PASQUA di Risurrezione 12 aprile 2020 · VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA OMELIA DEL SANTO PADRE...

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Arcidiocesi di Fermo Unità Pastorale delle Parrocchie di San Pietro – Cristo Re - Civitanova Marche (MC) PASQUA di Risurrezione 12 aprile 2020 LA PAROLA DEL GIORNO Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.

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Arcidiocesi di FermoUnità Pastorale delle Parrocchie di San Pietro – Cristo Re - Civitanova Marche (MC)

PASQUA di Risurrezione 12 aprile 2020

LA PAROLA DEL GIORNODagli Atti degli ApostoliIn quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tuttala Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioècome Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passòbeneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perchéDio era con lui.

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E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e inGerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitatoal terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoniprescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la suarisurrezione dai morti.E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice deivivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza:chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Dal Salmo 117Rendete grazie al Signore perché èbuono, perché il suo amore è persempre. Dica Israele:«Il suo amore èper sempre».La destra del Signore si è innalzata,la destra del Signore ha fattoprodezze.

Non morirò, ma resterò in vitae annuncerò le opere del Signore.La pietra scartata dai costruttoriè divenuta la pietra d’angolo.Questo è stato fatto dal Signore:una meraviglia ai nostri occhi.

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai CorinziFratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alladestra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo,vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Dal vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino,quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava,e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dovel’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono alsepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce diPietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservòi teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, maavvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide ecredette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli dovevarisorgere dai morti.

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VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCOBasilica di San Pietro - Altare della Cattedra Sabato Santo,

11 aprile 2020«Dopo il sabato» (Mt 28,1) le donne andarono alla tomba. È iniziato così il Vangelo diquesta Veglia santa, con il sabato. È il giorno del Triduo pasquale che più trascuriamo,presi dalla fremente attesa di passare dalla croce del venerdì all’alleluia della domenica.Quest’anno, però, avvertiamo più che mai il sabato santo, il giorno del grande silenzio.Possiamo specchiarci nei sentimenti delle donne in quel giorno. Come noi, avevano negliocchi il dramma della sofferenza, di una tragedia inattesa accaduta troppo in fretta.Avevano visto la morte e avevano la morte nel cuore. Al dolore si accompagnava la paura:avrebbero fatto anche loro la stessa fine del Maestro? E poi i timori per il futuro, tutto daricostruire. La memoria ferita, la speranza soffocata. Per loro era l’ora più buia, come pernoi.Ma in questa situazione le donne non si lasciano paralizzare. Non cedono alle forze oscuredel lamento e del rimpianto, non si rinchiudono nel pessimismo, non fuggono dalla realtà.Compiono qualcosa di semplice e straordinario: nelle loro case preparano i profumi per ilcorpo di Gesù. Non rinunciano all’amore: nel buio del cuore accendono la misericordia. LaMadonna, di sabato, nel giorno che verrà a lei dedicato, prega e spera. Nella sfida deldolore, confida nel Signore. Queste donne, senza saperlo, preparavano nel buio di quelsabato «l’alba del primo giorno della settimana», il giorno che avrebbe cambiato la storia.Gesù, come seme nella terra, stava per far germogliare nel mondo una vita nuova; e ledonne, con la preghiera e l’amore, aiutavano la speranza a sbocciare. Quante persone,nei giorni tristi che viviamo, hanno fatto e fanno come quelle donne, seminando germoglidi speranza! Con piccoli gesti di cura, di affetto, di preghiera.All’alba le donne vanno al sepolcro. Lì l’angelo dice loro: «Voi non abbiate paura. Non èqui, è risorto» (vv. 5-6). Davanti a una tomba sentono parole di vita… E poi incontranoGesù, l’autore della speranza, che conferma l’annuncio e dice: «Non temete» (v. 10). Nonabbiate paura, non temete: ecco l’annuncio di speranza. È per noi, oggi. Oggi. Sono leparole che Dio ci ripete nella notte che stiamo attraversando.Stanotte conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto allasperanza. È una speranza nuova, viva, che viene da Dio. Non è mero ottimismo, non èuna pacca sulle spalle o un incoraggiamento di circostanza, co un sorriso di passaggio.No. È un dono del Cielo, che non potevamo procurarci da soli. Tutto andrà bene, diciamocon tenacia in queste settimane, aggrappandoci alla bellezza della nostra umanità efacendo salire dal cuore parole di incoraggiamento. Ma, con l’andare dei giorni e il cresceredei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù è diversa.Immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tombafa uscire la vita.La tomba è il luogo dove chi entra non esce. Ma Gesù è uscito per noi, è risorto per noi,per portare vita dove c’era morte, per avviare una storia nuova dove era stata messa unapietra sopra. Lui, che ha ribaltato il masso all’ingresso della tomba, può rimuovere imacigni che sigillano il cuore. Perciò non cediamo alla rassegnazione, non mettiamo unapietra sopra la speranza. Possiamo e dobbiamo sperare, perché Dio è fedele. Non ci halasciati soli, ci ha visitati: è venuto in ogni nostra situazione, nel dolore, nell’angoscia, nellamorte.

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La sua luce ha illuminato l’oscurità del sepolcro: oggi vuole raggiungere gli angoli più buidella vita. Sorella, fratello, anche se nel cuore hai seppellito la speranza, non arrenderti:Dio è più grande. Il buio e la morte non hanno l’ultima parola. Coraggio, con Dio niente èperduto!Coraggio: è una parola che nei Vangeli esce sempre dalla bocca di Gesù. Una sola voltala pronunciano altri, per dire a un bisognoso: «Coraggio! Alzati, [Gesù] ti chiama!»(Mc 10,49). È Lui, il Risorto, che rialza noi bisognosi. Se sei debole e fragile nel cammino,se cadi, non temere, Dio ti tende la mano e ti dice: “Coraggio!”. Ma tu potresti dire, comedon Abbondio: «Il coraggio, uno non se lo può dare» (I Promessi Sposi, XXV). Non te lopuoi dare, ma lo puoi ricevere, come un dono. Basta aprire il cuore nella preghiera, bastasollevare un poco quella pietra posta all’imboccatura del cuore per lasciare entrare la lucedi Gesù. Basta invitarlo: “Vieni, Gesù, nelle mie paure e di’ anche a me: Coraggio!”. ConTe, Signore, saremo provati, ma non turbati. E, qualunque tristezza abiti in noi, sentiremodi dover sperare, perché con Te la croce sfocia in risurrezione, perché Tu sei con noi nelbuio delle nostre notti: sei certezza nelle nostre incertezze, Parola nei nostri silenzi, eniente potrà mai rubarci l’amore che nutri per noi.Ecco l’annuncio pasquale, annuncio di speranza. Esso contiene una seconda parte, l’invio.«Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea» (Mt 28,10), dice Gesù. «Viprecede in Galilea» (v. 7), dice l’angelo. Il Signore ci precede, ci precede sempre. È bellosapere che cammina davanti a noi, che ha visitato la nostra vita e la nostra morte perprecederci in Galilea, nel luogo, cioè, che per Lui e per i suoi discepoli richiamava la vitaquotidiana, la famiglia, il lavoro. Gesù desidera che portiamo la speranza lì, nella vita diogni giorno. Ma la Galilea per i discepoli era pure il luogo dei ricordi, soprattutto dellaprima chiamata. Ritornare in Galilea è ricordarsi di essere stati amati e chiamati da Dio.Ognuno di noi ha la propria Galilea. Abbiamo bisogno di riprendere il cammino,ricordandoci che nasciamo e rinasciamo da una chiamata gratuita d’amore, là, nella miaGalilea. Questo è il punto da cui ripartire sempre, soprattutto nelle crisi, nei tempi di prova.Nella memoria della mia Galilea.Ma c’è di più. La Galilea era la regione più lontana da dove si trovavano, da Gerusalemme.E non solo geograficamente: la Galilea era il luogo più distante dalla sacralità della Cittàsanta. Era una zona popolata da genti diverse che praticavano vari culti: era la «Galileadelle genti» (Mt 4,15). Gesù invia lì, chiede di ripartire da lì. Che cosa ci dice questo? Chel’annuncio di speranza non va confinato nei nostri recinti sacri, ma va portato a tutti.Perché tutti hanno bisogno di essere rincuorati e, se non lo facciamo noi, che abbiamotoccato con mano «il Verbo della vita» (1 Gv 1,1), chi lo farà? Che bello essere cristianiche consolano, che portano i pesi degli altri, che incoraggiano: annunciatori di vita intempo di morte! In ogni Galilea, in ogni regione di quell’umanità a cui apparteniamo e checi appartiene, perché tutti siamo fratelli e sorelle, portiamo il canto della vita! Mettiamo atacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio delle armi,perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti, che uccidono la vitainnocente. Si aprano i cuori di chi ha, per riempire le mani vuote di chi è privo delnecessario.Le donne, alla fine, «abbracciarono i piedi» di Gesù (Mt 28,9), quei piedi che per venirciincontro avevano fatto un lungo cammino, fino ad entrare e uscire dalla tomba.Abbracciarono i piedi che avevano calpestato la morte e aperto la via della speranza. Noi,pellegrini in cerca di speranza, oggi ci stringiamo a Te, Gesù Risorto. Voltiamo le spallealla morte e apriamo i cuori a Te, che sei la Vita.

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È risorto, come aveva detto

11 aprile 2020Veglia pasquale

Mt 28,1-10 di Luciano Manicardi1 Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Mariaandarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti,sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era comefolgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furonoscosse e rimasero come morte. 5L'angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercateGesù, il crocifisso. 6Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo doveera stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precedein Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l'ho detto».

8Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio aisuoi discepoli. 9Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono,gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate adannunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno»

Fratelli, sorelle,

è nel silenzio di chiese vuote che quest’anno cade l’annuncio pasquale. Annuncio che anche allatomba vuota, come racconta Matteo, chiede alle due donne là giunte per osservare la tomba, il silenzioe il raccoglimento dell’ascolto, richiede il lavoro della memoria di parole già dette da Gesù, memoriache tesse in unità il filo di una storia e impedisce il suo interrompersi, il suo svanire nel nulla, nel non-senso. È questa la memoria da cui solo può nascere la fede pasquale: “Non è qui, è risorto, come avevadetto”. “Come aveva detto”: nell’annuncio dell’angelo la presenza di Gesù è condensata nelle paroleche Gesù ha seminato durante la sua vita e che ora attendono un cuore capace di farle germinare efruttificare. Gesù ha ormai compiuto il suo cammino, ora, in quel vuoto che si è prodotto, sono altriche devono iniziare il loro cammino e lo possono iniziare solo con il lavoro della memoria delle paroleascoltate da Gesù.

Matteo sottolinea l’ormai esilissimo filo che ancora lega qualche seguace di Gesù a Gesù stesso. Nonuno solo dei Dodici è presente. Solo due donne, un resto piccolo, anzi, minimo. Due donne che sirecano al sepolcro solo per vedere la tomba, nemmeno portando aromi per ungere il corpo di Gesù.Del resto la tomba era già stata sigillata. La morte di Gesù ha accompagnato la morte del gruppo deisuoi discepoli. Tradimento, rinnegamento, abbandono, fuga, paura hanno dissolto il gruppo. EMatteo stringe a tenaglia il racconto della vista alla tomba delle due donne tra due episodi a lui propriin cui si narrano le trame delle autorità religiose giudaiche e di Pilato: episodi che parlano di complottie intrighi di poteri religiosi e civili, ebraici e romani, capi dei sacerdoti, farisei e Pilato, guardie eanziani, di organizzazione della menzogna, di insabbiamento di fatti, di occultamento della realtà emessa a tacere di testimoni, di corruzione di guardie di cui viene pagato il silenzio (Mt 27,62-66; 28,11-15). A fronte di questo dispiegamento di quello che Luca chiama “il potere delle tenebre” (Lc 22,53),si ergono due donne che, semplicemente, sono mosse dalla pietà e dall’amore di chi vuole ancoracontemplare il luogo di sepoltura del loro maestro. Esse vanno per osservare la tomba. Esse, che giàprima erano rimaste sedute di fronte alla tomba (Mt 27,61), custodiscono e cercano di far durare neltempo l’unico contatto ancora umanamente possibile con Gesù: e questo lo fanno stando a guardareil luogo dove era stato deposto. Osservare una tomba è aggrapparsi alla spazialità residua di colui chenon occupa più spazio perché non c’è più.

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Una tomba è memoriale, tiene in vita il ricordo del tempo condiviso con chi ormai non c’è più, incidenello spazio, nella terra, la presenza di chi è morto; la tomba è la spazialità e la visibilità rimasta dichi è morto. La tomba rende lo spazio, quello spazio dove giace il morto, intriso di tempo, del tempopassato. Ma su questo sguardo delle donne volto al passato, si posa l’intervento divino che dischiudeil futuro. E lo dischiude attivando la memoria delle parole dette da Gesù che consentono diinterpretare la tomba vuota, o meglio, la tomba vinta dalla presenza di Dio, come mostra l’angelo chesi mette a sedere sulla pietra rotolata via dal sepolcro.

Ed ecco che l’annuncio della resurrezione, ovvero gli eventi letti alla luce della parola del Signorefinalmente ricordata, provocano lo sconvolgimento della realtà. Le guardie che erano state messe acustodire un morto si ritrovano loro a essere “come morte” (Mt 28,4). Ovvero, dei morti che si credonovivi custodivano un vivente che essi credevano morto. Ma anche quel piccolo resto del gruppo deiseguaci di Gesù, due donne che guardano una tomba e cercano un crocifisso, sono destate alla fede erisorgono a discepole. La pasqua del Signore diventa la pasqua delle donne che vanno al sepolcro,diviene il loro passaggio, la loro resurrezione. Cercano il Crocifisso e incontrano il Risorto, vanno pervedere la tomba e ascoltano l’annuncio della resurrezione, vanno al sepolcro e tornano come apostole,evangelizzatrici e annunciatrici del Risorto. Vanno nel silenzio e si vedono autorizzare alla parola,anzi, sono chiamate a obbedire al comando del Risorto che dice loro, che sono le sue sorelle, di andaree proclamare il felice annuncio ai suoi fratelli. “Non abbiate paura; andate, annunciate ai miei fratelliche vadano in Galilea” (Mt 28,10). Dal tempo chiuso di una tomba si passa al tempo aperto del futuro.Da una tomba, che è memoriale di un tempo finito, si passa all’annuncio di un futuro, dell’inizio diuna nuova storia: “Vi precede in Galilea; là lo vedrete” (Mt 28,7); “Annunciate ai miei fratelli chevadano in Galilea: là mi vedranno” (Mt 28,10). La resurrezione di Gesù, anzi, l’annunzio dellaresurrezione di Gesù, provoca la resurrezione della comunità di Gesù, provoca la resurrezione deifratelli e delle sorelle, provoca la rinascita dei rapporti fraterni. Del resto, Gesù l’aveva detto: “Chisono i miei fratelli? E indicando i suoi discepoli aggiunse: ‘Ecco i miei fratelli’” (Mt 12,48-49). Ealtrove: “Miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21).Ricordando le parole dette da Gesù, ora che Gesù non è più presente, i discepoli possono riconoscereGesù come unico Signore e Maestro e ritrovare la verità della loro condizione, come l’aveva detta loroGesù “Voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8).

Sì, del gruppo dei discepoli, e anche della loro fede, del loro legame con Gesù, è rimasto davvero pocoe niente. Eppure quell’affetto, quella pietà che ha spinto due donne a cercarlo ancora nella tombadiventa l’alveo accogliente su cui si posa la grazia dall’alto. Grazia che ha come effetto di trasformarele donne stesse e, insieme a loro il gruppo dei discepoli. Esse, infatti, per mandato del Risorto, con illoro annuncio orientano tale gruppo alla Galilea, là dove troveranno il Pastore che di nuovo indicheràloro la strada da percorrere.

Le donne corsero a portare l’annuncio dell’angelo ai discepoli con paura mista a gioia. Con paura econ gioia grande (metà phóbou kaì charâs megále). Ed ecco che il Risorto va loro incontro e le saluta conl’esortazione alla gioia: “Gioite, siate nella gioia” (Chaírete: Mt 28,9) e con l’altra parola: “Non abbiatepaura” (Mé phobeisthe: Mt 28,10). Resti in voi solo la gioia. Non temete, lasciate andare la paura,scacciate il timore. Il Signore è risorto. E con lui risorge la sua comunità di fratelli e sorelle.

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At 10, 34. 37-43; Sal. 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9.“Desiderio del cielo. Vivo, ma in me non vivo E tanto è ben che dopo morteimploro Che mi sento morir, perché non moro”. Santa Teresa d’Avila

Una partita con la morteLa vita sembra a volte una partita a scacchi con la morte, come nell’immagine terribilee potente che apre Il settimo sigillo di Bergman: la partita è appena iniziata, ma la mortesi rivela insidiosa e ingannatrice. Molte situazioni della nostra vita sembrano addiritturapartite ormai perse: quando ci sentiamo rifiutati e traditi viviamo la morte dellarelazione, quando non abbiamo più la speranza che le cose possano cambiare viviamola morte del futuro, quando assistiamo al fallimento dei nostri progetti viviamo la mortedella nostra immagine.

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La morte entra prepotentemente nella nostra vita, pretende di occupare tutti gli spazi edi avvelenare il nostro cuore. Restiamo perplessi e increduli davanti alla possibilità chela vita possa andare avanti. Ma se non crediamo che queste sensazioni di morte nonsono mai l’ultima parola, come potremmo credere nella risurrezione, come possiamocredere a una vita eterna dopo la morte del nostro corpo mortale? Quando ci troviamodavanti a queste situazioni di morte che vengono ad abitare la nostra vita, siamo sfidatinella nostra fede nella risurrezione. La buona notizia del Vangelo è la certezza che lamorte non è mai l’ultima parola. Se restiamo uniti a Cristo, la vita trionfa sempre!

È ancora buioAncora una volta, il Vangelo descrive le nostre dinamiche umane: i racconti pasqualiinfatti mostrano la perplessità dei discepoli davanti alla risurrezione, fanno fatica acredere che la vita possa trionfare sulla morte. Proprio come noi. E invece ancora unavolta c’è un primo giorno della settimana: la creazione ricomincia. La luce pian pianotrionfa sulla notte. Maria di Magdala, come la sposa del Cantico dei Cantici, si getta inquella notte, perché il profumo dello sposo ha lasciato una traccia nella sua esistenza.Esce quando è ancora buio, forse proprio perché animata da un desiderio talmente forteche la spinge a cercare il suo amato non appena è possibile. O forse quel buio indica latenebra che avvolge ancora il suo cuore: Maria è tormentata, incredula, delusa.L’oscurità che incombe sulla sua vita non le permette ancora di vedere bene quello cheDio sta già operando nella sua storia. La tomba vuota non le parla ancora. Quel vuotogenera in lei solo delle domande. È preoccupata di non avere più un cadavere su cuipiangere e fare il lamento: “non sappiamo dove lo hanno posto”. Dove andrò a piangere?Anche noi forse nella vita cerchiamo solo un sepolcro che dia senso alla nostra esistenza:un luogo in cui lamentarci. Persino la fede può essere trasformata a volte in unareligione dei sepolcri, un luogo in cui riversare il nostro dolore, ma senza credere cheDio possa trasformare il nostro lutto in gioia.

Mettersi a cercareIl sepolcro vuoto non è una risposta, ma rappresenta tutte quelle situazioni che ciinterpellano, che ci spingono a cercare. Ciascuno è chiamato a mettersi a cercare, apartire dalla sua personale condizione. Anche Pietro e il discepolo amato sonointerpellati. Escono e corrono. Il discepolo che ha sentito l’amore del Signore, che haavuto il coraggio di rimanere sotto la croce, può correre più velocemente. Si fida. Intuiscela presenza del suo Signore. È capace di essere discreto, umile. Sa anche fermarsi easpettare. Pietro invece è immagine di una fede stanca, una fede lacerata daltradimento, una fede che deve percorrere ancora un cammino di riconciliazione. Pietrovede, ma ancora non è pronto a credere. Ha bisogno di tempo. Pietro è immagine dellafede che osserva, calcola, si perde nei ragionamenti. Le cose non tornano. È difficileaccettare di modificare il proprio modo di pensare. Eppure non potremmo dire di avercompreso la Scrittura fino a quando non crederemo che Gesù è la risurrezione che vincela morte nella nostra vita.

Il cammino che ci attendeIn queste settimane ci siamo ritrovati con particolare violenza davanti alla morte. Amaggior ragione siamo chiamati a fare Pasqua. La Chiesa non può sottrarsi, ora più chemai, all’annuncio della risurrezione: la morte non è l’ultima parola, c’è ancora un primogiorno, la possibilità di ricominciare, la vita trionfa.

Leggersi dentro- Come affronti le situazioni di morte che si presentano nella tua vita?- In che modo stai annunciando che Gesù è la risurrezione e la vita?

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Resurrezione al femminile (don Maurizio Prandi)Tante le cose che condivido con voi a partire dalla lettura di alcuni commenti che le Famigliedella Visitazione fanno del brano di Vangelo che la chiesa oggi ci consegna. Su tutte,l'impressione che la presenza del femminile sia molto forte in queste righe di Matteo e che ilmistero della Risurrezione dia un volto ed un cuore femminili alla vita cristiana.Il terremoto: un fatto che viene dal cielo e riguarda le persone. Le guardie furono terremotate:sembra strano ma l'espressione è proprio voluta; la stessa parola l'abbiamo ascoltatadomenica riguardo all'ingresso di Gesù in Gerusalemme, per dire quello che era successoalla città di Gerusalemme: tutta la città fu terremotata. E' una espressione che dice bene comegli animi siano sconvolti e non da qualcosa di eccezionale in questo caso: è un Re umile chesconvolge, è un Crocifisso, è un ferito che vince la morte. Un terremoto dentro le vite diqueste persone che da guardie diventano testimoni della Risurrezione.L'angelo:- rotola la pietra e siede su di essa, siede su ciò che teneva prigioniero Gesù;- dice delle parole importanti:1) chi cerca il Crocifisso non può avere nulla da temere (al contrario delle guardie);2) affida alle due donne che sono andate al sepolcro, l'annuncio della Resurrezione, alledonne è affidato il principio di una storia nuova;3) afferma che Gesù è risorto dai morti, non dalla morte. E' importante perché entrare nellamorte per Gesù ha significato entrare in relazione con delle persone. I morti, sembraparadossale, ma sono quel grembo da cui Gesù deve essere generato.Per la prima volta c'è l'andare incontro a qualcuno da parte di Gesù. Da quel momento credoche sia così per sempre. Dio in Gesù Risorto ci viene incontro, cammina verso di noi! C'è ilsuo andare, c'è la fisicità del contatto con Lui; quei piedi che tanti chilometri hanno percorso,quei piedi già lavati dalle lacrime e profumati, quei piedi feriti vengono presi, stretti dalledonne.Le donne: gioia e paura camminano insieme, coesistono nel cammino del discepolo. Credoche ne abbiamo esperienza diretta di questo: gioia e paura ci accompagnano in ogni scelta.Ma la gioia qui è più forte del timore, della paura. Vanno al sepolcro, sanno che i giudei hannopreso ogni precauzione perché l'ingresso non potesse essere violato e assistono alribaltamento della pietra. Ecco che con il loro annuncio diventano ribaltatrici di pietre nellavita dei discepoli e nella vita di ogni persona che da quel giorno ha ricevuto il vangelo dellaRisurrezione. Un'altra cosa importante per me: ascoltando il vangelo, questo vangelo inparticolare, sono aiutato ad entrare dentro. L'angelo non dice venite a vedere solo alle donne:lo dice anche a me! Maria di Magdala e l'altra Maria, non vedono la Resurrezione, vedonouna pietra mentre viene ribaltata non per far uscire Gesù, ma per far entrare dentro loro. Edogni loro movimento è accompagnato da una consapevolezza sempre più grande: vanno pervedere il sepolcro e vedono rotolare via la pietra; vanno ad annunciare e vedono il Signore.E' possibile vivere così gli incontri che facciamo nella nostra vita: ogni incontro diventaoccasione per un incontro più grande! Entrano anche in un crescendo di intimità, perchémentre l'angelo chiede loro di andare dai discepoli, Gesù invece chiede di andare dai suoifratelli.C'è una cosa che mi piace tantissimo: precisamente l'oggetto della loro ricerca.

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Cercano il crocefisso! Non hanno potere le donne, nemmeno quello di fare o parlare inpubblico al tempo di Gesù, semplicemente cercano il crocefisso e ci indicano la strada,l'obiettivo, il tesoro della (perdonate la banalità) Caccia al Tesoro più importante alla qualeognuno di noi possa partecipare: voi cercate il Crocefisso, cercate l'uomo nella sua povertà,cercate l'uomo nelle sue ferite, cercate l'uomo nel suo dolore. Ecco dove è possibile laRisurrezione: nel fare nostri i sentimenti di queste due donne e farci vicini a tutti coloro chenella loro passione sono come Gesù.Il testo italiano infine omette qualcosa di importante, omette il verbo rispondere. L'angelo,rispondendo, disse alle donne: l'annuncio dell'angelo alle donne allora è una risposta. Rispostaad una domanda muta o per lo meno ad una domanda inespressa; forse è risposta ad unadomanda che le donne (noi tutti?) si portano dentro; forse è risposta alla segreta speranzache qualcosa accadrà!

Cristo risorto sorgente di vita nuovaA Pasqua, un Vangelo dove tutto si colora di urgenza e di passione.Urgenza del seme che si apre, del masso che rotola via, e il sepolcro vuoto e risplendente nel frescodell'alba è come un grembo che ha partorito, come il guscio di un seme aperto.Passione che sorregge quel lungo correre di tutti nell'alba, corre Maria, corrono Pietro e Giovanni,perché l'amore ha sempre fretta; passione come lacrime, quelle di Maddalena, che non si rassegnaall'evidenza della morte. Amare è dire: tu non morirai (G. Marcel).Il Vangelo accompagna passo passo il disvelarsi della fede, che prende avvio da un corpo assente:dove l'avete portato? Io andrò a prenderlo... io, piccola donna e immenso cuore; io, deboli bracciae indomito amore. Poi la prima parola del Risorto, umile, commovente, che incanta ancora:«Donna, perché piangi?» Il Dio del cielo si nasconde nel riflesso più profondo delle lacrime. Equando parla, la sua voce trema: non piangere, amica mia.Il Risorto ricomincia gli incontri con il suo stile unico: il suo primo sguardo non si posa mai sulpeccato di una persona, il suo primo sguardo si posa sempre sulla sua sofferenza. Inconfondibile:è il Signore!Maria vorrebbe afferrarlo e non lasciarlo andare. Ma Gesù: Non mi trattenere, dice, devo andare!Da questo giardino al cosmo intero, da queste tue lacrime a tutte le lacrime del mondo. Non mitrattenere, sono in viaggio oltre le parole, oltre le idee, oltre le forme e i riti, oltre le chiese. Oltrela morte. Inizia l'immensa migrazione degli uomini verso la vita. Anche se Cristo sembra allontanatodalla casa del mondo, egli è nella stanza più intima del mondo, negli inferi della storia, nelleprofondità della materia e della persona. E coloro che non accettano che il mondo avanzi così, siperpetui così, coloro che vogliono cieli nuovi e una nuova terra, sanno che la Pasqua ormai maturacome un seme di luce nella terra, come un seme di fuoco nella storia.Cristo non solo è il Risorto, al passato, ma è il Risorgente, qui e ora, e continua a rotolare via imassi dall'imboccatura del cuore. Cristo non è semplicemente risorto una volta per tutte, non èsolo risorgente per l'eternità dal fondo del mio essere, egli è la Risurrezione stessa, energia cheascende, germe di vita, vita germinante, risveglio e ascesa. Pasqua è la festa dei macigni cherotolano via. E noi usciamo pronti alla primavera di rapporti nuovi. Trascinati in alto dal Cristorisorgente in eterno da tutti gli inferi della storia, della materia, della persona.La sua Risurrezione non riposerà finché non sia spezzata la pietra che chiude l'ultimo cuore e le sueforze non arrivino all'ultimo ramo della creazione.

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Dobbiamo risuscitarlo - A. PronzatoE bisogna che anche noi Lo risuscitiamo.Lo facciamo uscire dal sepolcro in cui l'abbiamo relegato. Lo liberiamo dalle bende dei nostripregiudizi, dei nostri rancori, delle nostre delusioni, delle nostre frustrazioni.Lo ripuliamo dalle immagini caricaturali con cui abbiamo deformato il suo volto. Gli permettiamodi frantumare gli schemi e le visioni meschine in cui l'abbiamo imprigionato.Dio segregato in chiesa. Ostaggio dei nostri riti formali. Addormentato dalle nostre nenie lamentose.Sorvegliato speciale perché non disturbi la quiete pubblica e si attenga strettamente al programmadelle "onoranze" che abbiamo stabilito noi.Vogliamo permettere a questo Dio di ridiventare Dio in noi?Vogliamo consentirgli di manifestarsi, non come pretendiamo che sia, ma come è?Vogliamo accordargli la libertà di compiere, non le cose che decidiamo noi - e che noi stessi, spesso,saremmo in grado di fare -, ma quelle "impossibili" che soltanto lui è capace di realizzare?Accettiamo che si riveli molto migliore di quanto noi siamo soliti descriverlo, più tenero di quantoriusciamo a immaginare?Accettiamo che ci regali una gioia, una pace, una qualità e un'ampiezza e un'intensità del viverequali non osiamo neppure sospettare?Forse la Pasqua è anche questo.Scoprire che Dio non sopporta il sepolcro in cui l'abbiamo confinato, la prigione (le infinite prigioni)in cui l'abbiamo rinchiuso.Perlustrare quel sepolcro, non per ritrovarlo, ma per scoprire che lui, fortunatamente, non c'è più.E, inseguendolo nella luce pasquale, trovare il coraggio di mormorare:- Dio mio, come ti avevamo ridotto...E prendere sul serio ciò che dice a Maria di Magdala:- Non mi trattenere... (Gv 20,17).Forse riusciremo a resistere alla tentazione di toccarlo, riportarlo indietro, riappropriarcene, tenerlosotto stretta sorveglianza.Ce la faremo, una buona volta, a non mettergli le mani addosso?"Fare Pasqua" vuol dire pure accettare il rischio di un Dio che non si rassegna a essere morto, chenon sta alla parte che gli abbiamo assegnato noi.

Maria, donna del Sabato santo - Tonino Bello(...) Che cosa faranno gli alberi stanotte, quando suoneranno a stormo le campane? Lepiante del giardino spanderanno insieme, come turiboli d'argento, la gloria delle lororesine? E gli animali del bosco ululeranno i loro concerti mentre in chiesa si cantal'Exultet? Come reagirà il mare, che brontola sotto la scogliera, all'annuncio dellaRisurrezione? L'angelo in bianche vesti farà fremere le porte anche dei postriboli? Oltrei cancelli del cimitero, sussulteranno sotto il plenilunio le tombe dei miei morti? E lemontagne, non viste da nessuno, danzeranno di gioia attorno alle convalli?

Una risposta capace di spiegare il tumulto di queste domande io ce l'avrei. Se nel Sabatosanto il presente sembra oscillare su passato e futuro, è perché protagonista assoluta,sia pur silenziosa, di questa giornata è Maria.

Dopo la sepoltura di Gesù, a custodire la fede sulla terra non è rimasta che lei. Il ventodel Golgota ha spento tutte le lampade, ma ha lasciato accesa la sua lucerna. Solo lasua. Per tutta la durata del sabato, quindi, Maria resta l'unico punto di luce in cui siconcentrano gli incendi del passato e i roghi del futuro. Quel giorno essa va errando perle strade della terra, con la lucerna tra le mani. (...)

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Santa Maria, donna del Sabato santo, estuario dolcissimo nel quale almeno per ungiorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l'ultimo punto di contatto col cieloche ha preservato la terra dal tragico blackout della grazia. Guidaci per mano alle sogliedella luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.Stabilizza nel nostro spirito la dolcezza fugace delle memorie, perché nei frammenti delpassato possiamo ritrovare la parte migliore di noi stessi. E ridestaci nel cuore,attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca infiducioso impegno a camminare nella storia.

Santa Maria, donna del Sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita,sospesa com' è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, sirassomiglia tanto a quel giorno. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei liniintrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovagliedi altare.Ripetici, insomma, che non c'è croce che non abbia le sue deposizioni. Non c'è amarezzaumana che non si stemperi in sorriso. Non c'è peccato che non trovi redenzione. Non c'èsepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie piùnere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primipassi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosidell'alleluia pasquale.

Santa Maria, donna del Sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di quel giorno, tisei preparata all' incontro col tuo figlio Risorto. Quale tunica hai indossato sulle spalle?Quali sandali hai messo ai piedi per correre più veloce sull'erba? Come ti sei annodatasul capo i lunghi capelli di nazarena? Quali parole d'amore ti andavi ripassandosegretamente, per dirgliele tutto d'un fiato non appena ti fosse apparso dinanzi?Madre dolcissima, prepara anche noi all' appuntamento con Lui. Destaci l'impazienzadel suo domenicale ritorno. Adornaci di vesti nuziali. Per ingannare il tempo, mettitiaccanto a noi e facciamo le prove dei canti.Perché qui le ore non passano mai.don Tonino Bello, "Donna dei nostri giorni"

Il mistero del sabato santo - Benedetto XVIMeditazione di Benedetto XVI davanti alla sacra Sindone. 2 maggio 2010

« (...) Il Sabato Santo è il giorno del nascondimento di Dio, come si legge in un’anticaOmelia: “Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio esolitudine. Grande silenzio perché il Re dorme … Dio è morto nella carne ed è sceso ascuotere il regno degli inferi” (Omelia sul Sabato Santo, PG 43, 439). Nel Credo, noiprofessiamo che Gesù Cristo “fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, disceseagli inferi, e il terzo giorno risuscitò da morte”.

Cari fratelli e sorelle, nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il secoloscorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Ilnascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in manieraesistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempredi più. Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”.Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizionecristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente contodi ciò che diciamo.

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Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca èdiventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giornointerpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noicredenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità.

E tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto,totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fattoche la sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un“positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede ènello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il SabatoSanto è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra dinessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione perl’uomo: “Passio Christi. Passio hominis”. E la Sindone ci parla esattamente di quelmomento, sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile nellastoria dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo ilnostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale.In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significaquesta espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrarenella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore,dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù Cristo,rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidareanche noi ad oltrepassarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazionespaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, comeda bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una personache ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nelregno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amoreè penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assolutanoi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ciconduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anchenello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell’oradell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”.

Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio,è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione. Ed ecco, mi sembrache guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questaluce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stessoluminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senzacontare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono soloil buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto lavittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù,ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto viinabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”,che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostrepassioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati - “Passio Christi. Passiohominis” -, da questo volto promana una solenne maestà, una signoria paradossale.Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è essostesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio. Come parla la Sindone? Parlacon il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue diun uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagineimpressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ognitraccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondantevicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande feritaprocurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita.

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E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamoascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.

Cari amici, lodiamo sempre il Signore per il suo amore fedele e misericordioso. Partendoda questo luogo santo, portiamo negli occhi l’immagine della Sindone, portiamo nelcuore questa parola d’amore, e lodiamo Dio con una vita piena di fede, di speranza e dicarità.»Benedetto XVI

2 Aprile 2020La donna del sabato santo [Da lettera pastorale di Carlo M. Martini, 2001]

Nel Venerdì santo, dopo la morte di Gesù, il discepolo Giovanni “prese Maria con sé” (Gv 19,27),nel suo cuore e nella sua casa. Non è facile immaginare ciò che questo vuol dire:si tratta di una casa in Gerusalemme? O di un semplice luogo di appoggioper i pellegrini della Galilea a Gerusalemme in occasione della Pasqua?Cerco di introdurmi in questa casa dove la Madre di Gesù vive il suo “Sabato santo”e di iniziare, col permesso di Giovanni, un dialogo con lei.Un dialogo fatto anzitutto di contemplazione del suo modo di vivere questo momento drammatico.Contemplo Maria: è rimasta in silenzio ai piedi della croce nell’immenso dolore dellamorte del Figlio e resta nel silenzio dell’attesa senza perdere la fede nel Dio dellavita, mentre il corpo del Crocifisso giace nel sepolcro. In questo tempo che sta tral’oscurità più fitta – “si fece buio su tutta la terra” (Mc 15,33) – e l’aurora del giornodi Pasqua – “di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato… al levar del sole” (Mc16,2) – Maria rivive le grandi coordinate della sua vita, coordinate che risplendonosin dalla scena dell’Annunciazione e caratterizzano il suo pellegrinaggio nella fede.Proprio così ella parla al nostro cuore, a noi, pellegrini nel “Sabato santo” della storia.1. Tu nel sabato del silenzio di Dio sei e rimani la “Virgo fidelis” e ci ottieniLa“consolazione della mente”. Che cosa ci dici, o Madre del Signore, dall’abisso della tuasofferenza?Che cosa suggerisci ai discepoli smarriti?Mi pare che tu ci sussurri una parola, simile a quella detta un giorno dal tuo Figlio:“Se avrete fede pari a un granellino di senapa…!” (Mt 17,20).Che cosa vuoi comunicarci? Tu vorresti che noi, partecipi del tuo dolore,partecipassimo anche della tua consolazione. Tu sai, infatti, che Dio “ci consola inogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano inqualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessida Dio” (2 Cor 1,4). E’ la consolazione che viene dalla fede.Tu, o Maria, nel Sabato santo sei e rimani la “Virgo fidelis”,la Vergine credente, tu porti a compimento la spiritualità di Israele,nutrita di ascolto e di fiducia… Noi non sappiamo, o Maria, da quale tipo di consolazione profondasei stata sostenuta nel tuo Sabato santo. Siamo certi però che Colui che ti ha gratificata di tali doniin momenti decisivi della tua esistenza ti ha sostenuto anche in quel giorno, incontinuità con tutte le grazie precedenti. La forza dello Spirito, presente in te findall’inizio, ti ha sorretto nel momento del buio e dell’apparente sconfitta del tuoGesù. Tu hai ricevuto il dono di poterti fidare fino in fondo del disegno di Dio e nehai riconosciuto nel tuo intimo la potenza e la gloria. Tu ci insegni così a credereanche nelle notti della fede, a celebrare la gloria dell’Altissimo nell’esperienzadell’abbandono, a proclamare il primato di Dio e ad amarlo nei suoi silenzi e nelleapparenti sconfitte. Intercedi per noi, o madre, perché non ci manchi mai quellaconsolazione della mente che sostiene la nostra fede e fa sì che da un granello disenapa spunti un albero capace di offrire rifugio agli uccelli del cielo (cf Mt 13,31-32).

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2. Tu nel sabato della delusione sei la Madre della speranza e ci ottieni la “consolazione del cuore.Che cosa ci dici ancora, o Maria, dal silenzio che ti avvolge? Ti sento ripetere, comeun sospiro, la parola del tuo Figlio: “Con la vostra perseveranza salverete le vostreanime” (Lc 21,19). La parola “perseveranza” può essere tradotta anche con “pazienza”. La pazienzae la perseveranza sono le virtù di chi attende, di chi ancora non vede eppure continua asperare: le virtù che ci sostengono di fronte agli “schernitori beffardi, i quali gridano:‘Dov’è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gliocchi tutto rimane come al principio della creazione’” (2Pt 3,3-4).Tu, o Maria, hai imparato ad attendere e a sperare. Hai atteso con fiducia la nascitadel tuo Figlio proclamata dall’angelo, hai perseverato nel credere alla parola diGabriele anche nei tempi lunghi in cui non capitava niente, hai sperato contro ognisperanza sotto alla croce e fino al sepolcro, hai vissuto il Sabato santo infondendosperanza ai discepoli smarriti e delusi. Tu ottieni per loro e per noi la consolazionedella speranza, quella che si potrebbe chiamare “consolazione del cuore”.Se la “consolazione della mente” comporta una illuminazione dell’intelletto e una“apertura degli occhi” (cf Lc 24,31), la “consolazione del cuore” (cf Lc 24,32) – o“consolazione affettiva” – consiste in una grazia che tocca la sensibilità e gli affettiprofondi inclinandoli ad aderire alla promessa di Dio, vincendo l’impazienza e ladelusione. Quando il Signore sembra in ritardo nell’adempimento delle sue promesse,questa grazia ci permette di resistere nella speranza e di non venir meno nell’attesa.E’ la “speranza viva” di cui parla Pietro (cf 1Pt 1,3), è la “speranza contro ognisperanza” di cui parla Paolo a proposito di Abramo (cf Rom 4,18), il quale “per lapromessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria aDio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace diportarlo a compimento” (Rom 4,20-21).Tu, o Madre della speranza, hai pazientato con pace nel Sabato santo e ci insegni aguardare con pazienza e perseveranza a ciò che viviamo in questo sabato della storia,quando molti, anche cristiani, sono tentati di non sperare più nella vita eterna eneppure nel ritorno del Signore. L’impazienza e la fretta caratteristiche della nostracultura tecnologica ci fanno sentire pesante ogni ritardo nella manifestazione svelatadel disegno divino e della vittoria del Risorto. La nostra poca fede nel leggere i segnidella presenza di Dio nella storia si traduce in impazienza e fuga, proprio comeaccadde ai due di Emmaus che, pur messi di fronte ad alcuni segnali del Risorto, nonebbero la forza di aspettare lo sviluppo degli eventi e se ne andarono daGerusalemme (cf Lc 24,13ss.). Noi ti preghiamo, o madre della speranza e della pazienza: chiedi altuo Figlio che abbia misericordia di noi e ci venga a cercare sulla strada delle nostre fughe eimpazienze, come ha fatto con i discepoli di Emmaus. Chiedi che ancora una volta lasua parola riscaldi il nostro cuore (cf Lc 24, 32).Intercedi per noi affinché viviamo nel tempo con la speranza dell’eternità, con lacertezza che il disegno di Dio sul mondo si compirà a suo tempo e noi potremocontemplare con gioia la gloria del Risorto, gloria che già è presente, pur se inmaniera velata, nel mistero della storia.3. Tu, nel sabato dell’assenza e della solitudine, sei e rimani la madre dell’amore e ciottieni la “consolazione della vita”. A questo punto, o Maria, azzardo un’ultima domanda: ma chesenso ha tanto tuo soffrire? Come puoi rimanere salda mentre gli amici del tuo Figlio fuggono, sidisperdono, si nascondono? Come fai a dare significato alla tragedia che staivivendo?Mi pare che tu risponda di nuovo con le parole del tuo Figlio: “Se il chiccodi grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce moltofrutto” (Gv 12,24). Il senso del tuo soffrire, o Maria, è dunque la generazione di un popolo dicredenti.

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Tu nel Sabato santo ci stai davanti come madre amorosa che genera i suoi figli apartire dalla croce, intuendo che né il tuo sacrificio né quello del Figlio sono vani. Selui ci ha amato e ha dato sé stesso per noi (cf Gal 2,20), se il Padre non lo harisparmiato, ma lo ha consegnato per tutti noi (cf Rom 8,32), tu hai unito il tuo cuorematerno all’infinita carità di Dio con la certezza della sua fecondità. Ne è nato unpopolo, “una moltitudine immensa… di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap7,9); il discepolo prediletto che ti è stato affidato ai piedi della croce (“Donna, ecco iltuo figlio”, Gv 19,26) è il simbolo di questa moltitudine. La consolazione con la quale Dio ti hasostenuto nel Sabato santo, nell’assenza di Gesù e nella dispersione dei suoi discepoli, è una forzainteriore di cui non è necessario essere coscienti, ma la cui presenza ed efficacia si misura dai frutti,dalla fecondità spirituale. E noi, qui e ora, o Maria, siamo i figli della tua sofferenza.La percezione di una forza che ci ha accompagnato in momenti duri, anche quandonon la sentivamo e ci sembrava di non possederla, è una esperienza vissuta da tuttinoi. Ci pare a volte di essere abbandonati da Dio e dagli uomini, e però, rileggendo inseguito gli eventi, ci accorgiamo che il Signore aveva continuato a camminare con noi,anzi a portarci sulle sue braccia. Ci succede un po’ come a Mosé sul monte Oreb:egli riuscì a vedere qualcosa della gloria di Dio, che desiderava tanto contemplare(“Mostrami la tua gloria!”, Es 33,18) solo quando era già passata (cf Es 33,19-22).Una tale consolazione opera in noi e ci sostiene efficacemente, pur senza unaconsapevole illuminazione della mente e una percepita mozione degli affetti delcuore; essa opera dandoci la forza di resistere nella prova quando tutto intorno èoscurità. La chiamo “consolazione sostanziale” perché tocca il fondo e la sostanzadell’anima, ben al di sotto di tutti i moti superficiali e consci; oppure “consolazionedella vita” perché i suoi effetti si esprimono nella quotidianità permettendoci di starein piedi nei momenti più duri (“resistere nel giorno malvagio”, Ef 6,13), quando lamente sembra avvolta dalla nebbia e il cuore appare stanco.Tu conosci, o Maria, probabilmente per esperienza personale, come il buio del Sabatosanto possa talora penetrare fino in fondo all’anima pur nella completa dedizionedella volontà al disegno di Dio. Tu ci ottieni sempre, o Maria, questa consolazioneche sostiene lo spirito senza che ne abbiamo coscienza, e ci darai, a suo tempo, divedere i frutti del nostro “tener duro”, intercedendo per la nostra fecondità spirituale.Non ci si pente mai di aver continuato a voler bene! Ci accorgeremo allora di avervissuto un’esperienza simile a quella di Paolo che scriveva ai Corinti: “In noi opera lamorte, ma in voi la vita” (2 Cor 4,12).Tu, o Maria, sei madre del dolore, tu sei colei che non cessa di amare Dio nonostantela sua apparente assenza, e in Lui non si stanca di amare i suoi figli, custodendoli nelsilenzio dell’attesa. Nel tuo Sabato santo, o Maria, sei l’icona della Chiesadell’amore, sostenuta dalla fede più forte della morte e viva nella carità che superaogni abbandono. O Maria, ottienici quella consolazione profonda che ci permette diamare anche nella notte della fede e della speranza e quando ci sembra di non vedereneppure più il volto del fratello!Tu, o Maria, ci insegni che l’apostolato, la proclamazione del Vangelo, il servizio pastorale,l’impegno di educare alla fede, di generare un popolo di credenti, ha unprezzo, si paga “a caro prezzo”: è così che Gesù ci ha acquistati: “Voi sapete che nona prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuotacondotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo” (1 Pt 1,18-19). Donaci quell’intima consolazione della vita che accetta di pagare volentieri, inunione col cuore di Cristo, questo prezzo della salvezza. Fa’ che il nostro piccoloseme accetti di morire per portare molto frutto! e nella forza della fede, sostenendo lafragile speranza dei discepoli.

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Domenica di Pasqua“Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme

comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giornodella settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi cifarà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo,osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse moltogrande” (Mc 16,1-2).

“Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino,quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro” (Gv20,1).

Oggi nel Vangelo rotolano pietre.Le donne che vanno al sepolcro per ungere il corpo di Gesù sono preoccupateperché non c’è con loro nessun uomo che possa aiutarle a sollevare una pietracosì pesante e permettere loro di accedere alla tomba. Ma, con grande sorpresa,si accorgono che la pietra è già stata tolta…Mi piace pensare la Pasqua come la festa delle pietre che saltano. Saltanodai tanti sepolcri dentro i quali ci siamo chiusi con il nostro rancore e il nostroegoismo, saltano dai sepolcri dentro i quali abbiamo chiuso tante persone con ilnostro giudizio e la nostra maldicenza, saltano dai cuori – questi si di pietra! –incapaci di amare, saltano dalle spalle su cui le abbiamo caricate, spesso senzasapere perché…

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Le pietre che saltano dalle nostre tombe, fanno uscire la puzza di morte che ciabita e restituiscono luce alle nostre zone d’ombra. Ci rimettono incomunicazione con la vita, con l’esterno, con le periferie abitate da uomini edonne che ci chiedono parole e gesti di speranza. Le pietre che rotolano via cirimettono in comunione.In altri termini, la forza della resurrezione ci restituisce alla vita. Quella vera.La vita fatta di amore alla misura del dono, fatta di relazioni riconciliate, fatta disguardi innamorati.La vita vera non è e non può essere una gabbia che toglie il respiro, nonpuò più essere una pietra da trascinare stancamente in attesa di tempimigliori.E Gesù, non è qui, in queste tombe. Non lo puoi trovare se non facendo tuaquesta forza che è la forza dell’amore. L’amore che non giudica, l’amore cheaccoglie senza condizioni, l’amore che perdona e rimette in piedi.E in piedi sta chi non è morto, cioè chi è risorto.La forza della risurrezione è – dunque – l’amore.Ama con tutto te stesso, con tutta te stessa. Perdona e non giudicare.Tendi la mano e accogli tutti, soprattutto chi più ha bisogno di essereamato e consolato.E sarà risurrezione. La tua. La sua.Buona risurrezione!

Non un'idea ma un fatto si è imposto agli apostoli(Ermes Ronchi)

La Pasqua è arrivata a noi attraverso gli occhi e la fede delle donne che avevano seguitoGesù, in un'alba ricca di sorprese, di corse, di paure. Maria di Magdala e Maria di Giacomoescono di casa nell'ora tra il buio e la luce, appena possibile, con l'urgenza di chi ama. Eandarono a visitare la tomba. A mani vuote, semplicemente a visitare, vedere, guardare,soffermarsi, toccare la pietra. Ed ecco ci fu un gran terremoto e un angelo scese: concorsodi terra e di cielo, e la pietra rotola via, non perché Gesù esca, ne è già uscito, ma permostrarlo alle donne: venite, guardate il posto dove giaceva. Non è un sepolcro vuoto cherende plausibile la risurrezione, ma incontrare Lui vivente, e l'angelo prosegue: So checercate Gesù, non è qui! Che bello questo: non è qui!C'è, esiste, vive, ma non qui. Va cercato fuori, altrove, diversamente, è in giro per le strade, èil vivente, un Dio da cogliere nella vita. Dovunque, eccetto che fra le cose morte. È dentro isogni di bellezza, in ogni scelta per un più grande amore, dentro l'atto di generare, nei gestidi pace, negli abbracci degli amanti, nel grido vittorioso del bambino che nasce, nell'ultimorespiro del morente, nella tenerezza con cui si cura un malato. Alle volte ho un sogno: che alSanto Sepolcro ci sia un diacono annunciatore a ripetere, ai cercatori, le parole dell'angelo:non è qui, vi precede. È fuori, è davanti. Cercate meglio, cercate con occhi nuovi. Vi precedein Galilea, là dove tutto è cominciato, dove può ancora ricominciare. L'angelo incalza:ripartite, Lui si fida di voi, vi aspetta e insieme vivrete solo inizi. Vi precede: la risurrezione diGesù è una assoluta novità rispetto ai miracoli di risurrezione di cui parla il Vangelo. PerLazzaro si era trattato di un ritorno alla vita di prima, quasi un cammino all'indietro.

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Quella di Gesù invece è un cammino in avanti, entra in una dimensione nuova, capofila dellalunga migrazione dell'umanità verso la vita di Dio. La risurrezione non è un'invenzione delledonne. Mille volte più facile, più convincente, sarebbe stato fondare il cristianesimo sulla vitadi Gesù, tutta dedita al prossimo, alla guarigione, all'incoraggiamento, a togliere barriere epregiudizi. Una vita buona, bella e felice, da imitare. Molto più facile fondarlo sulla passione,su quel suo modo coraggioso di porsi davanti al potere religioso e politico, di morireperdonando e affidandosi. La risurrezione, fondamento su cui sta o cade la Chiesa (stantisvel cadentis ecclesiae) non è una scelta degli apostoli, è un fatto che si è imposto su di loro.Il più arduo e il più bello di tutta la Bibbia. E ne ha rovesciato la vita.

O Signore risorto (Tonino Bello)O Signore risorto,

donaci di fare l'esperienza delle donne il mattino di Pasqua.Esse hanno visto il trionfo del vincitore,

ma non hanno sperimentato la sconfitta dell'avversario.Solo tu ci puoi assicurare che la morte è stata vinta davvero.Donaci la certezza che la morte non avrà più presa su di noi.

Che le ingiustizie dei popoli hanno i giorni contati.Che le lacrime di tutte le vittime della violenza e del doloresaranno prosciugate come la brina dal sole della primavera.

Strappaci dal volto,ti preghiamo o dolce Risorto,

il sudario della disperazione e arrotola per sempre,in un angolo, le bende del nostro peccato.

Donaci un po' di pace.Preservaci dall'egoismo.

Accresci le nostre riserve di coraggio.Raddoppia le nostre provviste di amore.

Spogliaci, Signore, da ogni ombra di arroganza.Rivestici dei panni della misericordia e della dolcezza.

Donaci un futuro pieno di grazia e di lucee di incontenibile amore per la vita.

Aiutaci a spendere per tetutto quello che abbiamo e che siamo

per stabilire sulla terrala civiltà della verità e dell'amore secondo il desiderio di Dio.

Amen

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I SEGNI DELLA NOSTRA PASQUA - Primo Mazzolari

I segni della Pasqua del Signore li possono vedere anche coloro che non credono: ma isegni della nostra Pasqua dove sono?Perché essi appaiano e ognuno li veda, è necessario che i cristiani «compiano»in sestessi ciò che manca alla passione di Cristo.Noi siamo tuttora nella fase del rifiuto: Allontana da me questo calice. Quando avremola forza da aggiungere: Però, non la mia, ma la tua volontà sia fatta (Lc. 22,42)?Questa è la prima condizione, convalidata dall'esempio del Maestro, la quale puòportare i nel giorno che il Signore ha fatto.Ogni rifiuto di bere la nostra sorsata di dolore comporta fatalmente la legittimità delsoffrire degli altri e l'aggravamento di esso.La mia croce va a cadere sulle spalle di questi e di quelli; e quando li vedo a terra gravatidal mio carico, ho persino la spudoratezza d'incolparli dell'andar male di ogni cosa. Chirifiuta il Calvario, non fa la Pasqua. Fa la Pasqua e aiuta a fare la Pasqua chi porta lapropria croce e dà mano alle spalle degli altri. Dove vuoi che prepariamo laPasqua? (Mt. 26, 17) gli chiedono i discepoli il primo giorno degli azzimi. Non c'è piùbisogno di chiederglielo. Ora, sappiamo dove si fa la Pasqua, e ne sappiamo anche lastrada, che passa at traverso i segni dei chiodi. Non ce n'è un'altra.Noi cristiani abbiamo fretta di vedere i segni della Pasqua del Signore, e quasi glimuoviamo rimprovero di ogni indugio, che fa parte del mistero della Redenzione. Inon-cristiani hanno fretta di vedere i segni della nostra Pasqua, che aiutano a capire isegni della Pasqua del Signore.Un sepolcro imbiancato, che di fuori appare lucente, ma dentro è pieno di marciume,non è un sepolcro glorioso.Chi mette insieme pesanti fardelli per caricarli sulle spalle degli altri, senza smuoverlinemmeno con un dito, è fuori della Pasqua.Chi fa le sue opere per richiamare l'attenzione della gente, invitando stampa etelevisione, non vede la Pasqua.Chi chiude il Regno dei Cieli in faccia agli uomini per mancanza di misericordia, nonsente la Pasqua.Chi paga le piccole decime e trascura la giustizia, la misericordia e la fedeltà, rinnega laPasqua.Chi lava il piatto dall'esterno, mentre dentro è pieno di rapina e d'intemperanza, nonfa posto alla Pasqua.

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Oggi è Pasqua, anche se noi non siamo anime pasquali: il sepolcro si spalancaugualmente, e l'alleluia della vita esulta perfino nell'aria e nei campi; ma chi sulle stradedell'uomo, questa mattina, sa camminargli accanto e, lungo il cammino, risollevargli ilcuore?Una cristianità che s'incanta dietro memorie e che ripete, senza spasimo, gesti e paroledivine, e a cui l'alleluia è soltanto un rito e non ha trasfigurante irradiazione della fedee della gioia nella vita che vince il male e la morte dell'uomo, come può comunicare isegni della Pasqua?

Risorgi – Luigi VerdiRisorgi, ora che la pauradomina la speranza.Risorgi e donaci parole coraggiosee spighe di calore,affinché questa generazionespezzi le catene.Risorgi e donaci pace nei cuorinon più abitati dalla gioia,tu che ci accogli senzasoffocare il nostro grido.Risorgi e donaci la pazienza,unica cura,quando il male è scaltro.Risorgi e donaci occhilacrimanti di stupore.Risorgi, silenzioso,a riempire la casa di luce.

[ Questo testo fa parte della raccolta “Preghiere”, di don Luigi Verdi, pubblicata dallacasa editrice della Fraternità di Romena, http://www.romena.it ]

“Ove si riconosceche la potenza della morte è infranta,ove il miracolo della risurrezione edella vita nuova splende in mezzo almondo di morte, lì non sipretendono dalla vita cose eterne, lì siprende dalla vita quanto essa dà, nonil tutto o il nulla, bensì il bene e ilmale, le cose importanti e quellemeno, la gioia e il dolore,lì non ci si aggrappa convulsamentealla vita

ma neppure la si getta viaspensieratamente,lì ci si contenta di una misura finita ditempo limitato e non si attribuisce unvalore eterno a realtà terrene,lì si lascia alla morte il limitato dirittocha ancora possiede.E si attende l'uomo nuovo e il mondonuovo solo al di là della morte,dalla potenza che l'ha vinta.Il Cristo risortoporta la nuova umanità in sé,l'ultimo glorioso sì di Dioall'uomo nuovo.” (D.Bonhoeffer)

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PASQUA, LUCE DEI CREDENTI(don Lino Ramini)

<< Sono passato in mezzo a tanta nebbia.I fari della macchina, man mano che avanzavo, la penetravano lentamente, quasi afatica, tanto che, per un momento, ho pensato che se fosse stata più fitta, gliantinebbia sarebbero stati inutili, non ce l’avrebbero fatta.Poi ho riflettuto: in fondo la luce che essi diffondevano non dipendeva dal fenomenoche mi riduceva la visibilità e mai, ancorché la nebbia fosse stata più fitta, avrebbepotuto spegnere quella luce; semmai avrebbe ridotto il suo raggio, ma la luce no,sarebbe rimasta accesa.E ho acquistato coraggio che mi ha permesso di guidare con più disinvoltura: eh, già– mi dicevo – al massimo, di fronte a un addensamento più forte, avrei dovuto solorallentare la corsa, procedere con maggiore cautela per vincere la cortina che mi siparava dinanzi, ma un minimo di luce l’avrei pur sempre avuto, indipendentementeda essa; perciò ero in grado di andare avanti.Certo: ho continuato il viaggio con un’andatura a tempo, lentamente, facendoattenzione più alla strada che non alle cose intorno; gli stessi lampioni ai bordi dellacarreggiata e le insegne mi sembravano più lontani, più morbidi nella lorodemarcazione, quasi dai contorni sfocati.Mi accorsi subito di un vantaggio: quegli elementi mi distraevano di meno;l’importante era la luce mia che mi permetteva di avanzare con sicurezza.Chissà perché mi sono riferito alla Pasqua!Ma non è essa, per i credenti, l’unica luce che avanza nella nebbia del dubbio,dell’indifferenza, della perplessità tra le deboli luci dei valori umani?Chi crede ha la “tangibilità” di potere avanzare tra le difficoltà della vita e sa chepuò andare oltre la morte: la vita di Cristo Risorto non è legata alle leggi naturaliche portano la materia alla sua distruzione; è una luce – per rimanere alle immaginisopra descritte – che può avanzare oltre la morte e non sarà certo questa che laspegnerà. Per un credente, vivere la Pasqua è andare alla fonte di ogni speranza e farefesta, perché ha trovato la vita del Cristo Risorto.>>

Domenica di PasquaINTRODUZIONE

È risorto il Signore dalla tombacolui che era appeso al legno della croce

alleluja, alleluja, alleluja!

La pietra è stata tolta dal sepolcroil Signore era morto, ma ora vive per sempre

alleluja, alleluja, alleluja!

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Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone

alleluja, alleluja, alleluja!

Al Padre e al Figlio e allo Spirito santo è gloria nei secoli dei secoli

alleluja, alleluja, alleluja!

INNO

Ecco le nozze dell’Agnelloi profeti di un tempo sono ebbri di gioial’anno di grazia è proclamatogiustizia e pace.

Ecco le nozze dell’Agnellooggi il mondo riveste il suo manto di gloriacieli e terra sono nuovie tutto è grazia.

Ecco le nozze dell’Agnelloogni uomo ormai prende parte alla festascende dal legno la salvezzala morte è vinta.

Ecco le nozze dell’Agnelloai seguaci del Figlio viene data la terral’era finale è già iniziatala luce splende.

Ecco le nozze dell’Agnellonello Spirito santo Cristo regna gloriosovivo per sempre in seno al PadreSignore, vieni!

SALMO 1481 Alleluja!

Lodate il Signore dai cielilodatelo nell’alto dei cieli2 lodatelo, voi tutti suoi angelilodatelo, voi tutte sue schiere.3 Lodatelo, sole e lunalodatelo, stelle tutte rilucenti4 lodatelo, cieli dei cielivoi acque al di sopra dei cieli.

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5 Diano lode al Nome del Signoredal suo comando sono stati creati6 li ha resi stabili nei secoli per sempreha fissato un ordine immutabile.7 Lodate il Signore dalla terravoi mostri marini e tutti gli abissi8 fuoco e grandine, neve e nebbiavoi venti che eseguite la sua parola.9 Voi monti e tutte le collinealberi da frutto e tutti i cedri10 voi animali del bosco e della campagnarettili e uccelli che volate.11 Governi del mondo e popoli tuttivoi capi e giudici della terra12 voi giovani insieme alle ragazzevoi vecchi insieme ai bambini.13 Date lode al Nome del Signoreil suo Nome è il solo sublimela sua bellezza è sulla terra e nei cieli14 egli esalta il vigore del suo popolo,è la lode di tutti i credentidi Israele, popolo a lui vicino.

Alleluja!

VANGELO Dal Vangelo secondo Giovanni – Gv 20,1-181 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancorabuio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altrodiscepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e nonsappiamo dove l'hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono alsepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse perprimo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro,che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario - che era stato sul suocapo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l'altro discepolo,che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso laScrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. 10I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo acasa.11Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinòverso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro deipiedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Risposeloro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietroe vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi?Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portatovia tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e glidisse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perchénon sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: «Salgo al Padre mio e Padrevostro, Dio mio e Dio vostro»». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto ilSignore!» e ciò che le aveva detto.

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TROPARIO

Cristo è risorto dai morticon la morte calpesta la mortee ai morti nei sepolcrifa dono della vita.

CONTEMPLAZIONE

℟. Amen, amen. Alleluja!

Oggi la vita ha vinto la morte,la croce ha svuotato gli inferi,l’amore ha distrutto ogni odio,perché il Signore Gesù è risorto. ℟.

Ti salutiamo, giorno del Signore,primo giorno della creazione dell’universo,ottavo giorno profezia dell’eternità,perché il Signore Gesù è risorto. ℟.

Oggi è il nostro giorno di festa,il riposo ristora i nostri corpi,la pace inonda i nostri cuori,perché il Signore Gesù è risorto. ℟.

Ti accogliamo, giorno pasquale,giorno del Sole senza tramonto,giorno del Veniente nella gloria,perché il Signore Gesù è risorto. ℟.

Oggi è il giorno della chiesa,lo Spirito ci riunisce in un solo corpo,la comunione annienta ogni divisione,perché il Signore Gesù è risorto. ℟.

ORAZIONE

Preghiamo:

O Dio,che in questo giornoper mezzo del tuo unico Figlio hai vinto la mortee ci hai aperto il passaggio al tuo regno,concedi a noi che celebriamo la resurrezione del Signoredi risorgere, rinnovati dal tuo Spirito santo,alla luce della vita eterna. Per Cristo nostro Signore.– Amen.

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PADRE NOSTRO

Padre, accordaci la forza dello Spirito santo– egli stesso interceda per noi.

Padre nostro ...

BENEDIZIONE

La pace e la gioia del Cristo risorto siano in voie niente e nessuno ve le rapisca.

– Amen.

ALLELUJA

Annuncio della Pasqua – nel tempo dell’epidemia 2020

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PER IL MATTINO DI PASQUAIo vorrei donare una cosa al Signore,

ma non so che cosa.Andrò in giro per le strade

zufolando, così,fino a che gli altri dicano: è pazzo!

E mi fermerò soprattutto coi bambinia giocare in periferia,e poi lascerò un fiore

ad ogni finestra dei poverie saluterò chiunque incontrerò per via

inchinandomi fino a terra.E poi suonerò con le mie mani

le campane sulla torrea più riprese

finché non sarò esausto.E a chiunque vengaanche al ricco dirò:

siedi pure alla mia mensa,(anche il ricco è un povero uomo).

E dirò a tutti:avete visto il Signore?Ma lo dirò in silenzioe solo con un sorriso.

Io vorrei donare una cosa al Signore,ma non so che cosa.

Tutto è suo donoeccetto il nostro peccato.Ecco, gli darò un’icona

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dove lui bambino guardaagli occhi di sua madre:

così dimenticherà ogni cosa.Gli raccoglierò dal pratouna goccia di rugiada

è già primaveraancora primavera

una cosa insperatanon meritata

una cosa che non ha parole;e poi gli dirò d’indovinare

se sia una lacrimao una perla di sole

o una goccia di rugiada.E dirò alla gente:

avete visto il Signore?Ma lo dirò in silenzioe solo con un sorriso.

Io vorrei donare una cosa al Signore,ma non so che cosa.

Non credo più neppure alle mie lacrime,e queste gioie sono tutte povere:

metterò un garofano rosso sul balconecanterò una canzone

tutta per lui solo.Andrò nel bosco questa notte

e abbraccerò gli alberie starò in ascolto dell’usignolo,

quell’usignolo che canta sempre soloda mezzanotte all’alba.

E poi andrò a lavarmi nel fiumee all’alba passerò sulle porte

di tutti i miei fratellie dirò a ogni casa: pace!e poi cospargerò la terra

d’acqua benedetta in direzionedei quattro punti dell’universo,

poi non lascerò mai morirela lampada dell’altare

e ogni domenica mi vestirò di bianco.+ Padre David Maria Turoldo

Festa di don Angelo CasatiÈ mattino di Pasqua. C’è come un fremito nei racconti della risurrezione, il fremito delcorrere. Del correre di Pietro e di Giovanni. Si dice che corsero. E uno, il più giovane, piùveloce dell’altro.

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Ma, ancor prima di loro, ci fu il correre di Maria, la donna di Magdala: il fatto che si siarecata al sepolcro di buon mattino, quando ancora era buio, dice molto del desiderio,dell’amore, del correre del desiderio.Ecco, oggi che siamo trattenuti nelle case, sembra quasi prendere più limpidezza il correredel desiderio. E forse una prima preghiera che ci potrebbe nascere in cuore, leggendo leScritture, potrebbe essere questa: che non venga meno in questi giorni il correre deldesiderio. E che la vita non sia un dormire ad occhi spenti. E che la casa non sia senzafinestre ad avvistare. E che la chiesa non sia a passi lenti o chiusa nell’immobilità deicenacoli. Che la chiesa ritorni, le case ritornino, ognuno di noi ritorni ad essere la donnadel mattino di Pasqua.La suggestione del correre si accompagna nel racconto dei vangeli al filtrare di una lucefatta di silenzi e di parole sussurrate. Non c’è l’invadenza dell’apparizione, non c’è unaluce sfolgorante che ti vince e ti piega. Noi forse avremmo preferito una modalità diversa,imponente. Forse la spettacolarità del morto che esce dalla tomba. Miracoli, segniclamorosi.Ebbene noi oggi, fedeli a quell’inizio, evochiamo e attendiamo risurrezioni senza pruritodi segni clamorosi, senza attesa o pretesa di miracoli. Fede vera chiede un abbandono apiccoli segni: uno che ti chiede perché piangi. uno che ti mostra ferite che vengonodall’avere amato, uno che ti cammina a fianco in una sera sconsolata e ti chiede diraccontare il perche del tuo volto triste, uno che dopo notti di pescagioni fallite accendesulle sabbie a riva un fuoco per abbrustolire pane e pesci e senti profumo di pesce arrostito.Perché non scorgere sussulti di risurrezione nelle piccole cose, quelle che solo per chi nonha occhi sono pallide e insignificanti?^ Segni che parlano invece a chi ha un cuore inricerca, a chi non è assopito mortalmente dalla notte, a chi sa uscire di casa, come Mariadi Magdala.È risorto il crocifisso, ha ritrovato la vita colui che ha dato la vita. Più forte della morte èla vita. O forse, dilatando la parola del Cantico dei Cantici, potremmo dire: “Più fortedella morte è l’amore”. Infatti questo giardino dei racconti della risurrezione assomigliamolto al giardino del Cantico dei Cantici, dove l’amata si aggira alla ricerca struggentedel suo amato scomparso:“L’ho cercato ma non l’ho trovatol’ho chiamato ma non mi ha risposto.Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,se trovate il mio dilettoche cosa gli racconterete?Che sono malata d’amore”.Ebbene, il giardino della Risurrezione ci dice che l’amore è più forte della morte.E non sarà proprio questo che ci consente in giorni come questi – e sembra un azzardo –di fare festa? Non l’incoscienza, non l’indifferenza, non la smemoratezza. Ma ilricordare. Il ricordare l’amore, segni concreti di amore, più forti della morte. Brividi dirisurrezione.Come da fessuranella notte estremafiltra senza ferireuna luceintenerimentodell’angoscia.

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Presenze lievicome di mistero,sussurri di vitanel giardino della tomba vuota,tra le porteschiuse del cenacolo,nel profumo di pesce arrostitosulle sabbie estasiatedel litorale:è il Signore.Perché piangi, Maria?Non cercarlotra cose morte.Accendi un lumealla tua finestrae sia segno nella notteche è passato di qui,oggi, il Vivente, il risorto.

Sbuca da tutte le parti il SignorePensando che fosse il custode del giardino, gli disse: Signore, se l’hai portato via tu,

dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderloGv 20, 15.

La festa che oggi celebriamo secondo la liturgia è la festa che dà origine a tutte le feste.Dà origine alla possibilità stessa di fare festa. Possiamo fare festa?La Pasqua non è soltanto una festa come tante altre, una festa un poco più solenne dellealtre. Senza la Pasqua viene meno il senso ultimo del far festa.Potremmo chiederci perché. Perché, così mi sembra, senza la Pasqua ogni festa sarebbeaggredita, nel più profondo, da un dubbio che ucciderebbe il cuore di ogni far festa: …ela morte? E se la morte fosse l’ultima parola? Se la morte fosse l’ultima nostra frontiera?Ecco, la risurrezione di Cristo, la vittoria sull’ultimo nemico, la morte, ci consente ditogliere questo tarlo che tormenterebbe e guasterebbe ogni nostro far festa.Perché far festa? Perché Cristo è risorto per noi. È bellissimo ripercorrere nei vangeli ilsuccedersi delle manifestazioni del Risorto: questo sbucare del Signore da tutte le parti.Vicino a chi piange e ti chiama per nome. Vicino a chi cammina e prende il tuo passo.Vicino a chi dubita e conforta la tua fede. Vicino a chi cerca e dà significato all’ultimaattesa del cuore. Vicino a chi ha paura e dice: non abbiate paura. Vicino a chi è stanco eprepara pesce arrostito sulle sabbie estasiate del litorale.Questo Signore che ormai sbuca da tutte le parti: ora è nel giardino, ora è sulla strada diEmmaus, ora è in un cenacolo, ora è lungo la riva del lago, ora è sulla cima del monte.È risorto e dunque – perdonate l’espressione – è ancora più «dentro», dentro la storiadell’umanità, fino ad essere dentro la storia di ciascuno di noi. Se non fosse risorto,saremmo noi qui oggi?A volte mi sorprende e mi commuove questa sua passione per noi. Come se fosse malatodi noi. È questo il suo male, come è stato scritto: «Suo male era l’amore per l’uomo».

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Perché far festa? Perché è il giorno in cui avviene ciò che umanamente sembravaimpossibile. Il giorno in cui Dio viene a proclamare che è legittimo, legittimo attenderel’impossibile.La vita, voi me lo insegnate, sembra fatta apposta per rimpicciolire le nostre speranze:ogni giorno le va riducendo, le accomoda secondo le cose che capitano. Succede a tuttinoi di ridurre a poco a poco l’orizzonte della speranza.Era successo anche a Maria di Magdala, anche lei aveva finito per rinunciare allasperanza troppo grande. Ora le sarebbe bastato venire ogni giorno a visitare la tomba delsuo Maestro e amico e portare aromi, portare profumi.Così come succederà ai due discepoli di Emmaus. «Speravamo» dicono. Ora abbiamomesso la speranza nel cassetto o meglio nella tomba.Vedete come la vita riduce gli orizzonti della speranza. Maria di Magdala, sulla sogliadella tomba vuota, contempla quello che i suoi occhi non sognavano più di contemplare,ascolta, intenerita dall’emozione, una voce che non avrebbe mai più pensato di udire.Da quella tomba era uscito il suo Signore. Ma da quella tomba era uscita viva la suasperanza morta.Forse abbiamo anche noi qualche speranza da risuscitare. Anche i nostri occhi – secrediamo – potranno vedere quello che non sognavamo più di vedere. Anche noipotremo ascoltare voci che non pensavamo più di ascoltare. Queste mani, questo cuore,potranno inventare cose che umanamente ci sarebbe parso impossibile inventare.Per questo mi viene spontaneo chiedermi dove sono oggi i testimoni della risurrezione.E mi sembra di sorprenderli nel numero di coloro che, uomini e donne, quotidianamentesanno ricucire le speranze.C’è un immenso bisogno oggi. Stiamo infatti diventando fragili, fragili e vulnerabili. Stadilagando la paura, vanno serpeggiando discorsi senza speranza. Qualcuno dice chetutto è perduto, che tutto è finito. E si crea paralisi, paralisi di fantasia, di immaginazione,di creatività.E allora tu che credi nella risurrezione, sta – a tutti i livelli – accanto agli uomini e alledonne di questo tempo a ricucire, pazientemente, insonnemente, questa speranza cheoggi si è fatta fragile, debole, indifesa, a rischio di essere sommersa dalla paura.Che Cristo è risorto non lo possiamo dire semplicemente cantandolo nelle nostre chiese,ma seminando la speranza, ricucendo le speranze nel cuore degli uomini e delle donnedi oggi, quella speranza che a volte sembra sventolare triste come un drappo strappatonel cuore di questa umanità.Il Signore Risorto ce ne dia il coraggio e la forza.

Notte della luce di Gian Gabriele VertovaNotte di Pasqua, prima della luce. Questo straordinario racconto della Resurrezione secondoGiovanni, diverso dagli altri dei Sinottici, rappresenta in modo significativo la comunità deicredenti in Gesù nel cammino della fede. E’ davvero significativo che, a parte Pietro, degli altridue protagonisti sappiamo pochissimo… Oso pensare che la corsa della fede nella storia e nellebiografie di tutti è affidata a tanti anonimi fratelli nella fede. Senza titoli gerarchici, ma spinti allaricerca dal bisogno di amare. Prima di tutto Maria. Era una discepola di Gesù originaria diMagdala, un villaggio di pescatori sul lago di Tiberiade.

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Entra in scena nei Vangeli per la prima volta come una delle donne che assistevano Gesù e i suoidiscepoli coi loro beni, con la precisazione che da lei Gesù aveva scacciato sette demoni(probabilmente l’aveva guarita da una gravissima malattia). Fu confusa nella Tradizione delleChiese, non poco influenzate da riflessi patriarcali, con la peccatrice o con Maria di Betania, sorelladi Lazzaro e di Marta, forse per ridimensionarne il ruolo decisivo nella nascita della fede nellaResurrezione….Prima di Pietro e di Giovanni, prima della luce, è Lei che va al sepolcro e si accorge della pietrarimossa dal sepolcro. Giovanni non spiega le ragioni di questo andare, di notte, da sola, e nonper adempiere una funzione rituale o caritatevole, come poteva competere alle donne. Certo erainquieta, non sopportava la mancanza di Gesù, lo voleva incontrare … Qui nessun annuncio diangeli, solo una tomba vuota e un’ansia di donna, che ancora non crede possibile quello il suodesiderio vuole. Maria allora corre. Come corre, con Pietro, l’altro discepolo, quello che Gesùamava. Anche lui vede, ma non osa entrare, è gioia troppo grande quella che gli viene incontro,ha bisogno di tempo per accettarla…E’ Pietro che ha il coraggio dell’investigazione, che ne capisce la necessità. Responsabile delgruppo dei primi credenti sembra indicarci l’esigenza di uno sguardo critico, per evitare il facileinganno di chi, per accontentare il suo bisogno di consolazione, vuole vedere quello che non puòesserci. Questo è il rischio di persone molto «religiose», sempre in ricerca di miracoli e diapparizioni… Ma la fede pasquale non consente scorciatoie. Bisogna avere il coraggio di entrarenella tomba vuota per arrivare a credere.Non è nemmeno possibile crescere nella fede senza la pazienza dell’impegno di confrontarsi conaltri credenti intorno al testo delle Scritture, come ci fa capire il v.9 dove si è voluto porre laconclusione del brano. In questo mattino di Pasqua siamo chiamati alla gioia di una fede capacedi vedere, ma esortati a diffidare dalle scorciatoie e a riprendere l’impegno rinnovato allo studiodella Parola.

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PAROLE D’ARTE di Rosella FerrariNESSUNO HA VISTO

Questa è un’immagine che solo i credenti – con la fede – e gli artisti – conun’illuminazione – hanno potuto immaginare.Perché nessun umano ha assistito alla Resurrezione di Gesù. Nessun umano avrebbepotuto sopravvivere, dopo aver visto la potenza di Dio liberare Gesù dalla morte.Eppure non era solo, Gesù. C’erano gli angeli, accanto a lui, quella notte. Accanto alsuo sepolcro, anzi, dentro il suo sepolcro, dice il Vangelo. Erano lì, e aspettavano.Aspettavano il compimento del tempo di Gesù, per poterlo vedere di nuovo, vivo ereale e presente nel suo corpo intatto, non più sfigurato dalle torture e dalla morte.Certo che è strano, a pensarci bene. La vera novità, l’assoluta novità della nostra fedeè riposta in qualcosa che nessuno ha visto. Che nessuno ha quindi potuto raccontaredi prima mano. Che nessuno potrebbe credere, se non con la fede.I credenti e gli artisti, dicevo.Ed ecco che Arcabas, dopo aver riempito la parte bassa (ad altezza di occhi) della chiesadi S. Hugues con moltissime scene della vita di Gesù, affronta il compito più arduo:quello di mostrarci il risorto. Lascia (è il suo racconto) che il pennello si muova da solo,trasmettendogli un messaggio.Nasce così quest’opera di grandi dimensioni e di forma inconsueta, che egli faposizionare in controfacciata, proprio sopra la porta d’ingresso, così che noi, dopoaver percorso, guidati dalla sua arte, la vita di Gesù, la passione, la morte e ladeposizione, dirigendoci verso l’uscita siamo colpiti da questa immagine che dà sensoa tutto il resto. E se i nostri occhi tornano per un attimo al volto di Gesù crocifisso,scolpito da Arcabas sotto una vetrata che illustra la crocifissione con il titolo assurdodi “rinascita”, si spostano poi con emozione e sollievo alla grande tela che ci aspettaall’uscita.Perché qui Gesù non è più morto. Gesù ha rovesciato la pietra del sepolcro (o l’ha fattoil Padre…) e si è alzato in piedi, con un gesto di una potenza che ci sorprende.Questo non è l’uomo che ha sofferto e agonizzato sulla croce, esalando l’ultimo,faticoso respiro con sofferenza inaudita. Questo è un uomo giovane, forte, vivo e reale.Perfetto. I segni dei chiodi e della ferita di lancia sembrano lì per ricordarci il prima,altrimenti potremmo perderci solo nella visione di questa gloria.Arcabas vuole che questo corpo stupendo, mutuato da Leonardo da Vinci, rappresentila vittoria del bene sul male, della vita sulla morte, di Gesù sul peccato, sul nostropeccato. Su tutti i nostri peccati, di ogni tempo. Arcabas vuole che questo corporappresenti l’Amore più alto.Guardatelo, questo Cristo magnifico. Le braccia hanno ancora la posizione che avevanosu quella croce, ma le gambe allargate ci dicono la sua libertà. Le bende che con tantoamore i suoi amici avevano avvolto attorno al suo corpo, dopo averlo untodelicatamente, con carezze leggere, si stanno svolgendo.Gesù si sta trasfigurando sotto i nostri occhi. Il suo corpo è fatto di luce e di oro.L’abbraccio del Padre lo circonda, piano. Del vecchio corpo devastato rimane meno diuna gamba, che ha ancora il colore della terra, il colore dell’umanità. Ma tra poco, lovediamo bene, anche quelle bende si svolgeranno e l’oro abbraccerà per intero ilSalvatore.In questo turbinio di vento che ci pare di sentire, nello svolazzare delle bende che sisciolgono e nella luce di quell’oro che scende a rivestire il figlio di Dio, noi guardiamoGesù negli occhi. E vediamo che egli li tiene fissi nei nostri, non distoglie lo sguardo,ci guarda. Lasciando trasparire l’amore per noi, la gioia di una salvezza donata aprezzo della vita. Ci guarda e ci accompagna con lo sguardo.Mi è accaduto spesso di bloccarmi, di non riuscire ad uscire da quella chiesa, fissandoquegli occhi. Per scoprire che, anche quando l’ho fatto, continuavano a seguirmi. Lisentivo fissi su di me.

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Con il calore dell’amore più grande, quello di chi dà la vita per i suoi amici.La nostra fede ci dice che Gesù è tornato dal Padre. Che ci è tornato col suo corpoumano.Ma noi sappiamo che non ci è tornato con un corpo ferito e straziato, no.Gesù si è presentato al Padre con un corpo glorioso, vittorioso, potente. Un corpoumano, certo, ma pieno di gloria. Umano, per dirci che aspetta anche i nostri corpiumani, lassù, accanto a lui. Glorioso, perché il suo amore regalerà ai nostri corpi lagloria e la bellezza e la purezza della creazione.

SALMI PENITENZIARI PER LA SETTIMANA SANTA DEL 1946DI DAVID MARIA TUROLDO a cura di Brunetto Salvarani

VII. MA DOBBIAMO ILLUDERCIIl settimo, e ultimo, Salmo penitenziale scritto a Bordighera nel 1946 – l’anno seguentealla fine della seconda guerra mondiale – chiude la serie, composta da Turoldo in funzionedella Settimana santa. La lirica si presenta molto breve, dieci versi in tutto, e vi simanifesta chiaramente, a orecchie allenate, il magistero poetico di Giuseppe Ungaretti.In esso traspare, tutta intera e senza sconti, la fragilità della condizione umana: l’illusionedi “poter durare”, da una parte, destinata al fallimento, e il rifiuto di una consolazione abasso prezzo “dell’altrui pena”, dall’altra. Non siamo, infatti, secondo l’etimologiaebraica del nome Adamo, il primo uomo (il terrestre, o terricolo), che “un pugno di terra”,anche se “viva”; mentre, ammette padre David, “ogni parola” lo attraversa “come unaspada”. Non si tratta, però, di un esito che conduce alla disperazione, se, come amavasottolineare Paolo De Benedetti, “uno dei massimi bisogni da parte di Dio è quello dicondividere la fragilità del creato e dell’uomo.”Ma dobbiamo illuderci onde poter durare.

Ah, forse io non credoche per gli altri io devo consolare

e cibarmi dell’altrui pena.Sono un pugno di terra viva; ogni parola

mi traversa come una spada.