PARLA ROBERTO SERAFINI - ilpaese-buti.it · Tutto il paese è rimasto colpito profonda-mente. Come...

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Aut. Trib. di Pisa n. 11/90 del 9.4.1990 http://www.ilpaese-buti.it/ Direttore responsabile: Paola Alberti Stampa: TIPOGRAFIA MONTE SERRA - Via Barsiliana - Vicopisano (Pi) - Tel. (050) 799.477 Giugno 2011 - Anno XXII - N. 4 ELEZIONI NON AVETE PERSO NULLA NON È GIUSTO Tutto il paese è rimasto colpito profonda- mente. Come accade al cospetto di morti improvvise e premature. Le reazioni sono di incredulità, di rabbia, di stordimento. Ciò non avviene soltanto nelle persone più coinvolte nella tragedia, ma anche negli amici, nella folla che si stringe ai funerali. Si assiste a grandi emozioni, manifesta- zioni di un dolore tanto visibile quanto effimero. Non può che essere così, altri- menti la vita non potrebbe continuare. "La morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto" dice Plutarco. Un naufragio che colpisce duramente i familiari stretti. E quindi che dire al babbo, alla mamma, al fratello. Vogliamo credere che la partecipazione di tanti al lutto sia stata una sia pur lieve consolazione per loro. E conforto sia venuto dall'affetto per Monica dimostrato dagli amici ai funerali anche con le parole dette da Giulia Pelosini e con l'intenso ricordo di Pamela Radi, che riproducia- mo: “Lei era la vita fatta persona, con i suoi eccessi e le sue debolezze, la sua grinta e la sua sensibilità e non basterebbero mille aggettivi per descriverla. La Mò è e reste- rà semplicemente la Mò! Posso affermare però con assoluta certez- za che lei era..... - era bella, è tanto bella: era sempre sor- ridente e il suo sorriso era contagioso... quella boccalona ti badava, ti rideva e riusciva a farti stare sempre bene, lei ti faceva sentire bene; - era il folclore: quando arrivava....la sen- tivi....non c'era verso che potesse andà diversamente, la sentivi rivà da lontano e già ti rendeva felice! A Bientina quando anche i miei amici hanno avuto l'onore di conoscerla l'hanno subito soprannomina- ta “Terremò”....la Mò! - era dolce e sensibile: ebbene sì la Mò era anche una dolciona. Io l'ho conosciu- ta in un momento un po' particolare della mia vita e lei mi ha dato la forza per riuscire a stare bene....non dimenticherò mai i suoi abbracci, i suoi baci e le sue espressioni tipo: “le mi bimbe, vi vò bene sodo!”; per non parlare della sua bimbi- na adorata...la Cate...era la sua gioia più grande, le brillavano gli occhi quando ne parlava, era orgogliosissima d'avé una nipotina così bella! - era intelligente: mi ricordo come fosse ieri quando mi disse che pensava di iscri- versi all'università. All'inizio ero un po' scettica, le dissi che doveva esser sicura, che doveva farlo se se la sentiva ma che avrebbe dovuto anche metterci tanto impegno per concluderla in tempi relati- vamente brevi...e lei mi disse che ce l'a- vrebbe fatta se voleva perché lei era la Mò ! ...e così è stato....”mi laureooooo” dice- va, l'ha fatto davvero e l'ha fatto anche bene! Che capo ragazzi che aveva! - era altruista e generosa: la Mò si sareb- be tagliata una gamba per aiutarti, sareb- be corsa in capo al mondo per soccorrer- ti...era unica...lei non chiedeva mai nien- te...lei dava e basta! Dopo il servizio civi- le alla Misericordia ha deciso di diventa- re infermiera, perché era troppo nella sua indole, era più forte di lei...ni garbava sodo! Lei riusciva a dare tanto alle perso- ne, lei ci metteva l'anima in tutto quello che faceva! Che altro aggiungere....chi ha avuto l'o- nore di conoscerla l'ha amata e lo sa che la Mò era tutto questo ed altro, lei ha lasciato un po' di sé dentro ognuno di noi...resterà per sempre nelle nostre teste e nei nostri cuori...e ci mancherà terribil- mente tanto... Mò ti voglio un mondo di bene, ti amiamo tutti infinitamente....non ti dimentichere- mo mai....ciao!” Gli effetti del naufragio rappresentato dalla scomparsa di Monica, ci sono stati comunicati anche da Andrea Bacci, che ha detto: “Alcuni anni addietro, quando ci siamo ritrovati in questa stessa chiesa per dare l’ultimo saluto a Dolando, è stato dato l’addio alla storia del canto del mag- gio, ad una persona che aveva contribuito alla fondazione della compagnia “Pietro Frediani” e che cantava il maggio da sempre, fin dalla giovinezza essendo nato in una famiglia di maggianti. In quel caso, con l’addio alla storia si salutava una persona che aveva vissuto una lunga vita. Oggi, invece, siamo qui per dare l’ultimo saluto ad una giovane vita che era il futu- ro della compagnia del maggio...”. Toccante l’omaggio di Andrea con il canto delle ultime tre quartine della Passione di Gesù Cristo scritte dal nonno Enzo Pardini proprio nel 1985, l’anno in cui nasceva Monica. Un saluto è stato portato dalla capo contrada dell'Ascensione Wanda Bagni. Un'ultima considerazione: quanto malata è “nel midollo” una società come la nostra che offre così poco ai giovani: non la sere- nità del lavoro, non la speranza offerta da modelli di civismo, anzi essi sono usati con spietatezza perché consumino; una società che si riduce a rimpiangere di non saper fissare poche, efficaci regole che impediscano le cosiddette stragi del saba- to sera. INCENDI CHI METTE IL FIAMMIFERO? Un amico, giorni fa, mi ha sottoposto una foto di un incendio in un bosco di conifere, nelle Montagne Rocciose, commosso dalla fuga di cervi che vi era ritratta. Gli ho detto che non c'è niente di più bugiardo delle immagini, perché la foto non portava scrit- to che l'incendio, da quelle parti, nella quasi totalità dei casi, è figlio del fulmine e quin- di del tutto naturale. L'uomo non aveva ruolo, né come attore, né come comparsa, giacché quelle aree sono a bassissima pres- sione antropica. Gli ho detto anche che piante e animali si sono adattati a quel tipo di evento, che in taluni casi risolve proble- mi di sovrappopolazione animale, o, per le piante, elimina casi di parassitismo e malat- tia. Cioè, per certi aspetti, incendi benefici. Il mio amico non doveva giudicare quegli eventi sulla falsariga di cosa succede dalle nostre parti, dove gli incendi scoppiano per ragioni diverse dalle cause scatenanti nelle Montagne Rocciose e zone simili. A casa nostra, nel Monte Pisano, gli incen- di boschivi sono provocati quasi sempre dall'uomo. Intorno al Monte Pisano, che copre poco più di settanta chilometri qua- drati, in un raggio di dieci chilometri dai suoi piedi vivono quasi quattrocentomila persone, con densità superiore a 300 indivi- dui per chilometro quadrato. Una volta, quando il bosco era parte del podere, e veniva utilizzato per il taglio della lettiera, erano le liti fra coltivatori la causa dell'in- nesco. Più raramente il fuoco veniva dato dai pastori per il rinnovo del prato, oppure la miccia era rappresentata dai conflitti fra assegnatari e chi nel bosco andava per rac- cattare pinelli e stipa. In ogni caso, il moto- re primo era la lotta per la sopravvivenza. Superata questa fase, che vede gli ultimi (continua in 2a pagina) VERGOGNA Ad una prima lettura frettolosa del sito “Spigai per cambiare”, da cui abbiamo ricavato spunti per l’articolo “Non avete perso nulla”, ci erano sfuggiti gli accen- ni vigliacchi a Roberto Serafini. Dalle frasi di certi trogloditi, segnali evi- denti di una regressione culturale e civile preoccupante, si ricava che collaborano strettamente con lo Spigai personaggi che presentandosi sul proscenio della rete si liberano di tutti i freni inibitori e si sen- tono in diritto di calunniare le persone. Ciò è potuto avvenire con l’oggettiva copertura dello Spigai, titolare responsa- bile del sito, che poi in un messaggio dell'11 maggio ha la faccia tosta di fare la vittima affermando che lui è “stato ogget- to sia di attacchi personali che alla lista” e, massimo dell’ipocrisia, che verso ”chi mi si è rivolto contro con frasi non con- venzionali (?), ha prevalso dentro di me il sentimento cristiano del perdono”. Ritornando a Roberto Serafini, il 23 Maggio quei trogloditi sopradetti improvvisano un siparietto sul “nuovo incarico del Sindaco uscente”. In propo- sito abbiamo ricevuto una lettera dall’in- teressato. PARLA ROBERTO SERAFINI Mai ho avuto interesse a leggere gli inter- venti apparsi su “Spigai per cambiare” durante e dopo il passaggio elettorale, anche se in tanti mi suggerivano di farlo, visto il rilievo che mi veniva dedicato in quel sito. Sollecitato una volta di più, mi sono deciso a verificare una serie di ester- nazioni che mi riguardavano, ma in quei passaggi non ho rilevato ingiurie o accuse tali da essere prese in seria considerazione. Se questo è tutto ciò che hanno scritto su di me nella piazza virtuale, in quella reale ho sentito di peggio. Comunque, fa piacere che qualcuno si preoccupi di trovarmi un lavoro. Magari, me lo avessero chiesto, gli avrei dato un parere sia sull'Ecoform, sul- l’indifferenziata o differenziata o anche sui…….Burattini. Da fastidio a queste anime nobili il fatto che qualcuno, dopo un'esperienza difficile e faticosa come quella di rivestire il ruolo di Sindaco, deci- da di tornare al suo vecchio e nobile lavo- ro. Uno che può fare a meno dei Burattini, laddove esistono, o a qualcuno che ci “sistemi”. La preoccupazione più forte nel voler ritornare alla mia Azienda, di cui sono stato dipendente anche per questi dieci anni di aspettativa, è che il mio lavoro, la mia professione (tecnico TV e altro) nel frat- tempo non ha più mercato essendo cambia- to radicalmente il mondo dell’elettronica. Ciò poteva essere un motivo ulteriore di riflessione per come immaginare il futuro. Per me, però, le priorità in termini di biso- gni, di necessità sono altre, tant’è che man- candomi otto mesi al raggiungimento del diritto alla pensione, avevo deciso (seppur particolarmente onerosa in tempi di diffi- coltà economiche) di passare alla contribu- zione volontaria per raggiungere l'obbietti- vo. Solo per riacquistare il tempo e la liber- tà. Qui, ho avuto l'opportunità di usare lo strumento della Cassa Integrazione Guadagni in deroga attivata dalla Regione Toscana per sostenere situazioni di crisi aziendali con ripercussioni sui livelli occu- pazionali, purtroppo molto frequenti oggi- giorno. Per il percorso sopra delineato, il sottoscritto è adesso in cassa integrazione. Questo è il nuovo incarico del Sindaco uscente, con buona pace delle bocche della verità (a Buti si dice: quelle che si aprono e “ni si dà fiato”), ma che, stante il mio sen- timento cristiano.... perdono. (in 2a pagina)

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Aut. Trib. di Pisa n. 11/90 del 9.4.1990 http://www.ilpaese-buti.it/Direttore responsabile: Paola AlbertiStampa: TIPOGRAFIA MONTE SERRA - Via Barsiliana - Vicopisano (Pi) - Tel. (050) 799.477 Giugno 2011 - Anno XXII - N. 4

ELEZIONI

NON AVETEPERSO NULLA

NON È GIUSTO

Tutto il paese è rimasto colpito profonda-mente. Come accade al cospetto di mortiimprovvise e premature. Le reazioni sonodi incredulità, di rabbia, di stordimento.Ciò non avviene soltanto nelle persone piùcoinvolte nella tragedia, ma anche negliamici, nella folla che si stringe ai funerali.Si assiste a grandi emozioni, manifesta-zioni di un dolore tanto visibile quantoeffimero. Non può che essere così, altri-menti la vita non potrebbe continuare."La morte dei giovani è un naufragio,quella dei vecchi un approdare al porto"dice Plutarco. Un naufragio che colpisceduramente i familiari stretti. E quindi chedire al babbo, alla mamma, al fratello.Vogliamo credere che la partecipazione ditanti al lutto sia stata una sia pur lieveconsolazione per loro. E conforto siavenuto dall'affetto per Monica dimostratodagli amici ai funerali anche con le paroledette da Giulia Pelosini e con l'intensoricordo di Pamela Radi, che riproducia-mo:

“Lei era la vita fatta persona, con i suoieccessi e le sue debolezze, la sua grinta ela sua sensibilità e non basterebbero milleaggettivi per descriverla. La Mò è e reste-rà semplicemente la Mò!Posso affermare però con assoluta certez-za che lei era.....- era bella, è tanto bella: era sempre sor-ridente e il suo sorriso era contagioso...quella boccalona ti badava, ti rideva eriusciva a farti stare sempre bene, lei tifaceva sentire bene;- era il folclore: quando arrivava....la sen-tivi....non c'era verso che potesse andàdiversamente, la sentivi rivà da lontano egià ti rendeva felice! A Bientina quandoanche i miei amici hanno avuto l'onore diconoscerla l'hanno subito soprannomina-ta “Terremò”....la Mò!- era dolce e sensibile: ebbene sì la Mòera anche una dolciona. Io l'ho conosciu-ta in un momento un po' particolare dellamia vita e lei mi ha dato la forza perriuscire a stare bene....non dimenticheròmai i suoi abbracci, i suoi baci e le sueespressioni tipo: “le mi bimbe, vi vò bene

sodo!”; per non parlare della sua bimbi-na adorata...la Cate...era la sua gioia piùgrande, le brillavano gli occhi quando neparlava, era orgogliosissima d'avé unanipotina così bella!- era intelligente: mi ricordo come fosseieri quando mi disse che pensava di iscri-versi all'università. All'inizio ero un po'scettica, le dissi che doveva esser sicura,che doveva farlo se se la sentiva ma cheavrebbe dovuto anche metterci tantoimpegno per concluderla in tempi relati-vamente brevi...e lei mi disse che ce l'a-vrebbe fatta se voleva perché lei era la Mò! ...e così è stato....”mi laureooooo” dice-va, l'ha fatto davvero e l'ha fatto anchebene! Che capo ragazzi che aveva! - era altruista e generosa: la Mò si sareb-be tagliata una gamba per aiutarti, sareb-be corsa in capo al mondo per soccorrer-ti...era unica...lei non chiedeva mai nien-te...lei dava e basta! Dopo il servizio civi-le alla Misericordia ha deciso di diventa-re infermiera, perché era troppo nella suaindole, era più forte di lei...ni garbavasodo! Lei riusciva a dare tanto alle perso-ne, lei ci metteva l'anima in tutto quelloche faceva!Che altro aggiungere....chi ha avuto l'o-nore di conoscerla l'ha amata e lo sa chela Mò era tutto questo ed altro, lei halasciato un po' di sé dentro ognuno dinoi...resterà per sempre nelle nostre testee nei nostri cuori...e ci mancherà terribil-mente tanto...Mò ti voglio un mondo di bene, ti amiamotutti infinitamente....non ti dimentichere-mo mai....ciao!”

Gli effetti del naufragio rappresentatodalla scomparsa di Monica, ci sono staticomunicati anche da Andrea Bacci, che hadetto: “Alcuni anni addietro, quando cisiamo ritrovati in questa stessa chiesa perdare l’ultimo saluto a Dolando, è statodato l’addio alla storia del canto del mag-gio, ad una persona che aveva contribuitoalla fondazione della compagnia “PietroFrediani” e che cantava il maggio dasempre, fin dalla giovinezza essendo natoin una famiglia di maggianti. In quel caso,con l’addio alla storia si salutava unapersona che aveva vissuto una lunga vita.Oggi, invece, siamo qui per dare l’ultimosaluto ad una giovane vita che era il futu-ro della compagnia del maggio...”.Toccante l’omaggio di Andrea con il cantodelle ultime tre quartine della Passione diGesù Cristo scritte dal nonno EnzoPardini proprio nel 1985, l’anno in cuinasceva Monica. Un saluto è stato portatodalla capo contrada dell'AscensioneWanda Bagni.Un'ultima considerazione: quanto malataè “nel midollo” una società come la nostrache offre così poco ai giovani: non la sere-nità del lavoro, non la speranza offerta damodelli di civismo, anzi essi sono usaticon spietatezza perché consumino; unasocietà che si riduce a rimpiangere di nonsaper fissare poche, efficaci regole cheimpediscano le cosiddette stragi del saba-to sera.

INCENDI

CHI METTE IL FIAMMIFERO?Un amico, giorni fa, mi ha sottoposto unafoto di un incendio in un bosco di conifere,nelle Montagne Rocciose, commosso dallafuga di cervi che vi era ritratta. Gli ho dettoche non c'è niente di più bugiardo delleimmagini, perché la foto non portava scrit-to che l'incendio, da quelle parti, nella quasitotalità dei casi, è figlio del fulmine e quin-di del tutto naturale. L'uomo non avevaruolo, né come attore, né come comparsa,giacché quelle aree sono a bassissima pres-sione antropica. Gli ho detto anche chepiante e animali si sono adattati a quel tipodi evento, che in taluni casi risolve proble-mi di sovrappopolazione animale, o, per lepiante, elimina casi di parassitismo e malat-tia. Cioè, per certi aspetti, incendi benefici.Il mio amico non doveva giudicare queglieventi sulla falsariga di cosa succede dallenostre parti, dove gli incendi scoppiano perragioni diverse dalle cause scatenanti nelle

Montagne Rocciose e zone simili. A casa nostra, nel Monte Pisano, gli incen-di boschivi sono provocati quasi sempredall'uomo. Intorno al Monte Pisano, checopre poco più di settanta chilometri qua-drati, in un raggio di dieci chilometri daisuoi piedi vivono quasi quattrocentomilapersone, con densità superiore a 300 indivi-dui per chilometro quadrato. Una volta,quando il bosco era parte del podere, eveniva utilizzato per il taglio della lettiera,erano le liti fra coltivatori la causa dell'in-nesco. Più raramente il fuoco veniva datodai pastori per il rinnovo del prato, oppurela miccia era rappresentata dai conflitti fraassegnatari e chi nel bosco andava per rac-cattare pinelli e stipa. In ogni caso, il moto-re primo era la lotta per la sopravvivenza. Superata questa fase, che vede gli ultimi

(continua in 2a pagina)

VERGOGNAAd una prima lettura frettolosa del sito“Spigai per cambiare”, da cui abbiamoricavato spunti per l’articolo “Non aveteperso nulla”, ci erano sfuggiti gli accen-ni vigliacchi a Roberto Serafini. Dalle frasi di certi trogloditi, segnali evi-denti di una regressione culturale e civilepreoccupante, si ricava che collaboranostrettamente con lo Spigai personaggi chepresentandosi sul proscenio della rete siliberano di tutti i freni inibitori e si sen-tono in diritto di calunniare le persone.Ciò è potuto avvenire con l’oggettivacopertura dello Spigai, titolare responsa-

bile del sito, che poi in un messaggiodell'11 maggio ha la faccia tosta di fare lavittima affermando che lui è “stato ogget-to sia di attacchi personali che alla lista”e, massimo dell’ipocrisia, che verso ”chimi si è rivolto contro con frasi non con-venzionali (?), ha prevalso dentro di me ilsentimento cristiano del perdono”. Ritornando a Roberto Serafini, il 23Maggio quei trogloditi sopradettiimprovvisano un siparietto sul “nuovoincarico del Sindaco uscente”. In propo-sito abbiamo ricevuto una lettera dall’in-teressato.

PARLA ROBERTO SERAFINIMai ho avuto interesse a leggere gli inter-venti apparsi su “Spigai per cambiare”durante e dopo il passaggio elettorale,anche se in tanti mi suggerivano di farlo,visto il rilievo che mi veniva dedicato inquel sito. Sollecitato una volta di più, misono deciso a verificare una serie di ester-nazioni che mi riguardavano, ma in queipassaggi non ho rilevato ingiurie o accusetali da essere prese in seria considerazione.Se questo è tutto ciò che hanno scritto su dime nella piazza virtuale, in quella reale hosentito di peggio. Comunque, fa piacereche qualcuno si preoccupi di trovarmi unlavoro. Magari, me lo avessero chiesto, gliavrei dato un parere sia sull'Ecoform, sul-l’indifferenziata o differenziata o anchesui…….Burattini. Da fastidio a questeanime nobili il fatto che qualcuno, dopoun'esperienza difficile e faticosa comequella di rivestire il ruolo di Sindaco, deci-da di tornare al suo vecchio e nobile lavo-ro. Uno che può fare a meno dei Burattini,laddove esistono, o a qualcuno che ci“sistemi”. La preoccupazione più forte nelvoler ritornare alla mia Azienda, di cui sonostato dipendente anche per questi dieci annidi aspettativa, è che il mio lavoro, la miaprofessione (tecnico TV e altro) nel frat-tempo non ha più mercato essendo cambia-to radicalmente il mondo dell’elettronica.

Ciò poteva essere un motivo ulteriore diriflessione per come immaginare il futuro.Per me, però, le priorità in termini di biso-gni, di necessità sono altre, tant’è che man-candomi otto mesi al raggiungimento deldiritto alla pensione, avevo deciso (seppurparticolarmente onerosa in tempi di diffi-coltà economiche) di passare alla contribu-zione volontaria per raggiungere l'obbietti-vo. Solo per riacquistare il tempo e la liber-tà. Qui, ho avuto l'opportunità di usare lostrumento della Cassa IntegrazioneGuadagni in deroga attivata dalla RegioneToscana per sostenere situazioni di crisiaziendali con ripercussioni sui livelli occu-pazionali, purtroppo molto frequenti oggi-giorno. Per il percorso sopra delineato, ilsottoscritto è adesso in cassa integrazione.Questo è il nuovo incarico del Sindacouscente, con buona pace delle bocche dellaverità (a Buti si dice: quelle che si aprono e“ni si dà fiato”), ma che, stante il mio sen-timento cristiano.... perdono.

(in 2a pagina)

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L’angolo della memoria di Giuliano Cavallini

50° anniversario dei nati nel 1921. Da sinistra: Leopoldo Bernardini, Paolo Leporini, Carlo Filippi, Ario Ciampi, Natale Baschieri, NelloBalducci, Rino Leporini, Alfredo Guerrazzi, Opelio Degl’Innocenti, Giacomo Scarpellini, Castellazzo Batisti, Rosaldo Bacci, Angiolo Nocchi,Gino Pasqualetti, Giuseppe Balducci, Mario Buti, Adriano Palamidessi, Spartaco Vannucci, Marino Guidi, Dino Priori, Narciso Bonaccorsi,Natale Pratali, Paolo Parenti, Vando Franceschini, e Valentino Filidei.

CHI METTE IL FIAMMIFERO?

episodi negli anni settanta del secolo scor-so, con l'abbandono del podere da parte deimezzadri e dell'esercizio della pastoriziache al podere era correlata, dovevanoscomparire gli incendi. E invece no, si sonoinfittiti, man mano che si perdeva un qual-siasi interesse economico per il monte. E'chiaro che la cosa non torna. Si è fatta una dietrologia, da discorsi al bar,che voleva gli incendi appiccati per alimen-tare gli interventi di rimboschimento. Daqualche parte è stato vero, ma non qui dovele maestranze forestali, sia quelle alledipendenze degli Enti preposti, che quelledegli appaltatori, il lavoro l'avevanocomunque garantito. Infatti, non si lavorasolo per spegnere o per ripiantare, maanche per far taglio selettivo, apertura emantenimento di infrastrutture anticendio(bacini d'acqua, piste forestali, cesse para-fuoco) e per la bonifica forestale in genere. E allora occorre avere il coraggio di dirselatutta: negli ultimi vent'anni, fatto salvo un10% circa provocato da incendiari prezzo-lati per strategie di ampio respiro che mira-vano non a piccoli appalti locali, ma adenormi campagne acquisti a livello nazio-nale (vedi anno 1994) sostenute dal tam-tam dell'informazione, e tolto ancora un 5%imputabile a poveri balordi che davanofuoco sempre negli stessi posti (e tutti rego-larmente scoperti), il resto va imputato: 1) al mitomane, stimolato dalla comunica-

zione di massa televisiva, ma anche daquella artigianale, che involontariamentevalorizza il suo operato (facebook, youtu-be, ecc.). L'azione del mitomane appartienead una mentalità urbana, e presenta moda-lità di esecuzione riconoscibili in quanto ilfuoco è sempre appiccato vicino ad unastrada carrozzabile che consente la rapida esicura fuga dell'incendiario (che non èuomo di bosco!); al massimo all'imboccod'una pista forestale, ma mai oltre. 2) all'agricoltore urbano, il coltivatore del

fine settimana. Figura che prolifera a segui-to della suddivisione dei poderi dismessi.Trattasi di soggetti acculturati (magari sonodirettori di banca o docenti universitari) chefanno un bel falò ai bordi della proprietà,vicino al bosco, magari aiutandosi con labenzina. Poiché sono rispettosi della legge,ciò non avviene d'estate.Sommando le percentuali sin qui elencate,si arriva si e no al 50%. E l'altro 50%? Esso è riferibile, purtroppo, a motivazioniche logica vorrebbe oggi estinte, perchédovute a rivalità, vendette e rappresaglie.Ma com'è possibile, se gli “interessi” sonoscomparsi con l'agricoltura e la pastorizia?La risposta è semplice: perché si sonointrodotti nella zona nuovi interessi crean-dosi, così, una nuova categoria di utilizza-tori legali, e nuove piccolissime bande diutilizzatori fuori legge.Il nuovo “interesse” è peloso, figlia duevolte l'anno, non ha nessuna specie concor-rente che ne limiti l'espansione e si chiamacinghiale. Non mi sto a dilungare sul fattoche la sua introduzione nel Monte Pisano èstata, dal punto di vista ambientale, un'ope-razione scorretta, scellerata, e ancor piùgrave perché garantita dalla Provincia,competente per materia. Ma ritornando abomba, alle cause d'incendio, non è la cate-goria dei cinghialai (quelli legittimi) la col-pevole. A coprire l'altro 50% sono le rap-presaglie dirette contro di lui, il cinghialaio,e che assumono la forma del fiammifero,della candela e dell'innesco. Troppa sicu-rezza? No, solo così si spiegano motivazio-ni e modalità con cui il fuoco vendicatoreviene appiccato. Infatti, questi incendi par-tono da località difficilmente raggiungibilie che consentono vie di scampo (per l'ur-genza della fuga o per evitare prematurescoperte) note a pochissimi utilizzatori e/ofrequentatori del bosco. Va detto, ancora adiscolpa dei cinghialai legittimi, che questotipo di caccia è “costosissima” e che il

(continua dalla 1a pagina) bosco è indispensabile per poterla pratica-re. Dar fuoco al bosco sarebbe da idioti.Purtroppo sono oggetto di rappresagliadato che la loro attività regolamentata halimitato un diritto venatorio che qualcunoconsiderava “ad libitum”, senza restrizionidi sorta. In effetti la specie dei cacciatoritradizionali si è sentita espropriata di dirittieterni e inalienabili che credevano di pos-sedere. E' possibile che qualcuno di loro,ritenendosi “non garantito” da leggi e rego-lamenti, si faccia giustizia da solo al grido:“Non posso più io, non potrà più nessuno”?Ritengo sia un'eventualità possibile, ma dipeso marginale. E' invece la nuova specie,quella del bracconiere, nata sul MontePisano a seguito dell'introduzione del cin-ghiale (quindi dal 1980), il protagonistadella nuova rappresaglia. Il bracconierenon ha regole, perché la sua attività è fuoridalle regole; non ha diritti stanziali, perchéè nomade; non obbedisce a concessioni inquanto sfrutta le concessioni altrui; non haremore perché è un fuorilegge. Il bracco-niere è il primo nemico del cinghialaio, inquanto lo depreda dei “suoi” cinghiali; e seil cinghialaio ce lo intoppa, son dolori.Peggio ancora se la lite scoppia fra un cin-ghialaio, “colluso e in affari” con il bracco-niere, e quest'ultimo. E allora, senza farriferimento alle molte leggende al riguardo,che raccontano di coltelli alla gola, gommesventrate ai fuoristrada, e via lameggiando,vige la regola del “non posso più io, non tidiverti più neanche te”. Regola che vieneapplicata nel peggiore e più efficace deimodi. Chi va per bosco, per diletto e ancordi più per lucro, sa come, dove, quando econ quali condizioni di temperatura e divento, si può dar fuoco per ottenere l'effet-to desiderato: l'avvertimento, l'intimidazio-ne o la rappresaglia totale. E senza esserescoperti in flagrante.

Renzo Zucchini

NON AVETE PERSO NULLAUn po’ in ritardo qualcuno ci ha suggeritodi andare a leggere i proclami apparsi sulsito “Spigai per cambiare” e abbiamovisto che ce n’è di roba… Ad un certopunto, si legge una nota sotto il titolo: “IlPaese: capito perché non abbiamo rispo-sto?”, che segue l’uscita del n. 2 delnostro periodico, dove alle domanderivolte ad Albertino seguiva uno spaziobianco. Il testo integrale della nota è ilseguente: “Le persone con un po di lungimiranza,leggendo "Il Paese" capiranno il motivoper cui Civica" non ha mandato le rispo-ste. IL GIORNALE" IL PAESE" rappre-senta molti cittadini e non siamo noi a direche è schierato politicamente... Noi cisiamo sempre dissociati dall'anteporreideologie politiche al BUON SENSO! Lenostre risposte per i CITTADINI sono nelprogramma elettorale che state ricevendonelle vostre case! INOLTRE parlate anchedi Palio di Buti... di personaggi politicinazionali a cui associate la figura diAlberto Spigai, (ma non avete altro datirare fuori?).... Ma non avete capito che èproprio questo che la gente non vuole piùvedere. NOI FAREMO il bene delTerritorio in cui viviamo? Gli interessipolitici ed economici resteranno sempreFuori!”. A questo discorso parecchio sconclusio-nato non solo dal punto di vista dellaforma, si aggiungono commenti del tipo“Il Paese è veramente vergognoso”, e“...purtroppo ci sono delle persone chemettono prima i propri interessi al benedel paese e la paura di perdere "tanti pri-vilegi" li fa smattare...”.Al soggetto che fa riferimento ai nostriinteressi e ai tanti privilegi che avremmosempre anteposto a quelli del paese, inconsiderazione della sua giovane età chie-deremo in privato che specifichi quali

interessi e privilegi, così nell'occasionericostruiremo meglio le rispettive biogra-fie. Andiamo al sodo: la tesi che sta alla basedella nota è il voler accreditare “Spigaiper cambiare” come “lista delle persone”.Facciamo notare che alla testa della listadegli innocenti ci sta un immacolato alfie-re, che è riuscito a dichiarare (si sente cheha un attimo di esitazione alla domandadell’intervistatore di Punto Radio, ma poisi butta) di essere socialista e insieme ilBerlusconcino di Buti. Un alfiere che hamesso insieme, strumentalmente, sociali-smo (un’idea a cui i suoi più stretti fami-liari erano molto “attaccati”), Berlusconi ela destra (pronunciamenti a suo favore siadel PdL che della Lega). Un’operazionevolgare, di cui Spigai, è evidente, nemme-no si rende conto. A questo proposito è ilcaso di raccontare un aneddoto che circo-lò nei primi anni 80. Apparso sulla stampal'elenco degli iscritti alla P2 di Gelli, unodi questi, Cicchitto (oggi capogruppo delPdL alla Camera dei Deputati), a queitempi socialista lombardiano, si avvicinain una riunione a Riccardo Lombardidicendogli: “Scusa, sai...”. E per tuttarisposta riceve un manrovescio in pienafaccia. Ecco come verrebbero giudicatidai veri socialisti coloro che oggi sidichiarano socialisti e berlusconiani.Si diceva, riguardo al sito, che contienetanta roba, ma credeteci, di “poco suc-chio”: strizzando strizzando rimangonosolo le notizie, ripetute ossessivamente,sulle numerose apparizioni degli elicotteridell’ENEL che volteggiano sulle Cascineper stabilire dove piazzare “il camino”. Cisono butesi che in buona fede hanno vota-to la “lista degli innocenti” sperando dicambiare in meglio. Li vogliamo rassicu-rare: il cambiamento vero l’ha fatto il cen-trosinistra, non avete perso nulla.

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OMAGGIO A WILLIAM

La vicenda della protagonista, Gonda,una contadina, si colloca all’inizio delmillenovecento e ha come cornice ilnostro paese e le figure sociali in essodominanti: i mezzadri, i corbellai, letessitrici e i “sor padroni”. I primi subiscono il giogo di un con-tratto che conserva alcuni caratterimedioevali come le servitù derivantidal patto colonico. Ad esempio lascelta del nome del neonato è un dirit-to del proprietario (…il sor Lorenzoaveva dato un’occhiata al calendario…;quel giorno era l’undici agosto SantaRadegonda, e “Radegonda” aveva detto…Per giorni e giorni Giovacco aveva cerca-to di abituarsi a quel nome, ma sembravaaver l’argento vivo addosso, poi cominciòa chiamarla Gonda, così restava più nellamente, e Gonda era rimasta). Le donnedel contadino periodicamente sonocostrette a fare il bucato al padrone esi devono portare al “sor padrone” leprimizie, polli, uova, ecc. Alla difesastrenua da parte dei proprietari deiloro privilegi feudali, si contrapponeperò la crescente consapevolezza deipropri diritti da parte dei contadini. La spinta maggiore al cambiamento,però, viene dalla categoria più matura, icorbellai. Alcuni di loro formano ilCircolo Francesco Ferrer (L’indirizzopolitico del Circolo era confuso comeera confusa la valutazione che gli altri,interessati o no, ne facevano. I fondato-ri si dicevano anarchici; in seguito,nella commozione del martirio, aveva-no preso il nome di Francesco Ferrercome simbolo di ribellione al poterecostituito. D’altra parte avevano allac-ciato legami con i socialisti di città:erano parte di quella lunga catena digente mossa da un oscuro e incontrolla-to moto di rivolta che si avviavanoverso la ribellione organizzata. Glialtri consideravano questa gente, quan-to meno, dei sovversivi, ma più spessoun’associazione a delinquere, unadiretta derivazione della “mano nera”,come già avevano chiamato i primiassertori di un rinnovamento socia-le…).Momento centrale è il comizio dell’ora-tore socialista ( i soci del Circolo Ferrersono andati a cercarlo a Pisa) che inco-raggia la lotta delle tessitrici che stannoper dare inizio ad uno sciopero perstrappare un maggior compenso per latela. La piazza dove si svolge il comizioè quella di San Francesco. Si contrap-pone alla voce dell'oratore il suonodelle campane della vicina chiesa (...ilquaresimalista per tutta risposta si giròe con un gesto imperioso e con la vocedette inizio di nuovo all'Uffizio, che glialtri cantarono incerti, ma che lui pro-seguì a voce piena recandosi verso laporta. Prese le due imposte, le aprì len-tamente, con solennità, senza smetteredi cantare; a braccia aperte stava perspingerle verso il muro quando un urtoviolento sulla faccia lo fece cadere perterra. “Porca M...” bestemmiò Florio,dopo la labbrata, richiudendo dischianto la porta. Don Giordano accor-se, portò il quaresimalista, stordito,verso il centro della chiesa, dove tuttigli si fecero intorno. “Gliel'avevo dettoio di lasciar perdere!” gli disse...). Unepisodio che conferma il ruolo conser-vatore giocato della Chiesa, che nellasostanza pende dalla parte dei borghesi. In tale contesto dove si fronteggiano esi scontrano le forze sociali presenti aButi, si dipana la storia d’amore diGonda con Pietro. Gonda scende dallacasa poderale a mezza costa e non sop-

RIPENSANDO AGLI ANNI ‘50

UN’AVVENTURAConservo il ricordo di un fatto accadutominel mese di luglio del cinquantuno allagora di Puntaccolle, precisamente diMigliaia. Una gora che era una magia e cheattirava come una calamita tutti i ragazzet-ti. Ci si arrivava attraverso un passaggiobuio e stretto affacciandosi, all'improvviso,sullo scenario assolato del rio Magno; unavista che andava da Borgo Maggiore finoalla Vandinella compreso tutta la Via Novae il suo via-vai. In più lo spettacolo dell'ac-qua che di fondo al muretto cadeva a pre-cipizio accanto alla gigantesca ruota delfrantoio, laggiù laggiù in uno sprofondoche sembrava una voragine. Forse tuttis'era attratti per il solo star lì, sui muretti, aguardare scorrere l'acqua, di cui ce n'eratantissima. Quando le donne vi si immette-vano dentro per lavare i panni, gli raggiun-geva il ginocchio.Quella mattina (avevo appena sei anni)corsi alla gora, così come facevo spesso, econtenta "d'un ci trovà' nimo", decisi dientrare nell'acqua. Tante volte avevo pro-vato a fare quel passo temerario, ma c'erasempre qualcuno che me lo impediva. Misigli zoccolini sul lavatoio e mi addentrainell'acqua. Dopo tanti anni, ho ben presen-te la vivissima sensazione che avvertii.Allo stesso tempo, però, fu come posare ipiedi sul burro. Percepire l'intensità distare dentro quell'acqua e "cascacci" den-tro fu tutt'uno. Rialzarsi non fu per nientefacile perché i piedi non facevano presa.Quando mi riuscì, rimisi gli zoccoli uscen-do fuori dal cancello. Ero completamentebagnata e pensai impaurita: “Chissà chesuccede quando torna la mi' mamma”.Infatti, l'ultima raccomandazione prima didirigersi verso la segheria, era proprioquella di non andare per rii e per gore.Terrorizzata rimasi al sole facendo lo sdin-golo sul cancello per tutta la mattina.Purtroppo, mentre la brusina di telamares'asciugò in un volo, i calzoncini di "fru-stagno" no.Quel giorno non si arrivò neppure a seraper "riscòte' la paga", la ricevetti prima di“desinà'” e con una bella frustina fresca(mamma diceva che ci voleva fresca per-ché avvettava meglio).

porta più di entrare in paese ed esserevestita in un modo miserabile (...”C'èche in questo saccone sono stufa distarci” proruppe Gonda strusciando lemani sulla gonna e con le lacrime agliocchi salì di corsa le scale..). Alloradecide, con i risparmi, di acquistare unvestito di cotone stampato e lo indossa(… con il senso di sfida che sentiva inquel suo vestito nuovo, un senso che,per il paese, le servì di difesa... perfinogli uomini si voltavano a guardarla esussurravano qualcosa fra loro; inquelle parole e in quegli sguardi siaccavallavano e si confondevano com-plimenti, invidia, rimprovero... “Guà,la contadina s'è fatta signora” dissevelenosamente, e forte per farsi sentireda Gonda, la Manolunga...). Il gesto diGonda viene mal giudicato fino alpunto che Giovacco, il padre, è buttatofuori dal podere per il comportamentoscandaloso della figlia.

Successivamente, durante “la Festa” delpaese, si ha un’ulteriore e più seria pro-vocazione. Un gruppo di giovani: (...per lo più contadini: vino, ponci, siga-rette e un po' di schiamazzo portaronoben presto qualcuno a reggersi in piedia stento. Quando Stefano s'accorse chetutti, più o meno, ed anche lui stesso,erano su di giri, li portò verso il bar deipadroni e premendo dentro Pietro sirivolse agli altri:”Ed ora un ponce qui,pago io a tutti!”). Uno sberleffo irrive-rente verso i padroni, a cui segue unultimo gesto di rivolta di Gonda: (...Gonda, ora, capiva solo l'umiliazionedi Pietro, quello che avrebbe dovutopassare a seguito di quelgesto...”Bettina voglio mettermi ilvestito” disse trasognata toccandole unbraccio. Un quarto d'ora dopo erano agiro insieme...). Nel racconto, a questopunto, si ha un salto temporale e ciritroviamo nel 1961:

“Tanti nomi non sono più neanchericordi, tanti fatti sono quasi meno cre-dibili di favole; fra altri nomi e altrifatti Gonda, per le feste, la sera aspet-ta ancora fra l'ansia e la rabbia il suovecchio che non di rado beve un pò piùdel necessario. I poderi intorno al suo, uno alla volta,sono stati abbandonati quasi tutti e ilsuo sor padrone attuale se la tienecara, pur cercando di fare il più possi-bile il proprio interesse. Il sor Lorenzo,sempre vivo anche lui, spesso spessos'abbocca con Pietro, vorrrebbe rive-derlo in un suo podere, sarebbe dispo-sto a portargli l'energia elettrica su, amezza costa, nella vecchia casa diTaddeo o a dargli una casa anche giù,in paese; per Gonda non ci sarebbeneppure da pensare al bucato; ormaida tempo, anche per opera di Gostoche organizzò i sindacati bianchi, nonesiste più quell'obbligo. Pietro, corte-

semente, rifiuta sempre, non è risenti-mento per quanto successe dopo quella"Festa", passò dei momenti brutti, èvero: qualche giorno senza tornare acasa, neppure un'opra al frantoio, poi,dopo il raccolto, quel terremoto dicambio dei poderi e dei sor padroni; ele botte che avevano avuto lui e Gonda,ma tutto questo non brucia più. Serifiuta è per lo stesso motivo che nonha più risentimenti, per lo stesso moti-vo che lo tiene attaccato alla terra,quando ormai figli, salvo uno che stacon lui, e nipoti se ne sono allontanati:‘Siamo tropppo vecchi per cambiare’. È così, troppo vecchi. Pietro e il sorLorenzo sono ancora un contadino e unpadrone, ognuno tira ancora al pro-prio interesse, con più forza di queitempi il contadino, con meno il sorpadroone, ma quando per qualchemomento capita loro di guardarsi l'unl'altro il fisico che decade giorno per F.MV.

Antonio Batisti, nel quindicennale della scomparsa di William Landi, gli ha voluto rendere omaggio pubblicando un cd che comprende la digitalizzazione dei quaderni relativi alla rac-colta di soprannomi, stornelli, giochi, filastrocche e modi di dire, che a più riprese sono stati riprodotti anche sul nostro periodico. Il cd può essere acquistato nelle edicole. Il ricavatodalla vendita sarà impiegato da Antonio per donare alla Biblioteca Comunale un lettore di libri digitali per incentivare la lettura.Nel cd troviamo anche il romanzo “Un vestito di cotone stampato”, edito nel 1994 a cura de “Il Paese”. In poche righe, ne vogliamo tratteggiare il contenuto. Ammirando in modo spe-cialissimo il romanzo di William, speriamo che il riassunto sia di incentivo all’acquisto del cd e quindi un contributo per il successo della lodevole iniziativa di Antonio.

giorno non possono fare a meno diavere pietà l'uno dell'altro e di esseretristi per se. Si consolano una voltaogni tanto a bere un caffè insieme,magari nel bar dei padroni che, ormai,dopo una guerra, qualche schiaffo eun'altra guerra è diventato il bar ditutti. Gonda non ha più quel vestito di coto-ne stampato; le durò tanto, più di qual-siasi altro vestito, ci vollero anni e anniperchè potesse portarlo senza scandaloe oggi che potrebbe portarli più belli èridotta, dai lutti e dagli anni, a vestirsisempre di nero. Però ha fatto con le figlie prima, poicon le nipoti, quello che ha potuto: leha viste scendere con i vestiti che i rac-colti potevaano permettere, con lescarpe coi tacchi alti e le calze di setain mano, che si sarebbero cambiate giù,in una casa amica o in un andito; edora non hanno più bisogno neppure difar così, ora stanno tutte al paese e cer-cano di avere, o sognano, per se e per ifigli cose che Gonda non riesce a capi-re e che qualche volta condanna, cosìcome non capivano e condannavano leile contaadine dei suoi tempi”.

William con la sorella Ilelda.

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Cascine ieri di Claudio Parducci

Una bella formazione del Circolo " Le due vie" che partecipò, con alterne fortune, al campionato amatori anno 1980. Da sinistra, in piedi: Yarcek, Cioppe, Tons, Otellino, Puppino, Resembrik, Tarantini, Gufo;accosciati: Darietti, Natale, il Gatto, Bologna, Tobia, il Grebano e Marchino.

ANAGRAFENATI

Pacini Gaia

nata a Pontedera il 2 giugno 2011

Xhebexhiu Kristjano

nato a Pontedera l’11 giugno 2011

Cantini Mattia

nato a Pontedera il 12 giugno 2011

Tedeschi Giulietta

nata a Pontedera il 9 giugno 2011

De Ranieri Olivia

nata a Pontedera l’11 giugno 2011

Passetti Amedeo

nato a Pontedera il 16 giugno 2011

Pratali Elena

nata a Pisa il 31 maggio 2011

De Nicolais Francesca

nata a Pisa il 19 giugno 2011

MATRIMONI

Barzacchini Pietro e Peri Elisa

sposi a Porcari (LU) il 14 maggio 2011

AVVISOPER “L’ANGOLO DELLA

MEMORIA” SIAMO ALLARICERCA DI FOTO DI GRUP-

PO: SCOLARESCHE, GITE,ALTRO. FATEVI VIVI CON

GIULIANO CAVALLINI ALLO0587 723610.

Conoscevo una vecchia donnetta cheaveva dei dubbi superstiziosi sulla vici-na di casa, diceva che la stregava. Epensà che questa poveretta gli facevaanche le faccende domestiche. Me lodisse una amìa della vecchia, una di‘velle che nun regge neppure ‘r piscio.Lì per lì nun ci ‘redevo, mi parevaimpossibile che fusse ‘osì perché nun‘redevo che fusse maligna a quel mo'dato che tutta la su’ vita l’aveva finitain chiesa (ci andava senza capire ersignifìato perché ci andava). Io nun soperché ci sono questi soggetti e d’artraparte vanno sopportati: dev’essere unapaura che hanno drento che lì fa ragionàa quer mo'. Rimanendo nel caso, lo dice-va doppo che ni faceva mille favori: eracome lavà’ la testa all’asino, anzi peg-gio. Badate che è diffusa sodo ‘vesta malat-tia, si io la chiamo malattia. Diceva unmedìo di una condotta ‘vi vicina a pro-posito di ’veste ‘ose ‘vi: “Vengano da tese hanno una malattia, ma contempora-neamente vanno dai guaritori. E se nunguarisceno, la colpa la danno a noialtri,mentre se guarisceno dìano che sonostati quell'artri. Vacci a capi’ ‘varcosa”.Insomma ‘vella donna, se ni sentiva latesta, dubitava forte della su’ amìa. Epretendeva che ni facesse le faccende.Se fòri trovava i fiori secchi nei vasi, unci pensà’ neppure un seòndo ch’èra lèi lacausa. Invece èra er su’ marito che ce losgocciolava quando a sera rivava altic-cio. Lui, quando la sentiva sbraitare aquer mò, ci rideva. E invece di fargli unaparola confessando la propia colpa,attenuando così ‘vella tensione chec’èra verso 'vella donna generosa per l’i-dèe stupide che aveva preso la su’

LA STREGATA

Iacopini Riccardo e Signorini Serena

sposi a Ponsacco il 18 giugno 2011

Graziani Stefano e Loretti Tiziana

sposi a Vicopisano il 4 giugno 2011

MORTI

Giusti Maria

nata a Vicopisano il 28 maggio 1925

morta a Pontedera il 27 maggio 2011

Foti Maria

nata a Gioiosa Ionica (RC) il 10 dicembre

1940

morta a Pontedera il 19 maggio 2011

Leporini Mario

nato a Buti il 3 aprile 1926

morto a Buti il 19 giugno 2011

Giorgi Moreno

nato a Peccioli il 5 agosto 1949

morto a Buti il 12 giugno 2011

Doveri Ginevra

nata a Capannoli il 21 dicembre 1925

morta a Buti il 6 giugno 2011

(dati aggiornati al 30 giugno 2011)

moglie. Il marito nun solo nun ni dicevanulla alla vecchietta che era sua la colpader fatto che gli seccava i fiori, ma nem-meno faceva trapelà’ di come la pensa-va, che la moglie avesse idèe malatecirca la donna sospettata ingiustamentedi essere una strega.Un giorno la vecchia andò dar prete rite-nendo che l’averebbe messa sulla viabona, che ce l’averebbe levate le streghedi casa sua, ma nun trovò pane per e su’denti. Il prete, rendendosi subito contodelle ‘ose, gli fece un discorso che ave-rebbe persuaso anco un maiale. Glidisse, infatti, di farsi visitare da unmedìo che n’averebbe detto ‘verche ave-vano tutti ‘ vecchi di ‘vell’età e che ersangue, probabilmente, gli scorreva pòobene e n’aveva dato, si vede, alla testa eche nun poteva darsi che una la ‘vale sidimostri generosa pòi ti facci stà male,cioè ti streghi. Insomma, ci si confon-dette parecchio. Ma nun ci fù verso,anche er prete dovette accorgisi che nunaveva ottenuto nulla con la lavata ditesta che n’aveva fatto. Alla vecchia, ilproblema, gli durò finché fù decrepita.

Attilio Gennai