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PPRROOGGEETTTTOO

CCOOMMUUNNIISSTTAA

SPED.A

BB.POST.A

RT.1COMMA2D.L.353/03DEL24/12/2003(CONV.INL.46/04DEL27/02/2004)DCBBARI

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LLaa ffii nnaannzziiaarriiaa dd ii RReennzzii ee

CCoonnffii nndduussttrriiaa

Un attacco dei padroni darespingere con le lotte

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Dichiarazione del Segretariatointernazionale della Lit

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Contro Assad, Putin e ibombardamenti dell' imperialismooccidentale

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Un dossier per fare chiarezza

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2 Novembre-Dicembre 2015 PROGETTO COMUNISTA

PROGETTO COMUNISTAMensile delPARTITO DI ALTERNATIVA COMUNISTAsezione della Lega Internazionale dei LavoratoriQuarta InternazionaleNovembre-Dicembre2015–n.54–AnnoIX–NuovaserieTestata: ProgettoComunista–Rifondare l'OpposizionedeiLavoratori.Registrazione:n. 10 del23/3/2006presso ilTribunalediSalerno.

DirettoreResponsabile:Mauro Buccheri.CondirettoriPolitici:Adriano Lotito, ValerioTorre.

RedazioneeComitatoEditoriale:Giovanni“Ivan” Alberotanza, Mauro Buccheri,PatriziaCammarata, Riccardo Stefano D'Ercole,Adriano Lotito, Mauro Pomo, DavidePrimucci,ValerioTorre, SabrinaVolta.

GraficaeImpaginazione:Giovanni“Ivan” Alberotanza[Scribus+LibreOffice suDebianGNU/Linux]

Stampa: Litografica '92 –SanFerdinando diPuglia

Editore:ValerioTorre, C.soV.Emanuele, 14 –84123 Salerno.

E-mail: [email protected]: 328 17 87 809Sitiweb:www.alternativacomunista.orgwww.giovanicomunistirivoluzionari.tkwww.litci.org

Social: b.me/AlternativaComunistab.me/giovanicomunistirivoluzionari

La crisi capitalista morde i salari, creadisoccupazione dimassa, distrugge la vita dimilioni di persone con nuova precarietà e

oppressione, miseria, razzismo,sfruttamento!

Contro la crisi e il tentativo della borghesia edei suoi governi, di centrodestra e dicentrosinistra, di scaricarne i costi sui

proletari, crescono le manifestazioni in tuttaEuropa, dalla Spagna alla Grecia, protestestudentesche in Italia, lotte (per ora ancoraisolate) in diverse fabbriche del nostro Paese.Lotte contro la Troika europea che detta lalinea del più pesante attacco ai diritti delle

masse popolari degli ultimi decenni.

La situazione è straordinaria e vede unimpegno straordinario del Pdac per far

crescere le lotte in direzione di una coerenteprospettiva di classe, di potere dei lavoratori.

Sostieni le lottedei lavoratorie degli studenti...

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Un giornale che vede continuamente ampliarsi ilnumero dei suoi lettori, a cui offre: notizie di lotta,interviste, articoli di approfondimento sulla politicaitaliana e internazionale, traduzioni di articoli dallastampa della Lit-Quarta Internazionale, testi diteoria e storia del movimento operaio.Progetto comunista è un prodotto collettivo: ad ogninumero lavorano decine di compagni.È scritto da militanti e si rivolge a militanti e attivistidelle lotte.Viene diffuso in forma militante dalle sezioni delPdac e da tutti i simpatizzanti e da coloro che sonodisponibili a diffonderlo nei loro luoghi di lavoro odi studio.Abbonarsi a Progetto comunista non è soltantoimportante per leggere il giornale e sostenere unacoerente battaglia rivoluzionaria:è anche un'azione utile per contribuire a far crescerele lotte, il loro coordinamento internazionale, la lororadicalità.Se vuoi conoscere PROGETTO COMUNISTA, puoi leggerei pdfdei numeri precedenti sualternativacomunista.org

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POLITICA

Conny Fasciana

Siamo di fronte alla più impressionante crisiumanitaria del dopoguerra. Essa, secondo noinonacaso, è concomitante con lapeggiore crisiche il capitalismo attraversadopo quelladel '29.

Ecco qualche dato Ocse, in un rapporto presentato aParigi: nel 2015 nell'Unione Europea si toccherà “un li-vello senza precedenti di richiedenti asilo e rifugiati”conunnumero di procedure in crescita fino aunmilio-ne. Solo in Austria, per esempio, sono giunti migliaia diimmigrati al giorno nella secondametàdi settembre. LamaggiorpartediquestihacomemetalaGermania. Uni-cefrende noto che nei primi sette mesi del 2015 già 133mila bambini hanno chiesto asilo all'Ue, con un incre-mento di quasi l'80% rispetto al 2014. Bambini e adole-scenti costituiscono un quarto di tutti i richiedenti asiloin Europa. L'organizzazione delle Nazioni unite perl'Infanzia focalizza la sua attenzione sulla situazione inCroazia che, da quando l'Ungheria ha chiuso il confinecon la Serbia, costituisce una strada alternativa perl'ingresso in Europae dove si stimache, per esempio, inuna sola settimana siano entrati in 10.000 tra donne ebambini. NellaRepubblicadi Macedonia, dal giugno diquest'anno quasi 90.000 persone – di cui circa un terzodonneebambini–sono state registratepresso il confinea Gevgelija. In Serbia, durante lo stesso periodo, circa108.000 persone che attraversano il confine a Presevosonostateregistrate.Masistima, sottolineal'Unicef, chei dati reali potrebbero essere più alti del doppio, con unalto numero di persone transitate attraverso entrambi ipaesi senza essere state registrate. Nonostantel'emergeredinuovi itinerarinelMediterraneo orientale,la“strada centrale”, quella“che arriva in Italia” continuaad essere fortemente battuta da chi fugge verso l'Euro-pa. Più in generale, l'Ocse sottolinea che “l'impatto siconcentrainpochiPaesi”, traiquali“laTurchiacheospi-taattualmente 1,9 milionidi siriani eun importantenu-mero di iracheni”. E per molti governi, come l'Ungheriae in misura minore la Polonia e la Bulgaria, l'afflusso sularga scala di richiedenti asilo è un'esperienza del tuttonuova.Vecchiaè larisposta: eserciti e filo spinato!

Lecontromisure: normative, vertici europei,marchiatureecaritatevoleaccoglienza

Il vergognoso spettacolo messo in scena dall'Europain queste ultime settimane, nel quale gli attori sono mi-gliaia di disperati che fuggono, ha due copioni: laConvenzione di Dublino e ilTrattato di Schengen. Il Re-golamento di applicazione di Schengen permette aiPaesi firmatari di rafforzare i controlli “per esigenze diordinepubblico o sicurezzanazionale” e richiedeancheche chi varca la frontiera in qualità di “migrante econo-mico” debba disporre, tra le altre cose, di mezzi di so-stentamento prevedendo, quindi, che un paesefirmatario possa respingere un individuo ritenuto noncapace di potersi sostenere economicamente. I richie-denti asilo nel territorio europeo, invece, devono sotto-stare alla Convenzione di Dublino. Questa, siglata nel1990, rivista e corretta nel 2003 e poi nel 2013, nella suaversione in vigore dal 2014 prevede che la richiesta siaesaminata nel Paese di arrivo: visto che la maggioranzadegli extracomunitari viaggia via mare nel Mediterra-neo e approda sulle coste italiane, consente all'Europadimandare lenavinelMediterraneo, lavarsi lacoscienzasoccorrendobarconiegommoni, econsegnarlineiportiitaliani pretendendo che i richiedenti asilo debbano ri-siederenelPaeseUedi ingresso.

La sospensione di Schengen è una prassi attuabile inoccasione dei vertici internazionali, che consente aifirmataridel trattatodisospendere laliberacircolazionee ripristinare controlli interni ai confini degli Statifirmatari. Ecco perché nessuno ha trovato discutibileche la Commissione europea abbia autorizzato AngelaMerkel, in occasione del G7 in Germania, a sospendereSchengen e ripristinare i controlli alle frontiere per mo-

tivi di sicurezza legati allo svolgimento del summitinternazionale aGarmish.

Morto “Mare nostrum” è nata “Triton”, operazione acui partecipano 29 Paesi, finanziata dall'Unione euro-peacon2,9milionidieuroalmese: circadue terzi inme-no di quanti erano destinati a Mare Nostrum e cheprevede il controllo delle acque internazionali sola-mente fino a 30 miglia dalle coste italiane: il suo scopoprincipale è il controllo dellafrontieraenon il soccorso.

Mai un accenno a quanto si stiano impegnando i go-verni tutti nell'incrementare la repressione e nel regola-re i flussi di modo da approfittare di queste centinaia dimigliaia di immigrati come manodopera a basso costofunzionale agli interessi del capitale, vera e propriamacchinadaguerracontro ipopoli.

Il 23 settembre 2015 i leaderdell'UE si sono incontratia Bruxelles al fine di decidere in merito a: «prioritàconcrete di applicazione immediata; discutere sullemodalità per rispondere alle sfide migratorie a lungotermine, nonché sullaprotezionedelle frontiere esternedell'UEe l'assistenzaesternaairifugiatieaipaesidelno-stro vicinato».

I leaderdell'Uehannoconvenuto suunaseriediprio-rità: «assistere il Libano, la Giordania, la Turchia e altriPaesi nell'affrontare la crisi dei rifugiati siriani; mobili-tare almeno 1 miliardo di finanziamenti aggiuntivi perl'Alto Commissariato per i rifugiati e il Programma ali-mentaremondiale; rafforzare lacooperazione e il dialo-go con la Turchia a tutti i livelli; assistere i Paesi deiBalcani occidentali nella gestione dei flussi di rifugiati;aumentare i finanziamenti per combattere le causeprofonde dellamigrazione irregolare (come si ostinanoadefinirle, impunemente, tacendounavoltadipiùsugliinteressi del capitale! – ndr) e degli sfollati in Africa; farfronte alla drammatica situazione alle frontiere esternedell'UE e rafforzarne il controllo; assistere gli Statimembri in prima linea nell'istituzione di punti di crisi,per assicurare una corretta identificazione dei migrantie garantirne al tempo stesso la ricollocazione e ilrientro». I leader hanno anche sollecitato «rinnovatisforzidiplomatici per risolvere lacrisi inSiriae garantirelaformazionediungovernodiunitànazionale inLibia».

I leadereuropeidiscutono di“quotedi immigrati” co-me fossero quote azionarie e del finanziamento dellarepressione alle frontiere. Lo fanno per imporre criteripiùduriperconcedere ipermessidi residenza. Intendo-no riportareneipropriPaesi coloro chenonhanno i“re-quisiti” necessari per rimanere. Utilizzanostrumentalmente la “lotta contro il terrorismo” perrendere più difficile l'entrata dei rifugiati in Europa.Nell'Ungheria di Orban e in Repubblica ceca gli immi-grati vengono marchiati come i prigionieri del regimenazista. Un contesto disumano che vede le organizza-zioni di estrema destra approfittare per fomentare laguerra tra i poveri e il razzismo, avallate da un apparatomediatico che ha tutto l'interesse nell'utilizzare l'immi-grato come capro espiatorio di una crisi economica esociale sistemica. È il caso di Salvini e dellacrescitadellaLeganordinItalia, maanchediLePeninFrancia, PegidainGermania, Albadorata inGrecia.

E mentre i siriani lasciavano le stazioni ferroviarieungheresi decidendo di percorrere a piedi i 240 chilo-metri che li separavano dal confine austriaco, la sinistrariformista di Tsipras manganellava quelli cheraggiungevano le coste delle isole dell'Egeo.

Mailpapa, almeno lui, invitaall'accoglienza: bendue(!) stanze invaticano ospiteranno 2 famiglie di rifugiati!

Agenziediviaggio e resortperrifugiatiSono migliaiaogni giorno le donne, i bambini , gli uo-

mini che fuggono dalle proprie terre d'origine percercareunanuovaterrasullaquale ricostruire lapropriaesistenza.

Sono in fuga, non in gita di piacere! Sono in fuga, daguerre e dittature conniventi con l'imperialismo efuggono in condizioni che definire precarie sarebbe uneufemismo.

Ma ciò che è forse ancora peggio è che ad aspettare

quelli che sopravvivono sono i muri, le barriere di filospinato, le stazioni ferroviarie che non li fanno salire suitreni, anche se hanno regolari titoli di viaggio, le identi-ficazioni, le impronte digitali, gli eserciti, la polizia, lepallottole di gomma, i manganelli, i gas lacrimogeni. Evengono stipati in veri e propri campi di concentra-mento dove sono privatideidiritti basilari.

Quotidianamenteimediacibombardanodinumeriecasi umani, il più delle volte veri e propri bollettinidell'orrore.

Sentiamo di vite che si spengono tragicamentedentro le stivedeibarconidellamorte, lì dove il bigliettodella speranzacosta lametàedanche l'ariache si respi-raè lametà, o meno. Simuore uccisi dalle emissioni deifumi del gasolio che alimenta i barconi, come topi intrappola, magari senzaneppure rendersi conto che nelfrattempo chi viaggia “in prima classe” viene gettato amare dai mercanti della morte, gli scafisti, in vista dellecoste d'approdo.

Oppure si viaggia come merci, dentro container na-vali o su quattro ruote. A volte, se si è fortunati, si puòacquistare un biglietto dentro un cofano o arrotolatidentro laruotadiun tir!

Si viaggiaanche apiedi, per“godersi” meglio il pano-ramadella repressione alle frontiere, delle notti sotto lestellediPaesiostili, iltramontosugliscoglidiVentimigliaoquell'albasullacostaturcachenonsorgeràmaipiùperbimbi comeAylan.

Ed è proprio dallaSiria che proviene ungrannumerodi immigrati, in fugadaibombardamentidelladittaturadi Assad, dall'avanzata militare dello Stato islamico edalle potenze imperialiste che bombardano la regione,tuttinemicidellemasse popolari.

Lastampaborghesesipremuradimostrare immaginidi soccorsi e salvataggi, ci mostra bambini appena natiteneramente avvolti nel caldo abbraccio della“salvezza”, ci mostra lo spirito umanitario e l'abnega-zione dei volontari e dei soccorritori. Edulcora ad arteogni accenno ai mezzi di controllo e di repressione,difficilmente ci mostra l'orrore delle repressioni dimassa.

Mai ci parladella violenzadel capitalismo e delle sueresponsabilità in tutto questo.

LaRivoluzioneè lasolasoluzioneIl desolantequadro sopraevidenziato ciportaaduna

sola auspicabile conclusione: è necessario ribellarsi alsistema capitalista, unico responsabile della povertà edelle guerre dacui si fugge incercadi libertàedignità.

Eni,Telecom,Anas, Impregilo, Finmeccanica,Alitalia,Edison, Grimaldi, Visa, Unicredit. Tanto per citarnealcune. Le multinazionali, i loro signori, i grandi inte-ressidel capitale edeimercantidellaguerra, spacciatorilegalizzati di morte, si concentrano in quei territori de-vastati dalla fame, dalla povertà, dalla guerra, dalle ma-lattie, dalla sopraffazione. E mentre le frontiere dellasperanza si trasformano in prigioni, i trattati diventanoarene di scontri politici che alla base hanno solamenteinteressi economici e nazionalisti, i signori del mondoipotizzano forse il più abominevole dei disegni delcapitale per salvare se stesso: costruire centri profughinelle stesse terre dacui si fuggeperrendere l'uomo pro-fugo sullasuastessaterra.

Lottare, questaè l'unicastrada!Ribellarsi è il punto di partenza. Sfondare le barriere

delcapitaleconognimezzo, sosteneree fomentareognifocolaio di lotta, pretendere con la forza di essere citta-dinidiunmondo senzabarriere economiche, etnicheoculturali. Respingere gli interventi “umanitari” e darevitaallacostruzionedirealtàrivoluzionarie inognipartedelmondo.

Aprire le frontiere e abbattere le differenze attraversola costruzione della Quarta Internazionale, rompere eabbattere il sistema, come noi del Pdac ogni giorno ciimpegniamo a fare. La costruzione dell'organizzazionerivoluzionaria internazionale già iniziata in tanti Paesidel mondo, è da poco una realtà anche in Africa ed inAsia. LaRivoluzione è lasolasoluzione. (06/10/2015)

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PROGETTO COMUNISTA Novembre-Dicembre 2015 3POLITICA

Patrizia Cammarata

La finanziaria (legge di stabilità) 2016 èpresentata, dal governo, alle masse popo-lari e all'opinione pubblica del nostroPaese come l'atto di giustizia atteso da

tempo, un atto che metterà la parola fineall'immoralità dei decenni precedenti, una sceltadi equità di una generazione nei confronti diun'altra, un atto di pentimento da parte di genito-ri scialacquoni che hanno fatto ricadere sui figli iloro debiti di una vita colma di privilegi (privilegioche per il governo, rappresentante degli interessidi Confindustria, è consistito, ad esempio, nel di-ritto dei lavoratori ad accedere ad una pensioneche permettesse di sopravvivere, dopo una vita dilavoro) .

L'Unione europea ha concesso all'Italia noncerto una cancellazione del debito, ma solo unaflessibilità sui conti: tutto l'impianto della fi-nanziaria rimane il “compitino a casa” dettato daBruxelles. In nome di questa “flessibilità”,annunciata come un grande risultato, il governoRenzi-Padoan ha deciso di sopprimere per tutti latassa sulla prima casa di proprietà, associandoquesta manovra ad un messaggio populista chetenta di confondere la cancellazione di questa tas-sa al giusto principio del “diritto alla casa”, mentre,al contempo, Renzi strizza l'occhio all'elettoratodi destra, continuando nel suo progetto di defini-tiva conquista del suo blocco sociale, dato chequesta tassa non sarà abrogata solo per i proprie-tari di un'unica casa (quegli operai e salariati chesono riusciti ad acquistarla con il sacrificio di de-cenni di mutuo) ma anche per i ricchi borghesiche di case e ville ne possiedono a decine.

Mentre il governo ha concentrato la sua propa-ganda su questo passaggio (abolizione della tassasulla prima casa e cancellazione dell'Imu agricolae sui macchinari cosiddetti “imbullonati”) hacancellato al contempo ogni ipotesi d'investi-menti pubblici: la parola d'ordine è la tutela deiredditi dei ricchi con la falsa giustificazione che latutela di questa ricchezza potrà servire a tutti, as-serendo che questa ricchezza potrà essere investi-ta nello sviluppo e nella crescita per un benesserecollettivo. Da sempre la realtà dei fatti ci indica, alcontrario, che è una falsità affermare che l'au-mento dei redditi d'impresa (redditi che anchenella crisi sono sempre stati tutelati) porti ad unaumento della ricchezza generale. L'aumento deiredditi d'impresa è lo strumento per l'aumentodei grandi patrimoni finanziari ed alza, alcontempo, l'evasione fiscale.

Un'evasione fiscale alla quale questa finanziariatoglie anche il piccolo laccio che consisteva neltetto di mille euro per le transazioni in liquido.L'aumento ai tremila euro non è certo un provve-dimento rivolto a rendere più agevole la vita el'accesso alla spesa nei supermercati degli operaie dei precari che tremila euro li vedono, forse, conil lavoro di tutti i giorni di due mesi consecutivi, oper i pensionati poveri che i tremila euro, semprese ce la fanno, li conservano come unico ri-sparmio per le spese del proprio funerale (magariper non pesare sui figli spesso precari e/odisoccupati) . Anche questa misura risponde alleesigenze degli industriali che, dopo aver ottenutoil Jobs Act («Si realizza un nostro sogno», aveva di-chiarato allora il presidente di Confindustria,Giorgio Squinzi) , continuano ad andare all'incas-so e ottengono così un ulteriore vantaggio, unanormativa che potrebbe portare a facili possibilitàdi pagamenti fuori busta e transazioni esentasse.

Mentre la tassa alle imprese, a partire dal 2017,sarà ridotta, il canone Rai sarà abbassato di soli 13euro e inserito nella bolletta della luce. Sarannoprorogati gli incentivi per le ristrutturazioni edili-zie e le ristrutturazioni legate al risparmio energe-tico, provvedimenti che agevolano i soliproprietari di case in un Paese in cui la crisi eco-nomica ha determinato un calo di reddito dei nu-clei famigliari e migliaia di licenziamenti ai quali,spesso, seguono in breve tempo il dramma deglisfratti per morosità, negli ultimi anni in continuacrescita. Nessuna concreta ed efficace politica peril diritto alla casa in un Paese il cui patrimoniopubblico rappresenta circa il 5% degli immobilicontro il 15% in Germania e Francia, il 20% inInghilterra, il 35% in Olanda. Ma la finanziaria delgoverno Renzi non si preoccupa certo di assicura-re una casa alle migliaia di famiglie povere e ripro-pone una politica che sta portandoall'esasperazione la già drammatica situazione so-ciale del Paese che è l'ultimo in Europa negli inve-stimenti contro l'esclusione sociale.

Risulta chiaro che l'abbassamento delle tassecontinuamente ribadito da Renzi significa ridu-zione delle tasse prevalentemente su imprese (ri-duzione dell'Ires) e proprietà immobiliari, a frontedi un'ulteriore e parallela riduzione della spesapubblica e del patrimonio pubblico, un tagliodella spesa pubblica che è associata in modo de-magogico alle parole “efficienza”e “lotta agli spre-chi”, concetti che servono a portare l'opinionepubblica all'accettazione, come soluzione finale,delle privatizzazioni.

Una finanziaria che accrescele disuguaglianze sociali

Le giovani generazioni di disoccupati e precarinon troveranno nessun giovamento dall'approva-zione di questa finanziaria che non crea occupa-zione e non riduce la disoccupazione. Di là dallapropaganda la realtà ci parla di una situazionedrammaticamente consolidata: le misure di de-contribuzione per i nuovi assunti con il contratto

a tutele crescenti previsto dal Jobs Act e di dedu-zione dall'Irap del costo del lavoro dei dipendentia tempo indeterminato, previste nella scorsaLegge di stabilità per il triennio in corso, nonhanno certo modificato il quadro della tragediadella disoccupazione. La platea dei disoccupati,infatti, sfiora i circa sei milioni di personecontando anche le forze di lavoro “potenziali”, e ladisoccupazione è prevista sopra il 10% fino al2019. Ciò significa che, con la Legge Fornero esenza cambiamenti dell'assetto previdenziale, siprogramma un tasso di disoccupazione giovanile,nonostante gli sbandierati incentivi alle assunzio-ni, attorno al 40% per tutti i prossimi cinqueanni(1).

Nessuna risposta, nessun reale cambiamento dirotta per le pensioni in quanto le misure propostein relazione alla pensione sono rivolte ad una mi-noranza di lavoratori/lavoratrici (come nel caso di“Opzione donna”) e di questa minoranza cui sonorivolte solo una minoranza della minoranza potràaccedervi perché pesantemente penalizzanti dalpunto di vista economico; nessuna rottura con lalegge Fornero i cui effetti devastanti sono pagatidai lavoratori e dalle lavoratrici costretti adarrancare nelle fabbriche, negli asili nido, nellescuole, nei posti di lavoro, ad un'età in cui la pre-cedente generazione era già in pensione da anni.Donne e uomini che spesso vivono un doppiodramma: una giornata lavorativa che non riesco-no più a sostenere per difficoltà fisiche o psicolo-giche legate all'avanzare dell'età e il rientro a casadopo una giornata di lavoro che per molti di lorosignifica un dramma nel dramma dato che a casa,ad aspettarli, in molti casi, ci sono i figli giovanima disoccupati, costretti a vivere ancora con i ge-nitori e nell'incapacità oggettiva di costruirsiun'autonomia economica.

Ma, com'è ovvio, governo e Confindustria nonhanno fra le loro priorità la giustizia sociale o lecondizioni di vita di milioni di salariati e delle gio-vani generazioni: non si deve invecchiare perchénon si può andare in pensione e non ci si deveammalare perché la cura delle malattie, con le pe-santissime misure rivolte al Servizio Sanitario Na-zionale, che subirà tagli per una cifra di 20miliardi di euro dal 2016 al 2019, sarà una opzionepossibile solo per le classi sociali più benestanti,inasprendo una situazione già drammatica, datoche già ad oggi milioni di persone in Italia ri-nunciano alle cure sanitarie per motivi economici(è stato, inoltre, proprio Sergio Chiamparino,dello stesso partito di Renzi e Presidente della Re-gione Piemonte, che ha affermato che «da solo ilmancato incremento della spesa sanitaria nel2016 potrebbe far aumentare i ticket e compro-mettere la distribuzione dei farmaci salvavita») .

I minori trasferimenti previsti agli enti locali si

trasformeranno in tagli ai servizi pubblici e socioassistenziali, si assisterà alla privatizzazionespinta delle aziende partecipate e questa situazio-ne generale porterà a licenziamenti e mobilità.Accanto a queste prospettive il governo annunciaper il rinnovo dei contratti pubblici, dopo ilblocco degli ultimi sei anni, la somma simbolicadi 200 milioni, il blocco del salario accessorio edella sostituzione del turn over e restano senzauna risposta credibile i numerosi esuberi conse-guenti alla sparizione delle Province.

Svuotamento di tutto il sistema pubblico (sani-tà, scuola, enti locali, trasporti ecc...) e altadisoccupazione saranno il risultato di questa fi-nanziaria in piena crisi del capitalismo; la pre-senza di un gran numero di disoccupati èfunzionale all'esistenza stessa del sistema capita-listico, poiché, alimentando la concorrenza tra ilavoratori, garantisce al contempo un basso livellodi salari e la tenuta del saggio di profitto dei capi-talisti. Il governo, inoltre, accompagna questa fi-nanziaria inasprendo ancora di più il dibattitopolitico per quanto riguarda la messa in discus-sione e l'attacco ai diritti sindacali.

Contro lafinanziaria,contro ilpopulismodelMovimento 5 stelle

e il razzismodellaLega

È necessario, quindi, ricordare che questa fi-nanziaria non è semplicemente una “cattiva” fi-nanziaria ma la naturale risposta del capitalismoitaliano alla sua crisi e per sconfiggere i suoiprovvedimenti è necessario porre all'ordine delgiorno la costruzione di un soggetto politico rivo-luzionario che si ponga come obiettivo fonda-mentale e imprescindibile l'abbattimento delcapitalismo e di tutte le sue tragiche conseguenze.

Quest'obiettivo non è perseguito né dal razzi-smo della Lega di Salvini che si erge a difensoredei diritti dei lavoratori, spendendosi in campa-gne anti-Fornero, occupando l'enorme spaziovuoto lasciato dalla crisi e dal tradimento della si-nistra italiana mentre al contempo divide la classelavoratrice e aizza i lavoratori e i poveri nativicontro i lavoratori e i poveri immigrati, né dal po-pulismo del Movimento 5 stelle di Grillo e Casa-leggio che considera i lavoratori del Pubblicoimpiego e i pensionati la zavorra parassitaria dellasocietà(2), né dalla “nuova” Sinistra italiana nataper interesse di politici riformisti di lungo corsoche già tanti tradimenti e tanto male hanno cau-sato alla classe lavoratrice di questo Paese (iVendola, i Cofferati, i Fassina, ecc...) .

La finanziaria di Renzi/Confindustria è la rispo-sta del capitalismo italiano in crisi, un capitalismoinserito in una crisi mondiale di sovrapproduzio-ne profondissima e che fa i conti con un'Unione

Europea che evidenzia ogni giorno di più lecontraddizioni fra centro e periferia, che ha sve-lato più volte difficoltà istituzionali e che ha di-mostrato il suo volto disumano nelcomportamento nei confronti della drammaticavicenda dei profughi in fuga da guerre e fame.

Respingere le misure antipopolari contenutenella finanziaria è necessario e affinché ciòavvenga sarebbe necessaria la proclamazione diun grande sciopero generale unitario e adoltranza.

Al tradimento delle burocrazie sindacali deisindacati concertativi (che hanno fatto passare laLegge Fornero, ad esempio, proclamando solo treore di sciopero) , all'ormai chiaro fallimento digran parte del sindacalismo di base i cui dirigenti,nonostante la militanza di attivisti di base gene-rosi e onesti, procedono nella divisione delle lotte,nella gestione aziendale che si sostituisce spessoall'incoraggiamento del conflitto e in alcuni casinella capitolazione opportunista (come dimostrala firma dell'Accordo sulla Rappresentanza daparte di alcune sigle sindacali di base) , impe-dendo in questo modo una determinata e unitariarisposta agli attacchi, è necessario rispondere conil coordinamento e l'unità delle lotte, con la crea-zione di comitati di lotta e assemblee permanentinelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, con ilrafforzamento degli organismi di coordinamentogià esistenti nel territorio nazionali (come, adesempio, il Coordinamento No Austerity(3), rifiu-tando ogni pregiudizio nei confronti di chi lottaper il cambiamento e rifiutando ogni tentativo didividere, a scopi opportunisti, burocratici e di di-fesa del proprio orticello, le lotte di chi, da questafinanziaria, subirà solo ulteriori arretramenti neidiritti e nelle proprie condizioni di vita e di lavoro.

Note

(1) http://tiny.cc/pc540201(2) http://tiny.cc/pc540202 «Ma qualcuno sano

di mente pensa realmente che con 19 milioni dipensionati e 4 milioni di dipendenti pubblici pos-siamo farcela? Per mantenerli vengono spalatiogni anno nelle caldaie della locomotiva Italia,sempre più lenta, in affanno, con salite ormaiproibitive, altri 100 miliardi di debito pubblico,come fossero carbone, che corrispondono almenoa 5 miliardi di interessi annui in più. Pagati daisempre più rari contribuenti, le aziende chiudonoe ci sono 4 milioni di disoccupati. Il tasso sul no-stro debito sale e gli interessi non possono cheaumentare. Nel 2011, se va bene, pagheremo 100miliardi di interessi. L'Italia non ha alcuna possi-bilità di farcela con questa zavorra.[...] »(3) www.coordinamentonoausterity.org

UUnn aattttaaccccoo ddeeii ppaaddrroonnii ddaa rreessppiinnggeerree ccoonn llee lloottttee

LLaa ffiinnaannzziiaarriiaa ddii RReennzzii ee CCoonnffiinndduussttrriiaa

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4 Novembre-Dicembre 2015 PROGETTO COMUNISTAPOLITICA

Mauro Mongelli

La Volkswagen, principalecasa automobilistica te-desca, grazie a unsoftware manipolava i

dati sulle emissioni eludendo, inquesto modo, i controlli antiinquinamento e risultando ancheda stimolo alle vendite.

Il trucco è stato scopertodall'Agenzia federale per la prote-zione ambientale (Epa in inglese)degli Stati Uniti d'America. Le au-to con motore diesel della Volks-wagen risultavano con un valorefino a 40 volte superiore ai limiticonsentiti dalla legge.

Effetto immediato di questoscandalo sono state le dimissionidell'a.d. Martin Winterkorn. Daevidenziare che la dirigenza dellaVolkswagen gode del sostegno delsindacato, il potente IG Metall.

Ciò che è accaduto con laVolks-wagen è un'ulteriore confermadella natura truffaldina dell'eco-nomia capitalistica.

Non è solo con lo sfruttamento

della mano d'opera che si rea-lizzano i profitti nell'economiacapitalistica. I profitti aumentanocon il risparmio su sicurezza per ilavoratori, materiali, compo-nenti, con aumenti contrattualiinferiori al dovuto, ecc.

A livello commerciale i varigruppi, in questo caso automobi-listici, agiscono come se fosseroin guerra tra di loro e, di conse-guenza, tutto è previsto e tuttisanno. Questa guerra prevedetutto ciò che serve per aumentarele vendite e primeggiare neiconfronti di altri gruppi automo-bilistici. In questo caso, negli Usa,viene meno un forte concorrentecome la Volkswagen a vantaggiodi altre case automobilistiche chemagariusano gli stessi trucchipurdi vendere.

Le notizie apparse sulla stampacitano come danno maggiorequello economico per laVolkswa-gen. Nessun cenno, analisi,approfondimento circa il dannoper gli esseri umani e l'ambienteda inquinamento atmosferico

(salvo stracciarsi le vesti quando èun papa a denunciarne i livelli oconcedere ipocritamente spazioai capi di Stato che concludonoperiodicamente inutili trattatiper la riduzione del tasso diinquinamento globale) .

I costi economici ricadonoanche sulla collettività e cioè suicosti sanitari per le malattie dainquinamento atmosferico eincentivi (soldi pubblici) per ri-durre le emissioni inquinanti.

Dal nostro punto di vista pos-siamo affermare che ci troviamodavanti all'evidente sintomodella tendenza capitalistica allasovrapproduzione (in questo ca-so dell'auto) , che poi si riflettenella corrispondente crisi.

Per ladifesadell'ambiente e delgenere umano l'economia deveessere pianificatae il controllo deimezzi di produzione deve esseregestito dagli operai.

LLoo ssccaannddaallooVVoollkksswwaaggeenn

Mauro Buccheri

Noncurante delle mobilitazioniche permesi hanno visti prota-gonisti studenti e lavoratoridella scuola, il governo Renzi lo

scorso luglio ha varato la famigerata legge107, che porta avanti il progetto della co-siddetta “Buona scuola”, e conseguente-mente ha avviato le procedure del “pianostraordinario” di immissione in ruolo deiprecari. In alcuni articoli delle scorse setti-mane abbiamo analizzato in cosa consistequestariformadellascuola, pienamente inlinea con quelle varate (o tentate) dai go-verni precedenti (super poteri ai presidi,attacco ai diritti dei lavoratori, azienda-lizzazione della scuola pubblica, incentiviai privati) , e abbiamo rimarcato come que-sto piano straordinario di “assunzioni” va-rato dal governo Renzi sia nato in seguitoalle critiche mosse dall'Unione europeanei confronti dello Stato italiano per iltrattamento riservato ai precari e al fine dievitare pesanti sanzioni.

LemenzognesullecifreLe menzogne governative hanno ri-

guardato innanzitutto le cifre relative alleassunzioni. Il governo ha parlato infatti dioltre 102000 stabilizzazioni, da effettuarsiattraverso un piano che consta nelcomplesso di quattro fasi, denominate ri-spettivamente “0”, “a”, “b” e “c”. In realtà,quella che il governo chiama“fase 0”, e cheera finalizzata ad immettere in ruolo entrola fine di agosto 36627 docenti, si riferisce aun contingente di stabilizzazioni già pre-ventivate e relative al normale (si fa per di-re) turnoverannuale.

Non contando dunque gli insegnantiimmessi in ruolo in fase 0, indipendente-mente dall'intervento del governo in cari-ca, ci accorgiamo che il pianodell'esecutivo prevede in realtà la stabi-lizzazione di circa67000 docenti. Diquesti,solo le 10849 stabilizzazioni della fase ahanno previsto l'assunzione – come èsempreavvenuto –subaseprovinciale e re-gionale. Le altre decine di migliaia di do-centi da stabilizzare, cioè quelli chericadono nella fase b (fase chiusa pochigiorni fae finalizzataadassegnare iposti ri-mastinoncopertinelle fasi0 ea) enellafasec, saranno stabilizzati non a livello localema su scala nazionale, problema su cui cisoffermeremo frapoco.

E i docenti stabilizzati in fase c, in parti-colare, saranno immessi in ruolo nonsure-golari cattedre, ma su posti di “organico dipotenziamento”, novità introdotta dallalegge 107 e dai contorni ancora non chiari(fra i compitidegli insegnantidell'organico“potenziato”, comunque, ci sarà quello difare le supplenze in caso di assenza – nonsuperiorea10 giorni–degli insegnanti tito-lari di cattedra, motivo che ha spintoqualcuno adefinirli “tappabuchi”) .

PrecariesclusieprecariricattatiIl tutto mentre diverse categorie di pre-

cari, ad esempio decine di migliaia di do-centi abilitati attraverso tfa e pas, nonché ilpersonale ata (personale ausiliario, tecni-co, amministrativo) , sono stati esclusi dalpiano diassunzioni.

Va aggiunto infine che di queste 67000stabilizzazioni, diverse migliaia ri-marranno solo sulla carta, sia per carenzadi docenti su alcune discipline (carenze lecui responsabilità sono da addebitare aquesto e ai precedenti governi) , sia perchétanti insegnanti si sono rifiutati di fare ladomanda per l'immissione in ruolo (per imotivi che spieghiamo di seguito) .Quando fraqualche settimana–con la fasec – laproceduradel piano di assunzioni sa-rà ultimata, faremo il conteggio definitivodelle migliaia di posti rimasti vacanti. Pos-

siamo già dire tuttavia che dei 16000 postimessi a disposizione dal Miur in fase b,quasi lametànonsono stati assegnati.

Per ottenere l'immissione in ruolo nellefasib e c (quelle suscalanazionale) gli inse-gnanti precari hanno dovuto inviare entrometà agosto una domanda online al mini-stero, indicando ben 100 province in ordi-ne di preferenza. Ladomandaandava fattapraticamente a occhi chiusi, nel senso chela normativa non chiariva esattamentequale procedura sarebbe stata utilizzatadalcomputerdelministero perassegnareaogni docente la eventuale provincia, e re-lativo posto, di destinazione. E daparte delministero è stata fatta una pressioneenorme, ai limiti del terrorismo psicologi-co, per convincere i docenti a inviare que-sta domanda, paventando conseguenzecatastrofiche per chi avesse deciso di nonfarlo.

Ladeportazionedeiprecarie ilfallimentodelpianogovernativo

L'intento del governo è quello di piazza-re in qualsiasi modo i precari ovunquecapita.

Tantissimi insegnanti (non più giovanitra l'altro, si tratta di persone di età mediasuperiore ai 40 anni) , per lo piùmeridiona-li, sono stati immessi in ruolo in fase b – inparecchi casi su classi di concorso e ordini

di scuole su cui non avevano mai lavoratoprimad'ora, alla facciadelladidatticae de-gli slogan sulla“buona scuola”! – amigliaiadichilometridacasa, dovendo rinunciareafigli, famiglia, genitori e progetti di vita. Esenza possibilità di rifiutare di fatto,perché, come previsto dalla legge 107, la ri-nuncia alla proposta di assunzioneavrebbe comportato l'espulsione da ognigraduatoria e dunque dal mondo del lavo-ro.

Il trenta percento circa degli insegnantiprecari aventi diritto, nonostante le pres-sioni governative, si è rifiutato di inviare ladomanda al buio, col risultato che decinedi migliaia di docenti resteranno nelle gra-duatorie provinciali ad esaurimento (gae) ,preferendo continuare a lavorare comeprecari sulle supplenze nella propria pro-vincia. Del resto, tanto più in considerazio-ne dello stipendio medio degli insegnanti,vivere lontano da casa propria comporte-rebbe senza dubbio un netto peggiora-mento delle condizioni materiali di vita,nonostante la “stabilizzazione” formale. Ilgoverno ha fallito dunque l'obiettivosbandierato ai quattro venti di svuotare legae ediazzerare il precariato dellascuola.

Va detto inoltre che i docenti precarihanno il diritto, sulla base delle normativevarate negli anni precedenti, di essereimmessi in ruolo sulla loro provincia di ri-

ferimento (per quanto riguarda gli inse-gnanti presenti nelle gae) o sulla lororegione (i vincitori di concorso, che sonocollocati per l'appunto in apposite gra-duatorie di merito su base regionale) , percui il progetto renziano costituisce l'enne-simo cambio delle regole in corsa, e comesempre a spese dei lavoratori e dei loro di-ritti.

Chetipodi lottapuòfarevincere i lavoratori?

Da rivoluzionari riteniamo persa inpartenza una lotta che si limiti al piano le-gale (referendum abrogativi, ricorsi ecc) ,come proposto dalle forze politiche ri-formiste e populiste, in quanto questo tipodi battaglia si mantiene ancora rigorosa-mentenelquadrodel sistemacapitalista, dicui le leggi sono solo un elemento sovra-strutturale. I lavoratori della scuoladevonobypassare le burocrazie sindacali traditrici(che ovviamente non hanno alcunaintenzione di avviare una lotta radicalecontro la legge 107) e unificare la loro lottacon quelle degli altri settori mobilitati nelquadropiùampiodellaguerrasocialechelaborghesia sta scatenando contro le massepopolari.

La lotta per una scuola laica, pubblica,gratuita, di qualità va portata vanti da unaprospettiva anticapitalista, e non devedunque riguardare soltanto singoli aspettidell'assetto formativo generale, ma deveavanzare parole d'ordine radicali come: ilritiro di tutte le controriforme della scuola,la stabilizzazione di tutti i contratti, il ritirodi tutti i finanziamenti alle scuole private edi tutti i fondi stanziati per le grandi opere eper le missioni di guerra e la loro destina-zione verso ungrande piano di edilizia sco-lastica, l'estensionedegli spazidemocraticidentro le scuole, l'eliminazione dei testno-zionistici in stile Invalsi.

Per vincere questa grande battaglia rite-niamo tuttavia che l'unità delle lotteattorno a una prospettiva antisistema siauna condizione necessaria ma non ancorasufficiente. Riteniamo infatti imprescindi-bile la costruzione di un'organizzazionepolitica rivoluzionaria internazionale einternazionalista, capace di portare alleestreme conseguenze le contraddizioni delsistemacapitalistae di condurre al governolamaggioranzadellapopolazione, la classelavoratrice, oggi schiacciata sotto il tallonedel padronato. (26/09/2015)

CCrriimmiinn ii ddeell ccaappiittaalliissmmoo

LL''aaffffoonnddooddeellggoovveerrnnooRReennzzii ccoonnttrroo llaa ssccuuoollaappuubbbblliiccaa........ .. ..ee llee ffaallssee ssoolluuzziioonnii pprrooppoossttee ddaallllee ffoorrzzee ssoocciiaallddeemmooccrraattiicchhee ee ppooppuulliissttee

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PROGETTO COMUNISTA Novembre-Dicembre 2015 5

Sabrina Volta

A Bologna diverse lavo-ratrici, gran parteimmigrate, dellamultinazionale Yoox

hanno scioperato picchettandoil magazzino in cui lavorano perdiversi giorni (di proprietà diMr.Job, una cooperativaappaltatrice che si occupa dellosmistamento delle merci) . Dopola repressione delle forzedell'ordine non si sono intimori-te proseguendo la lotta.

Le lavoratrici sono entrate insciopero dopo averdenunciato ilresponsabile di Mr.Job e alcuniresponsabili di reparto per unritmo di lavoro insostenibile,irregolarità nella busta paga,molestie sessuali, insulti razzisti.

Racconta una lavoratrice ma-rocchinadi 18 anni: «il responsa-bile si avvicina e mi sussurra chesapeva che noi marocchine sia-mo tutte porche soprattuttoquelle giovani come me. Io gli ri-spondo dinonusare conme quellinguaggio e di lasciarmi fare il

mio lavoro. Dopo qualche oravengo richiamata da un altro re-sponsabile che mi dice che nonc'è più bisogno di me, mi riassu-meranno dopo 3 settimane di-cendomi di essere più educata».

Le lavoratrici subivano mole-stie sessuali, vocali ma anche fi-siche come racconta un'altralavoratrice baciata sul collo etoccata da un responsabile di re-parto.

La lavoratrice ha reagito conforza il gesto scatenando cosìuna reazione del responsabile

che le ha negato per 3 anni le fe-rie.

In uno stato capitalista in crisi,come è chiaro in questa vicenda,le donne sono doppiamentecolpite, subendo un'oppressio-ne di classe e un'oppressione digenere.

Nella prima le donne condivi-dono con l'uomo lo sfrutta-mento, caratteristica principaledel sistema capitalista, eserci-tato dal padronato che imponeloro ritmi di lavoro insostenibili;viene infatti chiesto alle lavo-

ratrici protagoniste di questalotta di utilizzare 32 secondi acapo per l' imbustamento con ilseguente divieto di andare in ba-gno in caso di mancatoraggiungimento dell'obiettivo.

La seconda oppressione,quella di genere, causata damillenni di predominiopatriarcale nella società, è soste-nuta dalle istituzioni e dall'edu-cazione borghese che instillanegli individui una concezioneper la quale la donna è facile dadominare e sottomettere inquanto individuo “debole”.

Il maschilismo diventa così unchiaro strumento del capitali-smo per dividere la classe lavo-ratrice e sfruttata impedendo auna parte del proletariato(donne) di lottare contro il pa-dronato; per questo la lottacontro la borghesia e il capitali-smo dev'essere una lotta anchecontro il maschilismo per l'unitàdi tutto il proletariato.

La lotta delle proletarie nondev'essere una lotta riservata so-lo alle donne, ma è necessarioche la lotta delle donne contro ilmaschilismo sia una lotta parte-cipata e sostenuta anche dagliuomini.

Il processo e la denuncia dellelavoratrici di Yoox si è conclusocon l'allontanamento dei re-sponsabili che commettevanomolestie sessuali e minacce sullelavoratrici, ma continua apermanere unacondizione di la-voro con ritmi insostenibili.

La lotta delle operaie rico-mincia dopo il licenzamento di11 attiviste sindacali che neigiorni precedenti avevanopartecipato alla lotta contro ilmaschilismo, gli abusi, losfruttamento.

Lunedì 21 settembre hannoscioperato per tutto il giorno, so-

stenute dal Si Cobas. Dopo unpresidio in solidarietà con le duelavoratrici che per dieci giornihanno occupato il tetto diMr.Jobè partito un corteo internoall' Interporto che è arrivato abloccare per ore l' ingresso delpolo logistico bolognese,creando così una fila di camionlunga chilometri. La polizia èintervenuta per sgomberare laprotesta e si è trovata a doverspostare i lavoratori e sostenitori“di peso”, ma nonostantel' intervento delle forzedell'ordine le lavoratrici e ilsindacato che le sostenevahanno resistito fino a sera.

Nei giorni seguenti hannoindetto uno sciopero prolungatocon picchetto permanentechiedendo il reintegro delle la-voratrici licenziate.

La lottadelle lavoratrici controlo sfruttamento, gli abusi, il ma-schilismo, non si ferma.

Solo la rivoluzione per la co-struzione di una nuova società,la società socialista, potrà libe-rare la donna dalle oppressioni;al contrario in una societàborghese, la donna non sarà maicompletamente libera.

Il Partito di alternativa comu-nista solidarizza e sostiene la co-raggiosa lotta delle operaieYoox,ma occorre costruire un ampiofronte, unitario e solidale,allargando il conflitto a tutte lerealtà che in questi mesi si sonoopposte alle politiche di esclu-sione padronale; nello stessotempo è necessario costruire unpartito in grado di ampliarel'obbiettivo delle lotte che devo-no avere come fine l'abbatti-mento del capitalismo e lacostruzione di una diversa so-cietà.

SINDACATOELOTTE

Riccardo D'Ercole

Caro Marco, ci racconticome è cominciata la vi-cenda Bridgestone cheoggi vi vede coinvolti in

unabattagliacontro l'azienda?L'attuale stabilimento Bridge-

stone Manufacturing Bari ha oltre50 annidi vitae di attivitàprodutti-va inutile.

Quando nel 2008 l'inasprirsidella crisi economica produsseunaserie di attacchi serrati, l'iniziodiquellafasediattacchicheancoraoggi distruggono le conquiste deilavoratori sul terreno dei diritti, lacompagnia Bridgestone pose fineai contratti con le agenzie interina-li cominciando ad imporre fermiproduttivi per rallentare la produ-zionedipneumatici.

Questo processo di rallenta-mento della produzione culminòcon un evento particolare: il 4Marzo del 2013 furono convocated'urgenza le Rsu di stabilimento enel primo pomeriggio, attraversouna videoconferenza di pochi mi-nuti, il manager di Bruxelles, sedecentrale della compagnia per ilcontinente europeo, comunicò lachiusura irrevocabile dello stabili-mento entro il primo semestre del2014.

Quale fu la reazione dei lavo-ratori? E quale risposta diedero isindacati?

Lanotiziasidiffuse rapidamentetra i lavoratori i quali accorsero da-vanti allo stabilimento nonostanteil fermo produttivo del lunedì. Da-vanti ai cancelli, il giorno seguente,fecero la solita comparsa gli espo-nenti delle istituzioni. Alternativacomunistaproponevasindaallorala lottaadoltranzacontro ipadronisenza scrupoli, sulla base di unprogramma di classe che condu-

cesse alla gestione operaia dellostabilimento.

Intanto le organizzazioni sinda-cali davano delle direttive ben pre-cise a tutti i lavoratori: mantenerela calma e riprendere a lavorare.Questo atteggiamento delle buro-crazie sindacali è esemplificativodel ruolo che queste hannoall'interno delle lotte operaie:fiaccare la lotta ingannando i lavo-ratori, non produrre avanzamentoalcuno sul piano della battagliaconflittuale e, infine, firmareaccordi-truffa nell'interesse delpadrone in cambio di piccoleconcessioni millantate comegrandivittorie.

Il manager europeo giunse alladecisione di incontrarsi ad un ta-volo ufficiale aRomaalMise al finedi discutere con le parti sociali egiungere ad un accordo“vantaggioso” per tutti.

Le organizzazioni sindacali, nelcontinuo tentativo di eliminareogni scintilla del conflitto conti-nuano a sostenere la necessitàdella concertazione e della calmadei lavoratori, bloccando ognitentativo di organizzazione opera-ia.

Nel luglio del 2013, nella sede diBari di Confindustria, la direzioneaziendale e le organizzazionisindacali elaborarono una sorta di“bozza di accordo” tra le parti ed il30 settembre 2013, in maniera deltutto estranea ai lavoratori, sigla-rono il famigerato accordo con ilquale veniva concordato, perscongiurare la chiusura dello sta-bilimento, una “riconversione to-tale” che prevedeva lariconversione di prodotto finito(da pneumatici di media-alta qua-lità ad una produzione di bassissi-ma gamma), riconversione deicosti con esubero di 377 unità pro-duttive ed un taglio degli stipendi

per i lavoratori restanti, portando isalari ad essere “competitivi” con ilmercato estero (est Europa). Intutto questo tempo la direzioneaziendale non ha mai mostrato unpiano industriale dettagliato inmerito al taglio dei costi. Giunge aquesto solo nelmesedi luglio 2015,alMise, dovevienfuori lanovitàdeitagli ad alcuni emolumenti sala-riali relativi adalcuni istituti indivi-duali delCcnl.

Aquesto punto cominciarono iricatti diretti ai lavoratori daparte dell'azienda. Spiegaci inbreve.

La direzione aziendale, perrompere lo stallo della trattativae ilgelo venutosi a creare con i lavo-ratori, diede vitaadunacampagnadi comunicazione individuale coni lavoratori attraverso una scritturaprivatadi tipo minatorio: chiedevaal lavoratore di decurtarsi partedello stipendio di sua spontaneavolontà, pena il non riconosci-mento del lavoratore stesso nel“progetto Bridgestone” e l'anno-veramento nel numero degli esu-beri.

I lavoratori, ricevuta tale provo-cazione mirata a dividerli e aspezzare l'unità della lotta, hannoconvocato un referendumd'azienda che ha visto laschiacciante vittoria del No controdecurtazione salariale e ricatti.

Ma la direzione aziendale conti-nuaaconsiderare carta straccia ta-le risultato delegittimandoloformalmente attraverso lacomplicità vergognosa delle buro-crazie sindacali. Parte degli esube-ri sono risolte con liquidazioniverso parte dei lavoratori (per lamaggiore lavoratori sull'orlo delpensionamento). Restano circa150 esuberi.

Edèpropriodaquesto risultatoimportantecheènato ilComitatodel No. Puoi raccontarci checos'è?

Il Comitato del No, lanciato daalcuni operai distaccatisi dalleorganizzazioni sindacali complicidel padronato, rappresenta le ri-vendicazioni più avanzate di que-sta battaglia, nonché lacancellazione dei provvedimentisiglati da padroni e sindacaticomplici. È la parte dei lavoratoriin lotta contro i ricatti dell'aziendache si riorganizza autonoma-mente e aldi fuoridelle sigle sinda-cali. Nel giorno dell'ennesima,fiaccante, inutile trattativa al Mise,è stata indetta dal comitato, con lapartecipazione di alcuni compa-gni di Alternativa Comunista, unaconferenza stampa nella quale si èespressa una posizione chiara ri-spetto alla vertenza: ogni posizio-ne espressa al tavolo dellatrattativa che scavalchi il risultatoreferendario ottenuto in aziendasarà considerata una posizionenon rappresentativadegli interessireali dei lavoratori Bridgestone e

pertanto, sarà respintacon sciope-ri emobilitazioni.

Quali sono le prospettive utili acondurre questa battaglia versolavittoriadei lavoratori?

Il caso Bridgestone rappresental'ennesimo atto di smantella-mento della produzione pugliesegià avviato con l'acuirsi della crisieconomica, che ha visto la chiusu-ra di numerosi stabilimenti con laconnivenza di organizzazionisindacali ed istituzioni. Ladinami-caè identicaperognicaso: i padro-ni, per scaricare i costi dellaproduzione e trarne più profitto,assorbono quantità ingenti di de-naro pubblico, licenziando emantenendo la produzione attivaper poco tempo, delocalizzandosuccessivamente in aree produtti-ve (est Europa, sud-est asiatico)dove lamanodoperaè meno caraesi possono sfruttare meglio risorseemanodopera.

In Puglia ciò è accaduto per di-verse realtà produttive oltre allaBridgestone: Om Carrelli, Natuzzi,Sangalli. Ognuna di queste

vertenze è stata seguita daAlternativa Comunista davanti aicancelli della fabbricaconunapo-sizione chiara: la produzione ènell'interesse dei lavoratori e ilmezzoproduttivo, lafabbrica, èdeilavoratori.

Ma ognuna di queste lotte è de-stinataachiudersi conun risultatoamaro se non si comprende la ne-cessità di unificarle e non lasciarleisolate, dirottandole verso unaprospettiva politica più ampia egenerale: il rovesciamento delcapitalismo e dei suoi governiattraverso la rivoluzione socialistae l'esproprio delle fabbriche daporre sotto il controllo dei lavo-ratori. Qualsiasi “soluzione” poli-tica o sindacale che non vadachiaramente inquestadirezionediunità delle lotte in unaprospettivapolitica è destinata a fallire e a fararretrare miseramente le lotteoperaie e le conquiste possibili sulterreno didiritti e dignità.

LE FABBRICHE AILAVORATORI, CACCIARE ILPADRONE!(24/09/2015)

IInntteerrvviissttaa aaMMaarrccoo MMaannooddoorroo,, ooppeerraaiioo BBrriiddggeessttoonnee BBaarrii

LLaavveerrtteennzzaaBBrriiddggeessttoonnee::uunnaalloottttaaccoonnttrroo iillppaaddrroonnaattooeelleebbuurrooccrraazziieessiinnddaaccaallii

CCoonnttrroo llaa rreepprreessssiioonnee ddii iissttiittuuzziioonnii ee ppoolliizziiaa,, llaa lloottttaa ccoonnttiinnuuaa

BBoollooggnnaa.. LLaa lloottttaaddeellllee llaavvoorraattrriiccii ddii YYooooxx

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6 Novembre-Dicembre 2015 PROGETTO COMUNISTAILPARTITO

a cura della redazione del sito web del Pdac

Sabato 5 e domenica 6 settembre, a Rimini, siè tenuta l'assemblea nazionale sull'Europaorganizzata da Alternativa Comunista. Alcentro della discussione, che ha visti impe-

gnati un centinaio di compagne e compagni, il tema“Europa in crisi. Riforme o rivoluzione”, che consi-deriamo cruciale nell'attuale fase del conflitto diclasse, e in particolare nelle nuove dinamiche che sisono delineate nel continente europeo.

Tra gli intervenuti nel dibattito (ne citiamo soloalcuni, scusandoci con gli altri) attivisti diimportanti realtà sindacali e di lotta, in particolare:Marco Manodoro, del Comitato operaio dellaBridgestone di Bari, in lotta contro un pianoaziendale (concertato coi burocrati sindacali) chevuole peggiorare drasticamente le condizioni di la-voro di centinaia di operai sotto la minaccia del li-cenziamento; Nicoletta Dosio, storica compagnadel Movimento No Tav, da più di vent'anni in lottacontro i diversi governi che hanno tentato diimporre una grande opera inutile contro la volontàpopolare della Valle; Tiziano Terri, cassintegratodella Electrolux e attivista della Cub Toscananonché membro del coordinamento nazionale diNo Austerity; Annalisa Roveroni, attivista del movi-mento in solidarietà con la rivoluzione siriana.Insieme a loro, decine di altri compagni provenientida tutto il Paese e che hanno partecipato in modocostruttivo alle intense due giornate di discussioneteorica e politica. Tra gli ospiti, la compagna JuliaEberhard, membro della Segreteria nazionale delledonne del Pstu (il nostro partito fratello in Brasile)nonché attivista del Movimento Donne in Lotta(Mml) .

Lalottadi classe inEuropa: unprocessodi progressivaradicalizzazione

Dopo la presentazione iniziale della compagnaPatrizia Cammarata, che ha anticipato i principalitemi di questa Due giorni, si è tenuta la prima rela-zione, del compagno Matteo Bavassano, che ha ri-guardato le dinamiche della lottadi classe inEuropanegli ultimi anni. Dinamiche che hanno visto alcentro milioni di donne, giovani e lavoratori, in lottacontro le politiche di austerità imposte dalla troikaedai governi ad essa sottomessi. Sono stati citati il ca-so del Portogallo, della Spagna e del movimento de-gli Indignados che nel 2011-12 ha riempito le piazzedelPaese, dellaGreciaedialtre situazioni chehannoconosciuto una importante radicalizzazione nellalotta contro questo sistema in profonda crisi, socia-le, economica e politica. Nella sua relazione Bavas-sano ha anche analizzato come questi movimenti sisiano andati a combinare con i processi rivoluzio-nari che hanno scosso il Nord Africa e il MedioOriente a partire dalla fine del 2010, la cosiddettaPrimaveraaraba, e con ilmovimento diOccupyWallStreet, che ha rappresentato un caso inedito di lottadi classe nel cuore dell' imperialismo. Inoltre si sonocitati anche gli importanti processi in corso

nell'America latina, ed inparticolare inBrasile, dovea partire dal giugno 2013 imponenti mobilitazionihanno posto in discussione il governo di DilmaRoussef e del Pt di Lula, per anni preso comeesempio di buona politica riformista da gran partedella sinistra mondiale (e anche italiana) . Lotte,quelle in Brasile, che vedono alla sua direzione uninfluente e combattivo partito, il Pstu, sezione bra-siliana della Lega internazionale dei lavoratori, dicui il Pdac è sezione italiana.

Il neoriformismo europeo e le sueprospettive: il caso di Syriza inGreciaQuesti importanti processi, per quel che riguarda

l'Europa, in assenzadi un partito rivoluzionario chesi ponesse alla testa delle lotte, hanno visto crescereelettoralmente, come sottoprodotto, il progettoneoriformista implementato da formazioni politi-che come Podemos in Spagna e Syriza in Grecia. Ilcaso specifico dellaGreciae dello sviluppo di Syriza,fino alla capitolazione di Tsipras alle direttive dellatroika, è stato analizzato dalla seconda relazione,tenutadal compagno Adriano Lotito.

Lotito è partito dal delineare la forte crisi del debi-to che ha colpito il paese ellenico come conse-guenzadellaprogressivapenetrazione delle bancheimperialiste, in particolare tedesche, e che si è tra-dotta in politiche di attacco feroce alle condizionimateriali della classe lavoratrice. In conseguenza diquesta guerra sociale promossa dall' imperialismo,le masse popolari greche hanno intrapreso unpercorso di radicalizzazione della lotta che haportato a ben 35 scioperi generali nel giro di pochianni, a centinaia di scioperi di categoria, e ad unaininterrotta mobilitazione che ha visto decine dimigliaia di persone cingere d'assedio il parlamentoe cercare di prenderlo d'assalto (maggio 2010) . Co-me espressione distortadi questo movimento, si ha,a partire dal 2012, la rapida ascesa elettorale di Syri-za, fino alla vittoria alle elezioni dello scorso genna-io. Un partito nel quale la stragrande maggioranzadella sinistraeuropeasi è identificatae in cui le mas-se popolari greche hanno visto, secondo noi a torto,le ragioni della loro lotta e del rifiuto delle politichedi austerità. Le illusioni nei confronti di questa pro-spettiva riformista sono però presto cadute conl'esperienza governativa appena conclusasi e lavergognosa firma dell'accordo del 13 luglio, chepeggiora una volta di più le condizioni della classelavoratrice e delle categorie sociali più deboli inGrecia. Lotito ha poi compiuto un breve excursusstorico, mostrando come tutti i casi che hanno vistola sinistra andare al governo dentro il capitalismo ecercare di riformare il sistema senza una rottura ri-voluzionaria, si siano tradotti in gravi sconfitte per ilmovimento operaio. Di qui il motivo per cui, fin daprima che si formasse il governo Tsipras, la nostraposizione è stata quella di una inflessibile opposi-zione nei confronti di un progetto del genere.Un'opposizione che oggi deve sfociare nella costru-zione, a sinistra di Syriza, di quella direzione rivolu-zionaria che manca e di cui c'è un assoluto bisogno.

L'Unione europea: una“macchinadaguerra” contro lemasse popolari

La relazione conclusiva della giornata di sabatoha visto il compagno Valerio Torre spiegare gli inte-ressi di classe che si nascondono dietro l'Unione eu-ropea, e che negli ultimi anni si sono espressichiaramente fino a mostrare la loro autentica es-senza proprio nel caso della Grecia. Fin dal primoeuropeismo del Manifesto di Ventotene, questoprogetto ha visto infatti porre in primo piano la ne-cessità di un libero movimento dei capitali, il qualeimplica sin dal principio un intensificarsi dellosfruttamento della classe lavoratrice del continentecon un forte attacco a diritti e condizioni materialidelle masse popolari. L'Unione europea nasce pro-prio con l' intento di coordinare lo sfruttamento deilavoratori dei diversi Paesi, organizzando alcontempo l'esportazione dei capitali fuori dalcontinente, anche conmezzimilitari. L'euro inque-sto senso è stato lo strumento per eccellenza uti-lizzato in questa guerra sociale: uno strumento cheimponendo dei tassi di cambio fissi ha impedito lesvalutazioni competitive della monetaconsentendo alla borghesia di scaricare la totalitàdei costi del suo dominio sulla pelle dei lavoratori eapprofondendo i processi di colonizzazione aidanni delle economie “deboli” del continente(anche in questo caso la Grecia, assieme ai Paesidell'Europa orientale, rappresenta il caso para-digmatico) . In conclusione della relazione, Torre haavanzato le rivendicazioni principali del nostroprogramma sull'Europa: per una rottura con l'euroe l'Ue che, lungi dal tradursi in un ritorno al sovrani-smo monetario in chiave nazionalista (quale è la so-luzione proposta dai vari populismi sorti in questianni e fatta propria anche dallo stalinismo) , deveinquadrarsi in un'alternativa di sistema che passa

per l'esproprio delle banche e delle grandi aziende eper la loro gestione da parte dei lavoratori, in unaprospettiva internazionalista che dovrà svilupparsiattorno alla parola d'ordine degli Stati uniti sociali-sti d'Europa.

Dopo le tre relazioni c'è stato uno spazio di di-battito in cui diversi compagni e compagne sonointervenuti, apportando il loro contributo alle te-matiche sviluppate. Ricordiamo qui l' intervento delcompagno Terri che ha posto l'esigenza primaria diunire le lotte dei lavoratori e dei movimenti in unfronte unitario contro il governo Renzi: di qui ilsenso di creare il coordinamento No Austerity, el' importanza della campagna di lotta lanciatacontro la firma dell'Accordo “vergogna”, l'accordosullarappresentanzasindacale firmatodapadronieconfederali il 10 gennaio del 2014 che mette indiscussione la libertà di azione sindacale. Unaccordo al quale ha capitolato recentemente anchela direzione di Usb (precedentemente quella deiCobas Lavoro Privato) e in ragione del quale si sonosviluppate forti contraddizioni nel sindacalismo dibase. Da evidenziare anche l' intervento di RiccardoBella, compagno attivo nella mobilitazione per lasolidarietà con la rivoluzione siriana, che ha criti-cato le prese di posizione della maggior parte dellasinistra (in particolare stalinista) in merito al soste-gno al dittatore Assad, ricordando di essere statovittima di una vera e propria aggressione da partedegli stalinisti per le sue posizioni. Applauditissimol' intervento del compagno Marco Manodoro, delComitato operaio della Bridgestone di Bari, cui laplatea ha fatto sentire tutta la propria solidarietà,solidarietà che il Pdac già esprime concretamentecon l' impegno dei propri militanti in Puglia a fiancodegli operai in lotta. Moltissimi in salagli studenti e imilitanti dei Giovani Comunisti Rivoluzionari, in

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Francesco Ricci

La seconda vittoria elettorale di Syriza, il 20settembre, rialimenterà illusioni econsentirà a molti ciarlatani della sinistrariformista di esercitarsi nel loro mestiere.

Ma i fuochi artificiali saranno stavolta più deboli diquelli sparati per la precedente vittoria elettorale esono destinati a ricadere rapidamente a terra. Ciòperché il Tsipras I I (ancora una coalizione tra Syrizae la destra di Anel) dovrà passare rapidamentedall'ormai consumato tradimento delle promesseelettorali all'applicazione delle misure del terzomemorandum dell'imperialismo europeo. E in que-sto nuovo feroce attacco contro le masse greche, lospazio per i giochi pirotecnici è inesistente.Per qualche mese, comunque, è da prevedere cheanche i dirigenti della sinistra italiana esulterannoper questa “vittoria”. Grottesco che lo facciano incoro con le borse che, come Ferrero, Vendola, Civatie Landini, hanno festeggiato in tutto il mondo l'esi-to del voto greco. Questa “vittoria”, che si ha imba-razzo persino a definire “di Pirro”, consentirà infattiai promotori della “Syriza italiana” di varare l'enne-simo partito della sinistra governista, mettendoinsieme i cocci prodotti dalle cadute precedenti.In altri articoli di questo speciale sulla Grecia ana-lizziamo le elezioni e la situazione che si apre. Quiproviamo a enucleare le due (o tre) lezioni uni-versali che tutta questa vicenda ci lascia.

Prima lezione: gli interessi di classiopposte non sono conciliabili in un

governo comuneUna verità che i riformisti odierni negano è che lasocietà è divisa in classi. Questo è un trattodistintivo del solo riformismo moderno, cioè del ri-formismo nell'epoca della putrefazione sua e delsistema capitalistico che lo alimenta. Il riformismoclassico (quello dei Bernstein, dei Kautsky, dei To-gliatti) ammetteva l'esistenza delle classi, dei lorointeressi. Oggi invece si rimuove il concetto stessodi “classe”, sostituendolo con la metafisica catego-ria dei “cittadini”. Scomparse le classi (ovviamentesolo nella fantasia), scompare d'incanto anche lalotta tra gli interessi inconciliabili delle classi. È quiche fanno la loro comparsa i concetti come “la ca-sta”, “ i politici” e come “buona politica”, consi-stente nella pretesa di eliminare la corruzionedalla società capitalistica, il che equivarrebbe a to-gliere la crema dal pasticciotto leccese.

Pur nelle differenze, tanto il riformismo classicocome la sua moderna versione caricaturale conclu-dono predicando la pace sociale e il compromesso.Compromesso di classe con la cosiddetta “borghe-sia avanzata” nel caso del riformismo d'antan;compromesso sociale tra i “cittadini onesti” nel ca-so del riformismo che abbiamo sotto il naso oggi.Marx ebbe a ricordare che non andava ascritta asuo merito la scoperta delle classi, dei loro diversiinteressi e della inevitabile lotta che ne discende:questa era infatti una “scoperta” degli storiciborghesi della Grande rivoluzione francese, comeMignet e Augustin Thierry. La “novità” apportatadal marxismo è stata quella di vedere nell'impossi-bile conciliazione tra le classi l'alimento di unalotta che periodicamente raggiunge il suo acmenelle rivoluzioni; e di teorizzare come unica possi-bile conclusione vittoriosa di una rivoluzione laconquista del potere da parte della classe oppres-sa, attraverso la “rottura” dello Stato, il rovescia-mento della dittatura della borghesia e la suasostituzione con una dittatura (o dominio) del pro-letariato. Scopo dei marxisti non è andare al go-verno ma conquistare il potere: che è cosa bendiversa.Teorizzare la conciliazione tra i differenti interessi(di classe) presenti nella società contrasta contutta l'esperienza storica. Ma ancor più irrealistico(per quanto venga presentato come realistico incontrapposizione alle presunte utopie dei rivolu-zionari) è pensare che siano possibili “politiche diredistribuzione della ricchezza” nel bel mezzo dellapiù devastante crisi economica che il capitalismoabbia vissuto: cioè quella in cui siamo immersi dal2007-2008. E l'assurdo è portato all'ennesima po-tenza quando simili teorie vengono avanzate per laGrecia, un Paese ridotto a semicolonia dell'impe-rialismo europeo.Eppure, queste teorie ci sono state propinate pri-ma della vittoria dello Tsipras I , dopo l'evidenzadella sua capitolazione, prima delle nuove elezioni(indette con l'incoraggiamento dei banchieri pervincere sfruttando quanto resta delle passate illu-sioni); e, prevedibilmente, queste stesse teorieverranno riscaldate nelle prossime settimane,quando lo Tsipras I I sferrerà il suo attacco, dimo-strando che non di riforme (per quanto timide) siparla ma di controriforme.Tutti i governi nel capitalismo fanno gli interessidel capitale. Questa banale verità, che dovrebbeessere accessibile anche a chi non sa che Marx de-finiva i governi nel capitalismo “comitato d'affaridella borghesia”, è negata dai dirigenti riformistigreci e nostrani.Ma oltre a questo riformismo esplicito c'è anchequel semi-riformismo (o centrismo) che si professamarxista, riconosce la lotta di classe, ma poi, conuna capriola logica, certifica la possibilità che inuna società borghese nascano governi “neutri”, aldi sopra delle classi, “ in disputa”, orientabili. Que-sta teoria è stata sostenuta fino a poche settimanefa da Kouvelakis e dagli altri dirigenti di quellaPiattaforma di sinistra che, dopo essere stati messialla porta da Tsipras, si sono visti costretti a pre-sentarsi alle elezioni come Unità Popolare. E pareche nemmeno l'esperienza pratica induca questimarxisti per equivoco a prendere atto che ogni go-

verno nel capitalismo, a prescindere da chi vinca leelezioni, si regge su uno Stato di classe (Engels lodefiniva: «bande armate a difesa del capitale») econcorre, insieme alle altre istituzioni, alle chiese,alle scuole, ai mass-media, a difendere la proprietàprivata.Come tutta una lunga storia insegna (tanto che neparlava già Engels riferendosi alla Francia del1848), quando i sedicenti rappresentanti dei lavo-ratori collaborano in un governo borghese (comeborghesi sono tutti i governi nel capitalismo, inclu-si quelli definiti “di sinistra”), il primo effetto è lapassivizzazione delle masse, la delega al governoche viene visto come “proprio”. È il vantaggio chele classi dominanti riconoscono in questi governiborghesi “sui generis” che, proprio per questo, indeterminate situazioni tollerano o favoriscono:perché riescono a imporre politiche antipopolariche nessun governo ordinario riesce a realizzare.

Seconda lezione: i dirigenti riformistisono il principale ostacolo per

un'alternativa di classeDalla prima lezione discende una seconda, che ri-chiede meno spazio per essere illustrata ma chenon è meno importante.

La vicenda greca conferma qualcosa che ritroviamoin tutta la storia degli ultimi due secoli: ciò che èmancato non sono le lotte o la combattività dellemasse. In Grecia, 35 scioperi generali, con assaltoal parlamento, non rendono necessario risponderealla consueta litania riformista sulla “passivitàdelle masse”.

Ma se non sono mancate le lotte delle masse,perché in conclusione si stanno applicando le poli-tiche della Merkel contro le masse?La risposta è per noi semplice: Syriza. I riformistinormalmente dominano tra le masse perché asse-condano e incrementano l'ideologia dominante,mentre i rivoluzionari arrivano in genere fino allavigilia della rivoluzione come minoranza. È la storiadel bolscevismo che, da infima minoranza ancoranel giugno 1917, guadagnò un'influenza di massasolo alla vigilia dell'insurrezione – e solo grazieall'aver costruito, per anni, sulla base di un pro-gramma corretto, un partito d'avanguardia, minori-tario ma con solidi rapporti con importanti settoridella classe operaia. Finché i rivoluzionari non rie-scono a guadagnare le masse, quando la rivoluzio-ne apre rapidamente delle brecce nell'ideologiadominante, fino ad allora sono i riformisti a domi-nare, imponendo una politica di subalternità allaborghesia, di compromesso (da dentro o da fuori)con i suoi governi, di rinuncia all'obiettivo dellaconquista del potere (sostituito con l'obiettivodella “conquista del governo” per via elettorale).Per questo motivo i dirigenti riformisti (che, comeben spiegava Rosa Luxemburg, non hanno sempli-cemente “ idee diverse” rispetto ai rivoluzionari mahanno interessi materiali burocratici) sono i veripilastri di questa società. È grazie al riformismo(tanto di origine socialdemocratica, come stalinistao post-stalinista, incluso quello attuale, che sidistingue dai primi due per essere più debole, pri-vo di radicamento) se il capitalismo è riuscito aconservarsi ancora vivo passando attraverso duesecoli di rivoluzioni.

Lenin definiva i dirigenti dei partiti riformisti“agenti della borghesia nel movimento operaio”.L'espressione rende bene l'idea del ruolo chesvolgono i vari Vendola, Civati, Ferrero, Landini,Tsipras (ma anche Kouvelakis, che vorrebbe torna-re con Unità Popolare a una mitica quanto inesi-stente “Syriza delle origini”). I l loro compito èrimuovere dalla coscienza e dalla pratica dellemasse l'idea che è possibile una società senzaclassi, senza sfruttatori, dominata dalla maggio-ranza che oggi è sfruttata.Ecco perché la terza lezione (o appendice della se-conda) che ci viene da Atene, e che ci limitiamo quiad enunciare – ma che il lettore trova alla base ditutto questo giornale – è che senza partito rivolu-zionario, costruito su scala internazionale nel vivodelle lotte delle masse ma capace di separarsidalle illusioni borghesi delle masse; senza unpartito che riconosca la necessità di condurre lelotte fino all'instaurazione di governi operai in ogniPaese, per questo rimanendo all'opposizione diqualsiasi governo nella società borghese (co-munque camuffato); senza un partito di lotta chemiri a organizzare il rovesciamento rivoluzionariodei governi borghesi per avviare l'esproprio dellaborghesia; senza un tale partito, ogni lotta dei la-voratori e dei giovani, per quanto coraggiosa, saràdestinata alla sconfitta. Come una sconfitta per lemasse è certo l'insediamento del governo TsiprasI I , non a caso festeggiato da borse e banchieri.Solo se chi lotta contro questa società, in Greciacome altrove, saprà apprendere dalle lezioni ate-niesi, anche questa momentanea sconfitta potràcapovolgersi in nuove vittorie. (26/09/2015)

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II Le lezioni della Grecia

Alejandro Iturbe*

L'“europeismo di sinistra” si basa sulla visione chenon c'è altra alternativa, qualcosa come “non c'èvita al di fuori dell'euro”. Un po' come dire che nonc'è altra alternativa che tentare di migliorare ilcapitalismo imperialista così com'è oggi.

Questa concezione l'ha espressa chiara-mente Yanis Varoufakis, ex ministrodell'economia del governo Syriza (nono-stante sia uscito “da sinistra” da questo

governo e abbia votato correttamente control'ultimo accordo con la Troika). In un libro pubbli-cato nel 2013, Varoufakis afferma che un'uscita diGrecia, Portogallo e/o Italia dall'eurozona pro-durrebbe la frammentazione del capitalismo eu-ropeo, e che questa situazione nonavvantaggerebbe la sinistra progressista ma i na-zisti d i Alba dorata e gli altri neofascisti e xenofobieuropei.Questa visione della realtà è profondamente dis-fattista e porta a politiche disastrose. In primoluogo, la “frammentazione del capitalismo euro-peo” non è il principale fattore che fa crescere eguadagnare base popolare ad Alba dorata e lealtre organizzazioni d i estrema destra, ma lamancanza di una alternativa chiara e decisa daparte della sinistra.Quale sarebbe questa alternativa? Perché i lavo-ratori non paghino il costo di rimanere nell'euro –o anche se la Grecia esce dall'euro – mancano mi-

sure realmente anticapitaliste. Nel caso dellaGrecia e di altri Paesi europei in condizioni simili ,i l primo passo è smettere di pagare il fraudolentodebito estero. Pertanto, sono imprescindibili lanazionalizzazione e la statalizzazione dellebanche e del commercio estero per creare un'uni-ca banca centralizzata che possa coniare la pro-pria moneta e così recuperare (almeno in parte) lasua sovranità politica e finanziaria. Allo stessotempo, è una misura imprescindibile per evitarela fuga di capitali che le imprese imperialiste e lagrande borghesia greca stanno già facendo. Leimprese imperialiste e la grande borghesia grecacercheranno certamente di far fallire questa poli-tica. Per questo sarà anche necessario espropria-re e nazionalizzare queste imprese. Così, con ilcontrollo congiunto delle leve principali dell'eco-nomia, lo Stato potrà applicare un piano econo-mico di emergenza per risolvere le necessità piùurgenti dei lavoratori e delle masse popolari .Nessun governo borghese (anche se si d ice di “si-nistra”) può, né vuole, applicare questo piano. Perquesto, è necessario un governo dei lavoratori edelle masse popolari per portarlo avanti . Un go-verno che può nascere solo dalla lotta che i lavo-ratori e le masse popolari greche hanno giàdimostrato di essere in grado di portare avanti , eche dovrà avanzare verso la conquista del potere.Una lotta che oggi dovrà svilupparsi contro il go-verno di Syriza e il blocco di potere che haformato con Nuova democrazia e il Pasok. Per noi,un governo di questo tipo deve essere basato su-

gli organismi democratici dei lavoratori e dellemasse popolari (come furono i soviet nella Russiadel 1917). In altre parola, il cammino da percorrereè quello della rivoluzione operaia e socialista.Non stiamo dicendo che questo sarebbe uncammino “rose e fiori”. Al contrario, è unaalternativa molto dura e difficile perché partedalla distruzione e dalla decadenza dell'econo-mia greca – che l'appartenenza all'Ue e l'applica-zione dei piani della Troika hanno lasciato – e chenon può essere risolta preservando i profitti dellebanche e delle grandi imprese. Se gli ultimi annihanno dimostrato qualcosa (al contrario di quelloche dicono le organizzazioni come Syriza) è che “lavita dei lavoratori e delle masse popolari fin isceall'interno dell'euro”. L'aumento esponenzialedella povertà, la disoccupazione, i salari da mise-ria e la decadenza completa della sanità edell'istruzione pubblica sono lì a dimostrarlo.Questo è il vero disastro. Così come rispondevaAlbert Einstein a quelli che lo accusavano di esse-re “pazzo”: «La pazzia è sperare in risultati d iversise si fanno sempre le stesse cose».

Una lotta europeaSappiamo anche che è molto difficile la sopravvi-venza isolata di una economia come quella greca.Per questo, quello che proponiamo è che, se laGrecia fosse il punto di partenza, il processo deveimprescindibilmente estendersi a livello conti-nentale, contro l'imperialismo europeo (che siesprime attraverso l'Ue) nel suo complesso. Non

c'è soluzione alla crisi capitalista che possa esse-re solo nazionale.

Si deve tentare di espandere – in primo luogo aiPaesi più colpiti dall'appartenenza all'Ue e all'eu-rozona, e alle catene del debito estero, comeIrlanda, Portogallo, Lituania e Bulgaria – “l'effettodimostrativo” che provocherebbe un processo diquesto tipo in Grecia. E anche a Paesi leggermentepiù forti , come Spagna e Italia. Nei Paesi centrali ,come Germania, Francia e Inghilterra, quello che èall'ordine del giorno per i lavoratori e le massepopolari è la solidarietà con i Paesi più deboli e lalotta contro i loro governi, che tenteranno contutti i mezzi , politici , economici ed anche militari ,d i sconfiggere i “ribelli”. Si tratta della “lottacontro il proprio imperialismo” che ha avanzatoLenin, che esige, in primo luogo, la dissoluzionedell'Ue.

Di fronte all'Europa del capitalismo imperialista(quella che ha costruito ed utilizza la “macchinada guerra” dell'Ue) opponiamo l'europeismo dellemasse popolari , nella prospettiva della costru-zione di una Unione libera degli Stati europei. Ladistruzione dell'Ue, lungi dal portarci verso il ri-torno di “nazionalismi retrogradi”, deve essere ilpunto di partenza del vero internazionalismo,unendo i lavoratori e le masse popolari d i tutti iPaesi del continente.

*traduzione a cura di Valerio Torre

03/07/201 5 - Berlino - Porta di Brandeburgo, manifestazione in solidarietà al NO al referendum greco

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Le lezioni della Grecia III

Alejandro Iturbe*

N ei dibattiti con la sinistra di Syriza ealtre organizzazioni come il Mes brasi-liano, appare sempre un argomentoper difendere la loro politica di adesio-

ne o appoggio a Syriza e al suo governo: questapolitica era la “unica” possibile perché Syriza e ilsuo governo rappresentavano tanto “ il rapportodi forze” così come “ il livello di coscienza dellemasse” greche in quel momento. Pertanto, sa-rebbe stata una politica settaria e ultrasinistravoler andare “più in là”. (In realtà, questo argo-mento era già stato utilizzato per difendere poli-tiche simili, come l'appoggio al governo di Chávezin Venezuela e altri in differenti Paesi). Per noi,queste correnti fanno un'analisi sbagliata dellarealtà greca e del ruolo di Syriza e del suo go-verno al suo interno.

Il rapporto di forzeCominciamo dai “rapporti di forze”. Per le correntimarxiste, questo concetto definisce la situazionedella lotta di classe in un determinato periodo.Chi è all'offensiva e chi sta sulla difensiva: laborghesia e le classi dominanti o i lavoratori e lemasse popolari? Che livello di vittorie control'avversario raggiunge quest'offensiva? Esistonoanche situazioni di “equilibrio”, però la definizio-ne principale nel valutare un rapporto di forze èprecisamente vedere chi avanza e chi si difendenella lotta di classe. Per noi, chi è statoall'offensiva in Grecia negli ultimi anni sono statii lavoratori e le masse popolari. Non si tratta diun “vuoto ottimismo”: è quello che indica larealtà.

Dal 2010 (inizio dell'applicazione dei piani di risa-namento), i lavoratori e le masse popolari grechehanno dato vita a 35 scioperi generali molto forti,e innumerevoli mobilitazioni in piazza Syntagmaad Atene, nelle quali hanno accerchiato il parla-mento e si sono scontrati duramente con la re-pressione poliziesca. Sono state lotte che lihanno posti all'avanguardia dei combattimenticontro i piani di tagli nel mondo e hanno avutoun impatto internazionale. Come espressionemediatica di questo impatto, nel 2012 la rivistastatunitense Time ha eletto Lukánikos (il famosocane meticcio che si metteva sempre alla testadelle mobilitazioni in piazza Syntagma) come unodei “personaggi dell'anno”. Una forza di lotta che,da un lato, esprimeva la storica combattività delpopolo greco e, dall'altro, nasceva da un au-mento brutale della povertà, della miseria e dellesofferenze dei lavoratori e delle masse, che ogninuovo piano di austerità acutizzava sempre più.Allo stesso tempo, questa lotta demoliva tutti igoverni che applicavano i piani di risanamento.Basti dire che, in questi pochi anni, in Grecia sono

caduti quattro governi di differente composizionepolitica. Anche se la loro fine si è realizzataelettoralmente, questi governi sono caduti perl'azione e la lotta del movimento di massa.Altre conseguenze sono state l'agonia dell'orga-nizzazione socialdemocratica greca (Pasok) e ungrande indebolimento del tradizionale partitoborghese di destra, Nea Dimokratia. Cioè, la lottaha prodotto quello che Lenin denominava una“crisi delle classi dominanti”, che “non possonopiù continuare a governare come prima”.Fino alla fine del 2014, quindi, il “rapporto diforze” in Grecia ci mostrava la combinazione trauna profonda e sostenuta ascesa (offensiva)della lotta dei lavoratori e delle masse, con unaprofonda crisi delle classi dominanti. Possiamodare differenti “etichette” o nomi a questa situa-zione, però questa era la sua sostanza. Per quelliche si considerano rivoluzionari, si trattava di ve-dere come farla avanzare sempre di più.

La vittoria di Syriza e il suo governoLa crescita elettorale di Syriza e la sua vittorianelle ultime elezioni [quelle di gennaio: ndt] èstata una “espressione distorta” di questa situa-zione di lotta di classe. Diciamo “distorta” perché,da una parte, rifletteva una radicalizzazione dellemasse molto progressiva, la loro rottura con ipartiti tradizionali e la loro aspirazione di farla fi-nita con i tagli e la sottomissione all'Ue. Tuttavia,dall'altro lato, Tsipras e la maggioranza della di-rezione di Syriza (per le loro posizioni e concezio-ni) non avevano come loro obiettivo che l'azionee la coscienza delle masse avanzassero verso li-velli più alti. Al contrario, il loro obiettivo è statoquello di frenare il processo, sostenendo che inegoziati con le istituzioni della Ue imperialista(quadro “ indistruttibile” delle sue concezioni)erano “l'unico cammino possibile”, e non quellodell'approfondimento della lotta delle masse.

Per questo, nel quadro della fiducia che avevanoposto in Tsipras e Syriza, la lotta dei lavoratori edella masse si è messa “ in pausa”. Però la lorovolontà e la loro disposizione a combattere idiktat dell'Ue e degli imperialismi europei hannoassunto la forma della clamorosa vittoria del NOal referendum dello scorso 5 luglio. Quante altredimostrazioni di lotta e di coscienza servono aqueste correnti di sinistra per arrivare allaconclusione che non è il “rapporto di forze” o il“livello di coscienza” quello che impediscel'avanzamento “più in là” dei lavoratori e dellemasse popolari? Ora Tsipras e Syiriza continuanoa cercare di demoralizzare le masse dicendo chehanno ottenuto il “miglior accordo possibile” eche “non c'era alternativa”. Peggio ancora, hannogià cominciato (in maniera incipiente) il camminodella repressione delle mobilitazioni, comehanno fatto durante la concentrazione in Piazza

Syntagma contro l'approvazione dell'accordo conl'Ue nel parlamento greco, e con il processo e lacondanna di tre attivisti che avevano partecipatoa questa mobilitazione. E si preparano a una re-pressione maggiore di fronte a lotte rivoltecontro l'applicazione del nuovo e brutale memo-randum. Lo dimostra l'accordo firmato tra il go-verno di Tsipras e quello di Israele per la“cooperazione militare” e le “esercitazionicongiunte” degli eserciti di Grecia e Israele(esercito la cui attività principale è reprimere eassassinare il popolo palestinese). In altre parole,dopo aver tradito il suo popolo, ora Tsipras e ilgoverno di Syriza vogliono sconfiggerlo, al servi-zio degli imperialismi europei e della borghesiagreca. E se non ci riescono con la demoralizzazio-ne, tenteranno con la repressione e con i consiglidegli oppressori assassini israeliani.

Per cosa dobbiamo prepararciI l livello di coscienza dei lavoratori e delle masseè molto dinamico, dato che è il risultato di unprocesso di interazione permanente tra le sueconvinzioni attuali (costruite tramite la loro espe-rienza storica), i fatti della realtà e le conclusioniche stanno traendo dalle proprie azioni di frontea questa realtà. In questi momenti, sicuramente,in Grecia, questa coscienza è sottoposta adun'acuta contraddizione tra l'esperienza di lottadegli ultimi anni (e la ferma volontà espressa nelreferendum) e il messaggio di Tsipras e Syriza,che dicono loro che quello che hanno percorsoera “l'unico cammino”. Accetteranno questo mes-saggio demoralizzante e incroceranno le braccia?O predominerà l'esperienza degli ultimi anni e ri-prenderanno al lotta? Alcuni elementi, come losciopero dei lavoratori statali raggruppati in Ade-dy e la mobilitazione contro l'accordo nel parla-mento potrebbero indicare la secondaalternativa. È una prospettiva che puòaccentuarsi nella misura in cui il governo cominciad applicare le misure concrete del terribile pia-no di risanamento a cui ha acconsentito, e i lavo-ratori e le masse subiscano le sue conseguenza.Sarà la stessa realtà, nei prossimi mesi, a ri-spondere a questi interrogativi. Allo stessotempo, per quelli che si considerano rivoluziona-ri, i cambiamenti (avanzamenti e arretramenti)nel livello di coscienza delle masse non nasconosolamente da una relazione “pura” tra le masse ela realtà. Giocano un ruolo molto importantel'azione delle organizzazioni politiche e sindacalie le loro direzioni, che con le loro concezioni e leloro politiche stimolano questi avanzamenti earretramenti.

Noi vogliamo che i lavoratori avanzino nella loroazione e nella loro coscienza. Questo implicaoggi, in primo luogo, una lotta senza quartierecontro il governo di Tsipras e Syriza (trasformato-

si in un agente della Troika) su tutti i terreni(politico e ideologico) ma principalmente nelleazioni di massa. Implica anche il dibattito contutte quelle correnti che appoggiano questo go-verno e, anche quando criticano e denuncianol'accordo e le sue conseguenze, giustificano que-sto appoggio e non rompono con il governo (il ri-ferimento, qui, è alla sinistra di Syriza, cheall'epoca non era ancora uscita dal partito: ndt).Come abbiamo affermato in un altro articolo,questa posizione li porta a finire per essere la“copertura di sinistra” di Tsipras e del suo go-verno (una forma di complicità). I discorsi sui“rapporti di forza” e i “livelli di coscienza” pergiustificarsi hanno finito per essere solamentegiustificazioni di questo ruolo. In ogni caso, ladomanda è molto semplice: come facciamoavanzare oggi la coscienza e l'azione delle masse?Appoggiando e giustificando il governo di Tsipraso rompendo con esso e facendo appello acombatterlo?

La strategia della presa del poterePer noi, una situazione come quella che abbiamodescritto in Grecia pone oggettivamente la que-stione della presa del potere da parte dei lavo-ratori e delle masse popolari. Tsipras e Syrizaagiscono principalmente per evitare questa pro-spettiva. Al contrario, questa deve essere la pro-spettiva strategica che guidi tutte le politiche etattiche dei rivoluzionari, cercando l'avanzamentodella mobilitazione e della coscienza dei lavo-ratori e delle masse. Allo stesso tempo, conti-nuiamo a considerare pienamente attualel'elaborazione di Lenin (uno dei suoi maggioricontributi al marxismo): questo avanzamentonella coscienza deve “oggettivarsi” e realizzarsinella costruzione di un partito rivoluzionario che,all'interno del processo vivo della lotta di classe,disputi e vinca la direzione delle masse allecorrenti riformiste che vogliono “fermare” la ri-voluzione o limitarla a stadi precedenti la presadel potere.

Un partito rivoluzionario che, mentre interviene estimola attivamente le lotte concrete a cui lemasse danno vita, dialoga con la confusione cheancora impregna la loro coscienza “spiegandopazientemente” qual è la soluzione di fondo, cosìcome fecero i bolscevichi in Russia nel 1917. Senzaquesta direzione rivoluzionaria che stimoli co-scientemente il processo di lotta fino alla fine,tutte le rivoluzioni sono condannate a unasconfitta quasi sicura o, nel migliore dei casi, a“girare a vuoto”. Per questo, la sua costruzione èattualmente il compito strategico (e contempo-raneamente una necessità concreta) che hannodi fronte a sé in Grecia i lavoratori e la sinistra ri-voluzionaria.*traduzione a cura di Valerio Torre

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IV Le lezioni della Grecia

Valerio Torre

N ove mesi. Nel tempo occorrente per farnascere un bambino, Alexis Tsipras hamesso in campo, per le ragioni cheabbiamo evidenziato nell'articolo che

apre questo speciale, tutte le sue risorse per soffo-care nella culla il processo rivoluzionario greco. Mache ci sia riuscito non è dato al momento di sapere:solo la lotta di classe potrà dare una risposta.Intanto, però, al giovane leader di Syriza è riuscita laspregiudicata manovra che ne ha sancito la rielezio-ne e gli ha consentito di riprendere il controllo delpartito.

L'esito elettoraleCome avevamo infatti segnalato sul precedente nu-mero di questo giornale(1), le ragioni delle repentinedimissioni di Tsipras e della rapidissima convoca-zione di nuove elezioni(2) erano piuttosto evidenti:trasformare definitivamente il NO popolare espres-so nel referendum, che costituiva pur sempre unpericoloso fantasma che aleggiava sulla realtà poli-tica greca turbando i sogni del premier, in un ro-tondo SÌ istituzionale al nuovo pacchetto di ferocimisure di austerità; ottenere un mandato popolareper portare avanti le misure imposte dall'Ue; libe-rarsi per sempre della fastidiosa opposizioneinterna.

D'altro canto, le istituzioni europee avevano inmente un astuto calcolo: l'influenza di Tsipras e Sy-riza sulla classe lavoratrice e le masse popolari lirendeva i più “legittimati” ad applicare il memo-randum molto meglio dei gravemente screditati NeaDimokratia e Pasok. Ecco perché doveva essere pro-prio l'affidabile Tsipras a portare avanti questapartita, come non si faceva scrupolo di confermare,incontrando la presidente del Brasile Dilma Rous-seff, la cancelliera tedesca Angela Merkel: «Le di-missioni di Tsipras sono parte della soluzione, nondella crisi»(3). I l che stava chiaramente a significareche la mossa del premier greco era stata concordatacon le autorità europee, da cui era venuto il via libe-ra.Ed ecco anche perché, subito dopo il risultatoelettorale, sono piovute le congratulazioni degliavvoltoi dell'Ue, da Juncker a Dijsselbloem (4), mentrelo stesso giornale vicino a Syriza, Avgi, segnalavacon enfasi il giudizio del direttore dell'Istituto tede-sco dell'Economia, Michael Chiter, secondo cui il ri-sultato elettorale indicherebbe che l'uscita dellaGrecia dalla crisi è più vicina(5). Dal canto suo, lastampa italiana evidenziava con soddisfazione chela vittoria di Syriza aveva rassicurato le borse euro-pee(6), rimarcando che «dopo aver debuttato al po-tere da estremista di sinistra, Tsipras è riuscito afarsi rieleggere... nei panni del perfetto realista.Addirittura con un mandato a governare dai conte-nuti diametralmente opposti al primo: cioè per farele riforme delle pensioni, del mercato del lavoro,della pubblica amministrazione e della giustizia,privatizzazioni a tappeto e per aumentare le tas-se»(7).

Chi ha vinto davvero le elezioni?Torneremo in seguito sull'aspetto delle misure chedovranno ora essere adottate in Grecia. Ma èimportante per il momento soffermarsi sul datoelettorale. Perché, se è vero che Syriza ha ottenutoquasi la stessa percentuale di voti di gennaio, il ri-sultato numerico dei consensi va approfondito percomprendere le possibili dinamiche della prossimafase.

Il 35,46% di settembre rappresenta, rispetto al36,34% di gennaio, non (come parrebbe) un mode-sto arretramento di un punto percentuale ma unaperdita secca di oltre 320.000 voti. Così come NeaDimokratia ne ha persi quasi 193.000; Alba Dorataquasi 9.000; To Potàmi quasi 152.000; il Kke 36.500;Anel (partito nazionalista di destra in coalizione conSyriza sia nel precedente che nell'attuale gabinettoTsipras) 93.000. Gli unici ad aver guadagnato sonostati il Pasok (+ 52.000 voti) e l'Unione di centro (+76.000) che è riuscita a superare la clausola disbarramento del 3% entrando per la prima volta inparlamento con 9 deputati, a differenza invece degliscissionisti della sinistra di Syriza – costituiti in Uni-tà Popolare – che ne sono rimasti fuori con 155.242voti e il 2,86%.Ma a dispetto del risultato elettorale – e delle lodicantate dalla stampa borghese e da quella della si-nistra riformista – il vero vincitore di questa tornatanon è Tsipras, ma ce ne sono invece altri due. Uno èil partito dell'astensione, passato dal 36% di genna-io al 44% di settembre: rispetto alle precedenti ele-zioni, oltre 750.000 greci che avevano allora votato sisono oggi astenuti. È del tutto evidente che la capi-tolazione di Tsipras culminata nell'accettazione delterzo Memorandum ha prodotto un effetto di demo-ralizzazione sia sull'elettorato di Syriza che su quellodi altri schieramenti politici, determinando unadiffusa disillusione e un rifiuto del sistema politico.L'altro “vincitore” è un partito che non si è pre-sentato alle elezioni, ma agiva dietro le quinte:quello dei creditori internazionali e delle loro istitu-zioni. Un partito che, avendo vinto nei fatti, ha giàinsediato il suo primo ministro a Megaro Maximou (8).Si chiama Maarten Verwey ed è un economistaolandese installato ad Atene direttamente dallaTroika addirittura da un mese prima delle elezioni. Èa capo di uno staff di 20 membri e avrà il compito,attraverso i poteri straordinari che gli sono staticonferiti, di porre il governo greco sotto la strettasupervisione di Bruxelles. La task force diretta daVerwey avrà il compito di scrivere i provvedimenti

relativi ai più importanti settori di politica di go-verno in Grecia: in materia di imposte, welfare, si-stema sanitario e mercato del lavoro(9). Qualsiasiatto dell'esecutivo a guida Syriza dovrà essere preli-minarmente sottoposto al controllo di Verwey(10)

che avrà accesso diretto all'ufficio di Tsipras, comeespressamente richiesto da Juncker(11). Ed è curiosonotare che non si tratta di una sorpresa per il neoe-letto capo del governo, visto che è una misura giàprevista nel Memorandum approvato dal prece-dente governo Tsipras.

Il luogotenente e il proconsoleÈ chiaro che aver trasformato da parte di Tsipras leelezioni in un dibattito su quale partito e quale pre-mier dovessero applicare il Memorandum giàapprovato in parlamento lo scorso agosto, pre-sentandolo come qualcosa di inevitabile e la-sciando all'elettorato la sola scelta tra lui e il leaderdi Nea Dimokratia, Meimarakis, ha ridotto il votoalla scelta del male minore e ha ritagliato per lostesso Tsipras il ruolo di premier “facente funzioni”(verrebbe quasi da dire “facente finta”), cioè di luo-gotenente della Troika sotto il severo e occhiutocontrollo del proconsole Verwey.

Ecco perché, subito dopo il risultato elettorale,Anthimos Thomopoulos, amministratore delegatodella più grande banca greca, la Piraeus Bank, hadichiarato: «Essenzialmente ci troviamo allo stessopunto in cui eravamo circa cinque anni fa riguardo aciò che deve essere fatto. Solo che ora disponiamodi un primo ministro entusiasta e dinamico, con unmandato popolare per farlo. E questo è positivo»(12).Cioè, è positivo per la borghesia che “l'entusiasta edinamico” Tsipras, eletto una prima volta con unprogramma che voleva rompere con l'austerità eporre fine alle politiche di tagli e privatizzazioni, so-stenuto poi dalla schiacciante volontà popolare cheaveva espresso il suo NO al Memorandum, ne abbiaalla fine firmato uno molto più duro e selvaggio deiprecedenti, che prevede maggiori privatizzazioni, lacessione completa della sovranità alla Troika, piùtagli ai diritti, e che porterà – come sostengono tuttigli economisti – più miseria alle classi popolari. Nonsolo: è ancor più positivo per i capitalisti che il mini-stro delle Finanze del governo provvisorio uscente,Georgios Choularakis (graditissimo ai creditori e alquale sarà assegnato il compito di sovraintendereall'applicazione del Memorandum e di intrattenere irapporti con la Troika: una sorta di “superministro”)abbia passato le consegne al rientrante Tsakalotosper portare a termine l'attuazione del Memorandumstesso; e che proprio il solerte Tsipras, partendo perNew York, abbia sollecitato i propri ministri a darsida fare per quest'obiettivo, più che partecipare aiprogrammi televisivi della mattina.Una solerzia mostrata anche dal ministro dell'Eco-nomia, Giorgos Stathakis, che ha dichiarato che lapriorità del nuovo governo è quella di “rispettare il

piano di riforme concordato con i creditori”(13).

Le prospettive della prossima faseI l Memorandum – è noto – rappresenta uncondensato di misure “lacrime e sangue”(14). Proprioper questo, il neoeletto premier si è guardato benedal citarlo nel discorso di festeggiamento dellavittoria la sera del 20 settembre, benché esso costi-tuisca l'ombra che si proietterà sulla Grecia per iprossimi anni, la “Costituzione materiale” che de-terminerà l'asservimento definitivo del Paese agliavvoltoi capitalisti dell'Unione europea.

Il documento delinea nei minimi dettagli i compitidel nuovo esecutivo a cui viene assegnato un ruolopuramente notarile: dovrà, già nel mese di ottobre,presentare un bilancio suppletivo per il 2015, unprogetto di bilancio per il 2016 e un “percorso di bi-lancio” fino al 2019, sostenuto da un pacchetto dimisure parametriche e di riforme strutturali digrande ampiezza. Il testo prevede, in particolare:entro il 1° gennaio 2016, una nuova riforma dellepensioni attraverso l'aumento dei contributi e la ri-duzione degli assegni, oltre all'abolizione delle pre-stazioni pensionistiche supplementari per ipensionati più poveri; nel mese di dicembre 2015,drastici tagli al sistema sanitario e la revisione delsistema delle prestazioni sociali; annualmente, finoal 2018, raggiungimento di consistenti avanzi prima-ri di bilancio, rilevanti tagli di spesa e misure per farfronte a entrate fiscali inferiori alle attese(15); dispo-nibilità del governo a “prendere tutte le misure chepossano apparire appropriate se le circostanzecambiano”(16).È evidente che quando le misure del Memorandumentreranno in vigore si determinerà un ciclo di ulte-riore pesante recessione con l'ulteriore impoveri-mento di ampie fasce della popolazione.Continueranno allora Tsipras e Syriza a godere delconsenso popolare?La lotta di classe non è un esperimento in laborato-rio e non obbedisce a leggi meccaniche; non neces-sariamente la recrudescenza di una crisi porta aprocessi rivoluzionari. Eppure, non è escluso che lecondizioni materiali di una rottura nella società gre-ca possano accumularsi come fascine, pronte adaccendersi con una sola scintilla.È necessario, però, che, a partire dalle organizzazio-ni del movimento operaio, si cominci da subito unalotta aperta contro il nuovo governo Tsipras, conmobilitazioni popolari contro le misure imposte dalMemorandum, e si percorra la strada obbligata diun fronte unico che si ponga come il catalizzatoredel profondo, radicale e generalizzato rifiutodell'austerità e del ricatto da parte dei Paesi impe-rialisti, oggi però soffocato da una cappa di disillu-sione e rassegnazione di quegli ampi settori dimassa che, pur costituendo la base elettorale cheha proiettato Syriza al governo del Paese, sarannoquelli che per primi e più profondamente verranno

colpiti dalle sue misure, adottate quale agente dellaTroika.Nel vivo di queste mobilitazioni dovranno porsi lebasi per l'edificazione del partito rivoluzionario cherappresenti i lavoratori e le loro aspirazioni di realecambiamento. È necessario, insomma, costruireun'opposizione di massa sulla base dell'indi-pendenza di classe dal governo borghese uscitodalle urne per trasformare, con la protesta genera-lizzata nelle piazze, il NO espresso nel referendumin un processo rivoluzionario che punti aperta-mente alla presa del potere, all'espulsione dellaTroika e alla realizzazione in Grecia di un governodei lavoratori e per i lavoratori, primo passo per lacostruzione di un'autentica Europa dei lavoratori edei popoli. (28/9/2015)Note(1) “Cronaca di una vittoria referendaria tradita”,Progetto Comunista n. 53, settembre 2015.(2) La fretta nel convocare le elezioni si giustificavaanche col fatto che i crudeli provvedimenti del me-morandum entreranno in vigore in ottobre. È facileimmaginare che una campagna elettorale nel pienovigore di nuove misure lacrime e sangue sarebbestata tutt'altro che vincente!(3) http://bit.ly/pc54i0403(4) “EU welcomes Tsipras victory, says no 'time tolose' on reforms”, E Kathimerini, 21/9/2015.(5)E Avgi, 21/9/2015.(6)La Repubblica, 21/9/2015. Ancora più esplicito è IlSole 24 Ore, 24/9/2015, con l'articolo “Grecia, è pro-prio un altro Tsipras. I tassi dei bond scendono sottol'8%”.(7) “Cinque lezioni dal successo inatteso di Tsipras”,Il Sole 24 Ore, 22/9/2015.(8) La residenza del capo del governo greco.(9) “Eurozone's enforcer ready to keep Greece's newleader in line”, The Guardian, 18/9/2015.(10) Secondo il Memorandum, infatti, il governogreco dovrà “consultarsi e accordarsi con le istitu-zioni europee su tutti i disegni di legge nelle areesensibili, con il giusto anticipo prima che questevengano sottoposte all'attenzione pubblica o alParlamento”.(11) “A Dutchman 'in control' of the Greek go-vernment”, in http://bit.ly/pc54i0411(12) “Tsipras victory fails to allay doubts on Greecebailout reforms”, Financial Times, 21/9/2015.(13) “Si riparte da banche e privatizzazioni”, Il Sole 24Ore, 22/9/2015.(14) Così Il Sole 24 Ore nell'articolo citato nella notaprecedente; mentre persino il quotidiano tedescoDer Spiegel non si è fatto scrupolo di definirlo “uncatalogo di crudeltà”.(15) E nel caso di ingressi fiscali superiori alleaspettative, il 30% delle maggiori somme incassatedovrà essere posto a riserva per il rimborso del de-bito.(16) I l che significa essere alla completa mercé dellaTroika.

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PROGETTO COMUNISTA Novembre-Dicembre 2015 7ILPARTITO

prima fila nelle lotte contro la “Buona scuola” diRenzi. Aconclusione di questaprimagiornata, nellaserata del sabato, si è avuto un momento convivialein cui i compagni e le compagne hanno potuto so-cializzare e conoscersi meglio, davanti ad unabotti-glia di birra gelata.

Lalottadelle donne: unasse centralenelconflitto di classe enellacostruzionedi

unprogetto rivoluzionario

Lamattinadelladomenica si è tenuta la tavola ro-tondasulla lottadelle donne, unmomento molto si-gnificativo che ha visto la partecipazione di diversecompagne con un ruolo di prima fila all' internodelle mobilitazioni. Annalisa Roveroni è intervenu-tasottolineando il ruolo primario e centrale della fa-miglia nell'oppressione sociale della donna.NicolettaDosio ha illustrato l' importante ruolo gio-cato proprio dalle donne all' interno della mobilita-zione contro il Tav inVal Susa e ha ricordato come ilnostro compito debba essere quello di costruire ilconflitto in vista di una società più giusta ed eguali-taria, che siabasata sulmotto marxiano: «daciascu-no secondo le proprie capacità, a ciascuno secondole proprie necessità»; un conflitto che nonpuò fare ameno anche di pratiche dure di opposizione, comeil sabotaggio nel caso del Tav. Fabiana Stefanoni,dell'Esecutivo nazionale del Pdac, ha posto in evi-denza il carattere sociale ed economicodell'oppressione delle donne: un'oppressione che èfunzionale a divedere la classe lavoratrice e adincrementare lo sfruttamento finalizzato a unasempre maggiore accumulazione di capitale. Inquesto senso la lotta delle donne deve procedere dipari passo con la lottapiù generale della classe lavo-ratrice contro un sistema capitalista che si sviluppa

anche promuovendo la discriminazione di genere.Proprio per questo è necessario che all' interno deisindacati e dei partiti del movimento operaio si svi-luppi una discussione intorno a questi temi e siimbastisca una battaglia inflessibile contro il ma-schilismo, anche contro quel maschilismo piùsubdolo e nascosto che facilmente si radicaappunto nelle organizzazioni del movimento ope-raio e di lotta. In merito a questo, molto importanteè stato l' intervento di Julia Eberhard del Pstu brasi-liano, che haposto come centrale labattaglia controil maschilismo all' interno del partito come negliambiti di lotta in cui interveniamo. La compagnahaanche portato l'esperienza del Movimento donnein lotta, che raggruppa diverse migliaia di donnedella classe operaia in Brasile e che sta portandoavanti importanti mobilitazioni per i diritti delledonne e contro il sistema sociale ed economico chevuole negarli. Ultima, ma non meno importante, lapartecipazione di Niovis Naples, lavoratrice dellaYoox di Bologna e attivista del Si Cobas, che haraccontato della radicale lotta che le operaie di Bo-logna stanno combattendo contro i soprusi e lediscriminazioni, oltre che le molestie sessuali, chediverse lavoratrici hanno per molto tempo dovutosubire da un caporeparto del magazzino presso cuilavoravano (in gestione alla cooperativa Mr.Job) . Aseguito di questa lotta, e della più generale mobili-tazione che il Si Cobas haanimato neimagazzini delbolognese, i padroni della Yoox vogliono espelleredal lavoro le lavoratrici più combattive e sindaca-lizzate, e contro queste manovre è partita unagrande mobilitazione con azioni di sciopero. Aintrodurre e moderare la discussione, annodandocon efficacia i fili dei diversi interventi, è stata lacompagna Conny Fasciana, membro del ComitatoCentrale del Pdac. Si è trattato di una tavola rotondacontinuamente attraversata dagli echi della lotta diclasse nel nostro Paese: Nicoletta Dosio ha dato no-tizia di nuovi arresti, sopraggiunti proprio in quelleore, di giovanissimi attivisti No Tav, a cui la plateahatributato un lungo applauso di solidarietà; NiovisNaples hafatto appello asostenere il loro sciopero diquesti giorni e Conny Fasciana, da sempre attivanelle lotte antirazziste in Sicilia, ha ricordato ildramma degli immigrati che arrivano in Europa eincontrano la repressione. Infine, la compagna Ro-veroni ha mostrato alcune suggestive immagini eillustrato la situazione drammatica che sta attra-versando la Siria, focalizzando l'attenzione sull'esi-genza di opporsi tanto all' Isis quanto agli attacchidella dittatura di Assad, e parlando dell' importanteesperienza delle donne curde che lottano contro gliislamisti e che animano i processi rivoluzionari incorso nei cantoni del Rojava.

Costruireunpartito rivoluzionariointernazionale, risolvere lacrisi di

direzionedell'umanità

La conclusione di questa bella e intensa duegiorni di discussione è stata affidata al compagnoFrancesco Ricci, dell'Esecutivo del Pdac, il quale haripercorso il filo rosso dei dibattiti, mettendo in lucei punti principali affrontati dall'assemblea.Innanzitutto la ferma opposizione dei rivoluzionaridavanti a qualsiasi progetto governista, teso a ri-formare il sistema senza porsi la necessità di

abbatterlo. Ricci ha sviluppato diversi esempi stori-ci, non ultimo il caso di Rifondazione comunista,che per due volte è andata al governo con la borghe-sia cosiddetta progressista (primo e secondo go-verno Prodi) e per due volte si è resa complice diorrende politiche ai danni della classe lavoratrice(con la votazione tra l'altro del Pacchetto Treu, pri-ma legge precarizzante del lavoro, e delle missionimilitari imperialiste, dall'Afghanistan al Libano, percitare solo alcuni provvedimenti) . Davanti alleparole di Bertinotti, che invitava i compagni scetticia “mangiare il budino” primadi esprimere un giudi-zio su una possibile collaborazione al governo con ipartiti della borghesia, i rivoluzionari rispondevanoche questo budino è stato mangiato dal movimentooperaio per 150 anni e che ogni voltaciò haportato aenormi sconfitte e danni che ancora oggi fannosentire il loro peso sulla lotta di classe (come dimo-stra l'esito disastroso della recente “prova del budi-no” in Grecia) . Ricci ha anche, sarcasticamente,ricordato la ignobile conclusione della parabola diBertinotti (che non acaso è stato definito come pro-prio maestro da Tsipras) : dal “ritorno a Marx” di 15anni fa, passando per la riscoperta di BenedettoCroce edelpensiero liberale dueanni fa, quest'annoinfine Bertinotti è approdato almeeting reazionariodi Comunione e Liberazione, dove ha spiegato aFormigoni e a una divertita platea la “morte del co-munismo”. La vicenda di Bertinotti è una fotografiadi quell' ipocrisiadei dirigenti riformisti che si espri-me in questi giorni anche davanti alla tragedia degliimmigrati affondati e marchiati. Non hanno il di-ritto di commuoversi davanti a questa barbarie, haurlato Ricci, quei dirigenti di Sel e Rifondazione chenon solo non contrastano le politiche di rapinadell' imperialismo che sono alla base della migra-zione, ma che, quando erano al governo, hanno

approvato tutte le leggi razziste e l'aperturadei lagerper gli immigrati. E oggi ancora, in nome di un pre-sunto realismo, propongono una “regolazione deiflussi” migratori.

Ricci ha ricordato infine che bisogna risolvere il“problema dei problemi”: quello della direzionepolitica delle lotte. Le lotte da sole, infatti, non ba-stano, come dimostra anche la vicenda greca. È ne-cessario costruire un partito rivoluzionario che siponga alla testa delle masse su un programma dirotturacon il capitalismo e per lapresadel potere daparte dei lavoratori. Un partito che il Pdac, assiemeagli altri compagnidellaLit (Lega internazionale deilavoratori – Quarta internazionale) , sta costruendoquotidianamente, partendo dalle lotte, in tutti iquattro continenti: la Lit è infatti presente in più ditrenta Paesi, essendo oggi, nei fatti, la più dinamicae diffusa organizzazione rivoluzionaria internazio-nale. E, nel caso particolare del Brasile, sta anchesvolgendo un ruolo di direzione nelle mobilitazionidella classe operaia contro il governo di fronte po-polare di Dilma e Lula: tra l'altro il Pstu, come ha ri-cordato Ricci nelle sue conclusioni, stapromuovendo in queste settimane, con la CspConlutas ealtreorganizzazionipolitichee sindacali,due importanti giornate di mobilitazione, il 18 e 19settembre.

Le note dell' Internazionale, lo storico inno delmovimento operaio, hanno accompagnato la chiu-sura dell'assemblea, tra la soddisfazione di tutte etutti coloro che hanno partecipato a questa duegiornidavvero importante, perfarci tornare, conpiùconsapevolezza e coraggio, all' interno delle mobi-litazioni che ci vedranno protagonisti nella nuovastagione che inizia. (9/09/2015)

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8 Novembre-Dicembre 2015 PROGETTO COMUNISTAGIOVANIEMOVIMENTI

Giacomo Biancofiore

Èl'applauso spontaneo chesi alza quando comincianoa scendere dal pulman gliattivisti lucani con i loro co-

loratissimi striscioni che ci aiuta atrovare il filo conduttore di questanuova storia di resistenza aicercatoridiprofitto.

Siamo aBari, inuncaldissimo 18settembre, nelpieno dellaFieradelLevante e attivisti e movimenti ditutto il Sud Italia si sono datiappuntamento proprio davantiall'ingresso principale dellacampionaria per una manifesta-zione interregionale contro le tri-velle. Oltre 60 le adesioni diassociazioni, movimenti e partitiperdare forzaalle richiestedelmo-vimento No Triv, mentreall'interno della Fiera sono riuniti ipresidentidelle regionidel Sud.

L'incontro in Puglia non è ca-suale, perché è proprio il taccod'Italia ad essere maggiormentenel mirino dei petrolieri; infatti,dopo l'approvazione del nefastodecreto “Sblocca Italia” con cui ilgoverno Renzi affida concessionisenza regole alle multinazionalidel petrolio per le ricerche di idro-carburi, il Ministero dell'AmbienteedellaTuteladelMarehaconcessoben 9 permessi di ricerca su 12 allargo delle coste pugliesi,dall'Adriatico allo Ionio.

Le prime operazioni si concre-tizzerebbero con la fase di prospe-zione che con l'utilizzo dellatecnica denominata “air-gun” sa-rebbe già altamente invasiva sualcuni dei luoghi più belli e amaggiore vocazione turistica dellaregione, si pensi alle Isole Tremiti,Polignano a Mare, Monopoli e ilSalento, maanche alla costa ionicatarantina che già da anni è sotto-posta a grandi devastazioniambientali.

Oltre agli inevitabili danni al tu-rismo delle zone citate non si pos-sono dimenticare quelli alla faunae alla floramarina, ma soprattutto,alcuni dei siti scelti dalle multina-zionali del petrolio vedono la pre-senza nei fondali di ordigni bellici

della seconda guerra mondialenonché del conflitto nell'ex Jugo-slavia come dimostrato dallemappe nautiche e della MarinaMilitare.

Il grido d'allarme provenientedai comitati e coordinamenti pu-gliesi messi in piedi in poco tempoda compagni di ogni località a ri-schio trivelle è stato immediata-mente raccolto da ogni parte delPaese, Abruzzo, Lombardia,Sardegna, Veneto ecc., che hannosubito fatto arrivare il proprio so-stegno: dalla Sicilia il comitato diLicata ha fatto confluire nellabattaglia No Triv le mobilitazionigià in atto contro il progetto “Off-shore ibleo”, maproprio dallaBasi-licata è arrivato quel sostegno che

ha un valore imprescindibile, inquanto sono i lucani che hannoconosciuto sul nascere la potenzadevastante delle trivelle. Davent'anni infatti, la Basilicata èvittima di quella corsa al petrolioche con la complicitàdei politici diturno, sulla scorta di promesse diarricchimento della popolazione edi nuovi posti di lavoro mai arrivatiè stata vittima di un progressivoavvelenamento delle sue acque,delle sue terre e del ciclo alimenta-re che ha provocato enormi danniallasalutedei suoiabitanti (laBasi-licata ha una percentuale di mortiper tumore più alta della medianazionale – fonte Associazione Ita-lianaRegistroTumori) .

La stessa Basilicata a cui è stato

imposto il monopolio Fiat, in cui idiritti sindacali e in particolarequelli delle donne sono stati fattisparire per magia, la Basilicata cheha conosciuto per prima il“marchionnismo” ed il malesseresilenzioso dei giovani, la Basilicatache come dicevamo, da vent'annivede crescere il numero dei mortiper tumore e leucemie inmodo di-rettamente proporzionale alla cre-scita dei pozzi petroliferi (37attualmente attivi, oltre un centi-naio se si considerano quelli nonancora eroganti, per un totale di482 perforati) .

Le richieste del coordinamentoNo Triv, consegnate direttamenteai presidenti delle regioni del Sudvanno daun referendumabrogati-

vo dell'art. 35 delDecreto Sviluppoe degli art. 37 e 38 del DecretoSblocca-Italia, passando per ri-corsi al Tar contro le concessionisbloccate dal Ministero e ricorsialla Corte Costituzionale, maanche adunaconsultazione trans-frontaliera con i Paesi che hannoaccelerato le procedure per conce-dere alle multinazionali conces-sioni di ricerca e coltivazione diidrocarburi nell'Adriatico e nelloIonio nonché alla revoca imme-diata dei permessi concessi all'Enidalla giunta Vendola per il po-tenziamento della raffineria di Ta-ranto volto a lavorare il grezzoestratto dalla zona di Tempa RossainBasilicata.

Indipendentemente dalle ri-

chieste dei comitati, la partecipa-zione del Pdac alle mobilitazioniNo Triv ha un significato politicoimportanteperchéoltreadessere ilmotore per la costruzione delfronte unitario in tutto il Paese cheunifichi le battaglie No Muos, NoTav, No Trip e No Tap, dalla Val diSusa all'Adriatico passando per ilNo Ombrina inAbruzzo, imilitantiPdac hanno il compito di vigilare eguidare la mobilitazione dei terri-tori affinché non ci siano trattativevolte unicamente apiegare la lottae a far arenare il conflitto nellesecche della consultazione istitu-zionale, ma possa congiungersicon una prospettiva di rottura ri-voluzionaria. (24/09/2015)

Mauro Pomo

Nonostante la questio-ne Muos stia avendosempre minore rile-vanza mediatica, il

movimento No Muos continuala propria battaglia contro il pia-no di distruzione in atto da partedell' imperialismo.

Che cos'è ilMuos eperchéèdannoso

Muos è l'acronimo di Mobileuser objective system, è un siste-ma di telecomunicazionesatellitare che la Marina statuni-tense utilizza per controllare isuoi sistemi militari sparsi sututto il pianeta. Attualmente so-no stati già installati tre di questitrasmettitori ad altissima fre-quenza in Virginia, Hawaii e Au-stralia, ed è pronto un nuovoapparecchio in Italia, più preci-samente, come è noto, aNiscemi(CL) , nella Riserva NaturaleOrientata Sughereta, Sito diimportanza comunitaria. Nel2001, infatti, è stato siglato unaccordo bilaterale tra Usa e Italiadal governo Berlusconi, accordoratificato dal governo Prodi nel2006 che dà mandato alla Regio-ne Sicilia di rilasciare i nulla ostaper l' installazione degli appa-recchi. La Valutazione diimpatto ambientale, che dovevafar parte del normale iter, primadella concessione di costruire,non è mai andata a termine. Ilnulla osta viene lasciato, però,nel 2008, dopo che viene fornitauna relazione dai tecnici statu-nitensi che dimostra che gliimpatti sulla popolazione esull'ambiente sono minimi e,quindi, gli organi di competenzadanno il via aprocedere.

Ma quali sono i reali rischi delsistema? In realtà alcuni studi ri-levano la grande pericolosità delMuos, in particolare sono famosigli studi compiuti da MassimoZucchetti e Massimo Coraddudel Politecnico di Torino, le cui

conclusioni «evidenziano gravirischi per la popolazione e perl'ambiente tali da impedirne larealizzazione in aree densa-mente popolate, come quellaadiacente la cittadina di Nisce-mi»(1 ) . L'esposizione prolungataa campi elettromagnetici di me-dia intensità è ritenuta pericolo-saper la salute (rischio di tumori,leucemie ecc...) , c'è la possibilitàche interferiscano con appa-recchiature elettriche e conapparecchi elettromedicali (by-pass, pace-maker) e ospedalieri,e che arrechino gravi dannianche alla fauna.

IlmovimentoNoMuosDal 2008 inizia una protesta

spontanea in Sicilia da partedella popolazione che non vuoleessere colpita da questa sciagu-ra. Il movimento No Muos haorganizzato decine di manife-stazioni in tutta Italia peropporsi alle decisioni dell' impe-rialismo, spesso trovandosi afianco del movimento No Tav, ecome quest'ultimo è stato vitti-ma della repressione borghese.Molti, infatti, sono i casi di arrestie processi contro i militantidell'organizzazione; sono unesempio i processi al tribunale diGela il 3 luglio ai danni di un'atti-vista(2) e il 13 luglio ai danni di 7attivisti(3) per manifestazioninon violente. Il movimentoconserva ancora la forza iniziale

e anzi, va allargando il proprioraggio d'azione, anche fuoridalla Sicilia.

Un importante appunta-mento è stato il campeggiosvoltosi dal 6 al 9 agosto al presi-dio di contrada Ulmo, un eventoche oltre a riscuotere un certosuccesso sul piano della parteci-pazione (col picco dell'otto ago-sto, in occasione dellamanifestazione nazionale) hadato un ulteriore slancio allalotta, costituendo un momentodi costruttivo dibattito econfronto.

! quasi superfluo ribadire co-me agiscono le istituzioni inmateria: da un lato la veridicità

delle posizioni No Muos sonostate parzialmente accolte con lasentenza del 12 febbraio scorsocon cui il TardellaRegione Siciliaha bloccato le operazioni delMuos aNiscemi, dall'altro è del 3settembre la sentenza del CGAche ritiene che l'accertamentosull'eventuale pericolosità delMuos debba essere affidato acinque verificatori (due nomi-nati dal Presidente del Consiglioa cui si aggiungono il Ministrodella salute, il Ministrodell'ambiente e della tutela delterritorio e del mare e il Ministrodelle infrastrutture e dei tra-sporti) . La prosecuzione del giu-dizio è fissata per la prossimaudienzadel 16 dicembre.

Unapropostaradicale,unapropostacontro il

capitalismo

I comunisti sono convinti cheanche questa lotta particolarecontro le guerre imperialiste, lamilitarizzazione dei territori, ladevastazione ambientale e per lasalvaguardia della salute dellapopolazione debba essere inse-rita nel quadro della lotta più ge-nerale contro il capitalismo, checontinua lasuaoperadibarbariee di distruzione ad ogni livello. Sinotaunchiaro interesse dapartedello Stato italiano nel persegui-re gli interessi dell' imperialismostatunitense, nel dare cartabianca alla borghesia d'oltreo-ceano, cosa ancora più preoccu-pante se si considera che i Muoshanno una funzione bellica. Mail problema sta alla radice, nelcapitalismo, negli interessi diuna risicata minoranza di pa-droni disposti a tutto per fareprofitto. Davanti a tutto ciò nonpossiamo che reagire, senzafarciillusioni sulle vie istituzionali,che tenderanno sempre a pre-servare gli interessi della classedominante, ma puntandopiuttosto all'unità delle lotteintorno a una piattaforma anti-capitalista e lavorando nelfrattempo alla costruzionedell'organizzazione rivoluzio-naria internazionale necessariaalle masse subalterne perconquistare il potere politico!

Ribadiamo tutta la nostra so-lidarietà agli attivisti No Muosper la prosecuzione della lottacontro la repressione dello Statoborghese, contro la devastazio-ne ambientale, contro l' impe-rialismo. E ci uniamo alla lorolotta, nel quadro della lotta piùampia per il socialismo interna-zionale.Note(1) http://tiny.cc/pc541001(2) http://bit.ly/pc541002(3) http://tiny.cc/pc541003(23-09-2015)

DDaallllaaVVaallddii SSuussaaaallll''AAddrriiaattiiccoo:: uunnppoonntteeddii lloottttaaccoonnttrroo lleeddeevvaassttaazziioonniiMMoovviimmeennttii ddii ttuuttttoo iill SSuuddmmaanniiffeessttaannoo ssoottttoo llaa bbaannddiieerraa NNoo TTrriivv

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PROGETTO COMUNISTA Novembre-Dicembre 2015 9INTERNAZIONALE

Dichiarazione delSegretariato internazionaledella Lit,Quarta internazionale

La Francia ha vissuto unadelle sue più drammati-che notti. Il terrore hapreso possesso di Parigi

a partire da una serie diattentati suicidi realizzati in ottopunti della città che, secondo leprime ricostruzioni, hanno pro-vocato 127 morti e più di 200 fe-riti, molti in stato grave.

La maggioranza delle vittimeè morta crivellata di colpi nellasala del Bataclan, affollata dipersone che assistevano a unconcerto. Ci sono poi stati altriattacchi, con bombe e fucili au-tomatici, in ristoranti della zonae nelle vicinanze dello stadio diFrancia, mentre si disputavauna amichevole tra Francia eGermania. Dopo l'esplosione diuno dei kamikaze, la folla cheassisteva alla partita è corsaterrorizzata ad occupare ilcampo di calcio.

Otto tra gli aggressori si sonofatti esplodere.

Siamo di fronte a uno dei piùgrandi attentati terroristici degliultimi anni in una capitale eu-ropea. Questo episodio ècomparabile solo con l'attaccoal metro di Madrid, l'11 marzodel 2004, quando Al Qaeda ri-vendicò l'assassinio di 191persone e il ferimento di altre2000.

Il presidente francese,Francois Hollande, ha rilasciatoqueste dichiarazioni: «la lottacontro i terroristi sarà spietata»,«la Francia sarà implacabile». Ele prime misure applicate dalgoverno francese sono statel' imposizione dello “statod'emergenza” in tutta la Franciae l'annuncio della chiusuradelle frontiere. È stata ancheordinata la mobilitazionedell'esercito, con l' invio di oltre1500 soldati nelle vie, che sivanno a sommare ai 7000 chegià pattugliano Parigi daquando c'è stato l'attentato alla

sede del giornale satiricoCharlie Hebdo, nel gennaioscorso. All'alba Hollande ha ri-lasciato nuove dichiarazionidall'Eliseo, assicurando di “nonavere dubbi” che il responsabiledegli attentati sarebbe lo StatoIslamico: «È un atto di guerracommesso dall' Isis contro i va-lori che difendiamo». E ha poifatto riferimento a presunti«complici dei terroristi nel Pae-se.»

Di fronte a questi fatti, espri-miamo il nostro ripudio assolu-to degli attentati che sonocostati la vita di persone inno-centi a Parigi. Esprimiamo lanostra solidarietà con i feriti econ le famiglie delle vittime.

Sentiamo profondamente il do-lore della popolazione parigina.

Lo Stato Islamico ha rivendi-cato gli attentati. Questo nondeve sorprendere, dato che sitratta di un “partito-esercito”che difende un programma teo-cratico ultrareazionario e siavvale di metodi fascisti perterrorizzare e schiavizzare inte-re popolazioni in Siria e in Irak.Questo tipo di azioni, che si ins-crivono nel cosiddetto “terrori-smo individuale”, forsepotranno sembrare a qualcunocome “antimperialiste” per ilfatto che sono attuate in unaimportante capitale comequella francese. Ma non è così.Siamo di fronte a una azione

chiaramente reazionaria, chesarà usata contro la classe lavo-ratrice europea e contro gliimmigrati. Di fatto si tratta diattacchi a persone comuni, tracui molti lavoratori. Cioè nonsono azioni dirette contro icapitalisti né “indeboliscono” gliStati imperialisti: al contrario li“rafforzano” – almeno tempora-neamente – dato che offrono aigoverni imperialisti la scusa perun rafforzamento della repres-sione e degli attacchi reazionaricontro le minoranze etniche, re-ligiose e più in generale controil movimento operaio e la sini-stra. In particolare, sicuramenteci sarà una offensiva contro gliimmigrati arabi, musulmani e

contro le decine di migliaia dipersone che entrano – o cerca-no di entrare – come “rifugiati”dal Medio Oriente. La stampaborghese cercherà di associare,una volta di più, l'“islamismo”con lo Stato Islamico, perquanto questa associazione siacompletamente falsa e assurda.

Al contempo, il giusto ripudiodello Stato Islamico e dei suoimetodi non deve impedire dicondannare l'enorme e disgu-stosa ipocrisia di Hollande,dell'ex presidente Sarkozy, diObama, della Merkel, di Renzi,ecc., che hanno la pretesa diergersi a campioni della difesadell'“umanità” e della “demo-crazia” di fronte alla “barbarie

terroristica”: quando sono pro-prio loro che hanno promossoterribili invasioni militari (comein Irak e Afghanistan) che hannocausato centinaia di migliaia dimorti in Medio Oriente; e sonoproprio loro che guidano ibombardamenti in Siria e inIrak.

I governi di Europa e StatiUniti, per quanto invochino la“lotta civilizzatrice contro labarbarie” sono i principali re-sponsabili per il selvaggioterrorismo di Stato in tutto ilMedio Oriente.

Hanno affilato i loro artigliimperialisti dai tempi del colo-nialismo – nel caso dei francesi,per esempio, in Algeria – pas-sando per l' imposizione e ilmantenimento di dittaturesanguinarie, come quella di As-sad in Siria, fino ad arrivare algenocidio di intere popolazionicon le aggressioni militari, tracui va citata la complicità nellapulizia etnica attuata dai sioni-sti in Palestina.

Per questo è necessario re-spingere categoricamente i me-todi atroci dello Stato Islamico,al contempo senza dimenticarenemmeno per un secondo, esenza tacere, che i più granditerroristi della storia umana so-no le potenze imperialiste.

Il cinismo di questi signorinon ha limiti. La stampainternazionale già comincia aparlare di un “11 settembrefrancese”, e molti già sostengo-no apertamente una “guerra to-tale contro il terrorismo”, in stileGeorge W. Bush.

Per quanto ci riguarda, ciopponiamo a tutte le misure re-pressive che Hollande haannunciato: contro lo “stato diemergenza” e contro la ulterioremilitarizzazione del Paese.Perché tutte queste misure sa-ranno usate contro gli immigratiche con grandi sforzi cercano diguadagnarsi da vivere in Franciae negli altri Paesi europei. La“chiusura delle frontiere” saràchiaramente associata con unapolitica di ulteriore respingi-mento dei “rifugiati”, proprionel momento in cui assistiamoalla maggiore onda migratoriain Europa dalla fine della Se-conda guerra mondiale.

Per applicare tutte queste mi-sure reazionarie, Hollande e glialtri governi europei cerche-ranno di appoggiarsi nel preve-dibile rafforzamento del climadi razzismo e di xenofobia chequesto tipo di attentati ali-menta. Settori di estrema destra,come quello di Le Pen e altri, si-curamente troveranno alimentoin questo clima per cercare dicolpevolizzare e perseguire i ri-fugiati che fuggono dalla guerrain Siria e da tutto il MedioOriente.

La politica di Hollande edell' imperialismo europeo faappello a una presunta “unitànazionale e internazionalecontro il terrore”: si tratta di unacortina di fumo sotto la qualenascondono un attacco alle li-bertà democratiche delle masseeuropee e con la quale voglionoperseguitare gli immigrati e i ri-fugiati.

La sinistra mondiale, a partireda quella europea, e tutto ilmovimento operaio, le orga-nizzazioni sociali e di difesa deidiritti umani devono respingerenelle piazze l' insieme di questemisure repressive del governofrancese, cui lo Stato Islamico,con i suoi metodi terroristici,offre il pretesto.

Tutta la nostra solidarietàalle vittime e alle loro famiglie!

Contro le misure repressivedi Hollande, facilitatedall'azione terroristica delloStato Islamico!

Contro la xenofobia el'“islamofobia”!

Asilo immediato e senzarestrizioni a tutti i rifugiati chearrivano in Francia e nel restod'Europa!

In relazione all'attentato di Ankara,riportiamodi seguito – tradotti in italiano -due comunicati dei compagni di Red,sezione turca della Lit-QuartaInternazionale, pubblicati rispettivamenteil10(giornodell'attentato) eil12ottobresulsitodellaLit-Qi(www.litci.org).

Nella giornata di oggi ad Ankara,capitale della Turchia, si èrealizzata una manifestazioneper “pace, lavoro e democrazia”

e contro la politica di terrore impostadall'Akp (partito di governo). Il sipario difondo era l'imminente elezione delprossimo 1 di novembre(1). Lamanifestazione, convocata da partiti diopposizione, Haziran (della quale Red faparte) edorganizzazioni sindacali, stavapercominciare quando due bombe sonoesplose, lasciando unbilancio, almomento,di 86 morti e più di 100 feriti di varieorganizzazioni. È impossibile descrivere lafrustrazione davanti alla morte di tantiinnocenti, compagni e attivisti. Inoltre,mentre si contavano i morti e i feriti, lapolizia ha deciso di attaccare i manifestantiattoniti con gas lacrimogeni. È stata unasituazione realmente raccapricciante.Immediatamente dopo, il servizio diinternethasmessodi funzionarenellazona.Prima di questo massacro erano successiattentati simili, ma non di questa entità:Diyarbakir (5 giugno) e Suruç (20 Luglio) .Dopo avere perso la maggioranzadell'assemblea nelle passate elezioni, l'Akpha imposto una politica di terrore,riannodando la guerra contro il Pkk nelKurdistan turco; promuovendo scontri deisuoi militanti contro quelli del Hdp, partitodi maggioranza curda che ha fatto perdereall'Akp la maggioranza nel congresso;realizzando arresti massicci ed incolpandoIsis (lo Stato Islamico) degli attentati direttisoltanto contro i gruppi di opposizione. Icrimini dell'esercito nelle zone curde sisommanoaiviolenti scontrineiquartieri tracurdi e nazionalisti turchi, rendendo lasituazione sempre più difficile. Questapolitica del terrore è tipica di un governobonapartista che cerca di seminare panicotra i settori della società che sono contro dilui. Perciò haconvocato di nuovo le elezionie hariavviato laguerra inquesto periodo. Lemorti sulla bandiera dell'Akp in questomomento sono innumerevoli. La suapolitica cerca di incolpare i gruppi

estremisti “islamici”. L'ambiente per leprossime elezioni non può essere più teso. Ipartiti di opposizione stanno invitando anon realizzare più manifestazionipubbliche per paura di nuovi attacchi. Lasituazione è molto complessa e quello cheaccadrà nelle seguenti ore e giorni potràprodurre importanti cambiamentipolitici.

Facciamo un appello a tutte leorganizzazioni sindacali e del movimentodi massa a realizzare scioperi coordinatifino a raggiungere un giorno di scioperonazionale per respingere il massacro e lapolitica del terrore. Le morti dei compagninon devono essere vane. Il governo nonvuole pace nel Paese, perché non gliconviene. Ciò è dimostrato dall'azionepolitica messa in atto nel periodo in cui haesercitato il potere. Occorre continuare lalotta nelle strade. Bisogna fermare l'Akp intutti gli spazi. I suoi metodi mafiosi e la suapropensione ad imporre il terrorehanno giàprodotto terribili crimini.

IlmassacrodiAnkaraèstato controi rivoluzionari ed i lavoratori

Le ultime informazioni parlano di 128morti, 65 feriti gravi, dei quali attendiamoulteriori notizie, e più di 500 feriti. Questomassacro non ha precedenti nella storia delnostro Paese. La risposta del popolo è stataimmediata. Ad Istanbul, nel viale Istiklal cheporta al simbolico Gezi park, si sono riunitisabato migliaia di manifestanti. Oggi [11ottobre] adAnkara si è realizzataunagrandeassemblea. Le funzioni funebri si stannotrasformando in atti politici ed inmobilitazioni. Non c'è paura ed è chiaro chela colpa è del governo assassino dell'Akp edella sua politica finalizzata a mantenersi alpotere ad ogni costo. Nel frattempo il Hdp[partito curdo] continua ad insistere nelvoler punire l'Akp alle urne, senza fare alcunchiaro appello alla mobilitazione popolare.Per quanto ci riguarda, l'appello è chiaro:dobbiamo resistere per le strade.Richiamiamo ad organizzare mobilitazioninei quartieri, scioperi e lotte nelle università

e nei luoghi di lavoro. Questo massacro hacolpito una manifestazione di studenti,rivoluzionari e lavoratori, una protestacontro le politiche del terrore del governodell'Akp che è stata punita con uno deimaggioriattidi terroredellastoriadelnostroPaese. Davanti a questo scenario è moltoimportante la solidarietà ed il ripudiointernazionale del massacro. Perciòfacciamo appello affinché venganorealizzate iniziativedi frontealle ambasciatedellaTurchia in tutto ilmondo.Nonabbiamopaura!Contro l'Akp!Non dimenticheremo i suoi massacri!Contro lo Stato di Terrore, raddoppiare lamobilitazione!Nota(1) Leelezionidel1 novembrehannovisto

una vittoria netta dell'Akp di Erdogan, conuna percentuale del 49,7% e la conquista di316 seggi su 550, ottenendo dunque lamaggioranza assoluta. Riteniamo chequesto sia il diretto prodotto della strategiadella tensione che è stataattuata.

DDii ffrroonntteeaaggllii aatttteennttaattii ddii PPaarriiggii

MMaassssaaccrroo aadd AAnnkkaarraa

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10 Novembre-Dicembre 2015 PROGETTO COMUNISTA

Matteo Bavassano

I l processo rivoluzionario siriano e la guerracivile siriana si avvicina al suo quinto anno. Avolte, sentendo parlare di questa importantevicenda della lotta di classe, ci sembra come

quando i telegiornali borghesi parlano dei conflitticivili dimenticati nell'Africa sub-sahariana: si parlasolamente della questione in termini di morti,dandone una interpretazione sovrastrutturale ocomunque unilaterale e semplicistica (in Africa siparla di conflitti etnici, in Siria di terrorismo efondamentalismo islamico) . E questo, rispetto allaSiria (come in realtà da decenni sulle questioni piùimportanti della lotta di classe) , viene fatto non solodalla stampa borghese, ma anche da vari gruppistalinisti e castro-chavisti che fanno levasull' impressionismo del fondamentalismo islamico(accusato di essere al soldo degliUsa) per sostenere ilregime di Assad, valido alleato delle borghesienazionali dei Brics, in particolare di Russia e Cina,che era stato in realtà un garante dello status quodella regione negli ultimi anni sia nei confrontidell' imperialismo come nei confronti di Israele,mentre viene oradipinto come un antimperialista.

Il processo rivoluzionario siriano nelquadro delle “Primavere arabe”

È bene quindi, cercando di fare il punto sugliultimi sviluppi, partire dall' inizio dellamobilitazione antigovernativa del gennaio 2011,perché qui si ritrovano le vere motivazioni dellapolitica dell' imperialismo, statunitense soprattutto,nella vicenda siriana. Questo processorivoluzionario si iscrive nel quadro delle rivoluzioniarabe, le mobilitazioni di massa che avevanorovesciato il governo egiziano di Mubarak e quellotunisino di Ben Ali, e che avevano scosso molti altriPaesi: vi erapoi un processo rivoluzionario permoltiversi simile a quello siriano, quello libico, dove purela mobilitazione divenne presto una guerra civilecontro il regime di Gheddafi. Anche in quel caso, lostalinismo assunse le difese del dittatore presunto“antimperialista”: si, quello stesso dittatore amico diBerlusconi, dell' imperialismo italiano e dell'Unioneeuropea, che mandava gli immigrati in viaggiodall'Africa sub-sahariana verso l'Europa a morire inlager al limite del deserto. La giusta opposizioneall' intervento militare dellaNato, che aveva lo scoponon di porre fine alla guerra e al regime di Gheddafi,ma di strangolare nella sua morsa l'attività dellemasse combattenti organizzate nei comitatirivoluzionari locali ponendo le basi per il perpetrarsidello Stato borghese libico una volta sbarazzatisi diGheddafi, è diventata, nella prospettiva falsamenteantimperialista dello stalinismo e del castro-chavismo, un appoggio incondizionato a Gheddafi,“leader delle masse libiche e punta avanzata delloschieramento antiimperialista mondiale”, chevenivaper questo attaccato dagli Usa.

In verità Gheddafi era l'uomo su cui gli Usa hannocontinuato apuntare fino ache nonhadimostrato dinon essere più in grado di contenere le proteste, edanche allora non si sono opposti frontalmente a lui:hanno cercato di evitare un confronto militare,cercando di dar luogo a una transizione cheriappacificasse la Libia, hanno cercato di edulcorarela rivolta creando ad arte il Cnt con vecchi esponentidel regime, in modo da dare una direzione borghesee filoimperialistaallarivoltacheormaiGheddafinonpoteva più controllare. L' intervento della Nato, cherischiavadi dare alle masse unanuova coscienzadeiloro compiti, fu reso indispensabile dal “colpo dimano” dell' imperialismo francese, che per i suoiinteressi particolari in Libia (nel tentativo diprendere posizioni rispetto all' imperialismoitaliano soprattutto) iniziò contro il parere degli Usain particolare un intervento aereo contro Gheddafi.La storia si è ripetuta in maniera quasi identica inSiria, con la differenza che qui il processorivoluzionario è tuttora in corso, per quanto inmanieradifficile e contraddittoria.

Lo scoppio dellaguerracivile sirianaegliinteressi delle potenze imperialiste

Le proteste inSiria iniziano poco dopo quelle neglialtri Paesi arabi, a metà gennaio 2011: per diversimesi ogni venerdì (dopo la preghiera islamica) , lapopolazione siriana protestava in massa contro ilregime, chiedendo riforme e democratizzazione. Ilregime ha inizialmente tentato una riverniciaturademocraticadella Siria, tramite rimpasti governativie aperture ai social nertwork (prima oscurati) , madato che queste misure, assolutamente di facciata eche non andavano a intaccare le ragioni sociali edeconomiche profonde delle proteste, nonriuscivano a placare le manifestazioni pacifichedelle masse siriane, dal giugno 2011 il governo iniziòuna sistematica repressione violenta dellemobilitazioni. All' intensificarsi di questarepressione ci furono nell'esercito e nella poliziasiriana diverse diserzioni che finirono per creare unvero e proprio esercito anti-governativo, l'Esercito diliberazione siriano (Free syrian army) . Sia detto dipassata, per qualsiasi marxista la disgregazionedell'esercito borghese è uno dei maggiori segnali diuna crisi di regime ad uno stadio avanzato: la stessadisgregazione stava iniziando anche in Egitto nelcorso delle mobilitazioni contro Mubarak, ma non èmai arrivata ai livelli siriani perché gli alti gradidell'esercito (vero pilastro del regime egiziano)hanno preferito sacrificare Mubarak per salvare ilregime dall'azione oggettivamente rivoluzionaria(per quanto non cosciente, non direttaall'abbattimento del capitalismo, non guidata, cioè,daun partito rivoluzionario) delle masse.

L'Els cominciaquindiacombattere contro Assada

fianco dei comitati popolari che si sono auto-organizzati sui territori in cui alla repressione dellemanifestazioni pacifiche le masse hanno rispostodisarmando le truppe fedeli al governo e assaltandole caserme per prendere le armi. La situazione è taleper cui gli imperialismi occidentali, in primo luogoquello statunitense, si orientano per unasostituzione diAssad, masono frenati dadue cose: ladestituzione di Assad è contraria ai desiderata diIsraele, per i quali Assad è un “sicuro vicino”, inquanto in anni di governo non ha mai messo indiscussione i confini con Israele, in particolare perquanto riguarda le Alture del Golan, ed è quindi unodei pilastri dello status quo dell'area mediorientale,sebbene non il più genuflesso agli interessi sionisti;d'altraparte Russiae, in secondo luogo, Cinavedonoin Assad un valido alleato per i loro interessi nellaregione. Queste quattro potenze (Usa, Israele,Russia e Cina) sono concordi nel voler evitare unavera rivoluzione sociale, ma mentre gli Usa sonodisposti a sacrificare Assad per questo, le altrepotenze, per varie ragioni, non erano favorevoli aquesta soluzione: Israele per mantenere uno statusquo che poteva essere messo in discussione da unnuovo governo siriano, Russia e Cina per nonperdere le loro relazioni economiche e diplomaticheprivilegiate se Assad venisse sostituito da un nuovogoverno maggiormente filo-occidentale. Gli Usa,non potendo quindi intervenire sotto l'egidadell'Onu, si sono mossi creando l'omologo del Cntlibico, il Consiglio nazionale siriano, un organismoche si candidava a diventare la direzione borghesedell'Els: un'azione unilaterale degli Usa in quelmomento rischiava di riaccendere le polveri in tuttolo scacchiere mediorientale e particolarmente inEgitto, vero “bastione” che l' imperialismostatunitense non voleva assolutamente perdere epunto d'appoggio per la stabilità di Israele e di tuttala regione. Questa la genesi dell'attuale conflitto, dicui rivendichiamo il carattere rivoluzionario eribadiamo l'appoggio che come Pdac e come Litabbiamo dato alla rivoluzione siriana. La direzioneborghese imposta dagli Usa, composta da forzeeterogenee e con pochi legami con i comitatipopolari, vero motore della rivoluzione, non potevaessere considerata un motivo per non supportare lalotta contro il regime di Assad, ma anzi era il motivoper cui i rivoluzionari dovevano essere i miglioricombattenti anti-Assad: dalla caduta del dittatorepassava lo sviluppo della rivoluzione siriana in corsoe solo nella lotta contro Assad i rivoluzionaripotevano trovare un seguito di massa.

L'intervento delle forzefondamentaliste islamiche

La situazione muta parzialmente quando nelgennaio 2012 cominciano a intervenire gruppifondamentalisti islamici in maniera organizzata nelconflitto, come ad esempio il Fronte al-Nusra, legatoad Al-Quaeda. Questi gruppi hanno cominciato acombattere contro l'esercito regolare siriano,indipendentemente dall'Els con cui però a voltehanno collaborato contro Assad, iniziando anche adadottare forme di lotta terroristiche, con attacchisuicidi e autobombe. Lottano invece frontalmentecontro i comitati popolari, soprattutto quelli cheavevano tendenze più rivoluzionarie: nei territori

dove combattono infatti cercano di ottenere ilcontrollo esclusivo del territorio e di applicare lasharia, ma per farlo dovevano liquidare quelli che siopponevano loro, cominciando da quelli chevogliono costruire una società più giusta. L'ingressosulla scenadell' Isis hacomplicato lasituazione, datoche inizialmente lottavaanche contro gli altri gruppifondamentalisti, ma non ha sostanzialmentemutato il quadro rispetto all' intervento delle altreforze islamiste: vi sono infatti diversi segnali cheindicano che Isis e Fronte al-Nusra starebbero oracollaborando in diverse situazioni come aYarmuk.

La lotta dei rivoluzionari diviene quindi una lottasu due fronti: contro Assad e contro ilfondamentalismo islamico. Tutto lo stalinismo e ilcastro-chavismo, che in realtà avversavano larivoluzione siriana (per assecondare gli interessirussi) già prima dell'entrata in scena deifondamentalisti sostenendo che era in realtà ungolpe organizzato dalla Cia, utilizzavano oral'azione delle forze islamiste per definire il processosiriano come “rivoluzione fatta da tagliagole”,dicendo che non restava più niente dellamobilitazione iniziale delle masse popolari e cheanzi eraquestache avevaaperto la stradaai terroristi(sostenendo implicitamente che non bisognacombattere i governi “anti-imperialisti”, cioè quellidei Brics e dei loro alleati, perché l'alternativa èsempre peggiore) . Si arriva così a sostenere che, inogni caso ed anche solo per realpolitik, oggi bisognasostenere Assad come baluardo contro il terrorismo,mentre gli stalinisti più beceri considerano Assadcome il leader della lotta anti-imperialista delpopolo siriano. Per i marxisti rivoluzionari invece sitratta di combattere contemporaneamente emantenendo una indipendenza politica di classeAssad e i fondamentalisti, rimanendo indipendentianche dalla direzione borghese del Cns e dell'Els. Ifatti di Yarmouk, campo profughi palestinese che siopponeva ad Assad e in cui i combattenti hannoresistito agli assalti contemporanei dell'esercitoregolare siriano e dell' Isis, dimostrano che esiste uncampo rivoluzionario e che, pur con una durissimalotta, può vincere e portare avanti la rivoluzione.Anche la vicenda di Kobane, città curda in territoriosiriano ribellatasi ad Assad e resasi indipendentecon il resto del Rojava, dimostra che è possibilelottare contro l' Isis e contro Assadcontemporaneamente: non a caso gli avversari dellarivoluzione siriana cercano di nascondere il fattoche Kobane ha partecipato, con le specificità curde,al processo rivoluzionario.

Lanuovasituazione internazionaleconfermache l'unicaalternativaper ilproseguimento dellarivoluzione è lacostruzionediuncampo politico emilitare anti-Isis e anti-Assad

Nelle ultime settimane le posizioni delle potenzestraniere che hanno interessi in Siria stannoleggermente cambiando e si stanno, in una certamisura, chiarificando. Alcuni altri gradi militariIsraeliani (per esempio il generale AzerTsfrir) hannofatto dichiarazioni a favore di un armamento delregime siriano per evitarne la caduta: questodimostra che non c'è mai stata avversione per Assad

da parte Israeliana, né che l'Isis e i fondamentalistisarebbero dei burattini nelle mani della Cia e delMossad. Recentemente la Russia è entrata in campomilitarmente nel conflitto siriano al fianco di Assad,ma già prima sosteneva Assad per tramite diHezbollah e dell' Iran, e Netanyahu ha fatto visita aPutin a Mosca, dove i due hanno annunciato lacreazione di un “meccanismo di coordinazionemilitare” al fine di assicurare la stabilità della Siria,evitando però che armi russe arrivino a Hezbollah eall' Iran, forze regionali che preoccupano Israele benpiù di Assad. Putin è poi volato a Washington perl'Assemblea generale dell'Onu, al cui margine haavuto dei colloqui “franchi” con Obama, al terminedei quali hanno convenuto che sono possibili deiraid comuni contro l' Isis(1 ) , anche se Putin hadenunciato gli attuali raid aerei di Francia e Usaperché non in linea con il diritto internazionaleperché non approvati dall'Onu, cioè compiuti senzaaver negoziato con la stessa Russia, che ha potere diveto in seno al Consiglio di sicurezza. Gli Usa infinehanno ormaiaccettato il principio che la transizionedal governo di Assad ad un nuovo governo dovràvedere il coinvolgimento dello stesso Assad. Glistalinisti saranno pronti a dire che quello chepropone Putin è un'alleanza simile a quella anti-fascista durante la Seconda guerra mondiale, ma larealtà è che questa alleanza è volta a tentare diricomporre la stabilità nella regione, ponendo fine aun processo rivoluzionario che, per quantocontraddittorio e strangolato su due fronti, è ancoravivo come dimostrano i fatti di Kobane, Yarmouk e,più recentemente, Tel Abiad, e che rischia diriaccendere i processi rivoluzionari in Paesi chiaveper la stabilità della regione come l'Egitto, dove lasituazione è tutt'altro che calma, e ardonosottotraccia le braci della rivoluzione, o come laTurchia, dove la questione curda sta diventandoesplosiva e potrebbe ricollegarsi con le forze socialiche avevano dato vita alla rivolta di Gezi park. Imarxisti rivoluzionari sanno che le contraddizionisociali ed economiche che hanno dato vita a tuttiquesti processi rivoluzionari non sono risolte, e chela sorte della rivoluzione siriananonè già scritta, madipende dalla lottadi classe internazionale inMediooriente e in tutto il mondo, dalla nascita di nuoviprocessi rivoluzionari che portino aiuto allarivoluzione siriana abbattendo in primo luogo i lororegimi filo-imperialisti e nella prospettiva dellacostruzione di una libera Federazione di Statisocialisti delMedio oriente e delNordAfrica. Questaè la prospettiva per cui ci battiamo come Pdac ecome Lega internazionale dei lavoratori, per lacreazione di partiti rivoluzionari indipendenti intutti i Paesi, che possano, con la lotta di classe e lasolidarietà internazionale, liberare le masse deiPaesi arabi dal giogo delle potenze imperialiste.

Nota(1) Mentre chiudiamo questo articolo è arrivata la

notizia dell' inizio dei raid russi in Siria contro l' Isis.Le forze dell'opposizione denunciano però che ilbombardamento russo sia stato diretto versoterritori non occupati da forze fondamentaliste, main mano agruppi moderati del fronte anti-Assad.

INTERNAZIONALE

03/1 0/201 5 - striscione della rivoluzione siriana a Kafranbel: «Chiesa Russa! I tuoi soldati sono qui ad uccidere persone innocenti;è questo che voi chiamate “Guerra Santa”?»

RRiivvoolluuzziioonnaarrii ee rriiffoorrmmiissttii ddii ffrroonnttee aallllaa rriivvoolluuzziioonnee ssiirriiaannaaLLaa ppoossiizziioonnee ddii ccllaassssee ddeeiimmaarrxxiissttii ee ii cceeddiimmeennttii aallllee bboorrgghheessiiee ““nnaazziioonnaalliissttee””ddeelllloo ssttaalliinniissmmoo

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PROGETTO COMUNISTA Novembre-Dicembre 2015 11INTERNAZIONALE

Fabiana Stefanoni

La tragica vicenda dei profughi siriani,costretti a subire quotidianamenterepressione e razzismo, nella loro fugadisperata alla ricerca di un luogo dove

sopravvivere, ha riportato all'attenzione deimedia la vicenda siriana. Decine di migliaia dipersone scappano dalla dittatura di Assad edalla sua sanguinaria repressione, dall'avanzatadell' Isis e, ora, dai bombardamenti della Russia,che avvengono con la complicità della Nato,degli Usa, delle potenze imperialiste europee edi Israele. È grave, nel contesto della cosiddettasinistra “radicale” italiana, la forte presenza diposizioni filo-Assad (e ora filo-Putin) , che hannoportato, in non pochi casi, anche ad aggressionia danni di attivisti che sostengono la rivoluzionesiriana.

Chi sta con Assad?Il 24 ottobre, a Napoli, durante un corteo

contro la Nato, alcune sigle staliniste e pro-Assad (tra cui la Rete dei comunisti eAssadakah) , hanno aggredito alcuni attivisti pro-rivoluzione siriana, tra cui una compagna delcollettivo Karama-Napoli, Fiore Haneen Sarti,altri due dello Unior pro-Rivoluzione Siriana, eun compagno Algerino, Nadim Dadi, moltoconosciuto nei movimenti di lotta napoletani.Quale la colpa di questi compagni? Essersipresentati in manifestazione con le bandieredella rivoluzione siriana.

Non è la prima volta che assistiamo a episodidi questo tipo: a Milano un compagno è statoaggredito in manifestazione per aver esposto labandiera della rivoluzione siriana al fianco diquella palestinese.

Sono fatti di una gravità inaudita e, per questo,esprimiamo la nostra solidarietà ai compagniaggrediti. Ma non vogliamo limitarci a questo.Pensiamo che sia necessario smascherare leposizioni politiche di coloro che, purdefinendosi “antimperialisti”, finiscono perschierarsi con i dittatori che, in combutta conl' imperialismo, reprimono nel sangue lerivoluzioni. Posizioni assurde che, per il pesodello stalinismo nella storia del movimentoitaliano, contaminano anche i movimenti controla guerra e, soprattutto, alcuni ambienti dellasinistra radicale e di movimento (tra cui alcunicentri sociali) . Crediamo anche che sianecessario smascherare le posizioni ambigue dichi, certo, non si schiera con Assad, ma nonprende posizione a sostegno della rivoluzione,arrivando persino a dire che «oggi la rivoluzionein Siria non c'è più». Per la gioia di Assad, diPutin, di Obama e di Netanyahu.

La Lega Internazionale dei Lavoratori (Lit) -Quarta Internazionale è, fin dall' inizio dellarivoluzione, impegnata in una campagnainternazionale a sostegno della rivoluzionesiriana. In Spagna, i compagni di Corriente Roja(la sezione spagnola della Lit) sono tra iprincipali promotori di mobilitazioni a sostegnodella rivoluzione. In Brasile, in occasione dellarecente grande manifestazione del 18 settembrea San Paolo contro il governo Dilma e contro ledestre, attivisti siriani esponenti del fronterivoluzionario hanno parlato di fronte a decinedi migliaia di manifestanti. In Italia, le cosevanno diversamente: chi sostiene la rivoluzionesiriana rischia di essere aggredito nellemanifestazioni contro la guerra. Ma è ora chetutta la sinistra di classe – a partire dai sindacatie dalle organizzazioni (sindacali e politiche) delmovimento operaio – apra un dibattito su questitemi, seppellendo le macerie dello stalinismo.

È nato il Comitato permanente asostegno della rivoluzione siriana

Il 10 e 11 ottobre, a Bologna, nel corso di unadue giorni che ha visto la presenza di decine diattivisti, siriani e italiani, provenienti da diverseregioni, si è costituito un Comitato permanentea sostegno della rivoluzione siriana. Sono statidue giorni di dibattiti intensi, con un confrontoserrato, che si sono infine concretizzati in unmanifesto, condiviso da tutti i presenti.

Tra i partecipanti alla conferenza che hannocondiviso l'esigenza di costruire un comitatopermanente a sostegno della rivoluzione sirianac'erano anche i militanti del Pdac e e deicollettivi Unior pro Rivoluzione Siriana eKarama Napoli, questi ultimi vergognosamenteaggrediti dagli stalinisti sabato 24 ottobre.

Pensiamo che la nascita di questo Comitatosia un importante passo in avanti – per quantotardivo – per tentare di rompere, anche in Italia,l' isolamento della rivoluzione siriana: larivoluzione siriana potrà vincere contro Assad,contro la Russia e le mire colonialidell' imperialismo – e ovviamente anche controle bande reazionarie dell' Isis – solo se sisvilupperà una rete internazionale in grado disostenerla, anche concretamente, a partire dallanecessità di una campagna per rifornire i ribellidi armi. Nelle ultime settimane, già si sono svoltialcuni presidi a sostegno della libertà in Siria (inparticolare a Milano) .

Come Pdac abbiamo l'amaro primato diessere l'unico partito della sinistra di classe, inItalia, che ha preso una posizione chiara disostegno alla rivoluzione siriana. Tutti i partitisedicenti comunisti hanno preso o unaposizione pro-Assad oppure, in altri casi, unaposizione ambigua, di oggettiva dissociazionedalla rivoluzione. Tra i primi, ci sono i partitistalinisti (o filo-stalinisti) , come il Partitocomunista di Rizzo e il Pdci. Ma ancheRifondazione comunista e altri partiti oorganizzazioni della sinistra “radicale” (come ilPcl e La Comune) hanno, su questo terreno,espresso posizioni ambigue, arrivando a dire,per giustificare la loro passività, che “larivoluzione non esiste più” o ponendo lanecessità della costruzione di una direzionerivoluzionaria (necessità che anche noirimarchiamo) come la condizione preventivaper schierarsi con le rivoluzioni arabe, unevento slegato dallo sviluppo della lottaconcreta, da attendere come osservatori passiviinvece che al fianco delle masse in lotta (èquesto il motivo per cui il Pcl polemizza con ilPdac e la Lit per essersi a suo tempo schieraticon la rivoluzione in Libia) . Questoatteggiamento del Pcl (e di altri “critici” deiprocessi rivoluzionari) si spiega col fatto chenon è parte di una Internazionale che si starealmente costruendo. Diverso è il ruolo dellaLit-Quarta Internazionale, che non si limita acommentare gli eventi ma si sta costruendo nelcuore della gran parte dei processi rivoluzionariin corso nel mondo.

Le mistificazioni del castro-chavismoTornando alle posizioni maggioritarie a

sinistra, di sostegno al dittatore Assad,pensiamo che abbia giocato un ruolo nefasto ilcastro-chavismo, che condiziona molti ambientianche della sinistra di movimento e sindacale inItalia, come alcuni centri sociali e alcunisindacati (in primis Usb) . Di fatto, Chavez(prima di morire) e Castro, dopo lo scoppio dellarivoluzione siriana nel 2011 , si sono schierati aspada tratta a difesa di Assad, bollando irivoluzionari come “foraggiati dagli Usa”. A tuttoquesto, va aggiunto il sostegno criminale diHezbollah a Bashar Al Assad, e l' invenzione diun presunto “fronte anti-imperialista” costituitoda Siria, Iran e dalla Russia.

È così che tanti sedicenti rivoluzionari, anchein Italia, quando è scoppiata la rivoluzione inSiria si sono schierati dalla parte dellarepressione. A loro dire, schierarsi con Assad eraun modo per resistere alla Nato e a Israele e. . .per difendere la causa palestinese (sic!) .Quando, infine, Putin ha cominciato abombardare (ufficialmente l' Isis, in realtà iribelli e la popolazione civile) anche lui (l'amicodi Berlusconi. . . ) è apparso a costoro come unbaluardo dell'antimperialismo.

Eppure, i fatti hanno la testa dura, più duradella cecità di tanti. Bashar Al Assad, perdifendere la sua dittatura sanguinaria, non haesitato a bombardare il campo palestinese diYarmouk. Non solo: ha più volte cercato dicontrattare con gli Usa (quelli che, secondo leinterpretazioni del castro-chavismo, dovrebberoessere i nemici numero uno del regimesiriano.. . ) per trovare una via d'uscita condivisadalla crisi. Di più: oggi, Putin e gli Usa sonoparimenti convinti che, per cercare distabilizzare la regione, sia necessario mantenere

Assad al potere. E – udite udite – persino Israelesi è schierato dalla parte di Putin, nella speranzache l' intervento russo possa evitare che ilcontagio rivoluzionario infiammi la regione.Certo, la strategia degli Usa in Siria (così comequella della Russia) si articola con tattichediverse, e sono prevedibili svolte e contro-svolte.È vero che gli Usa hanno, in passato, sostenutoalcune milizie moderate all' interno del fronterivoluzionario (mentre oggi sono disposte asostenere Assad contro l' Isis e contro il rischio diuna “destabilizzazione”) . Ma questo non è unbuon motivo per abbandonare il fronterivoluzionario e bollarlo come “foraggiato dagliUsa”: seguendo il ragionamento degli stalinisti edei castro-chavisti, bisognerebbe dire che laResistenza partigiana, in Italia, era al soldo degli

Usa e della Gran Bretagna, solo perché gli Alleatihanno sostenuto (con armi e finanziamenti)alcune brigate?

Come Pdac, ci schieriamo al fianco dellarivoluzione siriana e pensiamo che solo il suotrionfo, con la cacciata di Assad, possa garantirela libertà alle masse popolari siriane. Ènecessario che la rivoluzione mantenga la suaindipendenza dalle mire egemonichedell' imperialismo e della Russia nella regione e,per questo, pensiamo che debba evolvere, peressere vittoriosa, in rivoluzione socialista.

In Italia, facciamo appello alle forze politichedella sinistra a organizzare la solidarietà allarivoluzione, rafforzando il neonato Comitatopermanente a sostegno della rivoluzione siriana.

NNaassccee iillCCoommiittaattooppeerr llaa rriivvoolluuzziioonnee ssiirriiaannaaCCoonnttrroo AAssssaadd,, PPuuttiinn ee ii bboommbbaarrddaammeennttii ddeellll'' iimmppeerriiaalliissmmoo oocccciiddeennttaallee

1 0/1 0/201 5 - Bologna, secondo giorno della conferenza a sostegno della rivoluzione siriana

26/1 0/201 5 - Milano, manifestazione a sostegno della rivoluzione siriana

11 /1 0/201 5 - Bologna, secondo giorno della conferenza a sostegno della rivoluzione siriana

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12 Novembre-Dicembre 2015 PROGETTO COMUNISTA

Fabiana Stefanoni

Leggeteconattenzionequesto articolo perché,in Italia, difficilmente avrete occasione dileggere altrove di quello che sta realmenteaccadendo inBrasile, unodeiPaesipiùgrandi

delmondo, considerato, almeno fino apoco tempo fa,una delle principali economie “emergenti”. Mentresentirete parlare delle “grandi manifestazioni”promosse dai partiti di destra per chiederel'impeachment di Dilma Rousseff, nessuno vi parleràdelle grandi manifestazioni e delle proteste operaie edimassachestannoattraversando ilBrasile, algridodi“nós paramos o Brasil” (“blocchiamo ilBrasile”) .

Il 18 settembre sono scese in piazza a San Paolo,contro il governo Dilma e contro le destre, decine dimigliaia di persone (quella che in Italia, vistal'abitudine di certa sinistraamoltiplicare le cifre ausostampa, si sarebbe detta una manifestazione “dacentomila”) . Un corteo enorme (come si vede dallefoto impressionanti) , promosso dal sindacato CspConlutas con oltre 40 sigle sindacali, di movimento epolitiche, con un ruolo dirigente di primo piano delPstu (il partito fratello del Pdac in Brasile) . Domenica19 è stata la volta di una enorme assemblea (condelegazioni di operai, donne, studenti, neri, lgbt dadiverse città del Brasile) , nel corso della quale si èdeciso di rilanciare lamobilitazione, fino allo scioperogenerale.

IlmitodelLulaoperaioIn Italia quasi nessuno parla della straordinaria

stagionedi lotte che sièapertainBrasile e, soprattutto,del ruolo importante che stanno svolgendo in essa ilPstue laCspConlutas, ilpiùgrandesindacatodibaseedi classe del mondo (con circa 3 milioni e mezzo diaffiliati) . Difficile fare piazza pulita delle illusioni cheper anni hanno ubriacato la sinistra di casa nostra:ovverosiacheilgovernodifrontepopolareaguidaPt(ilpartito dei lavoratori di Lula e Dilma) sia il “governodella classe operaia”, simbolo di una grande speranzadi cambiamento.

Ma, nella realtà, a parte qualche concessione difacciata(come la“bolsafamilia”, di fatto un'elemosinaa vantaggio delle famiglie più povere) , il governo dicentrosinistra ha agito a sostegno degli investimentidelle multinazionali (in particolare quelle del settoreautomobilistico, dalla Fiat alla General Motors allaVolkswagen), sulla base di accordi centrati su bassisalari e alti profitti: le multinazionali hanno così avutounaiutopreziosodaLulaeDilmanell'attuazionedelleloro politichedidelocalizzazione e sfruttamento.

Per alcuni anni la relativa crescita economica delBrasile ha dato l'impressione di un miglioramentodellecondizionidivitadellaclasse lavoratrice, conunaconseguentepace sociale funzionaleagli investimentidel grande capitale internazionale: una pace socialegarantita dal radicamento operaio del Partito deilavoratori (il partito di Lula e Dilma appunto) ,strettamente legato alla Cut, la principaleconfederazione sindacale delBrasile.

Sull'onda della crisi economica mondiale, le cosehanno cominciato a cambiare. Il governo ha attuato,progressivamente, sempre più pesanti politiche diausterità: tagli allo stato sociale, privatizzazioni,congelamentodei salarideidipendentipubblici, tuttoaccompagnato da aiuti e finanziamenti diretti eindiretti allemultinazionali e alle banche.

L'invenzionedelgolpeTutto questo ha determinato la frattura tra la base

sociale tradizionale del Partito dei lavoratori e ilgoverno, generando un fortissimo malcontentopopolare e, soprattutto, operaio. I partiti della destraapprofittano di questo discredito, propongonol'impeachment accusando il governo di corruzione

(per l'utilizzo di fondi pubblici in campagnaelettorale) e cavalcano il malcontento popolarepromuovendo manifestazionidipiazzacontro Dilma.Il governo per difendere la propria politica di attacchialla classe lavoratrice e al contempo cercare di reagireal discredito in cui è caduto utilizza lo spauracchio del“golpe”. Uno spauracchio, appunto: non ha nessunfondamento dire che oggi ci sia in Brasile il rischio diun golpe militare, visto che il capitale internazionalenon ne avrebbe nessun bisogno, considerato quantosi sono riempite le pance delle multinazionaliall'ombradeigovernidiLulaeDilma...(1)

Laveritàè bendiversa. InBrasile si è apertaunafaseprerivoluzionaria, con un'esplosione di lottequotidiane, nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, chepongono all'ordine del giorno non solo lerivendicazioni salariali, ma anche la cacciata delgoverno. L'espressione più nota in Europa di questanuova fase sono le manifestazioni del giugno 2014, inoccasione dei mondiali di calcio, quando decine dimigliaia di giovani sono scesi in strada per protestarecontro l'aumento del prezzo del biglietto dei trasportipubblici e per dire no agli sprechi dei mondiali. Ma isommovimenti in Brasile sono ben più profondi: laclasse operaia sta prendendo coscienza del fatto cheben poco di “operaio” ha messo in atto il partito del“presidente operaio”(2): e ora lasfidaè aperta.

Lacapitolazionedellasinistrariformistaeil ruolo fondamentaledelPstu

A metà agosto di quest'anno la destra che puntaall'alternanza di governo ha organizzato alcunemanifestazioni in tutto il Paese per chiedere

l'incriminazione di Dilma: le manifestazioni sonostate molto partecipate, proprio in virtù delmalcontento popolare nei confronti del governo. Asuavolta, Dilmahapromosso, qualche giorno dopo (il20 agosto) una manifestazione a difesa del governo,facendo appello a tutti i movimenti e i partiti dellasinistra (anche quella all'opposizione) a scendere inpiazza contro “il pericolo delle destre”: un ritornelloche, come sappiamo bene anche noi in Italia, spessoutilizzano le forze politiche che non hanno unapoliticadialternativadipotere edi sistemae finisconocosì per sostenere il “meno peggio”. È così che alcunipartiti e movimenti della sinistra brasiliana, dal Psol(partito riformista) ai Sem Terra, hanno deciso dipartecipare allamanifestazione adifesadiDilma: unamanifestazione, come era prevedibile, disertata dallaclasse lavoratrice: perché mai gli operai e i giovaniavrebbero dovuto scendere inpiazzaperdifendereungoverno che li stamassacrando?

Per fortuna, in Brasile esiste una sinistrarivoluzionaria che non capitola a queste pressioni: ilPstu, la sezione brasiliana della Lega Internazionaledei Lavoratori – Quarta Internazionale, ha un forteradicamento nella classe operaia brasiliana, daimetalmeccanici agli operai edili, fino ai lavoratori deicantieri navali e dei trasporti (tra cui i famosi“metroviarios” che paralizzarono SanPaolo allavigiliadei mondiali) . È grazie al Pstu se in Brasile esiste unsindacato come la Csp Conlutas, che raggruppamilioni di lavoratori, lavoratrici, movimenti e che hafattoappelloacostruireunpolodiclasse, alternativoalgoverno e alle destre. È grazie ai rivoluzionari che il 18settembre, per le strade di San Paolo, hanno marciato

decine di migliaia di lavoratori al grido di “BastaDilma”, per rivendicare un'alternativa di potere algoverno di collaborazionedi classe.

Come Pdac (sezione italiana della Lit-QuartaInternazionale) facciamo appello a tutte leorganizzazioni e ai movimenti della sinistra classistain Italia a sostenere questo fronte di lotta in Brasile e ainfrangere la barriera di silenzio(3) su queste grandimobilitazioni dirette dalla sinistra rivoluzionaria.Rafforzare il Pstu e la battaglia delle masse operaie inBrasile significa rafforzare una prospettivarivoluzionaria su scala internazionale, contro itradimentidellasinistrariformista.

Note(1) La stessa Dilma, rendendosi evidentemente

conto dell'assurdità di questa invenzione del “golpe”,parla del rischio di “una forma moderna di golpe”,riferendosi a una probabile caduta del governoanticipata rispetto al mandato elettorale. Applicandoquesta definizione in Italia... negli ultimi anni cisarebbero stati innumerevoli “golpe”, visto i numerosiribaltonigovernativi.(2) Così è stato definito Lula dalla stampa

internazionale, inquanto exoperaiometalmeccanicosalito alla presidenza del Brasile nel 2002 col 61% deivoti.(3) Vergognoso e incomprensibile che in Italia, a

parte rarissime eccezioni (il Pdac, il Si.Cobas e ilCoordinamento No Austerity) tutta lasinistra (inclusaquella sedicente rivoluzionaria) taccia su questemobilitazioni, attualmente le uniche nel mondodirette daunpartito rivoluzionario.

INTERNAZIONALE

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