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J—01 ambiente analogico/digitale aspetto funzione linguaggio post-digitale storia In questo capitolo: — Immediatezza — Ipermediazione — Rimediazione RIMEDIAZIONE by Grazia Dammacco data di creazione 21/01/16 13:35 ultima modifica 14/02/16 00:34 capitoli / parte complementare http://www.postdigitaltribe.org/dt/2015/06/15/rimediazione/

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ambiente analogico/digitale aspetto funzione linguaggio post-digitale

storia

In questo capitolo:

— Immediatezza— Ipermediazione— Rimediazione

R I M E D I A Z I O N Eby Grazia Dammaccodata di creazione 21/01/16 13:35ultima modifica 14/02/16 00:34

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[Tut te le c i tazioni , ad esclusione ove indicate, sono trat te da: Bol-ter David, Grusin Richard, “Re-mediat ion: understanding new media”, The MIT Press, 2000]

In questo capi to lo par leremo di r imediazione, tema ampl iamen-to discusso nel l ibro di Jay David Bol ter e Richard Grusin “Reme-diat ion, understanding new me-dia”. Nel la r imediazione più me-dia — a vol te eterogenei , a l t re più s imi l i t ra loro — si mesco-lano. Partendo dal presupposto che i media sono in cont inua evo-luzione, c i rendiamo conto che i l problema di interpretare un nuo-vo medium e di ident i f icare un mezzo come “nuovo” r ispetto ad uno vecchio è sempre esist i to.

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Ma questo problema si pone con maggiore forza nel Novecento perché è in questo secolo che le tecnologie della comunicazione si sono sviluppate più rapidamente, una dietro l’altra. La difficoltà nell’interpretare le tecnologie nuove sta nel fatto che, rispetto a quelle più vecchie, non possiamo avere una visione completa delle loro ripercussioni, non possiamo ancora avere una visione storica delle tecnologie più attuali:

«La forma vera della radio è stata rivelata dalla tv. La forma della tv è divenuta manifesta soltando dopo l’invenzione del computer. La forma del computer è già possibile comprenderla meglio perché siamo entrati nel mondo delle Reti. La forma delle Reti, invece, non è ancora visibile, perché non c’è nessun medium più avanzato delle Reti».

Le reti possono essere intese come il medium più recente, più nuovo, in quanto non ne abbiamo ancora una visione postuma, ma sono ancora in fase sviluppo. Le reti stanno sviluppando e cambiando i mezzi, le persone, la società. Ma non sappiamo precisamente in che modo e in quale percentuale lo faranno.

Le evoluzioni tecnologiche — in particolare quelle che si sono susseguite nel Novecento — rendono i confini tra un medium e l’altro sempre più labile, e l’idea di “rimediazione” di cui parlano Bolter e Grusin viene presa in prestito da “Understanding Media” di McLuhan: “il ‘contenuto’ di un medium è sempre un altro medium”. Per Bolter e Grusin il contenuto dei media digitali sono tutti gli altri media, e nella nostra cultura un singolo medium non può mai operare in forma isolata poichè

«si appropria di tecniche, forme e significati sociali di altri media e cerca di competere con loro o di rimodellarli in nome del reale».

Ogni medium quindi è influenzato dai media che lo hanno preceduto, e si appropria di alcune funzioni e caratteristiche del media a cui fa riferimento. Per questi motivi affrontare la questione della rimediazione ci sembra qui opportuno, in quanto l’ibridazione avviene grazie alla combinazione, all’imitazione o all’influenza tra media differenti:

«I nuovi media “rimodellano” i vecchi media, costruendo forme di ibridazione innovative e, allo stesso tempo, nei modi in cui i vecchi media “rimodellano” continuamente se stessi per rispondere alle sfide delle nuove forme emergenti».

Bolter e Grusin affermano chiaramente che i vecchi media elettronici e a stampa, sentendosi minacciati dalle nuove tecnologie digitali, cercano di riaffermarsi nella nuova cultura. In questo caso i media analogici cercando di crearsi una propria posizione all’interno del mondo digitalizzato. In “Hybrid Bookwork” Alessandro Ludovico, parlando di ibridazione tra media fa riferimento al concetto di rimediazione, e scrive:

«In realtà penso che la rimediazione intesa come la definizione di Bolter: “la logica formale con cui i new media rimodellano forme di media precedenti” può essere visto come un livello inferiore di ibridazione. […] Inserire un video in una pubblicazione digitale significa rimodellarlo, ma il video non sta prendendo in considerazione l’intera “esperienza di lettura” che abbiamo consolidato nei secoli, perciò (in meglio o in peggio) la distrugge. Ibridare una pubblicazione digitale può essere più efficace se si usano software e network (eventualmente in modo meno estremo di quanto suggerisca Manovich) per creare una sintesi unica, che non sia solo “campione” o “calcolata” da grandi informazioni, ma rigorosamente “elaborata” attraverso diversi parametri personalizzati».[Rieck Stella, Rowson Rose, Wohlfeil Nora, “Hybrid Bookwork: Empire Soft-Skinned Space”,List Discussion February 2014, ebook]

Bolter e Grusin ci spiegano quali sono i concetti fondamentali della teoria della rimediazione: l’immediatezza, l’ipermediazione e la rimediazione.

I M M E D I A -T E Z Z A

La logica dell’immediatezza fa sì che il mezzo di comunicazione possa scomparire, lasciando l’utente solo con l’oggetto rappresentato. L’immediatezza non è un concetto solo attuale, durante il Rinascimento in Occidente la prospettiva lineare portava alla trasparenza grazie ad una misurazione matematica dello spazio e quindi del mondo. La prospettiva lineare è la tecnica che ha reso se stessa invisibile, mettendoci direttamente di fronte all’oggetto rappresentato. È questo il senso delle parole di Alberti riportare nel trattato “De Pictura” (1435): “sulla superficie che mi appresto a dipingere, disegno un rettangolo di qualsiasi dimensione, che considero come una finestra aperta attraverso la quale il

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soggetto da dipingere può essere osservato”.

La trasparenza è stata riportata anche con il trompe l’oeil, l’ironia qui sta nel fatto che tanto un artistaera bravo nel suo lavoro di illusione, anche attraverso la sua tecnica pittorica, tanto il suo lavoro diventava distintivo e definiva la sua presenza artistica. Non c’è qui una misurazione matematica dello spazio ma una sensibilità propria dell’autore, una capacità di osservazione e di rappresentazione manuale eccellente. Nel trompe l’oeil quindi non è semplicemente il mezzo a definire l’immediatezza, ma l’abilità dell’uomo, la sua singolare “presenza”.

La storia dell’immediatezza si sviluppa con l’automatizzazione della prospettiva lineare associata alle tecnologie della camera oscura e successivamente della fotografia, del cinema e della televisione. La fotografia ha rappresentato il perfezionamento della prospettiva lineare, ne segue le regole, e come processo meccanico che riprende la realtà,rispetto alla pittura nasconde il processo di produzione e in apparenza rimuove anche l’artista come agente interposto tra l’opera e il fruitore. In realtà, si può affermare che, così come accade nella televisione e nel cinema, sono le scelte stilistiche e narrative dell’autore a imprimere il proprio segno distintivo sul lavoro. Tuttavia la fotografia — soprattutto quella analogica — ha introdotto un processo meccanico

e chimico in cui gran parte del processo viene imposto all’utente senza che egli possa intervenire in maniera eccessiva, soprattutto nella ripresa esatta della realtà [ i new media sostituiscono gli old media, o no? / caratteristiche e funzioni digitali / azione, interattività e partecipazione ].

Oggi la prospettiva lineare si è evoluta con la possibilità di creare immagini prospettiche al computer tramite l’algebra lineare contemporanea. Come per la fotografia il processo è automatizzato, ma rispetto alla fotografia, in cui il fotografo segue le fasi del processo dall’inizio alla fine, i programmatori

progettano gli algoritmi per i programmi, le applicazioni, i sistemi operativi, ma poi i programmi verranno utilizzati dalle macchine in maniera automatica. L’utente infatti dà alla macchina dei comandi, la informa su quello che vuole ottenere e rappresentare, ma poi è la macchina a realizzare l’intero processo, andando a ridurre al minimo il lavoro umano.

La fotografia analogica nasconde l’uomo tramite la meccanica del mezzo e la chimica del processo, la grafica digitale cancella la presenza umana attraverso la matematica della prospettiva e della modulazione preesistente nel programma. La fotografia digitale si presenta così come un

Los Gatos (California), parete di un edificio

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ibrido che combina questi due aspetti diversi di automaticità. Così come nella grafica digitale l’utente sceglie cosa rappresentare e lo comunica al mezzo, stessa cosa fa la fotografia, in cui l’autore sceglie la scena da immortalare. Mentre nella fotografia e nella pittura l’osservatore ha un solo punto di vista, nel cinema e nella televisione ne ha molteplici, ma questi sono sempre dettati dalle scelte del regista. Nei videogiochi e nella realtà virtuale è invece l’utente a scegliere la sequenza di movimento, però le scene possibili entro le quali si può spostare sono anch’esse preimpostate dall’autore, che genera un numero massiccio di possibili sequenze.

Un esempio di immediatezza è infatti rappresentato dalla realtà virtuale, che ha come scopo quello di immergere l’utente in una realtà non fisica e di rendere invisibile il mezzo che permette di farlo. C’è da dire però, che le tecnologie che permettono di calarsi nella realtà virtuale — casco e altri strumenti — sono invasivi. Tuttavia l’utente, una volta immerso, tende a sentirsi parte della realtà virtuale, dovrebbe dimenticare che sta indossando un casco e accettare l’immagine grafica generata come il proprio mondo.

Un altro esempio di tecnologia che cerca di essere immediata è il desktop del computer, un’interfaccia che sfruttando la metafora della scrivania fisica cerca di far scomparire lo schermo del computer per fruire in maniera più naturale delle funzioni presenti. Anche il mouse e il puntatore consentono all’utente l’immediatezza del toccare, prendere, spostare, gettare. Le icone simulano gli oggetti reali (cestino, cartelle, fogli di carta, graffetta, busta delle lettere) [ ibridazione aspetto ].

IPERMEDIAZIO-NE

Mentre l’immediatezza suggerisce uno spazio visivo unificato, in cui il mezzo scompare, l’ipermediazione ne offre uno eterogeneo, in cui la rappresentazione è considerata non come una finestra sulla realtà, ma come un insieme costituito da finestre che si aprono su altri media o su altre rappresentazioni. Con l’ipermediazione il mezzo è visibile e ben presente, i segni della mediazione sono moltiplicati, e questa consapevolezza del medium non fa altro che ricordarci la nostra voglia di immediatezza.

Oggi la logica dell’ipermediazione è visibile nell’eterogeneo stile a finestre delle pagine web e delle interfacce dei computer, dei videogiochi, del menu della televisione. All’interno di ogni finestra è presente un contenuto differente, e in alcuni casi un medium differente (ad esempio una finestra sul desktop può contenere un video, un file musicale, un’immagine o del testo). L’ipermediazione favorisce uno stile visuale che come afferma William J. Mitchell (1994):

«privilegia la frammentazione, l’indeterminatezza, e l’eterogeneità e […] enfatizza il processo o la performance piuttosto che l’oggetto artistico compiuto». [ come le tecnologie cambiano la società / il villaggio globale e la ri-tribalizzazione nella società elettrica ] [ i new media sostituiscono gli old media, o no? / caratteristiche e funzioni digitali / azione, interattività e partecipazione ].

Probabilmente è stata la televisione a portare allo sviluppo dell’ipermediazione nell’ambito dei mass media. Dagli anni Sessanta e Settanta i programmatori della Xerox PARC inventano l’interfaccia utente di tipo grafico, chiamando i rettangoli che si muovono sul video “finestre”, riferendosi proprio alle finestre sul mondo di cui parlava Alberti. Il loro obiettivo era infatti quello di rendere l’interfaccia il più trasparente possibile, mettendo l’utente a contatto diretto con l’informazione.Ma in realtà nelle interfacce attuali le finestre si moltiplicano e si sovrappongono, è ben visibile la loro presenza in quanto “finestra”, non ci viene presentato solo ciò che rappresentano ma possiamo vedere più finestre contemporaneamente, e ognuna di esse presenta contenuti eterogenei. Bolter e Grusin citano il teorico di media Simon Penny, il quale sottolinea che per i designers dell’interfaccia la parola “trasparente” significa che l’interfaccia scompare sullo sfondo esperienziale mentre l’analogia sulla quale si basa il software (macchina da scrivere, tavolo da disegno, scatola dei colori ecc.) passa in primo piano. Se il programma per disegnare e colorare è così intuitivo lo è solo perché la scatola dei colori è un oggetto culturalmente familiare [ ibridazione aspetto ]. A differenza della pittura prospettica o della fotografia, nell’interfaccia a finestre l’utente non gode di un singolo punto di vista, ma ci sono diverse finestre e possibili spazi da osservare ed è inoltre continuamente tenuto a confrontarsi con le finestre stesse. Queste possono essere mosse, rimpicciolite e ingrandite, chiuse, e in seguito si entra in contatto con il contenuto.

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Desktop Mac OSX 10.9.5, screenshot 2015

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Per passare dal contenuto di una finestra a quello di un’altra, bisogna confrontarsi con le finestre e con l’interfaccia. Anche se, come affermato prima, la fotografia e soprattutto la grafica digitale nascondono la presenza dell’uomo grazie all’automatizzazione, con il computer l’utente è costretto a confrontarsi continuamente con l’interfaccia: mouse, bottoni, finestre etc.

Anche per l’ipermediazione si trovano esempi nel passato, ad esempio nei manoscritti medievali, in cui tutto il sistema di note e di rimandi, e soprattuttoi capolettera miniati rappresentano delle finestre di contenuti differenti rispetto al testo corrente. Altro esempio sono le pale d’altare, opere artistiche scultoree/pittoriche che nascono intorno all XI secolo in forma di tavole rettangolari rappresentanti scene religiose. Più tardi le pale iniziano ad essere articolate da più tavole, così il polittico diventa popolare soprattutto dopo il Quattrocento, e le suddivisioni delle tavole diventano sempre più complesse. La separazione della rappresentazione su più tavole — o finestre — rende la visione ipermediata, l’occhio salta da una finestra all’altra, consapevole del medium che si trova davanti.

Anche negli arredi del XVI e XVII secolo vengono inseriti numerosi cassettini, porte, pannelli, ognuno dei quali spesso decorato con un dipinto. Questi elementi potevano essere spostati, aperti, e mostrare nuovi dipinti e nuove finestre. L’analogia con il nostro desktop diventa ora facile: ogni finestra può mostrarci

un “dipinto” oppure una nuova finestra, che a sua volta può contenere un altro cassetto o un altro dipinto, e così via. Di questo argomento parla la storica dell’arte Barbara Stafford in “Good Looking”, in cui paragona i media digitali ai mobili barocchi, soprattutto nel descrivere la Wunderkammer (1), che con la sua molteplicità di forme e collegamenti associativi, costituisce un ottimo esempio di ipermediazione in epoca barocca.

Anche in pittura è possibile individuare esempi di ipermediazione, in particolare in quella fiamminga,nell’uso di specchi, finestre, mappe, lettere e dipinti nei dipinti. Un ottimo esempio è “Las Meninas” (1656) di Velsquez, nel quale vediamo l’artista nell’atto di dipingere e di guardare verso di noi, verso lo

spettatore. Davanti a noi, in fondo alla stanza, in uno specchio sono riflessi Filippo IV e sua moglie Marianna. In questo modo capiamo di interpretare il ruolo del re e della regina, ci rendiamo conto di trovarci di fronte ad un gioco di illusione e interpretazione, di guardare un’immagine che ci fa guardare in uno specchio che ci fa riconoscere il medium. Nel quadro “I coniugi Arnolfini” di Jan van Eyck del 1434, si vede uno specchio sulla parete in fondo alla stanza, sopra il quale è riportataJan van Eyck e Hubert van Eyck, “Polittico di Gand”, 1426-1432, Cattedrale di Sa Bavone, Gand (Belgio)

Immagine nel frontespizio del catalogo “Museum Wormianum” che ritraeil Wunderkammer del collezionista Ole Worm, 1655, Copenaghen

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la firma dell’artista. Nello specchio sono inoltre riflesse due persone, una della quali è probabilmente l’artista stesso. Sono tutti elementi, questi, che ci fanno approcciare al quadro in maniera un po’ più consapevole del mezzo utilizzato, che non ci presentano una realtà illusoria che vuole imitare la natura come un clone, ma che mettono in evidenza l’intervento dell’uomo e del processo utilizzato.

Secondo Clement Greenberg (1973):

«L’arte realista ed illusionista ha nascosto il medium, usando l’arte per nascondere l’arte. Il modernismo ha utilizzato l’arte per concentrare l’attenzione sull’arte». La pittura pre-modernista ha cercato di imitare la realtà, tentando di eliminare il medium. L’arte modernista, che si è posta, nel corso del Novecento, come art pour l’art, invece segue spesso la logica dell’ipermediazione. Collage e fotomontaggi mettono lo spettatore davanti ad un’immagine in cui gli elementi spaziali aggiunti al dipinto si confondono con il dipinto stesso, oscillano tra mondo fisico e rappresentazione. Il collage mette in discussione l’immediatezza della prospettiva pittorica, mentre il fotomontaggio quella della fotografia. L’arte astratta, quella espressionista, il Cubismo, il

Neoplasticismo, mettono in discussione l’idea di arte come semplice imitazione della realtà e pongono l’accento sul ruolo dell’artista, sul concetto di arte in quanto tale, su una interpretazione della realtà o dei sentimenti dell’uomo. I ready made, che propongono direttamente la realtà senza modificarla, decontestualizzando degli oggetti dal loro ambiente originale, sottolineano l’importanza della firma, delle scelte e della presenza dell’artista piuttosto che dell’oggetto — che è reale — in sé [ post-digitale e ibridazione / relazioni con la società: economia, storia, cultura, religione / cultura e religione ] [ post-digitale e ibridazione / relazioni con le pratiche artistiche e comunicative ].

Guardando al mondo dell’editoria, anche i quotidiani possono essere considerati un esempio di ipermediazione, anticipando anche il funzionamentodel desktop. Nella prima pagina di un giornale infatti compaiono diverse finestre con le anticipazioni degli articoli, con l’anteprima dei contenuti che ci influenzeranno e che potremmo aprire in un’altra pagina. Alcuni esempi di ipermediazione provengono anche dal mondo della musica. Un esempio è il cd-room degli Emergency Broadcast Network dell’album “Telecommunication Breakdown” (1995). Nel brano “Electronic Behavior Control System” lo schermo del computer può essere diviso in più finestre che mostrano spezzoni digitalizzati di vecchi film video. In alcuni momenti le labbra dei personaggi dei video sono sincronizzate alle parole della musica. In questo modo sembra che un vecchio medium (video analogico) si fonda con un medium nuovo (un cd digitale).

RIMEDIAZIONEIl concetto di rimediazione è più vicino a quello di ibridazione. In “Understanding Media” Marshall McLuhan sottolinea che:

«Il contenuto di un medium è sempre un altro medium. Il contenuto della scrittura è il discorso, così come la parola scritta è il contenuto della stampa e la stampa quello del telegrafo».[McLuhan Marshall , “Understanding Media”, Mc Graw-Hill Book Company, New York, 1964]

Vediamo come quindi ogni mezzo in realtà reinterpreti il contenuto già espresso da un altro medium. È il caso, ad esempio, della trasposizione

Jan Van Eyck, “Ritratto dei coniugi Arnolfini”, olio su tavola, National Gallery (Londra), 1434

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“EBN - Electronic Behavior Control System (HD)”, https://www.youtube.com/watch?v=oQZsKWV4mDo, pubblicato da EMERGENCY BROADCAST NETWORK EBN il 20 agosto 2012

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di romanzi nel cinema, oppure dei dipinti che ritraggono storie della Bibbia o di altri libri. In apparenza è solo il contenuto ad essere preso in prestito. Questi prestiti vengono anche chiamati “riposizionamento”, nel senso che ci si impossessa di un contenuto di proprietà di un determinato medium e lo si usa all’interno di un altro. Ma il riutilizzo comporta sempre, necessariamente, una ridefinizione, dovuta al fatto che ogni medium si esprime con un proprio linguaggio e con delle proprie specifiche forme[ ibridazione linguaggio ].

Ogni atto di mediazione dipende da altri atti di mediazione, in cui i media operano commentando, riproducendo e sostituendo uno o più media. Questo pensiero si ricollega al post-strutturalismo di Derrida, secondo il quale tutte le interpretazioni sono atti di reinterpretazione. Così come per loro non esiste nulla prima della scrittura, per la nostra cultura non esiste nulla prima della mediazione. Una delle caratteristiche principali della cultura postmodernista è l’assimilazione del passato, la rievocazione e imitazione di opere o autori precedenti, il cosiddetto pastiche. Un altro aspetto postmodernista che si collega all’atto di rimediazione aggressiva e di ipermediazione è la frammentazione propria del linguaggio postmoderno. Nel suo saggio sul postmodernismo Fredric Jameson (1991) sostiene che i media visuali stanno sfidando i vecchi media basati sul linguaggio. La tv, il cinema e la

grafica digitale minacciano di rimediare il testoverbale non solo dei prodotti a stampa ma anche degli schermi del computer, di rimediare il testo in maniera così aggressiva da fargli perdere la maggior parte del suo significato storico [ ibridazione linguaggio ]. Bruno Latour in “We have never been modern” (1993) afferma che difficilmente il linguaggio può essere definito come veicolo neutrale di informazioni tra soggetti e oggetti. Nessun componente che partecipi alla comunicazione(soggetto/linguaggio o media/oggetto) appare nella sua forma pura durante questo processo, separato dagli altri elementi. La conoscenza diventa così un ibrido nato dall’incontro degli elementi che partecipando al linguaggio.

Le mediazioni sono comunque reali non solo perché gli oggetti prodotti circolano nel mondo reale e sono spesso prodotti fisici e visibili, ma anche perché l’atto di mediazione stesso funziona come un ibrido ed è trattato più come un oggetto fisico. Tutti i media rimediano il reale: la fotografia è reale come artefatto fisico e ritrae immagini che riprendono la realtà; il cinema è reale in sé, nella celuloide, nel sistema economico, nella fisicità degli attori; l’arte moderna è reale perché si è interessata non tanto a rappresentare il mondo esterno ma a rappresentare se stessa, l’atto stesso di fare arte. In questo tipo di arte sono importanti gli oggetti presenti nel mondo e non la loro rappresentazione. La pittura moderna raggiunge l’immediatezza non nascondendo la

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mediazione, ma prendendone consapevolezza. «Ogni nuovo medium trova una sua legittimazione perché riempie un vuoto e corregge un errore compiuto dal suo predecessore, perché realizza una promessa non mantenuta dal medium che lo ha preceduto [...] In tutti i casi quella inadeguatezza è rappresentata come mancanza di immediatezza».

La rimediazione trova il suo posto nella possibilità che i nuovi media hanno di migliorare le funzioni svolte dai precedenti media, potenziandone le caratteristiche, ampliandole o crearne di nuove. Bolter e Grusin affermano che esistono diversi tipi di rimediazione: trasparente, traslucida, aggressiva, assorbimento, all’interno di un singolo medium.

Nella rimediazione trasparente il medium precedente viene rappresentato da uno nuovo che in questo processo cerca di nascondere se stesso, di essere trasparente ma, in realtà, la sua mediazione è comunque presente. È il caso dei cd-rom che contengono gallerie di immagini (foto o dipinti) o archivi di testi. Lo scopo del computer qui è di esporre i contenuti di media precedenti, di far accedere a questi contenuti e di trasferire il contenuto su un medium nuovo. Ma la dimensione dello schermo, la sgranatura dell’immagine, il fatto di dover cliccare dei tasti, rende il pc presente.

Al contrario la rimediazione traslucida enfatizza la differenza piuttosto che diminuirla: la versione elettronica viene offerta come miglioramento rispetto al precedente, sebbene la nuova versione cerchi in qualche modo di riprendere alcune caratteristiche della precedente. Esempi sono le enciclopedie elettroniche su cd-rom come Encarta della Microsoft o l’Enciclopedia Elettronica della Grolier. Qui il testo e le immagini del prodotto originale vengono ampliati da link ipertestuali, animazioni, suoni etc. Si mantiene la struttura dell’originale ma viene migliorata.

Nella rimediazione aggressiva il medium digitale cerca di rimodellare il vecchio medium in maniera completa, ma allo stesso tempo cerca di farne sentire ancora la presenza. Questo fenomeno appare chiaro nei cd-rom di musica rock. Riprendendo “Telecommunications Breakdown” degli Emergency Broadcast Network, notiamo come i principali media rimodellati sono la musica registrata su cd e la performance dal vivo sul palcoscenico. Nel pezzo “Electronic Behavior Control System”, vecchi spezzoni di programmi televisivi e film vengono decontestualizzati e sembrano ripetere le parole della canzone. Lo spettatore si rende subito

conto dell’artificialità dell’atto, sia della versione originale che di quella digitale. In questo tipo di rimediazione i media più vecchi vengono presentati in uno spazio discontinuo, come collage o fotomontaggi e sono facilmente individuabili. C’è discontinuità tra i diversi media e l’interfaccia grafica li controlla tutti.

Nell’assorbimento il nuovo medium cerca di assorbire completamento il medium più vecchio, minimizzando le discontinuità tra i due, anche se, in realtà, il vecchio medium non scompare del tutto. Si possono citare diversi esempi: i videogiochi interattivi con il loro concetto di realtà virtuale come Myst e Doom che rimediano il cinema: i giocatori sono protagonisti di una narrazione cinematografica, in più sono i registi della propria storia perché compiono delle scelte, possono anche decidere dove guardare, cosa fare e dove andare. Il web rimedia la televisione, infatti molti siti usano le web cam riprendendo diverse situazioni e ambienti. Ma succede anche spesso che sono i vecchi media a rimediare quelli nuovi: la tv può rimediare il web (tv interattiva); il cinema rimedia le tecnologie digitali realizzando effetti speciali che cerca di rendere i più realistici possibili. Allo stesso modo il computer rimedia i cartoni animati (“Toy Story”). L’obiettivo rimane sempre quello di far scomparire l’altro medium. Questa forma di rimediazione nasconde le relazioni con i media precedenti — a cui però si può far facilmente riferimento — e promette un’esperienza non mediata, soprattutto perché incentrata sulla realtà virtuale.

La rimediazione all’interno di un singolo mediumavviene quando un medium incorpora un precedente medium uguale a se stesso. Ad esempio quando un film prende in prestito elementi da un altro film (come “Strange Days” fa con “Vertigo” o “La donna che visse due volte”); un dipinto che incorpora uno dipinto precedente (“Interno del mio studio di Courbet”); un’opera letteraria che propone il fenomeno del dramma nel dramma o poesia nella poesia o nel romanzo (“Odissea”; “Ritratto di un artista”).

In tutti questi casi i vecchi media non sono abbandonati, ma si riesce ad affidargli ancora un ruolo importante nella comunicazione, mescolandoli ai nuovi media in modi diversi. A tal proposito il teorico dei media Steven Holtzman (1977) scrive:

«Abbiamo bisogno di trascendere il vecchio per scoprire mondi espressivi completamente nuovi. Come un segnale stradale, il riposizionamento indica i profondi cambiamenti che sono dietro l’angolo».

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“MYST - Chapter 2 - The Library - Part 1”, https://www.youtube.com/watch?v=PuMFXqIZ27o, pubblicato da filardodesigns il 9 settembre 2008

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La grafica computerizzata rimodella la fotografia, e si potrebbe pensare che potrebbe anche sostituirla del tutto, grazie alla sua capacità di riprodurre immagini realistiche. Ma in realtà le immagini create al computer non saranno mai, come avviene nella fotografia, una presa diretta della realtà, ma solo una riproduzione immaginaria di essa. Il tipo di immediatezza cercata dalla grafica al computer è più simile alla pittura prospettica e iperrealistica che alla fotografia. Anche la pittura iperrealista nata negli anni Sessanta si basa su originali fotografici. Sia grafici che pittori iperrealisti rimediano la fotografia, che assume un rapporto particolare con la realtà. Infatti, così come l’occhio viene colpito dalla luce durante il processo di visione di un’immagine, la fotografia cattura con lo stesso processo l’immagine, permettendoci di essere — teoricamente — lì, in quel momento. Se ci troviamo davanti ad un dipinto iperrealista, sappiamo di essere davanti ad una riproduzione manuale della realtà, o perlomeno cerchiamo di capirlo — ci avviciniamo alla tela, la osserviamo, cerchiamo errori o pennellate che ci permettano di capire che siamo di fronte ad un dipinto. Se guardiamo un’immagine fotografica invece sappiamo già di trovarci davanti ad una ripresa meccanica della realtà, di stare osservando una porzione di reale, nonostante la presenza della carta fotografica, della sgranatura. In molti casi inoltre sia nella grafica al computer che nella pittura gli elementi rappresentati non sono perfettamente realistici, i problemi aumentano con la riproduzione di materiali naturali, come la pelle. A fallire più spesso sono, soprattutto nella grafica al computer, gli effetti

di luce, ma meno la rappresentazione prospettica.

La grafica al computer viene utilizzata per un altro prodotto frutto di rimediazioni, il videogioco. I videogiochi prendono esempio da una serie di media differenti, come i giochi da tavola, gli sport o i film. Mentre i primi giochi al computer erano opachi, dalla grafica basilare, come Pacman o Pong, dagli anni Ottanta in poi vengono sviluppati i primi giochi che sfruttano la grafica tridimensionale per creare uno spazio continuo e trasparente per l’utente. Viene così mediato il cinema, alcuni giochi incorporano spezzoni video narrativi. I giochi di ruolo al computer rimediano la letteratura fantastica, cercando il senso del reale, invitando il giocatore in un mondo fantastico ma il più realistico possibile, in modo da immergerlo nel medium, nonostante utilizzi comandi ipermediati. Myst fonde grafica tridimensionale e immagini statiche con testo, video, suoni, rimodellando pittura prospettica, cinema e il libro. Infatti Myst è diventato un’allegoria della rimediazione del libro nell’era della grafica digitale. Nel gioco un libro cade nella fenditura di una roccia durante un’animazione grafica, e Myst è anche il nome del libro, che si apre per mostrare l’immagine dell’isola. Sull’isola di Myst esiste una biblioteca, alcuni volumi contengono immagini cliccabili. Il libro di Myst contiene a sua volta l’isola, che contiene la biblioteca, che contiene i libri, che contengono i figli del protagonista. Myst può essere considerato anche come un film poliziesco, rimediando il cinema, si presenta come un film girato in soggettiva.

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“Star Wars: Episode I - Pod Race”, https://www.youtube.com/watch?v=6AtIRu0034E, pubblicato da Star Wars Malaysia il 24 aprile 2014

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I giochi elettronici fondano la loro immediatezza soprattutto sull’interattività, rispetto al cinema, televisione e fotografia, che fondano la loro trasparenza soprattutto sull’uso delle immaginirealistiche. Nei videogiochi quindi il giocatore diventa autore della propria storia, anche se i vari percorsi ed eventi sono predesignati dal programmatore del gioco. I videogiochi online inoltre, portano alla creazione di vere e proprie strutture sociali virtuali: ognuno è una persona o un essere, che interagisce in un ambiente (mutevole) con altri esseri. In alcuni film il riferimento al mondo dei videogiochi è molto evidente: in “Star Wars” i combattimenti spaziali, le corse e gli inseguimenti con le navicelle sembrano calarci immediatamente in un videogioco, come “Space Invaders” o giochi di corse. Il cinema sopravvive oggi anche assorbendo le tecnologie digitali, mescolando la sua vecchia esperienza con gli sviluppi più attuali. È un esempio di come un vecchio medium possa rimediare uno più nuovo. Il cinema rimedia le storie del passato, racconti scritti. Film di animazione come “La bella e la bestia” rimediano i film stessi — l’effetto che imita il movimento del carrello per la cinepresa — e rimediano anche i musical di Broadway degli anni Cinquanta e Sessanta. “Toy Story” (1995) è il primo lungometraggio realizzato interamente con l’animazione al computer, rimediando i film convenzionali e allo stesso tempo la grafica computerizzata. Altri film usano invece la tattica dell’ipermediazione, rendendo il pubblico consapevole dell’artificialità dell’animazione. Alcuni esempi sono “Space Jam” (1996) e “Chi

ha incastrato Roger Rabbit?” (1988) in cui vengono messi in relazione personaggi animati e attori reali, creando un forte contrasto tra old e new media, e generando così un prodotto ibrido.

In altri film puramente fantastici e ricchi di effetti speciali, come la saga di “Terminator” (dal 1984) o “Jurassic Park” (1993), lo spettatore è ben cosciente di trovarsi di fronte ad un lavoro al computer e che i dinosauri e i robot sono frutto dell’animazione computerizzata. La spettacolarità delle immagini risiede proprio nella forte somiglianza di queste ricostruzioni con il mondo naturale,in cui il fatto che si provi meraviglia dipende proprio dal fatto che si riconosce la presenza del medium. Se il medium sparisse davvero, secondo la logica dell’immediatezza, lo spettatore non potrebbe più meravigliarsi perché non sarebbe conscio del medium e di come sia tanto vicino al mondo reale. Non si potrebbe gustare un trompe l’oeil senza sapere che sia un trompe l’oeil. La sorpresa richiede ipermediazione, così la doppia logica della rimediazione è completa.

Come il cinema, anche la televisione per sopravvivereha bisogno di rimediare media digitali. La tv ha prima di tutto rimediato il cinema che, quando la tv è apparsa,era già affermato con la diffusione del cinema hollywoodiano. Durante i primi anni, la tv si rifà al teatro e agli spettacoli, ma ben presto inizia a trasmettere anche film. Negli anni Ottanta poi, con l’introduzione del videoregistratore, l’abitudine di guardare film nell’intimità del proprio salotto

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“Chi ha incastrato Roger Rabbit Parte 9 ita www keepvid com”, https://www.youtube.com/watch?v=fGlSY4zk6M8, pubblicato da Frankiepg82 il 19 ottobre 2012

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diventa usuale. Ma la tv e il cinema sono diversi per il contesto sociale e il tipo di relazioni che innescano: il film al cinema si vede in una sala buia, con persone sconosciute, alienati. La tv la si vedein casa propria, con i propri familiari o amici, l’anonimato scompare [ come le tecnologie cambiano la società / il villaggio globale e la ri-tribalizzazione nella società elettrica ].

McLuhan e Williams, per quanto divergenti nelle idee, sono d’accordo sul fatto che è la bassa risoluzione della tv e il differente tipo di illuminazione rispetto al cinema a rendere le immagini poco profonde, piatte. La tv non si è dedicata completamente a cercare l’immediatezza, ma ha comunque elaborato certi tipi di trasparenza.

La trasparenza in tv è nel tipo di contenuto presentato piuttosto che nella qualità delle immagini: soap opera, talk show, reality. L’ipermediazione è lo stile dominante dei telegiornali e dei notiziari sportivi, delle sit-com (risate), degli stacchi pubblicitari. Comunque sia tutti questi programmi presentano l’esperienza del guardare la tv come un qualcosa in sé autentico, che mira ad una forma di immediatezza che si avvicini il più possibile ad un’autentica emozione volta a commuovere il pubblico. La pretesa superiorità della tv rispetto agli altri media si fonda sul concetto della trasmissione dal vivo. Flitterman-Lewis (1992) afferma:

«Un film è sempre distanziato sul piano temporale dal proprio pubblico (ciò che si vede sul grande schermo è già accaduto in un momento in cui non si era presenti), mentre la televisione, grazie alla sua capacità di registrare e trasmettere le immagini nello stesso momento in cui lo spettatore ne fruisce, offre una diversa qualità, quella dell’essere presenti, del “qui ed ora” nettamente distinto dal cinematografo “là ed allora”. È la peculiare forma di questo essere presenti — la sua implicita pretesa di essere “dal vivo” — che fonda l’impressione di immediatezza».

Anche i telegiornali e i programmi informativi fondano la loro immediatezza sulla “tipologia dei contenuti” trasmessi, e spesso lo fanno seguendo la logica dell’ipermediazione, che riguarda solo la “modalità di trasmissione” dei contenuti. I telegiornali infatti sono trasparenti perché ciò che trasmettono sono fatti realmente accaduti. Spesso la televisione utilizza le tecnologie digitali, ad esempio tramite l’inserimento di sottotitoli che accompagnano le notizie o le immagini, facendo assomigliare lo schermo ad un sito web. Altri notiziari, come la CNN, basano l’immediatezza sul fatto di informare tramite un telecronista ripreso in diretta sulla scena della notizia o del disastro.

In questo caso la televisione rimedia un medium più nuovo, ovvero il web. Internet a sua volta ha rimediato, come sistema di comunicazione di massa, dapprima la comunicazione testuale e la posta

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elettronica. Dal 1993 — anno in cui Marc Andreessen e i suoi colleghi dell’Università dell’Illinois crearono il primo browser grafico precursore di Netscape, che ha permesso di visualizzare sia testo che immagini nel web — internet diventa contenitore di diversi media. Oltre alla lettera e al report scientifico, ora il web può rimediare la stampa, il quotidiano e le pubblicità. I web designers si ispirano alla pagina stampata nel layout, nell’uso dei titoli, dei testi, delle immagini e delle pubblicità. La rimediazione combina così il rispetto, l’autorevolezza e la funzionalità del medium precedente e l’ambizione di superarlo: è chiaro che lo schermo del computer non può sostituire la carta, ma il web ha a suo favore la velocità di trasmissione e l’interattività connessa all’atto di puntare e cliccare. Così internet inizia in seguito ad includere animazioni, video, audio, contenuti interattivi, ma senza abbandonare l’ispirazione ai vecchi media. Il computer rimedia ancora il libro, la lettera personale, il magazine, e anche il cd-rom o il dvd, la radio come la registrazione, la riproduzionee la distribuzione musicale, il telegrafo e il telefono, il cinema, la televisione. Le possibilità offerte da questo super-media sono in continua evoluzione.

Oggi Google Maps e Google Earth rimediano le mappe, le cartine geografiche, il mappamondo, e il navigatore satellitare da automobile (che a sua volta ha rimediato i primi tre). Il print on demand, servizio offerto dal web, rimedia la stampante, la tipografia e il lavoro dello stampatore e del distributore. Il fatto che il web possa rimediare tutte le precedenti forme di mediazione, comporta che la sua interfaccia non potrà mai divenire completamente trasparente, ma è il massimo esempio di ipermediazione (con finestre, bottoni e altro). Anche se rimedia media trasparenti, ci rendiamo conto dell’ipermediazione legata all’imitazione e all’inglobazione del precedente medium.

Come il web rappresenta l’esempio più forte di rimediazione, probabilmente è la realtà virtuale a imporsi come l’esempio più logico di immediatezza. L’utente infatti, indossando un casco entra in un mondo percettivo in cui decide cosa fare e per la prima volta, girando la testa cambia anche il suo angolo visuale. Però questo si presenta anche come processo ipermediato, perché probabilmente ci sono anche altre persone che ci aiutano ad indossare

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il casco o a preparare il programma, ci troviamoin un luogo particolare, dobbiamo spingere dei tasti. Potremmo dire che qui l’ipermediazione è momentanea, una volta iniziato il gioco e immersi nella realtà virtuale, il processo diventa trasparente. Ad esempio realtà virtuali che riprendono luoghi dall’alto, pericolanti, possono provocare un senso di ansia: la realtà virtuale riesce così a provocare delle sensazioni reali, a scomparire. Queste sensazioni potrebbero essere suscitate anche durante la visione di un film, ma nella realtà virtuale ci troviamo completamente circondati dal contenuto del medium, non possiamo guardare altrove e distrarci, inoltre siamo noi a scegliere come comportarci, cosa fare, perciò lo stato d’ansia e di immersione è notevolmente maggiore, e di conseguenza il senso di realismo.

Il concetto di rimediazione ci fa dunque capire come la fusione tra media sia un fatto molto popolare. Un media cerca di inglobarne un altro — o altri — per migliorare determinati aspetti di un prodotto, che siano funzionali o estetici, solo emotivi o puramente razionali. Se i media coinvolti sono eterogenei, appartenenti a mondi completamente diversi —come avviene tra media analogici e digitali — il prodotto generato può essere considerato un ibrido, perché nato da genitori dissimili tra loro, e avente caratteristiche attinte dall’uno e dall’altro.

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“Wunderkrammer” è un termine tedesco — in italiano “camera delle meraviglie” o “gabinetto delle curiosità” — usato per indicare gli ambienti in cui, dal XVI al XVIII secolo, i collezionisti conservavano un gran numero di oggetti straordinari e rari sia naturali che costruiti dall’uomo. Il fenomeno affonda le sue radici nel Medioevo e diventa tipico del Cinquecento, protraendosi fino al Settecento a favore delle curiosità scientifiche dell’Illuminismo. Gli oggetti venivano disposti a caso in una stanza, posizionandosi tra armadi, stipi e cassetti di ogni forma.[ https://it.wikipedia.org/wiki/Wunderkammer, ultima consultazione 2016 ]

N o t e

1.

B i b l i o g r a f i a c o n s u l t a t a

Bolter David, Grusin Richard, “Remediation: understanding new media”, The MIT Press, 2000

Rieck Stella, Rowson Rose, Wohlfeil Nora, “Hybrid Bookwork: Empire Soft-Skinned Space”, List Discussion February 2014, ebook

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