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Passi incontro a Gesù La Parrocchia, ovvero, La Parrocchia, ovvero, La Parrocchia, ovvero, La Parrocchia, ovvero, una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito sui “passi dell’uomo” che cercano Dio sui “passi dell’uomo” che cercano Dio sui “passi dell’uomo” che cercano Dio sui “passi dell’uomo” che cercano Dio perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo. perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo. perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo. perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo. “ Tu da mille strade ci raduni in unità. “ Tu da mille strade ci raduni in unità. “ Tu da mille strade ci raduni in unità. “ Tu da mille strade ci raduni in unità. E per mille stra E per mille stra E per mille stra E per mille strade poi, dove Tu vorrai, de poi, dove Tu vorrai, de poi, dove Tu vorrai, de poi, dove Tu vorrai, noi saremo il seme di Dio. noi saremo il seme di Dio. noi saremo il seme di Dio. noi saremo il seme di Dio. ( P. Sequeri, Symbolum ‘77) “cento passi di comunione” terzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglio terzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglio terzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglio terzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglio 12 aprile 1997, festa di S. Zeno 12 aprile 1997, festa di S. Zeno 12 aprile 1997, festa di S. Zeno 12 aprile 1997, festa di S. Zeno

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Passi

incontro a

Gesù

La Parrocchia, ovvero, La Parrocchia, ovvero, La Parrocchia, ovvero, La Parrocchia, ovvero, una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito una Chiesa tra la gente, guidata dallo Spirito sui “passi dell’uomo” che cercano Diosui “passi dell’uomo” che cercano Diosui “passi dell’uomo” che cercano Diosui “passi dell’uomo” che cercano Dio perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo.perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo.perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo.perchè incrocino i “passi di Gesù” che cercano l’uomo.

“ Tu da mille strade ci raduni in unità.“ Tu da mille strade ci raduni in unità.“ Tu da mille strade ci raduni in unità.“ Tu da mille strade ci raduni in unità. E per mille straE per mille straE per mille straE per mille strade poi, dove Tu vorrai,de poi, dove Tu vorrai,de poi, dove Tu vorrai,de poi, dove Tu vorrai,

noi saremo il seme di Dio.noi saremo il seme di Dio.noi saremo il seme di Dio.noi saremo il seme di Dio. ( P. Sequeri, Symbolum ‘77)

“cento passi di comunione”

terzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglioterzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglioterzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglioterzo progetto pastorale della Parrocchia di S. Zeno in Treviglio 12 aprile 1997, festa di S. Zeno 12 aprile 1997, festa di S. Zeno 12 aprile 1997, festa di S. Zeno 12 aprile 1997, festa di S. Zeno

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Dal Vangelo di Giovanni 1,Dal Vangelo di Giovanni 1,Dal Vangelo di Giovanni 1,Dal Vangelo di Giovanni 1, 29 29 29 29----34 34 34 34

Il giorno dopo,Il giorno dopo,Il giorno dopo,Il giorno dopo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui,Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui,Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui,Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse:disse:disse:disse: "Ecco l'Agnello di Dio, "Ecco l'Agnello di Dio, "Ecco l'Agnello di Dio, "Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo. ecco colui che toglie il peccato del mondo. ecco colui che toglie il peccato del mondo. ecco colui che toglie il peccato del mondo. Ecco colui del quale io dissi: Ecco colui del quale io dissi: Ecco colui del quale io dissi: Ecco colui del quale io dissi: dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perchè era pri perchè era pri perchè era pri perchè era prima di me.ma di me.ma di me.ma di me. Io non lo conoscevo, Io non lo conoscevo, Io non lo conoscevo, Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua ma sono venuto a battezzare con acqua ma sono venuto a battezzare con acqua ma sono venuto a battezzare con acqua perchè egli fosse fatto conoscere a Israele." perchè egli fosse fatto conoscere a Israele." perchè egli fosse fatto conoscere a Israele." perchè egli fosse fatto conoscere a Israele." Giovanni rese testimonianza dicendo:Giovanni rese testimonianza dicendo:Giovanni rese testimonianza dicendo:Giovanni rese testimonianza dicendo: " Ho visto lo Spirito " Ho visto lo Spirito " Ho visto lo Spirito " Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo scendere come una colomba dal cielo scendere come una colomba dal cielo scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. e posarsi su di lui. e posarsi su di lui. e posarsi su di lui. Io n Io n Io n Io non lo conoscevo,on lo conoscevo,on lo conoscevo,on lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: mi aveva detto: mi aveva detto: mi aveva detto: l’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito l’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito l’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito l’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. è colui che battezza in Spirito Santo. è colui che battezza in Spirito Santo. è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza E io ho visto e ho reso testimonianza E io ho visto e ho reso testimonianza E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di D che questi è il Figlio di D che questi è il Figlio di D che questi è il Figlio di Dio”io”io”io”

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno:INTRODUZIONE 3333

Introduzione:

il titolo,

l’icona

biblica,

il terzo

progetto

pastorale

della

nostra

parrocchia

4444 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: INTRODUZIONE

Il titolo:::: “PASSI INCONTRO A GESU’”'“PASSI INCONTRO A GESU’”'“PASSI INCONTRO A GESU’”'“PASSI INCONTRO A GESU’”' “ Passi incontro a Gesù”“ Passi incontro a Gesù”“ Passi incontro a Gesù”“ Passi incontro a Gesù” è' il titolo del terzo progetto pastorale della nostra parrocchia. I "PASSI" sono innanzitutto i passi di Gesù che cercano l'uomo; ma sono anche i "PASSI" dell'uomo che cercano Dio. I passi con cui l'uomo cerca di avvicinarsi a Dio incrociano quelli di Gesù che cercano l'uomo. La Parrocchia è chiamata a riconoscere i passi che Gesù fa verso ogni uomo e a interpretare e valorizzare tutti i passi che gli uomini fanno per cercare Dio.

L'icona biblica: “GIOVANNI BATTISTA “GIOVANNI BATTISTA “GIOVANNI BATTISTA “GIOVANNI BATTISTA SULLE RIVE DEL GIORDANO”SULLE RIVE DEL GIORDANO”SULLE RIVE DEL GIORDANO”SULLE RIVE DEL GIORDANO”

Come icona biblica capace di sottolineare l'originalità di questo progetto pastorale e di dirne sinteticamente il contenuto, abbiamo scelto la figura di Giovanni Battista che, sulle rive del Giordano, indica Gesù come l'Agnello di Dio ( cfr. Vangelo di Giovanni 3,29-34). La nostra parrocchia nello stendere il suo progetto pastorale vuole prendere come figura di riferimento Giovanni Battista che indica Gesù, che conduce all'incontro con Gesù.

1). Giovanni Battista dice alla nostra parrocchia che, come lui, vuole condurre all'incontro con Gesù, che la Parola che deve annunciare è molto semplice: "Ecco l'Agnello di Dio. Ecco colui che toglie il peccato del mondo" ( Gv. 1, 29) Questo "ecco" di Giovanni indica il compimento di un'attesa, indica che una speranza è stata soddisfatta. "Finalmente, ecco, l'Agnello di Dio. Finalmente è arrivato. Finalmente è in mezzo a noi. Ecco, guardate!" **** E' un "ecco" che può sgorgare spontaneo e incontenibile dalle labbra di Giovanni perchè il suo cuore era abitato dall'attesa. L'attesa di Giovanni era anche l'attesa della gente che andava da lui. **** E' un ecco che emerge imperioso per l'incontro con il Signore Gesù, ma è sostenuto dal tempo prezioso passato con la gente a condividerne le speranze, i gemiti, i desideri.

La gioia della nostra comunità parrocchiale sta nel dire Gesù di Nazaret, nell'indicarlo come l'unico nel quale l'uomo può trovare salvezza e compimento alle sue attese più profonde e più vere. Ma questo diventa possibile nella misura in cui il cuore della nostra comunità si dilata per le attese della gente e diventa un cuore ospitale nei confronti di quella speranza che anima la storia di ogni persona.

" " " " Si tratta di dare alla vita intera della parrocchia e in particolare ai momenti e luoghi in cui a essa possono accedere anche persone lontane o in ricerca, uno stile di attenzione alle persone e di ascolto, mettendo la gente a proprio agio. Militano contro questo stile ogni spigolosità, ogni diffidenza di fronte a gente ‘non nostra’, ogni sbrigatività con cui si liquidano con poche battute domande non pertinenti.. Ci vuole poco ad accogliere con un sorriso... E' importante soprattutto far vedere che ciascuno è accolto come persona, con la sua dignità.. A tutti dobbiamo sforzarci di offrire una immagine di parrocchia amica di chi è in ricerca, dell'uomo e della donna che si pongono domande sulla vita, della persona che desidera la salvezza, anche se non ne sa dire bene il nome.” ( Card. Martini, in Alzati, va' a Ninive la grande città!)

2) Giovanni Battista dice alla nostra parrocchia che, come lui, vuole condurre all'incontro con Gesù che, perchè questo annuncio accada, è necessario che i suoi occhi l'abbiano visto, le sue orecchie l'abbiano udito, le sue mani l'abbiano toccato (cfr. 1 Gv. 1, 1ss) Dice Giovanni: Ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio" (Gv. 1,34) Giovanni vede lo Spirito scendere e rimanere in modo stabile su Gesù. Giovanni vede l'unità perfetta di Gesù con il Padre. Giovanni vede lo Spirito che è la comunione perfetta tra Gesù e il Padre. Giovanni riconosce che la storia di Gesù è la storia della rivelazione dell'amore del Padre:

n.1....

n.2.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno:INTRODUZIONE 5555

riconosce che Gesù è il Figlio di Dio. La Chiesa è la comunità degli uomini che hanno visto il Signore, che vedono lo Spirito scendere e rimanere su Gesù. La Chiesa è la comunità di coloro che contemplano la Croce di Gesù.

La nostra parrocchia potrà essere un indice puntato su Gesù se coltiva una decisa familiarità con Gesù, se non si stanca di leggere e rileggere il Vangelo, se, soprattutto, impara a concentrare lo sguardo sulla Croce di Gesù che è il momento culminante della sua vita e la rivelazione più alta dell'amore di Dio.

" " " " Non si può essere missionari senza aver fatto in sè questa accoglienza franca, larga, cordiale alla Parola di Dio, al Vangelo. Questa Parola, la cui tendenza vivente è di farsi carne, vuole farsi carne in noi. E quando siamo così abitati da lei diventiamo atti ad essere missionari. Ma non inganniamoci. Sappiamo che è gravosissimo ricevere in sè il messaggio intatto. E' per questo che tanti fra noi lo ritoccano, lo mutilano, lo attenuano. Si prova il bisogno di metterlo alla pari con la moda del giorno, come se Dio non fosse alla moda di tutti giorni, come se si potesse ritoccare Dio.... Una volta che abbiamo conosciuto la Parola di Dio non abbiamo il diritto di non riceverla; una volta che l'abbiamo ricevuta non abbiamo il diritto di non lasciarla incarnare in noi; una volta che si è incarnata in noi non abbiamo il diritto di conservarla per noi: apparteniamo, da quel momento, a coloro che l'attendono.” ( M. Delbrèl, "Noi delle strade")

3). Giovanni Battista dice alla nostra parrocchia che, come lui, vuole condurre all'incontro con Gesù, che è necessario riconoscere, interpretare, stimolare i passi dell'uomo. Giovanni Battista sulle rive del Giordano battezzava con acqua per la conversione dei peccati (cfr.Gv. 1,31). Tanta gente andava da lui: gente disonesta, gente peccatrice, gente povera, gente che cercava la conversione. Giovanni, battezzandoli con acqua, li preparava all'incontro con Gesù. Giovanni ascoltava le loro domande e li invitava a cercare l'onestà, la lealtà, la solidarietà (cfr. Lc. 3,7-17). Ad ognuno Giovanni aveva una risposta da dare, ad ognuno indicava dei passi precisi da percorrere.

La nostra parrocchia per guidare all'incontro con Gesù deve mettersi in ascolto della gente; deve cercare di bonificare e di risanare il cuore dell'uomo risvegliando in lui il desiderio di cercare la verità, richiamando l'impegno per l'onestà, la giustizia, la solidarietà. La nostra parrocchia deve tracciare e indicare itinerari concreti differenziati perchè i passi di ogni uomo possano incrociare i passi di Gesù. " " " " La fede cristiana consiste essenzialmente in un incontro personale con Gesù, un incontro che si affianca a tanti altri incontri di cui è intessuta la nostra storia, ma svetta sopra tutti gli altri perchè è l'evento della nostra salvezza, cioè ci dice quale è il senso ultimo della nostra vita e ci offre quel bene totale e definitivo a cui noi aspiriamo attraverso i beni parziali e sfuggenti che sono l'oggetto immediato dei nostri desideri quotidiani. E' un incontro tra i tanti, ma pretende di essere l'unico, assolutamente importante. Accade in un momento della nostra storia, ma vuole legarci a sè per sempre.”

( L. Serenthà, in Passi verso la fede)

IL TERZO PROGETTO PASTORALE IL TERZO PROGETTO PASTORALE IL TERZO PROGETTO PASTORALE IL TERZO PROGETTO PASTORALE DELLA PARROCCHIA”DELLA PARROCCHIA”DELLA PARROCCHIA”DELLA PARROCCHIA”

1. La costruzione del terzo progetto pastorale1. La costruzione del terzo progetto pastorale1. La costruzione del terzo progetto pastorale1. La costruzione del terzo progetto pastorale “Passi incontro a Gesù”“Passi incontro a Gesù”“Passi incontro a Gesù”“Passi incontro a Gesù” è il terzo progetto pastorale della nostra parrocchia. **** Il primo progetto pastorale dal titolo “ Oggi, la salvezza è entrata in questa casa”“ Oggi, la salvezza è entrata in questa casa”“ Oggi, la salvezza è entrata in questa casa”“ Oggi, la salvezza è entrata in questa casa” porta la data del 26 giugno 1989: è stato il frutto della Visita pastorale. **** Il secondo progetto pastorale dal titolo " Vino nuovo in" Vino nuovo in" Vino nuovo in" Vino nuovo in otri nuovi" otri nuovi" otri nuovi" otri nuovi" porta la data

n.3.

6666 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: INTRODUZIONE

del 18 ottobre 1992, ed è stato il frutto del lavoro fatto dalla comunità parrocchiale e dal C.P.P. in occasione del X° anniversario della Consacrazione della nostra chiesa. **** " Passi incontro a Gesù"" Passi incontro a Gesù"" Passi incontro a Gesù"" Passi incontro a Gesù" nasce da un lungo lavoro del IV° C.P.P. impegnato a fare opera di assimilazione paziente e graduale del testo e delle prescrizioni del Sinodo Diocesano 47° per innestarlo nella vita quotidiana della parrocchia. Nell'elaborare questo progetto si è voluto coinvolgere la comunità parrocchiale informandola del lavoro che il Consiglio Pastorale faceva e invitandola a pregare durante la celebrazione dell'Eucaristia della Domenica. Si è cercato anche di verificare concretamente le varie intuizioni e riflessioni che venivano elaborate perchè si voleva dar vita a un progetto pastorale concreto, capace di sostenere e stimolare il cammino della parrocchia e possibile da mettere in pratica. La concretezza di un progetto è strettamente collegata alla riflessione che lo fa nascere; senza una riflessione seria e attenta non c'è vera concretezza pastorale.

2. Il progetto pastorale e il Sinodo diocesano2. Il progetto pastorale e il Sinodo diocesano2. Il progetto pastorale e il Sinodo diocesano2. Il progetto pastorale e il Sinodo diocesano

Questo terzo progetto pastorale dice come concretamente la nostra parrocchia vuole attuare il Sinodo diocesano. Il punto di riferimento per il Consiglio Pastorale nell'elaborare questo progetto è stata la a a a “Chiesa degli Apostoli”“Chiesa degli Apostoli”“Chiesa degli Apostoli”“Chiesa degli Apostoli” che, come dice il nostro Arcivescovo nella lettera di presentazione al Sinodo, è "l'icona soggiacente a tutti i lavori del Sinodo capace di dare unità al vasto materiale del Sinodo." (n.11) Attraverso questo progetto la nostra parrocchia vuole, come dice sempre l'Arcivescovo, " riscoprire, rivivere e attualizzare il modo di vivere, giudicare e agire degli Apostoli e dei primi discepoli, i loro atteggiamenti e le loro scelte, il loro amore per il Signore Gesù, la loro obbedienza al Padre, la loro docilità allo Spirito Santo, la loro costante attenzione alla Parola, la loro interiore rigenerazione, la carità creativa, lo slancio missionario." (n.11) Concretamente questo progetto, nello spirito del Sinodo, vuole spalancare la vita della nostra parrocchia su tre grandi orizzonti:

1) Il primo è su GesùIl primo è su GesùIl primo è su GesùIl primo è su Gesù come unico fondamento su cui edificare la comunità parrocchiale. La nostra parrocchia vuole prendere sempre più coscienza dell'assoluta necessità di Gesù. Non vogliamo correre il rischio di edificare la comunità senza Gesù. La nostra parrocchia vuole tenere fisso lo sguardo su Gesù, non stancarsi mai di contemplare la sua Croce. " Non c'è mai stata realizzazione umana più alta di quella della Croce. “ ( Card. Martini in "Ripartiamo da Dio!" n.. 10)

La nostra parrocchia vuole vivere totalmente dipendente dalla Parola di Gesù; vuole imitare e seguire Gesù, scegliere ciò che la rende più simile a lui per essere il suo Corpo che vive nella storia.

2) Il secondo è sulla comunità parrocchialeIl secondo è sulla comunità parrocchialeIl secondo è sulla comunità parrocchialeIl secondo è sulla comunità parrocchiale come indice puntato su Gesù. La nostra parrocchia vuole prendere sempre più coscienza di essere chiamata a raccontare Gesù, a far conoscere la sua storia, a fare da guida a Lui perchè tutti gli uomini hanno bisogno di incontrarlo. " Nessun uomo o donna può realizzarsi se non in Gesù; nessuno potrà mai essere più autenticamente persona umana di lui.” ( Card. Martini, in "Ripartiamo da Dio!" n.10)

La nostra parrocchia vuole diventare un luogo dove è possibile rendere visibile e, in qualche modo percepibile, l'esperienza dell'incontro con Gesù. La nostra parrocchia vuole costruirsi come comunità alternativa dove si vivono relazioni gratuite e sincere fondate sul Vangelo.

3) Il terzo è sugli “itinerari differenziati”Il terzo è sugli “itinerari differenziati”Il terzo è sugli “itinerari differenziati”Il terzo è sugli “itinerari differenziati” come strategia pastorale della parrocchia. La nostra parrocchia vuole percorrere la strada dei cammini differenziati come strada privilegiata della pastorale perchè vuole far arrivare a tutti l’annuncio del Vangelo e aiutare ogni uomo e ogni donna ad incontrare Gesù. E' la parte più nuova e più originale del nostro progetto pastorale.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno:INTRODUZIONE 7777

Il Consiglio Pastorale ha dedicato molto tempo, molta riflessione e molto lavoro per cercare di capire come l'intuizione dei cammini differenziati poteva diventare una proposta possibile e praticabile della nostra pastorale. E' stato un lavoro non facile, ed è ancora tutto da verificare.

La nostra parrocchia, malgrado le tante difficoltà incontrate e i tanti interrogativi non ancora risolti, intende percorrere la strada dei cammini differenziati perchè ci sembra di capire che può diventare quella strada * capace di aiutare la pastorale della parrocchia ad uscire dalla stagnazione e dalla ripetitività, * capace di valorizzare tutto il lavoro fatto dalla parrocchia in questi anni, * capace di dare alla parrocchia una concreta spinta evangelizzatrice.

3. La struttura del progetto terzo pastorale3. La struttura del progetto terzo pastorale3. La struttura del progetto terzo pastorale3. La struttura del progetto terzo pastorale

Il terzo progetto pastorale è strutturato nei seguenti capitoli

* Capitolo I°: IL VOLTO DELLA NOSTRA PARROCCHIA Vogliamo, innanzitutto, leggere “con occhio caritatevole, paziente, misericordioso, propositivo, cordiale” la situazione della nostra Parrocchia. In particolare cercheremo di > fare memoria della storia della parrocchia > conoscere il suo territorio e la sua gente > prendere coscienza dei suoi problemi e della sue povertà > far emergere i suoi tentativi e le sue intenzioni profonde

* * * * Capitolo IICapitolo IICapitolo IICapitolo II°: L’ASCOLTO°: L’ASCOLTO°: L’ASCOLTO°: L’ASCOLTO In un secondo momento, ci metteremo in ascolto della Parola di Dio per diventare disponibili a quello che lo Spirito suggerisce alla nostra Parrocchia. In particolare ci metteremo in ascolto della Parola di Dio contenuta nel Libro degli Atti degli Apostoli per conoscere da vicino la vita delle prime comunità cristiane per rivivere e attualizzare i loro atteggiamenti, le loro scelte, il loro amore per il Signore, il loro entusiasmo missionario e per comprendere sempre più l’anima profonda del nostro Sinodo 47° che siamo chiamati a innestare nella vita quotidiana della nostra Parrocchia.

* * * * Capitolo III°: LA DISTANZACapitolo III°: LA DISTANZACapitolo III°: LA DISTANZACapitolo III°: LA DISTANZA Faremo come una sosta riflessiva per prendere coscienza della grande sproporzione, della “distanza” che esiste tra il modo di vivere e di annunciare il Vangelo della Chiesa degli Apostoli e il modo di vivere e di annunciare il Vangelo della nostra comunità, tra la grandezza della chiamata e del compito che il Signore affida alla nostra Parrocchia e l’esiguità delle nostre risorse, le povertà umane e spirituali, i limiti e le fragilità con le quali dobbiamo fare i conti tutti i giorni. In particolare prenderemo coscienza come l’esperienza della “distanza” impegna la nostra Parrocchia a ripartire continuamente da Dio, a riconoscere il primato di Dio, a vivere in continuo stato di conversione, a coltivare una intensa vita spirituale...

**** Capitolo IV°: LO STILE Capitolo IV°: LO STILE Capitolo IV°: LO STILE Capitolo IV°: LO STILE Punteremo in alto per descrivere la Parrocchia che vogliamo costruire, cioè > una Parrocchia come la Chiesa di Gesù e degli Apostoli > una Parrocchia come “comunità alternativa”, sotto il primato di Dio > una Parrocchia impegnata ad attuare il Sinodo diocesano. In particolare metteremo in evidenza le “pietre miliari” che hanno segnato e continuano segnare il cammino della nostra Parrocchia, gli obiettivi di fondo, i punti di riferimento che stanno a fondamento del suo scegliere e del suo operare e che sono stati illustrati nelle vetrate della nostra chiesa.

* * * * Capitolo V°: L’AZIONECapitolo V°: L’AZIONECapitolo V°: L’AZIONECapitolo V°: L’AZIONE Infine descriveremo il “fare pastorale” della Parrocchia che ha l’obiettivo di coltivare “la Santità popolare”, cioè “fare santa” tutta la comunità In particolare indicheremo le “scelte pastorali prioritarie” della nostra Parrocchia in tre passi concreti: > il passo della fede adulta

8888 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: INTRODUZIONE

> il passo dei cammini differenziati > il passo dei ministeri parrocchiali

4. L’indice indica anche un “metodo pastorale”4. L’indice indica anche un “metodo pastorale”4. L’indice indica anche un “metodo pastorale”4. L’indice indica anche un “metodo pastorale” Quello descritto sopra non è solo “l’indice” del progetto pastorale della nostra Parrocchia, ma vuole indicare “il metodo” che la nostra Parrocchia e, in particolare, il Consiglio Pastorale vogliono seguire nel “fare pastorale”. Infatti l’azione pastorale della nostra Parrocchia, perchè sia efficace, domanda di passare attraverso cinque momenti:

**** I°I°I°I° momento momento momento momento: imparare a leggere con attenzione e con amore la situazione per conoscere le domande profonde, i bisogni veri, l’ansia e il desiderio del Vangelo e di Dio che c’è nel cuore di tanta gente;

* II° * II° * II° * II° momento momento momento momento: mettersi in ascolto della Parola di Dio per non dimenticare la Parrocchia è del Signore, per confrontarsi con il suo modo di agire, per capire che cosa Lui vuole da noi in questo momento, in questa particolare situazione.

* III° * III° * III° * III° momento: momento: momento: momento: riconoscere sempre la sproporzione ( la distanza) che esiste tra il compito che ci è stato affidato e l’esiguità delle nostre risorse, le nostre povertà umane e spirituali, i nostri limiti, le nostre fragilità > per affermare il “primato di Dio” e della sua grazia su qualsiasi nostra iniziativa > per non lasciarsi vincere dallo scoraggiamento o dalla sfiducia > per mettere a disposizione con gioia tutte le nostre risorse, le nostre capacità, i nostri mezzi perchè il Signore continui a compiere il miracolo del Vangelo nella nostra Parrocchia

* IV° * IV° * IV° * IV° momento: momento: momento: momento: cercare di mettere sempre ben a fuoco e di tenere lo sguardo sempre fisso sugli obiettivi che si intendono raggiungere > per non smarrire la strada > per non scendere mai a compromessi con il Vangelo > per non cadere nella tentazione di percorrere strade diverse da quella che ha percorso Gesù quando, “indurì il suo volto” ( “firmavit faciem suam” cfr. Lc. 9.51) e si incamminò verso Gerusalemme.

* V° * V° * V° * V° momento: momento: momento: momento: infine individuare i passi concreti e possibili da compiere, le azioni, le iniziative che è necessario fare per far crescere la comunità nella santità e nell’amore al Vangelo e nella gioia di vivere come ha vissuto Gesù.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 9

capitolo I°

il volto

la nostra

parrocchia

ha

un nome,

una storia,

un cuore

10101010 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

Una visita al cantiere Una visita al cantiere Una visita al cantiere Una visita al cantiere

In questo capitolo vogliamo visitare “il cantiere della nostra Parrocchia” per vedere quello che c’è, quello che si fa e quello che non si fa, per mettere in evidenza il bene che c’è. Vogliamo descrivere il volto della nostra parrocchia, guardare in faccia la nostra comunità per conoscerla da vicino. "Dobbiamo imparare a leggere la situazione della nostra parrocchia con occhio caritatevole, paziente, misericordioso, amico, propositivo, cordiale. Bisogna conoscere il bene profondo che c'è nel cuore di tanta gente e l'ansia o il bisogno di Dio che consciamente o inconsciamente sono in molti. Dobbiamo imparare a sentire l'azione forte dello Spirito in ogni angolo del territorio e in ogni volto anonimo. ( Martini, Alzati, va' a Ninive, la grande città!) In particolare vogliamo 1) Fare memoria della storia della nostra Parrocchia per custodirla gelosamente 2) Conoscere il territorio e la gente della Parrocchia per amarli cordialmente 3) Prendere coscienza dei problemi e delle povertà della Parrocchia per condividerli responsabilmente 4) Far emergere i tentativi e i grandi desideri della Parrocchia per coltivarli pazientemente

1. Fare memoria della storia della

parrocchia per custodirla gelosamente

Ricordare.... Ricordare.... Ricordare.... Ricordare.... Descrivere il volto della nostra parrocchia vuol dire innanzitutto fare memoria della sua storia. E' importante riandare nella memoria della parrocchia. La memoria è quello scrigno che custodisce le origini, le radici, il cammino, i passi, le scelte, le fatiche, gli entusiasmi, gli errori, le cose belle...della nostra comunità

parrocchiale La memoria è quel terreno capace di far germogliare un presente solido e un futuro di speranza. Fare memoria della storia della nostra parrocchia vuol dire descrivere il cammino percorso in questi anni. E' un cammino che possiamo suddividere in tre grandi tappe: 1) La tappa dell'entusiasmo e della gioia 1978-1988 2) La tappa della riflessione e del progetto 1988-1994 3) La tappa dei passi concreti e dei cammini differenziati 1994...

La tappa dell'entusiasmo e della gioia 1978 La tappa dell'entusiasmo e della gioia 1978 La tappa dell'entusiasmo e della gioia 1978 La tappa dell'entusiasmo e della gioia 1978----1988198819881988 1. 1. 1. 1. Il cammino della nostra comunità parrocchiale inizia il 28 ottobre 1978 Il cammino della nostra comunità parrocchiale inizia il 28 ottobre 1978 Il cammino della nostra comunità parrocchiale inizia il 28 ottobre 1978 Il cammino della nostra comunità parrocchiale inizia il 28 ottobre 1978 alle ore 16.30 in un capannone indualle ore 16.30 in un capannone indualle ore 16.30 in un capannone indualle ore 16.30 in un capannone industriale di via C. Terni n.24 con la striale di via C. Terni n.24 con la striale di via C. Terni n.24 con la striale di via C. Terni n.24 con la celebrazione celebrazione celebrazione celebrazione dell'Eucaristia da parte del Prevosto Monsignor Pietro Cazzulani.dell'Eucaristia da parte del Prevosto Monsignor Pietro Cazzulani.dell'Eucaristia da parte del Prevosto Monsignor Pietro Cazzulani.dell'Eucaristia da parte del Prevosto Monsignor Pietro Cazzulani. Si è arrivati alla decisione di dar vita a una comunità parrocchiale nel quartiere S. Zeno, dopo un lavoro paziente ed intelligente di Monsignor Giuseppe Molinari sulla necessità di decentrare la parrocchia di S. Martino e di costruire, in città, comunità cristiane più a misura d'uomo. Si cerca subito di dar vita ad una comunità cristiana nel quartiere. Caratteristica di questo periodo è la gioia e l'entusiasmo.. C'è tanta voglia di incominciare insieme una grande avventura. Si esperimenta la gioia e la responsabilità di costruire nel quartiere una comunità cristiana. Si incomincia a radunare la gente, a dar vita ai vari gruppi parrocchiali: Una attenzione particolare viene data ai ragazzi e agli adolescenti. Si incomincia ad organizzare le prime feste della comunità. In poco tempo la comunità si rende presente nel quartiere e diventa punto di riferimento per tutti..

n.4.

n.5.

n.6.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 11

Anima di tutto è un gruppo di persone, chiamato "gruppo operatori pastorali""gruppo operatori pastorali""gruppo operatori pastorali""gruppo operatori pastorali" che fin dall'inizio segue e sostiene con molta cura e responsabilità tutti i passi del cammino della comunità. Nell'Avvento del 1985 viene eletto il primo Consiglio Pastorale della Parrocchia.

2. 2. 2. 2. Insieme alla comunità si costruisce la Chiesa e l'Oratorio. Insieme alla comunità si costruisce la Chiesa e l'Oratorio. Insieme alla comunità si costruisce la Chiesa e l'Oratorio. Insieme alla comunità si costruisce la Chiesa e l'Oratorio. Ecco alcune date significative:

**** Inizio del mese di ottobre 1978 viene preso in affitto il capannone di via C. Terni n.24; viene ripulito e sistemato a chiesa dalle persone del quartiere.

**** 28 ottobre 1978 nel capannone, che diventerà poi la Chiesa parrocchiale, viene celebrata la prima S. Messa. Il capannone diventa anche il luogo degli incontri della comunità. La catechesi dei ragazzi viene fatta al Collegio degli Angeli.

**** Nei primi mesi del 1979 la comunità è posta di fronte ad una scelta importante: o costruire una chiesa nuova nel terreno di fronte all'attuale chiesa o acquistare tutto lo stabile di via C. Terni 24, cioè i due capannoni e tre appartamenti e trasformarlo in un centro parrocchiale. Dopo diversi incontri e discussioni animate nel gruppo operatori pastorali, e nella prima commissione affari economici della parrocchia che nel frattempo era stata costituita, e soprattutto dopo diverse assemblee parrocchiali con le quali si è cercato di coinvolgere tutta la comunità, viene presa la decisione di acquistare lo stabile e di trasformarlo in centro parrocchiale. * * * * Settembre 1979: viene acquistato tutto lo stabile e immediatamente incominciano i lavori per trasformarlo in chiesa parrocchiale, con annesso l'appartamento del parroco e locali per l'attività della parrocchia. Il progetto è di Paolo Furia. Tutta la comunità viene coinvolta nei lavori. Si lavora a tempo di record perchè per il Natale 1979 la chiesa deve essere pronta. Nel frattempo la comunità si raduna nella Cappella del Collegio degli Angeli.

**** 25 dicembre 197925 dicembre 197925 dicembre 197925 dicembre 1979 la Chiesa è pronta. A mezzanotte si celebra la S. Messa: il capannone è diventato una chiesa bellissima ed accogliente. La gioia e l'entusiasmo sono davvero grandi perchè la nostra chiesa è stata voluta dalla comunità, è nata insieme alla comunità, anche con il lavoro manuale delle persone della comunità e la comunità si è sobbarcata anche tutto il peso economico. Non c'è stato nessun benefattore particolare, ma c'è stato il contributo di tutti.

**** Intanto, sempre nel 1979 si incomincia a puntare gli occhi sulla Cascina di via Gerola n.1, chiamata anche "Vaticano" o "Casina del Preost" che allora era un "beneficio" della parrocchia di S. Martino. In questa cascina si pensa di fare l'Oratorio Nella comunità si sentiva il bisogno di avere un oratorio dove radunare i ragazzi, dove svolgere un'attività educativa. Nella cascina, all'inizio, erano disponibili solo qualche stanza (ca' mate) e una stalla. Si incomincia a fare oratorio. Nel mese di ottobre 1979, ricordando il I° anniversario dell'inizio del cammino della comunità, si fa la I° festa in cascina.

**** Nel 1980 si fa il I° oratorio feriale, anche se questo crea diversi disagi alle famiglie che ancora risiedono nella cascina. L'esperienza dell'oratorio feriale continuerà sempre ogni anno. Diventerà un'esperienza che raduna la quasi totalità dei ragazzi del quartiere. Diventerà un'esperienza molto significativa capace di qualificare la vita dell'oratorio.

* * * * 20 maggio 1980 il Cardinal Giovanni Colombo,20 maggio 1980 il Cardinal Giovanni Colombo,20 maggio 1980 il Cardinal Giovanni Colombo,20 maggio 1980 il Cardinal Giovanni Colombo, che ha voluto che in questo quartiere nascesse una parrocchia e che sempre ha seguito con molta attenzione i primi passi della nostra comunità, viene nella nostra chiesa per celebrarvi una S. Messa.viene nella nostra chiesa per celebrarvi una S. Messa.viene nella nostra chiesa per celebrarvi una S. Messa.viene nella nostra chiesa per celebrarvi una S. Messa. La gioia e l'entusiasmo della comunità sono grandi. Il Cardinal Colombo incoraggia la nostra comunità a continuare nel suo cammino, soprattutto la invita a pensare seriamente all'oratorio. * * * * Siamo nel 1981: la nostra chiesa è bella ed accogliente all'interno, ma esternamente ha ancora l'aspetto di un capannone. Si pensa allora di fare la facciata, di costruire il portico.

12121212 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

Intanto con la Curia diocesana si prende la decisione di consacrare chiesa. * * * * Luglio 1981 Incominciano i lavori della facciata e del portico.

**** 18 ottobre 1981, festa di S. Luca e III° domenica di ottobre, festa della dedicazione 18 ottobre 1981, festa di S. Luca e III° domenica di ottobre, festa della dedicazione 18 ottobre 1981, festa di S. Luca e III° domenica di ottobre, festa della dedicazione 18 ottobre 1981, festa di S. Luca e III° domenica di ottobre, festa della dedicazione del del del del Duomo alle ore 18.00 l'Arcivescovo C.M. Martini consacra la nosDuomo alle ore 18.00 l'Arcivescovo C.M. Martini consacra la nosDuomo alle ore 18.00 l'Arcivescovo C.M. Martini consacra la nosDuomo alle ore 18.00 l'Arcivescovo C.M. Martini consacra la nostra chiesa di tra chiesa di tra chiesa di tra chiesa di S. Zeno.S. Zeno.S. Zeno.S. Zeno. Così abbiamo scritto nel libretto preparato per la consacrazione della chiesa: E' un avvenimento grosso: consacrare una chiesa significa destinare per sempre un edificio a luogo di incontro della comunità cristiana; vuol dire che la chiesa che abbiamo costruito è destinata ad essere per sempre nel nostro quartiere il segno visibile della comunità che qui vive. La chiesa è il luogo in cui la comunità si riunisce per ascoltare la Parola di Dio, pregare insieme, ricevere i Sacramenti, celebrare l'Eucaristia. Costruendo la chiesa abbiamo voluto che nel nostro quartiere nascesse una comunità cristiana e in questi tre anni abbiamo sperimentato che la comunità cristiana nel quartiere S. Zeno è talmente necessaria che vogliamo perseveri nella storia del quartiere stesso: per questo ora consacriamo la chiesa. Vogliamo celebrare questo grande momento che, poi, ogni anno ricorderemo con liturgia solenne, uniti al nostro Vescovo che ringraziamo di cuore per essere venuto tra noi." **** Il 15 agosto 1982, giorno della Madonna Assunta, la nostra comunità viene Il 15 agosto 1982, giorno della Madonna Assunta, la nostra comunità viene Il 15 agosto 1982, giorno della Madonna Assunta, la nostra comunità viene Il 15 agosto 1982, giorno della Madonna Assunta, la nostra comunità viene riconosciuta riconosciuta riconosciuta riconosciuta dall'Arcivescovo, come Parrocchia. dall'Arcivescovo, come Parrocchia. dall'Arcivescovo, come Parrocchia. dall'Arcivescovo, come Parrocchia. La fiducia che l'Arcivescovo ci affida dona entusiasmo e gioia a tutta la comunità. Essere Parrocchia vuol dire diventare sempre più una chiesa tra le case, vicina alla gente di questo quartiere.

* Nel 1981 La chiesa è terminata e consacrata. Ora è necessario pensare seriamente all'oratorio. Innanzitutto si trova una sistemazione più confortevole alla famiglie che ancora abitano nella cascina. La cascina va sistemata per diventare l'oratorio della parrocchia. Si domanda alle famiglie della parrocchia il prestito di un milione senza interessi per poter affrontare i lavori di ristrutturazione. La risposta della gente è generosa. Il progetto è del geometra Giorgio De Nicolò che poi seguirà sempre tutti i lavori nella parrocchia.

* * * * Marzo 1982 si chiede la licenza al Comune e iniziano i lavori. La I° parte della cascina viene presto ristrutturata. Per il mese di ottobre è pronta e viene attrezzata. La catechesi dei ragazzi viene fatta in oratorio.

* Marzo 1983 vengono abbattute le stalle perchè pericolanti e al posto delle stalle si pensa di costruire il salone dell'oratorio. Si manda il progetto per l'approvazione in Comune. Intanto nel mese di ottobre del 1983 inizia in oratorio l'esperienza del doposcuola che, da allora, continuerà fedelmente fino ad oggi.

* * * * Nel novembre 1984 iniziano i lavori per la costruzione del salone.

**** Il 3 novembre 1985 il salone è terminato e viene fatta la I° festa della comunità nel nuovo salone. Nel frattempo si riesce a permutare il terreno di fronte alla chiesa di nostra proprietà sul quale, all'inizio, si pensava di costruire la chiesa parrocchiale, con il terreno tra la chiesa e l'oratorio. In questo modo l'oratorio viene attorniato dai campi da gioco molto importanti per la sua attività e i ragazzi non devono più attraversare la strada per giocare. Chiesa e oratorio diventano così un complesso molto unito e anche armonico.

* * * * Il 7 luglio 1986 viene terminato anche il portichetto che congiunge il fabbricato delle aule con il salone dell'oratorio

**** Nel 1987 viene fatta la cinta dell'oratorio. L'Oratorio è così terminato. E' una costruzione molto bella ed anche molto originale. Mentre la "casina del Preost" si trasformava in oratorio nella comunità cresceva una "coscienza dell'oratorio" e nasceva il gruppo educatori. Senza educatori non può vivere nessun oratorio. L'oratorio è diventato il luogo dell'incontro di tutti i gruppi della parrocchia.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 13

Una cura particolare è stata data all'oratorio della domenica, fatto sempre con fedeltà, e all'oratorio estivo feriale che è diventata l'esperienza più significativa dell'oratorio.

* * * * 21. ge21. ge21. ge21. gennaio 1987 vedeva la luce il primo progetto educativo del nostro oratorio dal nnaio 1987 vedeva la luce il primo progetto educativo del nostro oratorio dal nnaio 1987 vedeva la luce il primo progetto educativo del nostro oratorio dal nnaio 1987 vedeva la luce il primo progetto educativo del nostro oratorio dal titolo: "NELLA PARROCCHIA, L'ORATORIO: L'IDEA, I FATTI, LE PROSPETTIVE."titolo: "NELLA PARROCCHIA, L'ORATORIO: L'IDEA, I FATTI, LE PROSPETTIVE."titolo: "NELLA PARROCCHIA, L'ORATORIO: L'IDEA, I FATTI, LE PROSPETTIVE."titolo: "NELLA PARROCCHIA, L'ORATORIO: L'IDEA, I FATTI, LE PROSPETTIVE."

La tappa della riflessione e del progetto 1988 La tappa della riflessione e del progetto 1988 La tappa della riflessione e del progetto 1988 La tappa della riflessione e del progetto 1988----1994199419941994 1. Sul finire del 1988 e con l'inizio del 1989 incomincia per la nostra parrocchia quella che possiamo chiamare la tappa della riflessione e del progetto. Dopo il periodo dell'entusiasmo e della novità, della costruzione della chiesa e dell'oratorio, nella parrocchia si sente il bisogno di piantare radici profonde. Ci si rende conto che senza radici profonde non ci potranno essere frutti duraturi E' il periodo del II° Consiglio Pastorale della Parrocchia 1988E' il periodo del II° Consiglio Pastorale della Parrocchia 1988E' il periodo del II° Consiglio Pastorale della Parrocchia 1988E' il periodo del II° Consiglio Pastorale della Parrocchia 1988----1991.1991.1991.1991. L'occasione è data dalla Visita pastorale del Vicario Episcopale di Zona, Monsignor Alessandro Mezzanotti (dicembre 1988- gennaio 1989). La parrocchia è invitata a fermarsi e a riflettere sul suo cammino. Nella parrocchia c'è una grande mobilitazione: si fa il punto della situazione; ci si sottopone a una verifica molto attenta. La visita pastorale è stata certamente un momento di grazia per la parrocchia.

2. Nel frattempo nella comunità matura l'idea di costruire il campanile della chiesa sul quale mettere cinque campane che suonino a festa, suonino per tutti e con il loro suono ritmino la vita e i momenti della comunità. Le campane devono sempre suonare per tutta la comunità Il progetto del campanile è del geometra Giorgio De Nicolò. Per il Natale 1988 il campanile è terminato. Monsignor A. Mezzanotti nel marzo 1989, dopo la visita pastorale, benedice le cinque campane del nostro campanile. Ad ogni campana abbiamo dato un significato: su ogni campana si fonde una scritta. Ecco che cosa abbiamo pubblicato sul Popolo Cattolico del 4 febbraio 1989: La primaLa primaLa primaLa prima è la più grossa, è la campana della preghiera. è la più grossa, è la campana della preghiera. è la più grossa, è la campana della preghiera. è la più grossa, è la campana della preghiera. Suonerà per dire sempre a tutti che non dobbiamo mai dimenticarci che Dio è Padre. Abbiamo inciso sulla campana queste parole: “Quando pregate dite: Padre nostro”. La seconda è la campana dei morti. La seconda è la campana dei morti. La seconda è la campana dei morti. La seconda è la campana dei morti. Suonerà per dire le parole che Gesù ha detto sulla croce al buon ladrone: “Oggi sarai con me in Paradiso”. La terza è la campana dei giovani e dei ragazzi dell'oratorio. La terza è la campana dei giovani e dei ragazzi dell'oratorio. La terza è la campana dei giovani e dei ragazzi dell'oratorio. La terza è la campana dei giovani e dei ragazzi dell'oratorio. Su questa campana ci sono le parole che Gesù ha rivolto al giovane ricco e che oggi rivolge ai nostri giovani: “Va', vendi tutto, dallo ai poveri, poi, vieni e seguimi”. La campana le suonerà perchè i giovani le dimentichino mai. La quarta è la campana delle famiglie. La quarta è la campana delle famiglie. La quarta è la campana delle famiglie. La quarta è la campana delle famiglie. Le parole di Gesù: “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore” vogliono richiamare sempre alle famiglie della parrocchia il compito grande che hanno nella comunità. La quinta è la più piccola, quella che fa il suono più acuto: è la campana della La quinta è la più piccola, quella che fa il suono più acuto: è la campana della La quinta è la più piccola, quella che fa il suono più acuto: è la campana della La quinta è la più piccola, quella che fa il suono più acuto: è la campana della carità. carità. carità. carità. L'acuto della comunità è la carità è il 'farsi prossimo'. Quando suonerà dirà sempre a tutti : “Va', e anche tu fa' lo stesso!”. Le campane suonano la prima volta nella notte di Pasqua, il 25 marzo 1989 per Le campane suonano la prima volta nella notte di Pasqua, il 25 marzo 1989 per Le campane suonano la prima volta nella notte di Pasqua, il 25 marzo 1989 per Le campane suonano la prima volta nella notte di Pasqua, il 25 marzo 1989 per annunciare che Gesù è risorto.annunciare che Gesù è risorto.annunciare che Gesù è risorto.annunciare che Gesù è risorto.

3. Dopo la visita pastorale incomincia il tempo del progetto. La parrocchia prende coscienza dell'importanza e della necessità di fare il progetto pastorale. Viene steso, come frutto del lavoro per la Visita Pastorale, il primo progetto pastorale della parrocchia dal titolo: " Oggi" Oggi" Oggi" Oggi la salvezza è entrata in questa casa" la salvezza è entrata in questa casa" la salvezza è entrata in questa casa" la salvezza è entrata in questa casa".

n.7.

14141414 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

Possiamo dire che questo I° progetto diventa l'occasione per riflettere in modo pacato e serio su tutta la pastorale della parrocchia e per mettere ordine in tutto quello che nella parrocchia viene fatto. Così è scritto nella premessa del I° progetto pastorale:

Abbiamo cercato un quadro di riferimento che potesse aiutarci a fare ordine, collocando al giusto posto quanto nella parrocchia è stato fatto e si sta facendo; a delineare e precisare bene gli obiettivi globali e anche intermedi da raggiungere; a individuare "il possibile" capace di dare movimento e vivacità al cammino della parrocchia. La parrocchia impara il metodo del progettare e cerca di applicarlo a tutti i livelli. Anche i vari gruppi parrocchiali imparano a progettare il loro cammino.

4. La nostra parrocchia che cerca di progettare cammini formativi per tutti, ben presto, si rende conto della necessità di trovare un punto sintetico alla luce del quale rileggere e ritessere tutta la sua azione pastorale. Questo punto sintetico lo trova nell'Eucaristia. Siamo nel 1991, l'occasione è data dal X° anniversario della consacrazione della Siamo nel 1991, l'occasione è data dal X° anniversario della consacrazione della Siamo nel 1991, l'occasione è data dal X° anniversario della consacrazione della Siamo nel 1991, l'occasione è data dal X° anniversario della consacrazione della nostra chiesa.nostra chiesa.nostra chiesa.nostra chiesa. Tutta la comunità, su proposta del Consiglio Pastorale, si ferma a riflettere sulla lettera pastorale dell'Arcivescovo del 1982 "Attirerò tutti a me". Si fa un lavoro molto intenso. Il Consiglio Pastorale e tutta la comunità prendono coscienza della necessità di mettere l'Eucaristia al centro della parrocchia e della sua missione. Così è scritto nel II° progetto pastorale della parrocchia "Vini nuovo in otri nuovi" a pag.6: Siamo arrivati con qualche anno di ritardo a capire che l'Eucaristia è davvero il centro della vita e della missione della parrocchia. L'Arcivescovo ce lo aveva detto nel 1982, noi lo abbiamo scoperto nel 1991. E' giusto ricordare che tutto questo lavoro è stato, poi, elaborato dal II° Consiglio Pastorale della parrocchia attraverso sessioni molto faticose, alcune anche sofferte e non prive di tensioni. Comunque è stato un lavoro molto stimolante e fecondo per tutta la comunità." Abbiamo mandato tutto il lavoro fatto al Vicario Episcopale, Monsignor A. Mezzanotti il quale è venuto ad incontrare la comunità in due occasioni: venerdì 13 dicembre 1991 per un'assemblea parrocchiale e domenica 15 dicembre per la celebrazione dell'Eucaristia e per la presentazione alla comunità del III° Consiglio Pastorale Parrocchiale eletto la domenica precedente. Il Vicario Episcopale ha detto alla comunità che quello che era stato fatto è stato "un vero lavoro pastorale e con questo lavoro siamo entrati in piena sintonia con i programmi pastorali della diocesi." Tutto il lavoro, con le indicazioni del Vicario Episcopale, viene consegnato e affidato al nuovo Consiglio Pastorale appena eletto dalla comunità.

5. Il nuovo Consiglio Pastorale raccoglie tutto questo materiale, lo ordina e, dopo un anno di intenso lavoro, il 18 ottobre 1992, 11° anniversario della consacrazione della chiesa, dà alla luce il II° progetto pastorale della parrocchia dal titolo " Vino nuovo in otri nuovi"" Vino nuovo in otri nuovi"" Vino nuovo in otri nuovi"" Vino nuovo in otri nuovi". Così è scritto nell'introduzione del nuovo progetto: Questo è il vino nuovoil vino nuovoil vino nuovoil vino nuovo scaturito dall'aver cercato di mettere l'Eucaristia al centro della vita della comunità parrocchiale e della sua missione. Abbiamo cercato di ascoltare e di accogliere l'Eucaristia come "Vangelo": L'Eucaristia non è una cosa, è una Persona, è Gesù Cristo fatto "Vangelo", cioè forza capace di prendere in mano i nostri progetti per cambiarli, indirizzarli, condurli. Abbiamo cercato di ripercorrere tutti i momenti della vita e della missione della parrocchia e dei vari gruppi per rifondarli e vivacizzarli in prospettiva eucaristica.... Questo è il vino nuovoil vino nuovoil vino nuovoil vino nuovo che va ad arricchire la riserva antica e preziosa della nostra comunità parrocchiale custodita nel I° progetto pastorale "Oggi la salvezza è entrata in "Oggi la salvezza è entrata in "Oggi la salvezza è entrata in "Oggi la salvezza è entrata in questa casa”.questa casa”.questa casa”.questa casa”. Ora la nostra parrocchia deve fare come "lo scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli che, similmente a un padrone di casa, sa estrarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (.Mt. 13,52) Caratteristica, di questo II° progetto pastorale è quella di ripensare tutta la vita della parrocchia attorno al suo centro che è l'Eucaristia.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 15

**** Alla luce di questo centro che è l'Eucaristia, la parrocchia prende sempre più coscienza di essere una chiesa tra le case, vicina alla gente, una casa costruita sulla roccia che è Gesù, una casa per tutti, una casa abitata da diversi

**** Alla luce di questo centro che è l'Eucaristia, la parrocchia sente di avere la missione nel cuore, di essere mandata a tutti, di camminare sui passi dell'uomo annunciando la gioia del Vangelo.

**** Alla luce di questo centro che è l'Eucaristia, cresce la consapevolezza di dover dare alla parrocchia una strutturazione missionaria. Possiamo dire che la preoccupazione missionaria ha attraversato e segnato tutti i lavori del III° Consiglio pastorale della parrocchia. Questa preoccupazione missionaria è stata consegnata al IV° Consiglio Pastorale eletto Domenica 11 dicembre 1994 perchè la traducesse in passi concreti e in cammini precisi.

La tappa dei passi concreti e dei cammini differenziatiLa tappa dei passi concreti e dei cammini differenziatiLa tappa dei passi concreti e dei cammini differenziatiLa tappa dei passi concreti e dei cammini differenziati

1. Con l'elezione del IV° Consiglio Pastorale possiamo individuare l'inizio della terza tappa del cammino della nostra parrocchia che possiamo chiamare la tappa dei passi concreti e dei cammini differenziati. E' la tappa che la parrocchia sta ora percorrendo. La nostra chiesa diocesana l'1 febbraio 1995 promulga il Libro Sinodale. La parrocchia si prepara ad accoglierlo, soprattutto ad innestarlo nella sua vita quotidiana. Il Consiglio Pastorale è chiamato, alla luce delle indicazioni del Sinodo, a rivedere e a riscrivere il progetto pastorale della parrocchia. Il Consiglio Pastorale, suddiviso in commissioni, studia e lavora sulla lettera di presentazione del libro Sinodale alla Diocesi dell'Arcivescovo. Nella comunità si presta particolare attenzione alla catechesi quaresimale dell'Arcivescovo sulla Chiesa degli Apostoli. Attraverso questo lavoro è diventato sempre più evidente che la chiave di lettura dell'intero Sinodo diocesano, alla luce della quale leggere le indicazioni del Sinodo, è quella di una chiesa che tiene fisso lo sguardo su Gesù, che contempla continuamente la Croce di Gesù, che cerca in tutti i modi di imitare Gesù per essere, come la chiesa degli Apostoli, una chiesa capace di annunciare il Vangelo a tutti perchè i passi di ogni uomo incrocino i passi di Gesù. Tutto questo lavoro, soprattutto la coscienza di essere chiamati a costruire una comunità parrocchiale che, sull'esempio della chiesa degli Apostoli, vuole passare dalle parole ai fatti e dare concretezza alla sua preoccupazione di annunciare il Vangelo e di condurre ogni persona ad incontrare Gesù, fa intuire al Consiglio Pastorale che la strada da percorrere è quella dei cammini differenziati. Siamo nel settembre del 1995. Nel Consiglio Pastorale si riflette molto sui cammini differenziati e sulla possibilità di renderli praticabili nella nostra parrocchia. La strada dei cammini differenziati può davvero aiutare la nostra parrocchia a diventare sempre più se stessa, cioè una chiesa tra le case, vicina alla gente, una chiesa che si mette di fatto sui passi di ogni uomo per guidarli all'incontro con Gesù. Tutto il lavoro del Consiglio Pastorale sui cammini differenziati è confluito in questo III° progetto pastorale e ne rappresenta la parte più caratteristica e più originale. L'impegno pastorale della parrocchia è quello di verificare la bontà e la praticabilità di questi cammini.

2. Nel settembre 1994 iniziano i lavori per la sistemazione definitiva della chiesaNel settembre 1994 iniziano i lavori per la sistemazione definitiva della chiesaNel settembre 1994 iniziano i lavori per la sistemazione definitiva della chiesaNel settembre 1994 iniziano i lavori per la sistemazione definitiva della chiesa. La commissione affari economici della parrocchia ha lavorato per più di un anno attorno a questo progetto. I disegni sono sempre del geometra Giorgio De Nicolò. Il 4 giugno 1994 viene fatta un'assemblea parrocchiale dove il progetto per la ristrutturazione della chiesa viene illustrato alla comunità.

n.8.

16161616 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

Con questi lavori si vuole dare alla nostra chiesa una sistemazione definitiva, più funzionale, più ordinata, più bella. All'interno c'è più luce, più spazio: viene ricuperata una sacrestia spaziosa, un nuovo ufficio parrocchiale, una sede per l'archivio della parrocchia e un luogo dove collocare due confessionali per la celebrazione del Sacramento della Penitenza. Nella chiesa grande abbiamo abbattuto il vano scale, abbiamo tolto la vecchia controsoffittatura e abbiamo messo in evidenza la volta. Abbiamo mantenuto i tiranti, l’unico segno rimasto per non dimenticare la nostra chiesa inizialmente era un capannone industriale. L'esterno, con l'aggiunta di un portichetto e con la costruzione della parte nuova sul lato ovest, ha acquistato l'aspetto di luogo sacro. Ora stiamo arricchendo la chiesa di bellissime vetrate luminose e colorate di T. Longaretti Le vetrate, però, non sono soltanto un ornamento della chiesa, ma con i loro colori, le loro figure, i loro significati vogliono raccontare sempre a tutta la nostra comunità e a tutti quelli che entrano lo stile della parrocchia, ciò in cui crede, il suo progetto, i suoi punti di riferimento, gli obiettivi a cui vuol tendere, le scelte che deve continuamente fare per guidare i passi di ogni persona ad incontrare i passi di Gesù. Ma di tutto questo, in particolare di ciò che le vetrate raccontano, ne parleremo più avanti nel cap. IV° di questo progetto.

2. Conoscere il territorio e la gente della

parrocchia per amarli cordialmente

ConoscereConoscereConoscereConoscere La Parrocchia è una chiesa che vive sul territorio, tra la gente. La Parrocchia deve conoscere il suo territorio e la sua gente. Non deve però essere una conoscenza fatta a tavolino, o guardando solo le statistiche, ma una conoscenza che coinvolga tutta la persona. Conoscere il territorio, allora, vuol dire far esperienza, toccare con mano, prendere contatto, essere presenti, incontrare la gente, percorrere le strade della parrocchia... La Parrocchia deve conoscere perchè vuole bene al suo territorio e alla sua gente e quanto più la parrocchia vuole bene al suo territorio e alla sua gente, tanto più li conosce.

Il Quartiere S. Zeno in Cusarola e la Parrocchia Il Quartiere S. Zeno in Cusarola e la Parrocchia Il Quartiere S. Zeno in Cusarola e la Parrocchia Il Quartiere S. Zeno in Cusarola e la Parrocchia * * * * Il quartiereIl quartiereIl quartiereIl quartiere sul quale vive la nostra parrocchia si chiama Quartiere S. ZenoQuartiere S. ZenoQuartiere S. ZenoQuartiere S. Zeno in Cusarola, in Cusarola, in Cusarola, in Cusarola, dal nome di un giudice. Il quartiere Cusarola è una delle tre ville di Treviglio. Le altre due sono S. Eutropio a Pisgnano e S. Maurizio a Portoli. Queste “tre ville” Cusarola, Pisgnano, Portoli esistettero ad un miglio circa l’una dall’altra intorno ad un borgo ed erano villaggetti o agglomerati rustici nel VI° e VII° secolo e nel V° e VI° secolo erano grosse fattorie o raggruppamenti di fattorie. Cusarola, doveva avere un suo centro sicuro dove, oggi, c’è la cascina di S. Zeno, con terreni che dovevano da un lato spingersi in direzione del Cerreto in quei campi che da .un migliaio d’anni i nostri contadini chiamano “la Brughéra”, a da un altro nella zona ove scorre il Riale Cusarola. Nella cascina S. Zeno sono ancora visibili i segni dell’antica chiesa di San Zeno, che si dice edificata intorno al 725, insieme alle chiese di S. Eutropio a Pisgnano e S. Maurizio a Portoli. ( cfr. Storia di Treviglio di Tullio e Ildebrando Santagiuliana)

* * * * Il quartiereIl quartiereIl quartiereIl quartiere sul quale vive, oggi, la nostra parrocchia non un volto preciso: mancano realtà aggreganti e significative proprie di un quartiere. Le uniche realtà significative capaci di qualificare il quartiere sono, oggi, la Parrocchia con le sue attività e l'oratorio. C'è una forte presenza della parrocchia nel quartiere, tanto da poter dire che, se sul territorio non si fosse costruito la chiesa e l'oratorio e non si fosse incominciata la vita di

n.9.

n.10

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 17

una comunità cristiana quasi sicuramente il quartiere S. Zeno in Cusarola sarebbe esistito solo sulla carta. Oggi l'appartenenza al quartiere S. Zeno è definito dall'appartenenza alla comunità parrocchiale. La nostra comunità parrocchiale non può avvalersi di alcun sostegno esteriore legato alla tradizione, o al territorio, o al contesto sociale o civile per dire la sua identità, ma deve fare affidamento solo ed esclusivamente su ciò che riesce a mettere in atto. Tutto questo dice da una parte l'importanza e la responsabilità della parrocchia per la vita del quartiere, dall'altra dice anche le difficoltà e le fatiche che la parrocchia incontra nel creare un senso di appartenenza al territorio e alla parrocchia, soprattutto in quei luoghi dove ci sono stati nuovi insediamenti o dove sono venute ad abitare famiglie nuove.

....Alcuni dati da leggere e da interpretareAlcuni dati da leggere e da interpretareAlcuni dati da leggere e da interpretareAlcuni dati da leggere e da interpretare (Questi dati sono relativi al 1996)

1) Gli abitantiGli abitantiGli abitantiGli abitanti del quartiere S. Zeno sono 3872 **** Le famiglie che vi risiedono sono 1426 **** Le famiglie sono composte in media da 2,7 persone che diventano 3 nella case popolari di via F. Filzi. **** Le persone singole sono 313 **** L'età media delle persone del quartiere è di 42 anni

2) Gli anzianiGli anzianiGli anzianiGli anziani * * * * sopra i 75 anni sono 243 di cui 65 uomini e 178 donne (38 sono suore) e rappresentano il 6,3% della popolazione **** sopra i 70 anni sono 426 di cui 133 uomini e 293 donne ( 59 sono suore) e rappresentano l'11% della popolazione **** sopra i 65 anni sono 620 di cui 205 uomini e 415 donne ( 67 suore) e rappresentano il 16% della popolazione **** Gli anziani soli sono 84 sopra i 75 anni **** Gli anziani alla casa albergo sono 6 a Treviglio, 2 a Brignano, 1 a Verdello

Ecco una tabella molto interessante sugli anziani oltre i 75 anni della parrocchia:cco una tabella molto interessante sugli anziani oltre i 75 anni della parrocchia:cco una tabella molto interessante sugli anziani oltre i 75 anni della parrocchia:cco una tabella molto interessante sugli anziani oltre i 75 anni della parrocchia: in via Ariosto risiedono 12 anziani di cui 2 soli in via Battisti risiedono 20 anziani di cui 3 soli in via Boccaccio risiedono 3 anziani in via Bressana risiedono 0 anziani in via Brignano risiedono 13 anziani di cui 6 soli in via Carducci risiedono 0 anziani in via Ceradelli risiedono 0 anziani in via Crippa risiedono 7 anziani di cui 3 soli in via Donatello risiedono 3 anziani di cui 2 soli in via Filzi risiedono 15 anziani di cui 9 soli in via Fogazzaro risiedono 2 anziani di cui 1 solo in via Fornace risiede 1 anziano in via Foscolo risiedono 5 anziani di cui 1 solo in via Garzonieri risiedono 1 anziano in via Gerola risiedono 5 anziani di cui 2 soli in via Leopardi risiedono 7 anziani di cui 4 soli in via Macchiavelli risiedono 0 anziani in via Madreperla risiedono 13 anziani di cui 7 soli in via Manzoni risiedono 2 anziani di cui 1 solo in via Monti risiedono 3 anziani di cui 1 solo in via Pascoli risiedono 8 anziani di cui 4 soli in via Petrarca risiedono 2 anziani di cui 1 solo in via Pirandello risiedono 2 anziani in via S. Michele risiedono 3 anziani di cui 1 solo in via S. Agnese risiedono 5 anziani di cui 2 soli

n. 11.

18181818 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

in via SS. Capitanio e Gerosa risiedono 6 anziani di cui 1 solo in via S. Zeno risiedono 3 anziani di cui 1 solo in via Tasso risiedono 32 anziani di cui 2 soli in via Terni risiedono 48 anziani di cui 23 soli in via XX settembre risiedono 20 anziani di cui 7 soli in via Battaglia risiedono 0 anziani in via F. Vecchio risiedono 0 anziani in via ai Malgari risiedono 2 anziani

3)3)3)3) I giovani, gli adolescenti, i preadolescentiI giovani, gli adolescenti, i preadolescentiI giovani, gli adolescenti, i preadolescentiI giovani, gli adolescenti, i preadolescenti * I giovani* I giovani* I giovani* I giovani da 18 a 25 anni ( nati nel 1971-1978 ) sono 460 e rappresentano l'11,9 % della popolazione * Gli adolescenti* Gli adolescenti* Gli adolescenti* Gli adolescenti da 15 a 17 anni (nati nel 1979-1981) sono 107 e rappresentano il 2,8 % della popolazione * I preadolescenti* I preadolescenti* I preadolescenti* I preadolescenti da 11 a 14 anni ( nati nel 1982-1985) sono 145 e rappresentano il 3,8 % della popolazione **** Il totaleIl totaleIl totaleIl totale del settore giovani è di 712 che equivale al 18,4% della popolazione

4) Nei nNei nNei nNei nuovi insediamentiuovi insediamentiuovi insediamentiuovi insediamenti Via S. Zeno n.11 ci sono 94 abitanti di cui i nati a Treviglio sono 43 Via Ai Malgari ci sono 167 abitanti di cui i nati a Treviglio 89 Via A. Battaglia ci sono 68 abitanti di cui i nati a Treviglio 23 Via Garzonieri n.19 si sono 30 abitanti di cui i nati a Treviglio 17 Il totale degli abitanti nei nuovi ultimi insediamenti è di 359 così suddiviso: > n. 81 età compresi tra 0 e 20 anni > n. 171 età compresa tra 21 e 40 anni > n. 87 età compresa tra 41 e 60 > n. 20 età oltre i 60 anni.

5) Case popolariCase popolariCase popolariCase popolari Nella parrocchia possiamo individuare un edilizia popolare * in via F. Filzi n. 11 13 15 risiedono 53 famiglie, 157 persone, di cui 69 trevigliesi * in via Monti n. 9-15 risiedono 23 famiglie, 75 persone, di cui 50 trevigliesi.

6) I nati oggi residenti in parrocchia sonoI nati oggi residenti in parrocchia sonoI nati oggi residenti in parrocchia sonoI nati oggi residenti in parrocchia sono:::: nel 1996 sono 32 nel 1995 sono 31 nel 1994 sono 24 nel 1993 sono 26 nel 1992 sono 34 nel 1991 sono 25 nel 1990 sono 23 nel 1989 sono 37 nel 1988 sono 24 nel 1987 sono 32 nel 1986 sono 29 nel 1985 sono 41 nel 1984 sono 31 nel 1983 sono 33 nel 1982 sono 40 nel 1981 sono 42 nel 1980 sono 34 nel 1979 sono 31 nel 1978 sono 38

7) I Battesimi da quando esiste la parrocchia sonoI Battesimi da quando esiste la parrocchia sonoI Battesimi da quando esiste la parrocchia sonoI Battesimi da quando esiste la parrocchia sono:::: nel 1978 sono 11 nel 1979 sono 44 nel 1980 sono 26 nel 1981 sono 28 nel 1982 sono 37 nel 1983 sono 40 nel 1984 sono 29 nel 1985 sono 32 nel 1986 sono 27 nel 1987 sono 21 nel 1988 sono 22 nel 1989 sono 21 nel 1990 sono 20 nel 1991 sono 23 nel 1992 sono 30 nel 1993 sono 29 nel 1994 sono 21 nel 1995 sono 25 nel 1996 sono 29

8) I I I I matrimoni da quando esiste la parrocchia sono: matrimoni da quando esiste la parrocchia sono: matrimoni da quando esiste la parrocchia sono: matrimoni da quando esiste la parrocchia sono: nel 1978 sono 1 nel 1979 sono 11 nel 1980 sono 9 nel 1981 sono 20 nel 1982 sono 12 nel 1983 sono 19 nel 1984 sono 16 nel 1985 sono 20 nel 1986 sono 20 nel 1987 sono 14 nel 1988 sono 16 nel 1989 sono 13 nel 1990 sono 10 nel 1991 sono 8 nel 1992 sono 6 nel 1993 sono 8 nel 1994 sono 15 nel 1995 sono 6 nel 1996 sono 7

9) I funerali da quando esiste la parrocchia sono: I funerali da quando esiste la parrocchia sono: I funerali da quando esiste la parrocchia sono: I funerali da quando esiste la parrocchia sono: nel 1978 sono 5 nel 1979 sono 22 nel 1980 sono 17 nel 1981 sono 28 nel 1982 sono 30 nel 1983 sono 36 nel 1984 sono 34 nel 1985 sono 29 nel 1986 sono 31 nel 1987 sono 31 nel 1988 sono 23 nel 1989 sono 30

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 19

nel 1990 sono 37 nel 1991 sono 46 nel 1992 sono 34 nel 1993 sono 41 nel 1994 sono 42 nel 1995 sono 29 nel 1996 sono 24

Alcune riflessioni sui datiAlcune riflessioni sui datiAlcune riflessioni sui datiAlcune riflessioni sui dati

Questi dati sono come la fotografia della nostra parrocchia. E' molto utile tenerli sotto lo sguardo: possono aiutare a conoscere sempre meglio il territorio e la gente della parrocchia. E' necessario, però, ricordare che la conoscenza non può esaurirsi in questi dati: mai deve venir meno il contatto diretto con la realtà del territorio e l'incontro con le persone. E’ il contatto diretto con il territorio e l'incontro con la gente che dà un volto e un'anima ai dati e fa vedere dietro ai numeri e alle percentuali i volti delle persone e il respiro della gente.

Tentiamo qualche riflessione sui dati raccolti.entiamo qualche riflessione sui dati raccolti.entiamo qualche riflessione sui dati raccolti.entiamo qualche riflessione sui dati raccolti.

1) La nostra parrocchia può diventare sempre più una comunità a misura d'uomoLa nostra parrocchia può diventare sempre più una comunità a misura d'uomoLa nostra parrocchia può diventare sempre più una comunità a misura d'uomoLa nostra parrocchia può diventare sempre più una comunità a misura d'uomo. . . . La nostra parrocchia si estende su un territorio non vasto. Da un punto di vista urbanistico ha una sua armonia. E’ possibile conoscerla, frequentarla, percorrerla, raggiungere la gente, conoscere tutti i ragazzi, andare a trovare tutti gli anziani, sapere gli chi é ammalato...

2) L'età media delle persone è di 42 anni,L'età media delle persone è di 42 anni,L'età media delle persone è di 42 anni,L'età media delle persone è di 42 anni, quindi è una parrocchia che ha un’età quindi è una parrocchia che ha un’età quindi è una parrocchia che ha un’età quindi è una parrocchia che ha un’età adulta.adulta.adulta.adulta. Questo dato deve far riflettere la pastorale della parrocchia. Gli adulti sono la presenza prevalente e domandano un'attenzione particolare, prioritaria.

3) C'è anche una buona presenza di anzianiC'è anche una buona presenza di anzianiC'è anche una buona presenza di anzianiC'è anche una buona presenza di anziani Gli anziani abitano soprattutto nella parte più centrale della parrocchia dove la densità della popolazione più alta. Pochissimi, invece, sono gli anziani che abitano nelle zone di nuovi insediamenti che si trovano nella parte periferica della parrocchia. Questo è un dato abbastanza positivo perchè potrebbe favorire il non isolamento degli anziani. Dobbiamo tenere in molta considerazione gli 84 anziani soli sopra i 75 anni. La solitudine degli anziani è una delle grandi povertà di oggi e della nostra Parrocchia.

4) Fanno riflettere i dati relativi agli adolescenti e ai giovaniFanno riflettere i dati relativi agli adolescenti e ai giovaniFanno riflettere i dati relativi agli adolescenti e ai giovaniFanno riflettere i dati relativi agli adolescenti e ai giovani.... La parrocchia con la sua proposta raggiunge poco più del 50% dei preadolescenti, circa il 30% degli adolescenti e circa il 10% dei giovani. Su questi dati possiamo fare tre riflessioni: 1) 1) 1) 1) Occorre fare di tutto per non perdere quelli che ci sono. Il problema del post-Cresima va affrontato molto seriamente: é necessario domandarsi come mai, man mano che uno cresce, sembra allontanarsi dalla comunità cristiana? 2)2)2)2) Occorre comunque educare i nostri gruppi ad una forte spinta missionaria. La nostra parrocchia ha la possibilità di raggiungere personalmente tutti i preadolescenti, gli adolescenti e i giovani 3)3)3)3) Non abbiamo, invece, i dati relativi a quanti giovani studiano e a quanti lavorano, a quanti cercano lavoro: questi dati li dobbiamo cercare attraverso il contatto personale.

5) Qualche riflessione sui nuovi insediamenti avvenuti nellQualche riflessione sui nuovi insediamenti avvenuti nellQualche riflessione sui nuovi insediamenti avvenuti nellQualche riflessione sui nuovi insediamenti avvenuti nella parrocchiaa parrocchiaa parrocchiaa parrocchia * sono soprattutto famiglie giovani quelle che sono venute ad abitare * Più della metà non sono di Treviglio e normalmente lavorano marito e moglie perchè impegnati a pagare la nuova casa. * Anche per questi motivi è difficile far sentire loro il senso della parrocchia e creare un'appartenenza alla comunità. * In queste zone è estremamente necessario che la parrocchia si renda presente, soprattutto cercando e coltivando rapporti tra le persone.

6) QualcQualcQualcQualche riflessione sui nati, sui battezzati, sui matrimoni, sui mortihe riflessione sui nati, sui battezzati, sui matrimoni, sui mortihe riflessione sui nati, sui battezzati, sui matrimoni, sui mortihe riflessione sui nati, sui battezzati, sui matrimoni, sui morti

Circa i nati e i battezzati

n.12.

20202020 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

* Potrebbe essere utile constatare se tutti i nati vengono battezzati, e anche, dopo quanto tempo, normalmente, si chiede il Battesimo per vedere come programmare la preparazione al Sacramento del Battesimo. * Nei primi anni della parrocchia i nati superavano i morti; da parecchi anni, oramai, i morti superano i nati, anche se dobbiamo tenere presente che nella nostra parrocchia viene fatto il funerale delle suore del Collegio degli Angeli e, spesse volte, anche degli zingari. Avendo, poi, sul territorio il cimitero, nella nostra parrocchia viene celebrato il funerale anche di chi muore fuori Treviglio.

Circa i matrimoni irca i matrimoni irca i matrimoni irca i matrimoni * Si constata che i matrimoni sono in forte calo: è un dato su cui riflettere e, se è possibile, cercarne le cause. **** Anche nella nostra parrocchia sono in aumento le convivenze, i matrimoni civili o quelli che vengono chiamate "situazioni irregolari". **** Tutto questo deve interpellare la nostra pastorale: è necessario vedere come aiutare le persone che si trovano in queste situazioni, il più delle volte irreversibili, a vivere una fedeltà al Signore e una appartenenza alla comunità cristiana

7) Il Consiglio pastorale è chiamato a continuare queste riflessioniIl Consiglio pastorale è chiamato a continuare queste riflessioniIl Consiglio pastorale è chiamato a continuare queste riflessioniIl Consiglio pastorale è chiamato a continuare queste riflessioni a verificarne concretamente l'attendibilità e a trarne le dovute conseguenze pastorali

3. Prendere coscienza dei problemi

e delle povertà della parrocchia per condividerli responsabilmente

CondividereCondividereCondividereCondividere Nella descrizione del volto della parrocchia è necessario fare un passo in avanti. E’ necessario leggere la situazione della parrocchia più in profondità. E’ necessario, cioè, prendere coscienza delle povertà materiali e spirituali della gente, dei problemi e delle difficoltà che la parrocchia incontra nel suo tentativo di educare alla fede e di condurre all'incontro con Gesù. La parrocchia è consapevole che l'annuncio della fede non può essere fatto con proclami di parole, ma segue la logica dell'Incarnazione e percorre la strada della condivisione. Solo se la parrocchia, come Gesù, impara a farsi carico delle povertà, delle domande profonde, dei bisogni veri della gente, il Vangelo potrà camminare sui passi dell'uomo per orientarli verso l'incontro con Gesù. La parrocchia, come S. Paolo deve poter dire: Pur, essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnare il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei... Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per Vangelo, per diventarne partecipe con loro. (1 Cor. 9,19.22-23)

I problemi e le povertà dellaI problemi e le povertà dellaI problemi e le povertà dellaI problemi e le povertà della Parrocchia Parrocchia Parrocchia Parrocchia EEEEcco alcune povertà ed alcuni problemi dei quali prendere coscienza per condividerli:cco alcune povertà ed alcuni problemi dei quali prendere coscienza per condividerli:cco alcune povertà ed alcuni problemi dei quali prendere coscienza per condividerli:cco alcune povertà ed alcuni problemi dei quali prendere coscienza per condividerli:

1. Le nuove e le vecchie povertà. Le nuove e le vecchie povertà. Le nuove e le vecchie povertà. Le nuove e le vecchie povertà I poveri sono in aumento. Alle porte della parrocchia bussano ogni giorno diversi poveri: gente senza fissa dimora, drogati, ex-carcerati, giovani che hanno lasciato la famiglia e vivono sulla strada... La parrocchia di fronte ad alcune povertà, il più delle volte, si sente incapace e impotente. Ci sono povertà materiali alle quali si riesce a far fronte dando un aiuto materiale, ma ci sono altre povertà che domandano risposte e interventi diversi da quelli che la parrocchia è in grado di dare. La nostra parrocchia con l'apertura in oratorio della "Casa del Farsi Prossimo""Casa del Farsi Prossimo""Casa del Farsi Prossimo""Casa del Farsi Prossimo" sta prendendo sempre più coscienza delle povertà presenti sul territorio, e dell'importanza

n. 13.

n.14.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 21

* di lasciarsi interpellare* di lasciarsi interpellare* di lasciarsi interpellare* di lasciarsi interpellare da tutte le povertà, anche se spesso ci si sente impotenti, * di andare alla ricerca* di andare alla ricerca* di andare alla ricerca* di andare alla ricerca delle cause che le generano; * di credere* di credere* di credere* di credere che l'impegno della carità vale per se stesso, nonostante il permanere delle difficoltà, * di non dimenticare mai* di non dimenticare mai* di non dimenticare mai* di non dimenticare mai che il servizio della carità è parte costitutiva della sua vita perchè ha la sua origine nell'Eucaristia che si celebra, * di vivere nella convinz* di vivere nella convinz* di vivere nella convinz* di vivere nella convinzioneioneioneione che, come Gesù, deve avere un'attenzione preferenziale per i poveri.

2. La solitudine degli anziani e dei ragazziLa solitudine degli anziani e dei ragazziLa solitudine degli anziani e dei ragazziLa solitudine degli anziani e dei ragazzi La solitudine è una povertà, oggi, molto diffusa; la si respira nell'aria. Mai come oggi l'uomo desidera vivere rapporti veri e, forse, mai come oggi, l'uomo si sente solo. La solitudine appesantisce la vita, rende tristi, rinchiude in se stessi, rende diffidenti e indifferenti agli altri... Possiamo accennare, in particolare a due solitudini presenti nella nostra parrocchia: 1) La solitudine degli anziani La solitudine degli anziani La solitudine degli anziani La solitudine degli anziani Il dato della nostra parrocchia dice che ci sono 84 anziani soli al di sopra dei 75 anni. Comunque gli anziani, oggi, sono soli e sono soli perchè anziani. Un anziano è solo perchè non riesce a vivere da anziano. Siamo in un contesto che rifiuta la cultura dell'anziano, il modo di vivere dell'anziano. L'anziano per essere accolto deve mostrarsi "giovane", se fa l'anziano viene rifiutato... Questa solitudine interroga la nostra pastorale. L'anziano non domanda pietà, nè compassione, ma di poter essere accolto e considerato per quello che è, di essere valorizzato per quei valori che ha, di vivere la sua fede e il suo servizio al Vangelo e alla Chiesa mettendo a disposizione quelle ricchezze che possiede solo lui. 2) La solitudine dei ragazzi La solitudine dei ragazzi La solitudine dei ragazzi La solitudine dei ragazzi I ragazzi, oggi, vivono una grande solitudine: hanno tutto, non mancano di niente, ma sono soli. I ragazzi non hanno punti di riferimento, non hanno guide sicure, spesso si sentono abbandonati a loro stessi, pur non mancando di nulla. Con la scusa e la pretesa di rispettare la loro libertà sono lasciati in balia della mentalità che li circonda: non vengono aiutati a fare scelte secondo criteri oggettivi e di valore; diventano, perciò, fragili e incapaci di prendere decisioni importanti nella vita. Anche l'oratorio e la Messa, oggi, non sono più punti riferimento necessari per l'educazione religiosa. Oggi, un ragazzo va a Messa o viene all'oratorio quando si sente, quando ha voglia, quando non niente altro da fare.. La parrocchia deve riprendere in mano con forza il discorso educativo. L'impegno ad educare non può essere considerato facoltativo per la comunità cristiana. Nel campo educativo la nostra parrocchia deve impegnare sempre le sue forze migliori, anche se oggi è più difficile trovare persone che si rendono disponibili al servizio educativo.

3. Una famiglia affannata e spesso fragile Una famiglia affannata e spesso fragile Una famiglia affannata e spesso fragile Una famiglia affannata e spesso fragile

Mai come oggi si sente il bisogno della famiglia, di relazione familiari vere, di comunicazioni autentiche tra le persone e mai, come oggi, cresce la fragilità dei legami familiari sotto il profilo dell'unità e della fedeltà coniugali e della comprensione tra le generazioni. Basta poco per mandare in crisi non poche famiglie. Si nota, in genere, una preoccupante carenza di comunicazione, di accoglienza e di dialogo all'interno delle famiglie. La famiglia è spesso chiusa in se stessa, alla ricerca di qualcosa che le dà gioia e significato, ma che non riuscirà a trovare se non aprendosi agli altri, sentendosi parte viva e responsabile della comunità. Tutto questo rende spesso la famiglia incapace e incerta nella sua missione di educare.

22222222 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

Ci si preoccupa di non lasciare mancare niente ai figli, ma, il più della volte, non si sa dare ciò di cui i figli hanno veramente bisogno per crescere ed essere contenti nella vita. E' necessario vivere un'attenzione particolare alla famiglia perchè ritrovi se stessa e la missione che le è affidata e che nessun altro può svolgere al suo posto.

4. I giovani e gli adolesce I giovani e gli adolesce I giovani e gli adolesce I giovani e gli adolescenti con pochi punti di riferimentonti con pochi punti di riferimentonti con pochi punti di riferimentonti con pochi punti di riferimento Tanto si potrebbe dire sui giovani e sugli adolescenti. Esistono analisi e indagini che descrivono con precisione la situazione giovanile oggi. Qui tentiamo qualche piccola sottolineatura che riguarda da vicino la situazione giovanile della nostra parrocchia. Nel 1993 la nostra parrocchia ha fatto un lavoro approfondito sull'educazione dei giovani alla fede dal titolo: " TI CONDURRO' NEL DESERTO E PARLERO' AL TUO CUORE" TI CONDURRO' NEL DESERTO E PARLERO' AL TUO CUORE" TI CONDURRO' NEL DESERTO E PARLERO' AL TUO CUORE" TI CONDURRO' NEL DESERTO E PARLERO' AL TUO CUORE

Come educare i giovani alla fede? La comunCome educare i giovani alla fede? La comunCome educare i giovani alla fede? La comunCome educare i giovani alla fede? La comunità cristiana si interroga."ità cristiana si interroga."ità cristiana si interroga."ità cristiana si interroga." I giovani, oggi, vivono in una situazione di precarietà; si sentono fragili, come dei senza casa; faticano a trovare ideali per cui spendere e impegnare la vita; vivono spesso senza prospettive.. Gli adulti li stanno, il più delle volte, a guardare; spesso hanno paura di loro; soprattutto hanno paura di fare loro proposte serie; cercano di accontentarli; hanno paura di essere messi in discussione nel loro modo di vivere.. La parrocchia deve mettersi in ascolto dei giovani, della loro vita, della loro domande vere; deve credere nei giovani, nelle loro capacità di impegnare e di spendere la vita per il Vangelo, di vivere per grandi ideali. La nostra parrocchia ha sempre cercato di essere attenta ai giovani e agli adolescenti. E' necessario continuare in questo impegno anche se non è per niente facile e, spesso, ci si sente soli. La parrocchia è chiamata a fare una pastorale seria e attenta per i giovani e a cercare di diventare una dimora accogliente e stabile per loro.

5. Il Post Il Post Il Post Il Post----Cresima e i preadolescenti chiamano educatoriCresima e i preadolescenti chiamano educatoriCresima e i preadolescenti chiamano educatoriCresima e i preadolescenti chiamano educatori Un altro problema che sta a cuore alla nostra Parrocchia è quello dei preadolescenti e dei ragazzi del Post-Cresima. Fino alla Cresima quasi tutti i ragazzi partecipano abbastanza fedelmente alla catechesi parrocchiale, anche se non sempre vengono alla Messa della domenica e all'oratorio. Terminata la Cresima ne rimangono circa il 50%, quando va bene I preadolescenti, oggi, oltre la scuola sono impegnati in un sacco di cose, soprattutto nello sport. L’impegno sportivo viene sempre prima di qualsiasi iniziativa della Parrocchia. Dopo la Cresima l'educazione alla fede, la partecipazione alla vita della comunità o dell'oratorio diventa per i nostri ragazzi, una cosa molto "facoltativa" che fanno quando hanno tempo, o non hanno niente da fare, o si sentono o hanno voglia.... L'Oratorio e la comunità cristiana per i preadolescenti non sono più punti di riferimento, nè realtà ritenute necessarie per la loro crescita. Qualsiasi altra cosa o qualsiasi altra attività viene sempre prima della partecipazione alla vita del gruppo preadolescenti, all'oratorio, alla Messa... Dietro questi ragazzi c'è una famiglia che non sa più discernere quello di cui hanno veramente bisogno questi ragazzi, perchè lei stessa è confusa e senza punti di riferimento. La parrocchia deve prendersi a cuore la realtà del post-Cresima con tutta la problematica che racchiude; deve, in particolare, coltivare educatori che si mettono al servizio di questi ragazzi con molta dedizione, intelligenza e competenza. Oggi si fatica non poco a trovare persone che si impegnano nel campo dell'educare. Sono soprattutto gli adulti che devono ritornare a riappropriarsi del ruolo e del compito educativo nella comunità cristiana e nell'oratorio e non pretendere che lo facciano giovani o adolescenti.

6. Il primato della fede Il primato della fede Il primato della fede Il primato della fede Si potrebbero mettere a fuoco altri problemi che interpellano la pastorale della nostra parrocchia, ma, forse, è giusto soffermarci su un problema, oggi, molto urgente, che sta alla radice e riguarda tutti i problemi sopra accennati e che interroga profondamente la

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 23

comunità cristiana perchè ne mette in discussione la sua identità e la sua missione nella storia. E' il problema della fede, il problema del primato di Dio. Dice il nostro Arcivescovo nella lettera "Ripartiamo da Dio" al n.2: La chiesa che parla spesso di solidarietà e di giustizia sociale ecc. sa ancora parlare di Dio? 1) La situazione della fede nella nostra parrocchia La situazione della fede nella nostra parrocchia La situazione della fede nella nostra parrocchia La situazione della fede nella nostra parrocchia Può essere utile tentare una descrizione della situazione della fede nella nostra parrocchia. Oggi, sta venendo meno la figura del cristiano di tradizione. Un segno evidente di questo è dato dalla frequenza alla Messa della domenica. che, fino a qualche tempo fa, rappresentava ciò che definiva il cristiano praticante. Ora sta venendo meno; la si trascura con una facilità estrema, per motivi i più banali. E' impressionante il calo della presenza alla Messa da parte dei ragazzi. La stragrande maggioranza della gente della parrocchia non è contraria alla fede, anzi la ritiene utile, dice di essere credente, guarda benevolmente la comunità cristiana e le varie attività della parrocchia, ma la fede è vissuta quasi esclusivamente a livello emotivo; è una fede che non è costruita su ragioni profonde.

**** EEEE'''' una fede molto fragile, incapace di investire tutti i momenti della vita. vissuta in modo frammentario, non è costruita su convinzioni profonde. Dice il nostro Arcivescovo nella lettera di presentazione al Sinodo diocesano al n.14: La nostra fede non è forse più dubbiosa che certa? più tradizionale che personale? più verbale che vitale? Dal dubbio e dal folclore o dal nominalismo al vuoto reale di Dio il passo è breve. **** E'E'E'E' una fede vissuta in modo molto soggettivo nel senso che ognuno si costruisce un suo modo di credere secondo dei criteri suoi, ritenendosi in diritto di scegliere quelle verità della fede che, secondo lui, conviene aderire e quelle a cui, invece, sempre secondo lui, non conviene aderire. **** E'E'E'E' una fede il più delle volte generica e vaga. Si dice di credere in Dio, di riconoscere che c'è "Qualcuno" al di sopra di noi, ma chi sia questo "Qualcuno" non si sa; soprattutto non si sa che questo "Qualcuno" è il Dio di Gesù Cristo. E' una fede, quella di oggi, dove spesso manca Gesù o Gesù è presente in modo vago e confuso. QQQQuesto modo di vivere la fede si ripercuote sul modo di vivere l'appartenenza alla comunità cristiana. E' una appartenenza il più delle volte determinata da criteri soggettivi e parziali che ognuno si sente in diritto di stabilire. Della chiesa e del suo insegnamento ognuno si sente in diritto di giudicare quello che secondo lui è giusto e da accettare e quello che invece non è giusto e quindi da rifiutare.

2) 2) 2) 2) La situazione di "minoranza" La situazione di "minoranza" La situazione di "minoranza" La situazione di "minoranza" In questa situazione è estremamente importante diventare sempre più consapevoli che il cristianesimo, anche nella nostra parrocchia, si trova in una situazione di minoranza.. E' da questa consapevolezza che può partire un vero rinnovamento pastorale. * Il Cristianesimo, oggi, è minoranzal Cristianesimo, oggi, è minoranzal Cristianesimo, oggi, è minoranzal Cristianesimo, oggi, è minoranza, forse, non tanto come numero di coloro che si dicono cristiani, ma come modo di pensare, di comportarsi, di appartenere alla comunità cristiana. La situazione di credente non è più un'ovvietà pacifica, non è più una cosa normale per chi viene al mondo. L'assenza di fede non deve generare stupore o rammarico, o rancore. Non dobbiamo giudicare strana la condizione di chi non crede. Così si diceva nel I° Consiglio Pastorale della parrocchia il 29 settembre 1987 nelle indicazioni programmatiche all'inizio dell'anno pastorale, riflettendo sulla lettera dell'Arcivescovo "Cento Parole di Comunione" del 10 febbraio 1987: Oggi le tradizioni, l'ambiente non sono più in grado di trasmettere la fede: la fede esige una scelta personale. Non si possono portare avanti fenomeni di massa, ma cammini personali. L'uomo è ciò che è il suo cuore; l'uomo è costruito dalle sue decisioni.

24242424 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO

Il vero cammino cristiano è un cammino di interiorità, di convinzioni, non solo di gesti e di abitudini. I gesti e le abitudini sono utili se nascono da una convinzione interiore, la esprimono, la incarnano e la irradiano. Senza libera convinzione interiore non c'è cristianesimo.” * Tutto questo domanda alla pastorale della parrocchia un ritorno all'essenziale.* Tutto questo domanda alla pastorale della parrocchia un ritorno all'essenziale.* Tutto questo domanda alla pastorale della parrocchia un ritorno all'essenziale.* Tutto questo domanda alla pastorale della parrocchia un ritorno all'essenziale. Dice il nostro Arcivescovo in "Ripartiamo da Dio" n.2: " E' necessario ripartire da Dio, da ciò che unicamente conta, da ciò che dà a tutto essere e senso." E' necessario affermare il primato della fede. E' necessario educare ad una fede adulta. E' necessario fare dell'evangelizzazione la ragion d'essere della parrocchia. Tutto nella parrocchia deve essere finalizzato all'annuncio del Vangelo. La parrocchia deve percorrere tutte le strade possibili per far giungere a tutti l'annuncio del Vangelo. Impegno prioritario della pastorale della parrocchia deve essere allora quello di educare cristiani adulti nella fede. Una attenzione particolare va data al mondo degli adulti che costituiscono la maggioranza della popolazione della parrocchia. Essere adulti nella fede significa in primo luogo essere in grado di trasmettere la fede. Il criterio della trasmissione della fede diventa un criterio capace di misurare la persistenza di un adulto nella fede. L'adulto nella fede è capace di non chiudersi in solitudine, di non ripiegarsi su di sè e quindi di mantenere obiettivamente un rapporto con gli altri che sono fratelli di fede, ma anche fratelli di umanità, gente che vive nel medesimo tempo. ( Severino Pagani) La scelta di educare cristiani adulti nella fede per la pastorale della nostra parrocchia diventa una “scelta obbligata". Occorre, però, essere consapevoli che non si parte da zero, ma un buon tratto di strada è già stato percorso.

4. Far emergere i tentativi

e i grandi desideri della parrocchia

per coltivarli pazientemente

Guardare nel cuore della ParrocchiaGuardare nel cuore della ParrocchiaGuardare nel cuore della ParrocchiaGuardare nel cuore della Parrocchia

Il volto della nostra parrocchia è fatto anche da tutto quello che la parrocchia, in questi anni, ha fatto e continua ancora a fare, di tutto il bene che c'è e delle intenzioni profonde che racchiude nel cuore. Tutto questo va fatto emergere. **** La parrocchia deve avere sempre davanti agli occhi tutto quello che fa per non dimenticare mai le ragioni per cui lo fa, per non cadere nell'abitudine che paralizza e appesantisce la vita e spegne ogni entusiasmo **** La parrocchia deve, con molta pazienza, coltivare nel suo cuore intenzioni profonde, progetti grandi, obiettivi alti capaci di dare respiro e sostenere il cammino lungo e impegnativo che deve percorrere. * * * * La parrocchia deve tenere ben stretto tra le sue mani il bene che c'è perchè rappresenta il punto concreto dal quale partire per fare passi in avanti

Alcune costanti che caratterizzano la nostra parrocchiaAlcune costanti che caratterizzano la nostra parrocchiaAlcune costanti che caratterizzano la nostra parrocchiaAlcune costanti che caratterizzano la nostra parrocchia

1. 1. 1. 1. La preoccupazione di costruire una comunità viva La preoccupazione di costruire una comunità viva La preoccupazione di costruire una comunità viva La preoccupazione di costruire una comunità viva La costante preoccupazione che da sempre ha accompagnato e accompagna la nostra parrocchia in tutto quello che ha fatto e sta facendo è di costruire su questo territorio una comunità cristiana attorno a Gesù, * * * * che abbia l'Eucaristia al centro della sua vita e della sua missione, * * * * che cerchi di approfondire e di motivare la sua fede attraverso una catechesi sistematica e organica,

n.15.

n.16.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 25

* * * * che coltivi rapporti fraterni capaci di fare della parrocchia una casa accogliente per tutti, * * * * che viva una forte tensione missionaria verso tutti... Non sempre questa preoccupazione è riuscita a prendere forma concreta, a tradursi in azioni precise, a produrre i frutti sperati. Malgrado le difficoltà e i problemi incontrati, le fatiche sopportate, le incertezze e anche gli errori sperimentati, tuttavia possiamo dire che un buon cammino è stato fatto, che molti passi sono stati compiuti; che su questo territorio ora vive una comunità cristiana; e che, anche se ancora molto lungo è il cammino, stiamo camminando sulla strada giusta.

2. L'attenzione ai poveriL'attenzione ai poveriL'attenzione ai poveriL'attenzione ai poveri Un'altra attenzione da sempre presente nella nostra parrocchia è l'attenzione ai i poveri che sono sul territorio, che bussano alla porta della parrocchia, o che vivono in paesi lontani. In questi anni, quasi un terzo delle entrate della parrocchia è stato destinato ai poveri. Pensiamo alle microrealizzazioni nel terzo mondo che da diversi anni, soprattutto per il Natale, vengono fatte dalla parrocchia Ma l'attenzione ai poveri non si esaurisce nell'aiuto economico. Il tentativo è quello che pensare la parrocchia, la sua organizzazione, i suoi obiettivi, le sue scelte a “partire dagli ultimi". Questo perchè si vuole garantire istituzionalmente la partenza dagli ultimi. “Ripartire dagli ultimi" per la nostra parrocchia ha voluto dire mettere in discussione la "qualità della sua vita ecclesiale": il modo di fare la predicazione, la catechesi, la preghiera comune, la preparazione ai sacramenti, le feste della parrocchia, l'organizzazione del tempo libero, l'amministrazione dei beni della parrocchia, la celebrazione dell'Eucaristia della domenica.... C'è nella parrocchia una costante preoccupazione * * * * di coltivare una cultura della solidarietà, cioè un modo di pensare, di scegliere e di comportarsi che sia solidale; * * * * di formare ad una dimensione comunitaria della vita, dove la logica da seguire è la condivisione; * * * * di educare alla pace, cioè cercare di abbattere le distanze, superare tutto ciò che divide, avere sempre a cuore i problemi della pace per diventare costruttori di pace. Significativa è la veglia per la pace che ogni anno viene fatta nella notte di capodanno. Come pure è giusto ricordare la scelta dell'obiezione di coscienza al servizio militare fatta da parecchi giovani della parrocchia. * * * * di costruire una parrocchia accogliente, attenta a chi soffre, a chi è malato, a chi si trova nel dolore. Il centro della caritàl centro della caritàl centro della caritàl centro della carità che abbiamo chiamato "La casa del farsi prossimo" "La casa del farsi prossimo" "La casa del farsi prossimo" "La casa del farsi prossimo" che nel mese di giugno del 1996 è stato aperto nei locali dell'oratorio è il segno concreto che l'attenzione ai poveri vuole diventare stabile e permanente nella parrocchia.

3. L'impegno per la formazione L'impegno per la formazione L'impegno per la formazione L'impegno per la formazione In questi anni la nostra parrocchia si è molto impegnata nel campo della formazione. Un suo obiettivo è sempre stato quello di formare dei cristiani ---- che si mettono con gioia alla sequela di Gesù, - che non soffrono complessi di inferiorità per il fatto di essere cristiani, - che sanno rendere ragione della loro fede, - che cercano di vivere da cristiani coerenti nei diversi ambienti, - che non scendono a compromessi con il Vangelo, - che sanno assumersi responsabilità per costruire il bene comune, - che sanno mettere le proprie capacità e il proprio tempo al servizio per la costruzione della comunità cristiana.

Per raggiungere questi obiettivi certamente alti, la parrocchia ha preso sempre più coscienza che l'impegno formativo era un suo compito primario da non delegare a nessuno e ha cercato **** di "qualificarsi" facendo scelte particolari, non sempre capite, ( alcune volte la si è anche accusata di voler essere una comunità di élite);

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* * * * di progettare cammini formativi per tutti; * * * * di attrezzarsi di tutti quegli strumenti e quei momenti che potevano renderla capace di svolge il compito educativo; * * * * di creare nella comunità esperienze forti di vita spirituale come gli esercizi spirituali, momenti forti di preghiera...; **** di far prendere coscienza dell'importanza che tutti abbiano una "Regola di vita spirituale”; **** di investire nelle scuole diocesane di formazione * * * * di fare alleanza con "realtà" formative qualificate (per esempio l'Azione Cattolica) E' molto difficile, ma, forse, neanche molto importante, giudicare l'impegno formativo della parrocchia dai risultati ottenuti. Quello che conta, invece, è la consapevolezza che l'impegno formativo non deve mai venire meno. La parrocchia deve impegnarsi per una formazione sempre più "qualificata", se vuole percorrere la strada dei "cammini differenziati".

4. La cura dell'oratorio La cura dell'oratorio La cura dell'oratorio La cura dell'oratorio L'Oratorio è sempre stato nel cuore della nostra parrocchia. La nostra parrocchia ha sempre cercato di investire nell'oratorio le sue energie migliori. L'impegno della parrocchia è quello di fare dell'oratorio quel luogo e quello strumento attraverso il quale educare alla vita cristiana. Il nostro oratorio ha una sua identità, un suo stile, un suo modo di essere che lo contraddistingue. Il nostro oratorio è conosciuto e frequentato dai ragazzi della parrocchia. Il nostro oratorio è un luogo **** dove tutti i ragazzi sono conosciuti e chiamati per nome, **** dove si esperimenta la gioia e la fatica dello stare insieme, **** dove ci si forma a un modo di pensare cristiano, **** dove si impara uno stile di vita secondo il Vangelo. Il nostro oratorio lascia un'impronta in chi lo frequenta. La cura dell'oratorio non deve mai venire meno nella parrocchia. L'oratorio ha però bisogno, soprattutto oggi, di educatori che si mettano con disponibilità al suo servizio.

5. La collaborazione nel decanatoLa collaborazione nel decanatoLa collaborazione nel decanatoLa collaborazione nel decanato La nostra parrocchia si sente parte della chiesa decanale e da sempre cerca di collaborare con le altre parrocchie del decanato perchè è convinta dell'importanza di fare una pastorale d'insieme. E' importante che il decanato diventi sempre più "una comunità di comunità" dove le singole comunità sono sempre più aiutate ad essere se stesse. Secondo noi, il decanato deve diventare una grande esperienza di chiesa **** dove si lavora insieme in unità di intenti, **** dove tutti coltivano una grande tensione all'unità nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità, **** dove si affrontano insieme i grandi problemi della pastorale che la parrocchia da sola non riesce a risolvere ( pastorale del lavoro, pastorale sociale, pastorale scolastica, pastorale della sanità, pastorale familiare, pastorale giovanile....), **** dove tutti sono attenti ad aiutare e a valorizzare la ricchezza delle singole comunità parrocchiali perchè convinti che l'unità non vuol dire uniformità o appiattimento.

6. La sintonia con la chiesa diocesanaLa sintonia con la chiesa diocesanaLa sintonia con la chiesa diocesanaLa sintonia con la chiesa diocesana La nostra parrocchia ha sempre cercato una sintonia con la chiesa diocesana; è attenta alle proposte della diocesi e alle indicazioni dell'Arcivescovo; legge, medita e studia con molta cura le lettere pastorali dell'Arcivescovo. La sintonia con la chiesa diocesana **** dà grande respiro alla pastorale della parrocchia; **** fa vivere nella certezza che si percorrendo la strada giusta; **** diventa la garanzia che si sta costruendo qualcosa di stabile e di consistente che possa resistere al mutare degli eventi e delle persone.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: IL VOLTO 27

I rischi della pastorale della parrocchia I rischi della pastorale della parrocchia I rischi della pastorale della parrocchia I rischi della pastorale della parrocchia

La pastorale della nostra parrocchia è chiamata a vigilare su alcuni rischi che la minacciano.

1. Il rischio delle genericitàIl rischio delle genericitàIl rischio delle genericitàIl rischio delle genericità E’ quello di una pastorale che non incide, che rimane astratta. Una pastorale che non riesce a parlare all'uomo di oggi, alla gente che qui vive, alla concretezza della loro vita; che vuole raggiungere "tutti", ma di fatto si ripiega spesso su "alcuni", cioè su quelli che vengono e i "tutti", il più delle volte, non riesce neanche a sfiorare.

2. Il rischio dell'immobilismoIl rischio dell'immobilismoIl rischio dell'immobilismoIl rischio dell'immobilismo E’ quello di una pastorale statica, che si ripiega, in modo abitudinario e ripetitivo, sulle stesse cose, sulle stesse iniziative; che ha paura a mettersi in discussione o a sottoporsi a verifiche; che non si preoccupa di dare una ragione a quello che fa; che ha paura della novità; che fa discorsi, afferma principi che però, non riesce o, forse, non ha il coraggio di tradurre in pratica...

3. Il rischio della scoraggiameIl rischio della scoraggiameIl rischio della scoraggiameIl rischio della scoraggiamentontontonto E’ quello di una pastorale rassegnata, stanca che non crede nella forza del Vangelo e nella sua capacità di rinnovare il cuore dell'uomo e dimentica che l'uomo, ogni uomo, è in attesa della Parola di Dio, è fatto per accogliere la Parola di Dio. La Parola di Dio non è semplicemente qualcosa di estrinseco. di aggiunto all'uomo, qualcosa di cui possa fare a meno: l'uomo è fatto per la Parola di Dio.

4. Il rischio dell'occupazioneIl rischio dell'occupazioneIl rischio dell'occupazioneIl rischio dell'occupazione E’ quello di una pastorale confusa che accumula iniziative su iniziative, che si butta in una attivismo isterico, che dà un'immagine di chiesa affannata, affaccendata in troppo cose, incapace di discernere l'essenziale e la "cosa necessaria".

I grandi desideri della nostra parrocchia grandi desideri della nostra parrocchia grandi desideri della nostra parrocchia grandi desideri della nostra parrocchia

La nostra parrocchia ha nel suo cuore alcuni grandi desideri che sta coltivando con molta cura perchè diventino realtà. Qui li accenniamo soltanto perchè sono descritti in modo ampio e articolato, in questo III° progetto pastorale della parrocchia. Anzi uno degli scopi di questo III° progetto pastorale è proprio quello di dare voce ai desideri grandi che la nostra parrocchia racchiude nel suo cuore e di indicare la strada perchè possano realizzarsi. Ecco i quattro grandi desideri della nostra parrocchia:Ecco i quattro grandi desideri della nostra parrocchia:Ecco i quattro grandi desideri della nostra parrocchia:Ecco i quattro grandi desideri della nostra parrocchia:

1. Fare della nostFare della nostFare della nostFare della nostra parrocchia una comunità che cresce attorno a Gesùra parrocchia una comunità che cresce attorno a Gesùra parrocchia una comunità che cresce attorno a Gesùra parrocchia una comunità che cresce attorno a Gesù che cerca di conoscerlo sempre di più e di seguirlo, che vive la gioia grande del Vangelo perchè sa che non c'è tesoro più prezioso di essa, che non c'è nulla che si possa paragonarle e che vale la pena di vendere tutto per trovarla.

2. Fare della parrocchia una comunità ospitaleFare della parrocchia una comunità ospitaleFare della parrocchia una comunità ospitaleFare della parrocchia una comunità ospitale una casa le cui porte non si chiudono mai a nessuno che chiede sinceramente asilo, un luogo dove si vivono rapporti fraterni fondati sul Vangelo. Fare della nostra parrocchia la "Fontana del villaggio" alle cui acque possono dissetarsi tutti quelli che vengono.

3. Fare della parrocchia una chiesa tra le caseFare della parrocchia una chiesa tra le caseFare della parrocchia una chiesa tra le caseFare della parrocchia una chiesa tra le case vicina alla gente, che percorre con coraggio la strada dei "cammini differenziati" per guidare i passi di ognuno ad incontrare i passi di Gesù.

4. Fare della parrocchia una comunità tutta ministerialeFare della parrocchia una comunità tutta ministerialeFare della parrocchia una comunità tutta ministerialeFare della parrocchia una comunità tutta ministeriale **** dove si crede nella capacità e nella forza della Parola di Dio di interpellare il cuore di ogni uomo;

n.17.

n.18.

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* * * * dove si educa a rispondere personalmente al Signore e alla sua Parola perchè il cammino cristiano è un cammino di interiorità e di convinzioni; **** dove si cerca di coltivare tutte le vocazioni cristiane perchè in esse l'unico mistero di Cristo rivela la propria inesauribile ricchezza; * * * * dove si ha molta cura e si dedica molto tempo per la formazione di cristiani che si fanno carico della fede degli altri, che riconoscono che l'unica cosa che conta e servire Dio e amare gli altri secondo il cuore di Dio, che mettono la propria vita al servizio della chiesa perchè la parrocchia diventi quella casa ospitale capace di accogliere tutti e di guidare tutti all'incontro con Gesù.

La parrocchia ha bisogno di queste persone, senza di loro la vita della parrocchia rischia di diventare una burocratica e vuota ripetizione di gesti e di cose dove tutto rischia di inaridirsi e morire.

La nostra parrocchia, però, si rende conto che per continuare con gioia e con impegno il suo cammino su questo territorio e tra questa gente, per rendere stabile e consistente tutto il bene che c'è, per dare concretezza ai desideri che porta nel cuore, è necessario che tenga sempre fisso lo sguardo sulla vita delle prime comunità cristiane. La chiesa degli ApostoliLa chiesa degli ApostoliLa chiesa degli ApostoliLa chiesa degli Apostoli è il modello che la parrocchia deve continuamente guardare e ascoltare. Nel prossimo capitolo vogliamo mettterci in ascolto della Chiesa degli Apostoli

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO . . . .29292929

capitolo II°

l'ascolto

la nostra

parrocchia

si mette

in ascolto

della vita

delle prime

comunità

cristiane

30303030 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO

Una sosta presso la Parola che dissetaUna sosta presso la Parola che dissetaUna sosta presso la Parola che dissetaUna sosta presso la Parola che disseta Abbiamo cercato di descrivere il volto della nostra parrocchia. Ora, prima di domandarci: che cosa fare? o quale cammino intraprendere? o quali passi concreti compiere?.. è necessario fare una sosta, dissetarci alla sorgente della Parola di Dio, puntare il nostro sguardo, soprattutto il nostro cuore sulla meta verso la quale la nostra parrocchia deve camminare senza stancarsi. In questo secondo capitolo vogliamo diventare disponibili a ciò che lo Spirito vuol dire alla nostra parrocchia, vogliamo metterci in ascolto della Parola di Dio contenuta nel Libro degli Atti degli Apostoli per conoscere da vicino la vita della prime comunità cristiane, cioè di quelle chiese fondate dagli Apostoli o dai loro immediati successori. Queste chiese sono molto vicine nel tempo al genuino spirito di Gesù; sanno, perciò, ciò che Gesù voleva e intendeva. Il loro modo di agire è senz'altro normativo per noi. La nostra parrocchia vuol tenere gli occhi fissi sulla vita delle prime comunità cristiane per rivivere e attualizzare i loro atteggiamenti, le loro scelte, il loro amore per il Signore, il loro entusiasmo missionario e per comprendere sempre più l'anima profonda e vera del nostro Sinodo diocesano con tutte le sue prescrizioni per cercare di innestarlo nella vita quotidiana della parrocchia. Ecco che cosa chiederemo al libro degli Atti degli Apostoli:Ecco che cosa chiederemo al libro degli Atti degli Apostoli:Ecco che cosa chiederemo al libro degli Atti degli Apostoli:Ecco che cosa chiederemo al libro degli Atti degli Apostoli: * 1. Quali sono le prime comunità cristiane? * 1. Quali sono le prime comunità cristiane? * 1. Quali sono le prime comunità cristiane? * 1. Quali sono le prime comunità cristiane? * 2. Perchè metterci in ascolto della prime comunit* 2. Perchè metterci in ascolto della prime comunit* 2. Perchè metterci in ascolto della prime comunit* 2. Perchè metterci in ascolto della prime comunità cristiane?à cristiane?à cristiane?à cristiane? * 3. Come le prime comunità cristiane annunciano il Vangelo?* 3. Come le prime comunità cristiane annunciano il Vangelo?* 3. Come le prime comunità cristiane annunciano il Vangelo?* 3. Come le prime comunità cristiane annunciano il Vangelo? * 4. Quale rapporto esiste tra la vita della prime comunità cristiane e l’annuncio del* 4. Quale rapporto esiste tra la vita della prime comunità cristiane e l’annuncio del* 4. Quale rapporto esiste tra la vita della prime comunità cristiane e l’annuncio del* 4. Quale rapporto esiste tra la vita della prime comunità cristiane e l’annuncio del Vangelo?Vangelo?Vangelo?Vangelo?

1° Quali sono

le prime comunità cristiane ?

Comunità mobil Comunità mobil Comunità mobil Comunità mobilitate per il Vangeloitate per il Vangeloitate per il Vangeloitate per il Vangelo

Le prime comunità cristiane sono quelle fondate fra gli anni 30 e gli anni 60-70 dagli Apostoli e da persone immediatamente in contatto con loro. Sono comunità che troviamo presenti nelle principali città di quel tempo. Dal libro degli Atti degli Apostoli appare la grandissima vitalità del cristianesimo primitivo che in meno di 30-40 anni è riuscito a rendersi presente lungo tutto l'arco del Mediterraneo. In questi anni della storia cristiana la diffusione del Vangelo è rapida e improvvisa: da una comunità ne nascevano subito altre; da un piccolo gruppo se ne formava un altro Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore (At. 5,14) Le prime comunità cristiane sono piene di vita, di creatività, di gioia, di entusiasmo. Erano comunità veramente in stato di evangelizzazione. Intanto il Signore, ogni giorno, aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati (At.2,48)

La parrocchia, come la chiesa delle origini, è chiamata a diventare entusiasta del Vangelo, a mettersi veramente in stato di evangelizzazione, a superare l'immobilismo, a muoversi, a darsi da fare, a mobilitarsi "per qualificare i cristiani, ricuperare i dispersi, guadagnare nuovi amici a Cristo" (C.M. Martini, Lettera di introduzione al Sinodo n.32) Il segno di una parrocchia in movimento e mobilitata per irradiare il Vangelo è, come succedeva nelle chiese degli Atti degli Apostoli, l'aumento delle persone che credono nel Signore. Se nella parrocchia e, in particolare, nei nostri gruppi parrocchiali ci sono sempre e solo le stesse persone, se non arriva mai nessuno di nuovo, se non si cresce mai di numero , anzi si diminuisce...occorre domandarsi il perchè, occorre forse, mettersi in discussione...

n.19.

n.20....

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO . . . .31313131

Non erano comunità senza problemi Non erano comunità senza problemi Non erano comunità senza problemi Non erano comunità senza problemi

Le comunità primitive non erano senza problemi: non dobbiamo farci un'idea troppo idilliaca del cristianesimo primitivo. Dobbiamo guardare con molto realismo a quanto accadeva nelle prime comunità cristiane * Erano comunità* Erano comunità* Erano comunità* Erano comunità fatte da uomini con le loro debolezze, incertezze, con alti e bassi, con incomprensioni. Gli Atti degli Apostoli e le lettere di S. Paolo ci testimoniano di scontri duri tra persone che pure avevano lo stesso fine apostolico, come Paolo e Marco, Paolo e Barnaba, Paolo e Pietro... * Erano comunità* Erano comunità* Erano comunità* Erano comunità molto vivaci, ma si sviluppavano attraverso difficoltà e problemi che, talora, sembravano a coloro che vi erano in mezzo, immensi, quasi inesplicabili. Eppure, malgrado i problemi, gli Atti degli Apostoli svelano che siamo di fronte a comunità estremamente vive, piene di entusiasmo e di slancio, dal procedere un po' tumultuoso, ma generosissime, talvolta agitate da passioni, da discordie, ma, poi, di nuovo ricomposte nella carità. Ci accorgiamo che l'opera di Dio nella chiesa primitiva ha prodotto, da uomini deboli, un po' difficili a trattarsi e non di rado in dissidio tra loro, comunità di conquista, comunità creative che hanno rappresentato nell'area del Mediterraneo un irradiamento di carità, di coraggio nella persecuzione, di impegno nell'apostolato, che rimangono certamente un modello per la Chiesa di tutti i tempi.

La Parrocchia, come la Chiesa delle origini, è chiamata a guardare coraggiosamente in faccia alle difficoltà dell'evangelizzazione. Nel nostro Sinodo si è evidenziato a più riprese che nella società contemporanea ci sono aspetti culturali che rendono difficile o quasi impossibile l'evangelizzazione: il venir meno del senso cristiano della vita; lo smarrimento della fede, con l'uscita dalla Chiesa di molti e l'abbandono della pratica religiosa; un numero crescente di persone che si dichiarano atee e non cristiane; la presenza di chi sembra faccia comodamente a meno della religione e di Gesù Cristo, avendo messo a tacere l'inquietudine religiosa stimolatrice del senso mistico embrionalmente presente in ognuno (Cfr. Sinodo cost.. 5; 28,§5; 42,§1; 521-527) Leggendo gli Atti e le lettere degli Apostoli noi vediamo che simili situazioni hanno segnato la primitiva evangelizzazione: divisione tra cristiani, defezioni, gente che cercava l'utile proprio e che considerava stoltezza la Parola della Croce; una sapienza umana che non voleva riconoscere Dio; uomini carnali dominati da invidie e discordie... " ( C.M. Martini, Lettera di introduzione al Sinodo n.16)

La parrocchia deve diventare consapevole, allora, che queste difficoltà non sono nuove e non deve, quindi, farne oggetto di lamentele infinite. La parrocchia, invece, è invitata a riconoscere questo nostro tempo come tempo di grazia per l'evangelizzazione. Il nostro tempo è un tempo di grazia, donato da Dio all'uomo perchè l'uomo riconosca Dio come il Signore della sua vita e della sua storia." ( Sinodo cost. 5) Il Signore ci ha posto qui e, perciò ci dà la grazia di operare. Forse mai, come oggi, la gente ha estremo bisogno di significati e valori alti e invoca una vera autentica evangelizzazione. Significati e valori per la propria vita e non semplicemente la diffusione di pratiche religiose devozioni particolari, o insistenze su confessionalismi ristretti" ( Martini catechesi quaresimale 1995)

n21.

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2. Perchè metterci in ascolto

dell’esperienza delle prime

comunità cristiane ?

L'esperienza delle prime comunità cristiane L'esperienza delle prime comunità cristiane L'esperienza delle prime comunità cristiane L'esperienza delle prime comunità cristiane è normativaè normativaè normativaè normativa

per le comunità di tutti tempi per le comunità di tutti tempi per le comunità di tutti tempi per le comunità di tutti tempi L'esperienza delle prime comunità va considerata normativa per le comunità di tutti tempi perchè il loro comportamento è descritto nei libri ispirati della Bibbia che costituiscono la norma della vita della chiesa, ma anche perchè, trattandosi di comunità fondate dagli Apostoli o da loro immediati successori, sono molto vicine nel tempo a Gesù, quindi capaci di dirci quello che Gesù voleva.

Il criterio per riconoscere che cosa è normativo Il criterio per riconoscere che cosa è normativo Il criterio per riconoscere che cosa è normativo Il criterio per riconoscere che cosa è normativo della chiesa delle originidella chiesa delle originidella chiesa delle originidella chiesa delle origini Non è esatto parlare di "comunità primitiva" al singolare, ma di "comunità" al plurale perchè c'erano "diverse comunità": quella di Gerusalemme, di Corinto, di Efeso, di Antiochia... Non c'era un modello unico di Chiesa uguale per tutti, ma diverse forme di vita legate alle situazioni concrete in cui le comunità si trovavano a vivere. Per esempio, secondo il Libro degli Atti degli Apostoli, la comunione dei beni, che è l'elemento tipico della Chiesa di Gerusalemme, non era praticata allo stesso modo ad Antiochia, a Efeso, a Corinto... Dobbiamo anche dire che non tutte le forme di vita delle prime comunità cristiane sono, oggi, imitabili a causa delle mutate condizioni ambientali. Ecco allora, la domanda: quale è il critquale è il critquale è il critquale è il criterio per riconoscere ciò che rimane erio per riconoscere ciò che rimane erio per riconoscere ciò che rimane erio per riconoscere ciò che rimane "normativo" anche se mutano le condizioni ambientali ?"normativo" anche se mutano le condizioni ambientali ?"normativo" anche se mutano le condizioni ambientali ?"normativo" anche se mutano le condizioni ambientali ? Non è facile rispondere. Dalla lettura del Libro degli Atti degli Apostoli possiamo prendere come criteri di distinzione quelli della costanzacostanzacostanzacostanza e della continuicontinuicontinuicontinuità.tà.tà.tà. Possiamo dire che sono "normativi" i modi di agire delle prime comunità che il Nuovo Testamento ci mostra ripetuti costantemente in diverse situazioni ambientali.

Qualche costante di vita ecclesiale che emerge Qualche costante di vita ecclesiale che emerge Qualche costante di vita ecclesiale che emerge Qualche costante di vita ecclesiale che emerge dalla lettura degli Adalla lettura degli Adalla lettura degli Adalla lettura degli Atti degli Apostolitti degli Apostolitti degli Apostolitti degli Apostoli Tentiamo una descrizione di quegli atteggiamenti che si ripetono costantemente e che vanno ritenuti normativi per la vita di ogni comunità cristiana e, quindi, anche della nostra parrocchia.

1. Situazione costante di persecuzione Situazione costante di persecuzione Situazione costante di persecuzione Situazione costante di persecuzione Per persecuzione non si intende necessariamente una situazione di oppressione violenta, ma piuttosto una situazione di opposizione, di estraneità, di diversità rispetto all'ambiente dominante. La Chiesa incontra difficoltà e opposizione perchè non si può conformare pienamente all'ambiente che la circonda. La Chiesa primitiva si mostra sempre "diversa" dalle situazioni nelle quali opera. In altre parole la Chiesa "non è del mondo" e la sua realtà storica incontra sempre una certa situazione di estraneità e di disagio. Comunque la caratteristica più profonda della persecuzione non consiste tanto nel fatto di incontrare difficoltà, quanto piuttosto nel fatto che la Chiesa cresce malgrado le difficoltà. Anzi le difficoltà sono affrontate con gioia.

Ecco allora la prima costante delle prime comunità cristiane che fa da norma alla nostra parrocchia: il coraggio di riconoscere lealmente la diversità della Chiesa , cioè della

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n.24.

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Parrocchia dall'ambiente in cui opera, l'impossibilità di una "fusione" completa; e di accettare questo con gioia, anzi di farne il punto di partenza per l'annuncio del Vangelo.

2. 2. 2. 2. Una comunità costantemente orante Una comunità costantemente orante Una comunità costantemente orante Una comunità costantemente orante Non c'è capitolo degli Atti degli Apostoli (sono 28) in cui non si parli della Chiesa in preghiera. In tutte le comunità la preghiera è al posto d'onore. La chiesa delle origini, prima di essere una chiesa che fa qualcosa (predica, battezza, organizza la carità ecc...) è una Chiesa che loda Dio, ne riconosce il primato assoluto, sta davanti a Lui in silenziosa adorazione (Martini. Lettera di introduzione al Sinodo, n.13) Quando una comunità si mette insieme a pregare, compie il primo atto con il quale afferma se stessa, ritrova la propria identità, si pone nella situazione giusta, al di là e prima di tutti gli altri modi di agire e reagire. Le comunità cristiane degli Atti degli Apostoli pregano innanzitutto per vedere bene, per capire i segni dei tempi, per discernere e interpretare la realtà nella quale si trovano a vivere nella luce di Dio; e poi, pregano per chiedere una cosa sola: poter annunciare con franchezza la Parola la quale, se accolta con fede, è capace di cambiare il cuore e la vita.

Questo modo di pregare non deve mai venire meno nella comunità parrocchiale.

3. Una comunità al servizio Una comunità al servizio Una comunità al servizio Una comunità al servizio degli altridegli altridegli altridegli altri La terza costante che troviamo nelle prime comunità cristiane è la prontezza a mettere i propri beni al servizio degli altri. E' la comunione dei beni materiali ( cfr. At. 2,42.44-45; 4,32); è l'attenzione ai fratelli in necessità perchè "nessuno tra loro doveva essere bisognoso" ( cfr. At. 4,34); ma è anche il possesso comune dei beni messianici, soprattutto della presenza di Cristo. Molti sono i modi di vivere la comunione dei beni, ma unico è l'atteggiamento: la prontezza a mettersi a disposizione degli altri con ciò che si ha e con ciò che si è. E' una disponibilità allo scambio, sia all'interno della comunità e sia con le altre comunità, dei beni materiali e spirituali. I primi cristiani vivevano in relazione e comunione profonda con Gesù e tra di loro, coscienti di essere corpo di Cristo, famiglia di Dio, popolo di salvati dall'amore del Signore. Il loro amore per Dio e per i fratelli era generatore e forgiatore dei loro pensieri, sentimenti e azioni ( Martini, Lettera di introduzione al libro sinodale n.15) Le prime comunità capiscono che, per essere comunità di Cristo, devono vivere all'interno la fraternità perchè non basta predicare, a nome di Cristo e porsi al servizio del mondo. Quando sorgono nuove comunità cristiane, sparse un po' dovunque, le chiese sentono immediatamente il bisogno di cercare legami di fraternità tra di loro.

Per essere chiesa occorre vivere la fraternità fra i credenti perchè la fraternità è esigita anzitutto per offrire al Cristo un luogo in cui rendere visibile la sua salvezza e proclamare il mondo nuovo.

4. La predicazione di Cristo risorto La predicazione di Cristo risorto La predicazione di Cristo risorto La predicazione di Cristo risorto La quarta costante è la predicazione che ha come centro Cristo morto e risorto. Oggetto dell'evangelizzazione è la Croce di Gesù. La Croce è la rivelazione massima, inaudita della solidarietà di Dio nei confronti dell'uomo. Una solidarietà ostinata, più forte del nostro stesso rifiuto. La Croce è la rivelazione di chi è Dio: un'eccedenza di amore. Sulla Croce si vede Dio che ama oltre il necessario. La Risurrezione è l'altra faccia della Croce; non la riparazione di una sconfitta, ma il segno che quella non era una sconfitta. La Risurrezione è il segno che la via della fedeltà a Dio e del dono di sè è vincente. Con grande forza gli Apostoli rendevano testimonianza della risurrezione di Gesù (At. 4,33)

E' necessario che la Parrocchia non si disperda in mille cose, con il rischio di smarrire l'essenziale che è "il non sapere altro che la Croce di Gesù " ( cfr. 1, Cor. 2,2)

34343434 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO

5. L'iniziazione sacramentale L'iniziazione sacramentale L'iniziazione sacramentale L'iniziazione sacramentale Il richiamo al Battesimo è costante nelle prime comunità. L'evangelizzazione e l'appello al Battesimo sono due elementi che sempre si corrispondono, che danno slancio alla vita delle diverse comunità e fanno si che si riconoscano a vicenda. Ecco alcuni passi del Libro degli Atti che parlano del battesimo: * Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo (At. 1,5). * Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei vostri peccati ( At. 2,38). * Uomini e donne si facevano battezzare ( At. 8,12). * Improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato ( At. 9,18) Tutti i verbi sono al passivo per dire che nessuno può battezzare se stesso. Il Battesimo è da chiedere; il Battesimo è puro dono. La grazia del battesimo è data gratuitamente da Cristo. La comunità è consapevole che la vita divina, della quale partecipa attraverso il sacramento del Battesimo, è pura iniziativa di Dio: tutto ci è donato, tutto abbiamo ricevuto dal Padre. Attraverso il dono del Battesimo la comunità dei discepoli viene unita per sempre a Gesù, partecipa della vita di Dio e diventa il Corpo di Gesù che vive nella storia.

La Parrocchia è chiamata a prendere coscienza del dono immenso e divino che è in lei e che le è stato donato gratuitamente dal Padre attraverso il Battesimo. Il Battesimo è il sacramento base, l'origine di tutto, la porta della Chiesa, l'inizio della vita cristiana. Il Battesimo è una memoria del passato operante nel presente. Per il dono del Battesimo la comunità cristiana può camminare in una vita nuova (cfr. Rom. 6,4) La comunità parrocchiale fa esperienza del Battesimo **** tutte le volte che chiama Dio con il nome di Padre; **** tutte le volte che sceglie come Gesù, imitando Gesù; **** tutte le volte che vive la comunione, la fraternità, la solidarietà.

6. La "frazione del Pane" e la memorLa "frazione del Pane" e la memorLa "frazione del Pane" e la memorLa "frazione del Pane" e la memoria della Pasqua di Gesùia della Pasqua di Gesùia della Pasqua di Gesùia della Pasqua di Gesù La "frazione del pane", cioè la celebrazione dell'Eucaristia, insieme all'ascolto della Parola, la comunione fraterna e la comunità di preghiera, è l'elemento inconfondibile che esprime la vita della Chiesa fin dai tempi delle comunità apostoliche. La celebrazione dell'Eucaristia ha un posto centrale nella vita della comunità: Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il Pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo della simpatia di tutto il popolo. ( At. 2,46-47) L'Eucaristia è una cena che riassume la comunità di vita di Gesù con i suoi discepoli, riassume tutto il senso della vita di Gesù che si offre per noi in sacrificio sulla Croce. E' una cena che noi ripetiamo nell'attesa del ritorno di lui vivente e , quindi, sentendolo già presente e vivo nell'imminenza del suo ritorno. E' una cena che ci fa perciò partecipare alla vita eterna di Gesù, ci fa entrare nella sua Risurrezione." ( Card. Martini, quaresima 1992) La Parrocchia sul modello della chiesa delle origini, è impegnata a mettere l'Eucaristia al centro della sua vita e della sua missione e a incrementare il rapporto tra Eucaristia e vita, perchè l'Eucaristia deve plasmare la vita di ogni cristiano così che diventi vita secondo lo Spirito, o "culto spirituale". (cfr. Rom. 12,1)

7.7.7.7. La continuità storica per il ministero apostolico La continuità storica per il ministero apostolico La continuità storica per il ministero apostolico La continuità storica per il ministero apostolico Un'altra costante è il collegamento con il Signore risorto, attraverso il ministero di Pietro e degli Apostoli. Questo aspetto è molto palese a Gerusalemme e si ripete nelle varie comunità.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO . . . .35353535

Il cristianesimo primitivo è perfettamente conscio che lo Spirito può suscitare ovunque discepoli di Gesù e far nascere anche dalle pietre dei "figli di Abramo", senza alcuna continuità storica con il passato. Di fatto, però, le comunità si riservano una continuità storica con il Signore risorto che

ha mandato i dodici in missione, attraverso la continuità storica con gli Apostoli e con coloro su cui essi hanno imposto le mani.

Questo dice l'importanza del legame della parrocchia con il Vescovo e con la Tradizione.

8888. La nuova interpretazione delle Scritture antiche.La nuova interpretazione delle Scritture antiche.La nuova interpretazione delle Scritture antiche.La nuova interpretazione delle Scritture antiche. Ultima costante: sono comunità raccolte attorno alla Parola e si sforzano di interpretare le Scritture dell'Antico Testamento alla luce dell'evento di Cristo Risorto. Sono due i valori di quest'ultima costante: **** l'importanza che tutte le comunità primitive hanno sempre dato alla lettura della Bibbia, all'ascolto della Parola. Esse si sono formate mediante la lettura frequente e ciclica della Bibbia. * l'interpretazione dell'Antico Testamento che viene fatta a partire dalla novità di vita portata da Cristo risorto.

Ciò è molto importante anche per noi: si tratta di dare sempre più importanza all'ascolto della Parola e di porre al centro il mistero della morte e risurrezione del Signore e alla luce di questa novità rileggere tutta la storia dell'Antico Testamento.

3. Come le prime comunità annunciano il Vangelo ?

Il servizio de Il servizio de Il servizio de Il servizio della Parolalla Parolalla Parolalla Parola

Il servizio della Parola nell'età apostolica fu straordinariamente ricco e diversificato. **** Incontriamo le persone più diverse che annunciano il Vangelo: gli Apostoli ( Paolo, Barnaba, Apollo...), i diaconi ( Stefano, Filippo..), i profeti i dottori ( At. 13,1-3), le figlie di Filippo, vergini e profetesse (At. 21,8-9), gli sposi Prisca e Aquila (At. 18,24-26) **** L'annuncio avveniva nei luoghi più disparati, là dove gli uomini concretamente vivono e si radunano e si incontrano: il tempio, la sinagoga, le case, la piazza, l'incontro fortuito.... **** Varie e numerose sono le forme letterarie che il servizio della Parola utilizza: formule liturgiche, professioni di fede, inni, racconti, discorsi, lettere, dibattiti e controversie.... * E' un quadro molto ricco e vario, indice di una profonda fede nella Parola, di ansia missionaria e di inventiva pastorale che però si muoveva costantemente entro due tensioni: una certa regolarità e una certa creatività. 1) La regolarità testimonia l'attenta fedeltà al messaggio di Gesù e alla Tradizione. 2) La creatività mostra il rifiuto di ogni meccanica conservazione delle forme del passato e un continuo sforzo di rimanere aderenti al mobile filone della vita concreta.

Le diverse funzioni della Parola di DioLe diverse funzioni della Parola di DioLe diverse funzioni della Parola di DioLe diverse funzioni della Parola di Dio

Vogliamo, ora, concentrare la nostra attenzione e approfondire le diverse funzioni della Parola di Dio, anche se tutte tendono alla crescita della comunità e all'annuncio della fede: 1. L'evangelizzazione, cioè il primo annuncio del messaggio: ha lo scopo di suscitare l'adesione in chi non ha ancora la fede 2. L'istruzione o dottrina (catechesi)))), cioè l'approfondimento: ha lo scopo di far comprendere più a fondo e di dedurre dal centro del messaggio tutte le conseguenze per la vita 3. L'esortazione vuole correggere e infondere slancio 4. La testimonianza vuole illustrare, garantire e convincere 5. La profezia spinge la comunità a discernere la volontà di Dio nella storia

1. 1. 1. 1. L'evangelizzazioneL'evangelizzazioneL'evangelizzazioneL'evangelizzazione E' il primo annuncio del messaggio; è la funzione fondamentale della Parola, mai data per scontato; le altre funzioni sono, alla fin fine, un'esplicitazione di questa.

n.25.n.25.n.25.n.25.

n. 26.

36363636 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO

L'evangelizzazione tende a presentare il centro del messaggio a chi non è ancora giunto alla fede. Lo scopo è quello di portare alla fede e convertire. L'evangelizzazione nel suo contenuto può essere così descritta: E' la proclamazione dell'opera che Dio compie in Gesù e viene offerta ora a chi ascolta e si apre alla conversione. A chi si converte viene dato il perdono dei peccati e il dono dello Spirito perchè possa aprirsi alla vita di fede nella pienezza dell'esistenza cristiana." Oppure, più sinteticamente: E' rendere presente Gesù e la sua salvezza nello Spirito per un'esistenza cristiana. Nella chiesa primitiva l'evangelizzazione è caratterizzata da alcune costanti che devono diventare punto di riferimento per la parrocchia che vuole evangelizzare: 1) L'essenzialità del mistero di Gesù1) L'essenzialità del mistero di Gesù1) L'essenzialità del mistero di Gesù1) L'essenzialità del mistero di Gesù: l'annuncio si polarizza su Gesù, sul mistero della sua morte e risurrezione che è il centro da cui tutto deriva, ma anche la netta percezione del significato salvifico del mistero di Gesù per noi e del radicale cambiamento di mentalità che esige. 2)2)2)2) La fedeltà al dato tradizionale e insieme una grande capacità di adattarsi al tempo La fedeltà al dato tradizionale e insieme una grande capacità di adattarsi al tempo La fedeltà al dato tradizionale e insieme una grande capacità di adattarsi al tempo La fedeltà al dato tradizionale e insieme una grande capacità di adattarsi al tempo e e e e allealleallealle situazioni:situazioni:situazioni:situazioni: la diversità dell'ambiente incide sulle modalità dell'annuncio determinando scelte, omissioni e sottolineature. 3) La fiducia nell'annuncio3) La fiducia nell'annuncio3) La fiducia nell'annuncio3) La fiducia nell'annuncio: in esso risuona la potenza della Parola di Dio; ma anche l'accettazione della debolezzal'accettazione della debolezzal'accettazione della debolezzal'accettazione della debolezza perchè l'annuncio conosce la contraddizione e il rifiuto dai quali, in nessun modo, si deve sfuggire ricorrendo agli argomenti persuasivi della sapienza degli uomini. **** L'annuncio suppone che negli ascoltatori ci sia un bisogno di salvezza, un'attesa. **** L'annuncio si muove sempre in un clima di urgenza.

2. 2. 2. 2. L'istruzione, la catechesi L'istruzione, la catechesi L'istruzione, la catechesi L'istruzione, la catechesi E' l'insegnamento sistematico dedotto dall'annuncio. Si rivolge a una comunità credente che intende approfondire il messaggio e dedurne le conseguenze per la vita. L'istruzione o catechesi occupa larga parte degli scritti del Nuovo testamento. Dal punto di vista del contenuto, l'istruzione si muove lungo due direttrici: * l'una più morale, cioè si sforza di dedurre dall'annuncio le conseguenze per la vita; * l'altra più teologica, cioè si sforza di penetrare e collegare in una comprensione armonica e unitaria i diversi aspetti dell'annuncio e di evidenziare l'originalità della proposta cristiana nei confronti del mondo giudaico e pagano. Il passaggio dall'annuncio all'istruzione fu mosso da tre esigenze: 1) Il dinamismo della fede1) Il dinamismo della fede1) Il dinamismo della fede1) Il dinamismo della fede: quelli che aderiscono alla fede non si accontentano di una conoscenza globale e sommaria, ma domandano di penetrare sempre più l'oggetto della fede. 2) La lettura delle scritture2) La lettura delle scritture2) La lettura delle scritture2) La lettura delle scritture: le Scritture vengono lette a partire da Cristo, ma a loro volta, così lette, offrono un principio di intelligibilità per penetrare il mistero di Cristo. 3) La contemporaneità3) La contemporaneità3) La contemporaneità3) La contemporaneità: eventi, situazioni ecclesiali, culturali, storia domandano di essere letti e interpretati alla luce del messaggio del Vangelo.

La Parrocchia è chiamata, oggi, a fare seriamente catechesi per promuovere una consapevolezza personale approfondita della verità della fede Come Gesù e gli Apostoli, anche noi dobbiamo prima conoscere bene i desideri e i problemi che le persone si portano dentro e avere il coraggio di confrontarli con la Parola di vita che annunciamo. Solo attraverso un serio e serrato confronto tra verità, mentalità, culture, problematiche, ideali, le nostre comunità aiuteranno la gente ad acquisire una fede cristiana più personale, consapevole e convinta " (Card. Martini, Lettera introduzione al Sinodo n.35) Tale confronto serio e serrato tra mentalità, culture, problematiche ha luogo nella catechesi, in particolare nella catechesi degli adulti.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO . . . .37373737

3. 3. 3. 3. L'esortazione. L'esortazione. L'esortazione. L'esortazione. La Parola di Dio non deve solo penetrare nell'intelligenza, ma deve raggiungere il cuore e animare tutta la vita dei discepoli. Nella Chiesa delle origini, accanto all'istruzione c'era anche l'esortazione. L'esortazione vuole correggere e infondere slancio nella vita del singolo e nella vita della comunità. Dagli scritti del Nuovo Testamento sembra che il luogo privilegiato dell'esortazione, anche se non l'unico, sia l'assemblea liturgica. Diversi sono gli esortatori. L'esortazione è compito del profeta e dei carismatici; è compito permanente del responsabile della comunità: è dovere degli stessi membri della comunità. L'esortazione non è un comando, ma è incoraggiamento e consolazione; non è l'annuncio che porta argomenti, non ha lo scopo di istruire, ma piuttosto di incoraggiare, richiamare, invitare. L'esortazione trova la sua giustificazione nel fatto che ci troviamo in un tempo di decisione: è l'invito pressante ad accogliere e a rispondere alla chiamata del Signore. L'esortazione è sempre un invito ad aver fiducia nel Signore, a fidarsi della sua Parola, a rinunciare a se stessi

La Parrocchia è chiamata a diventare luogo privilegiato dell'esortazione. L'esortazione domanda in clima di affetto, di partecipazione, di vera fraternità. Nell'esortazione risuona per ciascuno la voce misericordiosa di Dio che chiama a seguire Gesù, anzi si fa presente la misericordia di Dio che accompagna e guida i nostri passi.

4. 4. 4. 4. La testimonianza La testimonianza La testimonianza La testimonianza La Parola di Dio deve essere presentata con autorità, deve, cioè apparire reale, provata e convincente. Tutto questo rientra nella funzione della testimonianza che accompagna le altre funzioni della Parola. La testimonianza vuole illustrare, convincere. C'è una testimonianza interiore e c'è una testimonianza di chi annuncia la Parola. Il cristiano e la comunità cristiana non sono solo annunciatori del Regno, ma devono anche essere la prova, l'illustrazione che il Regno è arrivato e che il suo messaggio è possibile e liberante. La testimonianza coinvolge il testimone profondamente, ma non è mai un parlare di sè: è sempre e solo un parlare di Cristo: è ciò che Cristo ha compiuto in lui che al testimone interessa e vuol far conoscere. Questo è indispensabile perchè la testimonianza sia Vangelo, cioè lieta notizia che salva. Il testimone è convinto che ciò che è accaduto in lui è garanzia di ciò che Dio è pronto a fare verso tutti. Non bisogna mai dimenticare che la testimonianza avviene sempre all'interno di un conflitto: il conflitto fra Cristo da una parte e il mondo dall'altra. La Parola che la comunità testimonia si oppone alla logica mondana e alla sua valutazione e suscita consensi e dissensi da parte del mondo che non vi si riconosce e si sente minacciato. La testimonianza esige ( e qui sta la sua credibilità) una disponibilità al più completo dono di sè, (al martirio).

La Parrocchia è chiamata, non solo ad annunciare il Vangelo, ma a rendere testimonianza al Vangelo che annuncia, cioè a mostrare con la sua vita la credibilità del Vangelo. Per rendere testimonianza la Parrocchia deve raccontare fedelmente la storia di Gesù, cioè, deve trasmettere fedelmente la memoria di Gesù, ma nel contempo, con la sua vita, deve illustrare e quindi garantire il significato salvifico di quella memoria.

5. 5. 5. 5. La profezia La profezia La profezia La profezia Nella comunità cristiana c'è anche la funzione profetica. La profezia spinge la comunità a discernere la volontà di Dio nella storia.

38383838 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO

Nel Nuovo Testamento, più che i singoli, sono le comunità chiamate a svolgere un ruolo profetico. Tre sono le virtù del profeta Biblico 1) Il profet1) Il profet1) Il profet1) Il profeta è un uomo capace di ascoltare la Parola di Dioa è un uomo capace di ascoltare la Parola di Dioa è un uomo capace di ascoltare la Parola di Dioa è un uomo capace di ascoltare la Parola di Dio con un desiderio appassionato, a volte si direbbe intollerante, di fedeltà. **** Il profeta è attento a ricuperare il messaggio religioso in tutta la sua purezza originaria. * * * * Il profeta reagisce alle interpretazioni accomodanti e alle incrostazioni che gli uomini via, via hanno aggiunto al messaggio di Dio. **** Il profeta riconduce la fede sempre al suo centro profondo e sconvolgente. **** Il profeta è rivoluzionario di fronte agli uomini; di fronte a Dio, invece è in continua posizione di ascolto. 2) Il profeta è un uomo attento al proprio tempo2) Il profeta è un uomo attento al proprio tempo2) Il profeta è un uomo attento al proprio tempo2) Il profeta è un uomo attento al proprio tempo, un uomo concreto sensibile alle tensioni e ai problemi del momento; è un uomo compromesso in tutte le situazioni. **** Il profeta non perde mai la speranza. **** Il profeta è colui che sa leggere nella trama degli eventi il disegno di Dio; è colui che sa cogliere i segni dei tempi, sa interpretare il senso religioso dei fatti. 3) Il profeta è un povero di spirito,3) Il profeta è un povero di spirito,3) Il profeta è un povero di spirito,3) Il profeta è un povero di spirito, cioè un uomo libero, disponibile, un uomo non attaccato a schemi prefabbricati, aperto alla novità di Dio e della storia. I profeti sono coloro che tengono desta la speranza perchè costringono il popolo a guardare in avanti, non gli permettono di diventare un popolo sedentario.

La Parrocchia per essere una comunità profetica è chiamata a svolgere un triplice compito: 1) Annunciare Gesù morto e risorto,1) Annunciare Gesù morto e risorto,1) Annunciare Gesù morto e risorto,1) Annunciare Gesù morto e risorto, cioè conservare fedelmente la memoria di Gesù; capire la persona di Gesù, il significato della storia che ha vissuto, in particolare il significato della sua Croce. 2) Svolgere un compito di critica nei confronti del mondo,2) Svolgere un compito di critica nei confronti del mondo,2) Svolgere un compito di critica nei confronti del mondo,2) Svolgere un compito di critica nei confronti del mondo, della logica del mondo, del peccato che sempre può crescere all'interno della stessa comunità 3) Prefigurare3) Prefigurare3) Prefigurare3) Prefigurare, cioè visibilizzare nella comunità il mondo nuovoil mondo nuovoil mondo nuovoil mondo nuovo che il Signore donerà a tutti.

4. Quale rapporto esiste tra la vita

delle prime comunità cristiane e l’annuncio del Vangelo ?

La “Koinonia”La “Koinonia”La “Koinonia”La “Koinonia”

Con il termine Koinonia Koinonia Koinonia Koinonia (Comunione) si vuole indicare la pienezza della compattezza interiore delle comunità, il loro maturarsi e il loro crescere, secondo le costanti che abbiamo ricordato al n. 22 di questo progetto. La Koinonia, a sua volta, appare composta da due atteggiamenti: la pietassss e la benevolentia. 1111) La Pietas) La Pietas) La Pietas) La Pietas è il senso fiducioso, affettuoso di appartenenza alla comunità. E' una logica che nasce dallo Spirito; è la capacità di fidarsi vicendevolmente, di appoggiarsi effettivamente gli uni agli altri; è il sentirsi portati gli uni dagli altri. 2) La benevolentia2) La benevolentia2) La benevolentia2) La benevolentia è l'attenzione premurosa verso chi ancora non partecipa alla comunità; è la gioia di far contenti gli altri e di andare loro incontro con l'annuncio della salvezza. Da questi due atteggiamenti ( pietas e benevolentia) nasce la saldezza della comunione ecclesiale (la Koinonia), la sua solidità. I frutti concreti della Koinonia che unisce in maniera lieta e creativa il corpo della comunità, li troviamo chiaramente elencati da S. Paolo nella lettera ai Galati 5,22, anzi S. Paolo parla di "un unico frutto dello Spirito""un unico frutto dello Spirito""un unico frutto dello Spirito""un unico frutto dello Spirito" che poi specifica in diversi termini: 1) Amore, Gioia, Pace, Pazienza 2) Affabilità, Bontà, Mitezza 3) Pazienza, Fedeltà, Dominio di sè

n.27.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO . . . .39393939

Il frutto dello SpiritoIl frutto dello SpiritoIl frutto dello SpiritoIl frutto dello Spirito “Il frutto dello Spirito” di cui parla S. Paolo nella lettera ai Galati 5,22 lo si può distinguere in:

1. Atteggiamenti del cuore:. Atteggiamenti del cuore:. Atteggiamenti del cuore:. Atteggiamenti del cuore: * L'Amore, cioè cordialità, simpatia, cuore aperto. * La Gioia, cioè serenità d'animo, capacità di comunicare gioia, di consolare * La Pace, cioè capacità di portare e di mettere pace * La Pazienza, cioè capacità di sopportare situazioni pesanti, tempi lunghi, senza stancarsi.

2. Atteggiamenti delle labbra. Atteggiamenti delle labbra. Atteggiamenti delle labbra. Atteggiamenti delle labbra * Affabilità, Bontà, Mitezza, cioè accoglienza, gentilezza nel parlare, dignità, fiducia nella persuasione e non nella violenza, esclusione di ogni volontà di nuocere, fiducia che, attraverso la comprensione reciproca, la parola persuasiva e cortese si ottiene di più che con l'opposizione

3 3 3 3. Atteggiamenti delle m. Atteggiamenti delle m. Atteggiamenti delle m. Atteggiamenti delle manianianiani * Pazienza, Fedeltà, Dominio di sè, cioè la bontà, il senso del dare e del fare del bene attorno a sè, la generosità, la capacità di dare volentieri, la capacità di essere di appoggio agli altri, di dare loro fiducia. Matura è quella comunità che coltiva nei suoi membri questo “frutto dello Spirito”. A questa maturità deve tendere ogni comunità. Questi atteggiamenti vanno coltivati con molta cura; e sono la garanzia della compattezza interiore, cioè della Koinonia della comunità.

Quale il rapporto tra Koinonia e annuncio del Vangelo ? Quale il rapporto tra Koinonia e annuncio del Vangelo ? Quale il rapporto tra Koinonia e annuncio del Vangelo ? Quale il rapporto tra Koinonia e annuncio del Vangelo ? L'evangelizzazione è rendere presente il Cristo risorto attraverso la proclamazione della Parola e, al tempo stesso, attraverso un contesto di segni dello Spirito. L'evangelizzazione non può ridursi alla semplice enunciazione del fatto, ma tende a rendere presente il Cristo in un contesto percepibile. Il frutto dello Spirito che S. Paolo descrive nella lettera ai Galati e che abbiamo cercato di spiegare sono le costanti della vita comunitaria, cioè di un popolo in pienezza di comunione con Dio. Il rapporto fra Koinonia ed Evangelizzazione è quindi evidente: la comunità cristiana rende presente il Cristo risorto perchè ne mostra i segni in atto, cioè "il frutto dello Spirito" L'evangelizzazione diventa allora Parola in azione, cioè è una Parola annunciata da una comunità che ne mostra l'efficacia, la forza, la novità, la capacità di rinnovare la vita e far vivere rapporti fraterni veri. Esiste dunque un rapporto fra il grado di maturazione di una comunità e la sua incidenza evangelizzatrice. L'annuncio del Vangelo si radica ordinariamente in una certa pienezza di fede e di carità. In caso contrario l'annuncio del Vangelo non sarà falso, ma poco convincente. L'annuncio del Vangelo, ordinariamente, ha una relazione con la carica spirituale della comunità.

ConclusioneConclusioneConclusioneConclusione Ci siamo messi in ascolto della vita delle prime comunità cristiane. Abbiamo visto chi sono le prime comunità; abbiamo conosciuto il loro slancio missionario; abbiamo ricercato quelle costanti che hanno fatto crescere la loro vita; abbiamo preso coscienza dei diversi modi con cui si sono messe al servizio della Parola; infine abbiamo constatato che c'è un rapporto stretto tra la comunione che si vive nelle comunità e l'annuncio del Vangelo.

n.28.

n.29.

n.30. n.30. n.30. n.30.

40404040 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’ASCOLTO

Ora nasce una domanda: come può la nostra parrocchia rivivere e attualizzare il come può la nostra parrocchia rivivere e attualizzare il come può la nostra parrocchia rivivere e attualizzare il come può la nostra parrocchia rivivere e attualizzare il modo di vedere, giudicare, e agire delle prime comunità cristiane?modo di vedere, giudicare, e agire delle prime comunità cristiane?modo di vedere, giudicare, e agire delle prime comunità cristiane?modo di vedere, giudicare, e agire delle prime comunità cristiane? E' necessario che la nostra parrocchia non faccia affidamento su se stessa e sulle sue forze, ma coltivi una intensa vita spirituale e si lasci guidare dallo Spirito della Pentecoste che è capace di rinnovare la sua vita come ha rinnovato la vita delle prime comunità cristiane. E' ciò che vedremo nel prossimo capitolo intitolato la distanzala distanzala distanzala distanza.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LA DISTANZA . . . .41414141

capitolo. III°

la distanza

la nostra

parrocchia

riparte

da Dio

42424242 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LA DISTANZA

“ Abbiamo solo cinque pani e due pesci “ “ Abbiamo solo cinque pani e due pesci “ “ Abbiamo solo cinque pani e due pesci “ “ Abbiamo solo cinque pani e due pesci “ Ascoltando il libro degli Atti degli Apostoli abbiamo conosciuto da vicino la vita delle prime comunità cristiane e il loro entusiasmo nell’annunciare il Vangelo. Ora, se guardiamo la vita della nostra comunità parrocchiale ci accorgiamo della grande “sproporzione”, della “distanza” che esiste tra il modo di vivere e di annunciare il Vangelo della nostra parrocchia e quello della chiesa delle origini, tra i bisogni e le domande della gente e la nostra capacità di rispondere. Nasce la domanda: come può la nostra parrocchia rivivere e attualizzare il modo di vedere, giudicare e agire della Chiesa degli Apostoli? Il rischio è quello di incorrere in atteggiamenti paralizzanti che sono stati già degli Apostoli quando Gesù diede loro l’incarico di dare da mangiare alla folla nel deserto: “Abbiamo solo cinque pani e due pesci” (Mt. 14,17). E’ lo sgomento per l’esiguità delle nostre risorse, per le nostre povertà umane e spirituali, per i nostri limiti e le nostre fragilità. Tutto questo, spesso, può generare scetticismo, rassegnazione, apatia, scoraggiamento. Come superare questi atteggiamenti?

. Le tentazioni della pastoraleLe tentazioni della pastoraleLe tentazioni della pastoraleLe tentazioni della pastorale

E’ necessario, anzitutto, contestare due modi di intendere l’azione pastorale presenti, oggi nella chiesa:

1. L’interpretazione burocratica della pastoraleL’interpretazione burocratica della pastoraleL’interpretazione burocratica della pastoraleL’interpretazione burocratica della pastorale E’ il pensare che il rinnovamento e l’efficacia della pastorale consista soprattutto nella capacità organizzativa della parrocchia. E’ pensare la parrocchia sul modello di un pubblico ufficio dove la pastorale diviene sempre più una serie di obiettivi strategici da raggiungere, un insieme di competenze da acquisire, una serie di servizi da gestire, cioè un sistema complesso di adempimenti, ma dove spesso non ci si preoccupa di dare un’anima all’agire pastorale, di vivere una comunione fraterna, di coltivare un’attenzione alle persone, di costruire una comunità come luogo dell’accoglienza, della gratuità, del perdono...

2. L’interpretazione efficientista della pastorale L’interpretazione efficientista della pastorale L’interpretazione efficientista della pastorale L’interpretazione efficientista della pastorale E’ pensare l’azione pastorale in termini di efficienza; è il rischio di ridurre l’azione pastorale alle tecniche che si usano, alle strategie che si mettono in atto, alle strutture che si costruiscono e si possiedono... e ci si dimentica **** del primato di Dio su ogni iniziativa umana: l’amore di Dio ci precede sempre; **** del primato della grazia: il mondo è già stato salvato dalla Croce di Gesù; **** della forza del Vangelo e dell’azione dello Spirito Santo: i soli capaci di fare nuovo il cuore dell’uomo.

Le due insidie della pastorale della parrocchia:Le due insidie della pastorale della parrocchia:Le due insidie della pastorale della parrocchia:Le due insidie della pastorale della parrocchia: L’interpretazione burocratica ed efficientista della Pastorale genera l’affanno e l’apatia.

1. L’affanno pastoraleL’affanno pastoraleL’affanno pastoraleL’affanno pastorale L’affanno pastorale assale la parrocchia **** quando l’amore per l’altro si raffredda, **** quando dell’altro non interessa più il dolore o la gioia, la ricerca della verità, del bene; non interessa più la sua fraternità possibile; **** quando dell’altro interessa solo il fatto che è lontano da noi e temiamo che questa sua lontananza sia equivalente a inimicizia, a conflittualità, a opposizione, a lontananza da Dio stesso; **** quando, per il fatto che l’altro è lontano da noi, insorge in noi il giudizio negativo e l’altro assume i contorni dell’aggressore, del nemico, o semplicemente dello stolto, dell’anormale che va ricondotto alla normalità che sarebbe la fede cristiana.

n.31.

n.32.

n.33.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LA DISTANZA . . . .43434343

L’affanno pastorale genera la paura dell’altro e la volontà di annullare la differenza dell’altro. L’affanno è imparentato con l’impazienza, cioè con l’incapacità di patire i tempi di Dio e i tempi dell’altro. L’affanno genera zelo disordinato, proselitismo di basso profilo.

2. L’apatia pastorale L’apatia pastorale L’apatia pastorale L’apatia pastorale L’apatia pastorale è l’opposto dell’affanno, ma sia l’affanno che l’apatia pastorale hanno una medesima matrice. L’apatia, come l’affanno è figlia della paura: di fronte alla responsabilità grande di annunciare il Vangelo ci si lascia prendere dallo scoraggiamento; di fronte ai risultati non entusiasmanti, o addirittura di fronte all’insuccesso del proprio impegno ci si lascia prendere dalla sfiducia. L’apatia è rimuovere ogni disponibilità a soffrire per la Parola di Dio e per coloro che l’attendono. L’apatia diventa paralizzante quando la sfiducia in noi stessi e negli altri e al tempo stesso la sfiducia nella Parola di Dio viene giustificata in modo presuntuoso o ideologico. * * * * In modo presuntuoso quando di fronte al “no” che l’altro dice, si ritiene chiusa la missione giustificandosi dicendo: “abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo la coscienza a posto...” e non ci si domanda umilmente: “ Signore, che cosa in questa azione, in questa scelta... abbiamo tradito o offuscato, o ostacolato la tua Parola..?” **** In modo ideologico quando, di fronte all’insuccesso o alla fatica di annunciare il Vangelo si minimizza il “no” dell’altro, non lo si prende sul serio e si ci appella allo slogan: “Tanto Dio salva tutti”, oppure, “tutti sono credenti...” E’ vero che Dio salva tutti, però a noi che lo affermiamo, l’altro domanda di mostrargli nella nostra vita e con le nostre parole che Dio è davvero il Salvatore e che Dio salva tutti. S. Paolo parlerebbe così a una comunità apatica: Sapete come non mi sono sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle case, scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù. Ed, ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono tribolazioni. Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purchè conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.” ( At. 20,20-24)

La situazione di minoranza La situazione di minoranza La situazione di minoranza La situazione di minoranza

La parrocchia è chiamata a prendere coscienza che oggi la fede cristiana si trova in una situazione di minoranza. Nella nostra parrocchia la maggioranza della gente si dice cristiana; la quasi totalità domanda il battesimo, e i sacramenti dell’iniziazione, ma di fatto la fede cristiana, il modo di vivere e di pensare cristiano si trova in una situazione di minoranza.

1. E’ finito il tempo della “societas Christiana”E’ finito il tempo della “societas Christiana”E’ finito il tempo della “societas Christiana”E’ finito il tempo della “societas Christiana” La nostra parrocchia deve prendere coscienza che è finito il tempo della “societas christiana” che, dicono gli storici, ha avuto inizio con l’epoca costantiniana e ha caratterizzato il mondo occidentale e la chiesa per lunghi secoli. Nella “societas christiana” chiesa e società tendono a coincidere: tutti sono considerati cristiani; l’evangelizzazione risulta un fatto marginale. Chi non appartiene alla chiesa viene considerato un nemico. Il non cristiano è praticamente dimenticato e quando viene scoperto, fa problema perchè il non credere viene concepito come una stranezza, una cosa anormale. Questo modo di pensare determina una concentrazione dell’azione pastorale sull’esistente, su quelli che ci sono, sul “già ecclesiale” e sente come marginale l’impegno missionario di raggiungere tutti, di annunciare a tutti il Vangelo.

2. 2. 2. 2. La fede domanda una scelta personaleLa fede domanda una scelta personaleLa fede domanda una scelta personaleLa fede domanda una scelta personale

n. 34.

44444444 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LA DISTANZA

La nostra parrocchia deve prendere coscienza **** che, oggi, le tradizioni, l’ambiente non sono più in grado di trasmettere la fede: la fede domanda una adesione e una scelte personale; **** che non si possono più portare avanti fenomeni di massa, ma cammini personali: non è più il tempo di pescare con la rete, ma con l’amo; **** che la fede e la vita cristiana non devono più essere dati come fatti scontati; **** che la condizione di credente non è una ovvietà pacifica, non è una cosa normale per chi viene al mondo. Per questo l’assenza della fede non deve generare stupore, stizza, rancore e la condizione di chi non crede non deve essere giudicata strana.

Diventare una chiesa missionaria Diventare una chiesa missionaria Diventare una chiesa missionaria Diventare una chiesa missionaria Per la nostra parrocchia prendere coscienza di essere in una situazione di minoranza vuol dire diventare * una chiesa missionaria, cioè una chiesa tra le case attenta a tutti, tutta impegnata ad annunciare il Vangelo * una chiesa che celebra, testimonia, proclama la Pasqua di Gesù che è pane spezzato e sangue versato per tutti; * una chiesa che tiene continuamente fisso lo sguardo su Gesù, che vive in continuo ascolto della sua Parola, che cerca di imitarlo e di seguirlo per essere, in mezzo alla gente, un indice puntato su di Lui.

Riconoscere il primato di Dio e Riconoscere il primato di Dio e Riconoscere il primato di Dio e Riconoscere il primato di Dio e coltivare una forte vita spiritualecoltivare una forte vita spiritualecoltivare una forte vita spiritualecoltivare una forte vita spirituale Il diventare consapevoli della grande “sproporzione” e della “distanza” che esiste tra la missione che la parrocchia, sull’esempio della Chiesa degli Apostoli è chiamata a compiere (dare il pane della fede a tutta la gente che ha necessità di conoscere e di incontrare Gesù, cfr.Mt. 14,16) e i mezzi, le forze, le possibilità concrete che possiede ( “Non abbiamo che cinque pani e due pesci” Mt. 14,17), mette in evidenza la nostra povertà e la necessità per la nostra parrocchia di fare affidamento su Gesù che dice alla nostra Chiesa: “portameli qui i tuoi cinque pani e i due pesci” (cfr.Mt. 14,18) * La nostra parrocchia è chiamata a vivere questa “sproporzione”, questa “distanza” come una “prova”, come un fatto provvidenziale che le fa prendere sempre più coscienza della sue povertà umane e la apre alla possibilità del Vangelo. * La nostra parrocchia è chiamata a vivere questa “sproporzione” (distanza) come una “cosa giusta”, perchè la constatazione della “distanza” richiama la parrocchia a vivere una profonda obbedienza alla forza che sprigiona dal Vangelo. Infatti, la missione che parrocchia è chiamata a compiere è “ l’irradiamento incontenibile della autorevolezza, della pienezza vitale, promananti dal Vangelo, come lieto annuncio di Gesù, Figlio di Dio venuto a salvare, morto e risuscitato per noi, principio, norma e giudice della storia umana” (card. Martini, Partenza da Emmaus n.14)

La parrocchia appartiene a CristoLa parrocchia appartiene a CristoLa parrocchia appartiene a CristoLa parrocchia appartiene a Cristo La chiesa appartiene a Cristo, è il Corpo di Cristo che vive nella storia. Fra la Chiesa e il suo Signore vi è una comunione di vita e, di conseguenza, una dipendenza radicale. La comunione di vita si realizza attraverso la fede e il Battesimo e si consuma nell’Eucaristia (cfr. 1Cor. 10,16-17 ) La dipendenza si esprime in un duplice senso: 1) una dipendenza nel senso dell’autorità: Cristo è il Capo e la Chiesa il Corpo 2) una dipendenza nell’attività e vitalità: Cristo fa vivere la Chiesa e agisce in essa. Ne deriva che la vita della Chiesa è una vita di comunione e di dipendenza da Cristo. La vita della parrocchia allora deve essere una vita di comunione e di dipendenza da Cristo, cioè

n.35.

n.36.

n.37.

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* una vita totalmente dipendente dalla Parola, nutrita dalla Parola; * una vita che vive il suo momento più alto e più significato nella celebrazione dell’Eucaristia; * una vita dove tutto viene compiuto nella “memoria di Gesù” cercando di imitare la sua capacità di dono.

La parrocchia è chiamata a fare un cammino spirituale.La parrocchia è chiamata a fare un cammino spirituale.La parrocchia è chiamata a fare un cammino spirituale.La parrocchia è chiamata a fare un cammino spirituale. Da una parte l’esperienza continua della “sproporzione” e della “distanza” esistente tra la moltitudine da sfamare e i soli cinque pani e due pesci che si possiedono, dall’altra la presa di coscienza che Dio, il suo amore, la forza della sua Parola vengono prima di qualunque azione pastorale, chiamano la nostra parrocchia ad essere una comunità in cammino, a vincere la tentazione sempre presente, di diventare una comunità sedentaria, a vivere in continuo stato di conversione. Il cammino che la nostra parrocchia è chiamata a percorrere deve essere un cammino di umiltà, di perdono, di preghiera.

1. La prima tappa è l’umiltà La prima tappa è l’umiltà La prima tappa è l’umiltà La prima tappa è l’umiltà L’umiltà ci fa toccare con mano la povertà dei nostri interventi e ci avvicina alla scoperta dell’azione di Dio. Una parrocchia è umile quando si rende continuamente conto che il compito affidatole da Gesù la supera in ogni parte, che non ha in mano soluzioni definitive, che ha sempre bisogno dell’apporto di tutti. Una parrocchia umile è attenta e disponibile all’ascolto del Signore e all’azione del suo Spirito; è aperta e pronta a dare spazio e ad imparare da ogni fratello di fede e da ogni uomo di buona volontà.

2. La seconda taLa seconda taLa seconda taLa seconda tappa è il perdonoppa è il perdonoppa è il perdonoppa è il perdono

Una parrocchia umile è continuamente sollecitata a chiedere e a concedere perdono. Il perdono scioglie la durezza del cuore, apre alla gioia del Vangelo, fa vedere le cose con occhi nuovi. Troppe volte nei confronti dei fratelli di fede si compiono giudizi temerari, atti di squalifica, gesti di diffidenza; nei confronti di chi non condivide la nostra fede o non hanno le nostre idee si alza le spalle e nei confronti di tante persone che hanno immensi bisogni materiali e spirituali si fa tanta fatica ad avvicinarsi a loro con amore. Tutto questo mette in luce la tremenda realtà della nostra durezza di cuore e il bisogno continuo di chiedere e dare il perdono. Nella gioia di essere perdonati e di perdonare la parrocchia rende presente la forza del Vangelo, l’amore del Signore Gesù per gli uomini. La parrocchia è chiamata a coltivare atteggiamenti penitenziali e di perdono dentro la comunità e verso tutti. L’atteggiamento penitenziale trova suggello e alimento nella celebrazione del Sacramento della Penitenza. ConcretamenteConcretamenteConcretamenteConcretamente siamo chiamati a ripetere frequentemente il Sacramento della Penitenza * per prendere coscienza della quotidiana miseria e povertà nostra e della nostra comunità davanti a Dio; * per aver sempre chiara la consapevolezza della “distanza” che c’è tra la vita nostra e della nostra comunità con il Vangelo di Gesù * per sperimentare la forza rinnovatrice della Pasqua di Gesù; * per diradare quella nebbia interiore che non ci permette di scoprire ed eseguire i compiti che il Vangelo affida a noi e alla nostra parrocchia.

3. La terza tappa è la preghieraLa terza tappa è la preghieraLa terza tappa è la preghieraLa terza tappa è la preghiera Una parrocchia purificata dall’umiltà e dal perdono è una comunità che coltiva lo spirito di preghiera. Per una comunità che prega “i cPer una comunità che prega “i cPer una comunità che prega “i cPer una comunità che prega “i cinque pani e i due pesci” che si trova tra le mani inque pani e i due pesci” che si trova tra le mani inque pani e i due pesci” che si trova tra le mani inque pani e i due pesci” che si trova tra le mani per per per per sfamare la fame della gente, cessano di essere il segno di una impotente sfamare la fame della gente, cessano di essere il segno di una impotente sfamare la fame della gente, cessano di essere il segno di una impotente sfamare la fame della gente, cessano di essere il segno di una impotente povertà, ma povertà, ma povertà, ma povertà, ma cominciano a diventare un’umile offerta umana nella quale si rivela cominciano a diventare un’umile offerta umana nella quale si rivela cominciano a diventare un’umile offerta umana nella quale si rivela cominciano a diventare un’umile offerta umana nella quale si rivela l’azione potente di Dio.l’azione potente di Dio.l’azione potente di Dio.l’azione potente di Dio.

n. 38.

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La parrocchia deve pregare sempre il Signore perchè i suoi poveri pani e pesci, le incertezze, le povertà, i limiti delle persone non siano un ostacolo alla presenza e all’azione dello Spirito Santo, ma si lascino attraversare e trasformare da esse. La preghiera fa dimorare la parrocchia nel mistero di Dio, nel mondo spirituale di Gesù, nella ricchezza inesauribile del Vangelo.

La nostra parrocchia,La nostra parrocchia,La nostra parrocchia,La nostra parrocchia, una chiesa tra la gente guidata dallo Spiritouna chiesa tra la gente guidata dallo Spiritouna chiesa tra la gente guidata dallo Spiritouna chiesa tra la gente guidata dallo Spirito La parrocchia che percorre la strada dell’umiltà, del perdono e della preghiera prende sempre più coscienza di essere una chiesa vicina alla gente guidata dallo Spirito. Lo Spirito è colui che sta all’inizio, al centro e al termine della Chiesa. Per comprendere più profondamente l’affermazione “Chiesa guidata dallo Spirito”, cioè mossa, attratta, spinta, suscitata dallo Spirito, è necessario ricorrere a due principi richiamati dal nostro Arcivescovo nella lettera “Cento Parole di Comunione” del 1987: il principio dello Spirito e il principio dell’interiorità.

1. Il principio dello Spirito Il principio dello Spirito Il principio dello Spirito Il principio dello Spirito “ Non esiste nessun cuore umano, non esiste situazione veramente umana che non sia in qualche modo raggiunta dall’azione dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo riempie l’universo, cioè non sta semplicemente a guardare ciò che avviene sulla terra mandando ogni tanto un messaggio o un soccorso, ma riempie l’universo, penetra ovunque e là dove ci sono situazioni umane lontane da Cristo, le pungola, dà loro il senso di vuoto e di insoddisfazione, suscita domande. Dove invece le realtà sono vicine a Cristo le incoraggia, dona gioia, le stimola, dona entusiasmo. Dove poi, le realtà umane sono piene di Cristo le illumina, le conforta, le rende capaci di gioia. (Card. Martini) Significa allora che non esistono casi veramente irrecuperabili; non esiste nessuna persona che sia, per natura, del tutto irrecuperabile alla Parola di Dio. Lo Spirito Santo è il principio ispiratore, il principio guida, il motore delle azioni della Chiesa e della parrocchia. A lui bisogna obbedire; lui si deve ascoltare. Sono le sue opere che la parrocchia deve discernere per comprendere come agire nella storia e nella società. In questo nostro tempo lo Spirito Santo continua a suscitare energie, conversioni, coraggio, sacrificio, dedizione, vocazioni. La parrocchia deve imparare a discernere la presenza dello Spirito per collaborare con la sua azione.

2. 2. 2. 2. Il principio dell’interioritàIl principio dell’interioritàIl principio dell’interioritàIl principio dell’interiorità E’ S. Agostino ad aver insegnato all’uomo moderno il principio dell’interiorità. L’uomo è ciò che è il suo cuore. E’ nel cuore che troviamo Dio, che troviamo il bene e il male. La nostra storia non è che la proiezione visibile di quanto avviene nell’intimo. Si tratta di un principio biblico. Gesù nel Vangelo di Marco 7,21 dice che dal cuore escono le decisioni cattive e quelle buone e in Matteo 6,21 dice “dov’è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore”, cioè lì ci sono le tue decisioni. L’espressione “Chiesa guidata dallo Spirito” vuol indicare che è lo Spirito ad animare dall’interno la comunità parrocchiale. E’ lo Spirito che, con la sua grazia, conduce la parrocchia a vivere secondo Dio, a vivere della carità. La “Chiesa guidata dallo Spirito” è la parrocchia * quando si lascia guidare interiormente dalla grazia dello Spirito; * quando rende docile il suo cuore all’azione dello Spirito;

n.39.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LA DISTANZA . . . .47474747

* quando, sull’esempio delle prime comunità cristiane, vive nell’amore, nella gioia, nell’entusiasmo; * quando è ricca di opere di carità; * quando annuncia il Vangelo e non ha paura delle persecuzioni e delle contrarietà; * quando non si ripiega su di sè; * quando è povera e coraggiosa e totalmente obbediente al suo Signore

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Concretamente la nostra parrocchiaConcretamente la nostra parrocchiaConcretamente la nostra parrocchiaConcretamente la nostra parrocchia Per essere una chiesa tra la gente guidata dallo Spirito Santo

1. La nostra parrocchia deve ascoltare con fedeltà la Parola di DioLa nostra parrocchia deve ascoltare con fedeltà la Parola di DioLa nostra parrocchia deve ascoltare con fedeltà la Parola di DioLa nostra parrocchia deve ascoltare con fedeltà la Parola di Dio La Parola di Dio non è solo il principio e il criterio della vita di ogni discepolo di Gesù, ma è soprattutto e primariamente principio e criterio della vita della comunità parrocchiale. * La nostra parrocchia allora deve educare alla lectio divina (quotidiana), fare sempre la scuola della Parola per tutti, programmare una catechesi organica per tutti, dare molta importanza all’omelia della Domenica.. * La nostra parrocchia deve soprattutto fare in modo che l’ascolto della Parola guidi il cammino della comunità e il lavoro del Consiglio Pastorale Parrocchiale, la programmazione dell’oratorio, le scelte della Commissione degli affari economici, la vita dei vari gruppi parrocchiali...

2. La nostra parrocchia deve mettere al centro La nostra parrocchia deve mettere al centro La nostra parrocchia deve mettere al centro La nostra parrocchia deve mettere al centro della sua vita e della sua missione l’Eucaristia.della sua vita e della sua missione l’Eucaristia.della sua vita e della sua missione l’Eucaristia.della sua vita e della sua missione l’Eucaristia. L’Eucaristia nella sua reale, anche se misteriosa identità con il Signore sacrificato per noi nella Pasqua, ci assicura il contatto vivente con Cristo, centro oggettivo della vita della comunità parrocchiale. Nella celebrazione dell’Eucaristia la parrocchia si riconosce come comunità del Signore Gesù, amata e perdonata da Lui, pienamente sottomessa alla sua Parola, nutrita e liberata da questa Parola, che contempla il suo Signore e cerca di compiere tutta quanto fa “in memoria di Lui” e di modellarsi sulla sua capacità di dono, che porta con gioia il Vangelo sulle strade degli uomini. Tutta la vita della parrocchia deve trovare nella celebrazione dell’Eucaristia il suo punto di arrivo e il suo punto di partenza. La spiritualità della Parrocchia deve trovare nella celebrazione dell’Eucaristia il suo momento più alto. Tutti i momenti di preghiera e tutte le celebrazioni della comunità parrocchiale devono condurre a vivere in modo più autentico la celebrazione dell’Eucaristia. L’Eucaristia deve diventare la “regola della vita” del cristiano e della comunità cristiana.

3. La nostra parrocchia deve diventare sempre piùLa nostra parrocchia deve diventare sempre piùLa nostra parrocchia deve diventare sempre piùLa nostra parrocchia deve diventare sempre più una comunità di fratelli. una comunità di fratelli. una comunità di fratelli. una comunità di fratelli. La comunione con Gesù sta a fondamento della comunione fraterna e della comunione con le altre chiese (le chiese del decanato, la chiesa diocesana, le chiese sparse per il mondo) La Parrocchia deve comprendere che per essere comunità di Cristo deve vivere al suo interno la fraternità. L’amore vicendevole trova il suo modello e la sua radice nel mistero della Trinità. La fraternità è esigita non per consolare i credenti, e neppure, primariamente per rendere possibile la vita di fede, ma anzitutto per offrire al Cristo un luogo in cui rendere visibile la salvezza. La fraternità è il segno più evidente della presenza del Regno di Dio fra di noi.

4. La nostra parrocchia deve portare a tutti la gioia del Vangelo.La nostra parrocchia deve portare a tutti la gioia del Vangelo.La nostra parrocchia deve portare a tutti la gioia del Vangelo.La nostra parrocchia deve portare a tutti la gioia del Vangelo. La parrocchia deve preoccuparsi della realtà umana in cui vive, del proprio ambiente, delle persone che incontra, di tutti gli uomini. Nella parrocchia non deve mai venire meno la preoccupazione di incontrare tutti, di conoscere tutti, di portare a tutti la gioia del Vangelo.

n.40.

48484848 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LA DISTANZA

Due conclusioni.Due conclusioni.Due conclusioni.Due conclusioni.

1. La nostra parrocchia, allora è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza” La nostra parrocchia, allora è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza” La nostra parrocchia, allora è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza” La nostra parrocchia, allora è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza” come “esperienza necessaria”, come occasione favorevolecome “esperienza necessaria”, come occasione favorevolecome “esperienza necessaria”, come occasione favorevolecome “esperienza necessaria”, come occasione favorevole * per coltivare una intensa vita spirituale

* per affermare il primato di Dio e della sua grazia su qualsiasi iniziativa

* per stare continuamente in ascolto del Signore e della sua Parola e così imparare a discernere quello che lo Spirito le dice

* per riconoscere che appartiene a Dio e che nei suoi confronti non può vantare nessun merito o avere nessuna pretesa, ma dire soltanto “sono una serva inutile”. * per comprendere come sia ingiusto lasciarsi vincere dallo scoraggiamento, dall’apatia, dall’illusione

* per offrire con gioia il suo impegno, i suoi cinque pani e due pesci al Signore perchè Lui continui a compiere il miracolo del Vangelo.

2. La nostra parrocchia è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza”La nostra parrocchia è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza”La nostra parrocchia è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza”La nostra parrocchia è chiamata a vivere “l’esperienza della distanza”

anche come un richiamo continuo a ricercare uno “stile”,anche come un richiamo continuo a ricercare uno “stile”,anche come un richiamo continuo a ricercare uno “stile”,anche come un richiamo continuo a ricercare uno “stile”, cioè individuare quei valori, mettere a fuoco quei punti di riferimento, piantare quelle “pietre miliari”, evidenziare quei cartelli indicatori che guidano e sostengono il suo cammino sui passi dell’uomo incontro a Gesù. E’ ciò che cercheremo di fare nel prossimo capitolo.

n. 41.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE 49494949

capitolo IV°

lo stile

la nostra

parrocchia

traccia

il cammino

da percorrere

e vi colloca

sei pietre

miliari

50505050 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE

Lo stile della Parrocchia. Lo stile della Parrocchia. Lo stile della Parrocchia. Lo stile della Parrocchia. In questo capitolo vogliamo mettere in evidenza “lo stile”stile”stile”stile” della nostra parrocchia. 1111. Parlare dello Stile della nostra parrocchia. Parlare dello Stile della nostra parrocchia. Parlare dello Stile della nostra parrocchia. Parlare dello Stile della nostra parrocchia vuol dire domandarci quale parrocchia vogliamo costruire, quali devono essere i suoi tratti caratteristici, la sua identità profonda, i punti di riferimento attorno ai quali far crescere la sua vita, gli obiettivi irrinunciabili che devono stare a fondamento del suo scegliere e del suo operare. Concretamente vogliamo costruire 1) la Parrocchia come la Chiesa di Gesù e degli Apostoli 2) la Parrocchia come “comunità alternativa”, cioè una Parrocchia sotto il primato di Dio 3) la Parrocchia come comunità impegnata ad attuare il Sinodo diocesano 2222. Parlare della stile della nostra parrocchia. Parlare della stile della nostra parrocchia. Parlare della stile della nostra parrocchia. Parlare della stile della nostra parrocchia vuol dire, anche, andare alla ricerca di quelle “Pietre miliari” che hanno segnato e continuano a segnare il suo cammino e rappresentano quei “cartelli indicatori” che guidano i suoi passi sui passi dell’uomo incontro a Gesù.

1. Quale Parrocchia

vogliamo costruire ?

1. Vogliamo costruire la Parrocchia 1. Vogliamo costruire la Parrocchia 1. Vogliamo costruire la Parrocchia 1. Vogliamo costruire la Parrocchia come la Chiesa di Gesù e deglicome la Chiesa di Gesù e deglicome la Chiesa di Gesù e deglicome la Chiesa di Gesù e degli Apostoli Apostoli Apostoli Apostoli Si tratta di far vedere che anche oggi - in una civiltà profondamente mutata dalla tecnica, segnata dal benessere, percorsa da conflitti e confusa dal moltiplicarsi dei messaggi - è possibile costruire comunità cristiane che siano nel nostro tempo testimoni di pace, di gioia evangelica, di fiducia nel Regno di Dio che viene, comunità missionarie che sappiano operare per attrazione, per proclamazione, per convocazione, per irradiazione, per lievitazione, per contagio. Una sfida grande, esaltante che richiede la dedizione totale delle nostre energie e del nostro cuore: amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la mente, con tutte le tue forze! ( C. M. Martini: Alzati, va’ a Ninive, la grande città! )

Il decalogo della Parrocchia che vogliamo costruire Il decalogo della Parrocchia che vogliamo costruire Il decalogo della Parrocchia che vogliamo costruire Il decalogo della Parrocchia che vogliamo costruire

1) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che riparte da Dio, cioè, dall’essenziale, da ciò che unicamente conta, e dà a tutto essere e senso; che vuole vivere sotto il primato di Dio che è il Padre che ama per primo, che comunica se stesso, che si dona ad ogni uomo in Gesù.

2) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia pienamente sottomessa alla Parola di Dio, nutrita e liberata da questa Parola, che annuncia il Vangelo senza sconti, senza preclusioni o settarismi

3) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che mette l’Eucaristia al centro della sua vita e della sua missione; che prega il suo Signore senza stancarsi mai; che compie tutto quanto fa in “memoria di Lui”.

4) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che tiene fisso lo sguardo sulla Croce di Gesù, che orienta “decisamente” ( “firmavit faciem suam” ) i suoi passi dietro a Lui che sale a Gerusalemme; che segue Gesù per diventare una chiesa della misericordia, del perdono, povera e amica dei poveri e dei sofferenti.

5) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che desidera parlare di Dio ai “vicini” a ai “lontani” con la Parola semplice del Vangelo; che annuncia il Vangelo più con i fatti che con le parole, che cerca in tutti modi di farsi vicina e di condividere la vita della gente, di consolare e di essere partecipe delle pene di tutti.

n. 42.

n. 43.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE 51515151

6) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che accoglie ugualmente giovani e anziani, che non fa alcuna distinzione tra le persone o categorie di persone, che vigila per non diventare una comunità chiusa di pochi eletti, ma si impegna ad educare tutti i suoi figli alla fede, alla speranza e alla carità.

7) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che scommette sui laici e sulla loro maturità ecclesiale; che si impegna a formare cristiani corresponsabili, adulti nella fede, capaci di farsi carico della fede dei fratelli e di affrontare le sfide del nostro tempo.

8) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia dove può diventare possibile fare esperienze corali di preghiera e di santità, dove si cerca di vivere una santità di popolo, di fare santa tutta la comunità.

9) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che ha il coraggio di tentare forme sempre nuove per proclamare dentro la città il desiderio dell’Assoluto, la ricerca dei valori universali e definitivi, l’ascolto di una Parola che non viene da noi, perchè senza questi momenti di sosta, di silenzio, di ascolto meditativo, di implorazione corale il tessuto della nostra società viene inesorabilmente logorato.

10) Una ParrocchiaUna ParrocchiaUna ParrocchiaUna Parrocchia che sia **** come la “fontana del Villaggio” alla quale tutti possono venire per dissetarsi; **** come una “grande rete” che raccoglie ogni sorta di pesci (cfr.Mt..13,47-50) **** come un “grande albero” presso il quale nidificano, a loro vantaggio, molte specie di uccelli, **** come una “casa aperta a tutti” e abitata da diversi, * * * * come una “grande città” le cui porte non si chiudono a nessuno che chiede sinceramente asilo. Una parrocchia che è sotto il primato di Dio, Padre di tutti, sente il dovere di essere ospitale, paziente, longanime, lungimirante.

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2. .Vogliamo costruire la Parrocchia 2. .Vogliamo costruire la Parrocchia 2. .Vogliamo costruire la Parrocchia 2. .Vogliamo costruire la Parrocchia come “comunità alternativcome “comunità alternativcome “comunità alternativcome “comunità alternativa”, a”, a”, a”, cioè una Parrocchia sotto il primato di Dio.cioè una Parrocchia sotto il primato di Dio.cioè una Parrocchia sotto il primato di Dio.cioè una Parrocchia sotto il primato di Dio. Vogliamo costruire una parrocchia dove “ rendere visibile e in qualche modo percepibile il fatto che esiste in questo mondo, un’esperienza di comunione possibile sotto il primato di Dio.... Un simile comunità rappresenta nella storia in qualche modo un’utopia da cercare sempre con coraggio rinnovato, ma anche una iniziale realizzazione di fraternità che potremmo cogliere tanto più quanto più ci faremo piccoli, semplici, tenendo aperti gli occhi del cuore e cercando di valorizzare ogni più modesta attuazione di amore evangelico. “ (C. M. Martini, Ripartiamo da Dio nn. 27-28) La “comunità alternativa” è quell’immagine sintetica capace di ricordare alla nostra parrocchia le sue radici e ciò a cui deve continuamente tendere.

Diventare “comunità alternativa” Diventare “comunità alternativa” Diventare “comunità alternativa” Diventare “comunità alternativa”

1. Diventare “comunità alternativa”Diventare “comunità alternativa”Diventare “comunità alternativa”Diventare “comunità alternativa” per la nostra parrocchia vuol dire essere una chiesa che prima di qualsiasi altro impegno, ha come compito primario l’ascolto attento e docile della Parola.... Non solo il singolo, ma la comunità che in assemblea (o nel C.P.P.) decide le proprie forme di vita comunitaria, lasciandosi guidare dal confronto con la Parola di Dio, perchè convinta che in questo suo ascolto agisce la presenza dello Spirito. **** Deve essere un ascolto attento, non stanco, non annoiato. **** Deve essere un ascolto capace di interrogare la Parola, di lasciarsi interrogare dalla Parola, di confrontare i propri problemi, le proprie domande, le proprie scelte, le proprie fatiche con la Parola.

n. 44.

n. 45.

52525252 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE

**** Deve essere un ascolto che aiuta a decidere quale forma concreta dare, oggi, alla vita della parrocchia.

2. Diventare” comunità alternativa”Diventare” comunità alternativa”Diventare” comunità alternativa”Diventare” comunità alternativa” per la nostra parrocchia vuol dire essere una chiesa impegnata a dare una forte dimensione comunitaria alla vita di fede: **** che lotta contro quel modo di pensare, oggi, molto diffuso che riduce al minimo qualsiasi forma comunitaria di espressione della fede **** che cerca in tutti i modi di non obbligare ad un cammino solitario tutti quei cristiani desiderosi di vivere un confronto serio con la Parola di Dio; **** che dà spazio alle domande serie sulla vita e sulla fede; * * * * che coltiva il desiderio di vivere una vita nuova, non soffocata dal conformismo e dall’abitudine, ma giocata tutta per il Signore e donata con amore ai fratelli; * * * * che si raduna con gioia a celebrare la sua fede, a fare memoria della Pasqua di Gesù e dei suoi gesti di salvezza, i Sacramenti; **** che testimonia, in una società frammentata, dalle relazioni fiacche, prevalentemente funzionali, spesso conflittuali, la possibilità di vivere relazioni fraterne fondate sul Vangelo * * * * che vuole essere il “Corpo di Cristo” presente nella storia, cioè quell’umanità nuova chiamata a riconoscere nei pensieri, nelle parole e nelle opere di tutti i giorni il primato di Dio.

3. 3. 3. 3. Diventare “comunità alternativa”Diventare “comunità alternativa”Diventare “comunità alternativa”Diventare “comunità alternativa” per la nostra parrocchia rappresenta un ideale al quale tendere con tutte le sue forze. **** La “comunità alternativa” è per la parrocchia la meta a cui guardare, anche se ad essa non si arriverà mai in modo definitivo. **** La “comunità alternativa” è una tensione da instaurare nella vita ecclesiale perchè non capiti che la parrocchia si adagi impigrita e soddisfatta dei risultati ormai raggiunti. **** La “comunità alternativa” è quella realtà che obbliga la parrocchia a guardarsi allo specchio, a confrontarsi, a purificarsi, a rimettersi ogni volta in cammino, ad essere in continuo stato di conversione. **** La “comunità alternativa” impegna la parrocchia a prendere coscienza del tesoro grande che la “tradizione” le ha consegnato ( l’oratorio, le strutture parrocchiali, le opere di carità....) e verificarlo continuamente alla luce della Parola e dell’esperienza della Chiesa degli Apostoli perchè sia sempre al servizio del Vangelo. **** La “comunità alternativa” “rimane un ideale di fraternità in divenire destinato a mostrare a una società frammentata e divisa che possono esistere legami gratuiti e sinceri, che non ci sono soltanto rapporti di convenienza e di interesse, che il primato di Dio significa anche l’emergere di ciò che di meglio c’è nel cuore dell’uomo e della società... Una simile comunità ha una funzione di orientamento e di proposta di senso alla comunità più larga degli uomini e delle donne di tutto il mondo.“

(C.M.Martini, “Ripartiamo da Dio” nn. 30-31)

3.. Vogliamo costruire la Parrocchia 3.. Vogliamo costruire la Parrocchia 3.. Vogliamo costruire la Parrocchia 3.. Vogliamo costruire la Parrocchia come comunità impegnata come comunità impegnata come comunità impegnata come comunità impegnata ad attuare il Sinodo diocesanoad attuare il Sinodo diocesanoad attuare il Sinodo diocesanoad attuare il Sinodo diocesano Vogliamo costruire la Parrocchia secondo le indicazioni contenute nel Sinodo 47° della nostra Diocesi. Dal Sinodo diocesano emergono quattro percorsi sinodali obbligati per la nostra parrocchia. 1. Percorso sinodale: Una Parrocchia che privilegia la scelta della fede 2. Percorso sinodale: Una Parrocchia che fa dell’evangelizzazione la sua ragion d’essere 3. Percorso sinodale: Una Parrocchia che impegna tutte le migliori energie nel formare cristiani adulti nella fede 4. Percorso sinodale: Una Parrocchia che cerca il dialogo con il proprio tempo

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I° Percorso sinodale: Una Parrocchia che Una Parrocchia che Una Parrocchia che Una Parrocchia che privilegia la scelta della fedeprivilegia la scelta della fedeprivilegia la scelta della fedeprivilegia la scelta della fede Il Sinodo dice che la Parrocchia deve essere una Chiesa che riparte da Dio. Prima di battezzare, di organizzare la carità, la Parrocchia è una chiesa che riconosce il primato di Dio, proclama che Dio è Dio, loda Dio sopra ogni cosa, sta davanti a Lui in adorazione silenziosa. In Dio infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. ( Cfr. At. 17,28) Dio ci penetra, ci sostiene, ci vivifica, ci ama, ci chiama, ci salva. Dio è per noi e noi siamo di Dio. Dio è il Dio di tutta l’umanità, di tutti gli uomini, di tutte le razze, di tutte le religioni, di tutti i tempi.

La nostra parrocchia vuole ripartiLa nostra parrocchia vuole ripartiLa nostra parrocchia vuole ripartiLa nostra parrocchia vuole ripartire da Dio.re da Dio.re da Dio.re da Dio. Il compito della parrocchia di proclamare il primato di Dio nel nostro contesto di oggi, non è un compito facile, che si possa improvvisare: nasce da una fede profonda, una fede che, come dice il Sinodo, domanda di essere seminata e coltivata con molta cura, con l’ascolto della Parola, la perseveranza nella comunione fraterna, nella frazione del Pane e nella preghiera (Cfr. At. 2,42-47) La Parrocchia deve testimoniare nel suo modo di pregare, di celebrare, di vivere quanto sente la presenza di Dio, quanto le dà pace la certezza della sua Provvidenza.

II° Percorso sinodale: Una Parrocchia che : Una Parrocchia che : Una Parrocchia che : Una Parrocchia che fa dell’evangelizzazione la sua ragion d’esserefa dell’evangelizzazione la sua ragion d’esserefa dell’evangelizzazione la sua ragion d’esserefa dell’evangelizzazione la sua ragion d’essere Il Sinodo dice che la parrocchia deve essere una Chiesa in missione, una Chiesa che evangelizza. L’incontro dell’uomo con il Vangelo di Gesù è una avventura misteriosa. Sono molte le strade che si aprono nell’opera di evangelizzazione. Di volta in volta occorre intuire l’anelito che sale, forse ancora segretamente dal cuore di ogni uomo e donna; accompagnare i passi incerti; venire incontro alle sue richieste, pur confuse, senza sottacere la verità cristiana; cogliere il richiamo salutare presente nelle critiche esasperate; ravvivare le tracce, forse sbiadite di un cristianesimo soltanto tradizionale; rafforzare i propositi di quanti seguono il Signore con sincerità di cuore. Di conseguenza l’azione pastorale modella forme e strutture in modo che nella Chiesa ogni persona possa incontrare il Signore in termini personali per conoscerlo e seguirlo in un cammino spirituale semplice ed applicabile a tutti. (Sinodo Diocesano 47° cost. n. 7 §2-3)

Le dieci “regole” per la nostra Parrocchia Le dieci “regole” per la nostra Parrocchia Le dieci “regole” per la nostra Parrocchia Le dieci “regole” per la nostra Parrocchia che vuole fare dell’evangelizzazione la sua ragion d’essereche vuole fare dell’evangelizzazione la sua ragion d’essereche vuole fare dell’evangelizzazione la sua ragion d’essereche vuole fare dell’evangelizzazione la sua ragion d’essere

1) La parrocchiaLa parrocchiaLa parrocchiaLa parrocchia è consapevole che il Vangelo è una ricchezza da condividere con tutti e che evangelizzare è salvare l’uomo dal male, tirarlo fuori dal non senso, dalla frustrazione, dalla noia, dal disgusto della vita, dalla paura del dolore e della morte, dall’incapacità ad amare; è l’annuncio della risurrezione di Gesù, “la buona notizia” che Dio ci ama, e ci chiama a partecipare della sua vita.

2) La parrocchiaLa parrocchiaLa parrocchiaLa parrocchia è consapevole che evangelizzare non è soltanto comunicare verbalmente “la buona notizia” del Vangelo, ma comunicare vita, collaborare con lo Spirito del Risorto che attrae ogni uomo e ogni donna per farli una cosa sola in Gesù con il Padre.

3) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia è consapevole che l’annuncio del Vangelo richiede azione, movimento, testimonianza, dinamismo, mobilitazione “ per riqualificare i cristiani, ricuperare i dispersi, guadagnare a Cristo nuovi amici”. (C. M. Martini, Lettera di Presentazione del Sinodo 47° n.32)

4) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia è consapevole che il Vangelo va annunciato “nei luoghi in cui gli uomini e le donne vivono, soffrono, gioiscono, muoiono.” ( Sinodo 47° cost. n. 8) L’annuncio del Vangelo deve percorrere le strade degli uomini e va irradiato nella vita di ogni giorno-

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5) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia è consapevole che per comunicare il Vangelo occorre che esso sia operante in lei. * Il Vangelo va vissuto dalla comunità parrocchiale come “dono” che dà gioia e riempie la vita, fa gustare la pace interiore che niente può turbare * Il Vangelo apre la comunità parrocchiale alla vita di fraternità e di carità, la spinge ad amare come Gesù ha amato, con particolare attenzione ai poveri. * Il Vangelo richiama la comunità parrocchiale ad impegnarsi per la giustizia, la solidarietà, per un servizio vero al bene comune, cioè il bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. * Il Vangelo riempie la comunità parrocchiale di quella speranza certa che vince la paura della morte e spalanca sugli orizzonti dell’eternità.

6) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia è consapevole che per annunciare il Vangelo è necessario investire molto nella formazione di cristiani adulti nella fede, educare alla corresponsabilità, favorire la crescita di diversi ministeri nella comunità.

7) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia è consapevole che l’annuncio del Vangelo deve sempre essere fatto nella carità, attraverso la benevolenza verso tutti, l’umanità verso le persone. L’annuncio del Vangelo non deve avvenire ad ogni costo, nè attraverso l’affermazione arrogante dell’identità cristiana. 8) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia per annunciare il Vangelo deve farsi “dialogo, conversazione” ( cfr. Paolo VI°, Ecclesiam suam, 6 agosto 1964); deve “ guardare con immensa simpatia al mondo perchè, anche se il mondo si sentisse estraneo al cristianesimo, la Chiesa non può sentirsi estranea al mondo, qualunque sia l’atteggiamento del mondo verso la Chiesa.” ( Paolo VI°, 6 gennaio 1964, Betlemme)

9) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia per annunciare il Vangelo non deve cercare una visibilità ad ogni costo, nè “perseguire l’obiettivo della cristianizzazione della società con strumenti forti di potere, ma cercare di preservare con la massima cura, quasi con gelosia la differenza e le peculiarità della Parola cristiana rispetto alle parole correnti.” (C.M. Martini, “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare” 6 dicembre 1995)

10) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia per annunciare il Vangelo deve saper mostrare un cristianesimo integralmente umano, fedele alla terra; a questa terra creata da Dio come cosa buona, a questa terra benedetta, a questa terra amata da Gesù come luogo in cui si decide la nostra salvezza. Per la testimonianza, oggi più che mai, si tratta di imparare e di esercitare la grammatica umana elementare: l’essere uomo e donna, l’essere con l’altro, l’amare e l’essere amato. E’ in questo spazio umano che occorre trasmettere la buona notizia (il Vangelo) come proposta di vita. E’ in questo vissuto umano che l’Evangelo può essere vissuto e colto come l’esistenza buona che vale la pena di essere vissuta. “Mostrami la tua umanità e io ti dirò chi è il tuo Dio” (Teofilo di Antiochia) Per questa evangelizzazione fedele alla terra occorre che i cristiani e la Parrocchia siano umili. La Parrocchia deve vivere anzitutto la compagnia dei poveri e dei peccatori, deve dimenticare se stessa, liberarsi dalla tentazione di costruire se stessa e riconoscere la propria intrinseca destinazione all’autentico servizio dell’umanità.

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III° Percorso sinodale: Una Parrocchia che Una Parrocchia che Una Parrocchia che Una Parrocchia che impegna tutte le sue migliori energie impegna tutte le sue migliori energie impegna tutte le sue migliori energie impegna tutte le sue migliori energie nel formare cristiannel formare cristiannel formare cristiannel formare cristiani adulti nella fede.i adulti nella fede.i adulti nella fede.i adulti nella fede. Il Sinodo dice che la Parrocchia, se vuole evangelizzare deve dedicare tempo ed energie alla formazione di cristiani adulti nella fede che siano discepoli e testimoni di Gesù. * Essere discepolo* Essere discepolo* Essere discepolo* Essere discepolo vuol dire andare alla scuola di Gesù per imparare da Lui come vivere, come pensare, come scegliere. Il discepolo è colui che innanzitutto sta con Gesù: essere con Gesù con gli orecchi, ascoltando la sua Parola; con gli occhi, contemplando il suo volto e la sua vita nel

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Vangelo; con i piedi, per seguire i suoi esempi; con le mani, per toccarlo e vivere la carità verso i fratelli. ( C. M. Martini) Lo sguardo dei discepoli era costantemente puntato sul volto di Gesù, con un sentimento di ammirazione e di amicizia. E l’amicizia autentica conduce necessariamente a desiderare ciò che l’amico desidera, a volere o rifiutare le medesime cose..”

( C. M. Martini, Lettera di presentazione del Sinodo 47° n.34) * Essere testimone* Essere testimone* Essere testimone* Essere testimone vuol dire affermare con autorevolezza ciò che si è visto e sentito di Gesù. Il testimone è colui che conosce i fatti di Gesù, soprattutto la sua Risurrezione.

La nostra parrocchia è chiamata a formare La nostra parrocchia è chiamata a formare La nostra parrocchia è chiamata a formare La nostra parrocchia è chiamata a formare discepoli e testimoni di Gesù.discepoli e testimoni di Gesù.discepoli e testimoni di Gesù.discepoli e testimoni di Gesù.

1) I discepoli si formano soprattutto mediante l’accostamento personale, quI discepoli si formano soprattutto mediante l’accostamento personale, quI discepoli si formano soprattutto mediante l’accostamento personale, quI discepoli si formano soprattutto mediante l’accostamento personale, quotidiano otidiano otidiano otidiano della Sacra Scrittura.della Sacra Scrittura.della Sacra Scrittura.della Sacra Scrittura. La Parrocchia deve aiutare ogni cristiano a nutrirsi personalmente di questo sostanziale e quotidiano pane della Parola di Dio nella preghiera, nella meditazione assidua e nella conoscenza più profonda della Sacra Scrittura. Occorre aiutare i cristiani a pregare con la Scrittura, consapevoli che leggendo la Bibbia, il Signore parla a ciascuno personalmente. ( cfr. Sinodo 47° cost. n.38)

2) Il testimone si forma soprattutto con catechesi.Il testimone si forma soprattutto con catechesi.Il testimone si forma soprattutto con catechesi.Il testimone si forma soprattutto con catechesi. Oggi la testimonianza della fede domanda competenza, capacità di ascolto, di accostamento al mondo, di confronto dei diversi modi di pensare. La Parrocchia è chiamata a fare una catechesi organica e sistematica, capace di condurre i cristiani ad un approfondimento serio della verità della fede. Attraverso una catechesi dove diventa possibile un confronto serio tra verità, modi di pensare, problematiche, cultura... la nostra parrocchia può aiutare la gente ad acquisire una fede cristiana più personale, consapevole, convinta. ( Cfr. Sinodo 47° cost. 33)

IV° Percorso sinodale: Una Parrocchia che Una Parrocchia che Una Parrocchia che Una Parrocchia che cerca il dialogo con il proprio tempo.cerca il dialogo con il proprio tempo.cerca il dialogo con il proprio tempo.cerca il dialogo con il proprio tempo. Il Sinodo dice che Parrocchia deve essere una Chiesa nell’oggi; una Chiesa che non si estranea alla società, ma opera coraggiosamente in essa testimoniando la gioia del Vangelo

La nostra Parrocchia vuole essere in dialogo con il nostro tempoLa nostra Parrocchia vuole essere in dialogo con il nostro tempoLa nostra Parrocchia vuole essere in dialogo con il nostro tempoLa nostra Parrocchia vuole essere in dialogo con il nostro tempo 1) Una Parrocchia presente nella città.Una Parrocchia presente nella città.Una Parrocchia presente nella città.Una Parrocchia presente nella città. Il Sinodo vuole che la Parrocchia sia utile a tutti, immettendo nel territorio e nel contesto sociale in cui vive lo spirito evangelico e affermando una serie di valori e di verità irrinunciabili che costituiscono un bene per tutti. Nella Lettera di presentazione del Sinodo 47° al n. 36 l’Arcivescovo elenca alcuni di questi valori che la Chiesa, sull’esempio della Chiesa degli Apostoli, è chiamata ad immettere nella società per servirla profondamente: La Chiesa degli Apostoli appare dagli Atti determinata ad immettere nella società e nelle sue istituzioni lo spirito evangelico che evidenzia e afferma una serie di valori-verità irrinunciabili come bene per tutti: 1) la dignità della persona umana1) la dignità della persona umana1) la dignità della persona umana1) la dignità della persona umana primo valore della creazione e quindi degna del massimo rispetto; 2) l’uguaglianza di tutte le persone2) l’uguaglianza di tutte le persone2) l’uguaglianza di tutte le persone2) l’uguaglianza di tutte le persone e la scoperta che la condizione umana è unica e identica nonostante le differenze; 3) la fratellanza3) la fratellanza3) la fratellanza3) la fratellanza come amore per i propri simili e quindi la concordia; non rivalità e guerre; 4) la solidarietà4) la solidarietà4) la solidarietà4) la solidarietà o capacità reale di compartecipazione di beni, esperienze, forze e anche di problemi, sofferenze, angosce; 5) La libertà di coscienza5) La libertà di coscienza5) La libertà di coscienza5) La libertà di coscienza sottomessa soltanto a Dio e alla sua volontà; per questo diventa indispensabile l’ascolto della Parola; 6) la ricerca della verità 6) la ricerca della verità 6) la ricerca della verità 6) la ricerca della verità come esigenza di ogni cultura che voglia essere libera dai condizionamenti ideologici e politici;

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7) la giustizia 7) la giustizia 7) la giustizia 7) la giustizia che riconosce a ciascuno il suo, non fa del male a nessuno e impegna a vivere onestamente operando il bene come Dio comanda; 8) la possibilità di conversione 8) la possibilità di conversione 8) la possibilità di conversione 8) la possibilità di conversione e di salvezza per tutti indistintamente; 9) la pace9) la pace9) la pace9) la pace come condizione ideale per una convivenza costruttiva e più felice; 10) una visione globale della vita10) una visione globale della vita10) una visione globale della vita10) una visione globale della vita aperta alla speranza di una vita eterna in Dio, alla quale si arriva attraverso il suo giudizio finale” .

2) Una ParrocUna ParrocUna ParrocUna Parrocchia che educa al servizio della città.chia che educa al servizio della città.chia che educa al servizio della città.chia che educa al servizio della città. La Chiesa vuole servire, non dominare; vuole essere utile a tutti; vuole seminare dovunque il fermento evangelico. La Parrocchia è chiamata a proporre e promuovere un sano impegno politico, un autentico servizio dei cristiani laici nella società civile e politica per il bene di tutti, specialmente dei più deboli (cfr. Sinodo 47° cost. 550). La Parrocchia deve ricordare sempre che la politica è un modo esigente di vivere la carità. (cfr. Paolo VI°, Octogesima adveniens n.46)

3) Una Parrocchia che insegna a tutti a vincere il male con il bene.Una Parrocchia che insegna a tutti a vincere il male con il bene.Una Parrocchia che insegna a tutti a vincere il male con il bene.Una Parrocchia che insegna a tutti a vincere il male con il bene. La Parrocchia si mette sui passi dell’uomo, lo cerca, lo induce ad abbandonare le vie del male, lotta per sconfiggere il male non però con la forza politica o militare, ma con la forza del bene e, in maniera privilegiata, con quella forza che è il perdono. Trasformare il male in bene è il culmine dell’azione cristiana.

2. Lo stile

della nostra Parrocchia

Lo stile, le sei pietre miliari, le Lo stile, le sei pietre miliari, le Lo stile, le sei pietre miliari, le Lo stile, le sei pietre miliari, le vetrate vetrate vetrate vetrate

La nostra Parrocchia ha uno “stile”, cioè una sua identità che la contraddistingue.

Lo “stileo “stileo “stileo “stile”””” di una parrocchia si riconosce dai valori in cui la Parrocchia crede, dalle scelte che fa , dalle attenzioni che vive, dal clima che respira, dalle priorità che la guidano, dal suo modo di celebrare l’Eucaristia, di fare oratorio, di organizzare le feste, di utilizzare le strutture, dalla sua capacità di raggiungere tutti, dal suo amore ai poveri, ai piccoli, agli ultimi.

Lo “Stile”o “Stile”o “Stile”o “Stile” della Parrocchia è indicato da quelle “pietre miliari” collocate lungo il suo cammino * * * * perchè non smarrisca la strada, ma sia sempre consapevole da dove viene e dove sta andando; **** perchè non perda la memoria, ma ricordi sempre quei valori che l’hanno generata, continuamente la generano e la sostengono nel suo cammino; **** perchè non si lasci prendere dalla sfiducia e dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e agli insuccessi, ma creda sempre nel primato di Dio su ogni sua iniziativa e nella forza rinnovatrice del Vangelo; **** perchè non si lasci vincere dalla tentazione di fermarsi, di chiudersi in se stessa, di accontentarsi di chi c’è, dimenticando chi non c’è, ma ritrovi sempre il coraggio e la forza di camminare e di portare a tutti la gioia del Vangelo.

Le “pietre miliari”e “pietre miliari”e “pietre miliari”e “pietre miliari” della nostra parrocchia sono indicate e illustrate dalle vetrate della nostra chiesa. * Le vetrate della nostra chiesa sono state pensate secondo un disegno preciso perchè con la luce, i colori, le figure, la loro collocazione nella chiesa, raccontino “lo stile” della nostra parrocchia * * * * Le vetrate danno luce alla nostra chiesa per dire che la nostra parrocchia vuole camminare nella luce del Vangelo * * * * Le vetrate riempiono la nostra chiesa di tanti colori che danno gioia per dire che la nostra parrocchia vuole essere ripiena della gioia del Vangelo per portarla a tutti.

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**** Le vetrate della nostra chiesa raccontano la storia di Gesù per dire che la nostra parrocchia vuole leggere e rileggere sempre la storia di Gesù per narrarla sempre a tutti. **** Le vetrate hanno nella nostra chiesa una collocazione precisa per dire che la nostra parrocchia vuole ritornare sempre a “quei luoghi”, a “quei momenti”, a “quei fatti” che sono le sue radici profonde, la sua memoria viva e che rappresentano quel tesoro, di cui parla il Vangelo di Matteo (13,52) dal quale, come lo scriba divenuto discepolo, la nostra comunità estrae cose nuove e cose antiche per camminare sui passi dell’uomo incontro a Gesù.

Prima pietra miliare: “lo stupore”

le vetrate dell’altare maggiore.le vetrate dell’altare maggiore.le vetrate dell’altare maggiore.le vetrate dell’altare maggiore. Sono collocate sopra l’altare maggiore sempre davanti agli occhi della comunità che si raduna per riempire il suo cuore di stupore e meraviglia per l’amore smisurato e gratuito del Signore Raccontano il mistero di Dio che irrompe nella storia e inonda con la sua luce la vita di ogni uomo. * In alto la grande vetrata della Redenzione* In alto la grande vetrata della Redenzione* In alto la grande vetrata della Redenzione* In alto la grande vetrata della Redenzione illustra la parte conclusiva della preghiera di Zaccaria contenuta nel Vangelo di Luca 1,78-79: “ Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nelle ombre della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” E’ la preghiera che la Chiesa innalza al Signore ogni mattina quando recita le lodi. Il sole che viene a visitarci dall’alto è Gesù donato a noi dal Padre nell’Amore dello Spirito Santo. * Sotto la vetrata della Trinità:* Sotto la vetrata della Trinità:* Sotto la vetrata della Trinità:* Sotto la vetrata della Trinità: è il mistero di Dio che si comunica all’uomo e lo chiama a partecipare della sua vita e del suo amore. Ecco come abbiamo voluto rappresentare il Mistero della Trinità nella vetrata della nostra chiesa.

1) Il Padre1) Il Padre1) Il Padre1) Il Padre regge con le sue braccia il legno della Croce, da cui pende Gesù. Il Padre è lì nell’atto di offrire il suo Figlio, di comunicarlo a noi in un gesto di amore infinito. “ Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perchè chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. “ (Gv. 3,16) “ Dio non ha risparmiato il suo Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi.” (Rom. 8,32) Il Padre è colui che prende l’iniziativa del dono; è la pura gratuità, la sorgività pura del comunicare.

2) Il Figlio2) Il Figlio2) Il Figlio2) Il Figlio inchiodato sulla Croce, nello stesso tempo si abbandona e si offre al Padre, e si consegna agli uomini che tanto ama per rischiarare le tenebre della loro vita e guidarli sulla via della pace.

3) Lo Spirito Santo3) Lo Spirito Santo3) Lo Spirito Santo3) Lo Spirito Santo, rappresentato dalla colomba, sta tra il Padre e il Figlio come segno di comunione tra i due e come frutto del dono che Gesù fa della sua vita. Lo Spirito Santo è l’abbraccio tra il Padre e il Figlio: la colomba infatti, posa i suoi piedi sul capo di Gesù e con le sue ali abbraccia il Padre. Lo Spirito Santo che è l’amore tra il Padre e il Figlio apre la Trinità al mondo, al tempo stesso in cui unisce il mondo al Figlio e in Lui al Padre. Tutto questo donarsi di Dio è per l’umanità, è per ciascuno di noi. La vetrata vuole rappresentare l’atto supremo della comunicazione divina. Ogni persona della Trinità si dona all’altra e da questa comunicazione di amore scaturisce un dono straordinario e misericordioso per l’umanità chiamata a sua volta a entrare in questa circolazione di amore. Nel mistero della Trinità trova senso la vita della Chiesa, la vita della nostra Parrocchia, la nostra vita.

n. 52.

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La nostra Parrocchia riparte da DioLa nostra Parrocchia riparte da DioLa nostra Parrocchia riparte da DioLa nostra Parrocchia riparte da Dio Questa vetrata è il centro della nostra chiesa. La comunità che si raduna deve ricordarsi sempre da dove viene e quale è la sua chiamata, perchè non venga mai meno lo stupore. La nostra parrocchia deve imparare a stupirsi sempre dell’amore di Dio. La comunità cristiana deve essere continuamente immersa nello stupore di essere amata gratuitamente. Dio ama per primo; comunica se stesso e si dona in Gesù prima ancora di ogni attesa umana. Dio è il primo nel perdonare gratuitamente; è Colui da cui tutto viene, tutto dipende, a cui tutto tende e tutto ritorna. Per la nostra comunità parrocchiale l’importante è anzitutto sentirsi amata da Dio. La parrocchia deve riconoscere sempre il primato di Dio su ogni iniziativa umana. La vita della comunità parrocchiale ha senso solo in una totale dipendenza da Dio.

La parrocchia che riparte di Dio coltiva La parrocchia che riparte di Dio coltiva La parrocchia che riparte di Dio coltiva La parrocchia che riparte di Dio coltiva tre atteggiamenti spirituali.tre atteggiamenti spirituali.tre atteggiamenti spirituali.tre atteggiamenti spirituali. Concretamente le vetrate centrali del mistero di Dio richiamano la nostra Parrocchia a coltivare tre atteggiamenti spirituali: 1) Lo stupore per la Rivelazione 2) la chiarezza del discernimento 3) La riconoscenza per l’universalità del dono di Dio

1. Lo stupore per la ri 1. Lo stupore per la ri 1. Lo stupore per la ri 1. Lo stupore per la rivelazionevelazionevelazionevelazione La rivelazione dell’amore di Dio illumina la vita della parrocchia e la riempie di stupore. E’ grande l’opera del Signore: siamo stati pensati da Dio, voluti perchè partecipassimo della pienezza della sua vita. La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia è chiamata a riconoscere con stupore la straordinaria iniziativa di Dio. La nostra Parrocchia è chiamata a riconoscere il primato della fede, cioè prima di essere una Chiesa che fa qualcosa ( predicare, catechizzare, organizzare, fare carità...) deve essere una Chiesa che loda Dio, che riconosce di essere amata, che sta davanti a Lui in silenziosa adorazione, che prega incessantemente, che si fida e si affida a Lui senza riserve.

2. La chiarezza del discernimento 2. La chiarezza del discernimento 2. La chiarezza del discernimento 2. La chiarezza del discernimento La rivelazione dell’amore di Dio illumina la vita della parrocchia e la rende capace di discernere la via da seguire; l’aiuta a riconoscere ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è da accogliere e ciò che è da rifiutare. La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia che si sente amata da Dio diventa sensibile all’azione dello Spirito nella comunità degli uomini, e quindi si impegna a favorire quelle realtà e quei processi che appaiono mossi dallo Spirito di Dio e a smascherare e contrastare quelle realtà e quei processi culturali e sociali che appaiono contrari allo spirito evangelico.

3. La riconoscenza per l’universalità del dono di Dio. 3. La riconoscenza per l’universalità del dono di Dio. 3. La riconoscenza per l’universalità del dono di Dio. 3. La riconoscenza per l’universalità del dono di Dio. La rivelazione dell’Amore di Dio illumina la vita della Parrocchia e la rende sempre più consapevole della necessità di aprirsi a tutti perchè tutti sono chiamati a diventare partecipi del dono di Dio, cioè della sua “grazia”. E’ nella contemplazione continua del mistero di Dio e del suo amore per tutti gli uomini che la Parrocchia trova l’entusiasmo e il coraggio di annunciare la gioia del Vangelo. La novità della cosiddetta nuova evangelizzazione non va cercata in nuove tecniche di annuncio, ma innanzitutto nel ritrovato entusiasmo di sentirsi credenti e nella fiducia nell’azione dello Spirito Santo che ogni giorno aggiunge alla comunità nuovi salvati. (cfr.At.2,48). Non ci mancano nè parole da dire nè strumenti pastorali, ciò che è necessario è la gioia e l’entusiasmo della vita cristiana che scaturisce dalla contemplazione. ( C. M. Martini: “Alzati, va’ a Ninive, la grande città!”, pag. 12-13)

n.53.

n. 54.

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Seconda pietra miliare: “l’icona” la vetrata della Chiesa degli Apostoli, la vetrata della Chiesa degli Apostoli, la vetrata della Chiesa degli Apostoli, la vetrata della Chiesa degli Apostoli,

all’entrata della chiesa.all’entrata della chiesa.all’entrata della chiesa.all’entrata della chiesa. E’ collocata all’entrata della chiesa, per fare da guida e indicare l’esperienza che la comunità è chiamata a fare quando si raduna. Racconta che la Chiesa nasce dalla Pentecoste e che la Chiesa degli Apostoli è una Chiesa dove tutti erano assidui nell’ascoltare la Parola, nell’unione fraterna, nella frazione del Pane, e nella preghiera, con Maria la Madre di Gesù. (cfr. At. 2,42) La Chiesa degli Apostoli è “l’icona” del nostro Sinodo diocesano 47°.

La nostra Parrocchia vuole tenere fisso lo sguardo sulla Chiesa degli Apostoli, vuole fare della Chiesa degli Apostoli il modello a cui guardare, il punto di riferimento a cui riferirsi continuamente. Dice il nostro Arcivescovo nella lettera di introduzione al Sinodo 47° al n. 11: Sarà utile che impariamo a rileggere il libro degli Atti degli Apostoli: la storia del nuovo modo di essere di uomini e donne che vivono le Beatitudini evangeliche, che si sentono inviati a dare un’anima divina a un mondo non del tutto umano, spesso ostile e ingiusto, affinchè esso trovi modo di convivere con un po’ più di carità e un po’ più di pace. Della Chiesa degli Apostoli abbiamo parlato in modo approfondito nel capitolo II° di questo progetto pastorale.

La Parrocchia guarda alla Chiesa degli ApostoliLa Parrocchia guarda alla Chiesa degli ApostoliLa Parrocchia guarda alla Chiesa degli ApostoliLa Parrocchia guarda alla Chiesa degli Apostoli Concretamente la vetrata della Chiesa degli Apostoli richiama la nostra Parrocchia a guardare continuamente alla Chiesa degli Apostoli per diventare una Chiesa **** che privilegi la scelta della fede **** che indichi la meta e le vie possibili del passaggio da un cristianesimo di massa e di tradizione, di rendita e di nostalgie a un cristianesimo consapevole e responsabile, ma nello stesso tempo generoso ed esigente nell’obbedienza al Vangelo, mite, cordialmente aperto a tutto ciò che è bello e al bene vissuto da ciascuno, affabile e accessibile **** che punti sulla formazione e sappia fare della crescita della coscienza e dell’interiorità un cammino aperto a tutti **** che privilegi il discernimento e che perciò sappia graduare le richieste e i passi da fare secondo le forze e la grazia di ciascuno **** che sia attenta ai poveri, a coloro che stanno ai margini della strada e fanno fatica a tener dietro. (cfr. Martini, Messaggio all’assemblea sinodale, “Il vento e il fuoco della Pentecoste, 1994 n.4)

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Terza pietra miliare: “il dono, la grazia”

la vetrata dell’incontro di Gesù risorto la vetrata dell’incontro di Gesù risorto la vetrata dell’incontro di Gesù risorto la vetrata dell’incontro di Gesù risorto con Maria Maddalena sul Battistero.con Maria Maddalena sul Battistero.con Maria Maddalena sul Battistero.con Maria Maddalena sul Battistero.

E’ collocata sul Battistero per dire alla comunità che si raduna che con il Battesimo ha avuto inizio la vita cristiana; nel Battesimo il Signore ci ha chiamato per nome; siamo stati accolti nel cuore della Trinità e siamo rinati per la vita eterna. Racconta l’episodio di Maria Maddalena che, il mattino di Pasqua, al sepolcro incontra Gesù vivo, risorto. ( cfr. Gv. 20,11ss) Maria cerca Gesù tra i morti e si sente chiamata da Lui, per nome, e mandata dai suoi fratelli per annunciare che è risorto. Da questa chiamata la vita di Maria Maddalena acquista senso e gioia. Maria Maddalena è l’immagine dell’uomo che cerca Dio. L’uomo che cerca davvero il Signore si accorge, come Maria Maddalena, di essere cercato da Dio e chiamato per nome: la vita, allora, acquista senso, luce, gioia.

n. 55.

n.56.

n.57.

60606060 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE

Il Battesimo è la porta della Chiesa. Il Battesimo è la porta della Chiesa. Il Battesimo è la porta della Chiesa. Il Battesimo è la porta della Chiesa. Questa vetrata è posta sul Battistero per ricordare che cosa è il Battesimo nella comunità cristiana. Il Battesimo è il Sacramento che sta all’origine della vita cristiana. Nel Battesimo l’uomo incontra Gesù vivo, risorto. Tutte le volte che si celebra il Battesimo Gesù chiama per nome, invita a diventare suoi discepoli, a seguirlo sulla sua strada Noi diventiamo partecipi, a pieno titolo, della vita della comunità cristiana Il Battesimo ci inserisce nella vita della Trinità e nella tradizione vivente della Chiesa... La fede ricevuta e professata nel Battesimo illumina le domande vere del cuore, ci permette di trovare risposte capaci, di sostenerci nella vita e di fronte alla morte; ci fa capire che la vocazione profonda di ciascuno è quella di essere figli di Dio e di vivere come tali; ci insegna il cammino delle Beatitudini evangeliche che ci rendono simili a Gesù, Figlio del Padre. ( C. M. Martini, “Parlo al Tuo cuore”, n. 14)

Dal battesimo tre attenzioni pastorali della ParrocchiaDal battesimo tre attenzioni pastorali della ParrocchiaDal battesimo tre attenzioni pastorali della ParrocchiaDal battesimo tre attenzioni pastorali della Parrocchia Concretamente la vetrata dell’incontro di Gesù risorto con Maria Maddalena richiama alla nostra Parrocchia tre attenzioni pastorali

1. La celebrazione del Sacramento del battesi. La celebrazione del Sacramento del battesi. La celebrazione del Sacramento del battesi. La celebrazione del Sacramento del battesimo.mo.mo.mo. Il Sacramento del battesimo nella comunità parrocchiale va celebrato con molta cura, perchè il battesimo è il Sacramento che sta alla base della vita cristiana, l’origine di tutto, la porta della Chiesa, l’inizio della vita cristiana l’evento su cui gli altri sacramento si fondano. 1) E’ necessario pensare seriamente a una catechesi battesimale che aiuti e accompagni i genitori a celebrare in modo consapevole e responsabile il Sacramento del Battesimo 2) E’ necessario ridare alla celebrazione del Battesimo una dimensione sempre più comunitaria. Il Battesimo va celebrato nella comunità, con la partecipazione della comunità, perchè i Sacramenti non sono fatti privati, ma eventi della comunità. Il Battesimo inserisce nella vita della comunità. I genitori che chiedono il sacramento del Battesimo devono toccare con mano che c’è una comunità che vive e accoglie con gioia i loro bambini. 3) E’ necessario, vedere come seguire i genitori perchè non si sentano dimenticati dalla comunità nella quale hanno battezzato i loro figli, ma aiutati e accompagnati nel difficile compito di educare alla fede. 4) E’ necessario fare continuamente memoria del Battesimo nella comunità parrocchiale. Il Battesimo è una memoria del passato operante nel presente: “o non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo, dunque, stati sepolti insieme a Lui nella morte, perchè, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. “ (Rom. 6,3-4) La comunità parrocchiale fa memoria del Battesimo per camminare, oggi, adesso, in una vita nuova * dove si esperimenta la gioia di essere figli di Dio, amati gratuitamente da Lui, * dove ci si impegna a vivere secondo il Vangelo per seguire Gesù e scegliere come Lui, * dove si vive la comunione nella Chiesa, la solidarietà con i fratelli battezzati nella certezza che tale legame è superiore ad ogni legame etnico, civile, parentale.

2. La Regola di vitaLa Regola di vitaLa Regola di vitaLa Regola di vita Nel momento del Battesimo viene consegnata la “Regola di vita” del Cristiano che è il Vangelo di Gesù. 1) E’ necessario che nella nostra comunità parrocchiale si legga e si rilegga il Vangelo di Gesù, e si coltivi una fede consapevole e ragionata.

n.58.

n. 59.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE 61616161

Spesso si dice che il mondo ha bisogno di santità e di carità, non di ragioni e di idee. Ma non è così: una fede consapevole e ragionata è particolarmente necessaria per il mondo in cui viviamo dove l’esigenza critica è sentita come un valore. Oggi la gente esige contenuti e non solo parole; ragioni e non solo esortazioni. E’ una sfida che la parrocchia deve raccogliere. 2) E’ necessario che nella nostra parrocchia si aiuti ciascuno, a partire dal Vangelo di Gesù, a fare una “Regola di vita” personale. Una “Regola di vita” è necessaria. La Regola viene in aiuto alla nostra debolezza. La Regola insegna a camminare; indica il cammino da seguire, aiuta ad essere fedeli al Vangelo. La Regola è solo uno strumento: non è il fine, indica la meta. La meta è amare Gesù, seguire Gesù.

3. La sequela di Gesù.La sequela di Gesù.La sequela di Gesù.La sequela di Gesù. Il Sacramento del Battesimo è la chiamata a seguire Gesù. Il Battesimo segna l’inizio di un cammino alla sequela di Gesù. Il Cristiano battezzato cammina dietro a Gesù per conoscerlo, per comprendere il mistero che custodisce, per essere, come Lui testimone dell’amore del Padre. La comunità parrocchiale deve far risuonare questa chiamata di Gesù per ciascuno. E’ una chiamata originale, unica per ognuno. La comunità parrocchiale deve aiutare ciascuno a rispondere a Gesù, a mettersi in cammino dietro a Lui, a percorrere la sua strada, compiere i suoi gesti. Il cammino dietro a Gesù è un cammino verso la Croce, cioè un cammino verso la comprensione della libertà. E’ necessario camminare dietro a Gesù per capire che la libertà sta nel donarsi, non nel conservarsi, sta nell’appartenere totalmente a Gesù e non invece appartenere a troppe cose. La nostra parrocchia deve coltivare un forte desiderio di conoscere Gesù, di seguirlo. La Parrocchia che cammina dietro a Gesù deve vigilare per non mettere mai in ombra Gesù, ma renderlo sempre più trasparente. “ Non avere paura di Gesù, quando lo conoscerai, lo sentirai vicino, amico, vivo più concreto delle persone che ti stanno accanto... Essere cristiano è semplicemente stare con Gesù “ (C. M. Martini, “la gioia del Vangelo, pag. 83)

Quarta pietra miliare: “il memoriale”

la vetrata della lavanda dei pla vetrata della lavanda dei pla vetrata della lavanda dei pla vetrata della lavanda dei piedi iedi iedi iedi nella chiesa feriale dove si conserva l’Eucaristianella chiesa feriale dove si conserva l’Eucaristianella chiesa feriale dove si conserva l’Eucaristianella chiesa feriale dove si conserva l’Eucaristia E’ collocata nella chiesa feriale dove si conserva l’Eucaristia per ricordare alla comunità che nell’Eucaristia è presente Gesù che dona la sua vita, che si fa servo per amore, che lava i piedi. Racconta Gesù in atteggiamento di servo che lava i piedi agli Apostoli e a Pietro nel Cenacolo la sera dell’Ultima Cena. Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse alla vita. Poi, versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui era cinto.” (Gv. 13, 4-5) E’ un gesto sconvolgente perchè, leggendolo con la fede della Chiesa, noi vediamo Dio che si pone in posizione di umilissimo servizio verso l’uomo, anche verso l’uomo nemico che lo tradisce. Dio si fa prossimo, come il buon Samaritano. Questo mistero è la chiave di tutta la vita di Gesù ed è la chiave del mistero della Croce. Questo è il significato dell’Eucaristia che si celebra e si conserva nella chiesa. L’Eucaristia non è soltanto la presenza di un Dio che cammina con gli uomini, ma di un Dio che si dona agli uomini.

n.60.

62626262 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE

Il dono di sè è la verità di Dio. Un dono che scaturisce dal perdono: crocifisso da noi, Cristo muore per noi. Neppure il peccato, qualunque peccato, scoraggia l’amore di Dio. Se gli uomini hanno ancora il diritto di sperare è perchè il perdono di Dio è incessante. E di questo l’Eucaristia è il segno più fermo e trasparente. Il Vangelo di Giovanni non racconta l’istituzione dell’Eucaristia che pure conosce (cfr. cap. 6), ma concentra la sua meditazione sull’episodio della lavanda dei piedi (cfr. Gv. 13,1ss) e sul come io ho amato voi del comando dell’amore (Gv. 13,34-35) L’episodio della lavanda dei piedi è una scena di rivelazione, e precisamente di rilevazione dell’identità di Gesù Maestro e Signore. Una rivelazione che Pietro non comprende, perchè capovolta rispetto all’immagine comune di Maestro e Signore. Le parole di Gesù che applicano il suo gesto alla prassi dei discepoli (Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l’esempio, perchè come ho fatto io, facciate anche voi. Gv. 13,14-15) tracciano un movimento discendente e diffusivo. La risposta dei discepoli al gesto di Gesù non è di fare altrettanto nei suoi confronti, ma di fare altrettanto nei confronti degli altri (gli uni gli altri) L’espressione gli uni gli altri è presente con insistenza anche nel comandamento dell’amore. Si direbbe che gli uni gli altri sia per Gesù il modo ecclesiale, storico, umano di prolungare il come io ho amato voi. La vetrata della lavanda dei piedi abbiamo voluta collocarla nella chiesa feriale dove si conserva l’Eucaristia perchè sia per la nostra Parrocchia come un “memoriale” che ricorda quello che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena, nel Cenacolo, quando ha istituito l’Eucaristia, perchè anche la nostra comunità parrocchiale che celebra l’Eucaristia e la conserva nella sua chiesa per la preghiera e l’adorazione sia sempre pronta a mettere la sua vita al servizio dei fratelli.

L’Eucaristia al centro della vita della ParrocchiaL’Eucaristia al centro della vita della ParrocchiaL’Eucaristia al centro della vita della ParrocchiaL’Eucaristia al centro della vita della Parrocchia L’Eucaristia deve stare al centro della vita della Chiesa e della sua missione. Il Signore Gesù che ha detto: ‘Attirerò tutti a me’, continua ad attrarre a sè l’universo e tutti gli uomini e le donne della nostra terra per unirli a sè nel suo dono al Padre. Egli si offre a noi sotto le specie della debolezza e dell’insignificanza come pane di vita che ci sostiene nel cammino, facendosi compagno compassionevole della nostra fatica di vivere: ‘non temete... Io sono con voi tutti i giorni’. “ (C.M. Martini, “Parlo al tuo cuore” n. 18)

1. L’Eucaristia è la Pasqua che raggiunge la nostra vita e la vita di tutti L’Eucaristia è la Pasqua che raggiunge la nostra vita e la vita di tutti L’Eucaristia è la Pasqua che raggiunge la nostra vita e la vita di tutti L’Eucaristia è la Pasqua che raggiunge la nostra vita e la vita di tutti gli gli gli gli uomini.uomini.uomini.uomini. Tutta la comunicazione che Dio fa di sè all’uomo ha il suo centro, la sua pienezza, il suo compimento in Gesù e, in particolare, nella Pasqua di Gesù, cioè la Passione, la Morte e la Risurrezione anticipata nel simbolo della Cena pasquale. La Pasqua di Gesù ci raggiunge nel rito della Messa che rende presente e contemporaneo l’Ultima Cena. Il pane e il vino non sono il memoriale di un Dio solo per noi o per i cristiani, ma di un Dio per tutti. Non si può celebrare l’Eucaristia è subito dopo ragionare da razzisti, o quasi. La mondanità è inscritta nell’Eucaristia, perché la mondanità è l’orizzonte necessario dell’amore di Dio e della Pasqua di Gesù. Nell’Eucaristia Gesù raggiunge la nostra vita e la vita di ogni uomo entrando nella nostra esistenza quotidiana con la sua Pasqua. Ecco perchè la Parrocchia deve sentire il dovere di proclamare pubblicamente, solennemente, di fronte a tutti, la sua fede nell’Eucaristia.

2. L’Eucaristia è la più perfetta attuazione della ChiesaL’Eucaristia è la più perfetta attuazione della ChiesaL’Eucaristia è la più perfetta attuazione della ChiesaL’Eucaristia è la più perfetta attuazione della Chiesa I cristiani pienamente uniti a Gesù nell’Eucaristia sono per ciò stesso, strettamente uniti tra di loro e costituiscono il Corpo di Cristo che è la Chiesa. L’Eucaristia fa la Chiesa, fa la comunità parrocchiale.

n.61.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE 63636363

Noi siamo tanto più chiesa quanto più partecipiamo all’Eucaristia.

3. L’Eucaristia è la celebrazione che contiene in sintesi ciò che c’è di più L’Eucaristia è la celebrazione che contiene in sintesi ciò che c’è di più L’Eucaristia è la celebrazione che contiene in sintesi ciò che c’è di più L’Eucaristia è la celebrazione che contiene in sintesi ciò che c’è di più essenziale essenziale essenziale essenziale nella vita della Chiesa.nella vita della Chiesa.nella vita della Chiesa.nella vita della Chiesa. La vita della Chiesa è uno sviluppo dell’Eucaristia. Nella celebrazione dell’Eucaristia si hanno strettamente collegati tra loro i tre elementi fondanti la vita della Chiesa: la Parola di Gesù, l’offerta del suo Corpo e del suo Sangue, la comunione con Gesù Risorto. La parrocchiaLa parrocchiaLa parrocchiaLa parrocchia che celebra l’Eucaristia deve essere una comunità * che legge, ascolta, proclama a tutti la Parola del Signore; * che offre continuamente la sua vita al Padre, insieme al Corpo e al Sangue di Gesù e si dichiara disponibile a cercare sempre la volontà di Dio per costruire il Regno di Dio; * che mette la sua vita al servizio dei fratelli; si fa prossimo nel servire le realtà più umili, i fratelli più poveri e si rende disponibile al perdono.

Dall’Eucaristia tre scelte pastorali della ParrocchiaDall’Eucaristia tre scelte pastorali della ParrocchiaDall’Eucaristia tre scelte pastorali della ParrocchiaDall’Eucaristia tre scelte pastorali della Parrocchia Concretamente la vetrata della lavanda dei piedi richiama la nostra parrocchia a vivere tre scelte pastorali.

1. Mettere l’Eucaristia al centro della parrocchia che annuncia, serve, Mettere l’Eucaristia al centro della parrocchia che annuncia, serve, Mettere l’Eucaristia al centro della parrocchia che annuncia, serve, Mettere l’Eucaristia al centro della parrocchia che annuncia, serve, testimonia.testimonia.testimonia.testimonia. L’Eucaristia raccoglie tutta la vita della Parrocchia per darle l’autentica impronta di Cristo e insieme la rilancia verso nuove mete comunitarie e missionarie. L’Eucaristia nella Parrocchia va celebrata bene in tutti i suoi momenti ( canti, letture, preghiere, gesti, silenzio....); deve diventare il momento più importante della Parrocchia. L’esperienza insegna che dietro un imperfetto celebrare c’è un vivere anch’esso imperfetto. Se l’Eucaristia è il centro della comunità, essa ne diviene anche lo specchio...”

( C. M. Martini, “Attirerò tutti a me”, n.4)

1) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia deve celebrare bene l’Eucaristia per imparare a lasciarsi amare da Dio, per non dubitare mai che il Signore ama davvero tanto, ama sempre per primo; è sempre Lui a compiere il primo passo, è sempre Lui a prendere l’iniziativa del dono. 2) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia che celebra l’Eucaristia vive nella consapevolezza di dovere tutto a Dio, di essere salvata per grazia, di ricevere tutto dal Signore in dono. Questo deve portare la Parrocchia a rendere continuamente grazie al Signore e a vivere nella consapevolezza che i doni di Dio devono essere messi al servizio di tutti. 3) La celebrazione dell’EucaristiaLa celebrazione dell’EucaristiaLa celebrazione dell’EucaristiaLa celebrazione dell’Eucaristia educa la comunità parrocchiale a scoprire e a coltivare le diverse vocazioni presenti nella Chiesa e a prendere coscienza della sua missione nella società. 4) La ParrocchiaLa ParrocchiaLa ParrocchiaLa Parrocchia deve ricavare dalla celebrazione eucaristica quelle linee di spiritualità e di servizio che sono richiesti di volta in volta dalle circostanze storiche in cui si trova per vivere e operare secondo lo stile di Gesù: * spirito di pace e di riconciliazione nei momenti di tensione e di divisione; * rinvigorimento della preghiera nei periodi di distrazione e di grigiore spirituale; * senso di solidarietà nelle occasioni di difficoltà o di calamità; * atteggiamenti di accoglienza quando qualcuno domanda ospitalità o inserimento; * risveglio della speranza nei casi di lutto, di scoraggiamento, di cedimento spirituale.

2. Adorare Gesù presente nell’Eucaristia.Adorare Gesù presente nell’Eucaristia.Adorare Gesù presente nell’Eucaristia.Adorare Gesù presente nell’Eucaristia. Il mistero di Gesù presente nell’Eucaristia va contemplato nel silenzio, nell’ascolto della Parola, nella preghiera. L’adorazione, la preghiera e il silenzio contemplativo non sono accessori della vita della comunità parrocchiale, ma momenti indispensabili. Nella programmazione pastorale della Parrocchia devono trovare spazio e tempo la preghiera della liturgia delle ore, la preghiera silenziosa davanti al Tabernacolo, la visita al SS. Sacramento, la Lectio divina, la meditazione quotidiana (che sarebbe bello fare, quando è possibile davanti al Tabernacolo), momenti di adorazione, giornate eucaristiche...

n.62.

64646464 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE

Davanti a Gesù presente nell’Eucaristia la Parrocchia prende coscienza di sè, di quello che il Signore le chiede, dove la vuole condurre e impara a tradurre nella vita quotidiana il modo di essere e di agire di Gesù.

3. Servire i fratelli.Servire i fratelli.Servire i fratelli.Servire i fratelli. La vetrata della lavanda dei piedi richiama la nostra comunità parrocchiale a vivere la carità. La carità della Parrocchia nasce ed è alimentata dall’Eucaristia celebrata e conservata nella chiesa. L’Eucaristia non sopporta la sedentarietà, non tollera la siesta. Non permette l’assopimento della digestione. Ci obbliga ad un certo punto ad abbandonare la mensa. Ci sollecita all’azione. Se non ci si alza da tavola, l’Eucaristia rimane un sacramento incompiuto. Chi sta alla tavola dell’Eucaristia deve deporre le vestile vestile vestile vesti del tornaconto, del calcolo, dell’interesse personale per assumere la nudità della comunione; le vestile vestile vestile vesti della ricchezza del lusso, dello spreco, della mentalità borghese per indossare le trasparenze della modestia, della semplicità, della leggerezza; le vestile vestile vestile vesti del dominio, dell’arroganza, dell’egemonia, della prevaricazione, dell’accaparramento per coprirsi dei veli della debolezza e della povertà, ben sapendo che ‘pauper’ non si oppone tanto a ‘dives’, quanto a ‘potens. Gesù nella notte del Giovedì santo si cinse ai fianchi un grembiule. Occorre riprendere la strada del servizio che è la strada della condiscendenza, della condivisione, del coinvolgimento diretto nella vita dei poveri. E’ la strada difficile perchè attraversa le tentazioni subdole della delega: stipendiare i ‘lavapiedi’ perchè ci evitino le scomodità di certi umili servizi. L’unica porta che ci introduce nella casa della credibilità perduta è la ‘porta del servizio’. Solo se avremo servito, potremo parlare ed essere creduti. (T. Bello, “stola e grembiule”)

PPPPer la nostra parrocchia servire er la nostra parrocchia servire er la nostra parrocchia servire er la nostra parrocchia servire vuol dire:

1) Innanzitutto servire con amore le necessità corporali dei fratelli.Innanzitutto servire con amore le necessità corporali dei fratelli.Innanzitutto servire con amore le necessità corporali dei fratelli.Innanzitutto servire con amore le necessità corporali dei fratelli. E’ il servizio fondamentale: se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? (1 Gv. 3,17) Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.. ( Mt. 25,35)

2) Coltivare l’atteggiamento interiore di chi si sente al Coltivare l’atteggiamento interiore di chi si sente al Coltivare l’atteggiamento interiore di chi si sente al Coltivare l’atteggiamento interiore di chi si sente al servizio degli altri servizio degli altri servizio degli altri servizio degli altri sull’esempio di Gesù.sull’esempio di Gesù.sull’esempio di Gesù.sull’esempio di Gesù. Io sto in mezzo a voi come colui che serve ( Lc. 22,27)

3) Donare il perdono fraterno largamente.Donare il perdono fraterno largamente.Donare il perdono fraterno largamente.Donare il perdono fraterno largamente. Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù: non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. (Mt. 18,21-22)

4) Fare correzione fraternaFare correzione fraternaFare correzione fraternaFare correzione fraterna. Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello ( Mt. 18,15) E’ un servizio cristiano molto importante: si è spesso tentati di trascurarlo perchè è più facile fare un servizio che correggere.

5) Vivere l’amore vicendevole da cui si riconoscono i discepoli di Gesù.Vivere l’amore vicendevole da cui si riconoscono i discepoli di Gesù.Vivere l’amore vicendevole da cui si riconoscono i discepoli di Gesù.Vivere l’amore vicendevole da cui si riconoscono i discepoli di Gesù. Come vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri. ( Gv. 13,34-35)

6) Condividere con gli ultimi la loro povertà e la ricchezza della comunità.Condividere con gli ultimi la loro povertà e la ricchezza della comunità.Condividere con gli ultimi la loro povertà e la ricchezza della comunità.Condividere con gli ultimi la loro povertà e la ricchezza della comunità. Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. ( Mt. 25,40) L’Eucaristia dice che la Parrocchia deve amare e servire in modo particolare quelli che Gesù ha maggiormente amato.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE 65656565

La carità della Parrocchia deve cercare ogni uomo che soffre per qualsiasi motivo, ogni malato, emarginato, drogato, carcerato per annunciargli la presenza di Cristo, per dirgli che anche nella sua condizione è possibile far nascere un germe di amore, per assicurarlo che, se riesce a credere all’amore e a vivere nell’amore, ha trovato la salvezza. ( C. M. Martini, “Attirerò tutti a me”, n.98)

Quinta pietra miliare: “la strada”

le cinque vetrate della riconciliazione nella penitenzieria.le cinque vetrate della riconciliazione nella penitenzieria.le cinque vetrate della riconciliazione nella penitenzieria.le cinque vetrate della riconciliazione nella penitenzieria. Sono collocate nella penitenzieria, il luogo dove la comunità celebra il Sacramento della Riconciliazione, per annunciare che Gesù l’unico Salvatore che cammina sulla strada di ogni uomo per riconciliare ogni uomo con Dio e gli uomini fra di loro. Le cinque vetrate della penitenzieria raccontano Gesù che cammina sulla strada dell’uomo alla ricerca di ogni uomo così come lo descrive il Vangelo di Giovanni: 1. Vetrata: Gesù con Maria sua Madre e i primi discepoli alle nozze di Cana di Galilea trasforma l’acqua in vino. (cfr. Gv. 2,1ss) Gesù è il vinoGesù è il vinoGesù è il vinoGesù è il vino che dà alla vita dell’uomo la gioia quella vera che nessuno può rubare. 2. Vetrata: Gesù incontra la Samaritana al pozzo di Giacobbe. (cfr. Gv. 4,1ss). Gesù è l’acquaGesù è l’acquaGesù è l’acquaGesù è l’acqua che disseta: chi beve quest’acqua non avrà mai più sete. 3. Vetrata: Gesù moltiplica i pani e i pesci per la moltitudine. (cfr. Gv. 6,1ss) Gesù è il PaneGesù è il PaneGesù è il PaneGesù è il Pane disceso dal cielo: chi mangia questo Pane ha la vita eterna. 4. Vetrata: Gesù guarisce il cieco dalla nascita. (cfr. Gv. 9,1ss) Gesù è Gesù è Gesù è Gesù è la lucela lucela lucela luce del mondo: chi cammina dietro a Lui non è nelle tenebre. 5. Vetrata: Gesù risuscita Lazzaro morto da quattro giorni. (cfr. Gv. 11,1ss) Gesù è la risurrezione e la vitaGesù è la risurrezione e la vitaGesù è la risurrezione e la vitaGesù è la risurrezione e la vita: chi crede in Lui anche se muore, vivrà.

Queste vetrate sono collocate nella penitenzieria dove la comunità celebra e dona il perdono di Gesù per dire che Gesù è venuto per ogni uomo, per guidare i passi di ogni uomo sulla via della pace. Ogni uomo ha bisogno di incontrare Gesù, la lieta notizia del suo Vangelo di fare esperienza del suo amore e del suo perdono. L’uomo si realizza nel credere in Gesù. L’uomo è fatto per incontrare Gesù. L’uomo è capace di accogliere Gesù. L’uomo fa frutti nella sua vita nella misura della sua accoglienza di Gesù. Allora la Parrocchia deve mettersi sulla “strada” di ogni uomo, andare alla ricerca di ogni uomo perchè i passi di ogni uomo incrocino quelli di Gesù.

L’uomo è la via, è la strada della Chiesa.L’uomo è la via, è la strada della Chiesa.L’uomo è la via, è la strada della Chiesa.L’uomo è la via, è la strada della Chiesa.

La Chiesa desidera servire questo unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perchè Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita con la potenza di quella verità sull’uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, con la potenza di quell’amore che da essa irradia.... L’uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione.”

( Giovanni Paolo II°, “Redemptor Hominis”, n.13-14)

La parrocchia deve vivere al servizio di Cristo e di tutti gli uomini cercando di mettere in evidenza il legame intrinseco e costitutivo che c’è tra il mistero di Cristo e il destino di ogni uomo. A tutti dobbiamo sforzarci di offrire un’immagine di Chiesa amica di chi è in ricerca, dell’uomo e della donna che si pongono domande sulla vita, della persona che desidera la salvezza, anche se non ne sa dire bene il nome... Occorre saggiamente misurare il peso alle spalle e cercare ciò che incoraggia, non ciò che allontana.” (C. M. Martini, Alzati, va’ a Ninive, la grande città ! pag. 37)

n. 63.

n. 64.

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La strada dei cammini differenziatiLa strada dei cammini differenziatiLa strada dei cammini differenziatiLa strada dei cammini differenziati Le vetrate della riconciliazione richiamano la nostra parrocchia a percorrere la “Strada dei cammini differenziati”. Ne parleremo in modo più dettagliato nel prossimo capitolo del progetto pastorale della parrocchia. Qui accenniamo soltanto a tre atteggiamenti pastorali e spirituali che la nostra parrocchia deve coltivare per rendere possibile la strada dei cammini differenziati.

1. Essere una Parrocchia che, come Gesù, va alla ricerca di ogni uomo.Essere una Parrocchia che, come Gesù, va alla ricerca di ogni uomo.Essere una Parrocchia che, come Gesù, va alla ricerca di ogni uomo.Essere una Parrocchia che, come Gesù, va alla ricerca di ogni uomo. Il problema fondamentale delle nostre parrocchie è quello di passare da tende di parcheggio e di protezione per chi da sempre vi sta dentro, ad accampamenti di speranza e salvezza per chi da tempo o da sempre ne sta fuori... Le nostre chiese devono studiarsi di raggiungere coloro che attualmente risiedono “fuori le mura... Gesù Cristo raggiungeva i peccatori, le prostitute, i ladri, la gente malfamata. C’è da chiedersi, in modo permanente, se seguiamo, in questa ansia, le orme del Maestro.

(Bello, “Stola e grembiule, pag. 15) Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori. (Mt. 2,17) Lo scopo del Signore è aprire ad ogni uomo, soprattutto a quello peccatore, tutte le possibilità. Gesù ha scelto questa strada perchè solo se si accolgono i peccatori si riesce ad annunciare il vero volto di Dio. Cercare l’uomo, soprattutto l’uomo peccatore è un gesto di rivelazione.

La Parrocchia deve percorrere questa strada e deve ricordare che dal tipo di pastorale che fa, la gente si fa un’idea di Dio. La passione per tutta la gente deve animare sempre la pastorale della Parrocchia. A volte lo si dimentica perchè è molto più semplice privilegiare “i pochi”. La Parrocchia non deve lasciarsi rinchiudere dentro la cerchia dei pochi.

2 Essere una Parrocchia che, come Gesù, crede nell’uomo, si mettEssere una Parrocchia che, come Gesù, crede nell’uomo, si mettEssere una Parrocchia che, come Gesù, crede nell’uomo, si mettEssere una Parrocchia che, come Gesù, crede nell’uomo, si mette in ascolto e in ascolto e in ascolto e in ascolto delle domande più vere che sono nel cuore dell’uomo.delle domande più vere che sono nel cuore dell’uomo.delle domande più vere che sono nel cuore dell’uomo.delle domande più vere che sono nel cuore dell’uomo. E’ quello che ha fatto Gesù quando ha incontrato la donna Samaritana. (cfr. Gv. 4) Gesù invita la donna che era venuta al pozzo di Giacobbe per attingere l’acqua, a risvegliare in lei una sete nuova e pura, ad oltrepassare la sete per l’acqua materiale che appaga solo il corpo e solo per breve tempo, ad oltrepassare anche la sete per gli amori torbidi e incostanti che l’hanno condotta ad una vita matrimoniale ambigua e inquieta per riscoprire la vera sete che c’è nel suo cuore.

E’ questo che deve fare la Parrocchia. La gente sente la necessità di avvertire che l’esperienza della fede diventi un’autentica promozione dell’esperienza umana. L’essere cristiano è credibile soltanto nella misura in cui si valorizza e porta a pienezza la propria umanità. La Parrocchia deve diventare innanzitutto luogo di vera umanizzazione. Si tratta di dare alla vita intera della Parrocchia e, in particolare ai momenti e ai luoghi in cui ad essi possono accedere anche persone lontane e in ricerca uno stile di attenzione alle persone e di ascolto, mettendo la gente a proprio agio. E’ necessario togliere ogni spigolosità, ogni diffidenza di fronte a gente ‘non nostra’; ogni sbrigatività con cui si liquidano con poche battute domande poco pertinenti. Ci vuole così poco ad accogliere con un sorriso, a dare una spiegazione con signorilità e garbo, a rettificare con calma una informazione sbagliata. E’ importante soprattutto, far vedere che ciascuno è accolto come persona, con la sua dignità intrinseca, inalienabile, che Gesù ci abilita a riconoscere e a valorizzare...

n.65.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE 67676767

Occorre suscitare nel più gran numero di battezzati della Parrocchia la capacità e l’impegno a mantenere aperti i canali dei rapporti personali sia all’interno della comunità, sia nei luoghi e ambienti dove uno vive e lavora... E’ necessario, in particolare, che si tengano aperti i canali comunicativi con chi aveva frequentato e non frequenta più, che si offrano loro occasioni di incontro e di dialogo.”

( C. M. Martini, “Alzati, va’ a Ninive, la grande città! ” pag. 31-32)

3. Essere una Parrocchia che cerca di diventare un “indice” puntato su Gesù.Essere una Parrocchia che cerca di diventare un “indice” puntato su Gesù.Essere una Parrocchia che cerca di diventare un “indice” puntato su Gesù.Essere una Parrocchia che cerca di diventare un “indice” puntato su Gesù. La parrocchia deve in qualche modo farsi da parte, non deve mettere in ombra Gesù, ma lo deve rendere più trasparente. Il protagonista è Gesù. L’uomo ha bisogno di incontrare Gesù; Gesù è la verità dell’uomo, di ogni uomo.

La Parrocchia per diventare un indice puntato su Gesù, deve coltivare lo stile che Gesù propone ai suoi discepoli quando li manda in missione:

1) Lo stile di essenzialitàLo stile di essenzialitàLo stile di essenzialitàLo stile di essenzialità: domanda alla Parrocchia di aver ben chiaro le priorità, le precedenze, le gerarchie di valori nella complessa attività pastorale.

2) Lo stile di povertàLo stile di povertàLo stile di povertàLo stile di povertà: impone alla Parrocchia la sobrietà nel dotarsi di mezzi e di strutture pastorali perchè non si dimentichi il primato di Dio e della sua Parola.

3) Lo stile di gratuitàLo stile di gratuitàLo stile di gratuitàLo stile di gratuità: esige dalla Parrocchia un agire totalmente gratuito e disinteressato

4) Lo stile di fratLo stile di fratLo stile di fratLo stile di fraternità:ernità:ernità:ernità: invita la parrocchia a creare un clima di serenità, di cordialità, di immediatezza di rapporti interpersonali, così da mettere le persone a proprio agio e da favorire lo scambio di esperienze.

Sesta pietra miliare: “la diaconia”

i due i due i due i due rosoni collocati sulla facciata della chiesa.rosoni collocati sulla facciata della chiesa.rosoni collocati sulla facciata della chiesa.rosoni collocati sulla facciata della chiesa. Sono collocate sulla facciata della chiesa, davanti agli occhi della comunità che, dopo essersi radunata per celebrare l’Eucaristia, esce e ritorna alla vita di ogni giorno, sulle strade dell’uomo, per ricordare che Gesù ci manda come suoi testimoni per annunciare quello che abbiamo visto e udito, quello che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato, del Verbo della vita perchè cresca la comunione tra gli uomini e con il Padre e perfetta sia la nostra gioia (Cfr. 1Gv. 1,1ss) Il rosone di destra Il rosone di destra Il rosone di destra Il rosone di destra,( uscendo dalla chiesa) racconta Gesù che manda i suoi discepoli, a due a due, in missione, ordinando loro di non prendere nulla per il viaggio, ma solo il bastone. (cfr. Mc. 6,7-8) Vuole ricordare sempre che la Parrocchia è mandata in missione da Gesù e che non può rimanere chiusa in se stessa, ma deve percorrere tutte le strade degli uomini. Il rosone di sinistra,(Il rosone di sinistra,(Il rosone di sinistra,(Il rosone di sinistra,( uscendo dalla chiesa) racconta S. Zeno, il patrono della Parrocchia che tiene con una mano il Vangelo aperto, con l’altra tiene il pastorale che schiaccia la testa al dragone, simbolo di Satana, l’avversario di Dio e dell’uomo.

E’ la duplice “diaconia” che la Parrocchia è chiamata a compiere camminando sulle strade degli uomini: annunciare il Vangelo di Gesù e scacciare i demoni (cfr. Mc. 3,15), cioè impegnarsi per la liberazione dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo. La comunità che esce dalla chiesa, dopo la celebrazione dell’Eucaristia, è mandata da Gesù sulle strade degli uomini: per annunciare ai poveri il lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore. (cfr. Lc. 4,18-19)

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La parrocchia, una Chiesa La parrocchia, una Chiesa La parrocchia, una Chiesa La parrocchia, una Chiesa fra la gente, cioè in missione.fra la gente, cioè in missione.fra la gente, cioè in missione.fra la gente, cioè in missione. La Parrocchia è una chiesa fra la gente, cioè una Chiesa in missione. La missione precede i missionari e precede la Chiesa stessa. Non spetta al missionario, nè alla Chiesa decidere che cosa sia la missione, perchè il volto della missione è già stato delineato da Gesù.

n.66.

n.67.

68686868 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: LO STILE

Alla Chiesa spetta la genialità dell’attuazione, non la fantasia dell’intuizione.

1. Il fondamento della missione della Parrocchia.Il fondamento della missione della Parrocchia.Il fondamento della missione della Parrocchia.Il fondamento della missione della Parrocchia. La Parrocchia, per comprendere quale missione è chiamata a compiere deve guardare Gesù, ricordare quello che Gesù ha detto e ha fatto, obbedire a Gesù. Non c’è autentica missione senza memoria e senza obbedienza. La Parrocchia non può andare tra la gente a nome proprio. La Parrocchia non ha diritto di dire parole sue, bensì parole ascoltate, già dette. La Parrocchia è autorevole nella misura in cui si fa obbediente. Non è la Chiesa a dare salvezza, ma Gesù. E’ necessario chiedere a Gesù di intervenire. E’ necessario mettere la gente in contatto con Gesù. La missionarietà mette in contatto con la sorgente che ha prima riempito di gioia il cuore della comunità parrocchiale. La Chiesa si fa missionaria non introducendo a forza il messaggio evangelico nel cuore dell’uomo, perchè Gesù è già là, si è già invitato da solo nella giornata di ciascuno, nella festa della vita, nel banchetto quotidiano. Gesù è là come attesa e promessa, come germe, come grazia attuale. Attende che qualcuno lo muova, come ha fatto Maria alle nozze di Cana, che qualcuno lo faccia sentire presente, gli dia spazio. La Chiesa è missionaria nella misura in cui scopre che Gesù è già in attesa nel cuore di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino che viene al mondo e gli permette di operare e di agire facendogli dare spazio, risvegliandolo. Spesso la missionarietà nelle nostre comunità è pesante, incapace a muoversi perchè vogliamo fare tutto noi, crediamo che ci sia chiesto chissà che cosa, mentre è Gesù che cambia l’acqua in vino, che dà la gioia del banchetto. La Chiesa, come Maria, è colei che sollecita, spinge, dice ai servi, prepara la strada. Gesù, in realtà, è già lì, e la sua forza è già pronta. ( Cfr. Card. Martini, da “La gioia del Vangelo”)

2. Il contenuto della missione della ParrocchiaIl contenuto della missione della ParrocchiaIl contenuto della missione della ParrocchiaIl contenuto della missione della Parrocchia Il contenuto essenziale della missione della Parrocchia resta sempre la storia di Gesù, cioè la rivelazione di Dio che si è manifestata nella storia di Gesù. La singolarità cristiana non sta anzitutto in una dottrina o in una morale, ma in un evento: la storia di Gesù. E la storia di Gesù non può che essere raccontata e testimoniata, non dedotta. La nostra Parrocchia deve imparare a raccontare Gesù, la sua storia. La Parrocchia non deve avere altra ambizione che quella di parlare di Gesù; non deve parlare di se stessa; deve, invece, restare all’ombra del suo Signore. La Parrocchia deve dire: Volentieri mi compiaccio della mia debolezza in modo che la forza del Cristo, mio Signore, abiti in me. (Cfr. 2 Cor. 12,9) Come Giovanni il Battezzatore, come Maria, la madre del Signore, la Parrocchia deve continuare ad indicare, quale Signore e Salvatore, soltanto Gesù. Più la Chiesa si rinnega, più conosce il suo Signore e lo mostra agli uomini, diminuendo di fronte a Lui. Solo così eviterà di destare sospetti quasi tendesse all’aggregazione ecclesiastica più che all’incontro dell’uomo con Dio nella conversione e nella fede. (E. Bianchi, in “Da forestiero. Nella compagnia degli uomini, 1995”) La Parrocchia deve far risuonare, oggi, la Parola di Gesù raccontata dall’evangelista Marco all’inizio del suo Vangelo: Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo. (cfr. Mc. 1,15). Chiamata alla conversione e adesione all’Evangelo, cioè fede in Gesù Cristo, inviato di Dio: è questo il contenuto dell’evangelizzazione.

Concretamente vuol dire:oncretamente vuol dire:oncretamente vuol dire:oncretamente vuol dire:

1) Ribadire con estrema chiarezza il primato della fede.Ribadire con estrema chiarezza il primato della fede.Ribadire con estrema chiarezza il primato della fede.Ribadire con estrema chiarezza il primato della fede. E’ necessario affermare che il cristianesimo è fede, adesione personale al Dio vivente, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe rivelatoci e spiegatoci da Gesù. E’ necessario “ripartire da Dio”, cioè ridare il primato alle opere della fede.

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E’ necessario vigilare per non ridurre il cristianesimo ad un’etica o ad una dottrina. Il cristianesimo comporta un’etica, ma l’etica cristiana deve essere sempre vista e percepita come “epifania della fede”. Le opere del cristiano sono sempre “opere della fede” perchè suscitate, motivate, fondate, ispirate e giudicate dall’adesione al Signore vivente.

2) Non tacere sulle questioni ultime.Non tacere sulle questioni ultime.Non tacere sulle questioni ultime.Non tacere sulle questioni ultime. L’evangelizzazione fatta da Gesù teneva sempre vivo e dominante l’orizzonte escatologico. E’ necessario chiedere al cristiano di vigilare ogni giorno e ogni notte sapendo che il Signore viene. Il mondo, oggi, chiede a noi cristiani di giustificare la nostra fede, soprattutto su questo tema dell’escatologia. Solo se attendiamo il Signore e desideriamo la vita eterna, gli uomini e le donne del nostro tempo potranno interrogarci sulla nostra speranza ed aprirsi eventualmente alla fede. Cristo è la nostra speranza (Cfr. 1 Tim. 1,1): questa formula di fede, diceva Bonhoeffer, è la forza della nostra vita. Per Cristo dobbiamo mostrare di saper anche morire, convinti che, morendo per Lui, saremo sempre con Lui nella vita eterna. ( Cfr. Fil. 1,22-23; 1Tes. 4,13-18) Solo chi ha un motivo per morire, ha anche un motivo per vivere. ( E. Bianchi)

3) Annunciare la remissione dei peccati.Annunciare la remissione dei peccati.Annunciare la remissione dei peccati.Annunciare la remissione dei peccati. Non dobbiamo mai dimenticare che tra i mandati dell’evangelizzazione consegnati da Gesù risorto c’è l’annuncio della remissione dei peccati. L’annuncio del Vangelo è predicare la conversione e la remissione dei peccati a tutte le genti (Cfr. Lc. 24,47)) La remissione dei peccati deve costituire la parte centrale dell’evangelizzazione. Per cercare il Signore, per discernere dove incontrarlo, per seguirlo ovunque vada, occorre che qualcuno lo indichi come l’Agnello che porta e cancella il peccato del mondo (Cfr,Gv. 1,29.35-42), altrimenti si segue un maestro, un profeta e non un Salvatore, il Figlio dell’uomo e il Figlio di Dio. (Cfr. Lc. 5,1-11) Se evangelizzare vuol dire testimoniare l’evento della Pasqua, cioè la vittoria di Gesù sulla morte, allora la remissione dei peccati è la più efficace narrazione possibile di tale vittoria, oggi. nel quotidiano della nostra vita.

3. Lo stile della missione della Parrocchia. Lo stile della missione della Parrocchia. Lo stile della missione della Parrocchia. Lo stile della missione della Parrocchia. Lo stile della missione della Parrocchia è quello dell’Incarnazione che non assomiglia alla violenza che irrompe dall’esterno e stravolge le cose, ma alla rispettosa umiltà del seme che germoglia pazientemente dall’interno. La Parrocchia deve ricordare sempre che suo compito è di gettare il seme, non di piantare gli alberi. La virtù del contadino che semina è la pazienza dei tempi lunghi. Stile di Incarnazione significa anche rispetto e accoglienza di tutto ciò che è veramente umano, dovunque si trovi. Stile dell’Incarnazione è l’impegno per la liberazione dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo. Evangelizzazione e promozione umana costituiscono una inscindibile unità. Non c’è vera missione se manca una vera sollecitudine per l’uomo, ma anche non è pensabile una vera sollecitudine per l’uomo che non comprende l’annuncio di Gesù Cristo. Il progetto di Chiesa del nostro patrono si ispira in primo luogo alla contemplazione di Cristo Signore, Colui che è tutto per noi; da questa contemplazione ha tratto il sogno di una Chiesa libera, aperta, accogliente, dinamica, presente nella storia, forte nella tribolazione, vicina ai dolori della gente, promotrice di giustizia, attenta ai poveri e agli stranieri, non preoccupata della sua minoranza numerica, ma fiduciosa nell’efficacia delle Beatitudini per il risanamento sociale e politico del proprio tempo. (Cfr. Card. Martini, “Lasciateci sognare”)

4. La direzione della missione della ParrocchiaLa direzione della missione della ParrocchiaLa direzione della missione della ParrocchiaLa direzione della missione della Parrocchia....

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La missione della Parrocchia non può che essere universale. La Parrocchia deve essere il segno che Dio ama tutti, deve essere sempre aperta al mondo intero. La missione della Parrocchia per essere universale deve “partire dagli ultimi”. La Parrocchia deve imitare l’universalità di Gesù che non ha raggiunto orizzontalmente tutti gli uomini, ma è “disceso” in profondità fino a solidarizzare con “l’ultimo” degli uomini, e da quel punto, dal basso, ha visto e amato tutti gli altri. Solidarizzare con gli ultimi non significa fermarsi a loro, ma partire da loro. Se si guarda il mondo dal punto di vista della sua parte ricca, lo vediamo capovolto rispetto alla realtà. Bisogna guardarlo, invece, come ha fatto Gesù Cristo, cioè dalla sua parte povera. Occorre andare in fondo alla fila, se si vuole accorgersi come è fatta. Se camminiamo davanti, vediamo i forti e i sani, e non ci accorgiamo di coloro che si perdono lungo la strada. ( B. Maggioni, in “La Parola si fa carne”)

5. La missione ringiovLa missione ringiovLa missione ringiovLa missione ringiovanisce la Parrocchia.anisce la Parrocchia.anisce la Parrocchia.anisce la Parrocchia. L’annuncio di Gesù aggrega, fa nascere la Chiesa, la dilata, fa sorgere ovunque nuove comunità. Normalmente, noi partiamo dalle comunità già esistenti e vediamo la missione come qualcosa che promana da esse.. La Tradizione ci insegna che nella realtà storica la missione ha preceduto la comunità e l’ha costituita. (C.M. Martini, “Partenza di Emmaus n.18) Lo schema evangelico della missione non comprende solo l’invio, ma anche il ritorno. E’ con il ritorno che la missione raggiunge il suo punto conclusivo. I missionari hanno due compiti: annunciare Cristo a tutti e ringiovanire la comunità da cui sono partiti. I missionari devono sempre andare e tornare e devono sapere che il tornare è importante quanto l’andare. Nel Vangelo i dodici inviati in missione nei villaggi della Palestina partono, ritornano e raccontano. (cfr. Mc. 3,30). Anche i settantadue discepoli partono, ritornano e raccontano ( cfr. Lc. 10,17). Destinatario della missione non è solo il mondo pagano, ma anche la comunità che invia. Pietro e Paolo raccontano le meraviglie di Dio compiute tra i pagani, e con il loro racconto convertono la mentalità della comunità di Gerusalemme. ( cfr. At. 15)

Le due “diaconie” della ParrocchiaLe due “diaconie” della ParrocchiaLe due “diaconie” della ParrocchiaLe due “diaconie” della Parrocchia. CCCConcretamente i rosoni della nostra chiesa richiamano la nostra Parrocchia a diventare sempre più consapevole di essere una Chiesa missionaria, cioè mandata, una Chiesa serva del vangelo. Due sono le “diaconie” che la nostra Parrocchia deve coltivare per servire il Vangelo: la diaconia ex fide, e la diaconia fidei

1. La “diaconia ex fide”.La “diaconia ex fide”.La “diaconia ex fide”.La “diaconia ex fide”. Sono tutti quei servizi che la Parrocchia rende ai fratelli a partire dalla fede: il servizio ai malati, handicappati, drogati, i servizi sociali, il servizio dell’istruzione (doposcuola), l’aiuto ai carcerati e a tutte le forme di emarginazione, l’impegno per i poveri del terzomondo.... Sono quelle opere di misericordia che la Parrocchia compie a partire dalla fede (ex fide), che sono il frutto della sua fede matura. E’ compito del gruppo Caritas richiamare continuamente tutta la comunità a questa “diaconia ex fide”.

2. La “diaconia fidei”. La “diaconia fidei”. La “diaconia fidei”. La “diaconia fidei”. Sono il servizio della fede, cioè le varie forme dell’evangelizzazione, la catechesi, il servizio pastorale, fare l’educatore... La “diaconia ex fede” si riferisce piuttosto alla promozione umana, mentre la “diaconia fidei” riguarda l’evangelizzazione, l’annuncio del Vangelo, la coltivazione della fede..

n.68.

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Certamente per la Parrocchia è “la diaconia fidei” il servizio più grande che è chiamata a dare. Infatti, è vero che sono tanti i bisogni dell’uomo, ma quello fondamentale è il suo bisogno irrinunciabile di fede, di speranza, di amore senza limiti. Tutti gli altri servizi sono utili, ma raggiungono il suo culmine nel servizio dei servizi: quello di dare ad un uomo la forza di sperare e di vivere. E’ importante dare il pane, la giustizia, la possibilità di una vita umana, ma più importante è consegnare all’uomo un motivo profondo per vivere.

3. La Parrocchia deve servLa Parrocchia deve servLa Parrocchia deve servLa Parrocchia deve servire il Vangelo e i fratelli nella gioiaire il Vangelo e i fratelli nella gioiaire il Vangelo e i fratelli nella gioiaire il Vangelo e i fratelli nella gioia Il servizio al Vangelo e ai fratelli va fatto volentieri; domanda gioia ed entusiasmo. **** Questa gioia non dipende da noi, nè dai mezzi o dagli strumenti che si hanno a disposizione, neppure dai risultati che si ottengono o dalle gratificazioni che si ricevono. E’ il Signore che la mette nel cuore della comunità; è incomparabilmente più grande di ogni altra gioia ed è di qualità diversa. Hai messo più gioia nel cuore di quando abbondano vino e frumento. (Sal. 4,8) **** Questa gioia è diffusiva, cioè una comunità, quando la possiede, la comunica e la diffonde. **** Questa gioia fa opera di discernimento, cioè rende la comunità sensibile all’azione dello Spirito, capace di favorire quelle realtà e quei processi che appaiono mossi dallo Spirito e di smascherare e contrastare quelle realtà e quei processi culturali e sociali che appaiono contrari allo spirito evangelico.

ConclusioneConclusioneConclusioneConclusione Queste sono le sei pietre miliari che tracciano e indicano il cammino della nostra parrocchia. Ora ci domandiamo: quali passi concreti compiere su questa strada? E’ quello che cercheremo di vedere nel prossimo e ultimo capitolo dal titolo: l’azione.l’azione.l’azione.l’azione.

n.69.

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terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’AZIONE 73737373

capitolo V°

l’azione

la nostra

parrocchia

indica

i passi

da compiere

74747474 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’AZIONE

“Che cosa dobbiamo fare ?” “Che cosa dobbiamo fare ?” “Che cosa dobbiamo fare ?” “Che cosa dobbiamo fare ?” A questo punto del nostro progetto sorge la domanda: che cosa dobbiamo fare? E’ la domanda che gli uomini e le donne di Gerusalemme fanno a Pietro e agli altri Apostoli dopo aver ascoltato il discorso di Pietro il giorno di Pentecoste. (cfr. At. 2,37) E’ la domanda che il giovane ricco pone a Gesù (cfr. Mt. 19,16) E’ la domanda alla quale vogliamo rispondere in questo ultimo capitolo del nostro progetto pastorale. Vogliamo, cioè, mettere in evidenza “l’azione”, “il fare”, “i passi concreti” che la nostra Parrocchia in questo momento è chiamata a fare per continuare il suo cammino. Infatti è “il fare” che definisce la figura del discepolo e della comunità dei discepoli: Non chi dice. Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre che sta nei cieli. (Mt. 7,21) Saggia è quella comunità cristiana che non si costruisce sulla sabbia, ma sulla roccia, che non si limita ad ascoltare la Parola, ma l’ascolta e la mette in pratica. (cfr. Mt. 7,24-27). “ Il fare” interpella in modo particolare la nostra Parrocchia che in questo periodo è chiamata ad attuare il Sinodo diocesano e ad innestarlo nella sua vita quotidiana.

Il “fare pastorale”. Il “fare pastorale”. Il “fare pastorale”. Il “fare pastorale”. Non è facile individuare il “che cosa fare”, soprattutto non è immediatamente evidente. **** Occorre dire subito che “il fare” di cui parliamo non è l’attivismo esasperato, affannoso, inconcludente, preoccupato solo di “fare tanto per fare”, cioè un fare fine a se stesso o un fare perchè si è sempre fatto. **** Occorre , invece, riscoprire che cosa è “il fare pastorale”.“il fare pastorale”.“il fare pastorale”.“il fare pastorale”. “Il fare Pastorale” è quel fare che ha come obiettivo la diffusione del modo di vivere che Gesù ha vissuto e ha insegnato, sono tutte quelle azioni che aiutano a vivere un’esistenza secondo le Beatitudini del Vangelo. “Il fare pastorale” della Parrocchia ha come obiettivo di educare a una santità non solo personale, ma anche di popolo, cioè una santità collettiva, un fare santa tutta la comunità.

La “Santità popolare”.La “Santità popolare”.La “Santità popolare”.La “Santità popolare”. Parrocchia vuol dire Chiesa nella vita quotidiana, presso le case. La parrocchia non è una chiesa elitaria, fatta solo per alcuni fortunati, ma una chiesa accessibile a tutti, capace di dialogare con le esperienze della gente. La Parrocchia dice la possibilità della Santità popolare offerta a ciascuno e a tutti: anziani, giovani, malati, sani, intelligenti o meno, ricchi e poveri. Ciascuno, qualunque siano i doni di natura e di grazia, qualunque sia il suo carattere o la sua storia, è chiamato a vivere la pienezza della grazia, la santità.” (C. M. Martini, Interiorità e Futuro, Bologna 1988, pag. 106) La Parrocchia è comunità cristiana presso la gente, che si rivolge alla vita di ciascuno senza esclusioni di sorta, rendendo a tutti possibile un cammino autentico di umanità, di verità, di santità. (Giovanni Paolo II°, Visita ad limina, Vescovi Lombardi, 1986) La Santità popolare è la cosa più bella e la cosa ancor più necessaria per il nostro tempo. Davvero dovremmo avere l’ambizione di rendere il nostro popolo, nella sua totalità, cristiano, chiamarlo all’osservanza dei precetti fondamentali della vita cristiana, dare a lui il senso che questo è il segreto della vita, che questo è il cardine di tutte le altre forme di vita e che questo si può, si deve imprimere anche nel nostro tempo, anche se questo è così preso dalla febbre dei suoi commerci, dei suoi affari, delle sue industrie, dei suoi trasporti, delle sue trasformazioni ed economie. ( Card. Montini in Lettera a S. Carlo del Card. C. M. Martini) * Il “Fare Pastorale” della Parrocchia è chiamato a far crescere l’intera comunità nell’esperienza spirituale di santità vera, quotidiana, corale, di popolo; deve mobilitare verso la santità semplice, quotidiana, possibile a tutti, rendendo tutta la comunità capace di testimoniare il Signore sul territorio.

n.70.

n. 71.

n. 72.

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* Il “Fare Pastorale” della Parrocchia ha come fine la costruzione di una comunità di credenti che sia sale della terra, luce del mondo, città sul monte, lampada sul candelabro. La nostra comunità parrocchiale è chiamata a proclamare sul territorio dove vive il desiderio dell’Assoluto, la ricerca dei valori universali e definitivi, l’ascolto di una Parola che non viene da noi, ma scende, come dono puro e misericordioso, dal cuore di Dio. Senza questi momenti di sosta, di silenzio, di ascolto meditativo, di implorazione corale, lo stesso tessuto spirituale del nostro territorio viene inesorabilmente logorato.

Fare scelte pastorali prioritarie Fare scelte pastorali prioritarie Fare scelte pastorali prioritarie Fare scelte pastorali prioritarie Non basta fare, non basta neanche fare cose belle, importanti. Occorre saper fare “scelte prioritarie”,“scelte prioritarie”,“scelte prioritarie”,“scelte prioritarie”, cioè, quelle scelte che il cammino della Parrocchia in questo momento domanda. Le “scelte prioritarie “ non sono sempre le più importanti in assoluto, ma sono quelle che la situazione domanda. Sono “scelte prioritarie” nel senso che vengono prima di altre e, una volta fatte, domandano scelte successive. Le “scelte prioritarie” mettono in cammino la comunità parrocchiale, mettono ordine al “fare pastorale” della Parrocchia.

La nostra parrocchia ha individuato le “scelte prioritarie che deve fare in tre passi. 1. Il passo delle fede adulta 2. Il passo dei cammino differenziati 3. Il passo dei ministeri parrocchiali

1. Il passo

della fede adulta

Nel decretoNel decretoNel decretoNel decreto dopo la Visita Pastorale fatta alla nostra parrocchia nel gennaio-febbraio 1989, così diceva l’Arcivescovo: Vi siete impegnati nelle formazione di catechiste, educatori, operatori pastorali...Siete riusciti a provvedere la parrocchia di tutte le strutture, a dar vita all’oratorio, a vivificare la partecipazione liturgica e pastorale... Ora si tratta di affrontare il compito di formare una comunità nella quale, secondo l’esortazione della Christifideles laici ,” la fede sprigioni e realizzi tutto il suo originario significato di adesione alla persona di Cristo e al suo Vangelo, di incontro e di comunione sacramentale con Lui, di esistenza vissuta nella carità e nel servizio” (n.34). E’ l’impegno di una nuova evangelizzazione che aiuti a superare la frattura tra Vangelo e vita e che renda capaci di fare delle tradizioni una forza di autentica libertà.. Di fronte al problema dell’indifferenza religiosa in cui vive la maggioranza della gente, è molto positivo che il Consiglio Pastorale parrocchiale proponga come risposta uno slancio missionario da far assumere come compito specifico, come stile caratteristico e peculiare a quanti partecipano alla vita della parrocchia. Vi esorto a compiere decisamente e coraggiosamente questo passo cercando di formare, trasmettere, educare a una tensione missionaria la vostra comunità... (Decreto del Card. C. M. Martini, dopo la Visita Pastorale, 25 giugno 1989) Il vicario Episcopale Monsignor A. Mezzanotti, commentando il decreto dell’Arcivescovo al C.P.P., il 5 luglio 1989 diceva: C’è un obiettivo capace di orientare le scelte, i momenti, il cammino della vostra Parrocchia: formare una coscienza ecclesiale matura capace di affrontare le sfide formare una coscienza ecclesiale matura capace di affrontare le sfide formare una coscienza ecclesiale matura capace di affrontare le sfide formare una coscienza ecclesiale matura capace di affrontare le sfide del del del del nostro tempo.nostro tempo.nostro tempo.nostro tempo.

Il Cristiano adulto nella fedeIl Cristiano adulto nella fedeIl Cristiano adulto nella fedeIl Cristiano adulto nella fede Il primo passo che la nostra Parrocchia intende fare è quello di formare ad una fede adulta, cioè formare cristiani adulti nella fede.

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n.75.

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1) Essere cristiani adulti nella fedeEssere cristiani adulti nella fedeEssere cristiani adulti nella fedeEssere cristiani adulti nella fede significa, in primo luogo essere cristiani in grado significa, in primo luogo essere cristiani in grado significa, in primo luogo essere cristiani in grado significa, in primo luogo essere cristiani in grado di di di di trasmettere la fede.trasmettere la fede.trasmettere la fede.trasmettere la fede. La figura del cristiano adulto nella fede è quella di chi sa dire la sua fede qui e oggi e sa dare ragione della sua fede. Per formare ad una fede adulta è necessario allora superare una visione della fede come “pura prestazione”, cioè l’idea che la fede consista in determinati atti doverosi da compiere in favore del Signore (Messa, preghiere, opera buone...) per meritarsi la salvezza o un posto in Paradiso. Questa è una visione individualistica e privatistica della fede. La fede è il dono che il Signore ci fa del suo amore, della sua grazia e, quando uno fa questa scoperta, non la può che rivelare agli altri. Una comunità è poco missionaria non perchè si dà poco da fare, ma perchè non ha ancora incontrato davvero il Signore.

2) Il Cristiano adulto nella fede è capace di speranza.Il Cristiano adulto nella fede è capace di speranza.Il Cristiano adulto nella fede è capace di speranza.Il Cristiano adulto nella fede è capace di speranza. L’Atto di speranza è tanto più cristiano quanto più ha una connotazione simile al modo di agire di Gesù e quanto più supera l’angoscia. L’angoscia è il non senso che avanza, è il nulla, l’assenza di significato. In un epoca di turbamenti, la vita quotidiana diventa un esercizio di sopravvivenza. Gli uomini vivono alla giornata; raramente guardano al passato perchè temono di essere sopraffatti da una debilitante nostalgia; se volgono lo sguardo al futuro, l’attenzione è soltanto per cercare di capire come scampare agli eventi disastrosi che oramai quasi tutti si attendono.. (Christopfer Lasch, “L’io minimo, la mentalità della sopravvivenza nell’epoca dei turbamenti) L’angoscia fa vivere il non senso di tutte le cose che si è costretti a fare e fa venir meno la voglia di vivere. Questo è il contesto in cui, oggi, il cristiano è chiamato a testimoniare la sua fede. L’angoscia non è solo una cosa che ci rattrista, ma deve essere vista, come un passaggio indispensabile da compiere da una fede giovanile ad una fede adulta. Quando uno è capace di speranza? Quando è indifferente di fronte alle possibilità che ha davanti, perchè, se anche tutto gli cade, sa che il Signore lo raccoglie. (H.V. Balthasar, “Il cristiano e l’angoscia”)

3) Il cristiano adulto nella fede è colui che risulta capace di fare di disIl cristiano adulto nella fede è colui che risulta capace di fare di disIl cristiano adulto nella fede è colui che risulta capace di fare di disIl cristiano adulto nella fede è colui che risulta capace di fare di discernimento cernimento cernimento cernimento secondo lo Spirito in contesti molto complessi.secondo lo Spirito in contesti molto complessi.secondo lo Spirito in contesti molto complessi.secondo lo Spirito in contesti molto complessi. E’ colui che trova la strada giusta secondo quanto indica il Vangelo. E’ colui che cerca di uscire dalla confusione interiore per raggiungere la semplicità intesa come risultato di arrivo e non come banalità di partenza. La semplicità è il miracolo di colui che diventa capace di dare una lettura della società complessa.

4) Il Cristiano adulto nella fede è capace di manifestare compassione e misericordia. Il Cristiano adulto nella fede è capace di manifestare compassione e misericordia. Il Cristiano adulto nella fede è capace di manifestare compassione e misericordia. Il Cristiano adulto nella fede è capace di manifestare compassione e misericordia. Chi è capace di compassione e di misericordia trova modo di amare i suoi contemporanei senza tradire il Vangelo, come ha fatto Gesù che passando sull’altra riva, si commosse vedendo tutte quelle persone che gli parvero come pecore senza guida e incominciò ad insegnare loro. ( cfr. Mc. 6,34)

5) Il cristiano adulto nella fede diventa capace di criticare la storia perchè ha Il cristiano adulto nella fede diventa capace di criticare la storia perchè ha Il cristiano adulto nella fede diventa capace di criticare la storia perchè ha Il cristiano adulto nella fede diventa capace di criticare la storia perchè ha contemplato il mistero di Cristo.contemplato il mistero di Cristo.contemplato il mistero di Cristo.contemplato il mistero di Cristo.

Il cammino della fede adulta. Il cammino della fede adulta. Il cammino della fede adulta. Il cammino della fede adulta. Nei Vangeli possiamo trovare un vero e proprio itinerariovero e proprio itinerariovero e proprio itinerariovero e proprio itinerario nel quale sono indicate le tappe che segnano il cammino da una fede iniziale a una fede adulta. Queste tappe si possono esemplificare in alcuni passaggi-

1. Dal Dio dei miracoli al Dio Crocifisso. Dal Dio dei miracoli al Dio Crocifisso. Dal Dio dei miracoli al Dio Crocifisso. Dal Dio dei miracoli al Dio Crocifisso. Il Vangelo di Marco è il Vangelo dei miracoli, ma i miracoli muoiono sulla Croce dove Gesù che ha salvato gli altri, non salva se stesso. Potenza e debolezza sono le due facce del mistero di Gesù.

n. 76.

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I miracoli mostrano che in Gesù agisce la potenza di Dio e la Croce rivela che la potenza di Dio è l’amore e il dono di sè. Il cristiano adulto nella fede, è chiamato a capire la Croce perchè essa è il luogo più denso in cui si può cogliere l’identità di Gesù, l’identità dello stesso discepolo e il vero volto di Dio. Il discorso della Croce mette in crisi il discepolo. Per l’evangelista Marco il cristiano adulto nella fede è il Centurione che, ai piedi della Croce, riconosce il Figlio di Dio in quella morte e non nei miracoli. ( cfr. Mc. 15,39) Gesù ha compiuto i miracoli, ma non salva il mondo con i miracoli; nè i soli miracoli sono in grado di rivelare la sua vera identità.

2. Dal merito al donoDal merito al donoDal merito al donoDal merito al dono Nel Vangelo il discepolo è invitato a distogliersi dalla fiducia in se stesso per confidare unicamente nell’amore di Dio. Comprendere “la grazia” è essenziale se si vuole essere veramente discepoli dalla fede matura- A un primo livello di lettura la figura del discepolo nei Vangeli è fallimentare, ma ad secondo livello appare come realtà aperta e carica di avvenire. Questo perchè la fedeltà di Gesù vince la debolezza del discepolo. Gesù li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore....Poi disse loro andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. (Mc. 16,14-15) Il discepolo, cioè il cristiano adulto nella fede, è un uomo che, chiamato, viene meno e tuttavia non viene meno la fedeltà di Gesù nei suoi confronti. Gesù rimane legato ai suoi discepoli nonostante la durezza del loro cuore. L’annuncio del Vangelo richiede la coerenza del discepolo, ma non poggia sulla sua coerenza. C’è il dovere della coerenza, ma non c’è posto per l’angoscia della coerenza. Anche se peccatori abbiamo il diritto e il dovere di annunciare il Vangelo.

3. Dal progetto alla persona.Dal progetto alla persona.Dal progetto alla persona.Dal progetto alla persona. La folla segue Gesù immaginandolo come un Messia conforme alla propria attesa; ma quando si accorge che Gesù è un Messia diverso, lo abbandona. Il discepolo, cioè il cristiano adulto nella fede, invece, rimane con Gesù nonostante tutto. Il discepolo rimane fedele alla persona di Gesù più che al progetto che si è fatto di Lui. E’ normale iniziare il cammino della fede con un progetto, con attese precise, ma è altrettanto normale, lungo la strada accorgersi che il volto di Dio è differente. E’ questa la vera crisi, forse la tappa fondamentale che segna lo spartiacque tra fede iniziale e fede matura. La vera crisi non accade quando si cerca il Signore, ma quando lo si trova e ci si accorge che è diverso.

4. Dal lasciare al trovare.Dal lasciare al trovare.Dal lasciare al trovare.Dal lasciare al trovare. E’ detto sin dall’inizio che il distacco per la sequela deve essere totale e definitivo. Subito, i primi discepoli lasciarono il lavoro, il padre e la proprietà. (cfr. Mc. 1,16-20) Il distacco ha un suo itinerario. * In termini negativi: è necessario il distacco per essere liberi per il Vangelo * In termini positivi: lo spazio di libertà si allarga a misura che il Vangelo diventa l’unico interesse. Quindi il cammino del discepolo è al tempo stesso una liberazione e una concentrazione graduali, cioè un distacco per un’appartenenza. Il discepolo, cioè il cristiano adulto nella fede, diventa sempre più convinto che il distacco necessario per seguire Gesù non costituisce una perdita, ma un guadagno, non una diminuzione, ma una pienezza.

5. Dal chiuso all’aperto.Dal chiuso all’aperto.Dal chiuso all’aperto.Dal chiuso all’aperto. Il cammino della fede è, fin dall’inizio orientato alla missione: Vi farò diventare pescatori di uomini. ( Mc. 1,17) La prima parola di Gesù ai discepoli è seguitemi (Mc. 1, 17); l’ultima è andate nel mondo intero. (Mc. 16, 15). Il discepolo, cioè il cristiano adulto nella fede, ha molto da imparare:

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Non deve parlare a nome proprio, ma su incarico. Non deve parlare di sè, ma unicamente dell’amore di Dio. Il suo orizzonte non è la piccola comunità, ma il mondo intero. In questa impresa missionaria non è solo, ma sempre in compagnia del Signore. Soprattutto deve ricordare che l’universalità evangelica non è semplicemente quantitativa, ma qualitativa. Gesù è disceso in profondità sino a solidarizzare con l’ultimo degli uomini e da quel punto, dal basso, ha visto e raggiunto il mondo intero. Anche questo è un segno inconfondibile della maturità della fede.

6. Dalla conversione al Perdono, dalla giustizia alla gratuità.Dalla conversione al Perdono, dalla giustizia alla gratuità.Dalla conversione al Perdono, dalla giustizia alla gratuità.Dalla conversione al Perdono, dalla giustizia alla gratuità. Abbiamo già toccato il tema della gratuità, sottolineando che la fede adulta esige una conversione dalla fiducia in se stessi alla fiducia in Dio. Pensiamo alla parabola del prodigo (cfr. Lc. 15, 11ss) e degli operai pagati allo stesso modo (cfr. Mt. 20, 1ss). Il centro della parabola del prodigo non è la “conversione” del figlio che decide di tornare a casa, ma l’amore del Padre che l’accoglie prevenendolo. Il figlio incontra un perdono del tutto gratuito, che precede la sua stessa conversione: il figlio voleva pagare il suo rientro in casa e, invece, il Padre neppure lo lascia parlare. Il figlio non conosceva il Padre, nè quando si era allontanato da Lui, nè quando decise di tornare. Lo ha conosciuto incontrando il suo perdono del tutto gratuito. Sta qui la meraviglia, l’incontro con il vero volto di Dio. Analoga deve essere stata anche la meraviglia degli operai dell’ultima ora che si sono visti dare la stessa paga dei primi. A sua volta il “giusto”, cioè il fratello maggiore della parabola è invitato a ragionare come il Padre, oltre le strettoie della giustizia, per approdare agli spazi larghi della gratuità. Anche gli operai della prima ora sono invitati a uscire dall’angustia della proporzionalità. Solo così si comprende qualcosa del Dio di Gesù Cristo. Senza questa apertura ci potrà essere una fede severa, impegnata, piena di opere e di meriti, ma non una fede adulta veramente cristiana.

Il passo della fede adulta è possibile e necessario Il passo della fede adulta è possibile e necessario Il passo della fede adulta è possibile e necessario Il passo della fede adulta è possibile e necessario per la nostra parrocchia.per la nostra parrocchia.per la nostra parrocchia.per la nostra parrocchia. La nostra parrocchia non parte da zero. In questi anni si è cercato di fare un lavoro di formazione piuttosto attento, di radunare attorno alla Parrocchia gruppi di persone che fanno fedelmente la catechesi, la scuola della Parola, che pregano.... C’è un gruppo di persone che ha voglia di conoscere il Signore, di vivere una vita cristiana autentica, di mettersi al servizio della comunità, di farsi carico della fede degli altri. Sono tutte quelle persone che partecipano fedelmente ai gruppi parrocchiali, che vivono delle responsabilità nella comunità. E’ a partire da queste persone, è su questo terreno che va coltivata una fede adulta. Devono essere messi in atto dei cammini formativi esigenti; occorre puntare alto.

. Il passo della fede adulta è una scelta prioritaria Il passo della fede adulta è una scelta prioritaria Il passo della fede adulta è una scelta prioritaria Il passo della fede adulta è una scelta prioritaria della nostra parrocchia.della nostra parrocchia.della nostra parrocchia.della nostra parrocchia. Il passo della fede adulta, infatti, è capace di rendere possibile e praticabile la proposta dei “cammini differenziati”. Per cercare di mettere in atto nella comunità parrocchiale percorsi di educazione alla fede differenziati, è necessario poter fare affidamento su persone che vivono una fede adulta, matura; persone contente di essere cristiane, pronte a mettere volentieri la propria vita e il proprio tempo a servizio della comunità; persone che sanno farsi carico della fede degli altri, che riconoscono che l’unica cosa che conta è servire Dio e amare gli altri secondo il cuore di Dio.

n.77.

n. 78.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’AZIONE 79797979

La Parrocchia avrà sempre bisogno di cristiani così: senza di loro la Parrocchia si risolve in burocratica e vuota ripetizione di gesti. La Parrocchia che vuole percorrere la strada dei cammini differenziati per farsi carico del cammino di tutti, deve puntare molto in alto, deve impegnare tutte le sue energie, tutti i suoi mezzi per formare cristiani adulti nella fede.

2. Il passo

dei cammini differenziati

L’intuizione pastorale di mettere in atto nella nostra parrocchia cammini differenziati di educazione alla fede è stata del IV° Consiglio Pastorale della nostra Parrocchia che a questo argomento ha dedicato gran parte del suo lavoro. Facciamo un po’ di storia indicando le tappe percorse.

La tappa del cercare lLa tappa del cercare lLa tappa del cercare lLa tappa del cercare la stradaa stradaa stradaa strada Nei mesi di aprile - maggio 1995 il Consiglio Pastorale Parrocchiale lavora sulla lettera di presentazione alla Diocesi del Sinodo 47° dell’Arcivescovo. Nel foglio di convocazione del C.P.P. del mese di giugno 1995 così è scritto: Dobbiamo fare della nostra Parrocchia una comunità totalmente dipendente dalla Parola di Dio, una comunità che contempla il volto di Gesù; una comunità che si costruisce attorno a Gesù, dove Gesù è assolutamente necessario; una comunità che sia segno vivo ed efficace della sua presenza. Concretamente vuol dire che la nostra parrocchia, per essere una chiesa che contempla il volto di Gesù e cercare di imitarlo, deve, come la Chiesa degli Apostoli affermare il primato della fede, fare dell’evangelizzazione la sua ragion d’essere, essere una Chiesa tutta ministeriale, formare discepoli e testimoni, essere presente nella società. Ma quale strada percorrere per dare concretezza a queste riflessioni che, oltretutto, non erano nuove per la nostra comunità parrocchiale? Nel mese di settembre 1995 il C.P.P. incomincia a riflettere sui cammini differenziati.cammini differenziati.cammini differenziati.cammini differenziati. Il C.P.P. prende sempre più coscienza che quella dei cammini differenziati è la strada che la nostra parrocchia è chiamata a percorrere.

1. Sul versante nega Sul versante nega Sul versante nega Sul versante negativo il C:P.P. prende coscienza chetivo il C:P.P. prende coscienza chetivo il C:P.P. prende coscienza chetivo il C:P.P. prende coscienza che 1)1)1)1) La strada dei cammini differenziati può aiutare la pastorale della Parrocchia ad uscire dalla “genericità”, nel senso che spesso è una pastorale che vuole essere attenta a “tutti”, ma di fatto si ripiega su “alcuni”, cioè su quelli che vengono e i “tutti”, pur desiderandolo, il più delle volte non riesce a raggiungerli. 2)2)2)2) La strada dei cammini differenziati può smuovere la pastorale parrocchiale da un certo “immobilismo” che la rende “statica”, cioè poco capace di dare concretezza ai discorsi che si fanno; una pastorale che spesso rischia di diventare “ quasi frustrante”, perchè, per esempio, continua a parlare di evangelizzazione, ma questo rimane spesso solo un discorso che fatica a prendere forma concreta.

2. Sul versante positivo il C.P.P. prende coscienza cheSul versante positivo il C.P.P. prende coscienza cheSul versante positivo il C.P.P. prende coscienza cheSul versante positivo il C.P.P. prende coscienza che 1)1)1)1) La strada dei cammini differenziati può aiutare a dare un ordine alla pastorale parrocchiale, perchè alla luce del cammini differenziati diventa possibile leggere tutto quello che nella parrocchia viene fatto. 2) 2) 2) 2) La strada dei cammini differenziati può aiutare la pastorale della Parrocchia a mettere a fuoco che ciò che è veramente essenziale e non può essere trascurato in alcun modo è annunciare il Vangelo. 3333)))) La strada del cammini differenziati può rendere possibile e praticabile il desiderio della pastorale della parrocchia di andare a tutti, di farsi carico del cammino di fede del tutti. 4)4)4)4) La strada dei cammini differenziati può aiutare la Parrocchia ad essere se stessa, a ritrovare la sua identità che è quella di essere una Chiesa tra le case, vicina alla gente.

n. 79.

n. 80.

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5) La strada dei cammini differenziati può aprire la pastorale della Parrocchia a nuovi orizzonti, ridarle fiducia, gioia contro i rischi della rassegnazione, dello scoraggiamento, della stanchezza, credendo nella “forza del Vangelo e nella possibilità di educare alla fede.

3. Sul versante del che cosa tenere presenteSul versante del che cosa tenere presenteSul versante del che cosa tenere presenteSul versante del che cosa tenere presente 1)1)1)1) Il C:P.P. prende coscienza che la comunità cristiana, oggi, si trova di fatto in una “situazione di minoranza”. Da questa consapevolezza può prendere le mosse un vero rinnovamento pastorale che ha come obiettivo quello di andare ad annunciare il Vangelo a chi non c’è. 2)2)2)2) Il C.P.P. prende coscienza della necessità e dell’importanza per la Parrocchia di coltivare una grande passione per il Vangelo e una vera attenzione a tutta la gente che vive sul territorio. La Parrocchia non può dimenticare mai che tutta questa gente ha bisogno di conoscere e di incontrare Gesù, perchè Gesù è davvero necessario per ogni uomo e donna e far conoscere Gesù è l’aiuto più grande che la Parrocchia può dare alla gente. 3)3)3)3) Il C.P.P. prende coscienza che la Parrocchia deve mettersi in stato di missione. Non basta chiamare la gente, organizzare incontri... occorre andare tra la gente, percorrere le strade del quartiere, conoscere il territorio, bussare alle porte delle case.. e portare a tutti la “lieta notizia” di Gesù.

La tappa dei primi passLa tappa dei primi passLa tappa dei primi passLa tappa dei primi passi: conoscere e verificarei: conoscere e verificarei: conoscere e verificarei: conoscere e verificare Nel mese di novembre 1995 il C.P.P. individua i primi due passi sulla strada dei cammini differenziati.

1. I° passo: conoscere la realtà della Parrocchia. Il C.P.P. prende sempre più coscienza che il Vangelo non può essere annunciato astrattamente, ma “in situazione”. Perciò è necessario conoscere la “situazione” della Parrocchia. “Conoscere la situazione della Parrocchia”, non astrattamente o per sentito dire, o per aver letto libri o statistiche, vuol dire toccare con mano, fare esperienza, prendere contatto, essere presenti sul territorio, tra la gente.. Questa conoscenza è fondamentale per annunciare il Vangelo, è il primo passo sulla strada dei cammini differenziati.

2. II° passo: partire da ciò che la ParII° passo: partire da ciò che la ParII° passo: partire da ciò che la ParII° passo: partire da ciò che la Parrocchia fa.rocchia fa.rocchia fa.rocchia fa. 1) Il C.P.P. prende coscienza che nella Parrocchia l’intuizione pastorale di percorrere la strada dei cammini differenziati non nasce all’improvviso, ma affonda le sue radici nel cammino percorso dalla comunità in questi anni. 2) Il C.P.P. prende coscienza che nella Parrocchia è possibile cercare di percorrere la strada dei cammini differenziati perchè in questi anni molto lavoro di formazione i stato fatto con i vari gruppi parrocchiali. 3) Il C.P.P. prende coscienza che proprio a partire dalle persone che hanno seguito e partecipato al lavoro formativo dei gruppi parrocchiali può diventare possibile cercare di tracciare percorsi differenziati di educazione alla fede nella Parrocchia. 4) Il C.P.P. prende coscienza che il cammino dei gruppi parrocchiali può diventare un percorso differenziato nella parrocchia, il percorso di quelli che appartengono alla “fascia dei motivati”. Deve essere un cammino che punta in alto, che mira ad educare ad una fede adulta. * I motivati sono quelli sui quali la pastorale della Parrocchia può fare affidamento. Nel gruppo dei motivati si formano i collaboratori, i vari responsabili della pastorale parrocchiale. * I motivati sono quelli chiamati a farsi carico della fede degli altri. * I motivati sono quelli attraverso i quali la Parrocchia può cercare e sperare di arrivare a tutti. * I motivati sono responsabili ( nel senso che sono chiamati a rispondere) del volto della Parrocchia.

I motivati sono chiamati a manifestare una Parrocchia dal volto fraterno, segno del volto di Dio,

della sua carità, della sua misericordia, della sua disponibilità, della sua vicinanza ad ogni persona,

n. 81.

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della sua capacità di accogliere tutti. I motivati devono manifestare il volto di una Parrocchia che sia

davvero una Chiesa tra le case, vicina alla gente.

5) Il C.P.P. prende coscienza che occorre rivedere e ripensare i cammini di formazione dei vari gruppi

parrocchiali che raggiungono la fascia dei motivati perchè diventino

* un punto di riferimento preciso nella comunità parrocchiale

* il luogo della corresponsabilità e della collaborazione

* un laboratorio di vera formazione laicale

* segno e strumento della missionarietà della Parrocchia.

6) Il C.P.P. prende coscienza

* che la nostra Parrocchia è chiamata a far fare un salto di qualità al cammino di formazione dei vari

gruppi parrocchiali,

* che la nostra Parrocchia, facendo affidamento sulle sole sue forze, non riesce a dare questa

formazione “alta” alla fascia dei motivati

* che la nostra Parrocchia ha bisogno dell’Azione Cattolica: l’Azione Cattolica è lo strumento

qualificato capace di aiutare la Parrocchia nel suo impegno di formazione

* che la fascia dei motivati potrebbe aderire tutta all’Azione Cattolica.

La tappa della concretezza: passare dalle parole ai fattiLa tappa della concretezza: passare dalle parole ai fattiLa tappa della concretezza: passare dalle parole ai fattiLa tappa della concretezza: passare dalle parole ai fatti E’ la tappa che la nostra Parrocchia adesso è chiamata a percorrere. Il nuovo C.P.P. è impegnato ad aiutare la pastorale della Parrocchia a dare concretezza alla proposta dei cammini differenziati, cioè a far passare le riflessioni e il lavoro sui cammini differenziati che finora è stato fatto, dalle parole ai fatti. E’ l’obiettivo che il C.P.P. si propone di raggiungere con questo progetto pastorale.

La nostra parrocchia

sulla strada dei cammini differenziati

I°: La nostra Parrocchia: una Chiesa I°: La nostra Parrocchia: una Chiesa I°: La nostra Parrocchia: una Chiesa I°: La nostra Parrocchia: una Chiesa che vuole farsi carico del cammino di tutti.che vuole farsi carico del cammino di tutti.che vuole farsi carico del cammino di tutti.che vuole farsi carico del cammino di tutti. La nostra Parrocchia vuole percorrere la strada dei cammini differenziati perchè vuole essere una comunità che si fa carico del cammino di tutti. La Parrocchia è consapevole di aver ricevuto il talento più prezioso, la fede (cfr. Mt. 25, 14ss), non vuole nasconderlo sottoterra, ma farlo fruttificare a vantaggio di molti altri. La Parrocchia deve imparare, innanzitutto dall’ascolto della Parola di Dio a camminare lungo la strada dei cammini differenziati. In particolare, la Parrocchia deve imparare dalla lettura dei Vangeli e del Nuovo Testamento a riconoscere i grandi e i piccoli “itinerari differenziati” lungo i quali il Signore e gli Apostoli hanno incontrato persone singole, gruppi, folle, comunità.. per far loro scoprire il dono della fede. Gli stessi Vangeli sono quattro itinerari differenziati dove gli evangelisti rimeditano parole e gesti di Gesù perchè persone e comunità possano scoprire la gioia della fede e il desiderio di testimoniarla.

II° La nostra Parrocchia: una chiesa II° La nostra Parrocchia: una chiesa II° La nostra Parrocchia: una chiesa II° La nostra Parrocchia: una chiesa che cerca l’essenziale.che cerca l’essenziale.che cerca l’essenziale.che cerca l’essenziale. La comunità cristiana vive oggi un momento di particolare difficoltà perchè non è ancora abituata a considerare il fenomeno della “lontananza dalla fede” La cultura ecclesiale vive spesso ancora di memorie che si rifanno a un passato diverso, caratterizzato dal cosiddetto “clima di cristianità” Possiamo domandarci se sia desiderabile che la comunità cristiana si trovi in mano ricette idonee ad affrontare questa situazione di “lontananza dalla fede” senza sperimentare un po’ di deserto e senza fare la fatica su quello che è essenziale.

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Forse questo momento, nella sua sterilità, ci aiuta a definire nuovamente la nostra identità cristiana, a verificare la cose che realmente desideriamo per noi e per gli altri, a ritornare al cuore della nostra fede. ( F.Gallivanone) La Parrocchia deve vivere questa situazione di difficoltà di annunciare il Vangelo come momento da accettare, da raccogliere, da vivere in una prospettiva profonda cioè come occasione per imparare a desiderare ciò che è davvero essenziale e a gustarlo come indispensabile.

III° La nostra Parrocchia: una Chiesa III° La nostra Parrocchia: una Chiesa III° La nostra Parrocchia: una Chiesa III° La nostra Parrocchia: una Chiesa appassionata al Vangelo.appassionata al Vangelo.appassionata al Vangelo.appassionata al Vangelo. La nostra Parrocchia si farà carico del cammino di tutti nella misura in cui si appassionerà sempre più del Vangelo di Gesù. Cerchiamo di tratteggiare i lineamenti del volto di una comunità che vive questa passione per il Vangelo.

1. Una comunità che si rende conto di possedere un “Tesoro” che è da Una comunità che si rende conto di possedere un “Tesoro” che è da Una comunità che si rende conto di possedere un “Tesoro” che è da Una comunità che si rende conto di possedere un “Tesoro” che è da accogliere accogliere accogliere accogliere e da restituiree da restituiree da restituiree da restituire---- I tre dinamismi: traditio, receptio, redditio, (cfr. C. M. Martini, Lettera “ Parlo al tuo cuore”) devono essere presenti nella Parrocchia. Il Vangelo di Gesù, consegnato dalla Tradizione della Chiesa, è da accogliere e da restituire. Il Vangelo non è come il testimone di una staffetta che, quando è consegnato, lascia vuote le mani, ma è qualcosa che è sempre da accogliere e, in quanto accolto, nella vita, diventa realtà sorprendentemente, spontaneamente, automaticamente restituita. Questo “Tesoro” è l’incontro con Gesù.

2. Una comunità che si rende conto che q Una comunità che si rende conto che q Una comunità che si rende conto che q Una comunità che si rende conto che questo “Tesoro” ha una forza debole, uesto “Tesoro” ha una forza debole, uesto “Tesoro” ha una forza debole, uesto “Tesoro” ha una forza debole, ma la sua destinazione è universale.ma la sua destinazione è universale.ma la sua destinazione è universale.ma la sua destinazione è universale. Il Vangelo è una forza debole. La Parrocchia non può illudersi che il Vangelo sia immediatamente capace di sprigionare una forza di conquista paragonabile a quella della persuasione occulta dei media, ma sa che nella vita di Gesù, nella sua persona e nel suo mistero sta la “chiave di volta” di tutta la storia. La Parrocchia deve prendere sempre più coscienza che l’incontro con il Signore Gesù non è accessorio, non è superfluo, ma svela e dona la prospettiva ultima sulla vita, perchè dice che essa è amata e custodita per la vita eterna, ora e per sempre, dalla forza di Dio.

3. Una comunità che si rende conto di diventare segno del Vangelo vissuto, Una comunità che si rende conto di diventare segno del Vangelo vissuto, Una comunità che si rende conto di diventare segno del Vangelo vissuto, Una comunità che si rende conto di diventare segno del Vangelo vissuto, luogo in cui sperimentaluogo in cui sperimentaluogo in cui sperimentaluogo in cui sperimentare il “sapore della vita”.re il “sapore della vita”.re il “sapore della vita”.re il “sapore della vita”. La proposta del Vangelo comporta un contatto con la Chiesa, una partecipazione, un ingresso nella comunità cristiana. Al termine dell’iniziazione alla fede c’è l’appartenenza alla Chiesa. La Parrocchia deve avere cura del suo volto concreto e globale.. Occorre che la Parrocchia vigili per non essere di ostacolo al cammino di fede di nessuno. Nessuno che ha scoperto il “Tesoro” che è l’incontro con Gesù deve trovarsi di fronte a una Chiesa che ha altrove il suo centro

4 4 4 4.... Una comunità che si rende conto che ogni persona è già incontrata dal Una comunità che si rende conto che ogni persona è già incontrata dal Una comunità che si rende conto che ogni persona è già incontrata dal Una comunità che si rende conto che ogni persona è già incontrata dal Signore, Signore, Signore, Signore, anche se occorre fare i conti con lo spessore della libertà di ogni anche se occorre fare i conti con lo spessore della libertà di ogni anche se occorre fare i conti con lo spessore della libertà di ogni anche se occorre fare i conti con lo spessore della libertà di ogni persona.persona.persona.persona. Il “Tesoro” del Vangelo, cioè questa forza debole, destinata a tutti che conduce ad una appartenenza alla comunità dove è possibile sperimentare il “sapore della vita”, si rivolge concretamente al mistero della persona. La Parrocchia allora deve ricordare sempre che ogni persona è già incontrata dal Signore, è già dentro una storia di salvezza e che esiste lo spessore della libertà personale. La storia dell’incontro tra il Vangelo e la persona domanda una risposta personale. Il seme gettato nel campo è lo stesso in tutti i terreni, eppure prende forma secondo le risposte dei differenti terreni. (cfr. Parabola del seme Mt. 13, 3ss)

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Attraverso questa parabola, il Signore ci dice che dobbiamo gettare il seme senza paura, a piene mani, cioè che vale la pena di buttarsi nella missione e il seme darà comunque frutto, ma nello stesso tempo ci rivela che il seme trova, subisce e rispetta le varie fisionomie del terreno.

5. Una comunità che si rende conto dell’importanza di diventare esperta Una comunità che si rende conto dell’importanza di diventare esperta Una comunità che si rende conto dell’importanza di diventare esperta Una comunità che si rende conto dell’importanza di diventare esperta nell’annuncio del Vangelo, ma anche nell’accompagnamento delle persone.nell’annuncio del Vangelo, ma anche nell’accompagnamento delle persone.nell’annuncio del Vangelo, ma anche nell’accompagnamento delle persone.nell’annuncio del Vangelo, ma anche nell’accompagnamento delle persone. I cammini differenziati non sono solo la ricerca di una “tecnica” per raggiungere i cosiddetti “lontani”, ma una attenzione missionaria e diversificata ai “lontani” comporta necessariamente un coinvolgimento personale e una trasformazione della comunità. La Parrocchia che intende percorrere la strada dei “cammini differenziati” * deve lasciarsi trasformare da questa scelta, * deve farsi carico e accompagnare il cammino delle persone, * deve imparare il rispetto e la gioia del proporre, * deve immergersi nelle domande della gente, * deve accogliere con sorpresa i passi che vengono fatti, * deve soprattutto imparare ad attendere che all’annuncio del Vangelo faccia seguito l’incontro del tutto personale con il Signore Gesù.

6 6 6 6.... Una comunità che si rende conto di essere chiamata ad avere una attenzione Una comunità che si rende conto di essere chiamata ad avere una attenzione Una comunità che si rende conto di essere chiamata ad avere una attenzione Una comunità che si rende conto di essere chiamata ad avere una attenzione al al al al “buon seme” e una gratuità rispetto ai risultati.“buon seme” e una gratuità rispetto ai risultati.“buon seme” e una gratuità rispetto ai risultati.“buon seme” e una gratuità rispetto ai risultati. La preoccupazione del “buon seme” è la preoccupazione per il buon sapore di ciò che viviamo, del “sapore della vita” della Parrocchia. La Parrocchia che vuole annunciare il Vangelo deve lasciarsi coinvolgere dal Vangelo, la sua vita deve avere il sapore del Vangelo, ma deve restare costantemente in un atteggiamento gratuito nei confronti dei risultati. Non siamo, infatti, “padroni” dei risultati, siamo, invece, in qualche modo “ padroni” della bontà del seme. Madeleine Delbrel diceva: la testimonianza è il dono che Dio fa a chi è veramente innamorato di Lui.

IV° La nostra Parrocchia: una chiesa IV° La nostra Parrocchia: una chiesa IV° La nostra Parrocchia: una chiesa IV° La nostra Parrocchia: una chiesa sempre pisempre pisempre pisempre più consapevole delle “differenze”.ù consapevole delle “differenze”.ù consapevole delle “differenze”.ù consapevole delle “differenze”. La Parrocchia è chiamata a diventare sempre più consapevole che esistono diversi modi di arrivare alla scoperta del Vangelo e all’accoglienza della fede. Forse, in passato, sembrava prevalente un approccio alla fede attraverso “la via intellettuale” che è ben rappresentata dall’esperienza di S. Agostino: si tratta di una ricerca soprattutto intellettuale della verità cristiana che conduce alla fine ad accettare lo scandalo della Croce. Di fatto però esistono altre vie di accesso alla fede, per esempio, vie che passano attraverso esperienze di servizio e di carità, proprio perchè esistono “differenti” presenze e “differenti” gradi di libertà. La Parrocchia allora deve coltivare due attenzioni:

1) L’attenzione a L’attenzione a L’attenzione a L’attenzione al punto di partenza.l punto di partenza.l punto di partenza.l punto di partenza. E’ importante diventare attenti al punto da cui muovono le persone. Senza questa attenzione la fede non metterà mai radici nella vita della gente, e non diventerà mai una fede adulta. Non basta che la Parrocchia faccia una proposta, magari “alta”, occorre domandarsi sempre dove si radica, dove arriva nella persona, se veramente raggiunge il punto di partenza. Altrimenti, anche la proposta più bella rimane all’esterno, non giunge al cuore delle persone, non diventa convinzione cristiana. La Parrocchia allora deve farsi attenta ai “punti di partenza” delle persone. Questa attenzione può nascereQuesta attenzione può nascereQuesta attenzione può nascereQuesta attenzione può nascere * dall’ascolto dell’altro, * dal chiedergli che ogni passo serio della sua vita si radichi su quello precedente,

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* dall’individuazione di un itinerario che abbia un andamento progressivo contrassegnato da tappe e risultati positivi, ma che tenga anche conto di ritorni, riprese, attraversamento di momenti di crisi. E’ comunque decisivo avere il senso dell’ascolto, della profonda attenzione al punto di partenza.

2) L’attenzione alle diverse “distanze”.L’attenzione alle diverse “distanze”.L’attenzione alle diverse “distanze”.L’attenzione alle diverse “distanze”. E’ importante saper cogliere anche le diverse “distanze” in rapporto alla fede. Nella comunità di sono “presenze cristiane” che potrebbero essere definite “presenze atee”, perchè, pur accettando la proposta cristiana, mantengono una “grande distanza” tra sè e il Signore e ci sono, invece, delle “assenze cristiane” che, pur non partecipando ai ritmi della comunità, cercano di vivere la fede nel quotidiano. La Parrocchia deve trattare con attenzione questa realtà della “distanza” Concretamente Concretamente Concretamente Concretamente 1) La Parrocchia deve essere consapevole * che Dio non è distante da nessuno; * che l’uomo, invece, può fare esperienze “ dell’essere altrove” rispetto a Dio; * che il riconoscimento di Dio non si realizza in un semplice prolungamento della soggettività dell’uomo, quasi si trattasse di un “fai da te”, dove ognuno incontra e si costruisce il “il suo Dio”, un Dio a “sua misura”; * che Dio, invece, ha un suo volto preciso che va conosciuto ed accolto: Dio ha parlato e si è rivelato definitivamente in Gesù; * che la comunità cristiana costituisce un riferimento oggettivo per incontrare il Signore e crescere nella fede. 2) La Parrocchia deve cercare di mettersi in ascolto per capire le varie fisionomie della “distanza”, cioè * che cosa rende “distanti” le persone dalla fede; * i punti fondamentali da cui si prende “distanza”; * i motivi e le vicende che hanno provocato la “distanza”; * che cosa fa rimanere “distanti”; * che cosa, invece, favorisce quel momento in cui uno incomincia o ricomincia a vibrare, a muoversi per il Vangelo.

V° La nostra parrocchia: una Chi V° La nostra parrocchia: una Chi V° La nostra parrocchia: una Chi V° La nostra parrocchia: una Chiesa esa esa esa che cerca di dare un nome alle differenze.che cerca di dare un nome alle differenze.che cerca di dare un nome alle differenze.che cerca di dare un nome alle differenze. Il nostro Arcivescovo nella nota pastorale “Educare ancora” del 1989-90 al n. 36, parlando delle aggregazioni che avvengono attorno alla comunità cristiana distingue tre livelli o tre “fasce” 1) La fascia degli indifferenti, dei lontani, degli assenti dalla comunità cristiana 2) La fascia dei praticanti, cioè dei presenti nella comunità 3) La fascia degli impegnati, cioè di coloro che manifestano la disponibilità a servire in modo particolare la comunità cristiana, che hanno deciso implicitamente di dedicare del tempo alla comunità

1. La Parrocchia e la fascia dei motivatiLa Parrocchia e la fascia dei motivatiLa Parrocchia e la fascia dei motivatiLa Parrocchia e la fascia dei motivati I motivati sono quelli che si rendono disponibili a mettersi responsabilmente a servizio diretto della comunità cristiana; si potrebbe dire che la loro scelta è quella di impegnarsi perchè la Parrocchia diventi sempre più “una casa aperta” per tutti. La Parrocchia ha veramente bisogno di persone che si impegnano a tenere la porta della comunità aperta a tutti. Ma una comunità non può essere formata esclusivamente da persone che hanno fatto questa scelta perchè potrebbe sorgere la tentazione di far diventare questa scelta la discriminante per partecipare alla comunità. Allora la casa rimarrebbe si aperta, ma solo per far entrare quelli che hanno scelto di dare una mano per tenerla aperta.

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Invece la Parrocchia deve ricordare che la casa va tenuta aperta, anche e soprattutto, per coloro che vanno e vengono. Chi si preoccupa di tenere aperta la casa deve avvertire che ci vuole un posto * dove ritrovare vissuta la verità del Vangelo, * dove ritornare a capire che il Vangelo e vivibile, è possibile, è profondo, è capace di suscitare cammini e scelte forti, ma deve anche avvertire la necessità di mantenersi vigile contro la tentazione di “sequestrare” tutte le persone rispetto al resto della vita. In altri termini, nella “fascia dei motivati” non ci saranno soltanto quelli che decidono di tenere la casa aperta, ma anche coloro che hanno deciso di impegnare la propria fede in altri ambiti della vita e della storia. Infatti ci sono altri partecipanti alla comunità cristiana che vanno e vengono, decidendo che il loro luogo di servizio non sia quello della comunità cristiana stessa. E’E’E’E’ necessario, allora, costruire una comunità necessario, allora, costruire una comunità necessario, allora, costruire una comunità necessario, allora, costruire una comunità * che cerca e ospita anche i viandanti occasionali, * che raccoglie coloro che sono presenti * che sostiene e rinfranca le scelte di vita dei più maturi.

2. La Parrocchia e La Parrocchia e La Parrocchia e La Parrocchia e le tre “fasce” le tre “fasce” le tre “fasce” le tre “fasce” I compiti della Parrocchia nei confronti delle “tre fasce di persone” potrebbero essere cosi definiti: * L’attenzione alle persone della fascia degli assenti, dei lontani e degli indifferenti * La coltivazione delle persone della fascia dei presenti e dei praticanti * La promozione della vocazione delle persone della fascia dei motivati. Si tratta, comunque, di polarità che devono caratterizzare l’attenzione alle diverse fasce, piuttosto che compiti che si escludono a vicenda. Non sono compiti che ispirano un lavoro rigidamente settoriale per le tre fasce, ma sono “ingredienti” che devono essere tenuti presenti tutti, in ogni livello. L’obiettivo che deve muovere una Parrocchia che vuole farsi carico di tutti è che ogni persona possa crescere nella fede e possa conoscere le scelte fondamentali che deve fare nella sua vita per il Signore.

VI°: La Parrocchia: una Chiesa VI°: La Parrocchia: una Chiesa VI°: La Parrocchia: una Chiesa VI°: La Parrocchia: una Chiesa con tutti gli “ingredienti” con tutti gli “ingredienti” con tutti gli “ingredienti” con tutti gli “ingredienti” per l’attuazione degli itinerari diffeper l’attuazione degli itinerari diffeper l’attuazione degli itinerari diffeper l’attuazione degli itinerari differenziati.renziati.renziati.renziati. Possiamo cercare di elencare alcuni “ingredienti” necessari e alcune “attenzioni” che devono guidare e accompagnare l’attuazione degli itinerari differenziati.

1. Coltivare la corresponsabilità.Coltivare la corresponsabilità.Coltivare la corresponsabilità.Coltivare la corresponsabilità. Ci vuole un gruppo di “persone corresponsabili” che decidono di tenere aperta la casa e che non badano soltanto che la casa sia arredata bene, ma che fanno in modo che la casa sia conosciuta, che offra effettivamente ospitalità, che sia in grado di accogliere quelli che vengono per cercare il Signore.

2. Cercare rapporti personali, aperti al Signore e alla comunitàCercare rapporti personali, aperti al Signore e alla comunitàCercare rapporti personali, aperti al Signore e alla comunitàCercare rapporti personali, aperti al Signore e alla comunità Per l’annuncio del Vangelo il livello del rapporto personale è fondamentale. Nella Parrocchia vanno coltivati rapporti personali veri; dobbiamo costruire una comunità dal volto fraterno. La V° area dell’Assemblea di Sichem ( maggio 1989), quella dedicata ai “giovani e missione”, ci ricordava che L’evangelizzazione si gioca sulla terribile frontiera del quotidiano, lì dove la nostra umanità è posta in gioco ogni giorno; anzitutto lì deve comunicare qualcosa, porre domande, esprimere desideri, registrare sorprese e scoperte nelle altre persone. Tuttavia è necessario ricordare che lo stesso rapporto personale ha dei limiti, perchè, anche quando è vissuto bene, deve rinviare altrove, deve introdurre nell’esperienza della fede, deve dirottare verso il Signore, deve dirottare anche verso contesti e rapporti più ampi, verso la comunità cristiana.

n.88.

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3. Cercare di tracciare l’itinerario fatto di ricerca, incontro, contraccolpo.Cercare di tracciare l’itinerario fatto di ricerca, incontro, contraccolpo.Cercare di tracciare l’itinerario fatto di ricerca, incontro, contraccolpo.Cercare di tracciare l’itinerario fatto di ricerca, incontro, contraccolpo. E’ necessario anche cercare di proporre dei cammini abbastanza articolati per le tre fasce che sopra abbiamo descritto. La suddivisione in tre fasce non deve essere pensata in modo molto rigido; è una suddivisione utile, soprattutto dal punto di vista pastorale.

1) SSSSi potrebbe parlare dii potrebbe parlare dii potrebbe parlare dii potrebbe parlare di * Tempo della “ricerca” per la fascia degli assenti e dei lontani. * Tempo della “ricerca” per la fascia degli assenti e dei lontani. * Tempo della “ricerca” per la fascia degli assenti e dei lontani. * Tempo della “ricerca” per la fascia degli assenti e dei lontani. Nella Parrocchia si deve creare un clima e un’atmosfera particolare che non azzerino le domande vere delle persone. Occorre evitare il rischio di chi, incontrando la comunità cristiana, trova talmente tante risposte da sentire estranee e fuori posto quelle domande che danno voce alla sua ricerca. Chi è “lontano” molte volte presenta una intensità di domande e di ricerca molto più forte di chi vive nella comunità. Nella Parrocchia è necessario dare spazio alle domande e mantenere attiva la ricerca per costruire esperienze aperte ai “lontani”. * Tempo dell’ “incontro” con il Signore per la fascia dei presenti e dei praticanti. * Tempo dell’ “incontro” con il Signore per la fascia dei presenti e dei praticanti. * Tempo dell’ “incontro” con il Signore per la fascia dei presenti e dei praticanti. * Tempo dell’ “incontro” con il Signore per la fascia dei presenti e dei praticanti. La Parrocchia deve aiutare le persone presenti nella comunità a passare da una fede di tradizione a una fede di convinzione; da una adesione generica al cristianesimo ad un incontro personale con il Signore Gesù. * * * * Tempo del “contraccolpo” per la fascia deTempo del “contraccolpo” per la fascia deTempo del “contraccolpo” per la fascia deTempo del “contraccolpo” per la fascia dei motivati,i motivati,i motivati,i motivati, nel senso che uno, a seguito dell’incontro con il Signore comincia a organizzare, a impostare la sua vita in una risposta vocazionale verso la definitività.

2) PPPProviamo, ora, a dare qualche indicazione per tracciare questi itinerari:roviamo, ora, a dare qualche indicazione per tracciare questi itinerari:roviamo, ora, a dare qualche indicazione per tracciare questi itinerari:roviamo, ora, a dare qualche indicazione per tracciare questi itinerari:

1) A proposito della vita spirituale 1) A proposito della vita spirituale 1) A proposito della vita spirituale 1) A proposito della vita spirituale

* Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti: * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti: * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti: * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti: aiutare il passaggio dalla dispersione o dal disinteresse o dall’egocentrismo alla ricerca assidua del vero volto della vita, del senso della vita fino a percepire la necessità di accogliere una Parola che illumina e desiderare di poter curare la propria vita dentro una scelta di fede. E’ bello aiutare una persona ad aprirsi all’esigenza di essere attenta e fedele a quello che si muove dentro di sè e a prendere coscienza che il Signore la sta aiutando in modo decisivo a interpretare e a dare senso alla sua vita.

* Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti: * Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti: * Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti: * Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti: aiutare il passaggio da una fede che non solo non reprime, o appesantisce la vita, ma la interpreta e addirittura la illumina e la orienta verso una cura stabile di sè nella luce del Vangelo. E’ bello donare qualcosa perchè uno si accorga che l’improvvisazione non paga e che la maturazione della propria vita avviene nella misura in cui si incomincia ad avere gusto per una “regola di vita” percepita non più solo come qualcosa che viene dall’esterno, ma come una realtà che è esigita dalla propria umanità illuminata dal Vangelo.

* P * P * P * Per il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivatier il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivatier il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivatier il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati aiutare il passaggio che, da una cura stabile di sè nella luce del Vangelo, conduce a vivere responsabilmente il servizio di tenere aperta la casa per tutti, oppure la cura stabile del proprio lavoro, della propria professione, del bene comune della propria città, di una nuova famiglia che si decide di formare...... E’ bello donare qualcosa perchè uno possa comprendere che la maturazione della vita di fede lo conduce sempre più ad occuparsi in modo non episodico della fede degli altri e incominci a servire in parrocchia, in oratorio... accettando di prendere su di sè la cura di queste forme comunitarie molto “popolari”, aperte e accessibili a tutti.

2) A proposito della formazione 2) A proposito della formazione 2) A proposito della formazione 2) A proposito della formazione

* Per il tempo della ricerca, cioè la fascia degli assenti e dei lontani * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia degli assenti e dei lontani * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia degli assenti e dei lontani * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia degli assenti e dei lontani il passaggio è quello che la persona attua dalla sua situazione di partenza alla domanda piena di interesse per la fede cristiana.

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Oggi molte sono le persone che vanno aiutate a comprendere da capo il volto obiettivo della fede cristiana, il volto del Signore, il volto più vero dei suoi discepoli, a leggere la Parola. La Parrocchia deve muoversi in un clima di prima evangelizzazione o meglio di rievangelizzazione. * Per * Per * Per * Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticantiil tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticantiil tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticantiil tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti il passaggio corrisponde alla catechesi. La catechesi è quel momento specifico della vita dei credenti nel quale le domande delle persone, continuamente suscitate, trovano risposta organica in una presentazione globale sistematica del messaggio cristiano.

* Per il tempo del ”contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati * Per il tempo del ”contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati * Per il tempo del ”contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati * Per il tempo del ”contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati il passaggio corrisponde al livello della scelta vocazionale stabile. Questo domanda di essere sostenuto con una formazione appropriata. Nel caso di coloro che sono chiamati a tenere aperta “la casa” per tutti, si può parlare di formazione alla corresponsabilità. Essa implica una lenta formazione di quello che si potrebbe chiamare “uno sguardo pastorale” su cose e persone. Si tratta di qualcosa che non si improvvisa, che cresce attraverso un cammino esigente che porta alcune persone a non considerare solo il loro cammino personale, ma anche quello di tanti e a considerarlo nella prospettiva di chi si sente in particolare modo responsabile di edificare la Chiesa come segno del Vangelo per tutti. Questo cammino esigente diventa, poi, quel contesto vivo nel quale si formeranno persone che sorreggeranno gli itinerari concreti per tutti.

3) A proposito A proposito A proposito A proposito della caritàdella caritàdella caritàdella carità

* Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti * Per il tempo della ricerca, cioè la fascia dei lontani e degli assenti il passaggio è da una attenzione sporadica agli altri, alla crescita in una sensibilità caratterizzata dalla carità, dalla solidarietà, dalla condivisione, fino a condurre ad esperienze di volontariato che progressivamente educhino a vivere un rapporto gratuito con gli altri.

* Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti * Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti * Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti * Per il tempo dell’incontro, cioè la fascia dei presenti e dei praticanti il passaggio ha come obiettivo quello di condurre a vivere un servizio stabile che affonda le sue radici nel fatto che la vita cristiana è “un vivere per”.

* Per il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati * Per il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati * Per il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati * Per il tempo del “contraccolpo”, cioè la fascia dei motivati il passaggio è propriamente vocazionale, cioè quello di orientare verso una scelta professionale di edificazione della società civile o di vicinanza al mondo della marginalità o di dedicazione della propria vita per la crescita della comunità.

4. Aderire alla fede nel contesto della comunità Aderire alla fede nel contesto della comunità Aderire alla fede nel contesto della comunità Aderire alla fede nel contesto della comunità Il cammino cristiano si realizza quando una persona assume la fede nel contesto della comunità cristiana, cioè * in quello spazio umano di confronto dove avviene “la consegna del deposito della fede” e ne propizia una accoglienza autentica; * in quel luogo che impedisce di vivere la fede in modo soggettivo.

5. Differenziare gli itinerari per chiedere il massimo a tutti Differenziare gli itinerari per chiedere il massimo a tutti Differenziare gli itinerari per chiedere il massimo a tutti Differenziare gli itinerari per chiedere il massimo a tutti Occorre ricordare che differenziare gli itinerari non ha come obiettivo quello di chiedere a qualcuno poco e a qualcuno molto, nè di distinguere in categorie di merito o in persone di serie A e di serie B, ma piuttosto quello di incontrare realmente la situazione di ciascuno per poter chiedere il massimo a tutti. Il massimo però è sempre relativo a commisurato ad ogni individuo. Differenziare gli itinerari significa cercare il linguaggio giusto che consente a ogni persona di incontrare e conoscere il Signore e di trovare o costruire un luogo dove poter sviluppare una attenzione vera a sè e alla vita che ognuno ha ricevuto in dono.

6. Collocare le aCollocare le aCollocare le aCollocare le attenzioni differenziate in un cammino comune.ttenzioni differenziate in un cammino comune.ttenzioni differenziate in un cammino comune.ttenzioni differenziate in un cammino comune. I diversi cammini differenziati devono essere collocati in un cammino comune, devono, cioè, stare nel cammino di tutta la comunità parrocchiale.

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Le attenzioni specifiche devono incentivare in tutti il gusto di partecipare a un cammino più ampio, ad un’unica comunità che ha come nota caratteristica quella dell’universalità, cioè essere una Chiesa per tutti.

7. Sperimentare e comunicare Sperimentare e comunicare Sperimentare e comunicare Sperimentare e comunicare Nel campo dei cammini differenziati è importante cercare e tentare di mettere in atto delle esperienze, fare dei tentativi, creare una comunicazione, un confronto sulle esperienze tentate, e, possibilmente, anche sui cammini delle singole persone.

8. Rendere protagonisti dell’itinerario Rendere protagonisti dell’itinerario Rendere protagonisti dell’itinerario Rendere protagonisti dell’itinerario Gli itinerari differenziati non potranno essere pensati come iniziative proposte “dall’alto”, o “dall’esterno”, come se tutto dipendesse o fosse manovrato da chi li propone. L’obiettivo deve essere quello di rendere corresponsabili le diverse persone interessate. Se c’è una domanda, se c’è una attesa, se c’è una ricerca, è possibile coinvolgere le persone, farle camminare insieme e renderle consapevolmente protagoniste dell’itinerario, in attesa che nasca, almeno per qualcuno di loro, persino il gusto di prendersi cura di altri. Nella chiesa ha sempre avuto molta rilevanza “il cammino dei convertiti” perchè sanno ridire a tutti l’esperienza del dramma della lontananza e della pace quando si approda alla fede e perchè sanno suggerire strade che aiutano a vivere con gioia la fede.

VII°: La nostra Parrocchia: una chiesa VII°: La nostra Parrocchia: una chiesa VII°: La nostra Parrocchia: una chiesa VII°: La nostra Parrocchia: una chiesa dove alcuni si fanno “compagni di strada” dove alcuni si fanno “compagni di strada” dove alcuni si fanno “compagni di strada” dove alcuni si fanno “compagni di strada” nei diversi cammini verso la fede.nei diversi cammini verso la fede.nei diversi cammini verso la fede.nei diversi cammini verso la fede. Tutta quanto è stato detto diventa possibile se nella Parrocchia ci sono “educatori”, cioè figure cristiane capaci di condividere la gioiosa scoperta del Vangelo, farsi “compagni di strada” delle persone nel cammino verso l’incontro con il Signore. Uno dei primi passi possibili potrebbe essere quello di predisporre un servizio di accoglienza all’interno della comunità parrocchiale, cioè persone che vivono una responsabilità nei confronti di quelli che si accostano alla comunità e mantengono sempre forte l’attenzione di tutti per la missione.

Un immagine per concludere Un immagine per concludere Un immagine per concludere Un immagine per concludere L’immagine per concludere questa riflessione sui cammini differenziati e la Parrocchia è quella del “presepio “che ogni anno, a Natale, viene costruito nella nostra comunità. Nel Presepe, la grotta di Gesù è la meta di molteplici itinerari differenziati. Tutto il mondo umano gravita attorno alla grotta di Gesù. Il Presepio invita a riflettere sui passi che ogni persona è chiamata a fare per incontrare il Signore. La comunità parrocchiale deve essere attenta a questi passi, sostenere e guidare i passi di ciascuno perchè l’incontro con Gesù si realizzi e la gioia sia davvero grande per tutti. Vediamo allora concretamente come è possibile ordinare l’operosità pastorale della nostra Parrocchia per darle prospettive e orizzonti nuovi dentro la logica dei cammini differenziati. E’ il terzo passo che la pastorale della nostra comunità parrocchiale è chiamata a fare, il “passo dei ministeri parrocchiali” .

3. Il passo

dei ministeri parrocchiali Il Nuovo Testamento mantiene fermo il principio che è lo Spirito Santo che guida la Chiesa con la ricchezza dei suoi doni. I doni che lo Spirito distribuisce vanno riconosciuti.

n. 89.

n. 90.

n. 91.

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Sono donati per “l’utilità comune”; e devono essere concepiti come “funzione”, come “servizio”, non come dignità. I doni dello Spirito non fondano una dignità, una grandezza da far valere, ma un compito da svolgere, un servizio per gli altri. Questo è il cuore di ogni “spiritualità ecclesiale”. Un dono che venisse concepito come dignità, come “un per sè” da usare a vantaggio proprio, cesserebbe di essere “dono” (carisma, gratuità) che viene dallo Spirito. Può essere utile guardare ai termini che S. Paolo nella I° lettera ai Corinti ( 1 Cor. 12,4-6) usa quando parla dei doni dello Spirito. S. Paolo usa tre termini che si riferiscono alla stessa realtà, però ogni termine mette in luce una sfumatura diversa.

1. Il termine “carisma” (grazia)Il termine “carisma” (grazia)Il termine “carisma” (grazia)Il termine “carisma” (grazia) è particolarmente legato allo Spirito e attira l’attenzione sulla “gratuità”. Nel Nuovo Testamento non viene mai usato per indicare uno scambio di doni tra gli uomini, ma sempre per designare un dono che viene da Dio gratuitamente. Il carisma è un dono “spirituale”, nel senso che viene dallo Spirito ed è dato perche lo si metta a servizio della comunità. Il “carisma” privilegia la funzionalità e la comunità. Non possesso, ma funzione, non “per sè”, ma per la comunità.

2 Il termine “diaconia” (servizio),Il termine “diaconia” (servizio),Il termine “diaconia” (servizio),Il termine “diaconia” (servizio), è in relazione con Cristo e attira l’attenzione sulla finalità che deve avere “il carisma”, quella di essere al servizio. Secondo il nuovo Testamento, la vita concreta di Cristo è modello del servizio. Quello di Gesù è stato un servizio universale e gratuito, fino al completo dono di sè.

3. il termine “operazione”il termine “operazione”il termine “operazione”il termine “operazione” è legato al Padre e attira l’attenzione sul fatto che nel “carisma” è Dio che agisce. Qui è messa in evidenza la presenza dell’azione di Dio, un’azione sempre efficace e potente. Ovviamente non può trattarsi che di una potenza che manifesta la “stoltezza” della Croce. Anche qui emerge la dimensione di gratuità. I doni sono molti, ma tutti sono posti nella Chiesa e per tutti la destinazione è la costruzione del “Corpo di Cristo” che è la Chiesa. “Costruire” non dice soltanto lo stare insieme, nè semplicemente aiutarsi gli uni gli altri, ma un lavorare insieme, protesi in avanti verso un obiettivo comune: servire il Vangelo.

Quali ministeri per la nostra Parrocchia? Quali ministeri per la nostra Parrocchia? Quali ministeri per la nostra Parrocchia? Quali ministeri per la nostra Parrocchia? Lo Spirito è presente nella nostra comunità parrocchiale, la guida distribuendo con generosità e gratuità i suoi doni che siamo chiamati a riconoscere e ad accogliere, perchè siano messi tutti al servizio del Vangelo.. Ecco allora le domande: * Di quali doni lo Spirito arricchisce la nostra comunità in questo momento particolare del suo cammino ? * Di che cosa ha davvero bisogno la nostra Parrocchia per essere una comunità che opera tutta al servizio del Vangelo, capace di farsi carico del cammino di tutti percorrendo la strada degli itinerari differenziati ? * Quali responsabilità la nostra Parrocchia deve coltivare ? * Quali “ministeri” promuovere? * Quali percorsi concreti individuare e percorrere ?

I sette “ambiti della pastorale” della nostra ParrocchiaI sette “ambiti della pastorale” della nostra ParrocchiaI sette “ambiti della pastorale” della nostra ParrocchiaI sette “ambiti della pastorale” della nostra Parrocchia Il IV° C.P.P., già nella sessione del 6 marzo 1996, ma, più ancora, in occasione della visita del decano del 29 maggio 1996, sottolineava la necessità 1) di individuare alcuni ambiti di intervento pastorale per rispondere alle necessità reali della Parrocchia

n. 92.

n.93.

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2) di costituire , attorno a questi ambiti, della “commissioni pastorali permanenti” dove coltivare delle “responsabilità” e dei “ministeri” per l’attuazione concreta di alcuni percorsi pastorali. Queste indicazioni sono state riprese dal V° C.P.P. nella sessione del 15 gennaio 1997 con la preoccupazione di renderle operative nella comunità parrocchiale e di farle diventare obiettivo preciso della pastorale della Parrocchia di questo periodo, modo concreto per incominciare a fare qualche passo sulla strada dei cammini differenziati.

Ecco “i 7 ambiti pastorali” “i 7 ambiti pastorali” “i 7 ambiti pastorali” “i 7 ambiti pastorali” nei quali impegnarsi in modo particolare. Vogliono essere un primo tentativo * per rispondere ai veri bisogni pastorali della Parrocchia * per cercare di mettere in atto cammini differenziati * per attuare quanto abbiamo cercato di dire in questo progetto pastorale della Parrocchia * per cercare di fare della nostra Parrocchia “una comunità alternativa”.

1.... I Gruppi di ascolto I Gruppi di ascolto I Gruppi di ascolto I Gruppi di ascolto Dar vita a dei “gruppi di persone” sul territorio della Parrocchia * che siano presenti su tutto il territorio; * che siano strumenti efficaci per conoscere le necessità, i bisogni, i problemi, le risorse, le disponibilità.... del territorio; * che diventino punto di riferimento per la gente del territorio; * che cerchino di fare del territorio un luogo dove si intessono rapporti umani veri, dove ci si conosce, dove si vive una attenzione reciproca, perchè nessuno si senta dimenticato; * che aprano e rendano presente la Parrocchia sul territorio e impediscano che la Parrocchia si chiuda. > I “Gruppi di ascolto” portano la Parrocchia tra la gente, fanno sentire la Parrocchia vicina alla gente. > I “Gruppi di ascolto” non devono ridursi soltanto a momenti per fare della Catechesi, soprattutto non devono sostituire la catechesi parrocchiale. > I “Gruppi di ascolto” vogliono sottolineare e richiamare l’importanza del territorio per la comunità parrocchiale. La Parrocchia considera il territorio non solo come una “realtà geografica”, ma soprattutto come una “realtà antropologica”, cioè come luogo dove la gente vive, nasce, muore, lavora, ama, soffre, si ammala, gioisce... > I “Gruppi di ascolto” vogliono sottolineare che la parrocchia vuole comunicare con la gente, camminare sulle strade, bussare alle porte della case, incontrare e conoscere la gente. > I “Gruppi di ascolto” devono avere cura di tenere i collegamenti con le altre commissioni pastorali della Parrocchia, in particolare con la commissione Caritas. > I “Gruppi di ascolto” potrebbero diventare il punto di partenza per una eventuale “missione parrocchiale” in vista del Giubileo del II° millennio.

2. La Catechesi battesimaleLa Catechesi battesimaleLa Catechesi battesimaleLa Catechesi battesimale Costituire in Parrocchia un gruppo di persone attente soprattutto alla vita che nasce. Questo gruppo è chiamato a vedere * come essere attento alle famiglie in attesa di un figlio; * come farsi presente nelle famiglie che domandano il Sacramento del Battesimo per aiutarle a vivere bene questo momento e a rendere significativa la celebrazione del Battesimo: non dobbiamo dimenticare che nel momento del Battesimo la comunità consegna (la “traditio”) ai genitori il dono della fede per i loro figli e questo dono domanda responsabilità, cioè domanda di essere accolto, custodito e coltivato; * come accompagnare i genitori nel periodo dopo il Battesimo, facendo sentire loro la presenza e l’attenzione della comunità parrocchiale, in modo che si sentano parte della comunità. Questo gruppo deve tenere rapporti molto stretti con i vari gruppi di ascolto presenti sul territorio.

3. La preparazione al matrimonio La preparazione al matrimonio La preparazione al matrimonio La preparazione al matrimonio

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: L’AZIONE 91919191

E’ un gruppo di persone che si prende a cuore 1) La preparazione remota al matrimonio, cioè è chiamato a * collaborare con il gruppo di “pastorale giovanile” della Parrocchia; * progettare itinerari formativi per i giovani e gli adolescenti in chiave vocazionale. 2) La preparazione immediata al matrimonio, cioè è chiamato a * progettare e gestire i “corsi di preparazione al matrimonio” della Parrocchia, perchè siano utili e perchè aiutino le coppie che domandano il matrimonio a vivere bene questa scelta grande della vita e a sentirsi parte della comunità nella quale dovranno vivere il Sacramento del Matrimonio. 3) La cura e il collegamento con quelle coppie che hanno frequentato il corso di preparazione, soprattutto con quelle che rimangono ad abitare sul territorio della Parrocchia.

4. Il Gruppo Caritas o Commissione CaritasIl Gruppo Caritas o Commissione CaritasIl Gruppo Caritas o Commissione CaritasIl Gruppo Caritas o Commissione Caritas E’ un gruppo di persone che si preoccupa che tutta la comunità parrocchiale viva la carità. Nella Parrocchia è necessario mettere bene a fuoco e dar vita a due strumenti operativi per una più efficace azione pastorale, raccomandi dal nostro Sinodo diocesano: 1) Il centro di ascolto 2) L’osservatorio parrocchiale permanete 1). Il Centro di ascolto.. Il Centro di ascolto.. Il Centro di ascolto.. Il Centro di ascolto. * Il Centro di ascolto è una emanazione della comunità parrocchiale; è antenna dei bisogni del territorio, punto di riferimento per le persone in difficoltà; è luogo di ascolto e di condivisione. * Il Centro di ascolto accoglie, ascolta, orienta e si fa carico delle persone in difficoltà; individua i bisogni espressi presenti sul territorio; diffonde una cultura di solidarietà nella comunità cristiana e nella società. * Il Centro di ascolto è un gruppo di lavoro con competenze differenziate attraverso cui la Parrocchia esprime accoglienza, ascolto e presa in carico delle persone in difficoltà. * Il Centro di ascolto opera attraverso l’ascolto e il colloquio con le persone che vengono cercando di tenere collegamenti con gli altri centri di ascolto e le istituzioni.

2) L’Osservatorio parrocchiale permanete. L’Osservatorio parrocchiale permanete. L’Osservatorio parrocchiale permanete. L’Osservatorio parrocchiale permanete. * L’Osservatorio parrocchiale permanente è una emanazione della comunità parrocchiale per una pratica più specifica di solidarietà operante a 360° sul territorio della Parrocchia, per riqualificare l’impegno volontario e maturare la coscienza civile dei cristiani. * L’Osservatorio parrocchiale permanente rileva in modo regolare, competente e sistematico le situazioni dei bisogni e delle risorse del territorio; interpreta, valuta e discerne le dinamiche sociali per fornire orientamenti alle scelte pastorali e alle politiche sociali. * L’Osservatorio parrocchiale permanente è un gruppo di lavoro della comunità cristiana che, con competenze differenziate, legge il territorio per fornire indicazioni sia agli operatori sociali che ecclesiali. * L’Osservatorio parrocchiale permanente opera attraverso il monitoraggio del territorio, l’intervista di persone, enti, istituzioni, associazioni; fa la mappatura delle risorse.

Nella nostra Parrocchia nel mese di giugno 1996 è stato aperto il Centro di ascolto. che abbiamo chiamato “centro della carità”, “ Casa del Farsi prossimo”, con sede in oratorio. Abbiamo così voluto realizzare nella Parrocchia una “struttura della carità” che diventasse un servizio concreto ai poveri e un richiamo continuo a tutta la comunità della necessità di vivere e di testimoniare il Vangelo della Carità. E’ necessario che questo luogo diventi “il laboratorio della carità” della parrocchia. Ora sembra giunto il momento di dar vita a un “Osservatorio parrocchiale permanente delle povertà” . > La nostra Parrocchia è chiamata a vigilare sulle povertà vecchie e nuove del nostro territorio; deve ricercarne le cause, deve cercare di indicarne le soluzioni. > La nostra Parrocchia è chiamata a individuare le tante risorse presenti sul nostro territorio; a volorizzarle, a cercare continue collaborazioni per venire incontro ai bisogni veri della gente.

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> La nostra Parrocchia è chiamata a tracciare percorsi concreti e praticabili di carità per le diverse “fasce” di persone della comunità nella linea dei percorsi differenziati perchè tutta la comunità sia richiamata a vivere il comandamento che Gesù ha dato ai suoi discepoli. > La carità della Parrocchia non deve essere rivolta solo ai “poveri”, ma deve riguardare anche tutta la problematica relativa alla carità sociale e politica > La carità nella Parrocchia deve essere vissuta da tutta la comunità, non può essere delegata solo ad alcuni. > La carità della Parrocchia ha bisogno continuamente di passare dalle parole ai fatti: le opere di carità sono quel “linguaggio” che viene inteso da tutti e rende credibile la parrocchia sul territorio, presso la gente.

5. L’Oratorio e la Pastorale giovanile.L’Oratorio e la Pastorale giovanile.L’Oratorio e la Pastorale giovanile.L’Oratorio e la Pastorale giovanile. Il problema educativo interpella con forza la nostra Parrocchia. L’attenzione educativa è sempre stata molto presente nella nostra comunità in questi anni. Nell’impegno educativo sono sempre state impegnate la energie migliori della comunità. Nella nostra parrocchia è stato fatto un progetto educativo dell’oratorio che porta la data del 21 gennaio 1987 dal titolo: “NELLA PARROCCHIA L’ORATORIO: L’IDEA, I FATTI, LE PROSPETTIVE” ed è stato fatto anche un lavoro piuttosto approfondito su come educare i giovani alla fede dal titolo “TI CONDURRO’ NEL DESERTO E PARLERO’ AL TUO CUORE” per gli operatori pastorali per l’anno 1993-1994. E’ bene far tesoro di tutto questo lavoro. Oggi è necessario nella parrocchia dare consistenza a un gruppo di persone che si prende a cuore l’oratorio con tutta la problematica educativa della Parrocchia. Questo gruppo che possiamo chiamare “comunità degli educatori” deve * cercare di prendere coscienza della situazione in cui viviamo; * portare avanti nella parrocchia l’attenzione educativa: oggi il problema educativo è “drammatico”; * coordinare tutta l’attività educativa della Parrocchia; * tracciare cammini educativi possibili e praticabili; * sensibilizzare e coinvolgere tutta la comunità sul problema educativo e sull’oratorio. > E’ necessario> E’ necessario> E’ necessario> E’ necessario credere nell’importanza e nella necessità dell’oratorio e nella sua possibilità di essere, oggi, un luogo capace di educare e formare ragazzi, adolescenti e giovani. > E’ necessario> E’ necessario> E’ necessario> E’ necessario credere nell’importanza dell’oratorio della Domenica pomeriggio. L’oratorio della Domenica va ripensato e riproposto alle famiglie della Parrocchia come una continuazione della celebrazione dell’Eucaristia, come occasione per vivere insieme nella gioia, nella fraternità e nella carità il giorno del Signore” > In particolare> In particolare> In particolare> In particolare alla Parrocchia deve stare a cuore l’obiettivo di creare in oratorio un “ambito giovanile”, cioè rendere sempre più consistente, presente e visibile un “soggetto giovanile” che pensa, che prega, che vive momenti di formazione seria, che fa proposte, che vive rapporti intensi di vera fraternità per diventare punto di riferimento per tutti i giovani e gli adolescenti della Parrocchia. > Nell’oratorio e nell’impegno educativo> Nell’oratorio e nell’impegno educativo> Nell’oratorio e nell’impegno educativo> Nell’oratorio e nell’impegno educativo è necessaria e indispensabile la presenza degli adulti. E’ soprattutto sugli adulti che va costruita l’attenzione educativa della parrocchia. Gli adulti rappresentano “le radici” dell’impegno educativo: solo se l’impegno educativo ha profonde radici si può sperare che faccia frutti buoni.

6. La famiglia, i genitori La famiglia, i genitori La famiglia, i genitori La famiglia, i genitori. E’ un gruppo di persone * che si prende a cuore tutta la problematica che riguarda la famiglia e i genitori; * che aiuta la Parrocchia a prendere coscienza della situazione e anche del disagio e delle difficoltà in cui si trova spesso a vivere oggi la famiglia; * che aiuta la Parrocchia prendere coscienza dell’importanza che ha oggi la famiglia per la nostra società e per la vita della comunità cristiana; * che aiuta la Parrocchia a valorizzare le grandi risorse che la famiglia possiede perchè siano messe a disposizione di tutti.

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Dice il Sinodo: La Chiesa è pienamente consapevole dell’importanza della famiglia per la crescita della persona, lo sviluppo della società e la vita della Chiesa.” ( Sinodo 47° cap.21° cost. n. 396 § 1); * che aiuta la Parrocchia a vivere una vera attenzione alla famiglia: la famiglia deve passare dall’essere considerata “oggetto” di pastorale, al diventare “soggetto” della Pastorale; * che aiuta la famiglia a prendere coscienza dei suoi compiti e delle sue responsabilità nella comunità cristiana: la famiglia è un “ministero” della comunità parrocchiale da scoprire e da valorizzare; * che aiuta la famiglia nel suo compito importante e difficile, oggi di “trasmettere la fede”; * che cerca di collaborare con la “comunità educatori” dell’oratorio; * che vive una attenzione particolare alle famiglie nuove che vengono ad abitare sul territorio della Parrocchia; * che cerca di pensare a di tracciare degli itinerari di fede e di formazione possibile per i genitori.

7. La liturgia e la Preghiera della Comunita’La liturgia e la Preghiera della Comunita’La liturgia e la Preghiera della Comunita’La liturgia e la Preghiera della Comunita’ E’ un gruppo di persone * che, innanzitutto, cerca di aiutare la comunità a riscoprire e a vivere la Domenica come giorno del Signore, giorno della Chiesa, giorno dell’Eucaristia, giorno della Missione, giorno della carità, giorno della festa.; (cfr. nota Pastorale della CEI “Il giorno del Signore” 1984) * che si prende a cuore la preghiera e le celebrazioni liturgiche della comunità: da come una comunità prega e celebra l’Eucaristia si può comprendere anche come vive; * che ha cura dei vari momenti in cui la comunità si incontra per pregare, per ascoltare la Parola ( Esercizi Spirituali, Adorazione del I° Venerdì del mese, recita della liturgia delle ore...); * che si preoccupa di educare alla preghiera che è dialogo, non monologo e si configura quindi come risposta e si nutre costantemente dalla Parola; * che cerca, in particolare, di educare alla preghiera cristiana che consiste nel cercare di favorire quelle condizioni che mettono la persona in stato di autenticità, nel cercare di dare voce e spazio allo Spirito che, dentro di noi prega e grida “Abbà, Padre!”; * che si impegna ad educare alle diverse forme di preghiera, soprattutto ad educare a pregare con la Parola di Dio, quindi cura che nella comunità si faccia bene e con fedeltà la “scuola della Parola”; * che ha a cuore e cura uno “stile del celebrare” della comunità ( i Battesimi, i Funerali, i Matrimoni, i diversi Sacramenti...); * che, in particolare, ha a cuore la celebrazione dell’Eucaristia della domenica perchè diventi di fatto il centro della vita della comunità e della sua missione; * che si preoccupa di tutto ciò che serve per ben celebrare: di chi accoglie la gente quando arriva in chiesa, dei lettori, di chi serve l’altare, di chi raccoglie le offerte, di chi porta la comunione ai malati e agli anziani che non possono venire in chiesa, di chi distribuisce gli avvisi al termine della Messa...; * che si preoccupa di tutti quegli strumenti che possono aiutare la preghiera e le diverse celebrazioni: la chiesa pulita e accogliente, i diversi libri di preghiera, i canti.... Una attenzione particolare va data al coro della Parrocchia: il canto ha una parte molto importante nelle celebrazioni liturgiche e nella preghiera della comunità. Una comunità si caratterizza anche dai canti che canta e da come canta.

Le sette “commissioni pastorali permanenti” Le sette “commissioni pastorali permanenti” Le sette “commissioni pastorali permanenti” Le sette “commissioni pastorali permanenti” Attorno a questi “ 7 ambiti della Pastorale” è necessario costituire delle “commissioni pastorali permanenti”

1) Le Commissioni pastorali permanenti riguardano il “fare pastorale” della parrocchia. (cfr. n. 71 di questo progetto pastorale). Devono imparare ad affrontare le problematiche pastorali non in modo astratto, ma nella linea dell’operosità. Sono quindi impegnative per chi vi partecipa, domandano un coinvolgimento e una disponibilità ad assumersi responsabilità pastorali nella parrocchia.

n.94.

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Le commissioni pastorali permanenti possono essere portate avanti nella misura in cui nella comunità parrocchiale cresce la “corresponsabilità”. Ogni commissione deve aver cura di coltivare dei “responsabili” perchè senza “gente responsabile” non è possibile fare nessuna iniziativa pastorale seria. Occorre formare ed educare alla “corresponsabilità”, perchè “corresponsabili” non si nasce, ma si diventa.

2) Ogni commissione deve prendersi a cuore un ambito pastorale, studiarlo con attenzione e competenza, fare proposte pastorali concrete e possibili alla comunità parrocchiale, curarne l’attuazione e verificare continuamente quanto viene pensato e fatto.

3) Ogni commissione deve lavorare in sintonia con tutta la pastorale della parrocchia. Le commissioni devono vigilare per non diventare ambiti pastorali chiusi. I diversi ambiti della pastorale della Parrocchia devono collaborare fra di loro. Nessuna commissione deve pretendere di fare un cammino indipendentemente dalle altre.

4) Le commissioni pastorali permanenti devono essere coordinate dal C.P.P. Il C.P.P. è chiamato a * dare indicazioni per il lavoro delle commissioni; * discutere e a verificare quello che le commissioni stanno elaborando; * approvare le diverse iniziative che le commissioni decidono di fare. Il C.P.P. è chiamato ad avere sempre una visione globale della pastorale della Parrocchia e a garantire che le commissioni lavorino in sintonia con la pastorale della Parrocchia.

5) Le commissioni pastorali permanenti devono tenere rapporti con la pastorale del Decanato e con la della Diocesi perchè l’obiettivo a cui tendere è quello della “pastorale d’insieme”.

6) La commissioni pastorali permanenti sono formate non solo dai membri del C.P.P., ma anche da tutte quelle persone che nella Parrocchia hanno di fatto o potrebbero avere responsabilità nei diversi ambiti della pastorale. Anzi le commissioni devono cercare di coinvolgere persone capaci e disponibili ad assumersi responsabilità nella pastorale parrocchiale. 7) Le commissioni pastorali sono chiamate “permanenti” perchè * devono costituire delle realtà stabili nella pastorale parrocchiale; * devono diventare ambiti permanenti attraverso i quali la Parrocchia svolge la sua azione pastorale; * devono garantire stabilità e continuità alla pastorale della parrocchia, anche di fronte al mutare degli eventi, delle persone, dei membri del C.P.P. e del Parroco; * devono essere, insieme ai gruppi parrocchiali, quel luogo concreto e privilegiato dal quale attingere le persone disponibili a far parte della lista dei candidati ogni volta che la comunità è chiamato ad eleggere un nuovo C.P.P.

8) Queste sono le sette commissioni pastorali permanenti che la pastorale della nostra parrocchia sembra domandare in questo momento. Non dobbiamo dimenticare però che la Parrocchia è una comunità in cammino. Le commissioni pastorali permanenti allora * devono essere sempre molto attente al cammino che la Parrocchia è chiamata a fare per essere una Chiesa tra le case, vicina alla gente, guidata dallo Spirito; * devono sostenere sempre e incoraggiare la Parrocchia a camminare per non diventare una comunità sedentaria; * devono cercare sempre quelle risposte che il cammino della Parrocchia domanda per essere una Chiesa impegnata con tutte le sue forze ad annunciare il Vangelo a tutti; * devono essere sempre disponibili a mettersi in discussione, a rinnovarsi, a sparire o a dare spazio ad eventuali altre commissioni qualora la situazione lo richiedesse.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: APPROPRIAZIONE 95959595

è

un progetto

pastorale

da

“fare proprio”

A tutta la comunità Parrocchiale, al C.P.P. in particolare alle commissioni pastorali permanenti viene affidato il compito arduo, ma bello di fare opera di appropriazione di questo progetto pastorale perchè diventi luce ai passi e guida al cammino che la nostra Parrocchia di S. Zeno è chiamata a percorrere sulle strade di questo territorio, tra le case della nostra gente, annunciando a tutti la gioia del Vangelo così che i passi di ogni uomo e di ogni donna che cercano Dio incrocino i passi di Gesù che cercano l’uomo. “Appropriarsi” significa fare proprio, cioè, vuol dire passare da un “assenso nozionale” ad un “assenso reale”. Ci può essere di aiuto l’esperienza che Giobbe fa di Dio prima e dopo la durissima prova: Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora, i miei occhi ti vedono. Per questo mi ricredo e ne provo pentimento su polvere e cenere”. ( Gb. 42,5-6) La conoscenza per “sentito dire” è l’assenso nozionale, della mente, assai diverso da quel “vedere degli occhi” che corrisponde all’assenso reale, del cuore. Il cammino dell’appropriazione di verità profonde è assai lungo; domanda di affrontare la fatica di ragionare, di riflettere, di elaborare e di tradurre in scelte concrete quanto si è ascoltato... E’ una fatica alla quale la nostra comunità parrocchiale non può sottrarsi.

N.95.N.95.N.95.N.95.

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terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: CONCLUSIONE 97979797

tre

immagini

per

una

conclusione

98989898 terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: CONCLUSIONE

Finalmente al traguardo !Finalmente al traguardo !Finalmente al traguardo !Finalmente al traguardo ! Finalmente siamo giunti al termine di questo III° progetto pastorale della nostra Parrocchia. Raccogliere tutto il materiale, ordinarlo e poi, scriverlo è stata una fatica non piccola: è durata quasi un anno di lavoro. Ora il progetto è qui nelle nostre mani. Qualcuno, forse, dirà che è troppo lungo; qualche altro dirà che ,forse, non valeva la pena di scrivere tutte queste cose; magari ci sarà anche qualcuno che dirà che è stato tralasciato qualche punto importante.... Con tutta la sua ricchezza e con tutti i suoi limiti questo è il terzo progetto pastorale questo è il terzo progetto pastorale questo è il terzo progetto pastorale questo è il terzo progetto pastorale della nostra parrocchia.della nostra parrocchia.della nostra parrocchia.della nostra parrocchia. Possiamo, ora, cercare una conclusione che affidiamo a tre immagini.

Prima immaginePrima immaginePrima immaginePrima immagine: : : : questo progetto dice che la nostra Parrocchia è unaquesto progetto dice che la nostra Parrocchia è unaquesto progetto dice che la nostra Parrocchia è unaquesto progetto dice che la nostra Parrocchia è una

“storia da raccontare”. Quando Israele era giovinetto io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio Figlio... Ad Efraim io insegnavo a camminare, tenendolo per mano... Io lo traevo con legami di bontà, con vincoli di amore.; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare...(Osea 11,1.3.4.)

La nostra Parrocchia * è una storia da raccontare sempre e da tramandare perchè è la storia della “grandi opere” che il Signore ha compiuto tra noi: “ ha fatto germogliare i fiori dalle rocce..” * è una storia da raccontare sempre perchè nessuno abbia mai a dubitare del Signore, del suo amore che continua ancora oggi a compiere tra di noi opere meravigliose. * è una storia da raccontare sempre perchè nessuno abbia a dimenticare che Dio ha un progetto sulla nostra Parrocchia. * è una storia da raccontare sempre perchè grande sia il rendimento di grazie che la nostra Parrocchia fa salire al Signore. Dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli, ed è ben giusto. La vostra fede, infatti, cresce rigogliosamente e abbonda la vostra carità vicendevole.. (Tes. 1,3)

Seconda immagine: Seconda immagine: Seconda immagine: Seconda immagine: questo prquesto prquesto prquesto progetto dice che la nostra Parrocchia è ogetto dice che la nostra Parrocchia è ogetto dice che la nostra Parrocchia è ogetto dice che la nostra Parrocchia è

“una memoria da custodire”

Ma guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli. Ricordati del giorno in cui sei comparso davanti al Signore tuo Dio sull’Oreb, quando il Signore mi disse: Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole perchè imparino a temermi affinchè vivranno sulla terra e le insegnino ai loro figli... (Deut. 4, 9-10)

La nostra Parrocchia * è una memoria nella quale continuamente riandare per fare come quel padrone di casa di cui parla Gesù nel Vangelo di Matteo 13,52 che sa estrarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche * è una memoria da leggere e rileggere con grande attenzione per capire che le scelte che il momento presente domanda devono essere fatte nella linea della continuità e della novità. Il cammino della Parrocchia è un cammino che continua, ed è un cammino sempre nuovo. Dio non si ripete mai, non fa mai cose in serie. (D. M. Turoldo)

n. 96.

n.97.°

n.98.

terzo progetto pastorale Parrocchia San Zeno: CONCLUSIONE 99999999

* è una memoria viva da custodire gelosamente e da raccontare a chi viene dopo di noi perchè ci si ricordi sempre che Dio è stato fedele al suo popolo e per imparare a non temere, ma a guardare sempre con fiducia il futuro che sta davanti- Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte, nè la freccia che vola di giorno.. (Salmo 91,4-5)

III° immagine:III° immagine:III° immagine:III° immagine: questo progetto dice che la nostra Parrocchia è questo progetto dice che la nostra Parrocchia è questo progetto dice che la nostra Parrocchia è questo progetto dice che la nostra Parrocchia è

“un futuro da costruire”. Il Signore disse ad Abram: Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e tu diventerai una benedizione . (Gn. 12,2)

La nostra Parrocchia * é un futuro da costruire perchè la Parrocchia è una comunità sempre in cammino. E’ necessario vincere la tentazione ricorrente di diventare una comunità sedentaria. La meta di questo cammino è l’incontro con il Signore Gesù quando ritornerà sulle nubi del cielo. * è un futuro da costruire perchè, in questo cammino dietro a Gesù, la Parrocchia prende coscienza di essere una comunità di fratelli che non cessa mai di annunciare sempre a tutti il Vangelo della gioia. * è un futuro da costruire perchè, in questo cammino, la Parrocchia sa di vivere continuamente in ascolto dello Spirito per essere fedele alla promessa di Dio che l’ha generata e la chiama a testimoniare la sua bontà e il suo perdono in mezzo alla gente. “ Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste “ (Mt. 4,48)

Paolo VI° ci dice: Paolo VI° ci dice: Paolo VI° ci dice: Paolo VI° ci dice: Non minore e affettuoso interesse merita quella parte della diocesi che porta il titolo di Parrocchia. Si che ciascun fedele abbia per la propria Parrocchia, diciamo pure per il proprio campanile, una comprensibile e in certo senso doverosa preferenza. La Parrocchia! Ogni fedele dovrà scorgere nel fatto che la Provvidenza gli ha assegnato questa e non altra comunità in cui ricevere il Battesimo e diventare cittadino della Chiesa, un’elezione trascendente; e dovrà amarla, la sua Parrocchia, con religiosa affezione, qualunque essa sia e dovunque essa si trovi e dovrà, se appena possibile e ragionevole, accogliere l’educazione religiosa e cristiana che a lui viene da questa eletta famiglia: frequentarla, sostenerla, amarla la Parrocchia! Essa è la prima scuola della fede e della preghiera, di quella liturgica specialmente; è la prima palestra dell’amicizia lieta ed onesta con coetanei e compaesani; è il perseverante incontro con un ministro impegnato fino al sacrificio di sè; è scuola di verità, di carità, di concordia comunitaria, di allenamento morale, che può dare la gioia, la fortezza della vita cristiana. Noi abbiamo grande stima per la formula della vita cattolica, rappresentata dalla Parrocchia! Abbiatela anche voi con la nostra Apostolica benedizione. ( Paolo VI°, udienza 10 agosto 1976)

n. 99.

n. 100.