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PARTE SETTIMA I BENI PUBBLICI E LA DISCIPLINA DELLA PROPRIETà PRIVATA. L’ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITà 116 Quali sono le tipologie di bene pubblico pre- senti nel nostro ordinamento? I beni pubblici si distinguono in: a) beni demaniali; b) beni patrimoniali indisponibili. La distinzione è data da un criterio meramente formale, atteso che l’inclusione nell’una o nell’altra categoria dipende esclusivamente dalla definizione legislativa: appartengono al demanio pubblico tutti quei beni elencati nell’art. 822 c.c., mentre costituiscono beni pubbli- ci patrimoniali indisponibili quelle categorie di beni individua- te dall’art. 826 c.c. L’inclusione nell’una o nell’altra categoria, come riconosciuto anche in dottrina, non è basata su reali fondamenti sostanziali o dogmatici, ma dipende unicamente da scelte politico-legislative, collegate a ragioni sto- riche e di convenienza pratica (SANDULLI). La maggiore o minore im- portanza dell’interesse pubblico da soddisfare implica la qualificazione del bene come demaniale o patrimoniale indisponibile, considerando che la demanialità è diretta a garantire gli interessi più rile- vanti (PERFETTI), in quanto posti a servizio delle collettività rappre- sentate dagli enti territoriali. 117 Quali caratteristiche accomunano tutti i beni demaniali? I beni demaniali sono sempre solo beni immobili o universalità di beni mobili (nel caso del demanio eventuale), appartenenti ad enti pub- blici territoriali e cioè allo Stato, alle Regioni, alle Province o ai Comuni.

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Parte SettimaI benI pubblIcI e la dIscIplIna

della proprIetà prIvata. l’esproprIazIone per pubblIca utIlItà

116 Quali sono le tipologie di bene pubblico pre-senti nel nostro ordinamento?

i beni pubblici si distinguono in:

a) beni demaniali;b) beni patrimoniali indisponibili.

La distinzione è data da un criterio meramente formale, atteso che l’inclusione nell’una o nell’altra categoria dipende esclusivamente dalla definizione legislativa: appartengono al demanio pubblico tutti quei beni elencati nell’art. 822 c.c., mentre costituiscono beni pubbli-ci patrimoniali indisponibili quelle categorie di beni individua-te dall’art. 826 c.c.L’inclusione nell’una o nell’altra categoria, come riconosciuto anche in dottrina, non è basata su reali fondamenti sostanziali o dogmatici, ma dipende unicamente da scelte politico-legislative, collegate a ragioni sto-riche e di convenienza pratica (saNduLLi). La maggiore o minore im-portanza dell’interesse pubblico da soddisfare implica la qualificazione del bene come demaniale o patrimoniale indisponibile, considerando che la demanialità è diretta a garantire gli interessi più rile-vanti (PerFeTTi), in quanto posti a servizio delle collettività rappre-sentate dagli enti territoriali.

117 Quali caratteristiche accomunano tutti i beni demaniali?

i beni demaniali sono sempre solo beni immobili o universalità di beni mobili (nel caso del demanio eventuale), appartenenti ad enti pub-blici territoriali e cioè allo stato, alle regioni, alle Province o ai Comuni.

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detti beni presentano le seguenti caratteristiche:

— sono inalienabili: qualsiasi atto di trasferimento è nullo (art. 823 c.c.), salvo che siano trasferiti dal demanio di un ente pubblico ter-ritoriale ad un altro ente pubblico territoriale, a condizione che la loro appartenenza a un ente specifico non abbia carattere di stretta necessità e il trasferimento non pregiudichi la demanialità dei beni;

— non sono suscettibili di acquisto a titolo originario per usuca-pione da parte di altri soggetti, in quanto non possono formare og-getto di diritti di terzi, se non nei modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (artt. 823 e 1145 c.c.);

— il diritto di proprietà «pubblica» dell’ente è imprescrittibile;— sono insuscettibili di espropriazione forzata nonché di quella per

pubblica utilità: l’art. 4 del d.P.r. 327/2001 stabilisce, infatti, che i beni appartenenti al demanio pubblico non possono essere espropria-ti fino a quando non ne viene pronunciata la sdemanializzazione;

— sono impignorabili, in quanto insuscettibili di espropriazione forzata.

La demanialità del bene si estende anche alle sue pertinenze, cioè alle cose destinate durevolmente a ornamento o servizio del bene (es.: case cantoniere lungo le strade sta-tali) e alle servitù costituite a favore del bene demaniale.

118 In quali categorie si distinguono i beni patrimo-niali indisponibili?

i beni patrimoniali indisponibili sono beni pubblici, mobili ed immo-bili, che possono appartenere (tranne alcuni, che la legge riserva allo stato o ad altri enti) a qualsiasi ente pubblico.

La dottrina (saNduLLi, QuaraNTa) distingue tali beni in:

— indisponibili per natura: beni che devono necessariamente ap-partenere allo stato o a una regione e non possono appartenere a privati (ad es.: miniere, acque minerali e termali, cave e torbiere). Tali beni acquistano la loro qualità venendo ad esistenza e la perdo-no col venir meno del bene (es.: l’esaurimento della miniera);

— indisponibili perché appartenenti ad un ente pubblico: si tratta di beni che sono patrimonialmente indisponibili solo se appar-tengono ad un ente pubblico (ad es: foreste, aree destinate all’edi-lizia economica e popolare (saNduLLi), cose mobili di interesse

Beni pubblici, proprietà privata ed espropriazione per pubblica utilità 111

storico, artistico, archeologico ed etnologico, documenti pubbli-ci). Tali beni acquistano tale qualità per effetto dell’acquisto in pro-prietà da parte dell’ente pubblico e la perdono mediante l’atto che li trasferisce a terzi;

— appartenenti allo Stato ed indisponibili per destinazione: si tratta di beni di proprietà statale che diventano indisponibili a cau-sa della specifica destinazione loro impressa (ad es.: i beni che co-stituiscono la dotazione del Presidente della Repubblica, i beni non demaniali destinati alla difesa a al servizio delle forze armate (caserme, polveriere, armamenti). Tali beni acquistano la loro qua-lità attraverso uno specifico atto di destinazione, mentre la perdono a causa di un atto che ne muti la destinazione o ne trasferisca l’ap-partenenza (BeLLOMO);

— appartenenti ad altri enti pubblici ed indisponibili per de-stinazione: si tratta di beni che sono patrimonialmente indisponi-bili in quanto di proprietà di un ente pubblico e destinati ad uno spe-cifico servizio pubblico (ad es.: sedi e arredi degli uffici, materiale ferroviario, mezzi di trasporto adibiti a pubblici servizi, impian-ti ed arredi di imprese di diritto pubblico). Per quanto attiene all’ac-quisto e alla perdita della loro qualità, si verificano le stesse ipotesi previste per gli altri beni indisponibili per destinazione.

119 In che modo i privati possono utilizzare i beni pubblici?

i privati sono ammessi all’uso dei beni pubblici secondo diverse mo-dalità legate alla specifica tipologia di bene, ad eccezione di quei beni che sono riservati all’uso esclusivo (o diretto) della P.a., quando, cioè, gli stessi sono strumentali al perseguimento di fini istituzionali (ad es.: strade o zone militari e tutti gli altri beni del demanio militare tramite i quali lo stato provvede alla difesa nazionale).

Per gli altri beni pubblici, si distingue tra:

— uso generale (o libera utilizzazione) da parte di chiunque (es.: mare, spiagge, strade pubbliche). Tale utilizzazione aperta genericamen-te alla collettività è espressione dell’esercizio dei cd. diritti civici, spet-tanti sia ai cittadini che agli stranieri. in tal caso l’interesse pubblico

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è conseguito tramite il godimento dei beni da parte della collettivi-tà. La generalità dell’uso non esclude, comunque, che talvolta lo stesso sia subordinato al pagamento di diritti o tasse (es.: il pedag-gio delle autostrade).

— uso particolare da parte di determinati soggetti. in questo caso l’interesse pubblico è conseguito attraverso l’uso riservato solo a de-terminati soggetti (anche pubblici), che può derivare: dalla legge; da un atto amministrativo di concessione; da una concessione-contrat-to; da un contratto di diritto privato (preceduto pur sempre da un provvedimento amministrativo che autorizza tale utilizzazione del bene).

120 Quali sono le caratteristiche di un bene patri-moniale disponibile?

rientrano nel patrimonio disponibile dello stato e degli altri enti pubblici tutti i beni ad essi appartenenti diversi da quelli demaniali e da quelli patrimoniali indisponibili.i beni patrimoniali disponibili non sono beni pubblici in senso stretto, bensì soltanto beni di proprietà di un ente pubblico (sarebbero solo soggettivamente pubblici, in quanto appartenenti ad un ente pub-blico: CariNGeLLa). Generalmente si tratta di beni produttivi di red-dito per l’ente.

Tali beni si distinguono, tradizionalmente, in quattro categorie:

— beni corporali: in genere beni immobili;— beni incorporali: ad esempio, diritti reali su cose altrui e diritti di

credito;— titoli di credito: titoli dello stato, azioni etc.;— denaro che l’ente incassa, a qualsiasi titolo. deve trattarsi di dena-

ro privo di specifica destinazione, in quanto laddove fosse vinco-lato ad un fine, per provvedimento o per volontà del legislatore, sa-rebbe da qualificare come bene patrimoniale indisponibile.

i beni patrimoniali disponibili sono beni di proprietà privata dell’ente e, come tali, sono soggetti alle comuni regole del diritto privato, eccettuata l’alienazione che deve sempre avvenire nelle forme del diritto pubblico.

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121 Quali sono le principali categorie di diritti de-maniali su beni altrui?

Le principali categorie di diritti demaniali su beni altrui sono:

a) le servitù prediali pubbliche, che attribuiscono all’ente un pote-re diretto sulla cosa altrui, consistendo in una limitazione imposta al godimento di un bene privato per l’utilità del bene pubblico. esse possono sorgere: per legge (e non presuppone alcuna indennità), per atto amministrativo (di imperio, ed è dovuta l’indennità ex art. 42, 3 comma, Cost.), per convenzione con il privato, per atto di liberalità del privato e per usucapione da parte dell’ente.

a loro volta si distinguono in:

— servitù di via alzaia: per cui i proprietari di fondi laterali ai corsi d’acqua devono per-mettere, su adeguate strisce di terra, in riva al fiume, il passaggio di uomini, anima-li etc. (sono dette anche «servitù di marciapiede»: saNduLLi). Tale godimento a fa-vore della generalità degli utenti ha durata tendenzialmente illimitata, potendo ces-sare solo a seguito di un provvedimento di sdemanializzazione (BeLLOMO);

— servitù di scarico per i fondi prossimi ai laghi;— servitù di scolo delle acque stradali sui terreni sottostanti;— servitù di soprapassaggio a favore di ponti cavalcavia, viadotti sui fiumi e corsi d’ac-

qua, terreni e strade private.

b) i diritti di uso pubblico (servitù di uso pubblico): sono quelle ser-vitù costituite a carico di fondi privati per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli cui servono i beni de-maniali. in tali servitù manca un fondo dominante, perché non sono costituite a vantaggio di un fondo demaniale, bensì della collettività.

rientrano nei diritti di uso pubblico:

— le strade vicinali, cioè quelle non di proprietà del Comune, ma soggette a pubblico transito da parte della collettività. una servitù di uso pubblico su una strada privata può sorgere anche per effetto della «dicatio ad patriam», che consiste nel porre vo-lontariamente il bene a disposizione della collettività, nel cui caso la servitù si perfe-ziona con l’inizio dell’uso;

— le aree private aperte al pubblico transito: per esse il Comune è obbligato a con-correre alle spese di manutenzione;

— i musei, le pinacoteche e gli archivi di proprietà privata.

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122 Come si caratterizzano gli atti ablativi?

il potere ablatorio è quel potere attraverso il quale la pubblica ammini-strazione per un vantaggio della collettività sacrifica un interesse ad un bene della vita di un privato cittadino (GiaNNiNi).Le forme e l’intensità del sacrificio imposto variano in relazione ai di-versi provvedimenti: esso può consistere nella semplice limitazione di una facoltà (es.: divieto di transitare su di una strada), nell’imposizione di un obbligo (es.: servizio militare) o, ancora, nell’estinzione di un di-ritto del privato (es.: espropriazione).

da ciò si desume che trattasi di una categoria eterogenea di prov-vedimenti sia sotto il profilo funzionale che strutturale:

— a livello funzionale, i provvedimenti ablatori (o ablativi) hanno tut-ti sempre un effetto privativo di una facoltà o diritto facente capo al destinatario del provvedimento. alcuni di essi, poi, possono an-che avere un effetto acquisitivo di una facoltà o diritto a favore di un beneficiario (espropriante);

— a livello strutturale, fra le varie classificazioni possibili, la dottrina prevalente utilizza quella basata sulla natura della situazione sogget-tiva sacrificata: atti personali (incidono su diritto personale, come gli ordini di polizia); atti obbligatori (incidono su rapporti di obbli-gazione, come le imposizioni tributarie); atti reali (incidono su dirit-ti reali come l’espropriazione).

123 Quali principi regolano l’adozione degli atti ablativi reali?

Gli atti ablatori (o ablativi) reali, possono definirsi come quei provvedimen-ti mediante i quali la P.a. priva il titolare di un determinato diritto reale, estin-guendolo o trasferendolo coattivamente ad altro soggetto oppure limitan-dolo. essi sono provvedimenti che incidono sfavorevolmente sui diritti.

dall’art. 42, comma 3, Cost. si evince che alla categoria dei provvedi-menti ablatori reali si applicano i seguenti principi:

a) principio della riserva di legge, in quanto solo una legge può riconoscere alla P.a., caso per caso, il potere di sottrarre il bene al privato, fissando limiti, oggetto e condizioni dell’atto ablativo;

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b) obbligo di indennizzo, in quanto in tutte le ipotesi di appropria-zione di un bene o di una facoltà da parte dell’amministrazione è dovuta al proprietario un’indennità, che si configura quale presup-posto di legittimità dell’atto ablativo (ma non nei casi di provvedi-menti similari alle ablazioni, ma che presentano finalità sanzionato-rie, organizzative o volte a realizzare una funzione sociale);

c) la necessità di motivi di interesse generale, cioè pubblico, a fon-damento dell’atto ablativo.

124 Quali sono gli atti ablativi presenti nel nostro ordinamento?

rientrano nella categoria degli atti ablativi:

a) l’espropriazione per pubblica utilità;b) la requisizione in proprietà, provvedimento ablativo ecceziona-

le e necessitato, avente ad oggetto solo i beni mobili indicati dalla legge, che ha luogo, di regola solo in tempo di guerra o in tempo di pace, per esigenze di carattere militare;

c) la confisca;d) il sequestro amministrativo, differisce dalla confisca in quanto

comporta una indisponibilità temporanea del bene alla quale non corrisponde un effetto ablativo della titolarità del bene per il desti-natario del provvedimento. Mentre la confisca è una conseguenza dell’illecito, ed è accessoria ad altra sanzione amministrativa prin-cipale, il sequestro è atto prettamente cautelare, adottato in via preventiva, per salvaguardare la collettività dai rischi derivanti dal-la pericolosità di un bene (CaseTTa);

e) avocazione di cave e torbiere da parte delle regioni;f) la prelazione a favore dello stato del materiale archivistico o delle

cose artistiche che i privati intendano vendere;g) i trasferimenti autoritativi di strade e altri beni di enti pubblici a

favore dello stato o di altri enti pubblici.

inoltre, vanno menzionati i provvedimenti che privano parzialmente del godimento di un bene, nel senso che espropriano invece della proprietà, la servitù esistente a favore di un fondo o costituiscono su di un fondo delle servitù, limitazioni, o diritti di uso pubblico:— servitù di elettrodotto;— servitù di passaggio;

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— servitù di appoggio di fili telegrafici e cassette postali;— diritto di uso pubblico a favore delle comunità di visitare le collezioni private di

eccezionale interesse storico o artistico.

125 Cosa si intende per «espropriazione per pubbli-ca utilità»?

ai sensi dell’art. 834 c.c., l’espropriazione per pubblica utilità è un istituto di diritto pubblico attraverso il quale un soggetto (espropriato), previa corresponsione di una giusta indennità, può essere privato, in tutto o in parte, di uno o più beni immobili di sua proprietà, per una causa di pubblico interesse legalmente dichiarata.il potere pubblico di “aggredire” beni oggetto di proprietà privata, per ragioni di pubblica utilità, è specificamente ammesso dall’art. 42, 3° comma, Cost., a norma del quale la «proprietà privata può essere, nei casi preveduti espressamente dalla legge, e salvo indennizzo, espro-priata per motivi di interesse generale». La disposizione citata, fon-damento normativo di tutti gli atti ablativi reali in genere, e dell’espro-priazione in particolare, è diretto corollario del più generale principio della funzione sociale della proprietà.L’espropriazione per pubblica utilità trova una completa disciplina nel D.P.R. 327/2001.

126 Come viene determinato l’indennizzo?

L’indennizzo consiste in un intervento riparatore economico a parziale compensazione del sacrificio imposto al privato, non necessa-riamente commisurato alla effettiva entità del danno sopportato dall’avente diritto, ma agganciato a parametri prestabiliti per legge o per contratto. esso si pone come presupposto di legittimità dell’atto espropriativo ed ha fondamento nella Costituzione.

L’indennizzo deve essere:— unico: cioè pagato solo al proprietario o all’enfiteuta se il fondo è gravato da en-

fiteusi. Nel caso in cui si espropri, invece, solamente un diritto reale altrui, l’inden-nizzo va pagato al titolare di tale diritto;

— giusto, secondo il dettato dell’art. 834 c.c. (termine non riportato nell’art. 42 della Costituzione), in conformità ad una esigenza di giustizia sostanziale. Qualunque sia

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la natura dell’indennizzo, non vi è dubbio che attraverso la sua previsione si sia vo-luta attuare una sorta di ripristino (almeno parziale) dell’equilibrio patrimoniale al-terato a danno del privato, sia pure per motivi legittimi rappresentati dal raggiungi-mento di una finalità pubblicistica. Pertanto, l’indennizzo deve essere serio, congruo (cioè non simbolico, né aleatorio) ed adeguato.

relativamente ai criteri per la determinazione e la quantificazio-ne dell’indennizzo, il D.P.R. 327/2001 prevedeva in origine:— per le aree edificabili, il criterio della semi-somma del valore ve-

nale e del reddito netto rivalutato e moltiplicato per dieci, diminuita del quaranta per cento in caso di rifiuto, non addebitabile alla P.a., di cessione volontaria del bene (art. 37);

— per le aree non edificabili, il criterio del valore agricolo, per le aree coltivate, mentre, per le aree non coltivate, l’indennizzo viene rapportato al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltu-ra prevalentemente praticata nella zona e ai manufatti edilizi legal-mente realizzati (art. 40);

— per le aree legittimamente edificate, quello del valore venale del bene (art. 38);

— per le aree destinate ad opere private di pubblica utilità, quello del valore venale del bene, tranne nelle ipotesi di opere che rientrino nell’ambito della edilizia residenziale pubblica, convenzio-nata e agevolata (art. 36).

il sistema di calcolo dell’indennizzo così delineato è stato poi modifica-to a seguito dell’intervento della Corte costituzionale con sentenza n. 348/2007 che ha statuito l’incompatibilità della disciplina dell’in-dennizzo di cui all’art. 5bis d.L. 333/1992, conv. in L. 359/1992 con l’art. 1 del primo Protocollo allegato alla Cedu (che tutela la proprie-tà), così come interpretato dalla Corte dei diritti dell’uomo, pronuncian-do così l’incostituzionalità della richiamata normativa per contrasto con l’art. 117, comma 1, Cost. a fondamento della propria tesi, il Giudice delle Leggi ha stabilito che l’indennizzo non può ritenersi legittimo se non consiste in una somma che si ponga in rapporto ragionevole con il valore del bene. La Corte, pertanto, ha dichiarato l’illegittimità co-stituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 37 D.P.R. 327/2001, che ri-chiamavano l’art. 5bis citato.il legislatore ha dovuto prendere atto di questa fondamentale pronun-cia e, con la L. 244/2007 (finanziaria per il 2008), ha introdotto un nuovo sistema di calcolo per le aree edificabili.

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all’art. 37 del T.u. espropriazioni, i commi 1 e 2 sono, quindi, sostitu-iti dai seguenti:

«1. L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l’espropria-zione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-socia-le, l’indennità è ridotta del 25 per cento.

2. Nei casi in cui è stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non è stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovve-ro perché a questi è stata offerta un’indennità provvisoria che, at-tualizzata, risulta inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva, l’indennità è aumentata del 10 per cento».

Per le altre categorie di aree, rimane in vigore la disciplina del T.U. sopra esaminata.

127 Qual è la differenza tra occupazione appropria-tiva e occupazione usurpativa?

strettamente legate ad aspetti patologici dell’espropriazione, ma co-munque riconducibili al genus dell’espropriazione sostanziale quanto agli effetti prodotti (la perdita della proprietà per il privato), sono le ipo-tesi in cui l’amministrazione realizzi un’opera pubblica su un suolo illegittimamente occupato.Con l’importante pronuncia del 26 febbraio 1983, n. 1464, le se-zioni unite della Corte di Cassazione hanno, per la prima volta, confi-gurato l’istituto dell’occupazione appropriativa (o acquisitiva) ri-solvendo de facto il suddetto problema.in particolare, tale istituto comporta che qualora l’occupazione di un suolo da parte della P.a. sia illegittima — perché la procedura espro-priativa, benché avviata, difetta del decreto di esproprio ovvero per di-fetto originario del provvedimento di occupazione — l’edificazione sul fondo stesso di un’opera pubblica che importi una trasformazione così radicale da provocare la perdita, in via irreversibile, dei caratteri e del-la destinazione propria del fondo, determina l’acquisto a titolo origi-nario della proprietà del suolo occupato senza titolo, secondo i prin-cipi tipici dell’accessione.

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In definitiva, la giurisprudenza ha creato un nuovo modo di acquisto della proprie-tà da parte della P.A. che ha assunto la denominazione di occupazione appropria-tiva (o acquisitiva) o, meglio, accessione invertita, perché opera in senso inverso a quello della comune accessione disciplinata dal codice civile (artt. 934-938).

L’occupazione, invece, si definisce usurpativa quando la P.A. occu-pa un suolo di proprietà privata per realizzare un’opera di pubblica uti-lità, ma in modo assolutamente illegittimo, ossia in assenza di un ti-tolo legittimante.Evidente è la differenza tra i due tipi di occupazione. Come sottoline-ato sia dalla Corte costituzionale con la decisione n. 191 dell’11-5-2006 che dalla dottrina, dalla diversa natura dell’occupazione discen-dono conseguenze diverse sul piano della tutela del privato. Mentre nel caso dell’occupazione appropriativa, con l’irreversibile trasfor-mazione del fondo, avvenuta nell’ambito di un procedimento in cui la P.A. ha riconosciuto la pubblica utilità dell’opera, si realizza l’effetto traslativo del diritto di proprietà e il proprietario del fondo non può che chiedere la tutela per equivalente, nell’ipotesi dell’occupazio-ne usurpativa, mancando il riconoscimento della pubblica utilità dell’opera, la P.A. pone in essere «un’attività materiale integrante un il-lecito extracontrattuale permanente» (GAROFOLI) e non si verifica al-cun effetto traslativo della proprietà: il privato, quindi, ha la facoltà di scelta tra l’esperimento di azioni (petitorie e possessorie) a tutela del suo diritto dominicale oppure la proposizione del rimedio risarcitorio. In tale ipotesi, ricorrendo un comportamento materiale della P.A. non riconducibile, neppure in via mediata e indi-retta, all’esercizio di un pubblico potere, la giurisdizione spetta al giudi-ce ordinario (Cass., SS.UU., 23-3-2009, n. 6956).

128 È possibile parlare ancora, nel nostro ordina-mento, di «acquisizione sanante»?

Con l’approvazione del Testo unico espropriazioni, il legislatore è in-tervenuto a colmare una lacuna dell’ordinamento ed ha disciplinato l’ipotesi dell’utilizzazione di un immobile sine titulo per scopi di interesse pubblico, e precisamente di un bene «modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo del-la pubblica utilità» (art. 43 D.P.R. 327/2001).

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Con l’atto di acquisizione del bene, che viene trascritto nei registri immobiliari, al patrimonio indisponibile della P.a. viene, nella sostan-za, «legalizzata l’espropriazione sostanziale effettuata in mancanza di un titolo ablativo» (GarOFOLi), fermo restando il diritto del proprieta-rio al risarcimento del danno.

Elementi indispensabili per l’applicazione dell’art. 43 d.P.r., per-tanto, sono:

— l’assenza, ab origine o a seguito di annullamento, di un valido ed efficace titolo (provvedimento di esproprio o dichiarazione di pub-blica utilità);

— l’utilizzazione di un bene immobile per finalità di pubblico interesse;— la modifica del bene, non essendo più necessaria la sua irreversibi-

le trasformazione.

Con sentenza n. 293 dell’8 ottobre 2010, la Corte costituzio-nale ha, tuttavia, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 citato. secondo i giudici della Consulta, infatti, tale articolo appa-re connotato da un eccesso di delega, ponendosi, pertanto, in contra-sto con l’art. 76 della Costituzione.

La legge delega in questione era costituita dalla L. 50/1999, che aveva delegato al legi-slatore il potere di provvedere al riordino delle norme in tema di espropriazione per cau-sa di pubblica utilità e di procedure connesse, contenute nelle LL. 2395/1865 e 865/1971.Nella redazione del testo delegato, emanato poi nella veste del d.P.r. 327/2001, il le-gislatore avrebbe dovuto procedere alla puntuale indicazione delle norme abrogate; al coordinamento “formale” del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di tale coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa nonché, infine, indicare quali disposizioni venivano esplicita-mente abrogate e quali no. Con riferimento al secondo dei profili citati, in particolare, la Corte ha ravvisato l’esistenza di eccesso di delega, dal momento che l’istituto disciplina-to poi dall’art. 43 T.u. espropriazioni appare caratterizzato da molteplici profili inno-vativi, sia riguardo alla normativa di delega stessa che con riferimento alla elaborazione giurisprudenziale.

venuto meno l’art. 43 d.P.r. 327/2001 e, con esso, l’istituto della ac-quisizione sanante, nell’ordinamento si è venuta a creare una lacuna normativa alla quale la giurisprudenza sta cercando, attraverso varie ed innovative pronunce, di porre rimedio mediante la ricerca degli istitu-ti applicabili in luogo dell’acquisizione medesima. Occorre premettere, tuttavia, che sul punto ancora non si ravvisa una univocità di vedute.

Parte ottavaI contrattI della

pubblIca ammInIstrazIone

129 La pubblica amministrazione, nel perseguimen-to dei suoi fini, può porre in essere atti di natu-ra privatistica?

sì. usualmente la P.a. svolge la propria attività amministrativa median-te provvedimenti, con i quali essa agisce nei confronti dei cittadini – utenti esplicando quel potere autoritativo che la pone in una posizio-ne di supremazia rispetto alla collettività.Tale modalità di svolgimento dell’attività amministrativa non è però esclusiva. ed infatti, sempre nel rispetto dei principi fissati dall’art. 97 Cost., la P.a. ha la possibilità di utilizzare strumenti di diritto privato, tra i quali i contratti, che realizzano un sistema più agile e veloce per la cura concreta degli interessi pubblici.i contratti si differenziano dai provvedimenti amministrativi perché con essi la pubblica amministrazione agisce ponendosi su un piano di pa-rità giuridica rispetto al soggetto contraente.L’art. 1, comma 1bis, della L. 241/1990, prevede che «la pub-blica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente»: dalla lettera della disposizione non sorgono dubbi sul fatto che il legislatore ha inteso formalizzare una piena e generale capacità di diritto privato dell’amministrazione (C.d.s., sez. vi, 12-3-1990, n. 374).

130 Che differenza c’è tra attività contrattuale ed attività consensuale della P.A.?

Quando si parla di attività consensuale della pubblica amministra-zione si intende fare riferimento a quei moduli convenzionali di eser-

122 Parte Ottava

cizio dell’attività amministrativa, mediante i quali la P.a., esercita il proprio potere amministrativo, non in via autoritativa ed unilaterale, ma ricercando il consenso del privato destinatario del provvedimento finale: si tratta di attività tesa alla condivisione del contenuto del prov-vedimento da adottare, che poi viene formalmente trasfusa in specifici «accordi» (artt. 11 e 15 della L. 241/1990).se da un punto di vista formale, può dirsi che nell’ambito dell’ampio genus dell’attività amministrativa consensuale possono includersi sia moduli contrattual-privatistici che gli accordi, in quanto entrambi risul-tato dell’incontro delle volontà della P.a. e del privato, in realtà la dif-ferenza tra tali modalità di azione è di non poco conto.ed invero, mentre nei contratti di diritto comune, la pubblica ammi-nistrazione, pur nel perseguimento del pubblico interesse, agisce su di un piano di parità con il contraente, quindi jure privatorum, in caso di accordi, il soggetto pubblico non si spoglia del suo potere am-ministrativo ma opta per l’esercizio consensuale dello stesso.

131 Come possono essere classificati i contratti della P.A.?

Lo strumento utilizzato dalla P.a. per la realizzazione della sua attivi-tà di diritto privato è il contratto. i contratti della P.a. possono così distinguersi:

a) contratti ordinari. sono i cosiddetti contratti di diritto comune ca-ratteristici dell’autonomia privata (es.: vendita, locazione, contrat-to di appalto). essi non presentano alcuna particolarità rispetto agli schemi contrattuali utilizzati dai soggetti privati;

b) contratti speciali di diritto privato. sono tali quei contratti rego-lati da norme di diritto privato speciale (es.: i contratti di trasporto ferroviario). La loro peculiarità risiede, perciò, nel fatto di essere re-golati da norme civilistiche di specie rispetto a quelle del codice civile;

c) contratti ad oggetto pubblico. si caratterizzano per l’incontro e la commistione tra provvedimento amministrativo e contratto in rela-zione a materie di carattere (ed interesse) pubblicistico (es.: le conven-zioni che si accompagnano alla concessione di un bene pubblico).

inoltre, quando si parla di attività contrattuale della pubblica amministrazione, un’altra im-portante distinzione è quella basata sulla dicotomia contratti passivi - contratti attivi:

I contratti della Pubblica Amministrazione 123

i primi sono quelli con cui la P.A. si procura beni e servizi necessari al proprio fun-zionamento dietro erogazione di somme di denaro (es.: gli appalti, la compraven-dita, la locazione, il contratto d’opera ecc.); con i secondi, invece, l’amministrazione si procura delle entrate finanziarie (es.: la compravendita, nel caso in cui la P.a. rive-ste il ruolo di venditore, la locazione quando il soggetto pubblico è locatore ecc.).

132 Quali sono i principi generali che devono sovrin-tendere l’affidamento dei contratti pubblici?

Con il D.Lgs. 12-4-2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, il legislatore ha detta-to una disciplina completa ed unitaria dell’intera procedura che l’ammi-nistrazione deve seguire per addivenire alla conclusione di un contratto.in particolare, l’art. 2 del Codice detta una serie di principi genera-li, comuni a tutti i contratti pubblici, applicabili indistintamente, a pre-scindere dalla specifica tipologia, e che devono essere rispettati nelle procedure di affidamento.L’elencazione legislativa, da una parte, stabilisce che deve essere ga-rantita la qualità delle prestazioni ed il rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, con evidente richiamo all’art. 97 Cost., e dall’altra, pone l’accento sulla necessità di procedere all’affidamento nel rispetto dei principi di libera concorren-za, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, propor-zionalità e pubblicità, tutti di matrice europeistica.Oltre ai principi specificamente individuati al comma 1, l’art. 2, ai succes-sivi commi 3 e 4, contiene due importanti richiami, che operano nei limi-ti di quanto «non espressamente previsto nel presente Codice»: al rispetto delle disposizioni di cui alla legge sul procedimento amministrativo, L. 241/1990, per ciò che attiene le procedure di affidamento e le altre atti-vità amministrative in tema di contratti pubblici, e ai principi fissati nel co-dice civile, relativamente all’attività contrattuale dei soggetti appaltanti.

133 Che si intende per «amministrazioni aggiudica-trici»?

L’art. 3, al comma 25, Codice dei contratti stabilisce che i contratti deb-bano essere affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici, con tale

124 Parte Ottava

espressione intendendosi «le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consor-zi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti».

Particolare interesse suscita la figura dell’organismo di diritto pub-blico che, in quanto nozione autonoma del diritto dell’unione, è so-stanzialmente estranea alla nostra tradizione giuridica. L’art. 3, comma 26, del Codice prevede tre condizioni - che devono ricorrere cumula-tivamente secondo la interpretazione data dal giudice europeo - affin-chè ricorra tale figura, e precisamente:

1) che l’organismo (anche in forma societaria) venga istituito per sod-disfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carat-tere non industriale o commerciale;

2) che sia dotato di personalità giuridica;3) che la sua attività sia finanziata in modo maggioritario dallo sta-

to, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pub-blico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo di amministrazione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico (cfr. Cass., SS.UU., 7-4-2010, n. 8225).

134 Qual è l’ambito oggettivo di applicazione del Codice dei contratti?

il Codice dei contratti regola prevalentemente i contratti pubblici cd. passivi, e nell’ambito di tale tipologia contrattuale, particolare impor-tanza è rivestita dagli appalti pubblici, per i quali il legislatore detta una disciplina specifica soprattutto per quanto attiene alle modalità di scel-ta del contraente.in particolare, al comma 3 dell’art. 3, il legislatore ha specificato che «i «contratti» o i «contratti pubblici» sono i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti, dagli enti aggiudicatori, dai soggetti aggiudica-tori».

I contratti della Pubblica Amministrazione 125

ai successivi commi 6, 11 e 12 vengono, rispettivamente, fornite le definizioni dell’appalto e della concessione (di lavori pubblici e di servi-zi) utili a delimitare, con maggiore precisione, la portata applicativa del d.Lgs. 163/2006:

— l’appalto è un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più ope-ratori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la forni-tura di prodotti, la prestazione di servizi.

specificamente, il contratto di appalto può avere ad oggetto:1. lavori: comprendente l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e

l’esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l’esecuzione (art. 53), oppure, limitatamente alle per infra-strutture strategiche l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a base di gara (art. 176);

2. servizi: aventi ad oggetto la prestazione dei servizi individuati dal legislatore;3. forniture: aventi ad oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’ac-

quisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti;

— le concessioni di lavori pubblici, invece, vengono definite come «contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto, in conformità al presente Codice, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione de-finitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che pre-sentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unica-mente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagna-to da un prezzo»;

— le concessioni di servizi che, pur presentando le medesime ca-ratteristiche di un appalto pubblico di servizi, vengono dal legislato-re definite a contrario, differenziandole da quest’ultimo per la loro peculiarità di avere come corrispettivo della fornitura di servizi unicamente il diritto di gestire i servizi ovvero tale diritto accom-pagnato da un prezzo.

126 Parte Ottava

135 Che differenza c’è tra concessione ed appalto?

Partendo dalle definizioni di cui all’art. 3 del Codice, si ricava chiara-mente che ciò che caratterizza la concessione (sia di lavori che di ser-vizi), differenziandola dall’appalto, è la circostanza che il corrispetti-vo dei lavori o della fornitura dei servizi è dato esclusivamente dal diritto di gestire l’opera o il servizio ovvero dallo stesso diritto accompagnato da un prezzo.il concessionario, quindi, non viene mai remunerato direttamente dal-la pubblica amministrazione, come accade per l’appaltatore, ma riceve esclusivamente i proventi derivanti dalla gestione dell’opera o del servizio (canoni pagati dall’utenza). su un piano pratico, ciò significa che, mentre l’appalto crea un rapporto bilaterale esclusivamente tra il soggetto appaltante e quello aggiudicatario, nella concessione si ha un rapporto trilatero, che investe anche gli utenti che fruiscono del servizio.diverso è quindi il cd. rischio di gestione (GarOFOLi-Ferrari), che nel caso della concessione grava esclusivamente sul gestore del servizio (cfr: T.A.R. Molise, 2-7-2008, n. 677).

136 Come è strutturato il procedimento di evidenza pubblica?

Per poter addivenire alla stipula di un contratto è necessario che la pub-blica amministrazione segua una determinata e specifica procedura, de-finita da regole di ordine pubblico che non possono essere derogate dal-le parti, con la quale renda evidenti le ragioni che la inducono a stipu-lare proprio con un determinato soggetto: la cd. evidenza pubblica.

dagli artt. 11 e 12 del Codice sono evincibili, schematicamente, le se-guenti fasi:1. la cd. deliberazione a contrarre: la realizzazione di qualsiasi ne-

gozio da parte della P.a. deve essere preceduta da un provvedi-mento amministrativo o da analoga manifestazione di vo-lontà (cd. deliberazione a contrarre) con cui la stessa dichiari lo scopo da perseguire ed il modo con cui si intende realizzarlo.

I contratti della Pubblica Amministrazione 127

Tale atto costituisce così il presupposto del futuro negozio, che è, perciò, in rappor-to di strumentalità con il detto provvedimento. in particolare, la delibera a contrarre è l’atto (l’art. 11, comma 2, del Codice espressamente stabilisce che le amministrazioni, prima dell’avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, decretano o deter-minano di contrarre) con il quale la P.a. manifesta la propria volontà di conclude-re un contratto, fornisce delle indicazioni di massima circa la futura proce-dura e legittima la successiva azione dell’organo esecutivo che rappresenta l’ente. sulla base della delibera a contrarre viene poi emanato il bando di gara, qua-le lex specialis della procedura, contenente la disciplina speciale della singola procedu-ra concorsuale. dopo la pubblicazione del bando i soggetti interessati possono presenta-re la propria offerta;

2. la fase di scelta del contraente: in tale fase si procede all’aggiu-dicazione, cioè alla scelta del contraente secondo criteri oggettivi e predeterminati in precedenza seguendo determinate procedure di scelta (aperte, ristrette o negoziate);

3. la conclusione del contratto: la stipulazione è la fase della reda-zione scritta del contratto;

4. l’approvazione del contratto: il contratto stipulato, a sua volta, è sottoposto alla condizione sospensiva dell’esito positivo dell’ap-provazione, quale condicio iuris di efficacia, dello stesso da parte delle stazioni appaltanti.

137 Che cosa è il bando di gara?

il primo vero atto della procedura di evidenza pubblica è, sulla base del-la delibera a contrarre, la predisposizione e successiva pubblica-zione del bando di gara, che contiene la disciplina speciale re-golante la singola procedura concorsuale e costituisce, pertanto, la lex specialis della procedura (unitamente a tutte quelle disposizio-ni che in qualche modo regolano i presupposti, lo svolgimento e la con-clusione della gara per la scelta del contraente, in qualsiasi documento contenute).ed infatti, ai sensi dell’art. 64 del Codice, il bando è l’atto con il quale una stazione appaltante rende nota (ai terzi) l’intenzione di aggiudi-care un appalto pubblico o un accordo quadro mediante una spe-cifica procedura (aperta, ristretta, negoziata con previa pubblicazio-ne del bando, dialogo competitivo), di istituire un sistema dina-mico di acquisizione, oppure di aggiudicare un appalto pubbli-

128 Parte Ottava

co basato su di un sistema dinamico di acquisizione. in considerazio-ne della particolare importanza del bando di gara, il legislatore ne ha previsto un contenuto minimo inderogabile, consistente nelle indicazioni fissate nell’Allegato IX A del Codice, lasciando in ogni caso alla stazione appaltante la possibilità di inserire nello stesso «ogni altra informazione ritenuta utile» ai fini dell’espletamento della gara.

Considerata l’importante finalità che il bando di gara assolve, ossia quella di garantire la più ampia partecipazione e di creare una reale concorrenza tra le ditte parte-cipanti che possa consentire alla P.a. di scegliere successivamente il contraente miglio-re al quale affidare il servizio o i lavori o dal quale acquisire i beni necessari alla sua atti-vità, lo stesso deve essere sottoposto alle forme di pubblicità ritenute a tal fine idonee dal legislatore: l’art. 66 del Codice, infatti, prevede una pubblicazione sovranazionale nella GUCE ed una pubblicazione in ambito nazionale.

138 A quale giudice è devoluta la tutela giurisdizio-nale in tema di contratti pubblici?

il sistema di tutela processuale in materia contrattualistica risulta dal combinato disposto del Codice dei contratti pubblici e del Co-dice del processo amministrativo, stante la forte connessione tra gli istituti di natura sostanziale, che precedono il contenzioso vero e pro-prio, rimasti nel Codice dei contratti pubblici, e quelli di natura proces-suale, trasmigrati (con delle modifiche) nel Codice del processo.

ed infatti, l’art. 244 del Codice dei contratti pubblici rimanda al Codice del pro-cesso amministrativo per la individuazione delle controversie in materia di contratti pub-blici devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; mentre l’art. 245 del Codice dei contratti, come sostituito dal d.Lgs. 104/2010, rimanda al Co-dice del processo amministrativo la disciplina della tutela giurisdizionale dinanzi al G.a. nel settore de quo.

Con specifico riferimento alla tutela giurisdizionale, si rileva che in materia sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A. ed infatti, ai sensi dell’art. 133 del Codice del processo amministrativo, in tale settore, sono devolute al G.a. in sede di giurisdizione esclusiva, le con-troversie:

— relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, for-niture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contra-

I contratti della Pubblica Amministrazione 129

ente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovve-ro al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla nor-mativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con esten-sione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di ineffica-cia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative;

— relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al re-lativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione conti-nuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’art. 115 del d.Lgs. 163/2006, nonchè quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamen-to dei prezzi, ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4, dello stesso Codi-ce dei contratti.

139 Che si intende per «affidamenti in house»?

L’affidamento in house (detto anche in house providing) si configura quale modulo organizzativo attraverso il quale la pubblica ammini-strazione si serve dell’attività di un ente formalmente distinto ma sostanzialmente interno alla sua struttura.Gli affidamenti in house, quindi, contrassegnano quei casi in cui la P.a. preferisce ricorrere ad uno strumento interno per gestire la rete dei servizi pubblici, costituendo allo scopo una società di cui rimane azionista in via totalitaria, piuttosto che indire una procedura di evi-denza pubblica per individuare così una società terza, ad essa estranea.Gli affidamenti in house, perciò, hanno posto problemi di compatibi-lità con i principi europei in tema di concorrenza e di libertà di iniziati-va economica, in considerazione dell’assenza di una gara aperta a tut-ti i soggetti terzi.i requisiti caratterizzanti l’affidamento in house, la cui presenza con-sente di bypassare le procedure di aggiudicazione previste per gli ap-palti pubblici, sono stati per la prima volta enucleati dalla nota senten-za Teckal s.r.l. della Corte di giustizia Ce (18-11-1999, C 107-98), spesso richiamata dalla giurisprudenza comunitaria successiva.

in base a tale pronuncia, la normativa dell’ue non trova applicazione quando manchi un vero e proprio rapporto contrattuale, quindi un in-

130 Parte Ottava

contro di volontà tra soggetti giuridicamente distinti, sempre che ricor-rano i seguenti requisiti:— che vi sia una totale partecipazione pubblica;— che l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sull’aggiudicatario

un «controllo analogo» a quello esercitato sui propri servizi;— che l’aggiudicatario realizzi la propria «attività prevalente» con

l’ente o enti controllanti.

Parte nonala responsabIlItà della p.a.

e verso la p.a.

140 Quali tipi di responsabilità giuridica sono con-figurabili in capo alla P.A.?

in genere, si configura una responsabilità in capo ad un soggetto quan-do lo stesso ponga in essere un comportamento antigiuridico/ille-cito, a cui segue l’irrogazione di una sanzione.in relazione alla natura delle norme violate e alle conseguenze derivan-ti dalla loro violazione l’ordinamento italiano contempla tre tipi di re-sponsabilità: civile, penale e amministrativa.

in particolare:

— la responsabilità civile si concreta nel risarcimento del danno provocato ad un soggetto, ai sensi degli artt. 2043 e ss. c.c.;

— la responsabilità penale insorge allorquando il comportamento di singoli soggetti (persone fisiche) sia inquadrabile in una fattispe-cie di reato, in quanto lesivo di particolari interessi, tutelati dall’or-dinamento come pubblici: essa consiste nell’assoggettamento per-sonale del colpevole alla potestà punitiva dello stato, mediante l’in-flizione di una pena;

— la responsabilità amministrativa deriva dalla violazione di dove-ri amministrativi; tale violazione comporta l’inflizione di una sanzio-ne amministrativa.

il principio della responsabilità dello stato e degli enti pubblici, per i danni causati ai singoli dall’attività illecita dei propri organi, si è impo-sto solo di recente dopo l’affermarsi del cd. Stato di diritto.La responsabilità giuridica può ricadere, pertanto, anche sulla P.a.: que-sta può essere responsabile sia da un punto di vista civile che amministrativo. Non può, invece, essere responsabile penalmente, perché la responsabilità penale è personale, e soltanto le persone fisi-che possono esserne investite. Potranno, quindi, essere penalmente re-sponsabili solo le singole persone preposte agli uffici od organi della P.a.

132 Parte Nona

141 Come si articola la responsabilità della P.A. per fatti illeciti?

La responsabilità civile si può definire come il dovere giuridico, imposto ad un soggetto, di risarcire il danno prodotto ad un al-tro soggetto, in conseguenza della lesione della sfera giuridi-ca di quest’ultimo.

essa si distingue in responsabilità contrattuale ed extracontrattuale:

— si ha responsabilità contrattuale quando l’obbligo di risarcimen-to del danno deriva dalla violazione di un obbligo derivante da pre-esistente rapporto obbligatorio;

— si ha responsabilità extracontrattuale quando un soggetto, in violazione del principio del neminem laedere, provoca a terzi un danno ingiusto (art. 2043 c.c.).

La dottrina individua anche un terzo tipo di responsabilità: quella pre-contrattuale (artt. 1337 e 1338 c.c.), che nasce dalla violazione del-le norme che regolano, appunto, la fase cd. delle trattative nego-ziali e di cui è controverso l’inquadramento nella responsabilità con-trattuale oppure in quella extracontrattuale (la mancanza di un rappor-to obbligatorio fra le parti, però, induce a ritenere che tale forma di re-sponsabilità vada ricondotta a quella extracontrattuale (la mancanza di un rapporto obbligatorio fra le parti, però, induce a ritenere che tale forma di responsabilità vada ricondotta a quella extracontrattuale).

142 Quali sono gli elementi costitutivi della respon-sabilità extracontrattuale della P.A.?

La responsabilità extracontrattuale è disciplinata dall’art. 2043 c.c., il quale stabilisce che «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagio-na ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fat-to a risarcire il danno».

Gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale sono:

— la condotta, che può consistere nella omissione di un atto ammi-nistrativo (es.: mancato rilascio di un permesso di costruire), nella omissione di un comportamento (es.: mancata manutenzione di

La responsabilità della P.A. e verso la P.A 133

un impianto fognario), nell’adozione di un atto amministrativo il-legittimo (es.: emanazione di un decreto di esproprio in violazione della normativa regolante l’esercizio del potere espropriativo), o in un comportamento illecito (es.: occupazione di un suolo di pro-prietà privata in assenza di provvedimenti espropriativi);

— l’antigiuridicità della condotta, che coincide, nel caso di com-portamenti (anche omissivi) con il loro contrasto con norme giuri-diche di relazione, mentre, nel caso di adozione o nella mancata adozione di atti amministrativi, la sua antigiuridicità coinciderà con l’illegittimità degli atti adottati o del cd. silenzio inadempimento;

— l’elemento soggettivo, che può consistere nella colpa e nel dolo;— il danno, cioè il pregiudizio patrimoniale derivante dalla lesione di

un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo.

143 Come si articola il rapporto tra la responsabi-lità della P.A. e dei suoi impiegati?

il problema relativo ai rapporti tra questi due tipi di responsabilità è sor-to in seguito all’entrata in vigore della Costituzione, il cui art. 28 af-ferma: «i funzionari ed i dipendenti dello stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili, amministrati-ve, degli atti compiuti in violazione dei diritti. in tali casi, la responsabi-lità civile si estende allo stato ed agli enti pubblici».secondo la dottrina più accreditata (saNduLLi), per effetto dell’art. 28 Cost. la responsabilità della P.a. rispetto a quella dei propri funzionari (che è sempre diretta), è in relazione di solidarietà e concorrenza al-ternativa, nel senso che il soggetto danneggiato può rivolgersi indiffe-rentemente per il proprio ristoro sia alla P.A. che al funzionario, ma la richiesta del risarcimento all’uno esclude l’analoga richiesta all’altro.

144 Quando si configura la responsabilità precon-trattuale della P.A.?

La responsabilità precontrattuale tutela l’interesse all’adempimen-to, ossia l’interesse del soggetto a non essere coinvolto in trattative inu-tili, a non stipulare contratti invalidi o inefficaci e a non subire inganni in ordine ad atti negoziali.

134 Parte Nona

il codice civile, all’art. 1337, sancisce l’obbligo delle parti di comportarsi secondo buo-na fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. L’art. 1338 c.c. sancisce la responsabilità della parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esi-stenza di una causa d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte. in tal caso il responsabile è tenuto a risarcire il danno che l’altra parte ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

La dottrina e la giurisprudenza più recenti concordano nel senso della piena applicabilità del combinato disposto degli artt. 1337 e 1338 c.c. ai contratti tra P.A. e privati. a sostegno di tale assun-to, è stato evidenziato che nessun ostacolo può opporsi ad un sindacato del G.O. sulla correttezza comportamentale della P.a. nel corso delle trat-tative, in quanto la P.a. agisce iure privatorum e non iure imperii.

Fra le ipotesi di responsabilità precontrattuale emergono:

— la violazione dei doveri di buona fede nelle trattative e nel-la formazione del contratto;

— il recesso ingiustificato dalla trattativa;— la stipulazione di contratto invalido o inefficace;— la violenza e il dolo, nonché la colposa induzione in errore.

145 Che si intende per «responsabilità da contatto amministrativo qualificato»?

La responsabilità della P.a. da contatto amministrativo qualificato è un tipo di responsabilità amministrativa di derivazione dottrinaria e giu-risprudenziale, secondo cui la sussistenza di un contatto qualificato che si instaura fra amministrazione e privato, attraverso lo svolgimento di un procedimento amministrativo, ingenera alcuni obblighi di prote-zione in capo alla P.A. (nella persona del dipendente con cui si ha detto contatto) a tutela del principio dell’affidamento sulla corretta conduzione della procedura.

Controverso è l’inquadramento di tale forma di responsabilità; secondo parte della dot-trina e della giurisprudenza, infatti, si tratterebbe di una forma di responsabilità extracon-trattuale, derivante dal mancato rispetto dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede e correttezza, imposto anche in capo ad una amministrazione pubblica, ai sensi dell’art. 2043 c.c. e del generale principio del neminem laedere. viceversa, secondo un diver-so orientamento, non sarebbe possibile parlare di responsabilità extracontrattuale, ve-nendo a cadere proprio l’aspetto principale di tale forma di responsabilità, ossia l’estra-neità tra danneggiato e danneggiante, che manca nel caso in cui P.a. e cittadino diven-tino parti di un medesimo procedimento amministrativo.

La responsabilità della P.A. e verso la P.A 135

146 Quando si configura la responsabilità civile ver-so la P.A.?

La responsabilità civile verso la P.a. deriva da attività colpose o do-lose dell’impiegato che arrechino un danno patrimoniale alla P.a.È una responsabilità contrattuale (per gli autori che riconoscono al rapporto di pubblico impiego natura contrattualistica) derivante dal man-cato adempimento di obblighi e doveri che l’impiegato ha nei confron-ti dello stato. il carattere contrattuale della responsabilità dei funziona-ri e dipendenti dello stato è confermato dall’art. 18 D.P.R. 3/1957, T.u. degli impiegati civili dello stato che disciplina la materia, ai sensi del quale il dipendente è responsabile nei confronti dell’amministrazio-ne solo se ha agito per delega del superiore; se, invece, ha agito per un ordine che era obbligato ad eseguire, va esente da responsabilità, salva la responsabilità del superiore che ha impartito l’ordine.essa può presentarsi come responsabilità contabile, che riguarda gli agenti contabili, ossia gli incaricati (a qualsiasi titolo, anche senza lega-le autorizzazione) di versamento e riscossione delle entrate dello stato, coloro che maneggiano pubblico denaro o gli agenti che hanno in con-segna oggetti e beni di proprietà dello stato. La responsabilità contabi-le di costoro risulta dall’annuale rendiconto oppure come responsabi-lità formale, che riguarda, più genericamente, gli amministratori per spese non autorizzate in bilancio, non deliberate nelle forme legali etc.

147 Che si intende per danno all’immagine della P.A.?L’ordinamento giuridico riconosce e garantisce il diritto all’immagi-ne in senso ampio, sia alle persone fisiche che giuridiche. L’immagine della P.a. è tutelata in base agli artt. 2 e 97 Cost., concernenti, rispet-tivamente, le formazioni sociali e l’organizzazione della medesima. Le amministrazioni pubbliche hanno, infatti, il diritto ad organizzarsi ed agire in modo efficace, efficiente, imparziale e trasparente e, laddove l’azione di un pubblico amministratore o dipendente leda o danneggi questo diritto, ciò si traduce in una alterazione della immagine delle P.a., o, peggio, nell’apparire di una sua immagine negativa, come or-ganizzazione strutturata confusamente e mal gestita. il danno all’imma-gine, conseguentemente, incide sul rapporto di fiducia e di affi-damento che lega amministrazione a amministrati. Tale tipo di

136 Parte Nona

danno, a sua volta, presuppone l’esplicazione di una condotta che ab-bia causato la reiterata violazione di doveri di servizio e un discredi-to per l’amministrazione.

148 È configurabile una responsabilità della P.A. per condotta di mobbing?

sì. La condotta di mobbing consiste in una serie di atti o com-portamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei con-fronti di un lavoratore da parte del suo capo o di colleghi, e ca-ratterizzati da un intento di persecuzione finalizzato all’emargina-zione del lavoratore (Corte cost., 19-12-2003, n. 359).essa costituisce, in genere, violazione dei doveri del datore di lavoro che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., è tenuto ad adottare tutte le misure ne-cessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipenden-ti ed è responsabile anche per il fatto illecito dei propri dipendenti.in seguito alla privatizzazione del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l’ente pubblico datore di lavoro è responsabile dei danni causati al lavoratore allo stesso modo del datore di lavoro priva-to. in tali casi la prevalente giurisprudenza ritiene che in capo al dato-re di lavoro si configuri una vera responsabilità di natura contrat-tuale.La condotta di mobbing può essere posta in essere, oltre che dal da-tore di lavoro, anche dai dipendenti, nel qual caso il datore sarà re-sponsabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 2087 e 1228 del c.c., che prevede la responsabilità del debitore per il fatto dei suoi au-siliari.in questi casi, la responsabilità dello stato e/o dell’ente pubblico con-corre con quella personale e diretta del dipendente autore del compor-tamento illecito, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 28 Cost. in tale ipotesi, l’amministrazione potrà rivalersi nei confronti del dipendente pubblico che abbia determinato con il suo comportamento la condan-na della stessa amministrazione al risarcimento del danno a favore del privato, azionando un giudizio innanzi alla Corte dei conti.

Parte decimala gIustIzIa ammInIstratIva

149 Che si intende con l’espressione «giustizia am-ministrativa»?

L’espressione «giustizia amministrativa» per la dottrina più moder-na (CaseTTa) sta ad indicare un complesso di istituti assoggettati a discipline differenti, di natura tanto processuale quanto sostanziale, che raccoglie sia rimedi giurisdizionali, caratterizzati da un peculia-re processo, sia rimedi giustiziali, di natura amministrativa. La fi-nalità di tali istituti è quella di assicurare la tutela dei cittadini nei con-fronti dell’amministrazione.specificamente, per garanzie giustiziali si intende il complesso de-gli strumenti di tutela amministrativa e giurisdizionale, ordinaria e am-ministrativa, riconosciuto ai soggetti, titolari di interessi protetti, avver-so atti e comportamenti contra jus rispettivamente illegittimi e illeciti della P.a. essi, per essere operativi, presuppongono un atto propulsi-vo dell’interessato in base al principio nemo judex sine actore.

Le garanzie giustiziali vanno tenute distinte dalle:

a) garanzie politiche: consistenti nei controlli parlamentari sull’attività del potere ese-cutivo ed ispirati da considerazioni politiche e/o giuridiche di ordine generale e non finalizzati, pertanto, alla tutela di singole situazioni private;

b) garanzie amministrative: consistenti nei controlli amministrativi di ufficio preventi-vi e successivi (visti, approvazioni etc.) sugli atti di amministrazione attiva da parte di organi a cui è attribuita tale funzione ed in manifestazioni di autotutela amministra-tiva (es.: annullamento d’ufficio) da parte degli stessi organi.

150 Quale è il sistema di giurisdizione vigente in Italia?

Con il riconoscimento della natura giurisdizionale della iv sezione del Consiglio di stato e della tutelabilità dei cd. diritti minori, nel nostro or-

138 Parte Decima

dinamento è stato accolto un sistema di giustizia nei confronti della P.a. basato sulla cd. doppia giurisdizione o cd. doppio binario: esso, infatti, coinvolge due ordini di giurisdizione, quella ordinaria e quella amministrativa.in particolare, tale sistema attribuisce, in linea generale, al giudice or-dinario la competenza in ordine alle controversie aventi a oggetto la lesione di un diritto soggettivo, con il riconoscimento del potere di disappplicare l’atto illegittimo e di dichiararne la illegittimità, e al giu-dice amministrativo la competenza in ordine alle controversie aventi a oggetto la lesione di un interesse legittimo, con il riconoscimento del potere di annullare un atto amministrativo illegittimo.

151 Qual è la ratio dell’emanazione del nuovo Co-dice del processo amministrativo?

in attuazione della delega contenuta nella L. 69/2009 è stato emana-to il D.Lgs. 2-7-2010, n. 104, recante il Codice del processo amministrativo.La codificazione, da un punto di vista formale, nasce da esigenze di semplificazione normativa e, dunque, di unificazione, chiarificazione e coordinamento delle norme processuali, fino a questo momento spar-se in una molteplicità di testi normativi, non sempre coordinati tra di loro.Per una scelta di coerenza sistematica il Codice contiene numerosi rin-vii al codice di procedura civile, facendo, dunque, proprie le rego-le di quest’ultimo che sono espressione di principi generali.da un punto di vista sostanziale, il Codice si è reso necessario a se-guito della evoluzione sia normativa sia della giurisprudenza costi-tuzionale, indirizzata ad un riconoscimento al giudice amministrativo degli stessi strumenti di tutela di cui dispone il giudice ordinario.il Codice del processo amministrativo, entrato in vigore il 16 settem-bre 2010, si colloca, infatti, a fianco dei quattro codici fondamentali dell’ordinamento italiano (civile, penale, di procedura civile e di proce-dura penale). esso consta di cinque Libri, recanti, rispettivamente, le disposizioni di carattere generale, la disciplina del processo di primo grado, la disciplina delle impugnazioni, la disciplina dell’ottemperanza e dei riti speciali, le disposizioni finali.

La giustizia amministrativa 139

Tra le linee di fondo che caratterizzano il nuovo Codice si segnalano:

a) la puntuale definizione della giurisdizione del giudice amministrativo e la specificazione delle azioni esperibili innanzi al G.a.;

b) la compiuta disciplina dell’azione risarcitoria;c) l’allineamento agli strumenti del processo civile del bagaglio di mezzi di prova uti-

lizzabili nel processo amministrativo;d) il recepimento della disciplina della translatio judicii relativamente al processo

amministrativo, assicurando pienamente la salvezza degli effetti processuali e sostan-ziali della domanda rispetto al momento in cui la stessa è stata proposta, anche se erroneamente introdotta dinanzi al giudice sfornito di giurisdizione;

e) l’allineamento dei mezzi di impugnazione a quelli previsti dal codice di procedura civile;

f) l’introduzione di un’armonica disciplina relativa al procedimento cautelare;g) il definitivo acclaramento della natura giurisdizionale del Consiglio di Stato,

quale organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa.

152 Come si caratterizza la tutela amministrativa?La tutela in sede amministrativa è attuata dalla stessa ammi-nistrazione, attraverso un procedimento amministrativo che vie-ne instaurato a seguito di un ricorso dell’interessato: la questione è, dunque, risolta nell’ambito della P.a. senza alcun intervento giuri-sdizionale, né del G.O., né del G.a.

alla tutela in sede amministrativa si riconoscono le seguenti funzioni:a) ricercare una soluzione alle controversie che coinvolgono gli inte-

ressi della P.a., evitando il ricorso a mezzi giurisdizionali;b) consentire alla P.a., in seguito al ricorso, di riesaminare la questio-

ne ed, eventualmente, correggere i propri errori;c) favorire, in sede di riesame dell’atto, quel contraddittorio che può

essere mancato in sede di deliberazione dell’atto, sebbene, con la L. 241/1990, il contraddittorio è divenuto un momento indefettibile del procedimento amministrativo.

153 Quali sono i tipi di ricorso amministrativo pre-visti dalla legge?

i ricorsi amministrativi si possono classificare secondo una duplice ca-tegoria: in relazione all’oggetto del ricorso e alla definitività o meno del provvedimento che si impugna.

140 Parte Decima

Con riferimento all’oggetto, i ricorsi amministrativi si distinguono in im-pugnatori e non impugnatori, a seconda che si impugni o meno un provvedimento amministrativo.Con i primi si impugna un provvedimento amministrativo per vizi di le-gittimità e/o di merito al fine di ottenerne l’annullamento, la revoca o la riforma.Con i ricorsi amministrativi non impugnatori, invece, il privato non im-pugna alcun provvedimento amministrativo, rivolgendosi alla P.a. al fine di risolvere una controversia insorta con la stessa o con altri priva-ti che in qualche modo incide sugli interessi dell’amministrazione. Tale rimedio è esperibile solo in casi tassativamente indicati dalla legge ed è finalizzato a ottenere una pronuncia di tipo dichiarativo o costitutivo.in relazione al carattere definitivo o meno del provvedimento impugna-to, si distingue tra ricorsi ordinari e straordinari, a seconda che il provvedimento sia o meno rivisitabile dalla P.a.i ricorsi ordinari (ricorso gerarchico proprio e improprio e ricor-so in opposizione) sono quelli proposti avverso un provvedimento non definitivo della P.a., ossia rivisitabile dalla stessa autorità che lo ha adottato o da quella gerarchicamente sovraordinata.il ricorso straordinario (ricorso al Presidente della Repubblica) è, invece, esperibile solo nei confronti di provvedimenti definitivi, come tali non rivisitabili da alcuna autorità amministrativa, e soltanto per vizi di legittimità e non anche di merito.

154 Quali sono le differenze tra il ricorso gerarchi-co proprio e ricorso gerarchico improprio?

Avverso i provvedimenti non definitivi della P.a. è proponibile il cd. ricorso gerarchico all’autorità amministrativa gerarchicamente supe-riore a quella che ha emanato l’atto impugnato.il ricorso gerarchico proprio è un rimedio di carattere generale e pre-suppone un rapporto di gerarchia e/o di subordinazione tra l’autorità che ha emanato l’atto gravato e l’autorità chiamata a decidere il ricorso.il ricorso gerarchico improprio è, invece, un rimedio di carattere ec-cezionale, proponibile — in casi tassativamente previsti dalla legge — a un’autorità che non è legata da un rapporto di superiorità gerarchica con quella che ha emanato il provvedimento, ma è titolare di un potere generale di vigilanza sugli atti di quest’ultima.

La giustizia amministrativa 141

Per quanto riguarda il ricorso gerarchico improprio, con questo normalmente è possibi-le dedurre solo vizi di legittimità e non anche di merito e si tratta di ricorsi di carattere impugnatorio contro provvedimenti emessi da organi collegiali o da amministrazioni di-verse da quella cui appartiene l’organo decidente.Le disposizioni procedurali sono stabilite nelle norme che prevedono i singoli ricorsi ge-rarchici impropri. Le previsioni del d.P.r. n. 1199/1971 relative al cd. ricorso gerarchi-co proprio trovano, invece, applicazione solo in via analogica e in mancanza di una espressa previsione nella normativa speciale.

155 In quali casi è proponibile il ricorso in opposizio-ne?

il ricorso in opposizione è un rimedio di carattere eccezionale, pro-ponibile solo in caso di espressa previsione di legge ed è un rimedio or-dinario e a carattere rinnovatorio.il ricorso va proposto entro trenta giorni dalla comunicazione e/o co-noscenza dell’atto, salve diverse previsioni espresse di legge, alla stes-sa autorità che ha emanato l’atto impugnato e può avere ad oggetto censure relative sia a vizi di legittimità che di merito, per la tute-la tanto di diritti soggettivi che di interessi legittimi.Per gli aspetti non espressamente disciplinati dalla legge istitutiva tro-vano applicazione le norme dettate per il ricorso gerarchico (art. 7 d.P.r. n. 1199/1971).La ratio della limitazione della esperibilità del ricorso in opposizione ai soli casi indicati dalla legge consiste nella eccezionalità della attribuzio-ne di un potere giustiziale ad una autorità che non è terza rispetto alle parti contendenti.

156 Che cos’è il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica?

il ricorso straordinario al Presidente della repubblica è un rimedio am-ministrativo consistente nell’impugnativa di un atto amministrati-vo definitivo, proposta dal soggetto interessato direttamente al Capo dello stato. esso è ammesso soltanto per motivi di legittimità (art. 8, comma 1, d.P.r. 1199/1971), mai per vizi di merito e può essere pro-posto per la tutela sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi.

142 Parte Decima

si rileva che il Codice del processo amministrativo, all’art. 7, com-ma 8, ha circoscritto l’ammissibilità del ricorso straordinario unicamen-te alle controversie devolute alla giurisdizione amministrativa. L’art. 128 del medesimo provvedimento, inoltre, ha disposto l’inammissibili-tà del ricorso in esame in materia elettorale.

157 Qual è l’ambito della giurisdizione del giudice ordinario in relazione agli atti amministrativi?

La giurisdizione del G.O., in relazione agli atti amministrativi, è de-terminata dall’art. 2 della L. 2248/1865, allegato E (L.A.C. - Legge abolitrice del contenzioso). in base a tale articolo, sono de-volute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzio-ni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civi-le o politico, comunque vi possa essere interessata la P.A., e ancor-ché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autori-tà amministrativa.Tale norma si deve considerare attualmente in vigore, nella parte in cui non è stata abrogata, per incompatibilità, dalle successive leggi che han-no istituito la giurisdizione del G.a.

rientrano nella giurisdizione della A.G.O.:

a) le cause per contravvenzioni, ovvero tutte le violazioni della legge penale. Le questioni in materia di delitti, già prima della legge del 1865, si ritenevano di com-petenza dei giudici penali ordinari;

b) tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politi-co: l’espressione diritto politico va intesa nel senso di diritto pubblico. di conse-guenza la cognizione del G.O. si estende a tutti i diritti soggettivi, siano essi pubbli-ci o privati; fanno eccezione le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva dei T.a.r.;

c) comunque vi possa essere interessata la P.A.: il G.O. è competente non solo nell’ipotesi in cui la P.a. sia parte attrice, ma anche quando essa è convenuta (ossia chiamata in giudizio);

d) ancorché siano stati emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’au-torità amministrativa: la giurisdizione del G.O. non è preclusa dal fatto che la P.a. abbia emanato un atto di autorità; ciò trova conferma negli artt. 4 e 5 della legge abolitrice del contenzioso, che disciplinano i poteri del G.O. in presenza di un atto amministrativo, nonché nell’art. 113 Cost., che espressamente prevede la cognizio-ne del G.O. per gli atti amministrativi lesivi di diritti.

La giustizia amministrativa 143

158 Quali sono i poteri del G.O. in merito all’atto amministrativo?

Mentre l’art. 2 della L. 2248/1865, all. e, individua l’ambito di giuri-sdizione spettante al G.O. in ordine alle controversie in cui sia coinvol-ta una P.a., i successivi artt. 4 e 5 individuano i poteri che spettano al G.O. in relazione all’atto amministrativo ritenuto lesivo di una posi-zione giuridica qualificata.

in particolare, al G.O. spettano sia poteri di cognizione che poteri di decisione nei limiti stabiliti dal legislatore, per cui:

— può conoscere degli effetti dell’atto in relazione all’oggetto de-dotto in giudizio;

— non può incidere sull’atto amministrativo, essendogli precluso il diritto di annullarlo e/o revocarlo;

— può solo dichiarare l’illegittimità dell’atto, e quindi disappli-carlo, con una decisione che non assume la forza esterna del giu-dicato (la pronuncia ha dunque effetti inter partes, in quanto il giu-dice si limita a conoscere gli effetti dell’atto solo in relazione alla ri-levanza che lo stesso assume nel giudizio in corso).

La giurisprudenza più recente, distaccandosi dall’orientamento tradizio-nale che riduceva fortemente i poteri del G.O., in tal modo preservan-do l’azione amministrativa dall’ingerenza del giudice, ha ristretto l’am-bito dei divieti di cui all’art. 4 della L.a.C., escludendone l’applicazio-ne nei confronti degli atti meramente dichiarativi e delle attività mate-riali della P.a. che non siano espressione dei fini istituzionali dell’ente e della potestà discrezionale della P.a.

159 In cosa consiste il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo da parte del G.O.?

L’art. 5 della L. 2248/1865, all. e, dispone, genericamente, che «le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamen-ti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi».da tale previsione, deriva che il G.O., accertata l’illegittimità dell’atto, dovrà disapplicarlo in relazione al caso concreto e dovrà «rico-

144 Parte Decima

struire il rapporto prescindendo dagli effetti da esso prodotti e, quindi, giudicare come se questi non sussistessero» (CaseTTa).il potere di disapplicazione non è subordinato ad apposita richiesta di parte, ben potendo il G.O. esercitarlo d’ufficio.in ordine all’ambito di operatività del potere di disapplicazione, la dottri-na e la giurisprudenza prevalente affermano che l’atto amministrativo pos-sa essere disapplicato quando sia affetto da qualsiasi vizio di legittimi-tà, ivi compreso l’eccesso di potere, con esclusione dei soli vizi di merito.

160 Qual è il giudice competente a decidere sulle controversie insorte nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego?

una delle principali innovazioni introdotte dal D.Lgs. 3-2-1993, n. 29, recante Norme in materia di organizzazione del pubblico impiego (confluito nel D.Lgs. 165/2001), è sicuramente costituita dalla devo-luzione al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, del co-spicuo contenzioso relativo al rapporto di lavoro tra P.a. e dipendenti pubblici, precedentemente riservato alla giurisdizione esclusiva del G.a.al G.O. sono devolute dal 30 giugno 1998 tutte le controversie re-lative ai rapporti di lavoro, incluse quelle relative all’assunzione, alle indennità di fine rapporto, al conferimento e revoca degli incarichi di-rigenziali e alla responsabilità dirigenziale. sono devolute al G.O. an-che le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbli-che amministrazioni e quelle promosse da organizzazioni sindacali, dall’araN e dalle pubbliche amministrazioni relative alle procedure di contrattazione collettiva.restano devolute al G.A., invece, le controversie in materia di procedu-re concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche ammini-strazioni nonché quelle relative ai dipendenti esclusi dalla privatizza-zione, indicati dall’art. 3 d.Lgs. 165/2001, ivi comprese quelle atti-nenti a diritti patrimoniali connessi, in sede di giurisdizione esclusiva.

La L. 311/2004 (Finanziaria 2005), ha aggiunto l’art. 63bis al d.Lgs. 165/2001. Tale disposizione prevede l’intervento dell’ARAN nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in fun-zione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e 70, comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione dei contratti collettivi.

La giustizia amministrativa 145

161 Qual è l’oggetto della tutela giurisdizionale amministrativa?

in base al sistema della doppia giurisdizione, la cognizione gene-rale in materia di diritti soggettivi spetta al G.O., mentre quella ge-nerale in materia di interessi legittimi compete al G.A.specificamente, quest’ultima è attribuita ai Tribunali Amministrativi Regionali in primo grado e al Consiglio di Stato nel giudizio di appel-lo; tali organi costituiscono un unico ordine giurisdizionale, insieme con il Consiglio di giustizia amministrativa della regione sicilia.il Codice del processo amministrativo, recato dal D.Lgs. 4 lu-glio 2010, n. 104, all’art. 7, individua specificamente la tipologia di controversie che possono essere conosciute dal G.a.in via generale, si tratta di controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di di-ritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo ed aventi ad oggetto provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere.ulteriore requisito richiesto dal legislatore perché si possa chiedere tu-tela al giudice amministrativo è che i provvedimenti, gli atti, gli ac-cordi o i comportamenti in relazione ai quali è sorta una contesta-zione, siano stati posti in essere da una pubblica amministrazio-ne ovvero da soggetti ad essa equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo.Pertanto, sono impugnabili in sede giurisdizionale amministrativa sol-tanto quegli atti che, in senso oggettivo, siano esplicazione di pub-blica potestà, ed, in senso soggettivo, promanino da una autorità amministrativa e siano lesivi di interessi legittimi del privato.

162 Come si articola la giurisdizione amministrativa?

il Codice del processo amministrativo, all’art. 7 individua il con-tenuto delle tre diverse tipologie in cui la giurisdizione amministra-tiva può articolarsi, e precisamente:

— giurisdizione generale di legittimità: il giudice valuta la sola le-gittimità dell’atto amministrativo, cioè verifica la conformità del-

146 Parte Decima

lo stesso ai principi dell’ordinamento giuridico e la sua immunità dai tre vizi di legittimità (eccesso di potere, incompetenza e violazione di legge). si parla anche di giurisdizione di annullamento perché il giudice può disporre l’annullamento dell’atto giudicato illegittimo. in tali ipotesi il giudice conosce, quindi, dei soli interessi legittimi;

— giurisdizione esclusiva: il giudice, in deroga al principio del ri-parto delle giurisdizioni, ha cognizione anche in materia di dirit-ti soggettivi;

— giurisdizione di merito: il giudice può, non solo annullare l’atto amministrativo, ma sindacare anche l’opportunità o la convenien-za dello stesso, e, conseguentemente, sostituirsi all’amministrazione.

relativamente alla giurisdizione esclusiva e di merito, le ipotesi in cui si re-alizzano devono essere tassativamente indicate dal legislatore, compor-tando, sotto aspetti diversi, delle deroghe alla giurisdizione di legittimità.

Con riferimento al contenuto e all’oggetto delle pronunce del G.A., si osserva che il giudizio innanzi all’autorità giurisdizionale amministrativa può essere (NiGrO):

— di cognizione: è volto a stabilire la fondatezza della pretesa vantata dal ricor-rente, per stabilire quale sia la volontà dell’ordinamento riguardo l’attività dell’ammi-nistrazione. il processo amministrativo di cognizione si presenta prevalentemente, nella giurisdizione di legittimità, come giudizio d’impugnazione di un atto ammini-strativo finalizzato alla sua eliminazione. Con il Codice del processo, il legislatore è, però, intervenuto a dettare una disciplina organica delle azioni esperibili innanzi al giudice amministrativo;

— cautelare: ha una funzione accessoria e strumentale rispetto al processo di cognizione, in quanto è teso all’adozione di misure preventive volte a preservare le utilità fornite dal-la eventuale sentenza favorevole di cognizione da eventi che possono manifestarsi du-rante il corso del processo. in tale ipotesi processuale, il G.a. conosce dell’atto impugna-to limitatamente agli effetti dannosi che dallo stesso possono scaturire per il ricorrente;

— di esecuzione: ha la funzione di assicurare anche coattivamente l’attuazione con-creta della pronuncia di cognizione. al pari di quello cautelare, tale tipologia di giu-dizio, definito giudizio di ottemperanza, è fortemente tipizzato dal legislatore agli artt. 112 e ss. del Codice del processo amministrativo.

163 Cosa si intende per giurisdizione esclusiva?

La giurisdizione esclusiva è caratterizzata, ai sensi dell’art. 7, com-ma 5, del Codice del processo dalla circostanza per cui al giudice am-ministrativo è attribuita, pure ai fini risarcitori, la cognizione, in via prin-cipale, sia dei diritti soggettivi che degli interessi legittimi.

La giustizia amministrativa 147

essa si distingue, pertanto, dalla giurisdizione di legittimità, che è generale in quanto concernente ogni controversia relativa alla legittimità di un atto amministrativo, e dalla giu-risdizione di merito, che, invece, si ha quando il G.a. esamina l’atto impugnato con co-gnizione stesa al merito dello stesso, sostituendosi, perciò, all’amministrazione medesima.

La giurisdizione esclusiva presenta i seguenti caratteri:— è eccezionale, poiché limitata a quei soli casi indicati dalla legge;— non ammette concorrenza con altre giurisdizioni, sia ordina-

ria che amministrativa: quindi nell’ambito della giurisdizione esclu-siva non ha ragione di essere la distinzione diritti soggettivi - interes-si legittimi;

— si può ricorrere al giudice per la lesione sia di diritti soggettivi che di interessi legittimi;

— è soggetta ai principi generali che regolano la giurisdizione ammi-nistrativa, laddove si verta in tema di interessi legittimi;

— se oggetto del ricorso è la violazione di diritti soggettivi, il ricorren-te può esperire oltre all’azione di annullamento dell’atto lesivo del diritto, anche autonoma azione di condanna (art. 30 del Codice).

Per controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, deve se-gnalarsi il dettato dell’art. 118 del Codice del processo, il quale prevede l’applicazio-ne delle norme processual-civilistiche relative al procedimento di ingiunzione (artt. 633 ss. c.p.c.). inoltre, può essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di di-ritti soggettivi.

Normalmente oggetto dell’impugnativa è un atto amministrativo. Ma l’azione può avere ad oggetto oltre che un atto, anche un rap-porto. Pertanto, nel caso di giurisdizione esclusiva del T.a.r. può par-larsi non più di sola giurisdizione su atti, ma anche di giurisdizione su rapporti.

Le materie su cui il giudice esercita giurisdizione esclusiva sono indicate dall’art. 133 del Codice del processo amministrativo. Tra le tante, si ricordano: la giurisdizione in tema di risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo; quella in relazione agli ac-cordi integrativi e sostitutivi di provvedimento ed agli accordi fra PP.aa.; quella in mate-ria di accesso ai documenti amministrativi; in materia di urbanistica ed edilizia, con-cernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio; di espropriazione per pubblica utili-tà, nel qual caso sono sindacabili gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle PP.aa., riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere; di servizi pubblici; di rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico; di concessione di beni pubblici, con l’eccezione delle controversie relative ad indenni-tà, canoni o altri corrispettivi e quelle attribuite ad altra autorità giurisdizionale.

148 Parte Decima

164 Quali azioni il privato può esperire dinanzi al giudice amministrativo?

Prima dell’introduzione del Codice del processo amministrativo, il qua-dro delle azioni amministrative che il privato poteva attivare innanzi al giudice amministrativo era alquanto articolato ed il processo ammini-strativo era, per lo più, incentrato sulla richiesta di annullamento del provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo.il Codice ha introdotto nell’ordinamento una disciplina organica del-le azioni esperibili innanzi al G.A. che, in modo più o meno com-pleto, ricalca il sistema delle tradizionali azioni di cognizione (co-stitutive, di accertamento e di condanna), in ossequio a quanto previ-sto nella legge delega n. 69/2009.

Pertanto, tali azioni sono:

— l’azione di annullamento, disciplinata dall’art. 29 del Codice, di-retta alla demolizione dell’atto impugnato per i tradizionali vizi di violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza;

— l’azione di condanna, disciplinata dall’art. 30 del Codice, che può essere proposta contestualmente ad un’altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi previsti ex art. 30 cit., anche in via autonoma.

Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegit-timo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. sussistendo i presupposti previsti dall’articolo 2058 del codi-ce civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica;

— l’azione avverso il silenzio della P.A., disciplinata dall’art. 31 del Codice, ed altre azioni di accertamento (decorsi i termini per la con-clusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse può chie-dere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere).

165 Quali sono le misure cautelari e di quali pre-supposti necessitano?

La fase cautelare rappresenta un momento solo eventuale del proces-so amministrativo, la cui finalità è quella di evitare che il decorso del

La giustizia amministrativa 149

tempo pregiudichi la completa soddisfazione della pretesa fat-ta valere in giudizio.

i presupposti per il ricorso alla misura cautelare sono il:

a) periculum in mora, ossia il rischio che, nelle more del giudizio, dall’esecuzione dell’atto impugnato derivino danni gravi ed irrepa-rabili per il ricorrente;

b) fumus boni juris, e cioè un giudizio positivo, di carattere som-mario, in merito alla fondatezza del ricorso.

Prima che la L. 205/2000 riformasse il sistema della giustizia amministrativa, l’unica mi-sura cautelare conosciuta prevista dall’art. 21 della L. 1034/1971 era quella della sospen-sione della esecuzione del provvedimento impugnato. Con la novella introdotta con la L. 205/2000, il legislatore ha ampliato il novero delle misure cautelari introducendo le misure cautelari «atipiche», sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 700 c.p.c., in tema di tutela d’urgenza nel processo civile. a seguito di tale riforma, come osservato dal-la dottrina (de NiCTOLis), le misure cautelari tipiche sono state ricondotte: alla so-spensione dell’atto impugnato; all’ingiunzione di pagamento di somme e alla cauzio-ne. Tra le misure cautelari atipiche, poi, è stato rilevato che la prassi ha indicato: le ammissioni con riserva a procedure concorsuali e le sospensive propulsive, che posso-no estrinsecarsi in un ordine all’amministrazione di riesaminare una determinata questio-ne ovvero in un ordine specifico di rinnovare una procedura o una parte di essa. in tale contesto si è inserita la L. 69/2009 ed il Codice del processo amministrativo.

Con l’approvazione del Codice del processo amministrativo, il le-gislatore ha proceduto ad una sistemazione organica della tutela cautelare, dedicando alla stessa il Titolo ii del Libro ii, e, pur confer-mando i tradizionali presupposti delle misure cautelari, ha proceduto ad una suddivisione tra le tipologie delle misure medesime, articola-te a seconda del grado di urgenza in:

— misure cautelari collegiali, nel caso in cui il ricorrente alleghi di subire un pregiudizio grave ed irreparabile durante il tempo necessario per giungere alla decisione del ricorso;

— misure cautelari monocratiche, ossia richieste ed eventualmen-te concesse dal Presidente del T.a.r. dinanzi a cui pende il relativo ricorso, in ipotesi di estrema gravità ed urgenza tali da non consentire neppure la dilazione fino alla camera di consiglio;

— misure cautelari anteriori alla causa, previste in caso di ec-cezionale gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure provvi-sorie con decreto presidenziale.

150 Parte Decima

166 A quali principi è ispirato il processo ammini-strativo?

il processo amministrativo, che si inserisce nell’ambito dei mezzi di giu-stizia amministrativa, ha, nel tempo, subito un’evoluzione mirata a im-primere una maggiore celerità al giudizio e a realizzare una pie-nezza della tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione. Tali direttive sono state, nel tempo, confermate a partire dalla legge di riforma del processo amministrativo, la L. 205/2000, fino alla L. 69/2009 ed al d.Lgs. 2-7-2010, n. 104, re-cante il Codice del processo amministrativo.

il processo amministrativo è regolato dai seguenti principi generali, indicati espressamente nel Libro i del Codice:

— innanzitutto, viene sancito che la giurisdizione amministrativa assi-cura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Co-stituzione e del diritto europeo (art. 1 del Codice);

— è previsto che il processo amministrativo attui i principi della pari-tà delle parti, del contraddittorio e del giusto processo, ex art. 111, comma 1, Cost. inoltre, il giudice e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo (art. 2);

— importante anche il richiamo al dovere di motivazione e di sin-teticità degli atti (art. 3): è stabilito, difatti, che ogni provvedimen-to del giudice deve essere motivato e che il giudice e le parti redigo-no gli atti in maniera chiara e sintetica.

Pertanto, appare evidente che il processo amministrativo si presenta come processo di parti, caratterizzato dal principio della domanda e dal dovere di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.Occorre precisare, inoltre, che, in virtù del rinvio (esterno) operato dall’art. 39 del Co-dice, per quanto non disciplinato dallo stesso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali.

167 Qual è la ratio del giudizio di ottemperanza?

i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere ese-guiti (spontaneamente) dalla pubblica amministrazione e dal-le altre parti del giudizio: con questo principio generale si apre l’art.

La giustizia amministrativa 151

112 del Codice del processo amministrativo, contenuto nel Titolo i del Libro iv, dedicato al giudizio di ottemperanza.Quando, però, una pronuncia giudiziale non viene spontaneamente portata ad esecuzione dal soggetto a tanto obbligato, è la parte risulta-ta vittoriosa nel giudizio di merito che ha l’onere di attivarsi per veder soddisfatta una propria, riconosciuta, pretesa. a tal fine il legislatore ha previsto il cd. giudizio di ottemperanza, ossia la possibilità di adire l’autorità giurisdizionale amministrativa con un ricorso diretto ad ot-tenere l’esecuzione, da parte della P.A., delle sentenze non spontaneamente eseguite.anche alla luce della nuova disciplina di cui al Codice del processo, si può affermare che il giudizio di ottemperanza costituisce l’ipotesi più importante di giurisdizione di merito del giudice amministra-tivo (v. art. 134 del Codice) e che, per l’intera durata dello stesso, un ruolo fondamentale è rivestito dal giudice, stante il suo compito di dare attuazione concreta ai precetti contenuti nella decisione che deve esse-re eseguita.

i presupposti essenziali dell’azione di ottemperanza sono:

a) un giudicato o una pronuncia esecutiva ovvero un lodo arbitrale esecutivo divenuto inoppugnabile: in particolare, per l’esecuzione delle sentenze del giudice ordinario, o del giudice speciale e dei lodi arbitrali esecutivi è necessario che una pub-blica amministrazione o un soggetto ad essa equiparato sia stata parte del giudizio;

b) la necessità di un provvedimento della P.A. successivo alla pronuncia: al-lorché per l’esecuzione del provvedimento giurisdizionale non occorre alcun atto del-la P.a., il ricorso stesso non ha ragione di essere (cd. sentenze autoesecutive);

c) l’inottemperanza della P.A. successiva alla decisione non eseguita: non è, infatti, ammissibile il giudizio di ottemperanza ove l’esecuzione sia già avvenuta.

168 Chi è il commissario ad acta?

il giudizio di ottemperanza, in quanto ipotesi di giurisdizione di me-rito, comporta che il giudice amministrativo ha il potere di sostitu-irsi all’amministrazione nell’esercizio della sua attività: ciò si-gnifica che il giudice può modificare o revocare un atto in contrasto con il giudicato, ovvero determinare il contenuto del provvedimento neces-sario per dare esecuzione alla decisione da attuare o, ancora, sostituir-si all’amministrazione nell’adozione dell’atto stesso.

152 Parte Decima

Già da tempo, però, nella prassi accade che il giudice amministrativo anziché emettere egli stesso il provvedimento, ordini alla P.a. l’ottem-peranza, assegnandole un termine per provvedere e contestualmente nomini un commissario ad acta, il quale, scaduto il detto termine senza che l’amministrazione abbia provveduto, si surroga ad essa ed adotta il provvedimento.Tale pratica è, oggi, positivizzata dall’art. 21 del Codice del proces-so, il quale stabilisce che in tutte le ipotesi in cui il giudice amministrati-vo deve sostituirsi all’amministrazione, può agire direttamente ov-vero nominare, come «proprio ausiliario», un commissario ad acta.

Quanto alla sorte degli atti del commissario ad acta, il legislatore, all’art. 114, comma 6, del Codice, ha previsto che di tutte le questioni inerenti agli stessi conosce lo stesso giudice dell’ottemperanza, in ossequio al principio generale secondo il quale l’organo le-gittimato ad avere cognizione degli incidenti verificatisi in sede esecutiva è lo stesso de-putato a dirigere l’esecuzione.

169 Quali mezzi di impugnazione sono esperibili avverso le sentenze dei Tribunali Amministrati-vi Regionali?

i tipici mezzi di impugnazione avverso le sentenze dei Tribunali am-ministrativi regionali sono: l’appello; la revocazione; l’opposizio-ne di terzo e il ricorso per Cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

in particolare:

— l’appello, in base all’art. 100 del Codice del processo amministrati-vo, si propone contro le sentenze dei T.a.r. al Consiglio di stato, fer-ma restando la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana per gli appelli proposti contro le sentenze del T.a.r. sicilia. il relativo giudizio presenta i seguenti caratteri: è giu-dizio di secondo grado; è devolutivo: a seguito dell’appello, la co-gnizione della questione si trasferisce integralmente al Consiglio di stato. il giudizio di appello, pertanto, ha la stessa estensione del giu-dizio di primo grado; non è sospensivo: le sentenze dei T.a.r. sono esecutive, dal momento che il ricorso in appello avanti al Consiglio di stato non sospende l’esecuzione della sentenza impugnata;

La giustizia amministrativa 153

— la revocazione: le sentenze dei T.a.r. e del Consiglio di stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli artt. 395 e 396 del codice di procedura civile (art. 106 del Codice);

— l’opposizione di terzo, ammessa nel processo amministrativo solo a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 177 del 1995 e, successivamente, positivizzata dall’art. 108 Codice del processo am-ministrativo, è esperibile dal terzo pregiudicato che sia rimasto estra-neo al processo ma che subisca gli effetti della sentenza di primo gra-do passata in giudicato o della sentenza del Consiglio di stato;

— il ricorso per Cassazione (ex art. 111, comma 8, Cost., secon-do cui contro le decisioni del Consiglio di stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione), ripreso nell’art. 110 del Codice del processo am-ministrativo, che ammette il relativo ricorso contro le sentenze del Consiglio di stato per i soli motivi riguardanti la giurisdizione.

170 Cosa sono i riti speciali?

Con la locuzione «riti speciali» si intende fare riferimento a «forme processuali particolari, coordinate in un rito unitariamente conside-rato, che il legislatore ha approntato con riferimento alla particolari-tà di talune controversie che necessitano di una disciplina proces-suale in parte differente per poter garantire una tutela adeguata alla situazione di fatto nella quale intervengono» (GaLLO).La L. 205/2000, con l’introduzione dell’art. 23bis nel corpo della L. 1034/1971, aveva previsto una particolare disciplina relativamente a de-terminate materie che necessitavano di una celere decisione laddove fos-se sorta una controversia in merito. Con l’approvazione del Codice del processo si è proceduto, in seguito, ad una riorganizzazione degli stes-si mediante riduzione ed unificazione dei riti speciali disciplinati dal-la legislazione vigente e l’eliminazione di quelli superflui o desueti.

secondo la classificazione contenuta nel Codice, può dirsi che, attual-mente, sono stati confermati i seguenti riti speciali:— in materia di accesso ai documenti amministrativi;— in materia di tutela contro l’inerzia della P.A. (ricorso avverso

il silenzio inadempimento della pubblica amministrazione);

154 Parte Decima

— il rito per decreto ingiuntivo. in particolare, l’art. 118 del Codi-ce prevede che nelle materie di giurisdizione esclusiva e per le con-troversie aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, si applica il Capo i del Titolo i del Libro iv del codice di procedura civile, disciplinante il procedimento di ingiunzione. Per l’ingiunzio-ne è competente il presidente o un magistrato da lui delegato. L’op-posizione al decreto ingiuntivo, a differenza del rito civile (nel quale è esperibile mediante atto di citazione), si propone con ricorso;

— rito abbreviato comune a determinate materie ex art. 119 del Codice;

— in materia di procedure di affidamento di lavori pubblici, ser-vizi e forniture;

— in materia di operazioni elettorali relativamente alle elezioni di Regioni, Province, Comuni e dei membri spettanti all’Ita-lia nel Parlamento europeo.

di nuova introduzione è, poi, il rito avverso gli atti del procedimento elettorale preparatorio, limitatamente alle elezioni regionali, provin-ciali e comunale.

171 In quali materie giudica la Corte dei conti?

La Corte dei conti giudica nelle seguenti materie:

1. responsabilità degli impiegati dello Stato: in questo contesto si collocano sia i giudizi di responsabilità contabile, nella qua-le possono incorrere tutti coloro che, a qualunque titolo («di fat-to», ossia senza autorizzazione, o «di diritto» perché investiti di tali compiti) hanno il maneggio del denaro pubblico, nonché tutti i magazzinieri e consegnatari di valori, merci, appartenenti alla P.A. (cd. agenti contabili), che i giudizi di responsabilità am-ministrativa, che si configura quando funzionari, impiegati, agen-ti civili e militari (compresi quelli dell’ordine giudiziario e quelli di-pendenti da amministrazioni, aziende e gestioni statali ad ordina-mento autonomo) nell’esercizio delle loro funzioni, per azione o omissione imputabile anche solo a colpa o negligenza, cagioni-no danno allo Stato o ad altra amministrazione, dalla quale di-pendono» (art. 52 r.d. 1214/1934);

La giustizia amministrativa 155

2. responsabilità degli amministratori e dipendenti delle Re-gioni e degli altri enti pubblici. La materia è disciplinata dall’art. 33 del d.Lgs. 76/2000, che ne circoscrive l’imputabilità ai soli casi e negli stessi limiti di cui alla L. 20/1994. Oltre che nei confronti dei dipendenti statali e regionali, la giurisdizione della Corte dei conti si estende ormai anche ai dipendenti degli altri enti pubbli-ci. Per quanto riguarda gli enti parastatali, l’art. 8 della L. 20-3-1975, n. 70 (legge sul parastato) dispone che in materia di respon-sabilità dei dipendenti per i danni arrecati all’amministrazione o ai terzi, si applicano le disposizioni stabilite per gli impiegati civili del-lo stato. da questa disposizione si deduce l’estensione a tale respon-sabilità della giurisdizione della Corte. Per gli altri enti pubblici, è sta-ta la stessa Corte ad affermare la propria giurisdizione, ponendo a fondamento di tale soluzione l’art. 103 Cost., secondo il quale essa ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica.

va, infine, ricordato che la Corte dei conti esercita la giurisdizione contabile nei confronti degli amministratori e del personale degli enti locali (Province, Co-muni, Consorzi, istituzioni di assistenza e beneficenza e altri enti minori cui si riferi-scono leggi speciali);

3. giudizi ad istanza di privati. Le tipologie dei detti giudizi posso-no essere previste espressamente dalla legge oppure create dalla giurisprudenza in applicazione di generiche prescrizioni normative;

4. giudizi in materia di pensioni. La competenza della Corte sus-siste qualora si impugni un provvedimento amministrativo defini-tivo, avente ad oggetto il diritto alla pensione degli impiegati, il cui trattamento di quiescenza sia a carico totale o parziale dello Stato.

IndIce

Parte Prima: Il diritto amministrativo: nozione e fonti .. Pag. 5

Parte seconda: Le situazioni giuridiche soggettive...... » 15

Parte Terza: L’organizzazione amministrativa: lo Sta- to, le autonomie territoriali e gli enti pubblici ....... » 25

Parte Quarta: Il lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni ....................................................... » 53

Parte Quinta: L’attività della P.A.: il provvedimento amministrativo e la patologia dell’atto ................... » 71

Parte sesta: Il procedimento amministrativo e il dirit- to di accesso ............................................................ » 95

Parte settima: I beni pubblici e la disciplina della pro- prietà privata. L’espropriazione per pubblica utilità . » 109

Parte Ottava: I contratti della Pubblica Amministra- zione ......................................................................... » 121

Parte Nona: La responsabilità della P.A. e verso la P.A. » 131

Parte decima: La giustizia amministrativa ................... » 137

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