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Secondo la Corte dei Conti: i predetti funzionari non dovevano accettare polizze rilasciate da intermediari finanziari non adeguati; danno erariale da omesso incameramento delle polizze a prima richiesta condotte caratterizzate da un grado di diligenza e perizia, decisamente inferiore allo “standard” professionale pretendibile e tale da rendere prevedibile o probabile il concreto verificarsi del mancato incameramento delle somme garantite, giacché il lasciar decorrere del tempo senza intraprendere azioni effettive ed incisive nei confronti di fidejussore ed impresa soggetti ambedue falliti , non poteva che rendere più difficile il recupero delle somme sino a renderlo impossibile e definitivo: l’inerzia prolungata non fa che aumentare il rischio del mancato recupero del credito Vieppiù alla luce della considerazione che l’agire come portatore di un determinato ruolo sociale o professionale comporta l’assunzione della responsabilità di saper riconoscere ed affrontare le situazioni ed i problemi (anche di interpretazione delle norme giuridiche di riferimento) inerenti a quel ruolo secondo lo “standard” di diligenza, di capacità e di conoscenze richiesto per il suo corretto svolgimento. Corte dei Conti Terza Sezione Centrale di Appello, sentenza numero 317 del 22 giugno 2017 Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano La Corte dei Conti Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello Composta dai Sigg.ri magistrati: Dott.ssa Fausta Di Grazia Presidente Dott. Antonio Galeota Consigliere Dott.ssa Giuseppa Maneggio Consigliere Dott.ssa Giuseppina Maio Consigliere Dott. Giovanni Comite Consigliere relatore ha pronunciato la seguente Sentenza 1. sulla citazione in appello, iscritta al n. 48.642 del registro del Ruolo generale, proposta dal sig. Rapicavoli Carlo (C.F. RPC CRL 67R26 F890A), rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della stessa, anche disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti Borella Alberto (C.F. BRL LRT 41C30 L407L), Borella Piero (C.F. BRL PRI 70L13 L407O) e Lorenzoni Fabio (C.F. LRN FBA 45B22 H501J), elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, a Roma (RM), in via del Viminale n. 43: appellante principale. 2. Sulla citazione in appello, iscritta al n. 48.649 del registro del Ruolo generale, formulata dal sig. Moretto Carlo Giovanni (C.F. MRT CLG 62P25 L407D), rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della medesima, dagli Avv.ti Piovesan Stefania (C.F. PVS SFN 65P45 F999U) e Loria Filippo (C.F. LRO FPP 70H01 H501F), elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, a Roma (RM), in viale Luca Gaurico n. 257: appellante incidentale Contro

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Secondo la Corte dei Conti: i predetti funzionari non dovevano accettare polizze rilasciate da intermediari finanziari non adeguati; danno erariale da omesso incameramento delle polizze a prima richiesta

condotte caratterizzate da un grado di diligenza e perizia, decisamente inferiore allo “standard” professionale pretendibile e tale da rendere prevedibile o probabile il concreto verificarsi del mancato incameramento delle somme garantite, giacché il lasciar decorrere del tempo senza intraprendere azioni effettive ed incisive nei confronti di fidejussore ed impresa soggetti ambedue falliti , non poteva che rendere più difficile il recupero delle somme sino a renderlo impossibile e definitivo: l’inerzia prolungata non fa che aumentare il rischio del mancato recupero del creditoVieppiù alla luce della considerazione che l’agire come portatore di un determinato ruolo sociale o professionale comporta l’assunzione della responsabilità di saper riconoscere ed affrontare le situazioni ed i problemi (anche di interpretazione delle norme giuridiche di riferimento) inerenti a quel ruolo secondo lo “standard” di diligenza, di capacità e di conoscenze richiesto per il suo corretto svolgimento.

Corte dei Conti Terza Sezione Centrale di Appello, sentenza numero 317 del 22 giugno 2017

Repubblica ItalianaIn Nome del Popolo Italiano

La Corte dei ContiSezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello

Composta dai Sigg.ri magistrati:Dott.ssa Fausta Di Grazia PresidenteDott. Antonio Galeota ConsigliereDott.ssa Giuseppa Maneggio ConsigliereDott.ssa Giuseppina Maio ConsigliereDott. Giovanni Comite Consigliere relatoreha pronunciato la seguente

Sentenza1. sulla citazione in appello, iscritta al n. 48.642 del registro del Ruolo generale, proposta dal sig. Rapicavoli

Carlo (C.F. RPC CRL 67R26 F890A), rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della stessa, anche disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti Borella Alberto (C.F. BRL LRT 41C30 L407L), Borella Piero (C.F. BRL PRI 70L13 L407O) e Lorenzoni Fabio (C.F. LRN FBA 45B22 H501J), elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, a Roma (RM), in via del Viminale n. 43: appellante principale.

2. Sulla citazione in appello, iscritta al n. 48.649 del registro del Ruolo generale, formulata dal sig. Moretto Carlo Giovanni (C.F. MRT CLG 62P25 L407D), rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della medesima, dagli Avv.ti Piovesan Stefania (C.F. PVS SFN 65P45 F999U) e Loria Filippo (C.F. LRO FPP 70H01 H501F), elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, a Roma (RM), in viale Luca Gaurico n. 257: appellante incidentale

Controla Procura presso la Sezione giurisdizionale regionale per il Veneto e la Procura generale della Corte dei conti: appellate in sede principale ed incidentale

e3. sulla citazione in appello, iscritta al n. 48.865 del registro del Ruolo generale, proposta dal Procuratore

presso la Sezione giurisdizionale regionale per il Veneto: appellante incidentalenei confronti

dei sigg.ri Rapicavoli Carlo e Moretto Carlo Giovanni, rappresentati e difesi come sopra: appellati incidentaliAvverso e per la riforma

della sentenza n. 127/’14 - della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale regionale per il Veneto – pubblicata mediante deposito il 12 giugno 2014, non notificata.Visti: le citazioni in appello, principale ed incidentali, le conclusioni formalizzate dalla Procura generale, le ulteriori note defensionali delle parti private, gli atti tutti di causa;uditi alla pubblica udienza del 14 dicembre 2016, con l’assistenza del segretario sig.ra Bianco Lucia, il Cons. relatore, dott. Comite Giovanni, l’Avv. Borella Alberto, anche su delega scritta dell’Avv. Piovesan Stefania, per Rapicavoli Carlo e Moretto Carlo Giovanni, e il V.P.G. dott. Buccarelli Antonio, per l’Ufficio del Pubblico ministero.

Svolgimento del processo

[1] Con atto di citazione, prodotto il 12 aprile 2013, la Procura territoriale per il Veneto conveniva in giudizio i sigg.ri Rapicavoli Carlo e Moretto Carlo Giovanni per ottenerne la condanna al ristoro in favore della provincia di Treviso, in via principale, rispettivamente, della somma di € 1.942.278,00 (recte: € 1.942.605,60) e di € 1.045.842,00 (recte: € 1.046.018,40); in via subordinata e a titolo di perdita di “chances”, dell’importo di € 1.165.366,00 e di € 627.505,00, oltre accessori e spese del grado.

[2] I fatti di causa, attengono essenzialmente alla gestione di due discariche: quella per rifiuti speciali, di via “Tiretta”, e quella per rifiuti inerti, di via “Vecelli”, ambedue realizzate nel comune di Paese, in provincia di Treviso.

A. La discarica “Tiretta” originava dal Decreto n. 310, del 31 maggio 1989 del Dirigente della Segreteria Regionale per il Territorio della Regione Veneto, che approvava in linea tecnica il progetto generale, presentato dal comune di Paese per la realizzazione di una discarica del tipo 2 B, per lo smaltimento di rifiuti speciali non tossico nocivi. Di tal ché, con successivi Decreti della Giunta regionale Veneto (n. 1430/92; 1419/93; 272/94; 65/95), sono stati approvati il progetto esecutivo, i termini di inizio e fine lavori, una variante al progetto, un aumento della volumetria e le tipologie di rifiuti speciali.

In tale determinare si inseriva la convenzione stipulata il 27 aprile 1993 dal comune di Paese, con la quale quest’ultimo, titolare dell’autorizzazione per la discarica, ha affidato alla società Finadria (poi S.E.V. per incorporazione) la realizzazione e la gestione della stessa, oltre ad aver previsto (agli artt. 16 e 17 della stessa) che, a partire dal 6 marzo 2000, le spese di asporto del percolato sarebbero dovute gravare sul comune di Paese (aspetto questo controverso tra le parti).

Nel corso della gestione si manifestavano diverse criticità quali l’infiltrazione del percolato, il livello eccessivo del medesimo e il suo insufficiente asporto, un diffuso inquinamento prodottosi per il difetto di impermeabilizzazione, la non realizzazione di un idoneo sistema di messa in sicurezza della discarica e di un intervento di bonifica. In particolare l’esercizio dell’impianto, autorizzato nell’ottobre del 1995, veniva sospeso già nell’ottobre 1996, fino al ripristino delle condizioni di corretta gestione: la sospensione è revocata nel dicembre 1996 a seguito dell’eliminazione delle cause che l’avevano indotta. In ogni caso, con D.P.P. n. 1748 del 28 febbraio 1996, veniva vietato l’ulteriore conferimento di rifiuti e ordinato di provvedere alla ricomposizione finale della discarica. Con Decreti del Presidente della Provincia n. 1839, del 19 settembre 1996 e n. 1897, del 2 dicembre ‘96, la ditta Finadria s.r.l. veniva autorizzata, dopo la sospensione, all’esercizio della discarica fino al 30 settembre ‘97 e veniva altresì richiamata ad ottemperare all’adeguamento delle polizze fideiussorie.

In data 31 marzo e 20 maggio 1999, l’Arpav trasmetteva alla Provincia l’esito delle analisi dei piezometri di controllo della discarica, rilevando lo stato di inquinamento della falda, per cui emergeva l’esigenza della realizzazione di opportuni interventi di messa in sicurezza della stessa.

Con nota del 25 gennaio 2002, la ditta SEV chiedeva di volturare a proprio favore i decreti intestati alla Finadria, essendo stata, quest’ultima, incorporata con atto di fusione registrato in data 3 agosto 2001.

Con precedente atto, in data 9 marzo 2000, veniva prestata fidejussione n. 30744/EP/99F dalla società Centro Italia Compagnia di Cauzioni e Fidejussioni s.p.a., per un importo di €. 774.685,35, con validità dal 31 maggio 2002 al 31 dicembre 2005, a garanzia della corretta gestione ad avvenuto esaurimento e di eventuali danni causati all’ambiente, ai sensi dell’art. 18 della legge 349 dell’8/7/86, in caso di risarcimento riconosciuto con sentenza passata in giudicato.

In data 12/11/2004, perveniva alla Provincia atto di fidejussione n. 605231/EP del 1° settembre 2004 tra la San Remo spa e SEV srl, riferito all’autorizzazione alla gestione post chiusura della discarica di 2° categoria tipo B di via Tiretta di cui al D.D.P. 266/04.In detta polizza, con validità dal 1° settembre 2004 al 30 settembre 2009, ed un massimale di € 774.685,35, si premetteva che la contraente si rendeva disponibile a prestare cauzione ai sensi della DGRV n. 2528 del 14/7/1999, a garanzia dell’adempimento degli obblighi verso l’ente garantito, derivanti da leggi, regolamenti e prescrizioni autorizzative, eventuali convenzioni ed ulteriori provvedimenti di enti ed organi pubblici. Per ciò, si produceva, e si accettava da parte dell’Amministrazione provinciale, fideiussione, dal Procuratore regionale ritenuta non rispondere alle tipologie di quelle pretese nei procedimenti ambientali, a garanzia “della corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge 349 del 8/7/1986, in caso di risarcimento riconosciuto con sentenza in giudicato”.

In data 28 giugno 2006 veniva dichiarato il fallimento della SEV e, successivamente, il 2 luglio 2007, il fallimento della San Remo spa.

Giacomo Parrini, 18/09/2017,
società Finadria (poi S.E.V. per incorporazione)
Giacomo Parrini, 18/09/2017,
La fideiussione però viene dal Procuratore regionale ritenuta non rispondere alle tipologie di quelle pretese nei procedimenti ambientali“La Pubblica Amministrazione accetta garanzia non adeguata”
Giacomo Parrini, 18/09/2017,
Chiusura della discarica > la gestione passa alla SAN REMO spaQuesta garantisce la SEV srl con fideiussione per gli obblighi di gestione post chiusura della discarica
Giacomo Parrini, 18/09/2017,
Fideiussore: Centro Italia Compagnia di Cauzioni e Fidejussioni s.p.a.
Giacomo Parrini, 18/09/2017,
data 9 marzo 2000 viene presentata la Fideiussione con validità 31/05/2002-31/12/2005
Giacomo Parrini, 18/09/2017,
Finadria – doveva adeguare le polizze Fideiussorie

La Procura territoriale, in ragione della gestione gravemente deficitaria della ditta, che non asportava il percolato, non poneva rimedio ai difetti di impermeabilizzazione e di copertura della discarica, non produceva la polizza contro l’inquinamento ambientale lasciata scadere e non rinnovata , contestava agli odierni appellanti la mancata tempestiva escussione delle polizze poste a garanzia della corretta gestione, post chiusura, della discarica nonché la circostanza di aver accettato garanzie non conformi a quanto normativamente prescritto.

Quanto al danno, il Requirente deduceva dalle emergenze documentali che la Provincia ha sostenuto costi per la rimozione del percolato, affidata alla ditta Sita FD, per un importo di € 19.512,58.

Ulteriori interventi venivano eseguiti dal comune di Paese, attraverso le convenzioni in data 27 dicembre 2007 e 9 giugno 2008 con la Provincia, che assegnava anche un contributo (€ 60.000) all’ente locale. Inoltre, negli anni 2008 - 2011 il comune di Paese sosteneva per spese di asporto del percolato e di manutenzione la somma di € 352.990,96. Pertanto, relativamente a questa discarica, l’asserito danno all’erario ammonterebbe ad € 372.504,00.

B. Quanto alla discarica di via “Vecelli” le fasi che caratterizzavano la gestione erano le seguenti: nel 1996 è stata autorizzata (D.D.P. n. 1721/SP del 22 gennaio 1996) la ditta Business & Service s.r.l. all’esercizio della discarica di seconda categoria tipo A per rifiuti inerti, realizzata nel comune di Paese; con successivo provvedimento (D.D.P. n. 1939/S1, del 1° aprile 1997) è autorizzato lo smaltimento in discarica dei materiali in matrice cementizia o resinoide contenenti amianto. In seguito, con Decreto della Provincia, n. 2019/S, del 18 dicembre 1997, subentrava la ditta Finadria s.r.l., che veniva autorizzata, sino al 31 gennaio 1999, all’esercizio della discarica, autorizzazione poi prorogata sino al 31 dicembre 2002. L’autorizzazione all’esercizio della discarica veniva tuttavia sospesa (con D.D.P. n. 608 del 14.09.1999), subordinandosi la revoca della sospensione alla presentazione delle garanzie finanziarie e alla trasmissione delle analisi delle acque di falda. Le vicende gestionali iniziano a presentare delle criticità a causa di difformità nel materiale conferito per lo smaltimento. Di fatti, con D.D.P. n. 252 del 09 aprile 2001, si sospendeva l’autorizzazione all’esercizio della discarica, per un periodo di giorni 90, per difformità gestionali dei rifiuti a matrice resinoide e cementizia contenenti amianto, sospensione poi revocata con D.D.P. n. 423 del 29 giugno 2001. Circostanza che era a verificarsi anche in aprile 2002, quando con D.D.P. n. 542, del 30 aprile 2002, veniva sospesa l’autorizzazione all’esercizio della discarica per un periodo di 120 giorni, a causa del conferimento di rifiuti non conformi al quadro normativo vigente e al D.D.P. n. 100/2000. Con D.D.P. n. 871 del 23 luglio 2002, la S.E.V. (che aveva incorporato Finadria) veniva autorizzata all’esercizio della discarica e invitata a provvedere, entro il termine di 30 giorni, a trasmettere idonee garanzie finanziarie, intestate a proprio nome, per un importo di euro 220.010,64, con scadenza 31 dicembre 2005, conformemente al disposto del punto 3 della DGRV n. 2528 del 14 luglio 1999. Altra criticità la si registrava nel settembre 2002, quando con D.D.P. n. 1041, del 02 settembre 2002, si disponeva la sospensione dell’autorizzazione all’esercizio della discarica fino ad avvenuta esecuzione della caratterizzazione qualitativa dell’intero ammasso di rifiuti e alla rimozione di quelli non conformi alla normativa ed ai provvedimenti di autorizzazione.Purtuttavia, con D.D.P. n. 858 dell’1 luglio 2003 veniva ritenuto:- che le operazioni di rimozione del rifiuto classificato come “speciale tossico e nocivo” non erano state esaustive e si doveva escludere dall’autorizzazione all’esercizio parte del settore di scavo denominato 3/5L. Nelle more, in data 07 agosto 2003, veniva sottoscritto atto di fideiussione n. 604123 tra la S.E.V. spa e la società San Remo Spa avente ad oggetto la garanzia per l’esercizio della discarica di via Vecelli; a tale atto faceva seguito una seconda sottoscrizione, in data 13 ottobre 2003, apportante delle correzioni. La garanzia in questione, per un importo di euro 220.010,60, richiamato il D.D.P. 858/2003, indicava quale oggetto “la corretta gestione della discarica ad avvenuto esaurimento e per eventuali danni causati all’ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge 349/1986, qualora il risarcimento sia stato stabilito con sentenza passata in giudicato, nonché per la ricomposizione finale”.

Con D.D.P n. 757 del 2 settembre 2004, tenuto conto che la ditta aveva comunicato che le operazioni di rimozione del rifiuto non conforme erano iniziate il 3 agosto 2004 e aveva chiesto una proroga di giorni 90 del termine di rimozione, veniva concessa, per tale rimozione, una proroga di 90 giorni, ovvero fino al 6 dicembre 2004.In data 8 novembre 2004, la S.E.V. s.r.l. e la San Remo spa sottoscrivevano atto di fidejussione n. 605273/EP, per il periodo 18 novembre 2004 – 30 giugno 2005, con un massimale garantito di € 2.616.120, a garanzia “ dell’adempimento delle obbligazioni a carico del Contraente ed a favore del beneficiario inerenti l’asporto del materiale della discarica di 2° categoria tipo A di via Vecelli a Paese”. Nel coevo atto integrativo, quale oggetto della garanzia veniva indicato “l’adempimento delle prescrizioni imposte alla ditta con Decreto del Dirigente del Settore Gestione del Territorio della Provincia di Treviso n. 220/2004 del 3.3.2004 avente per oggetto … ed eventuali successive modifiche ed integrazioni inerenti il medesimo oggetto”. Con atto, in data 26 aprile 2005, il termine di vigenza della garanzia veniva prorogato al 31 ottobre 2005.Con nota pervenuta alla Provincia l’8 novembre 2004, la SEV chiedeva la riapertura parziale della discarica oggetto di rimozione del rifiuto non conforme e della verifica della stessa, tanto al fine di reperire nuove risorse economiche e

Giacomo Parrini, 25/11/2017,
Si richiede anche per questa discarica ulteriore fideiussione di proroga
Giacomo Parrini, 25/11/2017,
Si chiede la sospensione dell’autorizzazione per criticità/difformità gestionali dei rifiuti, poi revocata, ma ripetutasi più volte
Giacomo Parrini, 25/11/2017,
Si ripete come sopra la situazione di sospensione.
Giacomo Parrini, 15/10/2017,
In merito alla polizza rc inquinamento, ho l’impressione che anche in presenza di polizza, trattandosi di omissione di attività, e quindi inquinamento doloso, la polizza non avrebbe comunque pagato!

proseguire le operazioni di rimozione nella restante area garantite con la polizza stipulata in data 18 novembre 2004 per un importo di € 2.616.120.

Con nota del 25 marzo 2005, la società chiedeva una proroga di 180 giorni del termine per la rimozione dei rifiuti non conformi e una proroga di 180 giorni per il conferimento di rifiuti in discarica.Con D.D.P n. 367 dell’1.4.2005, si sospendeva ogni conferimento di rifiuto presso la discarica. Ciò considerato anche che, dalla documentazione trasmessa, non era dato evincere il quantitativo conferito di rifiuto smaltito, e che non si produceva stima della volumetria residua disponibile. Quindi, sempre con detto decreto, veniva prorogato al 30 settembre 2005 il termine per la rimozione dei rifiuti non conformi ancora in discarica, con invito ad un’integrazione della polizza fideiussoria 605273/EP con scadenza al 31 ottobre 2005.L’atteggiamento inerte della ditta nel rimuovere il rifiuto non conforme portava al provvedimento del 18 luglio 2005, con il quale il Dirigente del Settore Gestione del Territorio, considerato fra l’altro che le operazioni di rimozione del rifiuto tossico e nocivo non ammesso si erano fermate al 12 marzo 2005 e che dalla documentazione prodotta dalla S.E.V. non emergeva l’intento di proseguirle, comunicava alla società l’avvio del procedimento sostitutivo e il preventivo avviso di escussione della polizza fideiussoria 605273/EP.

La S.E.V. proponeva ricorso al TAR del Veneto avverso il parere negativo della CTPA della Provincia di Treviso, con istanza cautelare di sospensione, che veniva accolta parzialmente, con decreto del Presidente 669/2005, in attesa dell’udienza camerale. Gli effetti di detto decreto venivano poi dichiarati cessati con ordinanza del TAR del 6 settembre 2005, a seguito di rinuncia della ricorrente alla domanda cautelare. Con nota in data 30 settembre 2005, la SEV chiedeva la proroga di un anno del termine per la rimozione del rifiuto non conforme, riservandosi di produrre il corrispondente atto di proroga della polizza fideiussoria 605273/EP; polizza la cui vigenza, con atto in data 27 ottobre 2005, veniva prorogata al 30 aprile 2006.In data 7 aprile 2006, il Dirigente del Settore Gestione del Territorio, considerata la mancata rimozione del rifiuto non conforme, comunicava nuovamente l’avvio del procedimento per l’intervento sostitutivo con rivalsa sulle garanzie finanziarie.L’intimazione di pagamento dell’importo garantito di € 2.616.120, rivolto alla San Remo con nota del Dirigente in data 28 aprile 2006, non sortiva alcun effetto, e la San Remo veniva dichiarata fallita il 2 luglio 2007.

Quanto ai danni per l’erario, l’Organo requirente deduceva dalle emergenze descritte che nel corso di quattro anni (dal 2002 al 2006) la ditta aveva asportato solo una minima parte del rifiuto non conforme, 4.675 tonnellate, lasciandone giacenti 29.600, e l’Amministrazione non aveva riscosso alcunché dalle polizze presentate dalla società, finendo così per accollarsi i costi per gli interventi sostitutivi, con un pregiudizio economico quantificabile nella misura di €. 2.616.120 (costo stimato di detti interventi). In sostanza dagli avvenimenti gestionali dianzi descritti il Procuratore regionale del Veneto riteneva fosse derivato un danno alla provincia di Treviso di tale entità.

La responsabilità per siffatti pregiudizi, quanto alla discarica “Tiretta”, veniva ascritta al Dirigente del Settore Gestione del Territorio, dott. Rapicavoli Carlo, per non avere adottato i provvedimenti e gli atti che hanno contrassegnato la gestione della stessa. In breve, la responsabilità era da ricollegare al tempo lasciato decorrere, mentre persistevano le gravi inadempienze gestionali, senza procedere ad escutere le garanzie. A tale condotta, era da aggiungersi l’ulteriore grave negligenza consistente nell’avere consentito garanzie non consistenti in fideiussioni bancarie o assicurative, in contrasto con le esplicite disposizioni di legge e regolamentari.

Dappoi, un contributo causale veniva attribuito al dott. Moretto Carlo Giovanni, funzionario della Provincia di Treviso che, in ragione del suo Ufficio e di Responsabile del procedimento, ha avuto modo di occuparsi della gestione della discarica “Tiretta”: in breve, alla luce delle criticità gestionali egli avrebbe dovuto proporre al Dirigente del settore Gestione del Territorio, di avviare il procedimento per l’escussione delle garanzie finanziarie e segnalare l’inammissibilità delle polizze presentate dalla S.E.V., atteso che le norme erano chiare e non si prestavano ad alcun equivoco . Per ciò, il concorso causale veniva ascritto nella misura del 65% , al dott. Rapicavoli, e del 35% , al dott. Moretto, ossia nella misura di € 242.127,60 e di € 130.376,40 . In subordine, il PM contestava, poiché asseritamente ricorrenti le condizioni atto a configurarlo, un danno da perdita di “chances”, atteso che in ipotesi, un’azione appropriata, esercitata tempestivamente, avrebbe di certo portato a conseguire, quanto meno, una buona parte delle somme garantite. Di tal ché, l’importo di cui si chiedeva il ristoro in subordine era indicato nella misura del 60% del suindicato pregiudizio, all’esito del quale applicare la ripartizione percentuale dianzi proposta.

Quanto, invece, alla discarica di via “Vecelli”, l’Attore procedente riteneva che il danno arrecato dai predetti funzionari alla Provincia fosse una conseguenza dei rifiuti non conformi rimasti ivi giacenti e della mancata riscossione da parte dell’Amministrazione delle polizze presentate dalla Società. Il pregiudizio è quantificato nell’importo assicurato di € 2.616.120,00, corrispondente a quanto occorrente per la gestione, l’asporto e la trattazione del materiale rimasto presso la cava, somma imputata a titolo risarcitorio ai predetti funzionari nella misura del 65% e del 35%, e assommante ad € 1.700.478,00 e ad € 915.642,00. Anche per tale parte di asserito pregiudizio il PM formulava una subordinata da c.d. perdita dell’occasione di ottenere l’utilità, quantificato nella misura del 60% del suddetto importo.

Giacomo Parrini, 25/11/2017,
Entrambi i Pubblici Amministratori sono ritenuti responsabili
Giacomo Parrini, 25/11/2017,
Responsabilità in capo al FUNZIONARIO della PROVINCIA che doveva SEGNALARE L’INAMMISSIBILITA’ della GARANZIA
Giacomo Parrini, 25/11/2017,
Responsabilità del Dirigente del settore “Gestore del Territorio” per mancata tutela del credito erariale
Giacomo Parrini, 25/11/2017,
Dichiarazione di fallimento: 02/07/2007 SAN REMO SPA dopo intimazione a pagare l’importo garantito, non riscosso neppure con escussione delle polizze presentate = danno erariale di pari importo della FJ.

[3] All’esito degli scritti defensionali delle parti private, la Corte territoriale emetteva la sent. n. 127/’14, pubblicata il 12 giugno 2014, con la quale, in accoglimento parziale della domanda attorea, condannava il dott. Rapicavoli Carlo e il dott. Moretto Carlo Giovanni al pagamento, in favore dell’Amministrazione provinciale di Treviso, della complessiva somma di € 79.512,58, da ripartire secondo le percentuali indicate nel libello introduttivo, oltre rivalutazione monetaria, interessi di legge e spese del grado, liquidate in € 2.645,15 e da ripartirsi in parti eguali.

Il primo Collegio, quanto alla discarica “Tiretta”, poneva in rilievo che la responsabilità amministrativa azionata dall’Organo requirente riguardava essenzialmente danni cagionati nell’ambito del rapporto autorizzatorio all’esercizio dell’impianto, derivante da provvedimento della Provincia, rilasciato ai senti dell’art. 5 della legge regionale n. 33 del 1995. Cosicché, sosteneva che diversa natura e funzione assumeva invece il rapporto giuridico tra il comune di Paese e Finadria S.r.l., derivante da una convenzione stipulata il 27 aprile 1993, con la quale l’ente pubblico, beneficiario dell’autorizzazione regionale di cui ai decreti della Giunta regionale n. 310/EC del 31 maggio 1989 e n. 1430 del 20 luglio 1992, aveva concesso alla Finadria srl, “ interessata a realizzare e gestire la discarica”, “l’uso della discarica” (punto n. 1), fermo rimanendo che “l’allestimento e la gestione della discarica concessa in uso saranno effettuati a cura e spese della società FINADRIA srl, che s’impegna ad ottemperare scrupolosamente agli obblighi prescritti dalle competenti Autorità” (punto n. 2). Per ciò, la sentenza gravata non ravvisava di poter condividere la tesi avanzata dalle parti private, secondo cui graverebbero sul comune di Paese, in base ad alcune clausole della suddetta convenzione (nn. 16 e 17), le spese di smaltimento del percolato “a partire dal 6 marzo 2000”, ovvero scaduti tre anni dalla cessazione del conferimento dei rifiuti.

In sostanza, dette clausole convenzionali non apparivano alla Corte territoriale utilmente invocabili al fine di configurare una sorta di esonero da responsabilità a beneficio sia della ditta autorizzata che dei dirigenti cui la normativa attribuiva in materia competenze di amministrazione attiva e di controllo di natura pubblicistica.

Quanto all’elemento oggettivo dell’illecito, il Collegio ha ritenuto provate le gravi irregolarità ed inadempienze nella gestione della discarica sia in relazione al trattamento del percolato (pagg. 44 – 46) che alla ricomposizione della discarica, che alla messa in sicurezza della stessa (pagg. 47 – 48), rilevandone la contrarietà alle norme all’epoca vigenti in materia. In breve, dopo il luglio 2005 non vi furono presso la discarica più verifiche e asporti del percolato nonostante i valori alti del livello di tale liquidito registrati nel 2006. Il tutto con l’aggiunta di una ulteriore inottemperanza da parte della ditta, riscontrata con riguardo alle garanzie finanziarie, essendo la polizza R.C. contro l’inquinamento scaduta al 07 marzo 2003, e non più rinnovata malgrado diffida a provvedere. E a fronte delle suddette condotte gestionali, la Sezione territoriale reputava sussistenti le condotte gravemente colpose dei predetti funzionari provinciali che: <<…non hanno assunto decisioni ultimative e proceduto ad escutere tempestivamente le garanzie, se non il 26 settembre 2006, ovvero tre mesi dopo la dichiarazione di fallimento della S.E.V.>> . Dappoi, evidenziavano come le condotte serbate fossero censurabili anche per avere ritenuto ammissibili garanzie finanziarie rappresentate da fidejussioni prestate da intermediari finanziari diversi da banche o assicurazioni, nonostante la specifica normativa in vigore all’epoca, in materia ambientale. Accertata la sussistenza dei vizi della gestione e la ricorrenza delle condotte antigiuridiche dei funzionari, la Sezione regionale rilevava che dalla vicenda erano enucleabili, sul piano ontologico – giuridico, due diverse tipologie di danno per la P.A.: l’una consistente nel detrimento ambientale (di natura non patrimoniale), che il danneggiante ha l’obbligo di risarcire in forma specifica ovvero per equivalente; l’altra, (a rilievo patrimoniale) rappresentata dalle spese sostenute dall’Amministrazione, in ragione della gestione disfunzionale della discarica, a tutela dei luoghi interessati dalla gestione dell’attività. In specie, poiché <<…A questa ricostruzione dicotomica della species di danno erariale deve evidentemente essere ricondotta anche l’ipotesi dell’esistenza di garanzia fidejussoria sull’obbligazione risarcitoria a carico del danneggiante, tenuto conto della pacifica natura accessoria della garanzia rispetto all’obbligazione principale garantita…>>, la Corte regionale riteneva che in ipotesi non sia stato chiesto il risarcimento del danno ambientale ma solo di quello patrimoniale individuando, peraltro, quale unico soggetto danneggiato la provincia di Treviso e non anche il comune di Paese. Per ciò, rilevando che la Provincia aveva sostenuto costi, documentalmente provati, per le causali di “ messa in sicurezza della discarica Tiretta” e “rimborso spese asporto del percolato” per € 79.512,58, imputava gli stessi nella misura del 65% al dott. Rapicavoli, e del 35% al dott. Moretto. Quanto alla richiesta formulata in via subordinata, la Corte negava potesse ricorrere un danno da perdita di “chances”, trattandosi di una fattispecie “del tutto estranea sia rispetto al detrimento ambientale che alle dinamiche escussorie di polizze fidejussorie”.

Quanto, invece, alla discarica di via “Vecelli”, i primi Giudici, prescindendo dalla valutazione delle condotte dei prevenuti, rigettavano la domanda risarcitoria formulata per mancanza dell’elemento costitutivo del danno. Di fatti, riguardo al c.d. danno conseguenza, non risultava agli atti documentazione comprovante che la Provincia avesse sostenuto spese per la bonifica dei luoghi. Né il Collegio riteneva persuasivo richiedere il risarcimento di detto danno sotto il profilo della mancata/tardiva escussione della polizza fideiussoria attesa la natura accessoria della garanzia e, soprattutto, perché “…una ricostruzione di questa tipologia di detrimento che prescinda dal riferimento a spese concretamente sostenute dall’erario finisce inesorabilmente per sovrapporsi e refluire nell’alveo del danno ambientale in senso stretto, risarcibile in forma generica o specifica (ex artt. 313 e 239 e segg., per l’appunto mediante “ripristino ambientale”) esclusivamente secondo la disciplina dettata dal d.lgs. 152 del 2006”. Da ultimo, la Corte regionale

disattendeva la domanda formulata in subordine <<…non potendosi neppure intravedere la mancata realizzazione di una “occasione perduta” di conseguimento di un ulteriore bene della vita, astrattamente ipotizzabile ex ante secondo l’id quod plerunque accidit>>.

[4] Si gravava della sentenza de qua, limitatamente ai fatti gestori della discarica “Tiretta”, con citazione debitamente notificata (anche alla provincia di Treviso), depositata il 09 gennaio 2015 e iscritta al n. 48.642, il sig. Rapicavoli Carlo che, a tal riguardo, formulava le seguenti doglianze: <<1) Insussistenza di “danno erariale” in capo alla Provincia per l’esborso effettuato in favore del comune di Paese>> . L’appellante sosteneva che l’onere dello smaltimento del percolato spettava, a far tempo dal 06 marzo 2000, al comune di Paese, quale proprietario della discarica e gestore effettivo della fase post mortem della stessa, in forza della convenzione stipulata tra il Comune e la società Finadria (poi S.E.V.) in data 27 aprile 1993. In sostanza, la Provincia non solo non aveva sottoscritto la convenzione Comune – Finadria, ma addirittura ne ignorava l’esistenza e il contenuto, mai comunicato dal Comune, contenuto del quale venne a conoscenza soltanto per iniziativa della Curatela fallimentare di S.E.V., attraverso le lettere del 23 agosto 2006 e del 25 giugno 2007, allorché il Curatore informò che il Giudice delegato aveva escluso la sussistenza di un obbligo della fallita relativamente allo smaltimento del percolato in forza del tenore della Convenzione.

Con un secondo motivo il deducente opponeva: <<2)…insussistenza di “grave ed inescusabile negligenza” dei funzionari nell’attività di controllo e di escussione della fidejussione. Difetto del nesso causale tra il comportamento dei funzionari ed il preteso danno >>.

L’appellante rilevava che la diligenza dei funzionari preposti al controllo (post mortem) della discarica emergeva dalla produzione documentale della Procura regionale e dalla ricostruzione dei fatti compiuta nella sentenza. A sostegno, infatti, richiamava alcuni atti emanati dalla Provincia con i quali venivano impartite disposizioni all’impresa ed effettuati i controlli sul livello di percolato all’interno dei pozzi di captazione. Aggiungeva, inoltre, che proprio a seguito del continuo controllo operato dai tecnici della Provincia, tra il 2003 ed il 2005, la situazione si era normalizzata ed il livello del percolato era divenuto accettabile, come dimostrerebbe la relazione di sopralluogo del 29 ottobre 2003 e del 13 luglio 2005. Peraltro, sempre con riferimento alla gestione del liquido in formazione nella discarica, veniva osservato che il comune di Paese, con la delibera di Giunta n. 215, del 06 novembre 2006, continuando ad ignorare il contenuto della convenzione, dava atto che il curatore fallimentare della SEV, che all’evidenza a tale data ignorava l’esistenza della convenzione e il suo contenuto, aveva informato che i livelli del battente del percolato erano significativamente superiori a quanto prescritto dalla provincia di Treviso (3,40 mt e 1,60 mt anziché 1 mt), richiedendo alla stessa l’anticipo della somma necessaria a riportare la situazione della discarica a livelli di sicurezza. Per ciò, immediatamente dopo tale comunicazione la Provincia ha provveduto ad escutere la fidejussione nei confronti della San Remo s.p.a. che non ottemperò alla richiesta trovandosi in stato di decozione, tant’è che il fallimento fu dichiarato il 02 luglio 2007. Per ciò, qualora la Provincia avesse escusso la fidejussione prima del 2006 si sarebbe sentita eccepire l’insussistenza dell’obbligazione di smaltimento del percolato in capo alla SEV – Finadria, come esplicitato dal curatore del fallimento nella lettera del 25 giugno 2007. Da qui l’evidente difetto del nesso di causalità tra il preteso comportamento omissivo dei convenuti e l’asserito nocumento erariale.

Altro motivo di doglianza è costituito da: <<3) Insussistenza di grave ed inescusabile negligenza nell’accettazione della fidejussione ad opera di un intermediario finanziario>>. Con tale motivo l’appellante censurava la sentenza nella parte in cui ha confermato la prospettazione attorea sulla circostanza che le fidejussioni relative alla gestione delle discariche potevano essere rilasciate unicamente da banche o compagnie di assicurazioni. La tesi sostenuta era che con gli artt. 106 e 107 del d.lgs. n. 385 del 1993 (Testo Unico Bancario) si sarebbe avuta una piena equiparazione fra intermediari finanziari e banche; equiparazione confermata da talune sentenze del Giudice Amministrativo (TAR Puglia n. 929 del 2009, TAR Piemonte n. 149 del 2011) e del giudice Ordinario (Ordinanza dell’11 marzo 1999 del Tribunale di Napoli e sent. n. 5845 del 2011 della Corte di Cassazione). Di poi, solo con la delibera della Giunta regionale n. 2229 del 2011, sarebbe stato chiarito che le fidejussioni a copertura dell’attività di smaltimento dei rifiuti non potevano essere rilasciate da intermediari finanziari, chiarimento favorito proprio dal dott. Rapicavoli che, con nota del 10 dicembre 2007, segnalava l’opportunità di rivedere la D.R. n. 2528 del 1999 per escludere le fidejussioni rilasciate da società di intermediazione finanziaria. Sulla base di tali considerazioni era da escludersi la grave violazione dei proprio doveri e obblighi di servizio.

[5] Della sentenza de qua si gravava, altresì, con appello principale autonomo, depositato il 09 gennaio 2015 e iscritto al n. 48649, ritualmente notificato (anche alla provincia di Treviso) il sig. Moretto Carlo Giovanni, che formulava motivazioni che ripetevano quelle addotte dal dott. Rapicavoli, dianzi trascritte e alle quali si rinvia, fatto salvo il riporto di un quarto motivo di doglianza: <<…Ancora sull’insussistenza di “grave ed inescusabile negligenza” in capo al dott. Moretto, in ragione delle sue specifiche competenze professionali >>. Faceva presente che egli era un tecnico laureato in chimica e, pertanto, sprovvisto di quella particolare perizia “giuridico – amministrativa”, di cui scrive la sentenza, in tema di fidejussioni bancarie, assicurative o degli intermediari finanziari. Dappoi, sosteneva l’inconsistenza delle contestazioni attoree perché: il procedimento amministrativo per la gestione del percolato fu avviato dalla Provincia in sostituzione della ditta SEV, dal dott. Rapicavoli, a seguito di segnalazione effettuata proprio

dal dott. Moretto; in presenza delle relazioni di sopralluogo del dott. Tagliapietra il procedimento fu abbandonato come suggerito dal medesimo funzionario nella relazione del 19 maggio 2004, in considerazione del fatto che la ditta aveva ripristinato la corretta gestione dei colaticci; in una simile situazione non si poteva nemmeno porre il problema dell’escussione della fidejussione emerso solo nel 2006, a seguito della comunicazione del curatore fallimentare del 13 settembre 2006. E siccome per tutto questo il dott. Tagliapietra non è stato evocato dal Procuratore, l’appellante non riusciva a comprendere la ragione della sua presenza in giudizio.

[6] Avverso la sentenza epigrafata la Procura regionale formulava appello incidentale, ritualmente notificato, depositato il 24 febbraio 2015 e iscritto al n. 48.865 del registro del Ruolo generale, in cui concludeva, in principalità e in subordine, per la condanna dei prevenuti nei termini formulati nel libello introduttivo e disattesi dai primi Giudici. La Procura territoriale denunciava, in primo luogo, l’errata individuazione delle norme applicabili in merito alla gestione della discarica “Tiretta”. Osservava, l’appellante incidentale che l’attività connessa alla gestione delle discariche, seppure doveva svolgersi nel rispetto delle disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, è assoggettata ad una ulteriore specifica regolamentazione, nonché a quelle contrattuali convenute. Tra queste discipline richiamava le fonti contrattuali rappresentate: dalla polizza assicurativa per la responsabilità civile da inquinamento del 23 novembre 1999, lasciata scadere nel marzo 2003; dall’atto di fidejussione del 09 marzo 2000 della compagnia Centro Italia, valido per il periodo 31 maggio 2002 – 31 dicembre 2005, a garanzia, nel limite di £ 1.500.000.000 (€ 774.685,34), della “corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge n. 349 dell’8 luglio 1986 qualora il risarcimento sia stato passato con sentenza in giudicato”, fidejussione escutibile a prima richiesta e indicante quale beneficiario la provincia di Treviso. Da ultimo, richiamava l’atto di fidejussione del 1° settembre 2004 della compagnia San Remo S.p.A., per il periodo 1° settembre 2004 – 30 settembre 2009, a garanzia, nel limite di € 774.685,34, della corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all'ambiente, fidejussione escutibile a prima richiesta ed avente per beneficiario sempre la provincia di Treviso. Per ciò, l’ambito del giudizio di responsabilità promosso dalla Procura è rappresentato “…dalla gestione della discarica inosservante delle norme in questione e dalle connesse conseguenze che ne sono derivate sulla base delle norme medesime” . Le norme richiamate prevedono che al cospetto di inadempimento degli obblighi derivanti dalla gestione dell’impianto, inadempimento riconosciuto in sentenza, il fidejussore eroghi le somme a copertura di quei danni: “ il mancato incameramento delle somme garantite per effetto delle omissioni nell’escussione delle polizze, da parte della provincia di Treviso, ente beneficiario, è esattamente il danno dedotto in giudizio dalla Procura”. La domanda della Procura trovava, quindi, il suo fondamento proprio nella mancata escussione della fidejussione del 09 marzo 2000 e nella successiva del 12 novembre 2004, avente ad oggetto “la corretta gestione ad avvenuto esaurimento”. Per ciò, il danno da risarcire era individuato nella perdita delle somme garantite ma nella misura data dall’entità degli esborsi sostenuti per l’asporto del percolato e la manutenzione della discarica, siccome quantificati in € 372.504,00.Sempre con riferimento alla discarica “Tiretta”, la Procura contestava la sentenza gravata anche in ordine alla domanda subordinata. Di fatti, diversamente da quanto enunciato in sentenza, era configurabile il danno da perdita di “chances” trattandosi di un pregiudizio consistente nella perdita dell’occasione di ottenere l’utilità.

Quanto, invece, alle conseguenze della gestione della discarica “Vecelli” la Procura regionale veneziana lamentava che i primi Giudici sono pervenuti alla conclusione di ritenere insussistente un danno concreto e attuale sulla base della duplice configurazione del danno ambientale (ex d.lgs n. 152 del 2006), alla quale dovrebbe essere necessariamente riportata la giustificazione della garanzia fidejussoria, data la sua natura accessoria rispetto all’obbligazione principale. Anche in tale ipotesi, osservava l’Attore incidentale, il danno, non diversamente da quanto rilevato per la discarica “Tiretta”, è rappresentato dal mancato incameramento delle somme garantite, entrata subordinata all’inadempimento dell’obbligo di rimozione dei rifiuti, evento quest’ultimo verificatosi.

[7] Resiste agli appelli delle parti private la Procura generale, con conclusioni scritte versate in atti il 30 novembre 2016. In sintesi, osservava, quanto alla discarica “Tiretta”: non potersi validare la tesi sostenuta dalle parti private in ordine all’esistenza in capo al comune di Paese dell’onere della gestione del percolato, per effetto dell’art. 16 della Convenzione stipulata tra il Comune e la società Finadria (poi SEV) in data 27 aprile 1993, giacché questo risultava palesemente contraddetto sia dalle norme che dallo sviluppo dei fatti, quali esposti nell’atto di citazione e nella sentenza gravata. Di fatti, i modi di gestione della discarica erano regolati dal rapporto originante dalle autorizzazioni, basato sulla competenza in materia della Provincia, come stabilita in via legislativa e regolamentare (artt. 5, 46 e 49 della L.R. n. 33 del 1985 e s.m.i.; d.lgs. n. 22 del 1997; art. 6, della L.R. n. 3 del 2000). Del resto, la direzione del rapporto, le prescrizioni generali e di dettaglio sulla gestione dell’impianto e sullo smaltimento del percolato erano tutte attribuzioni della Provincia che, peraltro, hanno trovato il loro svolgimento nei decreti dalla stessa emessi; dappoi, le garanzie fideiussorie sulla corretta gestione della discarica (anche ad avvenuto esaurimento) risultavano essere tutte in favore della Provincia. Ciò premesso, rilevava che le condotte gestionali accertate in sentenza, erano a porsi indubbiamente in aperto contrasto con le disposizioni normative in vigore all’epoca dei fatti. E a fronte delle dinamiche gestorie della discarica, la condotta dei prevenuti non poteva che ritenersi connotata da grave ed inescusabile negligenza, per non avere escusso tempestivamente le garanzie, se non il 26 settembre 2006, vale a dire tre mesi dopo la dichiarazione di fallimento della SEV (ex Finadria). Vi era poi che i vizi della gestione non

potevano ricondursi solo al problema dell’asporto, ma a tutte una serie di carenze: in un simile contesto un dovere di minima diligenza imponeva almeno la tempestiva escussione delle garanzie in essere per la corretta gestione ad avvenuto esaurimento, garanzie che, tra l’altro, non rispondevano neanche alla tipologia di quelle richieste nei procedimenti ambientali (fidejussioni bancarie o assicurative), siccome previsto dalle normative di settore il cui inequivoco tenore letterale escludeva che potesse trovare accoglimento la tesi difensiva sostenuta dal dott. Moretto che in quanto laureato in chimica si riteneva sprovvisto di cognizioni giuridico amministrative. Il danno contestato era, per ciò, individuabile nella perdita delle somme garantite.

Quanto al danno conseguente alla gestione della discarica “Vecelli”, il Procuratore generale sosteneva che oggetto delle garanzie fidejussorie (quale quella stipulata tra SEV e San Remo S.p.A. in data 18 novembre 2004, per il periodo 18 novembre 2004 – 30 giugno 2005, con un massimale garantito di € 2.616.120,00) era il mancato asporto dei rifiuti, evenienza, quest’ultima, che comportava l’obbligo di escussione della stessa. Da ultimo, il P.G. riteneva, diversamente da quanto sostenuto dalla Procura regionale, coerente, sotto il profilo logico – giuridico, la motivazione con la quale la sentenza ha rigettato la domanda subordinata in relazione ad un asserito danno da perdita di chances.

[8] Con distinte memorie, ma identiche nel contenuto, prodotte in atti il 02 dicembre 2016, gli appellanti privati formulavano deduzioni in ambito appello incidentale del Procuratore regionale, di cui, con diverse motivazioni chiedevano il rigetto, mentre insistevano per l’accoglimento dei propri gravami. Sulla discarica “ Tiretta” osservavano che correttamente i primi Giudici non avevano tenuto conto delle ulteriori spese sopportate dal comune di Paese per interventi sul sito in quanto la Procura regionale ha agito solo per il ristoro dei danni patiti dalla provincia di Treviso, quantificati in € 79.512,58. Di tal ché, non è consentito, in quanto inammissibile, ampliare in appello la domanda. Dappoi, la tesi della Procura appellante volta a respingere la dicotomia tra danno ambientale e danno patrimoniale all’Erario, posta in sentenza, non poteva validarsi poiché confondeva il giudizio sulla responsabilità dei convenuti, imperniato sulla individuazione delle condotte concrete tenute dagli inquisiti in contrasto con gli obblighi che gli imponevano la legge o la loro posizione, con la fase del giudizio che deve verificare la sussistenza del danno.

[9] Alla pubblica udienza odierna, i rappresentanti delle parti concludevano come da verbale, ribadendo il contenuto dei gravami, delle note defensionali e delle conclusioni scritte, ai quali operavano ogni ritenuto rinvio. Al termine della discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

Ragioni del decidere[1] Riunione dei gravami.

In quanto proposte separatamente contro la stessa sentenza, le impugnative devono riunirsi in un solo processo, in applicazione degli artt. 335 e 350 c.p.c. (ora art. 184, 1° comma, del Codice di Giustizia Contabile, di cui al d.lgs. n. 174, del 26 agosto 2016).

[2] Il merito. La qualificazione giuridica della fattispecie di causa: danno da perdita di somme garantite e non da spese.

In primo luogo giova premettere che è compito del giudice di merito – in specie della fase gravatoria e anche diversamente da quanto accertato dalla prima Corte – dare una esatta qualificazione giuridica ai fatti allegati dalle parti e, quindi, conseguentemente svolgere un’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, come naturalmente correlate ai motivi di appello, in ciò non uniformandosi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultano contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, siccome desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte pubblica istante ma opposte dai prevenuti (ex multis, Corte di Cass. 19 ottobre 2015, n. 21087, 02 aprile 2012, n. 5265).

La vicenda tratta a giudizio riguardava la gestione di due discariche - quella per rifiuti speciali, di via Tiretta, e quella per rifiuti inerti, di via Vecelli, realizzate nel comune di Paese (in provincia di Treviso) - in cui si inserivano le condotte dei due funzionari provinciali, odierni appellanti, violative (così anticipando l’epilogo del processo in termini di condanna anche se non nella misura pretesa dall’Attore) delle prescrizioni imposte dalle normative pro – tempore in vigore, unitamente alle conseguenze che ne sono derivate a ragione delle norme medesime.

Le condotte dei prevenuti, connotate nel libello accusatorio da grave e inescusabile negligenza, erano chiaramente correlate alle dinamiche gestorie delle due discariche ad avvenuto esaurimento (ossia post mortem) e alla mancata, tempestiva escussione delle garanzie fideiussorie, quand’anche non rispondenti alla tipologia di quelle richieste nei procedimenti ambientali (fidejussioni bancarie o assicurative).

Di fatti, le norme disciplinanti la materia imponevano al gestore, in specie Finadria s.r.l. poi SEV s.r.l., la sottoscrizione di polizze fideiussorie a garanzia di conseguenze dannose (poi verificatesi), effetto di inadempimento di obblighi derivanti dalla gestione degli impianti, ed escutibili a prima richiesta da parte del beneficiario, provincia di Treviso.

Di tal ché, il pregiudizio erariale non discendeva da una spesa, illegittimamente ed illecitamente operata, ossia da un esborso, bensì da una mancata entrata, costituita dalle somme non escusse delle polizze fideiussorie poste a garanzia delle attività gestorie delle due discariche. Per ciò, e correttamente, l’atto introduttivo ha contestato agli imputati il mancato incameramento delle somme garantite, da ottenere “a prima richiesta”, integrante il danno

erariale, divenuto attuale nel momento dell’intervenuta declaratoria di fallimento della Società che forniva tale garanzia.

In un tale argomentare, lo schematismo giuridico proposto dalla prima sentenza in ordine alla dicotomia tra danno ambientale e danno patrimoniale da spese effettive, validato dalle parti private (sicuramente con riguardo alle conseguenze gestorie della discarica Vecelli), non meritava condivisione in quanto del tutto estraneo alla fattispecie in contestazione.

In breve, il Collegio di prime cure sosteneva che dalla gestione della discarica potevano derivare due tipi di danno: il detrimento ambientale, non patrimoniale (di cui all’art. 300 del d.lgs n. 152 del 2006) e quello patrimoniale correlato alle spese sostenute a tutela dei luoghi toccati dalle disfunzioni gestionali degli impianti in questione.

Cosi discettando, l’obbligazione del gestore consisterebbe nella corretta conduzione della discarica e la garanzia fideiussoria, di natura accessoria, sarebbe a ristoro delle due specie di nocumento dianzi richiamate, causate chiaramente dall’inadempimento dell’obbligazione principale. Da qui il riconoscimento del danno solo in caso di accertato detrimento ambientale, in specie non richiesto dalla Procura regionale e la cui titolarità competeva esclusivamente allo Stato nell’ambito della diversa procedura facente capo al Ministero dell’Ambiente (ex art. 311 e segg. del d.lgs. n. 152 del 2006), e/o di una spesa per la tutela dell’ambiente. In ipotesi, la sentenza individuava, e solo per la discarica di via Tiretta, un danno di natura patrimoniale, quale individuato nei costi sostenuti dalla provincia di Treviso nella misura di € 79.512,58, con causale “messa in sicurezza discarica Tiretta” e “rimborso spese asporto percolato”. Non avendo la provincia sostenuto spese per l’altra discarica, non vi erano pregiudizi attuali da ristorare.

Orbene, le conseguenze pregiudizievoli delle inadempienze nella gestione delle due discariche non possono, come sostenuto nel gravame incidentale del P.M., inquadrarsi e ricondursi in esclusiva all’ambito disciplinare del d. lgs. n. 152 del 2006, normativa neppure in vigore all’epoca dei fatti.

E invero, se da una parte non può revocarsi in dubbio che l’attività realizzata nelle discariche doveva rispettare talune norme fondamentali in materia di tutela ambientale (si pensi ad es. alle operazioni di bonifica in caso di contaminazione del suolo), dall’altra la vicenda dei due siti restava assoggettata anche a diversa ulteriore regolamentazione, dovendo la disciplina di rapporti e obbligazioni essere dedotta dalle fonti normative specifiche e da quelle contrattuali convenute, dalla cui violazione dovevano evincersi le conseguenze patrimoniali su cui il primo Collegio ha invero sorvolato.

Si pensi, per ciò, all’art. 14, del d.lgs. n. 36 del 2003, prevedente la costituzione delle garanzie finanziarie per la gestione operativa e post- operativa della discarica, che disponeva, tra l’altro, che la garanzia “ è commisurata al costo complessivo della gestione post- operativa”; che le garanzie devono essere trattenute “per tutto il tempo necessario alle operazioni di gestione operativa e di gestione successiva alla chiusura della discarica” ; che la garanzia è “…trattenuta per almeno trenta anni dalla data della comunicazione di cui all’art. 12, comma 3” (di comunicazione dell’ente territoriale al gestore di approvazione della chiusura).

Vi era poi l’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2003, statuente che “Anche dopo la chiusura definitiva della discarica, il gestore è responsabile della manutenzione, della sorveglianza e del controllo nella fase di gestione post- operativa per tutto il tempo durante il quale la discarica può comportare rischi per l’ambiente”; l’art. 44, della L.R. n. 33 del 1985 delegava poi la Regione ad emanare i criteri per la determinazione delle garanzie che il gestore era tenuto a fornire per ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto; in specie, il comma 9, dell’art. 26, della L.R. n. 3 del 2000, che imponeva alla Giunta regionale di emanare i criteri per la determinazione delle garanzie fideiussorie da fornire, chiariva che le stesse “…possono consistere in depositi cauzionali, polizze fideiussorie, assicurazioni a copertura degli eventuali danni ambientali e degli adempimenti relativi alla gestione ordinaria” ; il comma 2, dell’art. 34, della legge regionale n. 3 del 2000, disponeva poi che le garanzie finanziarie, previste dall’art. 17, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 1997 “…sono prestate a favore della Provincia territorialmente competente, per l’esercizio degli impianti di smaltimento e/o recupero realizzati nell’ambito dell’attività di bonifica autorizzata. La tipologia e l’entità delle garanzie finanziarie da prestare…sono determinate dalla Giunta…”.

In specie, la precedente delibera di Giunta n. 2528 del 1999 disciplinava le garanzie sia per la responsabilità da inquinamento che per la gestione delle discariche.

Dappoi, fonte diretta di prescrizioni sono le disposizioni contrattuali, contenenti le garanzie rilasciate. Con riguardo alla discarica Tiretta, si fa riferimento alla polizza assicurativa per la responsabilità civile da inquinamento del 23 novembre 1999, lasciata scadere nel marzo 2003; vi era poi l’atto di fideiussione del 09 marzo 2000, della Compagnia Centro Italia, valido per il periodo 31 maggio 2002 – 31 dicembre 2005, a garanzia, nel limite massimale di £ 1.500.000.000 (€ 774.685,34), <<(…) della corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente ai sensi dell’art. 18 della legge n. 349, in data 08 luglio 1986, qualora il risarcimento sia stato passato con sentenza in giudicato>>. Si trattava di fideiussione escutibile a prima richiesta, indicante quale beneficiario la provincia di Treviso.

In seguito, segnatamente il 1° settembre 2004, si è avuto atto di fideiussione della Compagnia San Remo s.p.a., coprente il periodo 1° settembre 2004 – 30 settembre 2009, sempre a garanzia, nel limite massimale di € 774.685,34, della “corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente (…) qualora il

risarcimento sia stato passato con sentenza in giudicato”, fideiussione, anche questa, escutibile a prima richiesta e avente la provincia di Treviso quale beneficiario.

Quanto, invece, alla discarica di via Vecelli, in data 18 novembre 2004, la S.E.V. (società di gestione della discarica di rifiuti inerti) e la Compagnia San Remo avevano sottoscritto atto di fideiussione per il periodo 18 novembre 2004 – 30 giugno 2005, con un massimale garantito di € 2.616.120,00, a garanzia “(…) dell’adempimento delle obbligazioni a carico del Contraente ed a favore del beneficiario inerente l’asporto del materiale dalla discarica di 2° categoria tipo A di via Vecelli a Paese”. Nel contemporaneo atto integrativo, quale oggetto della garanzia era indicato <<…l’adempimento delle prescrizioni imposte alla ditta con Decreto del Dirigente del settore gestione del Territorio della Provincia di Treviso n. 220/2004, del 03 marzo 2004(…)>>, avente ad oggetto “Piano di adeguamento al d.lgs. n. 36 del 2003 e rimozione dei rifiuti non conformi nella discarica di inerti sito in comune di Paese”. La predetta garanzia con atto del 26 aprile 2005, era prorogata sino al 31 ottobre 2005, e successivamente sino al 30 aprile 2006.

Dalla esposizione in rassegna emergeva, per ciò, che in specie ad assumere rilevanza era l’evento coperto dalla fideiussione, come in essa convenuto, vale a dire, nel caso della discarica di via Tiretta, il verificarsi di danni dipendenti dalla gestione dell’impianto, quindi “la corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente…”, e nell’ipotesi della discarica di via Vecelli, l’inadempimento all’obbligo di rimozione dei rifiuti, anche tossici, in eccesso. Il realizzarsi dell’evento oggetto della garanzia, obbligava poi ad attivarsi per conseguire il versamento delle somme a copertura, nei limiti dell’importo stabilito, da parte della Provincia, beneficiaria delle polizze medesime. Di tal ché, la mancata escussione delle polizze concretava pienamente l’evento dannoso, senza che in specie il carattere accessorio della garanzia potesse atteggiarsi ad elemento ostativo alla sua configurazione, per la cui ricorrenza non era affatto chiesto il sostegno di una spesa a carico della P.A., che doveva comunque intervenire in sostituzione dell’Ente gestore inadempiente, diversamente rischiandosi di confondere, come avvenuto in sentenza, il danno con la sua riparazione. Tutto ciò non impediva però all’Attore pubblico di poter fare riferimento, mantenendosi nei limiti dei massimali convenuti, agli importi necessari a porre rimedio all’asporto dei rifiuti pericolosi ivi abbandonati e al ripristino della normalità, quali costi presunti da sostenere e attestati con relazione del responsabile del procedimento del comune di Paese, atteso che in specie non si controverteva, giova ribadirlo, di un danno da spesa, in cui rilevavano gli importi a fattura sostenuti per le attività sostitutive, ma di un danno da mancata entrata.

Da tale premessa discendeva poi che il Procuratore regionale, con il proprio gravame, non aveva ampliato l’oggetto della domanda risarcitoria per avere fatto riferimento alle spese di ripristino sostenute dal comune di Paese, proprio perché il danno non è dato dalle spese sostenute bensì dalle polizze a garanzia non escusse, con conseguente rigetto della eccezione in tal senso formulata dalle parti private.

Da ultimo, l’ontologica individuazione di un danno da mancata entrata, siccome contestato in via principale nell’atto di citazione, imponeva di considerare come assorbita l’ipotesi formulata in subordine e afferente la c.d. perdita da “chances”.

[2.1] La tipologia delle garanzie da prestare per gli impianti di rifiuti.La Procura regionale, così come condivisibilmente riconosciuto dalla sentenza gravata, ha contestato ai

funzionari della provincia di Treviso, oggi appellanti, anche la circostanza di aver accettato garanzie non conformi a quanto normativamente prescritto.

Una tale circostanza deve ritenersi concorrente alla causazione del danno da perdita di somme garantite. Di fatti, e contrariamente a quanto sostenuto dalle parti private nei propri gravami, la specifica normativa, vigente al tempo controverso, faceva sistematicamente riferimento a fideiussioni bancarie o assicurative e mai a garanzie prestate da intermediari finanziari, attesa la necessità di dover assicurare a fronte di potenziali danni ambientali una maggiore intensità nelle garanzie patrimoniali assicurate dal “fideiubente”, a seconda che sia una banca, una società assicuratrice ovvero un diverso intermediario finanziario (cfr. artt. 14, 106 e 107 del T.U.B.).

Le univoche disposizioni disciplinari in materia, a partire dall’art.1, della legge 10 giugno 1982, n. 348, statuivano che in tutti i casi in cui è prevista la costituzione di una cauzione a favore dello Stato o di altro Ente pubblico, questa può essere costituita nei seguenti modi: 1) “da reale e valida cauzione”; 2) “da fideiussione bancaria rilasciata da aziende di credito di cui all’artr. 128, del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 75”; 3) “da polizza assicurativa rilasciata da imprese di assicurazione debitamente autorizzate all’esercizio del ramo cauzioni”. Dappoi, in ambito statale l’art. 14 del decreto del Ministero dell’Ambiente, n. 406, del 28 aprile 1998, riaffermava la delimitazione del novero delle garanzie alle fideiussioni bancarie ed assicurative.

Non diversamente poi in ambito regionale la delibera n. 2528, del 14 luglio 1999, che richiamava quanto previsto dall’art.1, della legge n. 348 del 1982, vale a dire “fideiussione bancaria rilasciata da aziende di credito” o “polizza fideiussoria assicurativa”, così come operato nella successiva Legge della regione Veneto n. 36, del 13 gennaio 2003, che all’art.14 invocava l’art.1, della legge n. 348 del 1982. La precedente legge regionale n. 3, del 21 gennaio 2000, all’art. 26 delegava la Giunta regionale ad emanare i criteri in materia di garanzie finanziarie, che vi provvedeva con delibera n. 2454, in data 08 agosto 2003, che all’allegato A, precisava che per le garanzie finanziarie si farà riferimento alla regolamentazione contenuta nella D.G.R.n. 2528, del 14 luglio 1999.

Una tale rassegna dava conto, con nitidezza solutoria della questione, comprensibile senza dover ricorrere ad una particolare perizia amministrativa, che dette garanzie potevano essere prestate solo da banche o da assicurazioni, senza quindi poter ricorrere a garanzie fideiussorie prestate da soggetti diversi.

Vi era poi che l’equiparazione tra banche e intermediari finanziari, che parti private ritengono essere intervenuta con gli artt. 106 e 107 del T.U.B. n. 385 del 1993, non poteva voler giustificare il divieto di prevedere settori in cui l’esercizio di attività finanziarie fosse limitato a determinate categorie di enti, né poteva voler significare che con l’entrata in vigore del Testo Unico Bancario le limitazioni in tal senso esistenti dovevano ritenersi automaticamente abrogate, come testimoniato dal fatto che le norme tutte successive al 1993, leggi statali, leggi regionali e delibere di Giunta hanno continuato a richiamarsi alla precedente, ma chiara, legge n. 348 del 1982 e, quindi, alle fidejussioni bancarie e alle polizze assicurative, così come operato dalla stessa provincia di Treviso che nella deliberazione del suo Presidente, n. 428 del 1999, nel precisare alla ditta che doveva gestire le discariche la durata delle garanzie, chiariva trattarsi di “importo delle fidejussioni bancarie o polizze assicurative”.

Da ultimo, i termini della vicenda non possono ritenersi scalfiti dai due precedenti del 2009 e del 2011, richiamati dalle parti private, del Tar Puglia e del Tar Piemonte, sia perché afferenti fattispecie diverse da quella di causa, sia perché intervenute successivamente alla stessa. La prima, quella del Tar Puglia, riguardava il caso di una società iscritta all’albo speciale di cui all’art.107 del T.U. bancario, mentre la San Remo s.p.a era iscritta all’albo di cui all’art. 106 di quel testo; la seconda, del Tar Piemonte aveva ad oggetto la fidejussione prestata per la gestione di un deposito fiscale.

Quanto a quest’ultima decisione (di rilievo per la pregressa giurisprudenza ivi richiamata, che avrebbe dovuto indurre gli odierni prevenuti a più accorte decisioni), giova evidenziare che il Consiglio di Stato, nell’operarne la riforma, con la sent. n. 412, del 27 gennaio 2012, ha affermato che: << (…) sul punto questo Consiglio di Stato ha più volte ritenuto che la disciplina contenuta nel citato art. 1 della legge nr. 348 del 1982 conserva la propria specialità rispetto alla normativa generale sul sistema bancario, di modo che l’assimilazione delle società di intermediazione finanziaria alle banche ai fini dell’esercizio delle attività creditizie, prevista dall’art. 106 del d.lgs. citato, non opera per le garanzie da prestarsi dalle imprese che intrattengono rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni, attesa l’esigenza di assicurare, in tale settore, un particolare e qualificato grado di affidabilità del soggetto garante, a tutela dell’interesse pubblico alla corretta e puntuale esecuzione delle obbligazioni dedotte in contratto (cfr. C.g.a.r.s., 24 dicembre 2002, nr. 685; Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001, nr. 355; id., 26 settembre 2000, nr. 5101). Da tale indirizzo la Sezione non ravvisa ragione per discostarsi nel caso che qui occupa, dovendo escludersi che lo stesso comporti irragionevoli e ingiustificate discriminazioni.Infatti, è a dirsi che l’assimilazione compiuta tra istituti di credito e intermediari finanziari non è completa, atteso che nel nuovo testo unico delle leggi in materia bancaria, approvato col citato d.lgs. nr. 385/1993, la nozione di attività bancaria è rimasta sostanzialmente immutata e tuttora non comprende gli intermediari finanziari, i quali non sono autorizzati alla raccolta del risparmio tra il pubblico (e, del resto, lo stesso art. 106 più volte citato fa espressamente salve per costoro “le riserve di attività previste dalla legge”).Pertanto, la discriminazione tra banche e intermediari finanziari, quanto meno quelli iscritti nell’elenco di cui al più volte citato art. 106, risulta pienamente logica, posto che questi ultimi sono assoggettati, dallo stesso d.lgs. nr. 385/1993, a un diverso regime di controlli, affidato all’Ufficio Italiano dei Cambi, il cui scopo non è tanto quello di garantire la solidità dell’impresa (come è per la vigilanza bancaria) quanto, piuttosto, quello di sorvegliare la professionalità e la correttezza dei soggetti che operano nel settore della gestione dei flussi finanziari>>.

In conclusione, è da ribadire che i predetti funzionari non dovevano accettare polizze rilasciate da intermediari finanziari, mentre il chiarimento in materia della Regione Veneto, che sarebbe stato indotto dal dott. Rapicavoli, malgrado la chiarezza delle diverse norme in proposito, interveniva a danno ormai verificatosi.

[3] Il merito. Le condotte: i vizi e le omissioni nella gestione delle discariche e le responsabilità ascrivibili ai funzionari della provincia di Treviso.

Pervenuti a corretta qualificazione giuridica della fattispecie, come danno da perdita delle somme garantite, il Collegio è chiamato a farsi carico delle inadempienze gestionali, della loro mancata risoluzione e dell’omesso incameramento delle polizze a prima richiesta, provvedendo a trattare separatamente le conseguenze discendenti dalla gestione delle due discariche.

[3.1] Discarica di via Tiretta.Per la discarica per rifiuti speciali – inerti tipo “2 B”, realizzata nell’ex cava di via Tiretta, il Collegio non può

che convenire con la decisione di prime cure, atteso che gli elementi a supporto dell’atto introduttivo (verbali di sopralluoghi, conferenze, corrispondenza intrattenuta e versata in fascicolo, determine assunte dagli Uffici provinciali del territorio) davano chiara evidenza dell’esistenza di gravi problematiche gestionali rimaste a lungo irrisolte quali: l’infiltrazione di percolato, il livello eccessivo del medesimo e il suo insufficiente asporto; l’inquinamento prodotto per il difetto di impermeabilizzazione; la mancata realizzazione di un idoneo sistema di messa in sicurezza della discarica e di un intervento di bonifica, cui il gestore (Finadria s.r.l. poi Sev s.p.a.) era obbligato a provvedere.

In particolare, l’impianto, autorizzato nell’ottobre 1995, veniva sospeso già nell’ottobre 1996, fino al ripristino delle condizioni di corretta gestione; nel 1998 (D.D.P. n. 2071) viene accertato un conferimento di rifiuti superiore a quello da progetto; quanto al trattamento del percolato, fin dagli inizi emergevano problemi di infiltrazione del liquido e dei livelli del battente (il livello di misurazione) fuori norma, vale a dire 5 – 6 metri in luogo dei 50 cm prescritti; le analisi della U.S.L. 9 ponevano in evidenza valori in eccesso di alcuni elementi e presenza di sostanze anomale, con alterazione della falda, con verosimile perdita nella impermeabilizzazione della discarica (D.D.P. n. 2071/1998, n. 2102/1998 e verbale di riunione del 9 giugno 1999), circostanze confermate dall’Arpav (con note del 31 marzo e del 20 maggio 1999); dappoi, gravi ritardi nell’asporto del percolato ed accumulo del medesimo nei serbatoi di stoccaggio sono rilevati nel corso del sopralluogo del 9 luglio 1999 dei dirigenti della Provincia (si veda la D.D.P. 496 del 1999); il problema, all’evidenza cronico, del livello del battente è riscontrato anche nel corso del sopralluogo dei tecnici della Provincia del 28 febbraio 2002, cosicché in data 14 marzo seguente il Dirigente del Settore Gestione del territorio (dott. Rapicavoli) diffidava la ditta ad adempiere alle prescrizioni di mantenere entro un metro il livello del battente, problema di cui veniva ribadita la persistenza nel corso dei sopralluoghi eseguiti il 29 marzo e il 25 maggio 2002. In breve, dai quaderni di registrazione, compilati dalla società gestente la discarica, risultavano rari episodi con battente superiore ad un metro, mentre dal sopralluogo eseguito il 29 marzo 2002 emergeva una realtà del tutto diversa indicante per il pozzo n. 1 un battente di 4,68 metri, per il pozzo n. 2 di 1,48 metri. Non diversamente accadeva nel corso del sopralluogo del 24 maggio 2002 che consentiva di accertare uno stridente contrasto tra quanto risultante dai quaderni della ditta e quanto emergente dalle concrete misurazioni, i cui esiti costituivano reato, a mente dell’art. 51, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 1997. Nel successivo sopralluogo del 17 aprile 2003 si rinveniva, per un solo pozzo un valore eccedente (1,20 metri), ma si registravano ulteriori anomalie gestionali per il periodo 30 settembre 2002 – 17 aprile 2003. In primo luogo che nel corso di detto periodo la ditta aveva asportato una sola volta il percolato, per la precisione il 17 aprile 2003; vengono riscontrate misure del battente superiori a un metro (fino a 3,3 metri), mentre mancavano le annotazioni per diversi giorni nei registri dell’impresa (e quelle annotate erano quasi sempre inattendibili); nella conferenza di servizi del 10 ottobre 2003 viene denunciato che il livello del percolato nel pozzo n. 1 non era ancora nei limiti con conseguente ulteriore invito della società (D.D.P. n. 266 del 2004) a provvedere all’asporto.

Negli appelli delle parti private si sosteneva che la situazione del percolato si sarebbe normalizzata tra il 2003 e il 2005, ragione che avrebbe escluso l’operato poco diligente dei prevenuti. In specie, nelle misurazioni fatte il 26 marzo 2003 e il 02 aprile 2003, venivano registrati, come detto, valori fino a 3,3 metri (si veda la relazione del 23 maggio 2003 dei funzionari di Comune e Provincia). Ora, a ragione del susseguirsi dei controlli, solo negli ultimi cinque sopralluoghi, quelli eseguiti dal 29 ottobre 2003 al 27 luglio 2005, la ditta si adoperava per l’asporto del liquame, con contenimento del battente entro un metro, anche se nel terzo e nell’ultimo degli accertamenti il pozzo n. 2 faceva registrare valori superiori, ossi 1,30 e 1,25 metri. Dappoi, dopo l’ultimo sopralluogo del 13 luglio 2005, non si sono avuti altri asporti e il livello del percolato riprendeva a salire. Di fatti nel 2006, si registrava una misura di battente dei pozzi di metri 3,40 e 1,60 (si veda la delibera del comune di Paese del 25 settembre 2006).

In breve, non si era posto riparo ai fattori causa dell’eccesso di percolato e dell’inquinamento: la ricopertura della discarica si era rilevata non idonea, continuando così il fenomeno dell’inquinamento (cfr. D.D.P. n. 266/2004); il 12 febbraio 2004 veniva effettuato un sopralluogo alla presenza anche di un tecnico, ossia del presunto collaudatore, al quale i funzionari della provincia prescrivevano, unitamente alla ditta, una serie di adempimenti in ordine alle verifiche per il collaudo della copertura. Nei successivi sopralluoghi la figura del collaudatore si era dissipata e non si avranno più dichiarazioni sul fine lavori e sul collaudo.

In conclusione, la copertura era inadeguata, non veniva posto rimedio alcuno al difetto di impermeabilizzazione e veniva del tutto omessa la messa in sicurezza della discarica, di cui dovrà farsi carico il comune di Paese.

Riguardo al problema dell’inquinamento, accertato già nel novembre 1997 (D.D.P. 2071 del 1998), alla ditta veniva richiesto di accertarne la portata e di proporre interventi risolutivi in un termine di 60 giorni, mentre le opere di bonifica dovevano realizzarsi entro 90 (D.D.P. 496/1999). La ditta quand’anche si adoperava in alcuni accorgimenti, non risolveva il problema, mentre la proposta di intervento per la messa in sicurezza della discarica non veniva approvata in quanto non conforme al D.M. 471 del 1999: un vero e proprio progetto preliminare di bonifica non veniva mai prodotto.

Da tale narrativa emergeva che i vizi della gestione non erano riconducibili al solo asporto del percolato ma a tutta una serie di carenze gestionali che avrebbero dovuto indurre i funzionari della provincia ad escutere le polizze fidejussorie.

La condotta del gestore si poneva in contrasto anche con le disposizioni della D.G.R.V. n. 2528 del 1999, che imponevano la sottoscrizione di una polizza R.C. contro l’inquinamento. Accadeva, invece, che la polizza R.C. contro l’inquinamento, scaduta il 07 marzo 2003, malgrado il Dirigente del settore gestione del territorio, con nota in data 26 maggio 2003, avesse fatto richiesta di rinnovo entro dieci giorni, non veniva rinnovata.

Di tal ché, a fronte delle descritte dinamiche gestorie della discarica “Tiretta”, contraddistinte da vizi ed omissioni che hanno creato problemi quali l’eccesso di percolato, il suo insufficiente asporto, difetti di realizzazione e mantenimento dell’impianto (difetto dell’impermeabilizzazione e della copertura), inquinamento, la condotta degli imputati assumeva i contorni della grave ed inescusabile negligenza, contraria a quello che l’uomo medio avrebbe dovuto e saputo disporre. Di fatti, pur a fronte di numerose diffide e di molteplici comunicazioni di reato (quali elencate nella relazione istruttoria del funzionario della Provincia dott. Tagliapietra del 24 aprile 2003), non assumevano, come evidenziato dai primi Giudici, decisioni ultimative e non procedevano ad escutere tempestivamente le garanzie, se non il 26 settembre 2006, ovvero tre mesi dopo la dichiarazione di fallimento della SEV s.r.l., il cui stato di inoperatività era certamente percepibile anche prima. Né dopo l’intimazione a pagare entro giorni 15 rivolta alla San Remo Spa, sino al fallimento di quest’ultima dichiarato il 02 luglio 2007, risultavano azioni esecutive nei confronti del fidejussore, in tal modo precludendosi ulteriormente la possibilità di recupero delle somme, i cui oneri per la sistemazione e ricomposizione dell’impianto venivano a ricadere sulla P.A.

In sintesi, il fondamento della responsabilità ascritta ai predetti funzionari era da ricollegare alla circostanza di aver lasciato decorrere il tempo mentre persistevano le gravi inadempienze gestionali dianzi descritte, senza procedere a far rinnovare la polizza per R.C. contro l’inquinamento, scaduta il 07 marzo 2003 e mai più ripresentata, e senza aver escusso l’unica polizza rimasta attiva stipulata il 09 marzo 2000 con la Compagnia Centro Italia, per il periodo 31 maggio 2002 – 31 dicembre 2005, a garanzia, nel limite massimale di € 774.685,34, della “corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente…”, fideiussione, come detto, escutibile a prima richiesta e indicante come beneficiario la provincia di Treviso; detta fidejussione veniva rinnovata il 1° settembre 2004 dalla SEV s.r.l. con la San Remo Spa, per il periodo 1° settembre 2004 – 30 settembre 2009, a garanzia, nel limite dello stesso importo di € 774.685,34, sempre della “corretta gestione ad avvenuto esaurimento ed eventuali danni causati all’ambiente…”. Per ciò, gli sporadici asporti di percolato, posti in essere dalla ditta a ragione dei controlli eseguiti, non potevano far ritenere normalizzata la situazione ed indurre a rinunciare all’escussione dell’unica polizza rimasta attiva.

Non coglie nel segno il dott. Moretto nell’escludere la propria responsabilità per essere un dirigente laureato in chimica “sprovvisto delle più elementari cognizioni in tema di fidejussioni, bancarie, assicurative o degli intermediari finanziari”, atteso che egli, quale Responsabile del procedimento non poteva non discernere ciò che risultava chiaro nella prospettazione disciplinare in materia, comprensibile all’uomo qualunque, per intendere che “fidejussione bancaria” vuol dire garanzia prestata da una banca e “polizza assicurativa” garanzia prestata da una compagnia di assicurazione.

In breve, il significato in questione non poteva sfuggire a un funzionario di vertice come il dott. Moretto, con esperienza e pratica nel settore, protagonista attivo della parte amministrativa essendo fin dal 1999 responsabile del procedimento, per ciò a conoscenza della relazione, in data 23 gennaio 2004, a lui indirizzata dal dott. Tagliapietra della Provincia, con la quale vengono comunicate le inadempienze della ditta in ordine al rinnovo della polizza R.C. inquinamento, per le valutazioni del medesimo Moretto, rinnovate nella corrispondenza del 24 aprile 2004.

Quanto all’asserita mancanza delle condizioni per l’escussione della polizza, in quanto la Provincia il 05 giugno 2003, a seguito di segnalazione del dott. Moretto, aveva avviato il procedimento amministrativo per la gestione del percolato in sostituzione della ditta SEV, ma l’aveva poi abbandonato, come da suggerimento del dott. Tagliapietra che, nella relazione del 19 maggio 2004, aveva rilevato che “ la ditta ha ripristinato la corretta gestione dei colaticci”, rileva il Collegio non poter essere dirimente per escludere la propria responsabilità sia perché il procedimento avviato era quello sostitutivo nell’asporto – gestione del percolato, sia perché l’escussione delle polizze avrebbe dovuto conseguire, ma non venne intrapresa, nonostante il decorso, al maggio 2004, di un anno dall’avvio dell’intervento in questione (il 05 giugno 2003). Preme tuttavia soggiungere che l’attenzione del prevenuto non può limitarsi ad evidenziare la fase compresa tra maggio 2004 e luglio 2005 e il solo vizio del mancato asporto del percolato, per il quale il dott. Tagliapietra (incaricato della rilevazione di dati tecnici ed escluso dal governo della parte amministrativa e procedimentale) non poteva che suggerire di sostituirsi nell’asporto alla ditta, atteso che la vicenda odierna era il frutto di un andamento gestionale anomalo e carente, intriso da una molteplicità di vizi, sviluppatosi nel corso di svariati anni, al cospetto di una inefficacie azione dei due funzionari oggi a giudizio.

Per ciò, risultano prive di pregio e non dirimenti ai fini dell’esclusione della colpa grave, le considerazioni del dott. Rapicavoli, quale Dirigente del Settore Gestione del territorio della provincia di Treviso, e dal dott. Moretto, funzionario della Provincia e Responsabile del procedimento per cui è causa, in ordine alla possibilità di accedere a polizze rilasciate da intermediari finanziari, all’essersi attivati per impartire disposizioni all’impresa e per avere eseguito i controlli sul livello di percolato all’interno dei pozzi di captazione, in ordine alla normalizzazione del livello del percolato, come dimostrerebbero le relazioni del 29 ottobre 2003 e del 13 luglio 2005, poiché le gravi inadempienze della ditta, che non si limitavano all’asporto del percolato (e di cui di seguito verranno esaminati i riflessi con riguardo alla convenzione stipulata dal comune di Paese), dovevano indurre ad escutere l’unica polizza rimasta in vita.

Il tutto in ragione di condotte caratterizzate da un grado di diligenza e perizia, decisamente inferiore allo “standard” professionale pretendibile e tale da rendere prevedibile o probabile il concreto verificarsi del mancato

incameramento delle somme garantite, giacché il lasciar decorrere del tempo senza intraprendere azioni effettive ed incisive nei confronti di fidejussore (San Remo Spa) ed impresa (Sev s.r.l.), soggetti ambedue falliti, rispettivamente, il 02 luglio 2007 e il 28 giugno 2006, non poteva che rendere più difficile il recupero delle somme sino a renderlo impossibile e definitivo: l’inerzia prolungata non fa che aumentare il rischio del mancato recupero del credito. Vieppiù alla luce della considerazione che l’agire come portatore di un determinato ruolo sociale o professionale comporta l’assunzione della responsabilità di saper riconoscere ed affrontare le situazioni ed i problemi (anche di interpretazione delle norme giuridiche di riferimento) inerenti a quel ruolo secondo lo “standard” di diligenza, di capacità e di conoscenze richiesto per il suo corretto svolgimento.

[3.2] La Convenzione stipulata il 27 aprile 1993 tra il comune di Paese e la società Finadria (poi Sev s.r.l.).Nei gravami delle parti private è contestato il difetto del nesso causale tra il comportamento dagli stessi

serbato e il danno, atteso che, con riferimento alla gestione del liquido in formazione nella discarica “Tiretta”, l’onere dello smaltimento spettava non alla Provincia ma al comune di Paese, quale gestore effettivo della c.d. fase post mortem della stessa, in forza della convenzione stipulata tra il predetto Comune e la società Finadria (poi Sev s.r.l.) in data 27 aprile 1993.

Di tal ché, ad avviso dei predetti funzionari l’obbligo di smaltimento del percolato sarebbe stato trasferito in capo al Comune a partire dal 06 marzo 2000, e cioè dopo tre anni dalla cessazione dei conferimenti, operata con il Decreto provinciale n. 1953, del 06 marzo 1997. E del contenuto della suddetta convenzione, che non sarebbe stata mai comunicata dal Comune, si veniva a conoscenza soltanto per iniziativa della Curatela fallimentare di S.E.V., attraverso la corrispondenza del 23 agosto 2006 e del 25 giugno 2007, allorché il Curatore ha informato che il Giudice delegato aveva escluso la sussistenza di un obbligo della fallita relativamente allo smaltimento del percolato in forza del tenore della convenzione.

Ora, il Collegio, se da una parte è tenuto a prendere atto che la convenzione in discorso regolava il rapporto concessorio tra Comune e Società gerente, dall’altra non può che evidenziare la diversità del rapporto originante dalle autorizzazioni, basato su una competenza della Provincia stabilita in via legislativa (art.5 della L.R. n. 33 del 1985, art. 6 della L.R. n. 3 del 2000) e disciplinato allo stesso modo dalla legge, da norme regolamentari e provvedimenti attuativi (d.lgs. n. 22 del 1997, l. n. 33 del 1985 e normative regionali successive), rapporto avente ad oggetto i modi di gestione della discarica, siccome regolato da disposizioni cogenti, dalle quali sono a derivare gli effetti qui di rilievo. Di fatti, con decreto della Provincia sono stabilite la direzione del rapporto, le prescrizioni generali e quelle di dettaglio sulla gestione dell’impianto e sullo smaltimento del percolato; le stesse garanzie finanziarie sulla corretta gestione della discarica ad avvenuto esaurimento sono stabilite in favore della provincia di Treviso, Ente che richiede alla ditta la garanzia sino al 2009 e tenta di escuterla nel 2006.

Per ciò, condivisibilmente con il gravame della Procura regionale e le conclusioni della prima sentenza, può dirsi che quanto previsto all’art. 16 della Convenzione, in termini di obbligo della ditta limitato a tre anni, non poterebbe che riferirsi ad una gestione corretta della discarica, mentre in specie la necessità degli interventi sostitutivi è derivata dalle omissioni e guasti all’impianto, dal percolato in eccesso, dovuto ai difetti di copertura e di impermeabilizzazione, causa dell’inquinamento della falda.

Ciò malgrado, il Collegio ritiene che la considerazione formulata dagli appellanti, nel senso che <<…qualunque fidejussore, anche in bonis, che fosse (stato) chiamato dalla Provincia a far fronte ai propri obblighi, non avrebbe mancato di eccepire l’insussistenza dell’obbligazione principale di Sev – Finadria, proprio in forza della convenzione, così come …eccepito dal Giudice fallimentare>>, non possa dirsi del tutto inverosimile, nel senso che pur al cospetto di una polizza escutibile a prima richiesta, il fidejussore avrebbe potuto ritenere inadempiente non la Sev s.r.l. ma il comune di Paese, e ciò avrebbe innescato un contenzioso che sarebbe ugualmente naufragato nella dichiarazione di fallimento della San Remo spa.

In un tale contesto, la Sezione ravvisa di non poter tener conto delle somme dovute a copertura dell’asporto del percolato, determinate nella prima sentenza in € 29.512,58.

Di tal ché, poiché l’Attore ha quantificato il danno per tale prima discarica in € 372.504,00, così determinato facendo riferimento a mandati di pagamento già emessi e a spese attestate dal responsabile del procedimento del comune di Paese, nella nota del 19 giugno 2012 (quindi non l’intero importo della fidejussione pari ad € 774.685,35), dal quale va detratto l’importo di € 29.512,58, residuerebbe un danno risarcibile di € 342.991,42, per le gravi carenze riscontrate nell’operato della società, diverse dall’asporto del percolato, per gli obblighi che gravavano sul gestore e rimasti inadempiuti nell’assicurare la manutenzione, la sorveglianza e i controlli della discarica anche dopo la chiusura fino all’accertamento dell’inesistenza di rischi per l’ambiente e le acque di falda interessate, incombenze finite a carico dell’Amministrazione.

Purtuttavia, il Collegio ritiene in specie di dover fare largo uso del potere di riduzione operando non una valutazione equitativa del danno totale subìto dalla Provincia, ma operando un addebito ai prevenuti di una parte di tale pregiudizio, in considerazione della sussistenza di sintomi, evincibili dalle circostanze esposte, circa l’inadeguatezza della società di gestione, ossia della Sev s.r.l., e della San Remo Spa nell’assolvere ai propri obblighi ancor prima del dichiarato fallimento.

Quanto alla prima, ciò emergeva dalla incapacità di produrre la polizza contro l’inquinamento, scaduta il 7 luglio 2003 e non rinnovata, chiaro sintomo di difficoltà gestionali non solo per motivi tecnici, atteso altresì che si trattava di un impianto che già dal 1997 era a conferimento “zero” e, per ciò, privo di ritorno economico per l’impresa.

Quanto alla seconda, vi è da dire che il Curatore del fallimento della Sev – Finadria, in un primo tempo si accollò l’onere dello smaltimento, per declinarlo poi, come da lettera del 25 giugno 2007; nelle more la Provincia aveva proceduto all’escussione della fidejussione il 26 settembre 2006, data in cui lo stato di decozione della San Remo Spa, che non corrispondeva alle richieste di pagamento, era verosimilmente in atto.

Per ciò, in parziale accoglimento dei gravami delle parti private può ritenersi equo imputare ai prevenuti un complessivo danno di € 50.000,00 da imputare (come preteso dal Procuratore regionale) nella misura del 65 per cento (€ 32.500,00), al dott. Rapicavoli, per il ruolo di massima incidenza avuto sugli eventi in questione, e del 35 per cento (€ 17.500,00)al dott. Moretto, nella qualità di responsabile del procedimento, somme da intendersi comprensive della rivalutazione monetaria, oltre interessi di legge dalla data del 12 giugno 2014, di deposito della sentenza di prime cure.

[3.3] Vicende della discarica Vecelli.Quanto alla discarica per rifiuti inerti di via Vecelli, l’appello incidentale del Procuratore regionale è

meritevole di favorevole considerazione, anche se non nei termini risarcitori in rivendica.Dagli atti di causa emergeva, in modo fin troppo chiaro, la conduzione dell’impianto in palese violazione di

norme e prescrizioni, per essere stati ivi conferiti rifiuti tossici e nocivi non ammessi.Si trattava, come accertato dall’Arpav, di materiale prelevato presso un’impresa che produceva rifiuti non

corrispondenti a quelli autorizzati per il conferimento, di cui la ditta gerente non riportava veritiera indicazione nei registri, contravvenendo alle prescrizioni di cui al D.D.P. n. 2019 del 1997, né presentava il piano di adeguamento (ex d.lgs. n. 36 del 2003) malgrado i ripetuti solleciti provenienti dall’Amministrazione.

Le vicende gestionali presentavano, per ciò, serie criticità a causa di gravi difformità nel materiale conferito, a matrice resinoide e cementizia contenente amianto. Dalla scoperta dell’illegale immissione, fatta dall’Arpav nel gennaio 2002, fino alla cessazione della ditta, decorrevano più di quattro anni, nel corso dei quali veniva asportata solo una minima parte del rifiuto non conforme, vale a dire 4.675 tonnellate, lasciandone giacenti 29.600, con accollo all’amministrazione di tutti i restanti costi di copertura, manutenzione e messa in sicurezza della discarica.Alle gravi inadempienze dell’impresa, seguivano comportamenti inadeguati e dilatori dell’Amministrazione provinciale e, per essa, degli odierni prevenuti. Di fatti, dall’aprile 2002, allorché si prendeva atto del conferimento non ammesso (si veda D.D.P. 542 del 2002), al marzo 2003, decorreva quasi un anno per una prima intimazione all’asporto (operata con D.D.P545 del 2003). Si giungeva a luglio 2005 passando attraverso quattro proroghe, con un asporto irrilevante. come posto in rilievo nei sopralluoghi del 24 maggio 2004 e del 18 febbraio 2005, in cui si constatava che non vi erano operazioni di smaltimento in corso, mentre nel sopralluogo del 18 maggio 2005, i tecnici constatavano che le operazioni erano ferme da due mesi.

A tal riguardo è manifesta la responsabilità sia del Dirigente del Settore Gestione del Territorio, dott. Rapicavoli Carlo, sia del Responsabile del procedimento, dott. Moretto Carlo Giovanni, in relazione al mancato asporto dei rifiuti, in maniera definitiva, e alla sistemazione del sito di via Vecelli, il cui onere è rimasto a carico dell’Amministrazione.

In primo luogo, deve considerarsi assolutamente inadeguata la condotta del dott. Rapicavoli nel non avere preteso, per lungo tempo, una congrua garanzia, da parte di soggetti di sicura solidità finanziaria. Di fatti, l’unico atto di fidejussione presente, tra l’altro non rispondente alla tipologia di quelli richiesti nei procedimenti ambientali, è quello stipulato il 07 agosto 2003 tra la S.E.V. e la società San Remo spa, siccome corretto in data 13 ottobre 2003, avente ad oggetto “la corretta gestione della discarica ad avvenuto esaurimento e per eventuali danni causati all’ambiente…nonché per la ricomposizione finale”, con un massimale di € 220.010,60.

Solo in data 08 novembre 2004, la SEV s.r.l. e la San Remo spa sottoscrivevano atto di fidejussione n. 605273/EP, per il periodo 18 novembre 2004 – 30 giugno 2005, con un massimale garantito di € 2.616.120,00, a garanzia “dell’adempimento delle obbligazioni a carico del Contraente ed a favore del beneficiario inerente l’asporto del materiale della discarica di 2° categoria tipo A di via Vecelli a paese”. Nel coevo atto integrativo quale oggetto della garanzia veniva indicato “l’inadempimento delle prescrizioni imposte alla ditta con decreto del Dirigente del Settore Gestione del territorio della Provincia n. 220/2004, del 03 marzo 2004…”, mentre con atto del 26 aprile 2005, il termine di vigenza veniva prorogato al 31 ottobre 2005 e successivamente al 30 aprile 2006.

Cosicché, appariva indubbio che il non aver preteso per lungo tempo un’adeguata fidejussione per l’asporto del materiale nocivo inconferibile, era indice di grave scostamento dai doveri di diligenza, che si traduceva in una palese violazione di quanto prescritto dalle norme, anche in ordine all’accettazione della garanzia di soggetti dalla dubbia solidità. Il ritardo con cui il predetto dirigente si è attivato ha concorso ad aumentare il rischio del mancato recupero del credito.

Dall’emergere dei rifiuti non conformi all’escussione della polizza, rivolta alla San Remo Spa, decorrevano circa quattro anni, senza che la Sev adempisse alle prescrizioni date, anzi fruiva di proroghe per l’asporto e per ottemperare alle altre condizioni imposte.

Non può, per ciò, convenirsi con quanto sostenuto dalle parti private circa il fatto che le condizioni per l’escussione della polizza si sarebbero concretizzate solo dopo l’11 marzo 2005, atteso che prima la ditta stava procedendo alla rimozione dei rifiuti tossici e a tutti gli altri incombenti.

Che le cose non stessero così lo si può dedurre dalle continue proroghe dei termini finali per l’asporto e dalla inadeguatezza degli interventi posti in essere, sottolineata anche nel corso del 2003 (D.D.P. 858 del 2003). In breve, come emergente anche dalla nota in data 15 febbraio 2007, del dott. Tagliapietra, risultava che una prima effettiva attività di asporto del predetto materiale si è avuta nel 2004, ma in termini meramente esigui, in quanto rimossi rifiuti per 4.675 tonnellate, a fronte di 29.660 tonnellate lasciate ivi giacenti.

E a tali macroscopiche violazioni delle prescrizioni si sono affiancati ritardi e indugi nell’escussione della polizza anche per il periodo successivo. Di fatti, dopo la richiesta alla San Rempo spa in data 30 settembre 2005, veniva rivolto alla stessa un ulteriore invito il 07 aprile 2006, vale a dire più di sei mesi dopo, senza nel frattempo intraprendere alcuna azione nei confronti del predetto fidejussore. Cosicché, dopo una nuova intimazione del 28 aprile 2006, seguivano delle altre (il 04 agosto 2006, l’8 settembre 2006, il 12 ottobre 2006), nonché l’ingiunzione del 04 dicembre 2006. L’essersi attivati, quando lo stato di decozione della San Remo Spa era chiaramente a palesarsi (atteso che la società non corrispondeva alle richieste, segno evidente di stato di decozione e di disinteresse per la vicenda), denotava grave scostamento nel comportamento standard che un tale alto dirigente avrebbe dovuto tenere.

Non diversamente doveva dirsi per l’operato del dott. Moretto, nominato responsabile del procedimento volto alla rimozione dei rifiuti (D.D.P. n. 542 del 2002) e responsabile del procedimento finalizzato all’avvio dell’intervento sostitutivo e di escussione delle garanzie (si veda nota del 18 luglio 1995).

In sostanza, per tali attribuzioni, e in osservanza delle norme tutte dianzi richiamate, a fronte delle palesi e reiterate violazioni poste in essere dalla SEV, avrebbe dovuto proporre al Dirigente del Settore Gestione del Territorio di avviare subìto il procedimento per l’escussione delle garanzie finanziarie, non senza segnalare la non pertinenza di fidejussioni provenienti da soggetti non abilitati dalle disposizioni in materia.

Per ciò, anche per la seconda discarica, il realizzarsi dell’evento oggetto della garanzia e la mancata escussione della polizza venivano a concretare l’evento dannoso, che tuttavia il Collegio, così come statuito per la prima discarica, ritiene equo imputare alle parti nella misura del 10 per cento del massimale a garanzia della rimozione dei rifiuti tossici, vale a dire nella misura di € 261.612,00 (€ 2.616.120,00 x 10% = € 261.612,00), atteso che per tale discarica vi è stato, anche se tardivo, un minimo intervento dei predetti funzionari, mentre il non avere corrisposto la San Remo spa, alle diverse richieste di escussione dell’Amministrazione provinciale, effettuate dal settembre 2005 al dicembre 2006, costituiva un chiaro sintomo, non integrante una scriminante della responsabilità e della colpa grave, della scarsa solvibilità, a quel momento, della stessa, che avvalorava la presunzione che in ogni caso la Provincia non avrebbe recuperato l’intero massimale. Di tal ché, l’obbligo risarcitorio dei prevenuti può determinarsi, in base all’efficienza causale delle condotte serbate, nella misura del 65 per cento, pari ad € 170.047,80, a carico del dott. Rapicavoli, e del 35 per cento, pari ad € 91.564,20, a carico del dott. Moretto, importi da ritenersi comprensivi di rivalutazione monetaria. Sulle predette somme sono dovuti gli interessi di legge dalla data del 12 giugno 2014, di deposito della prima sentenza.

Per ciò, gli appelli delle parti private, relativamente alla prima discarica di via Tiretta, e il gravame incidentale della parte pubblica, con riguardo alla seconda discarica di via Vecelli, meritano parziale accoglimento, con riforma, nei sensi di cui in motivazione, della prima sentenza, che si ravvisa invece di dover confermare per le spese ivi liquidate. Le spese del presente grado seguono invece la soccombenza delle parti private e si liquidano, come da dispositivo, in misura eguale tra loro.

P.Q.M.La Corte dei conti – Sezione terza giurisdizionale centrale di appello, disattesa ogni contraria istanza, deduzione od eccezione, definitivamente pronunciando, previa riunione degli appelli e rigetto della questione in rito sollevata, accoglie, parzialmente e con riguardo alla discarica di via Tiretta, i gravami delle parti private e, per l’effetto, condanna il dott. Rapicavoli Carlo a risarcire, in favore della provincia di Treviso, la somma di € 32.500,00 (quale 65% della posta di pregiudizio di € 50.000,00), e il dott. Moretto Carlo Giovanni a ristorare l’importo di € 17.500,00 (ossia il 35% di € 50.000,00); accoglie, sempre parzialmente e con riferimento alla discarica di via Vecelli, l’impugnativa del Procuratore regionale e, per l’effetto, condanna il dott. Rapicavoli, a risarcire, in favore della provincia di Treviso, la somma di € 170.047,80 (quale 65% di € 261.612,00, pari al 10% di € 2.616.120,00), e il dott. Moretto a risarcire l’importo di € 91.564,20 (pari al 35% di € 261.612,00), importi da ritenersi comprensivi di rivalutazione monetaria, oltre interessi di legge dalla data del 12 giugno 2014 di deposito della prima sentenza, da considerarsi in tali termini riformata, e con conferma delle spese ivi liquidate.Le spese del presente grado, liquidate in € 352,00 (diconsi euro trecentocinquantadue/00), sono da dividere in parti eguali tra i privati soccombenti.

Manda alla Segreteria della Sezione per il più a praticarsi.Così deciso in Roma, nelle Camere di Consiglio del 14 dicembre 2016 e del 16 marzo 2017.Il Consigliere Estensore Il Presidente(F.to Dott. Giovanni Comite) (F.to Dott.ssa Fausta Di Grazia) Depositata in Segreteria il 22-06-2017Il DirigenteF.to Dott. Salvatore Antonio Sardella