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Parte 7. Autovettori e autovalori A. Savo - Appunti del Corso di Geometria 2013-14 Indice delle sezioni 1 Endomorfismi, 1 2 Cambiamento di base, 3 3 Matrici simili, 6 4 Endomorfismi diagonalizzabili, 7 5 Autovettori e autovalori, 7 6 Il polinomio caratteristico, 11 7 Calcolo degli autospazi, 15 8 Primo criterio, 18 9 Secondo criterio, 23 10 Matrici diagonalizzabili, 30 1 Endomorfismi Se V ` e uno spazio vettoriale, un endomorfismo di V ` e semplicemente un’ applicazione lineare f : V V . Un endomorfismo di V ` e spesso chiamato operatore di V . Possiamo ad esempio definire l’endomorfismoidentit`a, denotato con I : V V , che associa a ogni vettore di V il vettore stesso: I (v)= v. Fissata una base B di V diremo matrice associata a f rispetto a B la matrice associata all’applicazione lineare f prendendo la base B sia nello spazio di partenza che in quello di arrivo. La matrice associata dipende dalla scelta della base; poich´ e uno spazio vettoriale non nullo ammette infinite basi diverse, uno stesso endomorfismo ammetter` a (tranne rari casi) infinite matrici associate, tutte diverse tra loro. Studieremo il modo di trovare la base pi` u conveniente, rispetto alla quale la matrice associata assuma una forma particolarmente semplice. 1

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Parte 7. Autovettori e autovalori

A. Savo − Appunti del Corso di Geometria 2013-14

Indice delle sezioni

1 Endomorfismi, 12 Cambiamento di base, 33 Matrici simili, 64 Endomorfismi diagonalizzabili, 75 Autovettori e autovalori, 76 Il polinomio caratteristico, 117 Calcolo degli autospazi, 158 Primo criterio, 189 Secondo criterio, 2310 Matrici diagonalizzabili, 30

1 Endomorfismi

• Se V e uno spazio vettoriale, un endomorfismo di V e semplicemente un’ applicazionelineare f : V → V . Un endomorfismo di V e spesso chiamato operatore di V .

Possiamo ad esempio definire l’endomorfismo identita, denotato con I : V → V , cheassocia a ogni vettore di V il vettore stesso:

I(v) = v.

• Fissata una base B di V diremo matrice associata a f rispetto a B la matrice associataall’applicazione lineare f prendendo la base B sia nello spazio di partenza che in quello diarrivo.

La matrice associata dipende dalla scelta della base; poiche uno spazio vettoriale nonnullo ammette infinite basi diverse, uno stesso endomorfismo ammettera (tranne rari casi)infinite matrici associate, tutte diverse tra loro. Studieremo il modo di trovare la base piuconveniente, rispetto alla quale la matrice associata assuma una forma particolarmentesemplice.

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Esempio Consideriamo l’endomorfismo f di R3 definito da:

f

xyz

=

7x− 13y + 6z2x− 8y + 6z

2x− 13y + 11z

.

La matrice associata a f rispetto alla base canonica e A =

7 −13 62 −8 62 −13 11

.

Cambiamo ora base, e consideriamo la base (v1, v2, v3) di R3, dove

v1 =

111

, v2 =

1320

, v3 =

−301

.

Risulta f

111

=

000

, f

1320

=

65100

, f

−301

=

−1505

. Dunque:

f(v1) = 0f(v2) = 5v2f(v3) = 5v3

e la matrice associata e A′ =

0 0 00 5 00 0 5

, diagonale. E chiaro che la matrice associata A′

e molto piu semplice; per studiare l’endomorfismo f la base (v1, v2, v3) e piu convenientedella base canonica. �

Esempio Sia f l’endomorfismo di R2 definito da

f

(xy

)=(x+ yx+ y

).

Determinare le matrici A,A′, A′′ associate a f :a) rispetto alla base canonica;

b) rispetto alla base B′ = (v′1, v′2) dove v′1 =

(1−1

), v′2 =

(11

);

c) rispetto alla base B′′ = (v′′1 , v′′2) dove v′′1 =

(21

), v′′2 =

(32

).

2

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Soluzione. a) A e semplicemente la matrice canonica di f :(

1 11 1

).

b) Si ha: f(v′1) =

(00

)= 0 · v′1 + 0 · v′2

f(v′2) =(

22

)= 0 · v′1 + 2 · v′2

Dunque A′ =(

0 00 2

).

c) Si ha: f(v′′1) =

(33

)= −3 · v′′1 + 3 · v′′2

f(v′′2) =(

55

)= −5 · v′′1 + 5 · v′′2

Dunque A′′ =(−3 −53 5

).

Le matrici associate sono quindi, rispettivamente

A =(

1 11 1

), A′ =

(0 00 2

), A′′ =

(−3 −53 5

).

Per studiare la relazione tra le diverse matrici associate ad uno stesso endomorfismo dob-biamo prima capire la relazione che intercorre tra due basi di uno stesso spazio vettoriale.

2 Cambiamento di base

Sia V uno spazio vettoriale e siano B = (v1, . . . , vn),B′ = (v′1, . . . , v′n) due basi di V . Ogni

vettore della base B′ si esprimera dunque come combinazione lineare dei vettori della baseB:

v′1 = a11v1 + a21v2 + · · ·+ an1vn

v′2 = a12v1 + a22v2 + · · ·+ an2vn

. . .

v′n = a1nv1 + a2nv2 + · · ·+ annvn

(1)

La matrice ottenuta incolonnando le coordinate:

M =

a11 a12 . . . a1n

a21 a22 . . . a2n

· · · · · · · · · · · ·an1 an2 . . . ann

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e detta matrice del cambiamento di base (o matrice di passaggio) da B a B′. La i−esimacolonna di M e dunque data dalle coordinate del vettore v′i rispetto a B, per ogni i =1, . . . , n.La matrice M e evidentemente n× n.Le relazioni in (1) si esprimono, in forma compatta:

(v′1, . . . , v′n) = (v1, . . . , vn)M (2)

dove, a destra, si intende il prodotto del vettore riga (v1, . . . , vn) (le cui entrate sonovettori) per la matrice M . Si scrivera anche

B′ = BM.

Proposizione a) La matrice di un cambiamento di base e invertibile.

b) Viceversa, sia B = (v1, . . . , vn) una base di V n, e M = {aij} una matrice invertibile.Allora i vettori v′1, . . . , v

′n definiti dalle relazioni in (1) formano una base di V n.

c) Se B,B′ sono due basi, la matrice di passaggio da B′ a B e l’inversa della matrice dipassaggio da B a B′.

Dimostrazione. a) Il rango della matrice di passaggio M e uguale alla dimensione delsottospazio di V n generato dai vettori v′1, . . . , v

′n. Poiche’ questi vettori per ipotesi formano

una base di V n, tale sottospazio e tutto V n, quindi il rango vale n e la matrice e invertibile.b) Per ipotesi, il rango della matrice M e n: dunque il sottospazio generato dai vettoriv′1, . . . , v

′n ha dimensione n e coincide con V n. Cio significa che v′1, . . . , v

′n sono n = dimV n

vettori generatori e dunque formano una base.c) Questo si dimostra moltiplicando ambo i membri della relazione (2), a destra, perl’inversa M−1. �

Esempio Fissiamo V = R2, e siano B = BC = (e1, e2) la base canonica e B′ la base

(w1, w2) dove w1 =(

13

), w2 =

(45

). Poiche’

{w1 = e1 + 3e2w2 = 4e1 + 5e2

(3)

la matrice di passaggio e

M =(

1 43 5

).

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Notiamo che le relazioni (3) si esprimono in forma matriciale:

(w1, w2) = (e1, e2)(

1 43 5

),

dove a destra si e moltiplicato il vettore riga (e1, e2) (le cui entrate sono vettori) per la

matrice(

1 43 5

). �

Dalla definizione segue facilmente che

Osservazione Sia V = Rn. La matrice di passaggio dalla base canonica (e1, . . . , en) allabase (w1, . . . , wn) si ottiene semplicemente incolonnando i vettori w1, . . . , wn.

Esempio Consideriamo la base B = (v1, v2, v3) formata dai vettori

v1 =

111

, v2 =

110

, v3 =

100

e la base B′ = (w1, w2, w3), dove

w1 =

011

, w2 =

332

, w3 =

231

.

Determinare la matrice di passaggio da B a B′.

Soluzione. Abbiamo le relazioni w1 = v1 − v3w2 = 2v1 + v2

w3 = v1 + 2v2 − v3

e quindi

M =

1 2 10 1 2−1 0 −1

.

5

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3 Matrici simili

Diremo che due matrici quadrate A,A′ sono simili se esiste una matrice invertibile M taleche

A′ = M−1AM.

Risulta che matrici associate ad uno stesso endomorfismo (rispetto a basi diverse) sonosimili.

Teorema Sia f un endomorfismo di uno spazio vettoriale V , e siano B e B′ due basi diV . Se A e la matrice associata a f rispetto a B, e A′ e la matrice associata a f rispettoa B′, allora A e A′ sono simili. Precisamente,

A′ = M−1AM,

dove M e la matrice di passaggio da B a B′.

Dimostrazione. E una verifica diretta, che omettiamo. �

Esempio In uno degli esempi precedenti, abbiamo visto che l’endomorfismo f di R2

definito da

f

(xy

)=(x+ yx+ y

).

si rappresenta con la matrice A =(

1 11 1

)rispetto alla base canonica BC , e con la matrice

A′ =(

0 00 2

)rispetto alla base B′ = (v′1, v

′2) dove v′1 =

(1−1

), v′2 =

(11

). Per il teorema,

le due matrici sono simili. In effetti si ha

A′ = M−1AM

dove M =(

1 1−1 1

)e la matrice di passaggio da BC a B′.

Osservazione Vale anche il viceversa del teorema precedente: date due matrici simili,diciamo A e A′, allora esse rappresentano uno stesso endomorfismo. Ad esempio, se f el’endomorfismo di Rn rappresentato da A rispetto alla base canonica, e se B′ e la base diRn tale che la matrice di passaggio dalla base canonica a B′ e M , allora A′ rappresenta fnella base B′.

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4 Endomorfismi diagonalizzabili

• Un endomorfismo di uno spazio vettoriale V si dice diagonalizzabile se puo’ essererappresentato da una matrice diagonale; in altre parole, se esiste una base di V rispettoalla quale la matrice associata e diagonale.

Esempio Sia f : R3 → R3 definito da

f

xyz

=

9x− 12y + 3z4x− 7y + 3z4x− 12y + 8z

.

La matrice associata rispetto alla base canonica e A =

9 −12 34 −7 34 −12 8

: non e diagonale.

Pero’ possiamo trovare una base piu’ fortunata. Siano infatti

v1 =

111

, v2 =

310

, v3 =

014

,

che formano una base di R3. Un calcolo mostra che:f(v1) = 0f(v2) = 5v2f(v3) = 5v3

.

Dunque la matrice associata a f rispetto alla base B′ = (v1, v2, v3) e A′ =

0 0 00 5 00 0 5

,

diagonale. Per definizione, l’endomorfismo f e diagonalizzabile.Notiamo che i vettori della base ”buona” hanno tutti la seguente proprieta: il trasformatodel vettore e un multiplo del vettore stesso. Tale proprieta caratterizza quelli che sarannochiamati autovettori di f .Studieremo il seguente problema:• dato un endomorfismo, stabilire se esso e diagonalizzabile, e trovare eventualmente

una base rispetto alla quale la matrice associata e diagonalizzabile.

5 Autovettori e autovalori

5.1 Definizione

Definizione Sia f un endomorfismo di uno spazio vettoriale V .

7

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a) Un vettore v 6= O si dice autovettore di f associato all’autovalore λ ∈ R se

f(v) = λv.

b) Uno scalare λ si dice autovalore di f se esiste un vettore v 6= O tale che f(v) = λv.

Esempio Sia f l’endomorfismo f di R2 definito da f

(xy

)=(x+ yx+ y

), e siano v1 =(

1−1

), v2 =

(11

). Un calcolo mostra che{

f(v1) = O = 0v1f(v2) = 2v2

Allora, per definizione, v1 e un autovettore di f associato all’autovalore λ = 0, e v2 e unautovettore associato all’autovalore λ = 2.

Notiamo che i due autovettori formano una base (v1, v2) di R2, e che la matrice associata

a tale base e diagonale:(

0 00 2

), con elementi diagonali dati esattamente dagli autovalori.

Ricordiamo che, per definizione, un autovettore di un endomorfismo e, per definizione,non nullo. Al contrario, lo scalare 0 puo essere un autovalore di f . In effetti, osserviamoche• 0 e un autovalore di f se solo se Kerf 6= {O}. Ogni vettore del nucleo, diverso dal

vettore nullo, e un autovettore con autovalore 0.

5.2 Caratterizzazione degli endomorfismi diagonalizzabili

Supponiamo ora che ci sia una base di V , diciamo (v1, . . . , vn), formata da autovettori dif . Allora esistono autovalori λ1, . . . , λn (non necessariamente tutti distinti) tali che

f(v1) = λ1v1

f(v2) = λ2v2

. . .

f(vn) = λnvn.

Per definizione, la matrice associata a f rispetto a tale base di autovettori e diagonale

D =

λ1 0 . . . 00 λ2 . . . 0...

.... . .

...0 0 . . . λn

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con elementi diagonali dati dagli autovalori. Viceversa, se la matrice associata a f rispettoa una data base (v1, . . . , vn) e diagonale, allora i vettori di tale base sono autovettori dif associati, rispettivamente, agli elementi diagonali λ1, . . . , λn. In conclusione, abbiamodimostrato il seguente risultato.

Teorema Un endomorfismo f di uno spazio vettoriale V e diagonalizzabile se e solo se Vammette una base formata da autovettori di f .

Osserviamo i seguenti esempi banali di endomorfismi diagonalizzabili.

Esempio L’endomorfismo nullo O : V → V ha matrice associata nulla rispetto a unaqualunque base, dunque e banalmente diagonalizzabile. Gli autovalori sono tutti uguali azero.

Esempio L’endomorfismo identita I : V → V e diagonalizzabile, poiche ha matrice asso-ciata data, appunto, dalla matrice identita (rispetto a una qualunque base). Gli autovalorisono tutti uguali a 1.

Osserviamo ora che non tutti gli endomorfismi sono diagonalizzabili; anzi, ci sono endo-morfismi che non ammettono autovettori (e quindi non ammettono autovalori).

Esempio Consideriamo l’endomorfismo di R2 definito da

f

(xy

)=(y−x

),

con matrice canonica A =(

0 1−1 0

). Supponiamo per assurdo che

(xy

)sia un autovettore

di f con autovalore λ:

f

(xy

)= λ

(xy

),

con(xy

)6=(

00

). Allora si avrebbe

{λx = y

λy = −x

Moltiplichiamo la prima equazione per x, la seconda per y e sommiamo. Otteniamo larelazione

λ(x2 + y2) = 0,

da cui λ = 0 oppure x2 + y2 = 0. Ora, nessuno dei casi si puo verificare, perche altrimentix = y = 0. Dunque f non ha ne autovettori, ne autovalori. �

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5.3 Autospazio associato a un autovalore

E facile verificare che, se λ e un autovalore, il sottoinsieme di V

E(λ) = {v ∈ V : f(v) = λv}

e un sottospazio di V , detto autospazio associato a λ. La sua dimensione e detta anchemolteplicita geometrica di λ, e si denota con MG(λ). Quindi:

MG(λ) = dimE(λ).

Notiamo che E(λ) e formato dal vettore nullo, e da tutti gli autovettori associati a λ. Seλ e un autovalore, allora per definizione esiste almeno un vettore non nullo nel sottospazioE(λ). Dunque, se λ e un autovalore si ha sempre

MG(λ) ≥ 1.

Per definizione, si ha inoltre:E(0) = Kerf.

Esempio L’endomorfismo f

(xy

)=(x+ yx+ y

)di R2 ha autovalori λ1 = 0 e λ2 = 2.

L’autospazio E(0) associato a 0 e il nucleo di f , di equazione x+ y = 0, dunque

dimE(0) = 1 con base(

1−1

).

L’autospazio E(2) associato all’autovalore 2 e definito dall’equazione

f

(xy

)= 2

(xy

);

Con semplici calcoli, si vede che E(2) e descritto dall’equazione x− y = 0. Dunque

dimE(2) = 1 con base(

11

).

Entrambi gli autovalori hanno molteplicita geometrica 1. �

Consideriamo ora il seguente problema:• dato l’endomorfismo f , determinare tutti gli autovalori e gli autospazi di f .

Vedremo che, se f e un endomorfismo di uno spazio vettoriale V di dimensione n, allora gliautovalori sono le radici di un certo polinomio di grado n, detto polinomio caratteristicodi f .

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6 Il polinomio caratteristico

In cio che segue, V = V n e uno spazio vettoriale di dimensione n.

Proposizione Sia f un endomorfismo di V n e sia A una qualunque matrice associata af . Allora λ ∈ R e un autovalore di f se e solo se

det(A− λI) = 0,

dove I e la matrice identita.

Dimostrazione. Supponiamo che λ sia un autovalore di f : allora esiste un vettore v 6= 0tale che f(v) = λv. Fissiamo una qualunque base B di V e consideriamo la matrice A,associata a f rispetto a B. Sia X ∈ Rn il vettore colonna delle coordinate di v (notiamoche X 6= O per ipotesi). Allora sappiamo che AX e il vettore colonna delle coordinate dif(v). Dunque

AX = λX.

Poiche X = IX l’equazione si scrive:

(A− λI)X = O. (4)

Tale equazione equivale a un sistema lineare omogeneo di n equazioni in n incognite, conmatrice dei coefficienti data da A−λI. Per ipotesi, X 6= 0 e un autosoluzione del sistema:dunque rk(A− λI) < n, cioe det(A− λI) = 0.Viceversa, se λ ∈ R e tale che det(A−λI) = 0 possiamo invertire il ragionamento e trovareun’autosoluzione X del sistema (4): a X corrisponde un vettore non nullo v ∈ V tale chef(v) = λv e quindi λ risulta un autovalore di f . �

Consideriamo la funzione di x:

pA(x) = det(A− xI).

Si verifica facilmente che pA(x) e un polinomio di grado n nella variabile x, detto ilpolinomio caratteristico di A.Abbiamo il seguente risultato.

Teorema Sia f un endomorfismo di V n, e sia A una matrice associata a f . Allora:a) Gli autovalori di f sono le radici del polinomio caratteristico di A.b) Se λ e un autovalore di f allora:

MG(λ) = dimE(λ) = n− rk(A− λI).

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Dimostrazione. La prima parte e gia dimostrata. La seconda segue immediatamente dal

fatto che la la dimensione dell’autospazio E(λ) associato a λ uguaglia la dimensione delsottospazio delle soluzioni del sistema lineare omogeneo (A− λI)X = O. Dal teorema diRouche-Capelli, tale dimensione vale n− rk(A− λI). �

E noto che un polinomio di grado n ammette al massimo n radici distinte. Poiche ilpolinomio caratteristico di una matrice n× n ha grado n, osserviamo che• Un endomorfismo di uno spazio vettoriale V n ammette al massimo n autovalori

distinti.

Esempio Trovare gli autovalori dell’endomorfismo di R2: f(xy

)=(−2x+ 6y−2x+ 5y

).

Soluzione. Fissando la base canonica possiamo prendere come matrice associata la matrice

canonica di f , cioe A =(−2 6−2 5

). Si ha:

A− xI =(−2 6−2 5

)−(x 00 x

)=(−2− x 6−2 5− x

).

Dunque

pA(x) =∣∣∣∣−2− x 6−2 5− x

∣∣∣∣= x2 − 3x+ 2

Gli autovalori si ottengono risolvendo l’equazione caratteristica x2−3x+2 = 0. Troviamole due soluzioni:

λ1 = 1, λ2 = 2.

che saranno quindi gli autovalori di f . �

Esempio Abbiamo gia osservato che l’endomorfismo f(xy

)=(y−x

)di R2 non ammette

autovalori. In effetti, la sua matrice canonica A =(

0 1−1 0

)ha polinomio caratteristico

pA(x) =∣∣∣∣−x 1−1 −x

∣∣∣∣ = x2 + 1,

che non ammette radici (reali). �

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Esercizio Dimostrare che il polinomio caratteristico di una matrice 2× 2 si scrive

pA(x) = x2 − trA · x+ detA.

dove trA e la traccia di A (definita come la somma degli elementi diagonali di A).

Ad esempio, se A =(

1 23 4

)allora trA = 5 e detA = −2: dunque

pA(x) = x2 − 5x− 2.

Esempio Il polinomio caratteristico della matrice

1 1 10 1 10 0 −3

e:

pA(x) =

∣∣∣∣∣∣1− x 1 1

0 1− x 10 0 −3− x

∣∣∣∣∣∣ = −(x− 1)2 · (x+ 3)

e gli autovalori distinti sono: λ1 = 1, λ2 = −3. �

Notiamo che la matrice dell’esempio precedente e triangolare superiore. In generale, se Ae triangolare superiore (rispettivamente, inferiore) anche A − xI e triangolare superiore(rispettivamente, inferiore). Si ottiene facilmente che• gli autovalori (distinti) di una matrice triangolare (superiore o inferiore) sono gli

elementi diagonali (distinti) della matrice.

6.1 Matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico

Abbiamo visto che gli autovalori di un endomorfismo f sono le radici del polinomio carat-teristico di una matrice associata a f . Sappiamo che le matrici associate ad un endomor-fismo sono, in genere, diverse, poiche dipendono dalla scelta di una base. In questa sezioneverificheremo che tutte le matrici associate ad uno stesso endomorfismo hanno lo stessopolinomio caratteristico. Iniziamo con un esempio.

Esempio Le matrici(

1 11 1

),

(0 00 2

),

(−3 −53 5

)sono tutte associate all’operatore di

R2

f

(xy

)=(x+ yx+ y

)rispetto alle basi: BC (base canonica), B =

((1−1

),

(11

)),B′ =

((21

),

(32

)). Un

calcolo mostra che, in effetti, tutte e tre le matrici hanno polinomio caratteristico x2− 2x.

13

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Il risultato generale e conseguenza della seguente proposizione.

Proposizione Matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico.

Dimostrazione. Dobbiamo far vedere che, se A e A′ sono due matrici simili, allora pA(x) =pA′(x). Sia C una matrice invertibile tale A′ = C−1AC. Allora:

pA′(x) = det(A′ − xI)

= det(C−1AC − xI)

= det(C−1AC − C−1(xI)C

)= det

(C−1(A− xI)C

)= det(C−1) · det(A− λI) · detC

=1

detC· det(A− xI) · detC

= det(A− xI)= pA(x).

Corollario Tutte le matrici associate ad uno stesso endomorfismo hanno lo stesso poli-nomio caratteristico.

Dimostrazione. Supponiamo che A e A′ siano due matrici associate allo stesso endomor-fismo f . Allora sappiamo che A e A′ sono simili, e dunque, per la proposizione precedente,esse hanno lo stesso polinomio caratteristico. �

Grazie alla precedente proposizione, possiamo definire il polinomio caratteristico di unendomorfismo f di V n come il polinomio caratteristico di una qualunque matrice associataa f (tale polinomio e sempre lo stesso). Scriveremo dunque

pf (x) = pA(x),

dove A e una matrice associata a f .

Esempio Sia D : R3[x]→ R3[x] l’endomorfismo ”derivazione”:

D(p(x)) = p′(x).

La matrice associata a D rispetto alla base canonica (1, x, x2) di R3[x] e A =

0 1 00 0 20 0 0

.

Dunquepf (x) = pA(x) = −x3,

e l’unico autovalore di D e λ = 0.

14

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7 Calcolo degli autospazi

Una volta calcolati gli autovalori λ1, . . . , λk di un endomorfismo f (tramite il polinomiocaratteristico di una sua matrice associata A) sara possibile determinare gli autospazisemplicemente risolvendo l’equazione vettoriale

f(v) = λjv

(nell’incognita v) per ognuno degli autovalori trovati. Notiamo che le coordinate X di unqualunque vettore dell’autospazio E(λj) sono le soluzioni del sistema lineare omogeneo

(A− λjI)X = O.

In questo modo e possibile stabilire se l’endomorfismo e diagonalizzabile oppure no.Iniziamo discutendo due esempi; daremo in seguito dei criteri generali.

Esempio Determinare gli autospazi dell’endomorfismo di R2 definito da

f

(xy

)=(−2x+ 6y−2x+ 5y

)e stabilire se f e diagonalizzabile.

Soluzione. La matrice di f nella base canonica e A =(−2 6−2 5

). Quindi:

pA(x) = x2 − 3x+ 2 = (x− 1)(x− 2).

Gli autovalori distinti di f sono λ1 = 1, λ2 = 2. Per trovare l’autospazio associatoall’autovalore 1 dobbiamo risolvere l’equazione vettoriale f(v) = v; passando alle coor-dinate, l’equazione e equivalente al sistema

(A− I)X = O.

Poiche A− I =(−3 6−2 4

)il sistema si scrive

{− 3x+ 6y = 0− 2x+ 4y = 0.

Quindi

E(1) ={(

2tt

), t ∈ R

}, con base v1 =

(21

).

15

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Per l’autovalore 2 si ha A− 2I =(−4 6−2 3

)e il sistema e

{− 4x+ 6y = 0− 2x+ 3y = 0.

Quindi

E(2) ={(

3s2s

), s ∈ R

}, con base v2 =

(32

).

Notiamo che i due autospazi hanno entrambi dimensione 1 e quindi gli autovalori hannoentrambi molteplicita geometrica 1:

MG(1) = MG(2) = 1.

Collezionando le basi di ciascuno dei due autospazi (prendendo cioe B1 ∪B2) otteniamo lacoppia di vettori linearmente indipendenti

(v1, v2) =((

21

),

(32

)),

che e dunque una base di R2 formata da autovettori di f . L’endomorfismo f e diagonal-

izzabile, e la matrice associata a f rispetto a tale base e(

1 00 2

). �

E importante osservare che f ha due autovalori distinti λ1 = 1, λ2 = 2, entrambi dimolteplicita geometrica 1. Quindi la somma delle molteplicita geometriche degli autovalorie 2, pari alla dimensione dello spazio su cui opera f :

MG(1) +MG(2) = 2 = dim R2.

Esempio Determinare gli autovalori e gli autospazi dell’endomorfismo f di R3 rappre-

sentato dalla matrice A =

−1 1 50 −1 30 0 2

rispetto alla base canonica. Stabilire se f e

diagonalizzabile.

Soluzione. f si scrive esplicitamente:

f

xyz

=

−x+ y + 5z−y + 3z

2z

.

16

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Poiche A e triangolare superiore, gli autovalori saranno gli elementi diagonali. f ha dunquedue autovalori distinti λ1 = −1, λ2 = 2 e, di conseguenza, due autospazi: E(−1), E(2).Cerchiamo una base di ciascuno di essi. Per E(−1) dobbiamo risolvere l’equazione f(v) =−v, dunque il sistema

(A+ I)X = O.

Esplicitamente A+ I =

0 1 50 0 30 0 3

dunque il sistema e:

y + 5z = 03z = 03z = 0

e il suo insieme delle soluzioni ha dimensione 1 con base

100

. In conclusione

dimE(−1) = 1, con base

100

.Per verificare il risultato ricordiamo che, in generale, la dimensione dell’autospazio E(λ)di un endomorfismo f : V n → V n e data da

MG(λ) = n− rk(A− λI).

In questo caso λ = −1 e rk(A+ I) = 2, dunque MG(−1) = 3− 2 = 1.

Veniamo ora al secondo autospazio, E(2). La sua dimensione e MG(2) = 3− rk(A− 2I).Poiche la matrice

A− 2I =

−3 1 50 −3 30 0 0

ha rango due, otteniamo MG(2) = 1. Una base di E(2) si ottiene risolvendo il sistema(A− 2I)X = 0: {

− 3x+ y + 5z = 0− 3y + 3z = 0

17

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che ammette ∞1 soluzioni

2ttt

, con t ∈ R. Ne segue che:

dimE(2) = 1, con base

211

.Uniamo ora le basi dei due autospazi: otteniamo i due autovettori1

00

,

211

che sono linearmente indipendenti ma che non possono formare una base di R3, poiche R3

ha dimensione 3. In conclusione, f non e diagonalizzabile. In effetti, per avere una basedi autovettori almeno uno dei due autospazi avrebbe dovuto avere dimensione maggiore ouguale a 2. La non diagonalizzabilita di f e dunque conseguenza del fatto che la sommadelle molteplicita geometriche degli autovalori e minore della dimensione dell’intero spazio:

MG(−1) +MG(2) = 2 < 3 = dim R3.

Nella prossima sezione mostreremo che un endomorfismo di un qualunque spazio vettorialeV n e diagonalizzabile se e solo se la somma delle molteplicita geometriche di tutti i suoiautovalori vale precisamente n.

8 Primo criterio

Osserviamo che, dati due autovalori distinti λ1 6= λ2 di un endomorfismo f , si ha sempre

E(λ1) ∩ E(λ2) = {O}.

Infatti, se v ∈ E(λ1) ∩ E(λ2), allora f(v) = λ1v e f(v) = λ2v da cui, uguagliando,otteniamo

(λ1 − λ2)v = O.

Per ipotesi, λ1 − λ2 6= 0 dunque necessariamente v = O.

Proposizione Sia f un endomorfismo di uno spazio vettoriale V n, con autovalori distintiλ1, . . . , λh (si suppone h ≥ 1).

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a) Sia Bi una base dell’autospazio E(λi), dove i = 1, . . . , h. Allora i vettori dell’insieme

B1 ∪ · · · ∪ Bh

sono linearmente indipendenti.b) La somma di tutte le molteplicita geometriche e minore o uguale a n:

h∑i=1

MG(λi) ≤ n.

Dimostrazione. a) Per dare un’idea della dimostrazione esamineremo solo il caso in cui ci

siano due autovalori distinti λ1 6= λ2. Il caso generale si dimostra per induzione. Fissatele basi B1 = (u1, . . . , uk) di E(λ1) e B2 = (v1, . . . , vl) di E(λ2), supponiamo che

a1u1 + · · ·+ akuk + b1v1 + · · ·+ blvl = O.

Ponendo u = a1u1 + · · ·+ akuk e v = b1v1 + · · ·+ blvl otteniamo

u+ v = O.

Ora per ipotesi u ∈ E(λ1) e v ∈ E(λ2); poiche u = −v vediamo che

u ∈ E(λ1) ∩ E(λ2)

dunque u = O ea1u1 + · · ·+ akuk = O.

Poiche i vettori u1, . . . , uk sono linearmente indipendenti per ipotesi otteniamo infinea1 = · · · = ak = 0. Analogamente v = O implica b1 = · · · = bl = 0. La conclusione e che ivettori dell’unione

B1 ∪ B2 = {u1, . . . , uk, v1, . . . , vl}

sono linearmente indipendenti.b) Siccome Bi e una base di E(λi), il numero dei vettori di Bi e dimE(λi) = MG(λi),per ogni i = 1, . . . , h. Dunque i vettori dell’insieme B1∪· · ·∪Bh sono, in numero, pari allasomma di tutte le molteplicita geometriche; poiche sono linearmente indipendenti per laparte a), tale somma non puo superare la dimensione n. �

La proposizione afferma che, unendo le basi di tutti gli autospazi, otteniamo sempre vet-tori linearmente indipendenti: se gli autovettori cosi’ ottenuti sono in numero sufficiente(cioe n) allora essi formeranno una base dell’intero spazio e l’endomorfismo risultera di-agonalizzabile. Enunciamo dunque il criterio seguente, che chiameremo primo criterio didiagonalizzabilita.

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Teorema Un endomorfismo di uno spazio vettoriale V n e diagonalizzabile se e solo se lasomma delle molteplicita geometriche dei suoi autovalori e uguale a n. In altre parole, see solo se

k∑i=1

MG(λi) = n,

dove λ1, . . . , λk sono gli autovalori distinti di f .

Dimostrazione. Supponiamo che∑k

i=1MG(λi) = n. I vettori di B1 ∪ · · · ∪ Bk sono intutto n = dimV n e sono linearmente indipendenti grazie alla proposizione precedente;dunque tali vettori formano una base di autovettori e l’endomorfismo e diagonalizzabile.Viceversa, se la somma delle molteplicita geometriche e diversa da n allora deve essereminore di n per la parte b) della proposizione. E evidente che in tal caso non esiste unabase di autovettori. �

Corollario Sia f un operatore di V n, e supponiamo che f ammetta n autovalori distinti.Allora f e diagonalizzabile.

Dimostrazione. Poiche la molteplicita geometrica di un autovalore vale almeno uno, egli autovalori distinti sono n, la somma di tutte le molteplicita geometriche e almeno n;per la parte b) della proposizione tale somma deve essere uguale a n e quindi f risultadiagonalizzabile. In particolare, l’esistenza di n autovalori distinti implica che tutti gliautospazi hanno dimensione 1. �

• Il corollario da una condizione sufficiente, ma non necessaria, per la diagonalizz-abilita.

Per stabilire se un dato endomorfismo di V n sia diagonalizzabile oppure no, possiamoprocedere come segue.

1. Fissiamo una base e consideriamo una matrice associata A.

2. Troviamo gli autovalori distinti di f , diciamo λ1, . . . , λk, risolvendo l’equazione carat-teristica pA(x) = 0.

3. Calcoliamo la molteplicita geometrica di ciascun autovalore, con la formula

MG(λi) = n− rk(A− λiI).

4. Se la somma di tutte le molteplicita geometriche e minore di n, l’endomorfismo f none diagonalizzabile, e abbiamo finito.

5. Se tale somma vale n, allora f e diagonalizzabile. Per trovare una base di autovettori,troviamo una base Bi di ciascun autospazio risolvendo il sistema (A−λiI)X = O. Uniamo

20

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tutte le basi cosi’ trovate: l’insieme di autovettori B = B1 ∪ · · · ∪ Bk sara la base di V n

cercata.

Ecco degli esempi.

8.1 Esempio

Consideriamo l’endomorfismo f di R3

f

xyz

=

x+ y − z2x+ 2y − 2z−x− y + z

Scegliendo la base canonica, possiamo considerare la matrice associataA =

1 1 −12 2 −2−1 −1 1

con polinomio caratteristico pA(x) = −x3 + 4x2 che si fattorizza come

pA(x) = −x2(x− 4).

Abbiamo due autovalori distinti: λ1 = 0 e λ2 = 4. Un calcolo mostra che rkA = 1 dunque

MG(0) = 2,

mentre rk(A− 4I) = 1 dunqueMG(4) = 1.

La somma delle molteplicita geometriche e 3, pari alla dimensione, e f risulta diagonaliz-zabile. Una base di E(0) (che, per inciso, e il nucleo di f) e data dai vettori

v1 =

1−10

, v2 =

101

.

Una base di E(4) e data dal vettore

w1 =

12−1

Unendo le basi degli autospazi, otteniamo i tre vettori

(v1, v2, w1)

21

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che, grazie alla proposizione, sono linearmente indipendenti (non c’e bisogno di ulterioriverifiche) e formano la base di autovettori cercata.

Notiamo che la matrice associata a f rispetto alla base B = (v1, v2, w1) e diagonale, conelementi diagonali dati dagli autovalori associati, rispettivamente, a v1, v2, w1:

D =

0 0 00 0 00 0 4

ed e simile alla matrice A, nel senso che D = C−1AC. La matrice C e la matrice dipassaggio dalla base canonica alla base B, e dunque le colonne di C sono date dalla basedi autovettori B:

C =

1 1 1−1 0 20 1 −1

.

8.2 Esempio

Consideriamo l’endomorfismo f di R3 rappresentato da A =

2 0 00 0 −30 2 0

rispetto alla

base canonica. Il polinomio caratteristico di A e

pA(x) = (2− x)(x2 + 6)

che ammette l’unico autovalore λ1 = 2 (infatti, il fattore x2 + 6 e irriducibile). Si vedeche A− 2I ha rango 2, dunque MG(2) = 1. La somma delle molteplicita geometriche e 1,minore di 3, e f non e diagonalizzabile. �

8.3 Esempio

Consideriamo l’endomorfismo f di R3 rappresentato da A =

2 4 −10 3 10 0 −1

rispetto alla

base canonica. Poiche A e triangolare superiore, gli autovalori di f saranno gli elementidiagonali di A. Quindi f ammette tre autovalori distinti

λ1 = 2, λ2 = 3, λ3 = −1.

Poiche la dimensione e 3, il corollario assicura che f e diagonalizzabile.

22

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8.4 Esempio

Si consideri l’endomorfismo f di R3 rappresentato da A =

1 a 00 1 b0 0 1

rispetto alla base

canonica. Per quali valori di a, b l’endomorfismo risulta diagonalizzabile?

Soluzione. Abbiamo l’unico autovalore 1 con MG(1) = 3 − rk(A − I) e quindi f e diag-onalizzabile se e solo se rk(A − I) = 0, cioe se e solo se A − I = 0, che corrisponde aa = b = 0. �

9 Secondo criterio

In questa sezione daremo un altro criterio necessario e sufficiente per la diagonalizzabilita.

9.1 Radici di un polinomio e molteplicita

Sia p(x) un polinomio di grado n a coefficienti reali. Il numero λ ∈ R e una radice di p(x)se

p(λ) = 0.

Non tutti i polinomi ammettono radici.

Esempio Il polinomio p(x) = x2 + 1 non ammette radici. Piu in generale, il polinomio disecondo grado p(x) = ax2 +bx+c ammette radici se e solo se il discriminante ∆ = b2−4ace maggiore o uguale a zero. In tal caso le radici si ottengono dalla formula

λ =−b±

√∆

2a.

Quindi avremo due radici distinte se ∆ > 0, una sola radice se ∆ = 0 e nessuna radice se∆ < 0.

E ben noto che λ e una radice di p(x) se e solo se p(x) e divisibile per x− λ, e si avra

p(x) = (x− λ)q(x),

dove q(x) e un polinomio di grado n − 1. Se q(λ) 6= 0, diremo che λ e una radice dimolteplicita 1. Se q(λ) = 0 allora possiamo dividere q(x) per x− λ e avremo

p(x) = (x− λ)2r(x)

23

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con r(x) polinomio di grado n− 2. Continuando in questo modo, arriveremo dopo k ≤ npassi alla decomposizione

p(x) = (x− λ)kr(x),

con r(x) polinomio tale che r(λ) 6= 0. Diremo allora che λ e una radice con molteplicitak. Dunque• λ e una radice di molteplicita k se p(x) e divisibile per (x−λ)k ma non per (x−λ)k+1.

Il polinomio p(x) si dice totalmente riducibile se si spezza nel prodotto di polinomi di primogrado del tipo x − λj , eventualmente moltiplicato per una costante c 6= 0. Se λ1, . . . , λk

sono le radici distinte, allora p(x) e totalmente riducibile se si scrive

p(x) = c(x− λ1)m1(x− λ2)m2 · · · (x− λk)mk ,

con m1 + · · · + mk = n. E chiaro dalla definizione che, per ogni j, l’esponente mj e lamolteplicita della radice λj .

Esempio Consideriamo il polinomio p(x) = 2x5 − 2x4 − 4x3. Allora:

p(x) = 2x3(x2 − x− 2)

= 2x3(x− 2)(x+ 1).

Dunque p(x) e totalmente riducibile, con radici 0, 2,−1: la prima ha molteplicita 3, e lealtre hanno molteplicita 1. La somma delle molteplicita e 5, pari al grado di p(x).

Esempio Il polinomio p(x) = x4 − x2 − 6 non e totalmente riducibile. Infatti

p(x) = (x2 − 3)(x2 + 2)

= (x−√

3)(x+√

3)(x2 + 2).

Il fattore x2 +2 non ammette radici, e non puo essere ulteriormente decomposto. p(x) am-mette le radici

√3,−√

3, entrambe di molteplicita 1. Dunque la somma delle molteplicitadelle radici e 2, minore di 4 (il grado di p(x)).

Osserviamo che• la somma delle molteplicita delle radici di un polinomio di grado n e sempre minore

o uguale a n; tale somma vale n se e solo se il polinomio e totalmente riducibile.

9.2 Secondo criterio di diagonalizzabilita

Sia f un endomorfismo di V n e A una matrice associata. Sappiamo che gli autovalori dif sono le radici di pA(x), il polinomio caratteristico di A.

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• Definiamo molteplicita algebrica dell’autovalore λ la molteplicita di λ quale radice dipA(x). Essa si denota con il simbolo

MA(λ).

Ricordiamo che un polinomio e totalmente riducibile se e solo se la somma delle molteplicitadelle sue radici e uguale al suo grado. Dunque:• Il polinomio caratteristico di f e totalmente riducibile se e solo se la somma delle

molteplicita algebriche dei suoi autovalori vale n.

Un’autovalore λ da luogo a due molteplicita: la molteplicita algebricaMA(λ) e la molteplicitageometrica MG(λ) (definita, ricordiamo, come la dimensione dell’autospazio associatoE(λ)).

Esempio Supponiamo che una matrice associata a f sia A =

2 3 1 00 2 1 −10 0 2 40 0 0 3

. Allora

pA(x) = (x− 2)3(x− 3).

Abbiamo due autovalori: λ1 = 2, di molteplicita algebrica 3, e λ2 = 3, di molteplicitaalgebrica 1. Si verifica che

MG(2) = 4− rk(A− 2I) = 4− 3 = 1

e inoltre MG(3) = 1. Quindi MA(2) > MG(2) mentre MA(3) = MG(3).

Proposizione Se λ e un autovalore si ha sempre

MA(λ) ≥MG(λ) ≥ 1.

Dimostrazione. La disuguaglianza MG(λ) ≥ 1 e stata gia osservata. La dimostrazione

della disuguaglianza MA(λ) ≥MG(λ) e omessa. �

Veniamo ora al risultato piu importante di questa sezione.

Teorema Un endomorfismo di V n e diagonalizzabile se e solo se1) il polinomio caratteristico di f e totalmente riducibile;2) per ogni autovalore λ si ha MA(λ) = MG(λ).

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Dimostrazione. Supponiamo che 1) e 2) siano verificate, e siano λ1, . . . , λk gli autovaloridistinti di f . Allora, poiche pf (x) e totalmente riducibile, abbiamo

k∑j=1

MA(λj) = n.

D’altra parte, abbiamo MA(λj) = MG(λj) per ogni j, dunque

k∑j=1

MG(λj) = n

e f risulta diagonalizzabile grazie al primo criterio, dimostrato nella sezione precedente.

Viceversa, se f e diagonalizzabile si avra∑k

j=1MG(λj) = n. Dunque

n ≥k∑

j=1

MA(λj) ≥k∑

j=1

MG(λj) = n,

dove la prima disuguaglianza scende dal fatto che il polinomio caratteristico ha grado n, ela seconda e vera poiche MA(λj) ≥MG(λj) per ogni j. Ne segue che le due disuguaglianzedevono essere uguaglianze, quindi

k∑j=1

MA(λj) = n,

e pf (x) e totalmente riducibile. Inoltre, necessariamente MA(λj) = MG(λj) per ogni j.�

• L’autovalore λ si dice semplice se MA(λ) = 1, e si dice multiplo se MA(λ) > 1.

Dalla proposizione, vediamo che se λ e semplice allora MA(λ) = MG(λ) = 1. Dunque, esufficiente determinare l’uguaglianza delle molteplicita solo per gli autovalori multipli.

Concretamente, abbiamo il seguente algoritmo alternativo per stabilire se un dato endo-morfismo f e diagonalizzabile oppure no.1) Consideriamo una matrice associata A e calcoliamo pA(x).2) Se pA(x) non e totalmente riducibile allora f non e diagonalizzabile e abbiamo finito.3) Se pA(x) e totalmente riducibile, consideriamo gli autovalori multipli, diciamo λ1, . . . , λh.Se le molteplicita algebriche e geometriche di ciascuno di questi autovalori coincidono al-lora f e diagonalizzabile, altrimenti no.

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Esempio Consideriamo l’endomorfismo f di R4 rappresentato dalla matrice

A =

2 3 1 00 2 1 −10 0 2 40 0 0 3

rispetto alla base canonica (vedi esempio precedente). Si ha pA(x) = (x− 2)3(x− 3), chee totalmente riducibile, con un solo autovalore multiplo λ1 = 2 di molteplicita algebrica 3(l’altro autovalore λ2 = 3 e semplice). E dunque sufficiente calcolare la molteplicita geo-metrica dell’autovalore 2. Si ha MG(2) = 1, dunque MA(2) > MG(2) e l’endomorfismof non e diagonalizzabile.

Esempio Consideriamo l’endomorfismo f di R4 rappresentato dalla matrice

A =

2 3 0 00 2 0 00 0 1 −10 0 3 −2

rispetto alla base canonica. Un calcolo mostra che

pA(x) = (x− 2)2(x2 + x+ 1).

Il fattore quadratico x2 + x + 1 non ammette radici, dunque pA(x) non e totalmenteriducibile. Di conseguenza f non e diagonalizzabile.

Esempio Consideriamo l’endomorfismo f di R4 rappresentato dalla matrice

A =

1 1 0 0−2 4 0 00 0 2 30 0 1 0

rispetto alla base canonica. Un calcolo mostra che

pA(x) = (x2 − 5x+ 6)(x2 − 2x− 3) = (x+ 1)(x− 2)(x− 3)2

Il polinomio caratteristico e totalmente riducibile, con autovalori −1, 2, 3 di cui solo il terzoe multiplo:

MA(3) = 2.

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E sufficiente dunque calcolare MG(3). Si ha:

rk(A− 3I) = rk

−2 1 0 0−2 1 0 00 0 −1 30 0 1 −3

= 2,

dunqueMG(3) = 4− rk(A− 3I) = 2.

In conclusione, MA(3) = MG(3) = 2 per l’unico autovalore multiplo, dunque f e diago-nalizzabile.• E chiaro a questo punto che le molteplicita geometriche degli autovalori sono:

MG(−1) = MG(2) = 1 e MG(3) = 2.

Dunque f ammette una base di autovettori

B = (v1, v2, v3, v4)

con v1 associato all’autovalore −1, v2 associato all’autovalore 2, e v3, v4 entrambi associatiall’autovalore 3. La matrice associata a f rispetto a tale base e

D =

−1 0 0 00 2 0 00 0 3 00 0 0 3

.

Di conseguenza, A e simile a D: se M e la matrice di colonne v1, v2, v3, v4 allora

D = M−1AM.

Per esercizio, calcolare esplicitamente una base di autovettori e la matrice di passaggio M .

9.3 Esempi su spazi di matrici

In questa sezione daremo esempi di endomorfismi di Mat(2 × 2). La base canonica diMat(2× 2) sara scritta (E1, E2, E3, E4) con

E1 =(

1 00 0

), E2 =

(0 10 0

), E3 =

(0 01 0

), E4 =

(0 00 1

).

Esempio Consideriamo l’endomorfismo T : Mat(2×2)→Mat(2×2) definito da T (A) =A+At. Dimostrare che T e diagonalizzabile.

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Soluzione. Esplicitamente T(a bc d

)=(

2a b+ cb+ c 2d

). Dunque la matrice associata a T

nella base canonica e:

A =

2 0 0 00 1 1 00 1 1 00 0 0 2

Il polinomio caratteristico e pA(x) = x(x − 2)3, con autovalori distinti λ1 = 0, λ2 = 2. Siha rkA = 3 quindi MG(0) = 1, rk(A− 2I) = 1 quindi MG(2) = 3. Si ha:

MG(0) +MG(2) = 4 = dim Mat(2× 2),

dunque T e diagonalizzabile. Troviamo ora basi di ciascun autospazio. Una base di E(0)e E2−E3. Una base di E(2) e (E1, E2 +E3, E4). Dunque una base di Mat(2×2) formatada autovettori e:

(E2 − E3, E1, E2 + E3, E4) = ((

0 1−1 0

),

(1 00 0

),

(0 11 0

),

(0 00 1

)).

Esempio Consideriamo l’endomorfismo T : Mat(2×2)→Mat(2×2) definito da T (A) =

AN , dove N =(

1 1−1 −1

). Stabilire se T e diagonalizzabile.

Soluzione. Esplicitamente T(x yz w

)=(x− y x− yz − w z − w

). La matrice associata nella base

canonica e

A =

1 −1 0 01 −1 0 00 0 1 −10 0 1 −1

Un calcolo mostra che pA(x) = x4. Abbiamo dunque un solo autovalore λ1 = 0 conMA(0) = 4. Poiche rkA = 2 si ha MG(0) = 2 < 4, dunque T non e diagonalizzabile.

Esempio Sia T : Mat(2×2)→Mat(2×2) definito da T(x yz w

)=(−2x+ 6y −2x+ 5y−2z + w w

).

Stabilire se T e diagonalizzabile.

Soluzione. Matrice di T nella base canonica:

A =

−2 6 0 0−2 5 0 00 0 −2 10 0 0 1

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Polinomio caratteristico pA(x) = (x − 1)2(x + 2)(x − 2), totalmente riducibile. Abbiamotre autovalori distinti λ1 = 1, λ2 = 2, λ3 = −2, di cui solo il primo e multiplo: MA(1) =2. Si ha rk(A − I) = 2 dunque MG(1) = 2 = MA(1): per il secondo criterio, T ediagonalizzabile. Si puo verificare che una base di autovettori e:((

2 10 0

),

(0 00 1

),

(3 20 0

),

(0 01 0

)),

in cui i primi due autovettori sono associati a 1, il terzo autovettore e associato a 2 e ilquarto a −2. In questa base la matrice associata e:

A′ =

1 0 0 00 1 0 00 0 2 00 0 0 −2

.

10 Matrici diagonalizzabili

Se A e una matrice quadrata n × n, diremo che il vettore colonna v ∈ Rn, con v 6= O, eun autovettore di A se

Av = λv,

per un certo λ ∈ R, detto autovalore relativo a v. In altre parole:• v e un autovettore di A se e solo se v e un autovettore dell’endomorfismo di Rn

rappresentato da A rispetto alla base canonica.• Diremo che la matrice A e diagonalizzabile se A e simile ad una matrice diagonale;

se cioe possiamo trovare una matrice diagonale D e una matrice invertibile M tali che

D = M−1AM. (5)

Diagonalizzare una matrice (quando cio e possibile) significa trovare matrici D e M cheverificano la relazione (5).

Il teorema seguente ci dice quando e possibile diagonalizzare una matrice.

Teorema Sia A una matrice quadrata, e f l’operatore di Rn rappresentato da A rispettoalla base canonica. Allora:a) A e diagonalizzabile se e solo se f e diagonalizzabile.b) Se B = (v1, . . . , vn) e una base di autovettori di f , associati rispettivamente agli auto-valori λ1, . . . , λn (non necessariamente distinti) e se M e la matrice di colonne v1, . . . , vn,allora si ha:

M−1AM = D

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dove D e la matrice diagonale di elementi diagonali λ1, . . . , λn, rispettivamente.

In altre parole, A e simile alla matrice i cui elementi diagonali sono gli autovalori di f ,e M e la matrice le cui colonne formano una base di autovettori di f (presi nello stessoordine degli autovalori).

Dimostrazione. a) Se f e diagonalizzabile, allora esiste una matrice associata diagonaleD: sappiamo che matrici associate allo stesso endomorfismo sono simili, dunque A e similea D. Il viceversa si dimostra in modo analogo.b) Sappiamo che nella base di autovettori B l’endomorfismo f si rappresenta con la matricediagonale D avente elementi diagonali λ1, . . . , λn, e che

D = M−1AM

dove M e la matrice di passaggio dalla base canonica alla base di autovettori B. Perdefinizione di matrice di passaggio, le colonne di M sono proprio i vettori di B, e dunquesi ha (b). �

10.1 Esempio

Diagonalizzare, se possibile, la matrice A =(−2 6−2 5

).

Soluzione. Gli autovalori distinti di A sono λ1 = 1, λ2 = 2, sono due, dunque A e diago-nalizzabile. Base di autovettori:

(v1, v2) =((

21

),

(32

)).

Dunque D =(

1 00 2

)e M =

(2 31 2

)e risulta D = M−1AM .

10.2 Serie di esempi

Consideriamo le seguenti matrici:

A1 =

1 1 10 1 10 0 −3

, A2 =

2 1 1−1 0 −12 2 3

A3 =

1 2 10 2 −10 0 −1

, A4 =

0 1 0−1 0 00 0 2

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Vediamo quali fra queste sono diagonalizzabili, applicando il secondo criterio.

Matrice A1. Polinomio caratteristico −(x− 1)2(x+ 3), totalmente riducibile. Autovaloridistinti 1,−3, di cui solo il primo e multiplo, con MA(1) = 2. Si ha MG(3) = 1 < MA(1).Quindi A1 non e diagonalizzabile.

Matrice A2. Polinomio caratteristico −(x− 1)2(x− 3), totalmente riducibile. Autovaloridistinti 1, 3, di cui solo il primo e multiplo, con MA(1) = 2. Si ha MG(1) = 2 quindi A2

e diagonalizzabile.

Matrice A3. Polinomio caratteristico −(x− 1)(x− 2)(x+ 1). Autovalori distinti 1, 2,−1:sono tre, tutti semplici, quindi A3 e diagonalizzabile.

Matrice A4. Polinomio caratteristico −(x − 2)(x2 + 1): il fattore quadratico x2 + 1non ha radici, dunque il polinomio caratteristico non e totalmente riducibile e A4 non ediagonalizzabile.

Possiamo diagonalizzare solo A2 e A3.

Diagonalizzazione di A2. Autovalori 1, 3. Cerchiamo una base degli autospazi. Si ha

A2 − I =

1 1 1−1 −1 −12 2 2

e l’autospazio E(1) si ottiene risolvendo il sistema (A2− I)X = O. Un calcolo mostra che

una base di E(1) e

1−10

,

10−1

. Si ha poi

A2 − 3I =

−1 1 1−1 −3 −12 2 0

per cui una base di E(3) e

1−12

. Unendo le basi dei due autospazi otteniamo la base di

autovettori:

B =

1−10

,

10−1

,

1−12

associati, nell’ordine, a 1, 1, 3.

Dunque

M =

1 1 1−1 0 −10 −1 2

, D =

1 0 00 1 00 0 3

.

32

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Possiamo verificare che D = M−1AM ovvero che MD = AM .

Diagonalizzazione di A3. Autovalori 1, 2,−1. Si ha:

A3 − I =

0 2 10 1 −10 0 −2

, base di E(1) =

100

.

A3 − 2I =

−1 2 −10 0 −10 0 −3

, base di E(2) =

210

.

A3 + I =

2 2 10 3 −10 0 0

, base di E(−1) =

−5/213

.

Quindi una base di autovettori e:

B =

100

,

210

,

−5/213

associati, nell’ordine, a 1, 2,−1.

Si ha dunque:

M =

1 2 −52

0 1 10 0 3

, D =

1 0 00 2 00 0 −1

.

33