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1 PARAPSICOLOGIA, UNA STORIA AMERICANA … GIOVANNI IANNUZZO “Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio. Essa tratta il sapere, che è un prodotto del dubbio; e col procacciare sapere a tutti su ogni cosa, tende a destare il dubbio in tutti”. Bertold Brecht, “Vita di Galileo“Sul piano tecnologico lo sviluppo dell’elettronica, e sul piano delle idee lo spostamento da una valutazione relativamente razionale e scientifica delle cose ad una visione non-razionale e meno scientifica mi sembrano essere tra le caratteristiche più significative [del Ventesimo secolo]”. Raymond Firth, antropologo ANNO DOMINI 1847 Sul finire dell’anno di grazia 1847, il mondo viveva un momento di grande stabilità, sia in Occidente, sia in Oriente. L’Europa era saldamente governata da monarchie potenti, che avevano superato quasi indenni la ventennale bufera napoleonica. I grandi imperi europei garantivano un ordine sociale e politico apparentemente immutabile. L’Austria - Ungheria, sotto l’illuminato governo di Francesco Giuseppe, estendeva le sue sfere d’influenza su tutta la parte centrale del vecchio continente sino all’Ungheria; la Russia zarista garantiva la stabilità di tutto l’oriente euro asiatico; la monarchia britannica dominava il più vasto impero coloniale del globo. La nuova Repubblica francese stava lentamente riemergendo dalle devastazioni della rivoluzione e delle guerre di Napoleone, sotto la guida instabile di Luigi Filippo D’Orleans, il re parapioggia. La Prussia coltivava, ma con diplomatica moderazione, i suoi sogni imperialistici. La Spagna viveva delle rendite acquisite dopo essere stato, per secoli, l’unico impero, per dirla con Carlo V, sul quale “non tramontava mai il sole”. Questo assetto politico tendeva a garantire un ordine assoluto, nel rispetto dei precetti del tempo, reprimendo, fra l’altro, qualsiasi tipo di sommovimento rivoluzionario borghese e indipendentista, che si affacciava alle porte della storia. Un ordine senza deroghe o tentennamenti. A fronte di questa situazione, esistevano condizioni di spaventoso disagio economico e sociale, e la rivoluzione industriale aveva creato crudeli sacche di emarginazione. Ma il mondo girava lo stesso, stabile e immutabile. L’Africa, in buona misura ancora inesplorata, continuava ad essere oggetto di desiderio delle grandi potenze occidentali, spinte da ambizioni colonialistiche e da sogni di sfruttamento

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PPAARRAAPPSSII CCOOLLOOGGII AA,, UUNNAA SSTTOORRII AA AAMM EERRIICCAANNAA ……

GIOVANNI IANNUZZO

“Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio. Essa tratta il sapere, che è un prodotto del dubbio; e col procacciare sapere a tutti su ogni cosa, tende a destare il dubbio in tutti”.

Bertold Brecht, “Vita di Galileo” “Sul piano tecnologico lo sviluppo dell’elettronica, e sul piano delle idee lo spostamento da una valutazione relativamente razionale e scientifica delle cose ad una visione non-razionale e meno scientifica mi sembrano essere tra le caratteristiche più significative [del Ventesimo secolo]”.

Raymond Firth, antropologo

ANNO DOMINI 1847

Sul finire dell’anno di grazia 1847, il mondo viveva un momento di grande stabilità, sia in

Occidente, sia in Oriente. L’Europa era saldamente governata da monarchie potenti, che avevano

superato quasi indenni la ventennale bufera napoleonica. I grandi imperi europei garantivano un

ordine sociale e politico apparentemente immutabile. L’Austria - Ungheria, sotto l’illuminato

governo di Francesco Giuseppe, estendeva le sue sfere d’influenza su tutta la parte centrale del

vecchio continente sino all’Ungheria; la Russia zarista garantiva la stabilità di tutto l’oriente euro

asiatico; la monarchia britannica dominava il più vasto impero coloniale del globo. La nuova

Repubblica francese stava lentamente riemergendo dalle devastazioni della rivoluzione e delle

guerre di Napoleone, sotto la guida instabile di Luigi Filippo D’Orleans, il re parapioggia. La

Prussia coltivava, ma con diplomatica moderazione, i suoi sogni imperialistici. La Spagna viveva

delle rendite acquisite dopo essere stato, per secoli, l’unico impero, per dirla con Carlo V, sul

quale “non tramontava mai il sole”. Questo assetto politico tendeva a garantire un ordine

assoluto, nel rispetto dei precetti del tempo, reprimendo, fra l’altro, qualsiasi tipo di

sommovimento rivoluzionario borghese e indipendentista, che si affacciava alle porte della

storia. Un ordine senza deroghe o tentennamenti.

A fronte di questa situazione, esistevano condizioni di spaventoso disagio economico e sociale, e

la rivoluzione industriale aveva creato crudeli sacche di emarginazione. Ma il mondo girava lo

stesso, stabile e immutabile.

L’Africa, in buona misura ancora inesplorata, continuava ad essere oggetto di desiderio delle

grandi potenze occidentali, spinte da ambizioni colonialistiche e da sogni di sfruttamento

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intensivo, ma espressi sempre con una certa discrezione. Nel 1847 la Liberia diventava, una

repubblica indipendente, sotto la tutela delle cannoniere inglesi.

L’Asia continuava ad essere sostanzialmente estranea, lontana, remota, terra di colonia o di

conquista. In Cina l’imperatore Tao-Kuang governava imperterrito fra alterne fortune, ed

accoglieva, volente o nolente, le accozzaglie d’avventurieri occidentali che si spingevano oltre

improbabili paralleli per fare soldi e razziare materie prime. In Giappone, l’impero del Sol

Levante continuava a trincerarsi, così come faceva da secoli dietro un rigoroso rifiuto di

allacciare relazioni con il mondo occidentale. Il mondo arabo era poco noto, comunque non

interessante se non come terra esotica, semplicemente da colonizzare.

Si, nell’anno di grazia 1847 la società occidentale viveva un momento di pacifico e sicuro

splendore. Le religioni istituzionali dell’Occidente garantivano un’etica bacchettona e rigida,

ancorché rassicurante. La scienza cominciava a sviluppare le sue timide potenzialità,

nell’assoluto rispetto dei precetti morali delle chiese. Nemmeno il pensiero filosofico della

vecchia Europa prometteva mirabilie. Il filosofo Auguste Comte aveva gettato, alcuni decenni

prima, le basi di quello che poi sarebbe stato chiamato positivismo, ma dal 1844 aveva

cominciato a delirare, sognando la fondazione di una nuova religione dell’umanità. Karl Marx e

Friedrich Engels, continuavano a studiare i problemi delle masse di lavoratori stritolati dai

meccanismi della rivoluzione industriale, e ad ipotizzare un nuovo socialismo scientifico.

Le università sono pochissime ma prestigiose. C’è appena qualche novità nel campo della

speculazione matematica, in astronomia o in fisica (nel 1847 HL von Helmholtz pubblica una sua

celebre memoria sulla conservazione della forza). In campo medico l’unico dato di rilievo è

l’introduzione del cloroformio nell’anestesia chirurgica. [Nello stesso anno esce il primo numero

dell’Archiv fur patologiche Anatomie und Physiologie un fur klinische Medicine”, diretta dal

grande virologo R. Virchow]. Insomma, nulla, poi, di così straordinario. Nessuna opera letteraria

o intuizione filosofica o scoperta scientifica si era ancora levata, in quell’anno, ad indicare vizi e

perversioni dell’Occidente, ad annunciare rivoluzionarie visioni dell’esistenza o a promettere

straordinari cambiamenti della visione delle cose. Il mondo girava lento e tranquillo, spietato e

sicuro.

Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, le cose non andavano nemmeno male. Negli Stati Uniti,

che da pochi anni si erano definitivamente affrancati dal giogo coloniale inglese (solo nel 1846

avevano firmato il trattato dell’Oregon con l’Inghilterra stabilendo definitivamente i confini del

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Canada), era già iniziata la grande emigrazione dall’Europa, in particolare da Irlanda e

Germania. Come conseguenza, masse di diseredati speranzosi, stipati come animali negli slums

di New York e di Boston, sulla costa orientale, avevano iniziato a spingersi verso occidente, alla

ricerche di terre e di ricchezze da depredare, in quella che sarebbe poi divenuta la più violenta

operazione coloniale della storia moderna, culminata col massacro quasi totale dell’etnia dei

pellerossa. Questo è però di là da venire, e nel 1847 gli USA sono impegnati semplicemente in

una piccola guerra col confinante Messico, niente di più di un modesto conflitto locale

determinato anch’esso da appetiti espansionistici incoraggiati dalla scoperta, in quello stesso

anno, di ricchi giacimenti d’oro in California.

Insomma, niente di nuovo sul fronte occidentale, e, tutto sommato, nemmeno su tutti gli altri

fronti. Si, il 1847 fu proprio un grande anno. Credo che sia difficile trovare nella cronologia

universale, da almeno due o tre secoli a questa parte, un anno più anonimo e pacioso. Non

accadde proprio nulla di nuovo. Tutto filava via lungo i binari di una quasi incredibile

tranquillità. Tutto sembrava che fosse accaduto prima.

O che sarebbe accaduto dopo.

Certo, l’America era davvero la nuova frontiera: una nazione giovane, in crescita vertiginosa,

fondata sull’etica puritana della volontà, ricca di promesse che incoraggiavano le più audaci

speranze. Continente enorme e ricco di fermenti, fucina nella quale si fondevano vecchie idee e

nuove aspirazioni, antiche ambizioni e impensabili speranze. Una fucina, peraltro, il cui fuoco

era costantemente alimentato dalle masse enormi d’europei che sbarcavano sulla sua costa

orientale, trasportati da bastimenti fetidi e insicuri, con un estenuante viaggio di due mesi, spesso

da clandestini, devastati da fame e malattie, sguazzanti nel piscio comune, senza assistenza

medica, senza acqua, senza nulla se non la speranza di trovare nel nuovo continente la speranza

di un riscatto sociale e la ricompensa per una vita di stenti. Partirono per primi gli irlandesi –

falcidiati in patria da una carestia biblica che aveva colpito tutto il vecchio continente, attaccando

uno dei principali alimenti della povera gente, le patate - seguiti da tedeschi, olandesi, polacchi,

italiani. Ogni giorno i giganteschi bastimenti che avevano attraversato l’Atlantico rovesciavano

sulle banchine dei grandi porti d’oltreoceano migliaia di disperati che trovavano posto negli

slums metropolitani, come in quelli famosi dei Five Points a New York. La popolazione cresceva

a dismisura, e, per quanto grandi erano, le città americane non avevano la possibilità ragionevole

di contenere quest’ondata migratoria. E così, le folle d’emigranti continuavano ad accalcarsi, a

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sguazzare nel fango e nel piscio, a condurre in massima parte una miserabile vita. Circa un terzo

dei bambini nati all’interno di questi agglomerati urbani moriva prima di raggiungere un anno di

vita, e le loro giovani madri (mediamente ciascuna aveva cinque figli) erano falcidiate dalla

febbre puerperale. Colora, tubercolosi, influenza e difterite facevano il resto. L’unica speranza

era quella di scappare via, verso ovest, o comunque lontano dai grandi agglomerati urbani.

Questa speranza di lavoro e di progresso non era negata a nessuno. “Viviamo in un’era

straordinaria – proclamava nel 1847 il politico Daniel Webster – il progresso di quest’epoca ha

superato persino le aspettative dell’umanità”. Già. Circa in quella stessa epoca una bambina era

stata accoltellata in un vicolo dei Five Points di New York perché aveva incautamente mostrato

di possedere un penny ricevuto in elemosina...

Spostarsi, pertanto dai grossi centri urbani, o comunque spostarsi in cerca di migliori condizioni

economiche e sociali era fondamentale, se non indispensabile. In realtà, costituiva l'incoraggiante

promessa di un futuro migliore, per raggiungere il quale bastava un cavallo e una carretta sulla

quale caricare le poche masserizie indispensabili ad una modesta famiglia dell’epoca. Il

progresso di cui parlava Daniel Webster era lì, a portata di mano.

Forse erano considerazioni simili quelle che avevano spinto, nel dicembre del 1846, Mr. John

David Fox, di professione maniscalco, a trasferirsi con la famiglia (la moglie Margareth, le tre

figlie Margaretta, Katie e Leah) nel paesino di Hydesville, in realtà un modesto agglomerato

rurale di case di legno, a circa trenta miglia dalla cittadina di Rochester, un centro di discreta

importanza industriale, specialmente in campo tessile.

John Fox era anch’egli un immigrato, ma di prima generazione, figlio di gente che aveva

raggiunto l’America ancora prima della rivoluzione. La sua famiglia aveva lasciato il Palatinato,

in Germania, fra il 1709 e il 1710, per stabilirsi a New York. Il suo cognome originario era,

sembra, Voss, poi trasformatosi in Foss, infine in Fox. Per cui, John David Fox era ormai, nel

1847, un americano a tutti gli effetti. Nato a New York City nel 1787, dieci anni dopo la

dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, John Fox aveva avuto una vita …movimentata,

nel migliore spirito americano. Nel 1812 aveva sposato Margareth Smith, anche ella figlia di

antichi immigrati (francesi, tedeschi e olandesi), ma originaria o della contea di Rockland, nello

stato di New York, o del Canada. Di fatto, John e Margareth si stabiliscono della contea di

Rockland, e mettono al mondo quattro figli: Ann Leah, Maria, Elisabeth e David. Un quinto

bambino muore durante l’infanzia. Con la moglie John condivide una fervente fede metodista,

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ma ha una piccola debolezza: l’alcool. Beve. E tra un bicchiere e l’altro il suo matrimonio va in

frantumi. Per alcuni anni la coppia si separa. Margareth lo molla e se ne torna, con i figli in

Canada, vicino a Bath, nell’Ontario. Solo quando Fox riuscirà a superare il problema,

torneranno insieme. E alla grande: dalla loro riunione nascono due altre figlie, Margaretta e

Catherine. Non berrà più.

Nel frattempo la figlia maggiore, Leah, si è sposata e si è trasferita a Rochester, dove la famiglia

Fox decide di trasferisi anch’essa. Non è una sistemazione comoda, ovviamente e John comincia

a pensare di costruire una casa per la sua famiglia, una vera fattoria due miglia a Nord di

Hydesville, in quella stessa zona. Quando le condizioni atmosferiche lo permettono comincia a

lavorarci, ma nel frattempo, pensa che sia opportuno affittare una casa per poterci vivere con la

moglie e le due figlie più piccole, Margaretta e Catherine. Trova l’opportunità giusto ad

Hydesville.

In realtà, nel 1847, Hydesville non è una cittadina, non è un paese, non è un villaggio. E’ un

gruppo di case, sorte intorno ad una taverna. Nel 1810, infatti, un medico del Vermont, tale

Henry Hyde, si trasferisce giusto lì. Nessuno ha mai capito il perché, ma certamente non per

incrementare la sua attività professionale in un posto di foreste, abitato da pochi contadini, poveri

per giunta. Tant’è che cambia attività, apre appunto una taverna dove si può mangiare, bere,

incontrarsi e magari anche ricevere qualche cura medica. Intorno alla taverna del Dr. Hyde nasce

lentamente un agglomerato rurale: una chiesa, una scuola, un negozio, una bottega di

maniscalco, e qualche baracca di contadini. Figura singolare, questo Dr. Hyde. La piccola

borgata prende presto il suo nome, Hydesville, la città (si fa per dire!) di Hyde. Alla sua morte,

nel 1828, il figlio Artemus ne segue le orme, e continua ad ampliare Hydesville. Diventa inoltre

un ricco proprietario di terre e di case. Fra l’altro possedeva anche la piccola casa che John Fox

aveva deciso di affittare. E sin qui non sembrerebbe esserci alcunché di strano. L’affare è fatto, e

l’11 dicembre del 1847, Mr. Fox, la moglie Margareth e le due figlie Kate e Margaretta prendono

possesso della nuova abitazione appena affittata da Mr. Artemus Hyde. Il 1848 era alle porte…

Lasciamo ora che i Fox si sistemino nella sua nuova residenza, tirino giù dai carri le loro

modeste masserizie e prendano confidenza con la loro casa appena affittata. Diamo nel frattempo

un’occhiata in giro, vediamo un pò che atmosfera c’è lì intorno, nel dicembre 1847. Si,

certamente c’è atmosfera natalizia (mancano due settimane esatte a Natale), ma non è quella a

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cui ci riferiamo. C’è da chiedersi anzitutto cosa fosse Hydesville, a parte il feudo personale del

misterioso Dr. Henry Hyde, ereditato poi dal figlio Artemus.

In realtà, e a parte le apparenze abbastanza modeste, Hydesville si trovava giusto al centro di una

zona di grande importanza economica. Nel 1827 le autorità governative avevano deciso di aprire

un canale che, partendo dal lago Eire, collegasse a Ovest la città di Buffalo e a Est le città di

Albany, Syracuse e, collegandosi al fiume Hudson, raggiungesse New York. Una autostrada

fluviale dell’epoca, insomma, di grande rilevanza commerciale. Rochester, divenne presto il

centro più importante della zona ma, anche prima che fosse attuato questo ambizioso progetto,

era già un noto centro industriale, soprattutto nel campo tessile. Era pertanto inevitabile che,

proprio per quella mistica del progresso e della ricchezza che cominciava ad animare gli Stati

Uniti, dopo l’apertura del canale del lago Eire, divenisse un potente centro di attrazione sociale

(“ the first inland boom town”, dicevano) meta di gente in cerca di fortuna, poveri, alcolisti, atei,

materialisti, gente comunque senza molti scrupoli morali – come avviene sempre in simili

situazioni storiche. Etica e ricerca di ricchezza non vanno in genere molto d’accordo, e la

popolazione locale non apprezzava molto questa ondata migratoria interna dalla dubbia moralità.

In quel momento storico tutti gli Stati Uniti erano attraversati da una nuova inquietudine

religiosa, quel momento di ‘revivalism’ religioso che sarebbe stato chiamato “Il secondo grande

risveglio dell’America’. Pertanto, carismatici di vario tipo e predicatori, fecero la loro comparsa

anche a Rochester e nelle comunità della zona, offrendo una serie di nuove sette evangeliche e

nuovi strumenti di salvezza spirituale. Si trattava di gruppi fanatici come quello quacchero degli

Shakers, di Mormoni, di Millenaristi, di predicatori di ogni ordine, gente che aveva lasciato il

lavoro e la sicurezza quotidiana per preparare il mondo alla Seconda Venuta di Gesù, che

sarebbe dovuta avvenire fra il 1843 e il 1844. Ma le cose, come è noto, andarono diversamente,

ingenerando nella popolazione un bisogno dirompente di nuove rivelazioni. Hydesville, a poche

miglia da Rochester, a poche miglia da New York, ma isolata in mezzo ai suoi boschi, con la sua

piccola scuola, la sua chiesa, il suo negozio, la sua bottega da maniscalco, la sua taverna e i suoi

cinquecento residenti, quasi tutti nativi americani, era un po’al crocevia di questo andirivieni di

aspettative, delusioni e speranze messianiche. Sul piano delle rivelazioni spirituali tutto era

possibile. E torniamo, così, alla famiglia Fox.

DUE SORELLE E QUALCHE COLPO SUL MURO

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Poco dopo il cambiamento di residenza della famiglia Fox, le due sorelle Kate e Margareth

cominciarono ad avvertire, specialmente la sera, forti colpi sui muri della propria camera da letto,

che non sembravano non avere alcuna apparente origine normale. Le due sorelle attribuirono

l'origine di questi colpi (che sembra fossero uditi distintamente anche dai loro genitori) all'opera

di uno spirito (che esse chiamarono “Piè Forcuto”) e pensarono che i colpi stessi

rappresentassero una qualche forma di messaggio. Infatti, nel momento in cui esse stesse

iniziarono a battere colpi, udirono altri colpi battuti in risposta. Ne nacque l'idea di una possibile

comunicazione con l'aldilà, che potesse realizzarsi per mezzo di un vero e proprio 'alfabeto', del

tipo di quello inventato da Morse per la telegrafia, fondato su un codice prestabilito (per esempio

un colpo significava ‘si'’ due colpi significavano ‘no’). In questo modo si poteva comunicare con

l'entità che si era manifestata - e ovviamente anche con altri spiriti di defunti (perchè ovviamente

di questo si trattava). La cosa che appariva più strana era che i colpi seguivano le due sorelle

dovunque si spostassero, e si facevano udire anche quando le due bambine erano poste su

cuscini, con piedi e mani nude. La ricerca in casa di apparecchi che producessero quei colpi fu

infruttuosa. Se ne dedusse che veramente il misterioso fenomeno era prodotto da spiriti di

defunti, e che le due sorelle misteriosamente avessero trovato il modo di comunicare con l'aldilà.

La notizia del fenomeno ben presto si diffuse nel paesino, prima, e ben più oltre dopo. A

Hydesville si recò allora la terza delle sorelle Fox, Mrs. Leah Fish, che ebbe l'idea di sfruttare

con criteri manageriali lo strano accadimento. Organizzò pertanto una 'Società spiritista' e la casa

dei Fox divenne un vero luogo di pellegrinaggio: le persone venivano a vedere gli straordinari

fenomeni scoperti dalle due bambine. La stampa non poteva trascurare uno 'scoop' tanto

rilevante, e ben presto del caso delle sorelle Fox venne a conoscenza molta altra gente. Leah

organizzò delle vere e proprie esibizioni 'spiritiche' pubbliche, nelle quali, ovviamente a

pagamento, Kate e Margareth facevano da intermediarie col mondo degli spiriti per rispondere

alle domande che venivano poste dagli astanti. Da Rochester passarono ben presto a New York,

e da lì cominciarono vere e proprie tournee in tutti gli Stati Uniti, per poi passare a pubbliche

dimostrazioni in tutto il mondo: le due Fox divennero rapidamente delle celebrità di fama

mondiale: Margareth arrivò ad esibirsi di fronte alla regina Vittoria, e Kate di fronte allo zar di

Russia.

Gli Stati Uniti furono conquistati dalla nuova fede nel mondo degli spiriti, alla quale aderirono

non solo persone di scarsa cultura o gente dei ceti sociali meno elevati, ma anche persone di una

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certa statura intellettuale. Ben presto lo spiritismo si pose quasi allo stesso livello delle fedi

religiose ortodosse.

Sul piano scientifico, naturalmente, le cose stavano in modo diverso. In realtà, entusiasmi

messianici a parte, ci si trovava di fronte soltanto a rumori inspiegabili, e quindi, a ben pensarci,

tutto il problema era solo di stabilire quale fosse l'origine fisica di questi rumori.

E.P.Longworthy, un medico di Rochester, fu uno dei primi a porsi il problema e a tentare di

spiegarsi quale fosse la reale natura dei misteriori rumori che avevano suscitato tante attese

messianiche. Dopo aver condotto le sue indagini concluse che i colpi sembravano proprio

provenire sempre da sotto i piedi delle due ragazze, o da mobili che in qualche modo fossero in

contatto con i loro vestiti. Era evidente, concludeva Longworthy in un articolo pubblicato il 2

febbraio 1850 sulla rivista newyorkese Excelsior che i rumori erano prodotti volontariamente

dalle due sorelle. Fu il primo gocciolone di una pioggia che presto sarebbe diventata un

temporale. Seguirono infatti numerosi altri articoli critici, come quelli di John W. Hurn di

Richester, pubblicati sulla Tribune di New York, o del reverendo M.Austin di Auburn, che

aggiunse che i rumori potevano essere prodotti con le articolazioni delle dita dei piedi. Un altro

reverendo, D.Potts, nel dicembre del 1850, riprodusse pubblicamente e alla perfezione i

fenomeni presentati dalle sorelle Fox, e la medesima dimostrazione fu ripetuta ancora una volta

da un altro reverendo, C.Chancey Burr, nel gennaio 1851. Non deve stupire che si trattasse di

religiosi: lo spiritismo sapeva troppo di zolfo, e la Chiesa Protestante si era allertata. Il che era

peraltro comprensibile se si pensa che una ‘serata’ a Rochester fruttava alle sorelle una cifra

variabile dai 100 ai 150 dollari, per quell'epoca era una cifra da capogiro.

Nonostante questo, il movimento spiritico, fondato da poco appariva comunque assolutamente

inarrestabile. Tanto che nessuno dei “credenti” prestò attenzione alla prima indagine scientifica

condotta sul caso da Austin Flint, Charles E.Lee e C.B.Coventry, tre studiosi della Buffalo

University, che si presero la briga di studiare attentamente le performance di Margareth, Kate e

della sorella Leah, che si era ormai unita a loro nelle esibizioni. I tre ricercatori conclusero che i

“raps” erano prodotti sicuramente in maniera volontaria: in particolare avevano osservato

l'espressione facciale di Margareth durante le prove, e ne avevano dedotto che alla base dei

rumori ci fosse uno sforzo perfettamente cosciente, anche se dissimulato. I rumori erano creati

mediante la dislocazione delle articolazioni delle ginocchia, delle dita dei piedi, o delle anche.

Quando infatti le ragazze erano poste in condizioni particolarmente disagiate per poter produrre

il fenomeno con questo meccanismo (per esempio con dei cuscini sotto i piedi) i “raps” non si

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udivano più. Se non fosse bastato, nel 1851 una parente delle sorelle Fox, una certa Mrs. Culver,

sostenne che esse le avevano raccontato di produrre i fenomeni con un trucco, quello già

evidenziato dagli studiosi della Buffalo University. Nel giugno del 1857, quando ormai lo

spiritismo si era pienamente affermato negli Stati Uniti e in Europa, il giornale di Boston Courier

offrì un premio di cinquecento dollari a qualunque medium che si fosse fatto indagare da una

commissione scientifica, ottenendo un parere positivo per la genuinità dei propri fenomeni. Le

sorelle Fox non vollero farsi sfuggire una così ghiotta occasione, ma la commissione, composta

da tre professori di Harvard, concluse che i “raps” prodotti dalle due sorelle erano semplicemente

ottenuti mediante movimenti delle ossa dei piedi. Ma le critiche non influirono minimamente

sullo sviluppo del movimento spiritico, nemmeno quando, a quarant’anni di distanza dai fatti di

Hydesville, la stessa Margareth Fox ammise pubblicamente, un un articolo apparso sul New York

World del 21 ottobre 1888 di avere raggirato tutti, con un gioco poi sfuggito di mano alle due

sorelline, spiegando anche quali fossero i trucchi utilizzati. L’anno successivo ci fu una

ritrattazione della confessione ad opera delle due sorelline che denunciavano pressioni subite per

la prima ‘confessione’. Naturalmente questo non fece altro che complicare la situazione e

ingenerare sempre più confusione. Ma nemmeno questo bastò. Il movimento spiritista era ormai

al di sopra di ogni critica. Il bisogno di credere nel soprannaturale, era più forte di qualsiasi

argomento razionale.

Kate Fox morì nel 1892, e la sorella Margareth l'anno dopo. Entrambe erano diventate alcoliste.

La dottrina da loro inventata per gioco era ormai diventata una nuova religione. I suoi Sacerdoti

divennero i ‘medium’, coloro che con le loro performance medianiche “dimostravano”

l’esistenza di un contatto con l’aldilà, e di fenomeni supernormali che contraddicevano

addicevano tutte le leggi scientifiche, fisiche e psicologiche, conosciute.

Lo spiritismo sbarcò in Europa pochi anni dopo avere conquistato l'America. Il grande trans

navigatore fu un medium di origine scozzese, Daniel Dounglas Home (o Hume), personaggio fra

i più discussi nella storia della Ricerca Psichica. Dopo avere riscosso grandi successi come

medium in America, decise di sbarcare nel vecchio mondo. E lo conquistò. Il campionario di

fenomeni che produceva era tale da poter fare vacillare qualsiasi visione scientifica del mondo.

Posto che, ovviamente, i fenomeni fossero genuini e non una semplice e banale esibizione di

trucchi. Di fatto comunque, e Home/Hume fu grande ambasciatore dello spiritismo in Europa. Se

fosse o meno, e in che misura, un clamoroso imbroglione è argomento sul quale gli storici

dibattono tuttora.

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La “febbre spiritica” americana contagiò rapidamente tutto il Vecchio continente, ed assunse

comunque caratteristiche diverse nelle varie nazioni. Mentre in Francia, si trasformò rapidamente

in un movimento spirituale interclassista, con tendenze persino socialisteggianti (vedi box) in

Inghilterra il fenomeno riguardò soprattutto le classi colte, e destò grande curiosità, e grandi

polemiche, anche nel mondo scientifico, con un forte interesse alla conferma – più che alla

disconferma – dei fenomeni medianici e paranormali.

ALLAN KARDEC, IL DRUIDO

Allo spiritismo comunque ci si avvicinava anche per semplice curiosità. E per curiosità, infatti,

si avvicinò ai 'tavoli parlanti' un pedagogo rispettabilissimo, Leone Ippolite Denizard Rivail.

Già allievo di Pestalozzi, ed autore di contributi pedagogici dignitosi, Rivail evidentemente

rimase molto incuriosito dalle nuove pratiche, e cominciò ad occuparsi di spiriti e tavoli

ballerini con un certo entusiasmo. Ad un certo momento ricevette anche un nuovo 'nome' nel

corso di una seduta spiritica: lo spirito evocato gli disse che lui era la reincarnazione di un

druido dell'antichità, il cui nome era Allan Kardec. E Hyppolite Rivail decise di adottare quel

nome. Kardec, da quel momento in poi, divenne un fedele spiritista, e, soprattutto, un medium.

Pretese così di avere ricevuto medianicamente (insomma direttamente dagli spiriti) una 'summa'

della teoria che era sottesa allo spiritismo, un insieme di insegnamenti 'filosofici', morali,

spirituali che dovevano caratterizzare l'agire dell'uomo. Pubblicò questi insegnamenti nel 1854

in un ponderoso volume intitolato, opportunamente, 'Il libro degli spiriti'. Era nato lo 'spiritismo'

come dottrina.

Il successo di Kardec fu strepitoso. Alla pubblicazione del 'Libro degli spiriti', seguì quella del

'Libro dei medium', nuova summa di insegnamenti relativi anche alla prassi del contatto tra

medium e spiriti, e una serie di altri volumi, nei quali veniva fornita una rilettura globale della

filosofia, della morale e della scienza, dal punto di vista degli insegnamenti degli spiriti. Non

solo, ma lo spiritismo francese si organizzò in un movimento dalle complesse componenti

religiose, sociali e politiche che, fondato sulla prassi del contatto medianico e sui messaggi

continuamente ricevuti dal'aldilà, si caratterizzò per il suo aspetto fondamentale di una vera,

'nuova rivelazione'.

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In effetti, i resoconti delle sedute spiritiche di alcuni medium erano tali da imporre una verifica al

mondo della scienza. I nuovi medium non si limitavano a produrre banalissimi colpetti sul tavolo

o sui muri, bensì vere e proprie mirabilie: levitazioni fuori dalle finestre, “materializzazioni” di

fantasmi durante sedute spiritiche, spostamenti di mobili, o addirittura apporti di oggetti che

sembravano sbucare fuori dal nulla. E questo senza contare un elenco altrettanto nutrito di

fenomeni psichici. Se le mirabilie che si pretendeva avvenissero nel corso di sedute medianiche

fossero stati autentici ciò avrebbe implicato una imponente ristrutturazione dei modelli della

scienza dell'epoca, anche senza voler pensare che a produrre i fenomeni fossero gli spiriti dei

defunti. In ogni caso, lo studio di questi fenomeni poteva dimostrare l’esistenza di una realtà

'parallela', nella quale apparenti paradossi della realtà normale diventavano perfettamente

plausibili.

Di fatto, lo spiritualismo americano, con le sue certezze e il suo messianismo, era sbarcato in

Gran Bretagna in un momento storico di grandi travagli filosofici, culturali e religiosi. L’epoca

vittoriana era nel periodo di maggiore splendore, con i suoi principi severamente etici. La

seconda rivoluzione industriale garantiva ricchezza e benessere economico alle classi agiate, ma

aveva creato sacchi di emarginazione e di ingiustizia sociale peggiori di quelle dei Five Points di

New York. Era una società ricca, annoiata e in piena crisi religiosa. Le teorie di Charles Darwin

avevano sconvolto le coscienze dell’aristocrazia intellettuale protestante, portando ad una

affermazione del materialismo infido e dissacrante. I progressi dell’archeologia mettevano in

discussione l’assoluta verità letterale della Bibbia, pur non negando il suo valore simbolico o

metaforico. All’apparenza di una società solida nei suoi valori, si opponeva la sostanza di una

società in crisi valoriale, dove nessuna certezza religiosa ortodossa poteva contrastare

efficacemente il dilagare di una visione materialistica del mondo. Si avvertiva un bisogno diffuso

di una spiritualità certa e semplice da comprendere, che potesse spiegare i cambiamenti sociali e

culturali dirompenti che erano già in atto e dare un senso etico ai grandi problemi sociali sui

quali si fondava l benessere economico di una società aristocratica, ricca ma spesso tormentata

da sottili sensi di colpa sociale. Fu per questo che lo ‘sbarco’ dello spiritismo dagli Stati Uniti

rappresentò un evento epocale, presentandosi come mezzo per una catarsi spirituale che,

finalmente, riuscisse a conciliare le brutture di una società malata con la speranza che questo

abbrutimento avesse comunque un senso. Per raggiungere questo traguardo, visti i tempi,

diveniva fondamentale dimostrare l’esistenza dello spirito utilizzando, però, i mezzi della

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scienza. Il concetto di una “scienza dello spirito” appariva a molti intellettuali straordinariamente

intrigante.

LA PARENTESI INGLESE. NASCITA DELLA RICERCA PSICHICA

E’ ovvio che la sede privilegiata per queste discussioni e per questi progetti era l’università. Cos’

come nel medioevo e nel rinascimento il fior fiore della scienza cattolica trovava a Salamanca, in

Spagna, la sua sede elettiva, nell’Inghilterra vittoriana la sede ideale per discussioni di questo

livello era Cambridge, la sede universitaria più prestigiosa della Gran Bretagna – persino più di

Oxford. E proprio a Camdridge, un gruppo di intellettuali decise di utilizzare le evidenze sempre

più chiaramente offerte dalle performance dei medium, per tentare di dimostrare l’esietenza di un

mondo spirituale. Si racconta che la sera del 3 dicembre 1869, a Cambridge, nel corso di una

passeggiata, due intellettuali di grande livello tracciassero le linee-guida’ di un impegno

intellettuale in questo campo. Si trattava di William Frederic Myers, ventiseienne lecturer, e

stimato classicista e poeta, ed Henry Sidgwick, docente di filosofia morale, entrambi del Trinity

College.

Aneddoti a parte, la verità è che a Cambridge si formò un gruppo di intellettuali fortemente

interessati a questo progetto, tanto che che nel gennaio 1882, in un edificio di Great Russell

Street a Londra, fondarono una associazione dedicata allo studio dei fenomeni spiritici e

paranormali. La chiamarono Society for Psychical Research. L’obiettivo, non del tutto

dichiarato, ma francamente intuibile, era la ricerca dell’esistenza dello spirito. Bisogna altresì

ammettere che il Consiglio Direttivo della nuova Scoietà scientifica, era formato da intellettuali e

personalità di tutto rispetto, appartenenti spesso ai gruppi più elitari della società e della cultura

britannica1.

D’altra parte, la fondazione della SPR era anche una ‘garanzia’ a fronte dell’imperversre in

Inghilterra di medium e spiritisti, che lasciavano come traccia del loro passaggio gruppi di devoti

fedeli, e persone perlomeno interessate agli enigmi dei tavoli ballerini. Negli anni '60 società

spiritiche furono fondate un pò dappertutto, a Londra, nello Yorkshire, nel Lancashire, nelle

1 Presidente fu eletto Henry Sidgwick, allora proprio in procinto di diventare professore di filosofia morale a Cambridge. Vice presidenti furono eletti Arthur Balfour, uomo politico allora già rampante, John R. Hollond, parlamentare liberale per il collegio di Brighton; Richard Hutton, direttore del giornale Spectator; William Barrett, professore di fisica all'Owen College di Manchester. L’Associazione ben presto, avrebbe accolto tra i suoi membri personaggi ancora più in vista: nel 1887 ne facevano parte il ministro Gladstone, Ruskin e Tenyson. E vi avrebbero aderito anche la moglie dell'arcivescovo di Canterbury, Ranee di Sarawak e Joseph J. Thompson, che nel 1906 avrebbe vinto il premio Nobel per la scoperta dell'elettrone.

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Midlands e intorno a Newcastle. Erano società abbastanza eterodosse in quanto a composizione

sociale, analogamente a quanto avveniva e sarebbe avvenuto in tutto il mondo: operai e lords,

professionisti e dame della buona società, religiosi e uomini di scienza. Per molti, ovviamente, si

trattava di una semplice moda, passeggera come tutte le mode; per altri - in verità la minoranza -

si trattava di una cosa seria, un interesse genuino e potente. Anzi, queste persone costituivano lo

‘zoccolo duro’ del movimento spiritista, con una fede incrollabile nella sopravvivenza dell'anima

e nella possibilità che essa tornasse a farsi presente ai viventi per mezzo dei fenomeni medianici.

Certo, la differenza fra i due gruppi era abbastanza sottile, sul piano delle credenze più che sul

piano del metodo. La SPR conteneva entrambi i tipi di cultori. Arthur Conan Doyle, il creatore di

Sherlock Holmes, vi aderì negli anni '90 insieme al giornalista W.T.Stead, ed erano sicuramente

due spiritisti. Ma i conflitti – scissioni e dimissioni periodiche a parte – erano limitati, tanto da

consentire a scienziati indiscutibilmente professionali (come i fisici Thompson e Raleigh,

entrambi titolari in tempi diversi della cattedra di fisica sperimentale a Cambridge ed entrambi

futuri premi Nobel) di restare per anni nel comitato scientifico. Almeno le apparenze erano salve.

Fu per questo, forse, che la SPR divenne una importante istituzione ‘scientifica’, e il punto di

riferimento, in Inghilterra e nel mondo, per le ricerche sui fenomeni psichici, medianici,

paranormali.

E non sempre a sproposito, nel senso che talvolta alcuni membri di questo eterogeneo gruppo di

studiosi riusciva ad avere una autentica funzione di “controllo” sui presunti fenomeni “occulti”.

Il caso più celebre di quegli anni riguarda l'affaire della Società Teosofica. Questa associazione

era stata fondata nel 1875 negli Stati Uniti, a New York, da Helena Petrovna Blavatsky, che

sosteneva di essere a conoscenza diretta della sapienza degli antichi, ed era stata addestrata a

questa conoscenza direttamente dai mahatma che vivevano sulle montagne del Tibet. Lo scopo

della Società Teosofica doveva essere quello di farsi veicolo di questa conoscenza esoterica. Se

ciò non bastasse la Blavatsky sosteneva, e i suoi seguaci erano d'accordo, di poter compiere veri

miracoli, e fu per questo che quando ella visitò Londra, nel 1884, la SPR si fece scrupolo di

andare ad indagare personalmente queste pretese. Dopo averla intervistata, gli studiosi della

Società decisero che dovevano essere compiute ricerche più estese, e il luogo ideale dove

svolgerle non poteva che essere il quartiere generale della Società Teosofica, in India, nelle

vicinanze di Madras. L'incarico della ricerca fu conferito a Richard Hodgson, un australiano

membro della SPR che aveva studiato con Sidgwick a Cambridge. Nato nel 1855, figlio di

inglesi della Yorkshire, a Melbourne, Richard Hodgson era una personalità vitale ed energica.

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Aveva studiato lettere, sino ad acquisire diversi titoli accademici. Poi si era laureato in legge, ma

non amava affatto questa professione. Amava la poesia e la filosofia, per cui decise studiare

filosofia a Cambridge. Ebbe come professore Sidgwick, con quale instaurò un rapporto

affettuoso e di stima reciproca. Anticonformista, sostanzialmente laico, energico e possente - sia

sul piano intellettuale che fisico: era uno sportivo attivo - Hodgson aveva un discreto interesse

per la ricerca psichica e le problematiche dello spiritismo, che probabilmente datavano dall'epoca

in cui viveva in Australia. A Cambridge, anche grazie all'amicizia con Sidgwick, questi interessi

si incrementarono. Per motivi di studio si trasferì, anche grazie ai buoni uffici di Sidgwick,

all'Università di Jena, dove rimase sei mesi. Fu in quel periodo, si era nel 1882, che venne

fondata la SPR. Lui era assente (appunto in Prussia), ma fu lo stesso uno dei primi soci. E, da

socio della SPR, ricevette un incarico di particolare impegno: andare a rifare le bucce alle pretese

di Madame Blavatsky.

Nell'autunno 1884, vennero pubblicate alcune lettere apparentemente inviate dalla Blavatsky ai

signori Coulomb, due suoi ex assistenti al quartier generale della società teosofica, dalle quali si

evinceva come i miracoli della Blavatski fossero semplicemente dei trucchi. In particolare, le

lettere erano ricche di dettagli sulle apparizioni mistiche di un Mahatma in un tempio dedicato a

questa funzione nel quartier generale: le presunte apparizioni erano gestite proprio dai coniugi

Coulomb, che armeggiavano con un manichino in modo da simulare l'apparizione del ‘doppio’

del santone (doppio perché i Mahatma non lasciavano mai il loro rifugio sulle inaccessibili

montagne del Tibet …).

Il trucco era abbastanza ingenuo,visto che si basava tutto semplicemente sulla presenza di un

pannello scorrevole, attraverso il quale appariva il santone. Ma le lettere furono pubblicate prima

dell'indagine di Hodgson sul Madras Christian College Magazine, il che permise ai teosofi di

distruggere tutte le prove del trucco. Naturalmente essi sostennero che si trattava di una congiura,

perpetrata ai loro danni dai cristiani, ma Hodgson comunque diede prova di un notevole acume.

Scoprì che le lettere erano autentiche, mediante perizie calligrafiche, scoprì come altri trucchi

venivano architettati, e come, tutto sommato, la Blavatsky fosse un impostore. Lo era, almeno,

nel senso che le sue conoscenze esoteriche provenivano da se stessa, e non da bramini tibetani. I

canali soprannaturali che sembravano connettere la società teosofica con una conoscenza arcaica

ed esoterica, erano frutto di trucchi semplici, ingenui, ma efficaci. E' bene tener presente che una

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certa parte delle conclusioni di Hodgson sulla forde della Blavatski si basarono su una analisi

calligrafica che dimostrava che le sue lettere erano assolutamente autentiche2.

Le ricerche della SPR ruotavano naturalmente anche se altri fenomeni, come la telepatia o lettura

del pensiero, definizione inventata da W.F. Myers, e sul quale il fisico Barrett aveva iniziato

condurre ricerche prima ancora che la Società fosse costituita.

In quel periodo storico era prassi piuttosto diffusa che studiosi e accademici europei di

riconosciuta leadership attraversassero l’Atlantico per giri di conferenze negli Stati Uniti,

generalmente invitati da prestigiose università americane. Questa prassi era particolarmente

comune in campo psicologico (fra gli altri lo avrebbero fatto successivamente Freud e Jung),

un’area di studi nella quale ad una incontrastata leadership europea si contrapponevano i primi

timidi esordi americani. Dopo avere ‘subito’ l’invasione dello spiritismo americano, averlo

ripulito e trasformato in un movimento almeno in apparenza scientifico, gli inglesi restituivano in

qualche modo il favore agli americani.

Nel 1884 fu proprio William Barrett a recarsi negli Stati Uniti per tenere conferenze sulla ricerca

psichica a Boston e Philadelphia. Il suo nome non era sconosciuto neanche nella patria originaria

dello spiritismo. Barrett si fece sostenitore della necessità che anche negli Stati Uniti si creasse

una società scientifica che indagasse sui fenomeni “paranormali”. Fra il suo pubblico c'era un

giovane psicologo e filosofo molto interessato all’argomento: William James. Come psicologo,

James vedeva negli studi portati avanti dai ricercatori psichici un modo di scoprire aspetti nuovi

della mente; come filosofo sperava che la nuova area di ricerca fornisse strumenti per

comprendere quale fosse il posto dell'uomo nella natura.

Barrett ebbe successo. Presto si costituì un comitato di nove persone, che doveva fondare una

società americana per la ricerca psichica, sostanzialmente una copia della società inglese. L'8

gennaio 1885, dopo alcune riunioni alle quali furono invitate diverse personalità del mondo

scientifico, fu costituita l’American Society for Psychical Research (A.S.P.R.), i cui scopi

2 Nel 1986, la stessa società che aveva incaricato Hodgson di occuparsi del caso della Blavatsky, mise in discussione i risultati della sua ricerca. In un articolo apparso sul Journal della Society for Psychical Research, Vernon Harrison, ha contestato le conclusioni di Hodgson, sostenendo che, in base ad una nuova perizia calligrafica, non era possibile dimostrare che l'abile ‘mistica’ russa avesse frodato. Sulle pagine della rivista viene anzi intentato un vero e proprio processo ad Hodgson, con tanto di scuse alla Società Teosofica e alla Blavatsky, “ perché sono stati necessari cento anni per dimostrare che scriveva il vero”.

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statutari, almeno formalmente, non differivano da quelli della Society for Psychical Research

inglese. In realtà, la ASPR iniziò la propria attività con uno spirito abbastanza diverso da quello

della consorella britannica.

Fu eletto Presidente Simon Newcomb, direttore del Dipartimento di Astronomia della John

Hopkins University, scienziato di grande autorevolezza. Di pari prestigio furono i Vice-

presidenti della nuova associazione, compreso G. Stanley Hall, Preside della Clark University e

noto psicologo. Era un Consiglio Direttivo non solo autorevole, ma anche abbastanza distaccato

dalle tematiche spiritiche che caratterizzavano gli interessi fondamentali della Società per la

Ricerca Psichica inglese. Non a caso questa differenza si tradusse in un atteggiamento piuttosto

diverso nei confronti dei fenomeni paranormali. Newcomb era piuttosto scettico, e

sostanzialmente contrario, a differenza di Barrett, a studi sulla telepatia. Giustificava questa sua

posizione dicendo che il pensiero è qualcosa che dipende dal corpo fisico, e quindi incapace di

essere trasmesso a distanza. Se fosse esistita, una simile capacità sarebbe già stata ampiamente

nota all'umanità. Come mai allora, nessuno ancora poteva dire qualcosa sulla telepatia, non più di

quanto lo potessero dire persone di migliaia di anni prima?

Studiare la telepatia, aggiungeva Newcomb, era come tentare di scoprire un nuovo tipo di oro:

poteva tradursi solo in una perdita di tempo. Insomma, un importante argomento sembrava

dividere i ricercatori americani da quelli inglesi. Come avrebbe affermato con grande sincerità

Sidgwick nel 1889, i ricercatori inglesi erano molto più interessati a dimostrare l'esistenza di

intelligenze extraumane, di quanto non lo fossero a studiare le capacità paranormali dei viventi

… In realtà, sembra che il gruppo originario della ASPR fosse molto più pragmatico, interessato

al tema come gli inglesi [e gli europei in genere] ma non devoto sino al fanatismo. Spiritisti? Si.

Ma cotti al punto giusto. Well done, come le bistecche. Si mantenevano insomma in giusto

equilibrio fra spiritualismo e pragmatismo.

La conseguenza di questo atteggiamento – molto “scientifically correct” - almeno secondo i

parametri dell’epoca – fu però che “gli americani” non riuscirono ad esercitare lo stesso fascino e

ad avere lo stesso carisma del gruppo inglese. Agli Yankee difettava forse l’entusiasmo o la

determinazione. Di fatto mancavano i soldi e una salda organizzazione. D’altra parte, non avendo

fatto della ricerca psichica il loro interesse prioritario, i capi della ASPR mostravano scarsa

dedizione volontaristica e dedicavano relativamente poco tempo al raggiungimento degli

interessi statutari. In una struttura societaria privata, senza finanziamenti e non istituzionale,

questo poteva solo tradursi in un tracollo. Il che fu esattamente quello che avvenne.

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ANCORA RICHARD HODGSON

I dirigenti della ASPR ben presto si resero conto che l’Associazione da essi fondata non poteva

continuare nei suoi programmi e avrebbe dovuto necessariamente sciogliersi se non fosse

intervenuto qualche cambiamento radicale nella sua gestione; ma nessun americano sembrava

avere l'esperienza (e soprattutto l'entusiasmo verso la ricerca psichica) per poter fare qualcosa di

simile. Fu deciso quindi di rivolgersi ad uno “straniero” che avesse queste qualità, e

precisamente ad un membro della SPR.

La scelta cadde nuovamente su Richard Hodgson, Gli fu proposto un “contratto” per un anno di

presidenza della ASPR, il che implicava il suo trasferimento in America. Dopo qualche iniziale

riluttanza, Hodgson accettò e il 15 aprile 1887 sbarcò a New York (si sarebbe poi trasferito a

Boston) e così iniziò la sua attività di “commissariato”.

Hodgson ce la mise tutta per aggiustare le cose, ma evidentemente gli sforzi non furono

sufficienti per “allineare” i risultati scientifici e organizzativi della ASPR a quelli conseguiti dalla

società inglese. Per quanto strano a dirsi, uno dei problemi centrali era la mancanza di fondi. Fu

per questo motivo che, nel 1889, richiesto il parere degli studiosi inglesi, si decise di trasformare

la ASPR in una semplice branca americana della Society for Psychical Research. Hodgson

continuò naturalmente ad esserne presidente, e l'affiliazione alla società britannica permise una

certa, nuova disponibilità di mezzi economici. Gli inglesi elargivano denaro, anche se poi non

con grande gioia: sapevano perfettamente che all'interno del gruppo americano c'erano parecchie

persone ricche che avrebbero potuto fornire all'associazione sufficienti mezzi di sussistenza, ma

evidentemente la loro convinzione e la loro motivazione non erano bastevoli.

Fra una scartoffia e l’altra, comunque Hodgson aveva conosciuto una nuova medium, Mrs.

Leonora E. Piper, di Boston, scoperta da William James, che era convinto sostenitore. Hodgson

cominciò ad occuparsi del suo caso, che poi sarebbe divenuto uno dei più celebri della storia

della ricerca psichica.

Sin dalla prima seduta, la signora Piper sembrò infatti mostrare capacità davvero inconsuete:

come aveva già fatto con James, mostrò di conoscere dettagli privatissimi e personali della vita

di Hodgson, relativi ad amici e parenti scomparsi, dei quali sembrava non potesse avere in alcun

modo normale conoscenza. Ma Hodgson non era un ingenuo, ed invitò cinquanta stranieri (di cui

sarebbe stato pertanto praticamente impossibile conoscere dettagli biografici per vie “normali”)

alle sedute con la medium: la Piper fu perfettamente in grado di mostrare le stesse abilità che

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aveva mostrato con lui. Non volendosi arrendere a quella che sembrava l'evidenza, Hodgson

iniziò un vero e proprio lavoro di investigatore nei confronti della Piper e di suo marito. Persino

la loro corrispondenza fu aperta e controllata, ma non emerse alcun dato che potesse fare pensare

alla frode. Hodgson concluse che la Piper acquisiva quelle informazioni per via paranormale.

Restava ovviamente da decidere se l'acquisizione di queste informazioni era dovuta a capacità

psichiche delle quali la medium era dotata (la telepatia) o davvero a comunicazioni con gli

spiriti.

Nelle sedute di trance, si presentava una entità chiamata Phinuit, che affermava di essere un

medico francese, e che parlava con voce propria, diversa da quella normale della Piper, fornendo

i dettagli tanto specifici di cui parlavamo. Poi, a partire da 1892, la Piper trovò un nuovo modo di

comunicare: si presentò nelle sedute lo 'spirito' di un certo G.P. (George Pelham, o George

Pellew), un giovane avvocato morto accidentalmente, che Hodgson conosceva. Questa nuova

entità si presentava attraverso la scrittura automatica, e forniva messaggio di attendibilità e

precisione forse ancora superiore a quelle fornite dall'entità Phinuit. Alla fine Hodgson si

convinse che la Piper avesse fornito prove sufficienti a dimostrare che esisteva la sopravvivenza

dello spirito alla morte del corpo. La sua opinione era d’altra parte da tenere in attenta

considerazione, e non solo per la severità dei controlli esercitati sulla Piper, ma anche perché

Hodgson non ebbe mai avuto particolari predilezioni per i medium. Una riprova di questo suo

atteggiamento si ebbe nel caso di Eusapia Palladino, la celebre medium italiana. In Europa la

Palladino aveva spopolato. Durante le sedute spiritiche della Palladino accadeva di tutto: si

udivano colpi misteriosi senza apparente origine fisica, si osservavano fenomeni di levitazione,

c'era chi percepiva “tocchi spiritici”, gli oggetti se ne andavano a spasso per la stanza come se

nulla fosse. Insomma la Palladino stravolgeva ogni concetto di legge fisica nota.

Nonostante fosse stata studiata dai massimi “esperti” (da Richet, a Lodge, a Myers), che si erano

dichiarati favorevoli all’autenticità dei fenomeni, Hodgson non era rimasto convinto dai

resoconti dei colleghi di oltreoceano, in particolare dal modo in cui le sedute si svolgevano. Si

recò allora in Inghilterra per collaborare con Myers e partecipare ad ulteriori sedute organizzate a

Cambridge nel 1895. Ne trasse l'assoluta certezza che la Palladino stava truccava come una

forsennata: ebbe la prova che la medium liberava una mano e così produceva i fenomeni.

Naturalmente, le conclusioni di Hodgson attizzarono una polemica enorme; chi credeva

nell’autenticità dei fenomeni della Palladino si spinsero ad ipotizzare persino che Hodgson aveva

lui stesso prodotto la frode per screditare la medium! Altri, più bipartisan, conclusero che anche

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se la medium aveva frodato in quella occasione, non c’era prova che avesse frodato prima o

altrove …

Hodgson, comunque, continuò imperterrito a smascherare falsi medium e sensitivi, come nel

caso di Rosalie Thompson, la figlia di un ricco mercante londinese che nel 1896 affermò di

manifestare fenomeni paranormali. Myers la studiò e si convinse che i fenomeni erano autentici.

Hodgson, nel 1900, dall’esame di molti dei resoconti delle sedute con la Thompson, ricavò

nuovamente l'impressione che qualcosa negli esperimenti non funzionasse bene. Notò, per

esempio, che mentre inizialmente si manifestavano fenomeni fisici, in condizioni di più stretto

controllo i fenomeni non si presentavano e che, pertanto, col tempo la medianità della Thompson

era diventata simile a quella manifestata dalla Piper: forniva particolari sui partecipanti alle

sedute, particolari ovviamente conosciuti per via paranormale. Non restava che andare a

verificare, cosa che fece puntualmente nei mesi di luglio e agosto del 1900: sei sedute gli

bastarono per stabilire che non c'era nulla di paranormale nei fenomeni presentati dalla medium,

e per far capire, pur senza mai affermarlo direttamente, che era probabile che alla base dei

fenomeni vi fossero semplicemente delle tecniche fraudolente. La polemica stava per scoppiare,

ma Myers morì nel 1901. Misteriosamente la medium cessò la sua attività.

Sarebbe però un errore trarre da questi fatti la conclusione che Myers fosse un ingenuo acchiappa

fantasmi e Hodgson un “mangia - medium”. Entrambi erano studiosi di grande levatura

intellettuale; entrambi credevano nella sopravvivenza. Myers era forse soltanto più propenso di

Hodgson a credere alla buona fede dei medium. Per il resto i due si stimavano reciprocamente,

tanto che, nel 1896, Myers, che stava lavorando al suo capolavoro La personalità umana e la sua

sopravvivenza, affidò a Hodgson l’incarico, nel caso in cui lui fosse morto prima di finire l'opera,

di completarla. E, in effetti, quando Myers, nel 1901 morì, Hodgson si fece carico di provvedere

a completare l'opera. Ma anche in quel caso avvenne qualcosa di personale.

Nel libro di Myers, infatti, c'era una parte dedicata alle sedute condotte con la Thompson, nelle

quali Myers era entrato in contatto con lo spirito di Anne Marshall, una cugina morta suicida,

con la quale Myers aveva avuto una turbinosa, quanto ingenua e – molto probabilmente -

platonica, storia d’amore. Quando la vedova di Myers lo venne a sapere, non volle assolutamente

che queste relazioni delle sedute medianiche comparissero nel volume. Hodgson non era

ovviamente d'accordo, non gli sembrava onesto. Ne nacquero dissapori, che devono essere stati

abbastanza intensi. E altri dissapori nacquero con altri influenti esponenti della SPR (in

particolare con Alice Johnson, la direttrice del Journal e dei Proceedings della SPR, le due

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riviste scientifiche pubblicate dalla Società e alla quale Myers aveva affidato l’incarico, in caso

di sua morte, di curare le appendici del suo ponderoso trattato e la sua pubblicazione).

Insomma, in Inghilterra per Hodgson non tirava aria buona: e sembra dimostrarlo il curioso

particolare che, partito per gli Stati Uniti per restarvi un solo anno, Hodgson vi rimase per dieci

anni, per poi fare un breve ritorno in Gran Bretagna e ritornare nuovamente in America. Sembra

che alla base di questi continui rinvii non vi fosse soltanto una sincera simpatia per il Paese nel

quale si era ormai ben naturalizzato, ma proprio i suoi problemi relazionali con la Società inglese

– ed in particolare proprio con Miss Johnson ed Eveleen Myers, la moglie di Frederick.

Comunque siano andate le cose, Hodgson riuscì a raggiungere l'obiettivo che si era prefisso:

ristrutturare la ASPR, arricchire le ricerche condotte dalla società e provvedere al suo rilancio. La

sua lucidità e il suo spirito critico avevano dimostrato che si poteva essere ricercatori psichici, e

persino credere nell'esistenza di prove empiriche della sopravvivenza senza cadere nella trappola

dell'irrazionalismo, della creduloneria, della superficialità. Non a caso divenne il punto di

riferimento e il leader indiscusso della ASPR. Fu per questo che la sua morte, avvenuta

improvvisamente nel 1905, fece precipitare nuovamente nel caos l'associazione e tutta la ricerca

psichica americana.

Il primo problema che gli americani si trovarono ad affrontare, fu quello di stabilire di chi era la

proprietà di tutto il materiale che riguardava la Piper. Gli inglesi sostenevano che esso

apparteneva alla SPR - in fondo Hodgson era stato un membro della loro società, e quella

americana era soltanto un dominion. Gli americani sostenevano a loro volta che quei documenti

appartenevano a loro. Polemiche, queste, che indussero gli inglesi ad una vera e propria missione

diplomatica, portata avanti da un funzionario della SPR, J.G.Piddington, che si recò nel maggio

1906 a Boston per discutere di questa e di altre questioni. L’unico risultato importante

dell'incontro fu la decisione di sciogliere la branca americana della SPR. E così fu fatto. Ora, gli

americani dovevano arrangiarsi da soli.

JAMES HARVEY HYSLOP

Tra i soci della ASPR - in quel momento alla deriva - spiccava James Harvey Hyslop, un filosofo

e classicista, nato nel 1854 nell'Ohio. Hyslop aveva avuto una educazione universitaria molto

problematica; dopo travagliati studi teologici, si era rivolto alla filosofia, trasferendosi tra l'altro

per diciassette mesi in Germania, presso l'università di Leipzig. A Leipzig seguì i corsi di

filosofia tenuti da Wundt, uno dei massimi psicologi e filosofi dell'epoca. Alla costante ricerca di

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un lavoro, Hyslop finalmente, dopo altri incarichi minori, divenne prima assistente di psicologia

ed etica allo Smith College di Northampton, in Massachussetts, poi ottenne una borsa di studio e

si trasferì alla John Hopkins University, con il professor G.Stanley Hall, conseguendo nel 1887

la massima laurea anglosassone (il “dottorato di ricerca”, Ph.D.).

Non riuscì comunque a trovare un posto di professore universitario. Lavorò allora alla

Associated Press, e nel tempo libero, elaborò uno scritto sulle teorie di Wundt, che venne

pubblicato sulla prestigiosa rivista Mind. L'articolo riscosse un notevole successo tra gli studiosi

di filosofia, e così nel 1888 ottenne un incarico presso la Bucknell University; l'anno successivo

divenne docente presso la Columbia University e, nell'arco di tre anni, professore di Etica e

Logica in quella stessa sede universitaria.

Proprio allo Smith College, nel 1886, Hyslop venne a conoscenza della ricerca psichica, sembra

in una maniera abbastanza curiosa. Aveva letto sul giornale The Nation una lettera relativa ad un

caso di telepatia; incuriosito scrisse all'autore della lettera per avere ulteriori dettagli, li ottenne e

si convinse che il caso era genuino e che pertanto la telepatia era un fenomeno plausibile.

Cominciò così ad occuparsi, più o meno informalmente di questi fenomeni, ed approdò alla

ASPR nel 1900, con intenzione di fare carriera all'interno dell'associazione. Non era proprio un

ingenuotto. Si era già occupato del caso della signora Piper e si era convinto della assoluta

genuinità dei fenomeni. Aveva quindi affermato pubblicamente che i fenomeni della nota

medium potevano essere spiegati o con l'ipotesi telepatica o con l'ipotesi spiritica, ma che,

secondo lui, l'ipotesi spiritica era quella più convincente. Le affermazioni furono riprese dalla

stampa, e questo fu all'origine di una forte. Infatti le dichiarazioni di Hyslop non destarono

sicuramente simpatia nel prestigioso ambiente accademico della Columbia. Nel frattempo,

Hyslop aveva perso la moglie, per meningite cerebro-spinale e nel 1901 lui stesso di era

ammalato di una grave forma di tubercolosi. Fu costretto a ricoverarsi in sanatorio, lasciando

momentaneamente il suo incarico alla Columbia. Vi ritornò, guarito, nel 1902, ma dopo sei

settimane si dimise. Di fatto, i corsi di psicologia ed etica gli erano stati tolti e gli erano stati

assegnati in sostituzione corsi di metafisica ed epistemologia. L'ipotesi che si sia trattato di una

'emarginazione' a causa degli interessi 'spiritici' di Hyslop, è stata ventilata da lui stesso, anche se

poi, ammise che all'origine delle sue dimissioni vi furono soltanto le sue precarie condizioni di

salute.

In ogni caso, Hyslop si ritrovò nuovamente senza lavoro. I suoi interessi verso la ricerca

psichica, gli fecero prendere in considerazione seriamente l'idea di dedicarsi esclusivamente a

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questo campo di studi. Ma l'ASPR, l'unica grande società esistente anche se in forma di

“dominion” inglese, era in profonda crisi. L'idea vincente poteva essere la fondazione di una

grande istituzione privata, indipendente, che si occupasse di ricerca psichica con la massima

autonomia. Se fossero stati trovati fondi sufficienti, la nuova istituzione avrebbe anche potuto

“fondersi” con l'ASPR, ma come progetto essa doveva essere e rimanere del tutto autonoma.

Numerose personalità del mondo scientifico e della ricerca psichica, sia americana che europea,

accolsero molto favorevolmente l'idea. Hyslop passò allora alla realizzazione pratica, e fondo

l'American Institute for Scientific Research, e, attraversò una serie di incontri con privati

interessati al progetto, riuscì nel 1905 a raccogliere la cifra, non indifferente, di 25000 dollari.

Nel 1905, con la morte di Hodgson e la questione dei documenti delle ricerche con la Piper che

portò allo scioglimento della ASPR come branca americana della SPR, Hyslop si dedicò

totalmente al suo nuovo Istituto.

Esso doveva occuparsi di due aree che egli reputava in qualche modo affini: una sezione (A) si

sarebbe occupata di psicopatologia e psicologia anormale, un’altra sezione (B) si sarebbe invece

occupata di “psicologia supernormale”, insomma di ricerca psichica. In realtà la sezione A non

funzionò mai. La sezione B, si trasformò, invece, nella nuova ASPR. I lavori di ricerca

riguardarono ovviamente la telepatia, la chiaroveggenza, la medianità e i fenomeni fisici. Hyslop

dedicò al suo nuovo progetto tutto il suo tempo e la sua energia, definendosi un 'missionario' e

rifiutando qualunque proposta di compenso economico per l'impegno che profondeva nella sua

attività. Si manteneva con i piccoli introiti che gli derivavano dalle conferenze e dagli articoli che

scriveva. Fu solo nel 1916 che la nuova ASPR ebbe fondi necessari per pagargli un piccolo

stipendio.

L'Istituto era stato fondato per fare ricerca. ma la ricerca costava. Il fondo iniziale di 25000

dollari non era sicuramente sufficiente a provvedere a queste necessità economiche, stimate

intorno ai diecimila dollari annui. Occorreva denaro. Una parte di esso poteva sicuramente venire

dalle quote di iscrizione. Hyslop fu, in questo, un ottimo manager. In un anno portò il numero di

soci da 170 a 677. Ma ancora non bastava. La strategia di Hyslop era quella di creare un

comitato scientifico composto da grandi personalità del mondo accademico americano, che in

qualche modo fossero garanti della qualità delle ricerche condotte dall’Istituto, che avrebbe così

potuto ricevere fondi pubblici o donazioni significative. Ma, di fronte alle finalità dell'Istituto,

gran parte degli uomini di scienza contattati, chi con una scusa chi con un'altra, declinarono

cortesemente l'invito. Il modello di Hyslop era il Carnegie Institute di Washington, ma la sua

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iniziativa non sembrava avere un grosso successo e persino William James, in quel momento la

personalità più autorevole che la ricerca psichica avesse in America, non entrò a far parte del

“comitato”. L’iniziativa di Hyslop non riusciva a riscuotere simpatia. Perchè? I motivi di questo

insuccesso risiedono sicuramente nel carattere e nei 'modi' di Hyslop, entrambi stigmatizzati

efficacemente da James in una lettera a Theodore Flournay:

"...h a tutte le qualità eroiche della natura umana e nessuna di quelle indispensabili".

Hyslop era, insomma, assai poco diplomatico, troppo duro e deciso, con nessuna capacità di

“mediazione” politica, cosa che invece, quando si intende finanziare un istituto di ricerca in

un'area problematica e controversa come era la ricerca psichica, bisognava avere.

Non mancavano invece a questo rude americano, dai grandi travagli religiosi e dal carattere

difficile, le qualità di ricercatore. In quel momento era fondamentale, per la cronica necessità di

trovare fondi, e quindi soci, mantenere i già difficili equilibri tra spiritisti e non spiritisti. Hyslop

risolse il problema, enumerando alcune regole alle quali l'Istituto avrebbe dovuto attenersi:

“E' facile dimenticare che lo scopo della Società non è quello di provare una qualunque teoria

preconcetta dei fatti ... Essa è un organismo per la raccolta di fatti in vari campi dell'inusuale...” .

Insomma, prima i fatti, poi le ipotesi. Un simile atteggiamento non poteva non creare conflitti

all'interno dell'Istituto. Uno dei più celebri contrappose Hyslop a Hereward Carrington, un

influente membro della ASPR, mentore di Eusapia Palladino. Per quanto la medium fosse stata

già smascherata ripetutamente, Carrington decise di studiarla ulteriormente in America e per

farlo chiese fondi a Hyslop; questi non glieli concesse perché non riteneva le ricerche degne di

attenzione. Carrington si procurò i fondi altrove e studiò la medium nel 1909 e 1910. Le ricerche

furono poi duramente criticate da Hyslop, e ne nacque una polemica dai toni piuttosto duri. Il

pomo della discordia era ovviamente la Palladino: per Hyslop era una isterica e andava studiata

semplicemente come tale.

Ma Hyslop non riscuoteva molte simpatie anche per altre cose: veniva considerato un

accentratore, con un modo autoritario di gestire l'Istituto. Aveva un temperamento piuttosto

rigido, forse conseguenza della sua formazione religiosa e della sua formazione morale. Eppure

anch’egli, dopo avere abbandonato la carriera accademica, fece della ricerca psichica e della

riorganizzazione di questa area di studi in America il principale scopo della sua vita. Come

scrisse il figlio:

"Credeva che ogni uomo ha la sua opera da compiere nel mondo. Scelse la sua, al cui

completamento diede tutto quello che aveva".

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James Harvey Hyslop ebbe un ictus nel 1920, dal quale si riprese solo parzialmente. Morì nel

New Jersey il 17 giugno di quello stesso anno. Aveva raggiunto lo 'scopo' che si era prefisso:

riorganizzare solidamente la ricerca psichica americana. Quando nel 1927 la ASPR ebbe i fondi

necessari per acquistare una propria sede, l'edificio, in Lexington Avenue a New York, fu

chiamato Hyslop House, la casa di Hyslop.

HIGHLANDER

Di fiere origini scozzesi, William McDougall nacque il 22 giugno 1871 a Chaderton, nel

Lancashire, figlio di un intraprendente highlander - nella cultura, come nel temperamento molto

“mediterraneo” - che aveva fondato una industria chimica. La madre era, al contrario, una

classica rappresentante della “razza” nordica, delicata e introversa, almeno quanto il padre era

estroverso e focoso.

Sembra sia stato un adolescente difficile, presuntuoso e determinato. Appartenendo ad una

ottima famiglia, poteva permettersi un’ottima istruzione e in quell'epoca si riteneva che la

migliore istruzione superiore fosse impartita in Germania. Così a 14 anni fu mandato inviato a

Weimar. Non fu una buona idea. Dopo essere stato un buon studente nella sua terra, McDougall

incontrò in Germania difficoltà scolastiche abbastanza serie, sia a causa della lingua sia a causa

dei differenti metodi d'insegnamento. Se ne tornò, quindi, nella natia Inghilterra. Studente di

grande talento, a quindici anni entrò nell'Università di Manchester. Attratto dalla biologia, dopo

due anni, prese il diploma in scienze. Nel 1889. ottenne una borsa di studio al St. John College di

Cambridge e vi si trasferì.

I suoi studi si rivolsero all'anatomia, alla fisiologia e all'antropologia, ma non fu un periodo

sereno. L'anno successivo la madre morì di cancro, e le sue già scarse attitudini religiose vennero

decisamente travolte. Se prima era “tendenzialmente” scettico, dopo la morte della madre

divenne un agnostico senza speranza, privo di qualsiasi fede.

Superò gli esami finali (i cosiddetti “Tripos”) in scienze naturali, ed ottenne una borsa di studio

dal St. Thomas Hospital di Londra. Decise di laurearsi in medicina, e per quattro anni frequentò -

prima da studente, poi da medico - il St.Thomas Hospital, col desiderio incoercibile di

avvicinarsi alla gente, di fare qualcosa per gli altri. Fu durante il suo internato al St. Thomas, che

McDougall lesse i Nuovi principi di Psicologia di William James. Scoprì così la psicologia e la

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filosofia, e comprese che la carriera di medico non gli era adatta. Quello che lo interessava era la

natura dell'uomo. E quale disciplina poteva aiutarlo più dell'antropologia?

Nel 1898 ricevette una fellowship , sempre dall'Università di Cambridge, e nel 1899 partì per le

Torres Straits con la Spedizione Antropologica di Cambridge. Andò poi in Borneo, tra i

cacciatori di teste.

La lettura di James aveva però sortito i suoi effetti e per quanto l’antropologia fosse interessante

per il giovane William non lo era quanto la psicologia. Lesse allora tutto quanto era stato scritto

dai grandi psicologi a lui contemporanei (da Wundt a Muersterberg, passando per Freud e Janet)

e quindi decise che gli interessava la psicologia sperimentale; si recò a Gottingen per imparare i

metodi sperimentali di G.E.Muller, in particolare nel campo della visione dei colori. Nel 1900,

ottenne un posto all'University College di Londra, dove iniziò a insegnare e a sviluppare metodi

per ricerche nel campo della visione. In quello stesso periodo fu tra i fondatori della British

Psychological Society (nel 1901) e del British Journal of Psychology. La carriera del giovane

McDougall non sembrava incontrare ostacoli. Nel 1904 ebbe un incarico di lecturer di filosofia

mentale a Oxford. Nei 15 anni successivi si sarebbe occupato di temi di grande interesse per la

comprensione dell'attività psicologica. Le sue conferenze avevano grande successo, e non c'era

campo della psicologia nel quale non spaziassero. Le sue pubblicazioni si fecero sempre più

numerose ed importanti, valga per tutte la sua Introduzione alla psicologia sociale, in quel

periodo storico un vero best-seller della psicologia. Ma non solo la psicologia era tra gli interessi

di Mc Dougall. Il suo soggiorno da studente a Cambridge lo aveva messo – inevitabilmente,

forse – a contatto proprio con il gruppo di intellettuali che aveva fondato la Società per la Ricerca

psichica inglese e quindi con un campo di indagine che appariva affascinante per la

comprensione della natura dell’uomo. Tutte queste ricerche sollevavano infatti un problema di

fondo: stabilire se la mente era fisica o non-fisica. La ricerca psichica sembrava poter suggerire

delle risposte.

Gli interessi di McDougall, comunque, divennero ancora più forti dopo due esperienze accadute

a Roma nel 1906: la prima fu l’incontro personale con William James; la seconda fu la il

prendere parte ad una seduta medianica. Durante l’esperimento uno “spirito” uscì fuori dal

'gabinetto medianico' (in genere una tenda posta a coprire un angolo della stanza, dove il medium

si andava a sedere e, in trance, pretendeva di materializzare fantasmi...) e iniziò a passeggiare

lievemente intorno al tavolo. Mc Dougall, ovviamente, non si fece sfuggire l'occasione, e quando

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lo “spirito” gli passò vicino, saltò in piedi, lo afferrò per la testa e, sebbene il fantasma tentasse di

divincolarsi, lo trascinò a forza nella stanza vicina, che era illuminata. Inutile aggiungere che si

trattava del medium. McDougall dà una saporita descrizione dell'accaduto:

"Ci fu un po’ di confusione mentre il ‘medium’ e il suo agente ricevevano una punizione

corporale".

Altre due fallimentari sedute, compiute in Inghilterra con un'altra medium italiana, Francesca

Carancini, (McDougall rimase convinto che la medium frodasse, e oltretutto nel buio della stanza

dove si svolgeva la seduta la cosa era quanto mai realistica), completarono le esperienze

spiritiche dello scettico psicologo scozzese. Da allora in poi, McDougall divenne fortemente

critico nei confronti della medianità e soprattutto dei fenomeni fisici. Credeva invece nella

telepatia, e partecipò ad alcuni esperimenti informali organizzati da uno studioso di Oxford,

Gilbert Murray, insieme al noto storico Arnold Toynbee. Questi interessi furono sufficienti ad

indurre McDougall ad occuparsi più attivamente di ricerca psichica; nel 1913 divenne membro

del consiglio direttivo della SPR, per poi assumere la presidenza della società nel 1920.

Fu in quell'anno che si liberò il posto di direttore del dipartimento di psicologia all’Università di

Harvard, negli Stati Uniti, posto che era già stato di William James e di Muensterberg.

McDougall era convinto che l'università di Harvard fosse la migliore d'America, e quando

ricevette un invito formale ad assumere la direzione del dipartimento di psicologia, non ci pensò

su molto. Oltretutto aveva perso un figlio per febbre reumatica, e detestava profondamente il

clima dell' Inghilterra. Ma c'era anche un altro motivo: Harvard era l'unica università negli Stati

Uniti - e nel mondo - che aveva sempre in qualche modo incoraggiato la ricerca psichica. James

era di Harvard, molti membri della ASPR erano di Harvard, e ad Harvard esisteva anche una

importante borsa di studio (l'Hodgson Memorial Fund) che consentiva di svolgere ricerche sui

fenomeni “psichici” in una università.

D’altra parte, sempre ad Harvard, proprio un membro del Dipartimento di cui avrebbe dovuto

assumere la direzione, Leonard T. Troland aveva condotto degli esperimenti di telepatia presso il

Laboratorio di Psicologia. Andare ad Harvard significava, quindi, entrare a far parte di un

ambiente accademico che appariva disponibile nei confronti della Ricerca Psichica. Si trasferì

quindi presso quella sede universitaria nel 1920, ed iniziò subito a darsi da fare. Tanto per

cominciare riattivò l'Hodgson Fund, che fu assegnato a Gardner Murphy, un giovane psicologo

che aveva già collaborato con Troland e che grazie a quel sussidio poté condurre ulteriori

esperimenti di telepatia dal 1922 al 1925, sempre ad Harvard.

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McDougall continuò naturalmente ad occuparsi dei temi scientifici ortodossi che più lo

interessavano. Continuò, per esempio, a fare ricerche sul modello evoluzionista di Lamarck,

secondo il quale le caratteristiche acquisite sono trasmesse dai genitori ai figli (allevò e addestrò

a questo scopo quarantanove generazioni di ratti bianchi …).

Ben presto, comunque, si rese conto che l'ambiente di Harvard non era poi quel paradiso

universitario che lui aveva immaginato. Dal punto di vista della psicologia, l'università era in

mano ai comportamentisti, il cui leader, appunto John B. Watson, della John Hopkins University,

era quanto mai ostile alle problematiche della ricerca psichica. Tirava un vento decisamente

“materialistico”. Il suo libro “Group Mind”, del 1919, ricevette recensioni negative. I giovani

laureati lo consideravano troppo vicino a problematiche religiose. Come se non bastasse,

McDougall ebbe la brillante idea di tenere alcune conferenze sull'eugenetica, e quando queste

vennero pubblicate, nel 1921, apparvero chiare alcune sue (reali) tendenze razziste e una

ideologia politica (realmente) reazionaria. Un ambiente piuttosto laico e tradizionalmente

“progressista” come quello bostoniano di Harvard non poteva nutrire di certo grandi simpatie per

simile idee.

Nel 1921, comunque, gli fu anche proposto di assumere la Presidenza dell'American Institute for

Scientific Research. Mc Dougall, che già era presidente della SPR, accettò, ma, forse memore

delle sue esperienze medianiche di qualche anno prima, dettò due condizioni: che fosse

mantenuto un elevato standard scientifico e che fosse costituito un Comitato Scientifico

composto da persone che potessero fungere sia da consulenti, sia da critici – un po’ la vecchia

idea di Hyslop. Ottenne quanto richiesto3.

Alla fine del 1921, il nome di American Institute for Scientific Research, fu sostituito da quello di

American Society for Psychical Research, Inc., della quale McDougall rimase presidente,

essendo contemporaneamente presidente della Società Inglese.

3 I membri di questo comitato furono Joseph Jastrow, professore di psicologia all'Università del Wisconsin e notoriamente scettico, Waldemar Kaempffert, direttore della rivista Scientific American; William R.Newbold, professore di filosofia all'università di Pennsylvania; il dr. Morton Prince, emerito psichiatra del Tufts College; John Coover, professore di psicologia all'Università di Stanford, ed autore di quelle che possono essere considerate le prime ricerche sperimentali condotte con metodi rigorosi sulla telepatia nel 1917, ben prima della nascita della parapsicologia sperimentale; Leonard Troland, istruttore di psicologia ad Harvard, e come abbiamo più sopra visto, anche lui autore di pionieristiche ricerche sperimentali sulla telepatia; e Elwood Worchester, rettore della Emmanuel Church di Boston, e noto studioso.La direzione del “Dipartimento per i fenomeni Fisici” fu invece affidata al giovane Eric J. Dingwall, che si trasferì ad Harvard da Cambridge, in Inghilterra.

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La posizione di McDougall era, in quel momento, forse unica nel mondo. Era un importante

accademico, peraltro uno psicologo; aveva una sua personale esperienza nel campo della ricerca

psichica; si trovava a dirigere le due maggiori società “scientifiche” che sia nel nuovo sia nel

vecchio mondo, si occupavano di questi argomenti. Godeva di una leadership assoluta che tentò

di utilizzare per delimitare in modo specifico il campo d’azione della ricerca psichica, soprattutto

demarcando il confine con lo spiritismo. A parte le convinzioni ideali c’erano anche necessità

pragmatiche. Nella sua contemporanea qualità di accademico e di leader della ricerca psichica, e

vista anche la scarsa simpatia personalmente riscossa, McDougall non poteva permettersi

sbavature o convinzioni equivoche. Assunse, pertanto, posizioni severe, che esprese chiaramente

in una conferenza a Boston, nel 1922:

“L'esperienza ci mostra che, di tutti quelli che si avvicinano alla Ricerca Psichica, una

considerevole proporzione si perde, sorvolando su questo campo ostile. Essendo divenute

personalmente convinte della verità delle principali argomentazioni dello Spiritualismo, queste

persone cessano di essere interessate alla ricerca e si dedicano alla propaganda”.

E come esempio di questo tipo di atteggiamento citò Conan Doyle, dicendo che il noto spiritista

inglese non solo era indifferente alla ricerca psichica, ma era soprattutto ostile ad essa. Fu un

clamoroso errore politico. Ne nacque ovviamente una polemica con il creatore di Sherlock

Holmes, ma soprattutto McDougall si inimicò tutti i sostenitori spiritualisti della ricerca psichica,

in fondo quelli che sostenevano la Società Americana per la Ricerca Psichica. La simpatia umana

non era proprio il suo forte. Così, nel 1923 fu, a sorpresa, sostituito nell'incarico di Presidente

dell’Associazione da Edwards, uno spiritualista. Fra le prime iniziative del nuovo Consiglio

Direttivo vi fu lo scioglimento di quel comitato scientifico di consulenti e critici che era stato

posto al centro della politica scientifica della nuova ASPR.

William McDougall, lo scorbutico e impopolare leader della ricerca psichica era rimasto solo.

Ma la solitudine, si sa, aiuta la riflessione, ed è quindi lecito pensare che proprio queste vicende

abbiano fatto maturare nello psicologo scozzese una idea fondamentale: che, cioè, l’unico modo

di proseguire gli studi in questo campo fosse quella di trasformare in qualche modo la ricerca

psichica in un’area formale di ricerca universitaria, strappandola al monopolio delle società

amatoriali, così fornendo non solo metodi di ricerca adeguati, ma anche un’immagine attendibile

di sé all’opinione pubblica. Ma era solo un’intuizione: in realtà, nei primi degli anni '20, l'ASPR

continuava ad essere il centro fondamentale della ricerca psichica negli Stati Uniti, e lo stesso

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McDougall faceva parte del suo comitato direttivo. Come si dice: o bere o affogare … In questo

panorama piuttosto desolante, nel 1923, successo qualcosa, apparentemente del tutto irrilevante.

William McDougall ricevette una lettera, nella quale un giovane botanico neolaureato, gli

scriveva di essere talmente interessato alla ricerca psichica da essere disposto, per occuparsi di

questa area di studi, a rinunciare alla sua professione. Poiché però doveva in qualche modo

mantenersi, voleva sapere se esistesse una borsa di studio, per ottenere un minimo sostegno

economico. McDougall disponeva solo dell'Hodgson Memorial Fund, che era stata assegnata

proprio l'anno precedente a Gardner Murphy. Sapeva anche che a Stanford erano disponibili dei

fondi, ma non sapeva come ottenerli. Rispose quindi al suo corrispondente che per il momento

non era disponibile nulla di quanto egli chiedeva e che, quindi, continuasse nella sua carriera.

Quel botanico si chiamava Joseph Banks Rhine.

J. B. RHINE: LO SCIENZIATO “SELF-MADE”

Joseph Banks Rhine era nato il 29 settembre 1895 a Waterloo, Juniata County, una contrada

isolata tra le montagne della Pennsylvania meridionale. E almeno per i primi anni della sua vita,

il giovane Banks, come era chiamato in famiglia, visse da piccolo montanaro, con come unica

compagna di giochi la sorella. Ebbe quindi una prima infanzia un po’ selvaggia, a stretto contatto

con una natura maestosa e suggestiva, e, isolato dal mondo com'era, acquisì un carattere

estremamente riservato, serio e riflessivo. Il padre di Banks, Samuel Ellis Rhine, era uomo dai

molti mestieri, quasi incapace di soggiornare stabilmente in un luogo per un periodo di tempo

ragionevole: fu maestro nelle scuole di campagna, commerciante, e infine decise di dedicarsi

all'agricoltura. Il risultato concreto di questo cambiamento di attività economiche, fu che la

famiglia Rhine cambiò domicilio sedici volte nella sola Pennsylvania, poi decise di trasferirsi in

una città del New Jersey, per poi ancora trasferirsi nell'Ohio, dove Ellis Rhine prese in affitto una

fattoria. Il giovanissimo Banks, così, si trasferì ben undici volte negli anni scolastici precedenti le

scuole superiori, ed ogni volta fece lo sforzo di riadattarsi a situazioni e compagnie nuove. Come

sempre accade in queste situazioni l'adattamento a nuovi ambienti, per un ragazzo che sembrava

essere perennemente l'ultimo arrivato, era sempre frutto di una vera e propria lotta per imporre il

proprio modo d'essere, e guadagnarsi uno spazio adeguato.

A dodici anni Banks scoprì di possedere una forte vocazione religiosa. Affascinato dai racconti

della Bibbia, aveva deciso di dedicare la propria vita a Gesù, e di diventare pertanto ministro

della Chiesa Metodista. Anche nella fattoria dell'Ohio, dove si era dovuto per l'ennesima volta

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trasferire a sedici anni, il suo intendimento di intraprendere una carriera religiosa rimase

immutato. Fu in quella occasione che incontrò Louisa Ellen Weckesser, una giovane di circa tre

anni più anziana di lui, con la quale nacque una intensa amicizia fondata su una forte attrazione

intellettuale. I loro argomenti di discussione vertevano fondamentalmente sulla religione: Louisa

Ellen era molto più critica di Banks riguardo ai temi religiosi, ed aveva una visione

sostanzialmente più “laica”. Ma per J. B. Rhine la religione era – e sarebbe rimasta sempre – un

tema di fondamentale interesse. Dopo avere vissuto le comuni crisi religiose adolescenziali –

che, per intenti agiografici, vengono ovviamente riferite come apocalittiche dai suoi biografi … -

a diciannove anni si iscrisse all'Università, all'Ohio Northert, un istituto non religioso. Ebbe

ovviamente ulteriori crisi religiose, tanto da indurre l’amica Louisa a proporgli di trasferirsi

nello stesso college dove lei studiava, il Wooster College, con una impostazione didattica più

religiosa. E così nel 1916 Rhine si trasferì a Wooster. Ma, anche lì, la crisi non l’abbandonò, anzi

forse aumentò. Per cui prese la decisione migliore e nello stesso anno abbandonò gli studi e

cominciò a lavorare, senza avere progetti precisi. Aveva pensato di frequentare una scuola nel

Michigan per diventare guardia forestale – in fondo l'amore per la natura, per i boschi e le

montagne era l'unica cosa della quale in quel momento fosse sicuro. Ma le cose andarono un pò

diversamente. Nel 1917, dopo l’affondamento del Transatlantico americano Lusitania da parte di

un incauto U-Boote tedesco e la Dichiarazione di Guerra del Presidente Wilson agli Imperi

Centrali, il primo conflitto mondiale aveva investito anche gli Stati Uniti. Banks si arruolò nei

Marines, dove rimase sino al 1919, quando, col grado di sergente, tornò alla vita civile. Il suo

interesse tornò a concentrarsi sulla sua vita privata, e sul rapporto, divenuto ormai davvero

importante con Louisa. I due si sposarono l'anno successivo.

Certo, la situazione del giovane Banks non era entusiasmante: a venticinque anni, lasciato il

corpo dei Marines, si ritrovava senza lavoro, senza reddito, senza una professione. Tanto che, per

sbarcare il lunario, decise di mettersi a fare il rappresentante di batterie da cucina.

Ma non era certo la sua vocazione. E a ben pensarci l’unica sua vocazione erano i boschi, la

natura incontaminata, la stessa che aveva esperito e vissuto nell’infanzia. Così, decise di

intraprendere la professione di silvicultore, di esperto, cioè, di boschi e culture forestali. Per

questi motivi nell’autunno del 1920, i coniugi Rhine decisero di trasferirsi presso l'Università di

Chicago. Dubbi filosofici a parte, non sembrava esistesse altra possibilità professionale. D'altra

parte Louisa aveva già conseguito un primo diploma universitario in botanica, e stava studiando

per la laurea. All'università di Chicago Banks iniziò anch’egli studi di botanica. Nel 1923 si

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laureò e nello stesso anno la moglie acquisì il dottorato di ricerca. Anche Banks iniziò a lavorare

per il proprio dottorato di ricerca. Si stava impegnando seriamente nell'area professionale che

aveva scelto. Ma ovviamente piante e foglie, fiori e frutti non avevano affatto risolto i suoi

angoscianti (e forse ossessivi) dubbi religiosi.

Fu in quel momento che apparve all'orizzonte della vita di Rhine la ricerca psichica.

E’ abbastanza difficile capire come il giovane Banks si sia veramente avvicinato alla ricerca

psichica. Certo, apparteneva ad un contesto culturale, nel quale le storie di eventi paranormali

erano tutt'altro che rare. La madre gli raccontava di questi misteriosi fenomeni, e la gente

semplice a contatto della quale era vissuto per anni, dava per acquisito che certi eventi

accadessero realmente. Ma da questo a transitare dalla botanica alla ricerca psichica il passo è

lungo. Sembra che ad affascinarlo sia stata la lettura casuale di un articolo apparso sull'American

Magazine e relativo alla fotografia spiritica. Se non bastasse, un suo professore all'università, una

persona che Rhine stimava in quanto a correttezza scientifica ed onestà, aveva raccontato di un

caso paranormale, una donna che aveva sognato in tutti i dettagli il suicidio della sorella, e i

dettagli erano stati successivamente verificati. Rhine rimase attratto da questi temi, per cui

appare ovvio trovarlo nel 1922 ad ascoltare una conferenza di Arthur Conan Doyle, dal titolo

"Prove dell'immortalità". Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, e ormai notissimo leader

dello spiritismo. Sebbene avesse una buona preparazione scientifica (era medico), ma si era

convertito allo spiritismo dopo avere ricevuto comunicazioni medianiche da un figlio defunto.

Da allora aveva iniziato una intensa opera di “apostolato” spiritico, in giro per il mondo. La

mitologia su Rhine vuole che lo stesso non fosse rimasto molto convinto dalle idee di Conan

Doyle, ma che abbia tratto da quella conferenza indicazioni bibliografiche sulla ricerca psichica e

soprattutto sulla problematica della sopravvivenza. Decise così di documentarsi nella biblioteca

dell'università, dove trovò un bel pò di materiale. Lesse con interesse il libro di Sir Oliver Lodge

“The survival of man”. Poi cominciò a familiarizzarsi con il Journal della Society for Psychical

Research, leggendone gli articoli, e scoprì anche dell'esistenza di una Società Americana per la

Ricerca Psichica (ASPR). La sua prima iniziazione alle problematiche della ricerca psichica era

avvenuta. Il problema che a Rhine sembrava fondamentale, a metà strada fra religione e scienza,

era la possibilità, adombrata dalle ricerche sulla sopravvivenza della personalità, che la natura

umana includesse altri aspetti oltre a quello fisico. Si innamorò talmente tanto dell’argomento

che cominciò a pensare di fare delle ricerche in questo campo una vera professione scientifica.

Di fatto, nel giugno 1923 inviò tre lettere a tre personaggi che egli riteneva potessero fornirgli

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indicazioni su come trasformare una passione in un lavoro. I destinatari erano Frederick K.

Edwards, il presidente della American Society for Psychical Research; Joseph Jastrow e

William McDougall. Chiese a tutti e tre la stessa cosa: se esisteva un modo per ottenere una

qualche forma di retribuzione per intraprendere una carriera nel campo della ricerca psichica, alla

quale avrebbe voluto dedicarsi professionalmente.

Le risposte non si fecero attendere. Edwards gli rispose che sarebbe stato auspicabile che persone

con il suo bagaglio scientifico lavorassero nel campo della ricerca psichica, ma possibilità

economiche non ce n'erano. Era meglio che continuasse a fare il botanico. E uno. Jastrow gli

raccomandò caldamente di restare dov'era; non solo non erano disponibili fondi per quello che

Rhine intendeva fare, ma la ricerca psichica -faceva in qualche modo capire - non era una cosa

seria. E due. McDougall gli rispose come abbiamo già visto. E tre. Rhine aveva fatto l’en plein.

Soldi non ce n'erano da nessuna parte, e lui non era certamente nella condizione di poter

provvedere al proprio sostentamento con altri mezzi che non il lavoro retribuito. In quel

frattempo, il lavoro si era presentato, sotto forma di un incarico di un anno come ricercatore in

fisiologia vegetale presso il Boyce Thompson Institute for Plant Research a Yonkers, New York.

Una carriera gli si era aperta, e comunque il nuovo posto di lavoro, a due passi da New York, gli

avrebbe potuto consentire di occuparsi lo stesso di ricerca psichica anche se solo a livello

amatoriale.

IL SENSUALE FASCINO DI “MARGERY”

A New York, infatti, continuava le sue attività la American Society for Psychical Research che,

giusto in quel periodo, aveva le sue gatte da pelare. Come la “consorella” inglese, infatti, la

ASPR aveva tra i principali oggetti di studio la medianità, e i medium erano notoriamente

soggetti non proprio affidabili, anche quando avevano credenziali quanto mai ragguardevoli. Era

il caso della signora Crandon, in arte Margery, (bellissima moglie di un noto medico di Boston, il

dottor Le Roi Goddard Crandon), una medium che presentava a detta dei suoi estimatori

fenomeni straordinari. Il problema, come sempre era che Margery non aveva soltanto estimatori;

in molti sostenevano che la distinta, affascinante signora, truccasse. V'era chi sosteneva che la

bella medium frodasse in maniera spudorata (e tra questi c'era l'allora presidente dell'ASPR,

Walter Franklin Prince) e chi invece sosteneva esattamente il contrario, come Malcolm Bird, un

noto giornalista scientifico. Tutta la querelle era iniziata nel giugno 1923, quando Mina cominciò

a produrre fenomeni fisici straordinari. Durante una seduta spiritica il tavolo cominciò a levitare.

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In sua presenza venivano viste luci misteriose, i piatti di una bilancia con pesi diversi si

riequilibravano, gli oggetti si muovevano. Inoltre, nel corso delle sedute, dall'orecchio destro

della medium veniva fuori l'ectoplasma, una sostanza biancastra, senza alcuna origine fisica

spiegabile, che serviva come “materia prima” per dare corpo ai fantasmi che venivano evocati in

seduta. Le origini della sostanza erano ovviamente spiritiche, e nel caso della Margery si

materializzavano addirittura della mani 'spiritiche' che venivano fuori dalla sua vagina. Come in

un ogni contesto sperimentale che si rispetti, i soggetti vanno…ispezionati, e, per motivi

scientifici, in qualsiasi parte del corpo. E’ facile immaginarsi cosa poteva significare, nei primi

decenni del ‘900 in un paese puritano e bigotto come erano gli Stati Uniti in quel periodo,

ispezionare la vagina di una bellissima donna che produceva, giusto da quella parte del suo

corpo, ectoplasmi! Ma era inevitabile, e Margery si sottopose di buon grado a queste intime

ispezioni. Che sacrificio immane deve essere stato per integerrimi uomini di scienza …

Certo, Margery poteva offrire ampio materiale di studio. Bird l'andò a trovare a Boston nel 1924

e ne rimase affascinato. Mina era una donna bellissima, con un fascino assai apprezzato dal sesso

maschile. Convintosi delle possibilità della Crandon come medium, Bird le chiese di partecipare

ad un insolito concorso che era stato lanciato nel 1922 dalla prestigiosa rivista Scientific

American. Infatti, dopo aver pubblicato diversi articoli relativi alla ricerca psichica, la rivista, nel

numero di dicembre, aveva istituito due premi di 2500 dollari ciascuno, il primo relativo alla

produzione di una fotografia spiritica, in condizioni ovviamente controllate, e il secondo relativo

alla produzione, da parte di un medium, di una qualunque manifestazione psichica evidenziabile

in condizioni controllate. La Crandon fu studiata dal comitato di Scientific American (composto

da McDougall, Prince e Carrington, come ricercatori psichici, poi da un fisico del

Massachussetts Institute of Technology (MIT) e dal celebre prestigiatore Harry Houdini; Bird

fungeva da segretario). Il comitato tenne alcune sedute con Margery. Bird, assolutamente

entusiasta, pubblicò un articolo su Scientific American, chiamando la medium Margery per

proteggerne l'anonimato, articolo poi ripreso dai giornali che resero celebre i fenomeni della

bella bostoniana. Fenomeni che, però, non convinsero affatto il Comitato. McDougall e Prince

tra i ricercatori psichici, si mostrarono abbastanza scettici. Ma Prince fu addirittura caustico, e

spiegò che il successo di Margery era dovuto semplicemente al fatto che la sua bellezza e il suo

fascino erano tali da fare presa sugli uomini, rendendoli irrazionali, oltre al fatto che le masse

preferiscono i fenomeni sensazionali alla razionalità scientifica. Insomma, una bagarre che

bloccò l'attribuzione del premio. Di fronte alla polemica, il dottor Crandon e la moglie decisero,

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alla fine del 1924, di rivolgersi ad un noto esperto di ricerca psichica, Eric Dingwall, che in quel

momento conduceva le sue ricerche per la SPR, a Londra. Dingwall accetto di dare una

valutazione definitiva del caso, e si recò negli Stati Uniti. Furono tenute ulteriori sedute. Il

giudizio di Dingwall non lasciò, però, spazio ad alcun commento: “ Allo stato attuale non posso

affermare di credere all'autenticità dei fenomeni”. E questo chiuse il caso: Scientific American

decise di non dare il premio a Margery, e non volle sentirne più niente. I fenomeni non erano

autentici, ergo, niente premio.

Il che chiuse un caso, e ne aprì un altro. Infatti all'interno della ASPR si era verificata una

scissione. Infatti, da un lato un certo numero di ricercatori ritennero impossibile occuparsi

scientificamente di ricerca psichica in quel contesto; dall'altro uno “zoccolo duro” di “credenti”

non andava tanto per il sottile sui problemi della metodologia scientifica. La controversia non era

risolvibile, per cui un buon gruppo di studiosi lasciarono la ASPR e fondarono la Boston Society

for Psychical Research, che, sin dall'inizio, si propose come una società di ricerche scientifiche

sui fenomeni “psichici”. La ASPR continuò, sotto la guida di Bird, ad utilizzare invece parametri

di valutazione e approcci teorici più “elastici”.

D'altra parte i ricercatori più intransigenti si erano raccolti nella nuova società bostoniana:

McDougall, Walter Prince, Elwood Worchester, Gardner Murphy. La ASPR continuò sotto la

guida di Bird ad occuparsi del caso di Margery, continuando a sostenere l'autenticità dei

fenomeni.

Tutti gli altri ricercatori che si erano occupati del caso assunsero posizioni che andavano dal

moderatamente scettico (McDougall) all'assolutamente scettico (come Houdini o il professor

Jastrow). Col tempo il caso di Margery si sarebbe chiuso, con ripetute dimostrazioni che i suoi

fenomeni erano fraudolenti. Ma in quel periodo, la bella bostoniana era la più grande attrattiva

della Società Americana per la Ricerca Psichica, e non solo in senso erotico.

Rhine, che nel frattempo lavorava come fisiologo vegetale alla West Virginia University, aveva

letto l'articolo di Bird su Scientific American; ancora una volta rimase affascinato e così nel

marzo 1925 scrisse a Bird chiedendo di collaborare con l'ASPR. Quando Bird seppe che Rhine

conosceva il francese e il tedesco fu ben felice di accettare la sua collaborazione, e gli chiese di

fare delle recensioni della stampa straniera per il Journal della Società. Nell'estate del 1925

dovette tornare all'Università di Chicago per conseguire il dottorato di ricerca, ma a settembre

tornò a lavorare alla West Virginia University, a Morgantown.

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Studiare Margery continuava ad essere un sogno nel cassetto, ma tutta la questione aveva

riattivato i suoi interessi per la ricerca psichica. Rhine si licenziò e decise, in attesa di una nuova

soluzione professionale, di studiare filosofia e psicologia, che potevano rappresentare comunque

un campo di interesse affine a quello della ricerca psichica. In tutto questo ovviamente la moglie

gli fu fedele compagna. Nel frattempo prese finalmente parte alla tanto agognata seduta con

Margery, organizzata da Bird, e che ebbe luogo la sera dell'1 luglio 1926.

La seduta fu una delusione clamorosa, anche se Rhine – comunque inesperto di trucchi medianici

- era favorevolmente disposto verso la signora Crandon, della quale Bird gli aveva detto un gran

bene. Non ebbe dubbi sul fatto che Margery avesse frodato e insieme alla moglie preparò un

articolo molto critico per il Journal dell’ASPR. Come era ovvio aspettarsi, ci furono ritardi e

polemiche sulla pubblicazione, sebbene Bird avesse dato il proprio assenso. Dopo due mesi di

attesa i Rhine (ormai se ne parlerà sempre al plurale) ritirarono l’articolo, reindirizzandolo ad una

nota rivista di psicologia dell’epoca (Journal of Abnormal Psychology). Inoltre, si dimise e si

avvicinò alla Bostonian Society for Psychical Research, della quale ora non poteva con

condividere i motivi che ne avevano condizionato la secessione dalla società di New York.

Fu un beau gest ma Rhine si ritrovava, ancora una volta, senza lavoro, senza soldi e senza alcuna

prospettiva professionale nel campo. L’unica speranza tornava ad essere William McDougall.

Ma stavolta non gli scrisse, lo andò direttamente a trovare a Boston. E lo trovò proprio mentre

stava prendendo il taxi: McDougall stava partendo per l'Europa, dove avrebbe trascorso un anno

sabbatico (dedicato cioè a ricerche e studi interamente pagate dall'università, senza che lui

dovesse insegnare). Il colloquio durò pochi minuti, giusto il tempo che McDougall suggerisse a

Rhine di rivolgersi ad un professore ad Harvard per sapere di una borsa di studio.

L’incontro ad Harvard si risolse, ancora una volta, in un nulla di fatto. La situazione economica

era sempre più disastrosa. I Rhine dovettero rivolgersi a Prince, che avevano riabilitato dopo la

seduta con Margery. Prince apprezzò lo spirito critico dei Rhine, e decise di associarli alle

proprie ricerche sulla medianità, in particolare della medium Mrs. Soule, della quale si stava

occupando. Però poteva fare ben poco sul piano economico: garantì ai Rhine uno ‘stipendio’ di

dodici dollari a settimana. Certo, i dodici dollari USA degli anni ’20 non equivalevano a quelli di

oggi, ma uno stipendio di 48 dollari al mese era comunque ben al disotto della soglie di povertà.

Tanto che per integrare il ben magro sussidio, Banks si mise a insegnare carpenteria in un asilo, e

si prese cura del forno della casa, mentre Louisa puliva le toilette ...

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Fu in quel periodo di vacche magre che i due avventurosi coniugi incontrarono un certo John

F.Thomas, un ricco signore che aveva perso la moglie qualche mese prima e che era riuscito,

grazie alla medianità della signora Soule, a rimettersi in contatto con lei. Ma anche Thomas stava

andando in Europa per fare altre sedute. Nel frattempo, per quanto grande fosse la dedizione alla

ricerca psichica, la situazione economica dei Rhine era assolutamente disastrosa; non poteva

durare il quel modo. Avevano bisogno di denaro, per cui decisero di lasciare Boston e tornare

nell'Ohio, dove Rhine riprese il suo lavoro di rappresentante di batterie da cucina …

Nel settembre 1927 Thomas tornò dall'Inghilterra dove aveva partecipato a diverse sedute con

Gladys Osborne Leonard, una nota medium dell'epoca. Aveva portato con se dell'ampio

materiale stenografato delle sedute, dal quale era convinto che si potesse evidenziare che una

comunicazione era davvero avvenuta. Thomas avrebbe voluto che l'università di occupasse di

questo argomento e studiasse questi resoconti. Era disposto a pagare per un semestre il soggiorno

dei Rhine a Durham, alla Duke University, dove nel frattempo era tornato William McDougall.

Rhine ne approfittò per pressare, e, alla fine ci riuscì: McDougall gli chiese di recarsi alla Duke,

dove - a parte le ricerche finanziate da Thomas - Rhine avrebbe dovuto collaborare alle attività

didattiche della cattedra. Arrivarono alla Duke University nell'autunno 1927. E Rhine iniziò

l'esame delle comunicazioni fornite da Thomas, oltre a collaborare alle attività della cattedra di

psicologia. Agli inizi del 1929 la situazione migliorò. A Rhine fu offerto un incarico di

insegnamento di storia e metodologia della scienza, con gli approcci dei vari scienziati al

problema mente-corpo. Conduceva anche ricerca ortodossa, poiché non solo Thomas aveva

rinnovato per un altro semestre i suoi sovvenzionamenti per lo studio delle comunicazioni

medianiche che aveva fornito ai Rhine, ma anche McDougall gli aveva dato l'incarico di

sperimentare con i ratti del suo laboratorio, secondo procedimenti rigidamente lamarckiani.

L’esame delle comunicazioni medianiche ottenute da Thomas – che questi riteneva genuine per

la loro concordanza con la personalità della moglie defunta – portò i Rhine invece ad un’altra

considerazione: le comunicazioni ottenute erano veramente comunicazioni dello spirito della

defunta, oppure il risultato di una forma di telepatia tra Thomas e la medium? Insomma,

all'origine dei messaggi c'era una facoltà naturale, anche se sconosciuta, come la telepatia, o c'era

davvero un contatto con l'aldilà? Una risposta a questa domanda poteva essere trovata nello

studio sperimentale della telepatia tra esseri umani. Se ricerche sperimentali avessero dimostrato

che la telepatia esisteva, allora si sarebbe ottenuta anche la risposta alla domanda suscitata dallo

studio delle comunicazioni di Thomas. Il che si allineava perfettamente con quello che

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McDougall pensava dell'argomento. Lui stesso, anni prima, aveva posto lo stesso quesito nel

corso di una conferenza.

"Possiamo, possono le menti comunicare una con l'altra in qualche modo e grado altrimenti che

mediante gli organi di senso e attraverso gli organi di espressione del corpo e i mezzi fisici che la

scienza riconosce?".

Fu forse per questa concordanza che McDougall, comunque affascinato dalla serietà e

dall'entusiasmo di Rhine, fece di tutto per mandare avanti i progetti sperimentali di quest'ultimo.

E finalmente, nel 1930, l'amministrazione della Duke University stanziò un modesto fondo per

ricerche in parapsicologia (400 dollari) e con quel finanziamento Rhine iniziò le sue ricerche,

trovando una pronta collaborazione in due colleghi del Dipartimento di Psicologia, Lundholm -

che ipnotizzava i soggetti prima di esperimenti di telepatia - e Karl Zener. L'esistenza di una

forma di percezione extrasensoriale intrigava po’ tutti, e non a caso centinaia di studenti furono

ben presto disponibili a sottoporsi agli esperimenti. Era iniziata la grande e personale avventura

universitaria di Joseph Banks Rhine.

GIOCHI DI CARTE

Rhine era un ambizioso. Aveva provato la fame, ed aveva trovato una strada. Si era costruito una

carriera. Non avrebbe mai permesso che atteggiamenti dilettantistici o fideistici la rovinassero.

Aveva un background intellettuale complesso e superficiale (dalla teologia alla biologia, dalla

filosofia alla psicologia), sufficiente a consentirgli comunque un approccio metodologico che,

diciamocelo pure, gli consentisse di mantenere lo stipendio. Per creare una nuova professione, la

questione prioritaria era metodologica.

Sino ad allora, lo studio di questi fenomeni era stato prioritariamente condotto sui casi spontanei,

ovvero su resoconti, talvolta anche accuratamente indagati, di simili esperienze. Ricerche

sperimentali erano state sicuramente condotte: a parte alcuni timidi tentativi di Charles Richet, il

più grande contributo agli studi sperimentali sulla ESP era stato da Coover, a Stanford, e da

Troland ad Harvard. A questi tentativi di studiare la percezione extrasensoriale con metodi

standardizzati rappresentavano l’eccezione e non la regola. Eppure, l'unico metodo per

comprovare l'esistenza della telepatia non poteva che essere quello sperimentale, con una

rigorosa analisi matematica che fornisse una misura, una quantità, un dato numerico

incontestabile. Era un buon modo per ottenere crediti scientifici. Un ulteriore problema era

quello dei soggetti. Coloro che sino ad allora avevano studiato medium o sensitivi dai portentosi

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poteri avevano prodotto dati su soggetti altamente selezionati. Chiunque avesse voluto ripetere

gli esperimenti avrebbe necessariamente dovuto disporre dello stesso medium o dello stesso

sensitivo. Questo era poco pratico. Se uno psicologo studia i meccanismi dell'intelligenza non li

studia su una persona geniale o, al contrario su un demente, bensì su una popolazione il più

possibile ‘media’. La ‘percezione extrasensoriale’, se doveva essere annoverata tra le capacità

psicologiche doveva essere studiata con lo stesso criterio, poiché la si doveva ipotizzare diffusa,

in misura maggiore o minore, nella popolazione generale.

Per quanto riguarda il metodo, Rhine iniziò a sperimentare chiedendo ai soggetti degli

esperimenti di indovinare numeri o lettere che rappresentavano poi “bersagli” tradizionalmente

utilizzati anche in passato. Ben presto si accorse che in questo metodo qualcosa non funzionava

per il verso giusto: i soggetti hanno sempre infatti una preferenza per certi numeri o certe lettere,

e questo può in qualche modo distorcere i risultati. Se non bastasse ci sono 'effetti' dovuti a certe

sequenze. Dopo aver risposto 'due' a un tentativo di indovinamento, una persona ha una

maggiore tendenza a proseguire dicendo 'quattro-sei-otto" o "tre-quattro-cinque", è inevitabile.

Allo stesso modo, utilizzando delle lettere esiste la tendenza, a selezionare altre lettere

dell'alfabeto che in qualche modo formino parole o spezzoni di parole. Si osserva quella che

viene tecnicamente definito un bias, insomma una ‘inclinazione’ verso certi risultati e non altri. I

bersagli allora dovevano avere lo stesso potere evocativo, un uguale ‘peso psicologico’. Il

problema fu risolto da Karl E. Zener che ideò delle carte con delle immagini standardizzate

(carte che portano il suo nome). Si tratta di venticinque carte (come le normali carte da gioco),

composte da cinque gruppi di cinque simboli semplicissimi da visualizzare e da ricordare: il

cerchio, la croce, un'onda, il quadrato e la stella. La logica dei primi esperimenti fu

semplicissima: se la telepatia esiste, devono esistere un ‘trasmittente’ e un ‘ricevente’. Allora, se

il ‘trasmittente’ guarda immagini estremamente semplificate e standardizzate, ci si aspetta che il

‘ricevente’ percepisca più o meno esattamente le stesse immagini.

Nell'iniziale modello sperimentale di Rhine, il soggetto ‘trasmittente’ veniva isolato

sensorialmente da un soggetto ‘ricevente’; poi il trasmittente sollevava una carta dal mazzo, e,

senza essere visto dal ricevente, si concentrava su di essa, segnalando che era pronto; ricevuto il

segnale il 'ricevente' sceglieva una carta dal proprio mazzo e la metteva da parte. Tentava,

insomma, di riprodurre la stessa sequenza di carte che era stata ‘trasmessa’ dall'altro soggetto. La

statistica faceva il resto. Per elaborare un metodo di valutazione, Rhine si rivolse a

J.A.Greenwood e T.N.E.Greville, due statistici, che provvidero dei criteri di valutazione ottimale

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per questo tipo di esperimento. Senza entrare nei dettagli, diciamo che in statistica viene studiata,

tra l'altro, quale è la 'probabilità' che un evento osservato sia casuale; tale probabilità, nel caso del

mazzo di carte inventato da Zener, era del 20 per cento. Il che significava che chiunque, per puro

e semplice caso, può indovinare cinque carte su venticinque, senza tirare in ballo la percezione

extrasensoriale. Quando tale limite viene superato in maniera costante, esiste la possibilità di

valutare quanto grande sia la probabilità che il risultato ottenuto sia frutto del caso. In base a tale

calcolo viene indicato un indice di significatività statistica, che indica, insomma, quale è la

probabilità che l'indovinamento sia frutto semplicemente del caso. E' chiaro che più è alta questa

significatività, più è bassa la probabilità che i risultati siano casuali. Il che poteva significare che

nell'ottenimento dei risultati interveniva un ‘fattore extracasuale’ che poteva rappresentare una

qualche evidenza dell'esistenza di una 'percezione extrasensoriale'. Questo stesso metodo poteva

anche essere utilizzato, ovviamente, per la chiaroveggenza e per la precognizione, bastava

cambiare qualcosa. Nella chiaroveggenza, si potevano per esempio mischiare le carte e chiedere

al soggetto dell'esperimento di indovinarne la sequenza. Nella precognizione si poteva chiedere

al soggetto di stabilire la sequenza di un mazzo di carte prima che esso fosse mischiato.

Il problema dei soggetti fu risolto semplicemente chiedendo di partecipare agli esperimenti a

studenti universitari. Non bisogna però pensare che queste idee fossero chiare a Rhine sin

dall'inizio; esse furono, viceversa, il frutto di ripetuti tentativi di trovare un buon metodo per

studiare i fenomeni extrasensoriali.

Basti pensare che il suo primo lavoro sperimentale, prima di approdare alle Duke University, fu

infatti dedicato ad una...cavalla, Lady, che sembrava in grado di leggere nel pensiero.

Inizialmente Rhine ritenne che il cavallo riuscisse veramente a leggere i pensieri del padrone,

sino a quando non si rese conto che in realtà era possibile, anzi estremamente probabile, che il

cavallo riuscisse semplicemente a leggere segnali che era abituato a riconoscere. Il suo studio fu

pubblicato nel 1929 sul Journal of Abnormal and Social Psychology, ma Rhine si rese presto

conto che non era quella la strada giusta da seguire per lo studio scientifico della telepatia.

Bisognava sperimentare con soggetti umani, come cominciò a fare alla Duke. Dopo una serie di

tentativi del tutto falliti, condotti nel 1930, che portarono all’allontanamento di Karl Zener dal

gruppo (passo ad occuparsi di altre cose più interessanti e non volle più avere a che fare con

quella roba…) nell’inverno tra il 1931 e il 1932 sembrò che la pazienza di Rhine fosse premiata:

ottenne i primi risultati interessanti con ventiquattro soggetti, con i quali sperimentò con le carte

di Zener. Nel frattempo altre persone si erano aggiunte a Rhine: tra di essi una particolare

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importanza nelle ricerche future avrebbero avuto John Gaither Pratt e Charles Stuart, anch'essi a

caccia di risultati indicativi dell'esistenza dell'ESP. Nel corso del 1931 i risultati sembrarono

assommarsi in maniera significativa, lavorando specialmente con studenti universitari. Fatto un

primo 'screening', Rhine passò a sperimentare con i soggetti che avevano dato migliori risultati, e

stavolta i risultati vennero confermati. Statisticamente sembrava che qualcosa fosse

evidenziabile: i suoi soggetti indovinavano le carte con una percentuale di successi significativa.

Rhine e il suo gruppo si convinsero, quindi, di avercela fatta. Il risultato di questa convinzione fu

la pubblicazione, nel 1934 del primo testo della storia della parapsicologia moderna,

dal'emblematico titolo di Extrasensory Perception, a firma dello stesso Rhine.

Il libro ebbe un buon successo di pubblico, anche di quello professionale. La severissima rivista

Nature gli dedicò una recensione breve, nella quale veniva descritto il tipo di esperimento

realizzato, evidenziando alcuni difetti metodologici del lavoro condotto alla Duke University, ma

tutto sommato – visto l’argomento – più che accettabile.

“Una ripetizione degli esperimenti - concludeva il recensore - in condizioni molto più rigorose

sembrerebbe auspicabile, poiché è chiaro che, se confermati, i fenomeni in questione

presentano problemi di grande interesse e complessità”.

Un giudizio prudente, ma non cattivo. Ma la prudenza era d’obbligo. Il successo popolare fu

invece enorme. Giornali di grande autorevolezza, come il New York Times, il Literary Digest o la

celebre rivista Harper’ s Magazine dedicarono alla monografia recensioni eccitate ed eccitanti.

L’ Harper’s Magazine, per esempio, annunciò: “...potremmo starci avviando vero una rivelazione

nel regno della mente più o meno comparabile alla rivoluzione effettuata da Copernico

nell'universo della materia”.

Questo successo popolare non giovò affatto all’immagine della ricerca psichica nel mondo

accademico. Al Dipartimento di Psicologia della Duke, infatti, l’atmosfera si era già fatta, già da

prima, piuttosto pesante. Dopo i primi entusiasmi, aveva cominciato a serpeggiare una certa

irritazione tra i colleghi di Rhine, compresi proprio Lundholm e Zener ( i due sarebbero diventati

due dei suoi più irriducibili avversari). Essi temevano che Rhine e le sue ricerche potessero

danneggiare l'immagine pubblica del Dipartimento, e rappresentare un pericolo per il loro stesso

lavoro universitario e per la loro carriera. Scrissero una lettera a McDougall, nella sua qualità di

capo del Dipartimento, affermando che Rhine andava dicendo agli studenti che i loro progressi

alla Duke erano condizionati dal loro attivo interesse nei confronti della parapsicologia; inoltre

Rhine, secondo i colleghi, privilegiava comunque le attività parapsicologiche rispetto al

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programma di psicologia del dipartimento. La lettera a McDougall fu spedita nell'aprile 1934, e

quindi la posizione intransigente presa dai colleghi non può essere fatta risalire al successo

popolare di Extrasensory Perception. Rhine, quando venne a sapere della lettera, ne fu

profondamente turbato. Per quanto McDougall abbia tentato di trovare una mediazione, l’aria al

Dipartimento si fece irrespirabile. Fra l’altro, una delle critiche mosse a Rhine dai colleghi dopo

la pubblicazione del suo libro era di natura etica: essi ritennero scorretta la prassi seguita da

Rhine di dare alle stampe i risultati delle sue ricerche, saltando a piè pari la prassi etica che vuole

che i risultati di una ricerca accademica appaiano prima su riviste strettamente scientifiche e

interne agli ambienti universitari e poi all'esterno. La convivenza con la psicologia accademica

era insomma diventata impossibile. Rhine comprese al volo la situazione e cominciò a darsi da

fare per realizzare quello che appariva essere un sogno audacissimo: creare all’interno sempre

dell’Università una istituzione che si occupasse solo di questi argomenti. Rhine riuscì a

procurarsi i fondi necessari per pagare almeno in parte il suo stipendio, quello di un assistente e

le altre piccole spese necessarie. Riuscì inoltre a far si che venissero create due altre borse di

ricerca. Poi, per distinguere in maniera esplicita il proprio campo di azione da quello del

Dipartimento, per evitare commistioni, malintesi e malumori, Rhine decise di denominare

ufficialmente i proprio campo di ricerca ‘parapsicologia’ utilizzando una definizione coniata dal

filosofo tedesco Max Dessoir nel 1899, ma ancora poco nota. Parapsicologia sembrava una

buona scelta: poiché si trovava a lavorare in campo psicologico, la definizione di parapsicologia

si prestava bene a denominare un'area di ricerca che fosse una 'branca della psicologia' con lo

scopo prioritario di studiare fenomeni insoliti ma che, come la definizione suggeriva, era solo “a

fianco” della psicologia. Nel contempo parapsicologia doveva diventare l'esatta denominazione

delle ricerche sulla Percezione Extrasensoriale condotte da Rhine, con i metodi e i criteri della

della psicologia sperimentale. McDougall accettò la proposta di Rhine, e venne così fondato il

Laboratorio di Parapsicologia della Duke University.

Si trattava, comunque, di una fondazione quanto mai strana. Infatti essa divenne subito

sostanziale, nel senso che il Laboratorio iniziò a funzionare di fatto nel 1935, ma non formale

perchè in realtà l'amministrazione della Duke non aveva autorizzato alcuna separazione del

Laboratorio dal Dipartimento. Il Laboratorio faceva parte del Dipartimento, ma non vi si

svolgeva alcuna attività di insegnamento e non dava alcun ‘credito’ (non entrava cioè a far parte

del curriculum di studi formale di uno studente di psicologia). Vi si svolgeva solo ricerca, con

grandi entusiasmi, e con pochi fondi. Non solo, ma la denominazione di Laboratorio di

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Parapsicologia non esisteva neanche dal punto di vista amministrativo. Non esisteva. O meglio:

esisteva come realtà di fatto, ma non come realtà di diritto. Fu solo nel 1947 che, finalmente, le

autorità della Duke University decisero di formalizzare l'indipendenza del Laboratorio di

Parapsicologia dal Dipartimento di Psicologia, e di farne una entità istituzionale a se stante, con

Rhine come Direttore. Sino ad allora, cioè per ben dodici anni, il Laboratorio di parapsicologia

fu solo un espediente formale, che tranquillizzò i sonni degli psicologi della Duke University, e

consentì a Rhine e al gruppo che man mano si era andato formando intorno a lui, di lavorare al

loro grande progetto senza destare l'irritazione dei colleghi. D'altra parte, che ad occuparsi di

parapsicologia fosse un laboratorio fantasma credo che non stupisca nessuno...

Il sogno americano di J. B. Rhine si era comunque realizzato. Il che non implicava affatto che ne

che la parapsicologia fosse diventata una scienza, ne che la ricerca psichica aveva ottenuto un

trionfale ingresso all’università. E infatti gli anni successivi mostrarono quanto fragile fosse

l’equivalenza fra la brillante carriera individuale di un botanico americano e il riconoscimento

scientifico della parapsicologia. Già dal 1936, infatti, una serie di esperimenti smentirono

totalmente le conclusioni di Rhine e del suo gruppo. Ricercatori indipendenti non riuscirono ad

ottenere alcuna evidenza statistica. Della ESP ‘dimostrata’ da Rhine non c'era traccia4. In

qualsiasi altro campo scientifico una ricerca, in mancanza di risultati attendibili e con l’uso di

metodi appropriati, sarebbe stata abbandonata semplicemente. Rhine avrebbe dovuto concludere,

dopo almeno cinque anni di esperimenti condotti nelle università più prestigiose, che la sua

ipotesi era sbagliata o i risultati degli esperimenti originali - peraltro piuttosto poveri - erano

dovuti ad un errore; oppure che l'ipotesi dalla quale era partito era troppo semplice, non tenendo

nel debito conto una serie di variabili che il metodo sperimentale non era ancora riuscito ad

evidenziare. Esiste il fondato sospetto che questo era un lusso che Rhine non poteva permettersi,

4 Numerosi psicologi tentarono di ripetere gli esperimenti di Rhine, utilizzando gli stessi metodi. Il primo della serie fu W.S.Cox, del dipartimento di psicologia della Princeton University che, nel 1936, condusse esperimenti su 132 soggetti per un totale di 25.064 prove. I risultati furono totalmente negativi, e Cox dovette concludere che: "non c'è alcuna evidenza di percezione extrasensoriale ne nell'"individuo medio" del gruppo studiato, ne in qualche particolare soggetto del gruppo. La discrepanza tra questi risultati e quelli ottenuti da Rhine è dovuta o a fattori incontrollabili nella procedura sperimentale, o alla differenza tra i soggetti". E.T.Adams, della Colgate University, studiò trenta soggetti che sottopose a 30.000 prove; J.C. Crumbaugh della Southern Methodist University sperimentò invece con 100 soggetti, per un totale di 75.600 prove; R. Willoughby della Brown University condusse altre 42.250 prove con nove soggetti; C.P. Henlein e J.H.Henlein, della John Hopkins University condussero complessivamente altre 127.500 prove. I risultati furono tutti non significativi.. Nel 1939, dopo avere tentato di ripetere gli esperimenti di Rhine, utilizzando tutte e quattro le tecniche utilizzate nelle ricerche originali, lo psicologo J.L.Kennedy dovette concludere: “I risultati del presente esperimento sono certamente negativi riguardo all'ESP in 204 soggetti, 32 sperimentatori, e 3.094 mazzi di carte. Il solo risultato superiore al caso è stato ottenuto in condizioni scarsamente controllate”.

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salvo a ritrovarsi nelle stesse condizioni di partenza, tornare a fare il botanico o, peggio, a

vendere batterie da cucina. Fu così che cominciò una storica diatriba fra sostenitori della realtà

dell’ESP e scettici, diatriba che continua tuttora e che è fondamentalmente centrata sui motivi dei

risultati discontinui ottenuti negli esperimenti. Una polemica inutile, sebbene interessante sul

piano epistemologico: il dato di fatto è, molto semplicemente, che l’ipotesi dell’ESP

sperimentale non era allora (così come non lo è ora) dimostrabile. Di norma un Istituto

universitario viene creato per fondare una scienza. Stavolta una scienza era stata creata per poter

fondare un Istituto5. Più sogno americano di così …

Non bisogna pensare, però, a Rhine come ad un semplice opportunista. Era semplicemente una

persona dai grandi interessi e dalle grandi ambizioni, che conosceva benissimo il funzionamento

dell’istituzione universitaria americana. In quanto prioritariamente privata, l’università si reggeva

su finanziamenti specialmente da parte dell’industria. Ma per ottenere finanziamenti bisognava

avere qualcosa da vendere, ottenere cioè dei risultati in qualche modo fruibili in un’ area

specifica. Nessuno poteva finanziare un Laboratorio o un istituto senza nessun tipo di ritorno

economico. Rhine comprese benissimo allora che, a fronte di qualsiasi evidenza, l’importante era

produrre risultati, o difendere i risultati eventualmente ottenuti da qualsiasi critica. Divenne così

ottimo imprenditore di se stesso. Fondò, dopo avere trovato un ulteriore finanziamento, una

rivista specialistica, The Journal of Parapsychology, sul modello delle riviste scientifiche

formali, che divenne l'organo ufficiale delle attività del Laboratorio. Si impegnò parallelamente

in una intensa opera di divulgazione e cominciò a curare con grande attenzione l’immagine di

una “parapsicologia scientifica” contrapposta alla tradizionale ricerca psichica. Naturalmente era

tutto un gioco, ma sufficiente a mantenere aperta una istituzione e garantire persino qualche

posto di lavoro.

5 Bisogna ammettere che ad incoraggiare Rhine vi furono anche una serie di risultati positivi: in generale, infatti, dal 1934 al 1940 furono pubblicati trentasei rapporti sperimentali favorevoli all'ESP. Di essi soltanto cinque provenivano dal suo staff alla Duke University. Gli altri trentuno studi non provenivano da ambienti universitari, dai quali, invece, provenivano sistematicamente risultati negativi. Ma Rhine preferì tener conto dei risultati positivi, ma cominciò a chiedersi perchè tali risultati fossero discontinui. Di fatto, comunque, Rhine tentò di rispondere alle critiche, innescando una reazione a catena di polemiche che continua tuttora. La risposta di Rhine e del suo gruppo fu la pubblicazione, nel 1940, con la sua equipe al completo di un testo ‘storico’, almeno quanto non convincente, della parapsicologia moderna: Extrasensory Perception after Sixty Years.

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Ci riuscì così bene che nel 1943 poté annunciare al mondo scientifico che il suo gruppo stava

compiendo esperimenti per verificare se esistesse la possibilità della mente di agire sulla materia

senza alcuna azione di una forza fisica nota. Chiamò questa capacità psicocinesi, movimento

(solo) per mezzo della mente. Una trasposizione “scientifica” delle antiche pretese medianiche di

muovere i tavolini.

Cambiava solo il metodo, rigoroso e statisticamente preciso. Negli esperimenti, iniziati nel 1934,

i soggetti dovevano tentare di influenzare la caduta di dadi, facendo sì che certe 'facce' uscissero

più frequentemente di altre. E' ovvio che un dado ben equilibrato cade mostrando le varie facce

in maniera statisticamente equiparabile. Se invece una faccia prestabilita esce con più frequenza,

statisticamene rilevabile, ciò può indice del fatto che una qualche ‘energia’ sia intervenuta sui

dadi. Questa l’ipotesi di Rhine. Per questa energia venne coniato il termine 'psicocinesi',

movimento per mezzo della mente. Dopo alcuni anni di esperimenti, i ricercatori del Duke

Laboratory ritennero di avere raccolto dati sufficienti per azzardarsi a pubblicare i risultati. E lo

fecero. Da allora la “psicocinesi”, in tutte le sue forme, divenne un oggetto di studi ufficiale della

parapsicologia.

Questa scelta potrebbe sembrare assurda. Discutere di “percezione extrasensoriale” è cosa molto

diversa dal suggerire che la mente possa, senza alcuna mediazione, agire sulla materia. E’ come

introdurre la magia all’università, significa(va) esporsi clamorosamente al ridicolo. Invece non fu

affatto così e la scelta di Rhine fu di una intelligenza straordinaria. Negli anni ’40 la spinta

propulsiva delle ricerche sulla ESP si era esaurita. In realtà le ricerche sulla percezione

extrasensoriale si erano impantanate in una polemica lunga, vischiosa, noiosa e senza alcun

apprezzabile risultato. Ma la situazione politica americana era molto diversa da quella di un

decennio prima. Gli Stati Uniti erano stremati da un imponente sforzo bellico e quando una

nazione è in guerra non ha tempo di pensare alle diatribe scientifiche. Vuole fatti, speranze,

vittorie. Facciamo allora una sforzo di fantasia e immaginiamo cosa avrebbe potuto pensare un

navigatissimo politico come J.B. Rhine. Tiriamo anche noi i dadi, come in un gigantesco gioco

dell’oca, e vediamo su quale casella andiamo a finire. Nel 1943 gli Stati Uniti erano in guerra

già da tre anni e su due fronti: quello dell’Estremo Oriente e quello dell’Europa, dovendosi

confrontare militarmente con due delle maggiori potenze belliche della storia, Giappone e

Germania, l’Impero del Sol Levante e il Terzo Reich. Peraltro le cose, sia sul piano militare, sia

su quello economico non andavano affatto bene. Ad una serie gravissima di sconfitte subite sia

ad Oriente sia ad Occidente, si associava una crisi economica spaventosa che travagliava gli Stati

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Uniti. Uno stallo dal quale si poteva uscire solo in un modo: vincendo la guerra. Ma gli avversari

erano davvero formidabili. E’ in tali momenti che, da qualsiasi parte della barricata si stia,

diventa ossessiva l’idea, o il fantasma se volete, dell’arma segreta, straordinaria e assoluta,

qualcosa di unico che possa capovolgere le sorti del conflitto, o comunque condurre alla vittoria.

Naturalmente, la ricerca di armi straordinarie era assolutamente vera – ed era condotta con

discrezione da tutte le potenze belligeranti. Ma la ricerca teorica e tecnologica ha tempi lunghi e

risultati spesso incerti e comunque non immediati. Cosa può allora colpire la fantasia? L’idea di

un’arma segreta non tecnologica, bensì magica, sottile, che non ha bisogno di rampe di lancio,

come le V1 e V2 tedesche, o di lunghissime sperimentazioni fisiche dai costi quasi insostenibili

(come la bomba atomica del gruppo di Los Alamos). Un’arma che abbia i poteri della spada

celtica o dell’arca dell’alleanza o del Santo Graal, ma che al contempo sia facilmente

rintracciabile, quasi ubiquitariamente diffusa, immediatamente fruibile. Un’arma che sia al

tempo stesso comune, facilmente utilizzabile e segreta. Per esempio un modo di utilizzare la

mente per influenzare la materia. Quale strumento bellico è più facilmente utilizzabile, senza

effettuare lunghe sperimentazioni dai risultati incerti con sostanze radioattive, o organizzare

estenuanti ed effimere spedizioni in Mongolia? Rhine con le sue “ricerche” sulla psicocinesi

offriva esattamente quest’arma al popolo americano già duramente provato da tre anni di guerra.

In fondo offriva la dimostrazione della possibilità che la mente fosse over matter, come nel titolo

di un famoso, successivo libro di Louisa Rhine. Il successo di una simile idea non poteva che

essere clamoroso, suscitare entusiasmi, elicitare fantasie e stimolare speranze. E comunque

riaccendere l’interesse verso la parapsicologia. Il che, di fatto, avvenne. Questo non significa

ovviamente che Rhine si sia inventato la psicocinesi o i risultati sperimentali. Ma di stranezze,

vere o inventate, in quel laboratorio sperduto fra le piantagioni di tabacco della North Carolina,

dovevano essercene tante, e sicuramente la psicocinesi non era fra le più strane. Era però fra le

più utili sul piano politico. D’altra parte non si comprenderebbe bene come mai i Rhine e il loro

gruppo aspettarono ben nove anni per pubblicare i risultati delle loro ricerche sul fenomeno, e li

pubblicarono proprio nel momento più drammatico delle vicende belliche statunitensi nel

secondo conflitto mondiale. Non si tratta affatto di studi accurati, lo sono molto meno che quelli

sulla ESP. Non si tratta di studi di particolare pregio statistico e metodologico. Non si tratta

affatto di studi che dimostrino alcunché, Si trattò però di ricerche che potevano suscitare grandi

speranze per la possibilità di una loro utilizzazione militare “pratica” e che consentirono alla

parapsicologia di Rhine si ottenere consensi impensabili. Ma questo fu possibile solo in quel

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momento storico, risposta apparentemente scientifica ad una esigenza psicologica profonda ed

arcaica: vincere, con una arma magica, brandendo la novella Excalibur fornita ai difensori della

pace e della democrazia dai loro scienziati, isolati nella loro torre d’avorio, ma sempre e

comunque al servizio della Patria. A fronte di queste prospettive e soprattutto di queste fantasie,

chi mai avrebbe potuto contestare ulteriormente l’importanza della parapsicologia?

E in effetti fu così. Da allora e ininterrottamente sino alla fine degli anni ’70 la parapsicologia

americana visse di rendita. Le azioni buttate sul mercato dai Rhine, continuarono a dare

dividendi per decenni. La parapsicologia americano fu fortemente finanziata da enti americani

per la sicurezza nazionale (compresa la CIA), e ovviamente solo per scopi militari (oltre alle

evidenti potenzialità della psicocinesi, argomento sul quale esiste una grande letteratura e una

grande filmografia) si tornò a parlare della ESP come arma di intelligence, di spionaggio e

controspionaggio. Non fu un caso che negli anni’60 e ’70, in piena Guerra Fredda, la

parapsicologia divenne uno dei maggiori oggetti del contendere fra USA e URSS (e i loro

rispettivi alleati). E’ la dimostrazione che la geniale intuizione di Rhine ebbe un enorme

successo.

Il sogno americano personale di Rhine si era veramente realizzato. Il problema è che la

parapsicologia si rivelò ben presto un colosso dai piedi d’argilla, come è inevitabile che sia

quando la struttura interna di una scienza (o beninteso di qualsiasi sistema di pensiero) non è

solida, bensì effimera e fragile o fondata sulle intuizioni, seppur geniali, di un singolo.

La parapsicologia era “la scienza di Rhine”. Nel 1964 Rhine andò in pensione dalla Duke. Il

Laboratorio, primo luogo storico della parapsicologia cosiddetta “universitaria”, fu ovviamente

chiuso. Ancora una volta Rhine si rivelò preveggente. E già prima di andare in pensione trovò

ancora una volta fondi per la fondazione di un istituto privato, in realtà solo una accogliente

villetta in mezzo al verde. Doveva essere un modo di consentire la prosecuzione della ricerca

psicologica di livello universitario, ma necessariamente fuori dall’Università. La chiamò

Foundation for Research on the Nature on Man (più nota come FRNM), Fondazione per la

Ricerca sulla Natura dell’ Uomo. Avrebbe dovuto continuare la tradizione del Laboratorio della

Duke University, e per alcuni anni sembrò che fosse riuscita nell’intento, continuando a fare

attività di ricerca e di formazione, con modesti finanziamenti privati. In realtà le cose andarono

poi diversamente, e di tutto quello che Rhine aveva inventato non è rimasto poi molto.

Resta però il mito della realizzazione di sogno americano, resa possibile da un caparbio

boscaiolo del Middle West che raccolse a piene mani l’eredità del misticismo americano dell’800

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per veicolarlo, in forma apparentemente scientifica, nel XX secolo. Lo possiamo immaginare

come un capo-carovana durante l’epopea del West, che guida il suo scalcinato convoglio di

Conestoga verso un favoloso Eldorado. L’Eldorado non c’era e degli avamposti da lui costruiti

lungo la pista sono soltanto rimaste macerie. Non per questo il viaggio non fu coraggioso e

l’avventura magnifica. Rhine morì nel 1980, il 20 febbraio, lo stesso giorno e mese in cui era

stata fondata a Londra la Society for Psychical Research. Un ciclo storico si era concluso. Ciò

che accadde dopo è tutta un’altra storia…

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI ANDERSON R.I.: The Life and Work of James H. Hyslop. Journal of American Society for Psychical Research, 1985, 79, 2 BERGER A.S.: The problems of the ASPR under J.H. Hyslop. Journal of American Society for Psychical Research, 1985, 79, 2 BERGER A.S.: Lives and Letters in American Parapsychology. McFarland, Jefferson, 1988 HANSEL CEM: The Search for Psychic Power. ESP & Parapsychology Revisited. Buffalo NY: Prometheus Books, 1989 KURTZ P. (editor): A Skeptic's Handbook of Parapsychology. Buffalo NY: Prometheus Books, 1985 OSIS K.: The American Society for Psychical Research 1941-1985: A Personal View. Journal of American Society for Psychical Research, 1985, 79, 4 RHINE J.B.: Extra-sensory perception. Boston: Bruce Humphries, 1964 RHINE J.B., PRATT J.G., STUART C.E., SMITH B.M., GREENWOOD J.A.: Extra-Sensory Perception after Sixty Years. Boston: Bruce Humphries, 1966 RHINE J.B. & ASSOCIATES: Parapsychology: From Duke to FRNM. Durham, NC: The Parapsychology Press, 1975 RHINE L.E.: Mind Over Matter. Macmillan, New York: 1970 TIETZE T.R.: The “Margery” Affair. Journal of American Society for Psychical Research, 1985, 79, 3

© Giovanni Iannuzzo, maggio 2009