne frega nessuno, quindi sul lato posteriore, oltre ad esserci un boschetto, in cui alcuni si appartavano con belle signorine a pagamento per qualche minuto, il muro era rotto in vari punti, bastò fare un salto. Iniziammo a scavare, alternandoci con la pala. In poco tempo finimmo, non so dirvi con precisione quanto, non avevo l’orologio, il telefono era scarico, non ero in me, possono essere passa-ti cinque minuti come tre ore, a me sono sembrati cinque minuti, poi che ne so. Beh, arrivammo alla bara. La aprimmo, ma non lo so se la bara si apre facilmente o meno. Ok, dai, facciamo che l’aprimmo col piede di porco, si fa così? Non so come fanno nei film, Poi nei film cazzo ne sanno, loro l’hanno mai aperta una bara sotterrata? No, allora se dico che si apre col piede di porco è così, sennò vai e dissotterra tuo nonno e vediamo, cazzo. Io l’ho fatto, io lo so. Allora, coso era arrivato alla bara, gli diedi il piede di porco, un po’ a fatica la aprì. Eccoci qui. Un bel vecchio tutto morto nella bara. L’avevano tirato a lucido prima di metterlo dentro, quelle cose che fanno nelle pompe funebri, gli mettono smalti e oli sui capelli e pomatine sulla pelle per renderli belli, poi li truccano perché non sembrino troppo bianchi, perché non sembrino troppo morti. Gli tirai via i pantaloni. “Beh, ragazzi, buon appetito” Tagliai con le cesoie un pezzo di coscia, lo divisi in quattro.“Ma, cazzo fai? È mio nonno!”“Sarà felice di sapere che ha un buon sapore”Strappai coi denti, a fatica, un pezzettino di carne dal vecchio. Non lo so se già c’erano i vermetti o meno. Mica posso sapere tutti. Due giorni, credo di no. Ma non so neanche se il muscolo era duro o meno. Io l’ho mangiato. A fatica, ma l’ho fatto.“Dai è sangue del tuo sangue”“Ma vaffanculo, ti denuncio”“Hey, l’hai voluto fare tu questo gioco”“Ma che cazzo dici?”“Hey, sai cosa succede a chi non ha cesoie in mano?”“No”“Perde una mano”Gli tagliai la mano che cadde tra i suoi piedi. Iniziò a perdere molto sangue e presto le scarpe e i suoi vestiti diventarono rossi, i nostri erano solo macchiati qua e là. Io e gli altri eravamo vittime del puntinismo zampillante dal suo polso. “Dai, non urlare, fra poco finirà tutto”Infatti, in poco tempo finì tutto. Lui si ritrovò con la testa sul pacco del nonno. Io e gli altri decidemmo che sarebbe stato un peccato separarli. Sangue al sangue. Sangue nel sangue. Li ricoprimmo della stessa terra. Sistemammo tutto com’era prima. La fame era passata.

Page 12: Pastiche #37 online

Pastiche

m

FRANCESCO CAPOCCI ||| how much

Page 13: Pastiche #37 online

Pastiche

n

Una collina. Un occhio chiuso che vedi per traverso. Scalpita il sisma sottocutaneo della vita che vuol uscire e riversare nelle vie di Malá Strana. Fino al primo bar. Dove ieri ho lasciato tutti i miei soldi alle macchinette. Ho scom-messo e bevuto Pilsner Urquell dalle undici e mezza del mattino. E potrei gridarlo da questa collina di carne e tuffarmi dentro la Vltava e poi lasciarmi trascinare da una cor-rente tutta mia. Io sono il classico tizio che si va ad incastrare dritto dritto al Mulino del Diavolo e poi esce

dall'acqua come se niente fosse, mastica una metà di sigaro bagnato e ferma la gente in strada per chiedere se ha da accendere.Oggi, mentre fumo, sono a 327 metri dalla mia follia urbana, la bocca è come l'interno di Mentre morivo di Faulkner con le mosche suicidatesi nel mezzo. Forse quando avrò un figlio lo chiamerò William, forse quando avrò un figlio non cercherò più di capire libri trovati dietro un cassonetto. Forse per temprare la mia integrità dovrei salire sulle spalle un carro pieno di dolore per tutta la collina, fino in cima, e leggere solo roba che parla di canarini. O piante o al massimo di magia nera.

Ffffffffffff.Il vento narra questa vicenda e muore dentro una grotta che lo inghiotte.E pronuncerà solo un'altra volta la parola collina per precisare che è di Petřín che si sta parlando e che il protagonista fa il giardiniere, da parecchio tempo ormai, in cima a questo enorme organo di Praga che non smette mai di catturare l'attenzione ed inquietare i cittadini della Città Vecchia. Dall'altra parte del fiume. Casa di Karel. Quindi casa del nostro giardiniere, che studia dirimpetto il suo padrone che fuma foglie di tabacco essiccato, mentre lui accende il soffia foglie alla massima potenza e la natura scappa agli angoli di un confine che non si è mai ricreato.

Se non artificialmente. Per mano di un uomo come tanti che la sera sodomizza la moglie sen-za preavviso, mentre lei prepara la cena e guarda uno stupido quiz show, ignara del marito che ogni mattina si sveglia,

prende la funicolare e va a spiare turisti, coppie minorenni alla scoperta dell'interazione fisica di genitali fino ad allora assopiti e misteri nascosti ai più ma non di certo a lui. Ffffffffff.

Calpesto il mozzicone quasi fosse uno scarafaggio e sbuffo. Fottuto re Carlo che quassù ci aveva fatto uno dei suoi vitigni più pregiati, a spassarsela con chi gli pareva, senza giudizio o conseguenza. Come quella donna lì, vedete? Bionda, bocca grande, seno compresso in un tessuto che potrei quasi sentir fluire nel giardino delle rose,

TURNO

DI

LAVORORUBEN LANZILLOTTI

Page 14: Pastiche #37 online

Pastiche

o

ascelle e braccia erogene più che mai, lungo il corpo sicuro e rilassato che passeggia, forse aspetta qualcuno, sotto alla torre della televisione, alla nostra piccola Tour Eiffel praghese. Faccio rumore con il mio attrezzo da lavoro e mi faccio notare impegnato, nella sua stessa condizio-ne, mentre con gli occhi che la natura mi ha fatto, punto dritto alla sua gonna blu cielo che si posa delicatamente sull'incavo del suo perizoma e scende fino alla caviglia scolpita, statuaria.Il vento si alza ed il cielo fa sparire il suo bagliore di luce, lasciando posto al grigiore dei sentimenti. L'umanità può alzare la testa ora e riflettersi nel manto plumbeo di nuvole sporche.Ho appena deciso che il mio turno di lavoro è finito e che seguirò quella donna oltre il labirinto degli specchi, oltre l'osservatorio, in direzione del bosco che nel frattempo si scuote e grida.Mi fermo al bar a comprare una bottiglia di Beche-rovka alle erbe, mi accorgo di non avere più soldi, quando il cassiere si gira, corro via e ritorno sui passi della bionda, ormai addentratasi nel bosco.

E così mi son perso in un sentiero senza uscita.Foglie come lembi di pelle dalle varie sfumature, legni simili a vene scorticate a terra, il grande occhio che si apre, le tempie sono inutili e parte del contenuto della bottiglia mi cade sul pacco.Inciampo ma riesco a reggermi in piedi. Un ammasso di rocce e pietre fermo immobile, giurerei quasi il contrario, mi arrabbio e gli lancio la bottiglia contro che si infrange e fa un gran casino. Della bionda però nessuna traccia.Continuo a camminare lungo il sentiero per chissà quanto tempo. Il cielo, un errore della terra.

Uno spiazzo circondato dal filo spinato. L'unica cosa che riesco ad intravedere da lontano è il Muro della Fame, la fortificazione medievale nei pressi del castello che fu costruita dai morti di fame in cambio di cibo. Il punto è che ogni volta che tengo il muro come punto di riferimento mi ritrovo sempre vicino a questo cazzo di filo spinato.Decido di scavalcare il filo spinato, proseguo per un po' e noto una figura umanoide ricoperta di foglie scure. Accendo il mio attrezzo di lavoro alla massi-ma potenza e ripulisco tutto, finché la bionda viene fuori da lì e finalmente posso cominciare a darmi da fare. Lei sembra riposare.Mi abbasso i pantaloni ed inizio a menarmi l'uccello, pregustando la sua fisionomia già da qui.Mi avvicino e quando mi sporgo per guardarla in viso, mi accorgo che non è normale. Il suo viso è solo un ricordo omogeneo, la pelle

rimasta attaccata alle foglie che ho spinto via, gli occhi sanguinanti ed una mano che cerca di affer-rarmi i pantaloni abbassati.Cado a terra. Strappo i pantaloni con violenza. Il grande occhio sbatte la palpebra due volte. Ed il vento soffia, ulula e fffffffff, quando salto nuovamente il filo spinato con le palle all'aria e mi taglio un polpaccio durante l'atterraggio. La donna non-morta striscia ancora verso questa direzione. All'improvviso si anima una grande pietra che puzza di morte e dice “salvami e verrai perdonato”, sono terrorizzato e torno all'ammasso di rocce dove ho rotto la bottiglia.Di nuovo puzza di morte, facce si muovono, qualco-sa sibila. Si anima tutto, il mio sangue ovunque, gli spiriti del bosco in coro “sei esiliato da Petřín, non tornare mai più”.

Ho corso fino alla funicolare con le palle all'aria, sono entrato dentro la cabina, mi sono seduto accanto ad una ragazza bionda, che schifata, senza degnarmi di uno sguardo, ha continuato a leggere il suo manuale sui canarini finché siamo arrivati a Malá Strana.

Page 15: Pastiche #37 online

Pastiche

Sono in camera mia,stanza ventidue. Nessuna differenza dalla ventuno. Nessuna differenza dalla venti ne da tutte le altre.Alla fine non c’è mai nessuna differenza.Non c’è radio, non c’è tv,solo un frigorifero e un ventilatore,per il resto c’è silenzio.a parte un frrrrrr

e a parte un grrrrrrr poi un frrrre ancora un grrrrrrpoi ancora silenzio, l’amico a cui non devi mai pagare da bere.Sono ancora in camera mia,camera ventidue, nessuna differenza dalla ventuno, nessuna dalla venti ne tantomeno da tutte le altre.Apro la finestra.Ah, dimenticavo, nella mia stanza c’è anche la finestra,apro la finestra e fuori dalla finestra c’è tutto il resto,

ci sono gli occhi lividi della nottec’è il tuo lucida labbraci sono i tuoi baci affogati nel fango,ci sono i giorni fradici della tua carnee i giorni immobili della tua assenza, c’è il tuo nome pietrificato nell’ombra,fuori dalla finestra ci sono stelle e fiori iniettati di sangue,ci sono sigarette spente agli angoli della bocca,bocche spente agli angoli della faccia,e facce spente agli angoli delle strade.Fuori dalla finestra c’è tutto il resto,ci sono persone che parlano di cose futilie parole che parlano di persone inutili,c’è la musica della vita che gira su un vecchio giradischi in un vecchio palazzo all’angolo di Pitt streete l’unica cosa a ricordati che sei vivo è il fruscio di fondo di una testina arruggi-nita che incide sul disco graffiato della speranza.fuori dalla mia stanza numero ventidue c’è la ragnatela del mondoche se ci cadi dentro sei fottuto e devi comunque sorridere.lì fuori c’è molto di piu’ di ciò di cui abbiamo bisogno, ma a noi comunque non basta, a nessuno basta mai niente,vogliamo sempre di piu’,cosi come non basterebbero le stelle se potessimo contarle,cosi come non mi basterebbero le tue eterne ciglia per essere felice,fuori da quella finestra ci sono uomini e donne in ginocchio davanti a uno specchio,ci sono gli occhi assopiti dietro nuvole di fumo ci sono mani strette al collo di bottiglie mezze vuote.c’è il suono arrugginito di un cuore intrappolato nelle viscere di un regolare di vod-ka, c’è un semaforo acceso all’inizio di una strada morta.Fuori dalla mia finestra c’è la vita che lotta contro se stessa.Fuori dalla mia finestra c’è tutto il resto, tutto quello di cui ho bisogno,ci sei tu, e c’è il tuo sapore inciso sull’asfalto dove un tempo camminavamo stringendoci la mano. Chiudo la finestra.Al diavolo la venti la ventuno e tutto il resto.

frrrrrrrrgrrrrrrrfrrrrrrrrgrrrrrrrfrrrrrrrrgrrrrrrr

fuori dalla finestra

Giuliano Iusco

Page 16: Pastiche #37 online

Helbones ArtistMattia Riami - Gorilla