Passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo nostro Signore · Al centro della narrazione c’è...

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sto, simboleggiata dal fuoco che divampa, spezza le tenebre. Poi le letture bibliche ci fanno ripercorrere la storia della sal- vezza. C’è un filo rosso che lega la creazione del mondo e di Adamo, la nascita di Israele, il popolo scelto da Dio, e le pro- messe dei profeti. Al centro della narrazione c’è l’attraversa- mento del Mar Rosso (Es 15). In quella prima pasqua, che se- gna la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù in Egitto, c’è l’immagine e l’an- ticipazione della Pasqua defi- nitiva, nella quale Gesù spez- za le catene della morte. Gra- zie alla sua risurrezione, an- che noi siamo morti al pec - cato ed entriamo nella vita nuova (cf. Col 3,3). Per que- sto nella veglia pasquale fac- ciamo memoria del nostro battesimo, il sacramento che ci ha resi figli di Dio e parte- cipi della risurrezione di Cri- sto. Infine, la celebrazione diventa Eucaristia. Nel corso dell’anno, di settimana in set- timana, saremo chiamati a ri- vivere ogni domenica nella Messa, incontro comunitario con il Signore, l’evento della risurrezione, centro della no- stra fede, ascoltando la sua pa- rola e condividendo il pane di vita. don Mauro Rivella Il Triduo pasquale costituisce il culmine e la sorgente di ogni altro atto liturgico. Nelle celebrazioni del Giovedì e del Venerdì Santo e nella veglia della notte di Pasqua c’è il cuore del nostro ritrovarci insieme intorno a Gesù Cristo, crocifis- so e risorto. Nel Giovedì Santo facciamo memoria dell’isti- tuzione dell’Eucaristia. Proprio nel giorno in cui ricordiamo l’ultima cena di Gesù con gli apostoli, ascoltiamo il vangelo di Giovanni, unico fra i quattro evangelisti a non riportare le parole con cui il Maestro ci insegna a spezzare il pane in sua memoria. Giovanni, infatti, al posto dell’ultima cena narra la lavanda dei piedi, rivelandoci così il significato profondo dell’Eucaristia: fare la comunione con Cristo significa met- terci a servizio gli uni degli altri (Gv 13). Nutrirci del corpo di Cristo ci rende Chie- sa, cioè un solo corpo e una sola famiglia, e ci indica la strada del servizio reciproco. Il Venerdì non c’è Messa: i nostri occhi e il nostro cuore sono rivolti alla passione e al- la morte di Gesù. Davanti a noi c’è la croce, strumento infame di morte che il Figlio di Dio sconfigge, trasforman- dolo in albero della vita (cf. 1Cor 15,55). Perciò ascoltia- mo insieme il racconto della Passione e baciamo proces- sionalmente la croce. Quella morte tanto atroce non è l’ul- tima parola. Ma il momento più impor- tante si attua nella notte fra il sabato e la domenica. Nella veglia riviviamo la Pasqua, parola ebraica che significa passaggio: dal buio alla luce, dal peccato alla salvezza, dalla morte alla vita. Per questo la ce- lebrazione avviene di notte. All’inizio la luce nuova di Cri- La liturgia è l’esperienza più significativa nella vita delle comunità cristiane. È vero: non basta compiere dei riti ben fatti o eseguire bei canti. San Paolo ci esorta a offrire i nostri corpi, cioè tutto il nostro essere, come sacrificio vivente, per- ché è questo il nostro culto spirituale (Rm 12,1). Infatti ciò che conta davanti al Signore è dare la vita. Eppure c’è biso- gno di sperimentare qualcosa che vada al di là di quanto di- pende da noi. Non è sufficiente leggere la Bibbia, anche se la Parola di Dio è il nostro nutrimento, perché non di solo pane vive l’uomo (cf. Mt 4,4). Non basta neppure compiere atti di carità, per quanto, alla fine della vita, saremo giudicati in ba- se alla nostra prontezza a rispondere ai bisogni concreti di chi ci sta accanto (“ho avuto fame e mi hai dato da mangia- re”: Mt 25,35). Se queste azioni fossero sufficienti, corre- remmo il rischio di appoggiarci solo sulle nostre forze e di il- luderci di salvare il mondo con le risorse umane. Perciò, quando ci raduniamo per pregare e per celebrare l’Eucaristia riconosciamo che senza Gesù non possiamo fare nulla (cf. Gv 15,5), come tralci recisi dalla vite. Dove due o tre sono riuniti nel suo nome, il Signore è in mezzo a loro (Mt 18,20). Grazie a lui, il pane e il vino che portiamo all’altare diventa- no nutrimento della vita senza fine (cf. Gv 6,51). 2 riflessioni Mirafiori Sud Mirafiori Sud Progetto Migranti Prima regola dell’accoglienza: ”preparare il nido” Passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo nostro Signore Il cero pasquale vuole permetterci di avere davanti agli occhi la luce di Cristo Risorto e racconta del mistero della vita che è luce sgorgata dalla morte “Ho bisogno di un posto dove dormire per tre mesi. Mia moglie e il mio bambi- no sono tornati al nostro paese e le suore che ci ospi- tavano chiudono in estate la casa in città. Farò in cam- bio alcuni lavori che vi ser- vono, sono bravo con le ma- ni, e un po’ posso pagare con quello che ho guada- gnato finora. Ho chiesto al Sermig ma è sempre pieno e ogni sera bisogna andare a fare la fila. A settembre quando la mia famiglia tor- na saprò dove andare. Ho bisogno solo per l’estate e ho bagagli leggeri con me”. Ecco come si è presentato George, siriano fuggito dal- la Siria per scappare alla morte. Così abbiamo pensato che la casa di via Ugolini – pur avendo molte cose da siste- mare, almeno secondo noi che spesso prendiamo tem- po e cerchiamo scuse prima di fare passi coraggiosi – proprio quella casa ancora imperfetta doveva essere aperta subito, per George. George è stato il primo mi- grante a vivere nella casa. Per lui, che vede le cose con occhi diversi dai nostri, quel- la casa era perfetta già così: un tetto in terra di pace. A ot- tobre ci ha salutati, con paro- le di sincero ringraziamento per l'accoglienza avuta da parte delle nostre comunità. Da allora abbiamo fatto ri- partire i lavori, coinvolgendo idraulici e muratori e con- frontando diverse offerte af- finché il risultato fosse un la- voro di dignità, di qualità e di responsabilità. Tra mille fatiche, è un an- no che lavoriamo a questo progetto che coinvolge tre parrocchie della nostra unità pastorale: Santi Apo- stoli, San Barnaba e Beati Parroci. Come ha sottoli- neato don Gianmarco, forse è il primo caso in cui un gruppo formato da parteci- panti di ognuna delle tre parrocchie collabora ad un nuovo progetto comune, at- tivamente. Martedì 20 febbraio, il re- sponsabile della pastorale migranti della diocesi di To- rino, Sergio Durando, ci ha incontrati presso i Santi Apostoli. L’incontro ci ha dato modo di riflettere e considerare quanto, nel no- stro cammino verso l’acco- glienza, la sistemazione dell’alloggio abbia in realtà un ruolo quasi marginale. Il punto centrale è invece pre- parare l’accoglienza attra- verso l’accoglienza tra di noi per trovarci pronti all’o- spitalità, un percorso che parte dal confronto e dalle condivisione delle nostre motivazioni. Durando non ci ha nasco- sto le difficoltà che dovre- mo superare, ad esempio imparare a metterci in ascolto, oppure risolvere i problemi pratici come la lingua. Ci ha però anche rassicurati perché saremo sempre supportati dall’Uffi- cio Migranti. Il nido da costruire non è quindi solo un posto fisico bello, sicuro e messo a nor- ma, ma anche un nido da preparare dentro di noi, traendo forza dal desiderio di accoglienza nelle nostre comunità e dal tessuto so- ciale del nostro quartiere, abbattendo muri di diffiden- za e luoghi comuni. A que- sto riguardo, è stato ancora una volta George ad inse- gnarci a muovere i primi passi: ha invitato a cena al- cune persone della comu- nità e, trovandosi a corto di piatti, ha suonato i campa- nelli dei vicini creando così lui per primo un contatto e spianando la strada ai futuri inquilini. Ma chi saranno? Sergio Durando ci ha parlato di un corridoio umanitario che si è aperto per profughi eritrei che da anni vivono in un campo in Etiopia. Si tratta principalmente di famiglie, e questa notizia ci ha portato subito l’immagine di una fa- miglia numerosa – d’altron- de la casa è grande – magari con nonni e nonne al seguito. Il cuore, luogo del nido acco- gliente e caldo, è sempre il primo a fare capolino! Nei prossimi mesi prose- guiremo il cammino, affi- dandoci alle vostre preghie- re e lasciando la porta aper- ta a quanti vorranno cammi- nare con noi. A riguardo, ci saranno anche momenti for- mativi e informativi sulla realtà dell’immigrazione in Italia. A tutti chiediamo il soste- gno e la solidarietà, ricor- dando che il Papa ha invita- to tutte le parrocchie a pro- muovere e sostenere attiva- mente i progetti di acco- glienza migranti. Grazie! G.R. Giovedì Santo: la lavanda dei piedi Dice Gesù: «Ero forestiero e mi hai accolto» Venerdì Santo: l’adorazione della croce Sabato Santo: la veglia pasquale I corridoi umanitari sono il frutto di una collaborazione ecumenica fra cristiani cattolici e protestanti: Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliste, Chiese valdesi e metodiste che hanno scelto di unire le loro forze per un progetto di alto profilo umanitario, garantendo sicurezza sia per i profughi (arrivano con gli aerei e non con i barconi) che per i cittadini italiani (i controlli vengono fatti in partenza e all’arrivo), sono autofinanziati da chi li promuove e, soprattutto, favoriscono l’integrazione

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sto, simboleggiata dal fuoco che divampa, spezza le tenebre.Poi le letture bibliche ci fanno ripercorrere la storia della sal-vezza. C’è un filo rosso che lega la creazione del mondo e diAdamo, la nascita di Israele, il popolo scelto da Dio, e le pro-messe dei profeti. Al centro della narrazione c’è l’attraversa-mento del Mar Rosso (Es 15). In quella prima pasqua, che se-

gna la liberazione del popolodi Israele dalla schiavitù inEgitto, c’è l’immagine e l’an-ticipazione della Pasqua defi-nitiva, nella quale Gesù spez-za le catene della morte. Gra-zie alla sua risurrezione, an-che noi siamo morti al pec -cato ed entriamo nella vitanuova (cf. Col 3,3). Per que-sto nella veglia pasquale fac-ciamo memoria del nostrobattesimo, il sacramento checi ha resi figli di Dio e parte-cipi della risurrezione di Cri-sto. Infine, la celebrazionediventa Eucaristia. Nel corsodell’anno, di settimana in set-timana, saremo chiamati a ri-vivere ogni domenica nellaMessa, incontro comunitariocon il Signore, l’evento della

risurrezione, centro della no-stra fede, ascoltando la sua pa-

rola e condividendo il pane di vita.

don Mauro Rivella

Il Triduo pasquale costituisce il culmine e la sorgente diogni altro atto liturgico. Nelle celebrazioni del Giovedì e delVenerdì Santo e nella veglia della notte di Pasqua c’è il cuoredel nostro ritrovarci insieme intorno a Gesù Cristo, crocifis-so e risorto. Nel Giovedì Santo facciamo memoria dell’isti-tuzione dell’Eucaristia. Proprio nel giorno in cui ricordiamol’ultima cena di Gesù con gli apostoli, ascoltiamo il vangelodi Giovanni, unico fra i quattro evangelisti a non riportare leparole con cui il Maestro ci insegna a spezzare il pane in suamemoria. Giovanni, infatti, al posto dell’ultima cena narra lalavanda dei piedi, rivelandoci così il significato profondodell’Eucaristia: fare la comunione con Cristo significa met-terci a servizio gli uni deglialtri (Gv 13). Nutrirci delcorpo di Cristo ci rende Chie-sa, cioè un solo corpo e unasola famiglia, e ci indica lastrada del servizio reciproco.

Il Venerdì non c’è Messa: inostri occhi e il nostro cuoresono rivolti alla passione e al-la morte di Gesù. Davanti anoi c’è la croce, strumentoinfame di morte che il Figliodi Dio sconfigge, trasforman-dolo in albero della vita (cf.1Cor 15,55). Perciò ascoltia-mo insieme il racconto dellaPassione e baciamo proces-sionalmente la croce. Quellamorte tanto atroce non è l’ul-tima parola.

Ma il momento più impor-tante si attua nella notte fra ilsabato e la domenica. Nellaveglia riviviamo la Pasqua,parola ebraica che significa passaggio: dal buio alla luce, dalpeccato alla salvezza, dalla morte alla vita. Per questo la ce-lebrazione avviene di notte. All’inizio la luce nuova di Cri-

La liturgia è l’esperienza più significativa nella vita dellecomunità cristiane. È vero: non basta compiere dei riti benfatti o eseguire bei canti. San Paolo ci esorta a offrire i nostricorpi, cioè tutto il nostro essere, come sacrificio vivente, per-ché è questo il nostro culto spirituale (Rm 12,1). Infatti ciòche conta davanti al Signore è dare la vita. Eppure c’è biso-gno di sperimentare qualcosa che vada al di là di quanto di-pende da noi. Non è sufficiente leggere la Bibbia, anche se laParola di Dio è il nostro nutrimento, perché non di solo panevive l’uomo (cf. Mt 4,4). Non basta neppure compiere atti dicarità, per quanto, alla fine della vita, saremo giudicati in ba-se alla nostra prontezza a rispondere ai bisogni concreti di

chi ci sta accanto (“ho avuto fame e mi hai dato da mangia-re”: Mt 25,35). Se queste azioni fossero sufficienti, corre-remmo il rischio di appoggiarci solo sulle nostre forze e di il-luderci di salvare il mondo con le risorse umane. Perciò,quando ci raduniamo per pregare e per celebrare l’Eucaristiariconosciamo che senza Gesù non possiamo fare nulla (cf.Gv 15,5), come tralci recisi dalla vite. Dove due o tre sonoriuniti nel suo nome, il Signore è in mezzo a loro (Mt 18,20).Grazie a lui, il pane e il vino che portiamo all’altare diventa-no nutrimento della vita senza fine (cf. Gv 6,51).

2 riflessioniMirafiori SudMirafiori Sud

Progetto Migranti

Prima regola dell’accoglienza:”preparare il nido”

Passione, morte e risurrezionedi Gesù Cristo nostro SignoreIl cero pasquale vuole permetterci di avere davanti agli occhi la luce di Cristo Risorto e racconta del mistero della vita che è luce sgorgata dalla morte

“Ho bisogno di un postodove dormire per tre mesi.Mia moglie e il mio bambi-no sono tornati al nostropaese e le suore che ci ospi-tavano chiudono in estate lacasa in città. Farò in cam-bio alcuni lavori che vi ser-vono, sono bravo con le ma-ni, e un po’ posso pagarecon quello che ho guada-gnato finora. Ho chiesto alSermig ma è sempre pieno eogni sera bisogna andare afare la fila. A settembre

quando la mia famiglia tor-na saprò dove andare. Hobisogno solo per l’estate eho bagagli leggeri con me”.

Ecco come si è presentatoGeorge, siriano fuggito dal-la Siria per scappare allamorte.

Così abbiamo pensato chela casa di via Ugolini – puravendo molte cose da siste-mare, almeno secondo noiche spesso prendiamo tem-po e cerchiamo scuse prima

di fare passi coraggiosi –proprio quella casa ancoraimperfetta doveva essereaperta subito, per George.

George è stato il primo mi-grante a vivere nella casa.Per lui, che vede le cose conocchi diversi dai nostri, quel-la casa era perfetta già così:un tetto in terra di pace. A ot-tobre ci ha salutati, con paro-le di sincero ringraziamentoper l'accoglienza avuta daparte delle nostre comunità.Da allora abbiamo fatto ri-partire i lavori, coinvolgendoidraulici e muratori e con-frontando diverse offerte af-finché il risultato fosse un la-voro di dignità, di qualità e diresponsabilità.

Tra mille fatiche, è un an-no che lavoriamo a questoprogetto che coinvolge treparrocchie della nostraunità pastorale: Santi Apo-stoli, San Barnaba e BeatiParroci. Come ha sottoli-neato don Gianmarco, forseè il primo caso in cui ungruppo formato da parteci-panti di ognuna delle treparrocchie collabora ad unnuovo progetto comune, at-tivamente.

Martedì 20 febbraio, il re-sponsabile della pastoralemigranti della diocesi di To-rino, Sergio Durando, ci haincontrati presso i SantiApostoli. L’incontro ci ha

dato modo di riflettere econsiderare quanto, nel no-stro cammino verso l’acco-glienza, la sistemazionedell’alloggio abbia in realtàun ruolo quasi marginale. Ilpunto centrale è invece pre-parare l’accoglienza attra-verso l’accoglienza tra dinoi per trovarci pronti all’o-spitalità, un percorso cheparte dal confronto e dallecondivisione delle nostremotivazioni.

Durando non ci ha nasco-sto le difficoltà che dovre-mo superare, ad esempioimparare a metterci inascolto, oppure risolvere iproblemi pratici come lalingua. Ci ha però ancherassicurati perché saremosempre supportati dall’Uffi-cio Migranti.

Il nido da costruire non èquindi solo un posto fisicobello, sicuro e messo a nor-

ma, ma anche un nido dapreparare dentro di noi,traendo forza dal desideriodi accoglienza nelle nostrecomunità e dal tessuto so-ciale del nostro quartiere,abbattendo muri di diffiden-za e luoghi comuni. A que-sto riguardo, è stato ancorauna volta George ad inse-gnarci a muovere i primipassi: ha invitato a cena al-cune persone della comu-nità e, trovandosi a corto dipiatti, ha suonato i campa-nelli dei vicini creando cosìlui per primo un contatto espianando la strada ai futuriinquilini.

Ma chi saranno? SergioDurando ci ha parlato di uncorridoio umanitario che si èaperto per profughi eritreiche da anni vivono in uncampo in Etiopia. Si trattaprincipalmente di famiglie, equesta notizia ci ha portato

subito l’immagine di una fa-miglia numerosa – d’altron-de la casa è grande – magaricon nonni e nonne al seguito.Il cuore, luogo del nido acco-gliente e caldo, è sempre ilprimo a fare capolino!

Nei prossimi mesi prose-guiremo il cammino, affi-dandoci alle vostre preghie-re e lasciando la porta aper-ta a quanti vorranno cammi-nare con noi. A riguardo, cisaranno anche momenti for-mativi e informativi sullarealtà dell’immigrazione inItalia.

A tutti chiediamo il soste-gno e la solidarietà, ricor-dando che il Papa ha invita-to tutte le parrocchie a pro-muovere e sostenere attiva-mente i progetti di acco-glienza migranti.

Grazie!

G.R.

Giovedì Santo: la lavanda dei piedi

Dice Gesù: «Ero forestiero e mi hai accolto»

Venerdì Santo: l’adorazione della croce

Sabato Santo: la veglia pasquale

I corridoi umanitari sono il frutto di una collaborazioneecumenica fra cristiani cattolici e protestanti: Comunità

di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliste, Chiese valdesi e metodiste che hanno scelto di unire le loro

forze per un progetto di alto profilo umanitario, garantendo sicurezza sia per i profughi (arrivano con gli aerei e non

con i barconi) che per i cittadini italiani (i controlli vengono fatti in partenza e all’arrivo), sono autofinanziati da chi li promuove e, soprattutto, favoriscono l’integrazione

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temi e dibattiti 3Mirafiori SudMirafiori Sud

Carnevale alla Casa nel ParcoPrincipesse, supereroi, pirati, pellerossa, pagliacci,fatine e mascherine strane hanno invaso il quartiere

Capacità di ricreare opportunitàDue giorni di incontro, sulla neve ed in parrocchia per confrontarsi e rafforzare il senso di comunità per un giovane

Domenica 11 feb-braio insieme agli amicidelle altre parrocchie diMirafiori Sud che cihanno raggiunti ai SantiApostoli, abbiamo par-tecipato al “Carnevaledi Mirafiori”, un’occa-sione di festa e allegriavissuta col quartiere.Dopo una sfilata colora-ta verso la Casa nelParco siamo stati ac-colti da piogge di co-riandoli e stelle filantiche hanno incorniciatol’atmosfera carnevale-sca. Sfilate di maschere,esibizioni di majorettes,musica e balletti guidatida un’equipe di animatori cihanno accompagnati fino allapremiazione finale: ovunquebambini col fiato sospeso nel-l’attesa di scoprire il nome deigruppi di maschere vincentiche sono poi saliti sul podio.

L’origine del carnevale èdubbia eppure non vi sono

Quest’inverno si era deci-so e organizzato un campo didue giorni a Soucheres-Bas-ses, per la fine di Dicembre.Purtroppo però, il freddo hacausato alla casa Alpina nu-merosi danni che l’hanno re-sa inagibile, dunque il campoinvernale non si è potuto vi-vere così co-me era statoorganizzato.Per ovviareal problemasi è deciso diproporre duegiornate di-verse: la pri-ma a Rucas,sempre a di-cembre, pergiocare sullaneve e nonp e r d e r equella partefondamenta-le del campoche è il di-vertimento el ’ a l l e g r i avissuti in co-munità. 

La secon-da propostaè stata unaserata di Gennaio in cui tutti igiovanissimi e i giovani sisono incontrati e hanno par-tecipato a qualcuna delle atti-vità preparate dai loro ani-matori per il campo, così chenon si perdesse né il lavorodi chi aveva pensato a giochie momenti per il campo né ilsignificato di comunità, chevuol dire stare insieme diver-tendosi ma anche riflettereinsieme e capire che non si èsoli. 

Sono stati momenti impor-tanti per i ragazzi delle par-rocchie, in particolare la se-rata di Gennaio perché è dav-vero bello vedere che ci sono

dubbi sul suo significato: laparola carnevale deriva dallatino carnem levare ("elimi-nare la carne"), poiché indica-va il banchetto che si teneval’ultimo giorno di Carnevale(martedì grasso), subito primadel mercoledì delle ceneriquindi dell’inizio del periodo

della Quaresima.Da sempre è sinonimo di al-

legria, festa, caos creativo (“acarnevale ogni scherzo vale”)ed è così che lo abbiamo vis-suto anche quest’anno.

Bambini felici ed entusiastinei loro costumi di carnevale,una sfilata di sorrisi, coriando-li, maschere ma soprattutto diprincipesse e supereroi perchéè così che i bambini si vedo-no: con il costume dei loro so-gni dentro il quale sentirsi in-vincibili!

Una bella iniziativa da vive-re insieme, una buona occa-sione per riscoprire e valoriz-zare la vita di quartiere, oggiche più che mai lo spirito diaggregazione rischia di essereassorbito dai ritmi sempre piùfrenetici ed incalzanti della vi-ta moderna.

Oggi è per questo che ab-biamo ancora più bisogno diancorarci e rinnovare le nostretradizioni religiose e popolariper non perderci come indivi-dui ma sentirci uniti dallostesso entusiasmo e dalle stes-se radici.

Valentina Pistillo

con persone più grandi e piùpiccole di noi. 

Credo che ci sia bisogno diparlare di cosa vuol dire co-munità con i più giovani per-ché aiuta a capire quantoogni ragazzo, adulto, anzia-no sia essenziale all’internodella propria parrocchia e

quanto anche i più piccoli,partecipando attivamente,possano davvero portare co-se belle e utili per tutti. 

In conclusione, è davveroun peccato aver perso un’oc-casione come il campo inver-nale, ma si spera di poter re-cuperare il prossimo invernoe soprattutto di poter conti-nuare a proporre momenti eserate come quella di Gen-naio per rafforzare il senso dicomunità che ogni ragazzoha e sottolineare l’importan-za del vivere, riflettere e pre-gare insieme. 

Sara Giraudo

altre persone oltre a noi chefanno le stesse cose, che par-tecipano ai gruppi formativialla sera, per cui la parroc-chia e tutto quello che ci giraintorno è uno spazio impor-tante della vita; scoprire chele idee che qualcuno puòavere sono condivise da altri.

In questa serata si è parlato diChiesa, di preghiera, di co-munità, di fratellanza e di te-mi rilevanti per ragazzi chevanno dalla terza media allaquarta superiore. 

È per questo che il campoinvernale è un momento im-portante ed essenziale nellavita delle nostre comunità, inprimis perché permette a tuttii gruppi di fascia di incon-trarsi e conoscersi, e dunquecapire cosa vuol dire parteci-pare alla vita della propriaparrocchia e poi perché per-mette di trattare temi signifi-cativi andando oltre il pro-prio orizzonte e dialogando

Colori e sorrisi alla festa di carnevale del Quartiere Mirafiori Sudpresso la Casa nel Parco

La gara di maschere del carnevale del Quartiere Mirafiori Sud

Gita sulla neve a Rucas

Detenuti e senzatetto: gli “invisibili” della societàEsperienza di servizio di un gruppo di giovani delle nostre comunità

Messa di Natale al Ferrante Aporti, presieduta dall’arcivescovo Cesare Nosiglia

Il 24 dicembre 2017 i gio-vani delle Parrocchie di SanBarnaba e Santi Apostolihanno avuto la possibilità divivere due esperienze di ser-vizio molto significative: almattino hanno partecipatoalla messa all’interno delcarcere minorile FerranteAporti e al pomeriggio, inve-ce, si sono recati alla Tendadi Natale di fianco a PortaNuova.

Il Ferrante Aporti è l’Isti-tuto di Pena Minorile di Tori-no e, per il momento, al suointerno sono detenuti unaquarantina di ragazzi (il car-cere è solo maschile). Ungruppo di una decina di gio-vani delle nostre parrocchiepartecipa una volta ogni duesettimane nel corso dell’an-no, alla Messa presieduta dalcappellano don DomenicoRicca, aiutandolo nello svol-gimento della liturgia; il 24dicembre, però, in occasionedel Natale, le porte del carce-re si sono aperte a tutti coloroche avevano piacere di tra-scorrere un momento di pre-

e informazioni sul mondo esugli altri; i detenuti ed i sen-zatetto rappresentano, inve-ce, qualcosa di diverso e mi-naccioso.

Gordon Allport sostieneche pregiudizi e stereotipinascono dal fatto di non co-noscere direttamente l’altro ele sue caratteristiche; perquesto, entrare in contattocon l’altro permette di cono-scerlo e di disconfermare glistereotipi del gruppo che rap-presenta.

Per questi motivi, il Fer-rante Aporti e la Tenda di Na-tale sono stati due momentimolto significativi per i gio-vani delle due parrocchie chevi hanno partecipato poichéc’è stata la possibilità di en-trare in contatto con gli ulti-mi della società, di prenderecoscienza dei due fenomeni,di vedere di persona e di toc-care con mano quanto è diffi-cile, a volte, trascorrere ilNatale per queste personeche hanno perso tutto nellavita.

Spesso, infatti, è proprionei giorni di festa che que-ste persone soffrono ancoradi più il loro essere invisibi-li.

Fabio Cecchetti

ghiera e di festa con i ragazzidetenuti. La Messa, presie-duta dall’arcivescovo di To-rino, mons. Cesare Nosiglia,si è trasformata in una bellaoccasione di integrazione,dove due mondi lontanissi-mi, il carcere e la societàesterna, si sono potuti incon-trare per scambiarsi qualcheparola.

La Tenda di Natale è, inve-ce, un’iniziativa dei frati delConvento di Sant’Antonioda Padova; consiste in unatenda da campo posizionatadal primo pomeriggio fino atarda notte di fianco alla sta-zione di Porta Nuova con loscopo di dare accoglienza atutte le persone meno fortu-nate che vivono per strada.

Un gruppo dei nostri gio-vani e giovanissimi ha tra-scorso il pomeriggio pressola tenda, svolgendo diverseattività: andare in giro per inegozi del centro cercando disensibilizzare i commercian-ti a non buttare ciò che nonhanno venduto ma, anzi, adonarlo ai senzatetto all’in-

terno della tenda, di distri-buire the caldo, panini, qual-che fetta di panettone insie-me a indumenti invernali ecoperte e, infine, di trascor-rere un po’ di tempo con lepersone presenti tra chiac-chiere, canti e balli.

Carcerati e senzatetto sonoconsiderati gli “invisibili”della società, sono spessovittima di pregiudizi e preva-ricazioni. Si vuole richiama-re all’attenzione lo psicologodel ’900 Gordon Allport, ce-lebre per la Teoria del Con-

tatto. Egli afferma che il pre-giudizio è un’antipatia fon-data su una generalizzazionefalsa e inflessibile che si tra-sforma nel vedere le personedevianti come una minaccia.La società attuale, da un lato,fornisce un sistema di valori