Parere pro veritate eredita' gravata da debiti dell'erede

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GIANANDREA BONINI

AVVOCATO

VARESE – VIA CAIROLI, 5

TEL. (+39) 0332 23.98.09 – FAX (+39) 0332 24.75.95 WWW.GBAVVOCATO.COM - WWW.AVVOCATOAVARESE.COM

PARERE PRO VERITATE

SU POSSIBILE CONFUSIONE DEI BENI EREDITARI

SOMMARIO: 1. PREMESSA IN FATTO – 2. SUCCESSIONE TESTAMENTARIA – 3.

DIVIETO DI PATTO SUCCESSORIO - 4. SUCCESSIONE LEGITTIMA - 5.

ACCETTAZIONE TACITA - 6. ACCETTAZIONE CON BENEFICIO D’INVENTARIO

7. RINUNCIA ALL’EREDITÀ – 8. IMPUGNAZIONE DELLA RINUNZIA – 9.

CONCLUSIONI.

* * *

1) Premessa in fatto.

Faccio seguito all’incontro di martedì scorso con Suo Padre e ai colloqui

telefonici intercorsi nei giorni successivi direttamente con Lei per

esprimere qui di seguito parere motivato circa il quesito se sussista il

pericolo che, al momento della morte di Sua madre, i creditori di Suo padre

possano rivalersi sulla quota di eredità (50%) a questi spettante, chiedendo

all’occorrenza il sequestro conservativo e la vendita di entrambi gli

immobili per il soddisfacimento dei propri diritti nei limiti del 50% del

valore della vendita.

Si domanda in particolare se - nel particolare contesto dell’inizio di un

principio di Alzhaimer cui pare sia affetta - Sua Madre possa redigere

testamento a Suo favore, con il quale lasciare a Lei tutti i propri beni.

2) Successione testamentaria.

Desidero preliminarmente rispondere al secondo quesito poiché - salve le

considerazioni di cui al successivo paragrafo 8) - la redazione del

testamento consentirebbe a Sua Madre di attribuire entrambi i beni

immobili direttamente a Lei estromettendo il Marito, laddove – in difetto di

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disposizioni testamentarie1 – all’apertura della successione, essi cadrebbero

nell’asse ereditario da dividere – in valore o in lotti - tra Lei e Suo Padre.

Preciso che le disposizioni testamentarie possono essere redatte anche in

modo olografo, senza cioè la necessaria assistenza del Notaio ma che la

redazione “di proprio pugno” di un testamento può comportare il pericolo

di soppressioni, di alterazioni o di smarrimento, nonché di minore

autenticità della scrittura e della frima.

Sarà sufficiente, in tal caso, che il testamento sia scritto interamente a

mano dall’autore – non in carattere stampatello –, sia datato e sottoscritto.

A questo punto, se é vero – come Lei mi accenna – che Sua Madre é affetta

da un non meglio identificato “problema di deficienza senile”, mi pare

improbabile che un Notaio sia disposto ad accettare un testamento in forma

pubblica da chi versi in una situazione – persino transitoria – d’incapacità

di discernimento, se si considera che il Notaio avrebbe l’onere di

individuare esattamente l'interesse perseguito da Sua Madre, qualificando

tecnicamente la volontà che – seppur in modo non tecnico - Sua Madre

sarebbe comunque chiamata a dovere esprimere con piena consapevolezza.

Pure ammesso che Sua Madre sia in grado di scrivere autonomamente un

testamento – o, alternativamente, di esprimere consapevolmente ad un

Notaio la propria volontà – mi corre precisarLe che il testamento redatto da

chi, sebbene non interdetto, si provi poi essere stato in quel momento

incapace di intendere e di volere2 é in sé valido ed efficace ma può essere

1 Art. 581 del Codice Civile. 2 Trib. Milano Sez. IV, 20/04/2011 L'incapacità naturale del disponente, che ai sensi dell'art. 591 c.c. determina l'invalidità del testamento, non si identifica in una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà, ma richiede che, a causa dell'infermità, al momento della redazione del testamento, il soggetto sia assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi, così da versare in condizioni analoghe a quelle che, con il concorso dell'abitualità, legittimano la pronuncia di interdizione. Inoltre, è necessario che lo stato psicofisico del soggetto sia, in quel momento, tale da sopprimere l'attitudine a determinarsi coscientemente e liberamente, essendo regola la capacità di agire del soggetto e dovendo, pertanto, la sua incapacità - che costituisce un'eccezione - essere provata in modo serio e rigoroso.

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impugnato da chiunque vi abbia interesse nel termine di 5 anni dall’inizio

dell’esecuzione delle disposizioni testamentarie.

Va precisato che il regime della prova3 dello stato di incapacità varia a

seconda della gravità (e del carattere manifesto) della malattia e che i

soggetti legittimati4 a richiedere l’annullamento del testamento coincidono

con chiunque abbia un interesse - diretto ed attuale e non eventuale e

futuro - ad ottenerlo, al fine di ricevere un concreto ed effettivo vantaggio

dalla pronuncia di inefficacia del’atto.

Quanto al caso in esame, se si considera che all’annullamento

dell’eventuale testamento conseguirebbe l’apertura della successione

legittima (50% dei beni a Lei e 50% a Suo padre) é evidente che i creditori

di Suo Padre avrebbero interesse e chiederne la pronuncia di inefficacia,

quanto meno sotto il profilo dell’incapacità naturale di chi lo ha redatto.

3) Divieto di patto successorio.

Non é possibile che Suo Padre rinunci preventivamente all’eredità della

Moglie, pena la nullità della rinuncia ai sensi dell’art. 458 del Codice

Civile, in questo caso imprescrittibile (fatto salvo l’usucapione di terzi e la

prescrizione dell’azione di ripetizione) e, anche in questo caso, eccepibile

da chiunque ne abbia interesse.

3 Si veda Cass. civ. Sez. II, 15/04/2010, n. 9081 secondo cui “l'annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula l'esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del "de cuius", bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere.2. Si veda, però, anche Cass. civ. Sez. II, 03/03/2010, n. 5091, secondo cui “Qualora venga impugnato il testamento redatto da una persona mentre era affetta da una grave e conclamata malattia mentale, tale da far ritenere provata l'irreparabile alterazione della sua capacità di intendere e di volere, incombe sul convenuto che voglia avvalersi di tale testamento l'onere di dimostrare che esso fu predisposto in un momento di lucido intervallo.” 4 Cass. civ. Sez. II, 04/12/1998, n. 12291.

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4) Successione legittima.

Laddove Sua Madre muoia senza lasciare testamento, si aprirà una

successione legittima, a seguito della quale il patrimonio del de cuius non

passerebbe automaticamente in capo a Lei e a Suo Padre, essendo

necessario che entrambi accettino l’eredità.

Pertanto, prima dell’accettazione, ancora non può parlarsi di erede ma solo

di legittimato all’acquisto dell’eredità che, giova ripetere, assumerà diritti

e obblighi dell’erede solo attraverso un atto di accettazione dell’eredità.

La questione relativa all’accettazione é assai delicata, atteso che essa può

essere espressa o tacita e, laddove avvenga tacitamente, non potrà essere

presidiata dal beneficio dell’inventario.

5) Accettazione tacita.

Richiesto di esprimere un quesito circa la soluzione migliore da adottare in

vista della salvaguardia dei beni del de cuius, limiterò a questo punto la

mia trattazione agli aspetti relativi alla condotta che Suo Padre dovrà

adottare al fine di evitare che questi possano essere oggetto di aggressione

da parte dei propri creditori.

Partendo dal presupposto che la Legge vieta l’accettazione parziale di

eredità, pare subito pacifico che Suo Padre non dovrà compiere atti tali da

farlo diventare automaticamente erede, se si considera che la Legge non

riconosce il beneficio di inventario quanto all’accettazione tacita di eredità.

Orbene, in linea generale, comportano l’accettazione dell’eredità e la

qualità di erede ogni comportamento che 1) presumi necessariamente la

volontà di accettare l’eredità e 2) che il chiamato non avrebbe il diritto di

fare se non nella qualità di erede.

Per quanto concerne la presunzione della volontà di accettare, occorre

prestare massima attenzione a come ci si comporti nei confronti dei beni

facenti parte della massa ereditaria, poiché la Giurisprudenza ritiene che

non occorre valutare se la volontà di accettare sussista in concreto poiché

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la Legge richiede soltanto che possa presupporsi in base a valutazioni di

comune esperienza.

Pertanto, sarebbe sufficiente un solo atto di disposizione ed anche di mera

gestione (non meramente conservativa) se incompatibile con la volontà di

rinunciare.5

Oltre alla presunzione della volontà di accettare l’eredità é necessario che

sussista, nella condotta del legittimato, anche l’idoneità dell’atto.

La dottrina ritiene che qualunque atto non autorizzato che sorpassi

l’esercizio delle azioni possessorie a tutela dei beni ereditari (senza il

materiale impossessamento), che vada oltre il compimento di semplici

atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea comportino

necessariamente la presunzione che l’autore abbia accettato l’eredità e

abbia voluto assumere la veste di erede.

Ad esempio, la Giurisprudenza ha considerato semplice indizio –

liberamente valutabile dal Giudice – la presentazione della dichiarazione di

successione6 (cui, peraltro, é obbligato anche il semplice chiamato) e il

pagamento della relativa imposta, laddove é stato considerato

comportamento di accettazione tacita il ricorso alla Commissione

Tributaria contro l’avviso di accertamento e il successivo concordato.

La semplice immissione nel possesso dei beni (che, d’altra parte,

sconsiglio nella maniera più assoluta), non é stato considerato atto

univoco tale da ingenerare il sospetto che il chiamato abbia gito come

erede.

E’ stato (comprensibilmente) considerato atto concludente il rilascio di una

procura per la vendita dei beni ereditari, come anche (ovviamente) la

domanda volta al reclamo della proprietà e al risarcimento per la mancata

disponibilità dei beni, come anche (naturalmente) la domanda di divisione

di un bene o l’adesione alla stessa da parte degli altri chiamati. 5 Di contro, Cass. 5 novembre 1987, n°8123. 6 Cass. 13 maggio 1999, n°4756; Cass. 27 marzo 1996, n°2711.

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E’ stato giudicato atteggiamento concludente la riscossione di un assegno

rilasciato al defunto, come anche la voltura catastale dei beni immobili

appartenuti allo stesso.

Costituiscono invece fattispecie di accettazione presunta quelle codificate

dagli articoli 477 e 478 del Codice Civile che prevedono le ipotesi in cui il

chiamato all’eredità doni, venda o ceda i propri diritti di successione ad un

estraneo o ad uno ovvero a tutti gli altri chiamati, come anche la rinuncia ai

diritti di successione se accompagnata dalla riscossione di un corrispettivo.

6) Accettazione con beneficio di inventario.

Premesso che appare sconveniente che Suo Padre accetti l’eventuale

eredità con accettazione pura e semplice e che l’accettazione tacita

dell’eredità inibisce l’esercizio del beneficio dell’ inventario, ne consegue

che, alla morte di Sua madre, Suo Padre dovrà mantenere il più rigoroso

distacco dai beni facenti parte dell’eredità, valutando dal di fuori se

accettare l’eredità con beneficio di inventario oppure rinunciarne.

Se l’accettazione pura e semplice provoca la confusione del patrimonio del

defunto con quello dell’erede, per cui egli risponde dei debiti ereditari

anche con i propri beni, con l’accettazione con beneficio d’inventario i due

patrimoni rimangono distinti e l’erede risponde dei debiti del de cuius

soltanto nei limiti del valore dei beni a lui pervenuti.

A questo punto, se si considera che il quesito sottoposto ha ad oggetto una

fattispecie del tutto speculare - vale a dire l’adozione di strategie atte a

salvaguardare i beni ereditari dalle pretese dei creditori del chiamato -, mi

corre di sconsigliare l’eventualità di accettare l’eredità, seppur con il

beneficio d’inventario, poiché – non sussistendo passività sulla massa

ereditanda – all’esercizio del beneficio non conseguirebbe alcun vantaggio

ma, automaticamente, l’acquisizione della qualità di erede.

Si consideri infatti che, a seguito dell’esercizio del beneficio, Suo padre

diverrebbe erede di due masse patrimoniali distinte: quella costituita dai

beni personali (che già aveva) riservata alla soddisfazione dei soli creditori

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personali e quella dei beni ereditari aggredibile da ogni creditore.

7) Rinuncia all’eredità.

A parere di chi scrive, non resta quindi altra soluzione che rinunciare

all’eredità, tenendo in debita considerazione quanto prescritto dall’art. 524

del Codice Civile.

Tramite rinuncia - da farsi con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal

Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si é aperta la successione -

il chiamato all’eredità non diviene erede e la parte di eredità si

accrescerebbe a Suo favore.

8) L’impugnazione della rinunzia.

L’art. 524 del Codice Civile prescrive che “Se taluno rinunzia, benché

senza frode, a un'eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi

autorizzare ad accettare l'eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo

scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro

crediti. Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia.”

La norma – applicabile anche nell’ambito della rinuncia ad eredità relitta

per testamento7 - prevede quindi che i creditori di Suo Padre possano

ottenere l’autorizzazione ad accettare l’eredità stessa in nome e per conto

del proprio debitore, al fine di evitare il pregiudizio che la rinunzia

causerebbe al proprio diritto di credito, non potendo giovarsi del maggior

patrimonio del debitore.

Il presupposto dell’impugnazione é la sussistenza di un danno prevedibile,

ossia che vi siano fondate ragioni per ritenere che il patrimonio del

debitore non sia sufficiente al soddisfacimento dei crediti8 ed é irrilevante

che la rinunzia sia stata posta in essere in frode alle ragioni dei creditori o

che, in ogni caso, il debitore o gli ulteriori chiamati all’eredità fossero

consapevoli del possibile danno.9

7 Cass. civ. Sez. II, 29-07-2008, n. 20562. 8 Si veda Trib. Roma, 20 ottobre 1994. 9 Cass. 25 marzo 1995, n°3548.

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L’unico destinatario dell’azione d’impugnazione é il rinunziante, senza che

il suo eventuale decesso possa pregiudicare l’esercizio dell’azione che, in

tale caso, può essere promosso nei confronti degli eredi, anche se questi

avessero accettato con il beneficio d’inventario.

L’effetto dell’accoglimento della domanda d’impugnazione della rinunzia

é il diritto dei creditori di aggredire, nei limiti della quota spettante al

rinunziante, i beni ereditari per la soddisfazione dei propri crediti.

In tale evenienza, al fine di evitare l’azione esecutiva, gli eredi che

avessero accettato in luogo del rinunziante potrebbero scegliere di

rilasciare i beni ereditari ovvero offrire ai creditori l’equivalente di quanto

si sarebbe potuto ricavare dalle vendita dei beni stessi.

9) Conclusioni.

In conclusione, la Legge prevede un sistema di norme atte a tutelare la

posizione giuridica di chi vanti un credito nei confronti di colui che, a

seguito dell’apertura di una successione, potrebbe pregiudicare la propria

capacità economica mediante rinuncia all’eredità.

Si prospettano d’altra parte soluzioni che, tuttavia, meritano di essere

valutare con estrema cautela, al fine di non incorrere nel divieto del

compimento di atti in frode alla Legge o dei creditori, a cui seguirebbe il

loro annullamento per annullamento e/o revocazione.