papa giovanni novembre2011

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Le meditazioni di Papa Giovanni sul Concilio, la guerra, la pace Il Natale 1958 con i carcerati: “Il mio cuore vicino al vostro” Duecento ragazzi in gara per il logo dedicato al Papa bergamasco Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa (Anno XXVIII) Nuova serie - Anno 10 n. 6- Novembre/Dicembre 2011 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R. NOVEMBRE - DICEMBRE 2011 Appunti e pensieri inediti sul Natale di Angelo Roncalli

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rivista bimestrale papa giovanni

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Le meditazionidi Papa Giovanni

sul Concilio, la guerra, la pace

Il Natale 1958 con i carcerati:

“Il mio cuorevicino al vostro”

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“ Appunti e pensieri ineditisul Natale di Angelo Roncalli “

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w Sotto la protezione di Papa Giovanni

Inviate la fotografia dei vostri bambini ad: via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo

Nonno Felice e nonna Rosannaaffidano le loro nipotine Silvia e Giulia

alla protezione di Papa Giovanni XXIII , affinchè li protegga

per tutta la vita

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Matilda

Nonna Margheritamette sotto la protezione

di Papa Giovanni la sua nipotina Matilda

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Le meditazionidi Papa Giovanni

sul Concilio, la guerra, la pace

Il Natale 1958 con i carcerati:

“Il mio cuorevicino al vostro”

Duecento ragazziin gara per il logo dedicato al Papa

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2011

“ Appunti e pensieri ineditisul Natale di Angelo Roncalli “

Redazione: mons. Gianni Carzaniga direttore della “Fondazione Beato Papa Giovanni XXIII”

con sede nel Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo,mons. Marino Bertocchi parroco di Sotto il Monte,

don Oliviero Giuliani Claudio Gualdi

segretario dell’associazione“Amici di Papa Giovanni”,

Pietro Vermigli, Giulia Cortinovis, Marta Gritti, Vincenzo Andraous

padre Antonino TagliabueLuna Gualdi

Coordinamento redazionale: Francesco Lamberini

Fotografie: Archivio del Seminario Vescovile di Bergamo, Archivio “Amici di Papa

Giovanni”, Archivio “Fondazione BeatoPapa Giovanni XXIII”

ABBOnAMenTi

Ordinario e 26

Benemerito e 36

Sostenitore e 68

Onorario e 120

Estero ordinario e 45

Estero benemerito e 55

Rimessa a mezzo vaglia postale C.C.P. n.97111322 o assegno bancario.

Puoi prenotare il tuo abbonamento telefonando allo 035 3591011. Tutti gli importi che eventualmente perverranno eccedenti le quote di abbonamento, saranno adoperati per procurare nuovi abbonati o saldarne di morosi. Qualora il versante non sia d’accordo con l’operato e l’orientamento della rivista, è invitato ad astenersi dall’inviare gli importi di cui sopra a qualsiasi titolo.

n. 6 bimestralenovembre/dicembre

Direttore responsabileMonsignor

Giovanni Carzaniga

Direttore editorialeClaudio Gualdi

ediTriCe BerGAMASCAiSTiTUTO ediTOriALe JOAnneS

Anno XXViii

Direzione e Redazionevia Madonna della Neve, 26/24

24121 BergamoTel. 035 3591 011Fax 035 3591117

Conto CorrentePostale n. 97111322

Stampa: Sigraf Via Redipuglia, 77Treviglio (Bg)

Aut. Trib. di Bg n. 17/2009 - 01/07/2009

www.amicidipapagiovanni.it

[email protected]

Attenzione: per eventuali ritar-di nella consegna del giornale o altri problemi postali con-tattare la redazione lasciando anche recapito telefonico.

NATAlE, APPuNTI E PENSIERI

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2012, «l’ANNO dEllA FEdE» NEl SEGNO

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«lA CARITà dI GESù SI dIFFONdA NEllE CASE

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Il NATAlE 1958 CON I CARCERATI: «Il MIO CuORE

VICINO Al VOSTRO»

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Angelo Roncalli riportava sul suo diario, ogni giorno, con diligenza, dal Natale con il vescovo Radini Tedeschi fino alla riflessione su Kruscev e alla preghiera per la Russia. Inoltre due documenti inediti: gli appunti per due omelie natalizie che Roncalli svolse nel 1914 e nel 1917. Infine i giorni della Natività di Papa Giovanni, a cominciare dalla storica visita al carcere di Regina Coeli, nel racconto di monsignor Capovilla.

Radiomessaggio Natale 1962Figli in Cristo dilettissimi, avete ben fissate le prime parole dell’Angelus Domini. Oh che invocazione! Essa è il preludio liturgico della vigilia e della notte di Natale: preludio di questa soave giornata e di quelle che seguiranno. In esse riecheggia alto e solenne il primo insegnamento dato dal Figlio di Dio fatto uomo: umiltà e obbedienza. E’ pertanto invito, rinnovato e fervido, alla sua imitazione. Il recente radiomessaggio e le allocuzioni di domenica al Sacro

Collegio e al Corpo Diplomatico questo han voluto esprimere ancora una volta, cioè il senso vivo del dovere che tutti urge di non soffermarsi alla lietissima contemplazione del gaudio natalizio, ma di procedere oltre con animo grande per giungere alle sue pratiche applicazioni personali e sociali.Ora la benedizione di questo giorno di luce, «dies sanctificatus illuxit nobis», incoraggia la adesione pronta e fermis-sima dei cuori generosi; incoraggia la risposta che si annuncia anche timida alla retta coscienza di ciascun uomo. Sì, sì. Non c’è studio filosofico, non c’è sforzo di ammodernamento di sistemi che valga se l’animo non si apre tutto alle effusioni della luce e della grazia celeste. La verità delle beatitudini

D O C U M E N T I

P apa Giovanni e il Natale. Papa Giovanni, il Papa Buono, il Papa della tradizione e dell’innovazione. Il Papa dell’intelligenza

che apre anche le porte del cuore. Su Roncalli «L’Eco di Bergamo» ha dedicato una serie di servizi al «suo» Natale. Si tratta di articoli curati dal giornalista Paolo Aresi che propongono appunti e pensieri di Angelo Roncalli tratti dai suoi diari, dal suo omeliario, dai suoi discorsi. E’ stato possibile mettere insieme questo materiale grazie alla collaborazione della Fondazione Beato Giovanni XXIII e di monsignor Loris Capo-villa, segretario del Pontefice, che a Papa Giovanni ha dedicato la vita. In tali servizi, che riproponiamo ai nostri lettori, offriamo il testo del radiomessaggio del Natale 1962, l’ultimo Natale della vita terrestre del Papa, e le toccanti parole di una riflessione del Natale 1902, quando Angelo Roncalli aveva soltanto 21 anni. Nelle pagine successive compaiono le annotazioni che

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proponiamo una serie di annotazioni, alcune inedite, tratte dai suoi diari e discorsi

Il Pontefice bergamasco mentre si rivolge ai fedeli dal balcone di piazza San Pietro

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proclamate sulla montagna torna in eco particolarmente vibrante a Natale e si impone alla universale attenzione. Il Nato di Betlemme è umile e mite di cuore, povero e innocente; egli è il costruttore della pace, e per essa già si appresta al sacrificio supremo. Questa la strada segnata da Gesù Cristo; questa la indicazione per ogni uomo che accoglie il divino messaggio con prontezza di adesione, ad ogni costo di sforzo e di generosità personale. A Betlemme, diletti figli, è l’inizio del nuovo corso della storia, per una più grande irradiazione della civiltà di ciascun popolo: ma questo corso è affidato alla responsa-bilità di ciascuno di noi.Di fatto, per la legge naturale della solidarietà e per la dottrina cristiana del corpo mistico, la dignità umana, la libertà e la giustizia dipendono da tutti noi nell’insieme e come individui. Da Betlemme, l’incoraggiamento alle applicazioni del vivere sociale: sconfitta di egoismo, intel-ligente conoscenza delle necessità altrui, legge del perdono ampiamente applicata, trionfo di fraternità perfetta.«Venite gentes et adorate Dominum: quia hodie descendit lux magna super terram, alleluja». Ancora una volta Buon Natale. Santo Natale! Gloria al tuo Cuore. Vieni, t’aspetto.

24 dicembre 1902. Brano tratto da «Il Giornale dell’Anima»Già è inoltrata la notte; le stelle chiare e lucenti brillano nella fredda atmosfera, voci chiassose e discordi giungono al mio orecchio dalla città: sono i gaudenti del mondo che ricordano coi bagordi la povertà del Salvatore; attorno a me dormono i miei compagni nelle loro camere, ed io veglio ancora pensando al mistero di Betlemme. Vieni, vieni Gesù, io ti attendo. Maria e Giuseppe sentendo l’ora vicina rifiutati dai cittadini, si danno alla campagna in cerca di ricovero. Io sono un povero pastore, non ho che una miserabile stalla, una piccola mangiatoia, alcune poche paglie; offro tutto a voi, compiacetevi accettare questo povero tugurio. Ti affretta, o Gesù, l’anima mia è povera e nuda di virtù, le paglie di tante mie imperfezioni ti pungeranno, ti faranno piangere; ma, mio Signore, che vuoi? E’ tutto quel poco che ho. Mi commuove la tua povertà, mi intenerisce, mi strappa le lacrime: eppure io non so qual cosa di meglio offrirti. Gesù, abbellisci l’anima mia colla tua presenza, adornala colle tue grazie, abbrucia queste paglie e cambiale in soffice giaciglio al tuo Corpo santissimo. Gesù ti aspetto; oh! I cattivi ti rifiutano; fuori

spira un vento glaciale; ti lasciano gelare, vieni, voglio che ti compiaccia del mio buon desiderio che ho di farti buona accoglienza, di volerti un gran bene, di sacrificarmi per te. Alla tua volta il cuore dà tutto ciò che non è il tuo Cuore Santissimo; sei la santità increata e mi ricolmerai di grazie fecondatrici di progresso vero nello spirito. Vieni, Gesù; ho tante cose da dirti!... Tante pene da confidarti! Tanti desideri... tante promesse... tante speranze...Ti voglio adorare, baciare in fronte, o piccolo Gesù, darmi a te un’altra volta, per sempre. Vieni o Gesù... non tardare più oltre... accetta il mio invito, vieni... Ma ohimé! L’ora si fa già tarda, il sonno mi vince, la penna mi cade dalle mani. Lasciami dormire un poco, mentre la tua Madre e S. Giuseppe stanno preparando la stanza. Mi metto qui a riposare, al rezzo dell’aria notturna. Appena sarai venuto la chiarezza della tua luce abbaglierà le mie pupille; i tuoi angeli mi desteranno con le dolci armonie di gloria e di pace ed io correrò festante a riceverti a presentarti i miei poveri doni, la mia casa, tutto quel poco che posso, ad adorarti, a mostrarti il mio affetto cogli altri pastori accorsi con me e coi celesti spiriti melodianti inni di gloria al tuo Cuore. Vieni, t’aspetto.

Un ritratto di Papa Giovanni nel Seminario di Bergamo eseguito dal pittore Angelo Lanzini

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regalata dalla diocesi a Mgr. Guindani. La funzione riesce solennissima, la chiesa è piena, l’omelia riuscitissima. «Veni Domine, revoca dispersos in terram suam». Chi sono i dispersi? L’uomo, la famiglia, la società. In che stato erano ai tempi di Cristo, come li ha salvati, in che stato si trovano al presente, come debbono tornare a Cristo. Preghiera commovente a Gesù Bambino. A pranzo siamo soli, Monsignore, il cerimoniere Locatelli, un buon tipo sui generis ed io - festa raccolta. Più tardi Mgr. mi invita al passeggio, ed è la prima volta dacché è a Bergamo, ed io l’accompagno sulle Mura. Torniamo a Porta S. Giacomo e andiamo a visitare il Can.co Baizini, un buon canonico di quei di Bergamo, che racconta le sue centomila malattie passate, presenti e future. Rien-triamo in casa, di nuovo al lavoro - a cena viene qualche pensiero mesto a Monsignore che pensai ai suoi fastidi di famiglia. Ci consoliamo ricordando il Natale di Gesù povero, sofferente e ci ritiriamo. Così il Natale è finito.

1 gennaio 1918, martedìAlla Messa del Soldato molta gente. Ho parlato con calore delle nostre speranze per il nuovo anno fra tante ragioni di tristezza e dei propositi genesi di compimento di tutto il nostro dovere. Sopra le speranze, sopra le tristezze, sopra i propositi ho messo il nome di Gesù illustrandone il divino mistero sotto il triplice aspetto: nomen sanguinis; nomen gloriae; nomen pacis. Ho viva speranza che l’anno novello rechi benedizioni alla patria. Ora essa è umiliata fra le altre nazioni. Forse in questa umiliazione sta il segreto delle sue prossime fortune. Faxit Deus.

25 dicembre 1919Dopo il 1901 è la prima volta che passai il Natale in famiglia. Ieri a Sotto il Monte, dove cantai la terza Messa e nel pomeriggio predicai l’Adorazione ai miei conterranei che stipavano la chiesa. La mia gioia domenica in mezzo

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P resentiamo in questo servizio brani relativi al Natale che si trovano nelle agende di Papa Giovanni, diari che egli compilò

regolarmente ogni giorno, fin da giovanissimo. Anno-tazioni semplici, a volte telegrafiche. Poche righe per ogni giorno. Ma anche da questi brevi schizzi delle giornate si riesce a cogliere la personalità del Pontefice, la sua sensibilità. Le agende sono conservate dalla Fondazione Beato Giovanni XXIII nella sua sede al Seminario Vescovile di Bergamo.

25 dicembre 1905, lunedì E’ Natale. Io mi sveglio un po’ tardi, vado a S. Michele, celebro la Messa e confesso tutta la mattinata. Monsi-gnore alle 10 entra in Duomo per il pontificale: ha in petto per la prima volta la famosa e preziosissima croce

le meditazioNi di roNcallisul coNcilio, la Guerra, la pace

Nel 1940 scrisse: «mi piace tanto far la carità agli altri. il signore ne fa sempre a me»

L’agenda di Angelo Roncalli del 1918

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a tutti i miei cari fu veramente grande e soavissima. Soprattutto mi compiaccio del profondo senso cristiano che permane nella mia casa. A sera passai a Chignolo a visitare la famiglia Ambrosioni e condussi a Bergamo la mia carissima mamma che spero di trattenere per qualche giorno.

25 dicembre 1940, lunedìNatale del Signore. Tempo brutto: ma pace nel cuore... In casa restammo soli, Mgr. Righi ed io. I lavori della casa sono a buon punto e permettono una sincera e piena compiacenza per la loro buona riuscita. Nel pomeriggio parecchie visite di brave persone, talora poveri che soccorro. Mi piace tanto far la carità agli altri mentre vedo che il Signore ne fa continuamente a me.

25 dicembre, giovedì 1941 - IstanbulDies natali Domini. Il pensiero della Grecia che non mi abbandona me lo ha reso un po’ triste questo giorno... Al Vangelo lessi in turco la pagina di S. Giovanni e commentai in francese. Mundus eum non cognovit sui eum non receperunt. La guerra veduta in questo inse-gnamento. Tre punti: insegnamento, incoraggiamento, benedizioni del Papa che diedi dopo. Musica tutta di P. Atanasio. Adeste fideles. Intenzioni buone, ma contenuto ed esecuzioni infelici: un lavoro da forzati che remano affannosamente. Gran pazienza a sentirla per due volte.

26 dicembre 1959, sabatoAppena messomi a letto il pensiero di ieri sera prese il sopravvento arrestando il primo sonno e invitandomi ad alzarmi dalle ore 23 alle ore 2 della notte e fornendomi idee e immagini per la composizione del primo discorso che intendo preparare per il 25 gennaio a S. Giovanni in Laterano per l’apertura del Sinodo. Questo colloquio notturno con Gesù Crocifisso dal genuflessorio che segna il punto giusto del letto di S. Pio X e XI morenti, in faccia al mio letto dove dormiva il mio immediato predecessore Pio XII, fissò l’inizio della mia elevazione spirituale verso l’avvenimento che tutta la Chiesa attende come introduzione alla più lontana celebrazione del Concilio Vaticano II. Che il Signore accolga la mia buona volontà di servirlo. Il fervore della notte mi accompagnò per tutta la recita del Breviario e la Messa di S. Stefano. In mattinata seguirono le prime udienze per gli auguri

dei diplomatici: Austria, Panama, S. Domingo, Paraguay e Libano.

25 dicembre 1959, lunedìGiornata tranquilla. Alle 11 però scesi in biblioteca per un radiomessaggio per la inaugurazione di un organo di stampa e propaganda: lingua spagnola. Resto delle ore in raccoglimento intorno «alla spelonca di mezzanotte» secondo le belle pagine di Faber, «Betlemme». Il pensiero si ripiega al ricordo dei tanti Natali in quasi 80 anni: a Bergamo, a Roma, in Oriente, a Parigi, a Venezia: trascorsi presso Gesù Salvatore dolcezza e speranza della umanità. Ma il Natale del Papa, dal Vaticano, padre di tutti i fratelli di Gesù sparsi nel mondo: oh! quale annientamento della mia anima, e della mia vita.

25 dicembre 1960, domenicaS. Messa di mezzanotte da me celebrata col Corpo Diplo-matico. Tutto bene, devoto e pio. Mio discorsetto infine ispirato dalle pagine di Faber: «Betlemme: la spelonca a mezzanotte». La cerimonia ebbe luogo nella sala del concistoro. Alle 11,15 III Messa a S. Pietro. La II la celebrai qui in cappella alle 10, e in intimità. Converrà

Papa Giovanni ripreso durante una cerimonia

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forse questa II farla seguire qui in casa dopo la I. Alle 12,15 diedi in tiara la benedizione solenne dalla loggia esterna di S. Pietro sulla piazza. La preparai con brevi parole lette precisando le intenzioni del mio gesto: i bambini, i lavoratori, i sofferenti, la famiglia Cristiana e la Chiesa Cattolica sparsa in tutto il mondo. Diedi il saluto finale in 7 lingue. A pranzo la eccezione alla mia solitudine quotidiana colla presenza carissima di Mgr A. Rotta (88 anni) e i miei due Testa, il Card. Gustavo e l’arciv. Giacomo.

25 dicembre 1962, martedìCome l’anno scorso Natale piovoso. Ma quest’anno

l’orizzonte politico e internazionale è da qualche giorno assai migliorato nel senso della pace mondiale. Dalle voci più autorevoli del mondo politico sembrerebbe convinzione comune che questo periodo di pubblica pace si debba all’azione del Papa che facendosi sentire in tutto il mondo dove la radio arriva finisce coll’inte-ressare sopra una preoccupazione che tocca il cuore di tutti. Al mattino io celebrai privatamente in capella la II e la III Messa, in intimità. Poi mi recai sul Gianicolo in visita all’Ospedale del Bambin Gesù che nel suo genere mi dicono essere uno dei più perfezionati del mondo. Esso appartiene al Vaticano e la visita fu vera-mente deliziosa. Parlai infine a tutti. Nel pomeriggio accolsi cordialmente la visita del Card. Gustavo Testa e di Mgr. Rotta, carissimo amico degli anni lontani. Lo accompagnava Camagni Secret. ai Brevi. Tutto in letizia e in buona fraternità.

26 dicembre 1962, mercoledìS. Stefano tranquillo. La liturgia mi fece graditissima impressione. Continua nel mio spirito l’interessamento per ciò che il Signore sta misteriosamente operando. Questo Kroushev o Nikita Khruschchev – come lui si firma – non ci prepara forse delle sorprese? Stanotte dopo molto meditare, e dopo di aver letto la introdu-zione alla «Grammatica della lingua Russa» di Ettore Lo Gatto che ieri, festa di Natale Mgr. Capovilla mi ha procurato, mi sono alzato dal letto, e inginocchiato innanzi al mio Crocifisso, gli ho consacrata la mia vita in estremo sacrificio di tutto me stesso, in riferimento a quanto volesse da me per questa grande impresa della conversione della Russia alla Chiesa Cattolica. Ciò ripetei nella S. Messa celebrata in questo spirito.

«Buon Natale a tutti. Gloria e bene-dizione al Signore, e pace sulla terra agli uomini di buona volontà. Che il Signore continui a darvi questa pace preziosa per cui portiamo a vicenda i nostri difetti; e tutti abbiamo qualche difetto. Più è buono chi più ha pazienza, chi più sa tacere, dissi-mulare, compatire. Il Natale ha anche questo di bello, che ci richiama

meglio alla gioia del Paradiso per cui siamo fatti, e dove un giorno ci troveremo tutti uniti, dopo i distacchi della vita, dopo le vicende ora liete ora meste del nostro pellegrinaggio. Come ci sembreranno piccole da lassù le miserie della terra! Il Natale è la festa più lieta per le famiglie che hanno molti bambini come la nostra. Nei visi innocenti di queste

creature si riflette meglio la faccia del Bambino. E’ appunto in vista di questi cari piccoli che noi grandi dobbiamo essere buoni, esemplari, amorevoli. l’educazione che lascia tracce più profonde è sempre quella della casa. Io ho dimenticato molto di ciò che ho letto sui libri: ma ricordo ancora benissimo tutto quello che ho appreso dai genitori e dai vecchi...».

Lettera ai familiari del 20 dicembre 1932, da Sofia

Roncalli conversa con un altro cardinale poco prima del Concilio

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Papa Giovanni XXIII, nel 1959, fra i bambini malati al Centro volontari della sofferenza

di esultanza per tutti - nel tempo in cui Gesù apparve - nel tempo nostro.Il popolo che vagava nelle tenebre - dice Isaia - vide una grande luce - Gesù è la luce - in quanto egli venne a insegnare agli uomini la verità stenebran-doli dagli errori. La culla è la cattedra del maestro divino. Sull’altare eucaristico Gesù si trova come a Betlemme. Ascoltiamone i divini insegnamenti. Questi ci vengono dati in ordine alla vita - dunque sono molto importanti per noi. Insegnamento di umiltà, di povertà, di carità.1) L’umiltà. Il mondo antico cos’era? Superbia, fasto: le grandi civiltà di Egitto, di Grecia, di Roma: la voce dei filosofi, la vita pratica - Il mondo odierno profano - è superbia nella scienza, nella ricerca della gloria, nel giudicare delle opere dei giusti. Ebbene, Gesù da Betlemme insegna l’umiltà: discende, vuole genitori di umili condizioni, cerca l’abbandono, il

«la carità di Gesù si diffoNdaNelle case di tutto il moNdo»

la frase fa parte di inediti appunti per omelie contenuti in quaderni scritti da roncalli

Q uesti appunti per omelie sono contenuti in quadernetti conservati dalla Fonda-zione Beato Giovanni XXIII. Sono

schemi, sintesi. Sono inedite. E’ interessante il modo in cui negli appunti il don Angelo Roncalli trentenne usa la punteggiatura, il frequente uso del «due punti», per esempio, che indica una consequenzialità di pensiero.

Appunti per omelie - Venerdì 14 dicembre 1917Aspettiamo il Natale: tutta la liturgia esprime con patetici accenti lo spirito di questa dolce attesa sulle tracce di San Bernardo la venuta di Gesù noi cele-briamo nel santo Avvento.1) Ricordiamo la visita di Gesù Redentore e Salvatore al genere umano. Quanta misericordia per noi! In prin-cipio erat verbum… et verbum caro factum est. Notte e giorno, tenebre e luce, barbarie e civiltà: paganesimo e cristianesimo: Gesù ha segnato il contrasto vittorioso fra tutto ciò con la sua prima venuta; ed è rimasto per l’umanità rigenerata da Lui via, verità, vita che è quanto dire progresso, felicità, pace. Gesù era Dio. Noi l’abbiamo qui presente sotto i veli eucaristici: ed è sempre Lui, Redentore, Salvatore nostro nei secoli. Adoriamolo, ringraziamolo. All’annuncio della sua venuta: gloria… pax.. la Chiesa fa seguire il cantico di lode, di adorazione, di gratitudine: laudamus te etc gratias agimus tibi etc… sia il cantico nostro.2) Attendiamo la venuta di Gesù, sposo divino alle anime di ciascuno per santificarle. Tutte le grazie del Signore a noi sono visita di Gesù…3) Attendiamo la venuta di Gesù giudice dei vivi e dei morti.

1914 - Ardesio - Quarantore a NataleGli insegnamenti del Natale di Gesù. La gioia del mondo in questo giorno - San Leone Magno - Ragioni

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Il Santo Padre fra i malati dell’ospedale di Santo Spirito, è il 25 dicembre del 1958

Il giorno di Natale del 1962 Papa Giovanni andò a visitare i piccoli ammalati dell’ospedale Bambin Gesù. Papa Giovanni era già malato: morirà sei mesi dopo. Racconta monsignor loris Capovilla: «disse il Papa ai bambini: “Sono venuto qui, come vedete, in buone condizioni di salute. Non proprio in grado di fare una corsa o misurarmi in una gara, ma avendo, grazie a dio, eccel-lente uso di ogni senso, sì da poter ammirare questo imponente spet-

tacolo di carità, di innocenza e di avvenire... Importante è lo star bene specialmente dalla parte del cuore; e da questa parte, vi posso assicurare che tutto va benissimo». Qualche giorno dopo avvenne l’incontro con altri ragazzi affetti da mutilazioni per cause di guerra o colpiti da gravis-sime malattie: i ragazzi vennero invitati ad ascoltare il concerto che i Pueri Cantores della Cappella musicale pontificia eseguivano per il Papa. Furono momenti soavi, commoventi.

Il Papa seguiva la musica, guardava i bambini, sorrideva. Alla fine parlò, ma le parole si spegnevano sulle labbra, smorzate dal pianto. disse: «Tutta la nostra vita deve svolgersi e conclu-dersi in un canto angelico, nell’amore e nella gratitudine al Signore, il quale per noi è disceso sulla terra, si è fatto bambino, e poi ha immolato la vita per noi. Tutto questo per averci con lui, nella eternità beata in Paradiso, dunque per la nostra felicità».

Il concerto del dicembre 1962 con i bambini mutilati

dispregio degli uomini - vuole l’umile gente intorno a sé, dall’umiltà inizia la sua esaltazione. O uomini del mondo, giù in ginocchio davanti al bambino di Betlemme e alle cose e alle virtù che egli prediligeva. Chinate la vostra testa per convinzione, per amore...II) La povertà. L’auri sacra fames è cosa vecchia. La storia della formazione delle antiche potenze: la ricchezza per la ricchezza e la ricchezza per i piaceri della vita. E’ questa anche la storia di oggi: si cerca di arricchire e ci si lamenta spesso anche dei buoni cristiani. Gesù invece viene al mondo poverissimo: eccolo là nel presepio: di tutto abbisogna e tutto gli manca. E dire che egli è il padrone di tutto, ha creato i cieli, ha formato i metalli, fa crescere i frutti della

terra eppure deve avere ragione lui e non il mondo. E allora in alto il cuore, o poveretti state contenti al poco, non troppe sollecitudini per i beni di quaggiù che possono: cerchiamo i tesori della povertà che abbondò nelle ricchezze - Seguiamo l’esempio dei santi: Francesco d’Assisi e tutti gli altri. Egli fu seguace autentico di Gesù. Franciscus pauper et humilis dives coelis ingreditur himnis celestibus honorabitur…(Francesco povero e umile entra ricco nei cieli: è onorato dagli inni celesti).III La carità. Il Signore aveva fatte le cose bene: tutti fratelli gli uomini: il peccato forte, il disordine: da Caino ad Abele agli uomini che si uccidono oggi nei campi di battaglia. Quel che è peggio manca la carità fra coloro che abitano sotto il medesimo tetto e si cibano alla stessa mensa: di qui il malessere sociale presenta le agitazioni popolari, ecc.Gesù da Betlemme continua sempre con la medesima lezione: la dà col fatto: proste nihmian caritatem: la dà colle parole amatevi amatevi: la dà aiutando tutte le opere della carità.O uomini, chierici, egoisti, insidiosi: giù gli odi, i rancori, le inimicizie: fiorisca intorno a Betlemme la carità santa e soave di Gesù. Si diffonda nelle case, nei paesi, nelle nazioni, in tutto il mondo. Che dolce cosa volersi bene qui e preparare i germi della nostra felicità avvenire! Quando saremo assorbiti nella luce della divina essenza che è carità.Si può finire anche col «agnosce o cristiane digni-tatem tuam» di S. Leone Magno (riconosci cristiano la tua dignità).

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to. Lo studio è semplice. Ritratti di Papa Giovan-ni, ricordi. Tanti libri. Continua: «Dal Gianicolo scese a Santo Spirito in quel Natale del 1958. C’era una gran ressa di giornalisti, fotografi, per-sonale... In quel frastuono, solo si manteneva calmo nella sua inalterata e tranquilla serenità. Niente lo impressionava, né lo esaltava. Sentiva di trovarsi nel pieno esercizio delle virtù evange-liche e questo bastava alla sua letizia interiore».Il giorno dopo Papa Giovanni si recò dai carce-rati di Regina Coeli. Racconta monsignor Loris: «Uscimmo di casa alle nove. Lui era in piedi dalle quattro, per lui era normale. Aveva detto Messa alle sette. Aveva in tasca un discorso scritto, ma non se ne servì. Durante il viaggio in auto non

il Natale 1958 coN i carcerati: «il mio cuore viciNo al vostro»

papa Giovanni scelse le parole più semplici parlando di casa e di figli che aspettavano

L a salita che porta alla casa di Camaiti-no, a Sotto il Monte, è bianca di neve. La porta è aperta: le suore delle Pove-

relle sorridono, indicano i ricordi di Papa Gio-vanni che si trovano in questa sala, con il soffitto a cassettoni dipinto. In fondo al corridoio, sul-la sinistra, si apre lo studio di monsignor Loris Capovilla: l’arcivescovo di Mesembria, segretario particolare di Angelo Roncalli ha dedicato tutta la vita a Papa Giovanni. Capovilla oggi ha no-vantasei anni: la memoria è prodigiosa e attinge a un pozzo di cultura. Il vescovo sorride, stringe la mano con calore. Dice: «Papa Giovanni il Natale lo sentiva molto, lo viveva nei ricordi dell’infan-zia, nel pensiero delle persone care e di quelle che non c’erano più. Mi ricordo il primo Natale da Papa, quello del 1958. Il 22 dicembre, era un lunedì, si incontrò per la prima volta con i par-roci di Roma. Egli era tutto pieno di esultanza per gli avvenimenti dei giorni innanzi, la nomina di ventitrè nuovi cardinali, e per quanto si stava preparando e che egli stesso decise di annunciare, un po’ per volta. Si rivolse a quei parroci e disse: “Intendo recarmi a visitare i carcerati... e l’ospe-dale dei Bambini e di Santo Spirito: niente di più piacevole di questa speciale forma di celebrazione di così sante ricorrenze. Ciò avrà forse l’aspetto di novità. Ma ci tengo a dichiarare che non cerco la singolarità, e neppure ne godo; tuttavia trovo che sia bene attuare qualcuna delle più ordinarie opere di misericordia. Esse sono ben quattordici e meritano di essere fatte apprezzare con la pa-rola e con l’esempio”. Riuscì con il suo modo a far passare come cosa quasi normale qualcosa che invece segnava un nuovo capitolo della storia della chiesa romana».Monsignor Loris parla con forza, lo sguardo drit-

V I S I T E

E’ il 26 dicembre del 1958 e il Papa visita i carcerati suscitando viva commozione in tutto il mondo

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v i s i t e

parlò, ma rimase assorto a pregare. Entrammo. Il Papa cominciò a parlare cercando le parole più semplici, per creare un clima di famiglia raccon-tò l’episodio di un suo lontano parente sorpreso a cacciare di frodo e denunciato ai carabinieri... Poi toccò il tema della casa lontana, dei figli che aspettano, della redenzione che è necessaria e possibile. A quel punto non si capiva più se ci trovavamo in carcere o in un santuario. Quando

il Papa vestito di bianco levò le braccia e gli occhi e con la parola rotta dal sighiozzo concluse il suo discorso non c’era più nessuno che non pianges-se. Disse il Papa: “Sono venuto, m’avete visto; io ho fissato i miei occhi nei vostri, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore. Questo incontro, sia-te pur sicuri, resterà nel profondo della mia ani-ma. Al principio dell’anno nuovo, di quello che è chiamato il primo anno del mio Pontificato, ho piacere che questa visita sia stata un’opera di mi-sericordia compiuta per voi, perché una chiama tutte le altre...” A questo punto saltarono i divieti, i carcerati irruppero attorno al Santo Padre. Lui se ne portò alcuni accanto al presepio allestito in un angolo della Rotonda. Poi volle entrare nei raggi. L’improvvisa richiesta generò un momen-to di confusione. Ormai era tutto un succedersi di imprevisti carichi di significato e di speranza. Poco dopo salì nell’infermeria. L’incontro con i malati avvenne tra i singhiozzi. Anche il Santo Padre non riuscì a controllare l’emozione. Un giovane si avvicinò e gli disse: “Quello che avete detto vale anche per me”? La risposta fu breve e il Papa allargò le braccia: “Sì, per tutti... Siamo tutti peccatori”».

Un’altra immagine di Giovanni XXIII al carcere romano di Regina Coeli

la diocesi di Bergamo cambierà il suo logo. O meglio, il tradizio-nale logo raffigurante il patrono Sant’Alessandro con la scritta «Beate Alexander serva clerum ac plebem» («O Beato Alessandro, custodisci il clero e il popolo») è stato sottoposto a restyling. Il simbolo fu usato per la prima volta nel gennaio dell’anno 1909 per il primo numero de «la vita diocesana», l’organo ufficiale degli atti del vescovo e della Curia. Questo logo ha una sua storia nell’immagine e nel motto. «l’immagine del santo – sottolinea don Bruno Caccia, addetto all’ufficio per i beni culturali ecclesia-stici – ritrae la statua di Sant’Ales-sandro vessillifero che campeggia sulla cupola del duomo. E’ un’opera dello scultore milanese Carlo Broggi

che risale alla metà dell’Ottocento. Parte del motto è invece una scelta di don Roncalli». Infatti, fu proprio dietro suggerimento del segretario don Angelo Giuseppe Roncalli – il futuro Beato Papa Giovanni XXIII – che l’allora vescovo Giacomo Maria Radini Tedeschi avviò la pubbli-cazione de «la vita diocesana». Redattore del nuovo periodico era lo stesso don Roncalli, che trovò negli archivi un sigillo medievale raffigu-rante Sant’Alessandro con la scritta «serva clerum ac plebem». Venne così ideato il logo che ha accompa-gnato il cammino della diocesi berga-masca fino ai nostri giorni. Ora che si è deciso di procedere al restyling, lo studio e la realizzazione del progetto sono stati affidati alla Moma comuni-

cazione, società del gruppo Sesaab, editrice de l’Eco di Bergamo, che si è mossa pensando al logo anche per un suo utilizzo a piccole dimensioni. Il lavoro di restyling ha interessato il vertice del logo, inoltre i simboli araldici e i gigli alessandrini che sono stati ridisegnati conservando caratte-ristiche e proporzioni del precedente. l’immagine del santo, rimasta inal-terata, è stata ridisegnata in outline e leggermente semplificata nel tratto per renderla più leggibile e adatta a un’immagine digitale. Ridisegnato invece il carattere gotico della scritta, con la scelta del trajan per renderlo più nitido e leggibile. Il nuovo colore scelto è il pantone verde, per confe-rire al logo istituzionalità ed eleganza stilistica.

Dopo 102 anni cambia il logo della diocesi di Bergamo

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della nuova evangelizzazione, perché gli uomini del nostro tempo, dopo la nefasta stagione degli imperi totalitari del XX secolo, hanno bisogno di ritrovare uno sguardo complessivo sul mondo e sul tempo, uno sguardo veramente libero, pacifico, quello sguar-do che il Concilio Vaticano II ha trasmesso nei suoi Documenti, e che i miei predecessori, il Servo di Dio Paolo VI (che nel 1967 indisse un analogo Anno della fede ndr) e il Beato Giovanni Paolo II, hanno illustra-to con il loro magistero».Benedetto XVI ha poi rimarcato: «La Chiesa non si limita a ricordare agli uomini la giusta distinzione tra la sfera di autorità di Cesare e quella di Dio, tra l’ambito politico e quello religioso. La missione della Chiesa, come quella di Cristo, è essenzialmente parla-re di Dio, fare memoria della sua sovranità, richiamare a tutti, specialmente ai cristiani che hanno smarrito la propria identità, il diritto di Dio su ciò che gli appar-tiene, cioè la nostra vita».

2012, «l’aNNo della fede»Nel seGNo di papa GiovaNNi

inizierà il 12 ottobre, in occasione del 50° anniversario dell’apertura del vaticano ii

< Ho deciso di indire l’Anno della fede nel 2012». A dare l’annuncio a metà dello scor-so ottobre è stato lo stesso Papa Benedetto

XVI nella Basilica di San Pietro durante l’omelia della Messa con cui si è concluso l’incontro internazionale promosso dal Pontificio consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione guidato da monsignor Fisichella («Di fronte ai profondi cambiamenti in atto nella società dobbiamo evangelizzare i credenti», ave-va puntualizzato quest’ultimo). Papa Benedetto XVI ha inoltre reso noto che «sta per uscire la Lettera Apostolica con cui si istituisce l’An-no della fede e ne ha spiegato «motivazioni, finalità e direttrici». Benedetto XVI ha spiegato che quest’iniziativa nasce proprio dalla necessità di rafforzare e approfondire la fede in un mondo in cui questo percorso incontra «chiusura e rifiuto» e che spesso dimentica che «nes-sun potere terreno può mettersi al posto di Dio». E come indica il passo evangelico del tributo a Cesare, «la Chie-sa non si limita a ricordare agli uomini la giusta distinzione tra l’ambito politico e quello reli-gioso. La missione della Chie-sa, è essenzialmente parlare di Dio».Nell’omelia il Santo Padre ha sottolineato che «i rivolgimen-ti epocali, il succedersi delle grandi potenze stanno sotto il supremo dominio di Dio» e che «nessun potere terreno può mettersi al suo posto». Il Papa ha quindi spiegato che «la teologia della storia è un aspetto importante, essenziale

C E L E B R A Z I O N I

Papa Benedetto XVI sulla pedana mobile nella Basilica di San Pietro

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c e l e b r a z i o n i

Nella biografia di Celestina Bottego, fondatrice della congregazione delle missionarie Saveriane, si fa anche il suo nome: suor Gianna lingiardi, bergamasca di Fonta-nella, il 20 maggio del 1957 faceva parte del gruppo di quattro reli-giose (tra cui la stessa Bottega, Anna Chiletti ed Elisa Caspani) che salparono da Genova alla volta del Brasile per dare il via all’attività missionaria della «Società missio-naria di Maria», il nome ufficiale delle suore Saveriane, che oggi operano in 39 case sparse in 9 Paesi tra i più poveri al mondo. dopo una vita dedicata all’attività missionaria, inizialmente in modo diretto e poi dall’Italia, dove era stata costretta a rientrare per dei problemi di salute, il 15 agosto

pomeriggio suor Gianna è morta: aveva 88 anni e da qualche anno era ospite nella casa madre delle Saveriane, a Parma, la città d’ori-gine della famiglia Bottego (Cele-stina nacque infatti negli Stati uniti, ma scelse l’Italia per fondare la congregazione femminile nel 1945). E proprio Gianna lingiardi fu tra le primissime religiose a emettere la professione perpetua nella congre-gazione delle Saveriane (oggi sono 246). l’attività missionaria di suor Gianna iniziò proprio in Brasile, nello stato del Paranà dove, con la fondatrice della congregazione (morta nel 1980) e con le altre due consorelle, sbarcò agli inizi di giugno del 1957.E in Brasile suor Gianna restò per vent’anni, dedicandosi all’attività

missionaria che, anche grazie al suo operato, ha potuto rinforzarsi e stabilizzarsi. la religiosa di Fonta-nella si è occupata dell’evangeliz-zazione, attraverso la catechesi, ma anche dell’assistenza e della promozione sanitaria, oltre che della formazione di giovani missionarie. Nella metà degli Anni Settanta, a causa di un serio problema di salute (poi fortunatamente superato), suor Gianna è stata costretta a tornare in Italia, dove ha continuato a operare per il resto della vita a favore delle missioni direttamente nelle case italiane delle «Missionarie di Maria». E’ stata a Roma, in Puglia, a Milano e, negli ultimi cinque anni, a Parma. Nel pomeriggio di Ferragosto la morte. Il feretro è stato tumulato nel cimitero di Fontanella.

Dalla Bergamasca al Brasile: addio a suor Gianna

Significativa la scelta della data d’inizio dell’Anno del-la fede: l’11 ottobre 2012, 50° anniversario dell’aper-tura del Concilio ecumenico Vaticano II – indetto da Papa Roncalli – di cui Benedetto XVI ha richiamato e ribadito il valore. L’annuncio del Papa è una novità importante per la Chiesa, a cui se n’è accompagnata un’altra, di tutt’al-tro genere, che tuttavia, ha colpito molto: per la prima volta Papa Ratzinger ha utilizzato una pedana mobile per entrare a San Pietro e per percorrere gli oltre 100 metri fino all’altare della Confessione dove ha celebra-to la Messa.Di recente il portavoce vaticano padre Federico Lom-bardi aveva già anticipato che il Pontefice sarebbe ri-corso a quest’ausilio. La notizia non ha mancato di suscitare qualche interrogativo sullo stato di salute di Benedetto XVI. In realtà padre Lombardi ha spiegato chiaramente che la pedana – una piattaforma rettan-golare munita di rotelle con un corrimano di protezio-ne su tre lati – non è dovuta a prescrizioni mediche: serve solo per rendere meno gravose le lunghe proces-sioni di ingresso durante le cerimonie in basilica.

Papa Giovanni risponde sorridendo a una bambina che lo accoglie festosamente

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dedicato a Giovanni XXIII con tanti ricordi. Nella stanza dove riposava sono appesi i ritratti dei suoi genitori, ma anche del parroco che lo battezzò. Ca-povilla ha osservato: «Il nostro Papa diceva sempre “I miei genitori mi hanno dato la vita ma il mio parroco con il battesimo mi ha dato la Grazia”». Un fraterno incontro anche con le suore delle Pove-relle che sono a Ca’ Maitino. Il patriarca, in carica dal 1991, ha chiesto a Capovilla, alle suore e alle persone presenti, di pregare affinché continui il dia-logo tra le chiese cristiane. Al termine della visita non sono mancati una benedizione e un abbrac-cio tra il primate ortodosso e il segretario del Bea-to Papa Giovanni XXIII. Bartolomeo I, che vive a Istanbul, in quanto arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma, occupa la prima cattedra delle chie-se cristiane ortodosse nel mondo. E’ responsabile della convocazione dei sinodi pan-ortodossi e del dialogo interreligioso.

il patriarca di costaNtiNopolisui luoGhi di papa GiovaNNi

a settembre l’inaspettata visita del primate ortodosso Bartolomeo i a sotto il monte

U na gradita e improvvisa visita quella del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I a Sotto il Monte Giovan-

ni XXIII. Accompagnato dal diacono Andreas, sua santità il patriarca è arrivato da Brescia dove sabato 10 settembre ha visitato Concesio, il paese natale di Papa Montini e l’Istituto internazionale di Con-cesio dedicato a Paolo VI. L’articolo che proponia-mo, firmato da Remo Traina, è stato pubblicato su «L’Eco di Bergamo» e così prosegue.La prima tappa nel paese di Papa Giovanni è sta-ta la casa natale dove il patriarca ha compiuto la visita accompagnato dal rettore del Pime (Ponti-ficio istituto missioni estere), padre Marco Pifferi. Infatti i padri del Pime sono i custodi di questo luogo giovanneo. Sul libro degli ospiti il primate di Costantinopoli ha scritto: «Sono onorato di visitare Sotto il Monte, il paese che ha dato i natali a un grande Papa che promosse il Concilio Vaticano II. Giovanni XXIII è stato l’uomo dell’ecumenismo e della pace». Subito dopo il patriarca ha raggiunto Ca’ Maitino, che è stata la residenza estiva del Papa bergamasco, e dove vive il suo ex segretario, l’arcivescovo mon-signor Loris Capovilla, che ha accolto il primate della chiesa ortodossa con un fraterno abbraccio. Nello studio dell’arcivescovo i due uomini di chiesa hanno ricordato i dieci anni (1934-1944) di Ange-lo Roncalli nunzio apostolico a Istanbul in Turchia, dove ha lasciato un segno indelebile. Ma soprat-tutto nei loro discorsi, Capovilla e l’illustre ospite hanno evidenziato il desiderio di Papa Roncalli di veder riuniti tutti i cristiani. Proprio durante il suo pontificato Papa Giovanni operò su questi temi aprendo un proficuo dialo-go con le chiese cristiane. Il patriarca, sempre ac-compagnato dall’arcivescovo, ha visitato il museo

I N C O N T R I

Il patriarca ecumenico Bartolomeo I con monsignor Loris Capovilla a Sotto il Monte

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segnando le nostre comunità». Facendo parlare i documenti, il volume parte dal territorio e si pone tre obiettivi: far emergere la pluralità delle storie sottese al Comune creato nel 1927; delineare un profilo di persone, vicende ed eventi; evidenziare il fattivo contributo della Chiesa locale ieri, oggi e nel futuro prossimo.A riguardo di quest’ultimo punto, il volume sin-tetizza un paio di momenti salienti della recente storia religiosa dalminese. Il primo è l’anno 1907, quando il vescovo Giacomo Maria Radini Tede-schi giunge in visita pastorale nella parrocchia di Sforzatica d’Oleno, dove apprende dal sindaco la decisione di impiantare «un nuovo stabilimento metallurgico a Dalmine, capace di tre o quattro mila operai». Il secondo momento forte è il 1950, alla vigilia della visita pastorale, quando il vescovo Adriano Bernareggi scrisse: «Dalmine per essere il più importante centro di lavoro della Diocesi, può essere anche detta la maggior fucina di idee e di opere. Non è quindi solo dovere mio rivolgere spesso lo sguardo a Dalmine, ma è dovere anche di Dalmine sentire la propria responsabilità da-vanti alla Diocesi». Numerosi gli spazi dedicati nel volume agli eventi del territorio, come l’insediamento nel 1991 della Facoltà universitaria di ingegneria gestionale, alla vita delle parrocchie e della fabbrica, alle proteste operaie, ma anche alle iniziative culturali e ricrea-tive a Dalmine, che il 24 marzo 1994 ha ricevuto il titolo di città. Il volume parla anche del dram-matico bombardamento del 6 luglio 1944 sullo stabilimento, che causò 274 vittime, fra cui 242 fra operai e impiegati, 13 dipendenti di aziende esterne e 21 civili. Un auspicio: che la bellissima iniziativa storico-religiosa di questo volume possa ripetersi anche in altri Comuni.

il percorso e le esperieNzedelle 7 parrocchie di dalmiNe

e’ quanto propone il libro «le campane e la sirena» dedicato al comune bergamasco

L a storia del Comune di Dalmine, che sorge a pochi chilometri da Bergamo, non è solo legata alla famosa fabbrica,

è scandita anche dalle parrocchie presenti sul suo territorio. E’ quanto sottolinea Carmelo Epis in un suo articolo pubblicato su «L’Eco di Berga-mo», che così prosegue. Si pone in quest’ottica il volume «Le campane e la sirena. Le comuni-tà parrocchiali di Dalmine nelle trasformazioni del lavoro e del territorio: 1909-2009» (edizioni Kolbe Seriate). Il volume – con un bellissimo ap-parato iconografico e scritto a tre mani da Clau-dio Pesenti, Valerio Cortese ed Enzo Suardi – è stato voluto dalle sette parrocchie del Comune di Dalmine (Dalmine centro, Brembo, Guzzanica, Mariano, Sabbio, Sforzatica, Sforzatica d’Oleno) e dal Centro diocesano per la pastorale sociale. «Questo libro – sottolinea nella prefazione il ve-scovo di Bergamo Francesco Beschi – non vuole essere solo una lettura del passato, ma un invito a ripensare le trasformazioni del lavoro che stanno

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Alcune famiglie dalminesi di inizio Novecento in un’immagine tratta dal volume

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apostolico Giacomo Testa, lo salutò con le parole evangeliche: «Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni».D. E il Papa?R. Avviò mitemente la sua ininterrotta catechesi, che faceva perno sull’interiore purificazione e santifica-zione della Chiesa, sulla ripresa vigorosa dell’evange-lizzazione, sull’ecumenismo spirituale, sul servizio di concordia e di pace per il mondo intero.D. E la curia romana?R. Accanto a comprensibili titubanze, la collabo-razione – così credo – fu leale, più di quanto non si voglia ammettere. Chi si ripiega ora sui poderosi volumi della documentazione ufficiale, può attesta-re che il contributo di pensiero e di animazione è stato sollecito e valido. Questo è il mio personale ricordo.D. Torniamo al Concilio: quale impegno pren-deva la Chiesa ad esso convenuta?R. Se ci chiediamo: che cosa doveva fare la Chiesa riunita a Concilio? Che cosa promettere? I vescovi insieme al Papa e tutti insieme a Cristo e, per lui, al

«pur NoN staNdo BeNe, il papa seGuì da viciNo il coNcilio»

lo ricorda loris capovilla nel libro-intervista di ernesto preziosi sullo storico evento

P roponiamo, in questo appuntamen-to natalizio con il bimestrale «Amici di Papa Giovanni», la terza parte del

servizio riguardante il libro di Ernesto Preziosi «Ricordi dal Concilio. Siamo appena all’aurora» (Editrice La Scuola pp. 169, € 9,50), che si sno-da in un’intervista rivolta all’arcivescovo Loris Capovilla. Come nelle due puntate precedenti, abbiamo selezionato un’altra serie di domande e risposte fra le molte contenute nel libro.

D. Potremmo chiederci: perché proprio Papa Roncalli? Anche i Pontefici precedenti avevano pensato a un Concilio.R. L’approfondita conoscenza della sua personalità, non avulsa dal contesto storico di quegli anni dif-ficili e benedetti, convince che toccava a lui. Papa Giovanni immagina, decide, prepara e avvia ilConcilio con la coscienza di compiere un atto di governo che è nella tradizione della Chiesa, dal co-siddetto Concilio di Gerusalemme dell’anno 50 al Vaticano I. Molte volte i collaboratori dei dicasteri pontifici e i vescovi di tutto il mondo, intrattenen-dosi con lui su difficoltà, turbamenti e pericoli, lo sentivano dire: «Ecco, io guardo il Crocefisso. Là alimento la mia fede; di là ritraggocalma, coraggio, impulso a lavorare, a decidere, a soffrire».D. Quali furono le reazioni nel mondo all’an-nuncio del Concilio?R. Posso riferire solamente impressioni personali, scarne ed epidermiche, non avendone ampia cono-scenza. Nel complesso si ebbero reazioni positive, garbate e possibiliste negli ambienti protestanti e ortodossi. Subito dopo l’annuncio, un fiore di cor-tesia arrivò dal patriarca ecumenico Athenagoras: incontrando all’aeroporto di Istanbul il delegato

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Mons. Loris Capovilla durante un pubblico incontro

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Padre che sta nei cieli? Non possiamo che risponde-re: «Vivere la verità nella carità».D. Eppure l’orizzonte non era del tutto sereno, durante il periodo preparatorio non mancarono difficoltà...R. Trascorso il 25 gennaio 1959, catalogate alcune lettere gratulatorie e archiviati commenti a caldo della stampa quotidiana e periodica, da gennaio a maggio calò sull’annuncio del Concilio un velo di riserbo. Sembrava che la macchina stentasse a mettersi in moto. L’avvicinarsi del Concilio rivelò al Papa, ai padri e all’opinione pubblica impreviste difficoltà, irritate incomprensioni, attese e pretese insostenibili, scogli procedurali, forzature di entu-siasti innovatori, frenature di vigili pastori del greg-ge, astuti calcoli di occulti manovratori, artificiosi commenti dei poteri mediatici.D. Sarà il Papa stesso a sgombrare il campo da alcuni fraintendimenti: cosa dirà nel discorso del settembre 1962, a solo un mese dall’apertura del Concilio?

R. L’11 settembre 1962 Giovanni XXIII parlò alla Chiesa cattolica, ai cristiani, ai 54 credenti con scon-tata e convincente lealtà. Volle che, liberato il terreno da ingombrante zavorra, fosse palese la finalità reli-giosa dell’evento annunciato: «La Chiesa vuol essere ricercata quale essa è nella sua struttura interiore, in atto di ripresentare, anzitutto ai suoi figli, i tesori di fede illuminatrice e di grazia santificatrice, che pren-dono ispirazione dalle estreme parole di Gesù: “An-date dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzan-doli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Le quali parole esprimono il compi-to preminente della Chiesa, i suoi titoli di servizio e di onore, cioè: vivificare, insegnare, pregare».La Chiesa avvertiva le sue responsabilità di fronte alle esigenze e ai bisogni dei popoli, cercando di convin-cerli «a passare attraverso le vicende del tempo senza perdere di vista i beni eterni. E’ da questo senso di re-sponsabilità in faccia ai doveri del cristiano chiama-to a vivere uomo tra uomini, cristiano tra cristiani, che quanti altri, pur non essendolo di fatto, debbono sentirsi eccitati da buon esempio e divenirlo».D. Quale, in sintesi, il senso del discorso di Gio-vanni XXIII in quella vigilia conciliare?R. Il messaggio dell’11 settembre 1962 è stato un convincente invito a riflettere sul superfluo, a rime-ditare la dottrina dei carismi: «A ciascuno è data una manifestazione particolare per l’utilità comune». Quest’accorato invito a riflettere sul superfluo (o me-glio, su quello che c’è dentro il piatto, dentro la bor-sa!), a individuare i tribolati della terra, coloro che, non per fatalità, ma talora per rapina o inadeguata amministrazione, agonizzano nella condizione di sottosviluppo, compendia il poema delle opere della misericordia, preannunciando l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI e le ulteriori dilatazioni del ministero Pro iustitia et pace del pontificato di Karol Wojtyla.D. Nella fase preparatoria, anche in casa cattoli-ca, risuonarono voci contrarie?R. Non mi è rimasta traccia nella memoria di pre-concetta contrarietà. D’altronde, appropriandosi della sentenza di Paolo III, Papa Giovanni amava ripetere ai suoi collaboratori che «nelle emergenze

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Mons. Angelo Roncalli all’epoca in cui era patriarca di Venezia

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più gravi della Chiesa, la convocazione del Concilio è antidoto ottimo ed opportunissimo».D. Non si insegnava che, dopo la definizione dell’infallibilità pontificia, un Concilio sarebbe apparso inutile?R. Vi era chi, all’interno della Chiesa, riteneva ap-punto che, dopo la proclamazione del dogma sull’in-fallibilità pontificia fatta dal ConcilioVaticano I, fos-se ormai ininfluente la convocazione dei vescovi. In realtà il codice di Pio X, promulgato da Benedetto XV, riservando otto canoni al Concilio, ne prevedeva la celebrazione. Nelle scuole teologiche si manteneva netta la distinzione traesercizio dell’infallibilità papale e prerogative e fina-lità del Concilio, convocato dal Papa e da lui presie-duto.D. Forse si può sottolineare una differenza: il Va-ticano I ha più la caratteristica di una notifica di quanto il Pontefice e i suoi collaboratori avevano predisposto; il Vaticano II, invece, coinvolge non solo tutte le gerarchie ecclesiastiche centrali, ma anche quelle periferiche, in un confronto sull’uni-tà dei cristiani. Un modo davvero più maturo.R. Più precisamente, Pio XI sub secreto aveva chiesto ai vescovi se fosse il caso di concludere il Vaticano I, ma non venne, però, deciso nulla. Ogni Conci-lio è, dunque, il risultato di un lavoro collegiale. Per quanto riguarda il Vaticano II, i semi delle novità introdotte erano stati già deposti a partire dal suo annuncio e dal documento Humanae Salutis il 25 dicembre 1961: pensiamo all’attenzione ai fratelli se-parati, alle grandi religioni, a un nuovo rapporto con le realtà umanein una storia in profonda trasformazione.D. Ci fu una trasformazione del progetto concilia-re dal suo annuncio all’apertura?R. Nella sostanza mi pare di poter dire di no, tanto è vero che già il 25 gennaio 1959 Papa Giovanni in-dicò le tre parole chiave del Concilio: fede, amore, santità. Punto di partenza doveva essere «il richiamo di alcune forme di affermazione dottrinale e di saggi ordinamenti di ecclesiastica disciplina», invitando la Chiesa a un severo esame di coscienza e all’aggior-namento delle strutture ecclesiastiche. Riguardo ai rapporti della Chiesa con il mondo, chiamava a un

nuovo entusiasmo missionario nella fedeltà alla Rive-lazione e, dunque, a un nuovo slancio nella carità, a un impegno per la ricomposizione dell’unità. D. Ad un certo punto della fase preparatoria si re-gistra una minore partecipazione di Papa Giovan-ni ai lavori della commissione centrale...R. Non dobbiamo dimenticare che, dalla notte del 25 novembre all’8 dicembre 1962, le condizioni di salute del Papa si aggravarono, e in seguito, fino a Natale, l’attività riprese lentamente.D. Fu una difficoltà di cui il Pontefice era consa-pevole? Come si risolse il problema?R. Nella sua agenda del 1963, il Papa appuntò: «Nei primi due mesi del suo avviamento grave deficienza di rapporto diretto Papa e Concilio», scrivendo an-che, però, di aver nominato il 31 gennaio 1963 mon-signor Alfredo Cavagna, suo confessore e consigliere, addetto particolare per gli affari del Concilio. I con-tatti con lui erano continui e ogni giorno si vedeva con il segretario di Stato Cicognani. Aveva anche ap-puntamenti bisettimanali col segretario generale del Concilio l’arcivescovo Pericle Felici. Da parte sua, come mostrano i documenti annotati in gran parte di sua mano, seguì intensamente i lavori, da gennaio a settembre 1962 e l’8 dicembre riferì che la prima sessione gli era parsa «un avvio volenteroso ad en-trare nel cuore e nella sostanza del disegno voluto dal Signore».

3 – continua

p u b b l i c a z i o n i

Piazza San Pietro la sera dell’apertura del Concilio durante il famoso discorso del Papa in cui ricordò

bambini e sofferenti

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Domenica 25, nel parlare ai suoi nuovi parroc-chiani, Claudio Dolcini ha detto: «Non nascon-do, carissimi fratelli e sorelle, un certo timore per l’incarico che sto iniziando tra voi. Proprio il 25 settembre di 113 anni fa moriva nella casa cano-nica don Francesco Rebuzzini, il parroco tanto amato e venerato dal Beato Giovanni XXIII. An-che io oggi entro umilmente nella scia di santità di questo umile prete e dei suoi amati successori, fra i quali particolarmente insieme a voi ringrazio don Marino Bertocchi, che dopo 27 anni ha lasciato la parrocchia, con la speranza e insieme la volontà di lavorare per la costruzione del regno di Dio». Monsignor Dolcini parlando poi di Roncalli, ha voluto sottolineare che: «prendo come regola di vita non solo le sue parole, ma la stessa vita esem-plare del Beato Giovanni XXIII».Caloroso è stato l’appuntamento di fine settem-bre che i residenti di Sotto il Monte hanno voluto organizzare per il loro nuovo pastore. Monsignor Dolcini è stato accolto all’entrata del centro abi-tato con il curato don Danilo Superchi, il futuro collaboratore don Egidio Pellegrini, il rettore del Pime padre Marco Pifferi e il vicario don Alberto Caravina. Alla festa sono intervenuti anche nu-merosi residenti di Clusone che, con il loro sin-daco Paolo Olini, l’arciprete Giacomo Panfilo e la confraternita e le consorelle di Gesù Santissimo, hanno voluto dimostrare la loro vicinanza all’or-mai ex curato. In corteo con la banda hanno rag-giunto piazza Giovanni Paolo II. Dopo il discorso pronunciato dal sindaco Eugenio Bolognini, due ragazzi hanno donato al nuovo parroco a nome di tutta la comunità un quadro che ritrae due mani che si stringono.

Luna Gualdi

accolto a sotto il moNteil Nuovo parroco dolciNi

ha detto alla folla di prendere come regola di vita la stessa vita esemplare del Beato

S i è tenuta domenica 25 settembre a Sot-to il Monte la cerimonia di insediamento del nuovo parroco Claudio Dolcini che

di fatto è diventato monsignore. Per volontà del Papa Buono, infatti, questo titolo viene assegnato d’ufficio ai parroci del suo paese d’origine che si susseguono nell’incarico. Ma prima è opportuno ricordare brevemente la figura di monsignor Mari-no Bertocchi, che ha lasciato la parrocchia al com-pimento dei 75 anni per trasferirsi nella comuni-tà di Brembilla (Pergamo). E’ nato a Gandino, in provincia di Bergamo, il 24 marzo del 1936. Dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1959, è stato studente a Roma, membro del Consiglio presbite-rale diocesano, coadiutore parrocchiale di Dalmi-ne, vicario episcopale per gli organismi consultivi, membro del Tribunale ecclesiastico di Milano e della Commissione regionale del clero, parroco di Desenzano al Serio e infine di Sotto il Monte. Dal 1980 è giudice dei Tribunali ecclesiastici diocesano e regionale, incarichi che continuerà a svolgere.

A V V E N I M E N T I

Monsignor Claudio Dolcini con il cartellone dei parrocchiani

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azione pastorale verso la gioventù per impedire l’in-flusso marxista, unità granitica fra clero e popolo, appoggio della religiosità popolare perché anima del cattolicesimo polacco. Nel 1950 giunge la notizia di un accordo Stato-Chiesa, così motivato dal primate: la crisi economica del Paese, le ragioni di Stato, le condizioni della Chiesa, stroncare la nascita di mo-vimenti clericali filogovernativi e la campagna go-vernativa contro Pio XII, dipinto come antipolac-co, chiedendo infine alla Santa Sede di riconoscere i nuovi confini. Il Papa non nasconde inquietudine per l’accordo perché precedente pericoloso e atto giuridico esorbitante dalle competenze di ogni epi-scopato. Nel 1951 Wyszynski illustra il senso dell’accordo a Pio XII, ma riceve il rifiuto sul riconoscimento dei confini, perché questione ancora irrisolta a livello internazionale. Nel novembre del 1952 Pio XII an-nuncia la nomina cardinalizia del primate, che resta in patria nel timore che il regime gli impedisca il ritorno. Per aver criticato nuove misure antiecclesia-stiche del regime, il 25 settembre 1953 è internato in un convento senza processo. Viene liberato nel 1956 in seguito alle sanguinose proteste operaie di Poznan che reclamavano «Pane e libertà». I nuovi

WyszyNski: il BattaGlierocardiNale moriva 30 aNNi fa

del primate polacco è in corso il processo di beatificazione. l’incontro con roncalli

H a svolto un ruolo determinante nella storia recente della Polonia. E’ stato ca-pace di cementare Chiesa e popolo in

una società solida e compatta, pronta a sostenere lo scontro, ma anche il dialogo, con il regime co-munista. Così un recente articolo apparso su «L’Eco di Bergamo» a firma di Carmelo Epis ricorda che sono trascorsi trent’anni dalla morte del cardinale Stefan Wyszynski, fiero e battagliero arcivescovo di Gniezno-Varsavia e primate di Polonia, di cui è in corso il processo di beatificazione. Nato il 3 agosto 1901 a Zuzela, diocesi di Lomza, e laureato in Scienze sociali, viene ordinato sacer-dote il 3 agosto 1924 per la diocesi di Wloclawek, dove diviene parroco e docente di Sociologia. Du-rante la tragica occupazione nazista, svolge larga parte del ministero in clandestinità, tenendo con-tatti anche con la Resistenza. Il 25 marzo 1946 è nominato vescovo di Lublino. Dopo gli accordi di Potsdam (1945), la Polonia deve cedere dei territo-ri all’Unione Sovietica, ma ottiene l’annessione di altri dall’Alta Slesia tedesca. I nuovi confini sono riconosciuti dai Paesi del Blocco sovietico, ma non dall’Occidente. La particolare realtà polacca spin-ge Papa Pio XII a conferire nel 1946 al cardinale primate August Hlond poteri straordinari per sce-gliere vescovi, fondare diocesi e guidare gli ordini religiosi. Seguendo i modelli dei Paesi comunisti fratelli, nel 1947 iniziano le vessazioni del regime per soffocare la vita di diocesi e parrocchie. Morto il cardinale Hlond, il 12 novembre 1948 gli succede Wyszynski, al quale sono confermati i poteri straor-dinari del predecessore.

Popolo stretto attorno al primateIl primate segue una linea ben delineata: tenere alta nella nazione l’autorità morale della Chiesa, vasta

P E R S O N A G G I

Il cardinale Stefan Wyszynski con Giovanni Paolo II

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p e r s o n a g g i

eventi portano, pur tra fasi alterne, a una nuova sta-gione di cooperazione fra Stato e Chiesa, divenuta controparte forte, nella consapevolezza che una op-posizione intransigente avrebbe favorito la corrente filosovietica dei comunisti polacchi.

L’incontro col cardinale Roncalli Nel 1957 Wyszynski si reca a Roma per ricevere le insegne cardinalizie e illustrare al Papa la situazio-ne in Polonia. Alla sosta del treno a Venezia, viene raggiunto dal patriarca cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, che lo conforta e gli offre un giro in gon-dola. A Roma, il primate viene accolto da freddezza e deve attendere una settimana prima di essere rice-vuto da Pio XII. Si sente umiliato per questa attesa, ma la sua linea viene approvata dal Papa.Nell’ottobre 1958 viene eletto Giovanni XXIII, che da tempo stimava il cardinale. Ricevendo l’episco-pato polacco per il Concilio, il Papa accenna diplo-maticamente alla questione dei confini, ricordando anche il bergamasco Francesco Nullo, morto per l’indipendenza della Polonia. L’accenno è favorevole alle attese di Varsavia. Alle proteste ufficiali del go-verno tedesco viene risposto che la Santa Sede segue da sempre la norma «di non procedere a cambia-menti definitivi circa i confini diocesani finché que-stioni di diritto internazionale concernenti quei ter-ritori non siano state regolate mediante trattati che abbiano ottenuto pieno riconoscimento». Dopo il Trattato di pace Germania-Polonia, il Vaticano ri-

conosce i confini e modifica la mappa ecclesiastica.

Gli ultimi anni Il cardinale vive tutti i momenti drammatici del-la sua patria, dalle proteste operaie nel 1970 e nel 1976, fino agli scioperi di Solidarnosc nel 1980, offrendo la sua mediazione, conscio dell’eventuali-tà di una invasione sovietica come già accaduto a Budapest e a Praga. Invece non condivide del tutto l’Ostpolitik vaticana del futuro cardinale Agostino Casaroli, a cui contesta di dialogare con i regimi senza coinvolgere gli episcopati. Nel 1976 presenta le dimissioni per limiti di età. C’è chi preme per la loro accettazione, ma nel mondo tante voci chie-dono a Paolo VI che siano respinte e da Cracovia il cardinale Karol Wojtyla dichiara di non essere di-sposto ad accettarne la successione. Alla fine il Papa le respinge.Nel 1978 Wyszynski partecipa al conclave che eleg-ge Giovanni Paolo II, da cui viene calorosamente abbracciato alla Messa di inizio pontificato. Nel 1979 ha la grande gioia di riceverlo in patria nella prima visita alla terra nativa. Nella primavera del 1981 il cardinale si ammala. Il 13 maggio apprende la notizia dell’attentato a Giovanni Paolo II e offre a Dio la propria vita per la salvezza del Pontefice ricoverato al Gemelli. Wyszynski si spegne quindici giorni dopo, il 28 maggio. I funerali sono un evento mondiale. E la storia dimostrerà poi che il regime comunista non era imbattibile

«E’ una piazza molto bella, spaziosa e utile alla cittadinanza, ma soprat-tutto ogni persona che passerà su questa piazza sentirà la protezione di Papa Wojtyla». Così l’arciprete della cittadina polacca di Ostrow Mazowiecka, monsignor Giovanni Okula, si è espresso domenica 14 agosto durante la cerimonia di intitolazione della nuova piazza di Brembate Sopra (Bergamo) a Papa Giovanni Paolo II, di fronte a un numeroso pubblico. Il parroco

di Brembate Sopra, don Corinno Scotti, ha ricordato il carisma e la grande personalità del Papa polacco, prima di procedere alla benedizione della lapide che riporta la scritta «Piazza Papa Giovanni Paolo II – Karol Josef Wojtyla». Il sindaco diego locatelli ha ricordato come è nata l’idea di intitolare a Papa Wojtyla la piazza, quando ancora non era stato beatificato. «dedicando la nuova piazza del paese a Papa Giovanni Paolo II –

ha detto – noi vogliamo che sia un simbolo che rappresenti i suoi inse-gnamenti, un luogo di fratellanza e di concordia. da dieci anni siamo gemellati con Ostrow Mazowiecka, una importante città della Polonia. Abbiamo conosciuto la sua gente e credo di non sbagliare dicendo che ha lo stesso carattere del Papa: fiero, coraggioso, umano, credente e lavoratore, ma soprattutto entu-siasta e desideroso di crescere e guardare avanti».

Una nuova piazza intitolata a Papa Giovanni Paolo II

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che interpella ciascuno di noi – e particolarmente i pastori della Chiesa – a una risposta di autentico amore. Il verbo usato da Gesù è più impegnativo – ha rilevato il cardinale: «Pietro, mi ami?». Ma poi il Signore si adatta alla più incerta adesione di Pie-tro, il quale si limita a rispondere di «volergli bene». Si può guidare una comunità, pur nella debolezza, sulla base di questo affidamento e perciò Angelo Roncalli, lungo una intera esistenza, seppe ripetere nella Chiesa e davanti al mondo questo proposi-to, fiducioso che tutto il resto sarebbe venuto da sé. Il celebrante aveva però esordito con il ricordo dei suoi incontri personali col Papa per metterne in luce l’umanità esaltata da quella fede sicura, che lo rendeva attento a ogni persona. E ha poi focalizzato l’indizione e l’avvio del Concilio ecumenico Vatica-no II, che misero a dura prova lo spirito dell’anzia-no Pontefice, senza che egli desistesse nella docilità a una ispirazione che avvertiva superiore.

celeBrati iN saN pietroGli aNNi del papa iN orieNte

Numerosi i religiosi bergamaschi e quelli provenienti dalla turchia e dalla francia

A i bergamaschi di Roma, fedeli all’ap-puntamento con il Beato Papa Gio-vanni nella sua memoria liturgica, si

sono uniti lo scorso 11 ottobre in San Pietro altri amici e sacerdoti delle Chiese orientali cattoliche. Questo l’inizio dell’articolo, a firma di Maurizio Malvestiti, pubblicato su «L’Eco di Bergamo» a se-guito dell’evento.Insieme hanno invocato «conforto, fortezza e spe-ranza» per i cristiani dell’Egitto e del Medio Orien-te. Uno di essi apparteneva al Patriarcato di Ales-sandria dei copti cattolici, la cui sede è al Cairo, ma erano rappresentate anche la tradizione Alessandri-no-etiopica e quella Maronita.Al cuore dell’Oriente ha voluto collocarsi la pre-ghiera della folta assemblea raccolta all’altare dove riposano le spoglie mortali di Papa Roncalli. Del resto, come rappresentante pontificio, egli fu a lun-go in Oriente, apprezzando sinceramente e soste-nendo quelle antiche comunità radicate nella pre-dicazione degli apostoli e dei padri. Amava rifarsi a quelle fonti e sapeva di trovarle nei volti dei pastori e dei fedeli, nella loro vita modesta, spesso minac-ciata o addirittura travolta da eventi tristi e pesan-ti problematiche sociali. E, tuttavia, resa preziosa da un patrimonio liturgico, teologico e spirituale ineguagliabile e da una perseveranza che nei due millenni della storia cristiana non raramente ha conosciuto il martirio. Da uomo spirituale e sto-rico appassionato, Papa Giovanni seppe coltivare il riferimento a quelle origini, con interiore fedeltà, divenendo un pastore buono e un padre universale.Il segreto della sua testimonianza esemplare sta nel-la assimilazione della pagina evangelica proclama-ta nella Messa presieduta dal cardinale Paolo Sardi per l’occasione: il dialogo tra Pietro e il Signore riportato nel vangelo di Giovanni al capitolo 21,

F U N Z I O N I

Papa Giovanni XXIII ripreso al suo scrittoio

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Ringraziamo le persone che hanno sottoscritto abbonamenti al giornale e inviato offerte all’associazione Amici di Papa Giovanni

ALDRIGO ANTONELLAANTONIAZZO MARIA CAVAGNINOBARAGLIA RENATABARBARINO BIANCABARZIO M. GRAZIABELLAGENTE PACE LUIGINABELLOMO FIORENZABERNARDI DIRICEBONI PAOLOCANNA CLARACANU SILVANACAPPELLO RINACASTIGLIONI ANNACAUTERO ANNALISACAVENAGHI FIORANGELACECCHINI NUNZIACERISE RINACHIAMETTI NATALNACOLOMBO MARIA LUISACONTI EZIOCONTI FRANCOCRESTANI ELDADAMBRUSO MARIADAMIANO ANTONIODE ROSSI PIETRODELLE VILLE ANNA MARIADELUGAN ALBINA

DEMOLLI FRANCADI MUCCIO GIUSEPPEDI PASQUALE GLORIAESPOSITO GIOVANNAFORTUNATO FRANCESCO LETTAFOSSATI TAVERNA TERESAFRANCIOSA ANTONIOGESSAGHI GIOVANNIGHIRIMOLDI MARIUCCIAGIUDICI DINAINFANTI M. TERESALAPORTA PIEROLAVELLI ANGELALOMBARDELLI LINOLUZZI DILIAMACCAFERRI PAOLINAMAGNI OSVALDOMAGNO ELSAMALACRIDA P. ANGELO MALACRIDA ROSSANAMANCINI GIOVANNI PAOLOMARCHESE GADDA MARIAMARCHISA TERESAMARRONE SEBASTIANOMASCHERONI TINAMINACAPILLI LUCIAMOLINAROLI GIUSEPPE

MANZOLINI TINONEGRETTI PAOLAONDEI GIUSEPPINAOTTOBONI DANIELAPARIANI ELDAPAVONE CARMELAPENTIMALLI AMELIAPEZZI CASTELLI ANNA MARIAPEZZOLI MARIAQUARTARONE MARIARAVIZZA DOMENICARUSSO UBALDOSALUSSO FENOGLIO MARGHERITASAVOLDI GENOVEFFASBRIGHI ANNASCOTTON DOMENICASELVA FIORE ROSASIGNORELLI RITASOLDARINI AUGUSTASOLDARINI MARIASTEFINI FRANCESCOSUARDI MILENATEDOLE PELUFFO MARAVALERA GRAZIAVISINTAINER REMOZANELLA EDI

Riposa nella sua India, che tanto amava e che mai avrebbe voluto lasciare. Suor Erminia Viscardi, 71 anni di cui 48 vissuti come missio-naria, è stata sepolta il 25 agosto scorso a dharwad, una città di quasi 260 mila abitanti sulla costa occi-dentale del continente indiano. Nata nel 1940 a Villa d’Almè (Bergamo) e primogenita di sei fratelli, Suor Erminia, si è spenta all’improvviso nel pensionato di Mumbai, dove da alcuni anni si prendeva cura della formazione di più di 150 giovani lavoratrici indiane. Suor Erminia era entrata nella congregazione delle suore di Maria Bambina a 19 anni, nel 1959, dopo aver lavorato per alcuni anni al linificio di Villa d’Almè e poi come magliaia. Nel 1962 la prima professione religiosa,

seguita da un anno in Inghilterra per imparare l’inglese, utile per la missione della sua vita: l’India. Era il 21 maggio del 1963 quando suor Erminia a bordo di una nave salpò dal porto di Genova per l’India e dopo una traversata durata 21 giorni sbarcò nel porto di Bombay. una vocazione «ereditata» da due zie, suor Giovannina e suor Maria, entrambe della congregazione di Maria Bambina. Per sei anni ha vissuto a Mangalore. Nel 1969 è stata nominata madre maestra nel noviziato di dharwad: in una decina di anni ha formato più di 130 novizie. Nominata superiora di tre diverse comunità, è stata poi trasferita a Bombay, l’attuale Mumbai, dove dal 1994 al 2001 ha seguito un pensionato che ospitava un centi-

naio di giovani lavoratrici indiane. dal 2001 fino al 2008 è stata poi nominata superiora di due comunità nella città di Goa.

India, l’addio alla missionaria suor Erminia Viscardi

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I N I Z I A T I V E

A conclusione del concorso regionale «Un logo per ricordare Giovanni XXIII» si è svolta lo scorso 11 ottobre al Semi-

nario Vescovile di Bergamo Alta, in occasione del 49º anniversario dell’apertura dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, la cerimonia di consegna dei riconoscimenti meritori agli studenti delle scuole superiori bergamasche e lombarde che nell’anno scolastico 2010-2011 si sono distinti per aver prodotto loghi di particolare pregio fra i circa duecento elaborati pervenuti. Il concorso è stato bandito lo scorso gennaio dalla Fondazione Papa Giovanni XXIII e dall’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo (ex Provveditorato agli Studi). Piena soddisfazione del direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII don Ezio Bolis, che ha tenuto una breve relazione ad introduzione di un filmato sulla vita di Angelo Roncalli dal suo ingresso al Seminario di Bergamo (1892) fino agli anni del Pontificato (1958-1963). Don Ezio Bolis ha presen-tato, in particolare, la mostra su Papa Giovanni XXIII allestita fino all’11 novembre negli spazi della comunità di Teologia del Seminario, tratteggiando la carriera scolastica del giovane Angelo Roncalli, il quale, «dopo i brevi inizi nel collegio di Celana, continuò gli studi nel Seminario di Città Alta, dal 1892 al 1900. Importante fu anche la sua lunga esperienza di insegnante nello stesso Seminario, dal 1906 al 1919». Significativa la frase del futuro Papa che don Bolis ha ricordato: «La scuola è un gran mezzo per far del bene».

La memoria«Il notevole interesse suscitato nelle scuole da questo concorso – hanno sottolineato i professori Guglielmo Benetti e Teresa Capezzuto in rappre-sentanza di Patrizia Graziani, dirigente dell’Ufficio

Scolastico Territoriale di Bergamo – conferma quanto il grande Papa bergamasco costituisca un modello positivo e attuale per le giovani genera-zioni. Le studentesse e gli studenti partecipanti hanno saputo a vario modo, tutti con grande interesse e varietà di tecniche, ricordare nei loghi prodotti la figura e l’opera di Papa Giovanni XXIII,

dueceNto raGazzi «iN Gara»per il loGo di papa GiovaNNi

la premiazione del concorso regionale si è tenuta al seminario vescovile di Bergamo

Questa l’opera vincitrice: il logo di Giulia Pessina dell’Isti-tuto superiore statale Zenale e Butinone di Treviglio

(Bergamo)

Il logo 2° classificato di Elisa Bergamelli del Liceo artistico statale Manzù di Bergamo

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i n i z i a t i v e

richiamando i tratti che hanno caratterizzato il suo pontificato e la sua opera pastorale: l’amore per l’unità, il senso di fratellanza, l’impegno per la pace, la bontà, l’apertura al prossimo».La cerimonia, introdotta dal professor Luigi Roffia (del Consiglio di amministrazione della Fonda-zione), dal rettore del Seminario monsignor Pasquale Pezzoli, e coordinata dal professor Alessandro Rota, si è svolta alla presenza di moltissimi studenti, della commissione giudicatrice e di diverse autorità cittadine, tra cui il vicario generale della Diocesi di Bergamo monsignor Davide Pelucchi che, portando i saluti del vescovo monsignor Francesco Beschi, ha parlato di Papa Giovanni XXIII come «grande dentro la Chiesa e la Storia del mondo intero». Presenti anche monsignor Alberto Carrara, delegato vescovile per l’informazione e la comunicazione; monsignor Vittorio Bonati, delegato vescovile per la scuola; don Michele Cortinovis, responsabile Irc; Danilo Minuti, assessore all’Istruzione del Comune di Bergamo; il vicequestore Emilio Belgieri. I circa duecento loghi pervenuti sono stati selezionati da una commissione giudicatrice mista, composta da: don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Giovanni XXIII di Bergamo, Giulio Orazio Bravi, componente del comitato scientifico della Fonda-zione Giovanni XXIII di Bergamo, don Giovanni Gusmini, docente Scuola Teologia al Seminario di Bergamo, e dai professori Guglielmo Benetti, Teresa Capezzuto e Alessandro Rota dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo. Varie le tecniche utilizzate: dipinti, disegni, elaborazioni grafiche, fotografie, anche con rielaborazioni al computer e contaminazioni con altre tecniche.

Questi i primi tre loghi1° classificato – Opera vincitrice: Logo di Giulia Pessina dell’Istituto superiore statale Zenale e Butinone di Treviglio (Bergamo), con la seguente motivazione: «Il logo risulta significativamente armonico nella sua composizione, valorizzato dalla finezza grafica e dall’eleganza del tratto. Particolar-mente riuscita la fusione dell’elemento simbolico con quello testuale. Il logo è pienamente attinente al tema proposto, possiede un’efficacia comunica-

Il logo di Mirko Pecchenini dell’Istituto superiore statale Zenale e Butinone di Treviglio (menzione speciale)

Il logo 3° classificato di Veronica Festa dell’Istituto pro-fessionale paritario San Bernardino di Chiari (Brescia)

Il logo di Simona Vezzoli dell’Istituto professionale paritario San Bernardino di Chiari (menzione speciale)

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tiva molto buona, è originale e dimostra un’elevata qualità tecnico-compositiva».2° classificato - Logo di Elisa Bergamelli del Liceo artistico statale Manzù di Bergamo, con la seguente motivazione: «L’elemento di particolare pregio è l’immediatezza comunicativa, ottenuta con una scelta appropriata dell’immagine, rielaborata graficamente in modo nitido ed efficace. Felice la scelta del colore. Il logo presentato è attinente al tema proposto, possiede riconoscibilità e capacità distintiva elevate e dimostra una buona qualità tecnico-compositiva».3° classificato - Logo di Veronica Festa dell’Istituto professionale paritario San Bernardino di Chiari (Brescia), con la seguente motivazione: «L’elabo-rato risulta valido dal punto di vista compositivo e attento alle implicazioni simboliche del soggetto. Particolarmente riuscito l’accostamento cromatico. Il logo è attinente al tema proposto, possiede una buona efficacia comunicativa, un’elevata originalità e dimostra una qualità tecnico-compositiva molto buona».Tre le menzioni speciali per le seguenti opere ritenute di particolare valore ed efficacia: logo di Christian Baldassarri del Liceo artistico statale Manzù di Bergamo; logo di Mirko Pecchenini dell’Istituto superiore statale Zenale e Butinone di Treviglio; logo di Simona Vezzoli dell’Istituto professionale paritario San Bernardino di Chiari.I sei studenti hanno ricevuto un attestato e i primi tre classificati anche buoni acquisto di libri e prodotti informatici. Alle scuole presenti sono state consegnante medaglie con l’effigie di Papa Giovanni XXIII e copia del cd rom contenente i loghi pervenuti al concorso.In occasione della cerimonia è stata inaugurata la mostra didattica interattiva su Papa Giovanni XXIII, allestita negli spazi adiacenti l’aula magna di teologia del Seminario Vescovile di Bergamo (via Arena 11, Bergamo Alta). Ricco il materiale documentario, anche multimediale, che ha illustrato la figura di Angelo Roncalli come alunno, docente e, infine, come Pontefice. La mostra, indicata per le scuole di ogni ordine e grado, è stata tenuta aperta dall’11 ottobre all’11 novembre 2011.

Il vicario generale monsignor Pelucchi consegna il premio a Giulia Pessina

Il logo di Christian Baldassarri del Liceo artistico statale Manzù di Bergamo (menzione speciale)

Il gruppo dei vincitori con membri della giuria

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del Pontefice bergamasco (3 settembre 2000) per-ché giorno dell’apertura del Concilio Vaticano II nell’anno 1962. Davvero tante le persone presenti, fra cui Roberto Magri, presidente del Consiglio provinciale, il sin-daco di Sotto il Monte Eugenio Bolognini e una delegazione di Marktl am Inn, il paese bavarese dove è nato Papa Benedetto XVI e dal 2009 gemel-lato con Sotto il Monte. All’omelia il vescovo ha preso spunto dal Vangelo del primato di Pietro. «E’ un primato d’amore con cui Pietro viene posto al servizio della Chiesa dal-lo stesso Gesù Cristo e così tutti i suoi successori. Questo primato d’amore fu interpretato da Papa Giovanni a servizio della Chiesa e dell’intera uma-nità».Monsignor Beschi ha invitato a riflettere su Gio-vanni XXIII «Papa buono», indicando «tre tratti» che ne hanno caratterizzato la bontà. Il primo è la famosa distinzione, attinta da Sant’Agostino, del distinguere il peccato dal peccatore. «E’ una di-stinzione che evoca Papa Giovanni a tutti ed è un appello che viene dalla misericordia di Dio testi-moniata da Papa Giovanni. Non è una specie di amnistia generale, ma un appello alla conversione profonda e sincera».Famoso anche il secondo tratto della bontà di Papa Giovanni, cioè privilegiare ciò che unisce piuttosto che ciò che divide. «E’ un insegnamento che attra-versa i decenni — ha proseguito il vescovo —. In Papa Giovanni questo tratto di bontà non è tanto o soltanto una predisposizione d’animo, ma è frutto di autentica fedeltà al Vangelo. Papa Giovanni non vuole una omologazione generale, ma indica a tutti il bene dell’unità, cioè ogni differenza deve concor-rere all’unità. Questa ricerca non significa vivere in-genuamente, ma alimentare la coscienza di un bene

C E L E B R A Z I O N I

N ella serata dell’11 ottobre la figura di Roncalli è stata ricordata anche nel suo paese d’origine, Sotto il Monte.

Anche a questo evento «L’Eco di Bergamo» ha dato ampio risalto attraverso due servizi, di Carmelo Epis e Remo Traina, che condensiamo in uno solo e riproponiamo ai nostri lettori.«Giovanni XXIII è stato chiamato “il Papa buono”. Buono sì, ma non nel senso di bonario, bonaccione o buonista. La sua è stata una bontà che provoca e conquista, un fermento e un bene offerto a tutti come speranza». L’11 sera, nella chiesa parrocchiale di Sotto il Monte, il vescovo di Bergamo Francesco Beschi ha presieduto una solenne concelebrazione eucaristica per la festa liturgica del Beato Papa Gio-vanni XXIII. La data dell’11 ottobre fu scelta da Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione

«Quella di roNcalli è statauNa BoNtà che coNQuista»

lo ha detto il vescovo di Bergamo Beschi, durante la solenne messa a sotto il monte

L’ingresso del vescovo Beschi nella chiesa di Sotto il Monte

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c e l e b r a z i o n i

più grande del nostro io, di un bene offerto a tutti come speranza».Il terzo tratto è stato avere uno sguardo che rico-nosce i segni della bontà. «Papa Giovanni — ha aggiunto il vescovo — ha avuto uno sguardo capa-ce di riconoscere il bene ovunque può manifestarsi, anche dove tanti non lo vedevano, oppure dove lo consideravano impossibile. Questo sguardo porta a una crescita in un cammino impegnativo. Papa Giovanni ci accompagni in questo cammino, dove il posto del bene possa crescere». Numerosi i sa-cerdoti concelebranti, fra cui il nuovo parroco di Sotto il Monte monsignor Claudio Dolcini e i preti novelli ordinati lo scorso giugno.Parallelamente centinaia di persone, provenienti da tutta la Bergamasca, hanno invaso l’11 ottobre la città di Sotto il Monte Giovanni XXIII, per visitare i luoghi giovannei.Pellegrini alla casa natale di Angelo Giuseppe Ron-calli, dove è allestita una pinacoteca e dove il fila-telico Giulio Nervi ha esposto le cartoline di tutti i Papi e buste e francobolli riguardanti in particolare il papato del Beato Giovanni XXIII; alla chiesa di Brusicco dove Roncalli è stato battezzato; al museo di Ca’ Maitino dove risiede monsignor Loris Ca-povilla, segretario di Papa Roncalli. Tutta la città, per la festa liturgica, è stata addobbata con catene e fiori bianchi e gialli. Vicino al palatenda bancarelle con dolci, oggetti artigianali e abbigliamento. Per tutta la giornata i volontari della Pro Loco hanno distribuito caldarroste e offerto vin brulè. Alla fe-sta liturgica, come già accennato, ha partecipato una delegazione del paese di Marktl am Inn che ha dato i natali a Benedetto XVI e con il quale Sot-to il Monte è gemellato. La delegazione, composta dal parroco don Joseph Kaiser, dal rappresentante dell’Amministrazione comunale Joseph Frezs, da consiglieri comunali e rappresentati del consiglio pastorale della cittadina tedesca è stata ospite sulla motonave «Addarella», che ha navigato sul fiume Adda. I tedeschi hanno potuto così ammirare il tra-ghetto di Leonardo a Villa d’Adda e sempre nel pa-ese rivierasco la bellissima chiesa in fase di restauro di proprietà della famiglia Biffi.Numerose le funzioni religiose celebrate nella par-

Papa Roncalli ritratto nell’opera intitolata Viscere di miseri-cordia realizzata dal pittore bergamasco Angelo Capelli

rocchiale e nella piccola chiesa dell’ex seminario Pime (Pontificio istituto missioni estere). Alle 20 il vescovo Beschi ha presieduto la Messa solenne. «Quest’anno alla festa liturgica per la prima vol-ta partecipa il nostro parroco monsignor Claudio Dolcini, che abbiamo accolto in comunità pochi giorni fa – ha poi detto il sindaco Eugenio Bolo-gnini –. Con lui e con la comunità inizieremo a preparare il 50° (nel 2012) dell’apertura del Conci-lio Vaticano II e il 50° della morte del nostro Papa Roncalli».«Per noi sottomontesi la festa liturgica dedicata a Papa Giovanni è molto importante – ha aggiun-to Loretta Biffi, in attesa di partecipare alla Messa nella parrocchiale –. Nei nostri cuori il ricordo di questo uomo di fede, di preghiera e di pace è inde-lebile». Dopo la Messa, nel Palatenda si è svolto un applaudito spettacolo gospel del gruppo «S. Anto-nio David’s Singers» di Valtesse (Bergamo), diretto da Valerio Merigo. Al termine, lo spettacolo piro-tecnico.

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- I nomI delle persone che InvIeranno le offerte verranno pubblIcatI sul gIornale “amIcI dI papa gIovannI”

Scopo principale di questo organismo è quello di promuovere, di mantenere ed amplificare il messaggio di Papa Giovanni XXIII che racchiude una forte attualità così come rappresenta per l’intera umanità un progetto di costrut-tore all’insegna dell’amore e della pace. I soci fondatori del Comitato presie-

duto da Mons. Gianni Carzaniga in qualità di rappresentante delegato del vescovo di Bergamo, sono: Monsignor Marino Bertocchi, già parroco di Sotto il Monte, padre Antonino Tagliabue curatore della pinacoteca Giovanna di Baccanello, suor Gervasia Asioli assistente volontaria nelle carceri, padre Vittorino Joannes già al servizio del personale di Angelo Roncalli Nunzio Apostolico a Parigi. A sostegno delle iniziative dell’Associazione, informiamo i nostri lettori, devoti di papa Giovanni XXIII, della possibilità di celebrare Sante Messe per sè e per i propri cari:

ASSOCIAZIONE AMICI DI PAPA GIOVANNI XXIIILe offerte vanno indirizzate sul C.C.P. 97111322 Amici di Papa Giovanni

Via Madonna della Neve, 26 - 24121 Bergamo specificando la destinazione

Sede: Sotto il Monte Giovanni XXIII - Via Brusicco, 9Uffici: Bergamo Via Madonna della Neve, 24 - tel. 0353591011 - fax 035271021

www.amicidipapagiovanni.it e.mail: [email protected]

OFFERTE PER SANTE MESSE

Per la celebrazione di una Santa Messa per i tuoi cari, vivi o defunti, inviare la richiesta e i dati all’Associa-zione Amici di Papa Giovanni.L’offerta è subordinata alla possibilità del richiedente.

ACCENDI UN CERO

L’Associazione si incarica di accendere un cero nel-la chiesa parrocchiale di Sotto il Monte, paese natale di papa Giovanni XXIII su richiesta dei lettori.Per questo servizio si richiede una simbolica offerta libera che verrà utilizzata interamente per le azioni benefiche sostenute dall’Associazione.

IL SUFFRAGIO PERPETUO

Il “perpetuo suffragio” è un’opera che si propone di dare un aiuto spirituale ai defunti, di stabilire un lega-me di preghiera fra l’Associazione Amici di Papa Gio-vanni XXIII e i fedeli del papa della Bontà e di dare anche un aiuto materiale per promuovere le iniziative dell’Associazione.Il “perpetuo suffragio” consiste in cento Sante messe, che l’Associazione è tenuta a far celebrare per i suoi sostenitori.Si iscrivono i defunti o anche i viventi, a proprio van-taggio in vita e in morte. L’iscrizione può essere per un anno o in “perpetuo”.

• Iscrizioni perpetue € 200• Iscrizioni per un anno € 80

Per gli iscritti al suffragio annuale o perpetuo una San-ta messa viene celebrata ogni settimana e a tutti verrà inviata pergamena di attestazione

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Sotto la protezione di Papa Giovanni

Inviate la fotografia dei vostri bambini ad: via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo

Nonna Aurora,affida alla protezione di Papa Giovanni i

nipotini Asia e Samuel affinche li protegga sempre

marta e michela

La nonna Marziaaffida alla protezione

di Papa Giovanni XXIII,le nipotine Marta e Michela

ASIA E SAMUEL

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Direttore responsabileMonsignor

Giovanni Carzaniga

Direttore editorialeClaudio Gualdi

EDITRICE BERGAMASCA

Direzione e Redazione:Via Madonna della Neve, 26

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COME FARE L’ABBONAMENTOUtilizzate un modulo per il versamento su c/c postale n. 97111322 oppure tramite vaglia postale intestato a:

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