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I I l l G G a a z z z z e e t t t t i i n n o o d d i i S S . . C C a a t t e e r r i i n n a a d d a a S S i i e e n n a a Parrocchia S. Caterina da Siena Via Populonia, 44/48 - 00183 Roma Tel. 06 77209622 www.santacaterinaroma.it e-mail: [email protected] P@role Nuove A A n n n n o o X X I I V V - - n n . . 1 1 A A p p r r i i l l e e 2 2 0 0 1 1 7 7 - - C C o o p p i i a a g g r r a a t t u u i i t t a a

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Parrocchia S. Caterina da SienaVia Populonia, 44/48 - 00183 Roma

Tel. 06 77209622www.santacaterinaroma.it

e-mail: [email protected]

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SommarioRisurrezione e ricostruzione 2Preghiere, valori e iniziative: “Insieme per l’Europa” 3Dal terremoto alla rinascita 4-5Accogliere e integrare 6Pane e non solo 7Riconoscere, conoscere e adorare Gesù 8Francesco e quella benedizione 9La spiritualità di San Benedetto 10Dov’è carità e amore 11In bacheca 12

In copertina: Papa Francesco riceve l’album della scuola calcio di Santa Caterina

P@role Nuove

Direttore responsabile:

don Humberto Gomez

Segretari di redazione:

Francesco Grant

Capi servizio:

Simonetta Pasquali

don Humberto Gomez

Alessandro Panizzoli

Maurizio Lisanti

Computer grafica:

Luca Luciani

Editoriale

Risurrezione e ricostruzione

C i dice il vangelo di Matteo (27,50-52) che quando Gesù spirò, “il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, laterra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono” . Un terremoto, dunque, che accompagna il Creatore delmondo nel suo momento più doloroso. La terra che si spacca, quasi a simboleggiare che una nuova creazione riparte

da lì, dal Calvario. Occorre una nuova Creazione! È questo che celebriamo a Pasqua: il passaggio dalla morte alla vita. Un passaggio dal provvisorio all’Eterno! Tre giorni dopo Cristo risorgerà. E’ così che in Lui ci è data la promessa che l’ultima parola del nostro cammino e della storia

non sono il dolore e la morte, ma la gioia e la vita. La speranza fondata nella risurrezione di Cristo è risurrezione della speranza,provata dal dolore presente!

Da questa esperienza di Risurrezione, ogni cristiano impara il senso profondo della speranza e della fiducia. Una speranza dacondividere con chiunque viva momenti o esperienze di sofferenza.

Solo il Signore sa cosa sentono nel loro cuore i nostri fratelli delle Marche, dell’Umbria e dell’alto Lazio. Ve ne siete accorti che non si parla più del terremoto? E peggio ancora, dei terremotati!!Dopo mesi e mesi, ancora miglia di fratelli vivono in uno stato di emergenza! La ricostruzione è ferma! Non vogliamo sapere

di chi sono le responsabilità, anzi, sì, lo sappiamo chi sono i responsabili, ma a noi ora tocca ancora una volta fare memoria e ricor-dare che il dolore di questi nostri fratelli è il dolore di Cristo stesso. Bisognerà ricordare a tutti in questa Pasqua 2017 che ognunodi noi, per vocazione cristiana, è chiamato alla condivisione. Amando chi soffre, chi vive la provvisorietà dell’emergenza, è Cristoche si ama: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» .

La santa Pasqua apra il cuore e la mente ai governanti della nostra Nazione perché con sollecitudine possano fare il loro dove-re di ricostruire, più che le case, la speranza in coloro che si sentono sfiduciati, abbandonati dall’Italia e dall’Europa! Sono startiinfatti alcuni dei paesi più ricchi dell’Europa a chiedere di ridurre la quota di finanziamento per la ricostruzione del dopo terre-moto. Una vera vergogna!

Solo qualche giorno fa, i Presidenti ed i Governanti dell’Europa si sono radunati a Roma in occasione del 60° anniversario dellafirma dei Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea. E quale migliore occasione perché Papa Francesco ricordasse a que-sta Europa smarrita che: «…l’Europa è una famiglia di popoli e – come in ogni buona famiglia – ci sono suscettibilità differenti, matutti possono crescere nella misura in cui si è uniti. Le peculiarità non devono perciò spaventare, né si può pensare che l’unità sia preser-vata dall’uniformità. Essa è piuttosto l’armonia di una comunità… Oggi l’Unione Europea ha bisogno di riscoprire il senso di essere anzi-tutto “comunità” di persone e di popoli» consapevole che «il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma» e dunqueche «bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti».

Ed infine, ha ricordato loro che «l’Europa ha un patrimonio ideale e spirituale unico al mondo che merita di essere riproposto conpassione e rinnovata freschezza e che è il miglior rimedio contro il vuoto di valori del nostro tempo, fertile terreno per ogni forma di estre-mismo…»

Molti anni fa, il Cardinal Martini già diceva che.. “L'Europa del futuro dovrà essere contrassegnata da un'amicizia sempre più pro-fonda con il popolo ebraico, riconoscendo le radici comuni che esistono tra cristianesimo ed ebraismo. Il dialogo con il giudaismo sarà fon-damentale per la coscienza cristiana e anche per il superamento delle divisioni tra Chiese….”. E che «il futuro della Chiesa e la sua mis-sione a favore della società europea sono legati alla conoscenza, alla familiarità e all'amore per la Sacra Scrittura. Sia però ben chiaro chenon intendiamo con questo riferirci semplicemente a un libro. Non sarà una formula a salvarci ma la persona vivente di Cristo che ci parlanelle Scritture» … Appunto, il Cristo Risorto!

Auguri di una Santa e serena Pasqua.Don Humberto

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L a commemorazione dei sessan-t’anni della firma dei Trattatidi Roma, inizio dell’avventura

europea di integrazione, che raggruppaoggi 28 Stati, ha portato la Capitale alcentro dell’attenzione internazionale. Il25 marzo scorso sono convenuti a Roma icapi di Stato e di governo dell’UnioneEuropea.

L’Italia è stata infatti tra i Paesi fonda-tori, con la Germania, la Francia, i PaesiBassi, il Belgio e il Lussemburgo.

Il 24 marzo, leautorità sono statericevute da papaFrancesco.

La sera dellostesso giorno, tra lemolte iniziative inp r o g r a m m a ,“Insieme perl’Europa” ha pro-mosso una Vegliadi preghiera ecume-nica presso la basili-ca dei SantiApostoli, così comein altre 34 cittàeuropee tra cuiMatera, di cui il“nostro” don PinoCaiazzo è vescovo evolentieri ha accol-to l’iniziativa.

Riconciliazione, comunione, unitàRiconciliazione, comunione e unità

sono realtà possibili tra i popoli del con-tinente? Pensiamo proprio di si.

Non bisogna dimenticare il camminocompiuto, da quei Trattati ad oggi, con lemolte realtà sorte a livello europeo,impensabili per secoli e apportatrici dipace, di visione di un destino comune e diprosperità.

Non mancano certo le difficoltà dovu-te soprattutto alle spinte difensiviste deltipo “prima gli Italiani” e alle barbareaffermazioni di chi paranoicamente vedeinvasori dappertutto e non fratelli soffe-renti per condizioni di vita che in buona

misura dipendono anche dalle sceltedell’Occidente.

La menzione delle radici comuni cri-stiane talvolta sembra un puro esercizio diretorica. Ma valori fondanti come la digni-tà del lavoro e le tutele dei lavoratori; la cul-tura come veicolo di progresso e di forma-zione umana, civile e religiosa; l’accoglien-za di pellegrini e forestieri; la solidarietà e lacondivisione come forma irrinunciabile digiustizia sociale; la comune fede cristianacome stile di vita condiviso, apertura all’a-

more, interiore spinta per costruire unacomunità che abbia “un cuor solo e un’ani-ma sola” e quindi capace di tradurre in vitavissuta tale unità; la dottrina sociale cristia-na (che anima la nostra bella Costituzione)con i suoi principi di solidarietà, sussidia-rietà, bene comune, universale destinazionedei beni della terra, non possono non esse-re menzionati. Non basta l’Euro, ci vuolel’anima - come soleva ripetere SanGiovanni Paolo II -. È questa una convin-zione che deve essere ribadita, instancabil-mente, nonostante tutto. In una tavolarotonda organizzata dal ConsiglioEcumenico delle Chiese e dal Movimento deiFocolari, Pasquale Ferrara, ambasciatored’Italia in Algeria, ha sostenuto come oggi

in Europa, più che parlare di riferimentialle proprie radici cristiane, occorra pro-durre insieme «frutti cristiani». E presenta-re come parte della soluzione «la “regolad’oro”, che ci invita a fare agli altri ciò chevorremmo fosse fatto a noi stessi». Tale regola– ha affermato Ferrara – «non è solo un valo-re etico, ma assume una dimensione politica,in quanto si tratta di ripensare la natura ed ilcarattere della comunità politica».

Insieme per l’Europa“Insieme per

l’Europa” è una rete diComunità eMovimenti cristiani divarie Chiese – oltre300 diffusi in tutto ilcontinente – che,variegati come lo sonole culture, le lingue e leregioni dell’Europa, sirapportano nel rispet-to delle diversità e agi-scono per scopi condi-visi, apportando ilcontributo del propriocarisma. Una testimo-nianza che è contem-poraneamente cristia-na e civile, e che vuoleessere anche un contri-buto al dibattito incorso sul futuro del-

l’intero continente. “Insieme perl’Europa” appare uno dei soggetti capacidi interpretare questa dimensione, ispi-rando e motivando persone di diversegenerazioni e comunità, appartenenti inmaniera trasversale ai popoli dell’Europa,ad incarnare nel quotidiano i valori di giu-stizia, accoglienza, pace. Un tassello permettere in piedi quella «Europa famiglia dipopoli» che, nelle parole di papa Francescoal conferimento del Premio Carlo Magno,è «capace di dare alla luce un nuovo uma-nesimo basato su tre capacità: la capacità diintegrare, la capacità di dialogare e la capa-cità di generare».

Alessandro Panizzoli

Preghiere, valori e iniziative“Insieme per l’Europa”

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D a pochi giorni sono settemesi da quando, durante la50ª sagra dell'amatriciana, il

primo dei tre terribili eventi sismici hascosso profondamente l'Appenninodell'Italia centrale. Dopo il primo evento,che ha distrutto completamente Amatrice,Accumoli e Arquata del Tronto, moltescosse si sono susseguite.

Poi è arrivato il 30 ottobre, con ilsecondo terremoto che ha interessato granparte dell'Appennino marchigiano, e anco-ra dopo, durante la seconda settimana digennaio sotto una nevicata da record, unaterza scossa che ha fatto crollare quel pocoche era rimasto in piedi.

Chi non ha esperienza di conoscenzadiretta di queste zone ha difficoltà a com-prendere la portata di quanto è successo.

Un territorio che era già molto fragile, unaquantità enorme di piccole frazioni, spopo-late durante l'inverno, più animate duran-te l'estate, con poche attività economiche,molti anziani con famiglie quasi tutte resi-denti in città, in particolare a Roma.

Nella fase di emergenza che ha fattoseguito ai tre eventi sismici, il territorio si èletteralmente svuotato, la stragrande mag-

gioranza della popolazione è stata invitataad uscire dall'area per andare ad abitarelungo il litorale abruzzese, in attesa dellacostruzione degli alloggi di emergenza.

Solo gli agricoltori, ed in particolare gliallevatori, che non hanno potuto lasciare leproprie aziende per non perdere il lavoro,sono rimasti in zona, in paesi ormai fanta-sma, dove non esiste più vita comune edove tutto è diventato terribilmente diffici-

le, nonostante la grande macchina dei soc-corsi. Una macchina imponente che si èmossa tra non poche polemiche, ma che èstata attivata già poche ore dopo la mattinadel 24 agosto, e che ancora sta operando,con grande sforzo rallentato soprattuttodalla natura dei luoghi, e dalla enormequantità di macerie.

Ormai, dopo sette mesi, la fase dell'e-

mergenza volge al termine, ancora pochesettimane e saranno disponibili le case tem-poranee per abitazione sia per chi vive neicentri urbani, e sia anche per le aziende diallevamento. Ma la sfida della ricostruzioneè ancora tutta da scrivere, e non serviràsemplicemente ricostruire: per consentirealla gente di tornare, e di restare, bisognacapire come poter creare lavoro e sviluppo,in modo stabile.

Dal terremoto alla rinascita:un percorso di speranza

Nell’ultimo numero del nostro giornalino, abbiamo raccontato il dolore del terremoto attraverso i luoghi del ricordodella nostra comunità, da Visso a Ussita: i luoghi di Don Aldo. Oggi proviamo a raccontare la voglia rinascita diquella terra e il percorso di speranza attraverso le parole di Carlo Hausmann, assessore regionale all’agricoltura.

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Nel Lazio le aziende zootecniche colpi-te in profondità dal terremoto sono circa150. Nelle Marche molte di più (si stima lanecessità di ricostruire circa 400 stalle), ein Abruzzo si stanno ancora contando idanni del terzo sisma della seconda setti-mana di gennaio, in cui i danni del terre-moto si sono sommati al peso della neve.

Questo è stato il primo terremoto nellastoria del nostro Paese incui la fase di emergenzaha interessato anche ilsettore dell'agricoltura.Si è trattato di uno sfor-zo molto grande soprat-tutto perché gran partedelle aziende colpitenon era fisicamente rag-giungibile a causa deidanni alla viabilità rura-le.

Le aziende zootecni-che, che nella zona delterremoto produconosoprattutto latte alimen-tare, bovini e ovini dacarne, latte e formaggiovini, hanno accusatodanni importantissimisoprattutto alle strutturedi ricovero del bestiame.Per questa ragione il primo sforzo è statodedicato a fornire ricoveri invernali per ilbestiame (sono state realizzate tensostrut-ture progettate appositamente per poteraccogliere bovini ed ovini). Nel Lazio nesono state costruite in questi mesi quasi120, ed ora le aziende, con l'arrivo dellabuona stagione, stanno ricominciando aguardare al futuro con un po' più di otti-mismo.

Ma quale sarà il futuro? Si riuscirà asalvare il lavoro costruito con tanta faticada generazioni e generazioni di agricoltori?Cosa è possibile fare concretamente peraiutare lo sviluppo di queste zone?

Dobbiamo considerare che la situazio-ne di partenza, praticamente in tutti icomuni del cratere, era già in forte ritardoin termini di sviluppo economico. Granparte delle attività erano svolte da personeanziane, i giovani erano già pochi e quasitutti interessati a cercare lavoro fuori. C’èquindi il rischio concreto che si vadaincontro ad uno spopolamento definitivo.

Ma il terremoto, dopo questa grandedevastazione, può divenire effettivamenteuna opportunità per pensare ad un nuovofuturo. L'alta valle del Velino, così si chia-ma la parte del territorio colpito del Lazio,è una zona che mostra grandi potenzialitàdi sviluppo, grande disponibilità di spazio,un territorio incontaminato lontano dafonti di inquinamento, disponibilità di

risorse naturali, ad una distanza tutto som-mato accettabile dai grandi centri di con-sumo, in particolare dalla città di Romaalla quale molte delle famiglie locali sonolegate.

Da diversi mesi molti analisti e proget-tisti sono al lavoro per tentare di capirequali sono le vie più efficaci per potercostruire lo sviluppo nelle zone colpite. Il

ruolo fondamentale comunque continueràad essere esercitato dalla zootecnia, sia per-ché la tradizione dell'allevamento è ancoramolto forte, sia perché la vocazione di que-sti territori è esattamente questa e nonbisogna cambiarla.

Si tratta di pensare ad un allevamentodiverso, più innovativo, e soprattutto dialta qualità per poter sopravvivere alla con-correnza spietata del mercato internaziona-le. Le possibilità portano a pensare a nuovemodalità di produzione del latte bovino,selezioni genetiche per poter migliorare lerazze di bovini e di ovini, ricostruire l'alle-vamento suino, grazie alla presenza in zonadi industrie di trasformazione, lo sviluppodel settore caseario, la forestazione produt-tiva e la produzione di biomasse, la diffu-sione dell'apicoltura, la coltivazione dipiante officinali. Tutte idee già attualmen-te allo studio, ma che per essere realizzatehanno bisogno di essere trasformate in pro-getti veri e fattivi.

Non bisogna poi dimenticare la grandenotorietà che in particolare Amatrice haacquisito in Italia e nel mondo in seguito alterremoto. Molti consumatori hanno chie-sto continuano a chiedere dove poteracquistare prodotti locali, e soprattutto lafama dell'amatriciana, probabilmente ilpiatto più famoso tra le paste italiane, èsalita alle stelle.

Per questo è stato chiesto il riconosci-

mento con un marchio europeo, la STG,(cioè specialità tradizionale garantita, unaspecie di denominazione di origine alterna-tiva per i prodotti di largo consumo), lasalsa amatriciana, fatta con materie primelocali, per poter garantire la tipicità delcondimento.

A sorpresa anche le grandi industriemultinazionali presenti nel nostro paese

hanno aderito a questoprogetto manifestandodisponibilità a qualificarecon la STG anche i piat-ti pronti che si potrannotrovare nei supermercati.Se mangeremo “quattrosalti in padella all’amatri-ciana” questi sarannofatti secondo la regola econ prodotti locali.

E se questo accadrà, esperiamo che l'UnioneEuropea possa prestoapprovare la proposta,sarà un primo puntoimportante per poterriprogettare un'attività diproduzione alimentarenella zona.

Non bisogna peròdimenticare che la prin-

cipale difficoltà sofferta dagli allevatori edalle loro famiglie è oggi soprattutto socia-le, perché continuano a lavorare in unazona in cui non esistono più punti diaggregazione, non c'è più vita di paese,tutto diventa distante e difficile.

Per questa ragione è stato recentementelanciato dal Lazio, con l’adesione di tutte leregioni terremotate, ma anche dalle altreregioni italiane, un progetto di scambio traimprese di allevamento, a beneficio soprat-tutto dei giovani delle zone terremotate. Ilprogetto si chiama “vieni a casa mia”, e con-siste semplicemente nell'offerta di poter tra-scorrere un periodo di vacanza in un’azien-da di un’altra regione, che accoglierà i giova-ni e le loro famiglie. Sarà anche un'occasio-ne per poter vivere da vicino un'esperienzaprofessionale di scambio.

Attualmente sono circa 40 i ragazzi e lefamiglie che hanno chiesto di poter aderirea questo programma. Ma molte altre fami-glie hanno chiesto di fare il contrario, cioèdi poter ricevere presso la loro azienda unaiuto da parte di altri allevatori e volontari.

Questo rapporto diretto è moltoimportante; non c'è solo bisogno di risorsefinanziarie, a volte l'aiuto più importante èproprio la vicinanza, la solidarietà umana,l’amicizia, il non lasciare soli i nostri fratel-li. In questo senso tutti possiamo dare unamano

Carlo Hausmann

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E siste nel mondo oggi un popo-lo di 244 milioni di personesenza patria nè nome. Sono i

migranti. Le grandi migrazioni dettatedalla storia, dalla povertà, dalle guerre,dalla ricerca di una condizione di dignitàsono una costante dell’umanità. Percepitaperò nell’era del benessere come una veraemergenza. L’urgenza delle cronache quo-tidiane di atti terroristici, la tensione poli-tico-economica di molti paesi mediorien-tali e africani, l’uso distorto della parolaDio per giustificare odio e massacri met-tono in crisi gli stessi concetti di identità eintegrazione.

Di fronte a questa crisi, PapaFrancesco ha avuto e continua ad avereparole molto chiare, che solo chi nonvuole ascoltare intende a suo comodo,banalizzandole a categorie di politica-mente corretto o scorretto. Francescoparla invece da seguace di Cristo, rivol-gendosi alle persone – a tutti noi, sempli-ci cittadini o capi di Stato – prima diguardare ai ruoli. La sua non è una ricettachiusa di regolazione dei flussi, ma un’e-sperienza del cuore. Non è questione dipresunti ‘buonismi’ o di difese identitarie,ma delle risposte fondamentali alle qualiciascuno è chiamato per non rimanererecluso nei confini di un muro, siano essoreali o esistenziali.

Serve dunque ascoltare Francesco,partendo dal suo messaggio all’ultimoMeeting dell’Amicizia tra i popoli, orga-nizzato da Comunione e Liberazione aRimini nell’agosto scorso. “Il titolo ‘tu seiun bene per me’ – ha scandito il Papa – ècoraggioso. Infatti, ci vuole coraggio peraffermare ciò, mentre tanti aspetti dellarealtà che ci circonda sembrano condurre insenso opposto. Troppe volte si cede alla tenta-zione di chiudersi nell’orizzonte ristretto deipropri interessi, così che gli altri diventanoqualcosa di superfluo, o peggio ancora unfastidio, un ostacolo. Ma questo non è con-forme alla nostra natura: fin da bambininoi scopriamo la bellezza del legame fra gli

esseri umani, impariamo ad incontrare l’al-tro, riconoscendolo e rispettandolo comeinterlocutore e come fratello, perché figlio delcomune Padre che è nei cieli. Invece l’indi-vidualismo allontana dalle persone, ne cogliesoprattutto i limiti e i difetti, indebolendo ildesiderio e la capacità di una convivenza incui ciascuno possa essere libero e felice incompagnia degli altri con la ricchezza delleloro diversità”. L’uomo è animale sociale,non può vivere senza relazione; a questarelazione dà senso e colore l’esser cristia-no, una risposta concreta – ma soprattut-to ‘coraggiosa’, ovvero controcorrente - aquella che sembra essere diventata la ‘que-stione’ della nostra modernità.

“Di fronte alle minacce alla pace e allasicurezza dei popoli e delle nazioni – prose-gue Francesco - siamo chiamati a prenderecoscienza che è innanzitutto un’insicurezzaesistenziale che ci fa avere paura dell’altro,come se fosse un nostro antagonista che citoglie spazio vitale e oltrepassa i confini checi siamo costruiti. Di fronte al cambiamen-to d’epoca in cui tutti siamo coinvolti, chipuò pensare di salvarsi da solo e con le pro-prie forze? È la presunzione che sta all’ori-gine di ogni conflitto tra gli uomini”. Ilconflitto è figlio di una presunzione diautosufficienza, un limite esistenzialeancor prima che geografico: di fronte alquale la ricetta è lo sguardo del padre cheogni giorno osserva il figliol prodigo spe-rando che torni: “Come cambierebbe ilnostro mondo se questa speranza senzamisura diventasse la lente con cui gli uomi-ni si guardano tra di loro!”. Francescoesorta dunque al dialogo (“parola che nondobbiamo mai stancarci di ripetere e soprat-tutto di testimoniare”) e poi riempie diconcretezza questa esortazione. In un’in-tervista alla rivista dei senza fissa dimoradi Milano, ‘Scarp de’ tennis’, raccomandala necessità di mettersi nelle scarpe deglialtri. “Quelli che arrivano in Europa scap-pano dalla guerra o dalla fame – le sueparole - e noi siamo in qualche modo colpe-voli perché sfruttiamo le loro terre ma non

facciamo alcun tipo di investimento affin-ché possano trarre beneficio. Hanno ildiritto di emigrare e hanno diritto ad essereaccolti e aiutati. Questo però si deve farecon quella virtù cristiana che dovrebbe esse-re propria dei governanti: la prudenza.Significa accogliere tutti coloro che si “posso-no” accogliere. E questo per quanto riguar-da i numeri. Ma è altrettanto importanteuna riflessione su “come” accogliere. Perchéaccogliere significa integrare. Questa è lacosa più difficile perché se i migranti non siintegrano, vengono ghettizzati…Integrareallora vuol dire entrare nella vita del Paese,rispettare la legge del Paese, rispettare la cul-tura del Paese ma anche far rispettare lapropria cultura e le proprie ricchezze cultu-rali. L’integrazione è un lavoro molto diffi-cile….”.

A chi realmente vuole ascoltare, nonsfuggono le parole ‘coraggio’, ‘dialogo’,‘prudenza’, ‘come accogliere’,’ integrare’,‘legge’, ‘cultura’. Nessun vago idealismo,come farebbe - anzi fa – comodo pensare:ma una via molto precisa e delineata,unimpegno difficile e irrinunciabile. Lacomunità di Santa Caterina l’ha speri-mentata in questi mesi accogliendo esostenendo due ragazze richiedenti asilodal Nord Africa, in linea con l’appello adaprire le porte rivolto circa un anno fa daFrancesco a tutte le parrocchie italiane.“Un vero incontro - la conclusione delmessaggio al Meeting - implica la chiarez-za della propria identità, ma al tempo stessola disponibilità a mettersi nei panni dell’al-tro per cogliere, al di sotto della superficie,ciò che agita il suo cuore, che cosa cerca vera-mente (…) Questa è la sfida davanti allaquale si trovano tutti gli uomini di buonavolontà. Tanti sconvolgimenti di cui spesso cisentiamo testimoni impotenti sono, in real-tà, un invito misterioso a ritrovare i fonda-menti della comunione tra gli uomini perun nuovo inizio”. È la sfida quotidiana diogni cristiano, trasformare la difficoltà inuna risorsa.

F. G.

ACCOGLIERE E INTEGRARE Il coraggio della scelta cristiana

Papa Francesco e la risposta alla crisi delle migrazioni

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C ome tanti di voi già sannocirca 10 anni fa con alcuniparrocchiani, ma anche con

tante altre persone di buona volontà,abbiamo iniziato a vivere insieme un’av-ventura – la distribuzione di pasti ai biso-gnosi, alla stazione Tuscolana - che hasuperato ogni nostra più rosea immagina-zione; ma procediamo con ordine speran-do di riuscire a condividere con ciascunodi voi lo stupore che provo ogni volta chepenso a quanto sta accadendo sotto gliocchi di tutti nel nostro quartiere.

Il tutto ha avuto inizio quando DinoImpagliazzo ci ha raccontato di alcunepersone bisognose che vivevano nei pressidella Stazione Tuscolana, e che gli avevanochiesto se poteva dare loro qualcosa damangiare; la domenica nessuno pensava aloro poiché tutti volevano riposare. Così,con un piccolo gruppo di famiglie abbia-mo iniziato a preparare dei panini ed aportarli la domenica sera alla StazioneTuscolana.

Dopo qualche mese, qualcuno ci hachiesto se potevamo preparare anche qual-cosa di caldo da mangiare e così abbiamocapito che da soli non potevamo farcela edabbiamo iniziato a coinvolgere tanti nelnostro quartiere (negozianti, parrocchie,associazioni, famiglie religiose, ecc…); cosìnel tempo questa iniziativa si è allargatacosì tanto da farci capire che era necessariocostituirci in una associazione (denomina-ta Romamor Onlus) in modo da poterinterloquire con loro in modo adeguato.

Per la raccolta delle derrate alimentarici sostengono i negozianti appartenenti aquattro mercati rionali (Magna Grecia,Alberone, Esquilino e Via Orvieto) che ciforniscono verdure, ortaggi, frutta e carne;per il pane collaboriamo con diversi forni;un centro di distribuzione alimentare cherifornisce due catene di supermercati cidona pasta, formaggi, insaccati, passata edaltri generi di prima necessità.

Anche la Parrocchia di Santa Caterinacollabora in vario modo con noi; oltre adalcuni parrocchiani che partecipano attiva-mente fin dai primi anni, circa due voltel’anno la Parrocchia organizza una raccol-ta di vettovaglie (piatti, bicchieri, posate,ecc.), che poi utilizziamo per la prepara-zione dei circa 800 pasti settimanali distri-buiti durante il nostro servizio allaStazione Tuscolana (il sabato e la domeni-

ca), e alla Stazione Ostiense (il lunedì ed ilmartedì).

Da quel piccolo gruppo iniziale di 5/6famiglie, oggi fanno parte dell’associazionecirca 250 volontari di ogni età e convinzio-ne (cattolici, ortodossi, musulmani, noncredenti, ecc.); in varie occasioni ci siamochiesti quale può essere stato il perché delsuccesso di questa avventura e la riposta stanel motivo principale per cui è nata l’ini-ziativa stessa: l’ACCOGLIENZA!

Dove per accoglienza si intende acco-gliere la persona che hai accanto senza nes-sun pregiudizio e con la certezza che anchelui condivide con te questa scelta. Spessoci ripetiamo che quando andremo in piaz-za ad incontrare quelli che da tempo con-sideriamo i nostri amici, a loro porteremonon solo il cibo ma, soprattutto, la bellez-za del nostro saper stare insieme.

Ci sarebbero tantissimi episodi da rac-contare in cui ci siamo sentiti sostenutidalla Provvidenza ma basta pensare e sape-re che tutto ci è arrivato da Essa: dal luogodove poter preparare i pasti, in cui neltempo abbiamo potuto realizzare una verae propria cucina da comunità, al cibo, allacella frigorifera, al furgone per andare aprendere le derrate alimentari, ai vestitiche doniamo, e così via.

A mio avviso, una delle grandi conqui-ste che questo sforzo nel cercare di vivererapporti personali autentici e sinceri haportato è la frattura di quel muro invisibi-le, e spesso invalicabile, che può esistere trachi pensa di essere un benefattore e le per-sone a cui pensa di portare beneficio.Infatti, da circa due anni diverse delle per-sone che vivono vicino alle stazioniTuscolana ed Ostiense partecipano piena-mente alle attività dell’associazione.

Insieme con loro andiamo ai mercati araccogliere quanto ci donano i negozianti,o in cucina a preparare la cena, o nei piaz-zali delle stazioni a distribuire i pasti.Abbiamo anche organizzato con loroalcune giornate di relax trascorse tuttiinsieme (volontari ed amici senza fissadimora), nel Parco di Vejo oppure aiPratoni del Vivaro.

Ovviamente il cammino continua adessere vivo, interessante e fecondo. Cosìstanno nascendo ulteriori iniziative. A par-tire dal 5 Marzo stiamo iniziando l’espe-rienza di un Cineforum aperto ai nostriamici di strada; poi stiamo avviando un

corso di formazione professionale sullestampe in 3D per il reinserimento nelmondo lavorativo per 20 giovani.Insomma, raccogliendo l’invito di PapaFrancesco che ci chiede di fare di tutto peri nostri fratelli che si trovano in un qualsia-si stato di bisogno, si stanno cercandoinsieme tutte le vie per farli sentire nuova-mente delle persone come tutte le altre enon degli “invisibili” oppure degli “scarti”.

Infine, mi piace condividere con voi lagioia del sapere che alcuni dei nostri amicisi sono impegnati a recuperare uno stile divita migliore. Provvidenzialmente, siamoriusciti a trovare per loro un lavoro e unasituazione abitativa migliore; con loro c’èun contatto quotidiano, per sostenerli edincoraggiarli in questa che rappresenta unadelle grandi sfide della vita: riuscire a vive-re tutti insieme delle relazioni interperso-nali autentiche e fondate sulla condivisio-ne ed il rispetto reciproco.

Da sempre la storia ha raccontato digruppi di persone che si sono unite edorganizzate per appartenenza, spessoreputando un nemico oppure un pericolochi la pensava diversamente; l’avventurache stiamo vivendo ci porta a capiremeglio l’affermazione di San GiovanniPaolo II, “non abbiate paura di aprire leporte dei vostri cuori a Cristo”, che quasiinconsapevolmente, nel corso di questocammino percorso insieme a tante personedi buona volontà , si è tradotta nell’aprirei nostri cuori al prossimo. Tutto questodona la speranza in un futuro migliore.

Edoardo Laganà

PANE E NON SOLOIl miracolo dell’accoglienza

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Riconoscere, conoscere e adorare GesùLa comunità alla Messa celebrata dal Papa a Santa Marta

V erso la fine dello scorsodicembre Don Humberto cicomunicò che la Segreteria

del Papa aveva invitato la Parrocchia diSanta Caterina da Siena a partecipare allaSanta Messa celebrata da Papa Francescopresso la chiesa di Santa Marta.L’appuntamento era fissato per lunedì 9gennaio. Sarebbe stato molto bello eauspicabile la partecipazione più ampiapossibile della comunità parrocchiale ma,per motivi organizzativi e logistici, si con-sentiva una presenza di sole venticinquepersone. Era necessario pertanto operaredelle “scelte” e, dopo un confronto serenoe fraterno, che si è tenuto nel ConsiglioPastorale, il parroco ha ritenuto che alcu-ni dei membri, in rappresentanza di tuttala comunità parrocchiale, partecipasseroalla Santa Messa con Papa Francesco.

Da quel momento ho iniziato, comepenso tutti gli altri, ad avvertire l’impor-tanza di tale incontro, provando forteemozione e grande responsabilità. Credoche ciascuno di noi abbia pregato ilSignore affinché benedicesse questastraordinaria esperienza di fede. Lunedì 9gennaio ancora nel buio della notte, macon tanta luce che provavamo ad accende-re nei nostri cuori confortati dalla pre-ghiera, abbiamo raggiunto in bus piazzaSan Pietro e, dopo i necessari controlli,siamo entrati nella Casa di Santa Marta,abbiamo preso posto nei banchi dellachiesa e con religioso silenzio ci siamo pre-parati all’incontro. A questo punto il Papaè salito sull’altare ed ha iniziato laCelebrazione Eucaristica. Subito la suafigura semplice di pastore, che ha premu-ra delle sue pecorelle e che le ama, ci haattratto. Alcuni di noi sono chiamati alservizio della proclamazione della Parola ealtri al servizio all’Altare, nei quali si rap-presenta tutta la comunità parrocchiale.L’Omelia credo sia stata per tutti noi ilmomento più significativo.

La liturgia della prima settimana deltempo ordinario proponeva la “Letteraagli Ebrei” (Eb 1,1-6), il SalmoResponsoriale (dal Salmo 96) ed ilVangelo secondo Marco (Mc 1,14-20).Ripercorriamo alcuni passaggidell’Omelia di Francesco che con parole

semplici, ma straordina-riamente chiare ed effica-ci, ha offerto a tutti noielementi di verifica e digrande riflessione per unrinnovato stile di vita cri-stiana. Richiamando iltempo liturgico appenavissuto (quello delNatale), che «aveva alcentro l’attesa e poi lavenuta di Gesù, la nascitae i misteri della nascitafino al Battesimo», ilSanto Padre ha così proseguito: «È statoun lungo cammino affinché arrivasse questomomento della manifestazione di Gesù cheabbiamo celebrato nel tempo di Natale […]e che continua ad essere il centro della vitacristiana: Gesù Cristo, Figlio del Padre,Salvatore del mondo. Non ce n’è un altro, èl’unico». «È questo il centro della nostravita: Gesù Cristo che si manifesta, si fa vede-re e noi siamo invitati a conoscerlo, a rico-noscerlo nella vita e nelle tante circostanzedella vita». Ecco il punto: «RiconoscereGesù e conoscere Gesù» e chiedersi: «il cen-tro della mia vita è Gesù Cristo? Qual è ilmio rapporto con Gesù Cristo?».

Il Papa ci ha posto queste domandeche sono cruciali per ogni cristiano: quan-to Gesù Cristo conta e quanto orienta lescelte della mia vita? E poi sono in gradodi conoscere Gesù, di riconoscerlo? A que-sti interrogativi Francesco è venuto innostro aiuto. Se vogliamo conoscere Gesùè necessaria la lettura quotidiana, anchebreve, di un passo del Vangelo: la Parola diDio è il seme che lo Spirito Santo fa ger-mogliare ed è così che conosciamo Gesù.Riferendosi poi al Salmo 96 appena pro-clamato, quanto adoriamo il Signore cosìcome fanno gli angeli? Bisogna «adorareGesù e dire: Tu sei l’unico, il principio e lafine e con Te voglio rimanere sempre». IlPapa, Vescovo di Roma, ci ha indicato imodi: la preghiera di adorazione in silen-zio nella quale riconosciamo che per noic’è solo Lui e «le altre cose servono se sono indirezione di Dio». Quando poi recitiamola piccola preghiera del Gloria adoriamo ilPadre, il Figlio e lo Spirito Santo.Bergoglio ci esorta ad avere Gesù al centro

della nostra vita, ascoltando quello che ilSignore dice nel Vangelo: “Venite dietro ame”. Dunque dobbiamo seguire Gesù, isuoi insegnamenti e «le cose che noi trovia-mo tutti i giorni quando leggiamo quelpezzo del Vangelo» e chiedere: Signore cosavuoi che io faccia? Indicami il cammino.Essenziale è tenere sempre «Gesù al cen-tro». Ritengo che le parole del Papa, cosìricche di contenuti fondamentali per ilcammino di fede di ogni cristiano, ciabbiano fatto vivere un’esperienza spiri-tuale talmente forte che non si puòdimenticare; infatti oltre all’emozione viera la consapevolezza di aver pregato conlui e di appartenere alla Chiesa Universale.La giornata doveva ancora riservare sor-prese: Francesco desiderava salutarci econoscerci personalmente. DonHumberto, accanto al Papa, ci ha presen-tati illustrando brevemente il serviziopastorale che svolgiamo nella comunitàparrocchiale. Sono stati momenti intensi,ci è stato trasmesso calore umano ed affet-to paterno. Siamo entrati nella Casa diSanta Marta con il buio della notte esiamo usciti con un sole splendente che,in una mattina fredda d’inverno, ha riscal-dato i nostri cuori arricchiti da questaesperienza di spiritualità che il Signore ciha donato e che ora vorremmo condivide-re con tutta la comunità. Il Santo Padre ciha esortato a vivere cristianamente:Conoscere, Riconoscere, Adorare eSeguire Gesù. Ci ha lasciato un compito:leggere un brano del Vangelo al giorno,perché solo così “Gesù è al centro dellanostra vita”.

Giovanni Venzaghi

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Francesco e quella benedizione: così agisce la grazia

D on Humberto si trovaaccanto al Papa e ci presen-ta, spiega il servizio che

svolgiamo in parrocchia incontrando nelleloro case i genitori che chiedono il batte-simo per i loro bambini.

Il Papa alza la mano perbenedire la nuova vita cheattendiamo, una benedizionespeciale (non a tutti capita diincontrare il Papa, così vicino,in maniera così personale… eprima ancora di essere venuti almondo!). A questo puntoFrancesco ha un’accortezza checi stupisce: traccia un segno dicroce in aria, accostandosi mastando attento a non sfiorare lapancia. Un gesto di estremadelicatezza, di riserbo e dirispetto. Una dimostrazioneplastica di come agisce la gra-zia: senza imporsi, in manieralieve, nel rispetto del misteroche ognuno porta dentro di sé.

Così si conclude il nostroincontro con il Papa, un incon-tro coinvolgente e significativoper la nostra vita di fede intesanelle sue diverse declinazioni:personale, di coppia, familiare,comunitaria. Partiamo insiemecon gli altri in una mattinafredda – è ancora buio –lasciando a casa, eppur portan-do dentro di noi, il nostroprimo bimbo di due anni e gliamici che generosamente ci hanno offertoil loro posto affinché potessimo vivere incoppia questa esperienza.

Arriviamo in una piazza S. Pietroancora addormentata e dopo i controllientriamo in una piccola cappellina all’in-terno della residenza S. Marta. Dalla sem-plicità del posto e dal raccoglimento (chedi solito non è la cifra tipica delle occasio-ni pubbliche) nulla lascerebbe immagina-re l’arrivo di Francesco. Ma lui entra così,senza alti prelati accanto, senza cerimonie,

come un parroco. E così celebra la messa,invitandoci a leggere ogni giorno ilVangelo in modo tale da conoscere, ado-rare e seguire Gesù.

Mentre celebra, mentre parla, ho lasensazione che Francesco non polarizzi su

di sé la nostra attenzione, ma che piutto-sto la rimandi alla contemplazione diqualcun’altro. Nel suo modo di predicarenon c’è enfasi, la semplicità delle sue paro-le non è affettata: si rivolge a noi inmaniera diretta, consigliando e ammae-strando ma non mettendosi al centro lasua persona. Il centro del suo discorso èGesù.

Ovunque, nel mondo, perfino neilibri e nei film, si fantastica del Vaticano,dei segreti che si nascondono nei palazzi

di quel piccolo Stato. Mentre Francescoparla ho la sensazione che nel cuore dellaCristianità non vi sia nessun interesseumano, nessun protagonismo, e che leredini le tenga un sacerdote (un gesuita, esi sente) il cui pensiero principale è fare

spazio a Gesù.La messa finisce e Francesco

esce dalla cappellina; tornerà dopoqualche minuto, uscendo dallasacrestia nuovamente da solo. Ilsuo passaggio è sottolineato dalmovimento delle teste dei presenti,che cercano di capire dove stiaandando. E lui, con semplicità, sisiede su una delle ultime panche,in fondo alla chiesa, e si raccogliebrevemente in preghiera. Abbiamovisto tante volte i nostri sacerdotisedersi tra i banchi, prima dellamessa o alla fine, ma un gesto cosìinappariscente ora assume ai nostriocchi un aspetto insolito.

Poi Francesco esce e ci dispo-niamo ad incontrarlo. Ci mettia-mo in fila, ed è bello vedere lanostra comunità nella diversità deisuoi carismi, delle sue attività, deisuoi servizi. Quando arriva ilnostro momento, avanziamo insie-me, ci presentiamo in due e por-tiamo davanti a Francesco lanostra storia e le storie delle coppieche abbiamo incontrato, di quelleche ci hanno aiutato nel percorsodi fidanzamento, quelle che cihanno ispirato la scelta del matri-

monio, quelle che ci hanno fatto vederecosa vuol dire la gioia di essere genitori. Eallo stesso tempo Francesco incontra pro-prio noi, ascolta i nostri nomi, chiede ilnome del bimbo che sta per nascere e glidiciamo il nome di chi ci aspetta a casa. Esolo a questo punto quel segno di croce,così intimo e così discreto, ci riempie digratitudine. Quella gratitudine che abbia-mo provato a raccontare in queste pocherighe.

Stefano e Laura

(© Osservatore Romano)

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La spiritualità di San Benedettoe il sacro Speco

A lcuni luoghi parlano al nostrocuore e ci proiettano in unadimensione spirituale allar-

gando i nostri orizzonti oltre i confini chequotidianamente sperimentiamo: questaesperienza bellissima e coinvolgente l’ab-biamo vissuta pochi giorni fa con ungruppo di bambini del catechismo e leloro famiglie nel nostro pellegrinaggio almonastero benedettino di S. Scolastica eal Sacro Speco di Subiaco, luogo dovenacque il monachesimo di San Benedetto,ben presto diffusosi non solo nel Lazio manella intera Europa.

Parlare del Sacro Speco significa riper-correre la storia del monachesimo bene-dettino e del suo iniziatore, Benedetto daNorcia, patrono d’Europa. Benedettonella stretta e scabrosa spelonca vive per treanni di preghiera e del poco pane che ilmonaco Romano gli cala attraverso unafune. Ma il progetto di Dio perBenedetto è di farne un modello di vitaper gli uomini: così, dopo aver ricevuto lavisita di un sacerdote ed aver incontratopiù volte i pastori del luogo, esce dall’iso-lamento e dà avvio al cenobitismo; neiventi anni successivi è impegnato nellaprima stesura della Regola e fonda bentredici monasteri nell’alta valledell’Aniene. Il monastero che circonda ilSacro Spero non fa parte dei tredici origi-nari: sorgerà dopo l’anno Mille.

L’attaccamento al luogo ove Benedettoaveva posto le basi della sua avventura spi-rituale avrà come frutto la realizzazionedel complesso architettonico ed artisticoche oggi possiamo ammirare, il “nido dirondine” come volle definirlo nel 1461papa Pio II Piccolomini. E la similitudinecoglie esattamente e con grande sintesi icaratteri del luogo: come il nido di unarondine nasce dalla fatica di infiniti voliche hanno permesso il giustapporsi disemplici grumi di fango a creare una strut-tura a sbalzo sul muro per proteggerenuove vite e continuare la specie, così ilSacro Speco è il frutto di quanti nei seco-

li, con straordinaria dedizione, zelo e crea-tività, hanno edificato pietra su pietral’organismo architettonico aggrappato allaroccia scoscesa per proteggere la piccolagrotta dove Benedetto si isolò dal mondoper perseguire il suo progetto di vita e difede.

Dopo la sosta al monastero di S.Scolastica e la salita lungo il pendio ciòche appare agli occhi del fedele è un com-plesso monumentale addossato contro laparete di roccia, costituito da più costru-zioni ad andamento orizzontale sostenuteda ampie arcate; ma la linearità dellepareti e la scelta dei materiali in perfettaarmonia con la pietra naturale della pare-te rocciosa non traducono all’esterno laricchezza spaziale e il continuo susseguirsidegli spazi interni, raccordati da passaggi escale per compensare il dislivello di quotatra gli ambienti, e soprattutto animatidalle colorate figure degli affreschi cherivestono tutte le superfici. L’ingressoattuale è differente dall’antico: oggi il sen-tiero conduce alla parte più alta del com-plesso, realizzata per ultima, mentre inantico il fedele entrava dagli ambienti piùin basso, dalla Grotta dei Pastori dove S.Benedetto incontrava la gente semplicedella valle. Superata una breve galleriaricavata nella roccia e la Sala del CapitoloVecchio si entra nella chiesa superiore, aduna sola navata ma suddivisa in due cam-pate con volte di diversa altezza: più slan-ciata la prima, che accoglie sulle pareteuna sintesi degli episodi della vita di Gesù, una vera catechesi illustrata sullaSettimana Santa, più bassa e in penombrala seconda, in cui sono narrati gli episodiprincipali della vita di S. Benedetto. Tratutte le rappresentazioni quella che piùcolpisce è la grande Crocifissione, posta aldi sopra dell’arco gotico tra le due campa-te.

La navata è conclusa da una piccolaabside scavata nella roccia, al centro dellaquale è collocato l’altare; di fronte ad essouna scala scende alla chiesa inferiore, più

piccola e disomogenea perché compostadi più ambienti che avevano in origine lafunzione di condurre ai luoghi sacri.Anche qui le irregolarità degli spazi sonoannullate dalla presenza degli affreschi checolpiscono la nostra attenzione con il rac-conto semplice ma efficace dei momentipiù importanti della vita del Santo. E dallachiesa inferiore si accede al Sacro Speco: lagrotta impressiona per le sue ridottedimensioni e per la estrema semplicità,per la nuda roccia che rimanda alla essen-zialità della vita monastica e per le dodicilampade sempre accese, unica presenzainsieme alla candida statua di A. Raggi chemostra Benedetto in preghiera.

Da questo luogo di altissima spiritua-lità parte l’ultimo tratto del percorso divisita: attraverso una breve scala a chioc-ciola si sale alla Cappella di S. Gregorio, odegli Angeli, anche questa ricchissima diaffreschi, in particolare il ritratto di S .Francesco, realizzato nel 1223 durante ilsuo soggiorno al monastero; tornati allachiesa inferiore la Scala Santa porta rapi-damente in basso alla Cappella dellaMadonna, arricchita da un ciclo di affre-schi dedicati alla Vergine Maria, e ancorapiù in basso alla Grotta dei pastori. Dallagrotta si può uscire all’aperto ed affacciar-si verso la valle per contemplare la naturama anche per apprezzare dal basso la com-plessità dell’edificio, perfettamente inseri-to nel paesaggio naturale.

Adesso non resta che tornare indietrovarcando l’antico ingresso e seguendo ilpercorso originario, dal basso verso l’alto,attraverso la Scala Santa, quella che inantico era il sentiero per raggiungere loSpeco. Riattraversando ancora una voltagli spazi, dove ogni immagine parla nelsilenzio altissimo della preghiera, nonposso non ricordare il titolo di un libroscritto dall’allora cardinal Bergoglio, oggipapa Francesco: “La bellezza educherà ilmondo”.

Livia Scolari

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“L a via della perfezione nonconsiste nel possederequalità eccezionali: parla-

re lingue nuove, conoscere tutti i misteri,avere una fede prodigiosa o compiere gestieroici. Consiste invece nella carità cioè nel-l’amore autentico, quello che Dio ci harivelato in Gesù Cristo” (Benedetto XVI,Angelus, 31 gennaio 2010). Di questaagape, sintesi della vita di tutti i credenti,hanno fatto esperienza i giovani cresiman-di della nostra parrocchia, che il 28 gen-

naio scorso hanno prestato servizio allamensa della Casa di accoglienza “SantaGiacinta” in Via Casilina. Don Antonio eAlessandro Venzaghi hanno condiviso connoi questo momento di fraternità, avvici-nando spiritualmente i ragazzi ad assapora-re la Bellezza dell’incontro con Gesùnell’Amore per il prossimo.

Il coinvolgimento è stato fin da subitoentusiasta e responsabile. Ciascuno hamesso a disposizione la propria buonavolontà svolgendo compiti diversi: alcuniprovvedevano alla distribuzione dei pasti,altri si adoperavano in cucina, altri ancorapreparavano le terapie da somministrarealla fine della cena. Dopo qualche esitazio-ne iniziale,i ragazzi si sono anche intratte-nuti con gli ospiti della struttura, quelli chela loro sensibilità percepiva più affabili eaperti al dialogo, creando un clima di con-divisione fraterna. Il contesto in cui ci tro-vavamo era dei più tranquilli, ma toccarecon mano la difficile condizione esistenzia-le dei nostri fratelli meno fortunati non èstato sempre facile. Non lo è per noi adul-ti…figuriamoci a 13 anni! Se una parolafuori luogo o la pretesa di qualche cuc-

chiaio di minestra in più erano situazioniprevedibili, non era altrettanto immagina-bile, per i ragazzi, vedere accostarsi allamensa giovani della stessa età o di poco piùgrandi. La loro povertà non poteva cheapparire un’ingiustizia, una contraddizionealla bontà di Dio che “dà il cibo a ognicarne” (Sal 136, 25) e vuole la vita inabbondanza per tutte le sue creature. Unapresa di consapevolezza di fronte alla qualei ragazzi comprendevano il senso del pro-prio servizio.

Ma la nostra carità non siesauriva nella benevolenza. Aspingerci a essere lì quel pome-riggio non era tanto una scelta direttitudine morale né semplice-mente altruismo, bensì l’invitoche Gesù rivolge a ciascuno dinoi di metterci a servizio dei piùbisognosi, di non chiuderci nel-l’egoismo delle nostre necessi-tà:“In verità vi dico: ogni voltache avete fatto queste cose a unosolo di questi miei fratelli piùpiccoli, l'avete fatto a me” (Mt25,40). Facciamo esperienza di

Gesù nell’Eucaristia, nella Parola, neiSacramenti; quel giorno Lo abbiamoincontrato faccia a faccia, nel volto soffe-rente di chi patisce nel corpo e nello spiri-to.

Accettando lo stile di vita proposto daGesù, i ragazzi hanno scoperto che l’unicadimensione vera e autentica dell’uomo è lagratuità: chi ama veramente “non cerca ilproprio interesse”, “non tiene conto delmale ricevuto”, “tutto scusa, tutto crede,tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13, 4-7). Servire l’altro significa essere dono diDio per il prossimo. Quanta responsabilitàc’è nelle nostre scelte: nutrire il prossimo,dargli da bere, vestirlo, visitarlo nei periodidel dolore…Siamo noi che scegliamo seessere benedetti dal Padre o vivere lontanida Lui. E sempre a noi spetta il compito dicostruire il Regno di Dio in questo mondo,per goderne a pieno nella beatitudine eter-na quando saremo in comunione perfettacon Lui.

Rendersi servi docili del Signore per ilprossimo, impegnandosi a esserlo nellaquotidianità della propria vita: questo l’an-nuncio di fede dei nostri ragazzi, vissuto

nell’operositàdi un pomeriggio in cui – èDon Antonio a raccontarlo con questeparole – lo Spirito Santo ha agito nei nostrigiovani e negli ospiti, creando una comu-nione che solo Lui sa rendere piena, unacomunione che va oltre lo stato sociale.Un’esperienza che è “seme gettato” nelcuore dei nostri ragazzi. Sarà sempre loSpirito Santo ad alimentarlo e farlo cresce-re, perché diventi consapevolezza piena cheogni cosa che si fa a un “piccolo” non è soloper questa terra, ma è per il cielo.

Ci rivolgiamo a voi, ragazzi, per farviun augurio di vita: non smettete di essere“luce” e “sale” (Mt 5, 13-14) per tutticoloro che incontrerete!

Gianluca e Doriano

«Dov’è carità e amore, lì c’è Dio»I ragazzi del VI corso in servizio alla Caritas

BREVI RIFLESSIONI DEI RAGAZZI DEL VI CORSO

La gioia vera di regalare un sorriso atrentadue denti, donando loro unpo’ di compagnia….Aver toccato con mano che la povertàesiste davvero, ma la speranza e lamisericordia non hanno mai fine!...Ricordo il desiderio dei miei com-pagni, anche quelli che distribuiva-no i pasti dietro il bancone, di avvi-cinarsi alle persone in sala e cono-scere le loro storie…Condividere un sorriso anche con chiporta con sé tanto dolore per la suacondizione, e un po’ se ne vergogna…L’idea che la vita possa essere unamano aperta dà serenità…Abbiamo veramente compiuto il pre-cetto di Gesù, amando il prossimocome noi stessi...Carità è renderli consapevoli che ildono più bello è la vita…Guardarli negli occhi è un’emozione,sentirli parlare è condivisione...Storie di famiglie, di ballerine, diinfanzie…basta osservare i lorogesti e prendersi cura delle loroparole…È stato un dono condividere l’espe-rienza del servizio con i miei compa-gni: insieme per gli altri…

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a cura di Maurizio Lisanti

Notizie

RACCOLTA DEL SANGUENel corso dell’ultima raccolta di sangue (29 gennaio 2017) sono statiraccolti 30 flaconi oltre quelli raccolti direttamente nel centro trasfusio-nale del Bambino Gesù (Piazza di Sant'Onofrio, 4, Roma) presso ilquale alcuni volontari donano periodicamente il sangue a nome dellanostra Parrocchia.La prossima raccolta sarà il 14 maggio 2017 presso l’oratorio dellaParrocchia Santa Caterina da Siena in piazza Galeria 11In generale non possono donare il sangue le persone che hanno assuntomedicinali antinfiammatori nei cinque giorni precedenti la donazionementre per le altre esclusioni verrà data una informativa completa contutte le casistiche.Per richiesta sangue contattare Augusto Gori tel 06//87775578 –cell. 3389677953

BANCO ALIMENTARERaccolta del 26 novembre 2016 presso SMA di Via dei Laterani.Hanno partecipato 35 volontari che si sono alternati dalle 8,30 alle 20,00Sono stati raccolti kg. 1067 di generi alimentari.Raccolta Banco Alimentare del 4 marzo 2017 presso il supermercatoSMA di Via Circonvallazione Appia (Piazza Roselle)Hanno partecipato 25 adulti che si sono alternati dalle 8,00 alle 20,00e 15 ragazzi del 6° corso che hanno coperto l’intero turno dalle 15,00alle 19,00.La novità di quest’anno è stata la presenza di questi giovani che con illoro entusiasmo hanno dato testimonianza di Misericordia per i piùbisognosi agli avventori del supermercato.Sono stati raccolti Kg 900 di generi alimentari. Ringraziamo tutti coloro che sono venuti a fare la spesa per donare qual-cosa.Tutto quanto raccolto, la Caritas parrocchiale lo sta distribuendo ai piùbisognosi.

ADORAZIONE EUCARISTICA COMUNITARIAIl lunedì dalle ore 21,15 alle 22,15 ed il venerdì dalle 17,30 alle 18,30in Chiesa.

Tutti i giorni possibilità di accedere alla Biblioteca: orari 10/12 – 17-19

APPUNTAMENTI1, 7, 14, 21 maggio Comunioni 201728 maggio Palio S. Caterina da Siena10 giugno Festa conclusiva scuola calcio26 giugno-2 luglio Campo scuola catechismo a Campitello Matese

CONCERTI7 maggio Chiesa di Santa Caterina da SienaIn occasione del 25° anniversario di sacerdozio di Don Humberto GomezConcerto alla Vergine Maria: saranno eseguite 12 Ave Maria di compo-sitori diversi (Gounod, Schubert, Mascagni, Verdi, Tosti…..)Jaeryang Kim soprano Eun Hye Lee sopranoYiseul Kang soprano Antonio Di Lorenzo baritonoSuraya Zaidi pianista

4 giugno Chiesa di Santa Caterina da SienaIII^ Rassegna Corale “Cori inCanto”“Coro Diapason” Direttore Fabio De AngelisCoro voci bianche “Voces Angelorum” e Coro giovanile “With us” Direttore Camilla di Lorenzo

18 giugno Anfiteatro Santa Caterina da SienaConcerto Lirico-napoletano

Jaeryang Kim soprano Eun Hye Lee soprano

Yiseul Kang soprano Antonio Di Lorenzo baritonoLello Dell’Ariccia tenore Suraya Zaidi pianista(musiche di Puccini, Verdi, Rossini, Lehar, Strauss, Costa, Lama,….)

CENTRO D’ASCOLTOIl Centro d’ascolto della Caritas Parrocchiale, oltre a distribuire cibo evestiti a famiglie in difficoltà, offre un servizio di richiesta lavoro siacome domanda che come offerta (colf, badante, baby sitter, donna dicompagnia).Il centro è aperto il martedì dalle 9 alle 12 e il venerdì dalle ore 10,30alle ore 12,30 (cell. 3429100267).La distribuzione dei pacchi viveri viene effettuata solamente il martedìmattina (dalle ore 9,00 alle ore 12,00) presso l’oratorio parrocchiale diPiazza Galeria, 11. Se puoi, contribuisci portando in chiesa la domeni-ca un po' di spesa. Grazie!

STAZIONE TUSCOLANA e STAZIONE OSTIENSEIl sabato, la domenica, il lunedì ed il martedì alcuni parrocchiani (e nonsolo) della Parrocchia di Santa Caterina da Siena e della Parrocchia delSS. Corpo e Sangue di Cristo a turno, coordinati da Dino Impagliazzo,preparano pasti caldi e panini che vengono distribuiti ai poveri che siraccolgono (sabato e domenica) presso la Stazione Tuscolana, (lunedì emartedì) presso la Stazione Ostiense.Per chi volesse contribuire il sabato pomeriggio alla preparazione e/o dis-tribuzione dei pasti, deve mettersi in contatto con i seguenti referenti:Marisa Scalia cell. 347 3380255 mail: [email protected] Bonfigli cell. 3202708312 mail: [email protected], chi volesse dare una mano la domenica, deve contattare ilseguente referente:Tonino Sorrentino cell. 3356696762 - mail: [email protected], chi volesse dare una mano lunedì o martedì, deve contattaredirettamente Dino Impagliazzo ai seguenti numeri di telefono:06 7092220 - 3494909707Ringraziamo in anticipo tutti coloro che, a vario titolo, vorranno con-tribuire a questa forma di volontariato.

LA COMETAAssociazione "La Cometa" onlus Via Latina 30, 00179 RomaTel. 06.70496688 Cell. 331.420452 Fax. 06.7017133http://www.lacometaonlus.eu/La parrocchia collabora con l’Associazione delle Suore Ospedaliere dellaMisericordia SOM per le adozioni a distanza e sostegno alle loro mis-sioni anche attraverso “L’orto solidale” a cui partecipano alcune famigliedella parrocchia .Come puoi aiutare?- Adottando un bambino- Partecipando agli eventi di beneficenza per sostenere progetti e missioniDestina il tuo 5X1000 a "La Cometa" CF 07191011001

SPORTELLO LEGALESportello di consulenza legale gratuita e servizio di primo ascolto nelleseguenti materie:- lavoro e previdenza (licenziamenti illegittimi, dimissioni forzate,maternità, precariato ecc.)- diritto di famiglia e tutela dei minori- infortunistica stradale. Cadute pedoni.- cause condominiali.Orario: martedì e giovedì dalle ore 18.00 alle ore19.00; sabato dalleore10.00 alle 12.00(attenzione: solo su appuntamento tel 0670490091)Referente: avv. Pietro Cruciani

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